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30.12.16

Chieti - I presepi del Maestro Di Iorio


Il Teatino Peppino di Iorio, artista presepista dal 1982, competente nel riprodurre con la canna vegetale, (arundo donax), i presepi con una tecnica ormai collaudata, seguita a riscuotere successi.
Quest’anno espone i suoi presepi per la prima volta a TERMOLI CB, oltre che a:
  • ROMA: dal 24 novembre 2016 all’ 8 gennaio 2017 per la 41a Edizione Mostra dei 100 Presepi” – Piazza del Popolo- Palazzo Bramante 
  • VERONA dal 26 novembre 2016 al 22 gennaio 2017 per la 33a Edizione “Presepi dal Mondo in Arena”
  •  ASCOLI PICENO dal 25 dicembre 2016 all’8 gennaio 2017 per la 41a Edizione Concorso e Mostra dei Presepi “Città di Ascoli” presso la Chiesa di San Giacomo della Marca.
  • CHIETI dal 14 dicembre 2016 al 22 gennaio 2017 per la 28a Esposizione Personale dei Presepi artistici "presso Liceo Classico G.B.Vico Corso Marrucino
  • LANCIANO CH dal 7 dicembre 2016 all’8 gennaio 2017 per la 16a Rassegna “Riscopriamo il Presepe” – Auditorium Diocleziano 
  • TERMOLI (CB) dal 23 dicembre 2016 al 6 gennaio 2017 – 18° Mostra dei Presepi Castello Svevo
Realizzare i presepi con la canna vegetale curandone i particolari, con passione e pazienza ,è impegnativo, ma il presepista Di Iorio utilizza anche materiale di recupero. La costanza, l’amore, l’inventiva, il genio, fanno di questo artista l’arma vincente dei suoi successi. Senz’altro la città ne guadagna in notorietà, ed è auspicabile che l’amministrazione gli offra un locale dignitoso, nel centro storico, per una mostra permanente.
 
Le foto sul link:
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10210631821905092&set=a.10210631796824465.1073741873.1633912542&type=3&theate

23.11.15

Chieti - I trafficanti di armi siano maledetti

 
Maledetti! Difficile immaginare che una parola tanto terribile un giorno l'avremmo patuta ascoltare anche dalla voce di un pontefice regnante. Maledire, cioè augurare il male assoluto per qualcuno che si è reso respansabile di peccati atroci cantro i suoi simili, specialmente cantro indifesi ed innocenti, non ha fatto mai parte del pubblico linguaggio papale. Stando almeno alla storia della Chiesa cattalica degli ultimi secoli. Nel suo genere, un vero e propria tabù della semantica pontificia, che papa Francesco, al contrario dei suoi predecessori, ha avuto il coraggio di rompere in maniera solenne, decisa e con una forza espressiva non camune, parlando dalla cattedra, che forse predilige di più, l'altare dell'Ospizio di Santa Marta in cui abita, dove agni mattina celebra la sua seguitissima Messa. Pur nella salennità del rito, Jorge Mario Bergoglio non ha nascosto la sua profonda indignaziane, scosso dagli attentati di Parigi, e dalla lunga via Crucis di sangue e morte che armai da troppo tempo sta insanguinando il mondo per mano del terrorismo islarnico. Tragedie sulle quali ha già fatto sentire nei giorni precedenti la sua voce di compassiane e misericordia per le vittime e di candanna per gli attentatori, ai quali ha ricordato, tra l'altro, che «uccidere in nome di Dio è una bestemmia atroce!». Nella Messa di Santa Marta di giavedì scorso è stato ancora più incisivo nel condannare gli eccidi, facendosi simbolicamente partavace della generale indignaziane che tutte le persone di buon senso - al di là di nazianalità, coloriture palitiche, religioni - provano davanti alle atrocità dei cosiddetti militanti dell'Is. Senza indicare nomi specifici, ma con chiaro riferimento alle ultime vicende francesi, papa Francesco ha ricordato che «anche aggi Gesù piange. Perché noi abbiamo preferito la strada delle guerre, la strada dell'odio, la strada delle inimicizie». «Casa rimane» dopo una guerra? si è chiesto il Papa, nell'omelia trasmessa, significativamente, anche dalla Radio Vaticana. «Restano rovine, migliaia di bambini senza educaziane, tanti morti innocenti: tanti e tanti soldi nelle tasche dei trafficanti di armi. La guerra è propria la scelta per le ricchezze: "Facciamo armi, così l'economia si bilancia un pò e andiamo avanti can il nostro interesse". C'e' una parola brutta del Signore: «Maledetti!». Perché Lui ha detto: "Benedetti gli aperatori di pace!". Questi che aperano la guerra, che fanno le guerre, sono Maledetti, sano delinquenti. Ma quando tutto il mondo, come è aggi, è una guerra mondiale a pezzi: non c'è giustificazione. E Dio piange. Gesù piange». «E mentre i trafficanti di armi fanno il loro lavoro, ci sono i poveri aperatori di pace che soltanto per aiutare una persona, un'altra, un'altra e un'altra, danno la vita. Sono, dunque, «Maledetti!», per papa Francesco gli «operatori di guerre», ma anche «i trafficanti di armi». E qui l'affondo papale non può non chiamare in causa l'Occidente industrializzato - Italia compresa - depositaria di industrie belliche che, per chissà quali strane vie, farniscono armi anche ai terroristi islamici. È un tema a cui il quatidiano cattalico Avvenire sta dedicando numerose inchieste, dalle quali emerge che «i più industrializzati paesi dell'Occidente - ricorda il direttore Marco Tarquinio - vendano. armi, bombe e strumenti di morte a paesi dell'area Medio Orientale, eludendo cantrolli e vincoli». Anche a loro, ai castruttari di armi e ai mercanti di ordigni bellici, si è rivolta l'anatema papale «Maledetti!» direttamente legato a un'altra analoga candanna che ci è stata tramandata da Cristo. attraverso il Vangelo. E vale a dire, l'unica volta che Gesù augura la morte per qualcuno quando, circondato dai bambini, dice a chi lo asserva che «se qualcuno di voi farà del male ad una di questi piccoli è meglio per lui che si butti a mare can una ruota di pietra al collo!». Nella sostanza è quanto papa Francesco ha volutpo dire nella tormentata omelia di Santa Marta nel ricordare i tanti, troppi, martiri innocenti ammazzati dal terrorismo islamico e chi arma le loro mani, il ricco Occidente, a partire da Usa, Francia, Germania e, naturalmente, Italia.

27.3.15

Chieti - Professione sagrestano


Rinnovato il contratto ma la crisi pesa. Una volta suonavano le campane. Oggi, nell'era dell'elettronica e dei timer, comunque hanno un ruolo importante nelle chiese: tengono in ordine le cappelle, preparano i paramenti del sacerdote, custodiscono i libri delle liturgie. Sono i sagrestani, oltre 20mila persone in Italia di cui 2.400 a tempo pieno e contrattualizzati. Per questi ultimi è arrivato il rinnovo del contratto nazionale di lavoro. Lo stipendio resta fermo a 1.260 euro lordi al mese ma domani, con la busta paga di marzo, scatta l'una tantum di 300 euro per compensare un salario che non si muove da anni. E anche per Pasqua è prevista una gratifica di 50 euro. Il mancato aumento salariale nel contratto, che sarà in vigore fino al 2017, "vuole essere un gesto di solidarietà nei confronti dei nostri datori di lavoro, che poi sono i parroci.

@enio

22.10.13

Chieti - Piaga sociale o linguaggio di civiltà ?


L'altro venerdì, ero seduto al pub a bermi la mia bella birra "bionda" e a mangiarmi le mie patatine fritte, in compagnia, quando alzando gli occhi alla parete, ho incrociato questo cartello. Un cartello che oggi fa molto riflettere, sopratutto per il suo contenuto, perchè si fa tanta fatica ad ammettere che ci siano ancora persone che ci ricordano di non bestemmiare in un locale pubblico. Se è vero che anche il linguaggio è il segno dei tempi e la cartina di tornasole del livello di civiltà della società, non posso che rattristarmi dinnanzi all´incontrastata proliferazione della bestemmia. Allora, non esiste alcun ambiente o ceto immune da questa immonda ed incivile piaga sociale, perchè la bestemmia, ancor prima di mancare di rispetto ai sentimenti e ai valori religiosi, offende il comune sentire delle più elementari regole di urbanità e convivenza. Le cause e le motivazioni di questo incivile vezzo nazional-popolare, secondo alcune analisi linguistico comportamentali, risalirebbero al fatto che il bestemmiatore si servirebbe semplicemente della bestemmia per inveterata abitudine, disinvolto intercalare, candida parolaccia o innocuo vizietto... insomma un semplice fatto di costume, diversamente, secondo altre analisi di tipo sociologico, l´uso della bestemmia sarebbe riconducibile ad alcuni fenomeni sociali di massa: emulazione, ispirazione, imitazione, identificazione... ed anche in questo caso la sostanza non cambia: la responsabilità non sarebbe mai completamente del bestemmiatore, persino qualche sacerdote, rimasticando teorie moderniste, indulge ad esse con occhio benigno, asserendo che Dio gradisce molto di più le bestemmie dell´uomo disperato, che le preghiere del benpensante pronunciate la domenica durante la messa, e che la bestemmia di chi è nel disagio a volte è sentita come una preghiera, e per questo Dio si accosta misericordiosamente anche a lui. Mi rifiuto di credere a queste interpretazioni buoniste, giustificazioniste e permissiviste, sostenute e giustificate persino da molti educatori o da moderni genitori, amiconi dei loro figli. E´ più verosimile e credibile, che i bestemmiatori, sia giovani che adulti, siano semplicemente delle persone vuote di valori, di contenuti, di linguaggio, di argomentazioni, di cultura, di sostanza, di Dio, dotate di una coscienza assopita sul fondo di un´abissale vacuità...in parole semplici: vuoto spirituale e morale assoluto!

@enio

12.6.12

Pazzesco, la procura di Torino ha sdoganato il burqa


La procura di Torino sdogana il burqa. Quell'abito che appartiene alle tradizioni di alcuni Paesi islamici si può portare anche in luogo pubblico perché, pur nascondendo del tutto le fattezze di chi lo indossa, non viola la legge Reale. A condizione, naturalmente, che in caso di controlli da parte delle autorità ci si scopra almeno il volto. Così il pm Paolo Borgna motiva la richiesta di archiviazione di un fascicolo che riguarda una signora egiziana residente a Chivasso (Torino). Se la donna indossa il burqa è "in ossequio, secondo un'interpretazione diffusa, ai principi della religione islamica". E allora bisogna riconoscerle il diritto costituzionale di "manifestare in qualsiasi forma, anche attraverso la propria immagine esteriore, la propria fede e la propria appartenenza religiosa". Non è la prima volta che la procura subalpina si occupa di questa signora. A Chivasso abita un geometra che da tempo sommerge di esposti e segnalazioni i carabinieri sulla concittadina che circola, dice, "con un sudario scuro" o con la "bacucchina". Ma l'egiziana, secondo la procura, non può essere incriminata perchè non può essere accomunata a un teppista in passamontagna: alle forze dell'ordine che le chiedono i documenti mostra tranquillamente il viso, e quando le è capitato di andare in ospedale ha alzato il velo senza problemi già in sala d'aspetto. Da non credersi ma davanti a queste notizie io alzo le mani e dico : "mi arrendo".

enio

1.6.10

Pedofilia


Le pene dell'inferno aspettano tutti coloro che si sono macchiati del peccato di pedofilia, ma saranno più dolorose per i religiosi che abusano dei bambini. E' il monito che è risuonato ieri nell'abside di San Pietro, dove al posto dei turisti che affollavano ogni altro angolo della basilica, si sono radunati un centinaio di preti e suore, per un atto penitenziale. A ricordare la terribile condanna del Vangelo e dei Padri della Chiesa è stato monsignor Charles Scicluna, Promotore di Giustizia della Fede, il giudice ecclesiastico incaricato di seguire le denunce per pedofilia che giungono da tutto il mondo in Vaticano. Monsignore ha preso spunto dal Vangelo di Marco in cui Gesù avverte chi " scandalizza uno solo di questi piccoli che credono, è meglio che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare". I piccoli sono " un'icona santa, che non può essere calpestata, infangata, infranta, abusata o distrutta". Ripetendo le parole del Cristo, monsignore, ha usato le sue stesse parole:" Lasciate che i pargoli vengano a me, non glie lo impedite, non siate d'inciampo nel loro cammino, non ostacolate il loro progresso spirituale, non la sciate che siano sedotti dal maligno, non fate dei bambini l'oggetto della vostra impura cupidigia. L'auditorio di fronte a lui è raggelato, ammutolendosi e per un istante ha riflettuto sulla frase: "L'inferno sarà più duro per i preti pedofili"...