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sabato 3 luglio 2021

Sławomir Mrożek, "Il cigno"

 

Nel parco c'era un lago, dove nuotava uno splendido cigno. Un giorno dei giovinastri lo rubarono.

La Direzione dei giardini pubblici decise di comperare un altro cigno. E per evitargli la sorte del primo, ingaggiò un apposito guardiano.

Era un vecchietto che da anni viveva solo. Le sere si facevano già fredde quando egli iniziò il suo lavoro al parco. Nessuno ormai ci veniva piú a passeggiare. Egli faceva di continuo il giro del lago. Osservava attentamente il cigno, e ogni tanto sbirciava le stelle. Il gran freddo lo tormentava.

Una sera pensò che il miglior rimedio per riscaldarsi era di andare all'osteria lí vicino. Stava già avviandosi, quando si ricordò del cigno: durante la sua assenza qualcuno avrebbe potuto rubarlo e il vecchietto avrebbe perso la sua unica fonte di guadagno. Abbandonò dunque l'idea dell'osteria.

Ma il freddo diventava sempre piú insidioso e lo faceva soffrire ancor piú della solitudine. Decise perciò di andare all'osteria portandosi dietro il cigno.

giovedì 2 maggio 2019

Il cigno di Tuonela


Tuonela è il nome dell'aldilà nella mitologia finnica; è il regno dei morti, ed è molto simile all'Ade come viene descritta nei poemi greci. L'eroe Lemminkäinen deve superare tre prove per avere la fanciulla che ama, e la terza consiste nell'uccisione del cigno guardiano dell'Aldilà. Lemminkäinen riesce nelle prime due prove, ma verrà ucciso nell'accingersi alla terza: non dal cigno, ma da un abitante di Tuonela. Come nel mito di Iside e Osiride, Lemminkäinen verrà poi resuscitato dalla madre, che ripescherà dal fiume il suo corpo dilaniato, ne ricostruirà le menbra e gli darà la vita.


(Hilma af Klint 1915)
Non sappiamo molto di più sul Cigno di Tuonela, e per noi, abituati a pensare a Cerbero e Caronte, vedere un cigno associato alla guardia dell'Oltretomba è certo una cosa strana; ma così è e non rimane che prenderne atto. A questo mito potrebbe essere legato anche il cigno di Lohengrin, e le fiabe dei fratelli Grimm dove il cigno è una trasformazione stregonesca di esseri umani.


La storia di Lemminkäinen e del Cigno di Tuonela viene dal Kalevala, poema nazionale finlandese la cui redazione moderna venne completata nel 1835 da Elias Lonnröt che andò a trascrivere le ballate popolari della Carelia, della Finlandia e dell'area nordica, anticipando in questo lavoro Bela Bartok, Zoltan Kodalyi, Alan Lomax, Diego Carpitella e Roberto Leydi, e tutti quelli che nel Novecento lavorarono per non far dimenticare il nostro passato. Ai tempi di Lonnröt non esistevano ancora i mezzi per registrare le voci, e dispiace perché è in quel modo, a memoria e cantando, che furono tramandati per secoli anche l'Odissea, l'Iliade, il Mahabharata, la Bhaghavadgita...


Al Kalevala si ispirò Jan Sibelius (1865-1917) per un ciclo di poemi sinfonici, tra i quali c'è anche "Il cigno di Tuonela". E' un brano famoso, molto eseguito in concerto dai più grandi direttori d'orchestra.
(qui per l'ascolto)

lunedì 8 aprile 2019

Il cigno di Saint-Saens e quello di Orff




Il cigno di Saint Saens nuota tranquillo nel suo lago, e a me è sempre sembrata un'immagine serena, tanto più che fa parte di una composizione divertente e simpatica come "Il carnevale degli animali". Per questo motivo mi sono sorpreso quando ho scoperto che a questa musica (a questa, e non al drammaticissimo "Lago dei cigni" di Ciaikovskij) è stato associato il balletto "La morte del cigno". Faccio una breve ricerca e scopro che il colpevole di questa stranezza è il coreografo Michel Fokine, che approntò il celebre assolo per Anna Pavlova agli inizi del Novecento. Camille Saint-Saens, però, era ancora vivo (1835-1921) e probabilmente era di parere diverso dal mio, o comunque deve aver approvato. (qui per l'ascolto)





Della morte del cigno, e in modo crudele, parla invece per davvero il misero protagonista del brano dai Carmina Burana, messo in musica da Carl Orff nel 1937: non solo morto, ma anche arrostito e portato in tavola. Il testo viene dall'abbazia di Benediktburen in Baviera, una raccolta medievale di canti goliardici, ripubblicati nel 1847 da Johann Andreas Schmeller. (qui per l'ascolto)

Il testo è questo:

Olim lacus colueram,
olim pulcher extiteram
dum cigno ego fueram.
Miser, miser! modo niger
et ustus fortiter!
Girat, regirat garcifer:
me rogus urit fortiter;
propinat me nunc dapifer.
Miser, miser! (etc)
Nunc in scutella iaceo,
et volitare nequeo,
dentes frendentes video.
Miser, miser!
(Un tempo vivevo sul lago, ero bello un tempo, finché fui cigno. Misero, misero! Ora sono nero, e sono arrosto. Gira e rigira lo spiedo: il rogo mi brucia tutto; il servo mi porta in tavola. Misero, misero! Ora sto nel piatto, non posso svolazzare, vedo i denti digrignare. Misero, misero!)



(Buckler Falls, 1929)


venerdì 10 novembre 2017

Mein lieber Schwan

Accusata ingiustamente di stregoneria, Elsa di Brabante ha una sola possibilità di salvezza: che un cavaliere da lei scelto si offra di combattere per lei contro il suo accusatore. E qui succede qualcosa di straordinario: Elsa invoca in sua difesa un cavaliere che ha visto in sogno, e il cavaliere arriva. Giunge su una navicella trainata da un cigno, vincerà la sfida, non dirà il suo nome e chiederà a Elsa di non domandargli mai chi è e da dove viene.
Le prime parole di Lohengrin sono però di ringraziamento per il cigno, che - si scoprirà solo alla fine - è il fratello di Elsa, vittima di un sortilegio da parte delle stesse persone che la accusano. La trasformazione in cigno, o in corvo, dei fratelli di una ragazza è tema ricorrente nelle fiabe di tutti i paesi (per esempio nei Grimm, ma anche nelle Fiabe italiane raccolte da Italo Calvino); il tema dell'amato misterioso a cui non si deve domandare il nome è ispirato al mito di Eros e Psiche. Richard Wagner, autore anche del testo, ha collegato con grande abilità narrativa questi due temi fiabeschi e mitologici con il mito del Graal (Lohengrin è figlio di Parsifal).



(il disegno è firmato Gemi)

Questo è il testo originale:

Nun sei bedankt, mein lieber Schwan!
Zieh durch die weite Flut zurück,
dahin, woher mich trug dein Kahn,
kehr wieder nur zu unsrem Glück!
Drun sei getreu dein Dienst getan!
Leb wohl, leb wohl, mein lieber Schwan!


che Manacorda traduce così:
Siano grazie a te, mio caro cigno!
Ritorna a traverso l'ampio flutto,
là onde mi portò la tua navicella.
Sia il tuo ritorno solo per il nostro bene!
Per il nostro bene il tuo servigio fedelmente adempi!
Addio, addio, mio caro cigno!


un clic qui o qui per l'ascolto


La versione ritmica italiana, ottocentesca e ancora molto in uso, è piuttosto goffa; si confonde il "merci" francese con il "mercè" italiano, e quindi sembra che Lohengrin chieda pietà al cigno: «Mercè, mercè, cigno gentil...» Non aggiungo altro perché nell'esecuzione di Aureliano Pertile le parole si capiscono tutte, ed è un Lohengrin sempre emozionante anche dopo così tanti anni. (Se non capite qualche parola, è tutta colpa dell'italiano aulico usato dal versificatore ottocentesco).

lunedì 31 ottobre 2016

I cigni di Bruges


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" Ma il volto della Città è soprattutto quello di una Credente. Da Lei, dai muri dei suoi ospizi e dei conventi, come dalle tante chiese inginocchiate nelle loro tuniche di pietra, emanano consigli di fede e di rinunzia.(...) Per le strade vuote, dove di tanto in tanto sopravvive un lampione, si muoveva in lontananza qualche rara figura; donne del popolo con lunghe mantelle, quelle mantelle di panno, nere come le campane di bronzo e ugualmente oscillanti. (...)
Ma fra tutti i suoi pellegrinaggi attraverso la città, Hugues amava in particolare l'ospedale Saint-Jean, dove era stato il divino Memling (...). Hugues pure vi si recava con la speranza di guarire, di lenire la sua retina in fiamme lungo quelle pareti bianche...
Il grande Catechismo della Quiete!
I giardini interni, circondati di bosso; le stanze dei malati, tutte distanti, dove si parla a voce bassa. Passano delle religiose, turbando appena il silenzio, come i cigni dei canali muovono impercettibilmente la superficie dell'acqua. Nell'aria fluttua un odore di panni umidi, di cuffie sgualcite dalla pioggia, di tovaglie d'altare appena tolte dagli armadi antichi...
 (...)
Quella sera, tornandosene lungo i quais, si sentì inquieto, minacciato da un pericolo sconosciuto. (...) Nel canale che stava costeggiando si agitarono i cigni, quei bei cigni secolari, discesi, secondo la leggenda, da un antico blasone... Cigni dell'espiazione, che la città fu condannata a mantenere in eterno, per aver messo a morte ingiustamente il nobile alle cui insegne appartenevano. Essi, di solito così bianchi e calmi, a un tratto si spaventarono: impressionati e febbrili, graffiando la superficie screziata del canale, si mossero attorno a uno di loro, che batteva le ali e si sollevava sull'acqua... "

Geoges Robenbach, Bruges la morta, Fazi editore