il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



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domenica 14 ottobre 2012

E’ trascorso un anno dal 15 ottobre 2011 e un secolo politico da quello stesso giorno


Un anno fa si chiudeva una delle pagine più buie della storia dei movimenti e della sinistra italiana. Fummo più di 300mila a Roma, la manifestazione più numerosa delle centinaia di manifestazioni che in tutto il mondo misuravano una risposta ad una crisi voluta dai poteri forti dell’economia che attraverso l’FMI e BCE dettavano le condizioni più pesanti per i ceti e le categorie più deboli in Italia, in Europa e nel resto del mondo.

La nostra crisi poi, aveva la sua peculiarità della contemporanea destrutturazione dello Stato ad opera della destra berlusconiana, a colpi di voti di “fiducia” e leggi at personam o conflitti di interessi mai risolti.
Per queste ragioni, la manifestazione degli “indignados” italiani aveva una valenza in più e un obbiettivo neanche troppo celato, di far cadere il governo Berlusconi con l’occupazione politica e pacifica permanente di quella piazza San Giovanni simbolo dei più alti momenti di aggregazione di massa della sinistra e del movimento dei lavoratori italiani.

Da quella Piazza San Giovanni sarebbe dovuto partire il segnale per la moltiplicazione delle piazze “indignate” a Genova, a Pisa, in ogni luogo dove la crisi faceva sentire il proprio peso , la parola d’ordine sarebbe stato il “mandare a casa” il piduista di Arcore con tutto il suo governo per aprire alla possibilità di un Governo in grado di dare risposte a chi la crisi l’aveva già scontata in termini di disoccupazione di precarizzazione del lavoro e della vita.

Con queste premesse non c’è da meravigliarsi su quelli che sono stati gli sviluppi della giornata. Il potere delle banche, degli speculatori finanziari e di chi gli reggeva il gioco manovrando nelle “stanze del potere” , non poteva permettere che Berlusconi cadesse per volontà popolare, e, gli scontri, le provocazioni, i danneggiamenti altro non volevano essere che la giusta strategia per impedire che quel movimento, che non era violento ma determinato a fare sentire la propria voce, non potesse arrivare e restare a piazza San Giovanni.

Non è casuale che, dopo relativamente pochi giorni, Berlusconi venga dimesso dalla BCE per essere sostituito dall’”immagine” pulita di una finanza in doppio petto con uno schieramento parlamentare ben lieto di perpetrare la propria autoreferenzialità e massacrare socialmente tutti i soggetti deboli e quelli produttivi di questo paese, nell ’evidente tentativo, purtroppo sin qui riuscito, di ridurre sempre più larghe masse di italiani in una condizione di povertà ricattabile dai grandi gruppi industriali e finanziari.
Art. 18, pensioni, scuola, sanità…fino a colpire invalidi e disabili.

Se non ha meravigliato la capacità di reazione da parte del “potere” resto, ad un anno di distanza, attonito rispetto a quello che non c’è mai stato: un chiarimento, un confronto, una valutazione complessiva tra quelle forze della sinistra, del sindacato, dell’associazionismo e dei movimenti che furono protagoniste nell’ organizzazione di quella giornata di lotta a Roma.

Il 16 tutti si rifugiarono nel proprio ambito spalancando così le porte alla vera reazione del potere delle banche e della finanza internazionale. Altro che i caroselli e gli autoblindo scatenati in piazza San Giovanni!
Il massacro sociale indiscriminato sarebbe stato concretizzato con il governo “tecnico” ed il golpe silente con l’inserimento nella carta costituzionale del pareggio di bilancio.

Se il 15 ottobre 2011 il movimento ha dimostrato la propria capacità di mobilitazione e di motivazione, quello stesso giorno una consistente fetta della sinistra dimostrò una inadeguatezza a rappresentare quello stesso movimento, e una incapacità nel denunciare quelli che furono errori politici che costarono il fallimento di quella giornata.
Loris





sabato 25 febbraio 2012

ordine/disordine pubblico



Penso che sia inutile scrivere cose che altri hanno già scritto e sicuramente in modo più esaustivo di me, per cui mi limiterò ad alcune considerazioni e poi il link al pezzo originale.

La prima riguarda la condanna a 4 e 5 anni per due giovani arrestati il 15 ottobre durante la manifestazione a Roma contro le politiche della BCE e dell'FMI.
Per chi come me era in testa a quel corteo e ha subito l'aggressione prima di qualche centinaio di "black block" e poi da parte della polizia che con blindati e idranti irrompeva nel mezzo di manifestanti pacifici a folle velocità non c'è stupore in questa sentenza. Resto dell'idea che non può essere casuale il non aver bonificato preventivamente il percorso del corteo da cassonetti e autovetture, ma è anche vero che Genova insegna, e le trappole a cortei pacifici, autorizzati , e dal percorso concordato fanno presto a tramutarsi in trappole e non solo fisicamente ma anche politicamente. Se Maroni non ha raccolto il frutto della sua gestione dell'ordine pubblico contro gli indignati italiani è perchè altri più scafati di lui si sono premurati di preservare un "potere" consegnato nelle mani di Monti e di ciò che rappresenta.

ecco l'articolo di Checchino Antonini 
Contro di loro non ci sarebbero prove ma si sono visti appioppare le condanne più pesanti, cinque e quattro anni, tra quelle inflitte, finora, per gli scontri del 15 ottobre. Quel giorno Giuseppe e Lorenzo, diciannovenni, avevano deciso di unirsi ai trecentomila indignati che manifestavano contro le politiche di austerità della Bce. La prima manifestazione della loro vita. Di loro la procura possiede solo le immagini girate da un ragazzino dal terrazzo di casa sua, in via Carlo Botta, dietro via Merulana. Lui e la madre erano stati in finestra per ore, preoccupati per la sorte della macchina parcheggiata sotto casa. E' la voce della donna a urlare che quei ragazzi, immortalati a mani alzate mentre si lasciano arrestare docilmente, non c'entrano nulla con gli scontri. «Non sono loro che dovete prendere, questi stavano buoni. Non sono loro che dovete prendere».Leggi tutto>>


La seconda notizia riguarda una imputata particolare: la madre di Federico Aldrovandi, che dopo essere stata privata del figlio dalle "forze dell'ordine"  viene querelata ripetutamente da chi di quella morte è stato comunque ritenuto responsabile.
dal suo blog personale
imputata
il primo marzo inizia il processo a Mantova. Ho già avuto diverse querele da parte dei responsabili della morte di Federico. Finora sono state archiviate.
Molte querele partite da funzionari della questura di Ferrara hanno investito persone che commentavano sul blog. Querele provenienti da taluni funzionari di polizia responsabili delle indagini. Questore Elio Graziano incluso. In molti per la paura di un processo hanno patteggiato e pagato loro dei soldi. La gente normalmente teme i Tribunali, si sa.
I miei avvocati hanno dovuto rispondere al loro Ordine per richiami partiti dal vertice della Procura ferrarese. .Leggi tutto>> 

***


Infine sempre un pensiero in merito a problemi di ordine pubblico e di extracomunitari.
Confesso una mia lacuna e forse trascuratezza nell'informazione, ma mi sembra di ricordare che nel caso in cui l'extracomunitario non si adegua alle leggi e alle sentenze del nostro paese o viene sbattuto nel Cie e buttano la chiave o viene con decreto di espulsione rispedito al proprio paese.
Vorrei fare una delazione nei confronti per lo meno del 50% di una persona che è extracomunitaria, che rifiuta di adempiere a ciò che la magistratura italiana gli impone a seguito di illecito contro tre cittadini italiani di Melfi da lui per mezzo della sua azienda perpetrato.

Si chiama Marchionne che ha la doppia cittadinanza (italiana e canadese) orbene sono disposto a tollerare il 50 % italiano ma il 50% canadese non lo sopporto proprio più per cui pena la denuncia per ommissioni di atti d'ufficio toglietelo dal suolo italico, che di sanatorie con tipi loschi così non ne vogliamo sentir parlare.
...e che la Bossi Maroni Fini (chi più ne ha più ne metta) serva per una volta a qualcosa.
Loris
Aprireste la porta di casa a questo mezzo extracomunitario con la barba lunga e non curata?

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martedì 22 novembre 2011

Quale sinistra dopo Zapatero? da un articolo di R. Musacchio


Dopo le elezioni in Spagna, Roberto Musacchio ha prodotto questa riflessione che è sicuramente un utile contributo col quale confrontarsi nel tentativo di ridare un ruolo attivo alla sinistra italiana ed europea nel momento in cui le forze finanziarie attaccano senza mezzi termini diritti e condizioni di vita di milioni di persone.

***
Quale sinistra dopo Zapatero?

di Roberto Musacchio

Era largamente previsto, ma pure fa molta impressione questa storica sconfitta dei socialisti in Spagna. Fa impressione per le proporzioni, veramente enormi, che consegnano al PSOE il risultato peggiore dal 1977. Fa impressione perchè quella di Zapatero è stata una vera e propria era politica, che ha caratterizzato una stagione non solo spagnola ma del socialismo europeo. Ma forse l'impressione più grande viene dal fatto che su questa sconfitta pesa la rottura con quello straordinario movimento degli indignati protagonista di una intensa stagione di lotte che dalla Spagna ha parlato a tutta Europa e non solo. Ebbene questo movimento non ha fatto al PSOE alcuna apertura di credito, sia pure critica. Lo ha considerato parte di quel recinto che fa dire al movimento " voi non ci rappresentate ". Dunque per i socialisti è stato impossibile ripetere quella operazione di recupero che in altre occasioni era loro riuscita, grazie anche ad un sistema elettorale sostanzialmente ipermagioritario. Il voto socialista non è apparso più utile, neanche a battere una destra che pure si presentava con le forme di un pupillo dell'ex franchista Fraga. Non ci ha provato neppure più di tanto il PSOE a recuperare a sinistra, se è vero che tra gli ultimi atti di Zapatero ci sono state manovre economiche tutte interne ai dettati di Bruxelles e addirittura l'inserimento in Costituzione del vincolo ai limiti di bilancio. In realtà il fenomeno Zapatero che si era presentato con uno straordinario processo di liberazione della società spagnola con una intensa stagione di promozione di diritti civili, molti dei quali tabù per il centro sinistra italiano, aveva anche provato a realizzare politiche occupazionali progressive volte a rispondere alle esigenze dei giovani. Ma mano mano questo impulso riformatore si era affievolito fino a far proporrre al governo socialista leggi sul lavoro tutte improntate alla flessibilità estrema. Ma sia l'iniziale spinta riformatrice, sia la successiva propensione di adeguamento alle ricette liberiste, non hanno impedito alla Spagna di entrare in una crisi economica e sociale, con il record della disoccupazione, fortissima. Colpa di un sistema economico spagnolo in cui i tradizionali poteri forti, a partire da quello della rendita edilizia, sono rimasti tali. E colpa dell'impatto della crisi europea che ha visto i socialisti spagnoli privi di una qualsiasi ricetta valida. La decisione di Zapatero di andare alle elezioni senza neanche ricandidarsi è apparsa dunque per quello che era:una vera resa. Ma la campagna elettorale poteva essere l'occasione per provare a ricercare una nuova strada, ma così non è stato. Lo dimostra proprio la rottura con gli indignati. Che non sono poi un movimento di " antipolitica " come qualcuno prova a dire. No, proprio perchè sono un movimento di critica radicale degli attuali assetti, non solo spagnoli ma europei, chiedono risposte politiche che dal PSOE non sono arrivate. Qualcosa è venuto dalla sinistra radicale, quella di Isquierda Unida, che raddoppia i propri voti e si riaffaccia alla grande politica dopo una lunga crisi che la aveva portata suul'orlo della scomparsa. Ma la vittoria delle destre è grande e chiede di ripensare tutto. Noo solo in Spagna. Con la fine di Zapatero finisce, dopo Blair, un altro dei grandi modelli del socialismo europeo. Caduto anche Papandreu, i governi a presenza socialista in Europa sono quasi scomparsi. Quello che conta ancora di più delle sconfitte elettorali è la sconfitta politica e sociale. Queste esperienze non sono riuscite ad essere veramente alternative a quel vento di destra che ha mantenuto costantemente l'egemonia in Europa. Non solo perdono, ma nella realtà non hanno invertito in modo significativo la tendenza. A questa amara riflessione nè segue un'altra, altrettanto dura. Non si vede fin qui una capacità di ripensamento sostanziale. La possente offensiva neoconservatrice messa in campo con la realizzazione in Europa della struttura di comando intorno ad Europlus non trova alcun reale contrasto. Le misure economiche sono quelle volte a conservare gli stessi assetti che hanno prodotto la crisi e vengono imposte quasi senza opposizione politica. Il socialismo europeo oscilla tra sconfitte e risucchio nella logica delle grandi coalizioni. D'altronde quando il proprio impanto è così debole e subalterno si fa presto a derubricare la propria proposta di alternativa in quella di una partecipazione subalterna a grandi coalizioni. E' il rischio che si corre in Germania, dove una Merkel che vola nei sondaggi rischia di irretire di nuovo la Spd in una Grosse Koalitione. E' quello che si è fatto in Grecia. E in Italia, dove addirittura partiti ridotti dalla lunga esperienza della seconda repubblica a meri contenitori di competizione per il governo fanno " un passo indietro " e lasciano ai " tecnici " la gestione di una fase tutta segnata dalla logica di Bruxelles fornendogli un appoggio " bulgaro ". Una situazione che chiede un drastico cambio di rotta. A partire da una ripresa di sintonia vera con ciò che vive nella società. Innanzitutto di sofferenza. Ma come si fa a non vedere che queste politiche presentate come obbligate non stanno combattendo il male ma lo aggravano. Se prendiamo la Grecia, due anni di " cura " hanno portato il debito pubblico dal 120% al 180%, con meno 15% di PIL! Non si tratta solo che altri devono pagare, ma che occorre cambiare le logiche economiche di fondo a partire da due fatti in realtà intrecciati: Lo strapotere della speculazione finanziaria e la svalutazione sistematica del lavoro. Vanno rovesciati facendo di questo rovesciamento la base di una alternativa. E' ciò che dicono i nuovi movimenti europei, che ci aggiungono, giustamente, il bisogno di rifondare una democrazia ormai calpestata. Questo rovesciamento, questa rottura del recinto è la base indispensabile per la rinascita di una sinistra europea fuori dalle secche identitarie e politiche dell'ultimo trentennio. E' l'esatto contrario che la riesumazione di antichi schieramenti e di vecchie politiche del centrosinistra europeo che hanno drammaticamente fallito.


***


Concordo con l'analisi di Musacchio sul voto spagnolo e, in particolare, sull’analisi del peso della rottura avvenuta tra la sinistra e il movimento degli indignati. 

Mi chiedo, infatti se, rispetto all’esperienza spagnola, alle vicende politiche di casa nostra ed al modo in cui noi, come sinistra, ci siamo posti rispetto al 15 ottobre, non sarebbe opportuno un ripensamento complessivo, che colga il cambio di rotta che viene richiesto da questo movimento “sociale” che è il più esposto alla marginalizzazione voluta dai poteri finanziari che al diritto al futuro prediligono i profitti.

Forse non tutti tra di noi riescono ad avere la consapevolezza che un obiettivo, queste centinaia di migliaia per lo più di giovani, comunque lo hanno già raggiunto in maniera spontanea, ed è lo stesso obiettivo che i lavoratori europei, attraverso le proprie rappresentanze sindacali, non sono stati ancora in grado di realizzare: alzare una voce unica di “rivendicazione al diritto di esistenza” e di protesta a livello europeo sulle politiche dei governi e della BCE 

E’ evidente che la risposta che possono, e possiamo, trovare non può essere quella della negazione delle rappresentanze politiche, perché alle lacrime e sangue si assommerebbero altre condizioni sempre più mirate alla atomizzazione sociale. 
Tuttavia è anche vero che l’esperienza del 15 ottobre in Italia ha offerto un quadro di soggetti politici, che hanno concorso alla giornata degli “indignati”, inadeguati a raccogliere una sfida politica e sociale “epocale”, esattamente come epocale è stata la disfatta in Spagna. 
Credo che la possibilità di ritrovarci attorno a un progetto comune “alternativo” fuori dalle logiche di subalternità alle grandi coalizioni, potrebbe essere un primo passo di ricostruzione di una sinistra, oltre, e sicuramente obiettivo prioritario, lo strumento di difesa e di proposta per questa generazione di indignati e per le prossime generazioni che potrebbero non avere neanche la prerogativa dell’indignazione. 
Come garantire l’autonomia di questo movimento sarà invece la sfida per ricostruire una coscienza collettiva che nella sostenibilità, sulla dignità del lavoro e sull’equità sociale fondi il suo agire.
Loris

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sabato 12 novembre 2011

Da "res publica" a "res privata"

...a far cadere Berlusconi sono i diktat di banche e lobbies finanziarie.
Che, uno dei principali responsabili del disastro politico ed economico abbia abdicato non può che essere considerato un elemento positivo, anche se la soluzione del problema "debito" è solo  rimbalzato al nuovo esecutivo.
Senza fare giri di parole, la priorità resta di "Non pagare il debito", di riappropriarci degli spazi di democrazia violati da organismi economici ricondotti a soggetti privati (banche).
Loris

galleria di immagini - genova 11.11.11



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mercoledì 9 novembre 2011

11.11.11 Genova - perchè manifestare


Le vicende "metereologiche" che hanno nuovamente coinvolto pesantemente Genova, non sono disgiunte dalla perdita di democrazia dovuta ai diktat della BCE .
Patti di stabilità che impongono tagli su servizi e manutenzioni del territorio inadeguati, insufficenti o nulli.
La rivendicazione di un sistema democratico non assoggettato ai ricatti delle banche, degli speculatori e della finanza criminale che ai profitti sacrifica gli individui i beni comuni e i più elementari diritti sociali.
Per queste ragioni portiamo in piazza le nostra indignazione e la nostra rabbia l'11.11.11.
Loris




11.11.11 Occupy The Streets. Occupy The World

venerdì 11 novembre alle ore 17, 30
davanti alla Banca d'Italia
via Dante 3 - Genova

Porta in Piazza la tua Indignazione!
Riprendiamoci gli spazi della protesta e dell'aggregazione,
della politica e del sociale.

Riprendiamoci il diritto all'indignazione e a far sentire la nostra voce.

Territori violati, beni comuni svenduti, servizi privatizzati, 
lavoro e vita sempre più precari
diciamo basta! 

Rimandiamo al mittente la lettera della BCE

diciamo no ai dictat della finanza e delle speculazioni!
Vieni in piazza con la tua denuncia, le tue proposte
Facciamoci sentire con pentole e coperchi!

11.11.11 Occupiamo le Strade. Occupiamo il mondo
spiazzaaffari.genova@gmail.com

giovedì 27 ottobre 2011

Riflessioni sul 15 ottobre (2 parte) – Protagonisti e comprimari


…prima di cadere in equivoci­­­ è opportuno ricordare che la chiamata del 15 ottobre parte dal movimento degli indignados che rifiuta per sua natura l’etichettamento.
Rispondendo a chi imputava agli indignati spagnoli l’apoliticità e la responsabilità della perdita di consenso di Zapatero, favorendo la destra, affermavo che il disagio sociale e politico che veniva evidenziato da questo movimento era il conflitto che la sinistra per sua stessa natura doveva avere la capacità di gestire.
Tanto per fare un esempio dei nostri giorni, i lamentosi amano scagliarsi contro il movimento 5 stelle di Beppe Grillo accusandolo di sottrarre voti al centrosinistra favorendo quindi le coalizioni di centro-destra, mentre personalmente penso che se la qualità della proposta politica è buona, senza sovrapposizioni e ambiguità, oltre al 5 stelle potrebbe esserci anche il 6 il 7 o l’otto stelle che le coalizioni di centro sinistra non si porrebbero il problema del grillismo.
Tornando agli indignati del 15 ottobre, diverse sigle della sinistra, riunite sulle tematiche dei social forum ai primi di settembre lanciavano una chiamata al fine di facilitare, come sinistra diffusa, la partecipazione alla giornata del 15.
Nell’ulteriore allargamento dei soggetti, ritengo che avere avuto la presunzione di gestire come sigle, una chiamata che nasceva ed era valorizzata dagli individui, sia stato un grave errore.
Quello che era indubbiamente il necessario strumento per la costruzione di una grossa mobilitazione si è trasformato in un boomerang dagli effetti imprevedibili.
Se qualcuno ha pensato che dopo il decennale di Genova era possibile riproporre un coordinamento “stile Genova” per il 15 ottobre, ha evidentemente sottovalutato che dietro al risultato della manifestazione/corteo del 23 luglio, pur nelle sue contraddizioni, quel coordinamento, aveva cementato, nel lavoro di un anno un monolito che non lasciava spazi ad ambiguità (pressioni e forzature medianiche sono state presenti sino alla partenza del corteo, con false notizie di scontri nel centro storico genovese) mentre per la giornata degli indignati i tempi hanno limitato il lavoro ad una adesione formale e a un liberi tutte sulle pratiche ai margini del corteo.
L’evidente cura del proprio settore, delle proprie pratiche e delle proprie alleanze, è stato un corto circuito che ha depotenziato sin dal nascere una delle più imponenti manifestazioni popolari nate e volute dal basso.
Altro errore è stato quello di alcuni ambiti della sinistra di sovrapporre alle parole d’ordine del movimento degli indignati le proprie parole d’ordine.
Non è un caso se l’aggressione al corteo non è avvenuta su uno spezzone, ma tra gli spezzoni tanto sapientemente inquadrati . Non è un caso se le esternazioni postume sull’accaduto sono state fatte dagli organismi delle singole sigle piuttosto che collettivamente.
Forse però nell’amarezza dell’epilogo di quella manifestazione una ragione in più per indignarsi,  indignarsi di questa sinistra cercando di ridare voce a quei valori di solidarietà, condivisione e lotta tanto cari alla tradizione storica e culturale della sinistra italiana, ridare voce all’esserci e non al comparire.
L’aver fatto sclerotizzare all’interno del movimento italiano le tensioni e i conflitti all’interno del microcosmo della sinistra italiana, sono stati un regalo, per i più involontario al Governo italiano e al potere politico finanziario europeo.
Come un disco incantato ripeterò ciò che in altri momenti è stato detto: pratiche nuove di partecipazione e linguaggio nuovo. Se nel bucare lo schermo sta il “modernismo”, espressione del berlusconismo, colmiamo il buco culturale con i contenuti che non sono ne narrazioni ne litanie superate dagli sconvolgimenti sociali degli ultimi decenni.
Ritorniamo a leggere i soggetti sociali senza ne spaventarci  ne snobbando le manifestazioni di disagio espresse dalle centinaia di migliaia di indignados nel mondo e più che al protagonismo di un posto in prima fila torniamo al protagonismo nella gestione dei conflitti.
Sicuramente dopo il 15 ottobre sarà più difficile, ma forse riprendendo dai territori, dove il rapporto ritorna ad essere necessariamente diretto e personale una rete può trovare i nodi giusti sui quali ordire una trama di una nuova politica a sinistra e di sinistra.
Loris




mi astengo dal commentare il filmato. Le posizioni sono molto diverse tra loro e rappresentano comunque delle posizioni. Sulla effettiva rappresentanza in termini "numerici" mi porrei dei seri quesiti. Nell'ambito dell'associazionismo le problematicità restano nel tentativo di rispettare equilibri funambolici

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domenica 23 ottobre 2011

Riflessioni sul 15 ottobre (1 parte) - Vincitori e sconfitti


…è passata una settimana dal 15 dicembre di Roma, e considerando il livello di dibattito che è scaturito, alcune riflessioni ritengo siano necessarie e opportune. 

Vincitori e sconfitti - E’ evidente a tutti che il grande sconfitto della giornata del 15, risulta in tutta la sua miscellanea, il movimento nella sua totalità, nella lotta contro chi ha causato la crisi e contro chi ha deciso che la crisi non l’avrebbero pagata i responsabili dei flussi finanziari, le banche con le loro politiche sopranazionali e gli elusori ed evasori fiscali che sono a tutti gli effetti una cifra considerevole del “debito” 

Se la manifestazione avesse trovato il suo epilogo, in Piazza San Giovanni, molti, come del resto era stato annunciato, non sarebbero tornati a casa e San Giovanni sarebbe diventata una delle piazze “indignate”. Considerando i numeri che sono ballati il 15, forse la più grossa piazza indignata del mondo, e, lunedì, forse sarebbero partite le piazze indignate di Genova, Milano, Pisa. E chissà quante altre,erano pronte a calarsi nel conflitto. 

Vittoria bipartisan, del governo che è il gran protagonista passivo dei diktat della BCE e dell’opposizione parlamentare, che non essendo stata in grado di formulare alcunché nella demarcazione tra chi il debito debba pagarlo e chi non se lo accolla perché gia comunque con scarse coperture sia salariali che di stato sociale, cerca legittimazione nell’ipotesi di un cambio di guardia nella maggioranza parlamentare presso le Banche centrali e tutti gli organismi bancari internazionali. 

Non eravamo arrivati a Roma per una passeggiata rituale, ma per fermarci. L’unico modo per impedircelo è stato renderci impraticabile il luogo simbolo della nostra contestazione, e per chi era in quella piazza è stato evidente come i così detti violenti siano stati sospinti verso chi violento non era e non aveva ne cappucci ne armi atte ad offendere.
Loris



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mercoledì 19 ottobre 2011

Comunicato - da Genova sul 15 ottobre



Comunicato
Noi, che siamo stati parte del coordinamento nazionale 15 ottobre, ribadiamo che quel giorno ha segnato in tutto il mondo la nascita di un nuovo gigantesco protagonismo sociale. Milioni di cittadini ovunque in tutti i continenti hanno manifestato per difendere la democrazia ed i diritti, messi a rischio dall’arroganza dei governi, delle banche, dalla finanza speculativa e dalle istituzioni finanziarie come il FMI che vorrebbero fare pagare la crisi ai cittadini ed alle cittadine.
A Roma si è registrato il numero più alto di partecipazione, a dimostrazione della straordinaria vitalità dei movimenti e della società civile italiana. Cinquecentomila persone sono venute a Roma con le loro proposte e la loro indignazione, con l’obiettivo di riprendersi quegli spazi di partecipazione e parola che sono stati loro negati in questi anni.
Famiglie, lavoratori e lavoratici, studenti, ricercatori, precari, pensionati, artisti, associazioni, comitati territoriali, parrocchie, forze politiche, sindacali e sociali: un’Italia plurale ieri si è manifestata contro le politiche di austerità e per cambiare le politiche economiche in Italia ed in Europa.
Il diritto alla parola ci è stato invece negato da parte di chi ha aggredito il corteo e la città. Centinaia di persone hanno fatto la gravissima scelta di violentare la nostra manifestazione ed hanno in realtà manifestato contro di noi. Il corteo ha reagito, si è ribellato, difendendo il proprio diritto alla partecipazione.
Denunciamo le gravissime responsabilità delle forze dell’ordine che, in Piazza San Giovanni, hanno seminato panico con le cariche dei furgoni fra i manifestanti, riportandoci alle situazioni e alle immagini di Genova 2001.
Durante e dopo il corteo si sarebbero dovute produrre, promosse da diverse organizzazioni, performance e azioni diverse. In molti si sarebbero accampati per la notte a San Giovanni, al Colosseo e ai Fori Imperiali per simboleggiare –attraverso la riappropriazione delle piazze e delle strade- la volontà di riprendersi il diritto alla partecipazione, la democrazia, i diritti di cittadinanza.
Le ragioni che ci portano a continuare il nostro impegno sono sempre più presenti. La gravità della crisi e le ricette sbagliate che continuano a imporci sono i motivi che ci spingono a continuare la nostra lotta. Per il bene comune. Per il bene di tutti e tutte.
Genova – 18 ottobre 2011

Antonio Bruno (del Forum della Sinistra Europea Genova)
Giuseppe Gonella (dell'Ass. Culturale Punto Rosso Genova)
Rita Lavaggi (della Rete 15 ottobre Genova)
Loris Viari (della Rete 15 ottobre Genova)


rete15ottobre.genova@gmail.com 
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mercoledì 12 ottobre 2011

15 ottobre - GENOVA INDIGNATA CHIAMA



15 OTTOBRE MANIFESTAZIONE NAZIONALE  A ROMA


PEOPLES OF EUROPE, RISE UP!



“gli esseri umani prima dei profitti, non siamo merce nelle mani di politici e banchieri, chi pretende di governarci non ci rappresenta, l’alternativa c’è ed è nelle nostre mani, democrazia reale ora!”



GENOVA INDIGNATA CHIAMA !

PRESIDIO
SABATO 15 ore 15.00
DAVANTI A BANCA D’ITALIA
Via Dante 3

PER TUTTI COLORO CHE NON HANNO TROVATO POSTO SUI 10 PULMAN PER ROMA

APPUNTAMENTO CITTADINO



rete15ottobre.genova@gmail.com


scarica il volantino e il comunicato
volantino               comunicato



            

domenica 2 ottobre 2011

Lettera BCE - Noi la respingiamo al mittente



Cliccando sulla busta si può leggere il testo che la BCE ha inviato a Berlusconi il 5 agosto dettando al governucolo da lui guidato le linee per le manovre che si sono succedute.
Non mi risulta che gli italiani nel momento che sono stati chiamati a votare abbiano messo la croce sul partito delle banche, e ancor di meno che ci sia la disponibilità a pagare i debiti provocati dalle speculazioni finanziarie delle piccole e grandi banche. I debiti provocati dall' evasione fiscale e dal sistema di corruzione diffusa.

Per queste ragioni NOI la lettera la rimandiamo al mittente !!!!

Loris



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sabato 1 ottobre 2011

Documento finale dell’assemblea svoltasi il 1° ottobre al teatro Ambra Jovinelli di Roma


Documento finale
dell’assemblea svoltasi il 1° ottobre
al teatro Ambra Jovinelli di Roma
approvato all’unanimità (meno 2 astenuti e 2 contrari) dalle/dai 700 partecipanti all’assemblea nazionale delle/dei firmatari dell’appello “Dobbiamo fermarli.
Noi partecipanti all’assemblea del 1° ottobre a Roma: “Noi il debito non lo paghiamo. Dobbiamo fermarli” ci assumiamo l’impegno di costruire un percorso comune.
Tale percorso ha lo scopo di affermare nel nostro paese uno spazio politico pubblico, che oggi viene negato dalla sostanziale convergenza, sia del governo sia delle principali forze di opposizione, nell’accettare i diktat della Banca Europea, del Fondo Monetario Internazionale, della Confindustria e della speculazione finanziaria. Vogliamo costruire uno spazio politico pubblico, che rifiuti le politiche e gli accordi di concertazione e patto sociale, che distruggono i diritti sociali e del lavoro. Vogliamo costruire uno spazio politico pubblico nel quale si riconoscono tutte e tutti coloro che non vogliono più pagare i costi di una crisi provocata e gestita dai ricchi e dal grande capitale finanziario e vogliono invece rivendicare sicurezza, futuro, diritti, reddito, lavoro, uguaglianza e democrazia.
Vogliamo partire dai cinque punti attorno ai quali è stata convocata questa assemblea
1. Non pagare il debito, far pagare i ricchi e gli evasori fiscali, nazionalizzare le banche
2. No alle spese militari e cessazione di ogni missione di guerra, no alla corruzione e ai privilegi di casta
3. Giustizia per il mondo del lavoro. Basta con la precarietà. Siamo contro l’accordo del 28 giugno e l’articolo 8 della manovra finanziaria.
4. Per l’ambiente, i beni comuni, lo stato sociale. Per il diritto allo studio nella scuola pubblica.
5. Una rivoluzione per la democrazia. Uguale libertà per le donne. Parità di diritti per i migranti. Nessun limite alla libertà della rete. Il vincolo europeo deve essere sottoposto al nostro voto.
Ci impegniamo a portare i temi affrontati in questa assemblea diffusamente in tutto il territorio nazionale, costruendo un movimento radicato e partecipato. Così pure vogliamo approfondire i singoli punti della piattaforma con apposite iniziative e con la costruzione di comitati locali aperti alle firmatarie e ai firmatari e a chi condivide il nostro appello. Intendiamo organizzare una petizione di massa sul diritto a votare sul vincolo europeo.
Nel mese di dicembre, a conclusione di questo percorso a cui siamo tutti impegnati a dare il massimo di diffusione e partecipazione, verrà convocata una nuova assemblea nazionale, che raccoglierà tutti i risultati e le proposte del percorso e che definirà la piattaforma, le modalità di continuità dell’iniziativa, le mobilitazioni e anche eventuali proposte di mobilitazione e di lotta.
Intendiamo costruire un fronte comune di tutte e tutti coloro che oggi rifiutano sia le politiche del governo Berlusconi, sia i diktat del governo unico delle banche. Diciamo no al vincolo europeo che uccide la nostra democrazia. Chi non è disposto a rinviare al mittente la lettera della Banca Europea non sta con noi. Questo fronte comune non ha scopo elettorale, ma vuole intervenire in maniera indipendente nella vita sociale e politica del paese, per rivendicare una reale alternativa alle politiche del liberismo e del capitalismo finanziario. Questo fronte comune vuole favorire tutte le iniziative di mobilitazione, di lotta, di autorganizzazione che contrastano le politiche economiche liberiste. Questo percorso si inserisce nel contesto dei movimenti che, in diversi paesi europei e con differenti modalità e percorsi, contestano le politiche di austerità e la legittimità del pagamento debito a banche e imprese.
Su queste basi i partecipanti all’assemblea saranno presenti attivamente anche alla grande manifestazione del 15 ottobre a Roma sotto lo striscione “Noi il debito non lo paghiamo”.

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Noi il debito non lo paghiamo

ASSEMBLEA PUBBLICA ALL' AMBRA JOVINELLI DI ROMA

gli interventi singoli sono caricati sul seguente canale di Libera Tv

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mercoledì 28 settembre 2011

15 OTTOBRE - GIORNATA EUROPEA E INTERNAZIONALE DI MOBILITAZIONE





APPELLO

IL 15 OTTOBRE SARÀ UNA GIORNATA EUROPEA E INTERNAZIONALE DI MOBILITAZIONE

“gli esseri umani prima dei profitti, non siamo merce nelle mani di politici e banchieri,
chi pretende di governarci non ci rappresenta, l’alternativa c’è ed è nelle nostre mani, democrazia reale ora!”
Commissione Europea, governi europei, Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale, multinazionali e poteri forti ci presentano come dogmi intoccabili il pagamento del debito, il pareggio del bilancio pubblico, gli interessi dei mercati finanziari, le privatizzazioni, i tagli alla spesa, la precarizzazione del lavoro e della vita.
Sono ricette inique e sbagliate, utili a difendere rendite e privilegi, e renderci tutti schiavi. Distruggono il lavoro e i suoi diritti, i sindacati, il contratto nazionale, le pensioni, l’istruzione, la cultura, i beni comuni, il territorio, la società e le comunità, tutti i diritti garantiti dalla nostra Costituzione. Opprimono il presente di una popolazione sempre più impoverita, negano il futuro ai giovani.
Non è vero che siano scelte obbligate. Noi le rifiutiamo. Qualunque schieramento politico le voglia imporre, avrà come unico effetto un’ulteriore devastazione sociale, ambientale, democratica. Ci sono altre strade, e quelle vogliamo percorrere, riprendendoci pienamente il nostro potere di cittadinanza che è fondamento di qualunque democrazia reale.
Non vogliamo fare un passo di più verso il baratro in cui l’Europa e l’Italia si stanno dirigendo e che la manovra del Governo, così come le politiche economiche europee, continuano ad avvicinare.
Vogliamo una vera alternativa di sistema. Si deve uscire dalla crisi con il cambiamento e l’innovazione. Le risorse ci sono.
Si deve investire sulla riconversione ecologica, la giustizia sociale, l’altra economia, sui saperi, la cultura, il territorio, la partecipazione. Si deve redistribuire radicalmente la ricchezza. Vogliamo ripartire dal risultato dei referendum del 12 e 13 giugno, per restituire alle comunità i beni comuni ed il loro diritto alla partecipazione. Si devono recuperare risorse dal taglio delle spese militari. Si deve smettere di fare le guerre e bisogna accogliere i migranti.
Le alternative vanno conquistate, insieme. In Europa, in Italia, nel Mediterraneo, nel mondo. In tanti e tante, diversi e diverse, uniti. E’ il solo modo per vincere.
Il Coordinamento 15 ottobre, luogo di convergenza organizzativa dei soggetti sociali impegnati, invita tutti e tutte a preparare la mobilitazione e a essere in piazza a Roma, riempiendo la manifestazione con i propri appelli, con i propri contenuti, con le proprie lotte e proposte


PER LA NOSTRA DIGNITÀ E PER CAMBIARE DAVVERO

COORDINAMENTO 15 OTTOBRE

Fanno parte del Coordinamento 15 ottobre:
A Sud, Action, Altramente, Arci, Atenei in Rivolta, Attac Italia, CIB – Unicobas, Comitato 1° ottobre, Confederazione COBAS, Controlacrisi.org, CPU – Coord. Precari dell’Università, CUB – Confederazione Unitaria di Base, ESC, Fair Watch, Fed. Anarchica Italiana – Roma, Federazione della Sinistra, FGCI – Federazione Giovanile Comunisti Italiani, FIOM, Flare, Forum Diritti Lavoro, Giovani Comunisti, Gruppo Abele, Laboratorio Politico “Alternativa”, Legambiente, Liberazione, LINK – Coordinamento Universitario, Osservatorio Europa, Partito Comunista dei Lavoratori, P. CARC, PDCI, Popolo Viola, PRC, Radio Vostok, R@P - Rete per l’Autorganizzazione Popolare , Rete@a Sinistra, Rete 28 Aprile – CGIL, Rete dei Comunisti, Rete della Conoscenza, Rete Salernitana per il 15 ottobre, Rete Viola, RIBALTA – Alternativa Ribelle, Sinistra Critica, Sinistra Euromediterranea, Snater, Terra del Fuoco, Tilt, UDS – Unione degli Studenti, Un ponte per, Unicommon, Uniti per l’Alternativa, USB


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