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lunedì 11 settembre 2017

"Immaginiamoci" in silenzio. Rassegna rapida di rassegnazione verbale

Pare che Instagram stia erodendo in modo inesorabile il bacino d'utenza di Facebook. Direi che in fondo la cosa non mi stupisce molto visto che persino io, che pure sono su Instagram dal 2012, comincio a farne un uso divertito e più intensivo soltanto negli ultimi tempi, forse proprio a causa di un crescente fastidio per l'uso strumentale, violento e incontrollato di opinioni che, "piantate" su fb, si diffondono come gramigna con pretesa di diventare delle verità assolute perché hanno infestato ogni spazio dedicato al confronto.  La rete è nata per realizzare una forma di dialogo potenzialmente illimitata e il fatto che ci sia riuscita e abbia per lo più avuto come risultato degli effetti distorsivi della realtà, quando non di odio e di incapacità di realizzare una visione davvero comune di felicità collettiva, la dice lunga sull'impoverimemto progressivo di tutti gli altri ambiti cruciali in cui si coltiverebbe la crescita umana.
Io ho scoperto la connessione di rete e le sue infinite possibilità attraverso i blog, che erano qualcosa di diverso anche da questo su cui scrivo ora. A me la vera rivoluzione copernicana parve quella: persone che decidevano di aprire un diario, spesso tematico, e di esprimere un'idea nella maniera più chiara possibile, raccontare un'esperienza della propria vita, una convinzione profonda, persino le proprie utopie. Questo significava fare uno sforzo di pensiero e di scrittura, trovare una formula comunicativa adeguata, non noiosa e anzi possibilmente ironica e inclusiva di altre nuove idee e contributi di persone lontane e sconosciute. C'erano i commenti degli altri blogger, tanti spunti nuovi e spesso si diventava a amici e si partiva per conoscersi dal vivo. La prima festa della rete, quella a cui partecipai pure io nel 2008, si chiamava Blogfest e fu una delle esperienze più spiazzanti ed esaltanti della mia vita. Poi però penso che pure i grillini sono nati così e allora capisco che delle falle gravissime in quel sistema già Erano ben presenti...

Poi i blog sparirono quasi del tutto, forse a ragione in molti casi, per altri fu un vero peccato per quanto mi paressero dei nuovi generi letterari di cui scoprire l'evoluzione.
Fb ha intuito che il segreto del vero appeal nella moderna comunicazione è la semplificaziome comprimendo i pensieri fino a farli diventare slogan, poi stereotipi, poi pregiudizi, poi pensieri poveri proprio perché troppo brevi, idee distorte, opinioni infondate, odio.
Twitter è riuscito ad andare addirittura oltre, imponendo la brevità dei 240 caratteri a insindacabile modulo espressivo. Lo assolvo solo come valido veicolo di link, ma la dice parecchio lunga in termini di atrofismo linguistico e lessicale.

E allora? E allora forse alla fine capisci che fai davvero bene se te ne stai proprio zitto e provi a dire tutto ciò che vorresti semplicemente con una foto, magari giocando anche stavolta con prospettive funzionali solo  a quello che vuoi mostrare, usando punti di vista che valorizzano solo alcuni lati e nascondendo tutt'altro e ricorrendo a qualche filtro distorsivo di una certa realtà molto meno interessante.
Tutto questo per arrivare, forse, a "rappresentare" la propria verità individuale... senza parole...senza che nessuno possa dirne di proprie. In un dibattito silenzioso, solo immaginario. Solo di immagini...
Forse

mercoledì 12 ottobre 2016

Quando cominciai da me e arrivai "A te" (storie di blog che chiudono tra un Linus e unJovanotti)

Se lo ha fatto anche lui, allora forse si è davvero definitivamente conclusa una fase. Pure Linus ha chiuso il suo seguitissimo blog. In realtà la gloriosa era degli scrittori di massa che si scoprivano scrigni di sapienza e verità ad alto click si è miseramente piegata alla più comoda immediatezza di Facebook o,meglio ancora di Twitter. E del resto perché lambiccarsi in faticosi costrutti sintattici e articolate argomentazioni, quando le verità assolute di cui ci sentiamo depositari si possono esprimere con la perentoria secchezza di qualche frase a effetto. Si chiama potere di sintesi...o povertà di pensiero. Dipende.

La questione è controversa perché in realtà quando i blog sono nati hanno prodotto una tale varietà e quantità di tipologie di "scrittori" che alcuni ci hanno meritatamente costruito un mestiere. Quindi io, che pure non ho mai avuto nessuna velleità coi miei blog,  se non quella di risparmiare i soldi dell'analista e confrontarmi con le affinità o contrasti di un ipotetico resto del mondo che sarebbe passato a sbirciare, ho sempre pensato tutto il bene possibile di questo strano modulo espressivo. Mi sono divertita ad assistere ai cambiamenti di forme e contenuti. Io addirittura tenevo la colonna sonora di benvenuto (era l'unica canzone di Jovanotti che mi sia mai piaciuta "a te"), poi una serie di link utili a corredo di un mood che si tentava di rendere quanto più originale e personalizzato. Era un impegno davvero notevole tenere un blog con continuità e contenuti.

E niente. Il blog è morto. Viva il blog! Io voglio resistere un altro poco. Per tanti motivi. I miei lettori che continuano ad aumentare e io vorrei tanto sapere il perché. Il mio perverso piacere a raccontare i fatti miei, pure se in realtà si risolvono in malinconiche riflessioni sul mio controverso rapporto con la solitudine o con gli incontri di cui fraintendo gli scopi. La scoperta tutta personale che le uniche volte in cui mi accorgo di capire quello che penso è provando a scriverlo...altrimenti non so davvero cosa diavolo mi passi per la testa e come tutta questa confusione si traduca in azioni ancora più incomprensibili. Immaginare scenari possibili: è una capacità che mi viene concessa solo dallo scrivere. Parto da un episodio qualunque della mia banalità quotidiana e me lo ridipingo secondo schemi traducibili solo dentro una frase scritta, dove l'utopia cerca punti di incontro con le ipotesi razionali.

Solo così capisco le cose. È così che ho capito che l'incertezza di un sentimento non è mai ravvedibile. Me ne sono resa conto raccontando di volta in volta episodi, parole e atteggiamenti che piano piano mi aiutavano a vedere che quadro fosse. Un mare, tanti pesci...e io che non ho raggiunto nessun amo. Non amò mai.
E sempre scrivendo ho capito come si elaborano i dolori e le delusioni, come ci si apre agli altri senza  necessariamente diffidare di tutti, quanto è bella Milano, quanto è divertente lo sport assieme agli altri...non è vero che la vita sia poi tanto monotona. Nel suo apparente fluire disinteressato fa succedere un sacco di cose nuove che non vediamo bene soltanto perché nel frattempo le stiamo vivendo.

È solo scrivendo che fermo tutti gli aspetti più interessanti della mia vita, altrimenti me ne dimentico
o, peggio ancora, non ci faccio caso.
Ho sempre avuto un diario segreto per raccontarmi le cose. Lo facevo per assecondare il bisogno di sfogarmi, di urlare senza passare per una paranoica senza controllo, di ricordarmi di pensarci meglio in un altro tempo e con un'altra testa. Poi ad un certo punto ti chiedi se possa stare qualcun'altro come te. Prima dei blog mica era facile saperlo. Poi loro sono nati e a quel punto, pure se la Einaudi non si accorgerà mai di te, la magia dei meccanismi di identificazione e di condivisione ecco che l'hai creata pure tu. Proprio come gli scrittori seri.

Non ho mai letto il blog di Linus, ma ne ho letti tanti altri e lo spirito era più o meno questo. A me pare ancora un esercizio valido. Quando raggiungerò le certezze di Linus o altre maniere per fissare le tappe della mia vita, saluterò tutti anche io. Ma sarà stato un vero piacere aver costruito questo piccolo ponte tra me e voi,che solo in parte so chi siate, che di sicuro mi capite ma che qualche volta vi chiedete...ma forse per questa, qualche buona cura...chissà.

Un poco di quasi nulla mi pare già abbastanza

  Ieri pomeriggio percorrevo una via Torino a tal punto inondata dal sole che trovavo complicato persino mettere a fuoco la gente e fissare ...