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16.8.15

Chieti - Ferragosto

Ferragosto, Ferragosto,
tutto fumo e niente arrosto!
Or Di Primio, appen rieletto,
a aumentar tasse costretto,
mentre ammette afflitto e mesto
che il Comune è al pre-dissesto,
per salvare almen la faccia,
si fa crescer la…barbaccia!

La discarica incendiata,
da tant’anni sequestrata,
che ha allarmato la città
per la sua tossicità;
col Comune che riparte
facendo acqua da ogni parte,
con le casse ormai vuote
perché a stento si riscuote
i tributi da pagare,
che nessuno vuol cacciare,
non è certo un bel momento
per chi lieto e arcicontento
salutato ha le elezioni,
con festini e libagioni.

Le promesse elettorali,
che han sconfitto i suoi rivali,
con gran foga sostenute,
ora vanno mantenute,
ma le chiacchiere si sa,
sbatton contro la realtà!
Sono a secco gli assessori
se son troppi gli evasori,
si stravolgono i destini
per gli onesti cittadini.
Cosa far per rimediare,
e per farsi più apprezzare?
Forse un Sindaco barbone
non sarà una soluzione,
la città vuole progetti
d’ingegneri ed architetti,
e per far bella figura
pur di gente di cultura,
e più posti di lavoro,
come chiedon tutti in coro,
altrimenti si può dire,
ripetendo a non finire:
Ferragosto, Ferragosto,
tutto fumo e niente arrosto!
 
Ve le dice pazz’e bbòne
chj vè dette Lu Bbarone.

 

 

(Mario D’Alessandro)

9.2.15

Chieti - Mattarella al Quirinale

Il giornalista e poeta dialettale teatino Mario D'Alessandro, ha raccontato in versi, l'elezione a presidente della Repubblica Italiana, di Sergio Mattarella


Mattarella al Quirinale

 Mattarella, siciliano,
vien dopo un napoletano.

Matteo Renzi, da toscano,
beffa il Silvio di Milano:

con la legge elettorale
e il buon Sergio al Quirinale!

Berlusconi, incollerito,
or si lega tutto al dito

ed annuncia che il futuro
per Matteo sarà più duro.

Senza il patto al… Nazareno,
Matteo Renzi ha fatto il pieno,

alla quarta votazione
si è arrivati all’elezione,

al “miglior” Napoletano
ecco un ex democristiano ,

col consenso elettorale
che finisce al Quirinale.

In politica c’è del nuovo?
Dice Alfano: “Io  non mi muovo,

il mio posto è nel Governo
e restar voglio in…eterno,

non è il metodo a mio gusto,
però l’uomo è quello giusto”.

Una grande operazione
per l’italica nazione

che va ognora a scatafascio
tra martello, scudo e il fascio:

quasi una consorteria
detta ora democrazia.

Ma in attesa degli eventi
ora son tutti contenti,

solo Silvio Berlusconi,
e gli amici di Maroni,

comandati da Salvini
ed il  branco dei “grillini”,

con il Feltri e Imposimato,
il lor voto hanno… sprecato.

E nei giorni della merla
prende Silvio una gran sberla!

Mentre Sergio Mattarella
Sale al Colle saldo in sella!



31 gennaio 2015             (Mario D’Alessandro)

8.11.09

Addio Alda poetessa dei "versi volanti"


Alda Merini è stata sicuramente la poetessa più conosciuta dal pubblico italiano non "specializzato". Nella sua vita non si è mai sottratta alle insistenze del mondo mediatico, che l'ha sempre interpellata un pò cinicamente per l'esperienza dolorosa del manicomio, che fu costretta a vivere per circa un ventennio, diciamo dalla raccolta poetica "Tu sei Pietro" (Scheiwiller, 1962) fino alla "resurrezione" di "La Terra Santa" (Scheiwiller, 1984): un ventennio che coincide simmetricamente con un triste silenzio poetico. Scoperta giovanissima da Angelo Romanò e da Giacinto Spagnoletti, pubblicò presso il geniale editore Schwarz il suo primo libro nel 1953, "La presenza di Orfeo"; libro che fu molto apprezzato da critici e poeti quali Salvatore Quasimodo, David Maria Turoldo, Pier Paolo Pasolini. Poi, dopo il silenzio della malattia e del manicomio, Alda Merini ha vissuto un sempre crescente successo. Tra le opere del dopo "resurrezione" citiamo almeno "Testamento" (1988), "Ballate non pagate" (1995), "Superba è la notte" (2000), "Più bella della poesia è stata la mia vita" (2003), "Clinica dell'abbandono" (2004), "L'anima innamorata" (2000), "Corpo d'amore. Un incontro con Gesù" (2001) e "Magnificat. Un incontro con Maria" (2002). Un momento di grande attenzione intorno all'opera e alla vita di Alda Merini è si è avuto nel 1986 con la pubblicazione del diario "L'altra verità. Diario di una diversa", pubblicato prima da Scheiwiller e poi da Rizzoli; libro in cui la poetessa milanese parlava apertamente del suo inferno mentale, primo di una lunga serie di libri in prosa. La poesia e la scrittura di Alda Merini - al di là dei tanti riferimenti alla tradizione biblica e religiosa - è sempre stata una poesia "semplice" (non facile), che in qualche misura la legava a un'altra poetessa contemporanea molto popolare, ovvero a Wislawa Szymborska, premio Nobel nel 1996. In più, rispetto alla Szymborska, la Merini aveva questa generosità (e anche fragilità) di farsi invadere dal sistema mediatico, che più volte, a onore del vero, ha provato a trasformarla in un fenomeno da baraccone, sia interrogandola sul suo vissuto, sia gettandola al centro di polemiche pretestuose (l'ultima è stata quando la Merini, due anni fa, ha minacciato di farsi esplodere in aria, e l'Aem di Milano le ha staccato il gas). A Milano, che non riconosceva più, dedicò questi pochi amari versi (in "Canto Milano"): "Milano è diventata una belva / non è più la nostra città, / adesso è una grassa signora / piena di inutili orpelli". Pure, la Merini, a differenza dei poeti italiani, donava "poesie volanti" a chiunque gliene chiedesse, tanto che sarà arduo, un giorno - se non cadrà il silenzio sulla sua opera ora che è venuta a mancare la poetessa - mettere ordine nelle sue carte, che sono disperse, oltre che nei tanti libri, anche in giornali, riviste e minuscole plaquette. Comunque è molto vasto il repertorio tematico della Merini, anche se il tema dominante della sua opera rimane l'amore carnale e materno: l'amore ferito a morte in mille modi diversi. Con Alda Merini muore una poesia vissuta come vocazione totale, una poesia esposta, sincera, indifesa, donata al mondo con il cuore aperto. Speriamo venga letta anche ora che non c'è più.


Poeta dialettale di Lama dei Peligni


Quest'uomo è un personaggio straordinario, si chiama Giulio D'Eramo ed è oltre che poeta un artista. Io ho avuto la fortuna di conoscerlo quest'estate a Francavilla al mare (CH) . Nato a Lama dei Peligni (CH), il 23 agosto del 1933, domiciliato a Chieti, attualmente pensionato, dopo aver lavorato 35 anni alle dipendenze dell'amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni presso la segreteria della direzione provinciale di Chieti. Oltre ad aver vinto diversi concorsi come poeta dialettale abruzzese è autore di raccolte di poesie dialettali, che si trovano a catalogo presso la biblioteca De Meis di Chieti. L sua prima ha per titolo: "LU PONDE DE LI RICUORDE" pubblicata nel 1988; la seconda intitolata: "LU BALCONE D'ABRUZZE" edita nel 1990 ( editore Solfanelli ), a cui farà seguito una terza pubblicazione dal titolo: "TRA VEJE E SUONNE" che lui ha illustrato magistralmente, con suoi dipinti in china, con immagini del suo paese natale. Questa ultima pubblicazione lo ha consacrato definitivamente fra i migliori poeti dialettali di questa generosa terra d'Abruzzo. Giulio oltre che poeta è un artista, un genio, i suoi versi traggono spunto dalle cose più semplici per poi dare loro l'immagine poetica, non come anelito di conquista, ma come proiezione oggettiva della realtà tradotta in versi. In questo sta l'originalità delle sue composizioni. In essi non v'è nulla di fantasioso o di irreale che a volte potrebbe sembrare una forzatura; c'è invece un'armonica descrizione del fatto, della cosa, dell'avvenimento, del pensiero in chiave realistica. Quì di seguito vi riporto due sue liriche che mi hanno colpito più delle altre.



Tra veje e suonne

Passe nnanze passe sacchengoje,
ngnè tiembe che ndè tiembe pe s' emboje.
Tra veje e suonne arcoje le penziere,
ngimà stu monne, ch'è sempre cchiù 'nafiere.

M'arvolde arrete e lu nuove che sso truvate,
è devendate viecchie e malandate,
ngnè che le suongne nzimbre a le speranze,
ngnà l' enne passe se le porte nnanze.

Pe nen perdì lu juorne che fenisce ,
lu sole argorre fine addò sparisce
e ngnà m'arveje dope l'ammurlite,
m'artrove arcumijè 'na no va vite.


Sacchengoje: si susseguono
Ngnè: come
S'emboje: si ferma
Arcoje: raccolgo
Nzimbre: insieme
Ammurlite: l'imbrunire
Arcumije: ricominciare



Mamma Rose

Mammà Rò!
Chilla rose de frange
che ssi piantate,
ngnè le penziera miè,
pe cchilla case,
appiede a chelle scale
st' arradecate.
Se gele, s' arnove,
sfiurisce e s' arenfiore.
A chi t'ha chenesciute
e che te recorde ancore,
arvive le recuorde
che lu tiembe schelore
ma nen cancelle.
A Mà!
Chella porta chiuse,
ma recorde quande volde,
passenne,
nen me so fermate!
E mò che me sende stracche
me vulesse repusà nu poche,
ndè trove cchiù,

Mà!
Pecchè te ne si jite.



Rose de frange: oleandro



Terre amate

Me so partute da sta terre avare,
ngerche de furtune dellà dda mare.
Me so purtate, nghe la giuvenezze,
recuorde de l'amore e 'na carezze.

Lundane da stu sole e sta muntangne,
nghe bbona sorte arride lu 'uadangne,
me manghe, tra le tande cose belle,
nghe libertà la facela favelle.

Lu vande, è l'ngengne e l'ardemende,
a piatte ngime stienghe d'aregende,
de lu straniere sende lu renduozze,
e nu uajuoppe ngh' ore dentre abbozze.

Me sende ngnonde a te, o terre amate,
che né penziere e suonne a ma landate,
ngnè nu curdone ngnongne nu bardasce,
a core de la mamme quande nasce.



... ...la facela favella: padronanza della lingua
uajuoppe: groppo
ngnonde: legato.

29.11.08

Poesia


L'ipotesi

Di un rosso torvo la vena
pulsa alle mie tempie
nella notte profumata di semenza
ormai matura per essere credenza

perchè si fa più grande il vuoto,
di ogni assenza ho perso il mondo
diamante dentro l'unica finestra.


Sfatta sui ruderi dei templi
vecchia mi perdono le preghiere
spalancate verso il cielo
come uve o nespole perdute
in un granaio diventato pane
che piange ciò che ha perso
e... ricomincia a coltivare il gelso.