il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



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venerdì 21 ottobre 2011

Storia di baci e forca

Ben Ali, Hosni Mubarak, Mu'ammar Gheddafi......
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come finiscono i tiranni? Giornalisti benpensanti giudicano poco democratica la fine riservata all'amico di Berlusconi e Frattini.
Una persona a me cara mi ha detto che se pensa a due democratici senza ombra di smentita, le vengono in mente Sandro Pertini e Riccardo Lombardi, ambedue per il ruolo che ricoprivano nel CLN decretarono la condanna a morte di Benito Mussolini. Credo che i giornalisti benpensanti dovrebbero essere un po meno ipocriti. O forse non sarebbero giornalisti italiani?

Piazzale Loreto fu un atto di giustizia nei confronti di chi portò l'Italia alla rovina.

martedì 6 settembre 2011

Il Falco e il Bambino



Lampedusa:

Il Falco è arrivato sull'Isola dalla Tunisia, appoggiato sul braccio del suo compagno di viaggio (nonchè proprietario ed addestratore), un pò provato ma in buona salute. 
Il bambino, un fagotto di tre mesi, è sbarcato a Lampedusa il 6 agosto, insieme ai genitori, al fratellino di 16 mesi ed alla sorella di sette anni.
Omar, il bambino, scappava con la famiglia dalla guerra in Libia, la terra dove i suoi genitori avevano deciso di rifugiarsi dopo essere fuggiti dal Darfur e dal Ciad. Ci sono vite, ci sono famiglie, che non fanno che scappare. Soffrire e scappare.
Omar, il bambino, ha navigato 50 ore prima di approdare sull'Isola e nel viaggio ha visto 300 tra uomini e donne pregare ed imprecare, ha visto corpi incastrati e calpestati e ha visto il sangue. Ha visto accoltellare il padre e ha visto i suoi aggressori tentare di ucciderlo con pugni e lame fino a quando un elicottero non ha illuminato la barca e uomini in divisa li hanno condotti in salvo. 
Il Falco è di specie protetta, Falco pellegrino. Un rapace fiero e prezioso e perfettamente addestrato dal giovane tunisino che lo porta con sè.
Il Falco, appena arrivato al centro di Contrada Imbriacola (dove stanno rinchiusi e ammassati un migliaio di profughi) è stato accudito e curato: a lui è stata dedicata una stanza personale, per lui è stato procurato cibo speciale, perchè non avesse a patire neppre un attimo nella sua nuova dimora. 
Omar, il bambino, dorme da 30 giorni su un materasso di gommapiuma buttato per terra, in una stanza condivisa con altri compagni di sventura. Omar è un neonato sudanese profugo dalla Libia, dovrebbe, come neonato e come profugo, appartenere anche lui ad almeno due categorie protette. Ma non è un rapace. 
Per il Falco si è cercata e trovata in pochissime ore una collocazione adeguata, perchè è evidente che contrada Imbriacola non è luogo adatto neppure per farci dormire un rapace. E così, in men che non si dica, viene immediatamente disposto il suo trasferimento in una "residenza protetta" perchè neanche una piuma risenta della detenzione nel Cpsa.
Il Falco viene preso in consegna da mani esperte e strappato dal braccio del suo giovane amico (e legittimo proprietario) tunisino. Il ragazzo resta così solo e disperato, rinchiuso a Contrada Imbriacola. Lui è un profugo tunisino, non appartiene evidentemente a nessuna specie protetta e dunque non merita nè una degna accoglienza nè tantomento la libertà. Non solo, essendo stato privato della compagnia del rapace non gode nepure di riflesso dei benefici e dei privilegi che venivano concessi al Falco: e così si scorda la stanza e viene ributtato in mezzo alle centinaia di altri profughi nel "gabbio" per adulti dentro il gabbione di Contrada Imbriacola.
E lì si aggira, orfano del Falco, chiedendone a tutti notizie. La polizia, per tranquillizzarlo, gli ha raccontato che se riuscirà a prendere un permesso di soggiorno, il Falco (la cui posizione sul suolo Italico è già stata perfettamente regolarizzata) gli verrà restituto. MI chiede se è vero e come mai al numero di telefono della nuova dimora del rapace non risponde nessuno. Provo a chiamare anch'io: nessuna risposta. Mi arrovvello pensando ad una fantasiosa ipotesi di ricongiungimento Falco (regolarmente soggiornante) con tunisino (irregolare, trattenuto in attesa di espulsione). Ma temo di non trovare molti precedenti di giurisprudenza in materia. 
Omar, il bambino, oggi festeggia il suo primo mese di detenzione in Contrada Imbriacola, tra poliziotti, sporcizia e insetti. Ho scritto e segnalato l'llegittima detenzione di questo neonato e della sua famiglia a tutte le autorità ma non ho ottenuto nessuna risposta. Neppure quando il piccolo, prelevato in piena notte da un'operatrice della Lampedusa Accoglienza che aveva deciso (senza chiedere il consenso della madre) di fare un bagnetto al neonato, è rimasto gravemente ustionato dall'acqua bollente sulla gambina destra, qualcuno ha pensato che il Centro, la gabbia, fosse un luogo non dattato non solo ad un rapace ma neanche ad un neonato.
Omar, il bambino, resta lì, nella gabbia.
La madre mi fissa a lungo, mi chiede quando finirà la loro prigionia: è stanca ed è arrabbiata. Vuole prendersi cura dei suoi figli fuori da lì. E ha paura. Paura che i figli si ammalino o vengano feriti in una dell molte rivolte che settimanalmente scoppiano nel Centro. Paura dei lanci di sassi, dei manganelli e delle lamette con cui spesso i profughi, anche minorenni, si lacerano il corpo per protesta, nella vana speranza di suscitare un pò di compassione. E paura degli scafisti che avevano cercato di uccidere suo marito e che fino a pochi giorni fa erano rinchiusi nella stessa gabbia. Omar, il neonato,  per sua fortuna non è in grado di riconoscerli, ma i suoi fratellini quando hanno visto di nuovo gli uomini cattivi che avevano fatto male al loro papà sono scappati via in singhiozzi. 
Consegno a Kadija, la madre di Omar, tutte le lettere che ho scritto per loro e le spiego che un procuratore, un uomo per bene, si sta occupando di loro, che tra le altre cose sono  anche vittime e testimoni di reati gravissimi e dunque anche per questo andrebbero protetti. La rassicuro che presto, se Dio vuole, Insciallah, verranno trasferiti. Le piace che le parlo schietta, che non le mento promettendole certezze che non posseggo. E mi ripete, Insciallah, se Dio vuole. 
E così tocca a Dio anche farsi carico delle illegalità e della disorganizzazione di Contrada Imbriacola e tutto quello che ci gira intorno. 
Stanotte il Falco dormirà sonni tranquilli, dopo aver mangiato cibo selezionato, ed essere stato visitato e coccolato da mani esperte e affettuose, soffrendo forse solo un poco per la nostalgia del ragazzo che l'ha allevato. 
Stanotte Omar,il bambino, dovrà combattere contro il prurito di una piaga da ustione, contro le punture di insetti, il lancio di sassi e lame e le urla degli altri prigionieri.   
Prossima vita, Omar, se nasce profugo, gli conviene nascere rapace.  

Avv. Alessandra Ballerini



lunedì 22 agosto 2011

Da dietro quelle sbarre a Lampedusa - 13 agosto 2011



Lampedusa, Molo Favarolo
13 agosto 2011 - Missione con Terre des Hommes

Ne arrivano 330, dalla Libia. Vedi la barchetta azzurra in cui stavano accatastati e quasi non ci credi: pochi metri di legno instabile pertanti corpi, per tante vite. I primi a ricevere le cure sono gli undici bimbi. Ben otto sono figli della stessa coppia. Il padre stremato si lamenta: non riesce mai a tenerli tutti insieme, all'appello a rotazione ne manca sempre uno. Ma sulla barca non c'era lo spazio per le monellerie e i gli otto fratelli hanno navigato per 36 ore compatti e compatti e vivi sono sbarcati. Sono tutti vivi in questo sbarco: spaventati, confusi, stremati, ma vivi. E' un buono sbarco questo. Tra loro si avvicina Moustapha, un ragazzino tunisino, spaventatissimo, magrissimo e letteralmente verde in volto. Ha paura di tutti: è omosessuale, evidentemente omosessuale Ed il suo orientamento sessuale è fonte di persecuzioni nel paese da cui proviene. Ci dice che rischia abusi continuamente e che nella barca hanno anche cercato di ucciderlo. Lo scortiamo fino al bagno chimico sul molo e gli raccomandiamo appena verrà trasferito nel Centro di raccontare le sue paure alle forze dell'ordine. Lo rivediamo dopo un'ora nel "gabbione"destinato ai migranti maschi adulti all'interno della gabbia di Contrada Imbriacola. Ci viene subito incontro, ci implora di portarlo fuori di lì, ché non può restare con gli altri perchè rischierebbe di essere sottoposto ad abusi e violenze di ogni tipo. Lo portiamo fuori dalla gabbia, parliamo con la dirigente della polizia e con Federico direttore del Centro. Capiscono al volo la situazione: lo sguardo terrorizzato di questo ragazzino ed il suo colorito terreo non ammettono dubbi e invocano immediata empatia. Moustapha viene immediatamente trasferito alla Loran, l'altro Centro dell'Isola destinato alle categorie più vulnerabili. Viene "messo in sicurezza" sistemato in un stanza vuota accanto agli uffici amministrativi dove Pietro, il direttore, vigilerà sulla sua incolumità. Andiamo nel pomeriggio a vedere come si è sistemato. E' da solo, raggomitolato su un materassino di gommapiuma. Appena ci vede si alza ci abbraccia e ci ringrazia per almeno cinque minuti consecutivi. Stanno arrivando altre due barche mentre lascio il centro e l'Isola. In 36 ore ne arriveranno 2000. Recito una sorta di preghiera durante il mio volo comodo e veloce verso casa. Che arrivino vivi, che arrivino tutti, che gli affetti possano ritrovarsi e ricrearsi, che ogni male sia ormai alle loro spalle, che la prigionia sia breve. Che possano avere come un diritto e non come una fortuna un'altra occasione di vita.

Avv. Alessandra Ballerini


Da dietro quelle sbarre a Lampedusa - 12 agosto 2011

Di ritorno da Lampedusa, pervasa di impotenza.

domenica 21 agosto 2011

Da dietro quelle sbarre a Lampedusa - 12 agosto 2011

Riporto la testimonianza dell'Avv. Alessandra Ballerini che è tornata a Lampedusa con Terre des Hommes per assistere legalmente chi approda sull'isola. Loris

Lampedusa, Contrada Imbriacola.
12 agosto 2011. Missione con Terre des Hommes
Nel centro c'erano tutti.
C'è la piccola Chideria, nigeriana, tre mesi di vita. Una vita ostinatamente strappata alle onde, stretta nell'abbraccio della madre.
Gli occhi neri di Chideria in soli tre mesi hanno già visto di tutto: hanno visto una guerra, la fuga disperata sotto le bombe, e poi la salvezza cercata su una barca: pochi metri per 400 persone. Ha visto in sei giorni e sei notti di navigazione, morire di fame, di sete, di freddo, di stenti, almeno 100 suoi compagni di viaggio quasi tutti donne e bambini. Ha visto affidare i loro corpi alle onde per alleggerire il carico della barca, per tentare di salvare la sua ed altre vite.
Lei, protetta da Dio -questo significa il suo nome- è l'unica tra bimbi della sua barca, ad essere riuscita a sopravvivere a questo terribile, interminabile, viaggio. Merito del seno della madre da cui non si è mai scostata e a cui ha succhiato ogni goccia di latte per non morire disidrata.
E ora dorme, Chideria, dimentica di tutto, tra le braccia del padre, coccolata da tutti. Le ronzano intorno i mille voracissimi insetti presenti in questa gabbia chiamata centro di primo soccorso e accoglienza dove si trova rinchiusa insieme ad altre centinaia di migranti (mentre scrivo siamo arrivati a quota 1600) da dieci giorni. E non basta l'attenzione di Federico, il direttore del centro che tenta almeno di procurarle una zanzariera per la notte, questa prigione per migranti non è adatta ad una neonata di tre mesi, sbarcata miracolosamente illesa. Nessuno, neppure, il peggiore dei leghisti, potrebbe sostenere che questa creatura nata tra bombe di una guerra che non le appartiene e approdata nelle nostre coste possa meritarsi il trattenimento, la prigionia. Nessuno può, guardandola e guardando il lercio materasso di gommapiuma su cui sta dormendo tra sbarre, divise, insetti e sporcizia, attribuirle una qualche colpa, nè pensare che se la meriti questa indecente prigionia.
Dietro le stesse sbarre c'è anche Lucki, un giovane nigeriano. Anche i suoi occhi hanno visto ogni male, ma a differenza di Chideria e purtroppo per lui, Lucki è destinato a rivedere in tutti i suoi incubi le immagini di quelle notti e di quei giorni di navigazione: dovrà sostenere ancora e ancora il ricordo dei compagni morti di stenti, di quelli inghiottiti dal mare e di quelli ritrovati cadaveri nella stiva. Tra loro, suo fratello. Il fratello che non ha potuto neppure salutare con una preghiera o seppellire con un pianto.
Lucki uno dei sopravvissuti dello sbarco del primo agosto e da allora è rinchiuso insieme a Chideria a Contrada Imbriacola.
Edera rinchiuso anche mentre i medici legali ad Agrigento frugavano nel cadavere del fratello in cerca di un pò di verità sulla sua morte. Ed era ancora rinchiuso anche mentre il corpo ricomposto del fratello, veniva calato in un anonimo loculo.
Nessuno ha pensato che forse quei venticinque migranti trovati morti,  probabilmente assassinati, nella stiva della barca su cui avevano cercato la salvezza, potessero avere, sulla stessa barca-bara dei parenti, degli amici, nè che meritassero da loro un definitivo, pietoso saluto. Così i venticinque migranti vinti dal viaggio sono stati sepolti senza un nome e senza una lacrima. Tra loro c'era anche il fratello di Lucki. Lui ci chiede di verificare cosa ne sia stato del fratello perchè sia morto e come farà a pregarlo.
Le stesse domande che ci fa Arafat, un ragazzino di 16 anni salito sulla stessa barca di Lucki con il proprio fratello  i cui ha perso le tracce.
Si viaggia ammassati, gli uni sugli altri, anche quattro piani di corpi e dopo un pò di ore di navigazione non senti più le gambe, non puoi muovere un muscolo, incastrato tra gli altri, sotto gli altri, e dopo ancora molte ore, se sei ancora vivo, intontito dalla fame e dalle sete, paralizzato da freddo, quasi perdi i sensi, e ti si annebbia la vista e se chiudi gli occhi o li tieni aperti vedi solo mare. Così può accadere di perdere un fratello su una barca di pochi metri perchè non riesci più a rintracciarlo con lo sguardo. E poi ti può accadere di perderlo una seconda volta, sbarcato a terra, soccorso da mani sconosciute e poi rinchiuso in una gabbia con centinaia di altri sopravvissuti. E lo cerchi, tuo fratello, e chiedi in giro, nella gabbia, ma non lo trovi più.
Poi ti dicono che nella stiva della barca su cui viaggiavate hanno trovato 25 cadaveri, che altri sono stati buttati in mare e che nella stiva, morto, c'era anche tuo fratello.
E allora chiedi di vederlo, per sapere con certezza, per piangere e per pregare. Ma ancora non te lo fanno ritrovare, tuo fratello: l'hanno aperto e poi richiuso. E l'hanno seppellito. Senza dirti nulla. Ma come posso fare a sapere se davvero era lui? Come posso salutarlo?
Se queste domande te le fa un ragazzo di 16 anni che ha già perso tutto tranne la vita, devi da qualche parte trovare una risposta.
Così chiediamo all'ufficio immigrazione che però ci conferma che i venticinque migranti sconfitti dal mare e da mani impietose e disperate sono stati seppelliti senza neppure essere stati identificati e dunque è impossibile per ora sapere se il fratello di Arafat è uno di loro. Chiederemo in Procura per tentare di dargli delle risposte; gli spieghiamo la procedura e le sue difficoltà, lui annuisce e ci ringrazia. Lo fanno sempre tutti nel Centro. Ogni volta che parli con loro anche solo per salutarti, ringraziano. Grazie è una delle prime parole che imparano di italiano. Ed una delle prime che noi abbiamo dimenticato.
Anche Beauty, una ragazzina di 16 anni ha delle domande. Anche lei ha un fratello da ritrovare. Ci chiede aiuto per ritrovare il fratello maggiore Lui l'aveva portata in salvo, quando la sua bellezza iniziava ad attirare troppe indecenti attenzioni.
In Nigeria sei hai 15 anni, sei femmina e non hai dei genitori in grado di proteggerti, diventi facile preda dei trafficanti di schiave. Ma Beauty ha un fratello e il fratello la porta in salvo, in Libia.
 Poi scoppia la guerra e da un giorno all'altro Beauty perde le tracce del fratello. Non lo vede dal febbraio scorso quando erano insieme a Misurata. Si chiama Mose Omokhae e ha 23 anni. E vorrei tanto che qualcuno mi dicesse che è vivo e dove si trova e vorrei poterlo dire a Beauty per vederla aprirsi in un pianto di gioia. Mi piacerebbe per una volta coi vivi parlare di vivi anzichè di morti.
Nella stessa gabbia, con altre domande, convive Zuer, un ragazzino marocchino di 15 anni. Lui era nella stessa barca di Chideria e si è ripreso solo ora, dopo dieci giorni dallo sbarco. da quel viaggio spaventoso. Ha passato giorni interi senza riuscire a parlare, completamente sconvolto dai sei giorni e dalle sei notti di navigazione in cui 100 suoi compagni di viaggio hanno perso la vita.
Ma stamattina come un miracolo, ci regala un sorriso, a occhi bassi. Ci parla di sua zia: vive in Italia da molti anni insieme al marito a Firenze. Ci chiede di poter andare da loro, non vuole più stare rinchiuso in quella specie di carcere. Ma non è così semplice. Lui è in una gabbia e tutti i suoi diritti devono passare da quelle grate e a volte si rischia che restino impigliati in mezzo. Intanto bisogna capire se la zia è veramente sua zia. Ci disegna il suo albero genealogico ma mi perdo al secondo ramo. E comunque dobbiamo sapere se la zia avrebbe voglia e possibilità di prendersi cura di lui. La chiamiamo al telefono. Lei piange quando capisce che siamo con Zuer e realizza che il suo giovane nipote è sopravissuto a quel viaggio disgraziato di cui anche i giornali hanno parlato. Certo che vuole prendersi cura di lui! Sono disposti, lei e il marito, a venire a prendere il nipote anche subito, a Lampedusa.Ma non è così facile quando sei in una gabbia. Passiamo il telefono a Zuer. Lui cambia lo sguardo, ci regala involontariamente un sorriso pieno. Parlano a lungo, si dicono che si vogliono bene, ed è evidente. Promettiamo che li aiuteremo a ricongiungersi ed iniziamo a raccogliere le carte di cui si nutre la burocrazia quando macina diritti. Ma anche la raccolta di carte in una gabbia non è cosa semplice. Gli do i recapiti del mio studio, fuori dalle sbarre forse riusciremo a raddrizzare qualche torto.
Avv. Alessandra Ballerini

martedì 2 agosto 2011

Di ritorno da Lampedusa, pervasa di impotenza.



Lampedusa
30 giugno, ritorno dalla Missione con Terre Des Hommes.

Di ritorno da Lampedusa, pervasa di impotenza.

Nelle orecchie ancora le urla di un ragazzino che tenta di ribellarsi ad una perquisizione. Eravamo a  contrada Imbriacola a salutare i ragazzi e Tracy, una bellissima minore nigeriana che, quando mi abbraccia, prende la rincorsa e poi si stringe con la testa sulle spalle, sorride e abbassa lo sguardo un po' vergognosa. Angiolina (un nome, una garanzia) di Msf le ha portato “il piccolo principe” in inglese e lei se l'è divorato in una notte. Vorrebbe leggere ancora e ancora ma sull'isola in inglese c'è solo la bibbia (che il prete distribuisce a larghe mani insieme a rosari colorati) e lei la sta studiando a memoria 
Da una stanza accanto ai bagni sentiamo urlare, la porta è accostata, avvicino vedo M. il  parrucchiere filosofo, come lo abbiamo ribattezzato. Lui parla spesso con noi, è sveglio e parla un buon francese. In Tunisia faceva il barbiere ed è scappato non per problemi economici ma per l'instabilità del suo paese (dove gli scontri non sono mai cessati ma si è solo smesso di parlarne) per questo motivo ha già manifestato la sua volontà di chiedere asilo.
Cionostante si trova rinchiuso insieme agli altri da settimane a Contrada Imbriacola. Neanche a lui come agli altri è stato notificato alcun provvedimento di trattenimento: trattenuto di fatto ma non di diritto. In attesa di non si sa cosa, M. non si perde d'animo. Come molti altri rifiuta il cibo definito immangiabile distribuito dalla Lampedusa Accoglienza. Lui però a differenza degli altri ha qualche soldo in tasca che è riuscito a portare con sé e proteggere nel viaggio. Per questo appena può cerca di uscire dal Cpsa per andare a comprarsi cibo e sigarette e poi torna. Lui è sveglio, sa che la sua detenzione è illegittima e comunque non vuole scappare (e dove potrebbe andare, si trova su un'isola peraltro presidiata da ogni tipo di forza armata, compreso l'esercito) vuole solo per mezz'ora sentirsi “normale” mangiare cibo vero, tipo un panino bere una coca e fumarsi una sigaretta. Vuole per mezz'ora non sentirsi un criminale in gabbia. Gli spieghiamo ogni giorno che non può uscire, che deve resistere, che tra poco verrà trasferito in un centro per richiedenti asilo (Cara) e chi lì andrà meglio. Ma lui non ci ascolta, scuote la testa. M. crede che le persone abbiano il diritto di essere felici o almeno di provarci, e si preoccupa per noi. Dice che ogni giorno ci vede più stanche, vede i nostri visi provati e gli occhi tristi. Scherza con noi e si preoccupa dei nostri di diritti, dice che non è normale che tre ragazze (beh io non lo sono più da un po' di anni ma lui è galante) su un'isola bellissima passino il loro tempo in quel posto schifoso anziché su una spiaggia. Mi domanda se dormo abbastanza perché effettivamente ho le occhiaie dopo qualche notte insonne, gli spiego che ho troppi pensieri e non riesco a dormire. Ha una soluzione: mi dice di passare al Centro prima di coricarmi: mi terrà da parte il cibo che l'ente gestore distribuisce e mi assicura che dopo averlo ingerito si prende subito sonno. Quel cibo fa schifo ma fa dormire.
Ora
M. è rinchiuso in una stanza e sta subendo una perquisizione fin troppo approfondita a giudicare  dalle urla e dai guanti di lattice che fasciano le mani dei poliziotti e degli agenti della guardia di
finanza che si affollano nella stanza. Vorrei fare qualcosa per lui ma questa non è una perquisizione normale. Non credo sia stato avvertito del diritto di nominare un avvocato perché assista alla perquisizione (né che alla fine gli verrà consegnato un verbale che ne specifichi l'esito) e quindi non ho diritto ad assisterlo non essendo stata da lui nominata. Mi avvicino più che posso, chiedo
informazioni ma l'unica risposta che ottengo é che la perquisizione è necessaria perché questi ragazzi quando escono dal centro magari comprano le lamette (per poi inghiottirle quando la depressione e la rabbia prendono il sopravvento) e se le nascondono “ovunque” e quindi spetta a loro, alla polizia, frugare “ovunque” per scovare queste eventuali lamette. E così quella che sembra un'arbitraria punizione sarebbe un legittimo atto dovuto. Peccato che viola qualunque regola procedurale in materia e che si svolge su di un ragazzo richiedente asilo privato da settimane illegittimamente della libertà personale. Ma soprattutto perché Nessuno si domanda come mai dei ragazzini che hanno rischiato la vita per tentare di avere un futuro, una volta rinchiusi nelle gabbie di Contrada Imbriacola (o negli altri centri) coltivino tutta questa voglia di morire? E perché nessuno fa nulla per evitarlo?
Restiamo
lì finché le urlano non cessano, poi lo vediamo uscire, lo spingono verso il cancello, verso la gabbia degli adulti: chiede una sigaretta, gliela danno ma gli impongono di dire grazie. Glielo urlano, devi dire grazie! Lui allora urla grazie ad ognuno dei poliziotti che l'ha perquisito, con aria di sfida, con l'orgoglio di chi può essere spogliato e perquisito ma non sottomesso. I poliziotti non la prendono bene e mentre lo strascinano al cancello gli urlano: vedrai il grazie che ti diremo noi tra poco. 
Il mio aereo parte tra 50 minuti e comunque lì sono totalmente inutile. E così frustrata e nauseata lascio M., il centro e l'isola.
Sull'aereo
sento addosso, appiccicata sulla pelle e negli occhi tutta la violenza che, impotente, ho visto e sentito in questi giorni.
Avvilita,
mi aggrappo allora, per non essere sopraffatta dalla nausea e dalla disperazione, ad un pensiero felice. Ad una speranza. Un miracolo di cui sono stata spettatrice.
A
Lampedusa per una settimana una cinquantina di ragazzi (ma anche qualche adulto) ha partecipato al campeggio organizzato da Amnesty International per i diritti umani. Hanno sostato fuori dai centri,  salutato sbracciandosi i giovani prigionieri, hanno parlato di leggi e di diritti, hanno fatto domande e cercato risposte. Con curiosità,  purezza ed intelligenza. Accoglienti, preparati e partecipi. Volevano portare il loro saluto ai migranti detenuti nei centri ma non gli è stato concesso. Volevano trasmettere la loro vicinanza ai loro coetanei migranti. Le hanno provate tutte. Si sono ingegnati e poi hanno scritto questa lettera perché la leggessimo ai minorenni rinchiusi alla Loran.
Siamo
arrivati da diverse parti di Italia e d'Europa, siamo giovani e meno giovani, abbiamo provato a portarvi un sorriso, abbiamo provato a raggiungervi per conoscere il Vostro sorriso abbiamo provato ad incontrarvi per ascoltare i vostri nomi e per darvi il nostro benvenuto , abbiamo guardato da lontano i vostri saluti e abbiamo risposto salutandovi: Volevamo correre, saltare il cancello e con un pallone conoscervi per condividere qualche istante sereno…
 ma non ce l'abbiamo fatta a far sii che il nostro sorriso potesse diventare anche il vostro.
Noi, e tanti altri con noi, continueremo a sperare di ascoltare i vostri racconti, non smetteremo mai di chiedere i vostri sorrisi, continueremo a cercare il vostro abbraccio e non finiremo mai di chiedere di farci incontrare...
Non
possiamo venire lì, ma di certo non smetteremo mai di aspettarvi qui!” (seguono le firme di tutti i ragazzi)

 C'era
un silenzio irreale nel centro: 101 ragazzi muti, raccolti intorno a noi, ad ascoltare questa testimonianza di empatia. Hanno applaudito due volte e alla fine con gli occhi umidi mi hanno chiesto di ringraziare questi amici sconosciuti.
Hanno
pensato a tutti i ragazzi di Amnesty. Anche ai lampedusani che sanno di essere stati accoglienti quando lo Stato latitava. Così hanno deciso di scriverla questa riconoscenza tracciando sulla sabbia della spiaggia la scritta Grazie rivolta verso il paese, verso gli isolani,  e poi immortalando l'immagine in tante cartoline distribuite nella festa serale nella via principale dell'Isola.

Nella
piazza di fronte alla chiesa hanno predisposto un piccolo percorso di candele e scritte. Trovo, tra le altre, questa versione geniale e commuovente del Padre Nostro. Gian Marco, l'autore, è uno dei  “campeggiatori” di Amnesty, un giovane poeta.
 Migrante Nostro.
Migrante Nostro,
Che sei nei centri,
 Sia rispettato il tuo nome
Vengail giorno in cui ovunque la terra ti accolga,
Ti sia restituita la tua Dignità,
 Come in mare
Così in terra.
Che non ti sia negato il pane quotidiano
Perdona a noi la violazione dei tuoi diritti
Come noi ci impegnamo a non esserti più debitori.
E non ricorriamo ingiustamente alla detenzione
Ma liberiamoti dal mare...
Amin

(Gian Marco Giuliana con l'inestimabile aiuto di Helena Caruso) Questi
ragazzi così belli e creativi sono la nostra Italia migliore, da difendere e far crescere. Penso a loro sull'aereo.
E ricomincio a sperare.

Avv. Alessandra Ballerini

domenica 3 aprile 2011

2 aprile : l'Italia per bene manifesta in tutte le città - video degli scontri di Ventimiglia e galleria di immagini da Genova


...La logica dei governi dei "volonterosi" è lapalissiana : si interviene in Libia per difendere i civili e nel contempo quei stessi civili, nel momento che fuggono dalla guerra, e da condizioni di vita impossibili, li respingono o, come il governo italiano, cerca di segregarli in campi di concentramento, dietro muri di filo spinato e in condizioni igieniche ben al di sotto di ogni standard del comune senso di civiltà.
La finalità del governo Berlusconi è a mio parere evidente: far degenerare il fenomeno degli sbarchi in emergenza sociale e di ordine pubblico, far crescere la paura per queste persone che a rischio della vita cercano di raggiungere le nostre coste e quando la situazione diventa esplosiva attraverso le paure crearsi il consenso elettorale.
Un paese come la Tunisia (uscita da una recente crisi politica e sociale) sta rispondendo all'emergenza profughi, che sul suo territorio ammontano a circa 140 mila con dignità ed umanità.
Un governo come quello italiano entra in crisi per i 6000 di Lampedusa.
O sono una manica di incapaci, ostanno giocando sulla pelle dei disgraziati per i propri fini politici.
In un caso e nell'altro devono andarsene via.
Dopo aver appoggiato Ben Ali non sono disposti a collaborare con il nuovo governo tunisino.
ecco le immagini di chi ieri ha manifestato contro il razzismo è l'assurdità della guerra rispondendo all'appello del coordinamento 2 luglio contro la guerra antirazzista.

ecco il filmato di Ventimiglia con gli scontri per proteggere il consolato francese. 


ecco la galleria di immagini della manifestazione di Genova con la simulazione di fronte al comando militare di zona
clicca sull'immagine per accedere alle immagini


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venerdì 1 aprile 2011

News dalla Tunisia - Nuovamente il governo italiano dimostra la sua inettitudine e incapacità a qualsiasi risposta rispetto all'emergenza nel mediterraneo

come sapete una delegazione italiana unitaria e' in Tunisia, nell'ambito della giornata di mobilitazione nazionale del 2 aprile,  per l'incontro promosso dalle organizzazioni sociali tunisine del Forum Sociale del Maghreb. 
Abbiamo incontrato i promotori della conferenza stampa e della manifestazione pubblica che si terra' a Tunisi lunedi' 4 in occasione della visita di Silvio Berlusconi per protestare contro la politica del governo italiano che, dopo aver sostenuto fino all'ultimo il regime di Ben Ali', oggi non aiuta la difficile transizione democratica negando accoglienza umana e dignitosa ai migranti e ai rifugiati.  
La Tunisia, che e' un piccolo paese e sta vivendo una fase molto complessa, ha accolto con grande umanita' e solidarieta' popolare 140.000 profughi dalla Libia. L'Italia e' una grande potenza e sta trattando invece come una emergenza ingestibile l'arrivo di 15.000 persone.  La Francia ha chiuso le frontiere, dando al mondo un'altra prova di una Europa fortezza insensibile e brutale. 
La delegazione invita tutti e tutte a esprimere, nelle manifestazioni dei prossimi giorni, la propria solidarieta' alle organizzazioni tunisine che manifesteranno lunedi' e a sottoscrivere il loro appello che circoleremo in questa lista appena pronto nelle prossime ore. 
Lunedi' alcuni di noi saranno a Tunisi alla conferenza stampa. Gli altri e le altre seguiranno il programma previsto e saranno alla frontiera fra la Libia e l'Egitto per portare la solidarieta' dell'Italia civile ai profughi e a chi li accoglie. 
La delegazione italiana unitaria in Tunisia 

mercoledì 9 marzo 2011

Cosa sta succedendo nel Nord-Africa? - La dichiarazione dell’Assemblea dei movimenti sociali maghrebini

il documento che segue è stato redatto durante il forum sociale mondiale che si è tenuto il mese scorso a Dakar. Nelle conclusioni del documento si fa riferimento a Egitto e Tunisia, senza menzionare ovviamente la Libia, in quanto non era ancora coinvolta nei venti di cambiamento. Ovviamente le cose in questo mese si sono evolute e stanno tuttora evolvendo. Credo che pur rimarcando negli avvenimenti libici una sostanziale differenza con quanto successo in Tunisia e Marocco, questo documento è un elemento di utile confronto sulla realtà dei paesi nord-africani che si affacciano sul mediterraneo
Loris

La dichiarazione dell’Assemblea dei movimenti sociali maghrebini

Dichiarazione dell’Assemblea dei movimenti sociali maghrebini al Forum Social Mondial Dakar 2011
Noi movimenti sociali del Maghreb, riuniti a Dakar in occasione del Forum sociale mondiale 2011, riaffemiamo la scelta strategica di costruire uno spazio maghrebino di lotte e mobilitazioni sociali per costruire un Maghreb dei popoli democratici, aperto sul Machrek e pienamente radicato in Africa.

Tunisia
Le rivolte popolari in Tunisia e Egitto confermano le nostre scelte e le nostre esigenze di democrazia e di giustizia sociale, consolidano le nostre lotte per la democrazia e contro le scelte neo liberali che aggravano l’ingiustizia sociale, le diseguaglianze, la repressione dei movimenti di rivendicazioni sociali e politiche
Riaffermando il nostro pieno sostegno e la nostra solidarietà all’insieme delle lotte dei popoli del Maghreb e del Machrek che si sollevano contro le dittature e i poteri autoritari per la democrazia, la libertà, la dignità e la giustizia sociale, siamo coscienti delle sfide che pone la costruzione democratico cosi come la difficile gestione della transizione verso la democrazia.
I movimenti sociali seguitano a riaffermare il loro sostegno totale e continuo alla lotta del popolo palestinese contro lo Stato sionista e coloniale e per il loro diritto ad uno Stato indipendente. Denunciano le ingerenze e gli interventi militari dell’imperialismo americano e la doppiezza se non il complice silenzio degli Stati europei e di alcuni stati arabi, in relazione ai crimini dello stato di Israele.
Ricordiamo che il Forum Sociale Maghrebino è uno spazio regolato dalla Carta di Porto Alegre e dalla Carta del Maghreb dei popoli, e dunque:

Egitto
- è uno spazio autonomo e indipendente dagli Stati e dai partiti politici
- è uno spazio per dibattere e non per battersi, uno spazio che rispetta i diritti dell’uomo, la diversità delle idee e delle posizioni, e che difende e stimola la libera espressione di tutte le questioni che ostacolano la costruzione di un Maghreb dei Popoli
- è uno spazio di convergenza e di articolazione di lotte comuni, di solidarietà e messa in rete dei movimenti sociali per la costruzione del Maghreb
- è uno spazio che si propone di superare le divisioni scioviniste e che opera per facilitare l’emergere di una nuova cultura, una nuova identità che si riconosce nella sua diversità e nella sua ricchezza, nuove forme di organizzazione per un altro Maghreb, un Maghreb che i governi attuali non hanno potuto realizzare malgrado le aspirazioni popolari verso l’unità.
- È uno spazio di inclusione e non esclusione di tutti i popoli della regione, di tutti i movimenti sociali che si riconoscono nella carta di Porto Alegre e che si ergono, ognuno nel proprio campo, contro il neoliberalismo, per l’uguaglianza e la dignità delle donne, per la democrazia e la giustizia sociale, contro le guerre e il razzismo, contro la repressione e per il rispetto dei diritti universali dell’uomo e per la protezione della natura e del nostro ambiente contro gli inquinatori e i predatori.
L’assemblea dei movimenti sociali del Maghreb si impegna a :
- incentivare, rafforzare e ampliare le convergenze delle lotte dei movimenti sociali della regione del Maghreb e del Machrek, sviluppando le articolazioni e le convergenze con i movimenti sociali dell’Africa subsahariana attorno a tematiche che sono state oggetto di dibattito, di campagne e di messa in rete, e particolarmente le azioni e i fori tematici avviati e realizzati nel 2010, anno di mobilitazione verso Dakar.
- A coinvolgere nuovi spazi oltre il Marocco, che è stato uno dei pochi paesi della regione a permettere la tenuta dei fori sociali; i cambiamenti in Tunisia e Egitto offrono un’opportunità di ampliamento geografico degli spazi di libertà.
- A dare maggiore radicamento alla mobilitazione sociale e alla cultura che si diffondono all’interno dei fori sociali per un altro mondo.
- A approfondire la riflessione, alla luce delle rivoluzioni tunisine e egiziane, per formulare delle alternative per un altro Maghreb, un altro Machrek, un’altra Africa e un altro mondo.
Partendo da ciò, i movimenti sociali del Maghreb decidono, per i due anni che ci separano dal prossimo Forum Sociale Mondiale:
di sostenere attivamente il rilancio della dinamica per la costruzione del Forum Sociale Tunisino
di contribuire alla mobilitazione e alla messa in opera di una commissione internazionale, formata dai movimenti del FSM per andare a incontrare i nostri compagni tunisini come forma di solidarietà e di sostegno al processo democratico in Tunisia e che sarà anche un momento di riflessione sulle lezioni della rivoluzione tunisina e egiziana
di tenere il secondo forum sociale del Maghreb in Tunisia
di organizzare un forum sociale tematico su “Relazioni dei Movimenti sociali e politici e sfide della costruzione democratica in Maghreb e Machrek”
di organizzare un forum internazionale su “Movimenti sociali e Islam politico”
di rafforzare e allargare il processo intrapreso per l’articolazione e costruzione di un forum sociale Maghreb -Machrek appoggiandoci sugli spazi di libertà da consolidare sia in Egitto che io Yemen, in Giordania, in Libano e in Iraq, e contribuire alla riuscita della campagna di sostegno al movimento sociale irakeno prevista in ottobre 2011 a Irbil
di proseguire il processo intrapreso dal 1° forum sociale Maghreb organizzando un incontro regionale sulla risoluzione dei conflitti e l’unità maghrebina e consolidare le acquisizioni intorno all’Appello per la pace nel Sahara Occidentale (IPSO), lontano da logiche di Stati e gruppi armati
di aprire un dibattito e lanciare delle campagne per la decolonizzazione delle zone marocchine, Ceuta e Melilla, ancora sotto occupazione spagnola
Di rafforzare la dinamica delle donne nelle loro lotte per la dignità e l’eguaglianza e contro tutte le violenze che sono commesse nei loro confronti, e di sostenere le articolazioni e le convergenze con la Marcia Mondiale delle donne, nel rispetto della diversità delle posizioni, nella ricerca del consenso sui punti di divergenza, in conformità con i valori universali dei diritti umani e al di là di ogni considerazione ideologia o di parte
Di organizzare, temendo presente l’emergere di nuovi mezzi di informazione e di comunicazione e del ruolo che giocano, un forum tematico su “Media alternativi e il diritto d’accesso all’informazione”
Di continuare a rafforzare gli avvicinamenti e la solidarietà intersindacale maghrebina
Di consolidare le acquisizioni emerse dall’incontro africano tenutosi a Casablanca sulla cultura come diritto e non solo come elemento di animazione dei Fori Sociali, rinnovando il nostro totale sostegno ai movimenti sociali amazigh che lottano per i diritti linguistici e culturali
D’altra parte, l’Assemblea dei movimenti sociali si pone come obiettivi, nel corso dei prossimi due anni, di lavorare alla messa in rete dei movimenti sociali lanciando alcune campagne:
campagna per l’apertura delle frontiere e il diritto alla libera circolazione dei beni e delle persone nello spazio maghrebino come una tappa per la costruzione del Maghreb
campagna contro la militarizzazione della regione e per il blocco della corsa agli armamenti, e contro ogni velleità d’egemonia nella regione utilizzando gli investimenti in armi, per rilanciare uno sviluppo a sostegno delle fasce diseredate e il consolidamento dei valori della pace e della sicurezza dei cittadini e delle cittadine della regione
campagne sulla lotta contro la corruzione e lo sperpero dei beni pubblici e contro l’impunità
campagne sui diritti dei migranti, sia i migranti maghrebini in Europa, sia i migranti subsahariani nel Maghreb che, nel giro di alcuni anni, è divenuto terra d’accoglienza e non solo luogo di transito, e consolidamento della solidarietà con le organizzazioni del Nord sia sulla migrazione che su un approccio critico verso gli accordi di libero scambio tra l’Unione Europea e il Maghreb.
Consolidamento delle articolazioni e dell’implicazione dei movimenti sociali maghrebini con i movimenti sociali dell’Africa sub-sahariana per un altro Maghreb, un’altra Africa, un altro mondo e lavoro per un maggiore coinvolgimento del Maghreb all’interno del Consiglio del Forum Sociale Africano.
L’Assemblea dei movimenti sociali maghrebini è convinta che la crisi sistemica del capitalismo e del neoliberalismo aggrava la crisi alimentare, le differenze sociali, la distruzione dell’ambiente, la repressione, l’ìndebitamento dei paesi, l’intervento a oltranza delle istanze finanziarie internazionali, ma la crisi offre, come mostra la Tunisia, l’Egitto e le sollevazioni nel Maghreb e in Medio Oriente, alcune opportunità per la convergenza delle lotte per la democrazia, la dignità e la giustizia sociale.

Dakar, 11 febbraio 2011

fonte - Liberazione


sabato 29 gennaio 2011

Quel che resta del giorno , un brutto film ambientato alla Farnesina

…”Quel che resta del giorno”, è un film di indubbia finezza e grande maestria del regista J. Ivory. Protagonista della storia è un maggiordomo, interpretato da Anthony Hopkins, che , giunto alla fine del servizio presso un casato inglese, a cui aveva dedicato la sua vita lavorativa con incondizionata lealtà, viene colto dal dubbio di aver riposto malamente tale sentimento.
Nell’attuale cronaca politica c’è un personaggio sicuramente paragonabile, come servilismo, al maggiordomo succitato, ma che nemmeno possiede la qualità del dubbio intelligente: è il ministro degli esteri Franco Frattini che ha fatto voto di lealtà eterna ed incondizionata al piduista, sultano di Arcore.
Voglio ricordare, in quanto già trattato su questo blog, le posizioni assunte dal ministro nei confronti degli operatori di Emergency a suo tempo arrestati in Afghanistan, nei confronti dell’atto di pirateria Israeliana contro una nave turca recante aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, nel corso della quale furono sequestrati anche alcuni cittadini italiani, o la sorprendentemente timorosa posizione verso la Libia dopo che la Marina di quel paese, aveva sparato contro pescatori italiani in acque internazionali.
Ebbene, improvvisamente in questi giorni, il nominato ministro, in un impeto di energia ed attivismo ha fatto ricercare ogni documentazioni possibile ovviamente a spese del contribuente italiano, presso il governo di Santa Lucia. 
Obiettivo: screditare il Presidente della Camera G. Fini e compiacere il proprio padrone Silvio Berlusconi.
Mentre l’area del Mediterraneo è in fiamme, con morti e feriti in Egitto e in Tunisia, il nostro ministro, utilizzando le risorse pubbliche del suo ministero, non trova di meglio da fare che cercare i documenti a Santa Lucia che dovrebbero dimostrare la proprietà di una casa di montecarlo che potrebbe essere ricondotta all’on. Fini.
Tutto ciò non è altro che un ulteriore dimostrazione dell’uso improprio delle istituzioni da parte di questo governo, e della più totale inadeguatezza dell’inquilino della Farnesina.
Se costui non è in grado neanche di relazionare su quanto succede sull’altra sponda del Mediterraneo, se non è in grado di rendere all’Italia un ruolo di peso sullo scenario internazionale, se ne torni a casa. In fondo, un posto come cameraman il sultano di Arcore glielo può sempre garantire, visto la frequenza di videomessaggi che vengono prodotti dal sultano. 
Quel che resta del nostro giorno, è sempre più la sceneggiatura di una brutta storia, vizi privati giustificati nella presunta ragion di stato. Manca l’epilogo della nipotina che chiama lo zio per dirgli …”ciao zio Moubarak !!! Ha detto papi che……."
E le prossime generazioni racconteranno che la vittoria di Bartali al tour fermò la rivoluzione nel 1948, e nel 2011 le doti segrete di Ruby Rubacuori riappacificò un mediterraneo in fiamme,….ma sempre e solo per la volontà del Papi.
Loris

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