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mercoledì 2 dicembre 2009

Bhopal

Il 2 dicembre del 1984 si verificò un immane disastro a Bhopal, una città dell’India: 40 tonnellate di isocianato di metile, un pesticida, e altri 12.000 kg di reagenti chimici fuoruscirono dalla fabbrica della multinazionale americana Union Carbide a causa di un’esplosione, originando una nube altamente tossica che bruciò occhi e polmoni e danneggiò gli organi interni.

In pochi giorni tra 7.000 e 10.000 persone morirono avvelenate o soffocate o a causa di edemi polmonari. Trecentomila persone abbandonarono la città quando la fabbrica riprese a funzionare, due settimane dopo, per eliminare le scorte. Altri 15.000 abitanti di Bhopal sarebbero morti nei successivi vent’anni per gli effetti delle sostanze chimiche e più generazioni sono state destinate alla sterilità e alla deformità. Il numero delle vittime supera quello di Chernobyl.

L’area, a distanza di 25 anni, non è stata bonificata adeguatamente e i responsabili della Union Carbide non pagarono il misfatto: sfuggirono ai processi intentati dalla giustizia indiana, che li considera ancora latitanti negli Stati Uniti, da dove non saranno mai estradati.

sabato 26 settembre 2009

Cesare Casella

Il 18 gennaio 1988 un ragazzo di diciott’anni venne rapito a Pavia: Cesare Casella, figlio di un concessionario della Citroen, iniziava quel giorno una lunghissima prigionia che lo avrebbe portato a passare mesi nelle tane dell’Aspromonte.

Il 14 agosto la famiglia pagò un riscatto di un miliardo di lire ma l’anonima sequestri calabrese non rilasciò l’ostaggio, anzi lo trasferì e rilanciò con una richiesta prima di cinque miliardi, poi di due, poi ancora di uno. Naturalmente i Casella non erano in grado di sostenere un altro pagamento.

L’anno successivo, nel giugno del 1989, la madre di Cesare, Angela Montagna, batté le piazze e le chiese della Calabria per ottenere la liberazione del figlio: arrivò persino a incatenarsi e a dormire in tenda, per ricordare che Cesare era in quelle condizioni già da diciassette mesi; da lì ottenne il soprannome di  “Mamma Coraggio”. I sequestratori non furono commossi da questo gesto, ma lo presero piuttosto come un atto di sfida. Il governo invece decise di inviare più soldati nella Locride.

La liberazione del ragazzo avvenne il 30 gennaio del 1990, nelle campagne di Natile di Careri. Erano trascorsi 743 giorni dal rapimento. E “743 giorni lontano da casa” è il titolo del libro che Cesare Casella scrisse per raccontare quella sua drammatica esperienza.

martedì 2 giugno 2009

Terry Broome

Un caso di cronaca che fece molto scalpore in Italia negli Anni ‘80 fu quello della modella americana Terry Broome: sbarcata in Italia per seguire le orme della sorella Donna, ormai affermatasi, finì invece in carcere per l’omicidio del playboy Francesco D’Alessio, maturato nell’ambito della Milano-bene e delle feste a base di cocaina.

La cronaca nera dovette occuparsi di quel mondo dorato e luccicante dove belle ragazze si mescolavano a uomini danarosi che sfoggiavano macchine e vestiti di lusso e dove la droga scorreva a fiumi nelle notti oniriche della “Milano da bere” che collasserà qualche anno dopo nell’inchiesta “Mani pulite”. Sono gli anni delle discoteche “Nephenta”, “Plastic” e “Vogue”, dell’apparenza esibita, della moda che sfonda. Sono gli anni di “Sotto il vestito niente”, romanzo di Marco Parma sul mondo delle modelle. Il libro, come il film dei Vanzina tratto da esso, prenderà spunto proprio da questo caso di cronaca.

Terry Broome, che aveva alle spalle un’esperienza americana fallita come fotomodella, entrò nel giro dei costruttori Cabassi. A scatenare l’inferno fu un incontro erotico a tre in una villa fuori Milano, dal quale rimase escluso D’Alessio. Questi iniziò a rinfacciare a Terry l’esclusione e a irritare la ragazza, che già aveva problemi psicologici e temeva di compromettere la nuova carriera. A casa Cabassi, il 25 giugno 1984, un’alba dorata su Milano, dopo un’orgia di coca e whisky, Terry Broome impugnò la pistola del fidanzato, l’orefice Giorgio Riotti, una calibro 38 Smith & Wesson, e sparò quattro colpi a Francesco D’Alessio, uccidendolo.

Nel 1986, al processo venne condannata a quattordici anni di carcere, ridotti a dodici e mezzo in appello. Ne sconterà sei nel penitenziario di Bergamo, dove si dedicherà a lavorare la ceramica,  prima di essere rimpatriata in South Carolina, il suo paese d’origine.

Il fatto colpì molto i Pooh, probabilmente per la reclusione a Bergamo: “Terry B.”, brano dell’album “Giorni infiniti”, del 1986, racconta proprio la storia della modella americana:

TERRY B.

Dicesti tutto in una volta
Milano esplose dalle dita
come pezzi della luna
contro i vetri del mattino
come lampi in faccia, un anno e mezzo fa.
Dove hai ballato solo un giorno
ritorna già il secondo inverno.
La compagna parla strano
ma t'insegna l'italiano
per capire, per spiegare come mai.
Niente scorre via, tutto viene aperto
come le valigie in un aeroporto.
Ogni amore andato via
quelle notti di persone
e quel rumore che non se ne va.
In quei tuoi occhi troppo grandi
come le strade d'oltremare
c'è il disordine dei sogni
degli alberghi senza cielo
di quell'uomo troppo solo, anche per te.
Atterrasti qui per cambiare vita
tua sorella in fondo c'era già riuscita.
Quale vento ti strappò
il biglietto di ritorno
il quinto giorno di un'estate fa.
Tutto scorre via, tutto si scolora
da una mano all'altra come te allora
come i soldi e le bugie
e i giornali della sera
chissà che cosa cambierà per te...

lunedì 8 dicembre 2008

Mark David Chapman


L'8 dicembre del 1980 un uomo, Mark David Chapman, attese parecchie ore nel freddo di una strada newyorkese davanti al Dakota Building. Due mesi prima aveva lasciato il suo lavoro, si era licenziato firmando l'uscita con il nome di un personaggio famoso e scrivendo come motivazione che "aveva problemi personali da risolvere". Comperò una pistola, saluto la madre con una cena di addio e si imbarcò sul volo per New York con un biglietto di sola andata. Nella Grande Mela sorse però un problema insormontabile: per acquistare i proiettili per la sua .38 aveva bisogno di un documento, almeno di una patente di guida.

Chapman volò allora ad Atlanta a visitare un vecchio amico, riuscì a comperare i proiettili e rimase là un po' a fare pratica nei boschi. Ai primi di novembre tornò a New York: in tasca aveva una lista di celebrità da assassinare. Ma non riuscì a incontrarle. La sua mente era disturbata: volò alle Hawaii, ad Honolulu. A dicembre ritornò a New York, prese una camera allo Sheraton Center Hotel sulla Settima Avenue e preparò un tabellone con i suoi propositi ed il suo piano.

L'8 dicembre del 1980 si appostò fuori dal Dakota Building e aspettò. Quando arrivò John Lennon, la star che aveva fondato i Beatles e che li aveva costretti allo scioglimento a causa di Yoko Ono, Mark David Chapman gli sparò cinque colpi alla schiena, uccidendolo.
Il nome con cui aveva firmato il suo licenziamento due mesi prima era proprio quello dell'ex Beatle.





giovedì 13 novembre 2008

Il Nevado del Ruiz

Il vulcano Nevado del Ruiz, in Colombia, era spento da quattrocento anni. Il 13 novembre 1985 si risvegliò all'improvviso: la lava fuoruscita dal cratere a 5.000 metri di altezza sciolse i ghiacci sulle sue pendici provocando un mare di acqua e fango che scese valle ed ingrossò i fiumi.

Sul suo percorso c'era la cittadina di Armero, un grosso villaggio agricolo: venne rasa al suolo, le vittime furono stimate in 23.000. I pochi superstiti vagavano tra il fango in uno scenario pompeiano, mentre sullo sfondo, tra boati minacciosi, si levava il fumo del Nevado del Ruiz. Le autorità colombiane dibattevano se evacuare o no la zona; i più pratici si mettevano in marcia verso mete più sicure.

Molti vulcanologi affermavano di aver avvertito la protezione civile colombiana dell'imminente eruzione e avevano invitato il governo ad evacuare la zona alla caduta dei primi lapilli. Ma la loro voce rimase purtroppo inascoltata.



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