il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

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sabato 25 febbraio 2012

Marina Spaccini ci ha lasciato - "Quella manganellata mi ha fatto cadere lo Stato in testa"

Ricordi dalla rete di Marina Spaccini




Ciao Marina! 
Saluto con questa immagine una persona straordinaria: Marina Spaccini. E' lei che, come ricordano i compagni genovesi, porge un po' d'acqua ad un ragazzo sdraiato per terra ferito dopo che la cieca furia delle cosiddette "forze dell'ordine" aveva fatto scempio della piazza tematica del movimento pacifista a Manin il 20 luglio 2001. E' lei che, poco dopo essere stata ritratta, è finita con la testa spaccata per colpa di quelle stesse belve.
La ricordo quando nel luglio 2002 è tornata a Genova per raccontare la sua esperienza e quella del marito Giorgio di medici in Africa ed il loro percorso nel movimento dei "Bilanci di giustizia", per un'economia diversa. La ricordo, poi, ad un'udienza sugli scontri di quei giorni, raccogliere le idee con la testa tra le mani in un angolo del tribunale genovese, e vincere un risarcimento ridicolo da parte dello Stato senza perdere mai dolcezza e indignazione. E' una persona che, con umiltà e dignità, ha cercato di fare del suo meglio per farci tutti migliori. Grazie! 

Monica di Sisto





Marina SPACCINI se ne è andata, lasciandoci tanti ricordi. 
Ci ricordiamo la sua querelle con il sindaco Di Piazza, che voleva riappendere al muro del palazzo comunale il ritratto del Podesta fascista Pagnini: Marina chiese allora di togliere quello di suo padre, sindaco 
democristiano di Trieste, ma soprattutto convinto antifascista . 
Ci ricordiamo la determinazione e la forza con le quali partecipava al Movimento Altermondista e, nel locale, al Trieste Social Forum, in particolare durante le vicende legate alla guerra contro l'Iraq. 
Soprattutto però il nome di Marina SPACCINI rievoca tra coloro che parteciparono al cosiddetto movimento no global, i fatti nei quali fu coinvolta in occasione della grande manifestazione di Genova del 2001 .
Marina infatti venne aggredita da un appartenente alle forze dell'ordine e manganellata, nonostante fosse chiaro dal suo distintivo, che essa facesse parte del personale medico volontario della manifestazione e che stesse tentando di portar soccorso ad altri aggrediti dalle violenze della polizia. 
La sua foto - pubblicata in copertina dalla rivista Diario - e la sua storia fecero il giro del mondo. 
Solo dopo diversi anni Marina vinse la causa e potè dimostrare come andarono effettivamente le cose . 
Si sa che i marxisti - come noi ci consideriamo - hanno un solo lucido e cosciente atto di fede: la fiducia pressochè infinita nell''essere umano e nella sua volontà di cambiamento collettivo di questa società verso 
una società più giusta e solidale Marina era una di quelle compagne di strada che ci rafforzava in questa 
convinzione e per questo la sua scomparsa ci colpisce profondamente.

 Sinistra Critica TRIESTE



g8: lo Stato condannato a pagare

Marina Spaccini su "Vita Nuova" Trieste
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sabato 19 novembre 2011

Abbiamo troppo poco tempo a disposizione per poterci permettere il lusso di pettinare le bambole o smacchiare i giaguari.



...Sabato 12 novembre avevo indossato la giacca e stavo per dirigermi verso Montecitorio o il Quirinale per partecipare all'evento programmato “la caduta di un premier” quando il più banale dei quesiti mi ha rovinato sia l'entusiasmo sia quello che da anni avrei considerato un bel giorno per l'Italia: chi ha mandato a casa Berlusconi?.

E' fin troppo evidente che quelli che abbiamo per anni invocato come gli anticorpi che entravano in circolo nel momento in cui qualcuno avrebbe attentato al nostro sistema democratico sono entrati in crisi, forse per eccesso di fiducia in un impianto statale fatto più di consuetudini che di atti formali e sostanziali inoppugnabili. Dal conflitto di interessi a leggi at personam e leggi at azienda.
Non è un caso che quello che è stato un meccanismo che ha retto bene sino a che c'è stata la Democrazia Cristiana, si sia inceppato nel momento in cui i democristiani per estinzione del proprio partito si sono, insieme ai socialisti, spalmati tra i due partiti di riferimento all'interno dei due poli.
Non è un caso che il meccanismo può riprendere a funzionare nel momento in cui archiviata la seconda repubblica il governo Catto-Bancario del prof. Monti ha nel suo DNA la mappatura proprio della Democrazia Cristiana degli anni del benessere, del boom economico, della società dei consumi, ma non le risorse per uguagliarla.

Che il PD di Bersani sia troppo interessato all'accredito nei salotti bene della finanza internazionale a scapito dei soggetti più deboli non è una novità. La rincorsa alle banche finì nella burla dei ragazzini scoperti con le mani nella marmellata, e la scelta aclassista ha radici decisamente più lontane, legate alla stesse sorti dell'allora PCI.
Il rifiuto o di un governo “politico” o di larghe intese o di unità nazionale o di elezioni anticipate, è solo il sinonimo della volontà di non disturbare i grandi vecchi e le organizzazioni mondiali capaci di movimentare ingenti capitali in titoli e in liquidità, veri strumenti di ricatto politico sociale nei confronti di paesi sovrani.

Viene a mancare il fiato pure alla sinistra extraparlamentare, chi ha per troppo tempo tubato con alleanze imbarazzanti ma assolutamente organiche ad una spartizione di un po di seggiole (o sgabelli) in un ipotetico governo di pseudo centro-sinistra, ed oggi si trova in debito d'ossigeno e fuori gioco, vista l'indisponibilità da parte del PD stesso a percorrere strade diverse (e non necessariamente l'uscita dalla UE del nostro paese) per riconquistare autonomia politica e una politica indirizzata su tutto alla tutela di tutti quei soggetti definiti non a caso “più deboli”

Da parte della sinistra definita “radicale” la perenne ricerca di unificazione impossibile di soggetti insufficenti e inadeguati, e la mancanza di unificazione su un progetto comune di società legata alle trasformazioni politiche e sociali globalizzate.

...Mi sono tolto la giacca, resta troppo poco tempo per poterci permettere il lusso di pettinare le bambole o smacchiare i giaguari.

Non è nell'attuale Parlamento che si può costruire una alternativa alla società delle banche e della finanza. Da Seattle a Puerto Alegre, a Genova, oltre dieci anni di indicazioni sulla possibilità di società diverse e sostenibili. Non è il sofismo se superata o meno questa sinistra, è in quell'ambito e in quell'humus culturale che matura comunque questo dibattito, che può e deve trasformarsi in progetto sociale.

Loris




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venerdì 4 novembre 2011

se il g20 non va in paradiso


Autore: Alberto Zoratti
fonte: Altreconomia

Arrivare al Principato di Monaco non è mai stato così complicato. Dalla strada vista mare che porta dal micropaese di Cap d'Ail ad uno dei paradisi fiscali più cinematografici del mondo il 3 novembre il passaggio era off limits, ma non per i milioni di euro che convergono verso l'anonimato ed i privilegi di Montecarlo, ma per gli oltre 500 manifestanti che in mattinata hanno provato ad avvicinarsi ai confini virtuali della città stato monegasca.
Un gruppo di clown ed un sound system con un pallone gigante precedevano una manifestazione che sottolineava come sia necessario tassare le transazioni finanziarie, un dejà vu dei primi public forum del secolo quando si cominciava a parlare di Tobin tax facendo sorridere frotte di presuntuosi economisti.
Dieci anni dopo ed una crisi mondiale sulla testa hanno spento quei sorrisi, ma la questione rimane aperta soprattutto nel momento in cui gli effetti della finanziarizzazione dell'economia hanno metastatizzato ogni angolo del vivente. Un sistema così onnivoro, come ogni animale selvatico non ha solo bisogno di crescere e di andare a caccia di opportunità, ma anche di nascondersi. Ed è quello che succede negli oltre 40 Paesi (dato Ocse, il Financial Stability Board parla di oltre 60) che hanno scelto di diventare rifugio per la finanza impazzita. Parliamo di oltre 11 mila miliardi di dollari nascosti al fisco e custoditi da prestanome e società fantasma, una cifra che corrisponde ad un quinto del Prodotto interno lordo mondiale e al doppio della cifra stanziata in questi anni per affrontare l'attuale crisi economica.
Quando parliamo di finanza offshore non stiamo però parlando solamente di Paesi esotici, ma zone franche all'interno del sistema finanziario globale, come la city di Londra o il centro finanziario di New York, o ancora la conosciutissima Svizzera e il minuscolo principato di Monaco.
Con alcune di queste, vedi la Svizzera, si stanno imbastendo accordi bilaterali per risolvere una situazione insostenibile. Ma per alcuni di questi, vedi l'Italia, il problema dell'anonimato rimarrà probabilmente intonso. Ma la questione più scandalosa rimane la lista nera dei tax heavens, rimasta praticamente vuota. Paesi come le British Virgin Islands, le Isole Cayman, Gibilterra e il Lichtenstein sono stati addirittura promossi perchè collaborativi. Ma la totale inconsistenza di un G20 che solo che due anni fa aveva dichiarato guerra alla finanza off shore di tutto il mondo dimostra l'inutilità di questi vertici. E tutto questo mentre gli scandali continuano, l'ultimo in ordine di tempo sono le dimissioni di Tsuyoshi Kikukawa dalla presidenza dell'Olympus, la nota multinazionale leader in dispositivi medici e fotografici in seguito all'accusa di aver dirottato fondi in paradisi fiscali per evadere le tasse. E mentre i Paesi, e l'ecosistema, hanno bisogno di centinaia di miliardi di dollari per rimettersi in piedi.

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lunedì 8 agosto 2011

Contro la crisi , Ripartiamo da Genova




Scrivo nuovamente di mio pugno, dopo un periodo in cui il blog ha voluto essere semplicemente uno strumento di servizio, limitando la sua attività a rimbalzare comunicati collettivi, comunicati stampa e poco più.
Per me è inevitabile, a 15 giorni dal termine degli eventi del decennale “Genova2001-2011” mettere in relazione i dibattiti, le presenze e le dinamiche di quei giorni con ciò che la cronaca economica e politica ci sbatte in faccia quotidianamente.
Se gia due anni fa ci rendevamo conto che la crisi che era in atto, era dovuta a una finanziarizzazione indiscriminata dell’economia, oggi sembrerebbe evidente che quel capitalismo è incapace di sopravvivere a se stesso. 
In un libro che raccontava l’epopea del grande nord era descritto come i lupi andando a leccare affilati coltelli , con il manico piantato nel ghiaccio e la lama intrisa di sangue di qualche animale, avidamente si ferivano fino a morire dissanguati, nello stesso tempo saziati dal loro stesso sangue. Questa è a mio parere l’allegoria dell’odierno capitalismo finanziario. 
E’ evidente che in questo delirio, molti sono i soggetti coinvolti e trascinati a fondo in questo autentico pozzo nero dell’economia.
Negherei però, quella che è una affermazione strumentale e falsa :”Siamo tutti sulla stessa barca”. Se io mi sentissi sulla barca di Marchionne, della Marcegaglia o di Berlusconi, vorrebbe dire che già sono affogato, o in subordine tenuto in vita artificialmente. 
Con molta presunzione riaffermo però ciò che già nell’appello di chiamata di quasi un anno fa, per il decennale, era stato scritto in modo chiaro. Quel movimento così duramente represso aveva ragione. La globalizzazione non era una strada percorribile. Quel modello di sviluppo, che gli “8 grandi” del mondo portavano a Genova nel 2001 non era comunque il nostro modello. 
In dieci anni la realtà ha superato in maniera abnorme qualsiasi previsione, che il più estremista dei movimenti “no global” del 2001 avrebbe ipotizzato.
L’aumento dei conflitti armati, le sollevazioni popolari spontanee e quelle pilotate per il controllo delle risorse naturali del pianeta, sono la cartina di tornasole sullo stato della giustizia sociale e ambientale su questo pianeta. 
Con questa economia, la centralità l’ha assunta la finanza, quindi, anche l’assioma del “mercato” cade per lasciare posto alle partite a poker delle borse con i suoi agenti e i suoi finanzieri. Lo scambio del denaro, con le sue speculazioni determina la vita e la morte di intere economie nazionali. Banche, mafie, sono oggi in grado di affamare intere popolazioni o a condizionare l’accesso a diritti fondamentali come quello alla salute in paesi definiti “avanzati”. 
In Italia in questi dieci anni il governo del paese, a parte una breve e insignificante parentesi, è stato di destra e con il preciso compito di destrutturare sia stato sociale che Stato istituzione . Le becere politiche atte a precarizzare sempre più il mercato del lavoro e i progressivi attacchi ai diritti dei lavoratori fanno si che oggi ai lavoratori non resta che una estenuante difesa di un potere d’acquisto dei salari reso vano dalle attuate e tentate privatizzazioni di “beni comuni” o politiche sindacali asservite al padronato.
Ripartiamo da Genova, dai diritti negati ad una economia che coniughi ambiente risorse e consumi in un bilanciamento che non lasci spazio alle speculazioni. Ripartiamo da Genova con la difesa non solo dello stato sociale, ma del lavoro e di tutti i diritti che vogliono e vorrebbero privarci.
Ripartiamo da Genova gestendo e non subendo i conflitti.

Loris







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