il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



Visualizzazione post con etichetta ANPI. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ANPI. Mostra tutti i post

lunedì 17 marzo 2014

Primo, la riforma della politica


Primo, la riforma della politica

Il 12 marzo il Comitato nazionale dell'Anpi ha diffuso il seguente documento politico.

Considerata la situazione complessiva del Paese e le gravi difficoltà che esso sta attraversando, che raggiungono addirittura il livello dell’emergenza sociale;

Ritenuto che anche sul piano delle istituzioni, esistono difficoltà e problemi che esigono interventi riformatori ponderati, in linea col sistema costituzionale vigente;

Considerato che vi è, nel Paese, molta discussione attorno alla legge elettorale ed alla necessaria differenziazione del lavoro delle Camere, ma ancora non si riesce a varare una legge elettorale che corrisponda agli interessi reali del Paese e non a quelli dei singoli partiti e si attenga alle indicazioni della Corte Costituzionale. Nello stesso tempo, non si riescono ancora ad intravvedere piani organici di risanamento e sviluppo dell’economia, di rilancio dell’occupazione e, in generale, delle condizioni di lavoro e di vita della maggior parte delle cittadine e dei cittadini italiani e soprattutto dei giovani;

Ribadito che il ruolo della politica e dei partiti è fondamentale per la stessa vita democratica del Paese; che peraltro è proprio su questo terreno che occorre operare una vera e profonda riforma, che restituisca alla politica, appunto, il ruolo che le spetta, in piena consonanza con gli interessi della collettività, e riconduca i partiti al compito loro affidato dalla Costituzione;
Considera questa riforma complessiva prioritaria rispetto ad ogni altra, rappresentando la condizione essenziale non solo per il miglior funzionamento delle istituzioni, ma anche per superare la frattura che da tempo si è creata con i cittadini;

Ritiene necessario precisare che:


per riforma della politica si deve intendere un mutamento radicale del modo di essere attuale dei partiti, dei comportamenti politici, nelle istituzioni e nella società, per restituire fiducia ai cittadini, ricondurre quelli che tuttora restano assenti, al voto, per ottenere la loro fattiva e convinta partecipazione al riscatto ed al rilancio del Paese;
occorre, insomma, tornare alla politica come l’avevano immaginata i Costituenti, quando scrissero articoli fondamentali come il 54 (dovere dei cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche di adempierle con disciplina e onore), il 97 (garanzia di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione pubblica), il 49 (che assegna ai partiti la funzione di concorrere in modo democratico a determinare la politica nazionale) e quanto delinearono una struttura complessiva delle istituzioni, fatta di pesi e contrappesi e di corretti rapporti tra Parlamento, Governo e organi di garanzia.
il risultato che ci si propone non si raggiunge solo col taglio delle spese e degli sprechi (pur assolutamente indispensabile), ma deriva soprattutto da cambiamenti radicali di prassi, di costume, di modi di essere dei partiti e dei singoli e da un impegno forte contro la corruzione diffusa, contro l’evasione fiscale, contro l’avanzata - sull’intero territorio - della criminalità organizzata. Soprattutto si ottiene solo con una forte riaffermazione dell’etica nella politica, oltreché nella vita quotidiana e nelle istituzioni.

È in questo contesto che vanno realizzate quelle riforme costituzionali che appaiono mature nella elaborazione diffusa e sono coerenti con la logica complessiva del sistema costituzionale; in primis, la riforma del sistema del cosiddetto bicameralismo “perfetto” che parta dalla necessità di differenziazione del lavoro delle due Camere, nell’esclusivo intento di rafforzare, migliorare e velocizzare l’attività legislativa per renderla più aderente ai bisogni del Paese.

Queste sono, dunque, le condizioni essenziali perché ci sia, da un lato una prospettiva vera di riforme e di rilancio e dall’altro un ritorno alla normalità e civiltà dei rapporti in Parlamento e nelle istituzioni e si creino le condizioni per il ritorno a quel rapporto di fiducia tra cittadini, istituzioni e politica, che è fondamentale perché si realizzi davvero la democrazia.
Per questa grande operazione, che non può più attendere ed è di assoluta urgenza, la guida va reperita sempre nei princìpi costituzionali e nei valori espressi dalla Costituzione.

L'ANPI intende essere tra i primi in questa battaglia per la riforma della politica; ma è convinta della necessità che a questo impegno venga assicurata la massima partecipazione possibile, dalle istituzioni, dai partiti, dalle organizzazioni sociali, dalle cittadine e dai cittadini. Un appuntamento collettivo, al quale nessuno può mancare, se vuole davvero il riscatto del Paese.

sabato 25 agosto 2012

MORIRONO PER TE - percorsi partigiani

Percorrendo le strade sui monti alle spalle di Genova è facile trovare le testimonianze di cosa è costata la nostra Repubblica Democratica.
E' un nodo che chiude la bocca dello stomaco pensare che oggi quei valori che portarono al sacrificio di migliaia di persone possa essere stravolto, travisato e ignorato.
Ho visitato due luoghi simbolo di questa Storia, La Benedicta e il Turchino.
I testi sono estrapolati dai siti dell'ANPI
Loris

BENEDICTA



Eccidio della Benedicta

Benedicta, località Capanne di Marcarolo (Appennino al confine tra le province di Alessandria e Genova).Nei primi giorni di aprile del 1944 militari della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana) e soldati tedeschi iniziano un imponente rastrellamento contro le formazioni garibaldine della zona.
Gli scontri armati fra le forze in campo iniziano il 6 aprile ma i partigiani sono male armati e presto hanno la peggio. 
Alla fine degli scontri, l’11 aprile, vengono catturati 75 partigiani, fucilati dalla GNR comandata da un ufficiale tedesco. Quasi altrettanti erano caduti combattendo.
Il monastero della Benedicta, in cui si sono rifugiati gli uomini disarmati o meno esperti, viene minato e fatto esplodere.
400 renitenti alla leva che si presentano spontaneamente, accogliendo l'invito delle SS che promettono il condono della pena, vengono deportati nei lager nazisti. 
17 partigiani, fatti prigionieri durante il rastrellamento, verranno fucilati, insieme ad altri 42 prigionieri, il 19 maggio nella strage del Turchino, compiuta come rappresaglia per un attentato contro dei soldati tedeschi al cinema Odeon di Genova.
fonte http://www.anpi.it/eccidio-della-benedicta/

TURCHINO





Strage di Colle del Turchino

Colle del Turchino, sull’Appennino Ligure, durante l’occupazione tedesca dell’Italia fu caratterizzato da un’intensa attività partigiana e, proprio per questo, il passo omonimo venne scelto dai nazisti quale luogo di fucilazioni esemplari di prigionieri.
Qui, il 19 maggio 1944 vennero fucilati 59 prigionieri politici per rappresaglia all’attentato gappista avvenuto al cinema Odeon di Genova, dove erano rimasti uccisi quattro marinai tedeschi, andando ben oltre il rapporto 10 a 1 previsto dal bando Kesselring per vendicare l’uccisione di anche un solo soldato del Reich.
La maggior parte delle vittime, molte sotto i vent’anni, erano state prelevate dal carcere genovese di Marassi. 17 di queste erano partigiani catturati durante il rastrellamento della Benedicta, avvenuto in aprile.
Le modalità di fucilazione, come già per la strage alle Fosse Ardeatine, furono particolarmente crudeli. I prigionieri venivano fatti salire a gruppi di sei su delle passerelle di legno disposte su una grande fossa in modo che ognuno, prima di subire la stessa sorte, potesse vedere i cadaveri dei suoi compagni.

domenica 22 luglio 2012

Storie Partigiane-domani il saluto al Comandante "Cina"



Domani daremo l'ultimo saluto al Comandante Partigiano Augusto Pantaleoni.
"Gosto" o "Cina" come era conosciuto tra i compagni fu un attivo Gappista e Comandante Partigiano nella Brigata Buranello.
Piuttosto schivo nel raccontarsi rilascia questa preziosa testimonianza per il libro di Clara Causa "la Resistenza Sestrese" dove narra il suo, e di altri compagni, passaggio dalla Resistenza Cittadina nei Gruppi di Azione Patriottica, alla Resistenza in montagna nella Brigata Buranello con il grado di Comandante

Loris

"La sera del 10 Gennaio 1945, racconta il partigiano Pantaleoni, un nutrito gruppo di brigate nere, scortato da militi della RSI, fece irruzione in tre appartamenti di Sestri, sicuro di trovarvi dei partigiani. I fascisti avevano arrestato, in precedenza, uno della Resistenza, che costrinsero con la violenza e con le minacce a guidarli nei «covi» da lui conosciuti: Via Caterina Rossi, Via Manlio Cavagnaro (odierno Viale C. Canepa), Via Capitano del Popolo.
In Via C. Rossi abitava G. Canepa che fu condotto nel Carcere di Marassi. In Via M. Cavagnaro dove io alloggiavo insieme a Mario Cavagnaro, in quel momento Comandanti del Settore di Sestri il primo e del Ponente (Pegli-Voltri) il secondo, nell'appartamento della famiglia Cazzulo. lo riuscii a fuggire, nonostante avessi entrambi i piedi fratturati, mentre Mario, anch'egli ferito, fu arrestato e condotto prima all'ospedale, per essere curato, e dopo nel Carcere di Marassi, da dove uscì il 25 Aprile 1945, con la liberazione di Genova.
In Via Capitano del Popolo, dove fu la volta dei fratelli Mantero, Gino ed Ezio, e di Rinaldo Bozzano, trovato in casa loro. Bozzano, pur essendo Voltrese, militava nella Resistenza sestrese.
Mantero Gino e Bozzano vennero arrestati, mentre Ezio riuscì a nascondersi e quindi a sfuggire alla cattura.
Le brigate nere, dopo aver fermato la famiglia Cazzulo (madre e figlio) e l'infermiera Marta Fadda, che vennero interrogati, minacciati ed infine rilasciati, si misero alla mia ricerca.
Dopo aver trascorso la notte in una cantina di Via C. Rossi, riuscii a raggiungere, con 1'aiuto di Mantero, di Martinis e di Petretto, l'abitazione di JSaccone Umberto, dove ricevetti la visita del Dott. Rusca. Era il 12 gennaio.
I fascisti, individuata l'abitazione, si apprestarono a fare un rastrellamento nella zona, ma io, venutone a conoscenza, mi spostai, sempre aiutato dai partigiani a mezzo di una carriola, nella casa di Maria Tomatis.
Fu questa, una tappa breve, perché sopraggiunsero subito i brigatisti, che arrestarono la Tomatis e, stranamente uscirono senza perquisire l'appartamento. In cucina eravamo in tre, ma l'irruzione e l'arresto di Maria avvennero così repentinamente, che fu impossibile ogni eventuale reazione.
Ci spostammo nell'appartamento disabitato di Galliari Ernesto, in Via C. Rossi. (Le ultime case a mare di questa via erano state fatte evacuare dai tedeschi, che temevano uno sbarco alleato).
Qui trovammo un po' di pane e una branda per dormire. Era la notte del 13 Gennaio.
Finalmente, il 15 Gennaio, caricato sulle spalle di Pietro Boido, fui portato in stazione e con il treno accompagnato a Voltri, dove ero atteso dai partigiani locali.
Dopo tre giorni di permanenza e di spostamenti, da Voltri a Fabbriche, fui inviato da Giovanni Panciroli in montagna, nella Brigata Buranello, a mezzo di un mulo.
Nel frattempo i fascisti avevano provveduto:
ad arrestare il Saccone con il figlio Sergio, che vennero deportati nel campo di concentramento di S. Sabba; a fermare e a diffidare il Dott. Rusca; ad arrestare Maria Tomatis, che uscì dal carcere il 25 Aprile 1945; a ricercare Pietro Boido che, sfuggito alla cattura, verrà arrestato il mese dopo, per essere fucilato poi a Cravasco.
In quei giorni, il Comando decise di spostare in montagna tutto il gruppo dei più attivi e dei più esposti gappisti sestresi e Comandanti delle Brigate sestresi:
- Alessandria Giacomo
- Bana Giulio
- Calcagno Giuseppe
- Galliari Ernesto
- Mantero Ezio
- Martinis Napoleone
- Oddone Giuseppe
- Petretto Michele
- Ravera Mario
L'organizzazione militare delle Brigate Garibaldine subì un duro colpo. I rapporti con il Centro furono interrotti. Ma già nei primi giorni di Febbraio, le formazioni partigiane continuarono la lotta, grazie al partigiano Racchetta e al compagno Morasso Sergio, che erano stati delegati dal
Centro a riprendere i contatti.

Questi avvenimenti facilitarono, però, la penetrazione di alcune spie, che saranno successivamente scoperte e giustiziate." 

Testimonianza di Augusto Pantaleoni  su "la Resistenza Sestrese" di Clara Causa

Sestri Ponente - 26 aprile 1945 - i Partigiani sfilano in Piazza Baracca

Ne è valsa la pena? Ecco cosa risponde un Partigiano.

lunedì 23 aprile 2012

25 aprile - Ne è valsa la pena? Ecco cosa risponde un Partigiano.


Nell'aprile 2005, in occasione del sessantesimo anniversario della Liberazione usciva il libro di Clara Causa "Il prezzo della Libertà" Storia della lotta Partigiana a Sestri Ponente.
E' la Sestri dei Cantieri Navali, dell'Ansaldo, della San Giorgio. E' la Sestri che difese la sua Camera del lavoro dagli assalti dei fascisti nei primi anni venti. E' la Sestri Ponente della difesa odierna dei suoi cantieri navali e di una identità industriale radicalmente mutata nel tempo.
L'autrice, a conclusione della narrazione di quei mesi di guerra pone un quesito, che, considerando il percorso politico del nostro paese in questi sette anni , resta di una attualità impressionante, sia nel quesito sia nella risposta di un protagonista di quella lotta partigiana.
Loris

A distanza di sessant' anni, oggi ci si pone la domanda: "Ne è valsa la pena?". "Sofferenze, sacrifici, migliaia di caduti, perché? Se tornassero in vita quei poveri ragazzi, lo rifarebbero?", si chiede il partigiano Augusto Pantaleoni e la sua risposta è sicura e determinata: 
lo sono certo, e sento che potrei urlarlo, che tutto quanto è stato fatto durante la Resistenza, compresi gli errori, non solo è stato giusto, ma era necessario fare. Era nei fatti, era nell'aria, era nella volontà, era nella coscienza dei protagonisti. Era ciò che la Nazione e la popolazione, in quel momento, volevano ed era necessario fare. 
Qualcuno lo chiama "l'esercito partigiano". Per me è un errore. Esercito è ciò che lo Stato crea in sua difesa, si costituisce con la "cartolina precetto", mentre noi, senza divisa, eravamo il Corpo Volontari della Libertà. Nessuno aveva ricevuto la "cartolina", ma tutti si erano presentati volontari. Gli stessi combattenti in divisa, che si batterono al fianco degli alleati, erano volontari, ma si chiamavano CIL (Corpo Italiano di Liberazione) ed ebbero, anche loro, migliaia di caduti. 
Morirono a migliaia, in quei venti mesi di dura lotta, ma ne è valsa la pena? Quale Italia avremmo oggi, se avesse vinto l'esercito tedesco con i suoi alleati fascisti? E i campi di sterminio? E gli eccidi di Marzabotto', di Boves', di Sant' Anna ài Stazzema? Quante località in tutta Europa sono costrette a celebrare i Martiri del Turchino, di Cravasco, di Portofino, della Benedicta? 
Noi con i capelli bianchi, ci ricordiamo di quale democrazia e libertà avevamo negli anni precedenti la guerra, con i fascisti al potere. E ciò spiega il perché, imbracciato il fucile per rispondere all'aggressione tedesca (9 settembre 1943), lo rivolgemmo anche contro coloro, che si ersero a difensori dei tedeschi, per il ritorno a quelle libertà inesistenti nel passato. 
Abbiamo combattuto invano? Sono caduti invano i partigiani e i soldati volontari? 
No. Il loro sacrificio, le loro sofferenze e quelle create ai loro familiari, furono compensate e riconosciute con l'entrata in vigore della Carta Costituzionale (ID gennaio 1948). 
Oggi, c'è chi pensa di cancellare la Costituzione, pezzo per pezzo, per farla passare più facilmente, o gruppi di articoli, per rendere il cambiamento più dolce.
Ma la Costituzione esprime soltanto quello che voleva il popolo italiano, nella grandissima maggioranza dei suoi cittadini, espressa, voluta e combattuta dai suoi volontari.
I partigiani non erano tutti comunisti. Costoro, erano forse la maggioranza, ma vi erano anche gli azionisti, i socialisti, i cattolici, i repubblicani, i liberali. Vi erano le donne, i contadini,lavoratori, gli intellettuali. Vi era il popolo italiano. 
Dopo sessant'anni ormai, di quelli non ce ne sono più. E’ passato il tempo, si può cambiare. E’ troppo comodo. Non è così. Perché ci sono i veri protagonisti: i Caduti . 
Quelli non si possono cambiare. Sono caduti per questa Costituzione. Buranello o Bisagno, il comunista o il cattolico, non volevano solo l'art. 11 contro la guerra, non volevano solo l'art. 3 per il lavoro.
NO. Volevano la Costituzione. Ecco perché ne è valsa la pena'combattere, soffrire e anche morite. Volevano un'Italia diversa, più giusta, dove la solidarietà, la fraternità fossero l'anima dei cittadini. Volevano la libertà, senza la quale non vi è giustizia. 
Infangare la Resistenza è infangare la Costituzione. Toccare la Costituzione è toccare la Resistenza. Adeguare, aggiornare, si, ma non stravolgere ciò che con tanto sangue venne conquistato per il nostro Paese. I Caduti di ogni colore o partito, senza colore o partito, sono i testimoni più vivi, saranno i giudici più fermi nella condanna agli usurpatori. 
Noi ci auguriamo che in questo Sessantesimo Anniversario della Lotta di Liberazione, ancora una volta, la popolazione si esprima, e confermi, come allora, la volontà di libertà, cosi caldamente esaltata in ogni parola dal nostro Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi."

fonte : IL PREZZO DELLA LIBERTA' (storia della lotta partigiana a Sestri Ponente) di Clara Causa edito da "ANPI Associazione Nazionale Partigiani D'Italia - sezione di Sestri Ponente"


venerdì 16 gennaio 2009

L'eccidio di piazza Baracca


Oggi ho approfittato di un incontro promosso dall’ANPI Sestrese per iscrivermi per la prima volta all’associazione stessa.
L’incontro che scandisce l’inizio delle iniziative per l’anno in corso è anche il momento per il ricordo di un episodio rimasto nel ricordo degli antifascisti sestresi . L’eccidio di Piazza Baracca.
Propongo il testo tratto dal libro “la resistenza sestrese” curato da Clara Causa per l’associazione partigiani d’italia sezione di sestri ponente.


Piazza Baracca

La ferocia nazifascista rivelò, nell' eccidio di Piazza Baracca, tutta la sua macabra fantasia.
"Il 16 Gennaio 1945, nelle primissime ore del mattino, Rinaldo Bozzano e Giuseppe Canepa vennero prelevati insieme a Sandro Maestri e Alfonso Ferrari di Savona, Commissario della Brigata Bonaria. Trasportati a Sestri, furono trucidati, dopo essere stati vilmente ingannati da una falsa liberazione:
*Canepa, invitato ad andarsene, venne raggiunto da una raffica di mitra nei pressi dell' attuale negozio dei formaggi.
* Maestri tentò di allontanarsi, ma fu ucciso tra la Pasticceria Dagnino e l'edicola dei giornali.
*Bozzano venne ucciso tra i binari del tram, davanti all' edicola dei giornali, ma prima, ebbe modo di gridare il proprio disprezzo agli esecutori, dicendo che preferiva morire, piuttosto che tradire i compagni. Evidentemente, ciò gli fu richiesto durante gli interrogatori.
*Ferrari venne ucciso nei pressi del negozio di fiori, accanto all'Oratorio.
Il comportamento stoico di Bozzano fu confermato dal Comandante delle brigate nere di Sampierdarena, Franchi, catturato dai partigiani durante l'Insurrezione.
Così quella mattina, una fredda mattina invernale, grigia, resa ancora più buia dall'oscuramento imposto dallo stato di guerra, i primi operai, passando per Via Garibaldi, odierna Via Sestri, arrivati in Piazza Baracca, trovarono la macabra sorpresa: quattro giovani corpi, stesi a terra, con accanto un panino ed una mela. "
"Quest'ultimo particolare, sul quale non si ebbe mai alcuna spiegazione ufficiale, anche perché le autorità fasciste insistettero nella loro estraneità a queste morti, che pure risultavano persone risultanti in loro mani, può essere spiegato col fatto che, fornendo alle vittime un pasto, sia pure modesto, da consumare nel corso di un ipotetico viaggio, si rendeva più credibile l'ipotesi di un trasferimento, che avrebbe indotto alla calma le vittime stesse, almeno sino al luogo dell' esecuzione."
"Si tentò di far passare questi poveri giovani come dissidenti dal Movimento e quindi vittime dei loro stessi compagni di lotta, mentre, al contrario, erano stati prelevati dalle carceri, trasportati in autocellulare nei punti più disparati della periferia e del centro cittadino per esservi uccisi dai militi delle brigate nere, a ciò incaricati dalla Federazione del fascio genovese, così come - per ammissione di Vito Spiotta - era accaduto per i 21 di Portofino. Due crimini che per le loro spaventose analogie denunciavano la stessa satanica, documentabile, ispirazione. Essi ripetevano sostanzialmente la ferocia del massacro compiuto il 19 Maggio al Passo del Turchino, quando ben 59 cittadini, prelevati dalle carceri nazifasciste genovesi, caddero, ad uno ad uno, falciati dalla mitraglia, sotto gli occhi dei compagni ancora vivi, rotolando, morti o feriti, lungo il verde pendio in una sottostante fossa nella quale sarebbero stati schiacciati da un'enorme roccia o da poca impietosa terra."
fonte "La Resistenza Sestrese"

BEGIN

Share |

Lettori fissi

networkedblogs

DISCLAIMER


Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità . Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001.
L'autore del blog non è responsabile del contenuto dei commenti ai post, nè del contenuto dei siti "linkati".

Alcuni testi o immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d'autore, vogliate comunicarlo via E-mail. Saranno immediatamente rimosse.

Some text or image, in this blog, were obtained via internet and, for that reason, considered of public domain. I have no intention of infringing copyright. In the case, send me an E-mail and I will provide immediately.