Per comporre Songs from the Divine Comedy, da cui è tratto Hell I ( qui ), Giovanni Sollima si lascia ispirare da alcuni canti della Divina Commedia, letti anche nella versione inglese di H. W. Longfellow, e dalla Profezia di Dante di George Gordon Byron nella traduzione di Lorenzo Da Ponte.
Il progetto ha le sue premesse in un soggiorno a New York; i "gironi danteschi di fine millennio" della metropoli stimolano la fantasia del musicista che si lascia incuriosire dalle soluzioni ritmiche adottate da Henry Wadworth Longfellow nel tradurre il poema dantesco e dalla differente sonorità dell’opera rispetto all’originale in volgare.
"Per l'Inferno ho scelto,inizialmente, una strada evocativa ma, dato che si trattava di un brano
strumentale, seppur con l'impiego delle voci nostre, della band, sporche,sofferenti e non impostate, ho voluto musicare i passi in cui Dante racconta, con la sua incredibile e visionaria fantasia, luoghi, atmosfere,corpi, espressioni. Quindi il III Canto, e terzine dal XVIII, dal XXV, dal XXXIV e altri (… ) Per quanto riguarda il Paradiso, il suo inserimento, quattro anni fa, è stato un inserimento inaspettato, una sorta di appendice sospesa, un piccolo memorial dedicato a mio padre appena scomparso.Scelsi dal Paradiso alcune terzine, cantate contemporaneamente sia nella lingua di Dante che nell’ inglese ottocentesco di Henry Wadworth Longfellow".
Fonte (qui)
Il cavallo di Brunilde si chiama Grane (cfr. Richard Wagner, Il crepuscolo degli dèi). Nomen Omen? Noi speriamo di no...
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mercoledì 2 settembre 2020
martedì 28 febbraio 2017
In nota di cicogna
Come noi fummo giù nel pozzo scuro
sotto i piè del gigante assai più bassi,
e io mirava ancora a l’alto muro,
dicere udi’mi: «Guarda come passi:
va sì, che tu non calchi con le piante
le teste de’ fratei miseri lassi».
Per ch’io mi volsi, e vidimi davante
e sotto i piedi un lago che per gelo
avea di vetro e non d’acqua sembiante.
Non fece al corso suo sì grosso velo
di verno la Danòia in Osterlicchi,
né Tanai là sotto ’l freddo cielo,
com’era quivi; che se Tambernicchi
vi fosse sù caduto, o Pietrapana,
non avria pur da l’orlo fatto cricchi.
E come a gracidar si sta la rana
col muso fuor de l’acqua, quando sogna
di spigolar sovente la villana;
livide, insin là dove appar vergogna
eran l’ombre dolenti ne la ghiaccia,
mettendo i denti in nota di cicogna.
XXXII canto dell'Inferno ( vv.15
-36 )
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