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sabato 11 agosto 2018

Un’ “Intravista”

Credo di averne immaginata qualcuna ogni tanto. A me piacciono molto le interviste. L’idea che due persone possano garantirsi di avere qualcosa da dirsi perché ci sono delle domande già pronte e che l’improvvisazione è concessa solo alle risposte, mi è sempre sembrata una cosa rassicurante. E poi, se le domande sono oneste e ben costruite, l’esperienza di un dialogo “delimitato” diventa un percorso condiviso di incontro. Oppure di allontanamento. Non potrei giurarci, non avendone esperienza, ma credo che anche l’analisi si basi sostanzialmente su una formula simile. E chissà magari un giorno deciderò di farmi fare domande “scomode” da qualcuno a cui confiderò cose, che mi riporteranno ad altro e ad altro ancora, fino a quello che avevo scordato per poi sentirmi dire che sono io la causa di ogni mio male. E tante grazie, è stato un vero piacere. No, non sono pronta a quel genere di domande. Lo sono per altre, per quelle che potrei farmi da sola e alle quali mi impegnerei a rispondere in tutta sincerità. Ma  poi come si chiama un’intervista a se stessa? Ci sono! La chiamerò “intravista”, come quelle cose che riesci a vedere di sfuggita ma che non fai in tempo a mettere a fuoco. Ma pure come le cose “viste dentro”. Intravista significa due cose opposte se ci pensi: la superficialità e l’interiorità (scrivere mi porta sempre a carambole lessicali insospettabili che ogni tanto benedico).
E allora oggi mi concedo una intravista. Se vuoi rispondi anche tu.

- Ciao Lucia. Grazie del tempo che vorrai dedicarti. Ti ho cercato molto e in realtà credo di non averti ancora trovato. Grazie per la parte di te che vorrai concedere al giudizio insindacabile di te stessa
- Ciao! Sì, Agosto è sempre un mese complicato per me che lo vivo sempre come una specie di staffetta tra ciò che è stato e le cose nuove che vorrei garantirmi per il prossimo inverno. E poi c'è il tornare a casa dopo un tempo abbastanza lungo da notare i cambiamenti e le cose che cominciano invece a sfuggirmi...ma scusami sto divagando. Fammi prima la domanda
- Sì, vedo che almeno hai compreso che un’intravista necessita di regole e la prima è quella di mettere a fuoco un tema. Di te sappiamo che pensi da tutta la vita che il tuo sedere sia troppo grosso (lo pensi perché è vero...), che ami star sola ma non sei una solitaria, che qualche volta hai amato ma poi hai deciso che sarebbe stato meglio provare a smettere, che potresti vivere anche soltanto di gelati e di anelli di cipolla panati (vedi sedere di cui sopra). Ora io ti chiedo, c’è qualcosa o qualcuno per cui saresti disposta  a cambiare totalmente vita? Per esempio mollare tutto e vivere solo viaggiando, oppure rimetterti a studiare una cosa di cui non sai nulla e farne la tua nuova strada, o andare a vivere in Giappone, per esempio?
- Sì, ma si chiamerebbe amore e, vedi sopra, avrei deciso di smettere per manifesta incapacità a trattare la materia
- Quindi per te la decisione di rivoluzionare se stessi deve necessariamente avere una motivazione esterna, un innesco generato dal legame con qualcuno o qualcosa che non sia semplicemente tu stesss
- Sì. Un vero cambio di prospettiva può essere dettato solo dall’amore per qualcosa d’altro da sé
- Uh...e se invece fosse il prodotto di una consapevolezza, di una raggiunta coscienza di sé?
- Può essere, ma “se dipende da me allora sono sicuro che non ce la farò” direbbe Moretti
- Cosa non tolleri?
- Salvini. Ma anche Di Maio. No, in realtà non tollero un intero spirito del tempo, ma forse è solo perché questo tempo mi è toccato a questa età, ormai ingabbiata in schemi rigidi legati ad una visione del mondo che non ha più i numeri per realizzarsi
- Quindi ti ritieni una persona sfortunata?
 - Mi ritengo una fortunata rassegnata. Credo di aver avuto abbastanza dalla vita. E questo qualche volta non mi pare abbastanza
 - E, in quanto fortunata rassegnata, pensi di avere sogni da realizzare?
 - Sono rassegnata alla realtà. Mica ai sogni che gridano vendetta!
 - Hai delle dipendenze?
 - No. Ma non ne vado mica così fiera
 - Ti è successo qualcosa di speciale oggi?
 - Ho avuto notizie di una persona che non vedo da tantissimo tempo. Mi hanno detto che ha messo pancia e che ormai ha tutti i capelli bianchi. Non pensavo a lui da tanto tempo ma quella notizia mi ha colpito molto. Così tanto che ho fatto in modo di non sapere nient’altro. Ma grazie per la domanda...
 - Figurati. Era solo un’intravista. Possiamo anche mantenerci sul vago




sabato 28 aprile 2018

Un sabato italiano, ma mica poi tanto

Ho sbagliato il luogo d’incontro per gli allenamenti. Oggi sarei dovuta essere alla montagnetta xxv aprile per correre in pista e invece, la svampita che sono, mi sono presentata come al solito in piazza Castello. Ne ho approfittato per fare una lunga passeggiata fino alla mia vecchia agenzia di viaggio e mi sono resa conto che tutte le proposte in bacheca erano esattamente i luoghi a cui ripenso continuamente negli ultimi sei mesi: Islanda, Giappone, tour degli Stati Uniti, Route 66. Incredibile. In vetrina c’erano queste mete e io desidero andare proprio in quei posti.

Sono anni che non viaggio più da sola. Per tante ragioni, non ultima quella che quando ti dicono che è molto rischioso certe volte ti rendi conto che è proprio vero. Se ripenso a certa mia leggerezza, incoscienza e fiducia mal riposta negli incontri che ho fatto durante i miei viaggi direi che sono stata, quantomeno, estremamente fortunata. Ma non è solo per questo. È che ho paura di non essere più in grado di cogliere il valore del “portarsi altrove”, come se - al di là di una bella vacanza - fossi certa che ormai non sia più capace di stupirmi e di ritrovare nei paesaggi, usanze, sapori e profumi nuovi degli elementi reali di curiosità. Quando ci penso un po’ mi spavento per certa mia abulia, di recente costituzione, e un po’ mi metto in pace con il posto in cui mi trovo e le piccole solidità pazientemente costruite per ridimensionare smanie e inquietudini. Forse è per questo che l’unico posto in cui tornerei sono le Maldive: lì non devi fare niente se non contemplare una spiaggia bianca e un mare cristallino dove convivono pesci dai colori che neppure immaginavi esistessero in natura e adorabili squaletti che non hanno mai pensato di azzannare umani. Però tutte quelle proposte affisse lì, su quella vetrata dell’agenzia che pareva dirmi “so che non hai più voglia di partire da sola e che pensi che nessun luogo possa salvarti da te stessa. Lo so che ti sei impigrita e ti basta un libro o affondare nella poltrona di un cinema vicino alla metro per collezionare i tuoi venerdì dell’anno. Lo so che hai due o tre brutti ricordi che ti fanno fare a pugni con la tua ingenuità...eppure sono mesi che pianifichi mete immaginarie incastrandole con giorni di ferie reali, che vorresti allontanarti da tutto e da tutti pure se nessuno ti ha fatto abbastanza male da voler scappare via senza salutare...io so tutto”. Può darsi che sia davvero così e che un giorno tornerò di nuovo ad assecondare certe voci e tradurle in carte d’imbarco a posto unico. Chissà.

Lo incontro sempre più spesso. Poco più di un anno fa, in uno di quei giorni in cui facevo da tappabuchi alla prima informazione in ufficio conobbi un ragazzo poco più che ventenne, di origine sudamericana, molto carino e sempre sorridente. Non so che informazioni gli diedi ma credo che parlammo per qualche minuto. Qualche mese dopo l’ho rivisto proprio sul mio pianerottolo di casa: lui andava dai rumorosi abitanti del piano di sopra. Io non lo avevo riconosciuto, stavo lavando a terra, non ero truccata, avevo una tuta e speravo soltanto che non avrei sentito troppo rumore. Lui mi vede e mi dice: “Ciao! Tu sei quella dell'agenzia delle entrate, un viso come il tuo non si dimentica”. Io lo guardai senza riconoscerlo, poi però mi tornò in mente e gli sorrisi soprattutto perché mi diceva cose troppo inverosimilmente gentili, data la condizione “prosaica” in cui mi trovavo (tuta, straccio, coda di cavallo, zero trucco...). Da allora l’ho incontrato spessissimo: sull’autobus, per strada, alla metro di San Donato, lungo via Mecenate. Solo un saluto radioso del tipo “ciao bionda! Come stai?”...l’altro ieri abbiamo fatto addiritttura un pezzo di strada assieme, dopo essere scesi dallo stesso tram e ho scoperto che si chiama Manuel, che insegna ballo in alcune palestre, che ha delle lentiggini molto simpatiche sul naso. Ad un certo punto mi ha detto: “dai qualche volta te lo prendi un caffè con me?” Gli chiedo perché mai e lui mi dice “Ma come perché? Perché sei bella. Sicuramente te lo dicono almeno tre volte al giorno. E poi sei tranquilla...”. Io sono scoppiata a ridere e lui mi ha detto “Non ridere, io dico sul serio” . Non gli ho detto di sì, sebbene stranamente il mio lato diffidente non ritenesse di doversi allertare. Ho continuato a ridere per non offenderlo, lui mi ha accompagnato fino al cancello e  ha ribadito: ”la prossima volta che ci incontriamo ci prendiamo un caffè. È deciso”.

Credo che sia per questo buffo episodio “a lunga gittata” che oggi mi sono ricordata di nuovo dei miei viaggi in solitaria, delle persone assurde che ho incrociato, dei rischi che ho corso e di quanto sia importante “difendersi” con una sana diffidenza e un atteggiamento di fermo distacco. Ma forse mi sarei persa proprio tutto, pure il bello degli incontri felici e di un tempo carico di senso e di ricordi.
 E così ho pensato che senza la mia proverbiale, ma alla fine sempre provvidenziale, ingenuità forse non avrei trovato neppure il coraggio di mettere il naso fuori di casa. Vorrei ritrovare giusto quella dei miei vent’anni. Magari Manuel ne ha ancora abbastanza da darne persino a me...



sabato 3 marzo 2018

Il silenzio è duro?

Sapevo di aver soltanto bisogno di una buona scusa. Credo che non succedesse dai tempi dello svezzamento. Oggi non ho messo il naso fuori casa e non ho fatto praticamente nulla se non lavarmi e stendere la lavatrice. Ho persino bevuto il caffè avanzato da ieri e mangiato formaggio e insalata in busta pur di non accendere neppure un fornello. Mi sono rimessa a letto poco dopo mezzogiorno e mi sono riaddormentata come un sasso per più di due ore. Ho acceso la tv per vedere tv talk, programma di cui sono inspiegabilmente appassionata sebbene non guardi praticamente nulla di quanto viene analizzato. È un po’ come ci si sente ad essere atei in un paese a forte condizionamento religioso: ne subisci l’influsso, anche fortissimo, a prescindere dalla tua sensibilità. Sono stata in perfetto mutismo tutto il giorno e ridotto al minimo ogni azione. Sognavo questa assurda condizione da un tempo incalcolabile per una che dorme sempre troppo poco e male, ama stare con le persone ma non subire l’onere della conversazione a tutti i costi e che predilige la condizione dell’ascolto passivo, crede nei diecimila passi al giorno e proprio in virtù di questo ritiene di meritarsene almeno uno da diecimila in meno. Oggi mi sono concessa il diritto di essere stanca e di considerare questa cosa come una magnifica opportunità. Il freddo polare mi è sembrata una specie di autorizzazione dall’alto. Per molti una giornata così è da folli, sociopatici o depressi. A me per fortuna è bastato essere semplicemente fuori gioco (o fuori giogo).

Il silenzio è una cosa parecchio strana. Secondo me è la misura più perfetta di un forte legame o, viceversa, di una distanza incolmabile. Ci pensavo mentre scovavo una citazione di pulp fiction e me ne qui stavo zitta da sola a pensare alle persone a cui voglio bene. Una volta un attore di teatro, di cui non ricordo l’identità, disse che il silenzio del pubblico a volte gli restituiva un senso di concentrazione massima e rapimento totale, altre invece di totale disattenzione e disinteresse. Eppure sempre di silenzio si tratta. Sì, credo di capire cosa intendesse.


Io sono una buona ascoltatrice, direi non una eccellente conversatrice e abbastanza timida da considerare alcuni tipi di silenzio come una specie di macigno da cui divincolarmi in qualsiasi modo. Però succede pure che a volte mi sembri una cosa bella, una forma di comunicazione superiore tra persone che si stanno comprendendo al di là delle parole, dei chiarimenti/discussioni/litigi o del “buon dialogo”. Ho sempre pensato che un buon genitore sia soprattutto il frutto di tutto quanto si riesca a trasmettere senza dire, persino di assenze “eloquenti”, di forme impalpabili di appartenenza che siano capaci di insinuarsi tra gli interlocutori “silenziosi” al netto di precetti e moniti o di esperienze condivise. Ora sarebbe soltanto da capire quanto valga l’opinione di una che col silenzio non c’ha mai fatto niente di tutto questo.

Sono quasi le otto di sera, credo di non aver detto neppure una parola ad alta voce, non ho usato il mio silenzio per comunicare alcunché, non mi sono truccata, indosso una tuta molto comoda e non ho fatto quasi niente. Non ho la più pallida idea di cosa mi sia persa. Ed è proprio in questa inconsapevolezza che ritrovo la certezza di aver fatto la sola cosa che mi fosse possibile oggi


giovedì 19 ottobre 2017

"dipende". Risposta esatta

Quando cerco di raccattare motivi più o meno credibili per trovarmi simpatica di solito comincio da quelli. Dai miei piccoli azzardi di gioventù. Non era scontato che ne facessi: non amo i conflitti, non ambisco né al comando né all'obbedienza, non mi piace chiedere le cose ma trovare possibili strade per andare a prendermele. Quando si è così ci sono solo due possibilità: diventi una disadattata cronica oppure il prodotto di una combinazione di cocciutaggine e flessibilità che tornano sempre utili, quando incespicare è più una scelta di vita che una condizione sfortunata.

Quando i miei mi hanno detto di fare economia non ho battuto ciglio, eppure non c'era una sola cellula di me che la ritenesse una decisione sensata. Non lo era infatti e non lo sarebbe stata se non avessi trovato sul mio percorso un prof. che ho adorato per tutta una vita, per il quale ho ripetuto l'esame tre volte, ma con cui ho poi fatto la tesi e che ho ritrovato come tutor per tutto il dottorato, quello che ho conseguito dopo essermi licenziata da un lavoro che avevo desiderato tanto e che invece era altro da quello che io mi aspettavo per il modello cooperativo su cui era impostato. Chi lo sa se oggi troverei mai il coraggio per fare una cosa del genere, eppure io lo feci con la naturalezza e la spocchia che solo la giovinezza incosciente possiede senza il filtro di un contegno soffocante.

 L'economia mi ha insegnato che la risposta più sensata che si possa dare a qualsiasi problema complesso è "dipende" ed è questa la vera lezione che mi ripeto  ogni volta che cedo alla tentazione di trovare la ricetta definitiva ai dilemmi credendo davvero che esista una verità assoluta che mi salvi dall'errore, dalle delusioni, dai miei "pregiudizi di conferma", quelli che si hanno quando si cerca solo il conforto verso ciò di cui si è già convinti. In economia il "dipende" ha pretesa di esattezza matematica applicata all'imponderabile e questo ai miei occhi ha qualcosa di divino, oggi più che mai che il "dipende" vuole avere pretesa di libertà di scelta basata solo su sensazioni, universi mitologici "tribali" popolati da vegani, rettiliani, antivaccinisti e complottisti non meglio definibili ma sempre pronti al conflitto, allo scontro perenne o, al contrario, al settarismo massonico.

Oggi è stata una giornata difficile al lavoro, ho un problema che non so come risolvere, l'anno scorso invece mi sfogavo su questo blog perché ero l'unica a non aver partecipato all'assemblea sindacale e per questo avevo fatto servizio al pubblico tutta da sola. In altre occasioni ho raccontato di quante volte ho chiesto inutilmente di poter fare un'esperienza di lavoro all'estero e che l'amministrazione non ha mai neppure considerato la remota possibilità di farmi accedere ad uno dei bandi a disposizione dell'agenzia. Mi sono chiesta tante volte se questa fosse davvero la vita in cui speravo, con questi muri che spesso non comprendo, le anomalie a cui faccio caso soltanto io...e mi ripeto che forse, sì, io  volevo proprio una vita così, magari dopo essermi licenziata senza timori, dopo un dottorato per chiudere il cerchio di un percorso conflittuale, magari dopo un anno di vuoto assoluto come quello in cui davvero cominciavo a fare i conti con tutti quanti i miei "dipende".

Di tutto mi rimane l'incapacità di accettare i conflitti e di voler fuggire soltanto da quelli, la ricerca di una composizione armonica delle contraddizioni e il tentativo perenne di rinnovare e purificare lo sguardo senza la smania di cambiare costantemente punto di vista. O, forse, tutto questo "dipende" soltanto dagli anni che hai. Il fattore tempo in economia è la variabile fondamentale per analizzare qualsiasi fenomeno...un caso. Non credo.






lunedì 28 agosto 2017

(Pre)impressioni di Settembre

Rimane questo il momento più figo della mia giornata: il rientro dal lavoro sul divano col mio programma radiofonico estivo preferito è l'i pad sulle gambe.
Ho accumulato uno spoposito di ore di credito al lavoro....il vero propulsore di produttività in estate è l'aria condizionata, posso confermare io e le mie pratiche lavorate nella quiete più assoluta in un'atmosfera difficilmente replicabile in altri periodi dell'anno. Il rientro dei colleghi sta avvenendo per gradi secondo un flusso piuttosto costante e questo traumatizza meno anche me che sono qui a d accoglierli a braccia mica troppo aperte. Tra tre giorni usciranno tre film che aspetto da tempo. Dovrò flippare testa tra "Dunkirk" e "easy", mentre di certo vedrò "la storia dell'amore". Due voci che stimo come molto autorevoli e che hanno visto il film in anteprima hanno detto che Dunkirk è bellissimo, uno di loro addirittura che è il più bel film visto in vita sua: mi fido pur non amando i film di guerra.

Prevedo in ogni caso una splendida stagione per i cinefili. Il palinsesto estivo di radio due, mia vera compagna di ogni risveglio e fine giornata, è stato magnifico e, pure se ci sono state giornate in cui credo di non aver parlato con nessuno, non ho mai avvertito il senso di solitudine neppure per un istante. Tra un paio di giorni tornerà pure il mio collega di stanza, una persona per bene con cui ho avuto in passsto scontri molto accesi (dopo i quali è sempre stato lui a chiedermi scusa), con il quale ho imparato a non litigare mai più ma pure ad impedirgli di pensare che possa riuscire a convertirmi ad un qualunque tipo di credo. Con lui spero di ritornare nelle scuole a parlare ai bambini di fiscalità come divertente maniera di diventare grandi e forti e ad andare nelle aziende milanesi per capire come funzionano certi meccanismi del mercato. E poi tornerà l'altro collega con cui ho avuto altri tipi di feroci contrasti (...mamma mia messa così sembro sempre una grandissima  infame...) tanto da averne scritto persino su questo blog e registrato il record imbattuto di lettori e un serio incidente diplomatico. Anche con lui oggi i rapporti sono pressoché perfetti e siamo coppia fissa nelle verifiche
esterne.

Che fatica i rapporti umani, pure se in realtà mi dicono sempre bene al punto di perdonarmi tutti i miei scivoloni e regalarmi sempre qualche lezione. Eppure, alla fine, evitare tutte queste dinamiche, per me sempre surreali, in nome di pace, silenzio e un buon programma radiofonico o la sala buia di un cinema, rimane ancora la mia prima scelta. Nata orsacchiotta...affettuosa nelle intenzioni...ma ancora troppo orsacchiotta...

La pausa pranzo invece è stata tra femmine a fare discorsi di femmine, dove il tema tra un'insalata dietetica e l'altra trattava, che novità,  del "raro" fenomeno degli uomini che non sanno corteggiare forse solo per paura, orgoglio, cattivo carattere (io credo semplicemente perché non sono innamorati). E che pare sia un vero peccato, ma tant'è...

L'estate sta finendo. Io sono stata davvero molto bene, ho parlato poco, litigato mai, corso abbastanza, dimagrita non direi ma credo neppure ingrassata, letto bei libri e mangiato molto bene.
Sono pronta al rientro di chiunque. Se così non fosse sarò pronta ad andar via io.



lunedì 14 agosto 2017

Di profumi. Di "dissolvenze" parigine (col fine lieto della realtà)

Non lo so perché a me non escono così. Io per sentire il profumo di pulito e di fresco sulle lenzuola devo venire qui a casa. Ho una lavatrice molto più supersonica di quella di mia madre, uso lo stesso detersivo e le mie lenzuola non profumano mai di niente, anzi, quando è inverno sanno persino di "cagnozzo", forse per la troppa umidità. È veramente un fatto strano. Quando dormo qui, nel letto fatto proprio bene, con le lenzuola tirate come mi è impossibile fare a Milano, affondo la faccia nel cuscino e resto più che posso a respirare quel profumo buono e poi penso che anche gli asciugamani hanno lo stesso odore e così mi alzo, vado a sciacquarmi il viso e poi lo copro con l'asciugamano e aspiro tutto mentre i residui di acqua moltiplicano quella sensazione di freschezza. A Milano non ho modo di ripetere azioni così elementari e mi pare un fatto assurdo, oltre che ingiusto.

Ieri ho compiuto 41 anni ed è stata una bella giornata, ricca persino di tantissimi auguri che mai avrei potuto ricevere senza un facilitatore "sociale" come fb, che mai mi stancherò di benedire per questo e le mille occasioni d'uso potenzialmente sensato che permette. Non saprei chi sia mancato, non ho notato le assenze e intendo seguire questa strategia per sempre e in qualsiasi circostanza.

Quando vengo giù porto sempre con me una pila di film già visti e una di libri letti. Io a Milano non ho più spazio e certe cose proprio non posso darle via. Stavolta mi sono accorta che ho portato con me un vecchio film che in realtà non avevo ancora visto. Si chiama "Insieme a Parigi" con due "belli" come la Hepburn e William Holden. Chissà perché alla fine mi era sfuggito. Forse perché ho sempre sostenuto che Parigi sia la città meno romantica che possa immaginare e che quando una coppia decide di fare una fuga d'amore a Parigi io già so che tra quei due non funzionerà mai davvero. È un assioma. Provato mille volte. E invece il film alla fine era bello, non perché romantico ma in quanto deliziosa lezione di cinema e degli infiniti sogni che può incarnare e di cui farsi portavoce grazie ai suoi magici artifici.
 Tanto per dire, io vorrei una "dissolvenza" pure nella vita: pensa che bello passare con tanta naturalezza da un tempo all'altro, da un luogo all'altro, da uno stato reale ad uno immaginario...così...con la semplice dissolvenza ti trovi catapultato nel tempo e nel posto in cui ti serve stare, per vivere cose impossibili, recuperare occasioni, ritardare un destino...
Penso da subito a come I miei 41 di ieri sarebbero diventati presto i 30 a cui vorrei, ogni tanto (mica sempre), tornare, alla mia "cuccia" alla periferia di Milano che farei atterrare pari pari su un qualsiasi ultimo piano di Brera, ai miei fianchi e al mio sedere che ho ben chiaro come vorrei che fossero, e poi alle frasi non dette, ai baci non dati, ai rischi mai corsi...Per tutto questo una semplice dissolvenza. Ed ecco una, mille, infinite occasioni da poter cogliere di nuovo come se fosse la cosa più naturale e possibile del mondo. Che diabolica trovata che è il cinema.

Domani tornerò a Milano e dormirò di nuovo in un letto pulito ma che non profuma di buono, in una casa che amo ma che perde ogni confronto con quella in cui sono ora, indosserò dei jeans che mi stanno un po' più stretti dell'anno scorso e penserò a tutte le cose non dette rimaste nel silenzio soffocante di paure e disagi. Poi però penserò che esistono i treni, e i luoghi dove ritrovare profumi che risconosco, esistono gli incontri nuovi e corpi che cambiano. Esiste il cinema, e meno male. E poi penserò pure che non esiste soltanto Parigi. E che ogni tanto, in dissolvenza, c'è persino la realtà, che il suo lieto fine, qualche volta, se lo scrive anche da sola.




sabato 3 giugno 2017

Una taglia sulla giovinezza

Ci sto ancora dentro. È sempre un'ottima notizia per una donna sapere di entrare ancora negli abiti degli anni precedenti. In realtà so perfettamente di essere un po' cambiata, che sono meno in forma di un anno fa e che pure il mio viso e certe mie espressioni tipiche cominciano a risultarmi meno familiari. Forse quello che trovo davvero straniante nella percezione di sentirsi cambiare è che in fondo la faccenda mi traumatizza meno di quanto ne abbia avuto timore durante i miei "inviolati" anni acerbi.

Si dice che ogni età abbia la sua magia, il suo fascino, la sua bellezza...io credo che la giovinezza sia invece la sola vera irripetibile occasione, superata la quale abbiamo solo due possibilità: 1) godere di una maturità frutto di una giovinezza spesa bene, 2) tentare di perdonarsi

Io non saprei dire verso quale sentiero mi stia avviando, probabilmente, come molti, tento di prolungare la giovinezza, o il sentimento della stessa, solo per provare a darmi qualche occasione in più. Me ne accorgo quando mi rifiuto di fare bilanci, o di buttare i miei adorati quanto improponibili jeans strappati, quando al concerto degli "Stato Sociale" mi sono sentita la zia Bettina, quando ancora mi compiaccio di uno sguardo maschile che lascia pochi dubbi...Sì, direi che ho un'età anagrafica non ancora pienamente allineata a quella percepita e che in fondo in questa forma di immaturità alberghi ancora l'entusiasmo che ho il terrrore di perdere assieme al mio sfiorire.

Stasera a blob veniva raccontato in pillole l'ultimo trentennio: dall'ascesa, dominio e declino di Berlusconi al mesto epilogo renziano. E io c'ero. La mia storia personale è stata tutta scandita da fenomeni antropologici e politici di cui soltanto molti anni dopo ho potuto comprendere la reale portata. Ma non me l'hanno tramandata, io ne subivo gli effetti, crescevo all'alba di quella realtà che ben presto avrei ritenuto da combattere con ogni possibile strumento.
Io ero giovane prima dell'era digitale, mentre si imponevano i paninari, mentre Reagan si faceva fare i programmi di politica monetaria da Milton  Friedman...

Chissà se veramente tutto questo ha inciso nella mia vita, o se invece ha contato di più la piccola provincia in cui sono cresciuta, i miei compagni del liceo, quell'idiota supremo che conobbi a sedici anni. E chissà se tutto questo c'entra davvero con i miei vestitini estivi in cui riesco ancora ad entrare. Forse dovrei finalmente cambiare il mio guardaroba, magari senza più preoccuparmi della taglia, guardare blob pensando che in fondo Berlusconi non era il peggio come pensavo allora, che l'edonismo reaganiano era in fondo meno immorale dell'antiambientalismo trumpiano.

In effetti davvero potrei cominciare a rileggere la mia storia in questo modo. Ma ancora non mi riesce. Se lo facessi riterrei la mia giovinezza semplicemente una grossa occasione perduta. E proprio non mi va.
Temo, a questo punto, che mi toccherà rimanere fanciulla ancora per un bel pezzo se voglio invecchiare senza diventare matta. Se proprio devo...











lunedì 15 maggio 2017

(Sotto)scrivere un patto narrativo tra controparti ignote

Forse la vera ragione è che comincio a far prevalere il condizionamento da giudizio altrui rispetto al bisogno di raccontare i fatti miei sperando in qualche spunto di analisi, una cosa buffa, una qualche riflessione o semplicemente un ricordo. È che mi vergogno di parlare di ciò che in questo momento sto davvero pensando. Non era mai successo da due anni che scrivo qui sopra, in questo confessionale immaginario in cui mi è davvero capitato di riuscire a riferire di tutto, stando attenta solo a non fare mai nomi o degli attacchi diretti. Ci mancherebbe altro, ma credo che questa sia stata proprio la mia unica regola.
Da un po' di tempo sta succedendo una cosa: c'è una persona, di cui non posso conoscere ovviamente l'identità, che ha preso a leggere i miei post più vecchi. Ne ha letti un numero sufficiente da farmi pensare che se non sapesse chi sono, leggendo quei post ora sa più o meno quasi tutto di me.
Mi ha fatto molta impressione e siccome io stessa non ricordavo cosa diavolo si celasse dietro quei titoli, che non fanno capire niente neppure a me che li ho inventati, ho preso a rileggerne i contenuti. E così mi sono resa conto di quanto spesso ho parlato di solitudine senza riuscire mai davvero a capire bene se mi piaccia davvero oppure per nulla, dei miei proverbiali inciampi del cuore verso persone del tutto inadeguate, di quasi tutti i film che vado a vedere, del mio rapporto di odio/amore per lo sport, del mistero per cui sono capitata a fare il lavoro che svolgo ormai da tanti anni.

Ho provato a mettermi nei panni del mio lettore misterioso, mi sono chiesta cosa lo abbia spinto ad investire il proprio tempo per scegliere di leggere tutti quei post, ne ho contati almeno dieci, c'era dunque della convinzione! Ho provato a fare l'esercizio di guardarmi dal di fuori e mi sono resa conto di quanto sia magico avvertire il percorso accidentato ma pervicace di cambiamento di uno stato d'animo in cerca di pace: due anni fa raccontavo cose che vivevo con forte tensione e forti aspettative, l'anno scorso ero immersa in una specie di limbo in cui preferivo aspettare piuttosto che comprendere. Quest'anno direi che sono davvero proprio tutt'altro e ancora non mi spiego come sia stato possibile.

Un mese fa, un amico mi ha confidato che mentre era ammalato ha fatto proprio questo esercizio di rilettura dei miei vecchi post (...vedi un po' che succede a non sapere come ammazzare il tempo...). Io sono rimasta di stucco, sia perché mi conosce da tanto tempo, e di persona, e poi perché mai avrei immaginato che uno come lui potesse fare una cosa del genere. E così mi sono detta che forse la verità è che io sono sempre stata anche altro da ciò che ho scritto e tuttora scrivo, pure se nulla di quanto raccontato è stato inventato. Ma forse la cosa che più mi stupisce è che è altrettanto vero che i lettori sono essi stessi sempre degli sconosciuti. Pure se li conosci da sempre. 

martedì 28 marzo 2017

Buon sangue. E poi mente

Sono ancora conciata piuttosto male però non ho febbre e per fortuna le giornate si stanno riscaldando. Brutto non andare ad allenarmi, ma davvero sarei più che scellerata se lo facessi. Ieri è terminato il mio corso sul cinema contemporaneo ma per fortuna da sabato partirà una monografia su Hitchock con lo stesso amabile docente che non mi stancherei mai di ascoltare. Ieri era raffreddato come me e più di una volta abbiamo tossito in sincrono e ho trovato la cosa molto divertente. Ad un certo punto mi sono accorta che quando io ho incrociato le braccia lo ha fatto anche lui e mi sono ricordata che da qualche parte ho letto che quando due persone si piacciono tendono ad imitare i reciproci atteggiamenti. Ovviamente è del tutto probabile che tutti questi segnali non stiano né in cielo né in terra, ma soltanto nella testa di chi certe volte veramente crede di far parte di una qualche sceneggiatura scritta apposta per compiacerla, come si fa con le persone deliranti.

Chi lo sa cosa davvero non funziona? Le notizie di questi giorni sono quelle di un ragazzo massacrato a sprangate da nove persone, un marito che ha investito e accoltellato la moglie e un padre che ha ucciso i suoi figli e se stesso.

A me i conflitti non piacciono e non li trovo mai utili davvero e così da un po' di tempo ho scelto di smettere con ogni tipo di confronto acceso, scambio di opinioni, chiarimenti, botta e risposta, chiodo scaccia chiodo...basta, io non litigo più con nessuno. Appena mi rendo conto di una possibile disarmonia me ne sto zitta, mi allontano, sorrido, annuisco. Ma non ho più voglia di far valere il mio pensiero in modo più o meno concitato, non insisto più su nulla. Disinnesco e cerco di passare ad altro. Ho scoperto che è una cosa bellissima. Poi prendo carta e penna e scrivo, mi sfogo, cerco di decodificare le situazioni a rischio e smetto di scrivere solo quando mi sono completamente svuotata. Questa è stata la mia vera personale rivoluzione e la maniera  più convincente che ho rimediato per trovare pace.

Nella vita ho conosciuto un discreto numero di persone che sono state in analisi. Questa faccenda mi ha sempre provocato un certo turbamento perché non ho mai capito con quali modalità un professionista, in un ambito così carico di mistero come la mente umana, possa avvalersi di un qualche metodo per provare ad aiutare una persona con problematiche psichiche o delle fragilità. Nonostante le mie perplessità mai fugate ho sempre pensato che un percorso di analisi ben fatto sia una meravigliosa occasione e che questo possa essere tanto più vero e possibile quando non si sta troppo male, quando l'obiettivo non è quello di guarire da un malessere esistenziale ma di scavare a fondo per raggiungere un alto grado di consapevolezza e di coscienza di sé. Solo in quella condizione io troverei l'esperienza utile e interessante, altrimenti ho l'impressione che aggiunga soltanto dolore a dolore. E io di risvegliare il can che dorme avrei proprio una gran paura.

Non lo so, davvero non ho un'idea di cosa davvero non funzioni. Non funziona il decidere di smettere di litigare e confrontarsi e dialogare fino a quando non si trova un punto di incontro? Oppure non funziona dare sfogo così libero alle emozioni più ancestrali tanto da rischiare di commettere l'irreparabile? O, forse, non funziona la conoscenza così scarsa che ci ostiniamo ad avere di noi stessi, con l'ostinata rimozione di quella parte oscura che sappiamo esistere ma che non accettiamo e che prima o dopo riemerge in forma di nevrosi e solitudini.

Forse un giorno mi deciderò a bussare al campanello di qualcuno che mi dirà di che pasta sono fatta, degli strani schemi sempre uguali in cui mi lascio intrappolare. E mi spiegherà perché dei buoni libri, lo sport, una educazione rispettosa...non siano bastati a pensarmi come una persona meritatamente felice. Ma forse, semplicemente, non sono ancora pronta alla responsabilità di esserlo


martedì 14 marzo 2017

Quasi primavera. O meglio, quasi non più inverno

Tra tutti gli inverni vissuti fino ad ora questo lo ricorderò come il più terribile. Non per le temperature particolarmente rigide, che tali non sono state, o per le mani che immancabilmente mi torturano tra gonfiori e ferite sanguinolente, e neppure per la scarsità di momenti significativi. Ma davvero ho fatto molta, moltissima fatica. Mi porto dentro una tale quantità di sconforti di così varia natura che davvero mi chiedo se non stia facendo i conti con una fragilità che non conoscevo, oppure se è un po' vera la storia che i quarant'anni per una donna siano tanta roba, nel bene e nel male.
Se devo dirla tutta, e vale come confidenza privatissima, ho idee abbastanza chiare ormai su come abbia faticosamente tentato di elaborare tutti i miei vuoti: le strategie sono andate dal coraggio di piangere fino a non averne più a quella di riuscire finalmente a riderci sopra così tanto  da ammettere che solo una tardona come me non ci sarebbe arrivata parecchio prima a capire certe cose tanto ovvie, fatte di assoluto disinteresse e prese in giro.

E poi i tentativi mai appagati di trovare altre dimensioni lavorative, magari all'estero. Per fuggire, lo ammetto. Io vorrei essere altrove, lontanissimo e non vedere più nessun volto conosciuto almeno per un paio d'anni. Se mi fosse possibile sono certa che risolverei ogni residua traccia di questo faticosissimo inverno numero quaranta. E invece ho lasciato che tutto rimanesse stagnante e fermo a pesare su se stesso.
Poi penso pure che in fondo c'è l'ho quasi fatta. Da sola, in silenzio, senza annoiare nessuno coi miei lamenti, senza chiedere spiegazioni a cui non ho mai avuto diritto. Me ne sono stata buona, con la testa che pulsava e il cuore che certe volte pareva che volesse esplodere, e manco quello era capace di fare a dovere.

 Se non fosse stato per  lo sfinimento di certe lunghe corse, per i magnifici film a cinema, o certe rappresentazioni teatrali benedette da vitalità, talento e forza comica. Se non fosse stato per la vita, che è sempre più interessante di come ci appare un qualunque meschino, insignificante inverno.
Ormai le temperature sono miti, le giornate sono luminose e sempre più generose. Io non ho più voglia di piangere e per fortuna neppure di ridere troppo di me stessa. Anzi credo che ormai sia tempo di prendermi finalmente sul serio, di aver persino meritato il bel complimento di un collega che oggi mi ha detto che ero "bellissima vestita così".

Mi si perdoni lo sfogo inutile in questa quasi primavera...o in questo quasi passato inverno. In cui io mi sento quasi felice, quasi bellissima. Quasi fuori dal tunnel. Ma oggi avevo proprio voglia di farmi una carezza, prima della bella corsa in salita che sempre mi tocca. Pure in primavera.

giovedì 9 marzo 2017

Sollevamento (da) pesi

È stata una settimana bella e strana quella che sta per concludersi, non perché intorno a me siano successe cose particolari o la cronaca abbia stupito con una qualche buona notizia. Però questi ultimi giorni me li sono proprio goduti. Cambiare team mi ha consentito di azzerare alcuni carichi di lavoro che cominciavano diventare veri e propri fardelli (tengo a precisare...per colpe non mie) e l'ufficio è tornato a sembrarmi un bel posto in cui andare. Poi ho cominciato un corso sul cinema contemporaneo che non solo non ha deluso le mie aspettative, ma è di livello molto più alto di quanto pensassi. Il docente è un uomo di grandissimo fascino, mi ricorda un po' Servillo, ha una padronanza linguistica incantevole e una passione e competenza inequivocabili. Ad un certo punto ha fatto un riferimento ad Ozu, regista giapponese per cui ho una passione infinita, e a quel punto ho pensato che  il mio karma mi voleva proprio lì per forza. Parlo di Karma non a caso perché oggi ho visto il film con Germano e De Luigi e chissà perché pure lì viene citato Ozu...io in queste cose colgo sempre piccole schegge di meraviglia. Il film è delicato, abbastanza divertente e frutto di una buona idea. La commedia italiana arranca da un po' purtroppo, ma in questo caso apprezzo molto lo sforzo.

Più che al Karma io credo nelle energie positive, nell'intuito e nella capacità di riconoscere la parte luminosa delle cose. Non saprei come si chiami tutto questo ma mi basta averne la percezione per provare a farci caso tutte le volte che ho la forza e la predisposizione d'animo per farlo. Quando sono depressa non ci riesco, la sola cosa che mi fa resistere è la certezza che passerà sicuramente. Quando sono serena, come mi pare di essere in questo periodo, faccio caso agli equilibri, ho voglia di cose nuove, di circondarmi di persone allegre e positive e soprattutto provo a pensare che non è detto che tutto questo debba necessariamente finire.

Da qualche settimana ho preso l'abitudine di seguire in streaming un dottore piuttosto famoso che esorta alle sane abitudini e allo sport in una maniera che mi convince molto. Si mette con la sua bellissima moglie, pure lei medico, e dispensano consigli preziosi e molto ben argomentati. Sono i miei mental coaches prediletti e mi convincono che l'armonia tra corpo e anima passi per un discreto numero di sollevamento pesi, metaforici e reali.

Mentre io provo a fare l'equilibrista attorno al mio ombelico, il paese si prepara ad accogliere ricconissimi che hanno fatto fortuna all'estero negli ultimi dieci anni pagando una tassa fissa che per loro vale quanto l'offerta in chiesa. L'idea sarebbe che porteranno benessere in altre forme. Questa cosa funziona, qualche volta e a certe condizioni che noi non abbiamo. nei paesi dove i ricchi sono così tanti che può essere ragionevole aumentare l'imposizione indiretta e recuperare così le risorse per lo Stato. Se pensi che le cose debbano funzionare così devi essere uno di destra, o perlomeno poco accorto all'equità sociale e/o semplicemente sensibile alle istanze dei tuttotenenti...ma chi lo sa...io credo nell'armonia cosmica e sono certa che pure questo fatto, nella dialettica storica, ha delle sue valide ragioni che ancora non intuisco.

Io ci provo sempre. Quando sto male scrivo di più, forse un poco meglio e scopro dei lati di me che non ritrovo mai quando mi sento davvero bene. Ma è quando sono in equilibrio che vivere mi pare una cosa utile. Per tutto il resto ci stanno i film di Ozu, un po' di pesi metaforici e reali e certe persone incantevoli che il karma, bontà sua, ogni tanto mi manda











venerdì 24 febbraio 2017

Prove di improvvisazione. Dialogo sul nulla e poco altro

- Ue'
- Eh...
- Che tieni oggi? Mica stai storta?
- No no...sto bene. Lo sai? Ho cambiato team. Me l'hanno detto oggi, così, come un fatto normale
- Uh, e tu ci sei rimasta male?
- Direi di no. Quando cambio mi trovo sempre un poco meglio di come stavo prima. E poi farò molte più verifiche esterne, e quelle mi piacciono un sacco, e se parte pure il progetto "fisco scuola" posso rientrare pure in quello. Mi dispiace lasciare la mia attuale capo team...ma così è la vita.
- E per il resto?
- Il resto mancia. Dai che scherzo...Ho visto Jackie oggi. Lei straordinaria, il film buono, ben confezionato...ma poi boh...
- Lucia sei antipatica stasera. Se non tieni voglia lascia perdere. Mica sei obbligata
- ...no è che stavo pensando all'improvvisazione
- A che?
- Si. Secondo te è più in gamba chi si risolve la vita senza prepararsi mai a niente ma buttandosi nelle cose col puro istinto selvaggio senza nessun rischio calcolato, oppure chi si prepara e prevede tutto, si allena, prova e riprova e arriva pronto all'ostacolo?
- Lucia, te l'ho detto tante volte, tu ti devi far curare...hai smesso con le pillole, voglio sperare...
- Dai, sono seria. Ci sono attori che dicono che se provano troppo poi la scena viene male, non è autentica, altri che solo dopo un numero infinito di ciack e di preparazione trovano l'autenticità che cercano. E io sarei d'accordo con entrambi, ma non mi riesce di capire da quale punto in poi si passano il testimone. Secondo me l'eccesso di preparazione mortifica la creatività e trovo che l'improvvisazione abbia in se' la genialità dell'intuizione ma la fragilità della superficialità.
- Bah...io credo che dipenda dai casi
- Maddai...ma quanta saggezza. Meno male che ci stai tu che dopo di te soltanto Hegel...
- Senti non ci areniamo. Hai voluto dire questa cosa inutile e facciamo che siamo a posto così. Piuttosto, che hai fatto oggi?
- Te l'ho detto! Mi sono vista Jackie
- Eh...E dille due parole in croce, diamine, che figura ci fai se qualcuno passa e legge queste fesserie!?!?
- La Portman è strepitosa, il film scritto bene e confezionato apposta per i festival. Detto questo, un film medio su una donna più interessante di quanto pensassi. L'idea che la favola Kennediana sia stata in buona parte costruita a tavolino da lei era una faccenda che non avrei mai considerato. E invece sostanzialmente da questo film è questo quello che ho colto.
- Lucia, come stai?
- Che carina, stasera sono così acida e tu mi chiedi lo stesso come sto. Direi sempre un po' meglio di prima e di prima ancora e di prima ancora, da quando ho cominciato a non stare mica proprio benissimo che meglio non si potrebbe
- Che carina!?!? Lucia ma sono sempre io, cioè tu...cioè io...insomma...
- Si. Ci siamo capite...mi sono capita
- Stavi improvvisando?
- Io sempre. E tu?
-E io?...sempre meno. Per colpa tua





giovedì 9 febbraio 2017

Scrivere per sovrascrivere

No, stasera neppure per un secondo. Ho visto per intero le due puntate del sempre orrido Sanremo, ma quest'anno le canzoni sono davvero tutte inqualificabili. Lo dico senza snobismo visto che alla fine mi lascio pure io coinvolgere sempre da questa strana manifestazione che catalizza così tanta parte dell'attenzione di un paese che che forse a volte sopravvaluto, ma del quale poi io stessa sono parte integrante e in fondo integrata. E quindi non mi permetto nessun giudizio eccetto il disgusto musicale.

Stasera ho ascoltato tutto il tempo l'ultimo lavoro dei Baustelle che, invece, mi è piaciuto tantissimo. E poi ho letto uno dei fumetti comprati ieri. E neppure quello mi ha deluso. Insomma mi approssimo alla mezzanotte con un bilancio più che positivo di una non fredda giornata di febbraio in cui ho fatto capitare persino un film bello e divertente assieme ai miei colleghi. Il mio diario di bordo si potrebbe concludere qui se tra le attività serali non avessi incluso quella di rimaneggiare, come faccio da poco più di una settimana, il post che vorrei pubblicare a San Valentino. Di solito quando scrivo non rileggo niente (facile crederlo, dati i continui e diffusi refusi e le ripetizioni di parole o interi periodi...la mia è una prosa spesso grezza, ma la preferisco ad una più elaborata ma meno di pancia). Invece per quella storia lì mi ero ripromessa di scrivere in modo attento, accurato, pensato bene e che ne restituisse in pieno sia il lato triste che quello divertente. Il fatto è che intanto sono cambiata anche io, ho allentato tristezza, malesseri e tensioni proprio mente ricostruivo fatti e sensazioni. Tutto diventava più evanescente, lontano come le cose che avevo desiderato inutilmente e, all'ennesima rilettura mi sono resa conto di come fosse tutto molto meno rispetto al carico di significato reale.

Forse è per questo che quando qualcuno mi manifesta il proprio amore per me (o presunto tale) e io non sono in grado di corrispondergli, mi allontano immediatamente, voglio essere dimenticata e non generare alcun tipo di speranza, illusione, aspettativa che qualcosa possa cambiare. Non cambierà mai nulla: se non amo, non amo. Così succede a me, così succede a chiunque. Inutile perdere tempo, fantasticare, ricostruire storie credendo che assurgano a valore letterario in quanto custodì uniche di sentimenti eterni.
Se si è generosi e corretti si è molto chiari da subito. Poi ci sono gli ambigui che vanno capiti per tempo e poi ci sono i cinici, che godono a vederti smaniare inutilmente per loro. E poi ci sei tu, vittima di sentimenti inappagati e in quanto tali inevitabilmente destinati a riportarti alla realtà, prima o poi. Io ci sono riuscita scrivendo, perché se non scrivo quasi mai io capisco una cosa qualunque della mia vita, neppure quella più scema. Sono certa che esistano anche altri modi per capirsi e risolversi, ma io non li conosco. E quindi niente, mi tocca scrivere, raccontarmela, ridere di quello che provavo fino a ieri. E possibilmente pensare a cos'altro potrei postare di meno scemo a San Valentino. Credo nulla. Altrimenti, come al solito, improvviserò.


giovedì 22 dicembre 2016

devo stare attenta alle docce con l'impermeabile

Giornata bella e strana quella di oggi. Tra una condanna per Formigoni e l'implementazione, dopo 55 anni della Salerno-Reggio Calabria, l'elenco delle cose impreviste potrei dirlo già saturo. Oggi è morta la direttrice di Vogue Italia, Franca Sozzani. Mi ricordo di lei per una sola ragione. La ascoltavo alle "invasioni barbariche" di un po'di anni fa. La Bignardi le chiedeva se era vero che lei si nutrisse soltanto di cappuccini bollenti o se qualche volta mangiava anche una fetta di tiramisù. E lei rispose "credo di non aver mai mangiato un tiramisù in tutta la mia vita"...voglio ricordarla così, già scheletro in vita...

 Al netto dei fatti del giorno, che valgono quanto le monete da un centesimo chi i barboni lasciano sul ciglio della strada, per fortuna si sono avvicendate tante altre piccole cose degne di ricordo, anche personale, che mi fanno pensare che  l'oroscopo delle cinque del mattino, quello a cui mi ostino a prestare fede cieca e forte condizionamento, ogni tanto c'azzecca.

Ho cominciato subito, riuscendo ad evitare il turno intero allo sportello. Oggi ci tenevo molto a starmene tranquilla in stanza a gestire giusto l'arretrato semplice e pianificare l'attività da svolgere nel silenzio di un ufficio finalmente svuotato. Ma ho fatto in tempo ad incontrare i miei contribuenti più affezionati, quelli che mi abbracciano quando mi incontrano o da cui sono andata a recuperare Pablito. Io dico che non è un caso... Poi mi ha telefonato un caro collega che lavora in direzione regionale che mi mette sempre di buon umore. Come al solito gli ho detto che non posso assolutamente uscire durante il periodo natalizio, che prometto che mi farò sentire per un cinema e che la tristezza che avverte quando legge i miei ultimi post è in realtà una cosa diversa, faticosa ma piacevole e ormai credo destinata a concludersi per presa di coscienza e ritrovato amor proprio.
E sempre oggi è successa un'altra cosa bella con il collega che non mi parlava da un sacco di tempo per via di un equivoco letto su questo blog mentre parlavo male di un altro collega che si era comportato da villano. È entrato in stanza, mi ha abbracciato e dato un bacio per gli auguri di Natale. E io l'ho trovato molto dolce.

E poi nel pomeriggio Nicola mi ha portato la marmellata di mele e ci siamo visti un film impegnativo ma bello, almeno se si conosce ed apprezza il cinema indipendente di Jarmush. Paterson è un film sulla poesia delle piccole cose. Molta grazia, a tratti buffo e con una battuta topica detta sul finale da un poeta giapponese:"una poesia tradotta è come fare la doccia con l'impermeabile". Mi è piaciuta tantissimo.

E adesso sono finalmente a casa, come al solito con la schiena inchiodata al termosifone, a pensare che tutta la mia giornata è stata della stessa sostanza del film di Jarmush, con tutto il suo carico di incanto delle piccole cose, quelle che faccio un po' fatica a mettere a fuoco prima che svaniscano per sempre, ma che quando riconosco mi aiutano a trovare nuovi assetti, a distendere i nervi e a regolare il battito cardiaco. Saranno giorni belli. Lo so. E siccome lo so, eviterò di sentire l'oroscopo delle cinque per tutto questo tempo.






giovedì 10 novembre 2016

Di stelle che strisciano...di sogni che "americano"...

Lo so che col senno di poi è facile indossare i panni del fine analista che interpreta il dato per quello che inevitabilmente è. Ci stava un intero pianeta che ne rideva, ci scommetteva contro, ci confezionava video satirici, ne ridicolizzava look, parole, stile di vita tamarro, stanandone l'ignoranza, la rozzezza di modi e di pensiero. I rappresentanti migliori di tutte le arti c'hanno messo la faccia lanciando appelli dai contenuti francamente discutibili ma decisamente sentiti. Niente. Nessuno aveva capito davvero quanto Trump conoscesse bene gli umori, la rabbia, il bisogno disperato di esorcizzare tutto ciò che è miseria e sacrificio in quella cosiddetta "America profonda" che per ora lo ha portato dritto dritto a realizzare il suo di sogno americano.

Devo dire la verità, per quanto io stessa mai avrei immaginato che Trump potesse farcela, ho sperato nella vittoria della Clinton soltanto per il valore simbolico che avrebbe rappresentato, per il resto credo che sarebbe stata un pessimo presidente nella misura in cui nessun presidente degli Stati Uniti, in questa complicatissima e quanto mai "depressa" fase storica, possa essere in grado di fare davvero qualcosa per realizzare un qualunque sogno anche minimo di riscatto umano. Se devo proprio immaginare un cambiamento, non so perché ma tendo sempre ad escludere i cosiddetti grandi della terra  nella partecipazione a nuove architetture...

Detto questo è andata così e noi italiani siamo avvantaggiati perché di leader del genere conosciamo fon troppo bene il profilo psicologico. Tutto già visto, battute già scritte...ci annoieremo moltissimo da queste parti...

E poi, detto per inciso, fino a quando i gatti non avranno diritto di voto nessun candidato potrà mai davvero dirsi regolarmente eletto e all'altezza del vero cambiamento auspicato. quando il mondo lo capirà sarà ormai troppo tardi.

Credo che in fondo stato molto saggio Obama ad affermare che alla fine il sole sorge lo stesso, incurante delle cose del mondo e della piega che decidono di prendere mentre la terra gli gira intorno quasi come per evitare di mostrargli un lato solo di se'. Nessun uomo ha mai goduto di così tanto potere da incidere davvero su tutti gli accadimenti in modo irreversibile. Le guerre ci sono sempre state, così come mai si sono arrestati i più estremi tentativi per fermarle, l'arte non ha mai smesso di consolare, divertire, ammonire...e in tutta l'umanità ha sempre trovato spazio un qualche Trump assieme al suo opposto.

L'intera grandezza economica americana è stata costruita su un sogno realizzato da pochi che hanno scommesso a rischio zero sulla miseria della maggioranza. Come fai ad accettare una cosa simile? Preferisci continuare a credere che non sia vera e che prima o poi in quel paradiso di benessere e assenza di sforzo un giorno ci capiterai anche tu.

Che ne so io che cosa pensa l'America davvero. Per me rimane un posto comunque magnifico e fichissimo in cui accadono una sacco di cose diverse, fortemente contrastanti, stupidissime e raffinatissime, dove tutto è sempre innegabilmente affascinante, come lo sono soltanto le cose con forti contrasti interiori. La paragonerei a una tormentata donna bipolare, una magnifica Marilin adagiata sul fianco con aria annoiata e perversa che assiste imperiosa ai sussulti emotivi di un mondo che non sa se la prossima mossa sarà un bacio o un rifiuto capriccioso. Tanto nel mito lei c'è già entrata. Che le importa...






Un poco di quasi nulla mi pare già abbastanza

  Ieri pomeriggio percorrevo una via Torino a tal punto inondata dal sole che trovavo complicato persino mettere a fuoco la gente e fissare ...