Barbara Regina Dietzsch (1706 -1783, bavarese di Norimberga) nasce in una famiglia di pittori e di artisti; sposò il pittore Nikolaus Matthes e vissero insieme ad Amburgo. Realizzò dipinti di botanica e anche incisioni, che realizzava da sola. Wikipedia in tedesco conclude così: Uno dei suoi recensori si meraviglia di questo perfezionismo poco dopo la sua morte, perché "raramente è uscita dalla città con i suoi fratelli e ha condotto una vita sedentaria, a casa, curando il suo lavoro." (Johann Meusel, Hg., Miscellaneen artistischen Inhalts, 23 H., Erfurt 1785, S. 304). Non c'è molto di più su di lei, peccato; non si finirebbe mai di guardare le meraviglie che ci ha lasciato.
Il cavallo di Brunilde si chiama Grane (cfr. Richard Wagner, Il crepuscolo degli dèi). Nomen Omen? Noi speriamo di no...
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lunedì 2 dicembre 2019
Barbara Regina Dietzsch
Barbara Regina Dietzsch (1706 -1783, bavarese di Norimberga) nasce in una famiglia di pittori e di artisti; sposò il pittore Nikolaus Matthes e vissero insieme ad Amburgo. Realizzò dipinti di botanica e anche incisioni, che realizzava da sola. Wikipedia in tedesco conclude così: Uno dei suoi recensori si meraviglia di questo perfezionismo poco dopo la sua morte, perché "raramente è uscita dalla città con i suoi fratelli e ha condotto una vita sedentaria, a casa, curando il suo lavoro." (Johann Meusel, Hg., Miscellaneen artistischen Inhalts, 23 H., Erfurt 1785, S. 304). Non c'è molto di più su di lei, peccato; non si finirebbe mai di guardare le meraviglie che ci ha lasciato.
sabato 30 novembre 2019
Maria Sybilla Merian
Maria Sybilla Merian (Francoforte sul Meno 1647- Amsterdam 1717) è figlia di un incisore ed editore svizzero, Matthaeus Merian, e di Johanna Sybilla Heim, sua seconda moglie. Rimane orfana di padre a tre anni, e sua madre si risposa con il pittore Jakob Marell. Si sposa a 18 anni, anche lei con un pittore, nel 1665. Diventa una valente botanica ed entomologa iniziando a disegnare i bachi da seta e via via appassionandosi alle scienze naturali in un'epoca in cui anche le persone colte seguivano ancora Aristotele secondo il quale i bruchi nascevano dalla putrefazione ed erano bestie immonde. Maria Sybilla Merian pubblica prima un libro di botanica e poi uno sui bruchi, dove nelle tavole mette il bruco, la pianta di cui si nutre, e l'adulto. I libri sono dei capolavori, molto accurati anche da un punto di vista scientifico. Ha due figlie e una vita molto ricca, da romanzo (fate un giro su ww.wikipedia.it, meriterebbe un film o uno sceneggiato tv) che la porterà fino in Suriname dopo aver conosciuto Federico Ruysch, nel 1699. Dalla fauna e dalla flora del Suriname nasce un altro libro, un altro capolavoro ancora oggi molto consultato. In Suriname però si ammala, ed è costretta a tornare in Europa. Il suo ritratto ( qui ) era sulla banconota da 500 marchi, nella Repubblica Federale Tedesca. Qui metto un piccolo campionario delle sue infinite meraviglie.
giovedì 28 novembre 2019
Mary Vaux Walcott
| (la foto di Mary Vaux è del 1914, l'anno del suo matrimonio) |
mercoledì 30 ottobre 2019
lunedì 28 ottobre 2019
sabato 26 ottobre 2019
Rosa Bonheur
| (Edouard Dubufe, ritratto di Rosa Bonheur) |
Rosa Bonheur (1822-1899), figlia di un pittore, nasce a Bordeaux e vive quasi sempre in Francia, ma con molti viaggi in America e in Europa. Non l'avevo mai sentita nominare, e pensavo che quel nome e cognome curioso fosse uno pseudonimo; difficilmente la troverete in un libro sulla Storia dell'Arte ma ogni volta che vedo un suo dipinto rimango ammirato. E' uno dei vantaggi di internet, poter conoscere anche autori di cui non si parla mai. Autrici, in questo caso; ed è solo la prima puntata.
lunedì 11 febbraio 2019
Lelapo
| fonte |
Il cane dipinto da Piero di Cosimo ha un nome. Si tratta di Lelapo, famoso per la sua velocità: non dava scampo alcuno alle sue prede. Qui appare immobile, come Procri, la donna al centro del dipinto, uccisa dal marito Cefalo, forse nel quadro rappresentato in forma di satiro. Lelapo fu dato in dono a Procri da Minosse insieme a un giavellotto altrettanto formidabile: non mancava un colpo. La donna sarà ferita mortalmente proprio da quest’arma: gelosa del marito, Locri era nascosta tra i cespugli per spiarlo; Cefalo, sentendo un fruscio e credendosi osservato da un animale in agguato, lanciò il giavellotto e ferì mortalmente la moglie. Sembra che nella morte di Procri e nel dolore di Cefalo trovasse soddisfazione Artemide a cui cane e lancia erano originariamente appartenuti.
Trovo che questo dipinto parli di molte cose, dell'arte soprattutto, e di come riesca ad assorbire in sé, in modo lirico, qualsiasi cosa, anche la morte.
Qui una lettura dell'opera di Grazia ( dal blog "senzadedica" )
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sabato 29 dicembre 2018
Audubon
Dipingere nei dettagli qualcosa che sta
fermo, un fiore o una pianta o un paesaggio, è già qualcosa che è
riservato a pochi; ma rendere così bene un animale in movimento,
come una fotografia, è davvero qualcosa che non cessa mai di
stupirmi. Eppure, tra il Settecento e l'Ottocento, prima
dell'invenzione della fotografia come la conosciamo oggi, erano molti
i disegnatori e le disegnatrici capaci di queste meraviglie. Il più
famoso è probabilmente John James Audubon (americano, 1785-1851) al
quale dedico questo post, un piccolo omaggio.
venerdì 14 settembre 2018
Tigri
Gli esperti dicono che molti dei pittori che disegnarono queste tigri, in realtà, non avevano mai visto una tigre ma soltanto pelli e animali impagliati. Il risultato è comunque qualcosa che colpisce.
Gan-Ku, fine '800
mercoledì 11 luglio 2018
Giraffe ( I )
Diciamo la verità: la giraffa è un
animale del tutto improbabile, anche più improbabile dell'elefante.
Se non l'avessimo mai vista fin da bambini, se non ci fossero stati
gli zoo e la tv, chi mai crederebbe all'esistenza di un animale così?
Se anche ve la descrivessero, come prima cosa accorcereste subito
quel collo e quelle zampe e la rendereste più simile a un cavallo, o
magari a un cammello ("Giraffa camelopardalis" è infatti il nome
scientifico di una delle specie, e del cammello è davvero un po' parente, almeno nel modo di masticare). E così hanno fatto
tutti i pittori e i disegnatori nei secoli passati, quando incrociare
una giraffa per le strade non era così comune come capita oggi
(oggi, quando anche i bambini di tre anni sanno come è fatta una
giraffa).
Curiosare fra i musei in cerca di giraffe dipinte non è facilissimo, non sono poi così tante le giraffe d'autore ma qualcosa si trova. Per esempio, queste
Curiosare fra i musei in cerca di giraffe dipinte non è facilissimo, non sono poi così tante le giraffe d'autore ma qualcosa si trova. Per esempio, queste
(Bernardino Luini, al Santuario di Saronno)
lunedì 18 dicembre 2017
L'arte nella tempesta
| Malevič, autoritratto |
In questi giorni ho letto uno scritto di Todorov sull'arte e la condizione degli artisti negli anni successivi alla Rivoluzione d'Ottobre. Lo scrittore bulgaro mette in evidenza il rapporto difficile tra intellettuali e potere e la difficoltà di conciliare la rivoluzione politica con quella letteraria e artistica . Se all'inizio corrono parallele, visto l'analogo intento di sovvertire la tradizione, ben presto l'esigenza di rendere scrittori e artisti strumenti dell'ideologia dominante sottrae agli intellettuali la possibilità di esprimersi liberamente e addirittura di vivere, basti pensare a Pil'njack, a Babel', a Mandel'štam, alla Cvetaeva e allo stesso Majakóvskij.
La seconda parte del saggio di Todorov è dedicata a illustrare l'esperienza di Malevič, il padre del Suprematismo, e di una concezione estetica che poco si conciliava con la funzione e l'idea di arte del regime comunista. Malevič, pur con infinite difficoltà, testardamente continuerà a rimanere fedele alla sua ricerca. Riporto un passo del saggio di Todorov che riguarda proprio la concezione estetica di Malevič e lascia intendere quale valore superiore l'artista attribuisse alla creazione e alla ricerca pittorica.
L'esigenza di praticare una pittura "pura", di eliminare progressivamente dall'arte ogni elemento che non le appartiene esclusivamente, caratterizza tutto l'inizio del Novecento. L'dea si basa inizialmente su una tradizione occidentale molto antica, secondo cui all'attività che non rimanda a nulla al di là di se stessa è legato un valore superiore (...). E' Platone che definisce il bene superiore con il fatto che basta a se stesso: " l'essere vivente in cui esso ( il bene ) è presente sino alla fine completamente e in ogni modo, non ha più bisogno di nient'altro, ma possiede la più perfetta sufficienza". (...) L'estetica romantica, l'arte per l'arte e i movimenti artistici di fine Ottocento, come il simbolismo, si richiameranno a loro volta alla separazione tra pratiche utilitarie e pratiche a finalità estetica. Malevič ritrova la concezione platonica del bene, che adesso però è incarnato dall'arte. Scrive:" L'arte è immobile, perchè è perfetta. L'arte non ha scopo e non deve averne, perchè è assoluta. Al contrario, può essere lo scopo di tutto ciò che si muove, perchè si muove ciò che è imperfetto."
Tzetan Todorov, L'arte nella tempesta, ed. Garzanti
Malevič, Suprematismo, 1916
Traduzione di Emanuele Lana
Significativo quanto Todorov afferma, a chiusura del saggio, a proposito della ricerca artistica e dei valori assoluti che esprime:Quanto pesa l'individuo isolato di fronte all'enorme macchina che lo schiaccia? Gli artisti sono maciullati, perseguitati, deportati, addirittura fucilati, e sono i carnefici a trionfare. (...) I detentori del potere sono capaci di annientare quelli che vogliono sottomettere, ma non hanno alcuna presa sui valori estetici, etici, spirituali, provenienti dalle opere prodotte da questi artisti ( o da altre fonti ). Senza queste opere l'umanità non potrebbe sopravvivere, né ora né oggi. E' qui il trionfo dei fragili eroi del nostro racconto
Tzetan Todorov, L'arte nella tempesta, ed. Garzanti
Traduzione di Emanuele Lana
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martedì 31 ottobre 2017
La vipera di Cleopatra
| ( Artemisia Gentileschi ) |
Quale sarà dunque la vera
vipera di Cleopatra? Provo a fare una piccola ricerca: in Europa c'è
la "Vipera aspis", con molte sottospecie; il genere
"vipera" esiste anche in Africa, e anche i crotali
americani sono viperidi. In Egitto, nella zona desertica e in Arabia,
vive "Cerastes vipera"; nel Sahara esistono anche "Bitis
arietans" e "Macrovipera mauritanica". Variano anche
le dimensioni: si va da 28 cm a 3,6 metri (ma solo in Sud e Centro
America!). Difficile quindi stabilire con certezza che tipo di vipera abbia ucciso
Cleopatra; non serve a molto nemmeno chiedere soccorso a William
Shakespeare (Antonio e Cleopatra, atto V scena II) dove si parla solo
di "serpente", un serpente qualsiasi però rapido e
possibilmente indolore.
( Guido Cagnacci )
| ( Guido Reni ) |
| ( Michelangelo ) |
Alla fine della mia ricerca torno a guardare i quadri di Cleopatra e mi accorgo che, in fondo, non è che della vipera importi poi molto. I più espliciti sono soprattutto Guido Reni e Guido Cagnacci: nei loro dipinti la vipera è così piccola che quasi non si nota, una vipera neonata o di pochi giorni di vita, si direbbe. Reni ne dipinse almeno tre versioni (immagino che lo pagassero bene, per questo soggetto), sempre con la vipera quasi invisibile, e con la Cleopatra di Cagnacci Guido, bionda e nordica, la vipera è relegata in un angolo, piccolissima. Non è dunque la vipera quella che interessa, mi sembra ben chiaro, e io con le mie ricerche erpetologiche sono stato qui a perdere tempo e a farlo perdere anche a voi che mi avete letto fin qui. Ne chiedo scusa, ma del resto, si sa, come dissero i fratelli Goncourt: «Nessuno ascolta più fesserie di un quadro da museo». Per una volta, i quadri da museo sono salvi: le mie fesserie sono rimaste soltanto qui, sul blog.
giovedì 22 giugno 2017
Annunciazione
" L'Annunciazione di Lorenzo Lotto era la mia preferita, con la Madonnina provinciale che abbandona il libro sul leggio e volta le spalle all'angelo, quasi volesse scappare, impaurita al pari del gatto. Non era solo il registro intimistico ad attrarmi, era soprattutto la paura delle responsabilità, ciò in cui mi identificavo e contro cui lottavo. "
Sergio Garufi, Il nome giusto, ed. Ponte alle Grazie
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lunedì 13 marzo 2017
Il leone di San Gerolamo
Tra i dipinti dei grandi pittori, nelle
gallerie dei Musei o nei libri, il più facile da riconoscere tra i
santi raffigurati è San Gerolamo: un vecchio con in mano un libro,
spesso poco vestito, che ha al suo fianco un leone. Il libro è la
Bibbia, che San Gerolamo tradusse in latino: è la cosiddetta
Vulgata, ancora oggi in uso nei paesi cattolici. San Gerolamo
(347-420) fu uno dei Padri del Deserto, che nei primi secoli del
Cristianesimo vissero da eremiti in Egitto e in Terra Santa, nel
deserto: da qui l'essere poco attento al vestiario. Il leone viene
dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, testo fondamentale per
iconografia e simbologia, scritto tra il 1260 e il 1298: un leone
ferito a una zampa da una spina fu guarito da San Gerolamo e da
allora non lo abbandonò più. Il leone è inoltre simbolo della
violenza e della forza bruta vinte dalla pietà. (qui sotto, Antonio Colantonio, Napoli 1445)
Dimenticandosi per un attimo di San
Gerolamo (se possibile) è interessante guardare i leoni dipinti dai
grandi pittori del Rinascimento. Sono davvero tanti, tanti quanti i
San Gerolamo, che è uno dei personaggi storici più ritratti dai
grandi pittori: ovviamente sono tutti dipinti di fantasia, non
abbiamo nessun ritratto del vero San Gerolamo.
sabato 11 marzo 2017
Draghi
Un po' di draghi, che una volta
facevano spavento ma con i tempi che corrono non fanno più paura a
nessuno (per la paura, basta e avanza il telegiornale). (qui sopra, Little Nemo di Winsor McCay, 1910 circa)
venerdì 23 dicembre 2016
Il cammello nel presepio
Il cammello ha due gobbe, il dromedario ne ha una sola. Questo lo sanno tutti, o forse no, non lo sanno davvero tutti, molti se ne dimenticano, altri se ne infischiano, come dar loro torto. In fin dei conti, non è che tutti i giorni ci capiti di incontrare un cammello (o dromedario che sia). A dirla tutta, vengono chiamati "kamel" o "camel" entrambi, un po' in tutte le lingue. Vivono in due posti molto diversi: il cammello a due gobbe è asiatico, per sua natura lo si trova dalle parti dell'Afghanistan o dell'Iran; è peloso, ha una lana lunga che è poi quella dei cappotti di cammello (si usano ancora?). Il dromedario vive in Egitto e in tutto il Sahara: ha una gobba sola e il pelo è corto, quindi il cappotto di dromedario ce lo possiamo dimenticare. Una volta l'ho detto a un collega sul posto di lavoro, che mi ha risposto "io sono stato in Egitto e ci ho visto il cammello con due gobbe"; se è per questo (ma non gli ho risposto, ho sospirato e ho lasciato perdere) io i cammelli li ho visti a Como, non distanti dal lago, al confine con la Svizzera: ero allo zoo, da bambino. Li ho visti anche e duecento metri da casa mia, dromedari e cammelli ed elefanti: al circo, allora si usava. I dromedari sono anche in Australia, numerosissimi: ce li hanno portati nell'800, non sono più andati via, l'Australia è piena di deserti e i dromedari ci si trovano benissimo. Sono due specie molto vicine, lo si vede dal nome scientifico: Camelus dromedarius e Camelus bactrianus; questo significa che possono incrociarsi e fare figli insieme. Non in natura, ma negli zoo e nei circhi, in cattività.
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sabato 29 ottobre 2016
Il cagnolino del Barocci
sabato 22 ottobre 2016
Piero della Francesca e le vespe di Jean Fabre
Il dipinto, datato 1474, è uno dei più
famosi, e si trova a Brera: come sempre in Piero della Francesca ci
si trova davanti a qualcosa di meraviglioso, e di spiazzante. Vengono
sempre i brividi davanti a Piero della Francesca, non solo per la
bellezza delle sue composizioni. E' come se Piero avesse accesso a
qualcosa di soprannaturale, penso che sia l'impressione di molti di
noi davanti alla Madonna del Parto, o ai capolavori conservati a
Urbino. Piero della Francesca è tutto così, ma questo dipinto fa
nascere più di un interrogativo anche allo sguardo più distratto.
Prendo allora un libro, il primo che mi capita sotto mano, e cerco
una descrizione fatta come si deve:
«... Nella "Pala Brera"
ritroviamo immagini e motivi familiari in un'impaginazione di
eccezionale grandiosità: il profilo di Federico di Montefeltro
sull'armatura rutilante di riflessi in primo piano e l'architettura
dipinta entro la quale sono situate le figure richiamano la perfetta
prospettiva della Flagellazione. Dieci figure di santi sono disposte
a semicerchio intorno all'immagine della Vergine con il Bambino e
riecheggiante, sottolineandolo, l'andamento della nicchia, che
conclude l'abside a specchiature marmoree e lesene classiche sullo
sfondo; dalla conchiglia nel catino absidale pende un guscio di uovo
di struzzo, simbolo della Creazione e dei quattro elementi secondo la
letteratura medievale, ovvero dello spazio centrico, armonico e
perfetto, secondo l'ideale rinascimentale; si tratta comunque di un
efficace elemento di definizione spaziale nella complessa geometria
della composizione, guidata da princìpi di rapporti e rispondenze
armoniche. (...) »
(pag.217 volume V Storia dell'Arte
ed.De Agostini, autore non specificato)
domenica 25 settembre 2016
L'uomo rana del Bramantino
Ha un titolo, "Madonna delle Torri", e risale al 1505-1519 (data incerta, ma è già tanto saperla con approssimazione). Sono perplesso perchè mi chiedo che cosa ci faccia una rana a pancia in su nell'angolo a destra; solo molto tempo dopo Primo Casalini mi spiegherà che il rospo con sembianze umane è una rappresentazione del demonio sconfitto. Rana o rospo che sia, traviato forse da un'antica passione per le scienze naturali, non riesco a capire come una rana possa essere demoniaca. Passi per il serpente, ma la rana? Allora, abbandono per un momento le mie conoscenze attuali e provo a mettermi nei panni di una persona dell'inizio del 1500. Siamo prima della nascita di Galileo, ben prima di Newton e di Carl von Linné; Charles Darwin sarebbe arrivato trecento anni dopo il quadro del Bramantino. Tutto questo per tacere di Lavoisier, di Mendeleev, di Bohr e Planck, di Crick e Watson, e quant'altro ancora. Un rospo, sì, il rospo delle streghe; il rospo, o magari il ranocchio, in cui viene tramutato il principe delle fiabe... Comincio a capire, ma il ranocchio a pancia in su continua a sembrarmi buffo e sconveniente, piuttosto che demoniaco: un rospo ubriaco, magari, ubriaco perso come il poeta in "The Fairy Queen" di Henry Purcell.
domenica 11 settembre 2016
Unicorni
Due unicorni, bianchissimi peraltro,
salgono la rampa che porta dentro l'arca di Noè: succede
nell'affresco di Aurelio Luini, uno dei figli del grande Bernardino
Luini. Se volete vederlo con i vostri occhi, l'affresco è a Milano
dentro la chiesa di San Maurizio, in corso Magenta (la chiesa merita
una visita di per sè, per Bernardino Luini soprattutto). A dirla
tutta, non credo che sia andata così. Bisognerebbe chiederne conto a
Noè o a qualcuno dei suoi figli, ma sul fatto che gli unicorni siano
davvero saliti sull'arca ho qualche ragionevole dubbio. Però,
chissà, magari uno dei figli di Noè si chiamava Aurelio; vado a
vedere se la Bibbia ne parla, e per intanto metto qui sotto una
riproduzione dell'affresco di Aurelio Luini, invitando chi può ad
andare a fare un giro in San Maurizio.
Ma, adesso che ci penso, qualcosa dentro di me mi dice che Luini junior doveva avere le sue fonti, non può essersela inventata di sana pianta. O magari aveva vicino una bambina che gli ha chiesto di mettere anche gli unicorni, e non se l'è sentita di spiegarle tutta la faccenda; o forse invece è andata davvero così, come nella vignetta della Settimana Enigmistica:
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