Visualizzazione post con etichetta smeraldi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta smeraldi. Mostra tutti i post

mercoledì 7 agosto 2019

Rubini e smeraldi


(Werner Herzog, Cuore di vetro)
 
Vauquelin aveva scoperto il brillante cromo per caso, in un modesto (anche se raro) campione di carbonato di piombo rosso proveniente dalla Siberia. Come gli altri scienziati dell'epoca, era molto interessato a comprendere cosa conferisse alle pietre preziose i loro caratteristici colori: nella vasta enciclopedia chimica da lui composta assieme al suo mentore Antoine-François de Fourcroy fra il 1786 e il 1815, convenne che il rubino era «la più stimata delle pietre preziose» e notò che i berilli, una classe di gemme che includeva gli smeraldi, potevano presentare tutta una gamma di colori che spaziavano dal blu-verde al « giallo ruggine del miele», aggiungendo che «gli smeraldi migliori vengono dal Perù».
Poco dopo la sua scoperta del cromo, Vauquelin, appena promosso all’incarico ufficiale di saggiatore di metalli preziosi, si sarebbe trovato a frantumare uno smeraldo peruviano con pestello e mortaio e a sciogliere la sua polvere in acido nitrico, nel tentativo di svelare il segreto dell’arcobaleno delle pietre preziose. Riuscì a convertire il residuo in quella stessa sostanza che aveva ottenuto dal minerale siberiano, dimostrando così che l'agente colorante nello smeraldo era il cromo; quindi, procedette evidenziando come anche il rosso del rubino fosse dovuto al cromo. Un’analisi più esauriente, che sarebbe stata possibile soltanto di lì a un secolo, avrebbe infine spiegato il motivo per cui queste gemme sono apprezzate fin dall’antichità. Il rosso profondo dei rubini e il limpido verde degli smeraldi costituisce solo una parte della ragione del loro fascino: l’altra è che il cromo presente in entrambe le pietre brilla di una fluorescenza rossa, così che al loro interno sembra guizzare una fiamma.

(da "Favole periodiche" di Hugh Aldersey-Williams, pagine 458-459 edizione BUR 2011)




lunedì 5 agosto 2019

Smeraldi e berillio


(Werner Herzog, Cuore di vetro)

Vauquelin tornò quindi ad analizzare i berilli più nel dettaglio, scoprendo che erano composti da un certo numero di sostanze minerali basiche; il costituente fondamentale era la silice, o diossido di silicio, presente nella sabbia, nel quarzo e nell’ametista; l’allumina costituiva gran parte del resto. Questa forma cristallina di ossido di alluminio è l’ingrediente principale del corindone, di cui sono fatti rubini e zaffiri. A questo punto Vauquelin si rese conto che c’era anche un nuovo ossido che prima era sfuggito all'individuazione per via della sua somiglianza agli altri; una volta isolato e purificato questo ossido rivelò di fatto una proprietà singolare: era dolce al gusto, ragion per cui Vauquelin decise di chiamarlo «glucina». Il nuovo elemento metallico che questo ossido doveva contenere venne pertanto designato come «glucinio», anche se ci sarebbero voluti altri trent'anni prima che qualcuno riuscisse di fatto a produrlo. (Anche lo zirconio, un altro nuovo elemento scoperto in modo simile nelle pietre di zircone da un amico tedesco di Vauquelin, Martin Klaproth, nel 1789, dovette attendere più di trent’anni prima di essere isolato da Berzelius nel 1824.) In seguito, emerse che la glucina non era l’unico composto metallico ad avere un gusto dolce: venne così ribattezzata berillia, e l’elemento a essa associato ricevette il nuovo nome di berillio.

Chi era in cerca di tesori avrà accolto con disappunto le notizie di questi esperimenti che, contrariamente a quanto lasciava sperare una certa mentalità alchimistica, avevano dimostrato che anche le gemme più preziose non contenevano nessuna essenza dalla natura straordinaria. A differenza degli sporchi minerali, da cui si potevano trarre metalli splendenti, questi cristalli perdevano tutto il loro valore quando venivano trattati in laboratorio: solo due anni prima degli esperimenti di Vauquelin con smeraldi e rubini, il chimico inglese Smithson Tennant aveva bruciato un diamante fino a ridurlo a nulla, dimostrando così che non era costituito da qualche elemento esotico ma solo di comune carbonio.

(da "Favole periodiche" di Hugh Aldersey-Williams, pagine 458-459 edizione BUR 2011)

(una piccola nota a margine: Berillo è il minerale da cui si estraggono gli smeraldi, Berillio è invece l'elemento chimico identificato successivamente in quel minerale)

per la natura dei diamanti, magari può interessare qui


mercoledì 19 giugno 2019

Le scarpette d'argento


La diffusione delle pietre preziose come beni di consumo di lusso ha fatto fiorire nella letteratura altre sagaci allusioni. Gli smeraldi a cui fa riferimento Edmund Spenser in "La regina delle fate", o quelli nel "Paradiso perduto" di Milton potrebbero anche essere generiche gemme verdi: non conta tanto la loro precisa sfumatura di colore, quanto piuttosto la loro rarità. Ma possiamo invece immaginare che la città di Esmeralda nella favola del Meraviglioso Mago di Oz, del 1900, sia fatta proprio di queste pietre; e, in tal caso, il colore potrebbe essere significativo.
Alcuni studiosi di economia dotati di spiccata fantasia hanno interpretato la storia come un’allegoria della politica monetaria degli Stati Uniti di fine Ottocento: la strada di mattoni gialli rappresenta il sistema aureo che conduce a Esmeralda, la città dal colore dei dollari, governata da un mago incapace che personifica il presidente Grover Cleveland. La costruzione allegorica è giocata sul fatto che Dorothy indossa scarpette d’argento, in cui è da ravvisarsi il simbolo del movimento populista "argento libero" che, in seguito alla scoperta di nuovi depositi nell'Ovest americano, stava facendo pressione sulla zecca degli Stati Uniti perché l’argento venisse adottato come standard monetario al posto dell’oro. Questa curiosa simbologia passò però inosservata all’epoca della prima pubblicazione del libro, quando pure era d'attualità, e finì per essere completamente trascurata nella leggendaria trasposizione cinematografica del 1939, dove le allusioni erano più tecnologiche che non economiche: le scarpette indossate da Dorothy erano infatti di rubino, per celebrare il sistema technicolor in cui il film era stato girato. Lo "schermo argentato" delle vecchie proiezioni era morto.
(da "Favole periodiche" di Hugh Aldersey-Williams, pagine 458-459 edizione BUR 2011)

(edizione 1939 del Mago di Oz: il film è già uscito, ma Dorothy ha ancora le scarpette d'argento)