6ou«d at A.M.N.H. 1916 i MEMORIE DELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO « (vir MEMORIE ' DELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO SERIE SECONDA Tomo LIV TORINO CARLO C L A U S E N Libraio della R. Accaiiemia delle Scienze 1904 Vincenzo Bona, Tipografo di S. M. e Reali Principi e della Reale Accademia delle Scienze. SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI INDICE CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Sulle corrispoìideìne fra i ininti di ima curva algebrica e sopra certe classi di superficie. Memoria di Fkancksco Severi ..... Fa(/. 1 Sulle vibrazioni di una membrana che si possono far dipendere da due soli parametri. Memoria di Giulio Bisconcini . . . „ 51 Bicerche intorno alla Talpa romana Oldfield Thomas e ad altre forme di talpe europee. Memoria del Socio Lore\zo Camerano . . . . „ 81 Sul terzo massimo invernale nell'andamento diurno del barometro. Memox'ia del Dott. Efisio Ferrerò . . . . . . „ 129 Sulla incidenza di rette, piani e spazii ordinarii in tino spazio a cinque dimen- sioni e su alcune corrispondenze birazionali fra piani e spazii ordinarii. Memoria di Umberto Perazzo ........ 149 Bicerche intorno alla variazione del " Bufo viridis „ Laur., del " Bufo mauri- tanicus „ Schlegel e del " Bufo regularis „ Beuss. Memoria del Socio Lorenzo Camerano . . . . . . . . . .183 Fondamenti della metrica projettiva. Memoria di Beppo Levi . . . ,,281 Le lettere di Ulisse Aldrovandi a Francesco I e Ferdinando I Granduchi di Toscana e a Francesco Maria II Duca di Urbino, tratte dall'Archivio di Stato di Firenze, illustrate dal Socio Oreste Mattirolo . 355 Su la struttura degli atomi materiali. Memoria di Antonio Garbasso . „ 403 Osservazioni ed esperienze sul ricupero e sul restauro dei codici danneggiati dal- l'incendio della Biblioteca Nazionale di Torino. Memoria I del Socio Icilio Guareschi ............ 423 Funzione biologica del calcio; Parte III: Azione comparata dei reattivi decalci- ficanti. Ricerche sperimentali del Prof. Luigi Sabbatani . ,. 459 SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA E SOPRA CERTE CLASSI DI SUPERFICIE MEMORIA DI FRANCESCO SEVERI A BOLOGNA Approvata nell'adunanza del 24 Maggio 1903. Questo lavoro si divide in due parti: nella prima ricostruisco geometricamente la teoria delle corrispondenze fra i punti di una curva algebrica, nella seconda ne faccio applicazione allo studio delle superficie che rappresentano le coppie di punti di due curve o di una sola curva. Avanti di presentare le linee generali della prima parte di questa Memoria, credo utile esporre alcuni cenni storici e bibliografici intorno allo sviluppo della teoria delle corrispondenze sopra una curva. Questa teoria nacque col principio di corrispondenza sopra una retta formulato esplicitamente da Chasles nel 1864 (*). Due anni dopo lo Chasles medesimo faceva applicazioni del principio alle curve razionali (**) e il Cayley enunciava un principio di corrispondenza sopra una curva di genere qualsiasi, dimostrandolo soltanto in un caso particolare (***). Successivamente egli applicava questo principio alla risoluzione di alcune questioni numerative, ed anzi profittando di una formola più generale, cal- colava il numero dei punti uniti di corrispondenze alle quali non si poteva applicare il principio nella sua forma originaria {'^). La prima dimostrazione completa del principio di Cayley fu data da Brill {'^), (•) " Comptes rendus t. 58 (1864), p. 1175. A proposito di questo principio ved. la Nota storica di Segre nella ' Bibliotheca mathematica t. 6 (1892), p. 33. (") " Comptes rendus t. 62, p. 584 (1866). ("•) " Comptes rendus t. 62, p. 586 (1866) e " Proceedings of the London Math. Soc. 1. 1 (1866). ( + ) " Phil. Trans. t. 158 (1868), p. 149. Per questa formola ved. il n" 10 della presente Memoria. i'^) ' Math. Annalen Bd. 6, p. 33 (1873). Ved. anche gli altri lavori del Brill sullo stesso argomento, nei " Math. Annalen „ Bd. 7, p. 607 (1874) ; " Math. Annalen Bd. 31, p. 374 (1888). Serik II. Tom. LIV. A 2 FRANCESCO SEVERI il quale pervenne algebricamente al numero delle coincidenze di una corrispondenza rappresentata da una sola equazione (*). Per questa classe di corrispondenze il Brill introdusse la valenza (positiva), che insieme agli indici figura nella espressione del numero dei punti uniti, e ne precisò il significato algebrico. Altre dimostrazioni algebrico-geometriche furono date da Junker (**) e da BoBEK (***), una dimostrazione col metodo iperspaziale da Segre ("*"), una dimostrazione numerativa da Schubert (''""'") e un'altra dimostrazione numerativa da Zeuthen {^), che si occupò piìi specialmente dei modi di valutare le molteplicità delle coincidenze, di uno dei quali aveva già trattato in un lavoro anteriore (''''). Noterò infine la dimostrazione data da Lindemann con l'aiuto degl' integrali abeliani C"*"*"*"^) e quella che si legge sulle Legons sur la Géometrie di Clebsch- Lindemann (■*~'"^"^). Ma una Memoria, cronologicamente anteriore a qualcuna di quelle già citate, e che portò un nuovo contributo essenziale allo svolgimento della teoria in discorso, è quella, ormai classica, di Hurwitz ('''''''). In questo lavoro l'Autore, assurgendo dal problema di calcolare il numero dei punti uniti di una corrispondenza, ad un problema assai piìi elevato, si propone di determinare tutte le corrispondenze esistenti sopra una curva^ e di studiare le loro proprietà intrinseche. Dopo aver dato la rappresentazione di una corrispondenza algebrica col mezzo degli integrali abeliani, dimostra che sulle curve a moduli generali si presentano soltanto corrispondenze a vahìiza positiva o negativa, ciascuna delle quali si può defi- nire mediante gli zeri e i poli di una determinata funzione razionale di due punti della curva; e dà la formola di corrispondenza ad esse relativa. Passando alle corrispondenze sopra una curva a moduli qualunque, stabilisce anzitutto che quando i moduli soddisfano a particolari relazioni, esistono sulla curva corrispondenze prive di valenza {singolari) ; e mostra come ogni corrispondenza si possa rappresentare uguagliando a zero una funzione di due punti della curva, for- mata mediante le trascendenti 0. Infine prova che l'equazione di una corrispondenza fra i punti di una curva qualunque, si può comporre (per moltiplicazione) da quelle (*) Ricordiamo qui che una corrispondenza qualunque fra i punti di una curva si può sempre rappresentare con due equazioni. (**) Inaugural-Dissei-tation, Tubingen (1889). (*"*) " Sitzungsberichte der Wiener Akademie t. 93, p. 899. ("^) ] ntroduzione alla geometria sopra un ente algebrico semplicemente infinito, " Annali di Mat. „, (2), t. 22, § 12 (1894). (++) Kalkill der dbzahlenden Geometrie, § 18. Leipzig (1879). (+-H-) Nouvelle démonstration du principe de correspondance de Cayley et Brill, ecc. " Math. Annaien Bd. 40, p. 99 (1892). In questa Memoria si trovano molte delle indicazioni storiche che vado esponendo. (++++) « Bulletiu de Darboux „, t. 5, p. 186 (1873). (-H-t+f) « Creile t. 84, p. 301 (1878) (Lettre adressée à M. Hermite). (-H-++++) Trad. par Benoist, t. II, p. 146; Paris, Gauthier-Villars (1880). Il punto essenziale della dimostrazione è ivi sostituito da considerazioni intuitive di limite. (''''•'') Ueber algehraische Correspondenzen itnd das verallgemeinerte Correspondenzprincip. " Math. Annaien „, Bd. 28, p. 561 (1886). Ved. anche l'altra Memoria Ueber diejenigen algebraischen Gebilde, welche eindeutige Transfer mationen in sich zulassen. " Math. Annaien Bd. 31, p. 290 (1888). SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 3 di un numero finito di altre corrispondenze convenientemente scelte; e da ciò trae il principio generale di corrispondenza (*). Allorquando mi proposi lo studio delle corrispondenze sopra una curva, più che della determinazione del numero delle coincidenze, mi preoccupavo di cercare il con- tenuto geometrico del principio di corrispondenza, caratterizzando la funzione razio- nale (serie lineare) individuata dal gruppo dei punti uniti. Pensavo invero che ciò sarebbe stato assai utile nelle questioni in cui l'alge- bricità entra non solo per ciò che concerne il numero delle soluzioni comuni a più equazioni, ma anche per le loro proprietà intrinseche. Poiché la i-appresentazione delle corrispondenze mediante le serie 0, permette di stabilire tutte le loro proprietà funzionali, io avrei potuto limitarmi ad una inter- pretazione geometrica di queste proprietà. Tuttavia mi è parso utile di ricostruire dagli inizii la teoria, prendendo le mosse dalle cori-ispondenze a valenza. Darò qui un cenno della via seguita in questo studio. Dopo aver definito una corrispondenza a valenza positiva t, come quella che gode della proprietà che i punti ìf omologhi di un punto variabile x, insieme a questo contato t volte, formano un gruppo variabile in una serie lineare; e dopo aver caratterizzato geometricamente il gruppo dei punti uniti in una corrispondenza a valenza zero (n° 6), operando per somma e prodotto (n° 2) sulle corrispondenze a valenza zero e sulle involuzioni lineari, per le quali è nota la maniera di comporre il gruppo dei punti uniti (**), pervengo in un modo semplicissimo al teorema: Il gruppo dei punti uniti in una corrispondenza a valenza f, appaigliene alla serie lineare somma di t gruppi canonici, e delle serie che contengono il punto x contato T volte ed i suoi omologhi, nella corrispondenza diretta e nell'inversa (n° 8). Qui mi son limitato alle corrispondenze a valenza positiva; ma avverto subito che le medesime cose si posson ripetere con le stesse parole per quelle a valenza negativa, dopo aver precisato in ogni caso con opportune convenzioni (n° 3), in che consista l'operazione di sottrarre un punto. Se una corrispondenza è a valenza, questa sua proprietà si può interpretare come una speciale relazione di dipendenza fra essa e la corrispondenza identica. Par- tendomi da questo concetto, al n° 9 estendo la nozione di valenza, introducendo quella di corrispondenze fra loro dipendenti, e trovo quindi per via geometrica la relazione funzionale fra i gruppi dei loro punti uniti (n° 10). La traduzione aritme- tica di questa relazione dà luogo al principio generale di corrispondenza. Ciò dipende dal fatto che sopra ogni curva vi è un numero finito di corrispon- (') Per un'esposizione dei principali resultati contenuti nella Memoria di Hui-witz, ved. Klein- Fricke, Vorlesungen iiber die Theorie der elliptischen Modid-Functionen, Bd. 2, p. 518; Leipzig (1892), ove trovasi anche uno studio delle corrispondenze modulari; e Baker, Ahel's theorem and the allied theory, ecc., png. 639; Cambridge (1897). Le corrispondenze a valenza negativa son pure considerate nella Memoria citata di Zeuthek, il quale definisce la valenza mediante la formola che dà il numero dei punti uniti. Questa defini- zione è legittima solo per le corrispondenze sopra le curve a moduli generali, allo studio delle quali si limita l'Autore. (**) Il gruppo dei punti doppi di una g\ è notoriamente equivalente ad un gruppo canonico aumentato di un gruppo della serie 2gn . 4 FRANCESCO SEVERI denze indipendenti, cosicché fissatene alcune, tutte le altre risultano dipendenti da quelle. In particolare sopra le curve a moduli generali, tutte le corrispondenze sono dipendenti dall'identità. Giacché l'esistenza di un numero finito di corrispondenze indipendenti è una proprietà di natura cosi profonda, che sembra assai arduo dimostrarla senza far uso di strumenti trascendenti, al n° 11 riallaccio il concetto di dipendenza fra corrispon- denze, con le considerazioni svolte da Hurwitz al § 13 della sua Memoria, e cosi ottengo la dimostrazione della proprietà stessa. Nella seconda parte del lavoro mi occupo delle curve tracciate sopra una super- ficie F con due fasci unisecantisi (superficie delle coppie di punti di due curve C, C), e sopra una superficie con un sistema algebrico coi I, d'indice 2 e grado 1 (super- ficie delle coppie — non ordinate — dei punti di una curva C). Si presenta spontaneo il legame fra la teoria delle curve appartenenti a queste superficie e la teoria delle corrispondenze, perché ogni curva di F rappresenta le coppie dei punti omologhi in una determinata corrispondenza fra C, C ; ed ogni curva di rappresenta le coppie dei punti omologhi in una corrispondenza simmetrica sopra la curva C. Profittando del fatto che sopra una curva c'è un numero finito di corrispondenze indipendenti, si perviene a dimostrare che sulla superfìcie F ogni curva si ottiene con le operazioni di somma e sottrazione, a partire da un numero finito di curve {base) e da quelle dei due fasci unisecantisi. Analogamente sulla

una corrispondenza non può avere due diverse valenze. (*) L'identità di questa definizione con quella trascendente di Hdrwitz, risulta subito dal teo- reìna di Abel. Ved. ad es. Scorza, Sopra le corrispondenze (p, p) esistenti sulle curve di genere p a moduli generali (Atti della R. Acc. di Torino t. 35, 1900); n° 1. SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 9 5. Operazioni sulle corrispondenze a valenza. — Dimostriamo che: La somma di due corrispondenze a valenze Ti, T2, ha la valenza Ti + T2- Sieno 2\ le due corrispondenze, Fi , F/ i gruppi di punti omologhi di a, a' nella 1\, Y^, Y2 i gruppi degli omologhi di a, a' nella Tg- In base alla definizione, avremo : Fi 4-Tia= iV + Tia' Fa + T2« = F2' -|-T2«', donde sommando si trae: (Fi + F2) + (Ti + T2)a = (F/ + F2') + (Ti + T2)«' C. d. d. Il prodotto di due corrispondenze a valenze Ti, T2, ^« valenza — Ti T2- Continuando ad usare le notazioni di prima diciamo ... i punti del gruppo Yi, y' i...yiì' quelli di Fi', e F»., F'j, i gruppi degli omologhi di «/,, nella T'a- verrà allora: Fii-Ti«= Fi' + Ti«' F3. + T2y.^ F'2. + T2//.' (j=l,...,P). Da queste si traggono le relazioni: T2 Fi + Ti T2« = T2 Fi' + Ti T2a' If,. + T2 Fi^lF'e.. + T2Fi'. t=i 1=1 Sottraendo la l'' dalla 2'', avremo, come si voleva: ^ Fj, — Ti T2 a = 2: F'2, — Ti T2 6. Determinazione del gruppo dei punti uniti nelle corrispondenze a valenza zero. — Sia T una corrispondenza a valenza zero: variando a su C il gruppo F dei P punti y omologhi di a, varia in tal caso in una serie lineare d'ordine 3. Supponiamo che la curva C, dotata soltanto di nodi, sia piana e che la serie lineare completa (/^ che contiene i gruppi F, sia segata da un sistema lineare Z di curve 9 (0) corrispondenze elementari, si ottiene una corri- spondenza a valenza Y; e facendo il prodotto di una tal corrispondenza con una cor- rispondenza elementare, si ha una corrispondenza a valenza — T (n° 5). Infine se si fa la somma di una corrispondenza a valenza t con una a valenza — t, si ottiene una corrispondenza a valenza zero. Dunque: Sopra ogni curva esistono corrispondenze a valenza arbitraria (positiva, negativa mdla). Dimostriamo inoltre che: Se una corrispondenza ha valenza, la sua inversa ha la stessa valenza. E evidente anzitutto che l'inversa della corrispondenza S, somma di A;(> 0) corrispondenze elementari, ha la valenza k, e che la inversa del prodotto di S per una corrispondenza elementare ha la valenza — k (ved. le (1)). Ciò posto sia T una qualunque corrispondenza a valenza t (positiva o negativa) e sieno X, X' i gruppi degli omologhi di a, a' nella Componiamo per mezzo di corrispondenze elementari, una corrispondenza a valenza — t, e diciamo Xj, i gruppi degli omologhi di a, a' nella Tf^ Poiché la somma T ■■\- Tj ha la valenza zero, anche la corrispondenza {T-\- Tj)'^=Tr^-\- avrà la valenza nulla (n° 6), e quindi accanto alla: Xi — T« = X/ — T«', SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 11 sussisterà la relazione: Sottraendo dalla 2» la 1», viene: X-\-fa = X' -\--^a' c. d. d. 8. Determinazione del gruppo dei punti uniti in una corrispondenza a valenza qualsiasi. — Numero delle coincidenze. — Torniamo per un momento ad una corri- spondenza elementare T, che si sia ottenuta partendo da una gl, e diciamo Y il gruppo degli n — 1 punti omologhi di a nella T, e X il gruppo degli omologhi di a nella T~\ Siccome T— T~' il gruppo X coinciderà con Y. Il gruppo r dei punti uniti di T non è che il gruppo jacobiano della gl,, e come si sa questo gruppo è equivalente ad un gruppo canonico aumentato di un gruppo della serie 2g„. Perciò dicendo K un gruppo canonico di C, avremo la relazione: X-\- Y-i-2a + K. Servendoci di questa, dimostriamo più in generale che: Avendosi fra i punii di una curva una corrispondenza T a valenza y {positiva, negativa o nulla), il gruppo U dei punti uniti è equivalente alla somma dei gruppi Y, X, che contengono gli omologhi di a nella T e nella T~\ di t gruppi canonici e di 2f volte il punto a; ossia in simboli: (4) t^=X+ y+TÌ^+2Ta, ove K rappresenta un gruppo canonico. Interpretando numericamente la relazione geometrica data da questo teorema si ha: » = a4-p + T(2j9 — 2) + 2t, ove u è il numero dei punti uniti, a, [3 son gli indici di T, q p e \\ genere della curva. Si può dunque dire : Il mimerò dei punti uniti nella corrispondenza T d'indici a, di valenza t, data fra i punti di una curva di genere p, è espresso dalla formola: (5) a + p + 2T;>. Dimostriamo prima la (4) per una corrispondenza S somma di h{> 0) corrispon- denze elementari Ti ... T^. Indicando con Fj Y2 ... Yf, i gruppi degli omologhi di a nelle corrispondenze Ti ... Ti,, e con Xi X2 ... X,^ i gruppi degli omologhi di a nelle inverse, si vede che la S fa corrispondere al punto a il gruppo Yo = Fi -|- ... -j- Y^, e la 5"' fa corri- spondere ad a il gruppo Xq = Xi -\- ... -\- X,,. Inoltre il gruppo V dei punti uniti di S sarà la somma dei gruppi Ui ... dei punti uniti di ... T^. 12 FRANCESCO SEVERI Dalle relazioni: sommando si trae: F= Xo+ Yo-{-hK-\-2ha, la quale dimostra il teorema per la corrispondenza S. Sia ora T una qualunque corrispondenza a valenza negativa f, riferendoci alla quale conserviamo le notazioni dell'enunciato. Indicando con h il valore assoluto di y, si costruisca come sopra una corrispondenza S somma di h corrispondenze elementari. La somma delle due corrispondenze S, T, che è a valenza nulla, fa corrispon- dere ad a il gruppo Y -\- Y^, mentre la sua inversa fa corrispondere ad a il gruppo X-\- Xq-, e inoltre la T ha per gruppo dei punti uniti il gruppo U -\- V. Dunque avremo (n° 6): f7+F = (x-f-Xo) + (r+ro). Sottraendo da questa la relazione precedentemente ottenuta, viene: . ' U=X-\- r+T^ + 2Ta. Così è dimostrata la proposizione per tutte le corrispondenze a valenza negativa. Avendosi ora una corrispondenza T a valenza positiva t, si costruisca una cor- rispondenza T' a valenza negativa — y (il che è sempre possibile) e si dicano Y', X' i gruppi degli omologhi di a nella T' e nella T'~^ rispettivamente, e U' il gruppo dei punti uniti di T'. Conservando ancora per la Tle notazioni dell'enunciato, poiché la somma T -\- T' è a valenza nulla, avremo: U+U'^{X+X') + {Y+Y'), ed essendo T' a valenza negativa, per quanto abbiamo prima dimostrato, sarà: U' = X' ^Y' — -iK—^-^a. Da questa e dalla precedente per sottrazione si trae: U= X-\- r+TÌ^+2Ta, la quale dimostra il teorema per tutte le corrispondenze a valenza positiva. Osservazione. — Dal principio di corrispondenza già enunciato, tenendo conto della 2* proposizione del n° 5, segue facilmente che: Il numero dei punti uniti della corrisjmidenza prodotto delle corrispondenze {P-i Pi Ti) ••• (Ofc Pfc Tfc); ove a, p, y denotano rispettivamente gli indici e le valenze, positive negative, delle corrispondenze considerate, è dato da: ai 02 ... a, + Pi ... + (- If^' . 2ti ... T.p. SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 13 § 3. — Sulla determinazione di tutte le corrispondenze esistenti sopra una curva qualsiasi. 9. Estensione del concetto di valenza. — Sia una corrispondenza a valenza Ti sulla curva C, e sieno Fi, F/ i gruppi degli omologhi di a, a' nella Ti. Allora si ha: Fi+Tia= F/ + Ti«', la quale ci mostra che al variare di a, il gruppo do' suoi omologhi nella corrispon- denza jTi , aumentato di Ti volte l'omologo di a nella corrispondenza identica /, varia in una serie lineare (*). Ciò si esprimerà dicendo che le corrispondenze Ti ed / sono dipendenti secondo i numeri (1, Ti). Sia T, un'altra corrispondenza a valenza T2- Avremo similmente: Fa + T2« = Fa' + f^a', la quale combinata colla precedente dà: T2Fi-TiF2^T2F/-TiF/. Dunque al variare di a il gruppo de' suoi omologhi nella T^ , contato T2 volte, aumentato di — Ti volte il gruppo de' suoi omologhi nella T2, varia in una serie lineare. Perciò diremo che le corrispondenze T^, T2 son dipendenti secondo i nu- meri (T2, — Ti). Si presenta ora spontaneamente l'idea che il concetto di dipendenza si possa stabilire anche fra più di due corrispondenze, prescindendo dall'ipotesi che le cor- rispondenze stesse siano dotate di valenza. E noi infatti diremo che le corrispondenze T^, T,; date sopra una curva C sono DIPENDENTI, quando esistono k interi ... {positivi negativi) non tutti nidli, tali che indicando con Y, il gruppo degli omologhi di un punto qualunque a nella T,, al variare di a il gruppo {virtuale) Xj -j- ... -|- X^ Y^ varii in una serie lineare. In altri termini se F/ è il gruppo degli omologhi del punto a' nella Ti, la con- dizione di dipendenza è espressa dalla relazione: (6) Xi F, + ... + X, F, = Xi Y,' + ... + X, F;. Nel caso che una tal relazione non sia possibile se non quando le X son tutte nulle, le k corrispondenze si diranno indipendenti. Quando piìi corrispondenze sono fra loro dipendenti, talora diremo che una qua- lunque di esse è dipendente dalle rimanenti. Allorché poi occorra tener presenti gli interi pei quali la (6) è soddisfatta, diremo pure che le corrispondenze T^ ... T^ son dipendenti secondo (Xj ... l^). (•) A proposito di questa locuzione cfr. il n° 3. 14 FRANCESCO SEVERI È evidente che se ... son dipendenti secondo (Xi ... X^) lo sono anche se- condo (|uXi ... |LiX(,). ove jn è un intero positivo o negativo, arbitrario. Le due osservazioni fatte al principio di questo numero si possono ora enunciare nel modo seguente : Ogni corrispondenza a valenza dipende dall'identità. Due corrispondenze a valenza son sempre dipendenti. Estendendo una proposizione del n" 7 dimostriamo che: Se le corrispondenze ... son dipendenti secondo (X^ ... X^), anche le loro inverse son dipendenti secondo gli stessi numeri. Limitiamoci per brevità al caso A- = 2, e supponiamo che X2, ad esempio, sia negativo (= — Xj') e X^ positivo. Fissiamo una serie g'„, convenientemente ampia, in modo che vi sia un solo suo gruppo passante per ogni gruppo F2 costituito dagli omologhi di a nella T2 (si fissino, p. es., p punti generici della curva di genere p, e si consideri la serie, non speciale, individuata da quei p punti insieme ad un par- ticolare gruppo F2). Chiamando F3 quel gruppo che insieme ad un dato costi- tuisce un gruppo della gl, fissata, e conservando pel resto le solite notazioni, avremo che la relazione : Xj Fi -|- X2 F2 = Xi Yi -\- Xg F2' equivale alla: (7) KY,^\,'Y,^KY,' -^h'Y,'. Se si chiamano omologhi del punto variabile a i punti del gruppo F3 ad esso relativo, otterremo una corrispondenza algebrica S, tale che : F2 + F3 - F2' + F3'. Da ciò deriva che se la inversa di S fa corrispondere ad a il gruppo X3, e ad a' il gruppo X^', sarà similmente (n° 6) : (8) X2 + X3= Xa' + Xa', ove X2 (0 Xo') è il gruppo degli omologhi di a (0 a') nella 2^'. La corrispondenza Xj Ti -\- Xg' S, che si ottiene chiamando omologhi di a i punti del gruppo F^ contati ciascuno X^ volte, e quelli di F3 contati Xg' volte, in virtù della (7) risulta a valenza zero, sicché anche la sua inversa, clie fa corrispondere ad a il gruppo X^Xi -\- X^Sf sarà a valenza zero. Quindi avremo: \iXi -|- Xg'Xa = Xi .Y/ ~\- \.2 X^' , ove Xi (0 Xi') è il gruppo degli omologhi di « (0 a') nella Tf\ Moltiplicando per Xg' i due membri della (8), e sottraendola poi dall'ultima re- lazione, verrà: Xj Xi — X2' X2 = Xi Xi' — X2' X2', ossia : Xi Xi + X2X2 = K X/ + X, X2' c. d. d. SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 15 Osservazione. — Questo ragionamento non servirebbe più nel caso che una delle corrispondenze fosse l'identità, come accadeva al n° 7. Si può però osservare che anche in tal caso la proposizione rimane valida, come si vedo appunto profittando del n'' 7. 10. Relazione geometrica fra i (/ruppi dei punti uniti di piìi corrispondenze dipen- denti. — Forinola di corrispondenza relativa. Dimostriamo che: Se nelle corrispondenze Tj ... dipendenti secondo al punto di. rispondono i gruppi di punti ... Y^, mentre nelle corrispondenze inverse al punto stesso rispon- dono i gruppi Xj ... Xi, indicando con Ui ... Ui i gruppi dei punti uniti nelle Ti ... T^, si ha: (9) K Ih + h U-2 + - \ Ih ^ Al (Xi + Y,) + ... + X, (A',+ r,). Per semplicità svilupperemo la dimostrazione nel caso k=2\ si vedrà subito come si estenda al caso generale. Supponiamo, come dianzi, che Xi sia positivo e Xg negativo (= — Xj'), e usiamo le stesse notazioni del numero precedente. Costruiscasi, come allora, la corrispon- denza S tale che : -\- = Y^' -\- F3', e ricordiamo che la corrispondenza \iTi-\^ X^' S, che nasce dal chiamare omologhi di a i punti del gruppo Xj + Xg'Fj, è a valenza zero. I punti uniti di questa cor- rispondenza cadono nei punti del gruppo U^, che sono uniti nella T^, e nei punti del gruppo V costituito dai punti uniti di S. Giacche in ogni punto del gruppo Y■^ omologo di a nella Ty, cadono Xj punti omologhi di a nella corrispondenza Xj Ti-t-Xa'S, un punto unito di equivarrà a \ coincidenze della corrispondenza Xi Tj -|- X,' S. Similmente ogni punto del gruppo conterà X2' volte fra i punti uniti di X^ -|- Xj'/S. Dunque le coincidenze di quest'ultima costituiscono il gruppo X^ -j- Xo' V, e perciò se chiamiamo il gruppo degli omologhi di a nella S~\ in virtù del risultato del \\° 6, avremo: , K l\ -f X2' F = K {X, + Fi) + (X3 H- Y,). Dalla considerazione della corrispondenza -\- S, pure a valenza zero, simil- mente si trae: U,^V^iX, + Y,) + {X,-\-Y,). Moltiplicando questa per Xj' e sottraendola dopo ciò dalla precedente, viene: Xi U, + X2 fJ^ = Xi (Xi-f Fi) + X, {X,4- Fa) c. d. d. Interpretando numericamente la relazione geometrica ottenuta, si ha una for- mola di corrispondenza molto importante. Se diciamo «, il numero dei punti di U,, a, il numex'o dei punti di X,, P, il nu- mero dei punti di F,, avremo: K «1 + ... + X, = Xi (oi -j- Pi) -r ... + X, (a, + pk). 16 FRANCESCO SEVERI Dunque : Se sopra una curva si hanno k corrispondenze di indici Oi Pi,...,afcpfc dipendenti secondo i numeri Xi ... X^, positivi o negativi, le quali sieno dotate di Ui ... u^ punti uniti, ha luogo la relazione: (10) Xi Mi + ... + X, u, = h («1 + Pi) + ... + X. (a. + P.). La nota formola di Cayley (*), che è così utile nella risoluzione del problema dei contatti, si ottiene come caso particolare di questa relazione supponendo tutte le X positive. 11. Esistenza di un massimo pel numero delle corrispondenze indipendenti solerà una curva. — Base del sistema di tutte le corrispondenze. — Data una curva C, è possibile scegliere su essa un numero finito di corrispondenze indipendenti, in guisa che ogni altra corrispondenza risulti dipendente da quelle? Per rispondere a questa domanda dovremo far uso dello strumento trascendente, di cui finora non profittammo. Cominceremo perciò dal richiamare la rappresentazione delle corrispondenze algebriche con integrali abeliani, dovuta al sig. Hurwitz. Se dato il punto a si chiamano iji ...y.ì i punti omologhi ad esso in una cor- rispondenza algebrica T, data sopra la curva C, variando a si vede che la somma dei valori di un integrale di 1* specie ai punti yi ... i/b, gode delle proprietà carat- teristiche di un integrale di l-'^ specie al punto a. Sicché dicendo «j ... Up i p inte- grali normali di l-"* specie annessi a C, hanno luogo le relazioni: (11) I (^y.[uM) + ...] = I«.(a)I\eTT^; + P., i € ove Pk denota una costante. Se i sistemi (13) son dipendenti, ossia se le (14) son soddisfatte per valori non tutti nulli delle X, sarà: K K M + ...] -f ... + \u [ih (y.O + ...] =^ P. {k = 1, ...,p). Se al punto a' corrisponde nella T^: il gruppo Y'g costituito dai punti ... 2:^, avremo dunque: X, 1». (///) + ...1 + ... + Kc {u, + ...] = K bh {z,') + ...] + ... + X. [», (zlf) + ...]. Questa relazione in virtìi del teorema di Abel, equivale alla: X, + ... + X,, = X, F/ + ... + X,, , la quale esprime appunto la dipendenza delle corrispondenze T^ ... 2)^ nel senso de- finito al n" 9. Viceversa dalla dipendenza delle Ti ... T^t risalendo si deduce la dipendenza dei sistemi (13). (*) Hurwitz, loc. cit., § 1. Sekik II. Tom. LIV. c 18 FRANCESCO SEVERI Siccome non vi possono essere più di 2^^ sistemi indipendenti del tipo (12) (HuRwiTz, p. 582), il numero delle corrispondenze indipendenti ammetterà un mas- simo non superiore a 'IjP'. Supponiamo che i |a sistemi (13) sieno indipendenti e che non se ne possano trovare piìi di ili indipendenti. Allora, dato un altro sistema di soluzioni delle (12), si potranno trovare dei numeri interi X, Xi,...,X^ non tutti nulli, in guisa che: XTTki = I Xf Tif, {k,l=\, £=1 ed anzi X non potrà mai esser nullo. In tal caso si dirà che le \x corrispondenze ... 7)^ che si ottengono dalle (13), formano una base. Che se poi si scelgono i |li sistemi in modo che il numero X risulti uguale ad 1 per ogni sistema di soluzioni delle (12), in modo cioè che si abbia: TTk, = IXeTTfj (e = l,...,M), ove le X son numeri interi, si dice che le |u corrispondenze ... formano una base miniina. La possibilità di indursi alla base minima accennata in Hurv^titz (p. 582), tro- vasi ad es. dimostrata nelle lezioni citate di Klein sulla teoria delle funzioni mo- dulari ellittiche (p. 543). Riassumendo possiamo enunciare : Data una curva di genere p è possibile scegliere su essa un numero finito non superiore a 2 p^, di corrispondenze indipendenti ... tali che se T è un'altra cor- rispondenza qualsiasi esistente sulla curva, le T Ti ... sien dipendenti secondo i nu- meri (1 Xi ... \f( ). I numeri Xj ... X^, sono individuati una volta assegnata la T, perchè altrimenti le Ti ... Tf, risulterebbero dipendenti. Quei numeri si chiamano perciò i caratteri della corrispondenza T. Per le curve generali del genere p, il massimo \x è uguale ad 1, e come base minima si può assumere l'identità o una qualsiasi corrispondenza elementare. Dicendo u u^ ... U/, i numeri dei punti uniti nelle corrispondenze T ... di indici rispettivi (a p), (a^ R^), (a^{3/<), avremo per la (10): M = a + p 4- Xi (oi 4- Pi — Mi) + ... 4- X^, (a„ + — ). I numeri interi: c, = a. + Pi — M, {i = 2, ... , ^) non dipendono dalla corrispondenza considerata, ma sibbene dalla natura della curva, e la forinola !< = a -L- p + Ci Xi + ... + Cf, \fi esprime il principio generale di corrispondenza sopra una curva algebrica qualsiasi. SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 19 Osservazione. — Noteremo, perchè ci servirà in seguito, che se sopra una curva le n corrispondenze 7\ ... Tu sono dipendenti secondo i numeri vXi,...,vXm ove v e le X sono interi, lo sono anche secondo i numeri X, ... X„. Difatti dall'essere: I vX,.nf, = 0, e=i 8Ì trae: I X,. ni = 0. PARTE SECONDA Sulle superficie che rappresentano le coppie di punti di una o due curve. § 1. — Le superficie con due fasci unisecantisi 12. Generalità. — Genere e grado di una corrispondenza fra due curve. — Sia F una superficie che rappresenti senza eccezione le coppie di punti di due curve C, C di generi p^, p^- Ogni punto a; di C fa parte di ooi coppie le quali son rappresentate su F da una curva K^; variando il punto a; su C si hanno oc' curve che costituiscono un fascio \ K^\ di genere pi. Similmente ai punti y di C rispondono su F le curve di un fascio l/f^' di genere p2. e le segano in un punto ogni 7C- Viceversa ogni superficie con due fasci | /T, | , \K^ \ unisecantisi, rappresenta le coppie di punti di due curve C, C , ciascuna delle quali è riferita biunivocamente agli elementi (curve) di uno dei due fasci. Le coppie x, y dei punti che sono omologhi in una data corrispondenza alge- brica T fra C, C, son rappresentate su F da una curva algebrica, che denoteremo colla lettera stessa T con cui si denota la corrispondenza. Se ad un punto x rispon- dono P punti // e ad un punto y rispondono a punti x. la curva T sarà segata in (5 punti da ogni curva e in a punti da ogni Ky. I due indici a, P della corrispon- denza si chiameranno anche gli indici della curva T. Viceversa ogni curva algebrica T tracciata su F pone fra le curve dei due fasci |JCj|,iiiry| una corrispondenza algebrica, ove si chiamino omologhe due curve dei fasci stessi quando si tagliano in T; e quindi essa rappresenta una corrispondenza algebrica tra C, C. Le curve dei due fasci unisecantisi sono immagini di cori*ispou- denze degeneri. Qui si presenta spontanea l'introduzione di due nuovi caratteri di una corri- spondenza T fra C, C": il genere e il g}-ado (virtuali) della curva Stracciata su F {*), i quali si indicheranno rispettivamente con p, v. (*) Per la de6nizione di questi caratteri cfr. Castelnuovo-Enriques, Sopra alcune questioni fon- damentali nella teoria delle superficie ahjebriche. ' Annali di Matematica (3\ t. 6 (1901), n° 1. 20 FRANCESCO SEVERI Poiché il sistema canonico di F si ottiene aggiungendo alla serie canonica di 1^x1 la serie canonica di \ Ky\ (*), dicendo a, p gl'indici di T, ossia chiamando p il numero dei punti in cui una sega T ed a il numero dei punti in cui una Ky sega T, avremo: (15) 2 p (pi - 1) + 2a — 1) + V 2p - 2 (**). 13. Notazioni. — Se due curve V V" tracciate sopra una superficie qualsiasi appartengono totalmente ad uno stesso sistema lineare, si dirà che esse sono equi- valenti e si scriverà r' r". Date sopra una superficie più curve ff"...; A' A"..., il significato della rela- zione (16) \i r -f X, r" + ... =^ Mi A' + M2 A" + ... , ove le \, |n sono interi positivi o negativi, risulta senz'altro se son possibili le even- tuali sottrazioni indicate nei due membri della relazione medesima. In ogni caso le possiamo dare un senso preciso, dicendo che equivale alla relazione che da essa si ottiene trasportando da un membro all'altro i termini negativi e cambiandoli di segno. Anche questa definizione, come l'analoga del n° 3, si può presentare sotto altra forma, ma ci dispensiamo dal farlo. Per esprimere la (16) concisamente e in modo suggestivo, diremo spesso che le due curve (virtuali) Xir + X.r" + ... e MiA' + M,A"-f ... sono equivalenti, od anche che esse appartengono ad uno stesso sistema lineare, per quanto se le X, |n non son tutte positive, non sempre esistano curve effettive cor- rispondenti ai simboli suddetti. Ritornando alla nostra superficie F con due fasci unisecantisi, diciamo T una sua curva. Per i p punti ove T è tagliata da una K^^ passano altrettante Ky, e al variare delle considerate si ha nel fascio \ K,j\ una ooi algebrica di gruppi di P curve: uno generico fra questi gruppi s'indicherà con Ty, ponendo l'indice ^ a pie della lettera con la quale si indica la curva data. Similmente denoterà il gruppo delle ÌTj. che passano per gli a punti ove T è segata da una Ky generica. 14. Curve a valenza zero. — Loro composizione per somma dalle curve dei due fasci unisecantisi. — Caso delle rigate. — Suppongasi di avere fra i punti delle due curve 6', C da cui prende origine la superficie F, di cui ai numeri precedenti, una corrispondenza T tale che mentre un punto x si muove su C, il gruppo dei P punti y che ad esso corrispondono su C , varii in una serie lineare d'ordine p. Si dimostra (*) Cfr. Maroni e De-Franchis, loc. cit. (**) Cfr. De-Franchis, loc. cit., n° 8. SULLE CORRISPONDENZr FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 21 allora, come si fece al n" G pel caso di due curve C, C coincidenti, che gli a punti x di C omologhi di un punto y variabile su C , variano in una serie lineare d'ordine a. Estendendo la denominazione già usata per le corrispondenze sopra una curva, di- remo in tal caso che la T è una corrispondenza a valenza zero. Chiameremo poi curve a valenza zero quelle curve di F che sono immagini di corrispondenze a valenza 0. Una curva T a valenza zero è caratterizzata dal fatto che il gruppo delle P curve Ky passanti pei punti comuni ad essa e ad una /C, mu- tando questa, varia in una serie lineare d'ordine entro al fascio | | ; e quindi che il gruppo delle a curve /C che passano pei punti in cui T è segata da una Ky, al variare di questa, varia in una serie lineare d'ordine a, entro al fascio \K^\. Più brevemente si può dire che una curva a valenza zero è caratterizzata dal fatto di segare sopra ogni curva del fascio \K^\ (o \Ky\), un gruppo che equivale a quello segato da un conveniente insieme di curvo K,i (o K^. Questa proprietà si potrebbe dunque assumere come definizione delle curve a valenza zero, ove si volessero definire direttamente sulla superficie F. Le curve che appartengono ad un sistema lineare somma di una serie lineare del fascio l^^] con una serie lineare di \Ky\, godono appunto di questa proprietà. Ma è importante dimostrare che, viceversa, ogni curva a valenza zero è conte- nuta totalmente in un sistema lineare somma di curve dei due fasci. A tal uopo supponiamo che la superficie F appartenga allo spazio ordinario, ipotesi che, nella questione attuale, non è restrittiva. — Il sistema lineare indivi- duato dalla curva 7',. composta mediante le Ky che passano pei punti comuni ad una K e ^d una curva T a valenza zero, sarà segato su fuori di certe curve fisse Q, da un sistema lineare di superficie qp {yi y^ y^ y^) — 0, ove y-i ... y^ son coordi- nate omogenee di punto; e in particolare le oo^ curve Ty, che si ottengono facendo variare la K scelta, saranno segate da un sistema algebrico oci di superficie cp. Poiché per ogni punto di F passa una K^ e questa individua una curva composta Ty, i coefficienti delle y nell'equazione ^> iyi ■.■ y.i) = , saranno funzioni razionali del punto variabile su F, sicché Tequazione di una qp del sistema ooi si poti'à scrivere sotto la forma: {xi X2 xs x^ I i/i {x\y) =0 pone fra i due fasci \Kx\, \Ky\, ne viene che T fa parte della curva L. Se per un punto fuori di T passassero una /C e una Ky omologhe nella cor- rispondenza stessa, siccome esse già s'incontrerebbero in T, esisterebbe una curva che farebbe parte di 7C e di Ky. Ma se, come abbiamo supposto, la superficie F rappresenta senza eccezione le coppie dei punti di due curve C, C, non esistono curve dei due fasci unisecantisi aventi parti comuni e perciò in tal caso L—T. Dunque: Sulla superficie F coi due fasci unisecantisi |Ki|; [Kyl^ ogni curva T a valenza zero appartiene al sistema lineare individuato dalle curve Ky che passano pei punti co- muni a T e ad una K,., aumentate delle che passano pei punti ove una Ky incontra T. Se uno dei due fasci, p. es. jAV? è razionale, la superficie F e riferibile bira- zionalmente ad una rigata, di genere uguale al genere pi dell'altro fascio \K^\. Le curve di quest'ultimo fascio si chiameranno generatrici, e la 7^ si dirà rigata, anche se non lo è nel senso projettivo della parola. In questo caso è utile vedere quali modificazioni subisca il teorema precedente se la F non rappresenta senza eccezione le coppie di punti delle due curve C, C (delle quali la seconda è razionale), perchè quando si dà una rigata e si cerca di costruire su essa un fascio di unisecanti le generatrici, questo (essendo razionale) viene generalmente ad avere dei punti base. Supponiamo dunque che il fascio \ Ky\ abbia n punti base: allora le generatrici passanti per questi si staccheranno da cei-te n curve del fascio \Ky\, e quindi la curva L, di cui prima parlavamo, non conterrà soltanto la T, ma anche ciascuna delle suddette generatrici. Ognuna di queste si dovrà inoltre contare P volte come parte della L, perchè taglia in P punti la curva T. E facile vedere che nel caso che stiamo trattando, il teorema dimostrato ci dà il modo di ottenere tutte le curve della superficie F. Basterà perciò provare che le curve tracciate sopra una rigata sono a valenza zero. Difatti le Ky che passano pei P punti comuni alla curva T" e ad una generatrice, mutando questa variano in una seiie lineare, perchè in un ente razionale coi tutti i possibili gruppi di p ele- menti formano una serie lineare. Potremo dunque enunciare la proposizione seguente : Sopra una rigata F tutte le curve si ottengono colle operazioni di somma e sottra- zione a partire dalle generatrici e da un fascio di unisecanti. Precisamente: Dato su F un fascio di unisecanti le generatrici, e una curva 1\ se dal sistema lineare individuato dalle unisecanti che escono dai P punti ove T è tagliata da una generatrice, aumentate delle generatrici che escono dagli a punti ove T è tagliata da una Ky, si tolgono le generatrici che passano per gli eventuali punti base di \K^\, ciascuna contata 3 volte, si ha un sistema lineare che contiene (totalmente) T. Dal teorema dimostrato discendono subito la formola che dà il numero dei punti comuni a due curve T, T' sopra la rigata, e la formola (di Segre) che dà il genere di una curva tracciata sulla rigata stessa. SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 23 Ci tratterremo un momento sulla deduzione di queste formole, affine di avere un primo esempio semplice, delle considerazioni analoghe, che saranno svolte in se- guito, per la superficie F con due fasci irrazionali. Siene a p, a' fi' gli indici di T, T . Indicando con N il gruppo delle generatrici passanti per gli n punti baso di \ Ky\, avremo: (17) T+^N^T^-^T,. Segando con T' le curve che figurano nei duo membri della (17) e indicando con i il numero dei punti comuni a T e 7" verrà : i-F-»pP' = a3' i-M', ossia : i==aB' -f pa' — wpp', che è la formola nota pel numero dei punti comuni a due curve tracciate sopra una rigata d'ordine n. Il genere p della T si desume subito dalla (17) uguagliando i generi delle due curve composte che compaiono nei due membri; si ottiene così: p + (l-«P) + «p^'-l.::.(l-a) + [p^, + (/?3)n-3-f l] + aB-l, donde si trae: p - p (pi- 1) + a(p- 1) - n (^) + 1, che è la formola di Segre. Applicando la formola che dà il grado di una curva spezzata, ovvero segando con T i due membri della (17), si ottiene l'espressione del grado v di T: V = 2a8 — wp2_ 15. Concetto di dipendenza fra due o più curve tracciate sulla superficie F coti due fisci unisecantisi. — Siene f f" ... T' ^• curve tracciate sulla superficie coi due fasci unisecantisi |/d e \Ky\. Si dirà che esse sono dipendenti o che una di esse dipende dalle rimanenti, quando esistono dei numeri intori non tutti nulli X, ... X^, tali che: (18) X, r' + ... + X, r--- = Xi (r; + r/) + ... + x, (rj + q. Lo curve stesse si diranno indipendenti nel caso contrario. Ricordiamo che Ti. denota il gruppo delle che passano pei punti ove P è segata da una K^, e che r'y denota il gruppo delle Ky passanti pei punti ove T' è segata da una K^. Si può brevemente dire che le curve f ... f*^ sono dipendenti, se esistono degli in- teri non tutti nulli Xj... X^, tali che la curva {virtuale) \iV' -\- ... sia a valenza zero. Questa locuzione ha un senso puramente convenzionalo, quando non esiste una 24 FRANCESCO SEVERI curva corrispondente al simbolo X^P' -|- ... -f- K^''- In tal caso però si potrà scegliere una curva L a valenza zero (appartenente ad un sistema lineare abbastanza ampio) in guisa che esista una curva corrispondente al simbolo L + Xj f -)- ... -|- X^ f*': la (18) dice allora che anche questa curva è a valenza zero. Dalla (18) si trae: Xi r + ... + X, p— Xi rj - ... -Kn^ K r; + ... + x. rj, sicché dicendo fj, il gruppo delle Ky che passano pei punti ove la curva sega T', avremo : (19) Xi r; + ... -{-hn^ X J./ -f ... + x.f J. Viceversa se questa relazione è soddisfatta qualunque sieno le due curve e Kx con cui si son segate le P, sarà vera anche la (18). Difatti quando le X son tutte positive, la (19) ci dice che la curva Xj f -(- ••• + è a valenza zero, e quindi pel teorema dimostrato al n" precedente, sussisterà la (18). Ma supponiamo, ad es., che Xj sia negativa {= — X/) e le altre X positive. Al- lora si potrà determinare un sistema lineare di curve a valenza zero così ampio, che vi siano in esso curve spezzate nella X/ f' e in una parte residua f. Poiché la curva r -(- Xj' f è a valenza zero, avremo: r» + ^l' f / = Ty + x/ r/, la quale addizionata alle (19) dà: r. r;' + ... = r, + x,r;' + ..., e da questa, essendo tutte le X positive, si trae: r+x, r"+ ... = (r. + r,) + x, (r," + r;') + ... , che combinata colla relazione: r -I- x,'r==(r. + Q + x/ (r; + r;), la quale esprime appunto che f -|- X/ f è a valenza zero, porge : X, r' + X, r" + ... - \, (r; + r;) + x, (r;' + r;') + ... 16. Esistenza di un massimo pel numero delle curve indipendenti sopra la super- ficie con due fasci unisecantisi. — Base del sistema di tutte le curve su essa tracciate. — Il teorema dimostrato al n° 14 per le rigate, ci dava il modo di ottenere per somma e sottrazione tutte le curve tracciate sopra una rigata, a partire dai fasci IZilelZ^j. In questo n° ci occuperemo del teorema analogo per le superficie F con due fasci irrazionali. Usando delle locuzioni introdotte al n° precedente, questo teorema si può enunciare brevemente cosi: Sopra la superficie F con dite fasci unisecantisi \Kj\ e ] | , di generi pi , p2 ; è possibile trovare un numero, non superiore a 2pi p2; di curve indipendenti, tali che ogni altra curva di F sia dipendente da quelle. SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 25 Fissiamo infatti sulla F una curva K di indici m v, diversa dalle curve dei due fasci, ed indichiamo con J, J le due involuzioni di generi pi che i due fasci se- gano su K. Diremo che una corrispondenza -S' fra i punti ài K ò composta con una di queste involuzioni, p. es. con J, quando i punti y omologhi del punto a nella S, si distribuiscono in tanti gruppi dell'involuzione J. Data su F una curva T di indici a p, essa determina una corrispondenza fra le curve dei due fasci, allorché si riguardino come omologhe due curve Ky che s'incontrano in un punto di T. Mediante questa corrispondenza ne possiamo porre una, 1 e primo con una almeno delle Xi ... X,: per es. con Xi. Si potranno trovare allora due interi |a Mi tali che: (25) X|a + XiUi = l. Supponiamo prima m e positivi e consideriamo la curva f ' = |ii f -(- M T'. Ve- diamo com'essa si esprime colla base data. Si ha evidentemente: xr = niXr + Mxr, dalla quale, mediante la (24) e la relazione identica: r' = (r;+r;)H-(r-r/-Q, si trae: xr - x^arx + r,) + - r; - r,') + i^^r' - r;' - r;') + . . . . . . + xn(r; + r;) + \^ir - r; - r,/), ossia, ricordando la (25): (26) X r' = X [Mi(r.+Q -h M(r;+ r;)] + (r' - r/- r;) +x,m, (r"- r;' - r;') + .... Le curve T" ... f si esprimono mediante la base data colle relazioni identiche: r" = (r;' -f r;') + (r" - r;' - r;') r'^(r; + r;) + (r-r;-r;), sicché indicando con A' il discriminante dell'insieme (f ' f" ... f), grazie alla for- mola (23), avremo: (27) X^'A' = A, perchè attualmente il determinante A è espresso da: 1 X2M1 XaMi . . . X,Mi 1 A = 1 = 1. 1 30 FRANCESCO SEVERI Finora abbiamo considerato il caso che i numeri )u jUj sieno positivi; se uno o entrambi son negativi si definirà la T' mediante la relazione: r ^ Mi r + ^ r' + L, ove L è una curva a valenza zero appartenente ad un sistema lineare cosi ampio, che esistano curve corrispondenti al simbolo \x^V -\- \iV' -\- L. La (26) sarà sosti- tuita dalla: (26') \ r = X [M,(r. + r,) + M (r; + r/) {l. + ì,) ] -f (r' - vj - r/) + + X2Mi(r"-r;'-r;') + ... ed anche in tal caso il discriminante A' del gruppo (f' V" ... V) sarà legato a A dalla (27). La (27) ci dice anzitutto che A' =j= e quindi che l'insieme (F' f" ... T') si può prendere come base invece di (f f" ... f), e inoltre ci dice che è un divisore di A, Trattiamo ora la base (f' f" ... f) come la base iniziale; avremo un'altra base il cui discriminante A" in valore assoluto è minore di A'. Cosi proseguendo si ot- terrà una successione di numeri interi diversi da zero: A A' A" ... di cui ciascuno ha valore assoluto minore del precedente. Dunque la successione avrà un ultimo termine A" e la base corrispondente sarà una base minima. E facile dimostrare che: Tutte le basi minime hanno lo stesso discriminante. Difatti se A A' sono i discriminanti di due basi minime, in virtù della (23) avremo due relazioni del tipo : A' = A2 A A =A'2A', ove A A' son numeri interi. Ora la prima dice che il rapporto ^ non è inferiore ad 1, la seconda chQ lo stesso rapporto non è superiore ad 1, dunque verrà: 1, A' = A. Il procedimento che abbiamo indicato per la riduzione alla base minima, dice di più che: 1 discriminanti (=!= 0) delle varie basi hanno per massimo comun divisore il discri- minante di una base minima. 18. Teorema di Bézout sopra una superficie con due fasci unisecantisi. — Espres- sioni del grado e del genere di una curva tracciata sulla superficie stessa. — Abbiamo SULLE CORRlSPuNDENZL FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 31 altrove avuto occasione di chiamare teorema di Bézotil sopra una superficie, un teo- rema analogo a quello che ci apprende il modo di calcolare il numero dei punti comuni a due curve piane. Per una superficie algebrica qualunque la questione si può porre così : Definire un sistema di caratteri di ogni curva tracciata sulla super- ficie, in guisa che il numero dei punti comuni a due tali curve si esprima soltanto mediante i caratteri della superficie ed i caratteri definiti delle due curve (*). Oltreché sul piano e sulle superficie razionali, il teorema di Bézout si conosce sulle rigate, come risulta dalla forinola ritrovata al n" 14, sulle superficie generali nel loro ordine, come si desume dalle ricerche di Nòther (**), sulla superficie di Kiimmer e sulle superficie iperellittiche, come si rileva da un teorema di Poincaré sul numero degli zeri comuni a più funzioni di dato ordine (***). Qui ci proponiamo di dare il teorema per le superficie con due fasci unisecantisi. Sia (f ... r') una base del sistema di tutte le curve tracciate sulla superficie F con due fasci unisecantisi, ed in relazione alle curve di questa base conserviamo le notazioni introdotte al principio del n° precedente. Data su F una curva qualunque L di indici a p, essa -si esprimo mediante la base data, con la forinola : (28) X L + r' + ... 4- X, r' ^ X (l. + l,) + x^ (r; + r/) 4- ... Segando con T' i due membri di questa relazione, avremo: XT. -f J^iTi. ... + ^,Ta = X (a P, (3 a.) + X^ (a^ p. + p^a.) + ... {i=l...t), ove Ti rappresenta il numero dei punti comuni ad L e V\ Se si pone: c, = a P, + p a, — T., verrà : (29) X c. + Xi Cu + X2 + ... + X, Cu = 0. Sia ora L' un'altra curva di indici a' p' tracciata su F, e sia t/ il numero dei punti in cui essa incontra T*. Avremo similmente: (30) X' c/ + X/ Cu + Xo' + ... + X/ e. = 0, ove si è posto : c/ = a' p. + p'a. — T.'. Seghiamo con V i due membri della (28) e rappresentiamo con / il numero dei punti comuni ad L, L' . Verrà allora: X i + Xi Ti' + ... + X, t/ X (a P' + P a') r X^ (a^ p' + p^ a') + ... ossia : (31) XI=rX(ap' + pa') + XiCi' + X2e.,' + ...+X,c/. (*) Cfr. la mia Memoria, Sulle intersezioni delle varietà algebriche, ecc., " Memorie della R. Accad. di Torino (2), t. 52 (1902); n° 26. (**) Cfr. NoTHER, Zur Grundlegung der Theorie der algehraischen Raumcitrveu. " Berliner Abhand- lung , (1882). (***) Vedi la Memoria citata di G. Hombert, Théorie générale des surfaces hyperelliptiqnes. * Journal do Math. (4), t. 9 (1893). 32 FRANCESCO SEVERI Moltiplicando i due membri di questa per X', eppoi profittando delle (30), ot- terremo : \\'I= X\'(ap' + po') — I dalla quale, giacché X \' =N 0, si trae: (31') I=ap' + pa'--^Ic..AX;. In particolare se la base (f ... V) è minima X e X' saranno uguali all'unità, e quindi : (31") 7 = ap' + 3a' — Ic.X.X'/, i,h La (31') si può porre sotto una forma diversa facendoci comparire invece delle X, X' i numeri c,, e/, che hanno un significato geometrico più netto. Poiché le t equazioni (29) e la (31) son soddisfatte per valori non tutti nulli delle X Xi ... X,, che figurano in esse linearmente e omogeneamente, avremo: ap + pa' — 7 e/ . . . c/ Cj Cu ... C2 C21 ... 0-21 = , ossia: (a3'+Pa'-/)A + Cti ... Ci, c/ . Ci Cu . e; Cu Ci Cti ... Cu dalla quale se A =!= 0, si rileva : (32) /^ap'+Pa'--^ZA,,cA', = 0, i,h ove A,^ rappresenta il subdeterminante di c^,, nel discriminante A. Il teorema di Bézout sopra la superficie F con due fasci unisecantisi, è espresso dalla formala (31') dalla (32). Il grado (virtuale) v della curva L sarà espresso evidentemente da una qua- lunque delle formolo : v = 2ap — --^-IcA^;, (33) V = 2ap — I A,^c,Cft , che si ottengono dalle (31'), (32) supponendo L' coincidente con L. SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 33 Il genere (virtuale) p di L si può ricavare direttamente dalla (28), oppure dalla (15) sostituendoci una delle espressioni (33). Così trovasi: ( p (a — 1) (p — 1) 4- ?>Pi -t- °Ì'2 — 2^ ^ t'.^X.X^ (34) / p = (o— l) + P;), + 0ft-2^IA„c,c,. 19. Caso di una superficie con due fasci unisecanfisi razionalmente identici. — Fra le superficie con due fasci unisecantisi sono particolarmente notevoli quelle che posseggono due fasci razionalmente identici. In questo numero ci occuperemo di tali superficie, applicando ad esse i risul- tati ottenuti nel caso generale. Sia dunque F una superficie coi due fasci | /CI , \Ky\ razionalmente identici di generi = P2 —Z' : i suoi punti possono porsi in corrispondenza biunivoca colle coppie di punti di due curve coincidenti, ossia colle coppie di punti di una curva C, ove si considerino come diverse due coppie che differiscono per l'ordine. Ogni cor- rispondenza T fra i punti di C sarà rappresentata su F da una curva T; in parti- colare l'identità sarà rappresentata da una curva K unisecante le e le Ky. In generale la C non ammette trasformazioni birazionali in sè stessa, e quindi su F non ci son generalmente altre curve unisecanti le e le Ky all'infuori della K; se però esistono trasformazioni birazionali di C in sè stessa, queste son rappresen- tate su F da altrettante curve come la K, ed in tal caso è evidente che si potrà porre fra i punti di F e le coppie ordinate dei punti di una curva, una corrispon- denza tale che una prefissata di quelle curve unisecanti rappresenti l'identità. Le corrispondenze a valenza t (positiva, negativa o nulla) son rappresentate su F da curve che diremo a valenza T- Sia T una curva a valenza t di indici a, p. Dicendo allora Ty' il gruppo delle Ky che passano pei punti ove la curva KJ sega T, Ty" il gruppo delle Ky passanti pei punti ove KJ' sega T, e Ky',Ky" le Ky che passano rispettivamente pei punti ove K è tagliata da KJ, KJ', avremo : TJ + fKJ^TJ' + U^y", donde, in virtù delle considerazioni svolte al n° 15, si trae: (35) r+ tK^ÌT^ +Ty) + r (/C + Ky). Notiamo qui incidentemente che se si considerano i gruppi segati sulla iden- tità K dalle curve che figurano in questa relazione, si ottiene nuovamente il teorema dimostrato al n° 8 ed il principio di corrispondenza che da esso discende. Dalla (35) si ricava facilmente il grado v di 7" in funzione di a. 3, T- Difatti se si segano con T i due membri della relazione stessa, viene: vH-T» = 2aP-f-T(ct + 3). Sfrie TT. Tom. LIV. k 34 FRANCESCO SEVERI ove u denota il numero dei punti uniti della corrispondenza rappresentata dalla curva T. Giacche: M = a-fP + 2Tp, avremo : (35') v = 2(ap — T». In modo analogo si vede che il numero dei punti comuni a T ed alla curva T' di caratteri a', P', f', è espresso dalla formola: a8' + 3a' — 2ff'p. Il genere p di T si otterrà dalla formola (15), sostituendoci il valore ora tro- vato di v: (35") p = (a - 1) (P - 1) + p (a + 3 - y^). Se i due fasci unisecantisi sono a moduli generali o, ciò che è lo stesso, se la curva C è a moduli generali, su essa non vi saranno che corrispondenze a valenza (*), e quindi sulla F non si troveranno altre curve che quelle dotate di valenza. Si può dunque enunciare il teorema: Sopra una superficie con due fasci unisecantisi \K^\, 1 | , razionalmente identici ed a moduli generali, tutte le curve si ottengono con operazioni di somma e sottrazione a partire dai due fasci e da una curva K unisecante le . Pili precisamente: Data una curva T esiste un intero t, positivo, negativo o nullo (valenza di T). tale che T appartiene totalmente al sistema lineare: I Tj + r; + T {Kj + K,;) - t Jì: | , ove Kj Ky sono due qualunque curve dei due fasci, e TJ (o TJ) denota il gruppo delle (o /Q passanti pei punti comuni a ed alla KJ (o KJ). Se p è il genere dei due fasci, a p gli indici di T, il grado ed il genere di questa curva sono espressi dalle formole (35'), (35"). Se poi i due fasci non sono a moduli generali, esisterà un numero finito (non superiore a 2^^) di curve tali che applicando ad esse ed alle curve dei due fasci le operazioni di somma e sottrazione, si ottengono tutte le curve di F. Osserveremo per ultimo che K dà luogo su F ad nn' involuzione quadratica cj)', ove si chiamino omologhi due punti di F quando sono le intersezioni di due coppie di curve dei due fasci che projettano gli stessi due punti di K. La inversa di una corrispondenza che sia rappresentata dalla curva T. è rap- presentata dalla curva T~^ coniugata di T nella involuzione 0', ossia dalla curva che contiene i coniugati dei punti di T. Sicché le corrispondenze sinm metriche son rappresentate da curve mutate in se dalla involuzione, o come anche si dice appartenenti all'involuzione. (*) HuRwiTz, loc. cit., § 2. SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 35 § 2. — Le superficie con un sistema algebrico d'indice 2 e grado 1. 20. Generalità. — Curve a valenza. — Sia una superficie che rappresenti senza eccezione le coppie non ordinate dei punti di una curva di genere p (*). Le coppie dei punti di C delle quali fa parte un punto fissato, son rappresentate su O da una curva H; sicché ai punti di C vengono a corrispondere ooi curve H, razio- nalmente identiche a C, le quali costituiscono un sistema algebrico Z d'indice 2, cioè tale che per ogni punto di passano due curve H, e di grado 1, cioè tale che due sue cm've si segano in un punto. — Viceversa è chiaro che ogni superficie con un sistema algebrico d'indice 2 e grado 1, rappresenta le coppie (non ordinate) dei punti di una curva. La superficie O è riferibile alla superficie F che rappresenta le coppie ordinate dei punti di 6', in una corrispondenza algebrica (1, 2), poiché ogni coppia di punti di C dà luogo a due coppie ordinato diverse, e in questa corrispondenza ai punti di corrispondono su F le coppie dell'involuzione 0', che consideravamo alla fine del precedente §. Ogni corrispondenza simmetrica T fra i punti di C, è rappresentata da una curva T tracciata su O, e viceversa. Se sulla C è data una corrispondenza non sim- metrica S, e si considerano le coppie dei punti omologhi in questa cori'ispondenza prescindendo dall'ordine, esse vengono rappresentate dai punti di una curva di 0, la quale però deve riguardarsi come immagine della somma S -f- di S con la sua inversa. La corrispondenza identica viene rappresentata su dalla curva Ki inviluppo del sistema X, ossia dal luogo dei punti di O dai quali escono due H coincidenti. Per ogni curva T di ci sono da considerare : il genere p, il grado v, Vindice a, ossia il n" delle intersezioni di T con una H, e il numero u dei punti comuni a T e alla curva Ki (n° dei punti uniti della corrispondenza di cui T è immagine). Questi quattro caratteri son legati dalla relazione: 4a(p — l)-(-2v = 4(p — 1) + M (**). Nel seguito il gruppo delle curve di Z, diverse da una H fissata, che escono dai punti in cui questa taglia • T, si indicherà con la lettera stessa T dotata del- l'indice X. Una curva di dicesi a valenza y quando rappresenta mia corrispondenza sim- metrica a valenza f. Sia T una tal curva. Allora trasportando sulla superficie O la proprietà carat- teristica delle corrispondenze a valenza (n° 4), e indicando con 7\. (o TJ) il gruppo delle curve di Z uscenti dai punti in cui T vien segata da H (o da H') si può dire che i gruppi di elementi di Z, Tj-I-tH e -f-rH', sono equivalenti entro all'ente (*) Per le citazioni relative a questa classe di superficie, ved, l'introduzione alla presente Memoria. (**) Dk-Franchis, loc. cit., n" 18. 36 FRANCESCO SEVERI algebrico ooi Z. Ma siccome una serie razionale di curve di un sistema algebrico, e contenuta totalmente in un sistema lineare (*), avremo: (36) r^ + ^H = r; + TH' ove il segno = ha il significato che già precisammo al n° 13. Alla curva T corrisponde sulla superficie F delle coppie ordinate (ved. al n" 19), una curva aS', a valenza f, appartenente airinvoluzione O'. Sicché continuando ad usare le notazioni del n° 19, avremo: S-^rjK^iS^-h Sy) + T(/C + IQ. Se H è la curva di Z omologa di K^c nella corrispondenza (2, 1) tra F e , ed H' la curva omologa di Ky, alla curva Sy (o S^) corrisponderà la curva (o TJ) costituita dalle ulteriori curve di Z uscenti dai punti comuni ad H (o H') e a T. Siccome nel passaggio da F a a curve equivalenti su F corrispondono su curve equivalenti (**), e d'altronde alla S corrisponde la T contata due volte, perchè ogni punto di T proviene da due di S, avremo sulla superficie 0: 2T+ T/A = (T. + tH) + (TJ + tH') , ossia, in virtù della (36) : (37) 2r+T/fi^2(T, + TH). In particolare se Tèa valenza zero, dalla (36) rileviamo: T-^ = TJ , e dalla (37): 2r = 2r,. La prima di queste si può anche enunciare dicendo che una curva a valenza sega su ogni curva di Z un gruppo che equivale a quello segato da un conveniente insieme di curve H : viceversa è chiaro che ogni curva soddisfacente ad una tal con- dizione, come p. es. una curva che appartenga al sistema lineare individuato da un gruppo di curve H, è a valenza zero. Dalla seconda relazione non si può a 'priori dedurre che T e T^ sono equivalenti, ma noi proveremo che nel caso attuale questa deduzione è lecita, dimostrando che ogni curva a valenza zero tracciata su <\> appartiene ad un sistema lineare individuato da un gruppo di curve di Z. A tal uopo ci occorreranno due lemmi che andiamo ad esporre: Lemma I. — La dimensione del sistema lineare (completo) che contiene totalmente una serie lineare completa di dimensione v, formata con le curve di Z, è ' Siene infatti Hj ... H„ le curve di un gruppo della gl completa che si consi- dera entro Z. Se r = ogni curva del sistema (*) Cfr. Enriques, Un'osservazione relativa alla rappresentaziotie paranietrica delle curve algebriche ' Rendiconti di Palermo „ t. 10 (1896). (**) Ved. la mia Nota, Sulle relazioni che legano i caratteri invarianti di due superficie in corrispon- denza algebrica. ' Rendiconti del R. Istituto Lombardo (2), t. 36 (1903); n° 2. SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 37 dovrà segare su una qualunque H un gruppo identico a quello segato dalla curva composta Hi -j- ...-(- H„, e quindi il sistema \ D\ si ridurrà a questa sola curva. Supponiamo ora che il gruppo Hi ... H„_i individui entro Z una serie completa oc", ma che il gruppo Hi ... H„ individui una g^. In quest'ipotesi calcoliamo la dimensione R del sistema \D\. Esso sega sopra una H di Z una serie ooi, perchè ogni H è ri- ferita prospettivamente alle curve di Z, e siccome facendo avvicinare indefinitamente H ad H„, quel riferimento prospettivo permane, la dimensione della serie segata daj/)] su H„ non potrà differire da 1. D'altronde l'um'ca curva del sistema \ D\ che con- tenga come parte H„, è quella spezzata in H, ... H„_i, dunque: i2 — 1 — 1 0, ossia: li = 2. Supponiamo ora che il grappo Hi ... H„_i individui una e che il gruppo Hi...H„ individui una g'-. Considerando come prima la serie segata su H„ dal sistema iZ)|,si vede che essa è oo^. Ma i resti delle curve /) passanti per H„ costituiscono il si- stema lineare i Hi -|- ... -|- H„_i j . che per quanto precede è di dimensione 2, dunque indicando al solito con A' la dimensione di |Z)|, avremo: R — 2 — 1=2, ossia: R=b. Così proseguendo, servendosi dell'induzione completa, si tz'ova che la dimensione del sistema | Hi -|- ... -|- H,,] , quando r è la dimensione della serie individuata dal gruppo Hj ... H„, è espressa da ' ^ (*). Lemma II. — Il sistema lineare che contiene totalmente una serie lineare non spe- ciale di curve di Z, è regolare. Dal fatto che ogni curva rappresentante le coppie di punti di un gruppo varia- bile in una g\p_2 canonica di C, è una curva canonica di F {**), segue subito che su una H ogni curva canonica sega un gruppo speciale di 2p — 3 punti, e quindi che ogni sistema lineare speciale sega su H gruppi speciali. Se ne deduce che il sistema l-^l = 1^1 + ••• + che contiene totalmente la gl, non speciale, è esso pure non speciale. Calcoliamo ora la dimensione virtuale di questo sistema, data dal teorema di RiEMANN-RocH (***). Il grado v di \D\ è uguale ad n^, il genere p è uguale a come si vede ricordando che le varie parti della curva composta Hj -)- ... -|-H„ s'incon- trano a due a due in un punto: e il genere aritmetico P„ di O è espresso da: (*) Uu ragionamento analogo si trova nella Nota citata del Dott. Maboni, pel caso di una super- ficie con due fasci unisecantisi. (**) Ved. la mìa Nota, Sulle superfìcie che rn])2)resentano le coppie di jmnti n" 5. (***) Cfr. Castelnuovo, Alcune j^voprietà fondamentali dei sistemi lineari di curve tracciati sopra una superficie algebrica. * Annali di Matematica (2), t. 25 (1897); n' 34 e segg. (■^) Cfr. la mia Nota Sulle superfìcie ; n° 6. 38 FKANCESCO SEVERI Sicché: V — p T Pai- l=n—p n {n — 2p-\- 1) 1 pi p — 1) 2 2 Giacche per ipotesi la è non speciale sarà n ■= r p, e quindi sostituendo nella precedente uguaglianza avremo: Dunque la dimensione virtuale di \D\ coincide con l'effettiva, e perciò \D\ è regolare. E passiamo infine alla dimostrazione della equivalenza di T e T,. Anzitutto si osservi che, come già accennammo, su una curva H' di Z le due curve segano gruppi equivalenti. Difatti sopra H' le due curve (composte) e TJ (ove TJ rappresenta il gruppo delle H che passano pei punti comuni ad H' e a T) segano due gruppi equivalenti; ma su H' la T e la TJ segano lo stesso gruppo, dunque Te segano su H' gruppi che si equivalgono. Ciò posto supponiamo che la serie individuata da T^ entro Z, sia non speciale, del che potremo esser sicuri se p. es. il numero a delle parti che compongono T^ è maggiore di 2p — 2. In tale ipotesi non solo il sistema |T^! sarà regolare, ma il sistema \ T\ non potrà essere speciale, perchè staccherà su ogni H gruppi non spe- ciali. Dal momento che | r| ha gli stessi caratteri (grado e genere) di \T^\, come si rileva, p. es., dal fatto che 2 T =^ 2Tx, la dimensione virtuale di \ T\ sarà uguale alla dimensione effettiva di | T" J , e quindi \ T\ avrà dimensione effettiva non infe- riore a quella di \ T^\. Ora si osservi che | T^ \ sega su una H generica una serie completa (non spe- ciale), e che I T\ sega sulla stessa H gruppi di questa serie. Ne viene che il sistema residuo di H rispetto a ] T] avrà certo dimensione non inferiore a quella del sistema residuo di H rispetto a \ T^\. La serie individuata entro Z da una T^ — H, sarà non speciale, perchè stac- cando un elemento generico da una serie non speciale entro un ente oo^, si ha una serie non speciale. Siccome inoltre i due sistemi residui segano su ogni H gruppi equivalenti, essi si troveranno nelle identiche condizioni dei sistemi primitivi. Ne viene che se da | — H | si può ancora sottrarre una H, si potrà togliere anche da \ T — H], e i sistemi residui si troveranno nelle stesse condizioni dei sistemi \T\ e I^tI ; e cosi proseguendo. Dopo un numero finito di sottrazioni si arriverà ad un sistema | 7 j — sHj dal quale non è più possibile togliere altre curve di Z. Perchè ciò accada bisogna evi- dentemente che il sistema completo \ T:, — s H | si riduca ad una sola curva composta con curve di Z. Siccome ogni curva T — sH deve segare sopra una H qualsiasi un gruppo equi- valente a quello segato da T^ — sH, e d'altronde questo gruppo individua una g° completa, la T^ — sH ed una T — sH, taglieranno ogni H nello stesso gruppo di punti. Dal che si deduce che \ T — sHi riducesi alla curva T^ — sH, e quindi che V - p + P„ -f 1 = r + r= T,. SULLE COKKISrONDENZt; FRA I PUNTI DI UNA CUUVA ALGKBIUCA, ECC. 39 Ci resta da considerare l'ipotesi che la serie individuata da sia speciale. In tal caso aggiungeremo a questa serie una seconda serie individuata da una curva composta con a' curve H, in guisa che a -\- a.' sia maggiore di 2p — 2. La curva generica S del sistema [.S'^l sarà a valenza zero, e quindi la curva T sarà pure a valenza zero. Poiché la serie individuata da S^, -j- 1\ è non speciale, avremo: = + dalla quale, tenendo conto che S^S,., si trae ancora: T=T, c. d. d. 21. Dipendenza fra curve tracciate sulla superfìcie 0. — Siene f f" ... curve tracciate su . Diremo che esse sono dipendenti o che una di esse dipende dalle rimanenti, quando si posson determinare dei numei i interi ... X,., non tutti nulli, tali che: (38) Xi r' + ... + x,r ^ Xi r; + ... + x,a, ove rappresenta il gruppo delle curve del sistema X che passano pei punti comuni a f' e ad una H fissata. Se H denota il gruppo delle H passanti pei punti comuni a f' e alla curva H, dalla (38) si rileva: Xir; + ... + x,rj = Xi r; + ... + x.iì, la quale ci dice che le curve V ... P rappresentano k corrispondenze (simmetriche) fra i punti di C, dipendenti secondo i numeri (X^ ... X^) (n° 9). Viceversa si vede facilmente, seguendo una via analoga a quella del n° 15, che pili corrispondenze (simmetriche) dipendenti secondo (Xi ... Xi), son rappresentate su O da altrettante curve dipendenti secondo gli stessi numeri. Talvolta, per brevità, la (38) si esprimerà dicendo che la curva (virtuale) Xi r'-f- ... -f- Xj. r'' è a valenza zero. A proposito di questa locuzione si posson ripetere le osservazioni già fatte nel caso analogo, al n° 15. Dimostreremo ora che: Sopra la superfìcie è p)ossibile trovare un numero finito di curve indipendenti, tali che ogni altra curva di O sia dipendente da esse. Indichiamo con G l'insieme di tutte le corrispondenze simmetriche esistenti sulla curva C. Dal teorema fondamentale del n° 11, segue che nell'insieme G esisteranno certe t corrispondenze indipendenti f ... f, tali che ogni altra corrispondenza V di G sia dipendente da quelle. Poiché la dipendenza fra piìi corrispondenze di G, si rispecchia nella dipendenza fra le curve di O che rappresentano quelle corrispon- denze, le curve f ... f di (p, immagini delle suddette t corrispondenze dell'insieme G, soddisfaranno alle condizioni dell'enunciato. Il gruppo delle curve f ... f si chiamerà una base pel sistema di tutte le curve tracciate sopra O. 40 FRANCESCO SEVERI Se le corrispondenze f ... f furono scelte in guisa che indicando con f un'altra corrispondenza qualsiasi di G, le f f f" ... f risultino dipendenti secondo i numeri (1 Xi ... X,); ove le \ sono interi convenienti, la base (f ... f) si dirà minima. 22. Discriminante di una base. — Teorema di Bézout. — Espressioni pel grado e pel genere di una curva tracciata su O. — Le considerazioni analoghe a quelle che facemmo ai n' 17, 18 per la superficie F, si posson ripetere per la O, modificando solo la definizione del discriminante di una base. Perciò adesso ci limiteremo ad enunciare i resultati ai quali conducono le considerazioni stesse. Se f ... f son curve appartenenti a 0, di indici rispettivi ajag... a^, e se f,h esprime il numero dei punti comuni alle curve P f*, si chiamerà discriminante del gruppo (f ... f) il determinante simmetrico: Cii Ci2 ... Cu C(i C(2 ... Cit ove si è posto c,^ =: a, — t.^. Quando le curve V ... V son dipendenti il discriminante A si annulla. Supponiamo che le curve 11'. ..TT' costituiscano anch'esse una base e che le TT' f ... r* risultino dipendenti secondo i numeri (X» Xi, ... X,,): allora il discriminante A' della base (TT' ... TT') risulta legato a A dalla relazione: (Xi X2...X,)2 A' = A-'A, ove A è il determinante delle X,^. Da questa si rileva che se si annulla il discriminante di una base, lo stesso accade dei discriminanti di tutte le altre. Noi faremo l'ipotesi (eventualmente limi- tativa) che i discriminanti delle basi non sieno nulli. Allora si può dire che Le basi minime hanno lo stesso discrimina?ite, che è il massimo commi divisore dei discriminanti (=i= 0) di ttitte le basi. Sia L una curva d'indice a dipendente dalla base (f ... P) secondo i numeri (X Xi ... X,), e sia y, il numero dei punti comuni ad L e alla curva P. In modo ana- logo per un'altra curva L' tracciata su , introduciamo i caratteri a', (X' X^' ... X/) e t/- Allora il numero / dei punti comuni ad L, L' è espresso dalle due formolo: T=:aa' — ~ 'Lc,h\h' I=aa' ^ ZA.,, C.C,/ nella seconda delle quali A,,, rappresenta il subdeterminante dell'elemento c,,. nel discriminante A, e c, c/ son definiti dalle uguaglianze: SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALfiEBRICA, ECC. 41 Il grado V e il genere p della curva L vengono espressi da: v = a-— , Zc,,.X,Xa = a- — IA,,,c.c/,, p = a(p-l) + ia^ 'ih^^iCfi -\- 1 ove u e il numero dei punti comuni ad L e alla curva , inviluppo di Z. Natu- ralmente introducendo i caratteri della curva Ki rispetto alla base (f ... f) e l'in- dice di Ki, che è uguale a 2, perchè le curve di Z toccano il loro inviluppo, dalla precedente formola si elimina la u. Ma l'espressione che cosi si ottiene per p è com- plicata e riteniamo inutile trascriverla. Osservazione. — Nelle formolo (34) che davano il genere di una curva tracciata su F, non entravano caratteri della curva immagine dell'identità, perchè le curve canoniche di F, risultando dall'addizione di gruppi canonici dei due fasci unisecantisi, erano a valenza zero. Invece nella formola che dà il genere di una cui'va tracciata sulla superficie , che consideriamo attualmente, compariscono caratteri delia curva immagine del- l'identità, perchè le curve canoniche di sono a valenza 1 (come risulta dal fatto che fra esse ci sono le immagini delle c/lp_i canoniche di C), e quindi esse non si compongono direttamente con le curve di Z, ma sono legate a queste da una rela- zione in cui entra anche (ved. al n° 20). 23. Caso della superficie che rappresenta le coppie (tion ordinate) dei punti di una curva a moduli generali. — Non vogliamo passare sotto silenzio il caso in cui il sistema Z, contenuto in , è un ente coi ^ moduli generali, perchè applicando a questo caso le considerazioni svolte per una qualunque, si ottengono risultati che. per la loro semplicità, riescono interessanti. Se il sistema Z è a moduli generali, ossia se la curva C da cui nasce la super- ficie (j), è a moduli generali, pel teorema di Hurwitz, sopra non si troveranno che curve a valenza. Dunque, secondo il n° 20, se T è una curva di esisterà sempre un intero y (positivo, negativo o nullo), tale che: Questa relazione si può enunciare dicendo che la curva Ki , inviluppo del sistema T, è una base per la totalità delle curve tracciate su O. Però, al contrario di quanto accadeva nel caso della superficie F rappresentante le coppie ordinate dei punti di C, l'immagine dell'identità non costituisce attualmente una base minima. Ma è facile vedere che una curva T immagine di una corrispondenza simmetrica a valenza uno, può assumersi come base minima. Difatti la corrispondenza T a valenza r e la corrispondenza f a valenza 1, sono dipendenti secondo i numeri (1, — t) (n° 9), e quindi (n" 21) tra le 7'. f passa la relazione: (39) 2T+T7ri^2(r.-f tH). (40) Skrie II. Tomo LIV. p 42 FRANCESCO SEVERI Si può prendere come curva f quella che rappresenta le coppie di una qual- siasi c/l: in particolare, se ^> 1, possiamo assumere come base minima una curva canonica. Sicché in tal caso tutte le curve della superfìcie <1> si ottengono con le opera- zioni di somma e sottrazione dalle curve del sistema "L, d'indice 2 e grado 1, e da una curva canonica. Dalla (39) o dalla (40) si trae che il numero dei punti comuni a due curve T, T di indici a, a' e di valenze y, t', è: a a' — Y y' p. In particolare il grado v di T è espresso da: V = — T^i?, e quindi il genere p da: I risultati precedenti interpretati nel caso in cui la O è una superficie iperel- littica generale {p = 2), ne forniscono proprietà, che credo nuove. §3. — Esame particolare delle superfìcie che rappresentano le coppie, ordinate o non, dei punti di una curva ellittica. 24. Determinazione effettiva di una base minima sulla superficie che rappresenta le coppie ordinate dei punti di una curva ellittica singolare. — Esempio numerico. — Come applicazione delle considerazioni generali svolte nei §§ precedenti (della Parte II*), studieremo dapprima le superficie che rappresentano le coppie ordinate dei punti di una curva ellittica singolare, e poi passeremo ad alcune osservazioni sulle superficie che rappresentano le coppie non ordinate (rigate ellittiche). La esistenza su C di qualche corrispondenza singolare, porta la esistenza di qualche curva priva di valenza sulla superficie F (coi due fasci ellittici unisecantisi e razionalmente identici, |-ffx|, che rappresenta le coppie ordinate dei punti di C. Si tratta di caratterizzare geometricamente, in questo caso singolare, una base (minima) di tutte le curve tracciate su F. Dicendo (1, t) i periodi dell'integrale normale di l-"^ specie u disteso sulla C, ad ogni corrispondenza fra i punti di C verrà associata una soluzione in numeri interi {h, g, H, G) della equazione: (41) {K + gT)T = H+GT. Le corrispondenze a valenza provengono dalle soluzioni identiche di quest'equa- zione, cioè dalle soluzioni: h = G, g^H=0{*). (*) HuRwiTz, loc. cit., § 2. SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 43 Per l'ipotesi fatta che C sia singolare, esisterà almeno una soluzione non iden- tica [h' (/ H' (t') della (41). Supponiamo che la nostra curva C sia una cubica piana ellittica di equazione: xl = ix\ — giXi—gs, e che sia p{u\l,j) la funzione p di Weierstrass ad essa relativa, dimodoché la rap- presentazione parametrica di C sarà: Xi=p{u), X2 = p'{u). Allora se si pone : n' = h' 4-/T, in virtù della relazione: (42) (/j' _^ ^'t)t = //'-}- <7't. potremo dire che \a p{ì(\l,T) possiede il moltiplicatore complesso tt' (*), ossia che P(tt'») è funzione razionale di p{ii) del grado a — G'h' — g' H' . Segue da ciò che ponendo: (43) u' = ti' » , ad ogni punto x(x-^x.^ della curva C', e quindi ad ogni valore di ii, corrisponde un valore di u' e quindi un altro punto f/igig-y) della curva; e viceversa che ad un punto //, e quindi ad un valore di :u', rispondono a valori (incongrui) di u, e quindi a punti X. La (43) definisce dunque una corrispondenza algebrica singolare (a, 1) fra la serie di punti x, y. Questa corrispondenza sarà rappresentata su F da una curva T, unisecante le A'x e a-secante le K.,: il suo genere sarà dunque uguale ad 1, e il suo grado sarà uguale a zero (ved. la forinola (15)). Per rappresentare algebricamente la corrispondenza T basterà determinare due corrispondenze a valenza (positiva o nulla) -S', S" , ciascuna delle quali contenga come parte T: il che si fa in infiniti modi. Ragionando per chiarezza sulla F, si potrà, p. es., proceder cosi: Si determinino genericamente due sistemi lineari \S"\, di cui ciascuno sia la somma di serie lineari dei due fasci unisecantisi, e tanto ampli che entrambi contengano parzialmente la T. Allora questa curva si potrà definire come l'intersezione di due curve a valenza zero ben determinate, all'infuori. even- tualmente, di un numero finito di punti comuni alle parti residue. Poiché ogni cor- rispondenza a valenza si rappresenta con una sola equazione fra i punti .r, // di C, le coppie dei punti omologhi nella T, resteranno definite dal fatto di soddisfare con- temporaneamente a due equazioni, all'infuori forse di un numero finito di soluzioni estranee. Nel caso attuale è facile scrivere le equazioni di due corrispondenze S' , S", a (*) Cfr. ad es. Biancui, Lezioni sulla teoria delle funzioni di variabile complessa e delle funzioni ellittiche. Pisa, Spoorri (1901); pag. 525 e segg. 44 FRANCESCO SEVERI valenza, che contengano come parte la T. Difatti le coordinate yi del punto y corrispondente ad x nella T, sono espresse da: y^=p{u'), y^=p'{n'), dove u' è legato al valore dell'integrale ti nel punto x, dalla relazione (43). E poiché è funzione razionale ài p{ii), avremo: nella quale qp son polinomii. L'equazione: yi q> (-^1) — fiafi) = 0, rappresenta una corrispondenza S' a valenza, fra i punti della curva C, e la S' con- tiene come parte la T. Derivando i due membri della relazione: avremo : dove e X son polinomii. Sicché un'altra corrispondenza S" a valenza, contenente come parte la T, sarà rappresentata dall'equazione: 2/2 X 3^2) — 4J (xi X2) = 0. Sotto forma trascendente la T si può i-appresentare con la sola equazione: (44) e(M'-TT'«)l,T) = (*). Ad ogni corrispondenza singolare viene associato un moltiplicatore complesso della funzione p, e viceversa ad ogni moltiplicatore complesso si può associare (in infiniti modi) una corrispondenza singolare fra i punti di C. Così se tt' è un molti- plicatore complesso, basterà scrivere la (44), per avere la rappresentazione di una coiTÌspondenza singolare ad esso associata. Siccome ogni altro moltiplicatore complesso tt della p è legato a tt' da una rela- zione del tipo : \TT-f XiTt'+ \2 = 0, ove X Xj X2 son numeri interi, la corrispondenza già costruita T (associata al molti- plicatore tt') ed una corrispondenza qualsiasi associata al moltiplicatore 1 (cioè a (*) HuRwiTz, loc. cit. SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 45 valenza — 1), costituiranno una base di tutte le corrispondenze esistenti sopra C. Conviene scegliere come corrispondenza associata al moltiplicatore 1, l'identità K. Ma avendo scelto arbitrariamente per costruire la 7', uno degli infiniti molti- plicatori complessi della /j, la base {T, K) non sarà in generale minima. Vediamo dunque di procurarci con sicurezza una base minima. Perciò occorrerà applicare il noto procedimento che permette di costruire un moltiplicatore complesso elementare, conoscendo un moltiplicatore complesso qualsiasi (*). Riprendiamo la (42) e scriviamola sotto la forma: ^'t2 + (A'-(9') T — ff' = 0. Moltiplicando i duo membri di questa per un conveniente numero (razionale), si può sempre ridurre al tipo : ^t2-| 2Bi + C= 0, ove A, B, C sono interi primi fra loro. Ricordiamo chela, forma quadratica {A, B, C), il cui discriminante è D = AC — B^, dicesi di prima o di seconda specie, secondochè A, C non sono o sono ambedue pari. Orbene si dimostra che se {A, B, C) è di 1* specie tt" = 5+ Ar è un moltiplicatore complesso elementare; ossia tale che ogni altro moltiplicatore è della forma ^iTt"-|-^2, con Xj X, interi; e che se {A, B,C) è di 2* specie, un molti- plicatore elementare è: n".= ^(J5+l + ^T). Ponendo : «' = Ti" u, e attribuendo a it" il primo o il secondo valore, secondochè {A, B, C) è di l" o di 2" specie, avremo la rappresentazione trascendente di una corrispondenza singolare S, di cui un indice è uguale ad 1, e l'altro, a, è dato da: Oi = D, a = \{D^\), secondochè {A, B, C) è di 1=* o di 2* specie. La base {S, K) sarà evidentemente minima. Ritornando alla superficie che rappresenta le coppie ordinate dei punti di C, ne possiamo fissare un modello projettivo, considerando nello spazio a quattro dimen- sioni {xi x.. Di 1/2) l'intersezione delle due varietà (cilindriche) a tre dimensioni: xl = 4xl — gz — (ji y\ = — yi — 9i- (* Bianchi, loc. cit., pag. 529. 46 FRANCESCO SEVERI Su questa superficie F del 9° ordine i due fasci unisecantisi | -ffi | , \Ky\ son segati dai piani generatori dei due cilindri, e sono quindi costituiti da cubiche piane ellittiche; l'identità K è pure una cubica ellittica segata su F dal piano: «1 — Ì/l = 0, X2— y2 = 0. Per scrivere le equazioni della curva S bisognerà ricorrere alla formola effet- tiva di moltiplicazione, che esprime p(n"ìì) come funzione razionale òxp{u). Questa formola ci darà l'equazione di una varietà passante per S; l'equazione di un'altra varietà pure passante per S, si otterrà derivando i due membri della formola suddetta. Ogni altra curva di F si compone con operazioni di somma e sottrazione a partire dalle curve dei due fasci, e dalle curve S, K. Poiché il numero dei punti uniti di una corrispondenza (a, j?), associata ad una soluzione (/*, H, G) della (41), è espresso da: a + p - - (? (*), il numero dei punti comuni ad S e /^sarà uguale ad a + 1— 5 + 5 = a + l, se {A, B, C) è di 1=^ specie, e ad a + l-^-(i?+l)--L(i_5) a, se {A, B, C) è di 2^ specie. Sicché il discriminante A della base (S, K) sarà espresso da: 2a 2 nel primo caso, e da: A = 2a 1 1 2 = ia—l = D nel secondo caso. Conoscendo il discriminante della base (S, K) si può calcolare il grado e il ge- nere di una curva tracciata su F, e il numero dei punti comuni a due tali curve, in funzione dei loro indici e dei numeri dei punti in cui esse tagliano S, K (ved. il n° 18). Esempio nuynerico. — Non ci tratterremo sopra i piìi semplici esempii numerici che si potrebbero addurre, cioè quelli relativi ai casi di una cubica armonica o equi- anarraonica Osserveremo solo che in entrambi i casi tutte le curve tracciate su jPsì potranno ottenere per somma e sottrazione da una curva rappresentante una corrispon- (*) HuRwiTz, loc. cit. ('*) Le corrispondenze biunivoche di ogni specie sopra una curva ellittica, furono studiate geo- metricamente da Segre nella Nota: Le coi'rispondenze univoche nelle curve ellittiche. ' Atti della R. Acc. di Torino , (1889). SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 17 denza biunivoca ordinaiiil, e da un'altra rappresentante una corrispondenza biunirora singolare, cioè segante in un punto le curvo dei due fasci | -fiTy j , nonché dallo curve stesse di questi fasci (*). Considereremo piuttosto un esempio un po' piìi elevato, studiando la superficie F relativa alla cubica ellittica singolare: xl = ix] — 30xi — 28 (**). Il rapporto t dei periodi di un integrale di specie, soddisfa in tal caso alla equazione: t2 4- 2 ^ 0. Siccome questa è una forma quadratica di 1' specie (1,0, 2), una corrispondenza singolare come la S, si otterrà prendendo: e sarà rappresentata sotto forma trascendente dalla relazione: u' = f |/2 M. La formola di moltiplicazione relativa al moltiplicatore i[/2, è: sicché ima prima equazione alla quale soddisfano le coordinate Xi Xo, iji y., delle coppie di punti omologhi nella S, sarà: (45) 2x\ + ix.ij, + Ax, 8y, + 9 = 0. Derivando i due membri della formola di moltiplicazione, ricaveremo una se- conda equazione alla quale soddisfano le coordinate dei punti j , ?/ omologhi nella -S': (46) 2x2 (^1 + 2)2 + {xi + 2)2 y., — Oa-, = 0. L'indice a della S non è altro che il discriminante della forma (1, 0, 2), cioè a = 2. Le equazioni della superficie F appartenente allo spazio S.^ {xi x^ t/i y^) saranno attualmente : x!=:4t? — :30xi — 28 y\ = iy\-my,-2'è, e la curva S sarà segata su F dalle due varietà (45), (46). (*) La superficie delle coppie ordinixte dei punti di una curva ellittica, fu incontrata da ÀMALDi come il tipo più generale di superficie con più di due fasci unisecantisi (all'infuori delle superficie razionali). Ved. la sua Nota nei ' Rendiconti dei Lincei (5), t. 11 (1902), 2" semestre. (") A. proposito di questa cubica ved. il libro già citato del Bianchi, pag. 545. 48 FRANCESCO SEVERI Sia r' una curva di indici (a' 3') tracciata su F, e sieno Ti' T2' i numeri dei punti in cui essa taglia S e l'identità K. Il grado di f sarà espresso dalla formola: c/ c'2 Ci' 4 C2' 2 ove si è posto: Ci' = a' + 2 p' - Ti', C2' = a' + P' - T2' ; il genere verrà dato da: Se poi r" è un'altra curva di F e per questa s'introducono i caratteri a" p" Ti"T2" Ci" C2", analoghi a quelli introdotti per f, il numero dei punti comuni afe f" sarà uguale ad a' p" + a"3' + -f Ci' C2' Ci" 4 C2" 2 ^a'r + ex" B' t^'-^"'^" E così le piii importanti questioni relative alle curve tracciate su F, vengono completamente risolute. 25. Le rigate ellittiche come superfìcie delle coppie di punti di una curva ellittica. — La varietà oo^ delle coppie non ordinate dei punti di una curva ellittica C, si può sempre riferire ad una rigata ellittica 0, e viceversa (*). Le generatrici della rigata rappresentano le g\ di C, e le curve H del sistema di grado 1 e indice 2, Z, le quali corrispondono ai punti di C, incontrano in un sol punto le generatrici. Le curve che rappresentano le coppie dei punti delle co 2 g\ contenute in una 73, costituiscono una rete di grado 3, che contiene 00^ curve composte H-\-K^. Assu- meremo come fascio \Ky\ uno dei fasci della rete suddetta. Sia ora T una curva qualsiasi segante in p punti le 7C > in a punti le Ky e in a{= o. — P) punti le curve di Z. Chiamando KJ K^' KJ" le generatrici che passano pei punti base di \Ky\, avremo per la (17) (n° 14): (47) T+^{KJ+KJ'+KJ")^T^+ Ty, ove (0 Ty) denota il gruppo delle (0 passanti pei punti comuni ad una Ky (0 z;.) e a r. Vediamo di dedurre dalla (47) il modo di comporre la Tcon le curve del sistema Z e col loro inviluppo K^. (*) Segre, Ricerche sulle rigate ellittiche " Atti delLa R. Accad. di Torino t. 21 (1886); n° 19. SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 49 Le tre curve di \K,,\ che contengono come parti rispettivamente KJ K," AV", lasciano come resti tre curve di I, H' H" H'", ciascuna delle quali passa per due dei tre punti base di \Ky\. Pel fatto che ogni generatrice rappresenta una corrispojidenza a valenza uno, avremo (n° 20): 2/C' + ^ 2{H"-{-H"'l 2lU" + Ki = 2{H"' + H'), 2 AV" -\-K, = 2{H'^ H'% e quindi: 2(a;'4-A7'H-a:;")+3 A", = ì{h'+h"^h"'). Sostituendo nella (47) dopo averla moltiplicata per 2, verrà: (48) 2 T— 3 8 A'i + ^ 3 (ir + /f' + H"') = 2T,-\-2T,. Se per costruire il gruppo si sega T con la curva composta E'-\-KJ, avremo: r,= pA:; + iW', ove ili' è il gruppo delle A'j. che passano pei punti comuni a T" e ad //'. Analogamente, se per costruire T,j si sega T con la curva AV, si otterrà: Sostituendo nella (48), avremo: (49) 2 T - 3 p /iTi + 4 p (/f + H" + E'") = 4 p KJ-\- 2 pi?' + 2 M' . Siccome ognuna delle curve del gruppo ili' è a valenza uno. la curva composta M' sarà a valenza a, sicché: 2M'-\-aK^ = 2[N'-^aH'), ove N' è il gruppo delle curve di Z, diverse da ii', che escono dai punti comuni a T ed E'. Se nella (49) sostituiamo l'espressione di 2M' data dalla precedente relazione, e quella di 2 A,' data dalla: 2KJ^K^ = 2(fl-" + fl-'"), otterremo, a riduzioni fatte: 2 r+ (« - P) AV = 2 [N' + (a - P) E'] , la quale prova che la curva T ha la valenza a — p. Questo risultato ci dice che : Sopra una curva ellittica qualsiasi le corrispondenze simmetriche sono tutte a valema. Precisamente: Se una corrispondenza simmetrica ha Tindice a ed ha 8 coppie comuni con una (j\ della curva ellittica, la sua valenza e a — p. Lo stesso fatto si sarebbe potuto stabilire per via trascendente, identificando le formolo che rappresentano la corrispondenza diretta con quelle che rappresentano la corrispondenza inversa. Bologna, Aprile 1903. G S XJ JU L E VIBRAZIONI DI UNA MEMBRANA CHE SI POSSONO FAR DIPENDERE DA DUE SOLI PARAMETRI MEMORIA DI GIULIO BISCONCINI Approvata nell'adunanza del 24 Maggio 1903. Il prof. Levi-Civita, proponendosi in una memoria pubblicata in questa Acca- demia (*), la questione di determinai'e i tipi di potenziali, che dipendono da due sole coordinate, e sono quindi costanti lungo le linee di una certa congruenza Xf=X^-\- F~-t-Z~ = 0. fu condotto a studiare le soluzioni comuni alle due equazioni : A/^^ + |ì + g = 0, Xf=0. Se noi scambiamo nella A2/' la variabile z in it, la nuova equazione: ^/ ^ diy» òr- " definisce le vibrazioni trasversali di una membrana elastica (**), e il problema pro- postosi dal Levi-Civita trova l'equivalente in quest'altro: Determinare i tipi di vibra- zioni trasversali di una membrana, che si possono far dipendere da due soli parametri. Per la risoluzione di questo pi oblema ci siamo valsi dei risultati contenuti nella memoria citata. (*) TÌ2)i di potenziali che si possono far dipendere da due sole coordinate (' Meni, della K. Acc. delle Scienze di Torino Serie II, t. XLIX, a. 1899). (**)È noto infatti, che queste vibrazioni sono definite da un'equazione del tipo ~ dx* '>(/') * A- essendo una costante. Per passare da questa all'equazione □/'=0 basterà cambiare l'unità di tempo nel rapporto da 1 ad A. 52 GIULIO BISCONCINI 2 In essa l'A. dimostrò, che le traiettorie di un gruppo ooi di similitudini e le congruenze rettilinee isotrope sono le sole congruenze equipotenziali e insegnò, come, per arrivare all'equazione, cui doveva soddisfare il potenziale lungo queste linee, bastasse aggiungere alle traiettorie della congruenza Pi = Pi (-i^, i/, ^) , P2 = pAx, !/, z), una terza famiglia di superficie P3 = P3(-^, indipendente da esse, ed, espresso il Ag/" in coordinate curvilinee Pi, pa, P3, bastasse porre = ed eventualmente moltiplicare per un opportuno fattore in modo da eliminare P3. Ora, poiché l'equazione [Zif=0 differisce dall'equazione di Laplace solo per lo scambio della variabile reale z nella immaginaria it, la via che dovevamo seguire, si presentava ben delineata; dovevamo: 1° determinare nel campo x, i/,t tutti i sottogruppi reali di quel gruppo, nel quale si muta il gi'uppo delle similitudini, quando si fa detto scambio ; 2° trovare le equazioni delle traiettorie (1) Pi = Pi !/, t), P2 = P2 i--^, y, t) generate dalle coiTispondenti trasformazioni infinitesime, con che avremmo ottenuto le equazioni delle nuove linee coordinate variabili col tempo; 3° determinare l'equa- zione delle vibrazioni dipendenti dai soli parametri Pi, pj secondo il processo più sopra indicato. Nel § 4 abbiamo preso in considerazione il caso, in cui le linee equipotenziali appartenessero a una congruenza rettilinea ed isotropa e, valendoci di una forma semplice data dal Ribaucour per l'integrale generale di queste congruenze, abbiamo dedotto le equazioni (1), dimostrando (senza eseguir calcoli) come 1' equazione dei potenziali isotropi si potesse anche riguardare come l' equazione delle vibrazioni in questione. Infine abbiamo considerato a parte il caso delle congruenze di lunghezza nulla (v. § 5), che, mentre nel campo x, ij, z dovevasi escludere, poteva dare nel campo x, ij,t, come infatti ha dato, risultati, che non fossero negativi. Ci sia permesso qui di ringraziare vivamente il Professore Levi-Civita, che, oltre all'averci gentilmente favorito il tema di questo lavoro, ci fu sempre largo di aiuti e consigli. § 1. — Ricerca grupimle. 1. — È noto che, nello spazio ordinario, l'unico gruppo, che lasci ferma una curva piana, è il gruppo a 7 parametri delle similitudini, il quale lascia fissa una conica. Scelta questa in modo che in coordinate omogenee assuma la forma 3 SULLE VIBRAZIONI UI UNA MEMBRANA, ECC. 53 cioè scelto quale ente invariante l'assoluto dello spazio, il nostro gruppo G-, risulta definito dalle trasformazioni iiifiiiitosimo (*): = P , 'V = '1 , = f . ^if — — . 'V =2P — xr , S4 =xq — yp, TJf=xp-{-tjq-\- zr, dove p, q, r sono, secondo le notazioni ordinarie, simboli di derivate di una funzione f(x, y, z) rispetto alle variabili x, y, z. Se si passa al campo x, y, t mediante lo scambio di z in it [i =|/ — 1) e si pone s = ^Ì^^^^i^ ^ le trasformazioni infinitesime del gruppo G^ assumeranno la forma: = p , ^'jf = q , x^f - « , Sif=l/s + tq, S4=tp-\-xs, S3f=xq — yp, Uf= xp + yq + ts e la conica all'infinito, che rimane fissa, sarà reale ed avrà per equazione: a;2 + .y2 — ^2 = 0. Consideriamo ora il gruppo subordinato di G^ sopra il piano all'infinito e deter- miniamone le corrispondenti trasformazioni infinitesime, quando sopra questa varietà a due dimensioni si scelga il sistema di coordinate non omogenee definito dalle formule : Quando alle variabili x, y, t si dànno gli incrementi òx, by, bt, le nuove coordi- nate E, n subiranno in generale gli incrementi: . _ tbx — xbt . tbu — uhi bi = — ^ , òn = , per cui nelle successive ti'asformazioni infinitesime del gruppo subordinato i coeffi- cienti di 1^ e ^ saranno ciò che diventano bE e bt), quando bx, by, bf si sostituiscano con gli incrementi, che subiscono .r, y, t per effetto delle corrispondenti trasforma- zioni di G-. Si riconosce allora senz'altro, che, in virtù delle prime trasformazioni infinitesime e della settima, E ed n assumono degli incrementi, che sono nulli o identicamente o tenuto conto dei valori infiniti, che hanno sulla nostra varietà x,y,t; in altro parole le suddette trasformazioni infinitesime non agiscono sul piano all'infinito, cosa d'al- tronde intuibile a priori, se si pensa al significato cinematico delle trasformazioni stesse. (*) LiE-EsoEL, Theorie der Tratt.^formations(jripen, Bd. Ili, § 34. 54 GIULIO BISCONCINI 4 Gli incrementi assunti dalle nostre variabili nelle rimanenti tre trasformazioni infinitesime sono rispettivamente: bH = -e^ = eEn, òn = e ( 1 - ^) = e(l - n^') ; bE-e(l-^;)=€(l-^'), bn--e|^ = -eEn; bE — — e^ = — en, bn=:ey = eE; € indicando un'arbitraria infinitesima, per cui le trasformazioni Z^f, Zj/", ^sf subor- dinate all'infinito sono: Sarebbe facile riconoscere, che queste trasformazioni infinitesime sono indipen- denti e che le parentesi di Poisson formate con esse si esprimono linearmente per le trasformazioni stesse. Esse quindi costituiscono un gruppo transitivo , che si riconosce, dalla forma delle sue trasformazioni infinitesime, essere proiettivo. E poiché il gruppo 6^7 lascia ferma la conica -\- ij^ -\- z= , così il nostro gruppo subordinato lascierà fisso sulla varietà, in cui opera, il cerchio: Determiniamo ora il gruppo subordinato di sopra questa varietà ad una dimensione. Fissando la posizione di un punto del cerchio mediante l'angolo 0, che il raggio passante per esso forma con un raggio fisso, avremo: e = arctg-^, e l'incremento che assume G quando E ed ri s'incrementano di bE e bri sarà: bez=^'^^==Ebn-nb5. Per cui, se teniamo conto che gli incrementi di bE e bri nelle trasformazioni infinitesime Zj/", Z2/", Zg/" sono dati dalle (1), risulterà, che le trasformazioni subor- dinate da queste sul cerchio daranno a 6 rispettivamente gli incrementi: be = e[E(l — n2)^5ri2] = e cose, be = e[— E2ri — ri(l — E^)] = — esene, be = e (E2 -f n'^) = e , 5 SULLE VIBRAZIONI DI UNA MEMBRANA, ECC. 55 od il gruppo subordinato //iO> P2 = P2(*- !/i non risulteranno indipendenti rispetto alle variabili or e y. Ora questa è per noi una condizione essenziale, perchè le formule Pi = Pi(x, t), Pg = P2 (.T, i), che nello spazio x, i/, t s'interpretano come linee di una congruenza, nel piano xi/ devono invece rappresentare formule di trasformazione fra due sistemi di coordinate x, y e pj, P2, e come tali devono poter risolversi rispetto a x e a y. Vedremo, come fra i casi più semplici si trovino: quello in cui il movimento è riferito a un sistema di assi cartesiani in moto traslatorio uniforme, e quello in cui questi assi ruotano pure uniformemente. 2. — I. Xif -\- c Xo^f. Le traiettorie di questa trasformazione infinitesima sono definite dal sistema differenziale: dx dy dt T ~~ ~ e ovvero in termini finiti dalle equazioni: Pi = ex — t 9-2 — II- Vediamo allora subito, che il caso in cui e = devesi escludere, in base a quanto s'è detto al n° 1. Per c =4=0 le linee coordinate sono rette parallele agli assi, le prime spostantisi uniformemente col tempo, le altre fisse. L'interpretazione fisica del fenomeno è in questo caso assai semplice. Fissato un punto {x, y) della lamina, al quale nell'istante iniziale t = t^, corrisponda una data vibrazione tv, se al crescere del tempo ci spostiamo nel senso positivo sopra la paral- lela all'asse delle x condotta per il punto, di una quantità corrispondente alla varia- zione del tempo divisa per c, troviamo punti per cui ir ha sempre lo stesso valore (perchè appunto pi e p.> si mantengono inalterati). È chiaro allora, che se una linea / della lamina e Ibrniata di punti, pei quali ia vibrazione trasversale ha lo stesso valore, essa col variare di / mantiene la Mia forma spostandosi parallelamente a se stessa nel senso dell'asse delle ./•. n. Uf. Le traiettorie sono: dx d;/ dt X ~ y ~ t ' e in termini finiti : 62 GIULIO BISCONCINI 12 Le linee coordinate sono dunque cerchi col centro nell'origine delle coordinate x, ij, e rette uscenti da esso; sono dunque le linee coordinate di un sistema polare che ha per asse e centro rispettivamente l'asse delle x e l'origine del sistema cartesiano, con l'avvertenza che il raggio dei cerchi varia proporzionalmente al tempo. La vibrazione trasversale di un punto (x, ij) della lamina avrà dunque col variare di t lo stesso valore sopra punti del raggio vettore relativo al punto (a?, «/), i quali si spostino sopra la sua direzione positiva di quantità proporzionali alla variazione del tempo. Se indichiamo allora con l la curva luogo dei punti, che in un certo istante t hanno una stessa ampiezza di vibrazione trasversale w , il luogo dei punti, che hanno la stessa ampiezza di vibrazione in un istante successivo t A-t-^, si otterrà portando sopra i raggi vettori a partire dai punti della curva dei segmenti uguali al prodotto di per il raggio vettore iniziale. La curva l-^ è quindi omotetica ad l col rapporto d'omotetia \^ . m. q + S.2f. Traiettorie: dx dy dt ~T ~ ~V "x ' e in termini finiti: — x^, = y -\- log |/ t — X t+x' Il primo sistema è costituito da coppie di rette parallele all'asse delle ì/ sim- metricamente disposte rispetto ad esso; il secondo da curve logaritmiche deformabili col tempo. IV. cUf-{- S^f. Traiettorie: dx dy dt cx-\-t y x-\-ct ' e in termini finiti: Il primo sistema di linee coordinate è formato da curve, la cui natura dipende dal valore della costante c, e che nell'istante ^ = sono circonferenze di raggio Pj. Messo il secondo sistema sotto la forma ^ ^= Ij si rileva, come esso sia t^ p-jr formato da iperboli od ellissi (omotetiche a se stesse col variare del tempo) secondo che P2 è positivo o negativo; per P2 = si ha manifestamente l'asse delle x. Interessa, per la semplicità delle linee coordinate e della equazione delle vibra- zioni corrispondente, mettere in evidenza il caso in cui sia c = 0. Ponendo per c questo valore nelle formule precedenti e facendo una opportuna combinazione dei parametri p^, P2, troviamo di poter scegliere quali linee coordinate: P?, '/ = P2- V. s+ Uf+S^f. Traiettorie dx dy dt x-\-t y .r+^-rl' 13 SULLE VIBRAZIONI DI UNA MEJIBRANA, ECC. 63 in termini finiti : 4yV =Pi- ÌJe' = Pi- si scorge allora clie il primo sistema di linee (lo cui equazioni possono anche scriversi 4pi//- — 2.r — {2t-\-l) — 0) è costituito da parabole che al variare del tempo variano in modo che il loro asse si mantiene sempre parallelo all'asse a;; il secondo sistema, pur esso variabile col tempo, è formato da curve logaritmiche. VI. s— UfM Sof. In modo analogo si trovano quali linee coordinate: 2{X—t)+l ^ r+, - = Pl, F =P2- 4y' Cosi pure in questo caso si trova: 2{x + < ) + 1 Vili, p — Uf 4- S,f. 2ix — t) -(- 1 = Pi , >je - P2- E analogamente: = Pi , " ' = P2- Da un confronto fatto fra le linee coordinate di questi quattro ultimi casi vediamo, che quelle del V e VI (e analogamente del VII e Vili) differiscono solo per lo scambio di ^ in — te quindi coincidono nell'istante ^ = e sono distinte nei tempi successivi; e che nei casi V e VII (e analogamente VI e Vili) le linee del primo sistema coincidono in ogni istante, mentre sono distinte quelle del secondo. IX. s -\- S^f — S^f. Traiettorie: dx dtj dt •V — X — t 1 — y in termini finiti : {x + ty + 2y = Pi . + tf + Il [x-^t)-x = p.,. Nel piano x, y le linee coordinate sono dunque parabole e curve del terzo ordine. In modo analogo si trovano le linee coordinate: {x + 0' + 2y = Pi , ^ix + ty + !/ {x-\-t) + t = p,. XI. cUf -\- — S,f. Traiettorie: dx dy dt cx + y —x + cy — t — ij -\- et ' e in termini finiti: 64 GIULIO BISCONCINI 14 Scritto il primo sistema di curve sotto la forma: a-2 (1 — 2pi) ^ «/2 — 2pitx — t^l+ 2pi) = si rileva ch'esso è costituito da ellissi, parabole o iperboli corrispondentemente a valori di Pi minori, uguali o maggiori di ; gli assi di queste curve al variare di t si mantengono sempre paralleli a se stessi. Il secondo sistema è costituito da curve trascendenti. E interessante mettere in rilievo il caso particolare in cui sia c = 0, perchè ci è permesso in questo caso scegliere le linee coordinate molto semplici: x-\-t = 9„ x''+y' — t' = pl cui corrisponderà un'equazione delle vibrazioni pure assai semplice. XII. s + S/. Traiettorie: dx dy dt e in termini finiti: ^^-t>/ = PÌ, ^ -f arctg^ = P2, ovvero introducendo le coordinate polari : ^ = Pi , i + e = pg. Le linee coordinate sono dunque cerchi fissi concentrici e rette passanti pel loro centro ruotanti uniformemente col crescere del tempo. Le vibrazioni della lamina saranno dunque riferite ad un sistema cartesiano che ruoti in modo uniforme intorno all'origine. XIII. cUf-^S^. Traiettorie: dx dy dt ex — y — X -\- cy et' In termini finiti possiamo scegliere: (.^ + y'-«')(|±f)" = P.. ^ = Pl Vediamo allora subito, come il caso particolare c = 0, debba escludersi perchè le equazioni che si ottengono dalle precedenti ponendo c = non possono risolversi rispetto alle variabili x, y (v. n° 1). § 3. ~ Equazioni delle vibrazioni. Passiamo ora a costruire per ogni singolo caso la equazione, che definisce le vibrazioni stazionarie della membrana. Ci varremo perciò di una constatazione fatta dal Levi-Civita e che si può, nel caso nostro, enunciare nel modo seguente : Se alle 15 SULLE VIBRAZIONI DI UNA MEMBRANA, ECC. 65 due famiglie di superficie Pi = cost, P2=cost si associa nello spazio ds^=dx^ -\-dy^ — dt^ una terza famiglia P3=cost da esse indipendente e si esprime la equazione: O.C- oy "òt- = in coordinate curvilinee pi, P2, Pa, basta porre nella equazione risultante = ed eventualmente moltiplicare per un fattore dipendente da Pa, affinchè essa si muti in una equazione □ tv = 0, che, non solo non contiene P;, come variabile di derivazione, ma nemmeno la contiene nei coefficienti ; in una equazione cioè, che definisce w come funzione delle sole coordinate Pi, P2. Per il calcolo ci varremo della formula di Beltrami: dove con a indichiamo il determinante del quadrato dell'elemento lineare dello spazio in questione espresso in coordinate curvilinee Pi, P2, P3 e con a'"' gli elementi reci- proci degli elementi «,s di questo determinante. Avvertiamo però, che ci risparmieremo questo calcolo tutte le volte che con semplice cambiamento di parametri ci riuscirà immediato il passaggio dai tipi di sottogruppi del gruppo delle similitudini nello spazio ds^ = dx^ -\- di/^ -\- dz^ ai tipi da noi trovati. Negli altri casi, almeno nei più complicati, riporteremo il calcolo per esteso. 1. Aggiunto al sistema di superficie trovate al paragrafo precedente, il sistema : si ha successivamente: ds' = dx^ + df - dV' = ji dp\ -h r?p| -f (-^ — 1 )(^p1 + dp^dps, 1 , — 1 e" a'"' = 1 .MS) = 0, E l'equazione delle vibrazioni sarà: Skrik li. Tom. LIV. 66 GIULIO BiscoNcm 16 II. Al sistema di superficie considerato al § 2, II o all'equivalente: x^^y^= — t'^i-:H^,, -| = tgP2, aggiungiamo : e avremo: 0- = tpjsentpicospa, ?/ — 2p3senipisenp2 , i = P3C0SÌpi. Queste formule sono quelle in cui si mutano le corrispondenti del Levi-Civita (*) nel caso dei potenziali conici, quando posto z — it si muti in esse Pi e pg rispetti- vamente in fpi e ipg, per cui senz'altro potremo, eseguendo lo stesso cambiamento nella sua equazione: QiU = -T-5- H 5— T-r + cotg Pi -T— = scrivere come equazione delle vibrazioni: ò^f 1 òhe w = 3^ + tcotgtpi ^ = 0. dp^ sen^Pi op-o opj III. Aggiungasi al sistema: la equazione = Pg e si otterrà: a; = ipisenj(p2 — Ps), «/ = Ps , i = PiC0si(p2 — Pg). Confrontando questo caso col caso dei potenziali elicoidali, che corrisponde alla trasformazione infinitesima y ^ — x m ~, si vede che da esso si passa al nostro quando si eseguisca sulle variabili x,y,z la sostituzione (^^^ji ^ posto z = it, si faccia m = — i e si sostituiscano ai parametri pj, Pg rispettivamente ipi, i{p2 — Pg). Dopo di ciò la equazione: 'òhi si muta nella: Òo -w □ tv che caratterizza le vibrazioni in questo caso. ' ÒP-O r^p, = 1 1 -0, P^ ' 1 òp% ' Pi dPi (*) Loc. cit., pag. 115. Avvertiamo che per le analoghe citazioni di questo paragrafo ci riferi- remo sempre alle formule di questa pag. e della seguente. 17 SULLE VIBBAZIONI DI UNA MEMBRANA, ECC. 67 IV. Scritte le traiettorie sotto la forma: e aggiunto il sistema di superficie : t X O/A t + X si trova che a; = Pi sen jp2e''^senfP3, ?/ = Pi costPae*^^, < = — ?PiSentpoe^i?»cosjp3. A queste formule si sarebbe arrivati, se (conformemente al modo con cui si può passare dalla trasformazione infinitesima y — x^^-\- m {^x^^^-\- y ^ '\- z alla nostra) si fosse eseguita la sostituzione (^^^j ^ dopo aver posto z = it si fosse preso m = — ic e ai parametri P2 e P3 si fossero sostituiti rispettivamente ip^ ed 1P3. Dunque essendo: (ir u = 1 1 H 5— H — r 3-T H 2 H 3 ] ;- COtgpo ^ = ' sen'Pa / òp^ ' p\ ' Pi \ ' sen'pj / dp, ' p'j dp, la equazione dei potenziali spirali, avremo come equazione delle vibrazioni: □ f< = 1 rr- T-T T-T-r H 2 j— -5 icotgjpo r" = 0. \ sen*fP2 / ^P^ P*i òP'j ' P) \ sen*(P2 ' i^p, p\ * òp. Per il caso particolare in cui sia c = 0. se insieme con le equazioni si considera la y = itgiPs , si hanno le relazioni: X = ipi sentps , ìj = P2 , ^ = Pi COSÌP3 , che si ottengono dalle analoghe relative al caso dei potenziali simmetrici eseguendo la solita sostituzione sulle variabili x, y, z, mutando poi z in it e sostituendo a Pi e Ps rispettivamente ipi ed «P3. Dalla equazione: dp7 = ^ otteniamo perciò l'analoga: V. Dal sistema di equazioni -QT — Pi . — P2 , 68 GIULIO BISCONCINI 18 cui si sia aggiunto otteniamo : X — t a- + i = 2pip|e-2es e quindi successivamente abbiamo: ds^^ = + dif- — df^ = d{x -\- 1) d [x — t) -i- dif = = e-^Q^ dpl + ple-^Q^ (1 — 4pi)c?p^ + 2ple-'-0^ dp^dp, + 2p2e-2e.(2pi — l)dp2dps, ple-^Q^ p,e-'Qi2p, — l) ple-^Q^ p,e--H'^Pi — 1) p?e-2e'(l - 4p0 ^(U) ^ 4 P 1_ ^2ì>, ^ (^(^2) ^ ^2Q, ^ ^(33) ^ , P'2 P2 2 „-30, / /f H i .20, Oit-- 2p, — 1 ^2^^ ^'^ I e' ' P^2 ÒPl P2 '^3 dw àp2 ' P^2 àps ^ dP2 ^ * P2 ÒPl ' ÒPo ^ dp3 ai' VI. Se si considerano le due equazioni 2(x — <) + 1 e vi si aggiunge si trova: 4/ Pi , ye''^^ = p2 X — t = 2piple-^Q^ x-^t = Ps 1 per cui otterremo lo stesso quadrato dell'elemento lineare e quindi la stessa equa- zione per le vibrazioni del caso precedente. VII. Dal sistema delle due equazioni 2(x + t) + l Pi, ye -ix-t] — P2 posto abbiamo: X — t = P3 x-\-t = 2piP5e% — - y = p2e8', 19 SULLE VIBRAZIONI DI UNA MEMBRANA, ECC. 69 e con calcolo identico a quello del n" V si trova: □^-= 4p! -^pr + + 2(2p, + l)p, - 6p. ^ = 0. Vili. Come al n° VI si conclude, che si arriverà alla stessa equazione del caso precedente. IX. Dalle equazioni con la posizione SI ricava: per cui essendo: ds^ = d{x -\- t)d{x — t) + dij'^ = dps {2dx — dp^) — rf;/^ = = ^ + (Pi — 1) <^P3 — 2rfp2rfp3 , si trova eseguendo i noti calcoli : X. Considerando come terza equazione: x-^t — ps si giunge alla equazione: XI. Dalle equazioni □ = 4 — „ — (1 4- Pi) eij posto x-\-t = p^ si deduce: .-^ = 2p,p3-5log^f , , = ^log^, e quindi: ds^ = ^ dpì + (2p, -\-jr)dpl + 2p,dp,dp, - ^ dp^dp, . Come al solito si arriva allora all'equazione : □ t^' = 2pi — c^pl + 2p2 T-^~ + i ^ P2 17" — 0- ^p^ '^^ dp's dPidP, ' ^P, dPj Avendo nel caso particolare in cui c = preso come linee coordinate; x-\-t = pi, x^ ^ i/-—i^= pi 70 GIULIO BISCONCINI 20 se si pone inoltre y = Ps si trova : ds^ = dpi + dp.dp, - 2 ^ dp.dp. Pi Pi Pi e si arriva all'equazione: òp% ÒP.^Pa dPa Integrata una prima volta rispetto a P2 si ha: e da questa immediatamente: i^(logVpi — P2, wPi — j rw 1 hhv , 1 / o I e' \ \ . , . dw ' [Jw = 1 H ~r- f-i ì- H 2 A — \ ^ icotgtpo T— = 0. \ 8en''lP2/^p^ p»i òp-a Pi \ sen «p,/ dPi ® ^Pj § 4. — Caso cor t'ispon dente ai potenziali isotrópi. Come ha dimostrato il Prof. Levi-Civita non solo le traiettorie di un gruppo G^ di similitudini dello spazio ordinario sono linee equipotenziali, ma anche le congruenze rettilinee ed isotrope godono della stessa proprietà (*). Come risulta dalla sua memoria i potenziali corrispondenti si possono anche definire come soluzioni simultanee delle equazioni: du \2 / ÒU \2 I du \2_ ^ per modo, che se si considera il sistema (che da esse si deduce osservando, che u deve essere essenzialmente complesso): ò'pi I d*p, , ò»p^ _ ^ (1) dx^ d/- "T" dz' — òp, òpa 1 ÒPi dp2^ I ^ ^ _ Q da; da; ' dy ' ò« ' e si indicano con (2) pi{x, y, z) = cost , paCc, y, z) = cost due suoi integrali, ogni congruenza rettilinea ed isotropa, e quindi equipotenziale, risulta da essi definita indipendentemente dalle condizioni di realità, e la equazione dei potenziali è: VT — ^• Passando allora nel campo immaginario x,y,f{t — — iz) potremo scegliere come linee coordinate, rispetto alle quali avviene il fenomeno delle viluazioni stiizinnnrio. le linee: (3) Pi(a;, y, it) = cost , po(j-, //, it) = cost , con la condizione che Pi e Pj risultino reali. (•) Loc. cit, pag. 138. 72 GIULIO BISCONCINI 22 Le (3) dovranno dunque essere integrali delle equazioni, che si deducono dalle (1) ponendo it in luogo di z, cioè delle da:' + = 0, da;' + - òp, òt r=( ^\ 'ày ! \2 , /dp,\2 _ /òp^\2 _ /òp,\2 /ÒP2\2 ,dp2\2 dx j [òyl \ di j — \òxì [òy ) ~ \dt ì ' ^Pi dPa. dp^ òa; òa; ' ?)y òy Òt di ' che si compendiano, posto = Pi + ip2 , nelle ò'f j_ à'^v d'I) „ òr \2 / òo \2 / òr \ 2 il che ci permette di concludere che Tequazione delle vibrazioni in questo caso sarà: òp^ ' òp^: Possiamo di più dare effettivamente le equazioni di trasformazione fra le coor- dinate X, y e \e Pi, P2 perchè basta ricorrere alle formule: • senpi -1-sen p2 , (p(p2)seiipi — ^(Piìsenpa sen(Pi— P2) sen(p, — P2) _ ^.^ COS Pi + COS Pg I ') J'f + = »■ potremo asserire, che fra i coefficienti di questa passerà la relazione: (2) Z2 4- = (*). Dovrà inoltre essere T^O se non si vuole che sieno nulli tanto X che F, per cui potremo porre in virtìi della (2): X Y — = cosa — = sena e scrivere la (1') sotto la forma: (3) eosaf + sena|+ f-=0. Ora se si vuole, che la funzione w definita dall'equazione: (*) Basta perciò osservare, che gli incrementi assunti dalle variabili per eflfetto di una trasfor- mazione infinitesima, sono proporzionali, ai coefficienti della trasformazione stessa, e quindi essendo er= b< = — ibz — — iiZ sarà Z=iT. Serie II. Tomo LIV. J 74 GIULIO BISCONCINI 24 sia costante lungo le linee della congruenza (3), bisognerà che il sistema formato dalle equazioni (3) e (4) sia completo (*). Introdotte le variabili E, ri mediante le posizioni : Z = X -\- il/ , r\ = X — iìj, dalle quali scendono le: dovremo determinare la forma della funzione a in modo, che risulti completo il sistema : ^ ^ .-.a I ^ _ ÒS ^ ^ òr] ^ òt f=r- — . ò'w , cioè che si abbia: (5) PX- XU)w ^ X ^ + ^ + V ^{f + Tra., + y,Xw, X, |i, V, TT, X essendo funzioni opportune di E, r\, t. Ora avendosi: -Ui^ , e^a _ .-.a ^\ i ( 3^) / ..-a ^Jf^ I .-.-a ^ I ^ ì — ; ^ ( „.a _ .-.'a ^ \ ^ ; .-a _ .-fa _ òEdnl òE^^ ' ò^/~^^s\ òEòn ^ dnN^ òn^ dE^ dEcinl dEòt^r ÒE ^ òni^ dEònl dn 1^ 4 ^-^^ ' ed osservando che 1' espressione Xi^iv) non contiene che termini del terzo ordine, che nella differenza (DX — X^)w si elidono con quelli, che nelle precedenti ugua- glianze abbiamo per brevità indicato coi simboli (3) e (3)' potremo scrivere: (□X- XU)w = Ué<^ \l - iie'<- I ^ + ^**r òE ^ -^nlòEòn ' d^òEÒ^^^'^ òfòr\ht^ i *,^Eàn^ ^Eòn^Uf) ÒE ^ ^ .-.-a ( _ 4 ^ _ 4v ^ / ^« ' ' 1 i^^]^ (*) Cfr. Levi Civita, loc. cit., pag. 12. 25 SULLE VIBRAZIONI DI UNA MEMBRANA, ECC. 75 Inoltre essendo : dXw ò^w dEòn ÒE dedurremo : ÒXw ÒXw d'io + t"^'-'" + + 4v + 4n) + (X + v««) + (M + v«-<.) -r Perchè valga la (5) dovrà prima di tutto essere tt x = 0, perchè la parentesi di Poisson (DX — X[J)tv non contiene ne ' T7" > ^ inoltre fra le funzioni X, ^i, V, a dovranno passare le seguenti relazioni: da (6) I. II. III. IV. V. VI. X = 4j , . òa M = — 4 i , dE Xg-« + 4- 4v 4i f e'« 4f — ) , da òn -!- ve-'" da da di dn , . . d-a , ; ()a 2 . o-a . / . na , na , \ + ^*& + (d7) -^d?=MSE + >^dTi +^ d^j- da 2 . d'a ^*a da da Poiché la III, tenuto conto delle I, li, IV, V, risulta identicamente soddisfatta, potremo dalle (6) con la eliminazione di X. \x. v, ottenere due relazioni , cui dovrà soddisfare a. Dal confronto delle IV e V, dopo l'eliminazione di X e |i a mezzo delle I e II, otteniamo la prima di queste relazioni : da -a ifi. I ^ — " dE ' dn ' d< Per ottenere la seconda, si eliminino dalla VI X, u, v; si avrà cosi: / da \2 , ^ da , / d»a \ _ _ .d_a ,a da _ .„ da\ \òt] ~^ òi dn ^ M * dEdn òt^ 'òt ^ òi ^ .^n ' Questa però, poiché il secondo membro è puramente immaginario (come si vede osservando, che cambia di segno col mutare di j in — i e l in n) si scinderà nelle due equazioni: 76 GIULIO BISCONCINI 26 (8) òa ] ^ 4. ^ ^ A òt ! * dE òn ' _ ^ — ^ ( e'-a il _ p-ia ^ ì Scritta la prima di queste sotto la forma: ed eliminata la ~ mediante la (7) abbiamo: (9) ,a|»^,-,„|£ = 0, in virtìi della quale la seconda delle (8) diventerà: e quindi il sistema (7), (8) equivarrà a quello formato dalle equazioni (7), (9), (10). Se si osserva però, che la (10) è una conseguenza delle (7) e (9) (*) e che il sistema formato da quest'ultime è completo (**), si vede, che basterà integrare questo sistema per ottenere la funzione incognita a. A tal uopo osserviamo, che, se la funzione a, determinata dalle (7) e (9), risulta definita da una equazione implicita: /(E,n,^,a) = 0, si avranno le relazioni: Pf ^ òa òÈ òa òn da ò^ ò E ~ W' ~' ~~ 'òf' ' ~òi ~ ^ ~dl ' . òa òa òa e quindi la f riguardata come funzione delle 4 variabili H, r\, t, a dovrà soddisfare al sistema: f'«4r + ^-'« 4- 4^=-0, òE ' òr] òt pia ^ f>-ia hl^ — A ÒE òn ' che equivale al sistema Jacobiano: (11) òn 2 " 0/ (*) Basta, per vederlo, derivare successivamente la (7) rispetto E, »1, t; dalla somma delle due prime equazioni così ottenute togliere la terza e sommare membro a membro l'equazione risultante col quadrato della (9). (**) Perchè il sistema equivalente, che si deduce risolvendo le due equazioni rispetto ^ > > è Jacobiano. 27 SULLE VIBRAZIONI DI UNA MEMBRANA, ECC. 77 Un sistema di integrali indipendenti della prima equazione è, ove si indichino con Mi,?<2i":} delle costanti arbitrarie: (12) a = u,, n = «2, Ee-"'—2t = u.,. Ora, poiché il sistema intejjrale delle (11) deve dipendere soltanto da ?n '2 Um, d< ' dwj dt duj dt j ~ d"3 di/;, che ammette come integrali: Mj = cost, M3 -|- j/oe'" = cost , ossia per le (12): ar=cost — 2^ + Se-'a4- ne'"= cost. L'integrale generale del sistema (11) sarà dunque: F{a, — 2t + £e-'"4- Tie'°) = con F designando una funzione arbitraria. Questa equazione, introdotte le variabili x,ij ed indicando con qp una nuova funzione arbitraria, potrà scriversi: (13) arcosa -I- //sena — ^ — cp(a) = 0. Concludendo possiamo dire, che quando si sia determinata una funzione a delle variabili x,y,t, che soddisfi a questa equazione, due integrali indipendenti pi=cost, P2 = cost dell'equazione (3), o dell'equivalente in variabili i.r]: ci rappresenteranno le linee coordinate , dai cui parametri dipendono le vibrazioni della lamina. Ora è facile convincersi, che: a = cost, -|^ = cost sono due integrali richiesti. Per il primo la cosa è immediata, perchè basta tener presente la (7): per il secondo basta derivare questa stessa relazione rispetto a t e usufruire della (fl); si ottiene allora identicamente: ^ ÒE > ò< ' ^ òn \ òt I ^ òt \ dt I 78 GIULIO BISCONCINI 28 Poiché d'altronde a verifica la (13) e l'equazione, che si trae dalla (13) de- rivando rispetto a t, cioè la — xsena _4-Ticosa^ — 1 — qp'(a) = , così i due sistemi di curve Pi=rcost, P2=cost saranno caratterizzati dalle due equazioni: 1 a;cospi + ysenpi — cp(Pi) — t — 0, (li) ' ajsenPi — (/cospi -|- cp'(pj) -f- pg = . 2. — E facile formarsi un'idea dell'andamento delle curve dei due sistemi. Le linee pi=cost sono rette, che al variare di t si spostano parallelamente a se stesse e che per uno stesso valore di t inviluppano una curva X''^, le cui equazioni in forma parametrica sono: .»cospi-t- ^/senpi — 9(Pi) — ^ = 0, — .rsenpi + ?/cosPi — cp'(Pi) =0, ovvero : ( a; = [(p(pi) + ;]cospi— cp'(pi)senpi, (15) ' = [qp(pi) + ^]senpi+ (p'(Pi)cospi. Al variare di t si hanno evidentemente curve parallele fra loro, i cui punti cor- rispondenti (situati sulla stessa normale) distano di un segmento uguale all'incre- mento di t. Il secondo sistema di curve P2 = cost ha quale rappresentazione parametrica le equazioni (14) equivalenti alle: , x=[(p (pi) + t] cos Pi — [(p'(pi) f - P2] sen Pi , (16) f /y = [cp (pi) -f- 1] sen Pi + [cp'(pi) 4- P2] cos'Pi , od anche, indicando con Xq, ì/q le coordinate dell'inviluppo (15): X = Xo — Pasenpi , = yo+ P2COSP1 , le quali ci mostrano, che ogni curva del secondo sistema corrispondente ad un dato valore di t si ottiene dalla curva X"' portando sulle tangenti di questa a partire dal loro punto di contatto e in una determinata direzione uno stesso segmento p2. E ovvio allora, come da una curva p^" corrispondente a un istante t, si ottenga la curva p^''' corrispondente a un istante successivo t'. Per i punti di Pa' basterà tirare delle rette normali alle rette p'/' passanti per essi , e portare sulle loro direzioni positive a partire dai punti di p^'^ dei segmenti uguali all'incremento t' — t del tempo; il luogo di questi punti è la curva py*. 29 SULLE VIBRAZIONI DI UNA MEMBRANA, ECC. 79 Se p. es. la funzione qp riducesi ad una costante k, le rette pi = cost aventi per equazione: xcosp, -f- ysenpi — {t-\-k) = inviluppano i cerchi di raggio t -\- k: x = {t k) cos Pi , yz=[t-\-k) sen p^ e quindi le curve = cost saranno i cerchi: x = {t -\~ A:) cos Pi — p2sen Pi , y z= [t -\- k) sen Pi -j- p2C0spi di raggio |/p| + + kf. 3. — Si tratta ora di vedere qual forma assuma 1' equazione delle vibrazioni invariabili Pi, p,. Se assumiamo la t come terza variabile ps avremo dalle (16): x+iij = [cp(pi) + P3] e'S' + i [(p'(Pi) + P2I e'^' » — iy = [^(Pi) + Psle-'^'— i[q)'(pi) + Pzle-'^' e quindi successivamente: ds^ = d{x + iy)d{x - iy) - df^ = ; [P3 + q)(Pi) + ^'"(Pi)]' + PlJ dp\ + d^l + + 2[p3 -f (P(pi) + (P"(pi)]c?pirfp2 — 2p2(;p,rfp2, I [P3 + q)(Pi) + q>"(p,)]2 4- P* P3 + q'(Pi) + l. b) Regione Romana: 9 - 1755-179-1802-1855-1894-190-1957 -(197.50) - 199o - 200.,- 214-220. e) Amburgo: 5 - 175-185-190-191-(193,5O)-1954-2006-204-2062-209-210-212. e) „ 9 - 180-(19O,5O)-19l3-201. a) Praga: $ - 1852-190-(194,5O)-195-l 97-201-204. m) , 9 - 190-193-196. 86 LOKENZO CAMERANO 6 p) Contorno di Firenze: 5 - 175-1802-1 863. lu) „ 9 - 170-175-180-185-190. x) Bucarest: 5 - 165. » 9 - 1902. Lunghezza massima del piede anteriore (senza le unghie). a) Vallo del Po: 5 - 131-U2-146-U9-153-1563-(158)-159-165-1709-175-1802-185. P) Regione Romana: 1522-1563-1572-16l6-1623-165-1667-1704-17l3-(173,5O)-1752- 180,-1854-1953. t) Valle del Po : 9 - U0-144-U8-1502-1542-1594-160-(162,5O)-1656-1693-175-180-185. b) Regione Romana: 13.6- 146- 151 - 155- 1569-160-(16O,5O)-16l4- 1655- 166 -I7O3- 175.,-1852. e) Amburgo: 5 - 1754-1805-185^(187, 5O)-190-191-195-200. e) „ 9 - 164-169-(177,5O)-1802-191. a) Praga: 5 - 1652-1702-(173)-175-180-191. m) „ 9 - 175-(177,5O)-180. p) Contorno di Firenze: 5 166-170-(173)-1753-180. tu) „ , 9 154-160o-(164.5O)-165-175. X) Bucarest: 5 - 160. „ 9 - 165-175. Lunghezza massima del piede posteriore (senza le unghie). a) Valle del Po: 5 - 151-161-1653-166-170-(173)-1755-180rl85-1902-195. p) Regione Romana: $ - 16l3-1622-165-1662-1707-17l2-175i3-180t-(182)-1855-l 89- 195-203. t) Valle del Po: 9 - 154-165-109-1705-1756-(177)-1804-185j-19l2-200. b) Regione Romana: 9 - 136.146-(16O,5O)-16l3-165,rl70c-1754-1805-1852. e) Amburgo: 5 - 1804-1855-1905-(193)-1953-196-200-206. e) , 9 - 180-(185,5O)-19l4. a) Praga: 5 - 1852-187-1902-(193)-195-201. V) n 9 - 185.. p) Contorno di Firenze: 5 - 170-1750-1803. uj) „ « 9 - 1803-(182,5O)-1852. X) Bucarest: 5 - 175. qj) „ 9 - 190-196. Larghezza del piede posteriore. a) Valle del Po: 5 - 733-762-772-783-804-(81,5O)-822-83-852-88-903. P) Regione Romana: 5 - 7l2-72-74-765-785-(8O,5O)-8l5-83i3-84-853-844-902. t) Valle del Po: 9 - 67-70-723-742-75-(76)-773-793-802-824-854. b) Regione Romana: 9 - 68-703-73,-75-763-787-79-(82,5O)-832-85-882-903-97,. e) Amburgo: ^ - 80-83-854-884-902-(91,5O)-95-972-98-1003-103. e) „ 9 - 855. 7 RICERCHF, INTORNO ALLA TALPA ROMANA OrfìeUl TllOlliaS, ECC. 87 a) Praga: 5 - 82-83-88o-(89.5O)-90-95-97. M) „ 9 - 90-f91.5O)-93. p) Contorno di Firenze: 6 - 92-(94,50)-953-97,. ai) „ « 9 - 902-(91,5O)-933. X) Bucarest: 6-82. „ 9 - 82-103. Lungliczza della coda. a) Valle del Po: 5 - 253-263-272-278-280-284-288-290-292-297-3003-3023-3092- 313- 320-321-330-331. p) Regione Romana: $ - 240-24G2-249-253-25G2-258-263-2655-2682-2705-2722-2733- (281 ,50) - 282-284-286-292-294 - 2953- 297-3032- 3052-313- 314- 323. t) Valle del Po: 9 - 2172-247-250-2682-270-275-2782-280-2863-2883-2972-300-307- 309-310-3192. b) Regione Romana: 9 - 243-2502-2532-256-260-2636-2652-(271,5O)-2726-280-2823- 2842-292-294. e) Amburgo: 6 - 244-2572-260-263-270-(277,5O)-2802-2823-292-3002-310-311. e) „ 9 - 2653-275-(275,50)-286. a) Praga: $ - 290-302-311-(32O)-321-331-349-350. vi) „ 9 - 278-(3O3)-330. p) Contorno di Firenze: 6 - 292-310-(311,5O)-314-320-322-331. uj) „ « 9 - 2702-278-(2 89.5O)-298-309. X) Bucarest: $ - 278. ip) „ 9 - 278-298. Lunghezza massima del cranio (misura base) espressa in millimetri. a) Valle del Po: 5 - 342-35.i-36i3-377-382. 3) Regione Romana: ^ - 35-37ii-38io-398. t) Valle del Po: 9 - 33-346-35„-(35,50)-363-38. b) Regione Romana: 9 - 365-3715-884. e) Amburgo: 6 - 342-352-(35,50)-368-378. e) „ 9 - 345. a) Praga: J - 34-35-(35,50)-36-37. ]x) , 9 - 35-(35.50)-36. P) Contorno di Firenze: ^ - 362-37.,-(37,50)-38-39. OJ) « » 9 - 353-(35,50)-36o. X) Bucarest: 5 - 35. ^) „ 9 - 352. 88 LORENZO CAMEKANO 8 Lunghezza massima basale del cranio. a) Valle del Po: 5 - 300-302-3032-304-3072-3092-3 10io-31l4-312-315-318-319-320. p) Regione Romana: 5 - 3022-303-3055-307-308-3093-31l3-(312)-313o-314-3162- 321-322. t) Valle del Po: 9 - 300-3045-305-3074-3098-310-(311,5O)-313-316-323. b) Regione Romana: $ - 300-3024-3032-3072-3103-(31O,5O)-31l6-315-32l2. €) Amburgo: $ - 300-3023-305-307-309-3103-3114-312-315-316-319-3202. e) „ 9 - 297-302-307-(3O7,5O)-3182. a) Praga: 5 - 310-31l2-3162-318-(319.5O)-329. H) „ 9 - 309-(3O9,5O)-310. p) Contorno di Firenze: 5 - 31l2-313-314-315-(315,5O)-320. lu) „ , 9 - 300-3092-(3O9,5O)-310-319. X) Bucarest: 6 - 319- vp) „ 9 - 3092. Larghezza massima del cranio misurata sulle arcate zigomatiche. a) Valle del Po: 5 - 113-1142-1154-117-1182-1204-122-(122,5O)-123-1244-1265- 127-130-132. P) Regione Romana: 5 - 123-126-128-1294- 131 - ISSg- 1342 -(135)- I367-I384- 141- 142-147. T) Valle del Po: 9 - 106-109-lll-1133-114-(115,5O)-1162-118,-1202-122-123-125. h) Regione Romana: 9 - 125-1265-1283-1302-13l3-133-1352-(135,5O)-1365-146. €) Amburgo: 5 - 1102-112-113-ll52-1162-1175-(117,5O)-118-119-1202-122-123-125. e) „ 9 - 1162-119-1222. o) Praga: 5 - 119-120-122-fl24)-1262-127-129. M) „ 9 - 118-(119)-120. p) Contorno di Firenze: 6 - 118-120-122-(124)-126-128-130. (ju) „ „ 9 - 120-(122.5O)-1233-125. X) Bucarest: $ - 113. ^) . 9 - 1232. Larghezza massima del cranio misurata nella regione mastoidea. a) Valle del Po: 5 - 161-1654-166-169-170n-(17O,5O)-1732-174-1755-1802. P) Regione Romana: 5 - 157-1622-165-1666-1704-171-175n-1802-185. t) Valle del Po: 9 - 1602-1655-(167,5O)-1695-1707-1752. b) Regione Romana: 9 - 16l2-1658-1662-(168)-1704-1757. e) Amburgo: 5 - 1657-1692-1709-173-175. e) ., 9 - 1692-1742-174,50-180. a) Praga: 5 - 1653-1702-(172,5O)-175-180. H) „ 9 - 165-(167,5O)-170. p) Contorno di Firenze: 5 - 166-1704-(17O,5O)-175. uj) „ « 9 - 165-170-1753. X) Bucarest: 5 - 170. vp) „ 9 - 170-175. 9 RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Ol'field TlloniRS, ECC. 89 Larghezza massima del cranio nella regione orbitale. a) Valle del Po: 5 - G6-68-69-702-722-733-74-757-76-783-804-822. p) Regione Romana: o - 7l2-73i-745-7Gi-77-789-8l2-B32. t) Valle del Po: 9 - 70-728-743-75-76-775-802. b) Regione Romana: ? - 70-7l2-735-75i-7()-78,,-(79)-81-832. e) Amburgo: 6 - G5-688-692-70c-722-73. e) , 9 - 71o-(72,50)-743. a) Praga: 5 - 66-68;r(70.50)-72-74-75. m) „ 9 - 67-(68,5O)-70. p) Contorno di Firenze: 5 - 7l2-72-73-(74,50)-75-78. uu) „ „ 9 - 70-722-73-(73,5O)-77. x) Bucarest: $ - 72. „ 9 - 722- Lunghezza del palato. a) Valle del Po: o - 140-1422-143-1442-1463-148.^-1 i9-15O,rl5l3-154-155-1602. p) Regione Romana: 5 - 146-149-151-lo3-156ii-157i-(158)-16l5-1624-165-170. t) Valle del Po: 9 - 1443-1486-1493-1505-1522-1544. b) Regione Romana: 9 - 146-1533-1566-1602-161io-165-166. €) Amburgo: 5 - 141-1442-14G5-1483-(148,5O)-1507-151-156. e) „ 9 - 1485. (J) Praga: 5 - 145-1463-148-(149,50)-151-154. m) , 9 - 144-(147)-150. p) Contorno di Firenze: 5 - 142-1462-(147)-148-lo0-152. u)) , . Q - 145-150-(152,5O)-1542-160. X) Bucarest: 3 - 1-^9- y\>) „ 9 - 144-154. Larghezza del cranio a livello del 1° molare superiore. a) Valle del Po: 5 - 66-78-833-823-83-(84)-855-87-882-908-922-102. P) Regione Romana: 5 - 852-844-903-91-929-(94)-955-973-1023. t) Valle del Po: 9 - 72-79-803-824-(83.5O)-853-875-932-952. b) Regione Romana: 9 - 852-866-905-(91)-926-93-952-972. e) Amburgo: $ - 73-75-77-782-802-(8O,5O)-82-834-854-872-882. e) „ 9 - 82-(83.50)-854. 0) Praga: 5 - 783-80-1 8 1,50)-822-85. m) „ 9 - 82-(83,50)-85. p) Contorno di Firenze: 5 - 76-782-(79,5O)-802-83. uj) , , 9 - 75-80-(81)-822-87. x) Bucarest: J - 82. n>) ^ 9 - 820. Sertk li. Tom. TjIV, I. 90 LORENZO CAMERANO Larghezza del 'palato a livello del P molare superiore. a) Valle del Po: 6 - 38-402-4 l2-444-45n-463-482-492-50. P) Regione Romana: 5 - 41-433-444-452-467-475-496-512. t) Valle del Po: 9 - 40-4l3-42-43-(44.5O)-452-46,-484-49. b) Regione Romana: $ - 41-434-46,;-455-46-497. e) Amburgo: 5 - 422-432-447-45o-(45.50)-462-49. e) „ 9 - 42-45-472-48. a) Praga: 5 - 443-45-46-(46,50)-48-49. m) „ 9 - 45-(45,50)-46. P) Contorno di Firenze: 5 - 43-442-(44,50)-452-46. ^) . » 9 - 43-(44,50)-45-463. X) Bucarest: ^ - il. ^) . 9 - 462. Lunghezza dello spazio occupato dai molari superiori. a) Valle del Po: 5 - 60-63r64-657-(65.5O)-663-673-69-704-71. P) Regione Romana: 5 - 58-63-65-664-685-695-7I4-72-735-743. t) Valle del Po: 9 - 57-622-63-643-652-662-678-68-69. ò) Regione Romana: 9 - 689-692-704-7l2-(71.5O)-736-75. e) Amburgo: 5 - 585-6O7-6I2-622-633-64. e) „ 9 ' 58-612-64. a) Praga: 5 - 6l2-633-(63,50)-64-66. m) „ 9 - 60-(62)-64. p) Contorno di Firenze: 6 - 63-653-(65.50)-66-68. uj) „ . 9 - 672-70-(72)-7.5-77. X) Bucarest: $ - 64. V) » 9 622. Lunghezza dello spazio occupato dai molari inferiori. a) Valle del Po: 5 - 682-69-70s-7l2-723-735-74-753-77-78-80. p) Regione Romana: 5 - 71-72-737-74-75-766-77-786-815-83. t) Valle del Po: 9 - 69-70-71-729-73-744-75-76-772. ò) Regione Romana: 9 - 753-76-78i4-(78,5O)-803-8l2-82. e) Amburgo: 5 - 63-655-665-(66,5O)-67-684-692-702. e) „ 9 - 695. a) Praga: ,* - 63-68-(68.5O)-70-7Lr72-74. \x) . 9 - 70-(71)-72. p) Contorno di Firenze: $ 68-692-(69.5O|-702-71. lu) „ , 9 70-722-73-(73.5O)-77. X) Bucarest: 5 - 72. V) „ 9 - 67-72. 11 RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Olficld TllOllias, ECC. 91 Larghezza massima del 2° molare superiore. a) Valle del Po: 6 - 18-19-2l2-222-234-245-25io-263. P) Regione Romana: 5 - 242-263-273-28i3-(28,5O)-29c-30-31-33. t) Valle del Po: 9 - 202-21 12-23-24 -252-26,. b) Regione Romana: 9 - 2-t5-252-26-27-28.r29io-30. e) Amburgo: 5 - 193-206-214-225-23-25. e) „ 9 - 2I5. a) Praga: $ - 19-(21,50)-222-232-242. V) . 9 - 23,. P) Contorno di Firenze: $ - 22-232-(23,50j-24.i-25. ^) . r, 9 - 23,-(24)-25. x) Bucarest: 5 " 21. H>) « 9 - 2I2. Lunghezza massima del 2° molare superiore. a) Valle del Po: 5 - 22-23-245-25i2-263-(27)-282-29-30-31-32. p) Regione Romana: 5 - 19-235-24ifi-25-263- 283-29. t) Valle del Po: 9 - 236-24-252-26ii-27. b) Regione Romana: 9 - 24i8-25.,-(26.50)-28-29. €) Amburgo: 5 - 192-20;r21o-(21.5O)-22,-23r242. e) „ 9 - 2l2-(23,50)-242-26. a) Praga: 5 - 21-222-(22,50)-232-242. m) „ 9 - 20-(2O.5O)-21. p) Contorno di Firenze: 5 - 222-23:r24. uu) „ « 9 - 233-(24.50)-25-26. X) Bucarest: $ - 23. MJ) « 9 - 21-23. Larghezza massima del 2° molare inferiore. a) Valle del Po: 3 - 14-152-16o-17-18. P) Regione Romana: - 15-17fl-18g-(18,50)-19io-21-22. t) Valle del Po: 9 - 135-142-(14.50)-15o-165. b) Regione Romana: 9 - 15,-17,rl8i-199. €) Amburgo: 5 - 12e-13n-(13,50)-lo3. e) „ 9 - 135. a) Praga: 6 - 12-13-(13.50)-155. V) . 9 - 132. p) Contorno di Firenze: 5 - 142-(14,50)-15.,. UJ) , , 9 - 13-(14)-154. X) Bucarest: 5 - 13. ^) , 9 - 132- 92 LORENZO CAMERANO 12 Lunghezza massima del 2° inalare inferiore. a) Valle del Po: 5 - 20-2l2-23-(23.5O)-24s-25i2-263-27. P) Regione Romana: 5 - 192-237-(23,50)-24i6-25-263-28. t) Valle del Po: - 21-234-24-253-26ii-27. ò) Regione Romana: 9 - 193-20-22-24in-254. e) Amburgo: 5 - 2I2-222-235-2I7-254. e) „ 9 - 21-(23.50)-264. a) Praga: 5 - 22-243-25-262. ^) „ 9 - 232. p) Contorno di Firenze: 5 - 233-(23,50)-243. w) „ 9 - 252-(25,50)-263. X) Bucarest: $ - 23. ^>) n . 9 - 232. Lunghezza del canino superiore. a) Valle del Po: 5 - 253-26-272-282-(29,5O)-30v-32-34. B) Regione Romana: $ - 242-282-29-(31,50)-322-335-34-352-362-37-39. t) Valle del Po: 9 - 21-263-(26,5O)-28-292-302-31-32. h) Regione Romana: 9 - 28-297-30-31-(31.5O)-333-344-35. e) Amburgo: 5 - 22-23-244-2.52-263-283-292-302. e) „ 9 - 2l2-(23,50)-24-262. a) Praga: 5 - 243-262-(27)-29-30. H) „ 9 - 18-(22)-26. p) Contorno di Firenze: $ - 253-26-270. uj) ., « 9 - 23-262-(26,5O)-28-30. X) Bucarest: 5 - rotti. V) , 9 - 23-30. Lunghezza del canino inferiore. a) Valle del Po: $ - 10-13-(14,5O)-15i2-17-182-19. f?) Regione Romana: 5 - I4-I5-I73-I85-I95-2I2-222. T) Valle del Po: 9 - ll3-132-15i, -16-19. ò) Regione Romana: 9 - 155-174-(17,5Oj-lS2-197-20. e) Amburgo: 5 - 103-ll-122-(12,5O)-134-159. e) „ 9 - Il3-fl3)-152. a) Praga: 5 - 12-(14)-155-16. m) „ 9 - 10-(12,5O)-15. p) Contorno di Firenze: 5 - 142-(14,50)-154. UJ) „ » 9 - 154. X) Bucarest: 5-13. V) « 9 - 13-15. 13 RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Ol'fiold TllOmaS, ECC. 93 Dall'esame comparativo dei dati precedentemente riferiti risulta: Statura. — Gli individui maschi della Regione Romana giungono a dimensioni notevolmente maggiori che non quelli di tutte le altre località (la stessa cosa si dica per gli individui femmine) e presentano i seguenti campi di variabilità: 5 da mill. 176 a 207 colla media di 191.50 9 „ UH a 200 „ „ 182. Gli individui della Valle del Po, di Amburgo, di Praga, di Firenze, ecc., sono spiccatamente piii piccoli. Valle del Po: 5 - da mill. 165 a 188 colla media di 176.50 Amburgo: 5 - „ 162 a 192 „ „ 111 Praga: $ - , 166 a 170 „ „ 168 Firenze: 5 - „ 176 a 194 „ „ 185 Valle del Po: 9 - „ 150 a 176 „ „ 163 Amburgo: 9 - „ 160 a 170 „ „ 165 Praga: 9 - „ 158 a 160 „ „ 159 Firenze: 9 - „ 162 a 170 „ „ 166 È da notarsi che gli individui maschi e femmine di Firenze, sono di dimensioni uu po' maggiori di quelli della Valle del Po, di Amburgo, di Praga ed anche di Bucarest. Lunghezza del muso dagli incisivi anteriori all'apice. — Non si notano differenze note- voli fra gli individui maschi della Regione Romana e quelli delle altre località. Si osserva tuttavia una maggior lunghezza negli individui maschi del Contorno di Firenze. — Nelle femmine, quelle della Regione Romana presentano lun- ghezza maggiore. Larghezza massima del muso. — I valori maggiori sono presentati dai masclii della Regione Romana e cosi pure si dica per le femmine. Larghezza del disco proboscideo. — I valori minori sono presentati dagli individui maschi e femmine della Regione Romana. Distanza dell'occhio dall'apice del muso. — Nei maschi delle varie località non vi sono differenze notevoli, mentre nelle femmine della Regione Romana si trovano valori notevolmente superiori a quelli delle femmine delle altre località. Larghezza massima del jjiede anteriore. — I valori più elevati sono presentati dalle femmine della Regione Romana, mentre nei maschi della Valle del Po si tro- vano i valori meno elevati. Lunghezza massima del piede anteriore senza le unghie. — I maschi della Valle del Po presentano i valori piìi bassi. Questa misura dà pure valori bassi por le fem- mine della Regione Romana. Lunghezza massima del piede posteriore senza le unghie. — Le femmine della Regione Romana hanno i valori piii bassi: i maschi invece Iianno valori non molto diversi da quelli delle altre località. 94 LORENZO CAMEKANO 14 Larghezza massima del piede posteriore. — Non si notano differenze spiccate fra gli individui delle varie località. Lunghezza della coda. — I valori piìi elevati sono presentati dagli individui maschi dei contorni di Praga. — Le femmine della stessa località hanno pure coda più lunga delle femmine delle altre. Fra i maschi e le femmine della Regione Romana e quelli delle altre località non vi sono differenze notevoli. Lunghezza massima basale del cranio. — Non vi sono differenze notevoli. Larghezza massima del cranio misurata sulle arcate zigomatiche. — • Gli individui maschi e femmine della Regione Romana hanno valori notevolmente più elevati che non negli individui delle altre località. Larghezza massima del cranio alla regione mastoidea. — Non vi sono differenze notevoli. Larghezza del cranio alla regione orbitale. — I valori più elevati appartengono ai maschi e alle femmine della Regione Romana. Lunghezza del pedata. — Questa è notevolmente maggiore nei maschi e nelle fem- mine della Regione Romana. Larghezza del cranio a livello del 1° molare superiore. — Essa è notevolmente mag- giore negli individui maschi e femmine della Regione Romana. Larghezza del falcilo a livello del 1° molare superiore. — Non vi sono differenze notevoli. Lunghezza dello spazio occupato dai molari superiori. — Nei maschi della Regione Romana è spiccatamente maggiore che non in quelli delle altre località. Fra le femmine invece la differenza non è spiccata. Lunghezza dello spazio occupato dai molari inferiori. — Esso è maggiore nei maschi e nelle femmine della Regione Romana che non in quelli delle altre località. Larghezza massima del 2° molare .superiore. — Essa è notevolmente maggiore nei maschi e nelle femmine della Regione Romana. Lunghezza massima del 2° molare superiore. — Non vi sono differenze notevoli. Larghezza massima del 5° molare inferiore. — Essa è notevolmente maggiore nei maschi e nelle femmine della Regione Romana. Lunghezza massima del 2° molare inferiore. — Non vi sono differenze notevoli. Lunghezza del caìiino superiore. — Essa è maggiore nei maschi e nelle femmine della Regione Romana. Lunghezza del canino inferiore. — Essa è maggiore nei maschi e nelle femmine della Regione Romana. Dall'esame delle serie delle varianti e della loro frequenza, dalla considerazione delle classi estreme di ciascuna serie, ed anche dal confronto degli stessi valori medii di ciascuna serie e, inoltre, tenuto conto delle osservazioni sopra riferite, risulta: 1° che gli individui di Talpa che provetigono dalla Regione Bomana, per quanto riguarda le proporzioni delle varie parti del capo e delle varie parti del cranio, sono spiccatamente diversi dagli individui di Talpa delle altre località sopra esaminate; 2° che gli individui di Talpa della Regione Romana appartengono, anche pre- scindendo da altri caratteri differenziali che verrò menzionando in seguito, ad una forma distinta che merita di essere designata con nome specifico. 3° Tutti gli individui che ho potato osservare della Regione Romana appartengono alla forma specifica stata indicata recentemente da Orfìeld Thomas col nome di Talpa romana. 15 RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Orficld TllOIliaS, ECC. 95 * * * Ai caratteri sopra menzionati delle dimensioni per distinguere la Talpa romana Off. Th. dalle altre Talpe italiane ed europee, si possono aggiungere i seguenti che ho osservato nella numerosa serie di individui dei due sessi, che ho avuto a mia disposizione. 1" Il secondo molare inferiore presenta una piccola cuspide basale, supple- mentare esterna al fondo della valle che separa le cuspidi principali. Questo carattere indicato nei due esemplari studiati da Orfield Tliomas, venne da me trovato costante, sebbene con sviluppo vario. — Debbo dire tuttavia che in qualche esemplare delle altre forme di Talpe se ne trova qualche accenno. 2° L'ultimo molare presenta pure una leggera cuspide. Anche questo carattere, pure indicato dal Thomas, nella serie degli individui da me esaminati apparve abba- stanza costante. 3° La lunghezza che va dall'angolo i^osteriore dell'arcata zigomatica all'angolo posteriore della cavità orbitaria portata lungo la faccia laterale del cranio in modo che essa parta dall'angolo posteriore della cavità orbitaria, arriva colla sua estremità ante- riore al di là del canino o a metà della larghezza del canino stesso. — Nelle altre forme di Talpe italiane o europee da me studiate, la stessa lunghezza arriva o a livello del 1" premolare o al piìa al margine interno del canino. Questo carattere differenziale nella numerosa serie di cranii maschi e femmine da me studiati mi è apparso costante. Esso è una conseguenza dello sviluppo diverso sia delle arcate zigomatiche, sia della porzione facciale del cranio, che si nota fra la Talpa romana Orf. Th. e le altre forme di Talpa. 4° Le arcate zigomatiche nella Talpa romana, sia nei maschi che nelle fem- mine, sono più robuste, e ciò appare a colpo d'occhio dalle figure qui unite. Le arcate stesse sono pili arcuate: ciò contribuisce a dare al profilo generale del cranio, guar- dato dalla parte superiore, un aspetto diverso da quello delle altre forme di Talpe italiane ed europee. Questo carattere appare del resto molto spiccato anche dalle soprariferite misure. 5° I premolari superiori sono in complesso meno robusti e meno alti nella Talpa romana che non nelle altre. — Questo carattere venne già da me indicato nelle figg. 4 e 6 della tavola II del mio precedente lavoro sulla Talpa (Op. cit.), le quali rappresentano di profilo un cranio di Talpa di Roma ed un cranio di Talpa di Sicilia che, come dirò meglio in seguito, appartiene pure alla specie Talpa romana Orfield Thomas. Devo tuttavia osservare che questo carattere, spiccatissimo in molti individui, lo è meno in altri e che non raramente lo si può osservare in individui di Talpa non appartenenti alla Talpa romana. Credo perciò che esso debba venire in ultima linea. 6° La stessa considerazione si può fare pei canini superiori ed inferiori i quali sono spesso, ma non sempre, più sviluppati nella Talpa romana. 7° Nessun carattere differenziale sicuro si può trarre dallo sviluppo rispettivo degli incisivi, come già, del resto, avevo fatto notare noi mio precedente lavoro sopra citato. 96 LORENZO CAMERANO 16 * * * La diagnosi della Talpa romana Orfield Thomas, può essere formolata nel modo seguente : Talpa romaìia Orfield Thomas. Annals and Magazine of Naturai History, Ser. 7, voi. X, dicembre 1902; pag. 516-17. Talpa cacca (partim). — Bonaparte, Iconografia della Fauna italica, Tom. I, punt. 7, tav. 17, fig. 1, 1833. Talpa europaea (partim). — Camerano, Bicerche intorno alle specie italiane del genere Talpa, " Mem. Accad. Scienze di Torino „, Ser. II, voi. XXXVII, 1885, tav. I, figg. 7, 12, 15, 16, tav. 2^ figg. 4, 6. Talpa cacca (partim). — Trouessart, Catal. Manini., voi. 1, pag. 206, Berlino, 1898-99. La colorazione è come nella Talpa europaea Linn. ben nota. Occhi con apertura palpebrale nulla (1). Statura. — Nei maschi classi estreme 176-207, media 191,50; nelle femmine c?. estr. 164-200, media 182 (2). Larghezza massima del muso. — Nei maschi ci. estr. 69-92, media 80,50; nelle fem- mine ci. estr. 66-97, media 81,50 (3). Larghezza del disco proboscideo. — Nei maschi ci. estr. 46-66, media 56; nelle fem- mine ci. estr. 44-60, media 52. * Distanza dell'occhio dall'apice, del muso. — Nei maschi non vi è differenza notevole dalle altre forme di Talpe europee; nelle femmine si ha: ci. estr. 185-220, media 202,50. Larghezza massima del piede anteriore. — Nelle femmine si ha: ci. estr. 175-220, media 197.50. Lunghezza massima del piede anteriore. — Nei maschi ci. estr. 152-195. media 173,50; nelle femmine ci. estr. 136-185, media 160,50. Lunghezza massima del piede posteriore. — Nelle femmine ci. estr. 136-185, media 160.50. Larghezza massima del cranio misurata sulle arcate zigomatiche. — Nei maschi ci. estr. 123-147, media 135; nelle femmine ci. estr. 125-146, media 135,50. Arcate zigomatiche robuste. — La lunghezza che va dall'angolo posteriore dell'arcata zigomatica all'angolo posteriore della cavità orbitaria, portata lungo la faccia laterale del cranio, in modo che essa parta dall'angolo posteriore della cavità orbitaria stessa, arriva colla sua estremità anteriore o al di là del canino o a metà della larghezza del canino stesso. (1) Si menzionano qui soltanto i caratteri che si presentano diversi nella Talpa romana rispetto alle altre forme di Talpe italiane ed europee. (2) Questi valori sono espressi in millimetri. (3) Questi valori e gli altri che sono segnati pei caratteri seguenti, sono espressi in SBO^^'"' somatici e quindi sono senz'altro paragonabili fra loro. — I valori estremi e le medie sono dedotti dall'esame di serie sufficientemente numerose per lasciar credere, dato l'andamento delle classi nelle serie e le loro frequenze, che l'esame di altri individui della stessa località non potrà far variare di molto i valori estremi stessi e quindi le medie. 17 RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Orfield ThomaS, ECC. 97 Larghezza del cranio alla regione orbitale. — Nei maschi ci. estr. 71-83, media 77; nelle femmine ci. estr. 7G-88, inedia 79. Lunghezza del palato. — Nei maschi ci. estr. 146-170, nwdia 158; nelle femmine ci. estr. 146-166, media 156. Larghezza del cranio a livello del 1° molare superiore. — Nei maschi ci. estr. 85-102, media 94; nelle femmine ci. estr. 85-97, media 91. Lunghezza dello spazio occupato dai molari superiori. — Nei maschi ci. estr. 58-74, media 66. Lunghezza dello spazio occupato dai molari inferiori. — Nei maschi ci. estr. 71-83, media 77; nelle femmine 75-82, media 78,50. Larghezza massima del 2° molare superiore. — Nei maschi ci. estr. 24-33, media 28.50; nelle femmine ci. estr. 24-30, media 27. Larghezza massima del 2° molare inferiore. — Nei maschi ci. estr. 15-22, media 18,50; nelle femmine ci. estr. 15-19, media 17. Lunghezza del canino superiore. — Nei maschi ci. estr. 24-39, media 31,50: nelle femmine ci. estr. 28-35, media 31.50. Lunghezza del canino inferiore. — Nei maschi ci. estr. 14-22, media 18; nelle fem- mine ci. estr. 15-20, media 17,50. Secondo molare inferiore con una piccola cuspide basale supplementare al fondo della valle che separa le cuspidi principali. La Talpa romana Orfield Thomas si presenta in tutti gli esemplari da me esa- minati, completamente cieca. Per ciò che riguarda la sua distribuzione geografica io posso fornire i dati seguenti. Essa è assai frequente nei contorni di Roma, tanto nella regione del piano, quanto in quella montuosa. Ne ho inoltre esaminato un esemplare femmina raccolto dal conte M. G. Peracca a Catanzaro. L' esemplare di Talpa indicato di Sicilia (1), nel mio precedente lavoro sulle Talpe italiane, appartiene pure alla Talpa romana. E lecito supporre che questa specie estenda la sua area di distribuzione a tutta la parte meridionale d'Italia, almeno nella Regione Tirrena. Sono tuttavia necessarie altre ricerche per determinare i suoi limiti di estensione verso il Nord di Roma ed anche verso l'Est, sopratutto per quanto riguarda il versante Adriatico. Debbo dire a questo proposito che dai contorni di Urbino e dai contorni di Firenze io ho rice- vuto soltanto esemplari di Talpa europaea Linn. cogli occhi aperti. * Separata come specie, pei caratteri sopra indicati, la Talpa romana Orfield Thomas, si presenta ora la domanda: La Talpa cacca descritta dal Savi è forma distinta spe- cificamente dalla Talpa romana stessa ? (1) Cfr. anche : L. Camerano. Dell'esistenza della Talpa europea in Sicilia, * Boll, dei Musei di Zool. e Anat. comp. di Torino voi. 1°, n. 4, 1886. Serie II. Tom. LIV. m 98 LORENZO CAMERANO 18 Il Museo Zoologico di Torino possiede due esemplari tipici inviati a suo tempo dal Savi stesso; questi esemplari io già studiai nel mio precedente lavoro sulle Talpe italiane ed ora ho ristudiato minutamente, sopratutto per quanto riguarda i caratteri presentati dal cranio e dai denti. Per gli altri caratteri non ripeterò qui ciò che già dissi nel mio precedente lavoro. Pei caratteri delle dimensioni del cranio questi individui si scostano notevol- mente dalla Talpa romana e così pure per quelli dei denti, avvicinandosi notevol- mente alla Talpa europaea Linn. Le dimensioni della Talpa cacca del Savi sono spiccatamente più piccole di quelle della Talpa romana e sopra ciò già si avevano le osservazioni del Bonaparte che io ho riferite in principio di questo lavoro. Il carattere clie io ho sopra indicato della misura della lunghezza delle arcate zigomatiche, rispetto alla posizione del canino superiore, è nella Talpa del Savi come nella Talpa europaea di Linneo e non come nella Talpa romana. Inoltre la larghezza del secondo molare inferiore è molto piccola. Un'occhiata del resto data allo specchietto delle misure (espresse in 360''^™ so- matici) delle varie parti del cranio e dei denti e il confronto con quelle della Talpa romana e della Talpa europaea porta facilmente l' osservatore a conchiudere che la Talpa caeca Savi è forma al tutto distinta, dalla Talpa romana Orfield Thomas. * -t La Talpa caeca Savi ha affinità notevolissime colla Talpa europaea Linn., non solo per l'insieme delle dimensioni delle varie parti del corpo : ma anche per le pro- porzioni e la forma delle varie parti del cranio e dei denti. Essa si differenzia tut- tavia pel fatto che le sue palpebre sono completamente saldate. Se si prescinde per un momento da questo carattere e si confrontano i cranii dei due individui tipici sopradetti della Talpa del Savi con quelli della Talpa europaea Linn. e si procede a misure col metodo dei coefficienti somatici, si giunge facilmente alla conclusione che non è possibile distinguere i primi dai secondi, ne per le dimensioni relative, ne per la forma, fatta eccezione per la larghezza del 2° molare inferiore, che nei due esemplari sopradetti è spiccatamente minore. Caratteri differenziali non si trovano neppure fra le altre parti del corpo. A questa conclusione ero giunto pure nel mio precedente lavoro sulle Talpe italiane, e questa conclusione io confermo ora dopo l'esame di un molto più ampio materiale. Rimane da discutersi il carattere della chiusura completa delle palpebre. Intorno alla variabilità dell' ampiezza dell' apertura delle palpebre nella Talpa europaea Linn., già ho detto a lungo nel lavoro ripetutamente citato, dove sono anche riferite le osservazioni degli altri Autori, e ad esso rimando il lettore. Osser- verò soltanto che, a quanto pare, esemplari di Talpa con palpebre completamente chiuse, si trovano talvolta qua e là nella Regione Alpina, in località dove si trovano pure esemplari con occhi aperti ; mentre non mi venne fatto mai di osservarne nel piano. Le Talpe che io ho avuto dal Contorno di Firenze hanno tutte gli occhi aperti. — Il Savi, noterò pure, dice espressamente che gli esemplari ciechi da lui descritti provenivano dall'Appennino. 19 KICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Olfield TlìOmaS, ECC. 99 Lo studio dei due esemplai^ ciechi che io ho avuto da Domodossola e da Andrate, mostra che i caratteri del loro cranio e dei loro denti sono come quelli della Talpa europaea Lina., anche per ciò che riguarda la larghezza del 2" molare inferiore. Non credo possibile per ciò separare specificamente questi ultimi esemplari dalla Talpa europaea Linn. pel solo fatto che essi hanno le palpebre completamente sal- dato, tanto più tenendo conto del fatto che nella Talpa europaea Linn., si trova variare 1' apertura delle palpebre da m. 0,002 ad una semplice puntura di spillo e tanto più che sono stati osservati esemplari di Talpa europaea, in cui un occhio aveva palpebre aperte e l'altro saldato, ed inoltre anche pel fatto che gli esemplari ad occhi con palpebre saldate, pare si trovino sporadicamente qua e là. Per quanto riguarda gli esemplari del Savi è necessario tuttavia tener conto delle considerazioni seguenti: 1° Secondo quanto dice il Savi stesso (vale a dire: " nel novembre poi del decorso anno (1), ebbi fra mano di quelle Talpe che trovansi sul nostro Appennino, e rimasi sommamente sorpreso di non trovar loro l'apertura dello palpebre „), pare che sull'Appennino questa forma di Talpa sia frequente e forse localizzata sull'Appennino stesso. Ho avuto occasione di vedere alcuni esemplari di Talpa provenienti da Val- lombrosa. Essi hanno le palpebre completamente saldate. La loro statura è piccola e concorda con quella data dal Savi per la sua Talpa cacca. Ma non ho potuto su di esse procedere a misure comparative delle varie parti del cranio e dei denti. 2° Il carattere sopra menzionato della assai piccola larghezza del 2° molare inferiore, se risultasse sufficientemente costante, dovrebbe essere preso in conside- razione, e unito alia costanza della chiusura delle palpebre e alla speciale stazione dell'animale, potrebbe legittimare la separazione specifica della forma descritta dal Savi. Per quanto tuttavia non si debba nascondere il fatto che le Talpe europee di Amburgo presentino per la larghezza del 2° molare inferiore valori assai bassi con frequenza notevole. 5 Amburgo: 12,.-13ii-(13,50)-L53 — Esemplari del Savi: 5 - 11-12. * L'esame fatto di serie di esemplari di Talpa europaea, con palpebre aperte, di Amburgo, Praga, Bucarest e di varie località italiane (sopra indicate), mi ha mostrato che fra essi non è possibile istituire divisioni di gruppi speciali. Gli individui di qualche località, come ad esempio i maschi di Amburgo, pre- sentano nella serie studiata uno sviluppo maggioro della coda. Gli individui del Contorno di Firenze hanno una statura un po' maggiore degli altri, la lunghezza del muso nei maschi di Firenze è pure più spiccata , ecc.; ma per poter dare a queste differenze un giusto valore, sarebbe necessario 1' esame di serie più numerose delle varie località di quelle che io ho avuto a mia disposizione. Ad ogni modo tenendo conto dei caratteri, certamente molto importanti, del cranio e dei denti, credo poter affermare che gli individui di Amburgo, Praga, Bucarest e (1) Sopra la Talpa cieca degli antichi, " Nuovo Giornale dei Letterati Pisa, 1822, voi. 2°, 304, anno 1822. 100 LORENZO CAMERANO 20 quelli con occhi aperti delle varie regioni italiane, appartengono ad una sola forma specifica e precisamente alla Talpa europaea Linn., della quale specie si può dare la seguente diagnosi, simmetrica con quella della Talpa romana Orfield Thomas. Talpa euvoimea Linn. S. N.. XII, p. 73, n, 1. La colorazione è come nella Talpa romana ed è ben nota. Occhi con apertura palpebrale distinta di diametro variabile, in qualche esemplare' eccezionalmente nulla (1). Statura. — Nei maschi ci. estr. 160-194, inedia 177; nelle femmine 147-176, media 166,50 (2). Larghezza massima del muso. — Nei maschi ri. estr. 78-120, media 99 ; nelle fem- mine ci. estr. 70-113, media 91,50 (3). Larghezza del disco proboscideo. — Nei maschi ci. estr. 49-70, media 59.50: nelle femmine ci. estr. 50-67, media 58,50. Distanza dell'occhio dall'apice del muso. — Nelle femmine ci. estr. 170-216, media 190. Larghezza massima del piede anteriore. — Nelle femm. ci. estr. 164-201, media 182,50. Lunghezza massima del piede anteriore. — Nei maschi ci. estr. 131-200, media 215; nelle femmine ci. estr. 140-191, media 165,50. Lunghezza massima del piede posteriore. — Nelle femmine ci. estr. 154-200, media 111. Larghezza massima del cranio misurata sulle arcate zigomatiche. — Nei maschi ci. estr. 113-132, media 122,50; nelle femmine ci. estr. 106-125, media 115.50. Le arcate zigomatiche sono gracili. — La lunghezza che va dall' angolo posteriore deirarcata zigomatica all'angolo posteriore della cavità orbitaria, postata lungo la faccia del cranio, in modo che essa parta dall'angolo posteriore della cavità orbitai'ia stessa, arriva colla sua estremità anteriore o a livello del 1° pre- molare al più al margine posteriore del canino supei'iore. Larghezza del cranio alla regione orbitale. — Nei maschi ci. estr. 65-82, media 73,50; nelle femmine ci. estr. 67-80, media 73,50. Lunghezza del palato. — Nei maschi ci. estr. 140-160, media 150; nelle femmine ci. estr. 144-154, media 149. Larghezza del cranio a livello del P molare superiore. — Nei maschi ci. estr. 66-102, media 84; nelle femmine ci. estr. 72-95, media 83,50. Lunghezza dello spazio occupato dai molari superiori. — Nei maschi ci. estr. 60-71, media 64,50. Lunghezza dello spazio occupato dai molari inferiori. — Nei maschi ci. estr. 63-80, media 71,50; nelle femmine ci. estr. Ql-ll, media 72. Larghezza massima del 2° molare superiore. — Nei maschi ci. estr. 18-26, media 22; nelle femmine ci. estr. 20-26, media 23. Larghezza massima del 2'^ molare inferiore. — Nei maschi ci. estr. 12-18. media 15; nelle femmine ci. estr. 13-16, media 14.50. Lunghezza del canino superiore. — Nei maschi ci. estr. 24-34, media 29 ; nelle fem- mine ci. estr. 18-32, media 25. Lunghezza del canino inferiore. — Nei maschi ci. estr. 10-19, media 14,50: nelle femmine ci. estr. 10-19, media 14.50. Secondo molare inferiore senza cuspide basale supplementare. (1) Si menzionano qui soltanto i caratteri che si presentano diversi da quelli della Talpa romana Orfield Thouaas. (2) Valori espressi in millimetri. (3) Questi ed i seguenti valori sono espressi in 360"^'"' somatici. 21 RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROiMANA Ol'field Thomas, ECC. 101 Per quanto riguarda la distribuzione della Talpa europaea Limi, in Italia , dirò che pare essa occupi sopratutto la Valle del Po e si spinga nella parte peninsulare ad incontrare la Talpa romana; ma i limiti di distribuzione delle due specie riman- gono da chiarire. * * * Viene in ultimo la questione del modo di considerare tassonomicamente la Talpa cacca Savi. Dopo la separazione in specie distinta della Talpa romana Orfield Thomas, la quale presenta le palpebre completamente saldate, questo carattere da solo non può più bastare, qualunque sia il valore che ad esso si voglia dare, a diagnosticare un'altra specie del genere Talpa, è d'uopo ricorrere ad un altro carattere di partenza per la distinzione specifica. Come ho detto sopra, i tipi del Savi presentano le maggiori affinità cogli esem- plari di Talpa europaea Linn., tanto che non riesce possibile trovare un carattere per distinguerli specificamente. Il carattere stesso della chiusura delle palpebre può trovarsi fra gli esemplari di quest'ultima specie. Se lo studio di serie numerose di individui di Talpe a palpebre saldate della regione montagnosa appenninica, mettesse in evidenza una diminuzione spiccata della larghezza dei molari rispetto alla Talpa europaea, in rappoi'to colla minore statura media e se la forma di Talpa in questione si presentasse localizzata nella regione montagnosa appenninica, io non esiterei a considerare la Talpa cacca Savi come specie da conservarsi nei cataloghi. Se poi le ricerche future condotte lungo la zona montagnosa appenninica met- tessero invece in chiaro il fatto, dell'estendersi in essa promiscuamente colla forma cieca, anche della forma a palpebre non saldate, come pare avvenga nella zona alpina, e se il carattere della diminuzione di larghezza dei molari non risultasse spiccato, io credo si debba ritornare alla proposta che già feci nel precedente lavoro sulle Talpe italiane, di dare alla Talpa cacca di Savi il valore di semplice variazione. * Come conclusione delle ricerche di cui ho esposto i risultanienti, rispondo alle varie domande che ho formulato in principio di questo lavoro. 1° La Talpa romana Orfield Thomas è specie distinta nettamente dalla Talpa cacca Savi e dalla Talpa europaea Linn. 2° La Talpa europaea Linn. delle varie località italiane, non pare forma divtai^a dalla Talpa europaea delle altre regioni d'Europa. 3° La Talpa europaea Linn. presenta nella regione montagnosa, come i>are avvenga anche in altre regioni d' Europa, talvolta individui colle palpebre saldate. 4° La Talpa cacca Savi è forma affinissima alla Talpa europaea Linn.. da cui si differenzia secondo il Savi per la saldatura normale delle palpebre. 5° Per poter con sicurezza determinare il valore tassonomico della Talpa cacca Savi, è d'uopo chiarire il fatto della sua localizzazione nella regione montuosa appen- ninica e studiarne i caratteri in serie numerose di individui. 102 LORENZO CAMERANO 22 Talpa romana Maccafcse Orfield Thomas 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 6 è 5 6 6 è 6 6 Ò 5 5 Ò Ó è. 6 Ó (Misure assolute in millimetri) Lunghezza totale .... 198 184 192 190 190 195 185 193 202 205 195 205 200 200 193 19 Id. massima del cranio 38 38 39 38 38 38 37 38 39 39 38 39 38 39 39 3i Id. della coda 31 26 28 31 28 32 26 27 33 32 31 32 33 33 30 Id. del muso dagli incisivi al- ■ l'apice 8,5 7,5 10 8 8 9 8 8,5 7,5 9 8 10 8,5 8 9 Larghezza massima del muso 10 10 10 10 10 10,5 9,5 10 12 10 11,5 11 11 10 11 11 Id. del muso alla base della parte nuda 5 5 5 5,5 5,5 6 5,5 5 6,5 7 7 6 5 6 5 1 Distanza dall'occhio all'apice del muso 22 22 21 23 23 21 19,5 20 22 22 22 22 22 22 22 21 Larghezza massima del piede 1 Q iy,o 1 o 1 Q ly ly 01 óL oi ùi. ZI 01 ÙL OA ZU otì Lunghezza massima del piede anteriore senza le unghie 1 7 10,0 1 Q lo 1 7 1 1 1 7 1 1 1 Q lo 1D,0 10,0 1 Q lo 1 Q lo lo 1 Q lo 1 7 t; 1 r ,o 1 7 1 / 1 7 1 t 1 à io Id. id. del piede posteriore . 17 17 17,5 18 17,5 19 18 18 20 19 18 18,5 19 19 19 1^ Larghezza massima del piede Q K o,o o,o Q y Q o y,o 0,0 0,t> Q Q 0,0 y y,o Q y Q y (Misure in 360^^'™' somatici) Lunghezza massima del cranio 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 Id. della coda 294 246 258 294 265 303 253 256 305 295 294 295 313 305 277 Id. del muso dagli incisivi ai- 84 71 92 76 76 85 78 81 69 83 76 92 81 74 83 Larghezza massima del muso 95 95 92 95 95 99 92 95 111 92 109 102 104 92 102 ll Id. del muso alla base della 1 parte nuda 47 47 46 52 52 57 54 47 60 65 66 55 47 55 46 i Distanza dall'occhio all'apice del muso 208 ^8 194 218 218 199 190 189 203 203 208 203 208 203 203 20 Larghezza massima del piede anteriore 185 180 185 180 180 199 204 189 203 194 199 194 199 185 194 19: Lunghezza massima del piede anteriore senza le unghie 161 156 166 161 161 170 161 156 166 166 170 166 166 157 157 Id. id. del piede posteriore . 161 161 162 170 166 180 175 170 203 175 170 171 180 175 175 Larghezza massima del piede posteriore 81 81 78 85 76 90 83 81 83 83 81 83 90 83 83 ?( Gli 23 RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Orfielll Thoilias, ECC. 103 Ostia Contorno di Roma 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 6 6 6 6 6 5 6 6 ò ò ó 6 ó 6 5 è 6 6 6 _Ó_ o 6 6 L 200 195 176 185 183 180 185 185 185 188 185 187 180 190 185 197 186 190 195 202 190 195 184 39 39 37 37 37 37 39 37 38 39 39 38 38 39 39 38 38 39 39 40 39 40 37 27 31 30 29 27 28 29 30 26 26 30 27 28 35 30 28 28 32 29 30 34 33 28 95 9 8 8 8 8,5 9 9 9 9 9 8 8,5 9 9 8 ■ 8 9 8 10 9 8 8 11 11 10 11 13 12 12 11 11 11 12 9,5 12 10 12 10,5 12 12 13 13 12,5 13 12 6 5 6 5 6 5 6 5,5 5,5 5,5 5,5 5 5,5 6 6 5,5 6 6 5,5 6 6,5 6 6 19 20 20 19 20 19 21 21 22 22,5 22 22 20 23 22 21,5 22 23 23 22 22,5 24 22 19 21 21 19 20 21 20 19 21 20 22 21 21 23 21 20 22 23 22 22 22 23,5 20 19 20 19 18 20 20 19 20 1 7 1 7 ^ 1 fi ^ Ifi ^ 17 X 1 18 Ti 18 16 X \J 18 20 1 8 X o 18 1 8 ^ 1 Q 17 19 20 18 19 18 19 1 7 20 1 7 i. f IQ 1 7 ^ 1 Q X t7 18 X \J 19 X O 20 20 1 R 19 X O 18 XO 20 1 9 X «7 1 Q X 17,5 9 9 8 8,5 9 9 Q o 8 5 7 ^ Q o q Q o 9 Q t7 9,5 Q o 7 ^1 Q £7 8 9 ^ Q 8 [Iseo 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 249 286 292282 263 272 282 292 246 240 277 256 265 323 277 265 265 295 268 270 314 297 272 88 83 78 78 78 83 88 88 85 83 83 76 81 83 83 76 76 83 74 90 83 72 78 102 102 97 107 126 117 117 107 104 102 111 90 114 92 111 99 114 111 120 118 115 118 117 55 'i 46 58 49 58 49 58 54 52 51 51 47 52 55 55 52 57 55 51 54 60 • 54 58 1/5 1 OK loo 195 185 195 185 204 2(lo 20o 203 175 185 185 175 195195 185 195 161 162 152 156 161 171 166 152 170 185jl66162 171 171 K,:. 175 185 175 185 175 185 165 195 161 175 162 180 170 175 185 189 175 175jl66180 175 171 ITO 88 83 78 83 88 88 78 83 71 74 83 76 85 83 88 76 71 83 78 72 88 81 7S 104 LORENZO CAMERANO 24 Talpa romana Orfield Thomas (Misure assolute in millimetri) Lunghezza massima del cranio . Id. basale id. Larghezza zigomatica .... Id. mastoidea .... Id. interorbitale . . . Lunghezza del palato .... Larghezza id. al di fuori del 1° molare Id. id. all'indentro id Spazio occupato dai molari superior Id. id. inferior Larghezza del 2° molare superiore Lunghezza id. id. Larghezza id. inferiore id. id. Lunghezza Altezza del canino superiore Id. id. inferiore (Misure in 360"""' somatici Lunghezza massima del cranio Id. basale id. Larghezza zigomatica Id. mastoidea Id. interorbitale Lunghezza del palato Larghezza id. al di fuori del 1° molare Id. id. all'indentro „ Spazio occupato dai molari superiori Id. id. inferiori Larghezza del 2° molare superiore Lunghezza id. id. Larghezza id. inferiore Lunghezza id. id. Altezza del canino superioi'e . . Id. id. inferiore . . Ostia e Ma ccarese \ 1 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 o è $ 5 OD, 7 o o DO 37 39 39 37 . 37 37 37 37 37 o o àà ori K 32,5 33 34 33 31 31 33 32 32 15 15 13 15 15 14 13,5 14 14 14 14 17,8 19 18 20 17 18 18 18 18 18 17 8 8 8 8 8 8 7,5 8 8 8 7,5 16,2 16 16 17 17 16 15 17 16 16 16 11,1 10 10 11 10 10 9,5 10 10,5 10,5 9,5 4,7 4,5 5 5 5 5,25 4,5 5 4,5 5 5 7,5 7 7,5 7,5 8 7 7 7 6,5 7,5 6 7 8,1 7,5 7,75 7,75 8 7,5 7,5 7,5 7,5 7,5 3 8 2,5 3 3 2,75 3 2,75 2,75 3 2,5 2,5 3 2,5 2,5 2,5 2 2,5 2,5 2,5 2,5 2 2 2 2 2 1,75 1,75 1,75 2,25 2 1,75 — 2,5 2,5 2,5 2,5 2 2 2,5 2,5 2,5 2,5 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 310 313 316 305 314 321 302 302 321 311 311 147 142 126 138 138 136 -131 136 136 136 136 175 180 175 185 157 175 175 175 175 175 165 78 76 78 74 74 78 73 78 78 78 73 160 153 156 157 157 156 146 165 156 156 156 1 no uO QO 07 Q9 Q7 y / 1 A9 09 46 47 49 46 46 51 44 49 44 49 49 74 66 73 69 65 68 68 63 73 58 68 79 71 75 74 72 78 73 73 73 73 73 29 28 24 28 28 27 29 27 27 29 24 24 29 23 23 24 19 24 24 24 24 20 19 19 18 18 17 17 17 22 19 17 24 24 23 23 19 19 24 24 24 24 f*1 Misure date da Orfield Thomas (il sesso degli esemplari descritti non è indicato dall'A.i 25 RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Orficltl TllOITiaS, ECC. 105 1 Ostia IVIaccanese Contorno di Roma 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 6 6 Ò Ó Ò Ò Ó Ó 6 è 6 è 6 è 6 6 6 5 oy QQ QC OO QQ OO QQ OO Q7 O / QQ OO QQ OO Q7 O / Q7 O / QQ OO QQ oy 37 38 OO OO o9 39 o o 38 39 QQ QQ QQ OO QQ OO QQ OO QO QO oa Q9 ti QO e: OiS,0 QQ OO 31,5 34 OO OO OO OO 33,5 OO 33 33,5 lo 1 Si lo 1 ^ 10 1 ) 14 1 Q c: 10, 1 A 14: 14 14 1 /{ 14 14,5 13,5 14 1 À 14 14,5 1 O t 13,5 14,0 1 B lo 1 fi Ci 18,0 1 Q lo 1 C 1 O 1 7 K l 1 ,o 1 Q lo 1 Q lo 1 8 lo 1 Q lo 1 Q lo 18 18 1 7 Ci 1 /,o Q O 1 o lo 1 /,0 17,5 o 8 17,5 8 5,5 Q Q O C o,o Q c; O,0 7 K. /,5 7 K. /,5 7 c; ')0 Q o Q ti O,0 Q Ci o,o 8 7,75 o O o o 7,5 17 17 17 16,5 17,5 16,5 16 16 16,5 17 17,5 16,5 116,5 16,5 17 17,5 16,5 17,5 10 10 9,5 10 9,5 9 9,5 10 9,5 9 10 9,5 10 10 9 10 10 9 10 5 5,5 5 5 5 4,5 5 4,75 5 4,5 4,75 4,75 4,5 4,5 4,5 5 5 4,5 5 ,io Q O /,0 7 CL 7,5 7 1 7 K 7 i 7 / 7 EL /,5 7 Ci /,Ò 7,5 7,5 7 O Ci 7,5 o O 7,25 8 8 ,75 8,5 8 8 8 8 7,75 8 7,5 8 8,5 8,5 8,5 8,5 8 8,5 8,75 8,75 3 3 2,75 3 2,75 3 3 3 3 3 3,25 3,25 3 3,5 2.75 3 3 3 3 3 3 2,5 2,5 3 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5 2,75 2 2,5 2,75 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5 ,io ù 1 7K 1, < 5 1 7t: l,/5 1 IK 1, / 5 1 7 K 1, <5 iL o O Ci 2,5 2 1,75 ù 2 ù ù J,5 Q O 2,5 2,0 ù,b 2,5 O e: 2,5 Ci 9 e. O 7 ti ^, /o o c: 2,5 2,5 2,75 O ti 2,5 2,0 2,5 2,5 2,5 q o Q K o,o Q O Q K O,0 Q CL o,o Q 2,o O ti ^,5 Q o Q K o,o Q Ci o,o Q 7[i o, /o 4 3,75 Q Ci o,5 O Ci d,5 O 7Ci d,75 o c o,5 1 4 O a <2,Z5 1 7ti 1, < 1,5 1 7 ti 1, / 1 7Ci 1, /O 1 ti 1,5 O O c: o 2,25 2 o ù 2,25 1 1 5DU oou ODU ODU QCA ODU QRA oDU QAA ODU OOU QAA ODU QftA ODU QftA ODU QfiA ODU 360 360 QCA oDU QfìA doU QCA dbu QCQ doy QC A doU oUo Q1 Q OlO Q1 Q dio Q 1 Q olo QAQ oUo Q1 1 oli Q1 a. olo QAQ oUo QACi oU5 307 322 Q 1 Q dio QAK dUO QAQ duy Q1 Q dld QAQ duy 1 QQ 1 QC loo 1/10 14: 1 1 Oli OS 1 sno ouy SI "» O i o 136 1 99. 1 iOU 1 1 9fi l^O lOU 1 9^ l^O 1 9fi 1 9fi liO 1 SI iOi 1 SS lOO 1 90 1 — .' 175 1 7n i < u J.DD 1 7K, 1 7t; I/o 1 Rti IDO 1 7^; 1 < o 1 fi^ IDO 1 7t; 1 < o 1 fil 1 Di 1 fil 1 1 1 fif^ IDO I/o 1 D!7 73 71 81 71 78 78 78 83 75 75 73 73 73 74 82 156 1 61 1 61 1 fil 1 K1 lui 1 fifi lUO 1 61 lui 1 fio X uv 1 60 1 uu 1 61 lui 1 61 X U X 1 61 lui 1 t7 IO/ 1 fiS 1 uo 88 85 90 85 92 88 88 92 90 95 92 92 88 92 82 49 43 43 43 44 41 44 49 45 45 46 44 44 46 73 69 71 69 73 68 68 68 70 70 73 73 73 69 79 81 78 76 78 78 78 75 78 80 78 78 78 78 78 79 n À 24 28 26 28 29 29 29 29 28 28 29 29 29 28 28 24 24 24 24 24 24 24 24 25 25 24 24 24 23 28 19 17 19 17 19 19 17 17 18 18 17 19 19 18 17 24 24 24 24 24 24 24 24 25 25 24 24 24 25 28 34 31 28 31 29 29 29 29 30 35 29 29 29 2 Sì 28 19 19 17 19 15 15 15 17 18 15 15 17 17 17 Ilo LORENZO CAMERANO 30 Talpa europaea Linn. Contonno di Tonino — ■ — ■ , , — , _ — Ò 2 Ò 3 6 4 6 5 6 6 Ò 7 Ò 8 5 9 1 _6J (Misure assolute in millimetri) Lunghezza totale 170 180 184 180 180 185 178 187 179 Id. massima del cranio 35 36 37 35 37 37 37 38 37 30 31 28 28 31 30 33 26 Id. del muso dagli incisivi all'apice . 7,5 9 9 7 8 7 7,5 8 8 Larghezza massima del muso 11 11 11 11 10 10 8 8,5 9 Id. alla base della parte nuda . . 5 n 5 6 6 5,5 5,5 6 6 Distanza dall'occhio all'apice del muso . . 20 19 21 18 20,5 20 19 22 20 Larghezza massima del piede anteriore . . 18 20 20 18 19 19 18 19 18 Lunghezza id. id. senza le unghie 14,5 17 16 16,5 16 18 15 16 16 Id. id. del piede posteriore id. 17 18 18 18 17 19 17 17,5 17 Larghezza massima id. id. 7,5 8 8 8 7,5 9 7,5 8 8 (Misure in 360««""' somatici) Lunghezza massima del cranio 360 360 360 360 360 360 360 360 360 Id. della coda 309 300 302 288 272 302 292 313 253 Id. del muso dagl'incisivi all'apice . 77 90 88 72 78 68 73 76 78 Larghezza massima del muso 113 110 107 113 97 97 78 81 88 Id. alla base della parte nuda . . 51 60 49 62 58 54 54 57 58 Distanza dall'occhio all'apice del muso . . 206 190 204 185 199 195 185 208 195 Larghezza massima del piede anteriore . . 185 200 195 185 185 185 175 180 175 Lunghezza id. id. senza le unghie 149 170 156 170 156 175 146 153 156 Id. id. del piede posteriore id. 175 180 175 185 165 185 165 166 165 Larghezza massima id. id. 77 80 78 82 73 88 73 76 78 (1) Individuo albino. 31 RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Ol'field Thomas, ecc. Ili Saluxxo Rivanossa Rivoli Lanio Sassi Andonno Cadono Urbino 10 11 12 1 13 14 16 17 18 19 20 21 22 23 24 Ó ! Ò Ó Ó Ó 6 5 ò Ó Ó Ò (1) (1) 6.") 188 188 174 168 170 185 180 183 169 1S4 173 188 180 107 37 38 37 36 35 36 37 36 36 36 38 35 36 34 30 31 30 27 28 30 30 33 29 32 30 35 27 33 28 29 6,5 9 7 7 7,5 8 8 8 9 9 8,5 7 9 7 8 10 9 9 10 9 n 12 11,5 12 12 10 11 11 10 11 5.5 5,5 5 6,5 5,5 6 tì 6 5,5 5 6 6 6 5,5 6 .8,5 21 21 20 20 19 19 21 21,5 20 22 20,5 20 19,5 20 .6,5 19 19 19 18 20 20 20 19.5 19 20 18 18 17 18,5 .3,5 15 17,5 17 16,5 18 19 18 17 17 18 IG 17 15 17 15 17 18 17,5 17 19 20 18 19 18 18 18 18 17 2n 7,5 8 8 8,5 7,5 9 8,5 8 8 8 9,5 8 8,5 8,5 8 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 302 284 263 280 309 300 321 290 320 300 331 278 330 297 290 85 68 70 77 80 80 90 90 81 72 90 74 80 85 88 100 93 HO 117 115 120 120 95 113 110 106 110 52 49 65 57 60 58 60 55 50 57 62 60 58 60 199 204 200 206 190 185 210 215 200 208 211 200 207 200 180 185 190 i 1 185 200 195 200 195 190 189 • 185 180 180 185 11 142 170 170 ' 170 180 185 1 80 1 70 1 1 V 1 70 170 165 170 ' 159 170 Si 161 175 175 i 175 190 195 180 190 180 170 185 180 180 200 73 76 1 78 85 1 t , 77 90 1 83 80 80 80 90 82 85 so 112 LORENZO CAMEEANO 32 Talpa europaea Linn. (Misure assolute in millimetri) Lunghezza massima del cranio Id. basale id Larghezza zigomatica . Id. mastoidea . Id. interorbitale Lunghezza del palato . Larghezza al di fuori del 1" molare Id. all'indentro id. Spazio occupato dai molari superiori Id. id. inferiori Larghezza del 2"^ molare superiore id. id. id. inferiore id. id. Altezza del canino superiore Id. id. inferiore (Misure in 360esimi somatici) Lunghezza massima del cranio Lunghezza Larghezza Lunghezza Id. basale Larghezza zigomatica . Id. mastoidea . Id. interorbitale Lunghezza del palato id. Larghezza al di fuori del 1° molare Id. all'indentro id. Spazio occupato dai molari superiori Id. id. inferiori Larghezza del 2° molare superiore Lunghezza id. id. Larghezza id. inferiore Lunghezza id. id. Altezza del canino superiore Id. id. inferiore. . . Tonino 1 o ù q A 7 o o Q ò ò 6 6 5 Ò 6 6 6 6 ] 36 35 36 37 36 34 34 35 35 37 31 31 31 32 31 30 29,5 30 29,5 31 12,5 11 12 13 12 12 12,5 11,5 12 13 17.5 17 16,5 17,5 16,5 16 17 16,5 17 18 7,5 8 7,5 7,5 7,5 6,5 7 7 7 7 15 14 15 15,5 15 14 14 14 15 14,5 8,5 8 9 9 9 8,5 8,5 8 8 10,5 4,5 4,5 4,5 4,5 4,5 4,5 4,5 4,5 4 5 7 6,5 6,5 6,5 6,5 6 6,5 6,5 6,5 7,2^ 8 7 7 7 7 6,5 7 7 7,5 7,5 2,5 2,5 2,5 2,25 2,5 2 2,5 2,75 2,5 2,5 3 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5 3 3 2,75 3 1,5 1,5 1,5 1,5 1,5 2 1,5 1,5 1,5 1,5 2 2,5 2,5 2,5 2,5 2,25 2 2,5 2 2,5 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 319 310 311 310 318 312 309 304 302 125 114 120 126 120 127 132 118 123 126 175 175 165 170 165 169 180 170 174 175 75 82 75 73 75 69 74 72 72 68 150 144 150 151 150 148 148 144 154 141 85 82 90 88 90 90 90 82 82 102 ■45 46 45 44 45 48 48 46 41 49 70 67 65 63 65 63 69 67 67 71 80 72 70 68 70 69 74 72 77 73 25 26 25 22 25 21 26 18 26 24 30 26 25 24 25 26 32 31 28 29 15 15 15 16 15 16 16 15 15 15 '>0 26 25 24 25 24 21 26 21 24 • (1) Individuo albino. (2) Cranio avuto dal Dott. F. Lataste. 33 RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Orfìeld Thomas, ECC. S a 1 u X X o Valli di Laiizo Sassi (Piemonte) Kìvarossa (Piemonte) To ni n o X X o (ìiroiida (Francia) U'iemonto) 13 14 1 15 1 16 17 18 19 20 1 21 22 23 1 1 24 2.". 26 1 27 1 ' 28 29 ^— 30 ■ - — 31 è 6 Ò Ò o Ò Ó Ò a- o o 6 6 n 6 6 r. 9 (1) (1) (1) 1 -1) ól OD OD QQ OO OD oD Q 7 QR oD Q7 O / Qft OD Q Ci OO OD '■M 37 36 O £.* OD OO • ).) 32 Q1 oi Q1 Oi QO QA oU O^ Q1 ti Ol,0 Q1 Ol Q9 Q 1 Oi QA OU i Q1 .51,0 32 31 o 1 r ol,5 .10 28 1 O io 1 1 ii 1 O lZ,o 1^,0 1 i,o 1 Q lo 1 O 12, o 1 Q io 1 1 1 i 1 1 ti 1 o lo 13 12,5* 1 o r 12,0 1 1 lo 9,5 1 7 1 7 1 7 1 7 C i / ,0 1 ti 1D,0 1 7 1 / 1 Q lo 1 7 1 / 1 7 e; 1 Q io 1 7 1 7 1 / 1 o lo 17,75:17,25 1 7 17 15 '> A O jO 1 o lo 16 7,5 7 Ci 7,5 7 e; i,b Q O Q O Q o Q o 7 /,o Q o 7 K 7 Ci ',o Q o o o 7,5 7 7 7 7 6 1,5 15 15 15 15 15,5 15 15 15,5 15 14,5 14 15,5 15,5 15 l(i 1 4 14,5 13,5 8,5 9 8,5 9 9 8 9,5 8 9 8 8,5 9 8 9,5 9 8,5 7 8,5 6,5 5 4,5 4 4,75 4,5 4,5 4,5 4,5 4,5 4 4 4,5 4,5 4,75 4,5 4,5 3 5 5 3,5 0,0 D D,0 7 D,0 D,o D,0 u.O (I oci fi ti D,o b,5 6,75 7 7 () /• D 5,5 7,5 7 7 7,5 7 7,5 7 7 7,5 7.5 7 7 7,5 7,5 7,75 7,5 7 7 7 2 2,5 2,5 2,25 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5 2,25 2,25 2,25 2,25 2,5 2,5 2.5 2 2,5 2 J,25 2,5 2,5 2,5 2.5 2,5 2,5 2,5 2,5 2.5 2.5 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5 1 K. 1 K 1,0 1,5 1,5 1 K 1,5 1 7c: 1 , /O 1,5 1 t; 1,5 1 7 r; l,o 1,5 1 Ci 1,5 1,0 1,5 1,5 1,0 1,25 1,0 1,5 2,5 2,5 2,5 o c 2,5 2,5 o e; 2,5 2,5 O Y 2,0 2,5 O K 2,5 2,0 2,75 2,5 2,5 2 2,.) 2,5 Q O 2,5 Q O O 7 K 2, ^5 q O Q o O ti 2,5 O Ci 2,5 O li 2,5 2,^5 3,5 3 o O 1 r; 1,0 1 1,5 1,0 1,5 1,5 1,5 1,0 1 ti 1,5 1.5 1,0 1 •) Ci 1,25 1,5 1,75 1,75 1,75 )DU Q/?0 OCA OOU QCA oDu ooU ooU ODO Q 97'i 298 978 ^ 1 o jo Q9 8^ fi8 oo 78 1 o c50 80 oo OO 74. 1 * 8^^ oo 8^ oo 72 fi? fi2 17 'li 1 1 7 111 117 111 1 00 lUU 117 li/ 1 C\Cì iOU 1 nei 100 1 Ofi xoo 8^; oo oo 1 0fi J.OD 82 1 uo fio OO fin DO fin DO DO 71 1 1 oo fil fii. D* fi 4. Ot: O 1 1 J04 204 185 185 180 185 180 185 201 191 191 191 185 170 185 175 509 204 200 185 200 195 200 195 201 180 191 191 191 196 196 165 195 185 180 180 180 185 185 190 191 180 169 164 180 175 165 160 195 185 190 195 190 195 190 190 191 191 191 191 180 190 196 175 '97 88 85 88 80 85 90 85 85 85 85 85 85 103 82 82 120 LORENZO CAMERANO 40 Tatpa europaea Linn. L 2 3 4 5 6 7 8 9 10 6 5 Ò ò 5 6 Ò Ó 6 6 (Misure assolute in millimetri) Lunghezza massima del cranio 36 36 35 37 36 34 37 37 36 34 Id. basale id. 31 32 31 32 30 29 31 31 32 29,5 3 Larghezza zigomatica 12 12 11,5 12 11,5 11 12 11,5 12,5 11 1 Id. mastoidea 17 17 16,5 17 16,5 16 17 17 17 16 1 id. intero rbitale 7 7 7 7 7 6,5 7 7 7 6,5 Lunghezza del palato 15 15 14 15 15 14 15 14,5 15 14 1 Larghezza al di fuori del 1** molare .... 8,5 7,5 7,5 8,5 8 8 8 7,5 8,5 8,25 ì Id. all'indentro id. .... 4,5 4,5 4,5 4,5 4,5 4 4,5 4,5 4,5 4 Spazio occupato dai molari superiori 6,25 6 6 6 6 5,5 6 6,5 6 6 ( Id. id. inferiori .... 6,75 7 6.5 6,5 7 6,5 7 7 6,5 6,25 6. Larghezza del 2° molare superiore .... 2 2 2 2,25 2,25 2 2 2,25 2 2 i JjUil^ Jlt^/iAaj lU. iU . .... 2.25 2,25 2,25 2.25 2,25 2 2,25 2 5 2 2 2 Larghezza id. inferiore .... 1 25 1,25 1,25 1,25 1,25 1 20 1,25 1,25 1,25 1 25 1 -■■1 Lungliezza id. id. .... 2,25 2 5 2 2,5 2,25 2,25 2 5 2 5 2 5 2 2 Altezza del canino superiore 3 3 2 5 2,5 2,5 2 5 2 5 2 5 2,75 2,25 2 Id. id. inferiore 1 5 1 5 1 1,5 1,25 1 1 5 1,25 1 5 1 25 (Misure in 360esjmi somatici) Lunghezza massima del cranio 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 3 Id. basale id. ...... 310 320 319 311 300 307 302 302 320 312 3' Larghezza zigomatica 120 120 118 117 115 116 117 112 125 116 1 Id. mastoidea 170 170 170 165 165 169 165 165 170 169 1 Id. interorbitale 70 70 72 68 70 69 68 68 70 69 r < Lunghezza del palato 150 150 144 146 150 148 146 141 150 148 1 Larghezza al di fuori del 1" molare .... 85 75 77 83 80 85 78 73 85 87 l Id. all'indentro id. .... 45 45 46 44 45 42 44 44 45 42 Spazio occupato dai molari superiori . . . 63 60 62 58 60 58 58 63 60 64 i Id. id. inferiori .... 68 70 67 63 70 69 98 68 65 66 É Larghezza del 2° molare superiore .... 20 20 21 22 23 21- 19 22 20 21 c ù Lunghezza id. id. .... 23 23 23 22 23 21 22 24 20 21 c <■ Larghezza id. inferiore .... 13 13 13 12 13 13 12 12 13 13 1 Lunghezza id. id. .... 23 23 21 22 23 24 24 24 25 21 2 Altezza del canino superiore 30 30 26 22 25 26 24 24 28 26 Id. id. inferiore 15 1 15 10 15 13 11 15 12 15 13 I 13 (*) Dente di forma corta e molto larga, anomala. 41 RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Orficld ThomaS, ECC. 121 f b u n g o Bucarest 1 1 1^ 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 1 2 3 1 5 Ò Ó Ò 6 6 è $ 9 $ $ 9 9 9 Ó o7 • 36 37 37 36 37 36 36 34 34 34 34 34 — 35 — 35 35 32,5 31 32 32 31,5 32 31 30,5 28,5 30 29 28 30 30 30 31 12,25 11 12 12 11,5 12,5 11 11,25 11 11 11,25 11,5 11,5 12 12 11 17 17 17,5 17 17 17 17 17,25 16 16 17 16,5 16.5 16,5 17 16,5 7,5 7 7 7 7 7 6,5 6,75 6,75 6,75 7 7 7 7 7 7 15,5 15 15 15 15 16 14,75 15 14 14 14 14 14 15 14 14,5 8 8 8,5 9 . 8,5 8,25 8,5 8 8,25 8 8 8 8 9,75 8 8 4 5 4.5 5 4,5 4,25 4,5 4,25 4,5 4,5 4 4,5 4,5 4,25 4,5 4,5 4 6 6 6,25 6,25 6 6 6 6 6 5,5 5,75 6 5,75 6 6 6,25 6,75 6,5 7 6,75 6,5 6,75 6,5 6,5 6,5 6,5 6,25 6,5 6,5 7 6,5 7 2 2 2 2,25 2,5 2,25 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2,25 2 2,25 2 2 2 2,25 2,25 2 2,5 2 2,25 2,75 2 2,25 2,25 1 25 1,25 1,25 1,5 1,25 1,5 1,25 1,5 1,25 1,5 1,25 1,25 1,25 1,25 1,25 1,25 2,25 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5 2.5 2 2,5 2,5 2,5 2,5 2 25 2,25 2 95 2 5 2,75 3 2,5 2 2,5 2,5 2 2,5 2,5 2,25 2 2,25 3 rotti 1 5 1,25 1,5 1,25 1 1,25 1,5 1,25 1 1 1 1,25 1 25 1 5 1 25 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 316 310 311 311 315 311 310 305 302 318 307 297 318 309 309 319 119 110 117 117 115 122 110 113 116 116 119 122 122 123 123 113 165 170 170 165 170 165 170 173 169 169 180 174 174 175 175 170 73 70 68 68 70 68 65 68 71 71 74 74 74 72 72 72 151 150 146 146 150 156 148 150 148 148 148 148 148 144 144 149 78 85 88 82 83 83 80 83 85 85 85 85 82 82 82 82 44 45 49 44 43 44 43 45 48 42 47 47 45 46 46 41 58 60 63 61 60 58 60 60 64 58 61 64 61 62 62 64 ( 66 65 68 66 65 66 65 65 69 69 66 69 69 72 67 72 ,1 19 20 19 22 25 22 20 20 21 21 21 21 21 21 21 21 ,1 22 20 22 19 20 19 23 23 21 26 21 24 24 21 23 23 1 12 13 12 15 13 15 13 15 13 13 13 13 13 13 13 13 22 25 24 24 25 24 25 23 21 26 26 26 26 23 23 23 24 28 29 24 190 25 23 21 26 26 24 21 23 30 rotti 1 i 15 13 15 12 10 13 15 13 11 11 11 13 13 15 13 Seme II. Tom. LIV. r 122 LORENZO CAMERANO 42 Talpa eui^opaea Limi. Francia il) e .5 Andonno (Piemonte) Candide (Cadore) Buttfio (Friuli) 1 5 2 6 3 ò j 4 1 ó 5 ' Ó 6 Ó 1 9 (Misure cissolute in miUiiucjtri) T ili n eli P77fì ìli a GiQi lì! p pi PfJì rìiCi ài ou 38 34 OO 00 34 ."»0 f 31 óò 3U oi QA 00 1 o 13.5 13 1 1 K i i,Ò 1 A C 10,5 III in il cifrai H lo 1 7 5 1 o lo 1 7 1 7 1 7 lo Jf{ 1 n f.pmvV»! f.ìi 1 p 6,5 7 5 7,5 7 8 8 7 T.nno*nP77fi npl 'ntilA'i'n 14 1 16 14 15 14,5 14 Tj£1 vcììpyyii irì Hi "fluori rlpl 1*^ innlnrp XJCiL ^U\j£jZjì lìlii n pÌ tìi I ±JCli g 1 1 lllCloOl Ilici' 9 9 10 9 9 9 8,5 8 7 TH HpI iiiil<^0 t;P fìplliì xu« u\> i iiittov^ filiti ifiXj\:> udicii parte nuda 6 6 6 6 6 6 6,75 6 Distanza dall'occhio all'apice npi inn^n 18 21 18 18 18 20 18,5 19 17 T-J^ rorìipyyn inìì'ii^^inifl HpI "nipHp JLiCll ^ 1 IC'^i^jCl 1 llCloOi 111C« 1.1C/Ì L/iC/UC' anteriore 19 18 20 19 19 21 19,5 19 19 Lunghezza massima del piede anteriore senza le unghie 18 17 17 17 17 18,5 17,5 17,5 17,5 Id. id. del piede posteriore . 19 18 20 19,25 19 19,5 19 18 18,5 Larghezza massima del piede 9 8 10 9 9 9 8,5 9 9 (Misure in SGO^^i™» somatici) Tiiino'hP77P ìiì^ UOl lllLtoU Clrllclt UCvOO Uv^lldr 64 62 58 58 60 60 58 69 60 Distanza dall'occhio all'apice npi ìiincin 191 216 175 175 180 195 180 196 170 Tifl rcrlipzy^i iTia*^^imn dpl nipdp ■M^tXL ^LX^Cllja. llLdOOlllld vl^l Lliut-tv? anteriore 201 185 195 185 190 204 197 196 190 Lunghezza massiitia del piede anteriore senza le unghie 191 175 165 165 170 180 170 180 175 Id. id. del piede posteriore . 201 185 195 187 190 190 185 185 185 Larghezza massima del piede posteriore 95 82 97 88 90 88 83 93 !HI SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Diagramma costrutto per indicare la variazione dei caratteri della Talpa romana Orfield Thomas e della Talpa europaea Linn. La lunghezza delle linee è determinata dai valori (espressi in 360"="'"' somatici) delle classi estreme osservate per ciascun carattere e per ciascuna seì-ie di varianti. FiG. 1. — Talpa romana Orliekl Thomas 5 (Roma) mandibola (ingrandita). „ 2. — „ „ 9 ( « ) cranio visto super, (id.). » 3. - , , Ó ( n ) , (id.). „ 4. — Talpa europaea Linn. 5 (Torino) cranio visto super, (id.). „ 5. — , „ Ò { r, ) mandibola (id.). „ 6. — , „ 9 ( « ) cranio visto super, (id.). „ 7. — Talpa romana Orfield Thomas 9 (Roma) cranio visto infer. (id.). 8. — „ „ Ò ( » ) » (id-)- „ 9. — ., „ j ( » ) cranio visto di fianco (id.). „ 10. — Talpa europaea Linn. 5 (Torino) cranio visto infer. (id.). » 11. — » „ 9 ( „ ) „ (id.). „ 12. — „ , se») cranio visto di fianco (id.). (Le fotografie dei cranii sono state eseguite dal Dott. Luigi Cognetti de Martiis). CAMERANO L.-Ricerche intorno alla Talpa. Ilo lao 130 140 Lunghezza massima della coda Lunghezza del muso dagli incisivi all'apice Larghezza massima del muso Larghezza del muso alla base della parie nuda Distanza dall'occhio all'apice dei muso Larghezza massima del piede anteriore Lunghezza massima del piede anteriore senza le unghie Lunghezza massima del piede post. (s. u.) Larghezza massima del piede post. Lunghezza massima basale del cranio Larghezza massima del cranio sulle arcate zigomatiche Larghezza massima del cranio alla regione mastoidea Larghezza massima del cranio alla regione orbitale Lunghezza de! palato Larghezza del cranio a livello del 1" melare sup. Larghezza del palato a livello del 1" molare sup. Lunghezza dello spazio occupato dai molari sup. Lunghezza dello spazio occupato dai molari inf. Larghezza massima del 2" molare sup. Lunghezza massima del 2" molare sup. Larghezza massima del 2" molare inf. Lunghezza massima del 2" molare inf. Lunghezza del canino superiore Lunghezza del canino inferiore t+ìt- m _) Fig. 12 Fig. 9 ciccaci vii . . C^cimxt' Ai G'>o7 n uy , .■»c. flù. m al. e nat. - GSerie Ù>onic ///. 170 ino iu<) aoo aio 220 aao aio i;yo .-loo 310 .'lao 330 aio 360 fi Talpa europaea Lim. jlndixidui i disposti noU'o^dino seEttente per: óascan. corattenu- 1" Vallo del Ì'o - 2" Gohtoini di ;i'ÌTonze-|3" Ooiiturni di Arnljurif'i ;4" Oouto^ni di Praw. 1 . Individui. ^ xiÌ!i^Qali-aglL'oi:flmaacKuCnite4iaLjàasciaL-r»Tnttfira.u-; 1" N'alle dGl il'o-2" (jonlorni (li t'ÌTenze-3» (Joi^torni di PTail;a •1" Ciiitonii ili Artiljiiriro. Talpa romana Orfìcld TlKiiiias _ Indiviilui i _jTndÌTidu| ^ Fi.<-. 3 i Fi^. 8 Fis. 10 Fis-. Il I Lit Siilusxoìiti , Tìirino. SUL TERZO MASSIMO INVERNALE NELL'ANDAMENTO DIURNO DEL BAROMETRO MEMORIA DKL DOTTOR EFISIO FERRERÒ Approvata neW Adunanza del 20 Dicembre 1903. La variazione diurna del barometro presenta, in tutte le stagioni e in tutti i paesi della terra, due massimi ben distinti verso le 10'' e due minimi verso le 4*" tanto del mattino quanto della sera. Oltre questi due massimi il RykatscheAv (1) per il primo riscontrò la presenza di un terzo massimo nei mesi invernali tra le 2^ e le 3'' di notte, e nella sua magi- strale opera ~ " La marche diurne du baromètre en Russie „ (2) affermò che l'esistenza di questo terzo massimo non è un' accidentalità, come era stato creduto prima di allora, ma è invece un fenomeno normale per tutti gli anni e genei'ale, almeno per i climi della zona temperata dell'emisfero boreale. Brito Capello (3) ed il Ragona (4) si occuparono anch'essi di questo fenomeno ; ma il primo si limitò semplicemente ad accennare che nelle curve che rappresentano l'andamento diurno della pressione atmosferica a Lisbona, calcolato coi dati delle osservazioni dirette, nei mesi di Gennaio e Dicembre si nota un terzo massimo notturno la cui origine è difficilissimo stabilire giacche esso non mostra nessun rapporto con qualche variazione di temperatura o di tensione di vapore o con la velocità del vento. Il secondo ne fece uno studio più accurato, ma per il solo clima di Modena, e mentre prima aveva considerato la presenza del terzo massimo come un'acciden- (1) ' Bull, de l'Académie des Sciences de St-Petersbourg „. Tome X. (2) " Repertorium fiir Meteorolof^ie herausgegeben vou der Kaiserlichen Akademie der Wissen- schaften Band VI, N. 10, 1879. (3) Fression atmosphérique à Lisbonne lS56-187o. Lisbona, 1879. (4) Sul terzo massimo in inverno, ' Annuario della Società meteorologica italiana 1878. Serik II. Tom. LIV. y 130 EFISIO FERRERÒ 2 talità e l'aveva attribuito all'influenza del vento, che raggiunge in quell'ora il piìi grande valore, dovette in seguito aneh'egli confermare la normalità del fenomeno (1). Infine F. Hann in un suo classico studio (2) sopra l'oscillazione diurna del baro- metro, fece una breve osservazione su questo terzo massimo notturno. Egli osservò che a Tokio {cp=35°41' N) dal 1886 al 1890 nel mese di Gennaio il barometro sali dalla una dopo mezzanotte alle 2'' raggiungendo costantemente a quell'ora un piccolo massimo, e ridiscese poi sempre sino al minimo normale del mattino: lo stesso fatto riscontrò nel mese di Dicembre, ma per soli 3 dei 5 anni presi in esame. Oltre a Tokio egli osservò la formazione del terzo massimo a Eger (qp = 50°5' S) per tutti i mesi d' inverno e a Irkoutsk (qp = 52°16') per il solo mese di (lennaio. Il fatto che il terzo massimo invernale nell'andamento diurno della pressione atmosferica, anche nei climi della zona temperata, qualche volta scompare, dipende dall'essere le curve che rappresentano questo andamento generalmente calcolate con la solita formola periodica del Bessel, la quale, come dice il Rykatschew, non è stata dedotta dalla teoria dell'andamento diurno del barometro, ma è invece una serie che può rappresentare l'andamento di una funzione periodica se si prende in considera- zione un numero sufficiente di termini. Il Rykatschew fu anche il solo che questo fenomeno fece oggetto di studio speciale, esteso ed accurato, considerando una ventina circa di stazioni quasi tutte poste nella zona temperata dell'emisfero boreale. Ma poiché la questione del terzo mas- simo è di una importanza notevolissima, come quella che, al dire del Ragona, ha relazione con le ricerche più delicate e piìi interessanti della Meteorologia, e sebbene renda pili complessa la teoria della variazione diurna del barometro, può tuttavia condurre (cosa che ancora non si è raggiunta) alla spiegazione di questo fenomeno, io ho creduto opportuno farne un ulteriore e piìi esteso studio. Dagli Annali, che si trovano nella ricca biblioteca di questo R. Osservatorio, ho potuto raccogliere i dati delle osservazioni orarie fatte direttamente, come si usa nella maggior parte delle stazioni inglesi, od ottenuti dagli apparecchi registratori, di circa 60 stazioni. Per le stazioni boreali mi sono limitato ai soli mesi invernali, e precisamente: Novembre, Dicembre, Gennaio e Febbraio; mentre per le stazioni di latitudine australe ho esteso lo studio a tutti i mesi dell'anno, prendendo in esame le osservazioni di un periodo d'anni generalmente non inferiore ai dieci. Per la massima parte delle stazioni ho dovuto calcolare le medie orarie della pressione atmosferica di ciascun mese per tutto il periodo d'anni considerato; per altri invece ho trovato queste medie già riunite e calcolate negli Annali stessi. Per un gran numero di stazioni inglesi ho ridotto in millimetri le altezze barometriche espresse in pollici inglesi. Tutti questi dati sono riportati nelle tabelle A e B, nelle quali mi sono limitato alle sole ore notturne dalle 22'' alle 5'". Infine per ciascuna località ho costruite le (1) Pressione atinosferim bi oraria del 1888, ' Annali dell' Ufficio centrale di Meteorologia voi. IX, parte 1% 1887. (2) " Denkschriften der Wiener Akademie Band LIX, 1892. 3 SUL TERZO MASSIMO INVERNALE NELL'ANDAMENTO DIURNO DEL BAROMETRO 131 curve clic rappresentano l'andamento diurno del barometro nei diversi mesi, e ciò non solo per poter determinare l'ora in cui avviene il terzo massimo, ma anche per poter apprezzare con maggior precisione l'andamento notturno del barometro. Le pili importanti di queste curve (limitate alle sole ore notturne) sono riportate nella tavola ultima, per far meglio vedere l'andamento del fenomeno nelle diverso latitudini. Esaminando queste curve come pure i dati delle tabelle A e B, si rileva a tutta prima un fatto -di una importanza notevole, e cioè come nell'emisfero Nord il primo indizio di un terzo massimo verso le 2'' di notte, non comincia a comparire che intorno al 31° di latitudine. Difatti a Labore (31°44') si nota nella curva del mese di Dicembre un leggero rallentamento tra 1'' e 2'' ant. ; questo rallentamento diventa più distinto e visibile non solo in Dicembre ma anche in Gennaio, a Leh e a S. Fer- nando, e finalmente ad Atene e meglio ancora a Lisbona il 3" massimo è formato. Proseguendo oltre noi vediamo che in tutte le numerose stazioni poste dal 31° al 66° di latitudine nord, almeno in uno dei mesi invernali, si riscontra tra 1'" e 2'' di notte un terzo massimo distintissimo o almeno un sensibile rallentamento della curva barometrica, e qualche volta questa nell'ora suddetta rimane stazionaria, come per esempio avviene nel mese di Gennaio a Torino, Trieste, Aberdeen, ecc. Spesso, come a Lisbona, Bucarest, ecc., si osserva nei successivi mesi invernali una specie di variazione progressiva nell'andamento nottui'no del barometro, come appunto aveva già notato il Rykatschew a Nertchinsk e a Tiflis, e cioè: nella curva di Novembre si comincia a notare un segno di convessità verso le 2'', in Dicembre e Gennaio il terzo massimo è formato, ed in Febbraio compare al suo posto di nuovo un rallenta- mento. Qualche volta questo rallentamento persiste anche nei mesi di Ottobre e di Marzo. La formazione del terzo massimo è dunque più frequente e distinta nei mesi di Gennaio e Dti;embre, mentre negli altri mesi è spesso sostituita da un rallentamento della curva. La sua amplitudine è molto piccola, non è mai superiore ai ^/jo di millimetro, spesso è appena di ' o poco più, e l'amplitudine media di essa si può ritenere di poco inferiore a ''io circa di millimetro. Esaminando ora l'andamento diurno del barometro nelle stazioni australi si nota verso 1'' un tei*zo massimo notturno nel mese di Aprile a Rosario e dall'Aprile all'Agosto ad Hobarton intorno alle 2''. In quest'ultima stazione si osserva inoltre nel mese di Settembre alla stessa ora un rallentamento^ e in Ottobre e Dicembre un terzo massimo alle 3''. Sfortunatamente è troppo piccolo il numero dello stazioni australi, ed anche pochi sono gli anni d'osservazione d'Hobarton, per poterne dedurre qualche esatta con- clusione; tuttavia io credo che si possa affermare: 1° che il terzo massimo di Dicembre ad Hobarton sia un'accidentalità: 2° che anche nelle latitudini medie australi esso sia osservabile nei mesi invernali. Prendendo esempio dal Rykatschew, nello specchio seguente ho indicato con m i mesi, nei quali vi è realmente un terzo massimo, con r i mesi nei quali si osserva da 1" alle 3'' di notte un rallentamento distinto nella curva barometrica, e con s i mesi nei quali questa rimane, alla stessa ora, stazionaria. Ho indicate anche alcune stazioni di quelle considerate dal Hykatschen, e le due di Tokio e d'Eger dell llann, contrassegnandole con asterisco. 132 EFISIO FERRERÒ Latitudini nord. 4 a 0''55'" 140"" 2hl0m Om Bucarest 44 25 1 5 2 15 1 10 1 2 25 1 25 Novoi'oss iìsk 44 44 1 20 2 35 1 15 1 15 2 30 1 15 Markhot 44 45 1 2 45 1 45 1 45 1 45 Kalocsa 46 32 1 5 2 5 1 2 2 Sonnblick 17 3 DO 1 in 1 15 O'-Gyalla 47 53 1 1 Kremiiiister 48 4 10 1 15 1 5 1 15 2 20 1 5 Vienna 48 15 1 10 2 5 55 1 1 45 45 Vlissingen 51 27 1 10 2 35 1 25 Iikoutsk 52 16 1 2 30 1 30 50 2 50 2 Potsdam 52 23 1 2 10 1 10 1 5 2 55 Helder 52 58 1 2 1 Groningen 53 13 10 1 30 1 20 1 5 2 10 1 5 Fort-William 56 49 23 40 50 1 10 Pavlovsk 59 41 23 45 1 20 1 35 Upsal -59 51 1 5 2 5 1 23 55 1 5 1 10 Port-Clarence 65 30 1 30 2 50 1 20 23 45 1 15 1 30 Media 0''50°' 2M'" mi'" l''56'" Non sempre però il terzo massimo si forma verso le 2'' di notte: infatti, limitando le osservazioni ai soli mesi di Dicembre e Gennaio, si nota che a Markhot e Port Clarence nel mese di Dicembre ; a Vlissingen, Irkoutsk nel Gennaio, il terzo massimo si forma alle 3''; mentre a Trieste e in molte altre stazioni in questi mesi esso si forma verso l'\ In qualche altra località nei mesi invernali anticipa e si forma verso le 24", così, ad O'-Gyalla e Potsdam in Febbraio e a Fort-William in Febbraio e Novembre; ma in generale quando ciò avviene, si osserva inoltre egualmente un rallentamento tra 1'' e 2\ Un fatto degno di nota avviene a Klagenfurt. Il secondo massimo che dovrebbe formarsi alle 10'' di sera, si confonde col terzo massimo notturno e si forma invece alla 1'' nei mesi di Novembre e Dicembre, alle 24 nel Gennaio e alle 3" in Febbraio, mentre da 1'" alle 2'' di notte accade il solito rallentamento. Questo caso non è isolato, anzi è frequente nelle latitudini elevate. Difatti a Upsal, Port Provvidence e Port Clarence nel mese di Febbraio il secondo massimo si forma a mezzanotte; in quest'ultima inoltro si distingue dalle 2" alle 3'' un rallen- 134 EFISIO FERRERÒ 6 tamento. A Chamisso-Island nel Dicembre il secondo massimo avviene a mezzanotte, mentre la curva dalle 2^ alle B*" rimane stazionaria. Bisogna però osservare che delle ultime tre stazioni non si hanno che uno o due anni di osservazione. Prima di concludere credo opportuno fare ancora qualche considerazione relativa alle stazioni poste in latitudini inferiori al 31° nord. In nessuna di queste stazioni, che sono 24, si vede intorno alle 2'' di notte alcun indizio di terzo massimo, nè alcuna flessione nella curva. Però un primo rallentamento compare in molte di esse dalle 12'' alle 28'\ il quale è certamente privo d'interesse, perchè si trova anche in un gran numero di stazioni della zona temperata. Invece il secondo rallentamento, il quale si osserva frequentemente nei diversi mesi in gran parte di queste stazioni tropicali tra S"" e 4'' di notte, mentre è rarissimo nelle lati- tudini medie, e non è raro neppure nelle latitudini elevate, può far pensare ad una relazione fra esso e il terzo massimo notturno; tanto piìi che esso si riscontra anche con pili frequenza nei mesi invernali in regioni poste nelle latitudini tropicali del- l'emisfero sud. Riassumendo si può concludere : 1) In tutti i paesi posti tra il 30° ed il 66° di latitudine nord nei mesi inver- nali, almeno in qualcuno d'essi, con piìi frequenza nei mesi di Dicembre e Gennaio, si riscontra oltre i due massimi e i due minimi normali, un terzo massimo notturno, la cui amplitudine si può in media ritenere non superiore a ^/lo di millimetro. Questo si forma verso le 2*" di notte, mentre il terzo minimo avviene circa un'ora e un quarto più presto. Molto spesso al posto del terzo massimo si nota alla stessa oi-a nella curva del- l'andamento diurno un distinto rallentamento. 2) Si può ritenere con molta probabilità, che lo stesso fenomeno avvenga nelle latitudini medie dell'emisfero australe nei mesi d'inverno di quelle regioni. 3) Rimane accertato, che nelle latitudini inferiori al 30° nord, e in generale in tutte le località della zona torrida, non si ha, nell'ora e nei mesi indicati, nessun indizio di terzo massimo nell'andamento diurno della pressione atmosferica. TAVOLE DELL'ANDAMENTO ORARIO DELLA PRESSIONE ATMOSFERICA IN mni. FRA LE 22" E LE 5" DI NOTTE PER 57 STAZIONI BOREALI E 6 AUSTRALI 136 EFISIO FERRERÒ 8 < cooic^iioa5c6o5a5iòo6ot>^aioio^i>^o6T-Hcqkó oi-^rMr-HoiL^cc-^-^oC'Ocvi'Xic^aioO'-HODcocoasoooi-^cicoi-HoorH c^i 05 c- I>- L OC<^T-HC0^C^O^■T}^^-^-T^^-r^^OL^T-^T-^05rHCQl-Hl-^(X)C0^-^■-^C0OC^05 CL0OC^T-HCDC\lG0^C^-*(>3^iy:505i-H>0^C0C0i0?D^^ còocvi^ocóo6ai'*o6oi>^oo^ocoi>^o6T-^ciiocó^ iOiOC/DOCOOCD01rH'^CDiOiOi.OiOx003iO-^CO^OCDiOiO oi/Di>.^icooi^05CO^i:^ca5 co 05 c^i lit o co OD od o ò o o ce' od 1— I xo' oo t^' od co' i-I t-J ^ hh O lO (>1 O lO r-t lO co lO O C^l 1-H iX> »0 »iT lO O xO C^l >0 co O ce OOC^'^ii-OiOC^OasCO-rtixCO-'^iCWDT-I^COC^'^iXixOIr^OOOOOtMT— I ooooo-^cocooc^rtOococ^coGOo^oaioo^ooooot^oocaioc^o ed c^' co lò ci co c^' lO od o o ci o od i-H c^' xò x0OC ^ t>- e- L"^ r~ lO '*oooocii-oxoi:^coi>-i:^xOxoooooi:^C5i>-^coc^cDr-ioocoooaoTHco 1-H 00 i>; C5 co co Ci co o Ci C5 o T-H (M 00 1— ; CI i>; t-~_ o co o Ci CM co 1— ( O co xO ci co' ci ci »0 ci O !>■' O o" ^' ^' l>-" ci rH 03 xo' -*' 00 ci CO' i— I 'l^' xo' xO 'X) Cv! 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Tomo LIV. 138 EFISIO FERRERÒ 10 Eh iHi o 03 o co co lO Cvl co aj o 00 00 00 1—1 00 ira o ira co co ^ co CD o o o 00 00 CV] co co 1-H co Oi aj co ira co ai 00 ira 1—1 o o 1—1 lO o co CvJ GO CD co 00 ai co co CD o6 ci o có evi CD co co OS 1—1 co co co co co T-H lO CD lO lO ira ira CO ira co ^ o co ira ira l> CD [>. !>• ira 00 Cvl co 1—1 00 co o xO cv] 00 00 o co o co 00 ira co CCI co co C73 CD co co o co co C: 00_ 00 lO co o- co o 1— ( o 1—1 co 00 CD co 1—1 [^- co CO ira o 1—1 1—1 co o 0*' lO ■^o lO ci CI 00 o o co GO Oi CvJ co co ci ^ o CO evi CD cò Oi LO 1—1 co co »o co co co lÒ lO xO iC ira co ira co ^ o co ira co [>- l>- l>- o- [>■ o- ira 1—1 co Oi co o xO co CQ 00 1—1 o a> 00 00 lO co ira co co o co 1— ( as ira*i— H co co t>» co co 00 xO co 00 co o co 1—1 o 1—1 co Oi 00 co 00 co co co ce o co lO co ai C3 o lO 00 Oi co có -*' 00 ai ^' o có co' co' co Cd OS xO I— 1 co co xO co lO xO lO lO ira ira co ira co o co ira ira co t>- l>- l>- [>- I>- i-O CO o ai 00 1—1 00 co o o co lO ai 1— < 00 co C3 o o 1—1 co CD ira co 00 Oi 00 1—1 Cv] 00 co 1— t co GO co o co co CD 00 co 00 o co ^. o ó ci oo' o o ca tra' oo' o co co co ira' od ci 'DH O CO evi co' co evi Ci co 1— i lO co co co co co 1—1 lO co IO co ira ira co ira co o CO ira ira e- co t~ I>- o- !>■ t> ira o o co I>- C] o co 00 co 00 OS »ra 00 00 co 1—1 1—1 -rt* co ai ^ o o C] co C] co o 'CO co o co 1>- ira 1—1 o 00 00 o co IO T—l co o o o co <ó cò oó o evi ai CD co co có ira ai ci ci có ev] co co co Ol co 1—1 co co co co co C] co LO co ira ira co ira co ^ o co ira ira l>- co I>- o- ira ooo^coira-^asocO'Oioo-^cocji-r^oo'^^oo^oocococvii— 11— icjiraco cocoiracoD-irairaeoi— i^ooirai— icoirairacoiracoascocoi— lOiasoco-^co ira-i>.cot^i>-tr^c^l>-t^t^E^t^c^L-~i>-t^l:^c^l>-c^t^i>-i:^c^irai:^i>-i>- U o co c-i 00 ai o 00 Oi co 00 ai 00 co CO' co -^-^aiira^coaiOi— .coc^t^t>-c^t>-t-»L-^i:^i>- oeoiraoiOCit)'r)^o'-^i-H-rH'coczicóodi-H^ evi ira ai oco^t>^ ira aioiraoicococ^ iracoeoaicoi— (co'cocococoeoi— iiracDirairacoirairacciira->#^^aicoiraira t^i;-~i>.coc^l:^r^t^i:^l:^l:^t:^t^c^l>-t>-i:^l:^c^c^i>-c^i:^c^t>--*t^t~i>" ai co ai 00 00 ira CVJ co ira co co ira 00 co ira »ra 00 T-H ira co ira ira ira co 1—1 Oi co 00 00 Ci oo 00 00 00 ai OJ ai 00 ai ai 00 00 CI 00 00 00 00 00 ai 00 00 00 Ci ai ai ai 00 00 00 00 00 GO 00 00 00 00 00 00 GO 00 00 00 00 00 00 00 00 00 00 00 co 00 00 00 00 00 1 1—1 ci 1—1 1 ai 1 1 ai 1 co 1 co 1 I>- 1—i 1 ira 1 co 1 GO ira co có ^ 1 co 1 co 1 1—1 1 ira 1 ira 1 ira co 1 o 1 o 1 00 00 00 l>- !>• 00 o. 00 00 Ci ai 00 00 00 00 00 00 00 00 co 00 00 00 00 GO 00 00 00 00 00 QO 00 00 oo 00 00 00 co 00 00 ai o o o o 1—1 ai co ai co 1—1 ■Ol o co 00 ai O CD co 1—1 1—1 ai co o co ira 1—1 1—1 r-H 1— i co co 1—1 1—1 1—1 1—1 1—1 1—1 T-H 1—1 T-H 1—1 1—1 T-H 1—1 1-H T-H t^OOCOCOCO-^CO'* ira co o ai co 00 00 co co Cd ira 1-H co i>.ooaiaicoT-Hi-H-^cococo-^coco-*'*ira^i>-cico^aio-^coooc^cvi i>-ev]-*coi-Hcoi-HCOi-Hco OT-H^T-naiira i-hi-hcoocoi>-i— loeooo -^i>. ira co ^ co 1-H I-Hi-H-^T-Hi-Hcocoira t-ii-h co '^coc^cocoocri'^i— lOoai'^H-^-^co-^oooooiracooevicvi^oo ira-^rHi— i-!tiirai-Hiraeviiraevii-H irai-Hira-«j< ira^ iraeoxtii-H-^ obiraco-rtHco^coiraaii-Hooa3iracot>-i-HiraoiOi-Hira-^ooi:^^i>-cocoai t^^c^c^cit^c^ooc^oooc^ooc^cDooooooaiooc^aic^c^c^c^ cci oiraaiC3CDOo^c7:aii-HCoa20coc^cDr>-t:^i-HOiraaioco-^ooococo ira-* lO-^coiraco evico i-h^coco ^irairairai-HiracoTHcoira'<*< ocoiraiC/cooooooi-icococo^'^^irairacococococDc^aii— i^coc^oo ^^^^^T-iT-HCvjcococococcicoevicocjeococoeocvieviGocococococo !h O o o •S t- c> © -— 13 Eh ne <» ci 'o ce ce r- CD ^ ^ -t— _ "3 S o o"5 '^^iS'ce's "2 dzs'S^ o 3 57'.'^ &c o ce 'ai o ialiti ^^.^JS ce - o ce ^ ce 5 ce o o 3 ti o Cu „^ 0) ce ^ o bc o ce - lO 00 00 I— 1 co I> Cd co 00 1—1 05 T— ( co cr5 LO LO GO co l>- 00 co co LO »o ~r O 00 l-^ co »c »o ed co 05 LO co CM lo' ci o6 ed co o 05 co cò !>• -* evi co »-0 (M LO CI co LO co lO LO CM LO CD LO lO lO lO LO LO co- LO L-- l>- 1^ O 00 00 CO LO 00 o r—( CM o co C5 GO LO LO co CTS LO co co 00 co 00 co co Cvl OJ o OJ co o co co 00 05 LO t>- OS co LO co OS 00 1—1 »-Ò CD ci LO CM lÓ 1— < cri GO co co ó oi cò co -f co -* >o iO co co >o lO OJ co -* lO co »o CM CD LO lO LO LO lO lO LO co lO !>. !>. i:^c- p 00 a> 00 co 1—1 lO ed 05 lo' ^' ci lo' o 00 ed co o o cò cò !>■' CD co co 1—1 LO co LO CD CD LO OJ LO co eo LO LO LO LO LO CD t>- l->. !>. 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Tomo LIV. s 146 EFISIO FERRERÒ 18 < C co i/D co OS o co 05 1—1 c- lO lO E^ OS OS CD CO IO lO iO lO lO lO co lO lO cd lO E^ ed lO E^ id IO i>- id lO CO lO E^ id lO E^ kO o Jd 00 00 (M 05 CO OS E>; lO lO CO co in lO lO lO lO ed lO lO CD lO E^ CD lO E-- id lO E^ id lO E-^ co lO E^ id lO E^ co 1—1 CI CD T— 1 o CD Ol E^ OJ !>■ OS 00 00 ^. 1— ( lO CO xO lO t>^ lO r~ lO lO lO D- CO IO l>- ed lO E^ id lO E^ id IO E^ co* lO id lO E^ co a; ce lO 00 ■CD co 1— 1 co lO ^. 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Tricbinopoly .... Indiati Meteorological Memories. "\'ol. IX, Parte VI 2. Aden , „ „ „ VII 3. Bellary , „ „ „ V 4. Belgaiwi „ „ „ „ V 5. Rangoon „ , „ „ VII 6. Poona , „ „ , IV 1 .^omhay Magnetical and Meteorological Observations made at the Govern- ment Observatory, Bombay 8. Guitack Indian Meteorological Memories, Voi. IX, Parte II 9. Nagpur „ „ „ „ IV 10. Chillagon „ , „ „ I 11. Calcutta „ , n „ VIII 12. Jubtulpore .... „ „ „ , III 13. Hazaribagb .... „ „ Voi. V „ II 14. Deesa , „ „ „ VIII 15. Kurrachee .... , , , , IX 16. Allababad .... „ „ „ , IV 1". Pàtna , , „ „ II 18. Dhubri , „ , „ IH 19. Goalpara „ „ „ „ I 20. Lucknow „ , „ „ V 21. Jeypore „ „ Voi. IX „ IX 22. Sibsagar , , Voi. V „ I 23. Agra , , „ , IV 24. Roorckee „ „ „ ,111 25. Latore , „ „ „ X 26. Leh , . , „ VII 27. San Fernando . . . Anales del Instituto y Observatorio de Marina de S. Fernando 28. Atene Annales de l'Observatoire National d'Athènes 29. Lisbona . . ' . . . Annaes do Observatorio do Infante D. Luiz, Lisboa 30. Bucarest Analele Institutului Meteorological Romànierì, Tomo XV 31. Novorosiìsk .... Annales de rObsei-vatoi:-e Physique Central Nicolas 32. larkbot 33. Torino Bollettino dell'Osservatorio della R. Università di Torino 34. Trieste Rapporto annuale dell'Osservatorio Marittimo di Trieste 35. Kalocsa Jahrbiicher der Konigl. TJngar. Reichs. Anstalt fiir Meteor., Budapest 36. Klagenfuri .... , K. K. Central-Anstalt fiir Meteorologie, Vienna 37. Sonnblick 38. O'-Gtyalla , Konigl. Ungar. Reichs. Anstalt fiir Meteor., Budapest 39. Eremiìnster .... „ K. K. Central-Anstalt fiir Meteorologie, Vienna 40. Vienna 41. Bielitz 42. Krakau 148 EFISIO FEEEERO — SUL TEEZO MASSIMO INVEENALE, ECC. 20 43. Falniouth Hourly Means of the Eeadings obtained from the Self-Recording Instruments at the Five Observatories under the Meteorological Council, London 44. Vlissingen .... Annuaire Météorologique publié par l'Institut Royal Métóorologique des Pays-Bas, Utrecht 45. Kew Hourly Means of the Read. obt. from the Self-Record. Instrum. ecc., Meteor. Council, London 46. Valencia, Hourly Means of the Read. Met. Concil, London 47. Irkoutsk Annales de l'Observatoire Physique Central, St-Pétersbourg 48. Potsdcim Ergebnisse der Meteorologischen Beobachtungen in Potsdam, Berlin 49. Melder Annuaire Météor. publié par l'Institut Royal des Pays-Bas, Utrecht 50. Groningen 51. Fort-Willicini . . . Hourly Means, ecc. Meteorological Council, London 52. Aberdeen , , , 53. Pavlovsk Annales de l'Observatoire Physique Central, St-Pétersbourg 54. Ups&l Bulletin Mensuel de l'Observatoire Météorologique de l'Université d'Upsal bò. Port-Provvidence . . Contributions toourKnowledgeoftheMeteorol. atthe Artic regions 56. Port-Clarence . 57. Chemisso-Island Stazioni dell'emisfero Sud. 1. BatEiVia, Observations made at the Magnetical and Meteorological Observa- tory of Batavia, Voi. XVIII 2. St-Elena, Magnetical and Meteorological Observations, St-Helena 3. Asuncion (Paraguay) Anales de la Oficina Meteorologica Argentina, Buenos Aires 4. Cordoba , , , , 5. Rosario y Fisberton . , , „ , 6. Hobarton Magnetical and Meteorological Observations, Hobarton mezzanoUe RANGOON (Genn.) y'']&> 46' BOMBAY (Germ.) Y ^ 18" 54' KURRACHEE (Ge»ui.) Y''24i 47' ROORKEE (Gemi. Y - 29» 52' TORINO (Die.) Y » 45» 4' TRIESTE (Die.) Y = 45 51' UPSAL (Genn.) HOBARTON (Luglio) t/ilSSo/t'/r . 7h/y/lo SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E 8PAZ[I ORDINARII IN UNO SPAZIO A CINQUE jDIMENSIONI E SU ALCUNE CORRISPONDENZE BIRAZIONALl FRA PIANI E SPAZII ORDIxXAKII MEMORIA DI UMBERTO PERAZZO Approvata nell'adunanza del 19 Gennaio 1904. Ci proponiamo nel presente lavoro di studiare, con procedimento elementare, alcune varietà costituite in un da " sistemi di rette, piani, spazi ordinari incidenti a dati spazi in numero finito „ e di determinare elementarmente gli ordini di tutte le possibili varietà che si possono ottenere in tal guisa nell'/Sg. Tali numeri sono tutti contenuti nelle formolo generali dello Schubert (*) e del Pieri (**). Di analoghe ricerche per lo spazio a quattro dimensioni tratta una nota del Prof. Segre (***), alla quale dovremo piìi volte ricorrere nel seguito. Anche in un 85 vennero considerati " sistemi di rette, piani od Ss incidenti a dati spazi „ da vari Autori, che citei'emo nel seguito. Procederemo — nella determinazione degli ordini delle varietà di rette od S3 (poscia di piani) del tipo di cui sopra — dalle varietà d'ordine più basso a quelle d'ordine più elevato, soffermandoci, allorché ci si presenteranno varietà degne di nota, ad un breve studio relativo. Accenniamo fra queste ultime ai due diversi tipi di " rigate (razionali) del 4° ordine appartenenti all' Sr, , (****) (n' 14, 24) e ad una (*) Die n-dimentionalen Verallgemeinerungen der fundamentalen Amahlen nnseres Raians, ' Math. Annalen t. 26 (1885) e Beitrag zur Liniengeometrie in n Dimensionen, " Mittheiluugen der Math. Gesell. in Hamburg „ (1892). (*♦) Sul problema degli spazi secanti, " Rend. Ist. Lomb. „ (II). 26 (1893); (II). 27 (1894). (***) Alcune considerazioni elementari sulVincidenza di rette e piani nello spazio a quattro dimen- sioni, * Rend. del Circolo Matem. di Palermo tomo II (1888). (****) C. Segre, Sulle rigate razionali in uno spazio lineare qualunque, ' Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino voi. XIX (1884). 150 UMBERTO PERAZZO 2 notevole rigata ellittica del 6° ordine (*) (n' 25-28). Degna di studio ci si presen- terà ancora (n' 15-22) una particolare varietà del 4° ordine a tre dimensioni; da essa trarremo " per proiezione „ (n° 23) alcuni risultati dell' Hirst (**) relativi alla congruenza, nello spazio ordinario, delle oo^ congiungenti coppie di punti omologhi in una generale corrispondenza quadratica fra due piani. — Accenniamo infine ad una notevole forma cubica " contenente tre rette doppie — non in un .S^ — ed un piano doppio ad esse incidente „, lo studio della quale (n' 39-44) completerà da un certo punto di vista (v. l'oss. (*) al n° 44) quello relativo alla " forma cubica con 9 rette doppie „ di cui mi occupai in una precedente nota (***). E noto come in un S., un sistema di spazi -S'a , tale che per ogni punto dell'S» ne passi un solo, determini tra due Sn-a , assunti in posizione generica, una corrispon- denza biunivoca, omologhi essendo due punti secati da uno stesso «Sa àe\ sistema sopra i due Sn-a- Tale concetto è stato applicato da alcuni Autori alla determina- zione di particolari corrispondenze biunivoche. In particolare il Dr. Carbone (****) — • partendo da alcune categorie di " sistemi di spazi incidenti in un S„ a dati spazi in numero finito, e tali che per ogni punto dell'S^ passi un solo spazio del sistema „ — determina vari tipi di corrispondenze birazionali. Considereremo neir/S5 (§ 8) tutti i sistemi di rette, piani, S-^, della natura di cui sopra e quelle corrispondenze birazionali da essi definite, che non furono ancor de- dotte in tal modo: tra esse due notevoli trasformazioni del 5° ordine tra due 63, che non rientrano, per quanto mi è noto, in altri tipi piìi generali studiati. Premetteremo (§§ 5, 6, 7) l'esame di alcuni sistemi di spazi (S„_2, S^-z) di un S,„ della natura sopra- detta, da cui trarremo tipi di trasformazioni tra due piani od i quali rientrano in altri noti ed interessanti, dedotti per altra via (*****). (*) La più generale rigata ellittica del 6° ordine con curva minima del 3° ordine: C. Segre, Ricerche sulle rigate ellittiche di qualunque ordine, " Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino „, voi. XXI (1886). (**) On Cremonian congruences, " Proceedings of the London Math. Society voi. 14 (1880j. (***) Sopra una forma cubica con 9 rette doppie dello spazio a cinque dimensioni, ecc., "Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino „ voi. XXXVI (1901). (****) Le trasformazioni birazionali fra due spazi ad n dimensioni, ecc., " Atti dell'Accademia Gioenia di Catania voi. XI, serie 4*. (*****) E precisamente : a) Una trasformazione birazionale fra due piani del De Jonqdières, C Nouv. Ann. (11) 6, (1864); " Giornale di Mai t. 2.3 (1885)); ~ h) Una trasformazione birazio- nale tra due " nella quale i sistemi omaloidici nei due S3 sono costituiti da rigate (razionali) d'ordine qualunque n con retta direttrice (n — l)pla fissa, ecc. , studiata dal Prof. C. Segre: Sulle varietà normali a tre dimensioni composte di serie semplici razionali di piani, " Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino voi. XXI (1885), n° 21 : — c) Una trasformazione " monoidale „ tra due S^, trattata distesamente dal De Paolis: Sopra un sistema omaloidico formato da superficie d'ordine i\ con un punto (n — \)-plo, " Giornale di Mat. t. 18 (1875). SULLA INCIDENZA DI BETTE, PIANI E SPAZI! ORDINARII, ECC. ITil CAPITOLO I. § 1. 1. — Sono rispettivamente oo^, cc^^ go» le rette, i piani, gli spazi ordinari con- tenuti in un Sr,. Diremo incidenti due rette, una retta ed un piano, una retta od un 5^3 allorché hanno a comune un punto ; incidenti un piano ed un quando hanno a comune una rotta, due S'3 se hanno a comune un piano. Diremo infine che due piani si incontrano (senz'altro), che l'uno si appoggia all'altro, allorché hanno un (solo) punto a comune; li diremo incidenti secondo tma retta allorché hanno una retta a comune. So/ìo condizioni semplici: l'incidenza di una retta e di un S'3 e " l'incontrarsi „ di due piani; doppie l'incidenza di una retta e di un piano, di un e di un piano; triple l'incidenza di due rette di due S^; quadrupla l'incidenza di due piani secondo una retta. 2. — Indicheremo nel seguito — per brevità — colle notazioni: {p, 7, {p, q, r)^ risp. i sistemi delle rette degli incidenti a p rette, q piani, r S'g; con {p; q,s; r)2 il sistema dei piani incidenti a p rette, s piani , r ^3 e che incontrano q piani. Supporremo sempre nel seguito assegnati in modo generico gli spazi direttori dei sistemi {p, q, r)i, . . . I simboli {p, q, r)i, (p, q, r)^, {p; q,s; r)2 ci rappresenteranno gruppi risp. di rette, S3, piani, in numero finito, allorché sarà ordinatamente: (1) •òp + 2q-\-r = 8; p -{-2q + Sr^8; 2p + q + is -\- 2r = 9. In tali casi, cogli stessi simboli rappresenteremo risp. il numero di quelle rette, di quegli S-i di quei piani. È sufficiente alla determinazione degli ordini di tutte le varietà {p, q, r)i, {p, q, r)i, {p;q,s;r)2 quella dei numeri rappresentati da tali simboli nelle ipotesi (1) (*), sim- boli che potremo ottenere esplicitamente, risolvendo le (1), per valori intieri, positivi delle p, q, r, s. Poiché si corrispondono fra di loro per dualità noU'Ss i sistemi {p,q,r)i e {r,q,p)s; {p;q,s;r)2 e (r; q, s; p)2, terremo presente che nelle ipotesi (1): {p, q, r)i— {r, q, p)^; {p-,q,S;r)2 = {r;q,S;p)2. § 2. 3. — Il simbolo ip,q, r)i dà luogo nell'ipotesi 3p -j- 2g -j- = 8 ai seguenti: (210)i, (202),, (121)i, (040)i, (US),, (105)i, (032)i, (024),, (016)i, (008)i che prenderemo in esame nell'ordine scritto. (*) Notisi che il simbolo (/), q, ad es., rappresenta l'ordine di ciascuna delle tre varietà (/; — 1, q, >•)(, (p, q — 1, (j), q, r — 1), nell'ipotesi p, q, r> 1. Queste varietà possono ridursi a due, ovvero ad una sola, allorché uno risp. due dei tre numeri p, q, r h nullo. Ecc. 152 UMBERTO PEEAZZO 4 4. — Si fa facilmente: (I) (210)i = (012)3 = 1. Ordine della forma (llO)i e della ilfg (200)i. (II) (202)i= (202)3=2. Ordine delle due forme (102)^, (102)3 e della rigata (201)i. (Ili) (121)1= (121)3 = 2. Ordine delle due forme (021)^, (021)3, della M3 (lll)i, e della rigata (120)i (*). 5. — (IV) (040)i=(040)3= 3. Ordine della J/3(030)i. In un S-g le 00 1 rette incidenti a tre piani a^, 02, 03 costituiscono — com'è noto — una varietà cubica jP a tre dimensioni, appartenente all'SV Delle proprietà rela- tive, che enuncieremo senza dimostrazione, alcune son note (**), altre possono facil- mente dedursi da queste direttamente. — Proiettando la ^1/3^ F da un punto che non le appartenga sopra un S4, si ottiene ivi — com'è accennato in una Memoria del Prof. Segre {***) — una forma cubica F' con piano doppio. Faremo vedere (n' 8-11) come le varie proprietà di questa forma, ivi determinate, ed alcune altre nuove — relative specialmente all'inviluppo degli iperpiani (Sg) tangenti — possano ottenersi " per proiezione , da analoghe, relative alla F. 6. — a) In mi S5 le oo^ rette incidenti a tre piani, si appoggiano di conseguenza ad 00' piani; punteggiano collinearmente due qualunque di essi, e ne sono proiettate se- condo reti collineari di S3. b) La 00^ di piani di cui sopra è un ente duale di se stesso nell'H^. Può rite- nersi: come il sistema dei piani incidenti a quattro rette; oppure a tre rette ed mi S3; od ancora a ire S3 ed una retta, od infine: a quattro S3. Può ritenersi ancora come il sistema dei piani congiungenti terne di punti omologhi in tre punteggiate riferite fra loro proiettivamente ; oppure: comuni a terne di iperpiani omologhi in tre fasci riferiti fra loro proiettivamente. c) Gli 00^83 incidenti a tre piani Oj, 03,03 qualsiansi della ¥, incidono di conse- guenza a tutti i piani della F. Due arbitrari di questi vengono secati dagli S3 della oo^ secondo piani rigati collineari e proiettati secondo reti collineari di iperpiani. Chiameremo {R), (P), {S) i tre sistemi risp. di rette, piani, ora considerati: (*) Un cono quadrico di 2* specie nell'-S's — alle cui proprietà dovremo varie volte ricorrere in seguito — può considerarsi in diversi modi come il " luogo delle rette, dei piani, degli -Ss incidenti ad un dato numero di spazi „. E precisamente: Viene generato un cono quadrico di 2" specie nell'Uà: 1) Dal sistema 00^ delle rette incidenti ad una retta e a due S3; 2) id. delle ^ rette incidenti a dite piani e ad un S3; 3) id. degli 00' piani incidenti a una retta, a due S3 ed appoggiati ad un piano; 4) id. degli 00^ piani incidenti ad un piano, ad un S3 ed appoggiati ad un piano; 5) id. degli 00' S3 incidenti ad una retta e a due S3; 6) id. degli co' S3 incidenti a due piani e ad un S3. Brevemente: dai sistemi (102),, (021),, (112)2, (0; 1, 1; 1)2, (102)3, (021)3. (**) Veggansi i due lavori del Prof. Segre: Sulle varietà normali a tre dimensioni composte di serie semplici razionali di piani, " Atti della R. Acc. delle Se. di Torino voi. XXI (1885): n" 9; e Sulle varietà che rappresentano le coppie di punti di due piani spazi, ' Rend. del Circolo Mat. di Palermo tomo V (1891): n° 2. (***) C. Segre : Sidle varietà cubiche nello spazio a quattro dimensioni, ecc., " Memorie della R. Acc. delle Se. di Torino , (II), tomo XXXIX (1888): n" 52. 5 SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZII ORDINARTI, ECC. 153 le proprietà relative enunciate, possono essere assunte ognuna quale definizione del sistema stesso — e quindi della /•' (*). 7. — d) Da ogni punto dell'Si, esce un solo S3 del sistema (S): congiungente ad es. le tre rette comuni ai tre Oaj, Oa2, Oa^, presi a due a due. E dualmente. e) Da ogni punto 3/ della F esce un piano tt ed una retta r dei sistemi (P) ed risp. — L'S^g tangente in M alla coinciderà coll'S', tt?-, che li congiunge. Fissato un secondo piano tt' di (P), l'Ss tangente in M alla F potrà considerarsi — per ogni posizione di M nel piano ir — come Ì'S^ proiettante da tt l'omologo di M in una certa collineazione (n" G a)) tra i piani tt e tt'. Pertanto: Gli tangenti ad F nei pu/iiti di un suo piano tt costituiscono una rete (tt) collineare al piano j)unte,>,; \ 1=1 1=1 )i+i 11+1 , -4<"~'' = Z rti"'-"a:, , = Z le equazioni di n Sn-ì fra loro linearmente indipendenti, 1=1 1=1 / e quindi : (1 J A' p'B' = 0, .4'"-i> + pi— = 0, le equazioni dei fasci d'iperpiani uscenti dai primi n — 1 di essi. DaH'S'n-? : Xti=.rn+i = verranno 156 UMBERTO PERAZZO 8 sono evidentemente doppie per la F. Inoltre: ciascuno degli S3Z, è secato dalla Mg (n*» ^h)) degli 00 1 piani incidenti ai rimanenti secondo una cubica doppia per la F (poiché i piani della MI uscenti dai suoi punti non stanno (ognuno) con Z, in uno stesso S^. La cubica ha evidentemente per corde le quattro rette (doppie) comuni a ed agli (Sg rimanenti, poiché ad es. Zg, .... Z5 secano la MI dei piani incidenti a Zg, ...,Z5 secondo quadriche, tagliati risp. dalle ri2,..., secondo coppie di punti. Le rette incidenti ai 5S3 Zi, ... Z5 determinano fra due di essi (Zi,Z2 ad es.) una coi'rispondenza biunivoca, omologhi essendo i punti d'incidenza di una retta del si- stema coi due (Sg. D'altra parte: un piano incidente agli rimanenti (Z3, Zj, Z5) seca sopra i due punti congiunti da una retta del sistema. Quindi la corrispondenza si potrà ritenere definita dal sistema degli oo^ piani incidenti a tre S-^ (ZsjZ^, Z5) — ciò che fa lo stesso — : a tre rette [r^^, rgj, r^s). Questa corrispondenza — del S** ordine — fu studiat.a dal Prof. Ascione (v. n" 61). 14. — (104)i Le rette incidenti ad una retta r ed a quattro : Zj, Z,, Z3, Z4 possono ottenersi riferendo prospettivamente i 4 fasci (Zi), (Z4) alla punteggiata (r) e costruendo le rette comuni a quaterne di S4 omologhi (proiettanti uno stesso punto della r): Costituiranno pertanto una rigata razionale del 4^* ordine (*), a direttrice rettilinea: uno dei due tipi possibili (dal punto di vista proiettivo) di rigate del 4° ordine appartenenti slì'S^ (**). (Ci si presenterà il 2° tipo — più generale — come sistema (031)i: n° 24). V'hanno oo^ cubiche sghembe direttrici della rigata F (***). Quindi: In un S5 le ao^ rette incidenti ad una retta e a quattro S3 si appoggiavo di conseguenza (secondo cubiche sghembe) ad oo^ S3. Le generatrici della F punteggiano proiettivamente la r a ciascuna delle oo* cubiche sghembe direttrici. Viceversa (****); riferite proiettivamente una retta punteggiata ad una secati secondo gli n — 1 fasci di Sn—ì le cui equazioni parametriche nell'S',1— 2^71 =.Tn4-i —0 si otten- gono ponendo a;„ = Xn4-i = nelle forme A', B', ... Affinchè n — 1 S',1-3 appartenenti ord. a questi fasci concorrano in un punto, occorre e basta che i parametri corrispondenti p',...,p'"~" soddisfino alla: ai -j- p'ò,', , a'n-i p'6'n-i = (2) Gli Sn—i dei fasci (1) relativi a questi parametri si taglieranno allora secondo una retta inci- dente agli nSn-2. Le (1) colla (2) costituiranno pertanto le equazioni parametriche della forma. Ed eliminando le p se ne otterrà l'equazione : ttxB' — b{A', , a'n-i B' — 6'n— 1 A' =0 C) Veronese, Behandlung der jjrojectivischen Verhaltnisse der Riiume von verschiedenen Dimen- sionen, ecc., " Math. Annalen „, Bd. XIX. (**) C. Segre, Sulle rigate razionali in uno spazio lineare qualunque, " Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino voi. XIX (1884). ("*) Id., n" 5. ("") Id., n" 6. 9 SULLA INCIDENZA DI RETTE. PIANI E SPAZII ORDINARII, ECC. 157 cubica sghemba, il cui 5',, non incontri la retta, le ooi congiungenti coppie di punti omologhi costituiscono una rigata del tipo della F. 15. — (VII) (032)i = (230)3 = 4: Ordine della forma (130)3, della (022)i e della rigata (031)i. (022)i : Le oo- rette incidenti a due piani ai,a2 e a due 5^3 ZijZo costituiscono una varietà (J^s) : F del 4° ordine. Questa può ritenersi invero la completa intersezione di due coni quadrici di 2" specie: il cono Ci delle rette incidenti ad 01,02, li ed il cono ('2 delle rette incidenti ad Oi.a^, Tali coni non hanno fra di loro posizione generica, poiché i piani Oi, 02 appartengono ad entrambi (e quindi alla F). (Il fascio determinato da due forme quadratiche {MI) che abbiano a comune due piani fi;a loro sghembi (senza punti a comune) ha quale varietà base una MI del tipo della F, poiché (v.' il n° 26) i coni appartenenti al fascio sono della 2* specie (ed in numero di tre), ecc.). 16. — Indichiamo con A. A' i punti o.{L.^, <^ >^ii comuni a Zi e risp. ai piani 01,02; analogamente con B, B' i punti aiZ2, a2Z2. Dal punto A (= o^Zi) ad es., esce un fascio di rette del sistema (022)^, contenuto nt4 piano — della F — comune airS^ od all'Ss che da A proiettano risp. Zo ed 02- Poiché detto piano incide secondo rette a Zj e ad Oo, secherà Oo secondo una retta uscente dal punto B' = a-^T^. Analogamente : da B uscirà un piano della F incidente ad 02 secondo una z'etta uscente da A' \ e da ognuno dei punti A' , B' un piano incidente ad Oi secondo una retta che uscirà dal punto B dal punto A rispettivamente. V'ha infine un piano incidente secondo rette a 7.^. T^, e che incontra Oi in un punto C (il piano comune ai ti'e S4 che dalla retta A'B' proiettano Zi, Z2,ai). Analo- gamente il piano comune ai tre ^4 che dalla ^5 proiettano Zi, Z2, o, inciderà secondo rette a ZijZj, Oi e incontrerà Oo in un punto C . Entrambi tali piani apparterranno alla F, poiché contengono risp. i fasci (C), (C) di rette del sistema (022)i. Assai semplice é la configurazione degli otto piani della F. Dal punto .1 — ad es. — escono, oltre al piano Oi = ABC, due piani : il piano comune sìiVS^AT^ ed all'Sj ^02 ed il piano comune ai tre 5^ : ^J5Zi, .IfJZg (= ^Z,), ABa^: li indicheremo pel momento con crei. Essi hanno a comune una retta (gia- cendo entrambi nei due AZ.2 \ ABa^): pertanto il piano ed il piano r sono tagliati secondo rette da (J: dovranno incontrarsi nel punto comune alle due rette. In altre parole : Il punto C comune a t e ad Oj starà sopra la retta aog (uscente (v.' sopra) da B'). Od ancora: Il piano ff uscente da A seca O2 secondo la retta B'C. Ecc. Quindi: Riferendo fra loro i due triangoli ABC, A'B'C in guisa che sieno coppie di vertici omologhi AA', BE', CC, apparterranno alla F — oltre ai piani ABC, A'B'C — i sei piatii congiungenti i vertici di ciascuno dei due triangoli ai lati opposti agli omo- loghi vertici nell'altro. 17. — Da ciascuno dei 6 punti A,B, C, A'.B',C' escono tre piani della F, non in uno stesso S^. Pertanto : / sei punti A, B, C, A', B', C sono doppi per la varietà F. Cia- scuno degli otto piani contiene tre punti doppi della F; il piano contenente gli ulte- riori tre punti — che chiameremo opposto al primo — non ha col primo alcun punto 158 UMBERTO PERAZZO 10 a comune. Ritenendo nei due triangoli cosi determinati omologhe sempre le coppie di vertici AA', BB', CC, potrà ottenersi ancora da essi la configurazione degli otto piani della F, collo stesso procedimento sopra enunciato (n" 16). 18. — Le 00^ rette del sistema (022)i determinano fra i due piani Oj, 02 una corrispondenza biunivoca, omologhi essendo i punti Pi, P2 intersezioni dei piani 01,0-2 con ogni retta del sistema. Descrivendo il punto Pi una retta r in a^, l'omologo P2 descriverà in 02 una conica, poiché le oo-' rette incidenti ad una retta rea due S^l.-^, Z2. costituiscono un cono quadrico di 2* specie. La trasformazione definita dal sistema (022)i tra i due piani a^, a.^ e pertanto quadratica (*). Poiché da ciascuno dei sei punti A,B,C, A',B',C' esce un fascio di rette del sistema (022)i, i due ti'iangoli ABC, A'B'C saranno i triangoli fondamentali della trasformazione. (E precisamente: ad A sarà omologa la B'C, ecc. (n" 16)). 19. — Viceversa: Suppongasi stabilita fra due piani «i, 02 — non in uno stesso — una corrispondenza quadratica generale: Ne siano ABC, A'B'C i triangoli fonda- mentali. E noto che si possono riferire proiettivamente fra loro ad es. i due fasci (A), {A'), ed i fasci (B), {B') in guisa che ad ogni punto Pi di Oj corrisponda, nella data corrispondenza quadi-atica, quel punto di che è comune ai due raggi omo- loghi ad ^Pi e PPi nelle date proiettività. Pongasi per brevità: «i = ^4Pi, «2 = A' bi = BPi, Ò2 == B'P^. L'SsUiU^ descrive — variando la coppia di raggi omologhi «i, «2 — un sistema di S3 generatori di un cono quadrico di 2''' specie, di cui è sostegno la AA' . Analogamente dicasi per F/Ss^ièa- Le rette incidenti ad ogni coppia di raggi «i, «2 giacendo negli generatori del 1° sistema si appoggieranno agli del 2° sistema. Ed analogamente pel cono {BB'). Le congiungenti coppie di punti omologhi: Pi = «i^i, P2 = «2^2 si appoggieranno pertanto agli 6^3 generatori del 2° sistema tanto nell'uno che nell'altro cono. Rias- sumendo: Le conginngenti coppie di punti omologhi in xma data corrispondenza qua- dratica [generale) fra due piani che non si incontrino, si possono — ed in modi — riguardare come le rette che si appoggiano a quei due piani e a due S3. 20. — La nostra varietà F apparterrà a tre coni quadrici di 2^ specie, di cui sono sostegni le tre rette AA', BB', CC. I tre coni appartengono ad uno stesso fascio di forme quadratiche (di cui è base la i¥| F). E si avrà: In un S5 le oo^ rette incidenti a due piani e a due S3 incidono di conseguenza ad coi g^ . costituenti tre si- stemi di S3 generatori di coni quadrici di seconda specie. ■ 21. — Altri sistemi oo^ di rette contenuti nella P dedurremo, considerando questa come intersezione di due fra i coni {AA'), {BB'), {CC). (") Ciò discende altresì dall'osservazione seguente : È noto che una forma quadratica nell'S'j può ritenei-si generata dal " sistema delle cc^ rette che congiungono coppie di punti reciproci in una reciprocità fra due piani „ (e dualmente). La F e comune a due (e quindi ad un fascio) di aventi a comune due piani: le oo'^ generatrici della F determineranno quindi tra Oi, a, una corrispondenza nella quale " coppie di punti omologhi sono reciproci in due (e quindi in un fascio) di reciprocità fra i piani a^, aj , : pertanto una corrispondenza quadratica. 11 SULLA IN^CIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZII ORDINARII, ECC. 159 Nel cono {AA') apparterranno ad uno stesso sistema di «S'g generatori gli AA'BC, AA'B'C ; all'altro sistema gli 5, AA'BC, AA'B'C. Indicheremo risp. con (S^) e [T^ i due sistemi. Analogamente nel cono [BB') in- dicheremo con (8;,) il sistema di cui appartengono BB' AC, BB'A'C e con {Ti.) il sistema cui appartengono BB'AC, BB'A'C. Nel cono (CC) iniine chiameremo (S,) il sistema cui appartengono CC'AB, CC'A'B'; (T,) quello cui appartengono CC'AW, CO A' li. Ciò posto, si osservi che: se un del cono [AA') — ad es. — ed un -S'3 del cono [BB') si tagliano secondo un piano, un del 1° e un del 2" cono, i quali appartengano a sistemi opposti a quelli dei due «S3 in questione, si taglieranno in generale secondo una retta incidente al piano intersezione di quei due S^. Se ne dedurrà,'' considerando i due coni {AA'), {BB'): Le oc'^ rette comuni agli S3 dei si- stemi (5„), {Sb) incidono ai due piani ABC, A'B'C della F, fra loro opposti (n° 17), nonché agli cc^ dei sistemi (T,,); le rette comuni agli .S^ dei sistemi ( una corri- spondenza univoca. Supposto viceversa che fra due cubiche Cj, C-, (ellittiche) giacenti in piani Oi, fra loro sghembi, si possa stabilire una corrispondenza univoca, le ooi congiungenti coppie di punti omologhi costituiranno " in generale „ una rigata del tipo della F. Invero " la rigata sarà anzitutto del 6° ordine „ (*). Sieno m, n due sue generatrici; ilfi, iVi; -Mg» -^2 le loro intersezioni risp. con Oi ed Og. Un condotto per l'Ss mn, e che non passi ne per a^, nè per Og, secherà ulteriormente la rigata secondo una curva del 4° ordine, che potrà spezzarsi secondo una curva direttrice del 3° ordine (ellittica, e quindi piana) ed una generatrice, allorché (e solo allora) le ulteriori intersezioni delle rette MiNi, M2N2 colle cubiche Ci, C2 risp. sieno con- giunte da una generatrice della rigata (omologhe cioè nella corrispondenza fra Ci e C2). In tal caso le generatrici della rigata si appoggieranno a tre piani (e quindi ad 00 1, secondo cubiche) punteggiando collinearmente (n° 6 a) ) Ci e C2 {**). La rigata potrà considerarsi allora come " luogo delle 00^ rette che si appoggiano ad una cubica piana ellittica e a due piani 01,03, in posizione generica rispetto al piano della cubica „. Facendo astrazione da tale caso si riconosce facilmente l'esistenza sulla rigata di 00 2 quartiche sghembe di l'^ specie, e quindi di oc 2 S-^ direttori della rigata, la quale si presenta quindi del tipo della F (***). 28. — Consideriamo un S3 direttore della rigata : ad es. Zj (e ricordiamo che la congiungente i punti Ai = ZiOi, A2 = Z1CI2, appartenenti l'isp. alle cubiche C'i, C2, è il sostegno di un cono quadrico della rete [R) (n° 26)). Un S^'.m condotto per Zi (*) Poiché un -Si : u) uscente da Oj seca ulteriormente la rigata (fuori di C)) secondo le tre gene- ratrici uscenti dai tre punti comuni alla d ed alla retta ujOj. (**) Può dedursi di qua la nota proposizione (Cfr. C. Segre: Le corrispondenze univoche sulle curve ellittiche, " Atti delia R. Acc. delle Scienze di Torino „, voi. XXIV (1889): n° 3): " Una cor- rispondenza univoca fra due cubiche, tale che ad una terna di punti in linea retta dell'una corri- sponda nell'altra una simile terna di punti, è collineare (***) Le due rigate contemplate in questo n° costituiscono i due possibili tipi di rigate ellittiche del 6" ordine dell'S'g, con curva minima del 3" ordine : C. Segbe, Ricerche sulle rigate ellittiche di qualunque ordine, " Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino voi. XXI (1886): n° 15. I risultati contenuti al n° 15 di tale nota ci avrebbero permesso di abbreviare i ragionamenti precedenti : abbiam creduto bene di esporli ugualmente, per uniformità di metodo. 15 SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZII ORDINARII, ECC. 163 contiene (n° 25) due generatrici della F, le quali " si appoggiano alle due rette aj = oiUJ, = a2iju. uscenti risp. da .li e da A., „. I punti d'appoggio delle due generatrici con Cj e C2 si presenteranno quindi allineati con Ai, A., risp. Variando VS^^u nel fascio (Ij) si riconoscerà che " alle x' coppie di punti di allineate con Ai sono omologhe in C^, nella corrispondenza univoca determinata dallo generatrici della F, le ooi coppie di punti allineate con A2. Ciò può ripetersi partendo da altri 5^:, direttori della rigata, appartenenti a coni di- versi della rete {R). Si giunge pertanto all' esistenza degli coi centri di p-oiezione nella corrispondenza univoca (n° 27) fra Ci e (*). Le ooi congiunyenti coppie di centri omologhi di proiezione costituiscono i sostegni degli ooi coni quadrici di 2^ specie contenenti la rigata F. Due -£irbitrari coni della reto {R) hanno a comune (v. n° 2.5) una .1/* del tipo esaminato ai n' 15-22 (per la quale passa un terzo cono della rete). Le generatrici della apparterranno ad oo^ M\ di tal tipo. Se ne deduce: " La corrispondenza che esse determinano fra Ci,C., è contenuta (n" 18) in oo^ corrispondenze quadratiche fra i piani oi, 02 „ (**) (***). La rigata F si presenta anche semplicemente come segue : Abbiansi in un piano Qi tre fasci di raggi {A), {B), (6) ed in un secondo piano 02, che non incontri Oi, tre fasci di raggi {A'), (£'), (C): riferendo proiettivamente le tre coppie di fasci (A), {A'); (J5), {B') : (C), (C), in guisa che mai sieno omologhe congiungenti vertici di coppie omologhe di fasci, v'hanno ooi terne di raggi concorrenti nei fasci {A), (B), (C) cui sono omologhe terne di raggi concorrenti nei fasci {A'), {B'), {C): Le 00* congiungenti punti di concoi'so di terne omologhe costituiscono una rigata del tipo della F. E vice- versa: la rigata F può sempre pensarsi generata in tal modo. 29. — Ci limiteremo — nel numero presente — alla determinazione degli ordini (016)i, (008),. (IX) (016)1 = (610)3 = 9: Ordine della forma (510)3, della .¥3 (006)i e della ri- gata (015)i. Le generatrici della rigata (015)i " delle 00 1 rette incidenti ad un piano a ed a SiSg : Xi, I5 , si appoggiano al piano a secondo una curva del 4° ordine senza punti doppi (n° 13) ed agli 53 I, secondo sestiche (n° 25). Un -§4 : uu condotto per Zj — ad es. — contiene, fuori di li, tre sole generatrici della rigata (incidenti alla retta a = wa ed ai 4 piani (Jg = UJZ2, t^a = w^^s (****)). La rigata è pertanto del nono ordine. (X) (008)i = (800)3 = 14: Ordine della forma (700)3 e della rigata (007),. Le generatrici della rigata (007)i " delle oo» rette incidenti a 78, : I,, ... I7 , si (*) C. Segrk, Le corrispondenze univoche, ecc., n° 1. (**) Id., n» 3. (***) Corrispondentemente al fatto (cfr. l'oss. (*) al n" 18) che la F è varietà base di una rete di Mi aventi a comune due piani sghembi a,, aj si ha che ' le oc' coppie di punti omologhi nella corrispondenza fra C^ e Cj sono costituite da punti reciproci in oc' reciprocità fra i piani a|,aj, for- manti una rete „. Da ciò si deduce subito che la corrispondenza fra d e Cj è contenuta in oo* cor- rispondenze quadratiche, relative agli <»- fasci di reciprocità della rete. (♦♦**) C. Skqrk, Alcune considerazioni elementari sull'incidensa, ecc., n" 5. 164 UMBERTO PERAZZO 16 appoggiano a questi secondo curve del 9° ordine (v. sopra). Un 5^4 : oj condotto per Zi — ad es. — contiene, fuori di li, sole 5 generatrici della rigata (incidenti ai 6 piani (Jg = tuia, cr, s^uui^ p)) La rigata è quindi del ordine. § 3. 30. — Nel simbolo (j^; q, s; r)2 la s può assumere i soli valori ed 1 (poiché non v'hanno piani incidenti secondo rette a due piani, assegnati in modo generico nell'/Ss). Per brevità sostituiremo alla scrittura ip; q, ó;r)2 la seguente: (pqr).^. Il sim- bolo {p\ q, s; r)i darà luogo, nell'ipotesi: 2^ -f- 2 + 4s -+- 2r = 9, ai seguenti (oltre ai loro corrispondenti per dualità neirS'5): (212)2, (311)2^(410)2, (231)2, (330)2, (151)2, (250)2, (170)2, (090)2, (2; 1,1; 0)2, (1; 1,1; 1)2, (l;3,"l;0)2, (0;5,ì;0)2, che prenderemo in esame nell'ordine scritto. 31. — (XI) (212)2 = 2. Ordine della forma (112)2 e della (202)2. (XII) (311)2=(113)2=3. Ordine delle forme (211)2, (013)2 e delle (301)2, (103)2. (Xm) (410)2= (014)2= 3. Ordine della forma (310)2 e delle M3 (400)2, (004)2. I due sistemi (013)2, (310)2 hanno definizioni fra loro duali ed equivalenti : essi generano (v. n° 12) una forma cubica con 9 rette doppie. Analogamente i 4 sistemi (301)2, (103)2, (400)2, (004)2 hanno a coppie definizioni fra loro duali e tutte equi- valenti: generano una MI normale per VSr, (n^ 5-11). — Finalmente gli oo^ piani: (211)2 incidenti a due rette ri,r2, ad un S3 : X ed appoggiati ad un piano: a costi- tuiscono un cono cubico di vertice il punto aZ: Pongasi invero 1X12 = ^i?'2) ^ = ^12^- I piani del sistema incidono alle tre rette r, ì\, r^. Costituiranno 00 1 fasci, uscenti dalle generatrici della schiera incidente (in TT12) ad r, ri, e giacenti negli comuni alle coppie di che dalle generatrici proiettano a e Z. Tali contengono tutti il punto aZ. Quindi, ecc. L'.S'jZ è doppio per il cono cubico. 32. — (XIV) (231)2 = (132)2 = 5: Ordine delle forme (131)2, (032)2 e delle .¥3 (221)2, (122)2. (221)2; Crii piani incidenti a due rette: ri, r^, ad un /S3 : Z ed appoggiati a due piani: Oi, 02, secano l'Sg TT12 = rir2 secondo le generatrici della schiera incidente alle tre rette: ri, rj, r = TTigZ: si appoggiano quindi ad 00 1 rette (: le direttrici della schiera). Un : uj condotto per flig seca ulteriormente la il/g (che indicheremo con F) secondo i tre piani (**) incidenti in ai alle 4 rette ri, r2, «i = OiOi, «2 = o.^^ ed al piano ^M\ del (*) C. Segre, Alcune considerazioni elementari sull'incidenza, ecc., u° 7. (**) In un S'4 gli 00' piani incidenti ad un piano a e a tre rette costituiscono una forma cubica con piano doppio (o): C. Segre: Sulle varietà cubiche dello spazio a quattro dimensioni, ecc., n" 52. 17 SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZtl OKOINAUII, ECC. 165 fascio determinato dai due coni saranno dunque " coni cubici dotati di doppio „ (*). E poiché in ognuno di essi gli ooi^j generatori incidono, secondo rette pel vertice, ad oc^ piani direttori (**) e i piani della /''giacciono in quegli S^: I piani generatori della F si appo(/tjiano ad cc'^ piani. Poiché un 6'i : ui condotto per Z contiene, fuori di I, un solo piano della 7^ (comune ai due che dalla congiungente i punti i?i —r^w, B2 = r2M proiettano le rette = Oiiu, a2 = a2^)'- gli '^^ piani della i*' secheranno Z secondo lo generatrici di una rigata del 4° ordine. La retta r = TTigZ è direttrice semplice della rigata. Il luogo dei vortici degli ooi coni cubici contenenti la F è una cubica sghemba C appartenente all'^gZ, come facilmente si deduce per via anali- tica (***). Dai suoi punti (p. es. dal punto aiZ o dal punto agZ) escono coppie di piani della F, e quindi coppie di generatrici della rigata. La cubica C è pertanto direttrice doppia della rigata e linea doppia altresì per la F. {131)2: Ci limitiamo qui ad osservare, poiché ci sarà utile in seguito, che per la forma (131)2 " degli 00- piani che si appoggiano a tre piani: Oi, Og, ed incidono a una retta : r e ad un : Z „ è triplo l'S^I.. Invero : un S.^ : w, uscente da Z, seca ulte- riormente la forma secondo il (solo) cono quadrico di cui son piani direttori Bai, Ra-i, Ra^ (ove si sia posto: R = riu, a^ sa a.uj). — Si potrebbe ora dedurre — variando ai nel fascio (Z) — l'esistenza di un secondo sistema 002 di piani nella forma (direttori dei coni quadrici di cui sopra), ecc. La r è doppia per la forma. 33. — (XV) (330^2 = (033)2 = 6 : Ordine della forma (280)2 e delle M3 (320)2, (023)2. (320)2 = (023)2 : I due sistemi (320)2, (023)2 hanno definizioni fra loro duali e coincidenti. Siene r2, r^ ; a^, 02 risp. le rette ed i piani direttori di un sistema (320)2. Un S4 uscente da uno dei tre S.^ TI 12 ^ ^13 = ^'i^'s» ^23 = ''a^'a contiene, come facilmente si verifica, due piani del sistema (320)2. Dualmente : dai punti di ciascuna delle ri, 7-2, /'a escono coppie di piani del sistema, non giacenti colle ri, r2, r^ risp. in uno stesso Si (anzi in uno stesso S^): Le rette ri, r2, r^ sono pertanto doppie per la F (****). La F può ritenersi parziale intei'sezione delle due 3/, (v' n° 12): " dei piani che si appoggiano ad ri, r2, rj, a, „ e " dei piani che s'appoggiano ad ri, j"2, r^, a., „. Dalla MI loro completa intersezione si staccano i tre TT12, TT13, ITas : la è quindi del 6° ord. al piii. Dalle cose precedenti poi, e dalla nota (****) si deduce ch'essa è (almeno, e (*) Si prova analiticamente in modo immediato che una forma cubica — in un S'5 — dotata di S3 doppio è un cono (veggasi del resto la nota ("*)). (**) Ciò si deduce applicando i risultati del n" 52 della Memoria sopra citata alla " forma cubica con piano doppio, intersezione di un variabile cono del fascio con un iperpiano, non passante pel vertice (***) Un fascio di forme cubiche nell' aventi un medesimo ^3 doppio Xi = Xf = può rappre- sentarsi coll'equazione: (1) {A + \A')xs- + (B + XB')x,x, + (C + XC')x«« = 0, ove X e un parametro, e le A, A', ... sono forme lineari delle a:,, a-j, x^. La (1) rappresenta per ogni valore di X un cono di vertice il punto x^ — .rfi = 0, A-}-\A' = Q, B -\-\B' = 0, C -\-\C' = 0. Col variare di X, tale punto descrive la cubica di equazioni parametriche nell'uà X5 = a-6=0: A-\-\A'=0, B + \B' = 0, C-\-XC'=0. (**♦*) Le >-,,ri; ri,r3; rj.rj saranno direttrici doppie altresì per le tre rigate risp. secate su TT, 5,17,3,17,3 dagli oc' piani del sistema (320^3: le tre rigate risulteranno del IV" ordine almeno, e — per quanto segue — precisamente del 4° ordine. 166 UMBERTO PERAZZO 18 quindi) precisamente del sesto ordine. — La F può ritenersi, coi tre S3 TT12, TT13, TT23, varietà base di un fascio di forme cubiche. E poiché tutte conterranno i tre TTig, TT13, TTas — e quindi le rj, come rette doppie — potranno ritenersi (v' nota (*) al n° 44) della stessa natura delle due forme determinanti il fascio. Se ne deduce facil- mente — in virtù di alcune proprietà relative a queste forme (*) — : Gli oo^ piani della F si appoggiano ad 00^ piani, costituenti due sistemi distinti (e tali che da ogni punto deirSs escono un piano del primo e uno del secondo sistema, come facilmente si verifica). 34. — Ci limiteremo — in questo e nei numeri seguenti (n' 34-37) — alla deter- minazione degli ordini delle varietà, che ancora ci rimangono a considerare nel pres. §. (XVI) (151)2 = 10: Ordine della forma (051)2 e della 31^ (141)2. (141)2: Grli cci piani incidenti ad una retta r, ad un S^T, ed appoggiati a 4 piani Oj, Og, 03, secano sopra ciascuno dei piani Oj, 04 una curva del 5° ordine {n° 32). Conducasi per Oi — ad es. — un 63 : TT. Se P è un punto della M^, giacente in TT e non appartenente ad a^, il piano della 3/3 uscente da P secherà TT secondo una retta (incidente ad aj). D'altra parte un piano incidente a TT si appoggia certa- mente ad Oi. Pertanto l'intersezione di TT colla — fuori di — sarà costituita da un numero finito di rette: tante quanti i piani incidenti ad una retta: r, a due 63 : 1, TT ed appoggiati a tre piani: 00,03,04: quindi in numero di 5 (n« 32). La 3/3 è quindi del 10° ordine. 35. — (XVII) (250)2 = (052)2 = 11 : Ordine della forma (150)2 e delle (240)2, (042)2. (042)2: Grli ooi piani incidenti a due /S3 : Zi, Z2 e che si appoggiano a 4 piani: Oj, 02, 03, 04 secano su ognuno di questi una curva del 5"^ ordine (n° 32). Un S3 : TT con- dotto per Oi — ad es. — seca la 3/3, fuori di o,, secondo le 6 rette traccio sopra TT dei piani che si appoggiano ad Oo, 03, 04 ed incidono agli S3 Ij, Z2, ^ (n° 33). — La 3/3 è quindi dell'i:?" ordine. 36. — (XVIII) (170)2 = (071)2 = 21 : Ordine della forma (070)2 e delle Mg (160)2, (061)2. (061)2 : Gli cci piani incidenti ad un 83 : Z ed appoggiati a 6 piani: Oj, Og se- cano ciascuno di questi secondo una curva del 10'^ ordine (n'^ 34). LTn S3 : TT condotto per Oi — ad es. — seca la ilfg fuori di Oj secondo le 11 rette (n° 35) traccia sopra TT dei piani incidenti a TT, Z ed appoggiati ai 5 piani Og, Og. La 3/3 è quindi del 21° ordine. 37. — (XIX) (090)2 = 42: Ordine della (080)2- (080)2: Gli 00^ piani appoggiati ad 8 piani Oj, Og, secano sopra ognuno di essi una curva del 21° ordine (n° 36). Un : TT condotto per Oj — ad es. — seca la 3/3, fuori di Oj, secondo le 21 rette (n° 36) traccie su TT dei piani incidenti a TT ed ap- poggiati ai 7 piani 02, Og. La 3/3 è pertanto del i2° ordine. (*) V' il n° 9 della mia nota cit.°: Sopra una forma cubica con nove rette doppie, ecc. 19 SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZII ORDINARII, ECC. 1G7 § 4. 38. — (XX) (2; 1, ì; 0)2=(0; 1,1; 2)2= 1. Ordine della forma (1;1,1; 0). e delle JI/3 (210)2, (0Ì2)2. _ (XXI) (1; 1, 1; 1)2== 2. Ordine della forma (0; 1,1; 1)2 e della (1 1 1)2- (XXII) (1;3,I;0)2=(0; 3,1; 1)2 = 3. Ordino della forma (0; 3,1; 0)2 e delle J/3 (1;2,T;0)^ (0; 2,1; 1)2. (1;2, 1;0)2. Gli ooi piani incidenti ad una retta r, ad un piano P (secondo rette) ed appoggiati a due piani a, , costituiscono nell'S^ r3 = a» una forma cubica con piano doppio (poiché incidono — in lu — al piano (3 ed alle tre rette: r, = wa^, = 0102.) (v' la nota (**) al n« 32). 39. — (0; 3, 1 ; 0)2 : Il sistema oo^ dei piani incidenti secondo rette ad un piano p e che si appoggiano a tre piani Oi, 02, 03 corrisponde a se stesso per dualità nell' S5. Lo indicheremo nel seguito con {K). La forma F che lo contiene è del ters^ ordine (n° 38) e — dualmente — della terza classe (*). Ogni condotto arbitrariamente per p seca ai, 03, secondo tre punti congiunti da un piano del sistema. La rete (B) di S3 seca sui tre piani Oj, Og, 03 tre sistemi collineari due a due di punti, e i piani del dato sistema compaiono come " congiungenti terne di punti omologhi „ (**). Dualmente: Ogni retta di p è proiettata da Oj, a^, 03 secondo tre S4 intersecantisi in un piano del sistema. Il piano rigato (P) vien proiettato da Oi, 02, Og secondo tre reti collineari di e i piani del sistema dato compaiono come " comuni a terne di omologhi „. 40. — Da ciascuna delle tre rette: r2, r3 (n° 5) incidenti ai quattro piani P, Oi, 02, 03 esce un fascio di piani del sistema (K) (neirS3 che la congiunge a 3): appar- tengono quindi alla F i tre S3 riB, r28, rgB. — I tre S3: TTi2 = ri/'2. TT13 = r^r-i, TT23 = r2'"3 secano secondo rette i quattro piani p,ai, a,, «3: in ognuno di essi sarà contenuto un fascio di piani del sistema {K), di cui sarà asse la retta comune all'-Ss ed a p. Per- tanto: appartengono alla F i tre S3 : TTio, TT13, TT23. I tre riQ, r26, r^B non giacciono in uno stesso (poiché non stanno in uno stesso r^, r^, r^) e — per la stessa ragione — mai possono giacere in uno stesso ^4 due qualsiansi degli S3 TT12, TTia, 1723. Se ne deduce: Il piano p è doppio per la forma F; e sono altresì doppie per la F le tre rette r^ r2, r3 (incidenti a p, ma in posizione reciproca affatto generica). 41. — Un Si'.M condotto ad arbitrio per rSsrTja^riro — ad es. — secherà ulteriormente la F secondo una MI che nel punto uura presenterà un punto doppio: un cono quadrico cioè di l'^ specie, di cui è vertice il punto uj/'g. Col variare di uu nel fascio {TI 12) la Mi ulteriore intersezione assumerà 00 1 posizioni e la quadrica da (*) Poiché si possono ritenere (come apparirà dal seguito) tangenti alla F gli ce' iperpiani uscenti dai piani di {K). (**) Notisi però che tre piani — in posizione generica nell'^s — riferiti collinearmente fra loro, non possono in generale ritenersi " sezioni di una stessa rete di Sa „. E dualmente. 168 UMBERTO PERAZZO 20 essa secata su TT12 descriverà evidentemente un fascio. È facile riconoscere che " la quartica base del fascio si spezza nelle due rette )\, e nella h-^i = contata due volte „ (*). Le quadriche del fascio cioè hanno a comune oltre alle due genera- trici ri, r2, la direttrice èio, e in ogni punto di questa tutte ammettono lo stesso piano tangente. — in altre parole — le generatrici delle ooi quadriche costituiscono una congruenza lineare speciale di asse la retta h^^ (e le direttrici : la congruenza di assi ^2). 42. — Poiché (n° 41) l'ulteriore intersezione colla F di un 84 di uno dei fasci (TTis^ (His), (TT23) è costituita da una M\ conica di 1=^ specie, si avrà — considerando i due sistemi 00 1 di piani che a questa appartengono — e col variare deirS'4 nel fascio: Appartengono alla F — oltre al sistema (K) — un sistema oc^: (Ki) di piani, incidenti ad r^, r2, v^, e tre sistemi cc^: (L,), (L2), (L3) di 'piani i quali si appoggiano risp. ad Yi, V2, e secano ordini i tre S3 TT23, ^isi ^12 secondo le generatrici di congruenze lineari speciali, di cui sono assi risp. le tre rette h^^ = TT23B, bi3 = TTi3'^, bi2 = TTia*^. 43. — Neir-2. Una ulteriore retta base del fascio dovrebbe appartenere a questa " coppia di piani , e d'altra parte incidere ad r,, r^: non può quindi esser distinta dalla 61,. 21 SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZII ORDINAKII, ECC. IGO (Iella M4 con 9 vette doppie, definibile appunto (*) mediante un generico sistema (310)2 (senza restrizioni cioè, relative alla posizione del piano k rispetto alle direttrici r^, r^, r.^). Alla F potranno quindi applicarsi — con ovvie modificazioni — varie proprietà rela- tive a quella forma (**). 45. — (XXIII) (0; 5, 1; 0)2 = 6: Ordine della (0; 4,1; 0)2. (0; 4, 1; 0)2: Gli ooi piani incidenti secondo rette ad un piano 3 ed appoggiati a 4 piani a^, a.,, a,, a.j secano sopra ciascuno dei piani a^, ... a,j una curva del ordine (n° 39). Un : IT uscente dal piano aj — ad es. — seca la M^, fuori di Oj, secondo le tre rette traccie sopra TT dei piani incidenti secondo rette al piano (3, all'iSaTT, ed appoggiati ai tre piani a.^, a.,, (n° 38). La è pertanto del 6" ordine. E il piano p è per essa triplo, come facilmente si verifica. CAPITOLO II. § 5. 46. — Abbiansi due spazi di egual dimensione: TT^,, TT„, aventi a comune un .S\ {l> — 1) congiunti cioè da un52„_, :S. Si immagini un -S„ : Z uscente da 5, coin- cidente con S {nl2m — l). Un sistema oc": (A") di S„_„ dello spazio Z tale che da ogni punto P di Z esca un solo spazio del sistema, e che non abbia particolari relazioni con TT„, TT^ determinerà fra questi spazi, nel senso di cui si disse nell'" in- troduzione , una corrispondenza biunivoca (che potrà ritenersi determinata altresì, tra TT e TT', dal sistema 00"' degli S„,_i comuni a S ed agli del sistema {K)). — Come sistemi (K) potranno assumersi nell'S,, particolari sistemi di 2m — l) — potranno ottenersi fra TT„,TT;„ corrispon- denze biunivoche, il cui ordine sarà, in generale, funzione della dimensione n. Ci limiteremo a pochi esempi, che ci forniranno corrispondenze biunivoche tra due piani due S3. Supporremo sempre assegnati i due piani od -S3, e gli spazi direttori del sistema da considerarsi, in posizione reciproca affatto generica noir6'„. 47. — Assumansi due piani tt, tt' e in un S„ che contenga lo spazio tttt' si con- sideri il sistema cc^: {K) degli S„_2 i quali sono incidenti ad un S„_o : Z e si appog- (*) Vedi la mia nota cit* al n° 12. — Erasi provato in essa (n° 17) che allorché una forma cubica contiene tre rette doppie ' i.rj, rj, non in un 5», contiene di conseguenza altre 6 rette doppie, ecc. E ciò basandosi sul fatto che quando in un fascio di quadriche la quartica base contiene come parte due rette sghembe deve ulteriormente spezzarsi secondo due rette r, s appoggiate alle prime. Ma queste rette r, s possono coincidere : cioè le quadriche del fascio raccordarsi lungo una tlirettrice comune: in corrispondenza a tale ipotesi le 9 rette doppie si riducono a 6 distinte: distribuite secondo i lati di un triangolo e secondo tre rette uscenti dai vertici di questo (in posizione reci- proca generica), ecc. E la forma cubica assume il tipo ora considerato. (**) Assumendo i punti fondamentali delle coordinate in guisa che il piano P venga rappresen- tato dalle: Xi=Xr= X(=0 e le tre rette rj, risp. dalle: x,=t,i=X5=.T6 = 0, x\=x^=tì=x^=Q. xx~ Xì = Xi, = Vi= Q la F verrà rappresentata da un'equazione del tipo: «.a-i-Tja;, -t- t.xjariXo -|- + c.xsx^xs -f- rf.xjXjX, = (essendo a.b,c.d coefficienti arbitrari). Serik tt. Tom. LIV. v 170 UMBERTO PERAZZO 22 giano ad n — 2 rette: l'i, r^, r„_2. Da ogni punto P dell'S^ escirà un solo del sistema: congiungente P agli n — 2 punti comuni all' iperpiano Pz ed alle rette 7*1, r2, ...,n-2- Se il punto P descrive in rr una retta r, rS„_2 del sistema {K) uscente da P descriverà il sistema oo^ degli S„_c, incidenti ad un S„-i:'^ e ad w — 1 rette: r,ì\,r^, ... r„_2: sistema costituente una forma F deir(n — 1)° ordine, poiché è noto (*) che — dualmente — sono in numero di n — 1 le rette di un -S„ incidenti ad n 5„_2 e ad una retta. a) L'S„_2 : 1 è multiplo d'ordine n — 2 per la F: poiché da ogni suo punto P escono tanti -S'„_2 del sistema quanti — nella stella (P) — sono gli S„_2 incidenti secondo S„_3 e secondo rette per P risp. air5'p_jZ e agli n — 1 piani Pr, Pì\, Pr^ ... Pr„_2 (ossia quanti sono in un gli S„_3 incidenti ad un S„^3 e ad w — 1 rette) : quindi in numero di n — 2 (per quanto sopra). b) Ogni S„_2 del sistema (K) il quale tagli secondo una retta il piano tt, si appoggierà ad ogni retta r assunta in tt: appartiene quindi alla F. Gli S„_2 del sistema (K) incidenti a tt, escono dal punto P = ttZ : tagliano quindi secondo iS'„_3 per P e risp. secondo rette per P: r*S'„_2Z e gli n — 1 piani tt, Pr^, Pr,,..^. Quindi (osserv. a)) sono in numero di n — 2. e) Da ogni S„_3 incidente a Z, r^, r2, r„_2 escono ooi S'„_2Z; ed a cui appartengono — evidentemente — gli n — 2 5„_2 incidenti a re ; Z ; /'i, r-i, r„_2 (n° ■il b)) e la MlzX O (n° 47 c) ). Pertanto : Al punto ttZ corrisponde in tt' la curva d'ordine m — 1 avente nel punto tt'Z un punto (m — 2)-plo e passante semplicemente per gli ulteriori 2 (m — 1) punti fondamentali {semplici) della trasformazione. — Ai punti (fondamentali) traccie su tt degli n — 2 S„_2 incidenti a (•) C. Garrone, Memoria cit^, n" 22. (**) " Nouv. Ann. (II), 6, (1864). — " Giornale di Mat. „ t. 23 (1885). 23 SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZII ORDINARII, ECC. 171 ti', Z, /•2, r„_2 corrispondono le traccio di questi spazi su tt', ossia (poiché ognuno di essi contiene un 5„_3 incidente a Z, ^i, r2, r„_2 ed appoggiato a tt'): le rette congiun- genti il punto tt'Z ad m — 1 determinati punti base (^semplici) : le traode della su tt'. Analogamente si prova che ai punti comuni a u ed alla sono omologhe le congiun- genti il punto tt'Z agli m— 1 punti traccie su ti' degli S„_i incidenti a tt,Z, ri,r2, r„_2. § 6. 50. — Si considerino due -8^3: TT, TT', e in un S„ contenente lo spazio TTTT': il sistema cc^: (K) degli S„_3 incidenti ad un S„_2 e ad n — 3 rette Vi, rg, r„_3. Da ogni punto P deirS„ esce un solo S„_3 del sistema: congiungente P agli n — 3 punti co- muni airS'„_i PZ ed alle rette r^, r^, r„_3. Se il punto P descrive in TT un piano: a, rS„_3 del sistema {K} uscente da P descriverà: " il sistema oo^ degli S'„_3 incidenti a Z, ri, 7*2, >',._3 ed appoggiati al piano a „ : Si distribuiranno questi, secondo oc^ fasci negli oqI S„_z incidenti ad a (secondo rette), a Z ed alle ri, r2, r„_3 (fasci aventi per sostegni gli S„_4 congiungenti i gruppi di n — 3 punti secati da quegli S„_2 sulle rj, r„_3). Gli 00 1 S„_2 in questione escono dal punto aZ, e costituiscono un cono d'ordine n — 2 che indicheremo con F (cfr. n" 49) : a) L'S„_jZ è multiplo d'ordine n — 3 per il cono P(n''49). bj Appartengono ad P gli S„_. incidenti a Z, rj, rg, r„_3 ed all ò'3 TT (secondo piani), poiché incideranno ad ogni piano a contenuto in TT. Tali S„_2 esciranno dalla retta TTZ: saranno quindi (cfr. n° 47 a)) tanti quanti in un S„_2 gli S„_ji incidenti ad un S„_i e ad n — 2 rette: quindi (n" 47) in numero di n — 3. c) Appartiene ancora alla P la M„_s : degli ooi S„_i incidenti a Z, /•i,r2, r„_3 (cfr. n'' 47 cj): Essa è d'ordine n — 3 (cfr. ancora n° 47 c) ). 51. — Discende dal numero precedente: In un S„ il sistema (K) degli oo^ S„_3 incidenti ad un S„_2 e ad n — 3 7-ette definisce tra due S3 : TT, TT' una trasformazione dell\n — 2)° ordine. Ponendo n — 2 = w : Agli c»3 piani di W — ad es. — sono omologhe in TT' le rigate d'ordine m aventi a comune: (a) una direttrice rettilinea (m — - \)-pla; (b) m — 1 generatrici; e passanti (c) semplicemente per m — 1 punti fìssi {*). 52. — Se un punto P descrive in TT una l'etta r, \'S„_^ del sistema {K) uscente da P descrive " il sistema coi ^Qg\[ s„_3 incidenti ad un iS„_2 : Z e ad n — 2 rette r, ri, r2, r„_3 „: sistema costituente (n° 47 c)) una J/ilZj, che indicheremo con R. a) Gli iS„_3 generatori della R secano Z secondo S„_^ costituenti una M„_3 (forma) dell'in — 3j'^ ordine : poiché un : uj per Z seca ulteriormente la R secondo il solo S,^ congiungente gli n — 2 punti wr, uuri, ... ujr„_3. (*) La trasformazione birazionale trattata dal Prof. Segbe al n° 21 della sua Nota : Sulle varietà normali a tre dimensioni composte di serie semplici razionali di piani, " Atti R. Acc. delle Scienze di Torino voi. XXI (1885) — dedotta mediante convenienti proiezioni su due ^3 di una M3 normale luogo di una oc' razionale di piani — abbraccia come caso molto particolare la trasformazione di cui sopra. 172 UMBERTO PERAZZO 24 b) Ciascuno degli n — 3 S„_2 incidenti (n° 50 è; ) a Z, ^i, rg, r„_3 ed a TT (e quindi ad ogni retta r contenuta in TT), contiene un (solo) S„_3 della R (congiungente gli n — 2 punti comuni a queir5'„_2 ed alle: r^, r„_3). c) La 3f„_3 degli (n° 50 cj ) : Invero ogni S„_2 che congiunga la s ad un S^-i inci- dente a Z, Ti, r„_3 contiene tutto un fascio di D'altra parte, da ogni punto di Z escono tanti S„_t incidenti a Z ed appoggiati ad Oj. a„_3 quanti S„_5 — in un S„_i — incidono ad {*) Alla stessa relazione si può giungere pure brevemente come segue (cfr. n° 45) : In ui gli oo^Sn— 4 " incidenti secondo Sn-5 a Zq d appoggiati ai piani tto, Oo.i, ao,n-3 , secano sopra ognuno di tali piani una curva d'ordine n — 3 (v' sopra: determ." dell'ordine della F). Conducasi per uno di essi (iTfl ad es.) un S-s : TT,. L'intersezione di T\g c olla varietà, fuori di Uo, si comporrà di un numero finito di rette: tante quanti sono — in lu — gli À'n— 1 " incidenti a Zq (secondo 5n— 5), a TTo ^secondo rette) ed appoggiati agli n — 3 piani a(i,i, aj,n-3 ciuindi in numero di Pn-;. Ecc. 174 UMBERTO PEBAZZO 26 un S„^i (secondo S„_^) e si appoggiano ad n — 3 piani. Detto quindi p„ l'ordine della i — Sy (**). (') La V si ottiene anzi proiettando la H dal punto TTZ. (**) L'ordine della varietà H può determinarsi altresì col procedimento seguente: Gli cc^ Sn—t " incidenti a Z (secondo Sn-i) ed appoggiati agli n — 3 piani a,, an-3 ed al^^^3 TT , secano su TT una curva d'ordine — — — — (n" 54 c) ). Un generico S^ : w uscente da TT seca ulteriormente la H, fuori di TT secondo le rette, in numero finito, traccio su lu degli Sn-K ' incidenti a S (secondo -Sii— 5), ad U) (secondo rette) ed appoggiati ad Oi, a„_3. Tale numero rappresenta 1' ordine della varietà degli c5o''5'k_4 "incidenti a I (secondo 5'„-5), ad lu (secondo rette) ed appoggiati ad w — 4 piani (Oj, On-s)- Gli Sn-k generatori di tale varietà si distribuiscono secondo 00' fasci negli Sn-% inci- 27 SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZZI ORDINARII, ECC. 175 56. — Discende dai n' procedenti (54 e 55): In ttn S„ il sistema oo^ degli H„_3 incidenti (secondo S„_J ad un S„_;,:X ed appoggiati ad n — 3 piavi: Oj, Og, a,,., defi- nisce tra due SarTT, TT' una trasformazione dell' [n — 2)'* ordine. Ponendo: n — 2=?«: Ai piani di TT sono omologhe in TT' le oo^ superficie d'ordine m, aventi un punto (m — \)-plo a comune (il punto ZTTV e passanti semplicemente per due curve sghembe d'ordine - - le quali hanno a comune: il punto ZTT', multiplo per entrambe d'ordine — ~ ed tdteriormente (m — 1)- punti semplici (*). 57. — Se un punto P descrive in TT una retta r, VS„_3 del sistema {K) uscente da P descrive — nell'iperpiano cu = Ir — la forma {M„_i):R " luogo degli ooiS'„_3 incidenti — in uj — a Z ed alle n — 2 rette r, «i = a^w, ^«2^, «n-3— «n-s^J n : forma d'ordine n — 2 (n° 47). a) L'S„_3Z è multiplo d'ordine n — 3 per la R {n° ila)). b) L'S„_iUj seca la Y (n° 54 b)) fuori di Z, secondo n — 3S„_3, i quali, giacendo in UJ e incidendo (secondo rette) a TT, si appoggieranno ad e quindi apparter- ranno ad B. c) L'-S'„_iu; seca la (n'' 5ic)), fuori di Z, secondo una M'^zl: da ognuno dei suoi 5„_4 generatori esce un S„_3 della R: comune ai due *S'„_2 che da queirS„_4 proiet- tano Z ed r. La M'^zl appartiene quindi alla R. Se ne deduce: Alle rette di TT corrispondono in TT' le oc* cwve piane d'ordine m, aventi nel punto ZTT' un punto (m — lYjilo ed appoggiate a ciascuna delle due curve I m (m-1) \ basi \C - ) in m — 1 punti (fuori di TU'). Costituiranno tali curve: oo^ reti nei piani della stella di centro il punto ZTT', per ciascuna delle quali i punti base saranno forniti: dal punto ZTT' : (?/; — l)-plo e dagli {m — 1) + (m — 1) punti d'intersezione (fuori di ZTT') del piano della rete colle due curve basi. 58. — Dal punto ZTT (come da ogni punto di Z) escono oo^ S„^i del sistema (A'): costituenti un cono d'ordine (w — 3), pel quale è multiplo d'ordine n — 4 VS„_3T ed a cui appartengono le due varietà ¥ e O (cfr. n' 49, 53). Pertanto: Al punto ZTT cor- risponde in TT' una superficie d'ordine m — 1, avente in ZTT' un punto (m — 2)-plo, e passante semplicemente per le due curve basi del sistema omaloidico in TT'. Ai punti della curva (fondamentale in TT) che è traccia su TT dalla J/„_8 * luogo degli ooiS„_3 incidenti a Z, a TT' secondo rette ed appoggiati ad Oi, Oo, a„_3 , denti a Z (secondo Sn-t), ad lu (secondo piani) ed appoggiati ad a,, a„_4 : Sn-3 uscenti dalla retta tuZ. Sopra un generico Sn—t essi secano la varietà degli oo' Sn-s " incidenti ad un Sn—i (secondo Sn-o) ed appoggiati ad n — 3 piani „: varietà d'ordine — ^'^ nota (*) al n" 54Ì. , , A (n-2)(n -3) , (n-B)(n-4:) , Lordine della H sarà espresso pertanto da: ^ 1 g = (*^ — of. (*) Si ottiene tale trasformazione dalla trasformazione monoidale trattata dal De Paolis, ' Gior- nale di Mat. t. 13 (1875), supponendo ivi che la curva base Ci""" (cfr. n° 10 e seg") del sistema omaloidico si spezzi in due curve di egual ordine. Altro caso particolare interessante — dimostrato possibile e trattato distesamente dal De Paolis — si ottiene spezzando la C"'"~" base in n — 1 curve razionali: le due particolarizzazioni si trovano riunite in un caso da noi esaminato al n" 61. 176 UMBERTO PERAZZO 28 saranno omologhe le rette traccie su T7' di quegli S'„_3, ovvero (poiché ognuno di quegli S„_s può ottenersi congiungendo il punto TU' con un S„_4 (della 0) incidente a Z ed appoggiato ad ai, a^, «,,-3 edaTT'): le generatrici del cono {d'ordine m — 1) m.(m— 1) che dal punto fondamentale ZTT' proietta la C ^ traccia della varietà sopra IT. Analogamente si verifica che: Ai punti della curva comune a TT ed alla varietà, corrispondono in H' le generatrici del cono {d'ordine m — 1) proiettante dal punto ZTT la traccia su TT' della varietà V. § 8. 59. — Nell'US v'hanno i seguenti (e soli) sistemi di spazi {S^ , piani e rette) " incidenti a dati spazi in numero finito , e tali che " da ogni punto dell'Ss esca un solo spazio del sistema „ : Sistemi oo2 di S^: (002)3, (111)3, (030)3, (301)3. oo3 di piani: (300)2 = (OOB)^, (201)2, (121)2, (022)2, (011)2, (0; 2,1; 0)2. ^1 di rette: (lOl)i, (020)i, (012)i, (004),. Esamineremo brevemente le corrispondenze (biunivoche) determinate tra due piani, ovvero tra due dai sistemi di 63 risp. di piani di cui sopra (*). 60. — (002)3: Gli oo^Sg incidenti a due S^:Ti,'Z2 escono dalla retta Z1Z2: ven- gono secati da un generico S3 secondo " le rette incidenti a due rette „ : sistema il quale determina (com'è noto) fra due piani tt e n', fissati in queir e ad un piano: o „. Potremo limitarci, come poc'anzi, all' esame della coi'rispondenza determinata da questo sistema tra due piani n, n', fissati nell'ò^ che lo contiene. Il sistema stesso rientra quale caso parti- colare: n= 4: in quello esaminato ai n' 47-49. Pertanto: la corrispondenza ch'esso determina fra i piani tt, tt' è del terzo ordine. Alle rette di tt — ad es. — sono omo- loghe in tt' le curve del 3'^ ordine aventi a comune un punto doppio e passanti sempli- cemente per altri i punti. Ecc. (**). (030)3: Da ogni punto P dell' S-^ esce un solo S3 incidente a tre piani dati: 01,02,03 (l'Sg congiungente le tre rette comuni agli S^Pai, Pa^, Pd^ presi due a due): La cor- rispondenza (biunivoca) determinata dal sistema (030)3 : {K) tra due piani tt, tt' è del (*) Dal Prof. Carboke vennero esaminate — nella Mem^ più volte citata — le corrispondenze determinate fra due 5, dai sistemi di rette (101),, (020),, (004), (n' 23 e 22). 11 sistema (012), defi- nirebbe tra due una corrispondenza (343), secondo la notazione usata in tale Memoria. (**) Tralascieremo per brevità di ripetere per «=4 i risultati del n° 49, relativi alla determi- nazione delle linee omologhe agli elementi fondamentali in tt. — Ciò sia detto altresì per le ulte- riori applicazioni dei l'isultati dei §§ 5, 6, 7. 29 SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZII ORDINARII, ECC. 177 4° ordine: Se il punto P descrive invero in tt — ad es. — una retta: r, l'.S'g del sistema {K} uscente da F descrive il " sistema oo' degli incidenti a tre piani (ai, a,, a^) e ad una retta (r) „: sistema contenuto in una forma F del 4" ordine (n" 15). a) Da ogni retta p incidente ad 01,03,03 escono due 63 del sistema (A') ed appoggiati alla r (i due S3 incidenti ai iS^, pa^, ptx^, po.^, pr, uscenti dalla Questi due non giacciono in uno stosso iperpiano : quindi ogni retta p è doppia per la F. In altre parole: La 7^ contiene quale varietà doppia la MI delle rette incidenti ad 01,02,03. — b) Appartengono alla F i tre -Sg (n** 5) incidenti ad Oj, 02, 03, n. Se ne deduce : Alle rette di tt soìio omologhe in n' le quartiche aventi tre punti doppi fìssi e passanti sem- plicemente per altri tre punti. Ecc. (301)3: E caso particolare (« = 5) del sistema studiato ai n' 47-49. Pertanto: In un S5 il sistema oc- degli S3 incidenti a tre rette e ad un S3 definisce tra due piani TT, tt' una corrispondenza del 4° ordine. Alle rette di tt — ad es. — sono omologhe in n' le curve del 4° ordine aventi un punto triplo fisso e passanti semplicemente per altri sei punti. Ecc. 61. — (300)2 = (003)2: Determina tra due S^, una corrispondenza biunivoca del 3° ordine studiata dal Prof. Ascione (*) e ulteriormente dal Prof. Garrone (**). (011)2: I piani incidenti ad un piano a e ad un S^T, escono dal punto ^ =r oZ, ed incidono ad o e Z " secondo rette per A „ : verranno secati da un arbitrario ■S'4:uj secondo le " oc^ rette incidenti (in uu) ad una retta e ad un piano ,, . Tale sistema determina tra due S', : IT. TT' una trasformazione del 2° ordine (**). (201)2: E caso particolare (« = 5) del sistema trattato ai n' 50-53. Si avrà quindi: In un S5 il sistema oc^ dei piani incidenti a due rette e ad un Ss'.l- definisce tra due S3 : TT, TT' una corrispondenza biunivoca del 3° ordine. Ai piani di TT — ad es. — sono omologhe in TT' le rigate cubiche aventi a comune la direttrice doppia, e due gene- ratrici; passanti inoltre per due punti fissi. Alle rette di TT sono omologhe in TT' le cubiche sghembe bisecanti la direttrice doppia, appoggiate semplicemente alle due generatrici e passanti pei due punti fissi. Ecc. (0;2,1; 0)2: È caso particolare (n = 5) del sistema considerato ai n' 54-58. Per- tanto : Li un S5 il sistema 00^ dei piani incidenti secondo rette ad un piano, ed appog- giati a due altri piani definisce tra due S3 : TT, TT' una corrispondenza biunivoca del 3° ordine. Ai piani di IT — ad es. — sono omologhe in TI' le superficie del 3" ordine che passano per due cubiche sghembe, assegnate con cinque punti a comune; ed hanno inoltre tutte quale punto doppio uno di quei cinque punti (***). Alle rette di TT sono omologhe in TT' le cubiche piane, aventi in quello un punto doppio, ed aventi a comune una coppia di punti con ciascuna delle due cubiche basi. (*) " Giornale di Mat. di Battaglini 1893. (**) Memoria citata, n° 2:3. (***) Oppure — assunta in modo generico su ciascuna delle due cubiche una quaterna di punti — : ... le 00' superficie del 3" ordine aventi a comune un punto doppio e 12 punti semplici (in posi:ione particolare) . Serie II. Tom. LIV. X 178 UMBERTO PERAZZO 30 62. — ■ (121)2: Da ogni punto P dell'òg esce un solo piano " incidente ad una retta r ed un Z assegnati, ed appoggiato a due dati piani ai,a2 „ (il piano comune nell'ai : uu = PZ ai due S-^ che dalla congiungente P al punto R = uir, proiettano le due rette «1 = a^uj, «3 = a2Uj). Il sistema (121)2 — che denoteremo, al solito, con [K] — definisce pertanto tra due Sg : TT, TT' una corrispondenza biunivoca. Descrivendo il punto P un piano a in TT, il piano del sistema (K) uscente da P descriverà " il sistema co^ dei piani incidenti ad r, Z ed appoggiati ai piani a, Oj, : costituente una forma F del 5" ordine (n° 32). a) L'SgZ è triplo per la F (n° 32). b) Appartiene alla la il/3 : — del 5° ordine (n° 32) — degli ooi piani " incidenti a r, Z, TT e appoggiati ad a^, a, ... c) Alla F appartengono ancora le due MI delle rette incidenti: 1) ad r, a^, Z; 2) ad r, a,, Z (poiché da una retta p, incidente p. es. ad r, a^, Z esce uno ed un sol piano del sistema {K) ed appoggiato ad a: il piano comune ai tre S^^po.^ pa^. pZ). Indicheremo risp. con 0^, 02 1^ due varietà. d) La F contiene finalmente i due Sg: Aj, incidenti ad r, ai,a2,Z (poiché in ognuno d'essi è contenuto un fascio di piani della F: di cui è asse la congiungente i due punti intersezioni di quell'iSg con r ed a). 63. — Determineremo ora le relazioni di posizione esistenti fra le varietà (I/3) ^; 01,02; '^i-'^2 (che tradurremo in relazioni di posizione tra le curve basi del sistema omaloidico in TT'). 1) Z — Gli 00' piani incìdenti ad ?•. TT, Z, appoggiati ad a^, a,, secano Z se- condo le generatrici di una rigata del 4° ordine (*): comune quindi a Z e V. — 2) Z — 01 (0 02): L'SgZ è secato dalle oo^ rette incidenti adr, a,,Z (p. es.) secondo gliocs punti di un piano (comune a Z ed all'iSirOj), — 3) Z — A^ (0 Ag): I due S3Ai,A2 sono incidenti (secondo piani) airS^gZ. — 4) V — 0i (0 0o) : Da ogni retta j) inci- dente ad r, Oi, Z ed a TT esce un piano incidente a TT,Z,r, ed appoggiato ad a^a^ (il piano comune ai tre Siiplil, pT, pa^). Pertanto: le due M^:'^, 0^ hanno a comune la superficie delle cc^ rette incidenti ad r, Oj, Z, TT: rigata cubica giacente neirS^j-aj (n° 12). Analogamente Y e 02 hanno a comune una rigata cubica giacente neir»S'4:?-a2. — 5) T — Al (0 Ao): In un S3 (Aj) il quale sia incidente ad r, Oi, 02, Z giace uno ed un solo piano incidente ad r, TT, Z, appoggiato ad «1,02 (il piano congiungente il punto Air alla retta A,TT). La Ml^' ha quindi un piano a comune tanto con Ai che con A,. — 6) 01 (0 (^2) — Al (0 Ao): Detti risp. E ed «i il punto Air e la retta AiOi, è chiaro che le rette uscenti da K nel piano Ea^ si possono considerare come inci- denti ad r, Oi e (giacendo in Ai) anche a Z. Pertanto 0i e A, hanno a comune un piano; così pure 0i, A2 ; 02.Ai; 02, A,. È facile verificare che le due 3/3: 0i e 02 non hanno alcuna superficie a comune, e che i due : Ai.A, non sono fra loro incidenti. 64. — Indicheremo con s; cpi,02; (^i,c?2 © con s' ; qpi',cp2': d^.d,' le intersezioni delle varietà: Z; 0i,02; Ai, A., risp. con TT e con TT'. Detta infine M^' la J/3 degli oci (*) Un ^4 uscente da Z seca infatti la H*, fuori di I, secondo un (solo) piano, come facilmente si verifica (v' del resto il n° 67, in fine). 31 SULLA INCIDENZA Ul RETTE, PIANI E Sl'AZU OIJDINAKII, ECC. 179 piani " incidenti ad r, I, TT' ed appoggiati ad 01,02 „ ne indicheremo con \\f l'interse- zione con TT; con ip' indicheremo l'intersezione di V e TT'. — Segue dai n' (32-63': In un S5 il sistema (K) degli oo^ piani incidenti ad una retta r, un S3Z ed appoggiati a due piani(Xi,a., definisce tra due SaTTjTT' nmc corrispondenza biunivoca del 5° ordine. Ai piani di TT — p. es. — sono omologhe in TT' le superficie del 5° ordine aventi a comune una retta tripla (s'), passanti inoltre semplicemente per una curva del 5° ordine per due coniche (qpi', qpo') e per due rette (di', d2') (*). La quintica (sghemba, razio- nale) vp' ha la retta s' rpiale quadrisecante, le due coniche (p/, 92' si appoggiano ognuna in un punto alla s', le rette d/, da' sono incidenti alla s' ; la quintica \\)' ha tre punti a comune con ciascuna delle coniche cp/, qp»' punto con ciascuna delle due rette di', d2'; le due coniche qpi', 92' appoggiano ognuna in un punto alla dx' ed ognuna in un punto alla à.2 ; non hanno punti a comune. Le due rette d/, d2' sono fra loro sghembe (**). 65. — Se un punto P descrive in TT una retta m, il piano del sistema {K) uscente da P descriverà il sistema cc^ •• dei piani incidenti a due rette r, m, ad un 83 Z ed appoggiati a due piani ai, „ : sistema costituente una il/, del 5" ordine (n" 32) che indicheremo con M. a) Gli 00 1 piani — di {K) — costituenti la M secano I secondo le genera- trici d'una rigata del 4° ordine (n° 32). b) Le due Ml:'^, M hanno a comune quattro piani. Invero: gli coi piani della V secano pure TT secondo le generatrici d'una rigata del 4° ordine (cfr. n" 63) : da ciascuno dei punti comuni alla m ed a questa rigata esce un piano incidente ad m, r, TT, Z ed appoggiato ad 01,03: comune quindi a V ed 3/. c) La M ha a comune con ciascuna delle Ml^i, ^2 'i^'T- l'igata del 4° ordine. Infatti: la M seca sopra il piano Oj, ad es., una cubica avente nel punto ^i=aiZ un punto doppio (n° 31 , in fine). E chiaro che le due varietà M, avranno a comune la rigata " delle rette uscenti dai punti della ed incidenti ad r e Z „. Queste si appoggiano a Z nei punti di una cubica C"^ (piana, con punto doppio ^1) proiezione sopra Z, dalla retta r della cubica C^. Un S4 : ai condotto per Z seca la C'^, fuori di ^1. in un punto P, la r in un punto R: la retta PB costituisce colla cubica C"3 la completa intersezione di uj colla rigata, la quale risulta pertanto del (') Il passaggio per le due rette dx', dì è conseguenza delle condizioni precedenti (come si deduce dal seguito). Assegnati in TT' tre punti A , B', C', e unica la superficie del 5° ordine avente in s una retta tripla e passante semplicemente per A', B', C' e per le linee (Pi', qps'; di', dì: il piano rt'=A'B'C' seca infatti la s in un punto S', la V secondo 5 punti Pi, Pj, le due coniche i hanno quindi a comune la rigata delle " 00^ rette incidenti ad r, Oi, Z ed all' Sg Pa_, „ : rigata cubica giacente nell' ^4 ra^ (n" 12). Ed analogamente per la varietà (t>2. c) Il cono (P) e la H' hanno a comune i tre piani incidenti secondo rette per P ai quattro -Sg: Z, TT. Pai, Pa2 ed al piano Pr. Gli 00^ piani del sistema {K} uscenti dai punti di s costituiscono una forma G del 4" ordine. Infatti: è del 6° ordine (n° 33) la forma degli oc^ piani incidenti a due rette s, r ed appoggiati a tre piani cf, Oi, a,. Suppongasi che il piano a giaccia colla s in uno stesso : Z, La forma si spezzerà: 1) nel cono quadrico degli co^ piani uscenti dal punto S = so e secanti secondo rette per S i due 63 : Sa^, Sa.2 ed il piano Sr. 2) nella forma G degli oo^ piani che incidono ad r, a Z secondo rette incidenti alla s; e si appoggiano ad ai, a,- Quindi ecc. a) L'Sg Z è doppio per la G (poiché l'ulteriore intersezione colla G di un del fascio (Z) è un cono quadrico). b) Un piano inci- dente a Z e TT si appoggia alla s loro intersezione: appartiene quindi alla G la varietà M^. c) Da ogni retta p incidente ad r, a^, Z esce un piano della G, comune all' Sg 2« ed all' pa^. Analogamente da ogni retta incidente ad r, a,, Z. Appartengono quindi alla G, le varietà Oi, 02- d) E finalmente appartengono alla G gli S-^ A,, A2, poiché incidendo a Z, e quindi ad contengono ognuno un fascio di piani della G, di asse la congiungente i punti intersezioni di quell' con r ed s. Si deduce dalle considerazioni del presente n°: Ai punti della retta s = UT] sono omologhe in TT' le coi cubiche sghembe le quali si appoggiano in due punti alla s', e in tre punti alla \])' ed a ciascuna delle due coniche qpi', qp2'. — Tale sistema 00 1 di cubiche costituisce una superfìcie del 4" ordine — omologa alla retta s — la quale con- (*) La liuea del 25° ordine completa intersezione di due superficie del sistema omaloidico in TT': omologhe a due piani a,p di TT, si spezza: 1) nella retta s', da contarsi 9 volte; 2) nella quintica ip'; 3) nelle due coniche «p/, cpj'; 4) nelle due rette rf/, (^2'; 5) nella quintica omologa alla retta ap. (**) Assegnati ad arbitrio due punti A', B' in TT' : è unica la quintica passante per A', B' e sod- disfacente a quelle condizioni. Assunto invero un punto C, fuori della AB', è individuata (nota {**) al n° 64) la superficie del 5° ordine avente la s quale retta tripla, passante per le ip'; di', d\ e per i tre punti A', B', C. Una quintica la quale sechi secondo quaterne di punti le linee s ; v)j'; qp/, (p'2 e passi per A e B' ha con quella superficie un numero di intersezioni maggiore del prodotto degli ordini : giace cioè sulla superficie. Assunto un secondo punto D' e costruita la superficie del 5" ordine relativa alla terna A', B', D', la quintica si otterrà individuata come parte (nota precedente) dell'in- tersezione delle due superficie. 33 SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZII ORDINARII. ECC. 181 tiene la s' quale retta doppia e — semplicemente — tutte le altre linee del sistema oma- loidico in TT' (*). 67. — Da ogni punto della curva — comune a TT ed alla varietà M^' — esce un piano del sistema (7^) incidente a TT' (secondo una retta). Poiché tale piano incide a Z, e contiene una retta incidente ad r, Z, Oj — ad es. — ed a TT' (congiungente i punti d'intersezione del piano stesso risp. con r ed aj: Ai punti della quintica sono omologhe in TT' le l'ette che si appoggiano alla retta s' ed alle due coniche 9/, 92'- E — ricordando che ciascuna delle due coniche ha a comune un punto colla s' — : Alla quintica \]f è omologa in TT' la rigata del 4" ordine di cui è direttrice — tripla — la retta s' e direttrice semplice ciascuna delle due coniche qp^', cpg', unisecanti la s'. 68. — Da ogni punto P della conica qpi — comune a TT ed alla varietà — (n° 62 ovvero: traccia su TT delle ooi rette p incidenti ad r, Oi, Z c IT. escono cc^ piani del sistema {K) costituenti un fascio (/;) nell'uà comune ai due SypT.pao. a) L' S3 contenente il fascio è incidente a Z. — b) Fra gli cci piani del fascio uno è incidente a TT, e quindi appartenente alla varietà V (il piano congiungente p alla retta intersezione di TT coli' contenente il fascio). — c) L'Sg che contiene il fascio ha pure un piano a comune colla 't»., (poiché giace in un Si{po..^ col piano Oo ed incide ad r e Z). Pertanto: Ai j^ufti della conica ' e cp' (le coniche cioè che contengono i gruppi di cinque punti intersezioni — fuori della S2 — dei piani del fascio («2') colle linee s/, vp', qp'). Costituiscono queste coniche la superficie del 4° ordine — omologa alla Si — che ha s^' quale retta doppia e passa semplicemente per le ulteriori linee fondamentali del sistema omaloidico in Ti' (sj'; ijj'; cp'; di', d2')- — Analogamente scambiando S] con s^. Ai punti della curva ip corrispondono le rette incidenti a s/, S2' ed alla quartica qp' — costituenti una rigata del 4" ordine (omologa alla \^) di cui Si', S2' sono direttrici doppie. Ai punti della curva qp sono omologhe le rette incidenti ad s/, S2' ed alla curva del 6° ordine mj' — costituenti una rigata del i° ordine (omologa alla (p) di cui s'i, ii'2 sono direttrici doppie. Ad ogni punto della di è omologa in TT' tutta la di'. Analogamente si corrispon- dono d2 e à.2' . (*) Il passaggio per le due rette dì, di è conseguenza delle condizioni precedenti, come appare dal seguito. (**) Le due rette sì, sì sono le traccia degli 8^1.1,7.2 sopr.i TT' ; hj' la curva intersezione di TT' colla M{'^ " degli ce* piani incidenti a Zj, Zj, TT ed appoggiati ad «,,02; cp' la curva traccia su TT' della M3* delle 00^ rette incidenti ad a,,a2, Z,, dì, dì le rette comuni a TT' ed agli S'sAjjAj incidenti risp. a Z,, Z2,ai e a Zj, Z2, «2- Analogamente indicheremo con Si,S2; qp; rfi, d^ le traccie delle varietà Zi,Z2; 4>; Aj, A2 su TT; con v(j la curva comune a TT ed alla " degli ce' piani incidenti a Zj.Zj, TT' ed appoggiati ad Oj, „. KICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL Bufo viridis Laiir., dol Bufo mauritauicus Schlego! E DKL Bufo rogularis Reuss. MEMORIA del Socio LORENZO CAMERANO Approvata iteli' Adunanza del 28 Febbraio 1904. " Avec les mathématiques plus largement em- ployées, on verrà s'iuti'oduire dans les sciences biologiques plus de méthode, plus de rigueur, plus de précision. Pour employer une expression vulgaire, mais significative, on se palerà nioins de raots qu'on ne le fait aujourd'hui J.-J. Deschamps, Principes de la Biologie rationnelle, " Bull. Soc. Philom. Paris, 1902. In una lettura intorno alle " Ricerche somatometriche in zoologia „ che io ebbi l'onore di fare recentemente al terzo " Convegno nazionale dell'Unione zoologica ita- liana „, tenutosi in Roma nell'ottobre 1902 (1), io dicevo: " L'indeterminatezza dei dati descrittivi che la maggior parte dei lavori di zoologia sistematica presenta è la ragione precipua per la quale essi riescono di così scarso aiuto per lo studio dei molteplici problemi che le teorie evolutive hanno fatto sorgere intorno ai viventi, problemi che per esser risolti vogliono invece dati formolati nel modo più preciso possibile e sopratutto dati che si possano facilmente comparare fra loro. Nello studio degli individui, io aggiungevo, i dati che si ricavano dalla misura delle varie loro parti sono i primi e più importanti, non solo perchè le dimensioni di un organo sono la risultante di moltissime cause che hanno agito sull'organo stesso, ma anche perchè costituiscono un elemento importantissimo, e talora l'unico che noi abbiamo, per la comparazione degli individui fra loro, comparazione che devo fornirci gli elementi per determinare la rassomiglianza degli individui stessi e per formare il criterio morfologico, uno dei concetti fondamentali, come è noto, della specie. Conchiudevo dicendo che por fare lavoro utile per un ulteriore progresso della zoologia sistematica e dello studio del fenomeno della variazione delle fornii nnininli (1) " Bollettino dei Musei di Zool. e Anat. Comp. di Torino voi. XVII, n. 431 (1902). 184 LORENZO CAMERANO 2 è necessario: 1° Stabilire un piano uniforme di misure per ciascun gruppo di animali; 2° Non limitarsi a dare le misure degli individui di maggiori dimensioni ; ma aggiun- gere quelle delle altre serie di individui studiati, accompagnandole con tutti i dati necessari che possono condurre alla interpretazione delle misure stesse (1). Per tutte le questioni di indole generale relative alla applicazione del metodo somatometrico da me proposto, della lunghezza base, della costituzione delle serie, dell'aggruppamento del materiale di osservazione ecc., voglia il lettore consultare il mio precedente lavoro: Sulla variazione del " Bufo vulgaris „ {" Mem. Accad. delle Scienze di Torino „, Ser. II, voi. L, 1900), del quale il presente è una continuazione. Credo utile tuttavia di insistere sopra alcuni punti relativi al metodo stesso e alla sua applicazione. Scopo del precedente lavoro sul Bufo vulgaris e del presente non è di fare uno studio statistico delle variazioni nel vero senso della parola; ma di fornire i materiali per tentare di risolvere alcuni punti del fenomeno di variazione ; i dati potranno anche essere utili a chi voglia fare uno studio statistico propriamente detto. Non si deve intendere che il metodo da me proposto per esprimere con numeri diverse modalità del fenomeno della variazione sostituisca il metodo della ricerca sta- tistica propriamente detto. Insisto sopra questo punto, perchè qualcuno, forse per non aver io saputo nei precedenti lavori esporre abbastanza chiaramente il mio con- cetto, ha interpretato il metodo da me proposto come se dovesse sostituire il metodo statistico classico. Lascio qui in disparte la questione generale se l'applicazione pura e semplice del metodo statistico allo studio della variazione degli animali possa darci realmente quei frutti che taluno spera, sopratutto per quanto riguarda la controversa questione dei limiti della specie, della varietà, malgrado il poco buon risultamento che ne ha tratto l'Antropologia, che l'ha per lungo tempo applicato, tanto che essa ripiglia ora lo studio delle questioni antropologiche, partendo da altre basi. Dico tuttavia che se si vuol fare uno studio statistico della variazione negli animali non vi è modo di uscire dal metodo statistico propriamente detto, dal calcolo delle probabilità, dalla fondamentale teoria dei grandi numeri e via discorrendo. Il metodo da me proposto e seguito mira anzitutto a determinare per ciascun carattere e per ciascuna specie i limiti di variazione possibili dei rapporti; mira a determinare ciò che si potrebbe dire il campo, nel quale è possibile una variazione dei rapporti stessi per ciascuna specie: mira a determinare i valori estremi della loro variazione nell'ambito della diagnosi specifica. Il numero dei valori diversi che il rapporto di un carattere può presentare per una data specie (studiato col metodo del coefficiente somatico), dato il criterio mo- derno che presiede alla distinzione delle specie, non può essere che i-elativamente (1) Per quanto riguarda, ad esempio, il Bufo ciridis Laur. una delle specie che ora ci occupano, io potrei dare qui un lungo elenco di lavori faunistici che trattano della specie in discorso, dallo studio dei quali si dovrebbe ragionevolmente supporre di poter trarre i dati necessarii per farsi un concetto dei caratteri che il Bufo viridis presenta nelle diverse località. Essi invece il più delle volte non portano altro che il nome della specie e l' indicazione se essa è comune o rara e, per lo studio della variabilità del Bufo viridis, non riescono di nessun aiuto. 3 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONK DEL BUFO VIRIDIS LaUF., ECC. 185 limitato. Nel caso che ora ci occupa delle specie de! genere Bufo si può ritenere che l'esame di qualche centinaio di esemplari, sopratutto se provenienti da località diverse dell'area di distribuzione geografica della specie stessa, mette in evidenza tutti i valori possibili in questione, e per tal modo si determinano i valori estremi. Ora a fare ciò non si richiede nessun lavoro statistico propriamente detto; poiché basta esaminare tanti esemplari quanti la ricerca empirica dimostra necessari ad ottenere quei due valori estremi della serie dei valori stessi , che non vengono piìi oltrepassati da nessun individuo, per quanti altri se ne esaminino. Quando ciò è stato ottenuto i campi di variabilità dei vari caratteri nelle diverse specie si possono com- parare fra di loro e dalla loro comparazione pare a me non si possa negare che ne esca un criterio chiaro della potenzialità a variare dei rapporti dello varie parti fra loro nella stessa specie e fra specie diverse. — Lo studio così fatto concede di dare un valore sicuro ai vari caratteri nei loro rapporti colla forinazione della diagnosi specifica. Si dirà: quando si studia una serie anche numerosa di individui di una specie è possibile che in essa non si incontrino che valori o piii elevati o più bassi e quindi non si ha alcun criterio sicuro che i valori estremi della serie siano realmente i va- lori estremi del campo di variazione che si cercano. Ciò è giustissimo : ma come ho ripetutamente detto, in questo genere di ricerche è d'uopo non essere impazienti; è d'uopo ritenere come provvisori i valori estremi, fino a tanto che l'esame successivo di altre serie di individui, mostri, come ho detto sopra, che per quanti nuovi individui si esaminino, non si trovano valori nuovi. Quando si è giunti a questo risultato si riuniscono tutti i valori delle diverse serie in una sola (e ciò si può fare senz'altro se si tratta di valori calcolati col metodo del coefficiente somatico) i di cui termini estremi segneranno i limiti delle variazioni possibili pel carattere che si studia. Xon è certamente necessario avvertire che i valori anormali, od anche quelli che per qualsiasi ragione possono lasciare dubbio che lo siano , vanno esclusi dalla serie e devono essere studiati a parte per determinare bene il modo di interpretarli. Risulta da quanto si è detto che l'indice di variabilità da me proposto indica un fenomeno speciale del variare delle specie e che non può sostituire l'indice di variazione del metodo statistico propriamente detto che esprime un fenomeno diverso. Cosi pure si dica della media da me proposta del campo di variazione : ed infine che i valori estremi hanno nel procedimento in questione una importanza particolare. L'indice di variabilità, la media, i valori estremi appartenenti a campi di va- riabilità stabiliti colle condizioni sopradette, diventano termini paragonabili fra loro per lo studio dello speciale sopradetto fenomeno della variazione. L'importanza del campo di variazione determinato nel modo che si è detto potrà essere riconosciuta, o negata, secondo i concetti fondamentali dai quali si parte e che riguardano il modo di intendere la specie ed il suo variare. Per chi considera la specie come qualche cosa di indefinibile esattamente, perchè in movimento di variazione continua per mutamenti minimi, in qualunque dire- zione; per chi qualunque minima variazione degli individui considera senz'altro come indizio di variazione della specie; per chi in una parola segue l'idea che si venne formando in molti dopo le pubblicazioni darwiniane e che fu concretata nella formola brutale: " non esistono specie per costoro, dico, l'importanza della determinaziono 5kr:k II. Tom. I.IV. v 186 LOKENZO CAMERANO 4 del campo di variabilità col metodo sopra detto deve apparire nulla. I valori estremi non sono per essi valori limiti; ma sono valori aberranti o sono valori di passaggio ad altre forme. E necessario allora ricorrere al calcolo statistico propriamente detto con tutte le sue modalità per vedere di determinare i valori più probabili per una delimitazione della specie pur non riconoscendo in essa alcun carattere oggettivo. Come è noto, a questa maniera di intendere le cose, che rispecchia un po' delle teorie fondamentali della variazione del Lamarck e del Darwin , un po' della inter- pretazione che per molti anni se ne fece, oggi si contrappone un ragionare diverso e si fa strada la convinzione che si è andato troppo oltre nell' affermare senz'altro: le specie non esistono. Si fa strada la convinzione che, pur accogliendo il principio dell'evoluzione delle forme animali, si debba tuttavia considerare la specie come entità oggettivamente definibile e costante, malgrado le variazioni degli individui che la costituiscono, per uu tempo determinato. Le variazioni individuali sono come oscillazioni intorno ad un punto, il quale può rimanere costante, come costanti possono rimanere i limiti di oscillazione dei cai-atteri. Se si parte da questi concetti fondamentali, è chiaro che la determinazione dei limiti del campo di variabilità è possibile, non solo, ma diventa elemento importante per determinare i limiti fra i quali oscilla la forma della specie in un momento de- terminato. Pare a me che il metodo sopra proposto per la determinazione del campo di variabilità possa, senza bisogno di altre complicazioni, soddisfare alle esigenze della ricerca. Aggiungerò che dalle ricerche fatte sulle specie del genere Bufo risultano, a mio avviso, argomenti per accogliere la seconda maniera sopra menzionata di intendere la specie e il suo variare. Quella variabilità che si legge in tante opere descrittive, come così grande e con limiti così vaghi, in realtà appare essere molto minore e contenuta entro a limiti non difficilmente definibili, quando si sottopongono ailo studio somatometrico serie abbastanza numerose di individui provenienti dai vari punti dell'area di distribuzione geografica delle specie. Nel metodo da me proposto ho indicato pure varie sorta di indici: di frequenza, di mancanza, ecc. Essi si riferiscono allo studio delle frequenze delle varianti nel- l'interno delle serie, vale a dire costituiscono un mezzo semplice e preciso per espri- mere le modalità di distribuzione delle frequenze nelle serie e per sostituire la solita frase di 'piìi o meno abbondante o scarso, che si suole usare generalmente quando viene opportuno di discutere della frequenza di certe varianti in rapporto a questioni spe- ciali che intex'essano, ad esempio, le circostanze di vita di una data serie di indi- vidui, ecc. Nel valore da darsi a questi indici è d'uopo aver presente il fatto che è possi- bile che in una serie le frequenze si presentino casualmente distribuite e perciò prima di conchiudere in modo definitivo è d'uopo esaminare un numero sufficiente di serie numerose di individui, per aver un criterio attendibile della costanza della distribuzione delle frequenze stesse. Particolarmente utili riescono questi indici nello studio dei vari caratteri di una stessa serie di individui. 5 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUl'., ECC. 187 Consideriamo, ad esempio, cento individui 5 di Bufo vulrjaris nella variazione somatometrica dei loro caratteri e nella distribuzione delle frequenze delle varianti di ciascun carattere ; se si trova che per la lungliozza massima del capo il maggior numero delle frequenze è pei valori inferiori alla media del campo di variabilità, mentre per la larghezza massima del capo stesso il maggior numero delle frequenze è per i valori superiori alla media (trattandosi di valori di rapporti somatometrici delle parti), questo dato ha certamente un notevole grado di attendibilità, poiché è un fatto che si osserva nella stessa serie di individui. Ripetendosi l'osservazione sopra altre serie sufficientemente numerose di individui, in tempi diversi, si potranno otte- nere dati che concederanno conclusioni attendibili da mettersi in rapporto colle cause della prevalenza di certe varianti rispetto alle altre, in rapporto, ad esempio, col- l'azione esercitata dalla scelta naturale, ecc. Anche gli indici in questione, come l'indice di variabilità S'ipradetto, indicano speciali modalità del fenomeno di variazione, mentre gli indici del calcolo statistico propriamente detto ne indicano altre. Gli uni non possono sostituire gli altri; ma a mio avviso, e gli uni e gli altri, opportunamente usati, possono riuscire utili ad uno studio dei fenomeni in questione più preciso di quanto non sia stato fatto fino ad ora. In un mio precedente lavoro sulla Variazione del " Bufo oidgaris „ Laiir. (" Mera. R. Accad. delle Scienze di Torino „, Serie II, voi. L, 1900), ho seguito un determinato piano di misure su ogni individuo della specie sopradetta. Lo stesso piano ho seguito pure nelle presenti ricerche sul Bufo viridis Laur., sul B. niattritanicus Schlegel e sul B. regularis Reuss. — Ho creduto utile tuttavia, per ottenere una precisione mi- gliore, data la natura delle parti e la conservazione del materiale in alcool, di mo- dificare il modo di misurazione delle dita della mano. Se si trattasse di misure da eseguirsi sullo scheletro non vi sarebbe evidentemente dubbio alcuno sul modo di procedere; trattandosi invece di procedere sulla mano rivestita dalle sue parti molli e dovendo i dati dello sviluppo relativo delle dita servire precipuamente ai bisogni delle diagnosi specifiche, la pratica mi ha dimostrato essere conveniente misurare le dita stesse dal loro apice all'angolo che ciascun dito forma col seguente, a comin- ciare dal dito interno. * * * Del Bufo l'iridis, specie, come è noto, che ha un'ampia distribuzione geografica in Asia, in Europa e in parte anche nell'Africa settentrionale, ho potuto studiare 559 esemplari provenienti da molte località diverse. Del Bufo mauritanicus, specie dell'Africa settentrionale e occidentale ho studiato 77 esemplari, provenienti in maggior parte da varie località del Marocco. Del Bufo regularis, specie che dai catalogi faunistici appare diffusa, si può dire, in tutta l'Africa ed anche nell'Arabia, io ho avuto a mia disposizione una serie di 125 esemplari provenienti da Wadi Halfa nel Sudan. 188 LORENZO CAMERANO 6 È tuttavia da studiarsi la questione se le forme indicate della costa di Guinea, della Sierra Leone ecc. (var. A. del Catalogne of Batr. sai. del Boulenger, 1882) e quelle dell'Africa meridionale , del Capo di Buona Speranza, ecc. (var. B. del sopracitato catalogo), non siano da separarsi in specie distinte. I dati che qui fornisco intorno alle serie di Wadi Halfa, potranno essere, spero, un buon contributo allo studio di tale questione. * * Statura. — Intorno al modo di disporre i dati numerici relativi alla statura degli individui delle diverse specie di Bufo, il lettore potrà consultare il mio prece- dente lavoro: Intorno alla variazione del " Bufo vulgaris „ Laur. (" Mem. R. Accad. delle Scienze di Torino „, Ser. II, voi. L, 1900, pag. 93 e seg.). Nel presente lavoro ho seguito le stesse norme. I dati numerici della statura sono espressi in millimetri, e vengono disposti in serie per dedurre i limiti del campo di variazione della statura stessa nel periodo della riproduzione. Bufo viridis. Serie di individui in autore $ e $ raccolte contemporaneamente a Giroletto (località non lontana da Torino alle falde delle Alpi): 5 502-51-522-532-543-553-564-573-58^-59- 608-61i- (61,50)- 623-687-6 V653-66-672-69-73 — 9 53-54-553-56-58-593-603-61-623- (63,5O)-64-65-66-67-683-69-70-71-722-74. Serie di individui in amore 5^9 raccolte contemporaneamente a Moncalieri (presso rormo;;6 50-522-532-54-554-565-579-589-595-60i0-(6O,5O)-6l8-624-632-642-654-662-70-71 — 9 53-552-56-583-593-6O5-6I2-624-633-64-65-664-673-68-693-7O4-71-73-75. Individui 5 e 9 raccolti in amore in una pozza presso Torino: $ 56-58-59-61-63 — 9 58-60-63-64-65. Contorni di Sassari. Individui in amore raccolti contemporaneamente: 5 7O-7I3- 734-743-752-77-787-794-(8O)-8l6-824-834-843-854-862-873-88-89-902 — 9 7I-74-8O2-8I3- 82-834-89-(91,50)-92-112. Luras (Sardegna). Individui in amore raccolti contemporaneamente: 5 63-66-69- (78)-85-90-93 — 9 70-72-80. Individui in amore di Sardegna di località varie. Ghilarza .• 9 76 — Località non precisata: 9 77-82-85 — 5 69. Contorni di Catania. Individui in amore raccolti contemporaneamente: $ 64-65-663- 67-683-69-703-71-(72,5O)-73-75-81 — 9 65-71-74-87. Bordonaro (Messina): 5 68-70-73-742-772-85 — 9 68-72-76-77-82-89. Milazzo: 5 62-70-72-74 — 9 68-69-70-71-72-75-81. Modica: 5 66 — 9 70-76-88. Isola di Lipari (La specie venne importata dalla Sicilia 12 15 anni fa): $ 552- 58-68 — 9 82. Cosenza: 5 58-60-69 — 9 73. Taranto: 5 58-60-65-682 — 9 71-72. 7 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC. 189 Campobasso: 5 6l2-632-64-65-67-70-(7O.5O)-72-73-76-80 — 9 64-73-773-78. lioma: $ 60-61-63. Firenze: 9 67. Ancona: 6 58-59-61-63-64-66-68 — 9 75. Lago Trasimeno (Isola maggiore): 5 60-62-632-652-67-68-73 — 9 65-67-68-693-70-78. Conegliano veneto: $ 60. Marcellise veronese: Q 75. Valle di Non: q 65. Rovereto: 9 68. Corfìi: 5 (in amore) 57-59-605-61-623-643-65-(65,5O)-663-67-69-74 — $ (id.) 57- 582-59-612-622-634-67-71-73-77. Isola di Candia: 5 68-70-71-73 — 9 652-68-702-71-73-762-81-87. Gerusalemme: $ 74-750-76-78-81 — 9 82-83-84. Ain-el-Doueh (Palestina): 5 64-74-75 — 9 91. Jaffa: 5 64. Ain-Nana (Libano) 2000 metri s. 1. del mare: 5 65-68 — 9 69. Siria (località non precisata): 5 66-68-73 — 9 75-82-83. Ferzol (Palestina): 9 70. Tunisi: 5 70. Atene: 9 72. Volo (Grecia): 73. Tiflis: 5 67-73-79-82. Tohnak: 6 81. Cìnddscha (China): ^ hi . Riferisco anche i dati di statura seguenti, traendoli da vari autori. Si tratta per lo pili di misure di individui isolati di diverse località. Individui maschi. Canton Ticino (Fatio (1)) 60 — Piemonte (M. Lessona (2)), dimensioni mass. 75 — Verona (Boulenger (3)) 71 — Provincie venete (De Betta (4)) q e 9 da 60 a 70 e nel Tirolo da 80 a 85 — Atene (Boulenger (5)) 82 — Duirat (Tunisia) (Bou- lenger (5)) 72 — R. Ili (Boulenger (5)) 77 — Copenaghen (Boulenger (5)) 72 — Tschinas Turkestan (Boulenger (5)) 78. — Le maggiori dimensioni osservate dal Bedriaga in individui dell'Asia centrale (6) sono di mill. 63-70 ^3. (1) Faune des Vertébrés de hi Suisse. Rept. Batr., p. 415. (2) Studii sugli Anfibi anuri del Piemonte, " Accad. Lincei „. Roma. 1876-77. (3) The tailless Butrachians of Europe, p. II. Londra, 1898, p. 231. (4) Erpetologia delle provincie venete e del Tirolo meridionale, ' Acc. di Agricolt. di Verona ,, XXXV, 1857, p. 316. (5) Palaeartic and Aethiopian Toads, ' Prooc. Zool. Soc. „, 1880, p. 554. (6) Wiss. Resultate der t on N. M. Przewalski nach Central Asien, ' Zoolog. Theil. III. Amphibien und Reptilien. St. Petersburg, 1898. 190 LORENZO CAMERANO 8 Individui femmine. Canton Ticino (Fatio (1)) 73-83 — Piemonte (M. Lessona (2)) dimens. mass. 82 — Berlino (Boulenger (3)) 79 — Szamos Ujvar (Ungheria) (Boulenger (3)) 85 — Ghardaia (Algeria) (Boulenger (3)) 87 — Mar Morto (Palestina) (Boulenger (3)) 93 — Algeri (Boulenger (4)) 70 — Noukauss, Amou-Daria (Boulenger (4)) 82. — Le maggiori dimensioni osservate dal Bedriaga in individui dell'Asia centrale sono (5) di mill. 72-76. Bufo l'egularìs. Statura. — Wadi Halfa (individui in amore raccolti contemporaneamente): 5 45-462-472-484-502-5l2-532-555-56-57-(57,5O)-61-62-63-68-70 — 9 502-51-542-554- 57-58-60-61-63-(63,5O)-683-692-77. Bufo ìuaur itali ic us. Statura (Individui in amore). — Larache (Marocco): 5 87-110; $ 96-106-115-122 — Tangeri (id.): $ 105-112-118-1204-128-135 ; 9 114-1203-126-127-1362 — Rabat (id.): 5 9.5-105-107-112; 9 110^ — Tetuan (id.): 5 80-83-86-91-932-952-1052-107-108-112- 113-115; 9 107-108 — Mazagan (id.): 5 94-124-125; 9 125-126-130 — Tunisi: 6 100-115; 9 98-100-115-120. Considerando complessivamente le serie delle varie località di questa specie si ha : C. e. 5 = 80-135 — M 107,50 C. e. 9 = 96-136 — M = 116. Dal confronto dei dati sopi-adetti vengono messi in evidenza i fatti seguenti : In Piemonte, che è una delle località continentali estreme nelle quali si trova verso sud-ovest il Bufo viridis, i maschi e le femmine di questa specie si trovano nel periodo della riproduzione ad avere una statura oscillante pei maschi intorno alle medie di mm. 60,50-61,50 e per le femmine di mm. 63,50-64, con spiccata maggior frequenza di valori inferiori a queste medie. I valori: millim. 69 a 75 sono da considerarsi pei maschi come massimi che vengono raramente raggiunti; la stessa cosa si dica pei valori: mm. 74 a 82 perle femmine. Per le altre località della Valle del Po, per quanto posso giudicare dagli esem- plari, in verità poco numerosi, da me esaminati, e dai pochi dati di misure che si possono trarre dai numerosi lavori faunistici che menzionano questa specie per le località anzidette, i valori relativi alla statura media e massima oscillano, con poche differenze, intorno a quelli sopra citati pel Piemonte. Procedendo per l'Italia peninsulare mi pare che le dimensioni del Bufo viridis vadano crescendo portando le medie dei maschi a mm. 66,50 e quelle delle femmine a mm. 71,50. (1) Op. cit. (2) Op. cit. (3) The tailless Bafrach., op. cit. (4) Palneartic and Aeth. Toads, op. cit. (5) Op. cit. 9 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUIO VIRIDIS LaUl'., ECC. 191 Per la Sicilia si trovano nei maschi di Bufo viridis le medie di mm. 68-72,50-76,50 e per le femmine mm. 74,50-76-78,50. Per la Sardegna le medie dei maschi danno mm. 78-80 e quelle delle femmine mm. 78-91,50. In Italia, per quanto ho potuto osservare, il Bufo viridis raggiunge le sue mag- giori dimensioni in Sardegna. Nei maschi ho osservato la dimensione massima di mm. 90 (colla frequenza = 0,0357) e nelle femmine la dimensione massima di mm. 112 (colla frequenza — 0,0667). Se si confrontano le serie di valori presentate dagli indi- vidui piemontesi con quelle degli individui sardi si nota che i valori massimi delle prime corrispondono ai valori minimi delie seconde. Per la Siria e la Palestina trovo nei maschi i valori medii di mm. 64-69,50-77,50 e nelle femmine mm. 76-79-81. In un esemplare di Ain el Doueh ho trovato il valore di mm. 91. Il Boulenger dà per una femmina del Mar Morto mm. 93. Si noti che gli individui raccolti ad Ain-Nana nel Libano, a 2000 sul livello del mare presentano invece (valori isolati) pei Cj mm. 65-68 e per le 9 mm. 69. In complesso pare che gli individui della Siria e della Palestina si avvicinano per le dimensioni medie e massime a quelli di Sardegna. Gli individui delle isole di Candia e di Corfù si avvicinano alle dimensioni di quelli di Sicilia e forse la stessa cosa si può dire per quelli della Grecia, del Tirolo, dell'Ungheria, di Tiflis e dell'Asia centrale. La dimensione massima segnata dal Boulenger per un 5 1^ 11.50 8,50 Alt. del capo a metà della reg. timpanica 14 19 1 1 "1 X X -r 18,50| 11 11,50 11 1 1 1 X X q 1 4 X t: 13 10 12*50 11.50 1 1 1 2 1 i -J 1 X 15 16 Distanza dall'apice del muso alle narici . 15 12 1 4- 1 9 1 2 X fa' 90 15,50 10,50 Id. dalle narici all'occhio 14 10,50 1 fi 1 1 X X 1 9 X ^ q 13,50 10 Id. dall'occhio al timpano 5,50 7 q Q 1 X\J 1 11,50 7 Lunghezza massima delle parotidi . . . 25,50 23.50 90, 2 fi 31 1 ^4 40 18 Larghezza id. id 23 17,50 X -± 1 1 X X 9^ 9fi 18,50 14.50 31 50 26 9 fi 25 4.1 Tt X 39 Oti 39 29 Id. dell'avambraccio 31,50 26,50 1 Q 9fi 4-1 rr X Oc/ 43.50 28 50 Id. della mano 26 14^50 1 K X 99 9() 34,50 19 Id. del 1° dito 26 18,50 1 7 97 1 3 X 9^ 25,50 19 Id. del 2° dito 17,50 12 1 Q 1 fi 1 Q X a 1 q X .7 26.50 15 Id. del 3° dito 17^50 14,50 1 1 fi X u 1 5 xu 1 ^ X 34,50 30 Id. del 40 dito 13,50 12,50 1 T 1 1 s X 1 3 X 1 9 X ^ 28 24,50 Diam. mass, tubercolo palmare mediano . 10 10,50 Q 7 1 1 2 X ^ 1 1 X X 16 10 Id. id. id. id. interno . 14 10.50 1 1 1 1 1 1 X X 1 1 X X 14,.50 8 Lunghezza della coscia 47 29 99 ^9 4.7 X 51.50 26 Id. della gamba Id. del piede 27 23.50 1 8 ot ^7 42 42 57 34 4.1 Oo 68 44,50 Id. del 1° dito 16 14 1 ^ lo 1 fi 1 7 1 1 1 1 27 27,50 Id. del 2° dito 28 ^'O 50 9t 99 1 ft xo 99 34 21 Id. del 3° dito 33 34 90 oc oU 54,50 26.50 Id. del 4° dito 41 32,50 91 9^ ^^7 « ^«l 00 57 29 Id. del 5° dito 29 20 24 27 25 18 32,50 32 Diametro massimo trasversale dell'occhio 13.50 10,50 20 13 14 20 11 7,50 Id. minimo del timpano 8,50 13,50 14 11 6 11 10,50 8,50 Id. massimo del timpano 11,50 12,50 13 10 10 12 13 7 Lungh. del tubercolo metatarsale interno 9 10 8 13 11 10 12.50 10,50 Id. id. id. esterno 14,50 11 14 12 8 10 13 8,50 Dist. dall'apice del dito della membr. interd. Id. id. dall'apice del 1° dito 17,50 14 18 16 20 17 19,50 ' 14 Id. id. id. 2° dito ■'>8,50 17 19 17 30 22 25,50 12 Id. id. id. 3° dito 24,50 22,50 26 21 39 37 31,50 16,50 Id. id. id. 4° dito 13 16 17 ' 14 17 12 16,50 10 Lunghezza della ripiegatura tarsea . . . 24 21,50 18 i 15 00 1 (1) Sono segnati qui i valori medii degli indici di variabilità, desunti da tutte le serie, riunite in una serie unica, degli individui studiati. Sebie II. Tom. LIV. z 194 LORENZO CAMERANO 12 Bufo viridis. Della variazione delle parti nelle serie di individui studiati. Lo studio dei limiti del campo di variazione delle parti dà luogo alle conside- razioni seguenti: Individui in amore (1). Lunghezza del capo. — La variante minore è 92 e la maggiore è 132. — Nelle femmine si hanno: 86 e 126. Il capo nei maschi è piti lungo che nelle femmine. Ciò dipende in massima parte dalla maggior lunghezza della porzione che va dalle narici all'apice del muso; nei maschi si ha infatti per questo carattere variante minore e variante maggiore 23 e nelle femmine: var. minore e var. magg. 18. Minore differenza vi è fra i due sessi per la distanza fra le narici e l'occhio: nei 5 var. minore 17, var. magg. 35; nelle 9 var. minore 19, var. magg. 36. Così pure il diametro trasversale massimo dell'occhio dà nei var. minore 30, var. mag- giore 50; nelle Q si ha: var. miaore 32, var. magg. 47. Inoltre la distanza dall'occhio al timpano presenta nei 5= var. minore 0, var. magg. 14; nelle $: var. minore 0, var. magg. 9. Nella lunghezza obliqua del capo troviamo nei J: var. minore 94 e var. magg. 133; nelle 5= var. minore 90 e var. magg. 144 (2). Larghezza massima del capo ed altri diametri trasversali. — La larghezza del capo misurata agli angoli post, dei mascellai-i presenta nei 5 1^ var. minore 101 e la var. magg. 139; nelle 5 la var. minore 92 e la var. magg. 142. La larghezza del capo misurata a metà degli occhi ha nei §: var. minore 81, var. magg. 120, nelle $: var. minore 82 e la var. magg. 118. La lungh. del capo misurata alle narici ha nei $: var. min. 21 e var. magg. 44; nelle $: var. minore 19 e var. magg. 34. Il diametro interorbitale dà nei 5: var. minore 21 e var. magg. 38; nelle $: var. minore 19 e var. magg. 35. Ne risulta che nelle $ il capo è più corto in complesso che nei 5; ma tende ad essere posteriormente più largo. A metà del capo la differenza fra i 5 6 le $ è minima nella larghezza. Altezza del capo misurata a metà della regione timpanica. — Nei 5 si trova variante minore 36, var. magg. 55; nelle $: var. minore 35 e var. magg. 55. Altezza del capo misurata alle narici. Nei 5 var. minore 19, var. magg. 35; nelle $: var. minore 19 e var. magg. 34. Come si vede, fra i due sessi non vi è nell'altezza del capo differenza sensibile. Osservando ora l'andamento della variazione, entro ai limiti estremi sopra men- zionati per la specie, nelle serie delle varie località si nota quanto segue (3): (1) I dati numerici che seguono sono 360-*^™' somatici e sono senz' altro comparabili fra loro. (2) Questo maggior valore della 9 dipende in parte dal maggior sviluppo del diametro trasver- sale del capo a livello dell'angolo posteriore dei mascellari. (3) Non è d'uopo ripetere che questi dati non sono da ritenersi definitivi : essi costituiscono un primo materiale per giungere poi, coU'esarae di un maggior numero di individui delle stesse località a risultamenti definitivi. 13 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC. 195 Maschi. — Per la lunghezza totale del capo i valori minori sono presentati dallo serie di Corfù e di Candia, mentre i valori maggiori sono presentati dalle serie di Catania, di Tiflis, Campobasso, Sassai-i, Siria, Moncalieri: i valori intermedii dalle serie di Givoletto, Messina, Ancona, Roma, Taranto. Per quanto riguaixla la larghezza maggiore del capo si nota che i valori piìi elevati sono presentati dalle serie di Sassari, Moncalieri, Corfù, Tiflis, Messina, Roma, e in seguito vengono Campobasso, Ancona, Taranto, Candia e per ultimo Catania, che presenta complessivamente i valori minori. Si vede da ciò che lo sviluppo dei due diametri non procede nella stessa direzione nelle serie delle varie località. Con- frontando gli specchietti uniti a questo lavoro in cui sono registrate le classi estreme delle serie, si nota anzi per parecchie di esse il fatto che ad un grande sviluppo della lunghezza del capo corrisponde un minore sviluppo della larghezza maggiore; si ha ad esempio: Maschi in amore di Catania. Lungh. mass, del capo: CI. estr. 111-132 — Largh. mass.: CI. estr.: 101-122. Maschi in amore di Corfù. Lungh. mass, del capo: CI. estr. 92-111 — Largh. mass.: CI. estr. 115-138. Maschi in amore di Messina. Lungh. mass, del capo: CI. estr. 98-118 — Largh. mass.: CI. estr. 114-132. Maschi in amore di Milazzo. Lungh. mass, del capo: CI. estr. 107-116 — Largh. mass.: CI. estr. 126-134. In altre serie si trova uno sviluppo corrispondente di tutti due i diametri, come ad esempio: Maschi in amore di Tiflis. Lungh. mass, del capo: CI. estr. 107-126 — Largh. mass.: CI. estr. 123-188. Maschi in amore di Sassari. Lungh. mass, del capo: CI. estr. 92-128 — Largh. mass.: CI. estr. 111-189. Maschi in amore di Campobasso. Lungh. mass, del capo: CI. estr. 99-124 — Largh. mass. CI. estr. 112-128. E via discorrendo. Altezza del capo nella regione timpanica. — Hanno altezze maggiori le serie se- guenti: Tiflis, Messina, Taranto, Ancona, Roma, Sassari, Givoletto, Moncalieri, Candia. Seguono Catania, Milazzo, Campobasso, Siria, Corfù. Nella regione delle narici hanno maggiori altezze le serie: Rivoletto, Tiflis, Taranto, Milazzo, Ancona, Messina, Moncalieri, Corfù. Seguono; Catania, Sassari, Candia, Roma. 196 LORENZO CAMERANO 14 Considerando complessivamente la lunghezza, la larghezza massima e le altezze del capo sopradette si nota: 1" Che nei maschi di Catania il capo tende ad allungarsi e a restringersi ed a rimanere poco alto ; 2° che nei maschi di Tiflis il capo tende ad allargarsi poste- riormente e ad essere più alto invece che ad allungarsi : 3" analoga tendenza si nota nel capo dei 5 di Corfù; 4° nei 5 di Moncalieri e Rivoletto il capo è relativamente corto; ma largo posteriormente e alto sia anteriormente che posteriormente; lo stesso si può dire per la serie di Sassari. Diametro trasversale dell'occhio e diametro del timpano. — Non vi sono notevoli differenze nelle varie serie. Femmine in amore. — La lunghezza maggiore del capo è presentata dalle serie seguenti: Sassari, Catania, Givoletto, Lago Trasimeno, Moncalieri, Corfìi, Milazzo, Messina. Vengono in seguito: Siria, Taranto, Candia, Campobasso. — I maggiori valori della larghezza del capo si trovano nelle serie di Messina, Sassari, Milazzo, Givoletto, Moncalieri, Corfìi, Campobasso; seguono quelle di Siria, Candia, Catania. — Nel capo delle femmine, contrariamente a quanto venne sopra notato pei maschi, ad un maggior sviluppo della lunghezza corrisponde in generale un maggior sviluppo della larghezza massima. I valori maggiori dell'altezza del capo nella regione timpanica sono presentati dalle serie seguenti: Sassari, Givoletto, Trasimeno, Moncalieiù, Milazzo, Taranto; se- guono: Messina, Corfù, Siria, Campobasso, Candia. Per ciò che riguarda l'altezza maggiore del capo alla regione delle narici ven- gono in prima linea le serie di Moncalieri, Givoletto, poi quelle di Sassari, Catania, Candia, Corfù, Siria, Trasimeno, e poi ancora Milazzo, Messina, Campobasso, Taranto. In complesso, il capo delle 9 di Sassari, Givoletto e Moncalieri, appare più grosso che non nelle altre; mentre meno sviluppato si mostra nel suo insieme il capo delle 9 di Candia, di Siria. Diametro trasversale dell'occhio e diametri del timpano. — Le serie non presentano differenze notevoli, salvo per i diametri magg. e minore del timpano, che negli indi- vidui di Sassari possono essere notevolmente minori, discendendo fino a 5 e a 7 ; mentre nelle altre serie stanno al disopra di un minimum di 10. Giovani. — Le proporzioni delle varie parti del capo sono notevolmente diverse da quelle degli individui in amore e la differenza è in complesso più spiccata, come agevolmente si comprende, negli individui da poco metamorfizzati che non negli altri. 15 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIKIUIS LaUl'., ECC. 197 Giovani e adulti Lunghezza del capo Larghezza del capo agli angoli dei mascellari Altezza del capo alla regione timpanica Altezza del capo alle narici Diametro trasversale dell'occhio Dall'apice del muso alle narici Diametro massimo del timpano Membrana timpanica non visibile s-s ja g Larghezza delle parotidi (1) (1) (1) (1) (1) (1) (1) (1) (1) (1) Siria, giovani, lungli. base da mill. 11 a 20. . . . 134,50 128 55 33,50 56,50 min. (2) (2) (3) (3) Id. id. da 30 a 50 100,50 127,50 44 27,50 47,50 9 11 79,50 43,50 Id. id. 5 amore . . 108 121 42,50 25 40 10 16 73,50 36,50 Id. id. 9 icl. . . 98,50 109 43 25 41 6 15 76 38 rorj/(o, giovani, lungh. base da mill. 20 a 40 . . 126 129,50 56,50 29 50 10 12 74 32 Id. 1^ in amore di Givoletto 102 120 46,50 28 38,50 12,50 17,50 73,50 30 Id.(5 in amore diMoncalieri 108,50 25,5042,50 A u 76,50 31,50 Id. 9 in amore di Givoletto 106,50 123 48,50 27 40,50 8 15,50 71 32,50 Id. 9 in amore di Moncalieri 105 120,50 44 27 40 4 16 72,50 29 Sassari, giov., lungh. base da mill. 30 a 50 . . 104,50 121 46,50 27 46 9 11 7 80 34,50 Id. id. 5 in amore . . 110 125 47 24 40,50 10 17 81 41,50 Id. id. 9 in amore . . 112 131 49,50 26 40,50 9,50 14,50 82,50 42 Catania, giov., lungh. base da mill. 30 a 50 . . 122,50 126,50 50 28,50 42 6 12,50 2 78 36,50 Id. id. 5 in amore . . 121,50 111,50 44 24.50 40 4 16 82,50 38,50 Id. id. 9 in amore . . 111 120,50 42,50 26 38 1,50 14,50 79 44 Taranto, giov., lungh. base da min. 38 a 43 . . 118,50 128,50 49 26,50 47 16 9 77,50 36,50 Id. id. (5 in amore . . 110 119 46 24 41 12 14 90,50 34,50 Id. id. 9 in amore . . 103 123,50 48 25 40,50 7,50 14 80,5044,50 Appare chiaramente dallo specchietto sopra riferito come il capo negli individui molto giovani sia piìi grosso che negli adulti; la differenza è di già notevolmente diminuita quando il giovane si avvicina nella lunghezza base a 50 mm. Mentre nei giovani diminuiscono, col crescere dell'animale, la lunghezza, la lar- ghezza e l'altezza del capo, pigliano sviluppo altre parti e particolarmente la por- zione del capo che è allo innanzi delle narici, cioè aumenta la lunghezza che va dall'apice del muso alle narici stesse. Si noti pure come questa distanza nelle 9 in amore sia minore che nei 5, con- servando le 9 a questo riguardo carattere di giovane. Il diametro trasversale dell'occhio viene, col crescere dell'animale, a trovarsi notevolmente minore; mentre invece aumenta quello del timpano. Si noti a questo (1) Valori medii del campo di variazione in 360«s'nii somatici. (2) Negli esemplari giovanissimi di Siria che io ho studiato la membrana timpanica o è invi- sibile appena ; ma non abbastanza da concedere una misura sicura. (3) Negli esemplari giovanissimi di Siria da me studiati le parotidi sono appena accennate. 198 LORENZO CAMERANO 16 proposito che negli individui giovanissimi la membrana timpanica non è visibile o appena. Si noti inolti'e come i 5 amore di Catania conservino il carattere giovanile della lunghezza notevole del capo; mentre in essi è avvenuta una diminuzione for- tissima della larghezza massima e mentre per gli altri caratteri del capo le cose sono procedute nell'accrescimento in modo normale. ParoticU. — La differenza di sviluppo in lunghezza delle parotidi fra i ^ e le 9 in amore appare dai dati seguenti, per le serie delle varie località. Classi esfreme. Catania Lungh. mass. ò 71-91, 9 73-83 — Largh. mass. 6 31-46, 9 39-49 Taranto •» *» 69-112 75-88 — n 1» 26-43 I» 38-51 Sassari !» 70-92 jy 69-96 — *j n 32-51 ») 35-49 Caìnpobasso » » ?» 70-92 ?» 70-84 — w t» 27-43 !» 33-42 Moncalieri » »» >» 63-90 ij 63-82 — »? j) ») 24-39 !I 22-36 Givoletto ?» »» 57-90 w 54-88 — :» n 21-39 X 26-39 Lago Trasimeno »» »> »» 72-89 » 68-77 — j» n M 34-44 » 31-42 Messina »» »> !» 75-89 TI 79-90 — JJ j) j» 30-39 !» 32-40 Milazzo » ») » 72-85 n 73-89 - ìì 11 '» 34-38 !» 31-42 Siria »» !» 62-85 ») 69-83 — 11 r» 29-44 »» 30-46 Corfù » !! 68-81 J) 67-92 — lì lì t» 23-38 !» 23-43 Canclia » » !» 69-77 )) 71-82 — 11 11 5» 29-35 !l 25-41 Tiflis ») !1 75-102 •ì n 36-49 1» Ancona lì n !» 79-89 n H 1 n 38-44 !» Nelle serie di Catania, Taranto, Campobasso, Moncalieri, Givoletto, Lago Tra- simeno, Siria, la lunghezza delle parotidi è spiccatamente maggiore nei 5 che non nelle 9- Nelle serie invece di Sassari, Messina, Milazzo, la lunghezza è leggermente superiore nelle 9» e nella serie di Corfù la cosa è anche piìi spiccata. — Il diametro trasversale massimo è per contro di valore più elevato nelle femmine delle serie di Catania, Taranto, Messina, Milazzo, Siria, Corfù, Candia, mentre è meno elevato che nei 5 nelle serie di Sassari, Campobasso, Moncalieri, Trasimeno. Nelle 9 vi è quindi la tendenza nelle parotidi a compensare col maggior diametro in larghezza la mi- nore lunghezza rispetto ai 5- Il maggior sviluppo in lunghezza delle parotidi nei 5 è dato dalle serie di Tiflis, Taranto, Catania, e il minor sviluppo da quelle di Corfù e di Candia. Nelle 9 il maggior sviluppo delle parotidi in lunghezza è dato dalle serie di Sassari, Messina, Taranto, Milazzo, Candia, e il minore dalla serie del Lago Trasimeno. Giovani. — Negli individui giovanissimi le parotidi sono appena accennate e non si può procedere a misure sicure: sono invece ben sviluppate negli individui che hanno raggiunto una lunghezza base da 20 mm. a 40. Nella maggior parte delle serie di Torino, Sassari, Catania, Taranto, le parotidi degli individui giovani sono meno sviluppate che nei 5 in amore. Nella serie di Siria si osserva invece il fatto inverso. Nell'un caso e nell'altro le differenze sono tuttavia poco spiccate. 17 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUl'., ECC. 199 Braccio — Avambraccio — Mano. — In tutto le serie queste tre parti presentano le varianti maggiori nei 5 che non nelle 9, sopratutto per ciò che riguarda il braccio. Si osservano tuttavia differenze notevoli fra le serie delle diverse località. Classi estreme. Givoletto. Lungh. del braccio, 5 110-152, 9 111-144 — Id. dell'avambraccio, $ 71-114, 9 78-118 - Id. della mano, 5 79-111, 9 82-100. Sassari. Lungh. del braccio, $ 115-149, 9 109-140 — Id. dell'avambraccio, ^ 85-106, 9 82-102 — Id. della mano, 5 75-99, 9 77-96. Messina. Lungh. del braccio, 5 122-143, 9 110-130 — Id. dell'avambraccio, 5 87-106, 9 81-95 — Id. della mano, $ 85-97, 9 84-95. Moncalieri. Lungh. del braccio, 5 111-145, 9 97-124 — Id. dell'avambraccio, 5 79-109, 9 74-89 — Id. della mano, 6 82-104, 9 76-90. Candia. Lungh. del braccio, o 123-137, 9 111-128 — Id. dell'avambraccio, 5 95-101, 9 84-95 — Id. della mano, 6 88-98, 9 82-90. Stria. Lungh. del braccio, $ 118-138, 9 104-123 — Id. dell'avambraccio, 5 84-102, 9 74-88 — Id. della mano, 6 82-102, 9 75-89. Taranto. Lungh. del braccio, 5 122-133, 9 122-125 — Id. dell'avambraccio, 5 85-99, 9 85-96 — Id. della mano, $ 83-90, 9 85-91. Milazzo. Lungh. del braccio, $ 122-129, 9 115-125 — Id. dell'avambraccio, 5 87-100, 9 75-87 — Id. della mano, 5 87-98, 9 63-91. Trasimeno. Lungh. del braccio, 5 108-139, 9 122-125 — Id. dell'avambraccio, 5 89-99, 9 85-96 — Id. della mano, 5 83-99, 9 85-91. Ancona. Lungh. del braccio, 5 126-148 — Id. dell'avambraccio, 5 87-101 — Id. della mano, 5 83-97. Catania. Lungh. del braccio, $ 120-139, 9 104-117 — Id. dell'avambraccio, o 69-101, 9 76-83 — Id. della mano, 6 74-98, 9 81-83. Tiflis. Lungh. del braccio, $ 118-148 — Id. dell'avambraccio, J 88-109 — Id. della mano, $ 83-105. I 5 e le 9 di Givoletto presentano le varianti maggiori. Le varianti minori si trovano in esemplari delle serie di Corfìi e di Campobasso, pel braccio nei nelle serie di 5 di Catania per l'avambraccio e cosi pure per la mano. — Per le 9 1© varianti minori si trovano pel braccio nelle serie di Corfìi e di Moncalieri, per l'avam- braccio pure in esse e in quella di Siria, e per la mano in quelle di Milazzo, del Trasimeno, di Siria e di Moncalieri. Nei giovani la lunghezza del braccio, dell'avambraccio e della mano è minore che negli adulti, come appare dallo specchietto seguente. La differenza fra i giovani e le 9 i" amore è minore che non fra i primi ed i 200 LORENZO CAMERANO 18 Valori meda in 560®^""' somatici del campo di variazione. Giovani ed adulti Lunghezza del braccio Lunghezza dell'avambraccio Lunghezza della mano Lunghezza della coscia Lunghezza della gamba Lunghezza del piede Membr. interdigit. -destra dall'apice del 1° dito Id. dall'apice del 2° dito Id. dall'apice del 3° dito Id. dall'apice del 4° dito Siria, giov., lungh. base da min. 11 a 20 . 106 f o 136 1 99 198 Id. id. da 30 a 50 . 1 1 7 84 1 9Q ù\)0,0\J Q1 '±0 O 1 21 Id. id. (5 in amore . . vo ■ 14^ ^ìO X04: 997 DO 19 04, oU Id. id. 2 in amore . 89 1 "^1 ^0 19"^ XuO 1 Q8 fin OU 4tO,OU ftA DU 1 ^ te A 1 /,oO Torino, giovani, lungh. base, da mill. 20 a 40 113 82,50 91 136,50 135 212,50 32 48,50 76,50 25,50 Id. 5 in am., Givoletto 131 92,50 95 137,50 136 250 36,50 47 66 13 Id. 5 in am., Moncalieri 128 94 93 148 133 229 35 46,50 65 14 Id. 9 in am., Givoletto 127,50 98 91 134,50 126 213 32 47 66,50 20 Id. 9 in am., Moncalieri 110,50 81,50 83 129,50 119,50 216 32 43,50 62,50 18,50 Sassari, giovani, lungh. base, da mill. 30 a 50 117 80 84 133,50 129 205,50 34 48,50 69,50 21,50 Id. id. (5 in amore. . 132 95,50 87 140 133 233,50 32,50 42 81,50 14,50 Id. id. 9 in amore. . 124,50 92 86,50 136 124,50 221 33,50 46,50 69 18,50 Catania, giovani, lungh. base, da mill. 30 a 50 117 80 87,50 122,50 116 204 27,50 46 69,50 20,50 Id. id. 5 in amore. . 129,50 85 86 141 135 229 32 45,50 64,50 16 Id. id. 9 in amore . . 110,50 79,50 82 130,50 117 210,50 31 41,50 61,50 18,50 Taranto, giovani, lungh. base, da mill. 38 a 43 124 85,50 82 128,50 120 200 31 47 66,50 19,50 Id. id. (5 in amore . 127,50 87 86,50 135,50 127 224,50 32,50 38 65 6,50 Id. id. 9 in amore . 123,50 90,50 88 138,50 125 209 31,50 35 63 14 Il 1° dito della mano ha uno sviluppo maggiore in lunghezza nelle 9 che non nei 5, come appare dai valori medii seguenti del campo di variazione delle serie studiate: Valori medii Ò 37-39,50-40,503-42,50 „ 9 39,50-42-42,50-43-44,50. Meno spiccata è la differenza pel 2° dito della mano: Valori medii 6 31,50-32-33-34,502-36 , 9 25-32,50-35-35,50-36; e cosi pure si dica pel 3" dito: Vàlori medii Ò 42-42,503-44,50-46,50 „ 9 39,50-42-44-45-47. Più sviluppato può essere nelle 9 che nei 5 il 4° dito: Valori medii Ò 28,50-292-30,50-31 , 9 29-31-31,50-32-35,50. 19 KICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL KUFO VIRIDIS Laur., ECC. 201 Coscia, gamba, piede. — La comparazione di queste tre parti nei -5 e nelle 9 per ciò che riguarda le classi esti'eme delle serie, dà lo specchietto seguente: Givoletto. Lungh. della coscia, Ó 104-171, 9 118-151 — Id. della gamba, Ó 120-152, $ 116-136 — Id. del piede, 6 212-288, o 195-231. Moncalieri. Lungh. della coscia, 6 130-166, 9 116-143 — Id. della gamba, Ò 118-148, 9 108-131 — Id. del piede, 6 209-249, 9 194-238. Corfh. Lungh. della coscia, Ò 131-162, 9 125-164 — Id. della gamba, Ò 123-146, 9 115-138 — Id. del piede, è 214-264, 9 197-242. Sassari. Lungh. della coscia, 5 120-160, 9 119-153 — Id. della gamba, Ó 112-154, 9 112-137 — Id. del piede, 6 209-258, 9 202-240. Catania. Lungh. della coscia, 5 123-159, 9 124-137 — Id. della gamba, 6 123-147, 9 112-131 — Id. del piede, 6 206-252, 9 203-218. Siria. Lungh. della coscia, 5 133-158, 9 117-146 — Id. della gamba, è 124-144, 9 111-139 — Id. del piede, 5 209-245, 9 178-219. Candia. Lun?h. della coscia, "Ò 148-153, 9 122-139 — Id. della gamba, 6 134-148, 9 118-139 — Id. del piede, 5 236-243, 9 195-216. Messina. Lungh. della coscia, o 123-153, 9 126-153 — Id. della gamba, 6 126-143, 9 112-133 — Id. del piede, Ò 222-249, 9 201-234. Tiftis. Lungh. della coscia, o 132-150 — Id. della gamba, 6 123-141 — Id. del piede, 207-242. Milazzo. Lungli. della coscia, o 126-149, o 115-139 — Id. della gamba, Ó 122-144, 9 102-125 — Id. del piede, Ò 209-236, 9 191-235. Ancona. Lungh. della coscia, 6 120-148 — Id. della gamba, Ó 126-138 — Id. del piede, Ó 224-242. Taranto. Lungh. della coscia, 5 127-144, 9 135-142 — Id. della gamba, 6 122-132, 9 123-127 — Id. del piede, 6 216-233, 9 200-218. Lago Trasimeno. Lungh. della coscia, Ò 126-143, o 113-129 — Id. della gamba, Ò 122-134, 9 113-120 — Id. del piede, Ò 211-242, 9 193-212. Campobasso. Lungh. della coscia, 6 118-142, 9 122-143 — Id. della gamba, 5 118-137, 9 108-131 — Id. del piede, 6 217-252, 9 194-238. Non sempre le varianti maggiori sono, per la coscia, presentate dai 5 ; mentre è spiccata la maggior lunghezza in tutte le serie della gamba dei 5 rispetto a quella delle 9. La stessa cosa si dica pel piede. Nei giovani, come si vede dallo specchietto della pagina precedente, lo sviluppo della coscia è minore che negli adulti, con maggior differenza rispetto ai J che non alle 0. Per la tibia vi è maggior variazione nelle diverse serie, pur presentandosi in generale analogo andamento nello sviluppo. Nel piede Io sviluppo maggiore negli adulti è spiccato, sempre tuttavia più nei 5 che nelle $. Lo sviluppo delle dita del piede procede nel modo seguente, tenendo conto dei valori medii del campo di variazione delle serie: P dito. ì\ilori medii 6 37-393-402 — 9 36,50-37,50-38,50-39-39,50. 2° dito. , „ 6 61-65.50.2-66-72,50-73 — 9 58-58,502-602. 8" dito. „ , Ó 96-98-100,50-101,50-105,50-108,50 — 9 91,50-92-93-93,50-96. 4° dito. , „ Ó 148-149-150-151-153-155 — 9 133,50-137,50-141-145,50-147. 5° dito. , , 6 88-95,50-98-99-99.502 — 9 84,50-87,50-88,50-89-95,50. Serie II. Tom. LIV. a' 202 LORENZO CAMERANO 20 Ne risulta che nelle femmine lo sviluppo di lunghezza delle dita dei piedi è spic- catamente inferiore che nei maschi per ciò che riguarda il 2°, 3° e 4° dito: minor differenza vi è nel 1° dito e nel 5°. Lo sviluppo dei tubercoli palmari procede nel modo seguente, tenendo conto dei valori medii delle serie: Tubercolo palmare mediano, -6 17,50-19,50-20-20,50-21,50-22,50 „■ „ 9 17,502-19,50-20-20,50 esterno, 11,502-12-14,502-15,50-16,50 9 10-11-132. La differenza fra i due sessi pel tubercolo palmare mediano è piccola, con maggior sviluppo tuttavia nei 5. Pel tubercolo palmare esterno il maggior sviluppo nei 5 è notevolmente spiccato. I valori medii del campo di variazione delle serie della lunghezza dei tubercoli plantari procedono come segue: Tubercolo plantare esterno, 6 8,50-9,50-10,50-11-12-12.50 „ „ 9 8,50-102-11-11,50 interno, Ò 17-193-20,50-32 9 I6-I8-I9-2O2. Per questi tubercoli, vi è maggior sviluppo del tubercolo interno nei 5 che non nelle 9. Nei giovani i tubercoli palmari e plantari presentano dimensioni poco dissimili da quelle degli adulti, pur essendo leggermente minori. Le distanze dall'apice delle dita delle membrane interdigitali dei piedi procedono nelle serie coi seguenti valori medii: Distanza dall'apice del 1« dito, Ò 32-32,50-34,50-352-36.50 — 9 30,50-322-33,502. 2° dito, 6 422-45,50-46-46,50-47 — 9 43,502-46,502-47. 3° dito, 5 64,502-65-662-81,50 — 9 58,50-62,50-66,502-69. 4° dito, 6 13-14-14,50-16-170 — 9 12-13-14-18-20. Si vede da quanto precede che le dita nelle $ sono rivestite per piìi lungo tratto dalla membrana interdigitale che non nei 3, e quindi in esse molto probabilmente il piede colla sua forma meno lunga (nelle dita) ma presentante una maggior superficie di palmatura, è migliore organo di locomozione acquatica che non nei <*. Ciò è forse in rapporto colle note modalità dell'accoppiamento e della deposizione delle uova della specie che ci occupa e col fatto dell' ingrossarsi assai del corpo della 9 pel grande numero delle uova, prima della deposizione loro. Nei giovani non si notano, in complesso, grandi differenze, rispetto agli adulti, nello sviluppo delle membrane interdigitali. In alcune serie, come si vede dallo spec- chietto dato precedentemente, crescendo l'animale, lo sviluppo della membrana dimi- nuisce, in altre aumenta. È possibile che ciò dipenda dalle condizioni speciali in cui 21 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC. 203 si sviluppano i girini, vale a dire la maggiore o minore profondità od ampiezza delle acque ed anche dal loro essere stagnanti o piìi o meno fortemente correnti. I valori medi del campo di variazione della ripiegatura tarsea procedono nelle serie nel modo seguente: o 52-53-56,50o-59 — o 50,-51-52,50-53,502. Ciò è in rapporto colle differenze di sviluppo del piede nei due sessi. Bufo reijularis. Dai dati numerici riuniti nello specchietto che si riferisce a questa specie unito a questo lavoro risulta quanto segue: La lunghezza del capo è un po' maggiore nei 5 che non nelle 9- Essa è poi notevolmente maggiore negli individui giovani che negli adulti. — La larghezza mas- sima del capo è invece eguale nei due sessi, mentre è spiccatamente maggiore nei giovani. — Gli altri diametri trasversali del capo sono poco diversi nei due sessi. L'altezza del capo alla regione timpanica è un po' maggiore nei 5 che nelle 0; mentre è quasi eguale l'altezza alle narici. Le due misure dell'altezza danno valori medi notevolmente più elevati nei giovani. — Piccole differenze presentano pui'e le misure delle altre parti del capo nei due sessi, sempre tuttavia con valori un po' più elevati pei 5- Il diametro trasversale dell'occhio è maggiore nei 5 che nelle $ ed è molto maggiore poi nei giovani. Parotidi. — Esse sono nei loro due diametri leggermente più grosse e lunghe nei 5 che nelle 9- Braccio, avambraccio, mano. — Il braccio è più lungo nei 5 che nelle 9- Nei gio- vani la lunghezza è pi'esso a che eguale a quella delle 9- Così si dica per l'avam- braccio e per la mano, quantunque la diffei-enza fra 5 e 9 sia meno spiccata. Pic- cole differenze in lunghezza presentano nei due sessi le dita della mano. Coscia, gamba, piede. — La coscia è di lunghezza presso a che eguale nei due sessi: essa è un po' più lunga nei giovani. La gamba nei 5 © giovani è egualmente lunga un po' più che nelle 9-.II piede è notevolmente più lungo nei 5 che nelle 9- Nei giovani è più lungo che nei Le dita sono in complesso un po' più lunghe nelle 9 che nei (5. I tubercoli palmari presentano nei due sessi piccole differenze: i tubercoli plan- tari sono più sviluppati nelle 9 che nei 5- H tubercolo plantare interno è nei giovani presso a che come nelle 9- L'esterno invece è un po' più sviluppato nei 5- Lo sviluppo delle membrane interdigitali è poco diverso nei 5, nelle 9 6 nei giovani. In complesso, dalle serie di B. regularis studiato, risulta ch'e in questa specie, le differenze di dimensioni relative delle varie parti fra 5> 9 e giovani sono minori che non nel B. viridis. Bufo mauritanicus. Non molto spiccate sono le differenze fra 5^9 per ciò che riguarda le misure longitudinali e trasversali del capo. I 5 presentano valori medii leggermente più elevati delle 9- — L'occhio è un po' più grande nei ^ che nelle 9 ; maggiore ancora nei giovani. — Piccola differenza vi è fra i due sessi nelle parotidi. 204 LORENZO CAMEEANO 22 Il braccio e l'avambraccio dànno valori medii superiori nei * clie nelle Q. La mano invece dà valori più elevati per le Q. Nella lunghezza delle dita della mano non vi sono differenze notevoli fra i due sessi, salvo pel 3° dito, che è più lungo nelle $. Le misure dell'arto posteriore nelle varie sue parti dànno valori medii poco dis- simili nei due sessi. — Le membrane interdigitali appaiono tuttavia più sviluppate nelle 9 che nei 5- « * * * L'esame degli indici di frequenza mette in evidenza alcune modalità del feno- meno di variazione di cui si è parlato nel capitolo precedente. Silfo viridis. — Lunghezza del capo e sua larghezza massima. Lunghezza del capo nei 5. Givoletto. M — 102 — F < M = 0,1129 — F > M — 0,7903 Moncalieri. » = 108,50 — = 0,3333 — » = 0,6667 Corfù. n 101.50 — „ = 0,3182 — 0,6818 Catania. — 121.50 — „ = 0,4118 — — 0,5882 Sassari. 110 - „ = 0,5789 — » - - 0,3158 Siria. » — 108 - „ = 0,6250 — » 0,3750 Lunghezza del capo nelle $. Givoletto. M — 106,50 — F < M = 0,6129 — F > M — 0,3871 Moncalieri. » 105 - „ = 0,6154 — 0,3077 Corfù. n 100,50 — = 0,2308 — » 0,7692 Sassari. 112 - „ 0,5500 — 0,4000 Candia. » 100,50 — , = 0,5455 — » 0,4545 Larghezza del capo nei 5. Givoletto. M 120 — F < M = 0.2419 — F > M 0,6452 Moncalieri. r 125 - . =: 0.3718 — 0,6026 Corfù. » 126,50 — „ = 0.8636 — » 0,1364 Catania. 111,50- , = 0,8235 — n 0,1765 Sassari. » 125 - „ = 0,4561 — n 0,4561 Siria. n 121 - „ = 0,5000 — 0,5000 Larghezza del capo nelle $. Givoletto. M 123 — F < M = 0,8065 — F > M 0,1935 Moncalieri. 120,50 — „ = 0,4872 — » 0,5128 Corfù. 122.50 — „ = 0,2154 — 0,7846 Sassari. 131 - „ = 0,4500 — » 0,5000 Candia. 117,50— „ = 0,5455 — 0,4545. Da questi dati si osserva che nei 5 di Rivoletto, Moncalieri, Corfù, la lunghezza del capo superiore alla media è presentata da un notevole maggior numero di indi- vidui che non quella inferiore, e cosi si dica per gli esemplari di Givoletto e di Mon- 23 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDI.S LaUF., ECC. 205 calieri, anche per la larghezza massima del capo stesso. — Negli individui 5 di Corfìi sono più frequenti gli esemplari con valori inferiori alla media per la larghezza del capo. — Nelle 9 di Givoletto e Moncalieri prevalgono per la lunghezza del capo invece i valori inferiori alla media : prevalgono pure sulle 9 di Givoletto per la lar- ghezza del capo, mentre in quelle di Moncalieri sono quasi egualmente numerosi gli individui con valore inferiore e quelli con valori superiori. Negli esemplari 5 di Sassari e di Siria predominano per la lunghezza del capo i valori superiori alla media, mentre per la larghezza massima le due serie di valori sono presso a che eguali per la loro frequenza. Per le 9 di Sassari e di Candia si dica la stessa cosa per i due diametri. Distanza dall'apice del muso alle narici nei 5. Givoletto. M = 12,50 — F < M = 0,5000 — F > M = 0,5000 Moncalieri. „ = 12 —F = M = 0,2179 — „ = 0,2821 — „ =0,5000 Catania. „ = 4 — „ = 0,7647 — „ = 0,2353 Sassari. „ = 10 — „ = 0,3333 — „ = 0,6140 Corfù. „ =10,50— „ = 0,4545 — „ = 0,5455 Siria. „ = lu — „ = 0,3125 — „ = 0,6875 Distanza dall'apice del muso alle narici nelle 9- Givoletto. M=- 8 — F M = 0,2258 Moncalieri. „ = 4 — „ = 0,7949 — „ = 0,2051 Sassari. „ = 9,50 — „ =0,7500 — „ = 0,2500 Candia. , = 7. — „ = 0,7273 — „ = 0,2727 Corfìi. „ = 7,50 — „ = 0,3846 — „ =0,6154. Anche dalla considerazione delle frequenze risulta spiccata la differenza fra 5 e 9 P6r ciò che riguarda il prolungamento del muso: fa eccezione la serie di 5 di Catania in cui predominano i valori inferiori alla media molto bassa, e le serie delle 9 di Corfù, in cui predominano i valori superiori alla media. Diametro massimo trasversale deirocchio nei Givoletto. M = 38.50 — F < M = 0,3548 — F > M = 0,6452 Moncalieri. „ = 42,50 — „ =0,7179 - „ = 0,2821 Catania. „ = 40 — « = 0,5882 — „ = 0,4118 Sassari. „ — 40,50 — „ = U,6667 — , = 0,3333 Corfìi. „ = 36,50 — = 0,1818 — „ = 0,8182 Siria. „ = 40 — ^ = 0,5625 — „ = 0,3750 Diametro massimo 1 trasversale dell'occhio nelle 9- Givoletto. M =40,50 — F < M = 0,6451 — F > M Moncalieri. „ = 40 — = 0,6410 — »? Sassari. „ =40,50 — = 0,6000 — Candia. „ = 41 — F = M = 0,3636 — „ =0.2727 — *i Cor f il. „ = 40 — = 0,5000 — n : 0,3548 : 0,3333 0,4000 0,3636 0,5000 Si vede che la tendenza dei valori è verso 40 e 41, poiché nelle serie con valore medio inferiore ad essi si hanno i maggiori valori di F >M, mentre nelle serie in cui il valore medio è superiore a 41, il maggior valore è per F < M. 206 LORENZO CAMERANO 24 Lunghezza e larghezza massima delle parotidi. — Nei 5 in amore in alcune località le serie presentano, per la lunghezza massima, un notevole maggior numero di valori inferiori alla media e per la larghezza massima invece, un notevole maggior numero di valori al disopra della media. Esemplari 6 in amore di Givoletto. Lungh. mass. F < M = 0,6038 — F > M — 0,3962 Largh. mass. „ = 0,2264 — „ = 0,6981 „ „ di Siria Lungh. mass. „ = 0,2500 — „ = 0,7500 Largh. mass. , =0,7500 — „ =0,2500 Si potrebbe in questi casi pensare ad una sorta di correlazione di sviluppo fra i due diametri delle parotidi, nel senso che mentre la lunghezza cresce, la larghezza diminuisce ed inversamente. In serie di altre località il fatto è meno spiccato od anche si nota pei due dia- metri una distribuzione presso a che eguale della frequenza dei valori al disopra e al disotto della media. — Nelle $ questa ultima condizione è quella che si verifica pili frequentemente. Lunghezza del braccio, dell'avambraccio e della mano. — La ripartizione delle fre- quenze dei valori delle serie rispetto alla media dà indici non molto differenti per le tre misure sopradette, in guisa che essi o tendono ad equilibrarsi come pel braccio, crescono o diminuiscono di conserva per l'avambraccio e per la mano, e ciò tanto pei (5, quanto per le $. Diametri massimi del tubercolo palmare mediano e del tubercolo palmare interno. — Nelle serie in cui i valori inferiori alla media sono più abbondanti pel diametro mas- simo del tubercolo palmare mediano, sono invece meno abbondanti i valori inferiori alla media pel diametro massimo del tubercolo palmare interno, ed inversamente. — In altre serie gli indici di frequenza sono presso che in equilibrio. Esemplari 5 di Givoletto. Diam. mass, tubercolo palmare mediano. F < M = 0,6129, F > M = 0,3871 „ „ „ „ interno „ = 0,3226 „ =0,6774 Esemplari 9 di Sassari. Diam. mass, tubercolo palmare mediano. F < M = 0,6000, F > M = 0,4000 interno „ = 0,2000 „ = 0,6500 Esemplari § di Corfìi. Diam. mass, tubercolo palmare mediano. F < M = 0,384^, F > M = 0,6154 „ „ „ „ interno „ = 0,4615 „ = 0,3077 Nello sviluppo dei due tubercoli si nota come la tendenza ad una correlazione di sviluppo, nel senso che mentre l'uno cresce l'altro diminuisce. Fenomeni analoghi si verificano per le frequenze dei valori della lunghezza del tubercolo metatarsale interno e del tubercolo metatarsale esterno, come si può facil- 25 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUl'., ECC. 207 mente osservare dal confronto degli indici di frequenza registrati nello tabelle unite al presente lavoro. L'esame di queste tabelle per ciò che riguarda gli indici di fre- quenza delle varianti nelle serio farà vedere fatti analoghi anche per le misure delle varie parti dell'arto posteriore. Nel Bufo regularis e nel Bufo maurifanicus si osservano fatti analoghi, come si può vedere dalle tabelle relative. Bufo viridis. — Se si confrontano gli indici di frequenza delle serie di località diverse si osservano spesso differenze notevoli. Così, ad esempio, il diametro massimo di lunghezza del tubercolo palmare mediano dei 5 di Givoletto presenta: indico di frequenza oi tentare una qualche spiegazione in proposito. * * Se si tiene conto delle cose dette nei capitoli precedenti e si confrontano con quanto già esposi nel precedente lavoro intorno alla variazione del B. vulgaris si vede che il fenomeno della variazione nelle cinque specie del genere Bufo studiate, B. culgaris, B. viridis, B. mauritanicus, B. regularis, B. praetextatus, per quanto si può giudicare dal materiale che ho avuto a mia disposizione, si presenta, in complesso, con un unico aspetto, sia per ciò che riguarda le differenze di variazione dei due sessi, sia pel variare dei giovani rispetto agli adulti. 208 LORENZO CAMERANO 26 Da tutti i dati riuniti mi pare si possano trarre le considerazioni seguenti : P (1) Le varie parti dell'animale, nelle loro proporzioni rispettive, hanno oscillazioni di variazione meno ampie di ciò che potrebbe far credere l'esame dei dati assoluti di misura fatti sopra individui isolati. 2° Le variazioni dei rapporti degli organi nella specie per quanto riguarda lo sviluppo delle loro dimensioni hanno carattere di oscillazioni di una determinata ampiezza che si possono verificare nelle serie di individui della stessa specie anche in località molto distanti della sua area di distribuzione geografica. 3° E necessario pi'ocedere con molta prudenza nello stabilire le così dette va- rietà sottospecie locali, fondandole su dati dedotti dai rapporti di dimensione delle varie parti dell'animale, coll'esame di pochi esemplari, poiché tali variazioni di rap- porti possono coesistere anche in località molto diverse. 4° Rimanendo sempre nel campo ora studiato del variare dei rapporti di di- mensione delle parti, il fenomeno di variazione di una specie non ci appare, per servirci di un esempio grossolano, come un corpo che proceda con una data velocità in una direzione con moto rettilineo; ma come un corpo che sì sposta in una data direzione oscillando continuamente, fino a che abbia raggiunto il punto determinato. Le oscillazioni si compiono intorno a quel valore del rapporto che corrisponde al valore medio del campo di variazione inteso nel modo da me proposto. 5° Soltanto osservazioni fatte in tempi successivi sopra serie numerose di individui della stessa località, in modo che si possa avere certezza che essi rappre- sentano generazioni di individui successive, potranno far conoscere esattamente quale sia la direzione del cammino che tende a percorrere la variazione. Credo tuttavia, si possa, fondandoci sui precedenti dati di misura, ritenere che (nei casi in cui l'esame sia stato portato sopra una serie molto numerosa di individui), data la frequenza delle varianti superiori ed inferiori alla media eguale delle due parti della media del campo di variazione, la parte dell'animale che si studia nelle sue dimensioni sia come in equilibrio, oscillando intorno al suo valore medio. Se invece osserviamo, ad esempio, che la frequenza dei valori inferiori alla media è maggiore di quella dei valori superiori, si può credere che le dimensioni del carattere in questione tendano a diminuire; poiché crescendo sempre più la frequenza dei valori inferiori alla media, avverrà che i valori estremi della serie maggiori della media tenderanno ad essere eliminati (probabilmente per opera della scelta naturale), poiché essi si trovano sempre pili lontani daW optimum per la specie stessa. Così il valore della media del campo di variazione si abbasserà. Se la variazione del carattere continuerà a procedere nello stesso senso, vale a dire a procedere verso un optimum voluto da determinate circostanze, vedremo dimi- nuire questo valore medio fino a che le frequenze dei valori tornino ad equilibrarsi rispetto al nuovo valore diminuito della media del campo di variazione. Quando ciò sia stato ottenuto, il nuovo campo di variazione rappresenterà il campo di varia- zione compatibile colle circostanze di vita dell'animale, e il carattere studiato potrà, nelle serie di una data località, ritenersi (almeno temporaneamente) in equilibrio. La (1) Il lettore voglia sempre aver presente alla mente che le considerazioni seguenti si fondano sulle variazioni dei rapporti delle parti e non sulle variazioni assolute delle parti stesse. 27 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC. 209 cosa può procedere tanto oltre fino a produrre la scomparsa del carattere (dato che ciò sia possibile per la natura del carattere stesso). Un esempio si può trovare nella variazione della membrana esterna del timpano del B. vuUjaris (op. cit.). 6° Credo che nel caso nostro, trattandosi di specie certamente molto antiche e adattate da lungo tempo a condizioni di vita, oscillanti esso pure entro a limiti relativamente ristretti e necessariamente poco dissimili nei diversi punti dell'area di distribuzione geografica delle specie stesse, si possa ritenere che queste hanno raggiunto una costanza notevole nei rapporti di dimensioni delle varie parti, costanza che può non apparirci quando limitiamo il nostro studio a pochi individui presi qua e là e che ci rappresentano alcuni dei momenti della variazione oscillatoria, ma che ci si fa manifesta quando rivolgiamo la nostra attenzione a serie numerose di indi- vidui anche di località diverse. 7° Per poter affermare che una specie di Bufo (per non uscire dallo stretto campo delle presenti ricerche) è molto variabile od è poco variabile, nel senso che comunemente si attribuisce a queste parole, non basta tener conto dell' ampiezza del campo di variazione (calcolato col metodo da me proposto), ossia dei limiti nei quali oscillano i caratteri, ma bisogna anche vedere (con ripetute osservazioni in tempi successivi) se il valore medio del campo di variazione rimane costante, o tende a spostarsi in un senso o nell'altro. Il presente lavoro ha appunto lo scopo precipuo di fissare in un momento dato i limiti del campo di variazione e il suo valore medio per serie di individui di varie località appartenenti alle sopranom.inate specie di Bufo, affinchè si possa avere un primo nucleo di materiale adatto a determinare un punto preciso di partenza, che conceda in seguito di determinare se il valore medio del campo stesso rimanga costante si sposti, e in una parola, conceda di poter vedere se le specie in discorso variino veramente nel senso che si suole comunemente attribuire a questa parola nel campo delle teorie evolutive. 8° Da tutti i campi di variazione delle varie parti del corpo (formati coi valori numerici dei rapporti di sviluppo delle parti stesse) per le specie seguenti del genere Bufo : B. vulyaris, B. regularis, B. mauritanicus, B. viridis, riuniti nel mio pre- cedente lavoro sulla variazione del B. vulgaris e nel presente, si possono dedurre dei raffronti che servono ad indicare differenze specifiche nelle proporzioni delle varie parti. Del B. vulgaris sono stati studiati e misurati 462 esemplari, del B. viridis, 559, del B. regularis, 125, del B. mauritanicus, 77. Si può credere che coll'esame di questo materiale si siano potuti riconoscere i valori estremi di variazione dei rispettivi rap- porti delle parti per le singole specie e si può credere pure che l'esame di nuovo materiale farà variare di poco (particolarmente per le due prime specie) e forse solo per qualche carattere i limiti riconosciuti di oscillazione dei rapporti delle parti stesse. — Un più numeroso materiale sarà invece necessario, come già sopra è stato detto, per lo studio delle altre modalità della variazione, come la frequenza delle classi, la tendenza della variazione, il carattere speciale che può assumere la variazione delle serie di località determinate, e via discorrendo. Nella tabella seguente sono segnati i limiti estremi del campo di variazione per ciascun carattere delle diverse specie studiate, desumendoli da serie uniche formate da tutte le serie di individui in amore delle varie località per ogni singola specie. Serik li. Tom. LIV. «' 210 LORENZO CAMERANO 28 Bufo vulgaris 5 Bufo maufitan. ò Bufo viridis ó Bufo regularis Ò ■ Lunghezza base (espressa in millimetri) . . 53-103 80-135 50-93 45-70 Lunghezza totale del capo (1) Id. dall'apice del muso alle narici .... Id. dalle narici all'occhio Id. dall'occhio al timpano 85-122 3-26 14-32 5-19 • 83-110 6-27 17-34 3-12 92-132 0-23 17-35 0-6 97-130 0-13 21-36 0-8 Largh. del capo all'angolo post, dei mascellari Id. a metà degli occhi Diametro interorbitale 102-148 74-116 1 Q QA lo-oU 23-44 103-150 75-100 24-38 107-139 81-120 1 Q A A iy-44 21-38 118-138 89-109 1 Q Q1 iy-oi 26-39 Altezza del capo alla regione timpanica . Id. alle narici 19-34 22-30 OO-fìO 18-35 40 DU 22-31 Diametro massimo trasversale dell'occhio .ÌO-4D OD-O* Diametro minimo del timpano Id. massimo del timpano 6- 19 7- 24 12-17 14-23 10- 22 11- 25 19- 32 20- 32 Lunghezza massima delle parotidi .... Larghezza id. id. .... 47-102 20-44 63-93 27-49 57-112 21-51 55-83 19-32 Lunghezza del braccio Id. dell'avambraccio Id. della mano 116-166 89-160 70-120 99-139 72-112 75-96 102-152 69-114 74-111 105-130 72-90 77-100 Lunghezza del 1° dito della mano (2) . . . Id. 2° dito id. ... Id. 3" dito id. ... Id. 4° dito id. ... 35-47 30-43 42-55 24-36 34-46 21-39 32-46 21-33 30-50 24-45 33-55 20-39 35- 51 21-39 36- 54 21-35 Diam. mass, del tubercolo palmare mediano Id. id. id. interno 9-31 5-26 18-29 12-22 13-30 3-24 15-23 9-19 Lunghezza della coscia Id. della gamba Id. del piede 117-176 100-155 189-306 120-166 120-153 189-247 104-171 112-154 206-288 124-145 120-144 197-237 Lunghezza del 1° dito del piede .... Id. 2° dito id. .... Id. 3° dito id. .... Id. 4° dito id. .... Id. 5° dito id. .... 30-71 50-110 72-151 86-178 80-123 30-46 58-75 77-116 117-153 80-104 27-50 51-93 77-133 124-174 69-114 31-43 47-71 83-111 123-146 75-98 Diam. mass, del tubercolo plantare interno . Id. id. id. esterno . 5- 24 6- 28 14-24 8-15 12-37 2-23 10-17 3-16 Dist. dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale Id. id. del 2« dito Id. id. del 3° dito Id. id. del 4° dito 25-49 28-68 48-89 9-30 24-43 26-55 41-79 13-29 24-48 26-60 50-88 5-24 23-40 36-54 52-77 14-30 Lunghezza della ripiegatura tarsale . . . 44-58 37-71 45-62 (1) Questa e tutte le misure seguenti sono espresse in 360^^'™' somatici. (2) Lalungh. delle dita è misurata dall'apice del dito all'angolo interno che esso fa col dito vicino. 29 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUl'., ECC. 211 Bufo vulgaris 9 Biffo mauntan. 9 Bufo viridi s 9 Bufo reyularis 9 T ,ìt ^ fili p^yn hìi<2t> ( acsrw^cta in Tmllima4*t»i i Jjtl/ljJItv^^U' Uii'bty ^coUI cSiscl XII Jllllilllic1;ri 1 . , Qi 1 -( a ol-J.4-0 Oft 1 QR yo-icso E Q 1 1 O b\J-ll Lunghezza totale del capo Id. dall'apice del muso alle narici .... Id. dalle narici all'occhio 81-111 3-21 15-29 Q 1 Q y-iy 82-106 0-21 20-28 Oli 86-126 0-18 19-36 0-y 110-122 0-11 23-33 0-2 Largh. del capo airangolo post, dei mascellari IH o tiìùTO MOrrli /%/>/TMi Diametro interorbitale 108-149 77 1 1 f 19-30 25-45 108-141 77 OQ 19-26 24-38 92-137 OO 1 1 o 17-34 19-35 118-138 90-108 21-30 25-36 Altezza del capo alla regione timpanica . . Id. alle narici 37-58 22-35 42-55 20-33 35-55 20-34 43-55 22-32 Diametro massimo trasversale dell'occhio . 23-37 27-46 34-47 35-47 Diametro minimo del timpano Id. massimo del timpano 6- 16 7- 16 10-20 13-24 5-22 7-22 18-28 20-29 T.n n o"n P77£ì tn n qgi m£* fìfill p tìq r i H "i XJxXiì^liKjLiLiCki Illdoblllict vlCliv:? UctLULlUi .... Larghezza id. id. .... OU-o 1 21-44 R1 QA Di-y* 30-55 t.A Qfi 22-51 K K QA 16-26 Lunghezza del braccio Id. dell'avambraccio 107-153 81-121 94-132 69-101 VA 1 OO 97-144 74-118 co 1 AA 98-122 61-86 Lunghezza del 1° dito della mano .... lU. u UXLU lU. .... Id. 3" dito id Id. 4° dito id. .... 40-48 38-52 34-44 29-51 34-48 19-30 29- 55 OR \ 1 30- 52 23-43 33-59 O / ' il ób-il 37-52 21-33 uiaiii. xiidas. uci LiiueiLoio palmare meciiano Id. id. id. interno 1 fi 07 10-21 10-20 1 /( O ( 5-19 1 n OO 9-17 Lunghezza della coscia Id. della gamba 112-172 84-147 181-244 119-169 114-150 183-241 113-164 102-139 178-242 120-151 120-137 197-216 Lunghezza del 1° dito del piede .... Id. 2° dito id iU. O UILO lU. .... Id. 4° dito id. .... Id. 5° dito id. .... 27-75 44-80 7ci 1 1 n 109-153 119-169 32-45 47-68 QA 1 AQ ou-iuy 114-146 72-99 31-48 46-70 RCì 1 1 Q oy-i ic5 106-189 72-107 31-46 51-72 Q r ino 120-144 79-105 Diam. mass, del tubercolo plantare interno . Id. id. id. esterno . 14- 28 15- 26 16-25 9-18 11-29 3-17 12-24 3-14 Dist. dall'apice del 1° dito a metà del margine linPT'n nPilfi TnpmnVQnQ Ttrfoi'Hìfyif qI^ì 11 ud \j i.it;ii-225-23 — Id. dell'interno: 5-9-102-11,-12,- ISs-Ug-lGa-l? — Id. della coscia: 119-124-1302-132-133-13r,-136-l:'.82-139-143-14l3- 145-147-150-152-153 — Id. della gamba: 1122-117-119-1223-124-(124,5O)-1293-1302- 131-1323-134-135-137 — Id. del piede: 2022-203-207-209-217-2192-221-225-2263-227- 228-230-231-2362-240 — Id. del 1° dito: 3l2-322-353-362-(36,5O)-395-402-4l3-42 — Id. del 20 dito: 5L,-53-56-572-583-(58.5O)-592-60-61-622-632-652-6(; — Id. del 3«dito: 82- 83-87-892-922-932-953-99-1003-101-102-103-104 — Id. del 4" dito: 119-122-132-133- 135-136-137-(137,5O)-138-139-140-142-1432-1442-147-1483-156 — Id. del 5° dito: 80- 83- 85-862-873-88-892-902-913-942-96 — Id. del tubercolo metatarsale intemo: I62-I72- 18g-19-20;j-2l2-222-23-24 — Id. dell'esterno: 4,-5;j-6-7-9e-10-12-13-15-16 — Dall'apice del 1° dito alla metà del mai-gine libero della membrana interdigitale: 26-27-29-303-31.1- 323-(33,50)-34-35-362-37-39-41 — Id. dall'apice del 2" dito: 393-402-433-442-452-46- (46,5O)-472-48-50-51-52-54 — Id. dall'apice del S" dito: 552-59-6I3-622-653-672-683-69- 71-78-83 — Id. dall'apice del 4« dito: 13-152-162-173-183-(18.5O)-19-20.5-21-2.3-243 — Limgh. della ripiegatura tarsale: 39-48-493-512-522-533-54-562-54-562-58-59-60-62-63. Maschi in amore di Sardegna (Sassari). Lunghezza del capo: 92-96-97-1002-101,-1023-1033-1043-1063-1075-1085-109-110,;- III3-II22-II34-II52-II63-I222-I24-I28 — Larghezza del capo all'angolo del mascel- lare: 111-1 132-IIG2-II7-II8-II93-I2O4-I223-I234-I245-I255-I260-I275-I282-I294-I3O3- 1323-133-136-139 — Id. a metà degli occhi: 83-863-87-886-893-912-923-93-94,-952-963- 974-985-993-1003-101-1025-104-105,-106-111 — Id. alle narici: 19-202-216-22t-23„- (23.50)-247-25i5-265-27-282 — Altezza del capo alla regione timpanica: 39-41-422- 432-445-464-476-48r49io-507-51 7-532-542-55 — Id. alle narici: 18-20-2l3-224-23-244-25i4- 269-276-286-294-3O4 — Lungh. obliqua del capo: 97-992-1014-102-103-1043-1053-1068- IO74-IO83-IO93-IIO2-III3-II23-II33-II43-II53-IIG-II72-I22-I29-I332 — Diametro in- terorbitale: 222-233-244-256-268-27u-28e-(28,5O)-29,s-30,-31-323-35 — Dall'apice del muso alle narici: 02-3-4-52-6-73-83-96-103-ll2-(ll,5O)-124-13i0-143-156-163-172-183-19-20 — Dalle narici all'occhio: 19-203-21io-22ii-239-(23,50)-246-25u-263-272-28 — Dall'occhio al timpano: O26-220-3-47-53 — Diam. trasversale dell'occhio: 353-36c-377-387-298-407- (40.oO)-4l5-426-433-444-46 — Diametro minimo del timpano: 10-ll-123-13is-14ii-15io- I65-I74-I84-1 94-22 — Id. massimo: I34-I43-I55-I68-I711-I814-I93-2O5-2I4 — Lunghezza delle parotidi: 70-71-72-73-74-754-76,-772-785-799-806-812-825-836-84-862-882-892-90-91- 92 — Id. larghezza: 32-345-35-362-374-385-39e-408-4l7-(41,5O)-426-433-44,-45-463-48-51 Id. del braccio: 11.5-117-119-122-1233-1242-127c-1283-1293-l;B0-13l4-1323-133,-1343- 1355-1363-1372-1384-1394-141-142-149 — Id. dell'avambraccio: 85-892-916-928-934-94,- 954-(95.5O)-965-974-983-99-100-10l3-1026-103-1042-1052-1062 — Id. della mano: 75-77- 79-8O3-8I-82-834-844-853-864-876-885-893-9O3-9I5-925-932-942-962-98-99 — Id. del 1" dito: 32-344-35-364-373-383-395-404-{4O,5O)-4l6-429-433-448-465-49 — Id. del 2°dito: 25-28-295- 305-31„-328-335-349-355-362-37-385-39-402-41— Id.del 3° dito: 36-37-382-395-404-417-42,2- (42,50)-437-44io-464-47-48-492 — Id. del 4° dito: 22-24-257-265-27b-288-299-309-314-323- 332-352-36 — Id. del tubero, palmare mediano: 15-173-184-194-205-21,0-22,0-23,4-244-252 — Id. dell'interno: 3-5-95-102-ll2-(ll,5O)-125-l:V14io-158-16-177-185-20 — Id. della coscia: 120-127-131-134-13.52-.136-137,-1:^«, -139-140,-141-1423-14:32-1444-1452-1464 - 220 LORENZO CAMERANO 38 I475-U84-I494-I5O-I5I2-I523-I543-I552-I57-I6O — Id. della gamba : 112-116-123-124- 125-126-1273-1283-1293-1305-13l2-1325-133,;-1343 -1354-1363-1373-1382-1392-141-1422- 144-146-147-154 - Id. del piede: 209-212-219-2202-2223-224-2262-2273-2285-230-2314- 232-2332-(233,50)-2344 - 235-2362-237-2392-240-241-2422 - 2435-245-246-247-2485-2502- 251-253-258 — Id. del 1» dito: 28-29-30-322-332-34r354-366-373-384-393-404-4l4-422- 434-442-464 — Id. del 2° dito: 51-52-53-56-57-584-594-605-61r622-633-648-652-66-675- 683-693-7O2-7I3 — Id. del 3° dito: 80-83-84-883-923,933-954-963-97-984-993-1003-1013- IO23-IO32-IO42-IO54-IO64-IO74-IIO2-III-II2-II5-II6 — Id. del 4° dito: 136-137-1392- I4I2-I42-I434- 1444-1462-1473-1483- 1492-1503-15121525-153-1543-155-156-1572-158- 1592-1602-161-162-163-1644-168-170 — Id. del 5"^ dito: 84-85-87-884-893-917-926-933-945- 953-965-974-982-99-IOO-IOI3-IO24-IO3-IO8-II2 — Id. del tubercolo metatarseo interno: 15-16-177-18io-197-208-2l8-22u-234 — Id. dell'esterno : 2-4n-5n-66-88-98-105-(lO,5O)-ll2- 12-13-142-19 — Dall'apice del 1° dito alla metà del margine libero della membrana interdigitale: 24-25-262 -272 -28-292-388-3l2-326-(32,50)-332-348-357-365-375-394-41 — Id. dall'apice del 2° dito; 26-36-37-38-39-403-41-427-435-446-452-46io-473-48-49s-5l3-53- 57-58 — Id. dall'apice del 3« dito: 5O-552-57-58-6O2-6I3-624-634-646-655-664-67-682-693- 7O3-7I3-72-73-743-76-78-822-832-88 — Id. dall'apice del 4° dito: 5-85-94-103-114-125- 135-144-(14,50)-155-165-17e-187-21-23-24 — Lungli. della ripiegatura tarsea: 42-44- 46-472-48-493-5O2-5I7-523-537-546-555-564-57-586-593-6O2-6I-62. Maschi in amore di Messina. Lunghezza del capo: 98-1022-103-106-107-108-113-118 — Larghezza del capo all'angolo del mascellare: 114-117-1222-123-124-126-128-132 — Id. a metà degli occhi: 84-89-93-942-97-100-101-102 — Id. alle narici: 21-232-24-25-262-272 — Altezza del capo alla regione timpanica: 422-442-46-(46,50)-47-48-51 — Id. alle narici: 21-232- 24-(24,50)-25-26-272-28 — Lungh. obliqua id.: 98-102-(lO6)-107-1082-1122-113-114 — Diametro interorbitale : 21-25-27-283-292-33 — Dal muso alle narici: 0-22-32-4-5- (8)-ll-14 — Dalle narici all'occhio: 21-23-25-(25,5O)-26-27-28-292-30 — Dall'occhio al timpano: 05-22-4-5 — Diametro trasversale dell'occhio: 34-374-392-(40,50)-41-47 — Diam. minimo del timpano: 13-14-152-(16)-17-182-19 — Id. massimo: 14-152-16- (16,50)-17-182-192 — Lungh. delle parotidi: 75-76-78-79-(82)-842-872-89 — Id. lar- ghezza: 30-31-342-(34,5O)-35-372-392 — Lungh. del braccio: 122-123-126-129-131- (132.50)-1362-142-i43 — Id. dell'avambraccio: 87-89-93-94-95-(96.5O)-97-98-99-106 — Id. della mano: 85-892-(91)-92-93-942-95-97 — Id. del 1° dito: 373-39-41-(42)- 442-472 — Id. del 2° dito: 28-30-31-(31,5O)-33-343-352 — Id. del 3° dito: 37-39-41- 422-(43)-44-46-48-49 — Id. del 4° dito: 29-313-322-33-34-35 — Id. del tubercolo pal- mare mediano: 16-17-18-192-20-21-22-24 — Id. dell'esterno: 3-7-82-9-10-11-12-15 — Id. della coscia: 123-128-131-134-136-(138)-141-143-15M53 — Id. della gamba: 126- 128-129-13l2-(134,50)-1362-142-143 — Id. del piede: 222-229-233-2342-236-238- (238,50)-248-249 — Id. del 1" dito: 34-36-374-392-(40-50)-42-47 — Id. del 2» dito: 642-662-67-6S-(70,50)-73-74-77 — Id. del 3'> dito: 99-102-1032-1072-(lO7.5O)-108- 112-116 — Id. del 4" dito: 143-150-156-157-159-160-169-171 — Id. del 5» dito: 89- 97-983-(lOO,5O)-102-106-lll-112 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 14-18- I93-2I2-222 — Id. esterno: 5-8-92-103-11-15 — Dall'apice del 1° dito al margine libero 39 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL IJLl'O VIRIDIS LaUl"., ECC. 221 della membrana interdigitale: 29-30-33-342-352-86-37 — Id. dall'apice del 2" dito: 37-39-40-41-42-44-46-47 — Id. dall'apice del 3" dito: 5S-o9-64-66-(66,50)-6S-G9-7] - 72-75 — Id. dall'apice del 4° dito: 102-14-15-(16,5O)-17-18-2l2-23 — Lunghezza della ripiegatura tarsea: 47,.-49-51-(52,50)-532-54-57-58. Femmine in amore di Messina. Lunghezza del capo : 101-103-105-(lO6)-109-110-lll — Largii, del capo all'angolo del mascellare: 122-123-130-(132)-134-142 — Largh. id. a metà degli occhi: 89-92- 94-952-(100)-lll — Id. alle narici: 22-23-242-25-26 — Altezza del capo alla regione timpanica: 41-422-44-45-47 — Id. alle narici: 22-232-24-262 — Lungh. obliqua del capo: 106-108-109-110-(112,5O)-115-119 — Diam. interorbitale: 23-26-28,-32-33 — Dal muso alle narici: 02-22-5-(5,5O)-9 — Dalle narici all'occhio: 23-242-262-(29,50)-36 — Dall'occhio al timpano: 02-2-32-4 — Diam. trasv. dell'occhio : 34-35-372-38-40 — Diam. minimo del timpano: 13-142-(15,50)-162-18 — Id. massimo: 142-15-16-(17,50)- 18-21 — Lungh. delle parotidi: 792-81-84-(84,5O)-85-90 — Largh. id.: 32-33-35-(36)- 37- 38-40 — Id. del braccio: 1 10-1 16-117-1 19-(12O)-122-130 — Id. dell'avambraccio: 81-83-84-(88)-89-90-95 — Id. della mano: 84-85-88-(89,5O)-90-95 — Id. del l<>dito: 38- 40-42-(43.5O)-45-49 — Id. del 2° dito: 31-33-35-(36)-372-41 — Id. del 3° dito: 42-44-452-(47)-48-52 — Id. del 4° dito: 28-31-32-(32,50)-33-35-37 — Id. del tubercolo palmare mediano: 18-19-202-(2O,5O)-21-23 — Id. dell'interno: 5-8-92-10-11 — Id. della coscia: 1262-127-130-(139,5O)-147-153 — Id. della gamba: 112-(122.50)-126-127- 130-132-133 — Id. del piede: 201-215-(217,5O)-220-225-233-234 — Id. del 1° dito: 35-36-37-(38,5O)-40,-42 — Id. del 2° dito: 56-(60,50)-61-622-63-64-65 — Id. del 3° dito: 89-92-95-(97,5O)-l00-10M(i(j — Id. del 4° dito: 131-140-142-(143,5O)-150-153-156 — Id. del 5" dito: 84-88-(92,5O)-93-95-100-101 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 16-18-19-20-21-(22,5O)-29 — Id. dell'esterno: 5-93-(10)-14-15 — Dall'apice del 1» dito alla metà del margine libero della membrana interdigitale: 26-28-(30,50)-32-332-35 — Id. dall'apice del 2° dito: 35-37-41-(41,50)-43-45-48 — Id. dall'apice del 3° dito: 51-57-61-(63,50)-65-69-76 — Id. dall'apice del 4" dito: 13-14-16-(16,5O)-19-20 — Lunghezza della ripiegatura tarsea: 51-52-55-(56)-57-58-61. Maschi in amore di Milazzo. Lunghezza del capo: l07-110-(lll,5O)-113-116 — Larghezza del capo all'angolo del mascellare: 126-129-130-134 — Id. a metà degli occhi: 92-93-(96)-98-100 — Id. alle narici: 24-25-(27)-29-30 — Altezza del capo alla regione timpanica: 39-(44.50)- 462-50 — Id. alle narici: 24-26o-28 — Lungh. obliqua del capo: 107-110-(112.5O)- 115-118 — Diametro interorbitale: 26-(27.50)-28-292 — Dall'apice del muso alle narici: 2-3-(7,50)-12-13 — Dalle narici all'occhio: 24-25-262 - Dall'occhio al tim- pano: O2-2-3 — Diametro trasv. dell'occhio: 35-(38)-39-4l2 — Id. del timpano d. mi- nimo: 153-(16)-17 — Id. massimo: 153-(16)-17 — Lunghezza delle parotidi: 72-73- (78,50)-81-85 — Id. larghezza: 34-35-36-38 - Id. del braccio: 122-125-(125.50)- 128-129 — Id. dell'avambraccio: 87-93-(93.5O)-98-100 — Id. della mano: ^*7,-(92.50|- 95-98 — Id. del 1« dito: 38-39-4(t-(42)-46 — Id. del 2-^ dito: 29-30-(32,5O)-34-36 222 LORENZO CAMERANO 40 — Id. del 3° dito: 40-41-(42,5O)-43-45 — Id. del dito: 20-(24,5O)-25-262-29 — Id. del tubercolo palmare mediano: 19-(22,50)-23-25-26 — Id. dell'interno: Q-lOg- (12)-15 — Id. della coscia: 126-128-(137,5O)-140-149 — Id. della gamba: 122-128- (133)-135-144 — Id. del piede: 209-214-(222,5O)-225-23G - id. del 1° dito: 34-36- (37,5O)-40-41 - Id. del 2« dito: 58-63-(64)-67-70 — Id. del 3" dito: 93-102-(lO3)- 110-111 — Id. del 4° dito: 145-146-(152,5O)-159-160 — Id. del 5° dito : 87-92-(93,50)- 98-100 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 19-202-21 — Id. dell'esterno: 53-(7)-9 — Distanza dall'apice del 1° dito alla metà del margine libero della membrana inter- digitale: 29-31-(32,50)-35-36 — Id. dall'apice del 2° dito: 34-(40)-41-43-46 — Id. dal- l'apice del 3° dito: 58-(64)-67-702 — Id. dall'apice del 4° dito: 5-(8,5O)-102-12 — Lunghezza della ripiegatura tarsea: 52-53-(56)-602. Femmiìie in amore di Milazzo. Lunghezza del capo: 101-102-106-1O8-1102-115 — Larghezza del capo all'angolo del mascellare: 1272-1292-1302-(131,5O)-136 — Id. a metà degli occhi: 89-90-93-(95)- 96-99-1012 — Id. alle narici: 22-24-252-262-30 — Altezza del capo alla regione tim- panica: 40-42-43-44-(45,5O)-47-48-51 — Id. alle narici: 22-24-252-263 — Lunghezza obliqua del capo: 107-110-lll-112-1132-(113.5O)-120 — Diametro interorbitale: 262- 27-(28)-29-303 — Dall'apice del muso alle narici: O2-2-33-IO — Dalle narici all'occhio: 22-232-24-25-26-30 — Dall'occhio al timpano: 02-22-83 — Diametro trasv. dell'occhio: 362-38-(40,50)-41-422-45 — Diam. minimo del timpano: I4-I53-I62-I8 — Id. mas- simo: I4-I53-I62-I8 — Lunghezza delle parotidi: 73-79-802-81-(83)-86-89 — Lar- ghezza id.: 31-35-(36,5O)-37-40-41-42 — Lunghezza del braccio: 1152-118-120-1222- 125 — Id. dell'avambraccio: 75-80-(81)-85-862-87 — Id. della mano: 63-77-80-852- 86-87-91 — Id. del 1° dito: 36-42-45-462-482 — M. del 2° dito: 31-34-352-36-372 — Id. del 3° dito: 38-402-41-42-(42,5O)-46-47 — Id. del 4° dito: 25-26-27-(28,50)- 29-30-31-32 — Id. del tubercolo palmare mediano: 16-19-21-22-252-26 — Id. dell'in- terno: 52-8-9-IO2-II — Id. della coscia: 115-125-126-(127)-134-136-138-139 — Id. della gamba: 102-(113,5O)-115-1222-123-1252 — Id. del piede: 191-208-(213)-215-217-219- 221-235 — Id. del 1° dito: 32-3G-(37)-38-40-41-42 — Id. del 2° dito: 58-62-(63)-652-68 — Id. del 3° dito: 90-932-95-(95,5O)-99-101 — Id. del 4« dito: 129-132-135-136- (136,50)-1442 — Id. del 5° dito: 89-902-(92,5O)-932-96 — Id. del tubercolo meta- tarsale interno: 162-(18,5O)-192-20-21 — Id. dell'esterno: 53-(8)-9-10-ll — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 27- 3I2-32-34-35 — Id. dall'apice del 2° dito: 40-41-(41,5O)-42-43-452 — Id. dall'apice del 30 dito: 62,-63-65-67-68 — Id. dall'apice del 4» dito: 11-14-15-16-19-21 — Lun- ghezza della ripiegatura tarsea: 42-49-51-532-57-60. Giovani (lunghezza base da mill. 11 a mill. 20) del contorno di Beyruth in Siria. Lunghezza del capo: 13l3-133-(134,50)-135-138 — Larghezza del capo all'angolo del mascellare: 123-124-(128)-13l3-133 — Id. del capo a metà degli occhi: 984-(106)- 113-114 — Id. del capo alle narici: 334-(33,50)-342 — Diametro interorbitale: 38- 45-(47,50)-55-573 — Dall'apice del muso alle narici: O3-5-6 — Altezza del capo alla 41 RICERCHI': INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIIUUIS LilUr., ECC. 223 regione timpanica: 45-(55)-57-65;, — Id. alle narici: 292-333-(33,50)-3S — Lunghezza obliqua del capo (dall'apice del muso all'angolo posteriore del mascellare superiore): 133-1352-(140.50)-1483 — Dalle narici all'occhio: 38-(43,50)-45-4'.)3 — Diametro trasversale dell'occhio: 56-(56.50)-573 — Lunghezza del braccio: 983-(106)-lll-113- 114 — Id. dell'avambraccio: 73i-(78)-81-83 — Id. della mano: 73-83-(85,50)-r).5-98 — Id. della coscia: 124-133-(136)-138-1483 — Id. della gamba: lll-113-(122)-13l3-133 — Id. del piede: 183-191-(198)-208-2133 — Esemplari con 19 mill. di lungh. base. Lungh. del 1° dito della mano: 38 — Id. del 2° dito: 34 — Id. del 3" dito: 57 — Id. del 4" dito: 38 — Id. del tubercolo palmare mediano: 19 — Id. del tubercolo palmare alla base del dito interno: 19 — Id. del 1° dito del piede: 38 — Id. del 2° dito: 57 — Id. del 3" dito: 95 — Id. del 4° dito: 133 — Id. del 5° dito: 95 — Id. del tubei'colo metatarsale interno: 19 — Id. del tubercolo metatarsale esterno: 8 — Altezza delle membrane interdigitali del piede: fra il 1° e 2° dito: 38 — Id. fra il 2° e il 3° dito: 57 — Id. fra il 3« e il 4'^ dito: 76 — Id. fra il 4° e il 5° dito: 28 — Lungh. della piegatura cutanea tarsea interna: 57. Mascìii in amore di Siria. Lunghezza del capo: 96-97-98-101-1022-lU42-106-107-(lO8)-in-113-116-118-1202 — Larghezza del capo all'angolo del mascellare: 113-1152-1162-1203-(121)-1223-123- 126-127-128-129 — Id. a metà degli occhi: 83-862-93-94-952-962-972-98-100-101-108-111 — Id. alle narici: 21-223-23;;-244-25-(25,5O)-26-28,-30 — Altezza del capo alla regione timpanica: 37-382-39-41-423-(42.50)-43-44i-452-48 — Id. alle narici: 19-222-23-245- 25-262-27-282-31 — Lungh. obliqua del capo: 102-1062-107,-108-1092-1102-1113-113- 118-120 — Diametro interorbitale : 22-23-243-25-262-27-283-292-302 — Distanza dal muso alle narici: 33-6-9-(10)-122-13-143-152-162-17 — Id. dalle narici all'occhio: 19- 22-232-242-(24.5O)-25-262-27-282-292-302 — Dall'occhio al timpano: 0r25-33-4 — Diam. trasversale dell'occhio: 36-37-384-393-40-424-43-44 — Diam. minimo del timpano: 123-13-143-(14,50)-152-164-173 — Id. massimo: 12-13-14-153-164-174-19-20 — Lungh. delle parotidi: 62-65-722-(73.50)-74-75-76-782-79-822-83-84-852 — Largh. delle parotidi: 29-30-3l2-322-345-B62-(36.5O)-37-38-39-44 — Lungh. del braccio: 118-1202-123-124- 1252-1262-1272-(128)-131-132-137-138 — Id. dell'avambraccio: 84-89,-90-922-93-964- 100-1012-102, — Id. della mano: 832-84-85-86-87-892-902-91-(92,5O)-93-952-96-102 — Id. del l°dito: 30-344-36-372-38-392-424-44 — Id. del 2° dito: 25-28,-292-3l3-(31.50)- 323-33-342-36-38 — Id. del 3" dito: 36-382-394-424-43,-44-45-48 — Id. del 4- dito: 242-25-26-27-285-(28,5O)-293-30-32-33 — Lungh. del tubercolo palmare mediano : 1 93- 21-224-(22,50)-233-243-26 — Id. del tubercolo palmare interno: 10-142-15-162-{16.5O)- 17s-193-2l2-22-23 - Id. della coscia: 1332-134-135-136-138-139-141-142-144-(145,50)- 146,-148-149-152-158 — Id. della gamba: 124-125-130,-13l3-132-133,-(134)-135-138- 139-141-142-144 — Id. del piede: 209-217-2223-225-226-227-228-229-230-231-2332- 242-245 — Id. del P dito: 34-35-362-372-383-392-42-43,-44, — Id. del 2" dito: 58- 602-622-632-64-(65.5O)-662-682-70-71-72-73 — Id. del 3° dito: 932-95-96-101-(lO1.5O)- 1022-1043-106-1073-109-110 — Id. del 4° dito: 133-139-141-143-146-147-148-14;i,- 150-151-152-153-156-158-163 — Id. del 5° dito: 89-94-95-96-97o-98-99-(99.50ì-l<)l4- 1022-109-110 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 14-15-17-18-194-20-212-22- 224 LORENZO CAMERANO 42 232-242 — Id. dell'esterno: 52-6-72-82-92-(9,50)-ll4-122-14 — Dall'apice del 1° dito alla metà del margine libero della membrana interdigitale: 28-30-312-323-33-343-35- 36-37-38 — Id. dall'apice del 2° dito: 31-39-423-44-45-46-483-493-52-53 — Id. dal- l'apice del 3° dito: 55-60-624-633-(64,5O)-662-68-69-722-74 — Id. dall'apice del 4° dito: 9-12-13-16-174-18-194-22-23-25 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 47-50-51-533-55- 56-(o6,5O)-58-59-60-623-63-66. Femmine in amore di Siria. Lunghezza del capo: 87-95-97-(98,5O)-99-100-101-103-109-110 — Larghezza del capo all'angolo del mascellare: 92-109-111-116-1232-1252-126 — Id. a metà degli occhi: 82-872-(89,5O)-90-93-94-95-96-97 — Id. alle narici: 20-21-223-(23)-24-263 — Altezza del capo alla regione timpanica: 37-39-40-41-42-(42,5O)-434-46 — Id. alle narici: 2l2-22-243-(25)-262-29 — Lunghezza obliqua del capo: 90-95-99-100-101-103- 104-105-112 — Diametro interorbitale : 19-22-(22,50)-24-265 — Distanza dal muso alle narici: 02-l-23-3-5-(6,5O)-12-17 — Id. dalle narici all'occhio: 19-22-(22,50)-242-264 — Id. dall'occhio al timpano: 04-2-32-4-(4,5O)-7 — Diametro trasversale dell'occhio : 34-352-36-37-38-392-42 — Id. minimo del timpano: 12-132-(14,50)-152-162-172 — Id. massimo: I2-I5-I6-I74-I82 — Lungh. delle parotidi: 69-72-73-743-75-{76)-82-83 — Largh. delle parotidi: 302-3l232-35-(38.5O)-432-46 — Lungh. del braccio: 1042- 110-lll-1132-(113,5O)-116-120-123 — Id. dell'avambraccio: 74-75-78-79-(81)-822-84- 87-88 — Id. della mano: 75-77-782-82-872-88-89 — Id. del P dito: 34-35-36-38-392- 41-42-44 — Id. del 2° dito: 263-28-302-(31)-32-34-36 — Id. del 3° dito: 32-33-34- 36-37-(38)-39-42-43-44 — Id. del 4° dito: 265-(27,50)-283-29 — Lungh. del tubercolo palmare mediano: 172-192-(19,5O)-20-2l2-222 — Id. dell'interno: 7-92-12-(12,50)-13- 15-16-17-18 — Id. della coscia: 117-1202-123-126-130-(131,5O)-132-139-146 — Id. della gamba: 111-112-113-114-120-125-126-130-139— Id. del piede: 178-19l2-198-(198,50)- 202-206-211-217-219 — Id. del 1" dito: 31-342-352-(36,50)-37-382-42 — Id. del 2" dito: 562-57-58-59-6l2-(62)-65-68 — Id. del 3° dito: 86-872-90-91-(93)-94-95-97-100 — Id. del 4° dito: 106-120-124-1262-127-129-143-(147,5O)-189 — Id. del 5° dito: 79- 822-86-872-(89)-9] -92-99 — Id. del tubercolo metatarseo interno: 172-1 8-19-203-22-23 — Id. dell'esterno: 8-94-102-(ll)-13-14 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 262-303-31-32-34 — Id. dall'apice del 2° dito: 39-41-432-(43,50)-44-47-48 — Id. dall'apice del 3° dito: 52-56-59-60-63-65- 66-68 — Id. dall'apice del 4° dito: 13-17-(17,5O)-18-19-20-2l2-22 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 35-(46)-47-48-522-53-572. Individui giovani di Siria in cui la lunghezza base varia da mill. 30 a 50. Lunghezza del capo: 81-(98)-103-108-109-1102-l 11-1 14-1 15 — Larghezza del capo all'angolo del mascellare: 1222-1234-1262-(127,50)-129-133 — Id. a metà degli occhi: 81-95-103-104-105-110-(114)-115-118-147 — Id. alle narici: 24-252-262-273-(27,50)-31 — Altezza del capo alla regione timpanica: 40-4l2-43-(44)-452-47-482 — Id. alle narici: 242-252-262-272-(27,50)-31 — Lunghezza obliqua del capo: 109-112-114-117- (117,5O)-118-120-1232-126 — Diametro interorbitale : 25-28-30-(3O,5O)-3l3-32-33-36 43 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LeUF., ECC. 225 — Id. dal muso alle narici: 3-44-(5,50)-52-82 — Id. dulie narici all'occhio: 25-272- 28-(29)-30-3l3-33 — Id. dall'occhio al timpano: 2-l-(4,50)-5-7 — Diametro trasver- sale dell'occhio: 4l2-43-442-45-47-(47. 501-49-54 — Id. minimo del timpano: 8-9-12- 132-142-162 — Td. massimo: 9-12-(12,50)-132-14-164 — Lunghezza delle parotidi : 65-75-77-79-(79,5O)-80-8l2-90-94 — Id. larghezza: 3.3-34-35-37-40-41-(43,5O)-45-47-54 — Lunghezza del braccio: 106-108-114-1152-116-(117)-n8-125-128 - Id. dell'avam- braccio: 70-(8O)-81-82-862-882-902 — Id. della mano: 70-81-82-(84)-862-88-90-95-98 — Id. del 1° dito: 33-40-412-43-44-45-47-49 — Id. del 2° dito: 27-29-32-342-35-36- 39-41 — Id. del 3° dito: 40-41-43-44-(44,5O)-452-47-48-49 ~ Id. del 4" dito : 24-25- 262-272-31-(32,50)-34-41 — Id. del tubercolo palmare mediano: I62-I72-I83-2O2 — Id. dell'interno : 8-92-122-(12,50)-14-16-172 — Lunghezza della coscia: 118-129-131- 132-(133.50)-135-136-144-147-149 — Id. della gamba: 1233-128-1292-131-133-1352 — Id. del piede: 184-197-205-(2O5,5O)-206-207-210-2162-221-227 — Id. del 1« dito: 33-342-35-363-(37)-39-41 — Id. del 2° dito : 49-51-53-542-56-59-(59,5O)-65-70 — Id. del 3° dito: 81-82-86-882-90-(9O,5O)-96-106-110 — Id. del 4° dito: 126-129-131-132-135- (137,50)-143-144-147-149 — Id. del 5° dito: 81-82-86-882-(89,5O)-90-94-95-98 — Id. del tubercolo metatarsale interno: I4-I7-I83-2O4 — Id. dell'esterno: 43-92-(10)- 13-14-16 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 25-262-278-(31)-32-35-37 — Id. dall'apice del 2° dito: 35-41-(43)-452- 482-49-51 — Id. dall'apice del 3° dito: 53-56-60-(62,5O)-652-68-70-722 — Id. dal- l'apice del 4° dito: 163-183-(21)-24-25-26 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 44-48-51- 543-(54,50)-55-56-65. Maschi in amore di Corfu. Lunghezza del capo: 92-97-982-10l3-(lOl,5O)-102-1042-l052-106-107-1084-1092- 110-111 — Larghezza del capo all'angolo del mascellare: II5-II62-II7-II83-I2O4-I22- 1242-1265-(126,50)-127-134-138 — Id. a metà degli occhi: 92-94-963-97-982-99-100- (101)-1022-1042-1052-106-107-1082-110 — Id. alle narici: 23-24-253-262-(26,50)-27io- 292-30 — Altezza del capo alla regione timpanica: 38-393-402-4l5-425-(42,5Oj-432- 442-45-47 — Id. alle narici: 233-243-253-26-(26;5O)-275-284-29-302 — Lungh. obliqua del capo: 1042-105-1074-108-1092-1102-(113)-1144-115-116-1182-120-122 — Diametro interorbitale: 23-24-253-262-274-(27.5O)-284-29-304-31-32 — Id. dall'apice del muso alle narici: 63-82-92-103-(lO,5O)-ll,;-125-15 — Id. dalle narici all'occhio: 23-24,-263- 273-284-292-3O5-3I2 — Id. dall'occhio al timpano: O13-39 — Diam. trasv. dell'occhio: 30-34-35-36-(36,5O)-384-396-40-4l3-423-43 — Id. minimo del timpano: II-I2-I52-I65- 17e-186-19 — Id. massimo del timpano: ll-16-164-(16,50)-177-187-19-22 ~ Lunghezza delle parotidi: 68-7 1-722-733;74-762-784-79-81 2-822-832-84 — Id. larghezza: 23-260-27- 28-293-303-(3O,5O)-31-32-332-343-35-362-38 — Lunghezza del braccio: 102-110-113- 1163-118-1205-(12O,5O)-122-124-1263-128-1292-130-139 — Id. dell'avambraccio: 81- 85-873-904-f91.5O)-93-963-972-982-99-100-101-102 — Id. della mano: 84-86-87b-89- 90-92-93-964-97-101-1022 — Id. del 1» dito: 34-35o-36-37-385-392-(39,50)-41-424-442- 452 — Id. del 2° dito: 30-31-323-33-343-352-365-382-39-422 — Id. del 3« dito: 39-40- 43-444-463-(46,50)-472-484-492-5l3-54 — Id. del 4° dito: 26-272-294-30-31-323-333-342- 865 — Id. del tubercolo palmare mediano: 164-175-187-193-(19,50)-21-232 — Id. del- Serik II. Tom. 1,1 V. i>' 226 LORENZO CAMERANO 44 l'interno: ll-12rl3-143-{14,50)-155-163-174-18 — Id. della coscia: 131-137-139-1413- 144-1453-1462-(146,5O)-148-150,>-153-1552-156-158-159-162 — Id. della gamba: 123- 124- 130-13l2-132-1342-(134,5O)-135-137-1382-1394-140-142-1442-146 — Id. del piede: 214-215-221-224-2282-230-232-234-235-2382-(239)-240-2422-245-2463-250-264 — Idem del 1° dito: 332-352-362-37-384-394-40-412-42,-47 — Id. del 2° dito: 592-60-61-62-632- 64-665-69-7O2-723-732 — Id. del 3° dito: 91-96-97-983-99-101-103-105-(lO5,5O)-106- IO84-IO9-IIO2-III-II3-I2O — Id. del 4° dito: 134-1412-144-145-149-150-1512-152- 1533-156-157-159-161-163-1683 — Id. del 5° dito: 90-91-932-962-97-984-99-100-101- IO2-IO3-IO4-IO5-IO83 — Id. del tubercolo metatarsale interno: I5-I64-I77-I87-I9- 21- 23 — Id. esterno: 82-9c-102-ll3-12g-143 — Id. dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 27-28-29-82-334-342-(34,50)-352-363-372- 38-392-42 — Id. dall'apice del 2° dito : 39-412-422-43-444-45-462-47-483-492-50-53 — Id. dall'apice del 3" dito: 54-60-622-632-643-664-67-70-712-72-74-782 — Id. dall'apice del 4° dito: 10-ll-12c,-14-15-162-174-182 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 45-48-49- 50-51-524-53-(53,5O)-543-552-57-58-59-603-62. Femmine in amore di Corfìi. Lunghezza del capo: 86-972-982-992-(lOO,5O)-10l2-103-104-1053-1063-107-108- IO94-IIO-III2-II5 — Larghezza del capo all'angolo del mascellare: 108-110-112-114- 117-1185-119-1203-1222-(122,5O)-1244-126-128-1292-136-137 — Id. a metà degli occhi: 86-87-91-92-93-942-95-973-982-(lOO,5O)-101-1022-1033-1042-105-1062-lll-115 — Idem alle narici: 20-234-24-253-265-274-283-294-30 — Altezza del capo alla regione timpa- nica: 35-37-89-4O4-4I5-42-434-442-463-472-48-5I — Id. alle narici: 21-236-243-256-264- 273-282-292 — Id. lunghezza obliqua: IO5-IO82-IO92-IIO-III3-II23-II4-II52-II6-II84- 1224-(124,50)-131-144 — Diam. interorbitale : 22-234-243-253-263-273-282-295-35-36- — Id. dall'apice del muso alle narici: 0-3-65-73-8-(8,5O)-9-104-ll3-123-132-142 — Idem dalle narici all'occhio: 234-243-255-263-273-282-296 — Id. dall'occhio al timpano: Oig- 22- 35-4 — Diam. trasversale dell'occhio: 34-353-372-382-392-403-(4O.5O)-4l4-422-434- 45-46-47 — Id. minimo del timpano: I33-I45-I53-I62-I7G-I83-I93-2I — Id. massimo: 132-144-152-16-175-184-196-20-21 — Lungh. delle parotidi : 69-70-71-752-764-77-793-802- (80,50)-8l3-82-852-862-88-92 — Id. larghezza: 232-27-28-295-305-312-332-34-352-37- 38-41-43 — Id. del braccio: 97-102-1043-1052-107-1092-110-1112-1123-1154-117-117- II82-I24-I25 — Id. dell'avambraccio: 74-8l3-842-852-87-(87,5O)-883-892-90-925-93- 942-IOI2 — Id. della mano: 842-852-862-873-883-892-902-(9O,5O)-925-93-943-97 — Idem del 1° dito: 35-393-40-4l2-422-(42,5O)-433-44-452-465-47-502 — Id. del 2» dito: 27-302- 322-33-345-353-362-374-392-4I3 — Id. del 3° dito: 43-442-45-46ii-472-484-49-50-5l2 — Id. del dito: 28-29-302-3l4-322-334-344-353-(35,5O)-372-39-43 — Id. del tubercolo palmare mediano: 142-15-16-176-(17,5O)-184-196-205-21 — Id. dell'interno: 63-75-94- IO6-II3-I22-I3-I42 — Id. della coscia: 125-128-129-1312-132-138-134-1362-137-1382- 139-1432-(144,50)-1442-1452-148-1492-151-152-164 — Id. della gamba: 115-118-1222- 125- 1263-(126,5O)-1282-1292-1304-13l3-132-133-134-136-137o-138 — Id. del piede : 197- 2 1 2-214-2154-2 1 62-2 1 82-219-(2 1 9,5O)-2233-2244-228-229-230-23l2-236-242 — Id. del 1° dito: 31-32-883-844-356-862-372-892-(39,5O)-402-41-44-48 — Id. del 2° dito: 50-522- 58-54-55-56-57-582-592-(6O)-6l3-62-683-64-652-66-69-702 — Id. del 8« dito: 84-87-88- 45 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRTDIS LaUI'., ECC. 227 90-922-93-943-95-962-972-988-992-100-101-103-104-107-108 — Id. del dito: 132-133- 1342-137-138-139-140-141-1422-143,;-1443-145-(145,5O)-loM55-15G-ló9 — Id. del 5° dito: 842-862-87-902-923-943-95-(95,5O)-97-982-99-lUM04-107 — Id. del tubercolo me- tatarsale interno: 142-15,-16-177-184-191-204-21-22 — Id. dell'esterno: G2-73-97-IO4- II2-I22-I3-I4 — Distanza dall'apice del 1" dito a metà del margine libero della mem- brana interdigitale: 25-29-30,,-3l3-322-33r(33,5O)-345-353-362-37-42 — Id. dall'apice del 2° dito: 35-41-42-433-(43,5O)-44-467-473-485-50-51-522 — Id. dall'apice del 3° dito: 58-6l3-633-64-65-(66,5O)-67-682-69,r70-7l2-723-75 — Id. dal 4° dito: 142-153-16-172- 183-194-205(2O,5O)-2l2-222-23-27 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 462-47-50-512- 527-532-(53,50)-54-553-562-58-592-61i. Maschi in amore di Candia. Lunghezza del capo: 95-99-(100,50) — Larghezza del capo all'angolo del ma- scellare: 113-117-(117,50)-118-122 — Id. a metà degli occhi: 93-94-95-(97)-101 — Id. alle narici: 24-252-26 — Id. Altezza alla regione timpanica: 42-44-462 — Idem alle narici: 24-252-26 — Lungh. obliqua del capo: 101-104-(lO6,5O)-108-112 — Dia- metro interorbitale: 252-(25,50ì-262 — Id. dal muso alle narici: 7-10-(ll)-13-15 — Id. dalle narici all'occhio: 21-(23,50)-252-26 — Id. dall'occhio al timpano: 34 — Diametro trasv. dell'occhio: 37-39-412 — Diametro minimo del timpano: 3-(ll,50)- 152-20 — Id. massimo: 18-19-20-(21,5O)-25 — Lunghezza delle parotidi: 69-(73)- 74-76-77 — Larghezza id.: 29-31-(32)-33-35 — Lunghezza del braccio: 123-127-128- (130)-137 — Id. dell'avambraccio: 95-98-99-101 — Id. della mano: 88-90-91-(93)-98 — Id. del 1° dito: 37-39-412 — Id. del 2° dito: 30-31-32-(32,5O)-35 — Id. del 3" dito: 37-39-41. — Id. del 4° dito: 25-26-(30)-31-35 — Id. del tubercolo palmare mediano: 20-2l2-(22.5O)-25 — Id. dell'interno: 19-202-21 — Lunghezza della coscia: 148-149-{150,50)-153 — Id. della gamba: 134-13S-(141)-148 — Id. del piede: 236- 237-239-(239,50)-243 — Id. del 1° dito: 35-(39,5O)-40-44 — Id. del 2° dito: 59- (65,50)-66-69-72 — Id. del 3° dito: 94-(lO6,5O)-107-lll-113 — Id. del 4° dito: 148-152-153-(153,50)-lo9 — Id. del 5° dito: 89-96-101-103 — Lungh. del tuber- colo tarsale interno: 15-16-(17,5O)-20 — Id. dell'esterno: 53-(9)-13 — Distanza dal- l'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 33-36- 37-41 — Id. dall'apice del 2° dito: 39-(45)-46-48-51 — Id. dall'apice del 3'^ dito: 62- 63-64-66 — Id. dall'apice del 4° dito: 5-10-(ll,5O)-16-18 — Lunghezza della ripie- gatura tarsea: 58-59-61-62. Femmine in amore dell'isola di Candia. Lunghezza del capo: 93-95-992-1002-(lOO,5O)-10l2-103-105-108 — Larghezza del capo all'angolo del mascellare: 112-113-114-115-1162-(117,50)-118-119-1222-123- — Id. a metà degli occhi: 902-912-93-95-982-99-100^ — Id. alle narici: 212-222-23-242- (24,50)-252-26-28 — Altezza del capo alla regione timpanica: 40-412-422-432-442-462 — Id. alle narici: 222-24-253-263-282 — Lunghezza obliqua del capo: IOO-IOI2-I02- IO44-IO82-II6 — Diametro interorbitale; 24-25.2-262-27-(27.5O)-29-30-31 — Id. dal muso alle narici: 03-2-3-4-52-(8)-10-ll-14 — Id. dalle narici all'occhio: 22-242-252-263- 27-282 — td. dall'occhio al timpano: 20-34-4-53-8 — Id. trasversale dell'occhio: 38»- 228 LORENZO CAMERANO 46 40-41 4-42-44.2 — Id. minimo del timpano: 10-133-(13,5O)-14-15-16-173 — Id. mas- simo: 132-152-16-173-19-20-21 — Lunghezza delle parotidi : 7l2-72-74-75-(76,50j-77- 78-79-81,-82 — Largh. id.: 25-27-29-31-32-33-35-36-38-39-41 — Lungh. del braccio: 111-115-116-1182-1192-(119,50)-1222-123-128 — Id. dell'avambraccio: 842-85-86-89- (8O,5O)-90-92-93-94-952 — Id. della mano: 82-83-84-852-86-87-892-90 — Id. del 1° dito: 35-37-392-(39,5O)-40-4l3-432-44 — Id. del 2° dito: 31-32-335-35-362-39 — Id. del 3° dito: 39-40-433-44-(45)-46,-48-50-51 — Id. del 4» dito: 283-30-3l2-(32)-333- 35-36 — Diam. mass, tubercolo palmare mediano : 16-182-19-202-212-222-24 — Id. del- l'interno: 82-9-103-ll2-(13)-14-16-18 — Lungh.della coscia: 122-1282-129-(130,50)-132- 133-134-137-1382-139 — Id. della gamba: 1182-119-120-122-1232-124-1272-(128,5O)- 139 — Id. del piede: 195-202-204-(2O5,5O)-208-211-212-2132-2163 — Id. del 1° dito: 334-35-362-(37,50)-393-42 — Id. del 2° dito: 51-52-54-55-57-58-(58,50)-59-61-62-63-66 — Id. del 3» dito: 83-85-89-91-(91,5O)-933-94-952-100 — Id. del 4° dito: 123-126- 1282-129-1332-(133,50)-134-138-139-144 — Id. del 5° dito: 8l2-83-84-85-872-(87,50)- 892-90-94 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 15-16-172-18-19-20-212-22-25 — Id. esterno: 52-89-9-10-112-12-15-17 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdig. : 26-28-293-30-(3O,5O)-333-34-35 — Id. dal- l'apice del 2" dito: 38-39-4l3-43-442-46-(46,50)-55 — Id. dall'apice del 3° dito: 51- 56-57-58-(58,50)-59-623-663 — Id. dall'apice del 4« dito: 10-12-14-153-16-17-18-19-22 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 43-46-48-49-50-512-54-552-57. Maschi in amore di Ancona. Lunghezza del capo: 104-106-(lO9,5O)-112-113-115 — Larghezza del capo agli angoli dei mascellari: 116-118-120-(121)-r24-126 — Id. a metà degli occhi: 92-93- 94-95-(105)-118 — Id. alle narici: 23-24-(24,50)-252-26 — Altezza del capo a metà della regione timpanica: 42-44-(45)-46-47-48 — Id. alle narici: 232-24-(25)-272 — Lungh. obliqua del capo dall'angolo mascellare al muso: 111-113-(114,50)-1152-118 — Diametro interorbitale : 22-23-24-262 — Distanza dall'apice del muso alle na- rici: ll2-(14,50)-16-17-18 — Id. dalle narici all'occhio: 21-23-(23,50)-24-25-26 — Id. dall'occhio al timpano: O2-3-62 — Diametro massimo trasversale dell'occhio: 39-4l2-(41,50)-42-44 — Id. minimo del timpano : ll2-12-(15)-16-19 — Id. mas- simo: ll2-14-(15)-16-19 — Lungh. massima delle parotidi: 79-82-(84)-85-86-89 — Larghezza id. : 38-39-41-42-44 — Lunghezza del braccio: 126-129-130-137-148 — Id. dell'avambraccio: 87-(94)-96-97-100-101 — Id. della mano: 83-87-90-96-97 — Id. del 1° dito: 35-(37,5O)-38-39-402 — Id. del 2° dito: 30-33-34-35-(36)-42 — Id. del 3° dito: 41-42-44-(44,50)-46-48 — Id. del 4° dito: 24-26-(26,50)-27-28-29 — Dia- metro massimo del tubercolo palmare mediano: 18-19-20-(2O,5O)-21-23 — Id. del- l'interno: 8-ll-12-(12,50)-16-17 — Lungh. della coscia: 120-129-(134)-136-138-148 — Id. della gamba: 126-129-(132)-136-1382 — Id. del piede: 2242-(233)-235-238-242 — Id. del 1° dito: 33-(39)-4 1-42-43-45 — Id. del 2o dito: 59-60-(64)-692-73 — Id. del 3° dito: 89-93-(lOl)-109-lll-113 — Id. del 4° dito: 142-148-(153)-155-159-164 — Id. del 5° dito: 89-97-98-106-107 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 27-30- 32-34-37 — Id. dell'esterno: 162-17-18-(19,50)-23 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 27-30-32-34-37 — Id. dal- 47 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUP., ECC. 229 l'apice del 2» dito: 41-42-44-46-(48,50)-r)6 — Id. dall'apice del 3» dito: 59-(i0-(66)- 692-73 — Id. dall'apice del 4" dito: ll-16,,-(17)-21-23 — Lunghezza della ripiegatura tarsea : 49-51-5a-(56)-58-63. Maschi in a»iore del Lago Trasimeno. Lunghezza del capo: 108-lll;j-(112)-1132-1152-llG — Larghezza del capo agli angoli dei mascellari: 116-118-120-(125)-126-128-1322-133-134 — Id. a meta dogli occhi: 89-90-91-94-(94,5O)-96-972-98-100 — Id. allo narici: 232-24-253-26-27-29 — Altezza del capo alla regione timpanica: 40-43-443-46-(46,5O)-47-48-53 — Id. alle narici: 242-252-263-(26,50)-28-29 — Lungh. obliqua del capo dall'angolo mascellare al muso: 100-103-104-lU7-108-109-110-(lll)-113-122 — Diametro interorbitale: 21- 23-24-252-(25,5O)-26-28-29-30 — Distanza dall'apice del muso alle narici: 62-83-9- (11,50)-13-14-15-17 — Id. dalle narici all'occhio: 21-22-232-24-252-26-29 — Id. dal- l'occhio al timpano: O4-2-33-G — Diam. massimo trasversale dell'occhio: 38-393-402- 41-42-44 — Id. minimo del timpano: 12-142-(14,50)-15-162-172 — Id. massimo: 12- 143-(15)-162-172-18 — Lungh. mass, delle parotidi: 72-74-762-78-792-(80.50)-86-89 — Larghezza id. : 34-35-36-37-38-(39)-40-4l2-44 — Lungh. del braccio: 108-(123.5O)- 1263-1272-129-134-139 — Id. dell'avambraccio: 89-91-92-94-962-97-992 — Id. della mano: 83-85-86-892-(91)-92-96-97-99 — Id. del l«dito: 36-38-392-40-(41)-422-44-46 — Id. del 2" dito: 27-28-30-31-(31,5O)-322-33-35-36 — Id. del 3° dito: 33-34-38-39- (39,50)-423-44-46 — Id. del 4° dito: 25-262-27-28-29-(30)-34-35 — Diametro mass, del tubercolo palmare mediano: 18-19-20-2l2-(21,5O)-22-232-25 — Id. dell'interno: 9-ll-r2-(13)-15-162-173 — Lunghezza della coscia: 126-127-129-1332-134-(134,50)- 1382-143 — Id. della gamba: 122-124-126-127-128-1323-133-134 — Id. del piede: 211-220-(226,5O)-227-234-2352-2382-242 — Id. del l°dito: 33-34-37-382-393-(39.50)-46 — Id. del 2° dito: 61-632-643-(65)-662-69 — Id. del 3» dito: 94-99-100-101-(lO1.5O)- 102-103-104-108-109 — Id. del 4° dito: 139-148-149-(149,5O)-150-155-156-157-158-lG0 — Id. del 5«dito: 83-(93)-95-972-99-100-1022-103 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 16-174-19-(19,5O)-20-21-23 — Id. dell'esterno: 83-93-IO-I2-I6 — Distanza dall'apice del P dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 26-28-30.r(3O.5O)-32-33-342-35 — Id. dall'apice del 2° dito: 392-40-42-43-(43,5O)-44- 46-47-48 — Id. dall'apice del 3° dito: 55-(62.5O)-63s-64-662-69-70 — Id. dall'apice del 4° dito: Il2l2-13-14-(14,50)-15-172-18 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 502-52- 53-(53,50)-543-572. Maschi in amore di Campobasso. Lunghezza del capo: 99-1002-101-108-1092-ll0-(lll,5O)-l 13-1 142-124 ~ Largh. del capo agli angoli dei mascellari: 112-113-115-116-117-118-120-1232-124-126 — Id. a metà degli occhi: 81-83-893-91-92-93-952-96-103 — Id. alle narici: 213-235-242-252 — Altezza del capo alla regione timpanica: 36-392-40-4 12-(42)-432-44-45-46-48 — Id. allo narici: 20-233-244-(24.5O)-25-26-28-29 — Lunghezza obliqua del capo dal- l'angolo mascellare al muso: 100-101-102-104-106-1093-110-113-{113,5O)-123-133 — Diametro interorbitale: 21-24-252-(25.5O)-26-27-28-292-303 — Distanza dMirapice del 230 LORENZO CAMEBANO 48 muso alle narici: 32-5-11-12-13-142-15-17-18-21 — Id. dalle narici all occhio : 19-20- 21-22-23-242-252-26-292 — Id. dall'occhio al timpano: 0-22-38-5 — Diametro mass, trasversale dell'occhio: 34-352-36-382-39-402-412-44 — Id. minimo del timpano: 3-(10)- II2-I33-I4-I53-I72 — Id. massimo: 132-142-153-174 — Lunghezza massima delle parotidi: 70-773-79-81-82-85-862-90-92 — Larghezza id.: 27-28-352-382-39-402-412-43 — Lunghezza del braccio: 107-112-113-(122,5O)-124-127-128-1292-130-1322-138 — Id. dell'avambraccio: 83-86-892-90-91-(91,5O)-97-98-1003 — Id. della mano: 80-81- 83-85-86-(86,5O)-892-902-92o-93 — Id. del Indite: 38-393-40-413-43-44-45-48 — Id. del 2° dito: 28-3O3-3I-32-33-343-35-38 — Id. del 3° dito: 33-36-38-39-(39,5O)-402-4l3- 43- 44-46 — Id. del 4° dito: 23-242-262-(26,5O)-27-282-29-303 — Diametro mass, del tubercolo palmare mediano: 17-18-19-202-212-22-232-24-25 — Id. dell'interno: Ug- 162- 174-(18)-192-20-22 — Lunghezza della coscia: 118-124-129-{130)-131-1322-134- 137-138-139-140-142 — Id. della gamba: 118-120-122-124-125-(127,5O)-129-130- 1322-1332-137 — Id. del piede: 207-216-220-225-227-(229,5O)-2352-236-237-238- 242-252 — Id. del 1° dito: 32-34-352-(37,5O)-38-393-40-4l2-43 — Id. del 2" dito: 592-63-64-(65)-662-67-68-692-70-71 — Id. del 3° dito: 89-97-103-1042-106-107-1092- (111)-113-115-133 — Id. del 4° dito: 136-140-149-150-(151)-154-1552-158-159-161- 163- 166 — Id. del 5" dito: 86-892-92-93-95-96-97-1002-104-106 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 15-16-172-(17,5O)-183-19-204 — Id. dell'esterno: IO-II3-I32-I42- (14,50)-1 52-17-19 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 28-30-32o-33-342-(34,5O)-35-36-402-41 — Id. dall' apice del 2° dito: 432-452-472-49-50-512-52-57 — Id. dall'apice del 3° dito: 59-64-652-662- (66,5O)-67-68-69-70-71-74 — Id. dall'apice del 4° dito: 10-12-133-142-(16,5O)-172- I82-23 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 472-49-50-51-522-542-572-67. Maschi in amore di Taranto. Lunghezza del capo: 108-(llO)-lll2-112 — Larghezza del capo agli angoli dei mascellari: 114-116-(119)-1222-124 — Id. a metà degli occhi: 90-94-95-96-102 — Id. alle narici: 22-24-(25)-262-28 — Altezza del capo alla regione timpanica: 422- 44- (46)-48-50 — Id. alle narici: 22-24-25-262 — Lungh. obliqua del capo dall'an- golo mascellare al muso: 95-106-(lO7,5O)-ll 1-112-120 — Diametro interorbitale : 25-262-(28)-30-31 — Dist. dall'apice del muso alle narici: 3-12-14-16-21 — Id. dalle narici all'occhio: 21-(23)-242-252 — Id. dall'occhio al timpano: O3-32 — Diametro mass, trasversale dell'occhio: 39-(41)-423-43 — Id. minimo del timpano: I22-I4-I62 — Id. massimo: I22-I4-I62 — Lungh. mass, delle parotidi: 69-78279-(90,50)-112 — Larghezza id.: 26-33-(34,50)-36-37-43 — Lungh. del braccio: 122-124-(127,50)- 1322-133 — Id. dell'avambraccio: 85-89-90-(92)-95-99 — Id. della mano: 83-(86,50)- 87-9O3 — Id. del 1° dito: 31-39-(39,50)-422-48 — Id. del 2" dito: 31-322-332 — Id. del 3» dito: 37-392-(40)-42-43 — Id. del 4« dito: 22-26-(28)-30-31-34 — Diam. massimo del tubercolo palmare mediano: 192-{20,50)-2l2-22 — Id. dell'interno: 11- (14,50)-162-17-18 — Lungh. della coscia: 127-(135,50)-137-138-139-144 — Id. della gamba: 1222-124-126-(127)-132 — Id. del piede: 216-217-222-(224,5O)-230-233 — Id. del 1° dito: 322-36-(37,50)-39-43 — Id. del 2° dito: 53-(61)-662-68-69 — Id. del 3° dito: 89-95-99-102-(lO2,5O)-116 ~ Id. del 4° dito: 143-144-(148)-149-150-153 — 49 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUI'., ECC. 231 Id. del 5° dito: 90-94-(94,5O)-95-96-99 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 15- 16- 17-192 — Id. dell'esterno : 5.2-62-(7)-9 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 26-31-32-(32,50)-33-39 — Id. dal- l'apice del 2° dito: 33-(38)-423-43 — Id. dall'apice del 3" dito: ()l-62-63-(65)-66-69 — Id. dall'apice del 4'' dito: 5-62-(6,50)-82 — Lunghezza della ripiegatura tarsea: 37- 42-43-47-(48,50)-(K). Maschi in amore di Catania. Lunghezza del capo: lll-115-116-117-118-1202-(121,5O)-1222-123-1243-126-129- 131- 132 — Largh. del capo agli angoli dei mascellari: IOI2-IO2-IO4-IO62-IO73-IO80- 109-110-lll-(lll,5O)-113-120-122 — Id. a metà degli occhi : 872-90-932-94-95-902- 98s-100-10l2-102-103 — Id. alle narici: 21-24-(24,50)-252-266-275-282 — Altezza del capo a metà della regione timpanica: 39-40-413-423-43-444-45-46-48-49 — Id. alle narici: 2l2-23-242-(24,50)-252-264-274-282 — Lunghezza obliqua del capo dall'angolo mascell. al muso: 102-103-1042-107-108-lll-112-(112,5O)-113-1153-1162-118-122-123 — Diam. interorbitale: 24.252-26o-272-282-(28,50)-29-30-31-33 — Distanza dall'apice del muso alle narici: 06-35-22-53-(5,5O)-8 — Id. dalle narici all'occhio: 243-253-265-273- (27,5O)-282-30-31 — Id. dall'occhio al timpano: 09-12-22-33-5 — Diametro massimo trasv. dell'occhio : 362-372-384-392-(40)-41-423-432-44 — Id. minimo del timpano : 11- 132- I5-I67-I7-I9-2O2-2I — Id. massimo: 11-152-166-17-18-193-202-21 — Lungh. mass, delle parotidi: 71-72-73-74-76.2-772-78-793-80-81-(82,5O)-87-90-94 — Larghezza id.: 31- 32-332-35-36-373-382-(38,5O)-39-40-422-43-46 — Lunghezza del braccio: 120-1222-123o- 124-125-1273-129-(129,50)-131-133-134-1372-139 — Id. dell'avambraccio: 69-(85)-892- 9O2-92-933-952-96-97-983-IOI — Id. della mano: 74-79-82-862-872-88-892-902-93-94- 96-982 — Id. del 1" dito: 362-373-383-39-40-(4O,5O)-4l2-42-442-45 — Id. del 2« dito: 26-272-312-322-332-34-35-363-37-38 — Id. del 3« dito: 362-372-382-39-4l2-42-(42,50)- 432-46-47-48-492 — Id. del 4° dito: 25-264-274-282-29-(30,50)-31-32-332-36 — Diametro massimo del tubercolo palmare mediano: 17-202-2l4-(21,5O)-225-233-26-27 — Id. del- l'interno: 5-103-ll5-13-(14,5O)-15-16-17-18-19-21-24 — Lunghezza della coscia: 123- 132-133-1342-135-136-137-138-140-{141)-144-147-148-150-151-153-159 — Id. della gamba: 123-1273-1293-133-1342-(135)-136-1372-138-139-1472 — Id. del piede: 206-221- 224-225-227-229-2313-232-2352-238-240-243-248-252 — Id. del 1° dito: 322-35-362-37- 386-39-40-412-42-46 — Id. del 2" dito: 59-62-632-64-65-66-672-68-69-71-722-(72,50)-76- 77-86 — Id. del 3° dito: 95-982-99-101-102-106-107-(lO8,5O)-110-lll2-1132-1152-122 — Id. del 4° dito : 138-1432-144-148-149-150-1512-152-1532-155-158-159-164-172 — Id. del 5° dito: 87-90-933-94-952-962-97-98-99-(99,5O)-100-103-104-112 — Id. del tubercolo metatarsale interno: I52-I64-I73-I92-2O-2I3-22 — Id. dell'esterno: 84-103-ll4-(12)-132- I42-I62 — Distanza dall'apice del I** dito a metà del margine libero della mem- brana interdigitale: 25-262-27-28-30-31-324-34-363-392 — Id. dall'apice del 2° dito: 34-37-38-4l3-423-43-443-45-(45,50)-472-56 — Id. dall'apice del 3° dito: 53-56-582-59- 63-(64,5O)-663-673-70-71-72-74-76 — Id. dall'apice del 4° dito: 10-11-132-14-154-166- 17- 222 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 49-51-532-552-56-572-582-59-602-61-62-69. 232 LORENZO CAMERANO 50 Maschi in amore di Tiflis. Lunghezza del capo: 107-108-109-110-(116,5O)-124-126 — Larghezza del capo agli angoli dei mascellari: 123-r24-127-128-(130,50)-184-138 — Id. a metà degli occhi: 97-99-100-101-(lO2,3Oj-105-108 — Id. alle narici: 21-24-23-(25.5O)-26-27-30 — Altezza del capo alla regione timpanica: 43-442-46-47-(48,50)-54 — Id. alle narici: 25-26-272-(27,5O)-302 — Lunghezza obliqua del capo: 105-113-2-114-(114,5O)-120-124 — Diam. interorbitale : 26-272-28-302 — Dist. dall'apice del muso alle narici: 5-9-11-13- (14)-18-23— Id. dalle narici all'occhio: 23-24-25-(26,5O)-27-302 — Id. dall'occhio al timpano: 2-33-4-6 — Diam. mass, trasvers. dell'occhio: 39-40-412-42-43 — Id. minimo del timpano: 11-12-13-14-(14,50)-15-18 — Id. massimo : 11-14-(14,50)-15-18 — Lun- ghezza delle parotidi: 75-78-81-(88,5O)-89-94-102 — Largh. id.: 36-40-41-(42,5O)-482-49 — Lungh. del braccio: 118-126-132-(133)-134-137-U8 — Id. dell'avambraccio : 88-90- 942-97-(98,5O)-109 — Id. della mano: 83-892-90-(94)-97-105 — Id. del 1° dito: 33- 36-(40)-42-43-44-47 — Id. del 2° dito: 27-30-31-32-33-35 — Id. del 3° dito: 35-36-39- 41- (41,50)-43-48 — Id. del 4° dito: 23-24-(27,5O)-303-32 — Diam. del tuberc. palmare mediano: 21-22-242-25-27 — Id. dell'interno: 12-15-16-(16,5O)-18-20-21 — Lunghezza della coscia: 132-138-(141)-142-149-1502 — Id. della gamba: 123-126-129-130-(132)- 136-141 — Id. del piede: 2072-220-222-(224,5O)-228-242 — Id. del 1° dito del piede: 27-30-32-(33)-35-36-39 — Id. del 2° dito del piede: 592-60-61-(61,5O)-642 — Id. del 3" dito del piede: 94-99-100-(lOO,5O)-101-102-107— Id. del 4° dito: 140-142-143-144- 146-(150,50)-161 — Id. del 5° dito: 89-94-962-(96,5O)-97-102 — Id.del tubercolo meta- tarsale interno: 18-213-23-24 — Id. dell'esterno: 4-52-(ll)-12-15-18 — Distanza dal- l'apice del 1° dito a metà del mai'gine libero della membrana interdigitale: 26-27-32- {33,50)-35-36-41 — Id. dall'apice del 2° dito: 442-46-47-482 — Id. dall'apice del 3° dito: 55-592-60-(62,5O)-66-70 — Id. dall'apice del 4° dito: 7-132-15-(15,50)-21-24 — Lunghezza della ripiegatura tarsea: 47-(53,5O)-542-55-57-60. \ Maschi in amore di Eoma. Lunghezza del capo: 106-108-(llO,5O)-lll-112-115 — Larghezza del capo agli an- goli dei mascellari: 124-1263-(127)-130 — Id. a metà degli occhi: 94-96-97-(97,50)- 99-101 — Id. alle narici: 242-25-26-28 — Altezza del capo alla regione timpanica: 42- (46,5O)-47-48-50-51 — Id. alle narici: 23-242-252 — Lunghezza obliqua del capo: 1122-115-(116)-1202 — Diametro interorbitale: 282-29-30-(3O,5O)-33 — Distanza dal- l'apice del muso alle narici: 9-(10,50)-l I-I23 — Id. dalle narici all'occhio: 27-282-(28,50)- 29-30 — Id. dall'occhio al timpano: O3-32 — Diam. mass, trasvers. dell'occhio: 40-412- (41,50)-42-43 — Id. min. del timpano: 123-(15)-17-18 — Id. massimo: 122-14-(15)-17-18 — Lungh. delle parotidi: 65-72-(73)-76-80-81 — Largh. id.: 34-36-37-(37,50)-38-41 — Lungh. del braccio : 118-126-(128)-133-137-138 — Id. dell'avambraccio: 89-90-93-95- (96)-103 — Id. della mano: 89-93-95-96-97 — Id. del 1° dito: 36-37-38-(38,5O)-40-41 — Id. del 2° dito: 30-32-(32,5O)-342-35 — Id. del 3° dito: 43-442-(45,50)-46-48 — Id. del 4° dito: 28-29-302-32 — Diametro massimo del • tubercolo palmare mediano: 21-22-23-25-(25,5O)-30 — Id. interno: r2-(15,50)-182-192 — Lunghezza della coscia: 136-138-1432-(144)-152 — Id. della gamba: 124-(131,50)-132-137-138-139 — Id. del piede: 234-240-242-(249.5O)-258-265 — Id. del P dito: 40-43-44-47-48 — Id. del 51 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUF., ECC. 233 2° dito: 68-70-71-72-71 — Id. del 3« dito: 100-102-10f)-(lO7)-10!)-114 — Id. del 4° dito: 149-lo3-156-(157,50)-158-166— Id. del 5«dito: 99-10G-(lO6,5O)-108-109-I14 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 182-192-20 — Id. dell'esterno: 6-92-11-12 — Distanza dall'apice del 1" dito a metà del margine libero della membrana interdi- gitale: 34-35-36-37-38 — Id. dall'apice del 2° dito; 42-46-(46,5O)-47-o0-51 — Id. dal- l'apice del 3° dito: 60-65-68-69-70 — Id. dall'apice del 4" dito: 11-123-(14,50)-18 — Lunghezza della ripiegatura tarsea: 52-54-56-57-(58.50)-65. Maschi in amore ed a o ed .9 o Ijiinsfliez/a del cuTict 109 114 116 J. X 'J 103 X V V 102 114 X X% JiSivf'ln del cann flcH anofolì Hfiì maQPfillarì 131 126 127 129 120 139 X O «7 Td il metà decli orrlii 98 96 106 98 98 107 Id alle narici 22 30 25 26 27 21 Alt del ciìTtn a metà flplla rfio* t.imnfiìiipn 44 48 44 41 ^ X 44 44 Td alle ntirioi 22 24 25 26 22 25 ^O Ijiinfli obi del r.ano dall'ano" mfl«jp al mncio 109 108 116 J. A 108 107 xv # 126 lìianietro intei'orbitalp 27 36 26 22 ^ &À 32 3 12 1 7 X f e; X o Q fd (Iflllp Ti p ri ni ali *orr,}iin 25 30 26 22 32 Tfl dp 1 1 'npp.Viin al timnann Q Q KJ Vi T)imTipf,rn mflQtiiiTìn fradvprcalA Hpll'pppViin J_/ lciIll\Juli-i JlIcioollIlV^ UlCloVUl odi v7 38 42 42 41 X 40 44 In m 1 11 1 TTì Ci fi pi fi m riti n n 1 6 12 1 7 X 1 1 5 X %j 1 3 X o 13 X o In TTÌ A ticinn n H p1 ■himTìQTi r» 1 6 12 19 X O 1 5 X ti X o 13 X o T -IITÌ Cfn P77M ìli *ì ClCl ITI Q dpllp "nQmfidi AJiÀll^xlX^ct/jili Ili ctoolll 1 et \JL"lx\^ Lidi U LiUl • • • 9,7 78 94 82 ov 114 X X ^ T ,;1 rcr 11 pyvil ìf\ \f\ oo ^0 o\j 44 19 14 T .ITTI crii P77Q HpI Virappir» 14-2 1 91 1 29 X ^ «7 12Q X fai i7 126 In npil *n v5imHì*5ippin 93 Ql 93 93 i70 95 TH dplljì, TTiaiiA 98 91 82 84 95 Td del 1" dito 38 42 44 36 Oli 40 44 Td dpl 9o Hifn oo 30 33 26 27 38 OLJ Td dpl ^" dito 45 44 OU ^1 O X Td dpl io dito 97 30 28 27 QO O-i i-/ictiii. iiicis.^. tuueiculu pdiiiiciie uieuiciiio . 99 24 22 • 21 O X 24- 22 Id. id. id. id. interno . 11 21 17 15 18 19 Lunghezza della coscia 142 150 144 129 129 152 132 130 129 124 139 246 240 222 206 204 240 Id. del 1" dito 38 36 39 36 40 38 Id. del 2° dito 76 66 61 62 62 76 Id. del 3° dito 115 102 100 93 93 107 Id. del 4° dito 164 150 144 139 133 152 Id. del 5" dito 115 102 100 87 89 107 Lungh. del tubercolo metatarsale interno 16 27 22 18 18 19 Id. id. id. esterno 5 18 8 15 9 6 Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigitale 33 30 28 31 31 44 Id. id. id. 2° dito 49 48 44 41 44 51 Id. id. id. 3° dito 71 66 66 57 62 70 Td. id. id. 4° dito 16 12 19 15 22 19 Lunghezza della ripiegatura tarsea . . . 66 54 55 1 51 53 63 234 LORENZO CAMERANO 52 Femmine in amore Lunghezza del capo Largh. del capo agli angoli dei mascellari . Id. a metà degli occhi Id. alle narici Alt. del capo a metà della regione timpanica Id. alle narici Lungh. obi. del capo dall'angolo masc. al muso Diametro interorbitale Distanza dall'apice del muso alle narici . . Id. dalle narici all'occhio Id. dall'occhio al timpano Diametro massimo trasversale dell'occhio . Id. minimo del timpano Id. massimo del timpano Lunghezza massima delle parotidi .... Larghezza id. id. .... Lunghezza del braccio Id. dell'avambraccio Id. della mano Id. del 1° dito della mano Id. 2° dito id Id. 3« dito id Id. 4'' dito id Diam. mass, del tubercolo palmare mediano Id. id. id. interno Lunghezza della coscia Id. della gamba Id. del piede Id. del 1° dito del piede Id. 2" dito id Id. B" dito id Id. 4'^ dito id Id. 5° dito id Lunghezza del tubercolo metatarsale interno Id. id. id. esterno Dist. dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale . Id. id. del 2° dito Id. id. del 3° dito Id. id. del 4° dito Lunghezza della ripiegatura tarsea lIICOIIQi X Ctil. %M\X.\Ì\J 1 01 -1 O^i X U X \.\J o Ql-I 08-1 OQ t7~±"XUO XUÌ7 1 90-1 97 1 1 8-1 9*^ X XO X^Og 1 01 89-87-QO 24 95-98 1 Q-91 .9^ 4S •irO O X 1 00 -X X 94. 9 fi 1 Q.9n.9Q X ij iuKj- uO X\J\J 1 1 A-1 1 9 X xu X X u 1 09-1 01-1 08 XUti-iXU4:-XUO 9Q 9^-98 94-9c,-9fi Li^ UO U\J K O ^3 9Q 9'^-9'^ ^o^o 90--'>4-9fi £iU — 4: 9 Cà 0-9-'^ oo 4.0-4.1 002 ou 1 7 X O" X o 1 4-1 fi-91 X"t X \) LÀ X 1 Q 1 "H-l ^ L O X O 1 1-1 fi-91 X4: X U ù X fi? 78-81-89 ( \- Olà 9Q Là O oo O X OQ.QQ.QC uo 00 0\J X X ti 1 99-1 9^; X X ^o 1 1 8-1 1 Q XXOXXag fifi oo t7U 89 -QO R9 Ou oo ì7 X 78-81 t O-OX-O-j 00--t L m _^8-11 x-00 1 X 9Q 0U"00 ^0 X 00 oo 41 -m Q7-Q8-11 / 00 t: X 97 98-^0 ^o ou 91-9^-9fi U'i LiO LjV 99 90-9^ ^u^o 1 fi-1 q_91 X U X V'u X 1 xu ^-1 o xu 8-Q-1 t7 xu 1 ^4. xo-± 1 ^^-1 49 xoo x^^ 1 11-197-199 XX-X-Xi-i t ± LiU 115 123-127 115-118-119 206 200-218 200-204-207 ■^8 oo 40-4-1 00 OO^X fi9 fiO-fifi uu-uu fil -fi9-fi7 *7U «7U CO UO 0^ 1 ^4. X o^ 1 ^0-1 ^7 xou-xo i X00X04:X00 91 85-91 87-90-95 19 18-20 15-16-19 14 6-10 4-52 84 30-33 26-28-33 43 35-2 33-41-45 58 61-65 52-61-62 24 13-15 9-15-16 56 50-51 51-52-53 Femmine in amore del Lago Trasimeno. Lunghezza del capo: 98-99-102-103-107-1102-116 — Larghezza del capo all'an- golo del mascellare: IIO-II3-II6-II8-I2O3-I22 — Id. a metà degli occhi: 86-88-892- (90.50)-93-942-95 — Id. alle narici : 21-23-(23,50)-24-25-264 — Altezza del capo alla regione timpanica: 422-43-44-46-(46,50)-47-48-51 — Id. alle narici: 2l2-232-(24,50)- 262-27-28 — Lunghezza obliqua del capo: 94-98-99-102-105-(lO7)-110-lll-120 — 53 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUF., ECC. 235 Diametro interorbitale: 214-22-23-26-31 — Distanza dall'apice del muso alle narici: 32-52-(7)-82-10-ll — Id. dalle narici all'occhio: 21.i-22-23-(23,50)-25-26 — Id. dall'occhio al timpano: 2-33-(4)-53-6 — Diam. mass, trasv. dell'occhio: 372-38-(39-50)-41-424 — Id.min. del timpano: 10-133-(14)-I()3-182 — Id. mass.: 10-132-(14)-lG3-18jj — Lunghezza delle parotidi: 68-69-70-722(72,5O)-732-74-77 — Larghezza id.: 31-32-34-35-36-(36,50)- 37-39-42 — Lunghezza del braccio: 104-107-lll2-(112)-113-115-116-120 — Id. del- l'avambraccio: 79-81-82-843-(84,5O)-89-90 — Id. della mano; 74-78-(79,50)-81-82-83- 842-85 — Id. del 1° dito: 37-39-40-41-423-43 — Id. del 2" dito: — '^1 -{3^,50)- 36- 38 — Id. del 3° dito: 372-40-41-423-43 — Id. del 4° dito: 23-(25,50)-265-27-28 — Diam. mass, tubercolo palmare mediano: 18-192-(20,50)-2l3-22-23 — Id. dell'interno: 5-9-10-(lO,5O)-ll3-162— Lungh. della coscia: 113-11()-120-(121)-124-1252-127-129 — Id. della gamba: 1132-115-lirv(116,5O)-119-1202 — Id. del piede: 1933-194-195-199- (2O2,5O)-209-212 — Id. del P dito: 37.r38-39-40-41 — Id. del 2° dito: 522-53-55- (57,50)-59-61-62-63 — Id. del 3° dito : 78-85-(86)-88-89-91-93-942 — Id. del 4° dito: 120-124-125-1292-(129,5O)-133-138-139 — Id. del 5° dito: 78-81-832-(83,50)-84-85- 87-89 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 163-17-18-(19,50)-21o-23 — Id. del- l'esterno: 6-82-IO2-II2-I4 — Distanza dall'apice del 1" dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 28-29-302-(3O,5O)-3l2-32-33 — Id. dall'apice del 2° dito: 37- 39-41-42-43-(43,5O)-47-48-50 — Id. dall'apice del 3° dito : 51-55-572-59-61-632 — Id. dall'apice del 4° dito: 13-14-15-163-17-21 — Lunghezza della ripiegatura tarsea: 42-44-46-(46,5O)-472-48-50-51. Femmine in amore di Catania. Lunghezza del capo: 105-107-(111)-116-117 — Larghezza del capo all'angolo del mascellare: 117-(120,50)-1222-124 — Id.a metà degli occhi: 86-87-(93)-97-lU0 — Id. del capo alle narici: 222-(22,50)-232 — Altezza del capo a metà della regione timpanica: 39-41-(42,50)-44-46 — Id. alle narici: 22-24-(26)-27-30 — Lungh. obliqua del capo: 112-116-(122,50)-124-133 — Diam. interorbitale: 21-24-(24,50)-25-28 — Distanza dal- l'apice del muso alle narici: 0-2-32 — W- dalle narici all'occhio: 21-24-(24,50)-25-28 — Id. dall'occhio al timpano: 0-2-5-6 — Diam. mass, trasv. dell'occhio: 37-38-392 — Id. min. del timpano: 12-13-(14,50)-15-17 — Id. massimo: 12-13-(14,50)-172 — Lungh. delle parotidi: 75-78-(79)-81-83 — Larghezza id. : 39-4l2-(44)-49 — Lunghezza del braccio: 104-106-(llO,5O)-116-117 — Id. dell'avambraccio: 76-(79,50)-833 — Id. della mano: 81-(82)-833 — Id. del P dito della mano: 39-4l2-(41,50)-44 — Id. del 2° dito: 33- 34-37-41 — Id. del 3° dito: 37-(41,50)-42-45-46 — Id. del 4° dito: 25-27-29-33 — Diametro massimo del tubercolo palmare mediano: 19-20-(2O,5O)-21-22 — Id. del- l'interno: 8-ll-(13,50)-15-19i — Lungh. della coscia: 124-(130.50)-1 31-133-137 — Id. della gamba: 112-116-(117)-122-131 — Id. del piede: 203-205-209-(21O.5O)-218 — Id. del 1° dito del piede: 28-(31)-332-34 — Id. del 2° dito: 54-55-58-61 — Id. del 3° dito: 87-91-(92)-94-97 — Id. del 4° dito: 132-(135,50)-136-137-139 — Id. del 5° dito: 81-83-(84)-872 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 15-(16)-173 — Id. del- l'esterno: 6-IO2-I4 — Distanza dall'apice del P dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 28-29-30-(31)-34 — Id. dall'apice del 2" dito: 39-4l2-(41.50)-44 — Id. dall'apice del 3° dito: 55-61-(61,50)-63-68 — Id. dall'apice del 4° dito: 15-172- (18,50)-22 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 462-50-(52)-58. 236 LORENZO CAMERANO 54 'a N s 'ór O o ■3 pq — < > - Ijuno"hezza del capo TjaTì^h del natio ao'li an s'oli dei mascellari 113 101 111 111 100 113 113 125 132 132 135 128 Td a metà de^li occhi 97 96 101 101 100 94 Td allo narici 24 24 26 26 25 27 Alt. del capo a metà della regione timpanica 43 48 53 53 45 49 Td alle narici 21 24 26 26 25 30 Lungh. obi. del capo dall'angolo masc. al muso 113 106 116 116 115 108 Diametro interorbitale 24 29 26 26 25 25 Distanza dall'apice del muso alle narici 5 7 3 3 3 Td dalle na,rici all'occhio 24 29 26 32 25 30 Td dall'occhio a,l timnano 3 3 3 2 Diametro massimo tr.isvei'S;i]e dell'occhio 38 38 42 42 40 44 Td minimo del timnano 13 18 16 16 18 20 Td massimo del timnano 13 18 19 16 18 20 T;nno"he7.za ma,ssima delle naj'otidi 75 91 90 79 75 74 Tjarchezza. id id J-JCC'X wXXV/ZJ£jC4i X va > X VA * • • • > 32 48 37 42 40 44 TiUncrbezza del braccio 124 120 132 138 110 118 Td dell'avambraccio 81 86 90 90 85 89 T H H pi 1 a in a n n 81 86 101 90 85 89 HpI 1 Hito rifilici mano 38 38 48 42 50 39 Id. 2» dito id. 27 31 42 37 40 35 Id 3° dito id 43 43 48 48 45 44 Td 4° dito id 27 29 37 32 30 32 16 24 21 21 25 20 Td 1 d id in fprn cì 8 19 16 11 10 10 Tinno*ViP77a dpllfi, pocip.iìì. 124 134 143 143 135 143 Td dplla sgamba, Td dpl Difìdp 118 120 132 122 HO 133 209 203 243 222 215 222 Td del 1" dito del niede 38 34 37 48 45 44 Id. 2° dito id. 54 58 69 69 70 64 Td B° dito id 97 86 101 106 105 104 Td 4" dito id 134 134 159 148 140 148 Td 5° dito id 91 86 101 101 95 94 Tinno*liP77a dpl f,i]V)fìrp,olo iìipta,ta,T^a,lp, intiprno 1 1 lAXAin J_l v_y /j Zj CA- \A V/X* UlAk/VyX l.\J XlXv^U Cv UC4iX O CAJ 1 XXX u\^X X_L v/ 16 19 21 21 20 20 Id. id. id. esterno 5 14 11 11 13 15 Dist. dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale . . 27 29 21 32 30 35 Id. id. del 2° dito 43 43 48 53 40 39 Id. id. del 3° dito 59 67 69 79 55 64 Id. id. del 4° dito 16 19 26 21 15 20 Lunghezza della ripiegatura tarsale . . 45 58 58 53 50 59 Femmine in amore di Campobasso. Lunghezza del capo: 97-98-99-101-(lO2,5O)-1082 — Larghezza del capo all'angolo del mascellare: 116-117-1182-122-(123,50)-131 — Id. a metà degli occhi: 83-(88,50)- 893-90-94 — Id. alle narici: 20-21-(21,5O)-234 — Altezza del capo alla regione timpa- nica: 39-(43)-45-46-473 — Id. alle narici: 21-23-(24,50)-252-282 — Lungh. obliqua del capo: 98-104-(lO5,5O)-106-1082-113 — Diametro interorbitale: 25-263-(26,50)-282 55 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUf., ECC. 237 — Dist. dall'apice del muso alle narici: 52-72-8-9 — Id. dalle narici all'occhio: 22-(22,50)- 285 — Id. dall'occhio al timpano: 0-2^-5 — Diam. mass, trasv. dell'occhio: 35-373-39., — Id. min. del timpano: 122-143-16 — Id. massimo: I29-I43-I62 — Lungh. delle paro- tidi: 70-73-75-(77)-80-83-84 — Id. larghezza: 33-35-37-(37,50)-38-39-42 — Id. del braccio: 113-116-1172-(117,50)-118-122 — Id. dell'avambraccio: 80-83-843-(87)-94 — Id. della mano: 802-83-84-(84,5O)-89 — Id. del 1° dito: 39-422-(43)-45-46-47 — Id. del 2" dito: 28-(32,50)-333-34-37 — Id. del 3° dito: 39-42^45 — Id. del 4° dito: 285- (29)-30 — Diam. mass, tubercolo palmare mediano: I8-I93-2O2 — Id. dell'interno: 92-10- (11,50)-122-14 — Id. della coscia: 122-126-1282-(132,50)-143 — Id. della gamba: 112-1172-118-(118,50)-123-125 — Id. del piede: 203-2062-(21O)-21 1-213-217 — Id. del 1° dito: 28-32-33-(33,50)-35-37-39 — Id. del 2° dito: 55-562-(59,50)-6l2-64 — Id. del 3° dito: 89-90-92-942-(96,5O)-104 — Id. del 4° dito: 1292-1363-(138,50)-148 — Id. del 5° dito: 83-842-(88,50)-892-94 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 142-17-18-19- (19,50)-25 — Id. dell'esterno: ;il-122-(13)-142-15 — Distanza dall'apice del 1° dito alla metà del margine libero della membrana interdigitale: 28-(31,50)-32-332-34-35 — — Id. dall'apice del 2° dito: 372-(41)-422-44-45 — Id. dall'apice del 3° dito: 562-59- 61-65-66 — Id. dall'apice del 4» dito: 9-142-(14,5O)-15-18-20 — Lunghezza della ripiegatura tarsea: 45-472-(50,50)-51-54-56. Individui giovani di Taranto, in cui la lunghezza base varia da 38 a 43 millimetri. Lunghezza del capo: 1142-117-118-(118.50)-123 — Larghezza del capo agli an- goli dei mascellari: 1232-126-(128,50)-133-134 — Id. a metà degli occhi: 95-(102)- 104-105-108-109 — Id. alle narici: 25-26-(26,50)-27-282 — Altezza del capo a metà della regione timpanica: 45-47-(49)-50-52-54 — Id. alle narici: 25-26-27-282 — Lun- ghezza obliqua del capo dall'angolo mascellare al muso: 114-(120)-1233-126 — Dia- metro interorbitale: 26-27-28-(29.50)-332 — Distanza dall'apice del muso alle narici: 13-14-(16)-17-18-19 —Id. dalle narici all'occhio: 24-25-26-27-28 — Id. dall'occhio al timpano: O4-2 — Diametro trasversale dell'occhio: 44-45-472-50 — Id. minimo del timpano: 5-93-13 — Id. massimo: 5-93-13 — Lungh. massima delle parotidi : 70-77- (77,50)-84-852 — Largh. id.: 28-33-35-(36)-38-45 — Lungh. del braccio: II43-II8- (124)-134 — Id. dell'avambraccio: 79-852-(85,5O)-90-92 — Id. della mano: 79-81- (82)-852 — Id. del 1° dito: 28-36-38-42-44 — Id. del 2° dito: 24-26-(31)-32-33-38 — Id. del 3° dito: 38-42-(42,50)-44-45-47 — Id. del 4° dito: 25-26-(26,50)-27-282 — Diametro mass, del tubercolo palmare mediano: 17-182-192 — Id. dell'interno: 8-(8,50)-9i — Lungh. della coscia: 1232-126-(128,50)-133-134 — Id. della gamba: 1422-118-120- 123-126 — Id. del piede: 189-198-199-(2OO)-209-211 — Id. del P dito: 282-35-41-42 — Id. del 2° dito: 53-(56,5O)-572-59-60 — Id. del 3° dito: 85-88-90-92-95 — Id. del 4° dito: 123-132-(132.50)-133-135-142 — Id. del 5-^ dito: 852-88-(88,5O)-90-92 — — Id. del tubercolo metatarsale interno: 14-17-182-20 — Id. dell'esterno: 5-(7)-8-9q — Distanza dall'apice del P dito a metà del margine libero della membrana inter- digitale: 26-282-29-(31)-36 — Id. dall'apice del 2° dito: 44-45-47^-50 — Id. dall'apice del 3° dito: 61-66-(66,50)-67-72 — Id. dall'apice del 4° dito: 182-192-(19.50)-21 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 38-(42.5O)-45-50-53-57. 238 LORENZO CAMERANO 56 a O juv. Tiflis o s> u '3 M M o 00 Cd O iuv. "a n co O iuv. ci • l-l u ti ns a a o XJUnyrvt>4^tl U(tov \^òpl tJoSci 111 iJllillIUiyLX i f 91 ou-oo oU c;a OU OQ i^y o9 I.nTlO'iiO'7'7 rial r*(yr\r\ 1 9n 1 AQ 1 OO 1 AQ iUo 1 AQ iUo A OA 1^4 120 Largii, del capo agli angoli dei mascellari 1 1 CL 1 QA ilo-loU 1 OO 1 OO 1 o ^ 124 129 1 M O IT» dT a /ìnrvii /"X /t /> V» 1 1 1 o yi-iu^ 94 1 Al iUi 99 -f -1 -< 111 li» qIIi^ no T»i /^"i ori 29 on ol 28 -CÌ.1L. ufcii odpu a iiibtd cioiia r6g. iiiupanica Ol A 1 t; A A Q 4o K A C A 55 OA OK OO O K 28 1 nnoii r^ril ri£ìl f*CiT\/\ /ioli otì/v tvioo/^ q1 tv»iic«/\ j^uii^ii. uui. uci odpo Udii diig. niaoC. ai muso 1 9Q 1 OO 1 AQ iUo 1 0/< iZ4 ■| OA 129 1 ) 1 Q YYì /i■f"l'/^ 1 n 'i"£ÌT'/M»Vwi +"010 ■io OQ Q1 OO or. OK o7 l^lbtdllAd Udii dpiL/6 Utìl Illuso dllc IiariCl . Q 1 1 A 4 A 4 1 o 9 1/1 /i Q 1 1 o no 1*1 r*i qII/a/^/^ìii/\ D'i 07 OQ o ce OQ zy O K o n o7 l/i /iQiI r\ì^r*rii r\ oì ti ni "rv o n invis. Q /I 0-4 A U 4 D 9 Ilio tlTì ùT" v/^ Tn o C! e? 1 m /\ t't^ocjtt/ìvcioI/ì j_/iduiotiu iiidbsiuio irasvcisaio uoii occiiio •lo 41-40 4o y( Q 4o K A ÒU À £* 1 fi m 1 n 1 lìT /% /l /i 1 ri m t% o ti >^ invis. 111) 1 Q io 1 A 14 r? D 5 1 /i m Q o c?i rvi /\ /I 1 TI m T\ o n /\ mvis. 1 Q io 1 i 14 9 1 ili n n* ll/!k'7'70 1>lriC01>'V10 /^/\11/^ T\ O V» /\ 4" 1 /li jjuiiy uczzti iiitifesiiiui utìiie piirotiui . sa OD 7C; Qfi 7Q /y DO RO OO 8o IjQT'0*M£1'7'70 1 fi iW d4 Q/l ti A Q A OO A Q 4o OQ o n Ol 1 ili TI (T li ^7 Q /I 1 rvlTl/lrtli^ 1 1 K 1 OO 1 Q7 Voi 1 AQ iUo Ilo li/i i OA 129 l/l /l^ll OATQ IV» r\ .1 1 /*\ 77 7Q CI OD OD /4 OO 83 1/1 /*1 O 1 1 O Q n 77 oD-OO OD QR OD Q7 O / AO 9Z Tri flol 1" riifn ■lo OD-41 OD QR OD Q /( o4 A O Tri flpl 9o flifn 00-4o Qfi OD OQ zy OQ QO oZ Tri ridi ^0 rlifrt Oi 4o-4o A Q 4o A Q 4o A Q 4o A d 46 Tri /ini lo rlif 04 OQ Q 1 iiy-04 OQ ^y OQ OC OO oA Diametro mass, tubercolo palmare mediano 1 7 OA OO 1 Q io OO 1 Q ly lo Id. id. id. id. interno . Q y 1 1 1 Q io 7 / y 1 o io 1 Od 1 Q(? 1 Q7 lOD-lO ì 1 Q7 io 1 1 Q7 io / 1 Q7 lo / 1 od IZy l /*1 *^ I I n i*v rt 1 l-i fi 1 OA 1 OO 1 OQ 1 QA loU 1 OO lóti 1 O -1 1 OQ IZy 1/1 /i/!^l tm/ii.'"1/:ì 9Afi 1 Q 1 001 iy4-ij^4 OQA OAQ ouy 1 QQ lyy ooo Tri fl/il 1 /ìi'f rv /( Q 4o OQ QQ A Q 4o QR OD Q7 O 1 A O 4Z Tri rlol 9j riifn oy CiA ( 0U-04 OO OO do DZ dC\ DU Tri rial '=5° riifn 1 AQ ILIO 70 QC 1 Al lui vi Q7 O / Q7 y i Tri AcA lo rl,' + rt 1 Q7 io 1 1 Q7 1 1 Q io ^-i4o 1 c;q ioo 1 Q7 lo/ 1 OA iiS4 1 co T/ì f^O yo 70 1 OO QA 1 Al lUi Q1 ol QO yz Luugh. del tubercolo metatarsale interno 1 7 OA OO 1 A i4 1 A i4 1 o OQ Zo Id. id. id. esterno 5 3-14 7 4 12 9 Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigit. 34 41-43 32 22 31 32 Id. id. id. 2» dito 43 43-54 43 43 37 51 Id. id. id. 3° dito 69 58-68 65 58 56 69 Id. id. id. 4° dito 26 14-20 14 14 19 23 Lunghezza della ripiegatura tarsea . . 51 54-58 50 58 50 55 57 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC. 239 Individui giovani di Catania in cui la lunghezza base varia da 30 a 50 millimetri. Lunghezza del capo: 114-115-117-1202-(122,5O)-123-12-l.-125-120-131 — Lar- ghezza del capo agli angoli dei mascellari: lll-1203-1232-124,,-(126,5O)-131-133-142 — Id. a metà degli occhi: 92-94-982-100-101-(lO3)-104-110-l 1 1-J 13-114 — Id. alle na- rici: 234-24-25-27-283-(28,50)-34 — Altezza del capo alla regione timpanica: 452-462- 473-49-(50)-5l2-55 — Id. alle narici: 23-28;j-(28,5O)-30-31 ,-33-343 — Lnngh. obliqua del capo: 113-115-117-120-123-124-125-1292-131-133 — Diametro interorbitalo : 23-27- 282-30-31-33-34-37-41-43 — Distanza dall'apice del muso alle narici: 3-4i-5-62-8-92 — Id. dalle narici all'occhio: 232-283-(28,5O)-30-31-332-342 — Id. dall'occhio al tim- pano: (timp. invis. 2)-0i-32-3-ll2 — Diametro mass, trasversale dell'occhio: 37-38,- 392-41-42-433-47 — Id. min. del timpano: (timp. inv. 2)-92-ll3-12-(12,50)-14-15-16 — ' Id. massimo: (timp. inv. 2)-92-ll3-12-(12,50)-14-15-16 — Lunghezza mass, delle parotidi: 70-75-762-78-79-843-862 — Larghezza id.: 283-80-38-34-(36,5O)-393-43-45 — Lungh. del braccio: 101-110-113-1152-117-1202-1232-133 — Id. dell'avambraccio: 65- 74-77-78-79-(8O)-83-84-85-86-90-95 — Id. della mano: 77-78-83-(87,5O)-90,-922-94- 952-98 — Id. del 1° dito: 33-34-37-38-393-(40)-433-47.— Id. del 2° dito: 28-33-(33.50)- 344-37-38-393 — Id. del 3° dito: 43-452-462-472-49-513 — Id. del 4« dito: 23-24-282- 30-3l3-(32)-342-41 — Diametro mass, del tubercolo palmare mediano: 11-14-152-16- 172-19-202-23 — Id. dell'interno: 4-6-8-93-(10)-ll3-162 — Lungh. della coscia: 98- 113-120-(122,5O)-127-129-135-14l2-142-146-147 — Id. della gamba: 90-113-(116)- 1202-125-127-128-131-135-141-142 — Id. del piede: 173-180-203-204-206-211-212-213- 222-225-235 — Id. del 1° dito: 33-342-35-38-39-(41)-432-45-46-47 — Id. del 2° dito: 56-572-602-61-(62,5O)-632-65-68-69 — Id. del 3" dito: 900-92-94-95-96-98-102-103-104- 106 — Id. del 4° dito : 128-131-133-1353-137-142-(142,50)-148-153-157 — Id. del 5" dito: 79-82-832-85-86-92-(94,5O)-952-100-110 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 15- 16-17-18-192-235 — Id. dell'esterno : 43-5-(8)-93-ll3-12 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 21-26-(27,5O)-282-30-3l3- 33-342 — Id. dall'apice del 2" dito: 38-42-43-452-46-473-49-59 — Id. dall'apice del 3° dito: 60-65-66-682-69-(69,5O)-702-74-77-79 — Id. dall'apice del 4° dito: 152-18-19- (20,50)-236-25-26 — Lunghezza della ripiegatura tarsea: 33-38-(44,50)-46-47-5l2- 53-54-552-56. Individui giovani di Ancona, in cui la lunghezza base varia da 58 a 59 millimetri. Lunghezza del capo: 105-110-111-(114)-115-120-122 — Larghezza del capo agli angoli dei mascellari: 118-120-122-(127)-129-131-136 — Id. a metà degli occhi: 93- 98-100-(lOl)-102-104-109 — Id. del capo alle narici: 23-25-274 — Altezza del capo a metà della regione timpanica: 46-47-482-49-50 — Id. alle narici : 23-24-25-274 — Lungh. obliqua del capo: 110-111-114-115-118-(119.50)-129 — Diam. interorbitale : 24-25-(25,50)-26-273 — Distanza dall'apice del muso alle narici: 9-102-(11.5O)-17- 19-20 — Id. dalle narici all'occhio: 24-25-(25.50)-26-273 — Id. dall'occhio al tim- pano: 0-32-6-72 — Diametro mass, trasversale dell'occhio: 43-452-45-(46.5O)-47-50 — Id. minimo del timpano: 122-13,-142 — Id. massimo: 122-13»-14, — Lungh. delle parotidi: 67-72-752-(76)-81-85 — Larghezza id.: 33-37-(38)-39-41g-43 — Lunghezza 240 LORENZO CAMERANO 58 del braccio: 122-127-129-130-131-(132,5O)-143 — Id. dell'avambraccio: 85-88-92-93- (93,5O)-94-102 — Id. della mano: 79-(87)-88-92-93-94-95 - Id. del 1° dito della mano: 34-39-(41)-432-44-48 — Id. del 2" dito: 31-33-342-372 — Id. del 3° dito: 39- 43-(43,50)-46-47-48 — Id. del 4° dito: 27-(30,50)-3l2-332-34 — Diametro massimo del tubercolo palmare mediano: 19-203-21 — Id. dell'interno : 6-92-10-(ll,5O)-16-17 — Lunghezza della coscia: 128-129-130-131-134-(135,5O)-143 — Id. della gamba: 1222-130-131-(132,5O)-134-143 — Id. del piede: 207-217-(222,5O)-230-234-236-238 — Id. del V dito del piede: 31-(37,50)-39-4l2-43-44 — Id. del 2° dito: 6l2-62-(64,50)- 66-67-68 — Id. del 3" dito: 92-95-(98,5O)-99-100-102-105 — Id. del 4° dito: 128-136- (141)-143-149-151-154 — Id. del 5° dito: 85-92-93-(93,5O)-95-98-102 — Id. del tu- bercolo metatarsale interno: 27-(32)-33-342-372 — Id. dell'esterno: I8-I9-2O4 — Di- stanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 27-(32)-33-342-372 — Id. dall'apice del 2° dito: 40-41-43-(45)-46-48-50 — Id. dall'apice del 3° dito: 6l2-(64,50)-66-67-682 — Id. dall'apice del 4° dito: 12-132-(16)-17-18-20 — Lunghezza della ripiegatura tarsea: 43-(48,5O)-50-52-53-542. JBu/o m auvitanicus. Indivìdui giovani di Mogador (Marocco), in cui la lunghezza base varia da 69 a 82 mill. Lunghezza del capo: 102-105-(lO6)-108-1104 — Larghezza del capo agli angoli dei mascellari: 125-129-130-131-132-135. — Id. a metà degli occhi: 97-992-(lOl)-1022- 1042-105 — Id. alle narici: 235-24-25-(25,50)-28 — Alt. del capo alla regione tim- panica: 542-552-(55,50)-574 — Id. alle narici: 272-28-(29,5O)-30-3l3-32 — Lunghezza obliqua del capo: 1042-1102-(lll,5O)-115-1162-119 — Diametro interorbitale : 363-374- (38)-402 — Distanza dall'apice del muso alle narici: 2-53-(5,50)-7-82-9 — Id. dalle narici all'occhio: 25-28-3O3-3I3 — Id. dall'occhio al timpano: 52-(7,5O)-93-103 — Diam. massimo trasversale dell'occhio: 37-4l2-(41,50)-423-45-46 — Id. minimo del timpano : I2-I3-I42-I5-I63 — Id. massimo: 14-163-(17,50)-182-2l2 — Lunghezza del braccio: 1262-1292-130-(131)-132-1362 — Id. dell'avambraccio: 782-(87,5O)-88-90-92-952-97 — Id. della mano: 88-90-(91,5O)-922-942-952 — Id. del 1° dito: 44-452-46-472-(47,50)- 48-51 — Id. del 2'' dito: 32-(34,50)-362-374 — Id. del 3° dito: 42-44-452-46-(47,50)- 50-522 — W. del 4° dito: 25-263-(26,50)-272-28 — Diametro massimo del tubercolo palmare mediano: 232-25-(25,50)-262-272-28 — Id. dell'interno: 15-162-(16,50)-185 — Lunghezza della coscia: 141-1452-149-(15O,5O)-151-1522-160 — Id. della gamba: 141- 143-144-1452-148-151-155 — Id. del piede: 213-217-2243-(22 6,5O)-2302-240 — Id. del 1" dito: 352-362-372-(38,50)-422 — Id. del 2° dito: 53-(60,50)-632-653-682 — Id. del 3" dito: 92-(97)-994-100-1022 — Id. del 4° dito: 132-139-1412-143-145-1492 — Id. del 5° dito: 88-903-(91)-922-942 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 183-20-(2O,5O)- 2I3-23 — Id. dell'esterno: 102-(12,5O)-13-144-15 — Distanza dall'apice del 1° dito alla metà del margine libero della membrana interdigitale: 26-(31,50)-323-353-37 — Id. dall'apice del 2'^ dito: 46-472-48-(50,50)-51-542-55 — Id. dall'apice del 3° dito: 60- 65-(67,5O)-682-70-722-75 — Id. dall'apice del 4° dito: 18-2l2-(21,50)-22-233-25 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 402-(5O)-5l2-522-54-60. 59 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC. 241 Maschi in amore di Tangeri. Lunghezza del capo: 88-90-93-9G-(96,5O)-104-105 — Larghezza del capo agli an- goli dei mascellari: 108-112-117-124-(125)-1 20-142 — Id. a metà degli occhi: 75-80- 84-(86)-882-97 — Id. alle narici: 19-2U-2l3-(22)-25 — Altezza del capo alla regione timpanica: 43-452-47-(48)-532 — Id. alle narici: 22-23-242-(24.50)-25-27 — Lungh. obliqua del capo dall'angolo mascellare al muso: 87-91-96-l(ll-(106,50)- 109-120 — Diametro interorbitale: 24-(29,5O)-30-323-35 — Dist. dall'apice del muso alle narici: 8-9-10-12-(14,5O)-10-21 — Id. dalle narici all'occhio : 17-18-21-222-25 — Id. dall'occhio al timpano: 62-7-(7,50)-82-9 — Diametro mass, trasversale dell'occhio: 332-353-(39)-45 — Id. minimo del timpano : 13-143-(14,50)-15-16 — Id. massimo: 14-(15,50)-162-175 — Lungh. mass, delle parotidi: 72-752-78-(78,50)-82-85 — Larghezza id.: 27-35-{38)- 39-42-47-49 — Lungh. del braccio: 99-104-(lO9,5O)-lie-l 172-120 — Id. dell'avam- braccio: 72-80-81-(82)-85,-92 — Id. della mano: 753-79-81-(83,50)-92 — Id. del 1" dito: 34-36-37-(37,50)-392-41 — Id. del 2» dito: 21-25-(26,50)-272-28-32 — Id. del 3° dito: 32-3e2-(37)-4l2-42 — Id. del 4° dito: 2l2-24-(24,50)-25-2e-28 — Diam. massimo del tubercolo palmare mediano: 18-(23)-242-25-20-28 — Id. dell'interno: 14-15-17-(17,50)- 18-19-21 — Lungh. della coscia: 120-128-(141)-142-143-147-162 — Id. della gamba: 120-123-129-130-(136)-139-152 — Id. del piede: 189-190-192-211-(214.5O)-215-240 — Id. del 1° dito: 30-32-36-(37)-4l2-42 — Id. del 2° dito: 39-(55)-59-60-61-63-71 — Id. del 3° dito: 83-84-85-87-88-93 — Id. del 4° dito: 117-123-(126,5O)-127-130-132-136 — Id. del 5° dito: 80-81-852-87-(87,5O)-95 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 15-18-192-(19,50)-21-24 — Id. dell'esterno : 9-(10,50)-ll3-122 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 24-28-30-323 — Id. dall'apice del 2° dito: 37-392-42-(43)-44-49 — Id. dall'apice del 3° dito: 53-54- (61,5O)-G3-e4-69-70 — Id. dall'apice del 4« dito: 18-2l3-(21,50)-24-25 — Lunghezza della ripiegatura tarsea: 45-49-{49,50)-5l2-53-54. Maschi in amore di Rabat. Lunghezza del capo: 79-(85)-87-9l2 — Largh. del capo agli angoli dei mascel- lari: 103-100-(112)-114-121 — Id. a metà degli occhi: 802-82-(83,5O)-87 — Id. alle narici: 19-21-(21,50)-23-24 — Altezza del capo a metà della regione timpanica: 42- (44,50)-452-47 — Id. alle narici: 242-(25,50)-26-27 — Lunghezza obliqua del capo dall'angolo mascell. al muso: 87-89-90-(93)-99 —Diam. interorbitale: 29-30-31-(31,5O)-;34 — Distanza dall'apice del muso alle narici: 0-7-(9,5O)-10-13 — Id. dalle narici all'occliio: 29-30-31-(31,5O)-34 — Id. dall'occhio al timpano: 103-(lO,5O)-ll — Diametro mas- simo trasv. dell'occhio: 32-(33)-343 — Id. minimo del timpano: 13-14-150 — Id. mas- simo: 17-18-(18,5O)-19-20 — Lungh. mass, delle parotidi: 09-71-72-(73)-77 — Lar- ghezza id.: 342-35-(39)-44 — Lunghezza del braccio: 110-1 14-(117)-1 22-124 — Id. del- l'avambraccio: 79-83-84-87 — Id. della mano: 79-80-83-(85)-91 — Id. del 1" dito: 39-41-(41, 50)42-44 — Id. del 2'^ dito: 30-31-32-(33,5O)-37 — Id. del 3« dito: 390- (39,5O)-402 — Id. del 4° dito: 23-24-(25)-2G-27 — Diametro massimo del tubercolo palmare mediano: 21-(22.50)-232-24 — Id. dell'interno: 14-15-(15.50)-1 0-1 7 — Lun- ghezza della coscia: 128-1:54-(139,50)-144-151 — Id. della gamba: 123-128-(133,50)- 136-144 — Id. del piede: 196-212-(215,5O)-220-235 — Id. del l'» dito: 34-35-36-37-38 Serik IT. Tom. LIV. 242 LORENZO CAMERANO 60 — Id. del 2° dito: 58-(62,50)-64-672 — Id. del 3° dito: 86-91-(95)-96-104 — Id. del 4«dito: 123-133-135-(135,50)-148 — Id. del 5° dito: 80,-87-(88,5O)-97 — Id. del tu- bercolo metatarsale interno: 14-16-19-24 — Id. dell'esterno: 9-10-11-13 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 31-32- 34-37 — Id. dall'apice del 2° dito: 42-452-(46)-50 — Id. dall'apice del 3° dito: 64.2- 65-(69)-74 — Id. dall'apice del 4° dito: 17-19-(20,50)-22-24 — Lungh. della ripie- gatura tarsea: 453-(47,5O)-50. Maschi in amore Lunghezza del capo Largh. del capo agli angoli dei mascellari . Id. a metà degli occhi Id. alle narici Alt. del capo a metà deHa regione timpanica Id. alle narici Lungh. obi. del capo dall'angolo masc. al muso Diametro interorbitale Distanza dall'apice del muso alle narici . Id. dalle narici all'occhio Id. dall'occhio al timpano Diametro massimo trasversale dell'occhio . Id. minimo del timpano Id. massimo del timpano Lunghezza massima delle parotidi .... Larghezza id. id. .... Lunghezza del braccio Id. dell'avambraccio della mano del 1° dito della Li. Id. Id. 2« dito Id. 3° dito Id. 4° dito Diam. mass, del Id. Lunghezza della Id. della gamba Id. del piede . Id. del 1° dito Id. 2° Id. 3° Id. 4» Id. 5« mano id id id tubercolo palmare id. id. coscia mediano interno del Lunghezza Id. dito dito dito dito del piede id id id id tubercolo metatarsale interno id. id. esterno Dist. dall'apice del libero della Id. id. del 2'^ Id. id. del 3° Id. id. del 4° Lunghezza della 1° dito a metà del margine membrana interdigitale . . dito .... dito dito ripiegatura tarsea 83-101 121-137 92-99 23-29 52-54 26-29 108-124 29-37 12-13 23-27 7-9 37-39 16-17 18-20 75-85 37-39 121-124 91-92 88-91 43-46 33-39 39-41 29, 23-29 15-21 147-166 137-153 198-219 39-46 65-75 95-116 141-153 95-104 21-23 12-13 29-37 43-54 65-75 2I2 49-54 92-(lOO)-106-108 123-132-(141)-150 86-90-(91)-96 22-(23)-24 49-(52,50)-54-56 24-25-l27)-30 95-108-(llO,5O)-126 31-32-33 12,-(15)-18 21-22-(24.50)-28 62-(9)-12 36- 37-(37.50)-39 12-(14,50)-15-17 16.,-(18)-20 65-(74,50)-81-84 37- 42-f42,50)-48 114-117-(121)-r28 90-92-(lOl)-112 77-84-(86,50)-96 39-(39.5O)-40, 27.,-(27,50)-28 34-3iJ-(39)-44 21-(26,50)-27-32 27-(27,50)-282 15-16-(18)-21 148-(156.5O)-160-165 141-142-(144,50)-148 210-216-(233)-236 36-(41)-42-46 60-(62.5O)-64-65 84-(94)-99-104 126-132-(137)-148 90-95-(97)-104 20-(21)-22., 12-(13,50)-14-15 31-33-(33,50)-36 39-(44,5O)-46-50 54-59-(63)-72 22-(23)-24, 48-49-(50)-52 \ 61 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC. 243 Maschi in amore di Tetuan. Lunghezza del capo: 88-91-932-952-96-(97)-101-1032-104:-105-10G — Larghezza del capo agli angoli dei mascellari: 1132-116-117-1202-121-1232-125-126-132-139 — Id. a metà degli occhi: 80-85-863-872-(89,5O)-90-92-93-96-97-99 — Id. alle narici: 20- 21-22-233-(23.50)-2l3-25-262-27 — Altezza del capo alla regione timpanica: 44-403-483- (49)-50-5l2-53-542 — Id. alle narici: 23.r24-25-(26)-273-28-29 — Lunghezza obliqua del capo: 992-1042-105-107-108-(lO9.5O)-110-lll-115-116-1202 — Diametro interor- bitale: 25-29-(302)-3l2-323-33-342-35 — Id. dal muso alle narici: 72-8-90-10-1 1-122-1 4- 16-(17)-22-27 — Id. dalle narici all'occhio : 22-233-242-(25,50)-263-27i-292 — Id. dal- l'occhio al timpano: 6-72-8i-9-10-ll-123 — Id. trasversale dell'occhio: 343-362-37-38- (38,5O)-392-40-42-432 — Id. minimo del timpano: I34-I44-I55 — Id. massimo: 15- 16-17i-18-192-20-2U — Lunghezza delle parotidi : 633-7l2-75-772-(78)-79-81-87-91-93 — Largh. id.: 293-32.i-37-38-(38,50)-39.2-41-48 — Lungh. del braccio: III-II33-II6- 117-118-120-121-123-(125)-132-134,-139 — Id. dell'avambraccio: 85-86-87^89-902-91.- 92- 93-96-97 — Id. della mano: 85-862-872-88-893-90-(9O,5O)-91-92-96 — Id. del 1° dito: 36-38-39-40-41-422-433-442-46 — Id. del 2° dito: 313-322-33-343-35-36-372 — Id. del 3° dito: 36-393-412-422-433-44-48 — Id. del 4» dito: 22-24-253-26-273-(27,50)-28-29-31-33 — Diam. mass, tubercolo palmare mediano: 19-222-23-242-25-262-274 — Id. dell'interno: 12-133-143-(14,50)-154-16-17 — Lungh. della coscia: 138-143-148-149-150-(15O,5O)- 153-154-158-1592-161-1632 — M. della gamba: 127-130-132-135-137-1432-144-(147)- I5O-I5I3-I67 — Id. del piede: 203-212-214-216-221-223-224-(225)-231-233-234-235- 236-247 — Id. del 1° dito: 332-36-(38)-39-40-4l4-42-433 — Id. del 2° dito: 59-62-63^- 64-(65,50)-66-672-68-69-723 — Id. del 3° dito: 77-(9O)-953-96-99-10l3-1034 — Id. del 4° dito: 131-134-136-1373-(141)-1434-147-149-151 — Id. del 5° dito: 86-87-89-91,-92,- 93- 95-1033-104 — Id. del tubercolo metatars. interno: I6-I73-I8-I95-2O3 — Id. esterno: 8-92-104-ll-(ll,5O)-122-13-15 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 27-302-322-34-35-37-382-43 — Id. dall'apice del 2° dito: 36-(4O)-453-47-484-49-503 — Id. dall'apice del 3° dito: 62-63-64-653-67-68-70- (70,50)-74-772-79 — Id. dall'apice del 4° dito: 13-16-19-(21)-22-233-24,-262-29 — — Lungh. della ripiegatura tarsea: 44-46-48-502-512-532-54-57-58. Maschi in amore di Mazayun. Lunghezza del capo: 93-95-(96,5O)-100 — Larghezza del capo agli angoli de mascellari: 112-116-(125)-138 — Id. a metà degli occhi: 86-87-{93)-100 — Id. alle narici : 232-(27)-31 — Altezza del capo a metà della regione timpanica : 462-(50)-54 — Id. alle narici: 26-(27.50)-292 — Lungh. obliqua del capo dall'angolo mascellare al muso: 10l-102-(lO6)-lll — Diametro interorbitale : 29-32-(33.50)-38 — Distanza dall'apice del muso alle narici: 15-(19)-20-23 — Id. dalle narici all'occhio: 20-23- (23,50)-27 — Id. dall'occhio al timpano: 6-(8,50)-9-ll — Diametro mass, trasversale dell'occhio: 35-(36.50)-382 — Id. minimo del timpano : 14-fl4.50)-15j — Id. mas- simo: 172-(20)-23 — Lungh. massima delle parotidi: 7;>j-(75.50)-78 — Larghezza id.. 38,-(42)-46 — Lunghezza del braccio: 113-(124.50)-134-136 — Id. dell'avambraccio: Sl2-(88,50)-96 — Id. della mano: 78-81-(87)-96 — Id. del 1° dito: 35-37-(38.50)-42 244 LORENZO CAMERANO 62 — Id. del 2° dito: 25-26-(29,50)-34 — Id. del 3° dito: 32-35-(39)-46 — Id. del 4° dito: 22-23-(24,50)-27 — Diametro massimo del tubercolo palmare mediano: 232-(25)-27 — Id. dell'interno: ITo-lS-lO — Liuigh. della coscia: 132-139-(148)-157 — Id. della gamba: 127-128-(138)-149 — Id. del piede: 193-200-(215)-237 — Id. del 1° dito: 35- 40-(4O,5O)-46 — Id. del 2» dito: 60-6I-(66,5O)-73 — Id. del 3^ dito: 86-87-(96,5O)-107 — Id. del 4" dito: 121-128-(139)-157 — Id. del 5« dito: 8l2-(9O,5O)-10() — Id. del tubercolo metatarsale interno: 20-23-26 — Id. dell'esterno: 10-ll-(12,5O)-15 — Di- stanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 26-32-38 — Id. dall'apice del 2» dito: 26-32-38 — Id. dall'apice del 3« dito: 41-43- (45,5O)-50 — Id. dall'apice del 4° dito: 202-(21,5O)-23 — Lunghezza della ripiegatura tarsea: 462-48-50. Femmine in amore di Larache. Lunghezza del capo: 83-87-(94)-99-105 — Larghezza del capo agli angoli dei mascellari: 1242-129-(129,50)-135 — Id. a metà degli occhi: 86-92-97-98 — Id. alle narici: 222-(23)-242 — Altezza del capo alla regione timpanica: 502-(52)-53-54 — Id. alle narici: 24-25-(25,50)-26-27 — Lungh. obliqua del capo dall'angolo mascel- lare al muso: 100-105-109-110 — Diametro interorbitale : 30-31-34-38 — Distanza dall'apice del muso alle narici: 32-6-9 — Id. dalle narici all'occhio: 25-26-27 — Id. dal- l'occhio al timpano: 94 — Diam. massimo trasversale dell'occhio: 382-39-42-46 — Id. minimodel timpano: 12-13-(16)-19-20 — Id. massimo: 18-19-(21)-22-24 — Lun- ghezza mass, delle parotidi: 74-(79,50)-81-83-85 — Larghezza id. : 30-(39)-4l2-48 — Lungh. del braccio: 112-{120,50)-1 25-128-129 — Id. dell'avambraccio: 83-(92)-94-95- 101 — Id. della mano: 83-91-(92.5O)-98-102 — Id. del 1« dito: 38-(44,50)-47-49-51 — Id. del 2° dito: 30-34-37-38 — Id. del 3° dito: 38-(43)-44-45-48 — Id. del 4° dito: 24-26-27-28 — Diametro mass, del tubercolo palmare mediano: 24-25-26-(27,50)-31 — Id. dell'interno: 13-14-15-(16)-19 — Lunghezza della coscia: 148-157-(158,50)- 167-169 — Id. della gamba: 127-(138.5O)-144-146-150 — Id. del piede: 198-(219,50)- 225-233-241 — Id. del 1° dito: 32-34-(38)-41-44 — Id. del 2° dito: 562-60-(62)-68 — — Id. del 3« dito: 91-942-(lOO)-109 — Id. del 4° dito: 124-135-139-146 — Id. del 50 dito: 83-90-91-94-99 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 18-19-(21.50)-24-25 — Id. dell'esterno: 11-12-(12,50)-13-14 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del max'gine libero della membrana interdigitale: 302-31-(32)-34 — Id. dall'apice del 2° dito: 442-45-(47,50)-51 — Id. dall'apice del 3° dito: 59-(65)-66-68-71 — Id. dall'apice del 4» dito: 21-23-24-25 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 41-47-48-53. Femmine in amore di Saffi. Lunghezza del capo: 932-95-963-99 — Largh. del capo agli angoli dei mascellari: 130-131-132-(132.5O)-134-135 — Id. a metà degli occhi: 85-89-90-(91,5O)-93-98 — Id. alle narici: 2l2-222-(22,50)-24 — Altezza del capo alla regione timpanica: 51-52- 53-553 — W. alle narici: 22-243-27-32 — Lunghezza obliqua del capo dall'angolo mascellare al muso: 101-107-(lO7,5O)-109-110-113-114 — Diametro interorbitale: 27- 3l2-(31,50)-34-35-36 — Distanza dall'apice del muso alle narici: 7-8-9-12-(13,5O)-14-20 63 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Llllir., K( C 245 — Id. dalle narici all'occhio: 21-22-23-24-26-27 — Id. dall'occhio al timpano: 7;,-(9)- 10-11 2 — Diametro mass, trasversale dell'occhio: 27-(33)-342-35-37-39 — Id. minimo del timpano: Ua-lG-Hj-lS — Id. massimo: 15-lS-(18,5O)-102-21-22 — Lunghezza massima delle parotidi: 82-85-(86)-87-89-902 — Largliezza id.: 43-45-(49)-51:,-55 — Lunghezza del braccio: 1122-113-122-123-132 — Id. dell'avambraccio: 76-79-82-(84,50)- 86-87-93 — Id. della mano: 76-84-(84.5O)-862-90-93 — Id. del P dito: 39-40-4 1-(42)-453 — Id. del 2° dito: 27.-28-31-32-33-39 — Id. del 3° dito: 40-4l2-422-(42.5O)-45 - Id. del 4° dito: 21-22-24-25-(25,5O)-27-30 — Diametro mass, del tubercolo palmare mediano: 21-242-(24.50)-26-27-28 — Id. dell'interno: 14-15-16-(17)-18-20 — Lunghezza della coscia: 1442-146-154-(154,50)-157-165 — Id. della gamba: 131-137-(140,50)- 1413-150 — Id. del piede: 197-198-(211)-213-215-216-225 — Id. del 1° dito: 34-35- (38)-39-41-42 — Id. del 2° dito: 51-55-58-(58,50)-59-65-66 — Id. del 3" dito: 85-90- 932-(93,5O)-99-102 — Id. del i° dito: 122-124-128-130-(133)-1442 — Id. del 5° dito: 81-82-84-(87)-90-932 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 18-213-22-24 — Id. del- l'esterno: 12-142-(15)-17-18 — Distanza dall'apice del 1" dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 25-(29,50)-31-32-33-34 — Id. dall'apice del 2" dito: 39-43-(45)-46-48-5l2 — Id. dall'apice del 3° dito: 56-58-61-(65.50)-692-75— Id. dal- l'apice del 4« dito: 19-20-22-(23)-242-27 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 48-512- (51,50)-52-54-55. Femmine in amore di Tane/eri. Lunghezza del capo : 82-87-88-(92)-94-96-102 — Larghezza del capo agli angoli dei mascellari: 108-109-112-117-(118,5O)-120-129 — Id. a metà degli occhi: 773-(85)- 872-93 — Id. alle narici: 193-20-21-23 — Altezza del capo alla regione timpanica: 42-432-44-45-48 — Id. alle narici: 2l2-(22,50)-232-242 — Lungh. obliqua del capo: 86-88-90-93-96-(98,5O)-lll — Diametro interorbitale: 24-26-28-(28,5O)-29-30-33 — Id. dall'apice del muso alle narici: 5-6-92-ll-(13)-21 — Id. dalle narici all'occhio: 202-(2O,5O)-2l4 — Id. dall'occhio al timpano: 6-(7.50)-82-93 — Diametro trasv. del- l'occhio: 3l2-322-(35)-36-39 — Id. minimo del timpano: 12-132-14-15-18 — Id. mas- simo del timpano : 16-172-19-(19,5O)-20-21 — Lunghezza delle parotidi: 64-66-68-72- (74)-78-84 — Larghezza id.: 33-344-(39)-45 — Lunghezza del braccio: 94-99-103-(lO4)- 109-111-114 — Id. dell'avambraccio: 722-772-(78)-81-84 — Id. della mano: 74-77- 78-(80)-84-85-86 — Id. del 1» dito: 29-31-34-37-39-45 — Id. del 2» dito: 232-(26,50)- 272-29-30 — Id. del 3° dito : 343-(36,50)-37-392 — Id. del 4° dito: 19-202-2l2-(21,5O)-24 — Id. del tubercolo palmare mediano: 20-2l3-(22)-23-24 — Id. dell'interno: 132-142- 15- (16)-19 — Id. della coscia: 119-r29-(131.5O)-135-138-140-144 — Id. della gamba: 114-123-(124,50)-125-127-1352 — Id. del piede: 185-188-189-193-(197,5O)-207-210 — Id. del 1° dito: 33-34i-(34.50)-36 — Id. del 2° dito: 48-51 3-(54)-56-60 — Id. del 3° dito: 802-83-85-(88)-90-96 — Id. del 4» dito: 1142-116-120-1262 — Id. del 5° dito: 72-77-80-812-82 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 163-17-(20)-21-24 — Idem esterno: 92-11-12-13-15 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 21-23-(26)-27-29-30-31 — Id. dall'apice del 2" dito: 372- 39-40-42-43 — Id. dall'apice del 3° dito: 51-562-57-60-63 — Id. dall'apice del 4» dito: 16- (19,50)-21,-23 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 34-37-(42.50)-43-48-51-54. 246 LORENZO CAMERANO 64 Feintnine in amore 1 R/T n fTO /TQ v> 082 S7 QQ < -yo Q1 Q9 ICX'7\ 1 AQ yi-y^-(b ( j-lUo j_i<4igii. Ut/1 cdpo «oii iiiigoii uei mascellari 1 1 Q ÌÌO2 1 Q/( ^ AC\ 11Q 191 l A A \ 19Q 1 iy-i COIA 9Q iilt. Ut31 i^cipU et llltJLcl Ut!llct i c^. LlliipaniCcl OU2 44-46-(47,50)-49 9A /OQÌ 9^ 9fi 1/1 Olio n Q 1*1 /n Oli 9Q 9,1 J-iUllgil. VUi, UUl OtipU Udii clliy. lUdbC eli inUSO Q9 QQ ini 117 Q7 ?Q1 t Q/1 Qc; I 1 1 O yYÌ OTlTi 1 TI I" O T» rM T" O 1 OQ QQ QA 0U2 9Q QA /'QI Kr»"» Q1 COI p;r»i 99 9Q iri Holl <^r>r»rii/^ qI ti i"*"» T~v n Ti ÌU2 1 A IU2 62-(7,60)-9 QI Q'3 TQQ Kr»'» Qfi ol-oo-(oo,OUJ-oo uiauiiàinj juabsiiiio iiasversHie ueii occnio QQ QQ Q/1 ,1 A 04-40 1/1 TTìlinm/^ ri ùl l"i wi viCi ti ^ 1 Q 1 fi 1 Q 1 7 1 0-i < 1 A f -1 fir» 111 1 1: lU-(i /i,OUj-14-lo 1 fi MI O Cr C3 1 ivi /1/^l T 1111 V\0 ti 1 Q 1 fi 1 Q 9A 1C. Ifi ^ITk 1Q io-io-(i t j-iy 1 n Ti \~\ i^rr rw et w\ rt e* d svi n /A r\ l \ r\ i-i n /*i t- i fì-i jjuiigiitizzd indssiiiia ueue pdiotiui . 7 Ci 7Q IO- io QA Q/1 fi1 79 /"TO KO\ Q ( 1 .OTTI'lTn'T'ZQ l^"! lil i-óy Q7 0<2 QQ Q7 /QQ Kr^ì /( /^ 00-0 /-(oy,ouj-4o 1 ,n n O' n ùvTO ri£il lifO <"*/"*i/"i ÌÌI2 1A1 1 9Q Q/i 1 A9 / 1 HQ"» 119 fi7 79 (''7K\ QI D / - / Z-\ l 0)-0L 1/1 r% i» /t ni /~i 7Q QK / 0-00 Q7 QA < -yu 1/1 /I /1 11 o TU n 11 /I Q9 0<Ì2 Q7 QA c5 < -yu 7 Q Q / > (Q-i \ Q 1 Tri fio! Io fli'+n QQ A Q e;a 0U2 Qfi AÙ lA-t ■> 1 fi Id. del 2« dito 9fi «^02 /I A 41*2 QA QO Q 1 OU-o^-o4 Tri rial '?.o rlitrt A Q Qfi Q7 KA OD-0 / -['±0 j-04 9fi 97 QA <2 < -oU 99 /OO Kf\\ 9Q Diam. mass, tubercolo palmare mediano . 9Q 4S02 9/f i242 00 00 OA 9fi Id. id. id. id. interno 1 Q 1 fi lo- lo 1 A 1 7 1 Q /1 Q Pi/i'» 1 ( lo-(iO.OUj-143 144-ioU •t A À 1 fi Q 144-1 DO 1 9fi /1 QQ 1 Qfi 1 ( 1 i^D-(l 00. OUj-1 00-1 41 fri /ir»llo (TO TV» r\ rt X /I /"l 1 V\ 1 it it 1 Qy( 1 /I /( 1 /( 7 144-14 1 1 1 Q 1 9Q /IO'? PiCW 1 Qfi liy-liiO-^l/S 1 ,0Uj-l0t) 1 QQ iyy2 09t; 90fi 1 QQ 1Q7 /OnO^ 9A7 ioo-iy / -y^\jdi)-Zyj ( Tri Aa^ lo /^^ + /^ Qfi OD2 Q 7 /i Q o/-4o Q Q Q 1 / Q Q 1 1 Q oo-o4-^oo)-4o Aa^ 9o /li'fr> KQ fi9 fi7 1 7 fiA fiQ 4 / -(OOj-DU-DO JA Ac.] ^0 flifn QQ QQ 1 AA 1 Al lUU-lUl QQ i%2Ci\ QQ Tf] <ì! qq qi 9 Ci q/( OA qi 44-0 1 9q 9Q (.1(^1 cdpu a. iiiciu utJiiH reg. timpìiiiiCci ■tO-DO 4y-04: 1 A Q AO '^ì 44-0 1 OQ qQ O ( Q A OA qi ^j4-0ì 9q q 1 ZO-01 J-fUIlglI. Ui7l. Ut;! tcipo Udii dllg. IIlclSC. HI UlUSO 1 qq ^ AH 100-14:0 lift ^ A À 110-144 1 AQ 1 9R lUy-lZD 1 AQ 1 q/1 lUo-104 qQ !;7 oc; /< o 9c; qft 40-oD 9fi 1 1 ui&idiizd Udii dpic6 U61 muso Hue narici . q 1 7 o-l < q Q 0-0 A 1 7 U-1 < 1/1 rlollO 11 Ol**!/^! oli j~i ri 1 /~» qi2 1 Q c: /4 A 9^ qi 9q qfi 40-00 1 ri ri o 1 1 r\ r»r« In r\ ni ti tyi o n rv A 7 9 7 A 7 L'idiiit^LLU ijidbsimo trti.sversai© ueu occmo OD-0 l A A ftA A 1 !i/l 41-04 qQ c^q oy-00 1 ri un in in r\ ri ni TiTnT%OTir\ 7 1 7 Ìti\t 7 ( -1 ( inv. ( 8 1 fi O-l O 8 11 o-l 4 1 fi m n a o 1 yyì r\ ri ri 1 ti tv» ■»*» o n ri 7 17 \A l-l I la. Q 1 fi y-iD Q 1 /t 0-14 1 n Ti CT wi m'7 "7 a lì"! 01 TY1 o ri r» 1 1 ri t\ o T»rk^i ri i j-iUiigiitJzzd ludssima ueuG pHrotiui . AO Qft fic; QA fifi Q4 I.QT*0'llù'7'7Q irt irl 9 1 /l A qq c; 1 00-04 9,1 A 44-4-3 1 .11 11 o*li o rir»l l"M»Qr»r*ir\ yo-1 14 79 1 qq ( ^-100 1 Hfi 1 98 1 AQ 1 qA t /A rir^ll e\ n w» t\ !■» n i 7Q Qq < o-oo 79 QQ 7A QA 79 1 A9 t 4-1U4 1 ri ri r\ 1 1 <^ «'vt n 7Q OQ 7 ( 1 AQ 7A QQ Q9 1 A9 04-1U4 Tri A a] lo rìifr» • ^ qQ j= — — oo qi KQ ol-oo qq A Q oo-4y qo ( Q oy-4y li-l. Ucl ó QllO O; ; _= = 04r qi 1 Q ol-4o 97 1 1 iS / -41 9c: 11 40-41 Tri flol A\^n 1 A KQ 4U-00 1 A ( Q 4U-4y ( 1 c;q 41-00 JA Aa\ lo Ai^r\ " qQ oc; A 91 11 9 1 q 1 44-04 Diametro mass, tubercolo palmare mediano s ly 7 17 1 fi 9A 1 9 99 14-44 Id. id. id. id. interno . ^ 1 et ai _^ — ly 117 4-1 / ■ Q 1 7 O-l / fi 1 1 O-l 4 1 .1 1 1 1 Q l.i4-14o 1 1 c: 1 r:<2 llo-loo 1 1 Q A AO 1 io-i4y 1 9A 1 c;i 14U-101 t fi r\ \ l n e\ ■»-»-\ l-\ n 111 1 QQ ill-lO.D 1 Afi 111 lUo-144 1 .T - 1 q c l14-264 236-243 209-245 207-252 Id. del 1" dito 33-47 35-44 34-44 27-39 59-72 58-73 59-64 JA Do JCJ-,^ O 1 1 O A Q 1 1 1 Q y4-iio yo-i iu O 1 1 C\1 Id. del 4° dito 134-168 148-159 133-163 140-161 Id. del dito 90-108 89-103 89-110 89-102 Lungh. del tubercolo metatarsale interno 15-23 15-20 14-24 18-24 Id. id. id. esterno 8-14 5-13 5-14 4-18 Dist. dall'apice del 1" dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigit. 27-42 33-41 28-38 26-41 Id. id. id. 2° dito ..... 39-53 39-51 31-53 44-48 Id. id. id. 3° dito 54-78 62-66 55-74 55-70 Id. id. id. 4» dito 10-18 5-18 9-25 7-24 Lunghezza della ripiegatura tarsea . 45-62 58-62 47-66 47-60 256 LORENZO CAMERANO 74 Bufo viri di s. Classi estreme. Trasimeno o ivolettc )iicailiei Campobasi rK Lago 95-118 94-116 98-116 97-108 114-132 109-132 110-122 116-131 90-112 86-102 86-95 83-94 21-30 20-34 21-26 20-23 42-55 36-52 42-51 39-47 21-33 20-34 21-28 21-28 95-116 98-118 94-120 98-113 20-33 22-34 21-31 25-28 3-13 0-8 3-11 5-9 20-33 21-31 21-26 22-23 0-3 0-6 2-6 0-5 34-47 34-46 37-42 35-39 11-19 11-21 10-18 12-16 11-20 11-21 10-18 12-16 54-88 63-82 68-77 70-84 26-39 22-36 31-42 33-42 111-144 97-124 104-120 113-122 78-118 74-89 79-90 80-94 82-100 76-90 74-85 80-89 29-55 35-51 37-43 39-47 31-41 27-38 31-38 28-37 36-52 33-51 37-43 39-45 26-37 24-34 23-28 28-30 15-24 14-21 18-23 18-20 9-17 5-17 5-16 9-14 1 1 S-1 ^1 X J. O XO X 1 1 43 J. X U i 113-129 122-143 116-136 108-131 113-120 112-125 195-231 194-238 193-212 203-217 31-46 31-47 37-41 28-39 46-70 48-72 52-63 55-64 69-118 78-106 78-94 89-104 126-156 126-168 120-139 129-148 72-97 78-99 78-89 83-94 11-21 15-23 16-23 14-23 6-17 3-14 6-14 11-15 26-38 26-38 28-33 28-35 39-55 35-52 37-50 37-45 55-78 53-72 51-63 56-66 13-27 10-27 13-21 9-20 39-66 46-61 42-51 45-56 Femmine in amore Lunghezza del capo Largh. del capo agli angoli dei mascellari Id. a metà degli occhi Id. alle narici Alt. del capo a metà della reg. timpanica Id. alle narici Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. almnso Diametro interorbitale Distanza dall'apice del muso alle narici . Id. dalle narici all'occhio Id. dall'occhio al timpano Diam. massimo trasversale dell'occhio Id. minimo del timpano Id. massimo del timpano Lunghezza massima delle parotidi . Larghezza id Lunghezza del braccio Id. dell'avambraccio Id. della mano Id. del l" dito Id. del 2° dito Id. del 3° dito Id. del 4° dito Diametro mass, tubercolo palmare mediano Id. id. id. id. interno . Lunghezza della coscia Id. della gamba Id. del piede Id. del 1° dito Id. del 2° dito Id. del 3° dito Id. del 4° dito Id. del 5° dito Id. del tubercolo metatarsale interno . . Id. id. id. esterno . Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigit. Id. id. id. 2° dito Id. id. id. 3" dito Id. id. id. 4° dito Lunghezza della ripiegatura tarsea 75 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BDFO VIRIDIS LaUF., ECC. 257 Bufo viri di 8. Classi estreme. Femmine in amore Lunghezza del capo Largh. del capo agli angoli dei mascellari Id. a metà degli occhi Id. alle narici Alt. del capo a metà della reg. timpanica Id. alle narici Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso Diametro interorbitale Distanza dall'apice del muso alle narici . Id. dallo narici all'occhio Id. dall occhio al timpano Diametro massimo trasversale dell'occhio Id. minimo del timpano Id. massimo del timpano Lunghezza massima delle parotidi . . . Larghezza id Lunghezza del bracLÌo Id. dell'avambraccio della mano Id. Id. Id. Id. Id. del del del del dito dito dito dito Diametro mass, tubercolo palmare mediano Id. id. id. id. interno . Lunghezza della Id. della gamba del piede . coscio Id. Id. Id. Id. Id. Id. del del del del del Lungh. Id. dito dito . . dito dito . . dito . . tubercolo id. metatarsale interno id. esterno Dist. dall'apice del 1" dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigit. Id. id. id. 2" dito Id. id. id. 3° dito Id. id. id. 4" dito Lungh. della ripiegatura tarsea .... o o ce eS a N S B di Ih ce .«^ 'oo cS « 1 Al 1 1 C 101-115 - 1 A 1 1 1 C 101-115 1 AC 1 1 '7 11)5-117 . 101-1 1 1 1 OA 1 11'? 1 o < 1 17-1 J4 1 O .O 1 ^ o 12.^-14.5 ob-\)b o n 1 1'1 1 89-101 OD-lU() DA 111 89-111 oo OA ùù-à^ OO oo oo o^* 45-51 40-51 OA i Ù. oy-4D 41-47 -142 115-139 124-137 126-153 102-125 112-131 112-133 200-218 191-235 203-218 201-234 40-41 32-42 28-34 35-42 60-66 58-68 55-61 56-65 yu-yo Qf» 1 Al 87 Q7 co 1 Afi OV IVO 130-137 129-144 132-139 131-156 85-91 89-96 81-87 84-101 18-2"0 16-21 1.5-17 16-29 6-10 5-11 6-14 .5-15 30-33 27-35 28-34 26-35 35 40-45 39-44 35-48 61-65 62-68 55-68 51-76 13-15 11-21 15-22 13-19 50-51 42-60 46-58 51-61 Sekik li. Tom. LIV. 258 LORENZO CAMERANO 76 Bufo viridis. Classi estreme. Femmine in amore Sassari Corfù Siria LiUn'^liezzci del c&po 98-126 86-115 87-110 93-108 Largh. del capo figli angoli dei iiiascell&ri 120-142 108-137 92-126 112-123 Id sl metà de<''li occhi 87-118 86-115 82-97 90-100 Id alle narici 17-30 20-30 20-26 21-28 Alt del capo a metà della reg. timpanica 44-54 35-51 39-46 40-46 Id alle narici 22-30 21-29 21-29 22-28 Tiiino*!! nlìl dpì r'ììnn Hai l'iino* itijìqp fìì ìnn^n 98-120 105-144 90-112 100-116 22-33 22-35 19-26 24-31 0-18 0-14 0-12 0-14 TH dnllp Tiarir*! 5ill'r»ppliin 19-30 23-29 1 9-26 22-28 TH Hiì 11 'orrViiA 5il tiirmann 0-9 0-4 0-7 2-8 TìiPTnpt.rn t"naG:c;iTTin f.ra'^vprcialp HpÌ ì 'nppViin 34-47 34-47 34-42 38-44 TH TTiiriiTTìn HpI i",iiTirv5inn 5-22 13-21 12-17 10-17 TH TTìfì cjtnmn npl fiìTiTìJiTin 7-22 13-21 12-18 13-21 X ' J _J X T jìl TI crYì P7751 cjQi rnjl fipl iP Tifi Tof 1 (\ 1 Llll^ 1iC>£;/jCIi llIClrOolillCti U.wll\7 L/dl. U LLUl • 69-96 67-92 69-83 71-82 Tiì3T*o*nP'7yii in TiìiTicrlipyya rìp.l \\vsì.c.oìc\ 3 "1-49 23-43 30-46 25-41 109-140 97-125 104-123 111-128 TH H p11 Vii ITI lira oo\ci 82-102 74-101 74-88 84-95 lif{ H a1 ì ITI a Ti n 77-96 84-97 75-89 82-90 Td del 1° dito 39-50 35-50 34-44 35-44 Td del 2° dito 31-40 27-41 26-36 31-39 Td del S° dito 30-49 43-51 32-44 39-51 Td HpI 4^'^ Hito 26-36 28-43 26-29 28-36 Tìiampfrn itiìicjci fiihprpoln Tìalinavp TripHiann LcLLH\j \JL \J IIKXOO. U U U 1 V/1 lJCil.lll.iXL \J lllOUlClillV 18-23 14-21 1 7-22 1 6-24 Tri id iH \(\ iTìf.Amn XM.> lU.. lU. 1\X. Illudi. IIVJ • 5-17 6-14 7-18 # X \J 8-18 Tinncr}iP77fi Hplla r*nsnfl 119-153 125-164 117-146 122-139 Td dplla o*a m Via 112-137 1 1 ^-1 38 X X X 111-1 39 XXX X «-» 1 1 8-1 39 X X O X O «7 Td dpl Tìipdp 202-240 1 97-242 1 78-21 9 1 9^^-21 6 Td del 1° dito 31-42 31-48 31 -42 33-42 Id. del 2° dito 51-66 50-70 56-68 51-66 Id. del 3" dito 82-104 84-108 86-100 83-100 Id. del 4° dito 119-156 132-159 106-189 123-144 Id. del 5° dito 80-96 84-107 79-99 81-94 Lungh. del tubercolo metatarsale interno 16-24 14-22 17-23 15-25 Id. id. id. esterno 4-16 6-14 8-14 5-17 Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigit. 26-41 25-42 26-34 26-35 Id. id. id. 2° dito 39-54 35-52 39-48 38-55 Id. id. id. 3° dito 55-83 58-75 52-68 51-66 Id. id. id. 4« dito 13-24 U-27 13-22 10-22 Lunghezza della ripiegatura tarsea . 39-63 46-61 35-57 43-57 77 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUF., ECC. 259 Bufo viridi». Maschi in amore di Givoletto. Indice di variabilità Media F = M F M Yì-d Lunghezza del capo 23 102 0,0968 0,1129 0,7903 0,22 Largh. del capo agli angoli dei mascellari 27 120 0,1129 0,2419 0,6452 0,22 Id. a metà degli occhi 25 102 0,0645 0,5968 0,3387 0,24 Id. alle narici 22 33,50 0,6935 0,3065 0,63 Alt. del capo a metà della reg. timpanica 18 46,50 0,5323 0,4677 0,37 15 28 0,2097 0,3548 0,4355 0,50 Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso 27 107 0,0645 0,2581 0,6774 0,24 Diametro interorbitale 16 30,50 0,5968 0,4032 0,49 Distanza dall'apice del muso alle narici . 14 12,50 0,5000 0,5000 1,04 Id. dalle narici all'occhio 19 26 0,0645 0,2419 0,6935 0,72 15 7 0,9839 0,0161 2,00 Diametro massimo trasversale dell'occhio 18 38,50 0,3548 0,6452 0,44 Id. minimo del timpano 11 16 0,0323 0,6452 0,3226 0,63 Id. massimo del timpano 14 17,50 0,5385 0,4615 0,75 Lunghezza massima dello parotidi . . 34 73,50 0,6038 0,3962 0,45 Lai'ghezza id. id 19 30 0,0755 0,2264 0,6981 0,60 Lunghezza del braccio 43 131 0,0323 0,5323 0,4355 0,32 Id. dell'avambraccio 44 92,50 0,4194 0,5806 0,46 Id. della mano 33 95 0,0484 0,5806 0,2258 0,34 Id. del 1° dito 16 40,50 0,6613 0,3387 0,37 Id. del 2« dito 16 34,50 0,7581 0,2419 0,43 Id. del 3° dito 22 44,50 0,6129 0,3871 0,47 Id. del 4" dito 17 31 0,0806 0,6613 0,2581 0,52 Diametro mass, tubercolo palmai'e mediano 8 20,50 0,6129 0,3871 0,34 Id. id. id. id. interno . 14 15,50 0.3226 0,6774 0,84 68 137,50 0,3226 0,6774 0,48 Id. della gamba ... .... 33 136 0,0161 0,7258 0,2581 0,23 Id. del piede . . 77 250 0,9672 0,0328 0,30 Id. del 1" dito 21 39 0,1129 0,5968 0,2903 0,51 Id. del 2" dito 41 73 0,0161 0,9516 0,0323 0,55 T J J 1 ' "> 1 ^ l'i. la. del .3" dito 39 96 A AOOO 0,0323 0,1935 0,7742 0,40 Id. del l" dito 33 150 0.0806 0,5000 0,4194 0,21 Id. del 5" dito 39 88 0,0484 0,2258 0,7258 0,43 Lungh. del tubercolo metatarsale interno 10 20,50 0,7419 0,2581 0,44 Id. id. id. esterno 14 12,50 0.4194 0,5806 1,04 Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar- gine libero della membrana interdiuit. 24 36,50 0,7742 0,2258 0,63 Id. id. id. 2" dito 21 47 0,0806 0,5323 0,2258 0.43 Id. id. id. 3" dito 23 66 0,0161 0,4677 o..')i(;i 0,33 Id. id. id. 4" dito ... 15 13 0,0968 0,4677 0.4355 1,08 Lunghezza della ripiegatura tarsea 26 56,50 0.7419 0.2581 0,44 260 LORENZO CAMERANO 78 Bufo viridis. Maschi in amore di Moncalieri. Indice di variabilità Media V — M r — ivi r *\ IVI J? ^ ivi D-d 32 iUo,oU A u A QQQQ A RR'R'7 U,ODD ( A OQ Largh. del capo agli angoli dei mascellari 29 A AOKft A 99 34 1 HQ Kf\ iUo,OU A u u,oooo A Q9 10 ót ,0\) A u A ^^f;R7 A QQoq Alt. del capo a metà della reg. timpanica 16 A A n 1 7Qtc u,i / yo U,iOOo U,OD'±i A ^1 U,04: Id. alle narici 12 A \J,DóOV (\ Al A A U,4 t 4* A /I Q Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso 26 li / A Al OQ A R7QtC U,0 IVO A QA77 A 91 13 A pinaci u,u/Dy Ci A A Ql Ci Al A A U,4 / 44: A /( 1 Distanza dall'apice del muso alle narici . 19 1 O A 01 7A u, / y A O Q O 1 A c;AAA 1 CIA Id. dalle narici all'occhio 10 ii7,50 A A KOKR U,OZ0D A Al A A U,4 / 44 A Q9 4 1 t A A A Q K Q A A 1 /< 1 A 9 AA Diametro massimo trasversale dell'occhio . 16 A A 71 7Q u, / i /y A OQO 1 Id. minimo del timpano 12 1 C KA ÌD,OU A ACCIO U,0Ì5ÌO A /l /) Q7 A fi7 U,D < Id. massimo del timpano 11 1 7 17 A 1 OOO A /( /( Q7 U,44o 1 A ,^ O Q 1 A Lunghezza massima delle parotidi . 28 7£! C A A U A RA 1 A A qc:qa A QC, Larghezza id. id. .... 16 O 1 C A 31,50 A A 4 1 A 0,3590 0,49 Lunghezza del braccio 35 1 oo A AOOQ A C^AAA 0,4615 0,26 Id. dell'avambraccio 31 y-i A A£? /i 1 U,Ud4ì A KCtOR 0,3333 0,32 23 AO yo A f\n RCi u,u/Dy 0,2308 0.24 Id. del 1° dito della mano 16 4.i,50 A A Rf\OR 0,3974 0,31 id. aito iQ. 22 O A C A o4:,oU A u A c: 1 OQ 0,4872 0,61 La. o dito id. 18 A O C A 4j,50 A Ci A R^ K 0,5256 0,40 la. 4" dito id. 13 A AQQ7 A QQ/( R 0,5256 0,43 Diam. mass, del tubercolo palmare mediano 10 17,50 A A 1 RR'7 U,iob t 0.8333 0,52 Id. id. id. interno 12 1 R KCi A u A QOOQ 0,6667 0.67 Lunghezza della coscia 37 1 /* Q A A K 1 Q A CÌQQ7 0,3590 0,24 Id. della gamba 31 1 o o 133 A AC 1 O 0,0513 A OA7 i U,dy /4 0,55131 0,22 Id. del piede 41 oo A A A1 OO 0,0128 A 1 RRn U,ÌDO 1 0,6923 0,17 21 A A A A ,1 Q C Q 0,5641 0,.50 Id. 2° dito id 26 65,50 0,4359 0,5641 0,38 Id 3° dito id 48 100 50 0.1923 0,8077 0,46 Id. 4" dito id. 51 149 0,0385 0^2821 0.6795 0,33 Id. 5° dito id. 34 95,50 0,2179 0,7821 0,35 Lungh. del tubercolo metatarsale interno . 11 17 0,1154 0,1026 0,7821 0,59 Id. id. id. esterno 12 8,50 0,6282 0,3718 1,28 Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigitale 19 35 0,1026 0,5128 0,3846 0,51 Id. id. del 20 dito 28 46,50 0,6795 0,3205 0,58 Id. id. del 3° dito 29 65 0,0897 0,4103 0,5000 0,43 Id. id. del 4° dito 17 14 0,0256 0,6795 0,2949 1,14 Lunghezza della ripiegatura tarsale . . . 30 56,50 0,4487 0.5513 0,51 79 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC. 2G1 Bufo viridis. Maschi in amore di Catania. Indice j di variabilità Media F = M F M D — (/ Lunghezza del capo 22 121,50 0,4118 0,5882 0,17 Largii, del capo agli angoli dei mascellari 22 111,50 0,8235 0,1765 0,19 17 95 0,0588 0,3529 0,5882 0,17 8 24,50 0,1176 0,8824 0,28 Alt. del capo a metcà della regione timpanica 11 44 0,2353 0,5294 0,2353 0,23 8 24,50 0,2941 0,7059 0,28 Lungh.obl. del capo dall'ang. masc. al muso 22 112,50 0,4705 0,5294 0,18 10 28,50 0,7647 0,2353 0,31 Distanza dall'apice del muso alle narici . 9 4 0,7647 0,2353 2,00 Id. dalle narici all'occhio 8 27,50 0,7647 0,2353 0,25 Id. dall'occhio al timpano 6 2,50 0,7647 0,2353 2,00 Diametro massimo trasversale dell'occhio 9 40 0,5882 0,4118 0,20 Id. minimo del timpano 11 16 0,4118 0,2941 0,2941 0,63 Id. massimo del timpano 11 16 0,3529 0,1765 0,4705 0,63 Lunghezza massima delle parotidi . . . 24 82,50 0,8235 0,1765 0,28 16 38,50 0,6471 0,3529 0,39 Lunghezza del braccio ' . 20 129,50 0,6471 0,3529 0,14 Id. dell'avambraccio 38 85 0,0588 0,9412 0,38 Id. della mano 25 86 0,1176 0,1765 0,7059 0,28 Id. del 1° dito 10 40,.50 0,6250 0,4000 0,22 Id. del 2" dito 13 32 0,1333 0,3333 0,6000 0,38 Id. del 3° dito 14 42,50 0,5882 0.4118 0,31 Id. del 4° dito 12 30,50 0.2941 0,7647 0,36 Diametro mass, tubercolo palmare mediano 12 21.50 0,4118 0,5882 0,51 Id. id. id. id. interno . 20 14,50 0,4118 0.5882 1.31 Lunghezza della coscia 37 141 0,4118 0.5882 0.25 Id. della gamba 25 135 0,5882 0,4118 0,10 Id. del piede 47 229 0,0588 0,2941 0,6471 0,20 Id. del P dito 15 39 0,0588 0,6471 0,2941 0,36 Id. del 2" dito 28 72,50 0,8235 0,1765 0,37 Id. del 3" dito 28 108.50 0,5294 0,4705 0.24 Id. del 4" dito 35 155 0,0588 0,7059 0.23.'i3 0.21 Id. del .">" dito 26 99,50 0,7647 0,2353 0,25 Lungh. del tubercolo metatarsale interno 8 32 0,2353 0,1176 0,6471 0.22 Id. id. id. esterno 9 12 0,6471 0,3529 0.67 Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigit. 15 32 0,2353 0.4118 0,3529 0,44 Id. id. id. 2" dito 22 45,50 0,8235 0,1765 0.46 Id. id. id. 3° dito 24 64,50 0,3529 0,6471 0.35 Id. id. id. 4° dito 13 16 0,2941 0,5294 0,1765 0.75 Lunghezza della ripiegatura tarsea . . 21 59 0,0588 0,6471 0.2941 0.34 262 LORENZO CAMERANO 80 Bufo viridis. Maschi in amore di Sassari. Indice di variabilità Media F = M F< M F> M D — d 37 HO 0,1053 0,5789 0,3158 0,33 Largh. del capo agli angoli dei mascellari 29 125 0,0877 0,4561 0,4561 0,22 Id. a metà degli occhi 29 97 0,0702 0,5088 0,4211 0,29 Id. alle narici 10 23,50 0,4912 0,5088 0,38 Alt. del capo a meta della reg. timpanica 17 47 0,1053 0,2982 0,5965 0,34 13 24 0,0702 0,1754 0,7544 0,50 X ITITI Tll» 1 Lungh. obi. dei capo dall ang. masc. al muso 37 115 0,0526 0,8246 0,1228 0,31 Diametro interorbitale 14 28,50 0,7018 0,2982 0,46 Distanza dall'apice del muso alle narici . 21 10 0,0526 0,3333 0,6140 2,00 Id. dalle narici all'occhio 10 23,50 0,5965 0,4035 0,38 Id. dall'occhio al timpano 6 2,50 0,8070 0,1930 2,00 Diametro massimo trasversale dell'occhio 12 40,50 0,6667 0,3333 0,27 Id. minimo del timpano 13 16 0,0877 0,6842 0,2281 0,75 Id. massimo del timpano 9 17 0,1930 0,3509 0,4561 0,47 Lunghezza massima delle parotidi . 23 81 0,0351 0,5965 0,3684 0,27 Larghezza id. 20 41,50 0,6667 0,3333 0,45 Lunghezza del braccio - 35 132 0,526 0,4561 0,4912 0,26 Id. dell'avambraccio 22 95,50 0,4737 0,5263 0,22 Id. della mano 25 87 0,1053 0,4035 0,4912 0,28 Id. del 1° dito 18 40,50 0,4386 0,5614 0,42 Id. del 2° dito 17 33 0,0877 0,4561 0,4561 0,48 Id. del 3° dito 14 42,50 0,5614 0,4386 0,31 Id. del 4« dito 15 29 0,1579 0,4737 0,3684 0,48 Diam. mass, tubercolo palmare mediano . 11 20 0,0877 0,2105 0,7018 0,50 Id. id. id. id. interno . 18 11,50 0,2105 0,7895 0,47 Lunghezza della coscia 41 140 0,526 0,2105 0,7368 0,28 Id. della gamba 33 133 0,1053 0,4737 0,4211 0,24 Id. del piede 50 233,50 0,4737 0,5263 0,21 Id. del 1° dito 19 37 0,526 0,4211 0,5263 0,49 Id. del 2° dito 21 61 0,1228 0,3158 0,5614 0,33 Tri rial Qo rlifn 37 u,oDuy A c;7QQ U,0 1 ov A Q7 Id. del 4° dito 35 153 0,0175 0,6140 0,3684 0,22 Id. del 5° dito 29 98 0,0351 0,7544 0,2105 0,29 Lungh. del tubercolo metatarsale interno 9 19 0,1228 0,3333 0,5439 0,42 Id. id. id. esterno 22 10,50 0,8772 0,1228 2,00 Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigitale 18 32,50 0,4386 0,5614 0,52 Id. id. id. 2° dito 33 42 0,1228 0,1579 0,7193 0,76 Id. id. id. 3° dito 39 69 0,0577 0,6923 0,2500 0,55 Id. id. id. 4» dito 10 14,50 0,5439 0,4561 0,68 Lunghezza della ripiegatura tarsea . . . 21 52 0.0526 0,3158 0.6316 0,38 81 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC. 263 Bufo viridis. Maschi in amore di Corfù. 1 1 1 Indice 1 di variabilità Media F = M F M D — d T,iiTlcr]iP77n rlpì r*:1Tìn Zi) 101,50 0,3182 0,6818 — 0,18 TiQi'cr}'! HpI osìnci ncrli fincrnli Hpì ma«ir*All5ìT'i Ci A ài 126 50 8636 o|l364 0,18 TH i3 in pf h nPcr 1 1 nf'.r*n ì 1 Ci 19 101 0455 4545 5000 0,17 Tri qIIp riJìnpi Ci 9 26 50 31 82 6818 0,30 Alt HpI par»n p mpi"h HpIIjì vf^cr HninanipA 1 A 10 42,50 7273 2727 21 Ci 9 26,50 4545 5455 0,30 Tiiiiicrìi nlìì r?pì r'fìnn ^lall'ano* macip al XJUil^ll* UUI* ^Cl^iJ Udii Clll^* IllClOl./> 4X1 ilIUo^ 1 A 19 113 5455 04545 0,16 rii fi ITI pf l'O 1 ni",Pi*ni'ììi t n Ifi 1 A 10 27 50 5000 05000 0,32 Tìi«ifsm7;ì Hììll'fiTìi pp H pi imi ìì 1 1 p ti iì vi pi 1 A 10 10 50 4545 5455 0,86 9 27 1364 31 82 5455 0,30 TH Hiìll 'nppìiin ;il timnano 4 1,50 0,5909 0,4091 2,00 111 q r»l pf'l'n im SiCil 111 V^Pl'QQ 1 P npll APPllin -1 A 14 36 50 yj 1818 8182 0,36 In lìiiniììin noi fiìnrMiìi^^ 9 15 X 0909 yj ^yj vyj ij 0Q09 8182 53 In tu n QCii TU n npl fimr»i>nri 12 1 6 50 yj 2727 7273 67 T.nTio"nP77Q ITICI QCi ITI iì iipllp 'ncivnt'ini JjUll^llL £i£ict lllctoolllld iit/llC/ UdLUulUl 17 76 yj jyjoyjKf 3636 'i455 0.21 T .?! T*0"n py"/?) in in ^iitf/fcict ili. ìli. .... 16 30 50 yj "ìOOO yj jOyj\'yj =i000 49 1 .11 11 fy M iiry/Q noi r\i^Q i r\ 38 A yj 30 yj jtjyj \ A n pi r vn in lìi'iì ppi n 22 Q1 ^0 yj 4091 y.f j'±\jij L ^909 23 Tn n ol 1 Q ni o ìin 19 vO yj tyjoyjij Ci A^A^^ V , 4r 1' 'J 1 9 In n lo rti^Tk /lAilo %yi q ti • 12 4Mt 99 TH 90 Hifn ir! 13 OD \j ^o\J\'yj 9973 33 TH ^0 Hifn iH 16 0,4545 V,0~riJU 32 TH J-O rlif n \f\ 11 X 3n3fi tQ09 32 ULtMll. Illtlob. Ucl lUUcICUlU UcilIIltilc llloUldllO 8 1 Q tiO u,ouou 1 V/, 1 ou** 36 lu. 1(1, lu. interno 8 11 fiO l'i.Ov A u 48 1 .ntlfYMiliVZO /Idillio /-» 1 32 1 KA n A CI/LECE 91 In riùlln n'On^Vio 24 10+, A u v,OUOO Ifi Id. del piede 51 239 0,5455 0,4091 0.21 TH HpI l H if n HpI nìftflp 15 40 0455 6818 0,2273 0,35 Id. 2° dito id 15 66 0,2273 0*3636 0^3636 0Ì21 Id. 3° dito id 30 105,50 0,4545 0,5455 0,28 Id. 4» dito id 35 151 0,0952 0,3333 0,5714 0,22 Id. 50 dito id 19 99 0,0476 0.5238 0,4286 0.18 Lungli. del tubercolo metatarsale interno . 9 19 0,0455 0,8636 0,0909 0,42 Id. id. id. estorno 7 11 0,1364 0,4545 0,4091 0.55 Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigit. 16 34,50 0.4762 0,5238 0,43 Id. id. del 2« dito 15 46 0,0952 0,5238 0,3810 0,30 Id. id. del 3" dito .... ... 25 66 0,1905 0.4286 0.3810 0,36 Id. id. del 4'^ dito 9 14 0,0476 1 0.5238 0,4286 0,57 Lunghezza della ripiegatura tarsea . 18 53.50 ' 0.4545 0.5155 0,31 264 LORENZO CAMERANO 82 Bufo inridis. Maschi in amore di Siria. Lunghezza del capo Largh. del capo agli angoli dei mascellari Id. a metà degli occhi Id. alle narici Alt. del capo a metà della reg. timpanica Id. alle narici Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. almuso Diametro interorbitale Distanza dall'apice del muso alle narici . Id. dalle narici all'occhio Id. dall'occhio al timpano Diam. massimo trasversale dell'occhio Id. minimo del timpano Id. massimo del timpano Lunghezza massima delle parotidi . . . Larghezza id Lunghezza del braccio Id. dell'avambraccio Id. della mano Id. del 1° dito Id. del 2° dito Id. del 3° dito Id. del 4° dito Diametro mass, tubercolo palmare mediano Id. id. id. id. interno . Lunghezza della coscia Id. della gamba Id. del piede Id. del 1° dito Id. del 2° dito Id. del 3° dito Id. del 4° dito Id. del 5° dito Id. del tubercolo metatarsale interno . . Id. id. id. esterno . . Dist. dall'apice del 1" dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigit. Id. id. id. 2" dito Id. id. id. 3" dito Id. id. id. 4° dito Lunghezza della ripiegatura tarsea Indice di variabil Media F = M F < M F>M T) fi XJ — l* 25 108 0,6250 0,3750 0,21 17 121 0,5000 0,5000 0,13 29 97 0,1250 0,5625 0,3125 0,29 20 25,50 0,7500 0,2500 0,74 12 42,50 0,5000 0,5000 0,24 13 25 0,0625 0,3750 0,5625 0,48 19 111 0,1875 0,6250 0,1875 0,17 9 26 0,1250 0,3750 0,5000 0,31 15 10 0,3125 0,6875 1,40 12 24,50 0,3750 0,6250 0,44 5 2 0,3125 0,4375 0,2500 2,00 9 40 0,0625 0,5625 0,3750 0,20 6 14,50 0,4375 0,5625 0,34 9 16 0,2500 0,3750 0,3750 0,50 24 73,50 0,2500 0,7500 0,31 16 36,50 0,7500 0,2500 0,41 21 128 0,6875 ■0,3125 0,15 19 93 0,0625 0,3750 0,5625 0,19 20 92,50 0,3125 0,6875 0,20 15 37 • 0,1250 0.3750 0,5000 0,88 13 31,50 0,5000 0,5000 0,37 13 42 0,2500 0,4375 0,3125 0,29 10 28,50 0,6250 0,3750 0,32 8 U U,5b2ò A O 1 0,ol 14 16,50 0,3750 0,6250 0.29 26 145,50 0,6250 0,3750 0,17 21 134 0,6250 0,3750 0,14 37 227 0,0625 0,4375 0,5000 0,15 11 39 0,1250 0,5625 0,3125 0,26 16 65,50 0,5000 0,5000 0,22 18 101,50 0,3125 0,6875 0,16 31 148 0,0625 0,3750 0,5625 0,20 22 99,50 0,5000 0,5000 0,21 11 19 0,2500 0,2500 0,5000 0,53 10 9,50 0,5625 0,4375 0,98 11 33 0,0625 0,4375 0,5000 0,30 23 42 0,1875 0,1250 0,6875 0,52 20 64,50 0,5625 0,4375 0,29 17 17 0,2500 0,2500 0,5000 0,94 20 56,50 0,5000 0,5000 0,33 83 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., KCC 265 B ufo viridi s. Femmine in amore di (rivoletto. -ce Indice Il variabiliti Media i = M 1^ i > M Tì-d \ (D-f fl 24 1()d,50 A A 1 A 0,ol29 0,3871 0,22 Largh. del capo agli angoli dei mascellari 19 12o 0,8065 0,1935 0,15 Id. a metà degli occhi 23 101 0,1290 0.6129 0,2581 0,22 Id. alle narici 10 25,50 A n 1 0,3871 0,6129 0,35 Alt. del capo a metà della reg. timpanica 14 À e A 48,50 A 1 A K 0,1935 0,8065 0,27 13 27 0,1613 0,4839 0,3548 0,44 Lungh. obi. del capo dairang.masc. al muso 22 1 A C C A 105,50 0,2258 0,7742 ■ 0,19 Diametro interorbitale 14 OZ? t A 2d,50 A J OOA 0,4839 0,5161 0,49 Distanza dall'apice del muso alle narici . 11 A 0,7742 0,2258 1,25 14 Cì£} C A 2d,50 A A r f\i^ 0,58()d 0,4194 0,49 Id. dall'occhio al timpano 4 "1 e A 1,50 A A 1 n A 0,6129 0,38/^1 2,00 Diametro massimo trasversale dell'occhio 14 i A K A 40,50 A 0,6451 0,3548 0,32 Id. minimo del timpano 9 15 A 1 OAA 0,1290 0,451 D 0,4194 0,53 Id. massimo del timpano 10 15,50 0,do48 0,6451 0,58 Lunghezza massima delle parotidi . . . 35 71 0,0645 0,3548 0,5806 0,48 T — 1 * 1 ' J Larghezza id. id 14 32,50 0,4839 0,5161 0,40 Lunghezza del braccio 34 127,50 0,8065 0,1935 0,25 T J in» 1- Id. dell avambraccio 41 98 0,0645 0,8710 0,0645 0,41 TI in Id. della mano 91 0,0645 0,7097 0,2258 0,20 Id. del 1" dito 27 42 0,0645 0,4516 0,4839 0,62 TI 1 1 (T»/. l'l_ Id. del 2" dito 1 1 X X 36 0,1667 0,4667 0,3667 0,28 TI 1 1 o^-^ l*j_ Id. del 3° dito 17 44 0,0323 0,5484 0,4194 0,36 Id. del 4'' dito 12 31,50 0,6667 0,3333 0,34 Diametro mass, tubercolo palmare mediano 10 19,50 0,5161 0,4839 0,46 Id. id. id. id. interno . 9 13 0,1613 0,6451 0,1935 0,62 Lunghezza della coscia 34 134,50 0,6129 0,3871 0,24 Id. della gamba 21 126 0,0645 0,5484 0,3871 0,16 Id. del piede . . 37 213 0,4516 0,5484 0,18 TH HpI 1° Hifi, 16 00, Ov (j n fii fii n '^Q u.oy Id. del 2" dito 25 58 0,1290 0,3548 0,5161 0,41 Id. del 3" dito 50 93.50 0,6129 0,3871 0,51 Id. del 4° dito 31 141 0,7742 0,2258 0,21 Id. del 50 dito 26 84,50 0,3226 0,6774 0,29 Lungh. del tubercolo metatarsale interno 11 16 0,1935 0,0323 0,7742 0,63 Id. id. id. esterno 12 11,50 0.5161 0,4839 0,96 Dist. dall'apice del 1" dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigit. 13 32 0,0323 0.5161 0,4516 0,38 Id. id. id. 2° dito 17 47 0,0645 0,5484 0,3871 0,34 Id. id. id. 3" dito 24 66,50 0,6129 0,3871 0,34 Id. id. id. 4" dito 20 20 0,0968 0,5806 0,3226 0,95 Lunghezza dflla ripiogatura tarsea 28 52..50 0.5806 0.4194 0.51 Serik II. Tom. LIV. 266 LORENZO CAMERANO 84 Sufo viridis. Femmine in amore di Moncalieri. .ce •H-i Media F = M F < M F > M > Lunghezza del capo 23 105 0,0769 0,6154 0,3077 0,20 0.19 Largh. del capo agli angoli dei mascellari 24 120,50 0,4872 0,5128 Id. a metà degli occhi 17 94 0,0769 0,4359 0,4872 0,17 Id. alle narici 15 27 0,0769 0,8462 0,0769 0,52 Alt. del capo a metà della reg. timpanica 17 44 0,0513 0,4615 0,4872 0,36 Id. alle narici 15 27 0,1026 0,8462 0,0513 0,52 Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso 21 108 0,0769 0,4103 0,5128 0,19 Diametro interoi-bitale 13 28 0,0256 0,6154 0,3590 0,43 Distanza dall'apice del muso alle narici . 9 4 0,7949 0,2051 2,00 Id. dalle narici all'occhio 11 26 0,2051 0,3846 0,4103 0,38 Id. dall'occhio al timpano 7 3 0,1282 0,8205 0,0769 2,00 Diametro massimo trasversale dell'occhio . 13 40 0,0256 0,6410 0,3333 0,30 Id. minimo del timpano 11 16 0.2821 0,4359 0,2821 0,63 Id. massimo del timpano 11 16 0,3333 0,3846 0,2821 0,63 Lunghezza massima delle parotidi 20 72,50 . 0,4872 0,5128 0,25 Larghezza id. id. .... 15 29 0,1282 0,1795 0,6923 0,48 Lunghezza del braccio 28 110,50 0,3846 0,6154 0,24 Id. dell'avambraccio 16 81,50 0,5385 0,4615 0,18 Id. della mano 15 83 0,0513 0,4615 0,4872 0,17 Id. del 1° dito della mano 17 43 0,1282 0,5897 0,2821 0,37 Id. 2° dito id 12 32,50 0,2308 0,7692 0,34 Id. 3° dito id 19 42 0,2051 0,4103 0,3846 0,43 Id. 4° dito id 11 29 0,1282 0,3846 0,4872 0,34 Diam. mass, del tubercolo palmare mediano 13 17,50 0,1026 0,5385 0,3590 0,68 Id. id. id. interno 8 11 0,4872 0,5128 0,64 Lunghezza della coscia 28 129,50 0,4615 0,5385 0,21 Id. della gamba 24 119,50 0,5128 0,4872 0,19 Id. del piede 45 216 0,1282 0,6410 0,2308 0,21 Id. del 1° dito del piede 17 39 0,1282 0,3333 0,5385 0,41 Id. 2« dito id. 25 60 0,0513 0,3846 0,5641 0,40 A AK 1 Q A OQAQ A 71 7Q A QA Id. 4"' dito id. 43 147 0,0513 0,8718 0,0769 0,29 Id. 5° dito id. 22 88,50 0,4103 0,5897 0,24 Lungh. del tubercolo metatarsale interno . 9 19 0,1026 0,4103 0,4872 0,42 Id. id. id. esterno 12 8,50 0,4615 0,5385 1,13 Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigitale 13 32 0.1026 0.4615 0,4359 0,38 Id. id. del 2» dito ' . . 18 43,50 0,4615 0,5385 0,39 Id. id. del 3° dito . 20 62.50 0,5385 0,4615 0,30 Id. id. del 4° dito 18 18,50 0.6667 0,3333 0,92 Lunghezza della ripiegatura tarsale . . 16 53,50 0.3333 0.6667 0,28 85 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUl'., i;C( 2(J7 B ufo V irid i s. Femmiìie in amore di Sassari. Indice di variabilità Media F = M F M D — d Lunghezza del capo 29 112 0,0500 0,5500 0,4000 0,25 Largii, del capo agli angoli dei mascellari 23 131 0,0500 0,4500 0,5000 0,17 Id. a metà degli nof-hì 22 102,50 0,8500 0,1500 0,20 Id. alle narici 15 23 0,1500 0,2000 0,6500 0,61 Alt. del capo a metà della regione timpanica 31 49,50 0,5000 0,5000 0,62 Id. alle narici 9 26 0,2000 0,2000 0,6000 0,31 Lungh.obl. del capo dall'ang. masc. al muso 23 109 0,1000 0,1500 0,7500 0,20 Diametro interorbitale . 12 27,50 0,4000 0,6000 0,40 Distanza dall'apice del muso alle narici . 19 9,50 0,7500 0,2500 1.90 Id. dalle narici all'occhio 12 24,50 0.4500 0,5500 0,44 Id. dairoccliio al timpano 10 4,50 0,9000 0,1000 2,00 Diametro massimo trasversale dell'occhio 14 40,50 0,6000 0,4000 0,32 Id. minimo del timpano 18 13,50 0,5000 0,5000 1,26 Id. massimo del timpano 16 14,50 0,2000 0,8000 1,03 Lunghezza massima delle parotidi . . . 28 82,50 0,4500 0.5500 0,33 Larghezza id 15 42 0,0500 0,5500 0,4000 0,33 Lunghezza del braccio 32 124,50 0,4500 0,5500 0,25 Id. dell'avambracco ... .... 21 92 0,6000 0,4000 0,22 Id. della mano 20 86,50 0,3000 0,7000 0,22 Id. del 1° dito 12 44,.50 0,7500 0,2500 0,24 Id. del 2" dito 1 35,50 0,5500 0,4500 0,26 Id. del 3° dito 20 39,50 0,2000 0,8000 0,41 Id. del 4° dito 11 31 0,1500 0,6500 0,2000 0,32 Diametro mass, tubercolo palmare mediano 6 20,50 0,6000 0,4000 0,24 Id. id. id. id. interno . 13 11 0,1500 0,2000 0,6500 1.09 Lunghezza della coscia 35 136 0,0500 0,8500 0,6000 0,26 Id. della gambti 26 124,50 0,4000 0,6000 0,21 Id. del piede 39 221 0,0500 0,4000 0,5500 0,17 Id. del 1° dite 12 36,50 0,4500 0,5500 0,30 Id. del 2° dito 16 58,50 0,4500 0,5500 0,25 Id. del 3° dito 23 93 0,1000 0,3500 0,5500 0,24 Id. del 4'^ dito 38 137,50 0,3500 0,6500 0.26 Id. del 5" dito 17 89 0,0500 0,4000 0,5500 0,18 Lungh. del tubercolo metatarsale interno 9 20 0,1500 0,5500 0,3000 0.40 Id. id. id. esterno 13 10 0,0500 0,7.500 0,2000 1.20 Dist. dall'apice del 1" dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigit. 16 33,50 0.6500 0,3500 0.44 Id. id. id. 2^ dito 16 46,50 0,6500 0,3500 0,32 Id. id. id. 3° dite 29 69 0,0500 0,8000 0,1500 0,41 Id. id. id. 4" ditf) 12 18,-50 0,5500 0,4500 0,59 Lunghezza della ripiegatura tarsea 25 51 0,1000 0,2500 0.6500 0.49 268 LORENZO CAMERANO 86 Bufo viridis. Femmine in amore di Candia. Indice di variabilità Media F = M F M D —d Lunghezza del capo 16 100,50 0,5455 0,4545 0,15 Largh. del capo agli angoli dei mascellari 12 117,50 0,5455 0,4545 0,09 Id. a metà degli occhi 11 95 0,0909 0,4545 0,4545 0,11 Id. alle narici 8 24,50 0,6364 0,3636 0,28 Alt. del capo a metà della reg. timpanica 7 43 0,1818 0,4545 0,3636 0,14 Id. alle narici 7 25 0,2727 0,2727 0,4545 0,24 Lungh. obi. del capo dall'ang, masc. al muso 17 108 0,0909 0,7273 0,0909 0,48 Diametro interorbitale 8 27,50 . 0,6364 0,3636 0,28 Distanza dall'apice del muso alle narici . 15 7 0,7273 0,2727 2,00 Id. dalle narici all'occhio 7 25 0,1818 0,2727 0,5455 0,24 Id. dall'occhio al timpano 7 5 0,2727 0,6364 0,0909 "1,20 Diametro massimo trasversale dell'occhio 7 41 0,3636 0,2727 0,3636 0,15 Id. minimo del timpano 10 13,50 0,3636 0,6364 0,68 Id. massimo del timpano 9 17 0,2727 0,4545 0,2727 0,47 Lunghezza massima delle parotidi . 12 76,50 0,4545 0,5455 0,14 Larghezza id. id 17 33 0,0909 0,4545 0,4545 0,48 Lunghezza del braccio 18 119,50 0,6364 0,3636 0,14 Id. dell'avambraccio 12 89,50 0,4545 0,5455 0,12 Id. della mano 9 86 0,0909 0,5455 0,3636 ' 0,10 Id. del 1'^ dito 10 39,50 0,3636 0,6364 0,23 Id. del 2° dito 9 35 0,0909 0,6364 0,2727 0,23 Id. del 3" dito 13 45 0,5455 0,4545 0,27 Id. del 4» dito 9 32 0,5455 0,4545 0,25 Diam. mass, tubercolo palmare mediano . 9 20 0,1818 0,3636 . 0,4545 0,40 Id. id. id. id. interno . 11 13 0,7273 0,2727 0,77 18 130,50 0,3636 0,6364 0,13 Id. della gamba 22 128,50 0.9091 0,0909 0,16 Id. del piede 22 205,50 0,7273 0,2727 0,12 Id. del 1° dito 10 37,50 0,6364 0,3636 0,24 Id del 2" dito 16 58,50 5455 0,4545 0,26 Id. del 3° dito 18 91^50 0,3636 0,6364 0^18 Id. del 4» dito 22 133,50 0,6364 0,3636 0,15 Id. del 5° dito 14 87,50 0,6364 0,3636 0,15 Lungh. del tubercolo metatarsale interno 11 20 0,0909 0,5455 0,3636 0,50 Id. id. id. esterno 13 11 0,1818 0,5455 0,2727 1,09 Dist. dall'apice del 1° dito a metà dei mar- gine Ubero della membrana interdigitale 10 30,50 0,5455 0,4545 0,29 Id. id. id. 2" dito 18 46,50 0,9091 0,0909 0,36 Id. id. id. 3° dito 16 58,50 0,3636 0,6364 0,26 Id. id. id, 4° dito 13 16 0,0909 0,5455 0,3636 0,75 Lunghezza della ripiegatura tarsea . 15 50 0.0909 0,3636 0,5455 0,28 87 RICEKCHK INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LllUr., ECC. 269 Bufo vifidis. Femmine in amore dì Corfù. 1 Indice di variabilità Media F M n A \j — rt 1 \ (D+rf) Lunghezza del capo 30 100,50 0,2308 0,7692 0,28 Largh. del capo agli angoli dei mascellari 30 122,50 0,2154 0,7846 0,24 Id. a metà degli occhi 30 100,50 0,5000 0,5000 0,28 Id. alle narici 1 1 J. X 25 0,1154 0,2308 0,6538 0,40 Alt. del capo a metà della reg. timpanica 17 43 0,1538 0,5000 0,3462 > 0,37 Id. alle narici Q 25 0,2308 0,3462 0,4231 0,36 Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso 40 124,50 0,9615 0,0769 0,31 29 0,1923 0,7308 0,0769 0,40 Distanza dall'apice del muso alle narici . 7,50 0,3846 0,6154 1,86 Id. dalle narici all'occhio 7 26 0,1154 0,4615 0,4231 0,23 r. o 2 0,0769 0,6923 0,2308 2,00 Diametro massimo trasversale dell'occhio 1 4 40,50 0,5000 0,5000 0,32 Q 17 0,2308 0,5000 0,2692 0,47 Id. massimo del timpano Q 17 0,1923 0,3462 0,4615 0,47 Lunghezza massima delle parotidi 80,50 0,6154 0,3846 0,28 Larghezza id. id. ... 91 33 0,0769 0,6538 0,2692 0,60 Lunghezza del braccio 9Q 111 0,0769 0,4231 0,5000 0,25 Id. dell'avambraccio uO 87,50 0,3462 0,6154 0,31 Id. della mano 1 L 90,50 0,6154 0,3846 0.14 Id. del 1° dito della mano 1 fi lo 42,50 0,4231 0,5769 0,35 Id. 2" dito id. io 35 0,2000 0,2400 0,5600 0,40 Id. 3° dito id. 9 47 0,0800 0,6000 0,3200 0,17 Id. 4" dito id. 16 35,50 0,8400 0,1600 0,42 Diam. mass, del tubercolo palmare mediano 8 17,50 0,3846 0,6154 0.40 Id. id. id. interno 9 IO 0,2308 0,4615 0,3077 0,80 Lungiiezza della coscia . . . . 40 144,50 0,6923 0,3077 0,27 Id. della gamba 24 126,50 0,3077 0,6923 0,18' Id. del piede . . . . 46 219,50 0,4615 0,5385 0,21 Id. del 1" dito del piede 18 39,50 0,8077 0,1923 0,43 Id. 2^ dito id 21 60 0,4615 0,5385 0,33 Id. 3° dito id 25 96 0,0769 0,4231 0,5000 0,25 Id. 4° dito id 28 145,50 0,8462 0.1538 0,18 Id. 5° dito id 24 95,50 0,6667 0,3333 0,24 Lungh. del tubercolo metatarsale interno . 9 18 0,1154 0,5000 0,3846 0,44 Id. id. id. esterno 9 10 0,1538 0,4615 0,-23OS 0,80 Dist. dall'apice del 1" dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigit. 18 33,50 0,5385 ' 0,4615 0.51 Id. id. del 2" dito 18 43,50 0,2308 ! 0,7692 , 0,39 Id. id. del .3° dito . . 18 66,50 0.3846 0,6154 0,25 Id. id. del 4" dito 14 20,50 0,7692 0.2308 0,63 Lunghezza della ripiegatura tarsea . 16 53,50 (ì ! 0..".769 0,4 2M1 0.28 270 LORENZO CAMERANO 88 Bufo viridis. Individui giovani del contorno di Torino (lunghezza base da 20 a 40 millimetri). Indice di variabilità Media F = M F M D — d 1 (D4-/ÌÌ 23 126 0,0333 0,5667 0,4000 0,17 Largii, del capo agli angoli dei mascellari 30 129,50 0,4000 0,6000 0,22 Id. a metà des-li n<^r-hi 24 108,50 0,6000 0,4000 0,21 Id. alle narici 10 29,50 0,4667 0,5333 0,31 Alt. del capo a metà della reg. timpanica 16 56,50 0,6667 0,3333 0,26 Id. alle nai'ici 11 29 0,2000 0,5667 0,2333 0,34 Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso 29 130 0,0333 0,6000 0,3667 0,21 18 33,50 0,5000 0,5000 0,51 Distanza dall'apice del muso alle narici . 15 10 0,7000 0,3000 1,50 Id. dalle narici all'occhio 16 32,50 0,5667 0,4333 0,45 Id. dall'occhio al timpano 8 3,50. 0,9333 0,0667 2,00 Diameti'o massimo trasversale dell'occhio 21 50 0,1667 0,4667 0,3667 0,40 Id. minimo del timpano 11 12 0,2174 0,2609 0,5217 0.83 Id. massimo del timpano 11 12 0,2174 0,2609 0,5217 0,83 Lunghezza massima delle parotidi . 25 74 0,1429 0,4286 0,4286 0,32 17 32 0,6429 0,4571 0,50 Lunghezza del bracci*^ 41 113 0,0667 0,5667 0,3667 0,35 Id. dell'avambraccin 22 82,50 0,4667 0,5333 0,25 Id. della mano 35 91 0,8000 0,2000 0.37 Id. del 1° dito 28 44,50 0,6429 0,3571 0,60 Id. del 2° dito 13 37 0,0714 0,7143 0,2143 0,32 Id. del 3° dito 19 49 0,0357 0,4286 0,5357 0,38 Id. del 4" dito 16 32,50 0,6071 0,3929 0,45 Diametro mass, tubercolo palmare mediano 11 12 0,0667 0,2000 0,7333 0,83 Id. id. id. id. interno . 14 10,50 0,9000 0,1000 1,20 Lunghezza della coscia 44 136,50 0,7333 0,2667 0,31 Id. della gamba 39 125 0,0333 0,5667 0,4000 0,30 Id. del piede 66 212,50 0,5667 0,4333 0,30 Id. del 1" dito 19 42 0,0333 0,4333 0.5333 0,43 Id. del 2" dito 30 62,50 0,7667 0,2333 0.46 lA Arsì Qo AH-r\ Ld. del o dito 29 v,Uooo U,uooo U,oooo U,OU Id. del 4" dito 44 136,50 0,6000 0.4000 0,31 Id. del 5" dito 22 90,50 0,7667 0,2333 0,23 Lungh. del tubercolo metatarsale interno 11 17 0,0667 0,7000 0,2333 0,59 Id. id. id. esterno 6 5,50 0,4138 0,5862 0,99 Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigit. 17 32 0,5000 0,5000 0,16 Id. id. id. 2° dito 20 48,50 0,6667 0,3333 0,39 Id. id. id. 3° dito 28 76,50 0,5667 0,4333 0,35 Id. id. id. 4° dito 22 25,50 0,5333 0,4667 0,82 Lunghezza della ripiegatura tarsea . . . 31 57 0,8000 0,2000 0,53 89 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUl'., ECC. 271 Bufo viridis. Individui giovani di Catania (lunghezza base da 30 a 50 millimetri). Indice di variabilità Media F = M F < M F>M D-d Lunghezza del capo 18 122,50 0,4545 0,5455 0,14 Largh. del capo agli angoli dei mascellari 32 126,50 0,7273 0,2727 0,24 Id. a metà degli occhi 23 103 0,5455 0,4545 0,21 Id. alle narici 13 28.50 0,8182 0,0909 0,42 Alt. del capo a metà della reg. timpanica 11 50 0,7273 0,2727 0,20 Id. alle narici 12 28,50 0,3636 0,6364 0,38 Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso 21 123 0,0909 0,3636 0,5453 0,16 Diametro interorbitale 21 33 0,0909 0,5455 0,3636 0,61 Distanza dall'apice del muso alle narici . 7 6 0,1818 0,5455 0,2727 1,00 Id. dalle narici all'occhio 12 28,50 0,4545 0,5455 0,38 Id. dall'occhio al timpano 12 5,50 0,7667 0,2222 2,00 Diametro massimo trasversale dell'occhio 11 42 0,0909 0,4545 0,3636 0,24 Id. minimo del timpano 8 12,50 0,6667 0,3333 0,56 Id. massimo del timpano 8 12,50 0,6687 0,3333 0,56 Lunghezza massima delle parotidi . 17 78 0,0909 0,3636 0,5455 0,21 Larghezza id 18 36,50 0,5455 0,4545 0,47 Lunghezza del braccio 33 117 0,0909 0,4545 0,4545 0,27 31 80 0,4545 0,5455 0,38 Id. della mano 22 87,50 0,2727 0,7273 0,24 Id. del 1° dito 15 40 0.6364 0,3636 0,35 Id. del 2° dito 12 33,50 0,1818 0.8182 0,33 Id. del 3» dito 9 47 0,1818 0,4545 0,3636 0,17 Id. del 4° dito 19 32 0,7273 0,2727 0.56 Diametro mass, tubercolo palmare mediano 13 17 0,1818 0,4545 0,3636 0,71 Id. id. id. id. interno . 13 10 0,5455 0.4545 1,30 Lunghezza della coscia 50 122,50 0,2727 0,7273 0,40 Id. della gamba 53 116 0,1818 0.8182 0,44 Id. del piede 63 204 0,0909 0,2727 0,6364 0,30 Id. del P dito 17 41 0,5455 0,4545 0,39 IH rial 9o Hifr» 14 0^,00 Q U,0'±00 U, '104:0 hi. del 3° dito 17 98 0,0909 0,5455 0.3636 0,16 Id. del 4° dito 30 142,50 0.7273 0,2727 0,20 Id. del 5° dito 32 94,50 0,6364 0,3636 0,33 Lungh. del tubercolo metatarsale interno 9 19 0,1818 0,3636 0,4545 0,42 Id. id. id. esterno 9 8 0.3636 0,6364 1.00 Dist. dall'apice del l^dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigit. 14 27.50 0.1818 0,8182 0,17 0,35 Id. id. id. 2" dito 17 46 0,0909 0.4545 0.4545 Id. id. id. 3° dito 20 69,50 0,5455 0,4545 0.27 Id. id. id. 4° dito . . . 12 20,50 0,3636 0.6364 0.53 Lungh. della ripiegatura tarsea 24 44,50 0.1S18 0.8182 0.51 272 LORENZO CAMERANO 90 Bufo viridis. Individui giovani di Sassari (lunghezza base da 30 a 50 millimetri). Indice di variabilità Media F = M F M D — d i- (D-l-d Lunghezza del capo 28 104,50 0,2000 0,8000 0,2 Largh. del capo agli angoli dei mascellari 27 121 0,2000 0,8000 0,21 Id. a metà degli occhi 26 102,50 0,5000 0,5000 0,24 Id. alle narici 7 26 0,3000 0,6000 0,1000 0,23 Alt. del capo a metà della reg. timpanica 10 46,50 0,2000 0,8000 0,19 Id. alle narici 9 27 0,1000 0,4000 0,5000 0,30 Lungh. obi. del capo dall'ang. masc.almuso 27 121 0,5000 0,4000 0,21 Diametro interorbitale 16 88,50 0,7000 0,3000 0,45 Distanza dall'apice del muso alle narici . 19 9 0.8000 0,2000 2,00 Id. dalle narici all'occhio 14 29,50 0,6000 0,4000 i 0,44 Id. dall'occhio al timpano 8 4 0,8000 0,6000 0,1000 1,75 Diam. massimo trasversale dell'occhio . 15 46 0,1000 0,3000 0,6000 0,30 Id. minimo del timpano 7 11 0,5000 0,5000 0,55 Id. massimo del timpano 7 11 0,5000 0,5000 0,55 Lunghezza massima delle parotidi . 29 80 0,3000 0,7000 0,35 Larghezza id 22 84,50 0,3000 0,7000 0,61 Lunghezza del braccio 23 119 0,1000 0,9000 0,19 Id. dell'avambraccio 81 87 0,8000 0,7000 0,84 Id. della mano 21 92 0,1002 0,5000 0,4000 0,22 Id. del 1" dito 14 42,50 0,3000 0,7000 0,30 Id. del 2" dito 17 33 0,1000 0,8000 0.7000 0,48 Id. del 3« dito 18 47 0,2000 0,5000 0,3000 0,26 Id. del 4° dito 11 29 0,1000 0,2000 0.7000 0,34 Diametro mass, tubercolo palmare mediano 11 17 0,3000 0,4000 0,3000 0,59 Id. id. id. id. interno . 9 10 0,1000 0,7000 0,2000 0,80 Lunghezza della coscia 82 185,50 0,4000 0,6000 0,23 Id. della gamba 15 127 0,4000 0,6000 0,11 Id. del piede 88 210,50 0,3000 0,7000 0,12 Id. del 1° dito 12 86,50 0,7000 0,3000 0,30 la. del 2° dito 18 56,50 0,7000 0,3000 0,30 Id. del 3° dito 31 87 0,8000 0,7000 0,84 Id. del 4° dito 30 184,50 0,4000 0,6000 0,22 Id. del 5« dito 26 89,50 0,4000 0,6000 0,28 Id. del tubercolo metatarsale interno . . 11 17 0,2000 0,3000 0,5000 0,59 Id. id. id. esterno . . 10 11,50 0,9000 0,1000 0,78 Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigit. 15 34 0,1000 0,7000 0.2000 0,41 Id. id. id. 2° dito 14 48,50 0,8000 0,7000 0,26 Id. id. id. 3" dito 20 69,50 0,6000 0,4000 0,27 Id. id. id. 4" dito 10 21,50 0,4000 0,6000 0,41 Lunghezza della ripiegatura tarsea 12 50,50 0,6000 0,4000 0,22 91 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDI.S Laur., ECC. 273 Ji ufo V i r i d is. Individui giovani di Siria (lunghezza base da 30 a 50 millimetri). Indice di variabilità j Media 1 F = M 1 1 : F < M F>M 1) — a i(D+rf) 40 100,50 0,1000 0,9000 0,38 Largh. del capo agli angoli dei mascellari 1 12 127,50 0,8000 0,2000 0,09 Id. a metà degli occhi 66 114 0,7000 0,3000 0,57 Id. alle narici 8 27,50 0,9000 0,1000 0.25 Alt. del capo a metà della reg. timpanica 9 44 0,5000 0,5000 0,20 8 27,50 0,8000 0,2000 0,25 Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso 17 117,50 0,4444 0,5556 0,13 12 30,50 0,3333 0,6667 0,36 Distanza dall'apice del muso alle narici . 6 5,50 0,7667 0,2222 0,91 Id. dalle narici all'occhio 9 29 0,4444 0,5556 0,28 8 3,50 0,6667 0,3333 2,00 Diametro massimo trasversale dell'occhio 14 47,50 0,7667 0,2222 0,27 Id. minimo del timpano 9 12 0,1111 0,2222 0,6667 0,67 Id. massimo del timpano 8 12,50 0,2222 0,7667 0.56 Lunghezza massima delle parotidi . 30 79,50 0,4444 0,5556 0,37 Lai'ghezza id 22 43,50 0.6667 0,3333 0,48 Lunghezza del braccio 23 117 0,6667 0,3333 0^18 Id. dell avambraccio . . 21 80 0,1111 0,8889 0,25 Id. della mano ... 29 84 0,3333 0,6667 0,33 Id. del 1° dito 17 41 0,2222 0,2222 0,5556 0,39 Id. del 2° dito 15 34 0,2222 0,3333 0,4444 0,41 Td. del 3° dito 10 44,50 0,4444 0,5556 0,20 Id. del 40 dito 18 32,50 0,7667 0,2222 0.52 Diametro mass, tubercolo palmare mediano 5 18 0,3333 0,4444 0,2222 22 Id. id. id. id. interno . 10 12,50 0,5556 0,4444 0.72 Lunghezza della coscia . 32 ' 133,50 0,4444 0,5556 0,23 Id. della gamba . 13 , 129 0,2000 0,4000 0,4000 0^10 Id. del piede 44 1 205,50 0,3000 0,7000 0^21 Id. del 1« dito 9 ' 37 0,7667 0,2222 0,22 Id. del 2° dito 22 59,50 : 0,7667 0,2222 0,35 Id. del 3° dito 30 90,50 0,6667 0.3333 0,32 Id. del 4° dito 24 137,50 0,5556 0,4444 0,17 Id. del 5" dito 18 89,50 0.5556 0.4444 0,19 Lungh. del tubercolo metatarsale interno 7 17 0,2222 0,7667 0,35 Id. id. id. esterno 13 ; 10 0,5556 0,4444 1,25 Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar- gine libero della membrana intordigit. i 13 31 1 0,6667 0,3333 0,39 Id. id. id. 2° dito 17 43 0,1111 0.2222 0.6667 0,37 Id. id. id. 3« dito . . 20 62.50 0.3333 0,6667 0,30 Id. id. id. 4° dito 11 i 21 0,6667 0,3333 0,48 Lunghezza della ripiegatura tarsea . 22 51. .'0 o.r,r,r,7 0.31 Serie II. Tom. LIV. 274 LORENZO CAMERANO 92 Bufo mauritanicus. Maschi in amore Lunghezza del capo Largh. del capo agli angoli dei mascellari Id. a metà degli occhi Id. alle narici Alt. del capo a metà della reg. timpanica Id. alle narici Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso Diametro interorbitale Distanza dall'apice del muso alle narici . Id. dalle narici all'occhio Id. dall'occhio al timpano Diametro massimo trasversale dell'occhio Id. minimo del timpano Id. massimo del timpano Lunghezza massima delle parotidi . Larghezza id. id Lunghezza del braccio Id. dell'avambraccio Id. della mano Id. del 1° dito Id. del 2° dito Id. del 3° dito Id. del 4" dito . Diam. mass, tubercolo palmare mediano . Id. id. id. id. interno . Lunghezza della coscia Id. della gamba Id. del piede Id. del 1» dito Id. del 2° dito Id. del 3" dito Id. del 4° dito Id. del 5° dito Lungh. del tubercolo metatarsale interno Id. id. id. esterno Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigitale Id. id. id. 2« dito Id. id. id. 3° dito Id. id. id. 40 dito Lunghezza della ripiegatura tarsea Classi streme Indice di variabilità Media D — d 83-110 28 96,50 0,27 103-150 48 126,50 0,37 75-100 26 87,50 0,29 19-31 13 25 0,48 42-56 15 49 0,29 22-30 9 26 0,31 87-126 40 106,50 0,36 24-38 15 31 0,45 6-27 12 16,50 0,67 17-34 12 25,50 0,43 3-12 10 7,50 1.20 32-45 14 38,50 0,34 1 2-1 7 6 14,50 0,34 14-23 10 18,50 0,48 63-93 31 78 0,38 27-49 23 38 0,58 99-139 41 119 0,33 72-112 41 92 0,43 75-96 22 85,50 0,24 34-46 13 40 0.30 21-39 19 30 0,60 32-46 15 39 0.36 21-33 13 27 0,44 18-29 12 23,50 0,46 1 2-22 11 17 0,59 120-166 47 143 0,32 1 20-1 53 34 136,50 0,24 1 8Q-24.7 XOU LJ-t i 59 218,50 0,26 30-46 17 38 0,42 00- / lo DD,OU yj,to 77-116 40 96,50 0,40 117-153 37 135 0,26 80-104 25 92 0,26 14-24 11 19 0,53 8-15 8 11,50 0,61 24-43 20 33,50 0,56 26-55 30 40,50 1 0,71 41-79 39 60 0,63 13-29 17 21 0,76 44-58 15 51 0,27 93 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC. 275 Bufo rnauritunicus. FeTHììiitie iìi ciìHove Classi estreme TnH 1 PO di V tXl iciUlil tct nTo/ì 1 £t llLCUlCt — D — d 1 .linfTMO'/VQ Milli /•OTlrt Ou 1 I/O 9K uo y* 9R IjQyfTM H o 1 tyi n cj XjUII^LI. udì. UUl CdUU Uctli cill^. lUdSC rr n d'7'7Q TTlOCaimQ HaIIa TU^TTiT.lnl JjUllg llc/(Z.<* llldoollllct LlCllC/ ^aiL\J\jL\Xl . . . 78-102 25 90 o'27 T .O l'fT M O"?*? Q lA 37-61 25 49 0,49 T . n n o" li o^'T'o n a1 at'q a 126-136 11 131 0,76 Tm Airill O TTQ ITI AVQ i^Ol A 78-97 10 87,50 0,10 T ri ci al 1 o 111 o n A 88-95 8 91,50 o',08 Tri rlAl rlitn 44-51 8 47*50 0^14 Tri HaI 90 rlii-n 32-37 6 34,50 0,14 Tri HaI ^0 pliff^ 42-52 11 47 0,21 Tri f\i^] HifA 25-28 4 26,50 0,11 T^iQTnpfrA TTifi^ci ■fiiKpT'pnìn TifilmJìT'A TTiAniiiTin ±J IdjlilK^ÌjL \J lllcloo. U LI Liei vyV/lv/ L/Clllllt*! 111 CU.1<*.11V^ 23-28 6 25,50 0^19 Tri irl 1 fT in iTii"A"rTirt lU. Iti. lU. lU.. Ili uCl IIU • 1 5-1 8 4 1 6 50 18 J_iUIlgil6ZZa Ucllci CObOld. 1 41 -1 60 20 1 50 50 12 lU. UGlId gclIilUcl ... 1 41 -1 55 i t: 1. X 00 1 5 148 09 Tri /ir^l TMi^rlo 21 3-240 28 226 50 0,12 Id. del 1» dito 35-42 8 38,50 0,'l8 Id. del 2° dito 53-68 16 60,50 0,24 Id. del 3° dito 92-102 11 97 0,10 Id. del 4° dito 132-149 18 141 0,12 Id. del 5° dito 88-94 7 91 0,07 Id. del tubercolo metatarsale interno . . 18-23 6 20,50 0,24 Id. id. id. esterno . . 10-15 6 12,50 0,40 ■^•■^ + •''iirapice del 1° dito a metà del mar- della membrana interdigit. 26-37 12 31,50 0,34 dito 46-55 10 50.50 0,17 dito 60-75 16 67,50 0,22 dito 18-25 8 21,50 0,32 igatura tarsea 40-60 21 50 0,40 95 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUF., ECC. 277 Bufo veffularis. Maschi in amore (lungh. dall'apice del muso all'apertura cloacale m. 0,010 a m. 0,030. 1 1 1 Classi estreme 1 Indice di variabili! i iJIJL C VK A CU F = M F M D-d — _ Q7-1 30 34 1 1 3 f^O 0,4483 ' 0,5517 9Q v,^y 1 1 O.l QO i 1 o- ± oo 21 1 9ft 0,1379 0,5862 0,2759 1 fi OQ 21 0,0345 0,3103 0,6552 90 13 9^ 0,1034 0,3793 0,5172 18 A 1 4" Adì n^r\f\ O inii'l'Q /I^IIq fAOT 4"1 TYÌ Hiì m PJl Alt, Ut~l CdUU ti IIlt^La Ucild iU^. LlllipdUlv^ci 15 oo 0,1034 0,6897 0.2069 9fi T 1 1 o »» 1 1 10 9fi ^0 0,4827 ;0,5172 ^It^ u,oo T nnn-li nl^vl Ao,\ nCtT\r\ AckW'iiTìCt TTIQQ^* fi 1 TTHlQn J_jUI1^[1. UIJJl. LltJl CcipU Udii dll^. lllctoL'. ctl IIIUS^J 21 1 1 fi 0,0345 0.3448 0,6207 17 9fi-3Q 14 ^9 Kù 0,7241 0,2759 10 T^iofor»'?'! ("1 '1 1 1 ' Q ■ni /^o f\o\ inn^n filiA ii£iT*if*i J_/lSLclIl^tl Utili ctUlOtJ Ut)l UlUoU cilici Urti iL/i . 0-1 3 14 fi '^0 0,4827 ;0,5172 9 00 T/1 H o 1 1 £i Oli •?1 -3f? ^ 1. ou 16 98 ^0 0,5862 0,4138 ^Q i ri ri o 1 1 ' «lì 1 A Oi TlTTìT^QVI/^ 0-S 9 1 0,1379,0,7931 0,0345 9 00 T^i Q TV» ^:ì4" »v» ni Q c: c! 1 »n /'\ 4" OArofcQ 1a Hall APf»nir* l_/IcllIICtIU IHdoolUIU tltloVcl odio UCll Ul. U lllLF 20 14 f^O 0,4483 j0,5517 m T W» l Ti 1 m /\ ri 1 TI TY\ T\ O TI 1 o Ou 14 9^^ "^0 0,6897 0,3107 t^l T W m cs o » rv» r 1 1 T" 1 TYl Ti Q TI 90-39 13 9fi 0,2414 0,3793 0,3793 Ifi jjungiiezza inasaiiua ueiie pdioiiui . 00*00 29 fiQ 0,0690 0,5517 0,3793 11 1 rt ■*» rr V'^ /A T T fi li"! 1*1 14 9=^ f^O 0,5517 0,4483 M o,o i I 1 1 TI ìT^ \-\ rw ci i*l/\l lll»fl/lrtlJ^ tuo- 1 ou 26 1 1 7 c^O 0,7586 0,2414 91 rtT'fi »"\ Iat» fi /l /l 1 79 QO 19 81 0,0345 0,6552 i0,3103 99 77 1 nn 24 ftft c:0 0,5862 0,4138 9^; lA Aa\ lo fli'fr» O0-Di 17 4o 0,0345 0,4827 0,4827 n Q7 U.o < Tri /ìol Oo rJifr> 91 19 QO 0,06900,3793 0,5517 U,0o Tri rlr>l Qo rlifn oD-04: 19 ■lo 0,1034 0,3793 0,5172 A { A Irl Ar,} lo /^^f/^ io 28 0,0690 0,5517 0.3793 0,50 jjiarneiio inass. tuueicoio paiiiiciitj lutjuiciiiu 1 9^ 9 1 Q 0,17240,1724 0,6552 19 Tri ^A ìA ìA 1 T CkY^n /\ IQ. l(X. iQ. HI. lineino . Q 1 Q V- Li) 11 1 1 0,2414 0,4138 0,3448 A 7 1 1 91 1 1t^ J ^-1-1-10 22 1 o-*,ou 0,5172 0,4827 A 1 1 90 1 11 25 1 99 0,03450,6552 0.3103 A 1 Q U, 1 y 1 Q7 9Q7 Ivi -iuo 1 41 917 0,8276 0,1724 A 1 Q Id. del 1° dito 31-43 13 37 0,5517 0,4483 0,32 Id. del 2° dito 47-71 ,25 59 0,1034,0,3793 0,5172 i 0,41 Id. del 3° dito 83-111 29 97 0,06900,5172 0,4138 1 0,29 Id. del 4"^ dito 123-146 24 134,50 ' 0,5172 0,4827 0,17 Id. del 5" dito 75-98 ,24 86,50 0,5517 0.4483 0,26 Lungh. del tubercolo metatarsale interno 10-17 8 13,50 0,2414 0,7580 0,51 Id. id. id. esterno 3-16 14 9,50 0,3793 0,6207 0,14 Dist. dall'apice del P dito a metà del mar- 1 gine libero della membrana interdigit. 23-40 18 31,50 1 0,4138 'o,5862 0,54 19 45 0,1034 0.4827 0,4138 0,40 52-77 26 1 64,50 i 0,7931 0,2069 0,38 Id. id. id. 4° dito 14-30 il7 22 0,0345 0,6897 0,2759 0,73 Lunghezza della ripiegatura tarsea 15- e, 2 IP 53.50 (>,r,fi(;-2 (».I138 0.31 278 LORENZO CAMERANO 96 Bufo regiilaris. Femmine in amore (lungh. dall'apice del muso all'apertura cloacale m. 0,010 a m. 0,030). 1^ Classi 'u n lì U il estreme > Media F = M F M o 13 1 — 1 Lunghezza del capo 100-122 23 111 0,1364 0,5455 0,3182 0,19 Largh. del capo agli angoli dei mascellari 118-13821 128 0,045510,7273 0,2273 0,15 Id. a metà degli occhi 90-108 19 99 0,0455|0,4091 0,5455 0,18 Id. alle narici 21-30 10 25,50 0,5455 0,4545 0,35 Alt. del capo a metà della reg. timpanica 43-55 13 49 0,13640,2722 0,5909 0,24 22-32 11 27 0,13640,6364 0,2273 0,37 Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso 101-130 30 115,50 0,6364 0,3636 0,25 Diametro interorbitale 25-36 12 30,50 0,6364 0,3636 0,36 Distanza dall'apice del muso alle narici . 0-11 12 5,50 0,9091 0,0909 2,00 Id. dalle narici all'occhio 23-33 11 28 0,1364 0,5000 0,3636 0,36 Id. dall'occhio al timpano 0-2 3 1 0,9091 0,0909 2,00 Diametro massimo trasversale dell'occhio 35-47 13 41 0,3636 0,6364 0,29 Id. minimo del timpano 18-28 11 23 0,2273 0,4545 0,3182 0,43 Id. massimo del timpano 20-29 10 24,50 0,4555 0,5455 0,20 Lunghezza massima delle parotidi . . . 55-80 26 67,50 f\ u 0,DOD4: 0,3636 0,37 Larghezza id. id. .... 16-26 11 21 0,1818 0,3182 0,5000 0,48 Lunghezza del braccio 98-122 25 110 0,0909 0,4545 0,4545 0,22 Id. dell'avambraccio bl-oo 26 73,50 0,4545 0,5455 0.34 Id. della mano 77-94 18 85,50 0,5000 0,5000 0,19 Id. del dito della mano 33-59 27 46 0,0909 0,5000 0,4091 0,57 Id. 2° dito id 26-41 16 33,50 0,7727 0,2273 0,44 Id. 3» dito id 37-52 16 44,50 0,5455 0,4545 0,33 Id. 4« dito id. 21-33 13 27 0,0909 0,5000 0,4091 0,44 Diam. mass, del tubercolo palmare mediano 17-23 7 20 0,2273 0,5000 0,2727 0,30 Id. id. id. interno 9-17 9 13 0,1818 0,4091 0,4091 0,62 120-151 32 135,50 0,3636 0,6364 0,23 Id. della gamba 120-137 18128,50 0,5909 0,4091 0,13 Id. del piede 197-216 20,206,50 0,4545 0,5455 0,09 Id. del 1° dito del piede 31-46 16 38,50 0,6818 0,3182 0,39 Id. 2° dito id 51-72 22 61,50 0,7727 0,2273 0,34 Id. 3° dito id 85-122 38 103,50 0,9091 0,0909 0,36 Id. 4° dito id 120-144 25 132 0,0909 0,5455 0,3636 0,18 Id. 5° dito id 79-105 27 92 0,0909 0,8636 0,0455 0,28 Lungh. del tubercolo metatarsale interno . 12-24 13 18 0,9545 0,0455 0,67 Id. id. id. esterno 3-14 12 8,50 0,4545 0,5455 0,13 Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigit. 23-38 16 30,50 0,3182 0,6818 0,49 Id. id. del 2° dito 34-50 17 42 0,1818 0,4091 0,4091 0,38 Id. id. del 3° dito 52-72 21 62 0,0455 0,5909 0,3636 0,32 0,74 Id. id. del dito 11-24 14 17,50 0,2727 0,7273 Lunghezza della ripiegatura tarsea . 42-62 21 52 0,0455 0,5455 0,4091 0,38 97 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC. 279 Bufo reg ulnris. Individui (jiovani (lungh. dall'apice del muso all'apertura cloacale ni. 0,010 a in. 0,030). Gioissi estreme [Indice di variabilitii Media F = M F M Ti — f/ Lunghezza del capo 120-144 25 132 1 1 0,1538'o,4038 0,4423 0,18 Largii, del capo agli angoli dei mascellari 120-154 35 137 0.7115 0,2885 0.24 90-120 31 105 0,6731 0,3269 0.28 18 33,50 0,4423 0,5577 0,51 Alt. del capo a metà della reg. timpanica 47-64 18 55,50 0,4231 0,5769 0,31 Id. alle narici 34-42 9 38 0,05770,4615 0,4409 0,21 Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso 126-154 29 140 0,0192 0,4423 0,5385 0,20 34-51 19 42,50 0,7308 0,2692 0,42 Distanza dall'apice del muso alle narici . 0-9 10 4,50 0,4667 0,5333 2,00 Id. dalle narici all'occhio ?ì3-42 20 32,50 0,3269 0,6731 0,58 Id. dall'occhio al timpano 0-0 Diametro massimo trasversale dell'occhio. 42-68 27 55 0,0769 0,6731 0,2500 0,47 Id. minimo del timpano ÌUV.-23 21,50 — — Id. massimo del timpano ÌUV.-23 21,50 — Lunghezza massima delle parotidi . . . Larghezza id. id. .... Lunghezza del braccio 96-127Ì32 111,50 0,2692 0,7308 0,27 Id. dell'avambraccio 64-95 32 79,50 0,2692 0,7308 0,39 Id. della mano 85-108 24 96,50 0,5577 0,4423 0,24 Id. del 1° dito della mano 36-45 10 40,50 0.2115 0,7885 0,22 Id. 2° dito id 26-40 15 33 0,1346,0,2692 0,5962 0,42 Id. 3° dito id 45-60 16 52,50 0,5000 0,5000 1 0,28 Id. 4° dito id 24-36 13 30 0,05770,7885 0,1538 0,40 Diam. mass, del tubercolo palmare mediano 16-24 9 20 0,25000,4615 0,2885 0,40 Id. id. id. interno 9-16 8 12,50 0,3269 0.6731 0,56 Lunghezza della coscia 131-15626 143,50 0,6538 0,3462 0.17 Id. della gamba 120-144125 132 0,0192 0,5385 0,4423 0,18 Id. del piede 200-246!47 223 0,7045 0,2955 0,21 Id. del 1" dito del piede 39-54 16 46,50 0,5192 0.4408 0,32 Id. 2° dito id. 51-68 18 59,50 0,3077 0,6923 0.29 Id. 3° dito id. 80-104i25 92 0,7115 0,2885 0.26 Id. i'' dito id. 117-148 32 132,50 0,2500 0,7500 0,24 Id. 5° dito id. 7-?-96 25 84 0,3269 0,6731 0,29 Lungh. del tubercolo metatarsale interno . 11-24 14 17,50 0,6358 0,3462 0,74 Id. id. id. esterno 5-10 6 7,50 0,2885 0,7115 0,67 Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar- gine libero della membrana interdigitale 21-42 21 31,50 0.5000 0,4408 0,63 18 44,50 0,2500 0,7500 0,38 Id. id. del 3° dito 54-76 23 65 0,5577 0,4423 0,34 Id. id. del -4" dito 18-27 10 22,50 0,4000 0,6200 0,40 Lunghezza della ripiegatura tarsale . . . 51-78 28 69,.50 0.7885 0.2115 0.31 280 LORENZO CAMERANO RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE, ECC. 98 Nota aggiu ntam Per lo studio della variabilità delle parti dello stesso animale, volendosi con- frontare fra loro parti di dimensioni molto diverse, è d'uopo fare le considerazioni seguenti che mi vengono suggerite dal dr. Umberto Perazzo, assistente alla Scuola di Geometria proiettiva e descrittiva, il quale ha teste compiuto nel laboratorio del Museo Zoologico di Torino una serie di ricerche intorno alla " Variazione AeW'Hij- drophilus piceus (Linn.) ,, . L'indice di variabilità dipende in modo essenziale dalle dimensioni della parte a cui si ì'iferisce; ora il confronto di tali indici, quando le dimensioni delle parti sono notevolmente diverse, non dice direttamente quali delle due siano effettivamente più variabili rispetto ad una misura base. Si possono però facilmente dedurre dagli indici stessi numeri suscettibili di con- fronto assumendo i loro rapporti alle corrispondenti classi medie (ottenute cioè come medie aritmetiche fra le classi estreme). Nel caso nostro in cui le classi contigue A differiscono per un 360"^""° basterebbe fare il rapporto — in cui A è l'indice di variabilità e M è la media. Il dr. Perazzo chiama tali numeri " coefficienti di varia- bilità relativa alla misura base .,, e propone pel loro calcolo la formola seguente: . - la quale è applicabile in ogni caso, sia in quello in cui le classi contigue delle serie differiscono per un 360"^'"'° sia in quelli in cui si considerano contigue due classi differenti fra loro per metà o per un quarto ecc. di 360"^'"" . Nella formola sopradetta D è il valore massimo avuto dal rapporto di una data dimensione alla misura base (espresso in 360*^'"' di essa e dedotto, ad esempio, me- diante il coefficiente somatico) e d è ì\ valore minimo. Sia ad esempio la serie : 90-97-102-103-104-105-106-107-108-110, si avrà : |(110-f90) Negli specchietti uniti a questo lavoro ho indicato anche i valori dei coefficienti di variabilità relativa, calcolati nel modo sopradetto, per ogni indice di variabilità. FONDAMEiNTI DELLA METRICA PROJETTIVA MEMORIA DI BEUr^ir^O LEVI A PIACENZA Approvata nell'Adunanza del 17 Aprile 1904. INTRODUZIONE Le tre geometrie d'Euclide, di Lobacefski e di Riemann si considerano ordina- riamente come tre rami di un medesimo tronco : e come tali si presentano di fatto COSI dal punto di vista analitico del Riemann, dello Helmholtz, del Lie, come dal punto di vista projettivo di Cayley e Klein. Ma le ricerche analitiche sui fondamenti della geometria hanno come primo presupposto la rappresentabilità dello spazio mediante coordinate: si fa in esse, per esser precisi, una geometria di numeri; ora è ben vero che Io spazio nostro può riferirsi ad un sistema di coordinate, ma a ciò si giunge nel modo più ovvio poggiandosi precisamente sopra ipotesi che non si veri- ficano ugualmente nelle tre geometrie (^). Non altrimenti le ricerche che s'innestano alla geometria projettiva restano, quali le considerava il Cayley, applicazioni della teoria delle coniche e delle quadriche, piuttosto che studi sui fondamenti della geo- metria, almeno finche la geometria projettiva non si poggia su basi proprie, indipendenti da ogni concetto tolto ad una particolar metrica. E per due vie diverse si cercò di fatti di liberare dalle ipotesi proprie alla geometria euclidea la costruzione della geometria projettiva. Nell'una, seguita di preferenza dai geometri italiani, si abbandonò ogni riguardo alle ordinarie intuizioni spaziali e si volle unicamente costituire la geometria projettiva in organismo logico. Nell'altra, seguita di preferenza dai geometri tedeschi, si cercò di esprimere in forma di postulati alcuni fatti primordiali, che si suppongono riconosciuti sperimentalmente in una limitata regione dello spazio, e di dare per tal modo alla geometria projettiva e alla metrica una base comune, sulla quale si potessero poi costruire indififerente- (') Si deve ricordare a questo proposito una nota del prof. Enriques, Stdle ipotesi che permettono l'introduzione delle coordinate in una varietà a più dimensioni, ' Rend. Palermo XII, 1898. Da un semplice esame di questo lavoro si riconosce come le ipotesi adottate dall'A. contraddicano preci- samente alla geometria iperbolica, almeno finché con opportune convenzioni non sia conveniente- mente completato lo spazio. Skkie II. Tom. LIV. k' 282 BEPPO LEVI 2 mente le tre geometrie sorelle; l'opera fondamentale in questo indirizzo furono le Vorlesungen del Pasch {}). Nel primo indirizzo la geometria metrica è ancora lo studio di un gruppo arbi- trario di proprietà delle coniche; nel secondo invece le ricerche fatte fin qui non possono dirsi totalmente esaurienti. Se infatti si considerano i postulati mediante i quali il Pasch (che prima d'ogni altro li enunciò esplicitamente) cercò di mostrare come la metrica si coordini alla geometria proiettiva secondo le vedute del Klein, si dovrà osservare che, contro l'opinione dell'A., essi escludono precisamente una delle tre possibilità: quella della geometria ellittica (2). Non è difficile, invero, colmare tal lacuna, quando non si impongano limitazioni al modo onde si risolve la questione. Ma che ciò sia fatto esplicitamente non è a mia conoscenza; e più ancora resta aperto il campo alle investigazioni, ove si limiti il numero e la natura delle nozioni e delle proposizioni primitive — il che, come tosto si avrà occasione di ripetere, è fra i desideri di una perfetta costruzione logica. A tal ricerea s'ispira il capitolo I del presente lavoro. Si enuncia in esso un sistema di postulati che sono validi ugualmente per le tre geometrie nominate non solo, ma per tutta una classe di metriche rispetto a una quadrica conica assoluta, tra cui le geometrie poste recentemente in evidenza dal sig. Dehn (^) e la metrica del campo esterno ad una quadrica. Inoltre, indipendentemente da ciò, tali postulati rap- presentano, pel loro minor contenuto, un progresso su quelli proposti fin qui da altri autori (*). Nel capitolo II, appoggiandosi ai fatti metrici stabiliti nel capitolo precedente, si gettano le basi della geometria projettiva e si mostra la dipendenza della metrica da essa. E degno di nota come ne risulti la rappresentazione per coordinate dello spazio projettivo e la geometria analitica, e di conseguenza tutta la geometria projet- tiva nelle sue parti essenziali, indipendentemente da ogni nozione circa la potenza dell'aggregato dei punti (^), e circa l'ordine degli elementi in una forma di prima specie ; nozioni estranee effettivamente alla geometria projettiva generale, giacché è noto che i suoi teoremi fondamentali sono validi ugualmente nello spazio (numerabile) di punti razionali e nello spazio di punti immaginari (in cui non è definito l'ordine). (^) V. anche Schur, Einfilhrung der idealen Elemente u. s. u\, " Math. Ann. 39, e Ueber die Grundlagen de)- Geometrie, " Math. Ann. ,,55. C) Il Pasch ammette (II Grundsatz) che un segmento si possa sempre prolungare di una ugual lunghezza ed afferma esplicitamente (p. 115, 4) che in figure congruenti a punti proprii corrispondono punti proprii. Questa ipotesi, unita al postulato d'Archimede (IV Grundsatz, p. 105) e alle sue con- seguenze projettive, nel caso che l'involuzione assoluta sopra la retta sia ellittica, porta alla con- clusione che il punto coniugato di un punto proprio è anch'esso proprio. 11 che contraddice agii altri postulati. ('J Die Legendre'schen Siitze ii. die Winkelsumme itti Dreieck, " Math. Ann. 53. (*) V. in particolare Schur, 1. e, " Math. Ann. ,,55, e Pieri, Della geometria elementare come sistema ipotetico deduttivo (" Memorie della R. Acc. delle Se. di Torino serie II, voi. XLIX), i cui postulati hanno coi nostri maggiori contatti. Oltre all'esclusione della nozione di ordine, di cui si parla nelle linee seguenti, noto in particolare i postulati della retta: il relativo post. Vili del Pieri esclude contemporaneamente la geometria ellittica e lo spazio a pivi di tre dimensioni (cfr. 1. e., p. 10 e 26). Ne l'una ne l'altra esclusione nei postulati presenti, mentre poi quanto resta general- mente valido del post. Vili del Pieri è stabilito per deduzione nei n' 9 e seg. (^) Riguardo alla potenza dell'aggregato dei punti necessari alla geometria projettiva, cfr. il n" 21. 3 FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA 283 Nel capitolo IIT si dimostra dapprima, per mezzo di esempi, l'indipendenza ordi- nata del maggior numero dei postulati ammessi nel cap. I e si discute poi della capacità dei postulati medesimi in confronto del teorema di Pascal, della determina- zione del campo dei punti da attribuirsi allo spazio metrico e della determinazione della geometria metrica. Rimando il lettore all'indice inserito alla fine del presente lavoro, per completare questa notizia riassuntiva del contenuto. Il presente sistema si svolge intorno alle ideo primitive di punto e di congruenza di due coppie di punti. Una tal riduzione dei concetti primitivi non è, per se, una novità nella storia della geometria, ne nelle ricerche di questi ultimi anni (') ; nè io vorrei esagerarne l'importanza, come mi pare si faccia talora, in confronto, per es., alla riduzione attuata dal signor Pieri per la geometria Euclidea e Lobacefskiana ai concetti primitivi di punto e di moto : non si può infatti evitare di considerai'e, insieme colla congruenza di coppie, delle corrispondenze che mutino determinati sistemi di punti in sistemi congruenti ('-'), perchè è nell'oggetto medesimo della geo- metria metrica che, date talune congruenze fra coppie di punti di due sistemi, si possa senz'altro affermare la congruenza di tutte le loro coppie omologhe di punti (^). A parte queste modalità, la riduzione dei concetti primitivi ai più semplici e meno numerosi ha per iscopo di precisare nel modo migliore l'analisi dei postulati ; essa equivale alla decomposizione di un sistema di equazioni logiche — i postulati di un dato sistema deduttivo — in due parti, di cui l'una, risolta rispetto al massimo numero possibile di incognite (concetti che si definiscono), si muta in un sistema di definizioni, l'altra, rimasta implicita, costituisce i postulati propri della teoria. Si viene cosi a diminuire l'arbitrarietà dell'attribuzione di significati agli enti intorno a cui questa s'aggira. Nella scelta dei postulati ho procurato che essi esprimessero proprietà contenute nella nostra abituale concezione geometrica e fossero, quanto possibile, ordinatamente indipendenti. La scuola dei logici non chiede generalmente ai postulati altro che siano inde- componibili e fra loro indipendenti, e distingue fra indipendenza ordinata ed assoluta, (') Ricordo fra i tentativi antichi di definire gli enti geometrici mediante la nozione di distanza, quelli del Leibniz e del Bolyai: fra le costruzioni recenti quella del Veronese (Eìemenii di Geometria), ove però intervengono anche come nozioni primitive la retta e il .segmento; e i sistemi di defini- zioni pubblicati dai sig.' Peano (" Atti della R. Accad. di Torino 1902) e Padoa (" Periodico di matematica 1904). Anche il sig. Kagan ha esposto nei " Jahresbericbte d. d. Math. Verein. „, 11, 1902 {Ein System von Postulateti welche die euclidische Geometrie defìniereii; vedi anche un'appendice nel voi. 12 dello stesso periodico) un sistema di postulati in cui non compaiono, come rappresentanti idee primitive, altre parole che punto e distanza, ma la distanza del sig. Kagan è senz' altro un numero, onde la soppressione di altri concetti primitivi e piuttosto simulata che effettuata. Cfr. il post. IX e il § 2 del Cap. III. (') Così il postulato dell'uguaglianza dei triangoli nel sistema dello Hilbert non riuscirebbe a definire la congruenza delle figure piane se non fosse unito ai postulati della congruenza fra segmenti (e fra angoli) i quali non esprimono solo una relazione fra le coppie costituite dagli estremi di questi, ma bensì l'esistenza di una corrispondenza (realizzata dal movimento) fra i punti di segmenti congruenti (e fra i raggi di angoli congruenti^. La qual corrisjìondenza il detto postulato permette di estendere a figure piane qualsiansi. Si noterà qui che la nozione di congruenza di figure che ne risulta è eccessivamente complessa di nozioni primitive diverse. 284 BEPPO LEVI 4 tendendo a questa come ad aspirazione ultima. Ma pare a me che queste distinzioni siano ben poco determinate e traggano più che altro dalla forma verbale che i postu- lati assumono. Si dice infatti che si decompone un postulato A quando si enunciano due proposizioni A' e A" di cui A sia il prodotto logico. Se ora nella classe logica cui appartengono gli elementi di cui tratta il postulato A (enti, relazioni: relazioni binarie, ternarie, ...) ne esiste un'infinità che non soddisfano ad A, onde A limita in essa una classe minore E, si potranno pensare infinite proposizioni delimitanti classi E' in cui E sia contenuta e tali quindi che A possa risultare dal prodotto logico di esse e di altre proposizioni : onde il postulato indecomponibile è un'illusione, almeno finche non si enunci esplicitamente un principio limitatore di questa indefinita decom- ponibilità. Parimenti, quando i postulati A,B,C,... siano ordinatamente indipendenti, saranno assolutamente indipendenti le proposizioni: A , B ^ - A , C v — ^u — jgu — C, e così via, secondo è enunciato nel testo; e il sistema di queste proposizioni è equivalente al dato. (^) Posso offrire qui alcuni esempi di tali trasformazioni: il post. IV del sistema che io qui pre- sento è conseguenza dei postulati VII e Vili; ma i tre postulati sono ordinatamente indipendenti; ora basterà nelle ipotesi di VII aggiungere, per es., che la coppia ef sia diversa dalla de (oppure sia diversa dalla de la ab) perchè la deduzione sia impossibilitata, ma il sistema totale sia equi- valente al primitivo. Così, per tacere di altri postulati la cui trasformazione è anche troppo evidente, basterà che al postulato XVII si sostituisca: " Se abc sono tre punti non allineati, e rf è un punto ' tale che i{bc) = t(KI,I,.\ MCTHICA l'Kd.IKTTlVA 301 Tr. (). — " So sLr sarà i)uro r ls „. Si operi infatti p,. La retta p.r ò rotta di punti fissi per p, (t. l); il teor. 5 oscludo allora olio ossa possa ossero distinta da r. 'ir. 7. — Duo rotto concorrenti non possono avere dno porpi-iidicolari comuni „. Infatti il ribaltamento intorno a ogmnui di tali perpendicolari dovrebbe muovere l'altra (t. 5) e mutare ciascuna di (piolle rette in se stessa e dovrebbe quindi tener fisso il punto di concorso e indurre su ciascuna di quello rette il ribaltamento intorno ad esso. Il prodotto dei due ribaltamenti dovrt^bbe tener fisso quelle du(( rette e spostare gli assi dei due ribaltamenti contro il teor. 1 del n" 1). Tr. 8. — " Se ad una retta r esiste una perpendicolare che la inconti-i : 1° n in a'am' e scambia x{f(() e v(/'(/'). Inoltre, siccome p, converte in se stosse le rette per f e per un punto della .s mede- sima, le x{fm), x{fa), x{fa') sono xs. Allora p,„ porta a'am' in a'am (t. ()), tien fissa x{f'a) e ribalta x{fa') intorno ad f. Infine Pf^ porta a'ain di nuovo in un'in e scambia r(/'«) e x{fa'). Segno che p,„,p,^p, lascia fissa s, e converte in se stesse r(/'a), x(f(t'). Ora può supporsi che p/„. riportando x{f(i) in x{fa') e viceversa stabilisca fra i loro punti la stessa corrispondenza che p^ ovvero stabilisca la corrispondenza prodotto di questa e del ribaltamento di una di esse rette intorno ad /'. Nella prinni ipotesi p,mP,aP, ril)alta x(f(i) e tien fissa x{fa'), nella seconda tien fissa x{/'(t) e ribalta x{fa'): nell'una 302 BEPPO LEVI 22 e nell'altra tiene fissa s e un'altra retta; si contraddice cosi al teor. 1 del n° 9. Onde l'assurdo dell'ipotesi che s non si ribalti. Si vede cosi che : " Se s non incontra r esiste certo un punto fisso per fuori di r (su s) — ed uno solo a cagione del teor. 5 In tutto il ragionamento fatto in 2° si possono evidentemente scambiare r ed s. Tr. 9. — " Per un punto di una retta r non passano due perpendicolari alla " retta medesima „. Sia o un punto di r per cui passino, per assurdo, due rette s, t entrambe ±r. Sarà ti.s (lemma 2). Notiamo che ci troviamo nelle ipotesi contem- plate nel prec. teor. E — p^p, e il punto fisso comune a p^, p, è quindi ancora fisso per p<: e siccome per esso passa una delle r(aa'), x{ab), x{ab') (t. 8-1°) e d'altronde a'—p^a, b — p^a, b' = prtt' = p,a, passa per quel punto fisso una retta — che si può sempre ritenere distinta da r, s, t — perpendicolare a una di queste rette. Questo punto non può dunque essere o (lemmi 2 e 3). Sia allora distinto da o : esso sarà fuori di due almeno delle rette r, s, t, ma non potrà essere fuori di tutte tre perchè la retta che lo con- giunge ad sarebbe allora perpendicolare a ciascuna di queste, contro il lemma 3. Sia dunque p e stia su r. Sia n un punto di s e sia m un punto di x{pn) aderente a p{^). psW è un punto di x{pn) diverso da m. Sia PrPsm = m' ; sarà m'=P,m. m' non starà più in x{pn); altrimenti dovrebbe essere m' = m contro il teor. 5. x{inm') lia dunque un punto fisso per p^ (t. 8) diverso da p, appartenente quindi a t (t. 5), e di- verso da se non si vuole che per o passino tre perpendicolari a t (lemma 3). Sia q e sia n' = nlo il punto d'intersezione di s con x{pm'): x{pq) e x{mm') sono jlì e passano entrambe per q; quindi r{pq) j_x{mm') (lemma 2); onde p^, scambia ni e m', x{pm) e x{pm'), n ed n'. E cioè x{pq)±s. Le due rette s e t avrebbero due perpendicolari comuni : r e x{pq), contro il teor. 7. Tr. 10. — " Se r è una retta del piano, ed esiste un punto f, non appartenente " ad r e fisso per p,: — 1° Per ogni punto di r passa una ed una sola perpendi- " colare ad r. — 2° Ogni perpendicolare ad r passa per f ed ogni retta per f è ri- " baltata in se stessa da p,. ed è quindi ±r. — 3° Ogni coppia di punti coerenti di " una retta per f ha due soli punti medi, se la retta incontra r, uno solo se non ' incontra r. Su queste rette un cardine è quindi costituito al più da due punti, e " una coppia di punti non coerenti ha un solo cardine di punti medi „. [Questo teorema completa e in certo modo inverte il teor. 8]. 1° Sono i-r le congiungenti f coi punti di r: per ogni punto di r ne passa quindi una, ed altre xr non passano per r in forza del teor. prec. — 2° Qualunque sia m, se Prm = m', x{mm') passa per f: infatti essa deve avere almeno un punto fisso per p^ (t. 8) e se un tal punto non è /". deve stare su r (t. 5), e la retta che lo congiunge con f h ±r e non può differire dalla x{inm') medesima (1°). Ogni retta per f è allora ribaltata da p^ perchè deve coincidere colla congiungente un suo punto qua- lunque col suo trasformato per p,. — 3° Pr non tien fissi che /' e i punti di r : quindi ogni coppia di punti coerenti simmetrici rispetto ad r ha due soli punti medi, se la sua retta incontra r, uno solo (f) se non la incontra: lo stesso avviene allora per ogni coppia di punti coerenti della retta (7 t. 5 e 6). Se sopra una retta un cardine è (') Dal teor. 5 segue d'altronde che ogni punto di r{pn) diverso da p e da n è aderente a cia- scuno di questi punti. 23 FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA 303 costituito da un solo punto, non esistono sulla retta coppie di punti non coerenti: se è costituito da due punti a, a', la coppia aa' non può avere piìi di un cardine di punti medi: abbia infatti, so possibile, i due cardini mm', >/»' ; sia | «. // il punto non aderente a p: ì\ ribaltamento della retta intorno al cardine j^p' scambia i due cardini mm', nn'. Si ricordi ora (7 t. 9 e 8) che mm', aa' è la coppia dei cardini di punti medi di un', e nn',aa' quella dei punti medi di vim' ; quel ribaltamento scambia queste due coppie di cardini e converte quindi in se stesso il cardine aa' (cfr. n° 7 t. 9 e la nota relativa) ; e poiché a e a' sono aderenti a. p o p', non li lascia fissi. La coppia aa' avrebbe così tre cardini di punti medi contro il teor. 8 del n° 7. Tr. 11. — " Ad ogni retta del piano esistono perpendicolari che l'incontrano Sia infatti r una retta del piano, s una retta ad essa perpendicolare. Può supporsi che s incontri r : la proposizione non ha allora più bisogno di prova ; — ovvero che s non incontri r ma che p, determini su r un ribaltamento : allora su r e fuori di s esiste un punto fisso comune ai due ribaltamenti Pr, p,; il teor. 8-2° mostra allora che anche p, induce su s un ribaltamento (i) ed esiste quindi su s, fuori di r un punto fisso per p,., onde esistono rette ±r che la incontrano (t. 10); — ovvero può supporsi che p, deteiinini su r uno scorrimento che scambi fra loro punti a due a due non coerenti (6 t. 6). Sia a un punto di r; si può sempre ritenere di aver scelto come retta s una che passi per un punto p aderente ad a; sia a' il punto in cui a è por- tato da p„ bm \a', b' — bU = bl^, = p,b. È ab = ab' , pb ~ pb' ; quindi pab ^ j)ab' . La congruenza che converte pab in pab' (IX) converte in sè p{pab); e siccome ^ ed a sono coerenti, ha la retta x{pa) come retta di punti fissi; questa congruenza è dunque un ribaltamento intorno a t{pa) e converte d' altronde x{bb') = r in se stessa. Così x{pa)j-r ed anche in questo caso è provata la tesi. Questa proposizione, unita al teor. 8, permette di enunciare Tr. 12. — * Ogni ribaltamento del piano induce un ribaltamento su ogni per- " pendicolare all'asse del ribaltamento „. E unita al teor. 10 dà il Tr. 13. — " Su una retta esiste al più un punto non aderente a un suo punto " qualunque: ogni cardine è costituito al più da due punti: ogni coppia di punti, " coerenti o non, ha un solo cardine di punti medi „. Tr. 14. — " Ogni congruenza che tenga fisso un punto o e converta in se stessa " una retta r aderente ad esso, converte in sè il piano p{oi') determinandovi un ri- " baltamento intorno alla per o „. Sia infatti f la da o. Sia ju la trasforma- zione determinata nel piano dalla congruenza considerata ; poiché fir = r, ^xo = o sarà ^t = t; d'altronde )a~'Pria— p, ; quindi il punto fisso per p^ che t possiede (t. 12) è pur fisso per |i. Esso deve infatti esser convertito da n in un punto fisso per p,. e non può quindi essere spostato (t. 5) se non appartiene ad >•; ed anche in tale ipotesi, essendo comune a t e a r che |li converte in se stesse, è fisso per ^. Questo punto è inoltre aderente a o che p, sposta. Quindi t è retta di punti fissi per ^: M = P,. (') L'ipotesi della 2* parte del teoi'. 8 era unicamente che esistesse un punto fisso comune ai due ribaltamenti Pr. p.. 304 BEPPO LEVI 24 11. Ribaltamenti e eotazioni del piano. — Tr. 1. — " Se sir e se r ed s " non s'incontrano, il prodotto p,p, è un ribaltamento. Se invece r ed s s'incontrano, " il prodotto PrPj è una congruenza clie ribalta attorno al punto comune ogni retta * passante per questo punto e appartenente al piano „ . — 1° Se le due rette r ed 5 non s'incontrano, ciascuna di esse contiene un punto fisso pel ribaltamento intorno all'altra (10 t. 12). La congiungente questi due punti è convertita in se stessa da p^ps, e cos'i Pr come pj vi determinano il ribaltamento intorno al cardine costituito da quei due punti fissi : essa è quindi per p,pj retta di punti fissi, p^p^ è il ribaltamento in- torno ad essa. — 2° Se le due rette r ed s hanno a comune il punto o, potrà ancora avvenire che ciascuna di esse contenga un altro punto fisso pel ribaltamento intorno all'altra; p,.p5 è allora ancora il ribaltamento dianzi determinato, ma questo ribalta- mento tiene fisso il punto o e la tesi non differisce allora da quella del teor. 10-2" del n° prec. Indipendentemente però da ogni ipotesi circa l'esistenza di quei punti fissi, val- gono le seguenti considerazioni: Poiché i ribaltamenti sono congruenze involutorie, e sono fra loro commutabili nel prodotto quelli intorno a rette perpendicolari (10 t. 2), la trasformazione p,P5 è involutoria. Sia a un punto del piano aderente ad o. La con- gruenza PrPs lo sposterà certamente, altrimenti per esso passerebbe una retta per- pendicolare a r e a s: il ribaltamento intorno ad essa convertirebbe in se stesse r ed s e terrebbe fisso o ad essa aderente, contro il t. 1 del n° 9. Sia dunque PrPs« = a': la retta x[aa') è convertita in se stessa dalla trasformazione. Nell'ipotesi che essa non passi per o, p^p, sarebbe il ribaltamento intorno alla i.x{aa) da o (10 t. 14) e i punti di questa perpendicolare, aderenti ad o sarebbero fissi per p^p^, il che già si mostrò impossibile. Dunque r(aa') passa per o e subisce il ribaltamento intorno ad o secondo la tesi. Inversamente : Tr. 2. — ■ " Se a b c sono punti non allineati, e se esiste una congruenza che tien " fisso a e converte b e c in c/^, sul piano p(aèc) esiste una coppia di rette per- " pendicolari passanti per a „. Sia \x la congruenza di cui si suppone l'esistenza. \i. ribalta x{ab) ed r(ac) in- torno ad a: il suo quadrato tien fisse queste due rette e quindi tutto il piano : la con- gruenza n è cioè involutoria. Si vede allora che w„i\x = p,,;, perchè tien fissa x[ab) e sposta qualche punto; se quindi \xc = c', Paic' — d sarà }id = Pab<^= d' • Sie fosse d=c, sarebbe x{cc') J-x{ab) e poiché r(cc') passa per a l'esistenza della coppia di perpendi- colari per a sarebbe provata. Se d =.i= c, si consideri x{cd) : p„i,)n muta x{cd) in se stessa scambiando i punti c e d; e poiché a è aderente a c, si riduce al ribaltamento intorno alla retta t±x{cd) per a (10 t. 14). Dunque p„,,)a = p^: ma p„tM ribalta x{ab) intorno ad a; quindi t i.x{ab). Combinando questo teorema col precedente si ha che " se esiste una con- " gruenza che tien fisso a e converte b e c nei loro simmetrici rispetto ad a, esiste " una congruenza che converte in se stesso p{abc), lasciando fisso a e portando ogni " altro punto del piano, aderente ad «, nel suo simmetrico rispetto ad a „. Riguardo alla trasformazione del piano p{abc) le due congruenze coincidono, cioè: Tr. 3. — " Ogni congruenza che lasci fisso un punto a e converta due punti " aderenti ad a e non allineati con esso nei loro simmetrici rispetto ad a, conver- 25 FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA 305 " tira ogni punto del piano doi tre punti, aderente ad a nel suo simmetrico rispetto " ad rt Infatti il prodotto della congruenza data per quella di cui, secondo la precedente osservazione, questa determina l'esistenza, tien fisse x{ab), r(ac) e quindi tutto il piano p{aòc). Def. — La trasformazione determinata in un piano da una congruenza che tenga fisso un punto a e ribalti ogni retta del piano, passante per a, si dice semirotazione del piano intorno ad a, o simmetria nel piano rispetto ad a. Tr. 4. — "Se per un punto — in un piano - passa una coppia di rette per- " pendicolari, ad ogni retta per quel punto, in quel piano, esiste la perpendicolare in " quel punto „. Sia a il punto per cui passano due rette r ed s perpendicolari fra loro: pel teor. 1 esiste una semirotazione del piano intorno ad a. Se allora si ripren- dono le considerazioni del teor. 2, si vede che come retta x{ah) vi si può assumere una retta qualunque per a nel piano. Tr. 5, — " Su ogni piano contenente una coppia di punti non coerenti e per " ciascuno di questi punti passa una coppia di rette perpendicolari „. Siano a q b due punti non coerenti, r una retta per h aderente ad a. Si ribalti il piano pfrtr) intoino ad r e sia p,a =■ a' . La retta x{a'b) contiene la coppia di punti non coerenti a'b; quindi per ogni suo punto possiede il punto non aderente. — Se a resta fisso per p<,.t, è t(aè) J. r(a'è) (10 t. 10): per b passa intanto una coppia di rette perpendicolari; ma volendosi mostrare che in ogni caso una tal coppia di rette passa per a, si osservi che, mutando la r, muterà pure la x(a'b) (^) e poiché per b non possono passare due ±r(aò), si potrà sempre supporre a mosso da Po,;,. — Sia Pa,ia = a"; è x{a'b) ±x{aa") e poiché x{a'b) possiede coppie di punti non coerenti, ogni sua coppia di punti sim- metrici rispetto a x{aa") possiede due punti medi, l'uno su. r(aa"), l'altro non aderente ad essa e fisso per p„a''. La retta per a e per questo punto é _Lr(aa"). Tr. 6. — "Se in un piano esistono due punti non coerenti, ad ogni retta del " piano ed in ogni suo punto esiste nel piano la perpendicolare „. Siano a e b due punti non coerenti sul piano considerato. Si é mostrato che in a esiste una coppia di rette perpendicolari: esiste quindi la ±x{ab) in a (t. 4); sia r. Il punto b resta fisso per Pr. Sia allora c un altro punto qualunque del piano: se c appartiene ad r, si ha già x{bc)±r (IO t. 10); se c non appartiene ad r é ancora x{bc)±r e debbono distinguersi due casi: o x{bc) incontra r in un punto d; b e d non sono coerenti e su x{bc) esiste un punto non aderente a c; per c passa allora una coppia di rette perpendicolari secondo il teor. 5, — ovvero x{bc) non incontra ;•; su r esiste allora un punto f fisso per p,,, (10 t. 12) non aderente a x{bc) e x{fc)±x{bc) (10 t. 10). — Allora, a norma del teorema 4, ad ogni retta per c esiste nel piano la perpen- dicolare. Tr. 7. — "Se un punto a ha un punto non aderente b, su ogni piano per a e b " esiste una retta di punti non aderenti ad a, e questa retta é il luogo dei punti " del piano che godono di questa proprietà „. In un piano per a e 6 si consideri (') a e b non sono coerenti; quindi, se non mutasse la t(a'6), resterebbe invariato a. I ribal- tamenti intorno alle diverse r indurrebbero sulla r(aa') lo stesso ribaltamento intorno ai a\a. Ora esistono al più due rette r per cui possa determinarsi sulla i(ao') lo stesso ribaltamento: la con- giunsrente h con un a\a' e la perpendicolare a questa in b (ammesso che tal perpendicolare esista) ìERiK 11. Tom. LIV. N* 306 BEPPO LEVI 26 infatti la ±x{ab) in è e sia r. Pr ribalta x{ab) intorno al cardine ab; quindi a è fisso per p, e non aderente ad alcun jjunto di r. Sia ora c un punto del piano non ade- rente ad a: Pr ribalta x{ac) intorno ad a (10 t. 10): quindi tien fisso c: ma non pos- sono esistere altri punti del piano fissi per p, che a e i punti di r (10 t. 5); dunque c appartiene ad r. La retta r è determinata come congiungente due punti qualunque del piano, non aderenti ad a; dunque " se due punti di una retta non sono aderenti ad un terzo " punto, tutta la retta non è aderente a questo punto „. TV. 8^ — "Se un punto a ha in un piano per esso una retta non aderente, una " semirotazione intorno ad a coincide con un ribaltamento intorno a questa retta. " All'infuori di questa retta la semirotazione non può convertire in se stesse altre " rette che quelle per a „. La semirotazione ribalta intorno ad a le rette che con- giungono a coi punti della retta considerata; poiché essi non sono aderenti ad a, restano fissi per la semirotazione. Se poi una retta è convertita in se stessa dalla semirotazione, non può esser retta di punti fissi se è aderente ad a, e allora, perchè due punti corrispondenti sono allineati con a, deve passare per a. Tenendo conto del teor. 5 del n° prec. si avrà che Tr. 9. — " Non esistono in un piano due punti non aderenti ad una stessa ' retta „. Tr. 10. — " Se una congruenza converte in se stesso un piano e scambia due " suoi punti fra loro coerenti è un ribaltamento od una semirotazione del piano „. Siano infatti a e a' i due punti coerenti che la congruenza scambia, e mea\a'. Si chiami \x la congruenza; essa terrà fermo m. Se ora si sapesse che la trasformazione del piano è involutoria, la proposizione sarebbe evidente, perchè, se c e c' sono due punti corrispondenti aderenti ad m, la r(cc') si trasformerebbe in se stessa. Allora: i(cc') passa per m e subisce il ribaltamento intorno ad m, nel qual caso si avrebbe la semirotazione intorno ad m (t. 3) ; — ovvero r(cc') non passa per m e si avrebbe il ribaltamento intorno alla ±x{cc') per m (10 t. 14). Si noti che questa retta sa- rebbe xx{aa') in m. Si supponga dunque che, se possibile, la trasformazione del piano non sia invo- lutoria. Allora iLi^ tien fissa x{aa') e non è l'identità; quindi ji^ — p„„.. Si ponga ^ic = c', ne' Paa'C = d, Waa-c = M^c = p„„'|Lic z= ^id = pa„,c' = d' (sarà }id' = fi2p„„,c = p^-c = c); e si consideri il piano come p{cc'd). (Si osservi che a tre a tre i punti considerati non saranno allineati; se lo fossero, p. es. cc'd, sarebbe \xx{cc'd) = x{c'dd'), e cioè sulla stessa retta starebbe d'; la retta x{cd) sarebbe convertita in se stessa da |u, e l'esi- stenza di una tal retta fu il solo fatto che nelle linee precedenti si applicò, nell'ipo- tesi dell' involutorietà della corrispondenza). Almeno una delle coppie di rette r(cc') x{dd'), x{cd) x{c'd'), x{c'd) x{cd'), dovrà risultare di rette concorrenti: — Concorrano anzitutto le rette r(cc'), x{dd'): si ha Paa'V(cc') = x{dd'): il punto di concorso è dunque fisso per Paa' ; inoltre lar(cc') = x{c'd), \ix{dd') = x{d'c) ; concorrono dunque anche x{c'd), x{cd') ed il loro punto di concorso è pure fisso per Pa„. (perchè p<,„.|a = ^3 = |upaa,). Siano k e k' ì due punti di concorso, che non possono coincidere perchè non sono alli- neati cc'd. Essi dovranno appartenere alla r(aa') (10 t. 5) e sarà ixk — k' jjik' = k onde ck' =c'k, c' k' == d' k' = ck onde cc'k = c'ck'. Ma cc'k sono allineati; dovrebbero quindi esserlo c'ck', cioè dovrebbe essere r(cc') = r(aà'): ora c fu scelto fuori della r(aa'). 27 FONDAMENTI DELLA METRICA l'IiOJETTlVA 307 — Concorrano invece le x{cd), x{c'd'): esse sono ir(aa'): il loro punto di concorso (sia l) non sarà aderente a r(cia'), e sarà x{lm) ± t{aa') : allora p,„}x = p„„, e ju = p,„p„,. ; )ui sarebbe la semirotazione intorno ad tn (t. 1). Coi teoremi dimostrati in questo e nel precedente n° si pongono i fondamenti della teoria dei movimenti nel piano. Però quasi tutti i teoremi del presente n° sono affetti da un elemento ipotetico il quale prende alternativamente la forma dell'esi- stenza della semirotazione intorno a un punto, o di una coppia di rette perpendico- lari in questo punto, appartenenti al piano, o di una coppia di punti non coerenti, semplicemente, nell'ultimo teorema di una trasformazione per congruenza del piano in sè, la quale scambi due punti assegnati. L'esistenza della coppia di rette perpen- dicolari in ogni punto si farà dipendere nel § successivo dai postulati dello spazio: ma l'ultimo teorema mostra come, inversamente, basterebbe ammettere che il piano non sia contenuto in uno spazio maggiore perchè la proposizione divenisse senz'altro dimostrabile. Difatti, in tale ipotesi, ogni congruenza trasformerebbe il piano in sè, e i post. Vili e IX affermano che una coppia qualunque di punti si può invertire mediante una con- gruenza. Sia allora dato nel piano un punto qualunque m e siano a e a' due punti fra loro coerenti e simmetrici rispetto ad m : la congruenza che scambia a e a' sarebbe, secondo il precedente teorema, la semirotazione intorno ad m ovvero il ribaltamento intorno alla ±x{aa') nel punto m. In ogni caso sarebbe stabilita l'esistenza di questa perpendicolare (cfr. t. 2 e 4). § 4. — Lo spazio. Post. XX, — Esiste un punto fuori di un piano. I*ost. XXI. — Se due piani hanno a comune un punto, hanno pure a co- mune qualche altro punto. Evidentemente le proposizioni del n° 8 permettono im- mediatamente di dare a questo postulato la forma: Se due piani hanno a comune un punto, hanno pure a comune una retta per esso. Il primo postulato enuncia l'esistenza di quattro punti non complanari. Da esso e dai postulati precedenti risulta poi l'esistenza di altri punti : ma del numero o della potenza dell'aggregato dei punti richiesti non intendiamo di occuparci qui. 12. Rette e piani perpendicolari - Semirotazioni intorno a una retta. — Tr. 1. — " Non esiste alcuna congruenza che tenga fissi quattro punti non compla- ' nari di cui uno sia aderente agli altri tre, spostando qualche altro punto „. Siano infatti ahcd i quattro punti che si suppongono fissi per una congruenza |u; sia d ade- rente agli altri tre punti; la congruenza n dovrà lasciar fissi tutti i punti dei piani p{bcd) p{abd) p{acd) (9 t. 2). Sia ora m un altro punto qualunque ; per m, d e per un punto di p{bcd) non appartenente a x{bd) ne a r(c-^) passa un piano che taglia p{bcd) secondo una retta per d non appartenente ad alcuno degli altri due piani, e uno qualunque di questi secondo un'altra retta per d (XXI). ^ lascia fissi i punti di queste due rette, quindi tutti i punti del piano considerato e fra essi tn. Il teorema fu enunciato nella forma che ci sarà utile in seguito: ma all'ipotesi che uno dei punti sia aderente agli altri tre si potrebbe sostituire quella più gene- 308 BEPPO LEVI 28 rale che uno dei punti sia aderente a due rimanenti ed il quarto ad uno almeno di questi tre. Se infatti d è aderente ad a e è. la congruenza \x tiene fisso ì?{abd) : se poi c è aderente per es. ad a resterà anche fisso p(cc?a), e ciò basta per la precedente dimostrazione. TV. 2. — "Se una congruenza tiene fissi tutti i punti di un piano, è involu- " toria „. — Sia |a la congruenza considerata: tt il piano fisso; sia a un punto spo- stato da |u e sia \xa = a' \ sia m un punto di n non appartenente a r(aa'). Il piano X>{aa'm) taglia n secondo una retta r per m che \x tien fissa. |a ribalta dunqne t)(aa'm) intorno ad r e la corrispondenza fra i punti a e a' è quindi reciproca. Sia 11 un punto di tt fuori di r: la retta x[an) non ha comuni con \>{ar) altri punti che a; \xx{an) — x[an) è dunque distinta da x{an) e ogni suo punto diverso da n è mosso da \i. Sia h un tal punto =4= a e sia |iò = 5' ; il piano p(òè'm) è convertito in se stesso da \i- quindi \x ribalta intorno ad m T intersezione (XXI) dei piani j3(aa'm) p(èè'm), la quale è così xr. Per m non passano altre rette che la congruenza ribalti perchè un piano per una tal retta e per un punto qualunque di tt sarebbe ribaltato dalla congruenza, la quale così ribalterebbe pure l'intersezione di questo piano con p(rta'm) ; su p[aa''m) esisterebbero cioè due rette per m e ±r contro il teor. 9 del n° 10. Poiché m è qualunque su tt si potrà dunque enunciare il Tr. 3. — " Per ogni punto del piano fisso passerà una retta che dalla supposta " congruenza sarà convertita in se stessa (ribaltata intorno a quel punto). E le rette " di tal proprietà passanti pei punti di una retta del piano fisso apparterranno ad " un piano che la congruenza ribalta intorno a questa retta: in questo piano esse " saranno tutte perpendicolari ad essa „. Def. 1. — Un punto si dice aderente ad un piano quando non appartiene al piano ed è aderente a qualche punto del piano ; si dirà anche che il piano è aderente al punto. Tr. 4. — "Se una congruenza tien fissi tutti i punti di un piano, sposta ogni " punto aderente al piano e tien fisso ogni punto non aderente al piano medesimo „ . Sia |u la supposta congruenza, tt il piano fisso, a un punto aderente a tt, m un punto di TT aderente ad a, n e p due punti di tt non allineati con m ed aderenti ad m; se la congruenza tenesse fisso a, terrebbe fermi i i punti amnp e quindi ogni altro punto (t. 1). — Sia ora a un punto che si sposti per n e sia |ua = a'. Sia m un punto di TT fuori di r(aa') ; il piano p{aa'm) è ribaltato da ju intorno alla sua inter- sezione con TT; e il punto a sarà aderente a questa retta, poiché se a non le fosse aderente, alla retta non sarebbe aderente nemmeno a'; ora, pel teorema 9 del n. 11, sul piano non possono esistere due punti non aderenti alla medesima retta. Il punto a è dunque aderente a tt. Tr. 5. — " Non esistono due diverse congruenze che tengano fissi tutti i punti " di un piano „. Siano |a e v due congruenze che tengano fissi tutti i punti di un piano tt; esse sposteranno tutti i punti aderenti a tt; sia a un punto mobile, }Àa=a', va — a". Se una almeno delle rette r(aa'), x{aa") incontra tt il piano p{aa'a") è ribal- tato dalle due congruenze intorno alla sua intersezione con tt; quindi a' = a". Se le due rette non incontrano tt, sia p un punto qualunque di tt : piaa'p) e p(aa"p) essendo ribaltati rispettivamente dalle due congruenze, i punti a\a'=f, a\a"=g saranno fissi rispettivamente per \x e per v ; non saranno dunque aderenti a tt ft. 4) e saranno 29 FONDAMENTI DELLA METRICA PROTETTIVA 309 fissi per entrambe le congruenze. Se f=g, a/,= a'=a"; conformemente alla tesi- 1 ipotesi f^hg e assurda: sia infatti m un punto di tt: il piano \>(fgm) segherebbe n secondo una retta cui non sarebbero aderenti due punti, contro il teor. 9 del n" 11 Tr. 6. - " Se una congruenza ribalta il piano fisso della congruenza supposta " nei teoremi precedenti intorno ad una sua retta t, o ribalta pure il piano per t di « CUI al teor. 3, ovvero lo tien fisso Sia infatti v la congruenza nominata; v'mv tien fissi 1 punti di tt e non differisce quindi da n (t. 5); una retta che m converta in se stessa è quindi trasformata da v in un'altra retta che m converte in se stessa - e se essa incontra t dovrà dunque esser trasformata in se stessa. Il piano di t e d'una tal retta è dunque convertito in se stesso da v. Tr. 7. - " Esiste una congruenza che tien fissa una retta t e ribalta intorno " a ^ due piani passanti per ^ Sia infatti tt un piano per ^; esiste una congruenza v che ribalta tt intorno a t (XVIII); questa congruenza è involutoria su tt (10 t 1)- si può supporre che sia o non involutoria per i punti non appartenenti a tt Nella fe- conda ipotesi tien fisso tt, ma non tutti i punti dello spazio; quindi è la congruenza ^ dei teor' prec'. La prima ipotesi poi può dar luogo a due casi: o che si supponga che v tenga fisso un piano per t, ovvero che sposti ogni piano. 1° Si supponga dunque l'esistenza di una congruenza che tien fisso un piano tt per f A questo sarà coniugato dal teor. 6 un altro piano per t e un'altra congruenza che lo converte in se stesso, ribaltando tt intorno a t. Se la nuova congruenza non tien fisso quel piano, sarà essa la congruenza affermata nel teorema: se essa lo tien fisso sarà tale il prodotto delle due congruenze. 2° Non si supponga l'esistenza di una congruenza che tenga fisso un piano per t La congruenza v che ribalta tt intorno a t, dovendo essere involutoria, ribalta ogni piano per t, ed e la congruenza di cui si afferma l'esistenza. „ 8- - " La congruenza di cui il teor. prec. afferma l'esistenza è involutoria ^ Per ogni punto della retta t passa un piano ed uno solo che la congruenza trasforma ^ m se stesso, inducendovi una semirotazione intorno a quel punto. Ogni piano per la retta t subisce il ribaltamento intorno a, t „. 1° Siano difatti tt e a i due piani per t che si sa essere ribaltati dalla con- gruenza: ,1 quadrato della nostra congruenza li terrà fissi; quindi (t. 4) deve ridursi ali Identità: la congruenza è involutoria. 2" Sia a un punto arbitrario di ^ e sia m un punto di tt che la congruenza sposti e tale che la ±t per esso non passi per a. Sia m' il trasformato di m e sia n un punto mobile fuori di tt. Il piano piamn) sarà convertito in un piano p(am'n') diverso da (che non passa per - i due piani si tagliano secondo una retta /- per a che la congruenza trasforma in se stessa. Per ipotesi J)(«mn) non passa per ^ dunque r=^t; inoltre r non può esser retta di punti fissi per la congruenza, altri- menti sarebbe piano di punti fissi Hrt); per ogni retta di Hn), per es. passerebbe un piano convertito in se stesso dalla congruenza (t. 3) che segherebbe tt e a secondo due rette ribaltate dalla congruenza, per lo stesso punto a, contro il teor. 3. La con- gruenza considerata ribalta dunque r. Parimenti Piantn'}, pian.'n) si segano secondo una retta . per a che la congruenza ribalta, e s^res=^t perchè Pia >„n') ^ p{a„m) e p[amn}=^p{,n't). La congruenza determina dunque una semirotazione in p(rs) intorno ad a (11 t. 3). 310 BEPPO LEVI 30 3° Ogni piano t per t taglia p{rs) secondo una retta che la congruenza ribalta intorno ad a. La congruenza ribalta dunque t intorno a t. 4° Nessun piano per a diverso da p{rs) e dai piani per t può essere conver- tito in sè dalla congruenza perchè le intersezioni di un piano per a che la congruenza converta in sè e che non passi per t con p{rt) e con p{st) sono rette per a che la congruenza converte in sè, e non differiscono quindi da r e da s rispettivamente. Poiché tutte le congruenze che ribaltano un piano intorno a una sua retta t sono identiche fra loro rispetto alla trasformazione del piano, la congruenza studiata nei teor' 7 ed 8 è completamente definita dalla retta fissa t. Ha quindi luogo ad esser stabilita la seguente Def. 2. — La congruenza che ribalta ogni piano per t intorno a t si dirà semi- rotazione intorno a t. ^ si dirà l'asse di rotazione. Tr. 9. — "In ogni piano ed in ogni punto di ogni sua retta esiste la perpen- " dicolare a questa retta medesima „. È l'intersezione del piano dato con quello su cui la semirotazione intorno alla retta data determina la semirotazione attorno al punto dato. Tr. 10. — "Se esiste un punto non aderente a una retta t, esiste tutta una " retta di punti non aderenti a t. Essa resta fissa per la semirotazione intorno a t " e fuori di essa non esistono altri punti non aderenti a ^ „. Se A è un punto non aderente a t, la semirotazione, ribaltando intorno a ^ il piano p{ht), tien fisso h (11 1. 8); le J-t in questo piano passano per h (10 t. 10); per h passa quindi ogni piano su cui la semirotazione intorno a t determina una semirotazione. L'intersezione di due di questi piani è una retta per h, e sopra ciascuno di questi piani è convertita in sè dalla semirotazione senza passare pel punto fisso di questa. Essa è dunque retta di punti fissi e non è aderente a detto punto (11 t. 8) e non è aderente ad alcun punto di t perchè ogni piano per essa e per un punto qualunque di t subisce la semi- rotazione intorno a questo punto. — Se fuori di questa retta esistesse un punto non aderente a t, esisterebbe al pari una retta per esso tutta di punti non aderenti a t e per ogni punto di t passerebbero due piani (l'uno per l'una, l'altro per l'altra retta) non passanti per t e convertiti in sè dalla congruenza, contro il teor. 8. Tr. 11. — " Per ogni punto aderente a t passa uno e un sol piano non conte- * nente t, che la semirotazione intorno a t converte in se stesso „. Sia a un punto aderente a ^: in p[at) sia r la ±i per a: se essa incontra t in un punto m, il piano di cui si afferma l'esistenza è quello per m su cui la congruenza induce la semiro- tazione intorno ad m. Se r non incontra t, contiene un punto h non aderente a t ; per h passa una rettaci di punti fissi per la congruenza; p(a^i) è il piano di cui si afferma l'esistenza: esso subisce il ribaltamento intorno a t^. La semirotazione intorno a t coincide allora colla semirotazione intorno a t^. — Un altro piano per a che la semi- rotazione converta in se stesso sega il precedente secondo una retta che la congruenza trasforma in sè, cioè secondo la r ; esso passa quindi per m o pel punto che r ha su e non può perciò (t. 8-4°) differire da p{at). Def. 3. — Il piano unico che passa per un punto a aderente a i( od appartenente afe che, senza passare per t, è convertito in sè dalla semirotazione intorno a f si dirà piano perpendicolare a t pel punto a. La retta si dirà perpendicolare al piano. La nuova relazione di perpendicolarità si rappresenterà ancora con _l. 31 FONDAMENTI DELLA METRICA PEOJETTIVA 311 I teoremi 8 e 11 dìmno luogo al Tr. 12. — " Per un punto aderente ad una retta od appartenente alla retta * passa uno e un sol piano perpendicolare alla retta. Esso contiene tutte le perpendi- " colari alla retta pei punti del piano. Condizione necessaria e sufficiente perchè un " piano sia perpendicolare a una retta è che a questa siano perpendicolari due sue " rette senza che il piano passi per essa „. Tr. 13. — " Ad un piano ed in un suo punto esiste una ed una sola perpendi- " colare „. E l'intersezione di due piani perpendicolari in quel punto a due rette pas- santi pel punto medesimo, sul piano dato. 13. Simmetria rispetto a un punto. — Tr. 1. — " Assegnato un punto arbi- * trario o, la corrispondenza che si ottiene riferendo ad ogni punto aderente ad o il * suo simmetrico rispetto ad o è una congruenza „. Siano a e b due punti arbitrari, e sia a' = a'o, b' = bl„. Se cibo sono allineati, la coppia ab è portata in a'b' dal ribaltamento della retta x{ab) attorno ad o ; quindi ab = a'b'; se abo non sono allineati, a' e b' appartengono a p(a6o) e la coppia ab è portata in a'b' dalla semirotazione del piano intorno ad o ; ancora ah = a'b'. Def. — ■ La congruenza definita nel teorema precedente si dirà una simmetria rispetto ad o. Come per teoremi analoghi precedenti si prova che Tr. 2. — "La simmetria rispetto ad un punto o sposta ogni punto aderente " ad e tien fisso ogni punto non aderente ad o. Se un tal punto esiste, esiste tutto " un piano di punti non aderenti ad o, ed ogni punto non aderente ad o appartiene " a questo piano 14. Simmetria rispetto a un piano. — Tr. 1. — " Assegnato un piano arbi- " trario, esiste una congruenza che tien fermi tutti i suoi punti e sposta qualche altro " punto „. Tale è il prodotto di una simmetria rispetto a un punto o del piano e di una semirotazione intorno alla perpendicolare in o al piano (12 t. 13). Def. — La congruenza nominata si dice simmetria rispetto a quel piano fisso. I teoremi del n. 12 permettono di enunciare il Tr. 2. — "La simmetria rispetto a un piano è individuata da questo piano; " essa è una corrispondenza involutoria che ribalta tutte le perpendicolari al piano; " tutte le perpendicolari al piano nei punti d'una retta sono complanari. La simmetria " sposta ogni punto aderente al piano. Esiste al piìi un punto non aderente al piano. " e questo in tal caso è fisso per la simmetria. Tutte e sole le perpendicolari al piano " passano per questo punto. Per ogni punto aderente al piano passa una ed una sola " perpendicolare al piano „. Ogni altra proprietà relativa a rette e piani perpendicolari si dimostra ora, con procedimenti noti. 15. — Non è nel nostro disegno di proseguire nello studio delle trasformazioni metriche fin qui definite e dei loro prodotti. Ci volgeremo invece a mostrare come, sulla base dei postulati metrici ammessi, si possa stabilire la geometria projettiva e come ne risulti la definizione della nostra metrica, siccome una metrica projettiva 312 BEFFO LEVI 32 rispetto a una quadi'ica; ma risulterà altresì che i postulati ammessi non sono capaci ancora di separare fra loro le tre metriche fondamentali ellittica, parabolica e iperbolica, nè da altre metriche sorelle (^) ; e risulteranno evidenti i postulati che ancora sono necessari per individuare queste metriche medesime. Ma i postulati precedenti permettono in generale di assicurare l'intersezione di rette e di piani solo quando essi appartengono ad una stessa stella: ci occorre, per proseguire, di poter affermare altre intersezioni e noi lo faremo col Post. XXII. — Dato un piano p e più rette non perpendicolari a p ed uscenti da un suo punto, esiste un piano j-p che incontra tutte queste rette, senza passare per quel punto. L'applicazione di questo postulato è d'altronde ristrettissima e si limiterà a si- stemi di non pivi di 10 rette {^). Esso serve a far dipendere dai precedenti postulati metrici il teorema di Desargues nella stella (^), e potrebbe quindi sostituirsi col teorema di Desargues medesimo. (') Alcune fra l'altre furono messe recentemente in evidenza dal signor Dehn ' Math. Ann. ,,53. Qualora si trattasse di 2 sole rette il post, è verificato evidentemente dal piano j_ p per una retta che le incontri entrambe. (') Altra applicazione se ne fa qui, pel teorema di Pascal, al n. 20; ma essa è inessenziale, come mostrano le considerazioni del Gap. Ili, § 3. 33 FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA 313 CAPITOLO II. IL COMPLETAMENTO DELLO SPAZIO E LA GEOMETRIA PROJETTIVA. §1.-11 completamento dello spazio. ^ 16 II teorema di Desaroues. - Tr. 1. - ^ Se i„ un piano n due triangoli . ^ abc, abc sono nfenti in modo che le coppie di Iati o.nologhi s'incontrino in pu^nti ^ duna retta r e le congiungenti due coppie di vertici omologhi siano ^ anche la congmngente i rimanenti due vertici sarà a . „. Siano corrispondenti i vertici omo- .) r(. r(,V0, . Infine sia, per ipotesi, r(«a')x., rm^r: si mostrerà che r(cc)_,-. - fc,ia a un piano diverso da n per r e sia a"b"c" il triangolo simme- eTlt; ' " t"^"^' ^^^"""^ ^-P^^tivamente per col 1"' /v' ^'""r: ^ '^'P^''- ^^^^-^ --planari i punt, ^' * '/^ ^ • S^'^ ^ P^ano per r, xr(a"a'). I piani t>[a'b' a"b"), mb'b") sono .0 ; qumdi xib'b").a' ed allora i piani p(.'aV'a"), K^'c'è'V), passant ispet n^amente per r(« V'), rib'b"), sono .o' e cosi r(cV').a'. I, piano Zt . quindi v(" ) , " ' P^^P^"^'-^-^ -tersez;one . e « f ■• 2- - " Se in una stella Q due trispigoli sono riferiti in modo che le coppie spigoh omologh, passano per una stessa retta Siano abc, a'b'c' i due trispigoli lilTuK'T "r"^' "^'^"^ '""^^ 1^ intersezioni dei piani p(«è) pL'è') »^ Supponiamo in primo luogo - p; saranno ±p i piani t,(»/) e si dovrà .mos tre che ,KUP. Si seghi ,a «gura con „n piano ..p che Lontri l ri one d, rt,.) con n sarà . allmtersezione di . e p (oongiungente le intersezioni di k con m,n,p) onde p{cc')±p. Diano 'o ^P « appartenente a p. Si seghi la figura con un fYvm P 1^ ^^^^^ nei punti ABC A'B'C MNPR (XXII). Per la retta .[MNP) e pel punto R si conducano un piano p, e una retta r Ìi^'^b7m^^'- - - P-to si proietti da la figuri ilpLoPfQC^ 'a configurazione considerata nel casoa^: 11 piano p(Q,CC), passera dunque per r(CC') per 72, e quindi p(.c') per r(Qi?) = _ pL'o r " ^^---^^ a P^-- . il piano ,n S- esso sarà pure xp, (14 t. 2) e non esisterà punto non aderente a n Ìlt , aZT'I') 'P^''^' incontreranno tutte; in particolare quelle con' dotte da ABC A'B'C MNP: siano A.B^C, A'.B'^C, M,N,P, f piedi su . di u te Sfrte II. Tom. T,IV. ^ 314 BEPPO LEVI 34 perpendicolari; essi costituiranno di nuovo la configurazione del teor. 1 (perchè p{riAA') = p{riAiA\) J-Pi e a TT, onde x{A^A\) J-x{MiNiPi) intersezione di tt e p e così via). Cosi x{CiC'i)±x{MiNiPi) e quindi x{CiC\) passa pel punto S non aderente a x{MiNiPj) e sono per conseguenza collineari anche CC'R: p{cc') passa per r. c) Supponiamo infine che l'intersezione dei piani p{aa') p{bb') appartenga a p. Basterà osservare che, se si suppone che p(rc') non passi per detta intersezione, l'intersezione di p{aa'), p{cc') non appartiene più a p; ed allora i risultati dei casi a) e b) mostrano che per questa intersezione dovrebbe passare p{bb'); non potrebbe dunque incontrare p{aa') su p. 17. La geometria analitica. — Il sig. Hilbert ha mostrato (^) come, sul fon- damento del solo teorema di Desargues, si possa fondare una rappresentazione per coordinate degli elementi della varietà lineare a due dimensioni. Riassumerò in questo numero quanto dovrà servirci del procedimento e delle conclusioni del sig. Hilbert, trasportati dal piano alla stella; tralascierò tutte quelle dimostrazioni che possono leggersi, mutatis mutandis, nel citato lavoro dello Hilbert. In una stella Q sia fissato un piano iw (d'altronde arbitrario) ed un raggio oJ-uj, e siano E e ti due piani fissi per o. Per le applicazioni successive converrà che i piani E, ì] siano simmetrici rispetto a un piano (J per o. Siano 1^, 1,^ due raggi fissi rispettivamente su E ed r]. Converrà ancora, per le seguenti applicazioni, che 1| e 1»; siano simmetrici rispetto a (J; si chiami e l'intersezione di uj col piano |)(1|1,^) ; sarà allora e±a. Se e a,j sono due raggi di E e ti rispettivamente, si dirà = (2) se a^, sono complanari con e; nel caso della nominata simmetria e a,j saranno simmetrici rispetto a a. Siano ancora ujt e oi,^ le rette d'intersezione di uu rispetti- vamente con E ed n, cosicché uut = uu,^. Siano a| e b^ due raggi di E, a,^ = a|; sia r l'intersezione dei piani p(aj;UJfc), p{b^ uu,^) e sia c| l'intersezione di E e p{re) ; si dirà la somma di e bt ; = «5^ + Si ha: (i§ + bg = bg + «1 = ayj + brj L'addizione così definita si può invertire univocamente per modo che ne risulti definita la differenza fra due raggi et ed at^ purché i due raggi non coincidano entrambi con uj|. Si verifica agevolmente che o -j- = e quindi « t — a t = o. Converrà quindi chiamare il raggio o, raggio 0. Ad ogni raggio at corrisponderà un raggio — = — a^. Quando E ed n siano simmetrici rispetto a a, e — a| si (') Grundlagen der Geometrie. ' Festschrift zur Feier d. Enthullung d. Gauss-Weber- Denkmals in Gottingen , - Leipzig, Teubner 1899 (2" Auflage, 1903). C^) Lo Hilbert parla d'uguaglianza, di somma, ecc. di segmenti. Noi non possiamo usare una ter- minologia analoga, poiché non abbiamo ancora discorso dell'ordinamento degli elementi d'una forma di prima specie. D'altronde le operazioni definite si riferiscono precisamente solo all'estremo mobile del segmento. (?) Le due uguaglianze sono due forme d'una stessa; lo Hilbert non scrive la seconda, come non scrive quella analoga per la moltiplicazione. Nella scelta di H ed n simmetrici rispetto a , cosi è comple- tamente determinato un sistema della forma (2) equivalente al sistema (3) (1) e conte- nente fra i punti che lo soddisfanno tutti quelli dell'intersezione di p{mnp), p{Qpq). Quel sistema della forma (2) rappresenta x{pq); dunque l'intersezione di quei due piani è contenuta in x{pq) e coincide così con essa. Vale a dire che q appartiene a p{mnp). (^) Infatti come punto p si può prendere uno qualunque dei punti rappresentati come m,n,p: è allora chiaro che se tutti appartenessero a ^(05), anche \i{mn-p) passerebbe per o, anzi coinciderebbe con '^[oq); e risulta incidentalmente dimostrato che anche allora i 4 punti sono complanari. (^) Perchè non s\ipponiamo alla moltiplicazione la proprietà commutativa, non sarà forse inutile esporre uno dei calcoli che permettono quest'affermazione ed altre che seguiranno, come altre simili, sebbene più semplici, furono fatte già. L'equazione (3) debba essere soddisfatta dai punti m,n,p di coordinate (ziz(t^ {z^z^t^) (zzzit^. Si indichino con (3|)(32)(33) le equazioni che si ottengono sosti- tuendo in (3) a [zzi] rispettivamente questi valori; sottraendo (82) 6(83) da (3i) si ha: o-{z, - 02) + ò iz^'- z\) + p - ^3) = a (e, -z,) + h (z^- z^) + - ^3) = onde a + b 4- P ''-'^/,._,, = a + ò + P '■-'',''^,-,3 = (I) e sottraendo ossia, sottraendo dai due membri il 2° termine e dividendo davanti per P e di dietro per >ì — «2'/ *r — 'zi //-2i'— 22'/ «l'-V/ Da una delle (I), per es. la 1", dividendo dinnanzi per P si ha poi da cui si ricava p e finalmente, dividendo davanti per p i due membri della (3i), si ricaverà p/^. Risulta così anche posto in evidenza che i rapporti dei coefficienti che, come si disse, sono determinati, sono quelli ottenuti per divisione a sinistra; ed infatti l'equazione (3) si muta in un'altra equivalente per moltiplicazione a sinistra di tutti i termini per uno stesso fattore. 39 FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA 319 Se p{mnp) passasse per Q, l'equazione (3) corrispondente assumerebbe la forma (1) ed allora il raggio 1(^7) dovrebbe appartenere senz'altro a questo piano per quanto fu detto a proposito di quella prima equazione (0 della equivalente del precedente numero). " Ogni equazione della forma (3) che sia soddisfatta da tre punti tnnp non alli- " neati potrà dunque chiamarsi l'equazione del piano p(m«p) „. Date le equazioni di due piani distinti che passino per una stessa retta rappresentabile nella forma (2) si possono ottenere le equazioni di questa forma che rappresentano la retta per com- binazione lineare di quelle dei due piani — come già l'equazione di un piano qua- lunque per la retta fu ottenuta per combinazione lineare di quelle del sistema (2). Si ottiene cosi una rappresentazione più generale della retta mediante le equa- zioni di due piani per essa, e questa rappresentazione si estende alle rette — che finora erano state escluse — complanari con 0; se infatti due piani si intersecano secondo una retta complanare con 0, i punti di questa dovranno soddisfare le loro equazioni ed ogni combinazione lineare di esse: reciprocamente se le equazioni di tre piani sono tali che una di esse non è combinazione lineare delle altre due si può, con un facile calcolo determinare un unico sistema di valori per le coordinate e pei loro rapporti ottenuti per divisione a destra, che le soddisfa tutte tre e ogni loro combinazione lineare: se questi valori non rappresentano un punto i tre piani non s'incontrano; s'incontrano in caso contrario, ma non potranno mai avere comune una retta. Una lacuna presenta ancora la precedente rappresentazione per coordinate dei punti del nostro spazio, ed è relativa ai punti del piano ri (cfr. il principio del pre- sente numero), fu essa che ci obbligò, nelle linee precedenti, a parlare dei rap- porti delle coordinate; essa si elimina in modo notorio, sia definendo il punto me- diante le equazioni di tre piani per esso, linearmente indipendenti, e tutte le loro combinazioni lineari, sia mediante l'uso di coordinate omogenee; si giungerà agevol- mente a queste ultime introducendo nuovamente la coordinata x che al principio del numero si è eliminata, e le equazioni da sostituirsi alle (1), (2), (3) si otterranno applicando a destra del termine indipendente dalle variabili la nuova variabile x, come già per divisione a destra questa coordinata si era eliminata. Si dovranno considerare come identici sistemi di coordinate che si ottengano l'uno dall'altro per moltiplicazione a destra di tutte le coordinate di un sistema per uno stesso raggio. 19. Completamento dello spazio projettivo. — I risultati precedenti ci mettono in grado di definire un campo di pioìfi ideali, preferibilmente punti projettivì, che comprende come caso particolare la varietà dei punti cui si riferiscono i nostri po- stulati metrici: campo nel quale è assicurata l'intersezione di piani e rette. Chiameremo punto projettivo l'insieme di quattro raggi della stella Q nel piano i, non tutti coincidenti con lue e dove si considerino come identiche quaterne diverse in cui i raggi omologhi differiscano solo per la moltiplicazione a destra per uno stesso fattore. Si potranno rappresentare generalmente questi raggi con x^ x^ Xi e si chiameranno le coordinate omogenee del punto, mentre si chiameranno coordinate non omogenee i tre rapporti z=''*lx„ z' = ''-lz„ t = ^'lx,. Se questi raggi sono, secondo 320 BEPPO LEVI 40 il preced. n", le coordinate di un punto del nostro spazio fondamentale si dirà che questo punto e il nominato punto projettivo coincidono. Si dirà piano proiettivo l'insieme dei punti progettivi le cui coordinate non omo- genee soddisfanno ad una equazione della forma (3) e a tutte quelle che dalla mede- sima si ottengono moltiplicando a sinistra tutti i coefficienti per uno stesso fattore (ovvero le cui coordinate omogenee soddisfanno all'equazione (3) resa omogenea mercè la moltiplicazione a destra per Xi). Si dirà reMa projettiva l'insieme di punti projettivi comuni a due piani projet- tivi distinti (e a tutti quelli che si deducono mediante combinazione lineare delle loro equazioni). Due punti projettivi determinano una retta projettiva, tre punti projettivi non appartenenti alla stessa retta projettiva, un piano projettivo ; due piani projettivi si tagliano secondo una retta, tre piani projettivi non passanti per la stessa retta hanno comune un punto projettivo. — Punti dello spazio fondamentale allineati o compla- nari nel senso del Cap. I sono pure punti projettivi d'una stessa retta projettiva o d'uno stesso piano projettivo; e reciprocamente, punti dello spazio fondamentale che, in quanto punti projettivi, appartengano ad una stessa retta o piano projettivi sono allineati o complanari. — Se tre piani hanno comune un punto dello spazio fonda- mentale, e, in quanto piani projettivi, hanno comune una retta projettiva, avranno comune una retta di punti dello spazio fondamentale, contenuta in detta retta pro- jettiva (perchè due di quei piani, avendo comune un punto, avranno una retta comune, e questa sarà contenuta in quella retta projettiva e quindi comune ai tre piani). Il nostro spazio projettivo cosi costruito godrà senz'altro di tutte le note pro- prietà di cui si fa uso nella geometria projettiva, riguardo all'incidenza di punti, rette e piani {Verktiiipfungsaxiome secondo lo Hilbert). § 2. — La geometria projettiva e la metrica. 20. Il teorema di Pappo-Pascal. — Noi siamo ora in grado di dimostrare senza difficoltà il teorema di Pascal per la coppia di rette : completato infatti lo spazio come nel precedente §, non esiste più alcuna limitazione al trasporto delle proprietà grafiche per projezione, e basterà quindi dimostrare il teorema per una particolar coppia di rette. Si può allora trasportare al caso nostro la dimostrazione insegnata dal sig. Schur nei Math. Ann. 51 (^). Riassumerò molto brevemente quella dimo- strazione dando rilievo alle poche osservazioni complementari che qui occorrono : nel seguito (Cap. Ili, n. 33) riotterrò lo stesso risultato per tutt'altra via, la quale mi pare anche degna di nota. Occorre premettere che il prodotto di due simmetrie rispetto a piani per una stessa retta non è una simmetria, il prodotto di tre simmetrie rispetto a piani per una retta è una simmetria rispetto a un piano per quella retta medesima. Sia r la retta per cui passano i piani di simmetria (Tj Og (Tg : siano Zi Z2 ^3 tre simmetrie ; (^) Ueber den Fundamentalsatz der projectiven Geometrie. 41 FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA 321 se 1.2<^i = Oi" sarà I^^iO^i — ^i"; ^ la^i ^2 stabiliscono la stessa corrispondenza fra i punti dei piani a^, o^" ; ma esiste una sola simmetria che scambia due dati punti e tien fissa una retta data aderente ad ossi: così, se Z2^i fosse una sim- metria, coinciderebbe con I.^. ^2 dovrebbe essere per Z, piano di punti fissi e quindi a.) = • e una retta qualunque del piano, r' una sua perpendicolare, che la incontri in 0, R' il polo assoluto di questa (su r), e R' possono chiamarsi pww^i associati (^). " Cori'ispondentemente ai due casi distinti nel pi^ecedente enunciato, può supporsi che " uno stesso punto sia associato a tutti i punti della retta ovvero ad un unico: se " avviene il primo caso su una retta del piano, lo stesso avviene sopra ogni altra, " fatta eccezione per la perpendicolare comune a tutte le rette del piano: se avviene " il secondo caso su una retta del piano non perpendicolare ad ogni altra, o su due " diverse rette projettive (vale a dire sopra rette di cui una non possa essere la sud- " detta retta eccezionale) si verificherà pure il secondo caso sopra ogni altra retta: " il gruppo costituito da due punti, dal loro punto medio e dal punto associato a " questo è armonico „. Si ha così la distinzione fra le metriche a polarità assoluta degenere (parabo- liche) e a polarità assoluta non degenere. Esse potranno poi essere la metrica di Euclide, di Lobacefski o di Riemann, ovvero le metriche poste recentemente in evi- (') VerknUpfte secondo il Pasch. 326 BEPPO LEVI 46 denza dal sig. Dehn, ovvero altre di cui sarà discorso tra poco, ed altre ancora, a seconda dei nuovi postulati che si vorranno aggiungere. Per ciascuna di esse occorrerà certamente ritornare sui singoli postulati per veri- ficarne r applicabilità, ma le teorie note delle nominate geometrie permettono di lasciare al lettore questo facile compito. Ci limiteremo ad un'osservazione che colpisce in particolare la geometria Riemanniana. Quando si costruiscono le metriche proiettive nel modo più uniforme, assegnando fin da principio una conica o quadrica assolute, e intendendo che le rette metriche debbono essere contenute nelle rette projettive dello spazio, posto così a base della definizione medesima della metrica, ne risulta una definizione della congruenza come trasformazione projettiva che muta in se l'assoluto, e non si ricerca particolarmente la dipendenza di questa trasformazione da singole congruenze di coppie di punti. Di qui una lieve divergenza dalla nozione di congruenza fra sistemi introdotta al n. 3, la quale si dimostra bensì priva di importanza per le geometrie iperbolica e parabolica, ma non ugualmente per la geometria ellittica. Due cerchi del piano ellittico possono invero avere 4 punti comuni: se a, b sono i centri dei due cerchi, cc'c"c"' i 4 punti comuni ad essi, questi si distinguono in due coppie che chiameremo cc',c"c"', per modo che le terne abc, abc' si convertono l'una nell'altra per una congruenza, nel nuovo significato (la simmetria rispetto alla retta ab), e cosi pure le terne abc", abc'"; ma non così una delle prime terne in una delle seconde, quantunque sussistano le congruenze, per es., ab = ab, ac = ac" , bc = be'. A queste osservazioni ci rannoderemo tosto col n. 29, ove uno studio piìi pro- fondo del post. IX, porterà ad escludere anche queste ultime contraddizioni colla geometria ellittica ed altre più generali. 47 FONDAMENTI DELLA METRICA PKOJETTIVA 327 CAPITOLO TIT. SAGGIO SULL'INDIPENDENZA E SULLA CAPACITÀ DEI POSTULATI. § 1. — Sull'indipendenza dei postulati I-XXI. 23. — In questo § dimostrerò mediante esempì l'indipendenza ordinata della massima parte dei postulati ammessi nel Cap. I. Condizione logica primordiale a cui deve soddisfare un qualsiasi sistema di postulati è che con esso non si enuncino pro- prietà di enti di cui non si sia dichiarata l'esistenza: i postulati che enunciano questa esistenza sono allora, per lor natura, indipendenti dai rimanenti, e tale indipendenza non potrà esser maggiormente chiarita da qualsiasi esempio. Sono cosi senz'altro messi fuori di discussione i postulati : I — esistenziale della classe dei punti — , II — esistenziale di una relazione fra coppie di punti — , XVI — che enuncia l'esi- stenza di un punto fuori d'una retta — , XX — che enuncia l'esistenza di un punto fuori d un piano — . 24. I POSTULATI GENERALI DELLA CONGRUENZA (III-IX). — Finché si afferma (li) che la congruenza è una relazione fra le coppie di punti, non si distingue tal rela- zione da alcun'altra tra coppie qualsiansi di elementi, onde certamente sarà ordina- tamente indipendente dagli altri il primo postulato che ne assegni una qualsiasi pro- prietà, qui il post. IH. A mostrare l'indipendenza ordinata dei rimanenti postulati della congruenza, valgano i seguenti esempì : Post. IV. — Si interpreti " punto „ in " numero intero e positivo „ e si dica " nb ^ ed „ quando " a'' = c'' „; sarà bensì e" = a'' (HI), ma sarà generalmente b"^=d\ Post. V. — Si interpreti " punto „ in " numero intero e positivo „ e si dica " ab = ed „ quando « X ^ = c X saranno soddisfatti i postulati III, IV, non il V. Post. VI. — Si interpreti " punto „ in " punto euclideo „ e si dica " ab =. ed „ quando " per le coppie ab, ed passano due rette parallele „ : saranno soddisfatti ì post. III-V, non il VI. Post. VII. — Si interpreti " punto „ in " punto euclideo , e si dica " ab ^ ed „ quando " qualunque retta contenente una delle coppie è perpendicolare a qualche " retta contenente l'altra , ; saranno soddisfatti i primi 6 postulati, non il VII, Post. VIII. — Non sarà soddisfatto, ma saranno verificati tutti i precedenti quando si interpreti " punto ., in " numero con segno , e la relazione " ab = ed „ nella relazione " a — b = e — d Post. IX. — L'indipendenza di questo postulato dai precedenti dipende essen- zialmente da ciò, che in esso per la prima volta si considerano sistemi di più di due punti. Si limiti il campo di punti da chiamarsi spazio, interpretando la congruenza fra coppie, per es., nell'ordinario senso euclideo, e in infiniti modi si potrà negare tal postulato, rimanendo verificati i precedenti : nel modo piìi semplice, si chiami spazio l'aggregato dei punti interni a un contorno chiuso qualsiasi. — Va notato 328 BEPPO LEVI 48 che i postulati Vili e IX si combinano per esprimere la proprietà transitiva della congruenza. 25. I POSTULATI DEL PUNTO MEDIO d'una COPPIA. — JPost. X. — Si interpreti " punto „ in " vertice di un dato rettangolo abcd ^, " congruenza fra due coppie „ nell'ordinaria " congruenza euclidea „ ; non sarà verificato il post. X, bensì tutti i precedenti. JPost. XI. — Sia " punto „ l'elemento d'una classe qualsiasi, che contenga al- meno 4 elementi ; si chiamino fra loro congruenti tutte le coppie di punti distinti ; e fra loro congruenti, ma non alle prime, tutte le coppie di punti identici ; sarà veri- ficato ciascuno dei post. I-X, non l'XI". 26. I POSTULATI DELLA CATENA. — Post. XII. — In uno spazio euclideo sia fis- sata una giacitura tt, e si dicano congruenti le coppie che determinano segmenti uguali e ugualmente inclinati a detta giacitura. E immediato che i postulati della congruenza di coppie (III-VIII) sono verificati. Se ab = a'b' la coppia ab si trasforma nella coppia «'i' mediante una traslazione, una rotazione intorno a una retta _ltt e, può darsi, una simmetria rispetto a un punto. Per effetto di queste trasformazioni, ogni sistema di punti ed ... si trasforma in un sistema di punti c'd' ... tale che abcd ... = a'b'c'd' ... Per stabilire però la completa validità del post. IX occorre analizzare se, con queste sole trasformazioni, un sistema di punti si muti in ogni sistema congruente ad esso. Ciò equivale a chiedere se esi- stano sistemi congruenti aventi punti omologhi comuni , e come si passi dall' uno all'altro. Se abc sono tre punti qualunque, esiste in generale uno e un solo punto c' tale che abc = abc': i due triangoli sono simmetrici rispetto al piano passante per aè e ìtt. Eccezioni si hanno: 1° quando rtè±TT; i punti c' tali che abc ^ abc' sono tutti i punti di una circonferenza di asse ab. — 2° quando il triangolo abc sta in un piano ±tt, e ab non è parallelo a tt, e quando abc sono allineati; il punto c viene a mancare. — 3° quando il triangolo abc sta in un piano xtt ed ab\\Ti\ esiste ed è unico il punto c', ma c e c' sono simmetrici rispetto ad ab ; — 4*^ quando aè!|TT e il piano abc non è J-TT nè ||tt; i punti c' sono 3, cioè il simmetrico di c rispetto al piano ±Tt per ab e i simmetrici di c e di questo punto rispetto alla retta ab (o rispetto al piano ||tt per ab) [se il piano abc fosse |lTr si rientrerebbe nel caso generale]. Si vede cosi che, quando esiste un punto c tale che abc = abc', la prima figura si porta nella seconda mediante una simmetria rispetto a un piano j_it, o rispetto a un piano ì|tt, o a una retta ||Tt (prodotto questa delle due prime simmetrie); e tutte queste trasformazioni mutano ancora ogni sistema di punti de ... in un sistema d'e' ... tale che, secondo la nostra definizione, abcde ... = abc'd'e' ... . Onde si ottiene che il post. IX è verificato per ogni ampliamento di un sistema di tre punti. Se abcd sono quattro punti, non esiste, in generale, un punto d' tale che abcd=abcd' , perchè d e d' dovrebbero essere simmetrici rispetto ai piani ±tt per ab,ac,bc; un punto d' esisterà se il piano abc e J-ti e d non sta in esso, e sarà il simmetrico di d rispetto a questo piano ; esisteranno inoltre punti d' se abc sono allineati, negli stessi casi e nello stesso modo che esistono punti d' tali che abd' = abd. Onde ancora si 49 FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA 329 verifica il post. IX pei sistemi che derivano da un ampliamento di una quaterna di punti. E ripetendo convenientemente lo stesso ragionamento, si conclude senza dif- ficoltà per induzione per ogni sistema di punti. Il post. X è verificato dal punto medio della coppia nel senso euclideo, e dai punti della perpendicolare in questo punto ad ah nel piano parallelo alla giacitura rt; inoltre se «è-Tr, ovvero ah\\n verificheranno pure il post. X tutti i punti del piano perpendicolare al segmento ah nel suo punto medio. Però non da tutti questi punti sarà soddisfatto il post. XI, perchè, se c è uno di questi punti e il piano abc non è J-TT, si chiami d il simmetrico di a rispetto al piano ±Tr per bc, sarà abc = dbc bdc : quindi i punti che, rispetto ad una data coppia ab si possono assumere come punti c per soddisfare ai post. X e XI, sono : il punto medio del segmento ab se questo è obliquo a tt, i punti della ±tt per questo punto medio se ab n, finalmente tutti i punti del piano ±ab nel suo punto medio se aè-Lir. La catena di una coppia di punti la cui congiungente euclidea sia ^tt è dunque tutto lo spazio, ma in essa non è verificato il post. XII, perchè, se è è un punto della retta parallela alla giacitura tt e perpendicolare ad un segmento ac obliquo a tt nel suo punto medio, è ab = he, senza che b sia punto medio fra a e c. Post. XIII. — Se però si costruisce la metrica analoga alla precedente sul piano euclideo, anziché nello spazio (assumendo quindi come congruenti le coppie che determinano segmenti uguali e ugualmente inclinati ad una direzione fissa p) si rico- noscerà tosto che anche il post. XII risulta soddisfatto. Non esiste, infatti, allora alcun punto ni' =!= m tale che abm = abtn', a meno che il segmento ab non sia per- pendicolare parallelo a p. Se ora ab = bc e se abx o \\p, tale sarà pure bc e i tre punti abc saranno allineati onde cea/6; se poi ab = bc ed ab è obliquo a, p, non esiste, come si osservò, un punto c' tale che acb'—ac'b, onde ancora cealb- Ma, assegnata la coppia ab, saranno simmetrici di a rispetto a è i tre vertici residui del rettangolo avente un vertice in a, il centro in ^> e due lati paralleli (e due perpendicolari) a p. Non sarà dunque verificato il post. XIII. 27. Il POSTULATO XVII del piano. — Si ricordi che due figure uguali di un piano euclideo si sovrappongono quando si portano l'uno sull'altro due loro triangoli omologhi abc, a'b'c'. E questa sovrapposizione può ottenersi mediante la traslazione a'a, alla qnale, se b' ne è portato nel punto b"^b, si farà seguire una simmetria rispetto alla congiungente a col punto medio di bb" se abb" non sono allineati, ovvero una sim- metria rispetto ad a se abb" sono allineati. Se, dopo ciò, la posizione c'" di c' non coincide con c, basterà operare ancora la simmetria rispetto alla ab. Ciò posto, si immagini il piano riferito ad un sistema di coordinate cartesiane di cui siano X ed Y gli assi, e vi si considerino tutti i punti le cui coordinate sono numeri razionali i cui denominatori hanno per fattori primi solo somme di due qua- drati (fra gli altri fattori possano quindi contenere tutte le potenze di 2 = P -|- P). Fra questi punti esiste evidentemente il punto medio di ogni coppia di punti del campo, e il simmetrico di un punto qualunque rispetto a un altro j^perchè se (aP), (ajP,) sono due punti, il loro punto medio è ("~|^'» ^~2~^) ^ simmetrico del piano rispetto al secondo, (2ai — a, 23i — P) ; a meno di fattori 2 i denominatori di queste coordi- Serie II. Tom. LIV. q' 330 BEPPO LEVI 50 nate non posseggono quindi altri fattori che quelli dei denominatori di a, 3, oi, 3i Inoltre il simmetrico del punto (Eri) rispetto alla retta dei punti (a3), (ajPi) è / 5 , (p -p,)[nfa-a.) - £(p-P,)-(ap,-a ,p)] o (a - a.) [r](a - a,) - S(P— P,) - (api-OiP)] \ + (a-a,)^ + (p-P,f ' ^ (a-a,)' + {p-p,)^ / Il denominatore del termine — (g Jair-)-(p_p,)8 — - P^'^^"* ^^^^^^ zione ai minimi termini, ha per fattori i denominatori di 3 — Pi, di ti(ci — cxi) — g(p — p^) — (aSi — a^S) e una somma di quadrati dei numeratori di a — e di P — 3i previamente ridotti allo stesso denominatore. Ciascuno dei primi fattori porterà nel denominatore soli fattori primi somme di due quadrati. Quanto all' ultimo occorre ricordare che una somma di due quadrati ha per soli fattori primi somme di due quadrati, oltre i fattori che fossero comuni ai due addendi. Ma si supponga che sia m il fattor comune ai numeratori di a — e di p — Pi (solo fattore che si debba ritrovare comune ai due numeratori dopo riduzione delle due espressioni al loro minimo comun denominatore) e sia m' il prodotto degli eventuali suoi fattori primi non somme di due quadrati. Ciascun denominatore di a, 3, a^, . . . sarà primo con m'. Si ponga a — a^ = m'^, p — R^r^m'y; risulta api — = w' ( 81 — Oi ] e ciascuno dei numeratori di a — a^, 3 — 3i, «Pi — a^S conterrà il fattor m'. Cosi la riduzione ai minimi termini della frazione totale considerata condurrà a ridurre il fattore m"^ proveniente nel denominatore dall'espressione (a — a')^-}- (3 — p')^, col fat- tore medesimo m'^ che nel numeratore di (P — Pi)[n(a — 0^)— E(P — PO — («Pi" «1'^)] necessariamente si presenta. ^ , ... r u f • («-«■: [n (a-«r)-s(g-P.)-(«Pi-«iM . Le stesse osservaz. si ripetono per 1 altra trazione (q_a^)2_j_(g_p^)^ ' onde si vede che il campo di punti considerato contiene il simmetrico di ogni suo punto rispetto ad ogni sua retta : la precedente osservazione relativa all'esistenza dei punti medi e simmetrici rispetto a due punti dati, dimostra ch'esso contiene il sim- metrico di un suo punto qualunque rispetto a ogni suo punto; e poiché la trasla- zione si effettua analiticamente per semplice somma e differenza di coordinate, si rileverà in modo analogo che ogni traslazione che porti un punto del campo in un altro, trasforma tutti i punti del campo in punti del campo medesimo: " Il campo " considerato è chiuso rispetto all'insieme delle traslazioni e delle simmetrie che tras- " formano un suo punto in un altro suo punto e, riguardo alle simmetrie, che hanno " per asse per centro una retta un punto del campo „. Si chiami spazio della nostra geometria il campo ora definito, e vi si definisca la congruenza al modo euclideo : le precedenti ossei'vazioni circa le trasformazioni di uguaglianza nel piano euclideo mostrano che in esso saranno verificati tutti i postu- lati ammessi fino al XVI incluso. Ora, secondo la definizione adottata pel piano (n° 8), il punto (1, 1) appartiene al piano p{{00) (07) (70)), perchè sta sulla proiettante dal punto (00) il punto (|,^) della r((07) (70)); ma non appartiene a p( (00) (o|j (70) j , perchè le rette (euclidee) 51 FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA 331 che proiettano il punto (1,1) dai punti (0,0), ^0, ^ j, (7,0) segano rispettivamente le rette euclidee che contengono t( |)(70)), r((00)(70)), rj(00)(o|)) nei punti (ri' fi ) ' (f ' ^) ' (^'1^ appartengono al nostro campo. 28. Il POSTULATO XXI dello spazio. — L'indipendenza di questo postulato dai precedenti è evidente quando solo si osservi che esso ha la particolar funzione di limitare a 8 il numero delle dimensioni dello spazio. — Riguardo a questo postulato non è forse fuor di luogo l'osservare un certo qual suo carattere diverso dai rima- nenti : essi riguardano generalmente soltanto proprietà della congruenza, questo aft'erma l'esistenza di una determinata intersezione: termine di passaggio fra l'uno e l'altro genere di postulati è il post. XVI (e il XXII). Sarebbe possibile ridurre il conte- nuto di questo postulato alla forma medesima dei post. XVI, XVII, XVIII, sosti- tuendo ad esso i tre seguenti : Post. XXI'. — Se ahcd sono quattro punti qualunque non complanari, ogni altro punto appartiene ad una almeno delle rette che da ciascuno di questi punti projettano i punti del piano dei rimanenti tre. Post. XXI" e XXr". — Esiste una ed una sola congruenza che tien fissi tutti i punti di un piano qualunque tt e sposta qualche punto dello spazio. Dal post. XXr si deduce infatti — valendosi all'uopo della proposizione analoga già dimostrata pel piano — che la congruenza postulata in XXI" non può lasciar fissi punti aderenti a tt. D'altronde XXI"' dimostra che la congruenza medesima è involutoria, e permette quindi di definire rette e piani perpendicolari a tt e di dimo- strare, per la simmetria relativa a tt, le proprietà analoghe a quelle stabilite nel n° 10 per la simmetria piana. Se due piani (Jet hanno a comune un punto P si scelga un punto il/ qualunque aderente a tt, e da esso si conducano le perpendicolari a cr e t: la perpendicolare da P al loro piano è comune ai due piani dati. § 2. — Riduzione del postulato IX della congruenza fra sistemi. Conseguenze. 29. — Riduzione del postulato IX. — Il postulato IX (il quale non dififcrisce dal Grundsatz Vili del Pasch) ha un ufficio essenziale che fu rilevato già nell'introdu- zione. D'altra parte fu osservato alla fine del n° 22 che, lasciando a questo postulato una illimitata validità, ne risultano ancora contraddizioni, sian pure lievi, alla metrica Riemanniana. Ragioni queste perchè s'imponga la domanda se non sia possibile di diminuirne la capacità, ricorrendo anche al sussidio dei postulati successivi. Osserveremo perciò che due uffici notevolmente distinti compie il post. IX nel sistema delle nostre deduzioni. Per una parte esso conduce nel n. 3 alla definizione della trasformazione per congruenza, e ricompare nei ragionamenti seguenti ogni volta che si afferma l'esistenza di una tal trasformazione. Per altra parte, applicato nel suo più esteso significato, esso permette di dedurre l'esistenza della trasforma- zione per congruenza da un numero limitato di congruenze fra coppie di punti. 332 BEPPO LEVI 52 La prima applicazione è chiaramente inessenziale : basterà definire fino da prin- cipio CONGRUENZA una trasformazione univoca di un sistema di punti in un altro sistema di punti, tale che coppie di punti corrispondenti siano congruenti e che, esteso il primo sistema coli' aggiunzione di un punto, si possa analogamente estendere il secondo per modo che esista una trasformazione fra i sistemi estesi, che goda delle medesime proprietà, ed in cui i primi due sistemi si corrispondano come nella trasformazione primitiva. E si dovrà soltanto mantener sospesa ogni affermazione circa l'esistenza di tali trasfor- mazioni. Nel n° 4 si dovrà ancora intendere che i segni = nei post. X e XI abbiano il significato definito nel n° 3, riserbando ai post. XI e IX' (che tosto si enuncerà) di dar loro forza di affermazione d'una trasformazione. Invece tale affermazione dovrà intendersi espressa col post, XVIII. I luoghi fondamentali in cui si applica il postulato nel 2" modo sono: 1° Ogni qual volta — segnatamente nel § 2 del Gap. I — dalla congruenza di due coppie si deduce l'esistenza di una trasformazione per congruenza che porta l'una sull'altra. Casi tipici sono il t. 3 del n° 4, nella sua forma finale, e il t. 3 del n° 5. 2° Il teor. 11 del n" 10 e il teor. 10 del n° 11 ove ricorre per dimostrare l'esi- stenza di perpendicolari ad una retta che l'incontrino; 3° Il n° 20 ove si applica a dimostrare che il prodotto di tre simmetrie rispetto a piani per una retta è una simmetria. Come sia possibile svincolarsi da quest'ultima dimostrazione sarà mostrato nel n° 33; cosi l'esistenza della perpendicolare di cui al n" 11 t. 10 fu, sotto altre ipo- tesi, dimostrata come conseguenza dei postulati dello spazio col teor. 9 del n"* 12. Anzi questo teorema ci dice di piìi che in ogni punto di una retta, in ogni piano per essa, esiste la perpendicolare. Allora il teor. 10 del n° 11 risulta anch'esso im- mediato, poiché: se M è una congruenza che converte in se un piano tt scambiando i due suoi punti coerenti a, a', sia mea/a' e sia r la ±x{aa') in m; il prodotto np, tiene fissi a e a' e quindi tutti i punti della x{aa'); adunque, o np^ e l'identità e = ovvero pLPr = paa' e pi = Paa'Pr, cioè n è la semirotazione del piano intorno ad m. Cosi, mediante i postulati dello spazio, si può ridurre il campo d'applicazione del post. IX al 1° caso osservato, cioè a quanto è espresso dal Post. IX'. — Se due coppie di punti sono congruenti, esiste una tras- formazione per congruenza che porta la prima coppia nella seconda. 30. Sulle metriche projettive. — Si elimina così ogni limitazione al ricono- scimento della geometria ellittica nel campo definito dai nostri postulati (cfr. le osser- vazioni finali del n° 22), e, per quanto riguarda il postulato IX, al riconoscimento in esso di una qualunque metrica projettiva rispetto a una quadrica o a una conica assoluta. È essenziale pel seguito aggiungere alcune considerazioni al riguardo, e per semplicità limiteremo il nostro esame alla metrica sopra un piano. Si chiami spazio l'insieme dei punti di un piano esterni ad una data conica non degenere di punti reali, e si consideri in esso la metrica projettiva rispetto a quella conica come assoluto. La metrica che cosi resta definita sulle rette del piano (inten- 53 FONDAMENTI DELLA METRICA PRO.IETTIVA 333 dendosi qui per " retta „ la " retta del piano projettivo „ posto a base della defini- zione della metrica) è iperbolica sulle rette che tagliano la conica, ellittica su quelle che non la tagliano. Ma completamente eccezionali sono le tangenti alla conica. Su di queste tutti i segmenti sono congrui, esiste cioè una omografia per cui la conica è invariante ed in cui due punti assegnati su una tangente si trasformano in altri due punti assegnati su un'altra tangente. Risultano di qui rilevantissime eccezioni alle nozioni di punti medi e di simmetrici : di più rispetto alle tangenti mancano le simmetrie: ogni trasformazione projettiva che trasformi la conica in sè ed abbia una tangente come retta di punti fissi è l'identità. I postulati della nostra metrica escludono cos'i la metrica projettiva all'esterno di una conica (o all'esterno d'una quadrica ellittica, o da una parte di una quadrica rigata) se, con conveniente limitazione del campo, non si escludono le tangenti alla conica (o quadrica) medesima. Di ciò ci occuperemo nel § 4. § 3. — Il teorema di Desargues e il teorema di Pappo-Pascal. Nel presente § porteremo principalmente la nostra attenzione sopra i legami fra i postulati del piano e le sue proprietà d'immersione in uno spazio superiore. Risulterà, da quanto andremo dicendo, la indipendenza ordinata dei postulati metrici del piano in unione al teorema di Desargues, del teorema di Pappo-Pascal e dei postulati metrici dello spazio. Nel n° 31 si mostrerà cioè che è possibile un piano in cui siano verificati i postulati I-XIX, ed in cui abbiano interpretazione i teoremi di Desargues e di Pascal, senza che detto piano possa immaginarsi immerso in uno spazio in cui si verifichino i postulati metrici ; e dal n" 32 risulterà poi che, anche ammesso il teorema di Desargues, il teorema di Pappo-Pascal non può dimostrarsi col solo aiuto dei postulati I-XIX. Le condizioni per la dimostrabilità di questo teorema saranno studiate nel n*' 33. 31. Un PIANO METRICO DI NOVE PUNTI E UN PIANO PROJETTIVO DI TREDICI. Un esempio notevole di un piano soddisfacente ai post. I-XIX è fornito dalla configu- razione dei 9 flessi di una cubica piana e delle loro 12 rette. Siano aia2a^bib2b^CiC2C2 questi nove punti e si ordinino sulle 12 rette: Si pongano, per definizione, le congruenze {^) (') Si è disposto, con questa definizione, che siano congrue coppie di una stessa terna e fra loro terne diverse per modo che ogni punto appartenga a due e due sole terne congruenti e che le coppie di vertici d'un triangolo non appartengano a tre teme congruenti. Perciò, fissata arbitra- riamente una terna rtinjrts, si è stabilito che siano congrue ad essa tre terne pei suoi tre punti e non aventi punti comuni: ath^Cì, atb^Cf, a^bic^; e congrue ancora le terne che, con atnjrta hanno la stessa proprietà rispetto ad una qualunque di queste tre; quindi le terne b^bibs, CtCjCa. C1C2C3 ttibiCs bi02Ci (t2b2<^2 334 BEPPO LEVI 54 OiOa = agfla = a^a^ = ai^a = ^2^3 = 03(^1 = *i«3 = «s'^a = ^2^1 = <^ife2 ^ ^2^3 = ^3^1 = Cirtg = ^ 02^3 = ègCj = C1C2 = C2r^ = C3C1. a^bi = iiCi = Ciffi = (72^2 = ^2^2 = '•2«2 = «3^3 = h<^3 = '^3«3 = «l^S = *^3''2 = (^2«1 = ^1^3 = = C3a2 - «2^1 = <^1«3 = «3^2 = hCi. Coppie dei due gruppi differenti siano incongrue fra loro. In questa metrica il punto medio di una coppia di punti coincide col simmetrico di uno qualunque di essi rispetto all'altro, ed i tre punti completano una catena: la retta della catena coincide colla catena medesima. Le rette si distinguono in due sistemi : «i«2«3 , ^i^2^3 , , «lèaCg , byC2as , Cia^b^ e Oi^iCi , ffl2^2<-'2 , (hb^c-i , aib^c.2 . èiCgrta , c^a^b^ ; rette d'un medesimo sistema sono congruenti fra loro, rette di sistemi differenti in- congrue. Per ogni punto passano due rette dell'un sistema e due dell'altro. In ogni triangolo due lati appartengono ad un medesimo sistema, il terzo appar- tiene all'altro sistema. — Ogni ribaltamento intorno ad una retta ribalta in se la retta congruente ad essa per ciascuno dei suoi punti scambiandone i due punti re- sidui; le altre due rette per lo stesso punto projettano ciascuna un punto di un'altra di queste rette ribaltate e quindi sono scambiate dal ribaltamento. Così nel ribal- tamento intorno a r(«ièif'i) si scambiano i punti delle coppie «2C3 , ^2«3 , C2&3 e si trasformano in se stesse le rette «2^361 b2Ci3Ci c^b^ai mentre si scambiano aJ)2C^ e rti«3a2 , ^iè2^3 6 bia^C2 , e ^1^36(2 e si scambiano pure «2^2(^2 e CsO^bs le quali però non incontrano l'asse del ribaltamento. In questo piano è impossibile la configurazione dei triangoli omologici, la quale contiene 10 punti, ma diviene possibile previo un conveniente completamento del piano ; si ottiene tale completamento considerando come concorrenti in un punto ideale le rette di ciascuna delle terne ^^52^2^2 ) (^ìb^c^ «1*3^2 *lC3«2 <'1^3^2 *lM3 C1C2C3 01&2C3 biC2(l^ C^^2^3 Chiameremo quei quattro punti rispettivamente d^, d, d^ , d' ; si dirà che essi stanno in una retta ideale (retta all'infinito) : le rette della prima terna sono perpen- dicolari alle rette della seconda, quelle della terza alle rette della quarta. 55 FONDAMENTI DELLA METRICA PROIETTIVA 335 Una configurazione quale quella definita non si può notoriamente ottenere sopra all'ordinario piano proiettivo reale; essa non può nemmeno aversi nel piano imma- ginario, perchè le condizioni di collinearità ora stabilite, insieme con quelle prece- denti relative alla configurazione semplice dei 9 flessi d'una cubica obbligherebbero, per 63., ciascuno dei punti b^bib^ ad essere il coniugato armonico di rispetto agli altri due. Ma essa può realizzarsi in un piano projettivo del tipo definito al n° 21, ove si ponga « = 3. È ciò che mostra sufficientemente l'unita figura. o, = 0, 0; 0, 3; ... 6, =0, -2; 0, 1; ... c, = 0, -1; 0, 2; ... «o = l, 1; ... 6.-1, \; 1, 2;... c, = l,0; 1, a, = 2, 2; ... bj = 2, 0; 2,3; ... C3 = i 1; 2, 1;... rf= |, 1; X, ... . = 0, cc;l|;... d = 3. 3; ... _1 i 2 2 4 1 ' " 3" ¥' 3' 3' 3" 3 Si riconosce cosi che il nostro piano può ancora immergersi in un conveniente spazio projettivo in cui siano verificati i postulati XX, XXI — lo spazio costruito colle coordinate projettivo al n'' 21, per n = ?> — , ma non si ptiò in questo spazio separare un gruppo di punti che definiscano uno spazio metrico nel quale il nostro piano sia con- tenuto. In ogni piano di questo spazio e per ogni suo punto passano infatti 4 sole rette le quali (quando piano e punto appartenessero allo spazio metrico) dovrebbero distribuirsi in due coppie di rette perpendicolari (^). Il ribaltamento intorno ad una qualunque retta di una coppia dovrebbe scambiare quelle dell'altra coppia — ciò che realmente avviene sul nostro piano di 9 punti — ; quindi le rette perpendicolari sa- rebbero congrue fra loro. Se allora esistesse lo spazio metrico contenente il nostro piano, la perpendicolare a questo in un suo punto, per es. aj, sarebbe congruente a / I \ \ ! / / (') In un piano soddisfacente ai postulati 1 — XIX il quale non sia immerso in uno spazio mag- giore, oppure sia immerso in uno in cui siano soddisfatti i postulati XX, XXI, passano per ogni suo punto almeno quattro rette. Infatti la definizione di piano e il post. XVII hanno per conse- guenza che per ogni punto del piano passano almeno tre rette. Ma a ciascuna di queste rette esiste in quel punto e in quel piano la perpendicolare (n. 11 osservazioni finali e n. 12 t. 9); la relazione di perpendicolarità essendo reciproca (n. 10 t. 6), se le rette per un punto nel piano sono in numero finito, tal numero è pari ; dunque se > 3, almeno = 4. 336 BEPPO LEVI 56 tutte le rette del nostro piano per quel punto, e queste sarebbero tutte congruenti fra loro, mentre è condizione essenziale pel verificarsi dei postulati X, XI che ciò non sia (e non è nella nostra definizione della congruenza). Si è mostrata cosi la possibilità di un piano metrico in cui siano soddisfatti i postulati 1-XIX e (previo completamento di esso piano mediante convenienti punti ideali) i teoremi di Desargues e di Pascal, senza che esso sia immergibile in uno spazio in cui siano verificati i postulati metrici. Si rilevi come dai precedenti sviluppi risulti pure un saggio delle nuove pro- prietà grafiche che possono verificarsi in spazi projettivi quali furono definiti al n° 21. Il piano metrico studiato provvede pure un esempio del caso d'eccezione riscon- trato al lemma 6, del n° 9 : Pel punto aj passano le rette di tre punti xlaib^Ca) xlaib^c^) ed inoltre le altre due t(«ièiCi) x{aia2a3) : i due punti della prima di queste diversi da ai stanno sulla coppia di rette x{b2b3) 1(^203), i due punti della seconda diversi da «i sulla coppia x{b.,C2), 1(^3^3)- Si noti infine come da questo esempio risulti la compatibilità dei post. I-XIX per semplice enumerazione dei casi in cui essi possono applicarsi (essendo finito il numero degli enti cui essi si riferiscono), indipendentemente da ogni considerazione aritmetica (i). 32. Geometria piana parabolica non-pascaliana. — Si consideri un sistema di numeri Desarguiani, non-Pascaliani, quale fu costruito dal sig. Hilbert {^) e che, facendosi qui astrazione dalle proprietà di ordinamento, possiamo enunciare breve- mente così: Si chiamino numeri tutte le funzioni costruite mediante due variabili t, s e gli elementi di un campo di razionalità dato B, colle operazioni aritmetiche fondamen- tali (addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione a destra e a sinistra) e colla convenzione che valga la relazione ts = — sf (in luogo di ts = st), mentre goda della proprietà commutativa il prodotto di una qualunque delle variabili s, t per ogni elemento del campo B, e la moltiplicazione entro il campo B medesimo. Si chiami Q il campo numerico cosi costruito ; in esso non vale , per definizione, la proprietà commutativa della moltiplicazione. — Se un campo numerico analogo si costruisce, dopo aver ampliato il campo B (naturalmente mediante l'aggiunzione di elementi che non siano t od s), il nuovo campo iV conterrà evidentemente Q. Noi potremo assumere come campo di razionalità B il campo di razionalità na- turale, come campo ampliato B' quello che ha per base (1, (/a) dove a è un numero non quadrato. Ogni numero di Q' sarà allora la somma di un numero di Q e del prodotto di un numero di Q per |/ a. La proprietà distributiva della moltiplicazione, la sua commutatività rispetto ai numeri di B' e la commutabilità dei termini d'una somma rendono la cosa evidente finché alla formazione del numero considerato non intervengano che le tre prime operazioni. Quando intervenga anche la divisione, si osservi che basterà considerare i numeri della forma -, dove n è un'espressione in- (') Si confrontino le considerazioni del sig. Hilbert nei Matite m ai is che Prohleme, " Gott. Nachr. „, 1900 e " Comptes rendus du 2"° congrès intern. des math 1900. f ) L. e, § 33. 57 FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA 337 tera la quale potrà quindi contenere Va solo quando è della forma |/aa o a dove a e b sono numeri di Q. Ora si ha 1 1 1 1 « l-a(a|6V Vaa aa a+V ab Nell'una e nell'altra espressione il denominatore è liberato dal radicale j/a. Mediante il campo ^' si costruisca un piano numerico TT' chiamando punti le coppie di numeri di Q' e i numeri di Q' medesimi (punti all' co); in TT' sarà con- tenuto un piano numerico TT costruito allo stesso modo mediante i numeri di Q. Si chiamino rette projettive in TT gli aggregati di punti che soddisfanno all'equazione ax -{■ by -\- c = dove abc sono numeri di Q cui si aggiunga il punto all'infinito rap- presentato da -a'*: si dica pure retta all'infinito l'insieme dei punti all'oc. Nel piano n vale allora il teorema di Desargues e su ogni sua retta si può definire una metrica parabolica, chiamando medio fra due punti il coniugato armonico del punto all'infinito della retta rispetto alla coppia: ribaltamento della retta intorno a un suo punto, la corrispondenza stabilita dalla involuzione che ha per punti doppi questo punto e il punto all'infinito. Per estendere la definizione della congruenza a tutto il piano si fissino sulla retta all'infinito due punti di TT' le cui coordinate siano numeri di Q', non di Q, che si desumano l'uno dall'altro mediante lo scambio di |/a e — Va. Il coniugato armonico di un punto all'infinito di TT rispetto a quei due punti [punti assoluti) apparterrà ancora a TT. Si dirà associato ad una retta di TT il coniugato armonico del punto all'infinito della retta rispetto ai due punti assoluti ; ribaltamento del piano intorno a una retta l'omologia armonica che ha per asse la retta e per centro il punto ad essa associato. Si assuma come piano (spazio) metrico il piano TT in cui si astragga dai punti all'infinito, vi si definisca congruenza ogni prodotto di ribaltamenti intorno a una retta sopra definiti: basta l'iprendere le osservazioni iniziali del n° 27 per ricono- scere che saranno verificati tutti i nostri postulati I-XIX della congruenza sulla retta e nel piano. — Ma non sarà verificato il teorema di Pappo-Pascal, poiché non vale la proprietà commutativa della moltiplicazione nel campo numerico cui appar- tengono le coordinate (^). (') Si può cioè considerare una sola specie di divisione , riconducendo la differenza fra le due operazioni sempre nella forma del differente ordine dei fattori di un prodotto. Si ha infatti «/è = a. '/è, fc/" = 6^'«- D'altra parte si ha a/«=l; applicando allora al rapporto la precedente decomposizione, si ha a/' . a = 1 e quindi a/'='/a: l'unico rapporto si potrà rappresentare con ^ e si avrà in generale : ^/^ = « è/* = ^- a. (■') La riduzione del denominatore alla forma 1 -)- 1 a?» mediante divisione per a e resa indi- spensabile dalla non commutabilità dei fattori di un prodotto: si ha infatti, in generale, (m -\~ n) (ih — «) = >n* — mn -{- nm — n"; i due termini medi si eliminano se mn^nm; in particolare so m =\. (^) Cfr. Hilbert, 1. c. Skkik II. Tom. LIV. 338 BEPPO LEVI 58 Si mostra cosi sotto un aspetto ben diverso da quanto sia avvenuto nel n^ 28, l'ufficio dei postulati dello spazio : là essi si riconoscevano come determinanti il nu- mero delle dimensioni, qui si vede come essi compiano un effettivo ufficio metrico. Il sig. Schur aveva appunto mostrato, come abbiamo ricordato al n° 20, che si può dedurre dalla considerazione dello spazio una dimostrazione metrica del teorema di Pascal : d'altra parte dalle ricerche dei signori Hilbert e Schoenflies (i) risulta che, se veramente lo spazio deve intervenire in questa dimostrazione, ciò deve avvenire pei suoi postulati metrici: e che sia realmente necessaria la considerazione dello spazio è mostrato dal precedente esempio. Ne ciò contraddice alla dimostrazione data dallo Hilbert, mediante la sola geo- metria piana euclidea, del teorema di Pascal : il sig. Hilbert fa uso perciò dell'ugua- glianza inversa delle figure piane e della congruenza di tutte le rette fra loro : egli medesimo ha dimostrato poi {^) che negata l'uguaglianza inversa delle figure piane, si nega pure il teorema di Pascal. Nella nostra geometria si afferma ancora l'ugua- glianza inversa delle figure piane (ribaltamento), si nega invece la congruenza di tutte le rette del piano l'una coU'altra, ed ancora perciò viene a cadere il teorema di Pascal. 33. Deduzione del teorema di Pascal dall'esistenza di una polarità. — Le cose accadono però molto diversamente se si esclude la metrica parabolica; se cioè si suppone che due diverse perpendicolari ad una stessa retta non abbiano lo stesso polo assoluto (v. n*" 22 {^) ). Si è infatti mostrato al n° 22 che, fatta questa ipotesi per due determinate perpendicolari ad una retta, ne segue che essa è verificata per ogni retta per modo che risulta stabilita una corrispondenza biunivoca involutoria fra le rette del piano e i loro poli assoluti : noi proveremo che, ammesso in una forma di 2^ specie (piano) il teorema di Desargues, e quindi la rappresentazione per coor- dinate indicata ai n' 17-18, l'affermazione dell'esistenza di una polarità equivale al- l'affermazione della proprietà commutativa della moltiplicazione, e quindi al teorema di Pappo-Pascal. Sia difatti (E, ti) un elemento (punto) qualunque del piano, {x, y) il punto mobile sulla retta polare di (E, r|). L'equazione di questa retta sarà dove a(Er)), i(Sri), '-(^l) sono funzioni da determinarsi di 5, r\. Se si fissano arbitraria- mente i valori di x, y, l'equazione (1) dovrà essere soddisfatta da tutti e soli i punti (E, ri) della polare di (xy). Si potrà dunque assumere come funzione c(Eri) il primo membro dell'equazione della polare di (0, 0) ; se, per semplicità, si assume come triangolo di riferimento un triangolo autopolare, si porrà quindi (') Schoenflies, Ueber den Pascalschen Schniitpunktsatz, ' Phys.-okon. Gesellschaft zu Konigsberg i. Pr. „ 1903. (^) Ueber den Satz v. d. Gleichheit d. Basiswinkel im gleichschenkliges Dreieck, " Proc. of the London Math. Society 35, 1908. (') Il n. 22 segue, nell'ordine naturale dell'esposizione, alla dimostrazione del teorema di Pascal: ma è evidente come le considerazioni cui qui ci riferiamo siano da esso indipendenti. ailr])x + b{lr])y -f c(Eii) = (1) c(Er|) = c , costante. (2) 59 FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA 339 Parimenti, ponendo x = uj(— oo), // = 0, si ottiene «(Eri) = come equazione della polare di (luO); sarà quindi a(En) = PE (3) dove p è una funzione di E, r\ che non si annulla mai quando E =4= 0. E indicando parimenti con a una funzione di E, r| che non si annulla mai quando ri #= 0, si avrà, in modo analogo dalla posizione x = ij — \u, b{lr^) = on. (4) Ciò posto osserviamo che dalla uguaglianza \a = a\ = a e dalla doppia pro- prietà distributiva della moltiplicazione (n" 17) segue {n-\-\)a^~na-\-\xi = na-\-a.\ e quindi, se si ammette che na = an, {n -\- l)a = a{n -|- 1): la moltiplicazione di un numero qualunque per un numero intero naturale (che si ottenga cioè per semplice addizione dal numero 1) gode dunque della proprietà commutativa : in particolare questa moltiplicazione ha una sola operazione inversa, onde si definiscono in modo unico i numeri razionali (del campo naturale); e nel prodotto di un numero qualunque per un numero razionale i fattori sono ancora commutabili. Si immaginino allora sostituite in (1) le espressioni (2), (3), (4), e si pensino attribuiti sl x, y valori razionali: la (1) potrà scriversi pxE -|- dì/x] -4- c = 0. Essa dovrà essere equivalente all'equazione della polare di (xy), sia: E + A-n + ^ = ; quindi pxk = (5y pxl = c. La seconda di queste equazioni mostra che p è tal funzione di E, ri che assume lo stesso valore —-^il per tutti i punti della polare di uno stesso punto (xy) a coordi- nate razionali. Se, d'altra parte, in (1), senza supporre la razionalità di x, si pone y = 0, si ha pE;c -\- c = onde p£ = — cjx ; l'equazione della polare di un qualunque punto {xO) è della forma E = cost, e questa costante può essere qualunque; essa potrà dunque essere equivalente ad un'equazione della forma pE = — c/x solo se p è funzione della sola E. Il precedente risultato dice poi che questa fmizione prende lo stesso valore in tutti i punti della polare di un punto [xy) a coordinate razionali; ora se x=^0, su questa polare esistono (En) per valori arbitrari di E : p è dunque una costante. Similmente, scambiando x ed y, si concluderà che anche a è una costante e l'equa- zione della polarità diviene alx + br\y 4- c = (5) dove (I, h. c sono costanti. Ponendo in questa equazione successivamente // = Oex = si hanno le equazioni delle involuzioni di punti reciproci che la polarità determina sugli assi coordinati : Ix — — a c — k r)y = — i, <' = h. 340 BEPPO LEVI 60 Affinchè queste corrispondenze siano involutorie è necessario che, qualunque siano X, Poiché 1/a; = xl^ = ~ , «//•' — ^ sono arbitrari, h e k debbono dunque essere X y commutabili nel prodotto con qualunque altro numero. Lo stesso avviene allora per ^e — \-: si chiamino ni, n; l'equazione (5) diviene fi le nix -\- mr\i/ -j- 1 0. (6) La condizione d'involutorietà impone che, in conseguenza di questa equazione, sia soddisfatta la nxE + mijT] -)- 1 = 0, per la trasponibilità dei fattori m, n in ogni prodotto, la X .ni-{- y . wti -|- 1 =z 0. (7) Ora, per una scelta conveniente di E, r| l'equazione (6) rappresenta ogni retta ax-\~by-\-l = ; la (7) mostra che la stessa equazione può scriversi xa-\-yb~\-l = 0. Si faccia a razionale, p. es. a = 1 ; dovranno essere equivalenti le due equazioni bi/ = — X — 1 y^ = — ^ — 1- ^3 Ma X può scegliersi arbitrariamente in modo che — x — 1 rappresenti ogni prodotto bi/, dunque generalmente bi/ = yb. Questa dimostrazione si applica evidentemente al caso parabolico solo quando, la considerazione dello spazio a 3 dimensioni abbia dato luogo alla geometria della stella ove rette e piani perpendicolari determinano precisamente una polarità. Quindi un esempio analogo a quello del numero precedente non si potrebbe tentare nello spazio. — Mostra inoltre un certo eccesso di considerazioni metriche nella dimostra- zione del sig. Schur: in questa infatti si fa essenzialmente uso del fatto che la mediana divide il triangolo isoscele in due triangoli uguali (uguaglianza degli angoli alla base del triangolo isoscele) ; ora ciò è bensì contenuto nel teorema medesimo di Pascal, ma nella presente dimostrazione non ne è fatto uso esplicito. Nasce altresì che in una geometria iperbolica o ellittica vale certamente il teorema dell'uguaglianza degli angoli alla base del triangolo isoscele tosto che si conosce il teorema di Desargues. § 4. — Una metrica projettiva generale. 34. Geometria non parabolica. — Conseguenza del teorema di Desargues è che lo spazio proiettivo che si ottiene completando lo spazio metrico (n° 19) contiene tutti i punti le cui coordinate sono funzioni razionali di quelle di un qualsiasi sistema di punti di questo spazio medesimo. Il punto projettivo del n° 19 si può dunque assi- 61 FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA 341 milare generalmente all'insieme dei rapporti {x^ : X2: x^: x^) di quattro numeri arbi- trari di un determinato campo di razionalità Q. A differenza di quanto si disse al n° 19, non si deve piìi distinguere qui fra rapporti a destra e rapporti a sinistra, ammettendosi la proprietà commutativa della moltiplicazione. Si richiamino le defi- nizioni di piano e retta projettivi stabilite al n" 19. Le osservazioni del n° 22 e del n. 30 mostrano che la più generale metrica non parabolica soddisfacente ai nostri postulati (sostituito essendo il post. IX' al post. IX) è la metrica projettiva rispetto a una quadrica presa come assoluto. Questa quadrica non potrà essere degenere, perchè tutte le coppie di punti appartenenti a due rette passanti pel vertice del cono quadrico assoluto (^), qualora un tal caso si supponesse, sarebbero congrue fra loro e questa metrica contraddirebbe già ai post. X, XI. D'altra parte già si osservò al n° 30 che deve escludersi che una tan- gente alla quadrica possa possedere più di un punto reale (dello spazio metrico). Infine sopra ciascuna retta il punto associato a un punto dato è funzione razionale di questo e di due punti simmetrici rispetto ad essi; T equazione complessiva dei punti uniti dell'involuzione dei punti associati, e quindi l'equazione della quadrica hanno cosi coefficienti appartenenti al campo di razionalità Q. In questo numero studieremo più da vicino su di un esempio molto generale le ulteriori condizioni imposte alla quadrica assoluta in relazione collo spazio metrico. Limiteremo l'esposizione al piano, il che non avrà altro effetto che di semplifi- care alquanto la scrittura; l'estensione allo spazio sarà evidente, come si avrà cura di rilevare. Nel piano projettivo sia fissata la conica assoluta a;2 + *, ••■ non possedessero termini indipendenti da radicali, perchè per ipotesi E,, E;', ... con- tengono sempre, nei loro l'adicali, una parte polinomia — indipendente cioè da ulte- riori radici — ; lo stesso avviene dunque pei loro prodotti e l'elevazione a quadrato avrà per effetto di produrre in Ei*^, ... termini polinomi derivanti da questi. Si chiami K il campo di l'azionalità ora definito; si chiami l'insieme dei punti le cui coordinate xyz appartengono al campo K. Le cose dette precedentemente mo- strano che tutte le trasformazioni di una metrica proiettiva rispetto alla conica (1) come assoluto, trasformano tutto S in se stesso tosto che trasformino in punti di S tanti altri punti di S quanti sono necessari a determinarle : le simmetrie rispetto a un punto assegnato trasformano infatti in sò il campo di razionalità su cui operano ; quelle invece che debbono scambiare due punti assegnati allargano questo campo mediante l'aggiunzione di un radicale della forma / {x'^ + y'^ — tz ') (x'"^ + y"^ — ìz"^) = e questo radicale è della forma ^Iq, per le considerazioni medesime fatte riguardo al prodotto di due radicali della forma ^Q. La conica (1) non possiede punti in S. Da (1) si ricava infatti x = ± \/tz^ — ; si suppongano y e z espressioni intere appartenenti al campo K: sempre per le con- siderazioni fatte riguardo alla precedente espressione P si concluderà che in y- e in non può mancare ogni termine razionale: ed ancora il loro termine razionale d'ordine minimo è positivo o negativo secondochè il suo ordine è pari o dispari. Neil' espressione tz^ — y^ un termine razionale d'ordine minimo in t non può dunque mancare e sarà negativo o positivo secondochè è d'ordine pari o dispari. ^^tz^ — «/2 uQji dunque essere un polinomio . uè un radicale della forma |/(p : X non appartiene allora al campo K. Se ora a è un punto di S, i coefficienti dell'equazione della sua polare rispetto a (1) appartengono a K: non potranno allora appartenere a K i coefficienti delle equazioni delle tangenti da a alla conica (1), altrimenti apparterrebbero ad S i loro 344 BEPPO LEVI 64 punti di contatto, intersezioni colla detta polare; quelle tangenti non contengono dunque punti di S altri che a. Il campo S ora definito ci dà modo di esemplificare in modi diversi la generale metrica projettiva soddisfacente ai nostri postulati. Si ritenga infatti t un para- metro, e non si definisca in modo alcuno un ordine negli elementi di K per modo che non ci sia luogo a distinguere fra punti esterni ed interni ad (1): si potrà assu- mere S come il nostro spazio metrico e si otterrà una geometria assimilabile alla ordinaria geometria ellittica (^). Si fissi invece che R sia un campo di razionalità ordinato e, per es., lo si de- termini nel campo naturale: si assuma per anziché un parametro, un numero trascendente e accanto agli elementi di K si consideri il loro valore come elementi del continuo numerico. Si chiami K l'insieme degli elementi di K il cui valor nume- rico è reale e si pensino gli elementi di ^ordinati secondo questo valore medesimo. I fatti noti nella geometria analitica permetteranno di distinguere i punti reali di S in esterni ed interni alla conica (1) e di affermare che se due punti appartengono alla stessa parte, il simmetrico dell'uno rispetto all'altro è reale ed appartiene a quella parte e almeno uno dei loro punti medi è nelle stesse condizioni. Si può allora determinare il nostro piano metrico nell'interno della conica (1) : si avrà una forma di metrica iperbolica in cui non esistono le parallele proprie da un punto ad una retta (limiti fra le rette secanti e le non secanti). Si può infine determinare il nostro piano metrico nell'esterno della conica (1): si avrà una metrica in cui le rette non sono tutte congruenti fra loro: per ogni punto passano rette su cui si verifica la metrica ellittica, altre su cui si verifica la metrica iperbolica : dato un angolo non esiste sempre un triangolo isoscele che lo abbia come angolo al vertice. In ciascuno di questi piani metrici l'aggregato dei punti è numei'abile : è evidente però che non è questa condizione essenziale delle metriche considerate. Basta infatti, per ottenere metriche analoghe agenti sopra un piano con un'infinità non numerabile di punti, estendere, per es., il campo B all'insieme di tutti i numeri reali e, indi- cata con t una variabile, considerare tutte le funzioni di t sviluppate in serie di potenze (intere o fratte) crescenti della t, e distinguere i numeri di K in reali e im- maginari a seconda che sono tutti reali oppur no i coefficienti degli sviluppi corri- spondenti, e ordinare infine i numeri reali di K per modo che si dica a precedere b quando la differenza delle serie corrispondenti {a — b) incomincia con un termine positivo negativo. (') Si noti cbe questo piano si dovrà però sempre supporre immerso in uno spazio di 3 dimen- sioni; in esso avviene cioè che su ogni retta per un punto esiste un punto non aderente a questo, ad ogni retta esiste un punto non aderente. Sia allora ahc un triangolo i cui vertici siano a due a due non coerenti: sarà ahc = bac (poiché abc sì porta in bac mediante il ribaltamento intorno alla congiungente c con un a/b) e non esiste nel piano alcun punto d=^a tale che abc ^ bdc. Quindi, se il piano non fosse immerso in uno spazio, sarebbe a — b/c contro l'ipotesi che beo non siano coerenti. Ma se il piano è immerso in uno spazio di 3 dimensioni, si potrà assumere come punto d, soddisfacente alla congruenza abc = bdc, ogni punto della retta non aderente a t(6c) (t. 10 n. 12). 65 FONDAMENTI DELLA METRICA PROIETTIVA 345 35. — Nessuna difficoltà ad estendere allo spazio le osservazioni sviluppate pel piano del numero precedente. Basterà porre a fondamento della metrica, anziché la conica (1) una quadrica assoluta: Xi ~\~ Xi -\- 3?3 — tXt ovvero xl-\- xl = t{xl + xl) ove t rappresenti, come prima, un elemento positivo, non quadrato e non apparte- nente nè esso nè le suo potenze ad un certo campo di razionalità fondamentale R (^). 36. Metrica parabolica. — Le precedenti considerazioni non si applicano in alcun modo alla metrica parabolica. Ma per essa nulla è da aggiungere a quanto già fu detto al n" 22 e all'esempio di costruzione d'una metrica parabolica piana offerta al n" 32. Si otterrà una metrica parabolica nello spazio a tre dimensioni fissando nello spazio projettivo un piano all'infinito e definendo nel modo noto, mediante esso, le simmetrie rispetto a punti e piani. Su questo piano all'infinito dovrà all'uopo esser definita una polarità assoluta in cui siano coniugati i punti e le rette all'infinito di rette e piani perpendicolari. Solo si dovrà osservare che la conica fondamentale di questa polarità non può contenere punti all'infinito di rette reali (metriche) perchè nessuna retta appartiene ad un piano ad essa perpendicolare; ricordando che ciascuna retta projettiva pei punti reali Q, Q' del n° 17 contiene una retta reale, si con- clude che quella conica non può contenere nemmeno punti all'infinito di rette proiet- tive ottenute per completamento dello spazio secondo il n. 19. Se 374 = è l'equazione del piano all'infinito, l'equazione della conica assoluta sarà quindi una qualunque equazione omogenea di 2° grado nelle Xi, X2, X3 a coef- ficienti appartenenti al campo di razionalità definito dai punti reali (perchè essa è interamente definita dalla polarità di piani e rotte perpendicolari in una stella) ma non soddisfattibile per alcun sistema di rapporti (xi : x^ : X3) appartenenti a quel campo. — Tali, per es., nel campo di razionalità naturale, x\ -\- xl -{- x^ = 0, 2x1 — 2x1 — xl=0. (') Evidentemente considerazioni analoghe si possono ripetere introducendo nei coefficienti maggior numero di parametri che fungano come il presente parametro t, e questo deve considerarsi come il più semplice esempio di una serie. È da notarsi che, rappresentata la conica o la quadrica con somme e differenze di quadrati, quadrati di segni diversi debbono avere a coefficienti parametri diversi. Non potrebbe, per es., servire all'uopo la quadrica zì^-i-x^^ — x^ = txi?. Infatti essa può scriversi — Xs—trf? — 3*2*, onde si vede che appartengono alla quadrica i punti di intersezione dei piani —=r\ -\-^^\, ~ — £l=A. {t — ri^), dove X ed n sono parametri arbitrari. Il ^4 x^ X'^ X\ A X piano = ri può essere il piano polare di qualunque punto della retta ar, =^ r., = 0. Per ogni punto di questa retta passano quindi tangenti alla quadrica i cui coefficienti appai'tengono al campo di razionalità dei punti metrici. Seiui: II. Tom. LIV. 346 BEPPO LEVI 66 §5.-1 punti richiesti dallo spazio metrico. 37. — Una questione s'impone dall'insieme delle cose dette innanzi: In qual misura possono essere esclusi dallo spazio metrico punti dello spazio projettivo mi- nimo che lo contiene ? È noto che lo spazio euclideo contiene tutti i punti del corrispondente spazio projettivo, all'esclusione del piano all'infinito e che l'ordinario spazio ellittico con- tiene tutti i punti projettivi, l'iperbolico i soli punti interni ad una quadrica. Ma il sig. Dehn {^) ha mostrato che, escluso il postulato d'Archimede, assai maggiori limi- tazioni si possono portare allo spazio metrico in confronto di quello projettivo, poten- dosi escludere dal primo, su ogni retta, tutti i punti che, rispetto al loro ordine pro- jettivo sono abbastanza avanzati. Il Dehn costruisce cioè la sua metrica piana sopra un piano numerico in cui le coordinate dei punti sono funzioni analitiche (anzi una classe limitata di funzioni analitiche) di un parametro t e, se a e b sono due di queste funzioni, stabilisce che a>b quando a — b è positivo per valori abbastanza elevati di t. Egli limita poi il suo campo metrico a punti le cui coordinate hanno rispetto a t ordine d'infinità non superiore ad un certo limite (che egli fissa in due esempi nei valori e — 1). Noi incominceremo coll'approfondire le conseguenze geometriche della definizione di " punto del piano metrico ,, adottata per tal modo dal sig. Dehn. Cercheremo poi di riconoscere fino a qual segno si possono invertire i risultati ottenuti : se con ciò non esauriremo la questione, spero che almeno intorno ad essa porteremo un note- vole lume. Sia ax -\- by -\- c = l'equazione d'una retta projettiva passante pel punto (a^o^o) del piano metrico e sia {^o^oì una soluzione qualunque dell'equazione ai -\- bx] = ; moltiplicando Eq e rio per una stessa conveniente potenza (positiva o negativa) di t, sia f^, si può disporre in modo che gli ordini d'infinità di Eq^^, r|o^^ siano minori di un qualsiasi ordine assegnato: dal punto (.ro//o) si deduce così il punto (a^o + ^o^^» i/o -|- ^ot^) che ancora appartiene cosi alla retta data come il piano metrico. Conclu- diamo: " ogni retta projettiva passante per un punto del piano metrico è sostegno " di una retta di punti di esso piano „. D'altra parte è evidente che tal retta pos- siede certamente punti projettivi non appartenenti al piano metrico. Ora è facile rilevare che ~ almeno nei casi ellittico e parabolico — " appartengono al piano me- " trico tutti i punti della retta che si deducono colle sole operazioni di projezione " e sezione da due punti reali (metrici) M, N della retta e da un suo punto ideale P " (a coordinate reali, ma esterno al piano metrico) e da due punti projettivi arbi- ' trariamente scelti, purché allineati con uno di quei primi tre „. Occorre premettere che, in conseguenza del teorema di Desargues (o dell'esistenza dello spazio a tre dimensioni) i punti or nominati sono completamente definiti sulla retta, indipendentemente dalla scelta dei due punti projettivi ausiliari: essi sono tutti quei punti cui si attribuiscono ascisse razionali (nel campo naturale di razio- (') Die Legendre'schen Sàtze u. die Winkelsumme im Dreiecke, " Math. Ann. 54 67 FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA 347 nalità) in un sistema di coordinate projettive in cui si assegnino ai tre punti dati i numeri 0, 1, oo. Ora è chiaj-o che tutti questi punti apparterranno al piano metrico se tali erano effettivamente le ascisse dei tre punti (supposti sull'asse della x) nella loro defini- zione come elementi del piano numerico e se, per conseguenza, l'ordine in t ammesso nelle coordinate dei punti del piano metrico era >0. Ma si supponga che le ascisse dei tre punti M, N, P siano m, n, p e che essi appartengano alla retta ax-\-by-\-c=0. Si faccia la doppia trasformazione di coordinate x= x' !/— l W — — __ (>M — n)pu + lìjn — p) , j) _ (/» — «)!* +{n — p) " (m — n)M4"(« — p) ' asse delle ascisse (m) sarà divenuta la retta ax -[- -|- c = 0, e i tre punti dati vi avranno le ascisse m = 0, 1, oo. Sia ora h l'ordine massimo in t delle coordinate {x, ij) dei punti reali; gli ordini di m, n saranno k. Ne segue immedia- tamente che per ogni valore di u di ordine in t, x' (e quindi x) è in t d'ordine < k. Quanto al valor di y, si ricordi che i nostri punti appartengono alla retta ax-\-hy^c=Q onde (ap -\- c){m — n) u + {am -j- c){n — p) ^ h[{in — n) M + (« — jo)] e si ricordi inoltre che debbono avere in t ordini < k i numeri ani -\- c an-\- c h ' '~1> ' valori di — ij per x = m e per x = n; è quindi pure di ordine dovrà mancare pure il punto — , da cui (e dal punto 0) quello si otterrebbe per successive costruzioni di simmetrici; e che, reciprocamente, se il punto — non è reale non potrà esserlo nemmeno il punto —, ove la frazione — sia irreduttihile.lnÌ!LÌt\. m ' m se non esiste il punto — , non esisterà nemmeno il punto X ^= ~ ^ , di cui il m ))i in primo sarebbe simmetrico rispetto al punto y (X intero). Ora possono sempre deter- minarsi gli interi X e v tali che hn — = 1 {m e q sono primi fra loro) ; si può quindi dire che, per un v conveniente, non esiste il punto ~, la cui esistenza se- guirebbe invece dall'ipotesi che sia un punto reale. Se ora si ripete il ragionamento del n° 27, si vede che il gruppo dei movimenti euclidei trasforma in sè ogni piano numerico le cui coordinate siano numeri razio- nali aventi per denominatore numeri i cui fattori primi siano tutti somme di due quadrati {^) e un sistema qualunque di ulteriori numeri primi assegnati arbitraria- (') Si verificherà agevolmente sull'espressione del simmetrico di un punto rispetto a una retta che, al contrario, si generano per movimenti e simmetrie, punti le cui coordinate hanno per deno- minatori multipli di somme qualsiansi di due quadrati. 350 BEPPO LEVI 70 niente, e questi con esponenti non superiori ad altrettanti esponenti assegnati. Così i punti le cui coordinate sono numeri razionali con denominatore multiplo di una data potenza di un numero primo che non sia somma di due quadrati possono essere asse- gnati al piano dal post. XVII, non mai dal postulati metrici; gli altri invece gli sono imposti da questi postulati. Si consideri allora un triangolo qualunque A'B'O' e un punto del piano; mediante movimenti si possono trasformare in un triangolo ABO e in un punto K, quali quelli da cui si partì poc'anzi, per modo che sia l'origine delle coordinate e B appartenga all'asse ti e, per la precedente considerazione, i punti projettivi in cui s'intersecano le coppie di rette x{A'K') x{B'K'), x{B'K') x{0' A'), x[0'K') x{A'B') avranno coordinate i cui denominatori non conterranno altri fattori primi che somme di quadrati e altri fattori primi con esponente non superiore a quello con cui com- paiono nei denominatori delle coordinate di ABKA'B'K'O' e dei punti d'intersezione delle coppie x{AK)x{OB), x{BK)x{OA), x{OK)x{AB). Per accertare se sia possibile un piano metrico tale che le coordinate dei suoi punti reali non abbiano mai per denominatori multipli di una potenza assegnata di un numero primo |a non somma di due quadrati, basterà quindi riconoscere se, tali essendo le coordinate dei punti ABK, almeno una delle suddette intersezioni non abbia mai per coordinate numeri razio- nali della detta forma. Si noti che le coordinate aa'bhk possono supporsi numeri interi: sotto altra forma, se esse si moltiplicano per il loro m. c. m., per lo stesso numero si moltipli- cano le coordinate delle intersezioni di cui qui si discorre, e, per una precedente osservazione, le nuove coordinate rappresenteranno o non rappresenteranno punti reali insieme colle primitive. I denominatori di queste coordinate sono, come fu trovato poco sopi'a, a — h, ah + a'h — ak, bh — a'h -\- ak. Si supponga che esse siano multiple di m, e precisamente sia la massima potenza di m che è loro fattor comune. Saranno multipli di ìà'P; a — h {a h)h ab -(- a'h -\- ak. Poiché \x è primo, qp dovrà spezzarsi in due numeri positivi qp' e cp" tali che a -|- /i è multiplo di \xV' , h multiplo di [iSP' : a e h saranno essi stessi multipli di ili'?': si ponga: a = a^V b = Pm?''' h — x\x'P' . Sarà ab multiplo di yfl' e quindi anche multiplo di fi^ a'h — ak~{ab-\-a'h — ak) — ab: si ponga ancora : a'h — ak = y.\xV . Sostituendo questi valori nei numeratori delle coordinate considerate si ottiene : ak — a'h = — KH'P , abh = (x'?,yi\xV+ Si meraviglierà V. S. che per essere non poco tempo ch'io non l'ho riconosciuta con let- tere, bora venga con questa a prevalermi dell'autorità sua. Non vorrei che mi tenesse per poco ofifitioso scrivendole solo quando habbia bisogno di lei, come ho certo adesso che mi s'appre- senta un occasione di messer Alessandro Pietramala dal Borgo San Sepolcro, uno scrittore delle 390 OKESTE MATTIROLO 36 mie opre, povero giovane, ma virtuoso e di buonissima speranza ; il quale essendo in procinto hora di dottorarsi, io gli faccio servitio che gli ho fatto havere il grado qua gratis, la qual commodità egli non potrebbe, cora'io penso, havere in Pisa, se non col favore di S. «A. Ser.""'; sì che, caro SìgJ Cavalliere, lo raccomando sì caldamente alla sua potente auttorità col 6. D., che m'assicuro che sia egli per fare cotesta gratia della licenza di potersi addottorare in Bo- logna, godendo il privilegio come di Pisa, si degnerà V. S. per sua cortesia, come causa di questo bene, con occasione d'appresentare l'inclusa a S. A., quale tratta di questo negotio, e supplicarla con tutto il cuore di questa gratia, essendomegli anche raccomandato per prima, quando gli mandai l'opra mia 3* De Avibus, questi dì passati, della qual lettera non ho havuta risposta, il che m'imagino per i negotii. Il favore che farà a questo mio giovane presso al G. D. reputerò fatto a me stesso, et ambidui le ne terremo obbligo perpetuo, desiderosi che si porga occasione di renderle in f qualche parte almeno il contracambio. Et io in particolare mi olfero per quanto vaglio per amor suo. E facendo fine aspetto l'aviso della gratia in favore, togliendo qualche difficoltà in contrario, le parole di V. S. a cui di tutto cuore bascio la mano. Di Bologna alli 12 Settembre 1603 Di V. S. Molto Illustre Aff.™" Ser." Ulisse Aldrovandi. (fuori) Al Molto 111.'"* Sig.'' mio Oss.™" il Sig.'' Cavalliero Vinta. Filza 919, 453. Ser."" Sig.' mio Pron. Osservandissimo, Se col rendere somme grafie a V. A. Ser."* del favore fattomi per il mio giovane non cre- dessi d'offendere la sua benignissiraa natura, ardirei celebrarla, come che sia tale cui non si ritrovi eguale. Ma perchè già molto tempo fa ho conosciuta la sua liberalità verso di me, fuor d'ogni mio merito ; però per non derogare alla sua grandezza, scarso di parole, pregherò il Sig." Iddio che le conceda ogni maggiore gloria et essaltatione per cotesto felicissimo stato fra tutta l'Europa. Et il mio giovane Pietramala, anzi minimo suddito dell' A. V., come ha ricevuta per singolarissima la gratia fattagli, così perchè si riconosce tanto obligato che non può diso- bligarsi in eterno, pregherà anch'egli il Sig." che la remuneri, et si chiama felice vedendosi favorire da un tanto Prencipe; né gli si può mai essere di maggior contento che un giorno le piaccia e voglia prevalersi di lui; non dico in medicina, che Dio la guardi da tal bisogno, ma per il suo Studio di Pisa o altro, perchè affaticandosi per ciò è sempre prontissimo ad ogni minimo cenno di V. A. E con questo inchinandomi riverente, et humilmente le bacio la veste, come anche egli, qual'è per tenere continovate servitù con lei e Sua Ser.""' Casa, supplica che si degni accettare questo offitio facendole riverenza con ogni humilissima sommessione. Di Bologna, alli 27 d'ottobre 1603 Di V. A. Ser."» Divotissimo et Humiliss."" Ser." Ulisse Aldrovandi (fuori) Al Ser.'"" Sig.'' mio Pron. Oss.'"" il Gran Duca di Toscana. Filza n" 919, 455. 111.''"= Sig.''"' mio Osservandissimo, Mi ritrovo tanto debitore alla cortesia sua che le giuro che non le potrò mai sodisfare col riscontro. So certo che non mi bisognava altro mezzo con S. A. Ser.'"* per la potente sua aut- torità, la quale sempre ho stimata di gran valore ; e le dico che è obligo mio il ringratiarla sommamente. Ma bene mi sarà favore particolare quando vedrò che si prevaglia di me, desi- 37 LE LETTERE DI ULISSE ALDBOVANDI, ECC. 391 deroso di servire un suo pari, la cui gentilezza mi ha talmente astretto, che sempre sarò di V. S. Il mio giovane poi promette d'esserle perpetuamente Ser." obbligatissimo e ne rico- nosce lei per primaria causa della gratia fattagli ; bramando che un giorno venga occasione, acciò dipenda in tutto da quella Ser.'"" Casa, perchè allora si riputerà felicissimo con ridupli- cati favori d'un tanto Prencipe; e non potendo egli mostrare l'affetto del core, le augura dal Signore il compimento de' suoi desiderii. Et io con pregarla che per amor mio lo pona fra il numero de Ser." suoi e di Sua Casa, le bacio la mano; il che fa ancora egli con ogni riverenza. Di Bologna, alli 27 d'ottobre 1603 Di V. Signoria Illustre Obligatissimo ed AfiFettionatissimo Ser." Ulisse Aldrovaxdi. (fuori) Airill."'" Sig.-- mio Oss."'" Cavaliere Vinta. Filza n" 923, 479. Molto 111.'*= Sig.'" mio Oss.'"" Viene a Fiorenza per andare alla patria messer Alessandro Pietramala, il quale essendo a V. S. servitore molto obligato, desidera farle riverenza con darle insieme questa mia, con la quale la pregherò che vogli degnarsi di confirmarlo secondo la sua benignissima natura fra il numero de' suoi servitori, favorendolo presso al Gran Duca con la sua potente auttorità, la quale so quanto sia grande, se gli ocorresse cosa veruna non solo circa la gratia fattagli che ha ottenuta da S. A. per mezzo di V. S. et essendosi dottorato, io gli l'ho data che la porti seco, acciò se ne possi prevalere; ma anche in altri favori, de quali farà capo V. S. come po- tente. E tutto stimerò fatto a me stesso e le resterò con obligo. Con che pregandola a tenerlo in buona gratia di S. A. di cui egli si chiama Vassallo obligatissimo, e desidera sommamente di servirla negli studi delle cose naturali, di che n"ha buona cognitione, io con ogni riverenza le bacio la mano, e gli lo raccomando di cuore. Di Bologna, li 9 di giugno 1604 Di V. S. Molto 111.--» Aff.""" Ser.''" Ulisse Aldrovandi. (fuori) Al Molto III.""' Sig.'"^ mio Pron. Oss.""" il S.-- Belisario Vinta. Lettere di Ulisse Aldrovandi a S. A. Sepenissima Francesco Maria II della Rovere Duca di Urbino (159 9-1601). [Archivio d'Urbino, Classe P.", Divisione G., f." 171]. Ser.-'o S."'- Pron. Col.""" Mando a V. A. Ser.'"* il libro ch'ella commise che si facesse colorire, e lo mando con tanto desiderio d'intendere che sia restata sodisfatta a pieno e dell'opera e di me stesso, che non pospongo questa ad alcuna altra cosa desiderabile. Si è ben tardato assai più di quel che haverei voluto nel far questo servitio, nondimeno la benignità di V. A. Ser.""* mi assicura che (1) Nato il 20 Febbraio 1548, morto il 20 Aprile 1631. 392 ORESTE MATTIROLO 38 ne verrò scusato, poiché non è proceduto da poca solicitudine mia. Con questo bacio humilis- simamente le mani di V. A. Ser."* e non men pronto che obligato a servirla sempre, mi rac- comando in sua buona gratia: Di Bologna, alli 22 di maggio 1599 Di V. A. Ser.-»» Humilissimo et Obligatissimo Servitore Ulisse Aldrovandi. (fuori) Al Ser."" S/ mio Pron. mio Col."" il Sig/ Duca d'Urbino, Castel Durante. [Urbino, CS. f. 171]. Ser.™" Sig.' mio Pron. Colendissimo. La lettera di V. A. Ser."" in risposta della mia mi haveva dato prima saggio cosi grande della benignità sua verso me, che non l'espettavo maggiore (misurando più la mia che le singularissime qualità sue) quando il S.'' Giulio Cuppolino mi ha portati cinquanta scudi di Pauli, facendomi intendere che questi sono stati rimessi per ordine di V..A. Ser."* acciò che io dia con essi ricognitione a chi ha colorito il libro, mandatole da me. Essendo io adunque ricompensato così soprabbondantemente da V. A. Ser.™" di quel poco che ho fatto per debito della devotissima servitù mia con lei, vengo a restarle in maniera obligato che nel renderle humili gratie di questo dono, non posso lasciar di supplicarla a comandarmi in tutto quello che posso esser atto a servirla. Questo sarà uno de' più cari favori ch'io desideri di ricevere da V. A. Ser."^ alla quale per fine basciando con ogni humiltà le mani, prego da Dio in colmo felicità. Di Bologna, a dì 3 di gennaio 1601 Di V. A. Ser.™'' Devotiss." et Obligatiss."" Ser." Ulisse Aldrovandi. (fuori) Al Ser.""" Sig.-- mio Pron. Col."" il Sig."" Duca d'Urbino. {Urbino, CS. f. 171J. Ser."° Sig.°'' mio Pron. Col."" Io mando a V. A. Ser."'* la mia Historia degl'Insetti, dedicata da me al suo gloriosissimo nome, così per sodisfare in qualche parte agli obblighi grandi c' ho seco, et al desiderio che già molti anni tenevo di lasciare doppo me alcun segno della mia divotione infinita verso lei, come anco per illustrare col suo splendore quest'opra che per se stessa sarebbe riuscita poco chiara. Si degnerà V. A. Ser."* di riceverla volentieri per benignità sua, e per venirle da un tanto suo humile servitore che non desidera altra cosa più che potere impiegare in suo servitio quel poco tempo di vita che gli resta; che io con questo le bacio humilmente le mani e le auguro continua felicità. Di Bologna, gli 4 di settembre 1602 Di V. A. Ser.-»» Humilissimo et Obligatiss."" Ser." Ulisse Aldrovandi. (fuori) All' A. Ser."» del Sig." Duca d'Urbino P.rone mio Col."". [Urbino, CS. f. 171 1. Ser."" Sig."' mio P.rone Col."" Confidandomi che V. A. Ser."* riceverà e vedrà con la solita sua benignità quest'altra opra mia, che è la 3* parte degli Uccelli, c'ho fatta stampare nuovamente, non ho voluto lasciare di mandargliela per non mancare al debito della devotissima servitù mia con lei ; et anche per 39 LE LETTERE DI ULISSE ALDROVANDI, ECC. 393 non perdere un'occasione tale di ricordargliela e di farle humilissima riverenza sì come faccio, pregando con questo il Sig/ Iddio che accresca di felicità V. A. Ser."", alla buona gratia della quale humilmente mi raccomando, pronto sempre a suoi comandamenti, quali le piacesse farmi. Di Bologna, alli 2 di settembre 1603 Di V. A. Ser.-' Hurailissimo et Obligatiss."'" Ser." Ulisse Aldrovandi. (fuori) Al Ser."» Sig.*"^ mio Pron. Col.'"" il Duca d'Urbino. [Urbino, CS. f. 171]. Ser.'"" Sig."' mio P.rone Per non mancare al debito mio non son già per restare di confermarmi per quel servitore obligato di V. A. Ser."'" qual le son stato e sono, massime con questa occasione che io secondo il solito facendole riverenza le avviso le buone feste del Natale, con augurargliele per conse- guenza felicissime. E subito che il Pittore verrà a fine di miniare il 3° et ultimo Libro degl'Uc- celli l'inviarò a V. A., e mi pi'ometto che ella sia per gradire come ha fatte l'altre mie fatiche. E se havessi havuta la carta, fin bora sarebbe stampata la metà dell'opra. Dunque quanto prima che l'harò si metterà sotto il torchio. Con che pregandole dal Sig."'" ogni felicità e grandezza, con ogni riverenza et humiltà le bacio la veste. Di Bologna, alli 20 di Xbre 1603 Di V. A. Ser.-"" Hiuniliss.""' et Obligatiss.'"" Ser.'"'' Ulisse Aldrovandi. (fuori) Al Ser.""" Sig.""" mio P.rone Oss.""" il Sig." Duca d'Urbino. [Urbino, CS. f. 17 IJ. Ser."° Sig.""' mio P.rone sempre Col.™" Mando a V. A. Ser."'" la terza et ultima parte della mia Orniihologia con gli Animali miniati di suoi colori natm-ali con gran diligenza, che anche in parte è stato cagione che fin bora sia tardato di mandarla. Priego V. A. Ser.""* e la supplico con ogni humiltà che con quella medema gentilezza e con l'istessa benignità si degni accettarla con la quale mi ha favo- rito d'accettare le due prime, dandogli luogo in cotesta sua compitissima Libreria; che cosi mi darà animo d'incaminare più gagliardamente a dare fuori qualche altra delle molte mie fa- tiche, come bora ho in procinto di stampare un buono volume de 4 generi degli Animali Essangui, quale sarà per compimento dell'opra de Insectis, data in luce sotto la protettione della Ser.'"* persona sua. E già l'havrei, poco meno, stampato tutto, se non fosse stata tanta penuria di carta, che pure un foglio non s'ha potuto bavere con mio grandissimo danno in questa età d' 82 anni, la quale molta prestezza e non tardanza ricerca. Con che fine a V. A. Ser.""' humilmente inchinandomi bacio la veste. Di Bologna, alli 16 di marzo 1604. Di V. A. Ser.""» Humilissimo et ObMgatiss.'"" Ser." Ulisse Aldrovandi. (fuori) Al Ser.'"" Sig.''" e P.rone mio Col."" il Sig."'" Duca d'Urbino. [Urbino, CS. f. 171]. Ser.'"" Sig."- et P.rone Col.""" Resto in questa gravissima età mia consolatissimo d'haver colle fatiche mie fatto cosa onde agl'elevati et giudiciosi ingegni, pari d'essa, si recchi dilettatione, come dalle cortesissime sue JKKIK i!. Tom. LIV. z' 394 ORESTE MATTIROLO 40 chiaramente comprendo. E veramente l'applauso di un sì dotto e benigno Principe mi fa prender speranza che altresì d'utilità sia per trarne il mondo, al cui coramodo, spererò in breve, uscirà il quinto mio volume de quattro generi d'Animali Essangui, continoante all'altr'opere ; tutto che per sin qui una carestia grande di carta c'habbia ritardati. Altro hor non mi resta che di pregar N. Signore che colle buone feste le doni il compimento d'ogni consolatione et la conservi a commun'utile di chiunque la serve e si mostra desideroso colle fatiche sue giovar al publico. E le faccio con ciò humilmente riverenza. Di Bologna, li 22 Xbre 1604 Di V. A. Ser.""' Obligat."'" et devotiss.""" Ser." Ulisse Aldrovandi. (fuori) Al Ser."" Sig." et P.rone Col.'"° il Duca d'Urbino, Urbino. APPENDICE Lettere del Dottor Hiulìo Cuppellino al Duca di Urbino (1599-1621). [Archivio d'Urbino, nel R. Archivio di Stato di Firenze, filza 171]. Ser."" Sig." — Conforme a quel ch'io intesi esser mente di V. A. Ser."* feci dare principio a colorire uno de' libri stampati del Signor Dottore Aldbovando, intorno al qual si lavora con non poca satisfattione mia ; et bora che l'Indice dell'opera è stato espedito, io ne mando un'altro in bianco all'A. V. con dii'e che nell'essecutione di questi suoi ordini ho trovato il detto Dot- tore molto pronto et anco straordinariamente desideroso di darle segni magiori d'una sua sin- golare devotione che le porta. Il Pittore poi non perde tempo; ma perchè in alcune cose bavera bisogno dell'opera et assistenza del Dottore medesimo, però non potrà egli finire il suo lavoro prima della meza quaresima. Tuttavia ciò doverà importar poco, pur che venga ben fatto il servitio di V. A., alla quale io ho voluto darne questo conto, aggiongendo che non posso sentir maggior contento di quel che ricevo con i suoi comandamenti. Et humilissimamente bascio le mani di V. A. Ser."* pregandole da Dio in colmo felicità. Di Bologna li 6 di febbrajo 1599 Di V. A. Ser.-"'' Humilissimo et obligatissimo Ser.'' Giulio Coppellino. gg^ mo Principe, — Più volte mi son dato a credere di potere avisare V. A. Ser."* che si fosse stabilito effettualmente di proseguire la stampa d'altre opere dell' Aldkovando, conforme all'ordine che tenevo di procurarlo; et in particulare sperai di far questo avanti la Pasqua passata, con tanto mio maggior desiderio, quanto che nell'istesso tempo le havrei anco annun- tiate le buone feste. Non permesse l'incredibile lunghezza di questo negotio, che prima delU 14 del presente mese si venesse alla stipulatione della scrittura, che pur è seguita tra il Reggi- mento et me; et per tal causa ho differito io l'offitio, che faccio adesso di ricordarmi a V. A. 41 LE LETTERE DI ULISSE ALDROVANDI, ECC. 395 Ser.""* servo di fede et devotione singolare, confidato nella sna gran benignità, che perciò non sarà manco gradito. Quanto poi alla tardanza interpostasi nel negotio, non voglio entrare in altro che in dire, per discolpa mia, et per la verità istessa, che in tanto tempo io non ho mai mancato in parte alcuna del debito mio; et V. Altezza mi creda, se ben testifico in causa propria. In mano del S.""" Abbate Bbcnbtti mando copia della detta scrittura, et quelle di V. A. Ser."" bascio con ogni humiltà, pregando il S."" Dio che lungamente la conservi nel suo felicissimo stato. Di Bologna li 24 di aprile 1610 Di V. A. Ser."'" Devotissimo et humilissimo Servitore Giulio CuprELLiNo. Ser."" Principe, — Il Dottore Giovanni Coknelii, che mi ha detto di volere scrivere a V. A. Ser.'"* con l'occasione del Santissimo Natale, ha inanimato al medesimo me ancora, che non per altro che per somma et debita riverenza resto di farle più spesso riverenza. Da lui V. A. intenderà che si va innanti nello stampare l'opera de' Pesci, nella quale, sì come aviene per il più nelli principii delle cose, non s'è potuto sin bora far molta diligenza per manca- mento d'operarii; nondimeno se ne son poi havuti da Fiorenza, e spero che in breve si tirrarà a fine, et che manco lunghezza s'haverà nelle altre. Io seguiterò di far la parte mia, che è di servire in questi affari all'intentione di V. A. Ser."'" il più ch'io possa, il che tanto maggior- mente, ho da procurare quanto che non ho l'occasione d'impiegarmi in altro, si com'è et sarà sempre mio desiderio principale. Bacio con questo humilissimamente le mani di V. A. e prego il S." Dio che a lei et al Ser."'° Principe conceda in queste S."" Feste et sempre ogni felicità. Di Bologna li 21 di dicembre 1611 Di V. A. Ser."» Humiliss.""" et dev."'° Servo Giulio Cui>pellino. Ser.'"° Principe, — Mandando messer Girolamo Tamburini a V. A. Ser.'"* il libro ch'egli ha fatto stampare delli Pesci, ha voluto che anch'io scriva, parendogli. forse d'autenticar meglio così la demostratione del devotissimo animo suo, et la prontezza che tiene di servirle, partico- larmente nell'altre opere dell' Aldrov andò, che dovrà stampare. Nella presente si è messo tempo assai, perchè oltre all'altre lunghezze ch'io avisai in materia della Dedicatoria, s'è aggiunta questa, che al Tajiburino medesimo in ultimo è convenuto da se stesso farla, cosa che prima non haveva voluto presumere, se bene a me pare che lo poteva, come dalla propria epistola si vede. Con questo m'inchino humilissimamente a V. A. Ser."" et le prego in colmo felicità. Di Bologna lì 9 di febraro 1613. Di V. A. Ser."-" Humiliss."'" et dev.""" Servo Giulio Cuppellino. Ser.""" Principe, Non havend'io in tutto l'anno da scrivere a V. A, Ser."' per altra occorrenza che per quella dell'opere da stamparsi dell'ALDROVANDO, et mancandomi anco spesso questa, sempre per colpa d'altri, non già mia, mi conduco alle volte a satisfare a tal mio debito con l'annontio delle buone feste. Però con questo solo vengo adesso a fare humile riverenza a V. A. poi che quanto a esse opere io non ho che dire, se non che quella de' quadrupedi, che sarà la prima a imprimersi, si trova bene all'ordine, non mancando più nè corapositione, nè carattere; ma lo stampatore non s'è potuto anco tirare a dar principio. Costui non solo da me, ma per quanto vedo è sollecitato molto anco dalli altri che ci hanno interesse, dico per quanto vedo, 396 ORESTE MATTIKOLO 42 perchè talhora non ho potuto fare di non haver sospetto che questa lunghezza non sia senz'arte, stante l'obligo che ci è d'haver a restituire il denaro, stampate che saranno cinque opere. Tut- tavia il Tamburino libraro, al quale non poco importa che il suo non gli stia morto, m'afferma et m'assicura che dallo stampatore et non da altri viene il deffetto. Io non ho potuto né dovuto tacer tutto questo a V. A. così per scarco mio, come per il desiderio grandissimo che tengo della sua buona gratia, nella quale raccomandandomi quanto più posso, humiliss."^ bacio le mani di V. A. Ser.'"" e priego per il suo felice stato. Di Bologna, li 20 di decembre 1614 Di V. A. Ser."»" Servo humil.'"" et dev.""" Giulio Cuppellino. Ser.""" Principe, Doppo molti accidenti che hanno prolungata Tespeditione della parte prima delli quadru- pedi, si manda pur questa sei-a a V. A. Ser.™" et nell'istesso tempo che al Sig.""" Carlo Madkuzzo, a chi è dedicata. Con tale occasione io ho giudicato essermi lecito di scrivere et far riverenza all'A. V. la qual supplicarei a credere che nel sollecitare questa opera, non ho mai mancato del debito mio, se la prudenza et benignità sua lo permettessero. In queste confidato io, non aggiongerò altro ma pregando il S.""" Dio che la Ser."" persona e stati di V. A. feliciti, come i servi suoi desiderano, con ogni humiltà le bacio le mani. Di Bologna, li 30 agosto 1616 Di V. A. Ser.-"» Humiliss." et Devotiss." Servo Giulio Cuppellino. Ser.™" Sig."''* — L'occasione ch'io piglio di scrivere a V. A. Ser."" non è solo per augu- rarle, come faccio, compita felicità nel prossimo S.™° Natale, ma per darle anco aviso della morte del dottore Giovanni Corneli, seguita l'altro hieri, molto all'improviso. Non convengono veramente bene insieme questi due offitii, nondimeno io l'ho stimati convenienti all'humile servitù mia con V. A. massime conoscendo, che in altro son poco atto a essercitarla. La per- dita di tal persona doverà dispiacer manco, quanto all'opere dell'ALDROVANDO suo precettore, ch'egli metteva in ordine, perchè spero che pur si continuerà di stamparne, così per l'interesse proprio del Tamburino, che ha questa impresa, come per essersi proferti di già in luoco del morto altri, che si giudicano buoni soggetti. Io non mancare nella parte che- a me tocca, et in particulare procurando che si finischi di stampare l'opera, che fra tre mesi doveva darsi fuora, se il dello Corneli non moriva. Di quanto seguirà non lasciare d'avisar V. A. che ha tanta parte nella publicatione di queste opere, et con ogni humiltà inchinandomi a farle riverenza, mi raccomando in gratia sua. Di Bologna li 21 di dicembre 1619 Di V. A. Ser.""" Dev."° et obi."" Servo Giulio Cuppellino. Ser."° Principe, — La commissione datami da V. A. Ser.™" mi ha veramente allargato molto il campo, ch'io m'ero già pigliato di solecitare a nome suo la stampa dell'opere dell'AL- DKOVANDO, et particolarmente di questa, che si trova più che meza stampata. Onde con tanto maggior caldezza ho seguitato, et continuarò nel farne instanza. In questi gentilhomini si vede prontezza in dare a V. A. Ser.™* così honesta et debita satisfatione, ma l'effetto viene ritardato dalla mossa di più soggetti che concorrono alla domanda dell'impresa. Tuttavia spero che il 43 LE LETTERE DI ULISSE ALDBOVANDI, ECC. 397 rispetto che si deve alli offitii dell'A. V. li farà risolvere in breve, massime instando ancora gagliardamente il Tamburino et lo stampatore per gl'interessi loro. Non posso dir altro addesso, se°non render certa V. A. che oltre l'obligo generale ch'io tengo di obedire a ogni suo minimo cenno, conosco d'haverlo particolare in questo negotio, e premo in esso di non mancare al debito mio, sì come a suoi tempi andrò avisando. In tanto V. A. Ser.-"' si degni d'havermi nella sua gratia, da me in estremo desiderata. Et le faccio humilissima riverenza. Di Bologna, l'ultimo di gennaro 1620 Di V. A. Ser."- Humiliss." Servo Giulio Cuppellino. Ser.'"" Principe, Alla buona dispositione che questi Signori Assenti del Reggimento hanno mostrato et mostrano tenere di servire V. A. Ser."* nella stampa dell'opere dell' Aldrovando, non veggo fin'hora che si corrisponda con gli effetti, et ciò procede più da private passioni che da pub- blico benefitio, se ben questo è lo pretesto loro. Sono quattro et anco più quelli che doman- dano, et ciascuno ha li fautori suoi, a quali non mancano raggioni per contradirsi, di maniera che non conveniranno in un di questi così presto. Però io ho giudicato bene, et debito mio, il non tardar più a darne conto a V. A. Ser.""', et che anco non sia inconveniente l'aggiugnere che forse il rimedio più proprio a questo male sarebbe che l'Ili."'" Legato ci mettesse la mano, meritandosi d'essere astretto, colui che da sè non fa quel che deve. Questo Sig." con l'occasione delle giostre et barriera, che qui si faranno, ha invitato li Cardinali Pio, Bevilacqua, Serra e Rivarolo, li quali, se venessero, potrebbono quasi far conci- storo, perchè con Leni, che s'aspetta, sariano sette. Bacio con questo huroilissimamente le mani di V. A. che il S."" Dio lungamente feliciti et conservi. Di Bologna li 26 di febbraro 1620 Di V. A. Ser"" Humilissimo Servo Giulio Cuppellino. Ser.™" Principe, — Annontiar con lettere le buone feste a Patroni, non conviene a ogni sorta di servitori, massime a quelli che ne anco in altri son buoni a essercitare la servitù loro ; nel numero de quali ritrovandomi pur io, forse havrei tralasciato un tale offitio, se dall'opera de BisuLci non prendevo animo. Con l'annontio adunque delle prossime feste del S."'" Natale, io vengo a fare humilissima riverenza all'Altezza Vostra et a darle conto insieme che detta opera sarà finita et posta in luce avanti la prossima Pasqua di resurrettione ; et credo poter affirmar questo, così perchè lo Scoccese fin a quaresima è quasi libero della sua pubblica lettura, et il Tamburino, del cui interesse si tratta, lo sollecita, come perchè sono stati gli accidenti et gli intoppi sin'hora tanti, che alcun'altro più non dev'essere rimasto da nascere. Io non mancarò di far la mia parte, acciò si verifichi quanto dico a V. Altezza, et nella sua gratia humilissi- mamente mi raccomando. Di Bologna li 19 di decembre 1620 Dell'A. V. Ser."" Humilissimo Servo Giulio Cuppellino. Ser."" Signore, — In essecutione dell'ordine datomi da V. A. Ser."' mi son informato che dell'altre opere delli Animali che restano dell' Aldrovando, ci sono due volumi ancora di qua- di'upedi, et uno de i serpenti. Oltre questi vi sono due opere l'una de i monstri, l'altra de i 398 ORESTE MATTIROLO 44 focili con le lor figure, intagliate per la maggior parte; le quali cinque opere sono le più pronte che ci sieno da poter stamparsi. Al presente si è intorno all'intagliare 2 mila piante, lasciate dall'Autore in dissegno, nè altro si fa, nè spero si faccia, mentre questi Signori non si resolvino nell'elettione di chi ha da succedere alla cura dello studio di esso Aldeovando, in luoco del Dottore allevo suo, morto. Si mostrano ben inclinati alla publicatione delle sue fatiche, sapendo massime di servire in ciò a V. Altezza; ma per carestia de soggetti secondo il bisogno, et non convenendo anco in tal particulare insieme alcuni di loro, il negotio dello stampare andarà in lungo. Faccio con questo riverenza humilraente a V. Altezza, la quale N. S."'' Dio conservi felicissima. Di Bologna li 7 di luglio 1621 Di V.ra Alt.^» Ser."» Humiliss." et dev."" Servo Giulio Cuppellino. Ser."" Signore, — Non perchè babbi da dir cosa che possa essere di satisfattione a V. A. Ser."" in materia dell'opere dell'ALDROVANDO, ma per non mancare a quel che devo intomo a questo particolare io scrivo, et per dire che mentre stavo aspettando il ritorno d'alcuni di questi Signori Assonti sopra lo studio del detto Autore, per esseguire l'hordine bavuto, è successa la morte del Tambukino; il quale accidente, se ben non ha da difficoltare più che tanto il prose- guire la stampa d'èsse opere, tuttavia non darà ne anco aiuto alcuno. Ma perchè l'importanza di questo negotio è . il ritrovar persona sufficiente a distenderle, come si devono, et come faceva l'Allievo morto dell' Aldrovando, però io insisterò principalmente in ciò che viene a essere tanto più difficile, quanto che oltre la sufficienza, bisogna che ci concorra la possibilità di far la fatica d'andare a star le hore in quello stadio, che bora è nel palazzo publico, nè da esso si può cavare alcun libro. Continuarò adunque in questo le mie diligentie, massime quando saranno tornati alla Città questi Signori Assonti, che per la maggior parte sono fuore, confidando che prevalerà con loro quanto conviene per il rispetto et l'autorità dell'A. V. Ser.'"", alla quale humilmente m'inchino a far riverenza, e prego da Dio nostro Signore ogni felicità. Di Bologna li 21 agosto 1621 Di Vostra Altezza Ser."" Humilissimo Servo Giulio Cuppellino. Ser.""° Sig.""" Duca d'Urbino. 45 LE LETTERE DI ULISSE ALDROVANDI, ECC. 399 ELENCO (lei iioini delle pei'sone citate nelle Lettere di Aldrovandi. Aetio, 29 — Agostino (SaiiL'j, 28 — Aldrovandi, Commendatore di S. Spirito, 12, 14 — Aldro- vandi Giovanni, Senatore ed Ambasciatore di S. S., 7, 10, 11, 12, 17 — Alessandro Magno, 6, 33 — Ambrosini, 8 — Aristotele, 6, 19, 24, 30, 33. Bayle, 2, 7 — Benincasa, 7 — Bennini Lorenzo, 5, 7, 24 — Bevilacqua Cardinale, 43 — Bisulci, 43 — Boncompagno Marchese, 12 — Bonfiglio, 17, 28 — Bontempo Fabrizio, 34 — Boschi Domenico, 8 — Brueghel Giovanni, 5 — Brunetti Abate, 41. Caliari Paolo, 5 — Campeggi G. B. Vescovo, 1 — Camus, 2, 6 — Capellini, 2, 3 — Capello Bianca, 4 — Caruel T., 6 — Casabona Giuseppe, 7, 8, 9, 15, 16, 23, 33 — Castelli Polidoro Conte, 2, 13 — Cesalpino Andrea, 3, 8, 9 — Celso, 29 - Clusius (de l'Écluse Ch.), 7, 17, 21, 22 — Confredi Giovaunantonio , 7, 35 — Cosimo Duca, 19 — CuppeUino Giulio Dottore, Agente del Duca d'Urbino, 1, 7, 38 — Cuvier, 2. | Del Riccio Frate, 9 — Dioscoride, 28. Fantuzzi, 1, 2, 3, 4, 9 — Re Filippo, 5, 21. .Gaza Teodoro, 24 — Gherardi, 1 — Ghini Luca, 3, 8 — Giovanna d'Austria, 4 — Giro- lamo (San), 29 — Gregorio XIII Papa, 1, 4, 17, 28 — Grifibni Giuliano, Camerlengo del Papa, 7, 10, 11, 14, 16, 17, 23 — Guastavillano Cardinale, 16. Haller, 2 — Heem (di) Giovanni Davide^ 5 — Huysum (van) Giovanni, 5. Ippocrate, 29. Laguseo Natali Tommaso filosofo, 7, 22 — Lastra, 9 — Leni Cardinale, 43 — Leoni Luigi, 8 — Ligozzi Bartolomeo, 5 — Ligozzi Jacopo, 5 — Linneo C, 7. Madruzzo Carlo, 42 — Malocchio Francesco, 9 — Mattirolo Oreste, 2, 3, 5, 6, 7, 9 — Maz- zetti, 2 — Mazzucchelli, 2 — Mercuriale Gerolamo, 7, 32, 34, 35 — Meyer, 2 — Micheli, 9 — Montalbani, 2, 8 — Monti C, 2. Napoleone I, 5. Paleotti Camillo Alfonso Vescovo, 1 — Paleotti Gabriele Cardinale, 1, 7, 30 — Paulo, 29 — Peretti Alessandro Cardinale, 1 — Pietramala Alessandro, 4, 35, 36, 37 — Pio Cardi- nale, 43 — Plinio, 29 — Porfirio, 30 — Pritzel, 2. Rivarolo Cardinale, 43 — Ruysch Rachele, 5. Saccardo, 2, 6 — Sachs, 2 — Saint Lager, 2, 6 — Salviati, 23 — Scoccese 43 — Segha Vescovo, 5, 21 — Seghers Daniele, 5 — Serra Cardinale, 43 — Seguier, 2 — Sisto V Papa, 1 — Sprengel, 2 — Swinto Cornelio, 5. Tamburini Gerolamo, 7, 41, 42, 43, 44 — Targioni Tozzetti A. e G. 8, 9 — Teofrasto, 29, 32. Uterverio Giovanni Cornelio, 8, 41, 42. Vignati Ambrogio, 35 — Vinta Belisario Cavaliere, Segretario della Corte Medicea, 1, 4, 23 ecc. — Vitruvio, 30. 400 ORESTE MATTIROLO ELENCO delle produzioni naturali citate nelle Lettere di Aldrovandi. PIANTE Abrus Persarum, 21 — Acajou, 32 — Ananas, 32 — Anemone mediolanensis, 16 — Ano- nymos (seme), 21 — Archangelica flore albo, 16 — Argentina, 15 — Astirida cre- tensium, 21. Babà de l'India, 20 — Bamia aegyptiaca, 21 — Bulbus eriophoros, 16. Calamentum aquaticum, 16 — Calamentum anglicum, 16 — Camphora, 6, 26 — Carduus eriophoros, 16 — Caryophyllum ungaricum, 16 — Chamairis, 15 — Cithisus verus, 16 — Clematis, 15 — Colocassia, 32 — Corchorus Pliaii, 21 — Corona imperiale, 13 — Corone, 28. Dictamnum cretense, 16 — Digitalis major, 16. Elettro, 6, 26. Fagiolo indiano, 21 — Pasiolino dell'isola di Pauggio, 23 — Fasoli, 23 — Pasolini piccioli, 23 — Fior del tigre, 13 — Frasino, 27. Guanatarco, 20, 24, 32. Leontopetalon, 21. Melilotus verus, 21 — Molochia aegyptiaca, 21. Paliui-o de Teofrasto, 32 — Papyro, 27 — Phaseolus bresilianus alter, 21 — Pianta Baaras di Soria, 27 — Piante agglutinate, passim — Piante dipinte , passim — Piante essic- cate, passim — Piante intagliate, ^asstw — Piante di Dioscoride, 28 — Piante indiane, 10 — Piante di Ippocrate, 28 — Pino, 20 — Poteron, 21. Kanunculus Illyricus, 15 — Rhodia, 15. Salisia Apulorum, 21 — Salvia minima, 16 — Scilla, 15 — Semi di Fiandra, 23 — Semi ricevuti da Clusio, 18, 22 — Sesbano d'Arabia, 21 — Seseli Peloponense, 21 — Sistema di Linneo, 7 — Squilla, 15 — Succi concreti, 6 — Succino, 27. Tanacetum anglicum, 16 — Tbalictrum minimum, 16 — Tlilaspi contra morsum canis rabidi, 16 — Thlaspi orientale, 16 — Titymalus dendroides, 16 — Trinitas, 15 — Tripoli, 27. Vidalpa doppia, 17. IM: AL I Alce, 13, 26, 27 — Ammodite, 11, 13 — Animali essangui, 26, 40 — Animali (figure), 34, 38, 39 et passim — Animali fossili, 26, 29 — Animali lucenti, 28 — Animali san- guigni, 26 — Aquila, 6, 31, 32, 33 — Ardea, 27 — A voltolo, 6. Cavazua, 24 — Ceraste, 11, 13, 26 — Cersia, 24 — Ceti, 26 — Coracino del Nilo, 13 — Crocodillo, 27 — Crustacei, 26. Diavolo marino, 27 — Bracone, 10, 28 — Dryocolaptes, 24. Elefante, 26 — Eruche, 26. Gallina indiana, 24 — Gammari, 26 — Gazzelle, 18 — Gronostay, 14. Hermolinum, 14. Insetti, 26, 27, 39 et passim. Junco, 24. Loligini, 26. Mus polonicus, 14 — Mus ponticus, 14 — Mustela, 14. Novogrodel, 14. Ornithologìa, 33, 34, 36, 39 et passim. 47 LE LETTERE DI ULISSE ALDROVANDI, ECC. 401 Passero indiano, 19 - Pesce echinoide, 27 - Pesci (opera dei), 41 et passim - Pico, 6 24 30 - Pico martio, 24 _ Popieliza, 14 — Porco indiano, 18 - Porfirione 27 Rinoceronte, 26 - Riverso (pesce), 10, 13 - Riverso a forma d'anguilla 13 Scarabei, 26 - Scheniolo di Aristotele, 24 - Seppie, 26 - Serpente da dieci piedi mostri- faco, 13 - Serpenti, 26, 27, 28 et passim - Serpi indiani, 14 - Sgombro 26 - Solipedi, 26 — Storione, 26. Testacei, 26 ~ Topi salvatici, 13 - Torcicollo, 24 - Tordo, 24 - Torpedini, 27 - Turo 13 Uccelli, 29, 30, 33 et passim — Uccelli indiani, 14 - Uro, 13. Varo, 13, H — Vermi, 26 — Vuenvork, 14. Zebelino, 14. Bitume, 6. Calamita, 27 — Cristallo di Gemme, 27. Marmori, 26. Pietre, 26. Terra sarcofaga, 27. Zolfo, 6, 26. M I N E R A I montagna, 11, 13. Sehik II. Tom. LIV. su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI MEMORIA DI ANTONIO GARBASSO CON DUE TAVOLE Approvata nell'adunanza del 1° Maggio 1904. Sommario. — 1. Posizione del problema. — 2. Numero dei conduttori possibili ad'n oscillazioni. — 3. Numero dei sistemi corrispondenti ad uno spettro assegnato. — 4. Un possibile indirizzo dell'analisi spettrale. — 5. Ricerche di Sir N. Lockyer: linee lunghe e linee brevi. — 6. Ri- cerche di Sir N. Lockyer: linee basiche. — 7. Ricerche di Sir N. Lockyer: dissociazione degli elementi nel sole. — 8. Le serie di Kayser e Runge. — 9. Ricerche di F. Lenard su lo spettro dei metalli alcalini nell'arco. — 10. Forme e colori dell'arco voltaico fra elettrodi metallici. — 11. Spettri emessi dalle diverse regioni dell'arco. — 12. Posizione delle righe negli spettri delle diverse regioni. — 13. Conclusioni. § 1. Posizione del Problema. — Subito dopo i primi trionfi dell'analisi spettrale fu enunciata da piìi parti l'idea che il nuovo sensibilissimo mezzo di ricerca, come dava degli indizii sicuri su la composizione delle sostanze, che in un modo o nell'altro si rendevano luminose, potesse fornire ancora dei dati su la struttura intima dei corpi, e la forma e le proprietà degli atomi e delle molecole materiali. Con tutto ciò, ripensando ai risultati di forse quarant'anni di ricerche, bisogna pure persuadersi che (mentre si è raccolta una serie meravigliosamente ricca di fatti bene accertati) su la natura dei sistemi, che danno origine alle onde della luce, pochissime nozioni soddisfacenti abbiamo saputo ricavare dallo studio degli spettri luminosi. Io sono profondamente convinto che la causa di codesto insuccesso risieda nella mancanza di una teoria dell'emissione della luce, generale e completa e fondata su basi analitiche sicure. Per riparare a tale mancanza feci lo scorso anno un primo modesto tentativo in alcune ricerche, le quali furono accolte frale pubblicazioni dell'Accademia (i); recen- temente poi ho avuto l'opportunità di ritornare su l'argomento, e di svolgere certi calcoli in modo più completo e più rigoroso (^). (') A. Garbasso, Teoria elettromagnetica dell'emissione della luce, " Mem. dell'Acc. delle Scienze di Torino (2), LUI, 1903. A. Gabbasso, Su la teoria dell'analisi spettrale, * Boltzmann-Festachrift ,, Leipzig, J. A. Barth, 1904. 404 ANTONIO GARBASSO 2 Mi propongo di mostrare adesso che, facendo uso dei concetti e degli sviluppi algebrici contenuti nelle mie memorie, e utilizzando le esperienze altrui e alcune ricerche originali non ancora pubblicate, si possono stabilire delle proposizioni sem- plici su la struttura degli atomi e delle molecole materiali. Si vedrà come la teoria permetta di risolvere con qualche sicurezza certi pro- blemi, che finora duravano dubbii o insoluti, e si vedrà pure la ragione, per la quale talune deduzioni e taluni tentativi non portarono e non porteranno per molto tempo a resultati soddisfacenti. Onde fissare meglio le idee, e determinare il lato del problema, che mi sembra suscettibile di venire studiato con qualche vantaggio, ricoi'derò che nei lavori citati innanzi facevo vedere come gli atomi si possano rappresentare con conduttori o sistemi di conduttori, forniti di autoinduzioni e di capacità (^). ■ Di qui seguono subito per la natura di un dato complesso vibrante (atomo o molecola) due modelli divei'si, i quali a priori sembrano ugualmente accettabili: pos- siamo pensare in realtà che il sistema si riduca ad un circuito unico o ammettere invece che risulti dalla riunione di parecchi conduttori. Ora è facile stabilire che, cosi nell'una come nell'altra ipotesi, la struttura cor- rispondente ad uno spettro proposto non è mai determinata, e lo è tanto meno quanto più cresce il numero delle righe. Inoltre la teoria, da sola, è impotente a decidere se il primo o il secondo mo- dello sia da preferirsi. In questi teoremi sta senza dubbio la ragione intima, alla quale accennavo poc'anzi, dell'incapacità dimostrata in tanti casi dall'analisi spettrale. § 2. Numero dei conduttori possibili ad n oscillazioni. — Limitan- domi per ora al caso più semplice, che è quello di un circuito unico, mi propongo di far vedere che se si domanda di costruire un conduttore, capace di emettere uno spettro di n righe, vi sono sempre pel jjroblema n soluzioni distinte. Questo teorema si ottiene con tutta facilità. Ho dimostrato, nella mia Teoria elettromagnetica dell'emissione della luce {^), che in un conduttore fornito di p capacità e di tn fili ogni carica ed ogni corrente sod- Questo non vuol dire certamente che gli atomi debbano essere formati in natura secondo lo schema da me proposto. Anzi la teoria si potrebbe rifare, prendendo come punto di partenza l'ipotesi del Lorentz ; quelli che io chiamo fili conduttori diventerebbero allora traiettorie di elettroni. Comunque, e qui sta il lato importante della quistione dal punto di vista pratico, la massima parte dei miei resul- tati continuerebbe sempre a sussistere. Che se ho scelto il primo modello, in luogo del secondo, la cosa non fu senza buone ragioni. E più facile infatti imaginare e calcolare un conduttore complesso che un sistema di particelle vibranti, e sotto la forma da me stabilita la teoria si presta anche meglio alle verifiche sperimen- tali. Volendo realizzare il moto armonico di un elettrone, bisogna pure ricorrere all'oscillatore del Hertz. Infine, e da un punto di vista strettamente personale, lo studio sul processo luminoso era per me una conseguenza delle ricerche relative all'assorbimento, al colore, alla dispersione e alla rifrazione delie onde elettromagnetiche. Le quali ricerche tutte derivano ora, dai nuovi fenomeni della risonanza ottica, un interesse, che a principio era difficile prevedere. {^) Memoria citata, § 2. su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI 405 disfa ad un'equazione differenziale, lineare ed omogenea, a coefficienti costanti, dell'ordine: y = p -\- m — 1 ; se si vuole che lo spettro della radiazione emessa abbia n righe bisognerà dunque fare : (*) ^— 2 - 2 p + w = 2^• + 1 , e pero: (**) con k intero. Ciò posto, si risponde manifestamente al quesito assumendo per p ed m una qualunque fra le coppie registrate nella tabella che segue: m {2k + 1) — 2 (2k + 1) - 3 i2k + 1) - 4 (2A- -f 1) - r L'ultima coppia si determina con la considerazione che il minimo numero pos- sibile di fili è raggiunto quando la prima capacità si attacca direttamente alla seconda, la seconda alla terza, ecc., la penultima all'ultima. In questo caso particolare il numero delle capacità supera di uno il numero dei fili; avremo dunque: r = [(2A:-f l)-r]4-l, vale a dire: k — r — 1. Ma le soluzioni possibili, che si deducono dalla tabella, sono tante quante sono le orizzontali, cioè: 0, per l'ultimo risultato : k. Osserveremo adesso che confrontando la (*) con la (**) si ottiene: k^ l =>i, in perfetto accordo con ciò che si era annunciato. 406 ANTONIO GARBASSO 4 Realmente vi è un solo conduttore possibile ad una oscillazione (Tav. I, a), ve ne sono due a due oscillazioni (Tav. I, b, c), tre a tre (Tav. I, d, e, f), quattro a quattro (Tav. I, g, h, i, l), cinque a cinque (Tav. I, m, n, o,p, q), sei a sei (Tav. I, r, s, t, u, V, z), e così di seguito. Per un atomo come è quello del ferro i modelli possibili {zulàssige Bilder del Hertz) si contano dunque a migliaia. Anzi l'indeterminazione è anche maggiore di ciò che si potrebbe ritenere a prima vista ; i conduttori che non tengono nel loro gruppo l'ultimo posto, si possono infatti costruire secondo diagrammi differenti da quelli delle figure a,b,...z. Ad esempio : per il conduttore e sono ancora possibili (senza che si cambi il numero dei suoi fili e delle sue capacità) i tre schemi e', e", e'" (Tav. I) (i). § 3. Numero dei sistemi corrispondenti ad uno spettro assegnato. — Per un secondo teorema generale, da me stabilito {^), uno spettro di n righe si può ottenere, invece che da un conduttore unico, da un sistema di conduttori, quando si riuniscano insieme degli elementi capaci di emettere: a, p . . . uj righe, di modo che risulti: a ^ -\~ . . . -\- \jj = n. Spettri di due, tre, quattro, cinque e sei righe corrispondono dunque ai sistemi qui appresso registrati (^). (') I conduttori che nel loro gruppo sono segnati come primi assumono pure le forme d',g', ni', r' (Tav. I). (') Memoria citata, § 9. Il metodo, che si presenta più naturale per il calcolo del numero (N) dei sistemi ad n righe, e il seguente: Si decomporrà il numero n in tutti i modi possibili in termini interi, così da ottenere tante relazioni della forma: n M = a + 3 + ... + UJ; per ciascuna di queste relazioni si farà il prodotto: = a . P . . . u) , e si sommeranno da ultimo le v, scrivendo: Bisogna però notare che, per questa via, talune combinazioni si presentano piti volte, e la cosa si verifica sempre quando una o piii poste al secondo membro di una equazione (*) risultano uguali. L'unità fa eccezione. Il numero n dei termini spurii si dovrà naturalmente sottrarre dal risultato definitivo; sicché la formola esatta la dovremo scriver^: N= Zv^ — n. Per n = 2, ad esempio, si ha il solo svolgimento : M = 1 + 1 ; viene dunque : v = 1, ed: N= 1. Per « = 3 si ottiene : n = 1 -j- 1 -f- 1, = 1 + 2, e di conseguenza: Vi = 1, Va = 2, Ar=v, + vs==3. 5 su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI 407 2 righe . . . (aa) ; 3 righe . . . {aaa), {ab), (ac); Per n = 4 risulta : „ = 1 -^l + l-f 1, = 1 + 1 + 2, = 1 + 3, = 2 + 2, e quindi : V, = 1, Va = 2, n = 4, Zv^ = 10. Dall'ultimo termine bisogna però dedurre il numero delle combinazioni di due oggetti a due a due, cioè: (i) = i = "'; e però si ottiene: JV= Zv^ _ „' = 10 — 1 = 9. Per n = 5 verrebbe : n = l + l + l + l + l, = 1 + 1 + 1+2, = 1 + 1+3. = 1+4, = 1+2 + 2, = 2 + 3, e ancora: v,=l, vj = 2, V3 = 3, v» = 4, V6 = 4, Ve = 6. Ma dal quinto termine bisogna nuovamente dedurre ( 2 ). cioè uno, e però si ottiene : N= Zv^^ — n = 20 — 1 = 19. Per n = 6 finalmente bisogna scrivere : n = l + l + l + l+l + l, = 1 + 1 + 1+1+2, = 1 + 1 + 1+3, = 1 + 1+4. = 1 + 1 + 2 -f- 2, = 1 + 5, = 1 + 2 + 3. = 2 + 24-2, = 2 + 4, = 3 + 3; risulta di qui: Vi = 1, v, = 2, v, = 3. V4=4, V5 = 4, Ve = 5, v, = 6, V8 = 8, V9 = 8, v,o = 9. 408 ANTONIO GARBASSO 6 4 righe , . . [aaaà), [aah), (aac), (ad), (ae), {af), (bb), (bc), (ce) (i); 5 righe . . . {aaaaa), (aaab), (aaac), (aad), [aae), {aaf), (ag), (ah), (ai), {al), (abb), {abc}, (acc), (bd), (be), m (ed), (ce), (cf); 6 righe . . . (aaaaaa), (aaaab), {aaaac), (aaad), [aaae), (aaaf), (aag), (aah), (aai), (aal), (aabb), {aabc), {aacc), (am), (an), {ao), (ap), (aq), {abd), (abe), (abf), [acd), (ace), (acf), (bbb), (bbc), (bcc), (ccc), (dd), (ee), {ff), (de), (df), (ef), (bg), (bh), ibi), ibi), [cg), {eh), {ci), {ci). Sicché, riunendo le soluzioni (indipendenti) trovate per il caso del conduttore unico con quelle che incontriamo ora, si otterrà lo specchietto qui appresso: Numero delle righe contenute nello spettro Soluzioni del problema Conduttore unico Sistema di conduttori Numero totale 1 1 1 2 2 1 3 3 3 3 6 4 4 9 13 5 5 19 24 6 6 42 48 E però l'indeterminazione cresce, e cresce molto rapidamente, col numero delle righe che si vogliono emesse dal modello. Riassumendo dunque sembra fatica vana, nella massima parte dei casi, il tentar di stabilire qualche resultato su la possibile struttura di atomi materiali, con la semplice considerazione degli spettri corrispondenti. La cosa è tanto piìi vera per il fatto che un computo di costanti fa riconoscere Si noti adesso che dal quinto termine bisogna togliere: dall'ottavo : e dal decimo : (D = 3. Viene dunque: „'= 1 4-4 + 3 = 8, e da ultimo: N= Iv^^ — «' = 50 — 8 = 42. I sistemi corrispondenti a spettri di due, tre e quattro righe sono rappresentati nelle ultime figure della tavola I. 7 su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI 409 subito come il problema rimanga indeterminato, quando anche si assegnino i rapporti delle lunghezze d'onda (*). § 4. Un possibile indirizzo dell'analisi spettrale. — Una volta dimo- strati i teoremi dei paragrafi precedenti, si vede subito quale sia la strada, che conviene battere, quando, da uno spettro osservato, si voglia ricavare qualche indizio su la natura del complesso vibrante. Bisognerà anzitutto procurare di riconoscere se il sistema, che si considera, comprenda un solo conduttore o invece ne abbia parecchi, e ricercare in seguito la forma dei singoli elementi. Per questa via l'indeterminazione del problema risulta infatti sensibilmente diminuita. Se, per esempio, lo spettro proposto ha sei righe, e, con qualche aitifizio spe- rimentale, si riesce a stabilire che il sistema emittente contiene due conduttori a tre oscillazioni, la difficoltà di determinare la forma di ciascuno (e quindi dell'intero complesso) diventerà di gran lunga minore, che non sarebbe stata da principio. In luogo di 48 casi possibili ne resteranno infatti 3 soli superstiti per ogni elemento. (') Sia dato, per fare un caso semplice, un conduttore del tipo b (Tav. I) e si supponga che in esso i due fili e le tre capacità siano uguali fra loro. I periodi saranno forniti senz'altro (Memoria citata, § 4) dalle forinole: LC 3 ' essi hanno dunque un rapporto bene determinato. Malgrado questo lo stesso spettro si può anche ottenere, ad esempio, dal sistema (aa). Supposti uguali fra loro, anche nel caso presente, i fili e le capacità, verrà subito (Memoria citata, § 15): t; = 2u |/ La congruenza degli spettri si ottiene quando siano soddisfatte le condizioni: 2LC={\ + m)t, 2 dalle quali risulta anzitutto : 3 LC=(X— n)Y, -jLC=\f, e: e, dividendo membro a membro : («) M=2-- Portando poi questo valore in una qualunque delle (*) si ricava: ih) \ ^C-. Non solo dunque i vincoli imposti sono accettabili, ma vi è anzi un sistema semplicemente infinito di soluzioni. Serie II. Tom. LIV. b* 410 ANTONIO GAEBASSO 8 § 5. Ricerclie di Sir N. Lockyer: linee lunghe e linee brevi. — Inda- gini nel senso indicato furono condotte già, se pure senza preconcetto teorico, da molti anni e da varii autori. In primo luogo, per la data e per l'importanza, conviene citare le belle ricerche di Sir N. Lockyer su le Linee lunghe e brevi Il Lockyer {^) osservava nelle sue esperienze delle scintille fra elettrodi metal- lici ; e poneva davanti allo spettroscopio una lente, per modo che sopra la fenditura (allargata) si venisse a formare della scintilla una imagine reale. In queste condizioni (^) " se i poli sono di due diversi elementi si produrranno " tre spettri distinti. Nella parte superiore apparirà una regione ricca del vapore " più basso, nella parte inferiore una regione ricca del vapore pili alto, ed una fram- " mezzo ricca ne dell'uno, nè dell'altro. Cosi abbiamo nello spettro come tre strati, " almeno : e cioè gli spettri del vapore superiore, del vapore inferiore, e della regione " centrale „. " Si capisce a prima vista, che si produrrà una condizione di cose assai somi- " gliante se invece di una scintilla adopereremo un arco elettrico, nel quale il solo " vapore della sostanza resa incandescente occupi tutto l'intervallo fra i due poli. '■ Possiamo proiettare l' imagine di un tale arco [orizzontale) sopra una fessura ver- " ticale; la quale così ci darà lo spettro di una sezione ad essa perpendicolare il vapore, che si trova lontano dal nucleo dell'arco, dà uno spettro assai più " semplice di quello, che si trova nel nucleo medesimo. Lo spettro del nucleo con- " siste di una grande quantità di linee, le quali vanno scemando di numero: finche " quello delle regioni più laterali si riduce ad una linea sola [sic) „. Quelle righe, che appartengono alla radiazione di diverse regioni della scintilla dell'arco, appariscono naturalmente nello spettro 'più lunghe delle altre, che carat- terizzano una sola regione in modo particolare. • Il Lockyer osserva in fine, e la cosa deriva con tutta naturalezza da ciò che precede, che le righe lunghe si mostrano più facilmente delle altre e in condizioni assai varie. Da queste esperienze il nostro autore dedusse subito la verisimiglianza della dissociazione dei così detti elementi ; ma concluse anche all'impossibilità di stabilire la cosa per via di esperienze. Cito letteralmente (^). " Si può certo ammettere che il calcio una volta formato, sia poi un elemento " no, costituisce un ente distinto; e per conseguenza, se ci limitiamo a sperimen- " tare sopra di esso, non potremo mai decidere, ancorché, in avvenire, se ne accer- (') Sono riassunte, almeno in parte, negli Studi di analisi spettrale, dei quali esiste una tradu- zione italiana (Milano, F."' Dumolard, 1878). Prima del Lockyer lo Stokes C Phil. Trans. CLll, 1862), osservando direttamente una scin- tilla elettrica, con lo spettroscopio privo di fenditura, aveva notato che le righe metalliche si distinguevano da quelle dell'aria, perchè apparivano solo a piccola distanza dalle punte degli elet- trodi, mentre le altre attraversavano lo spettro in tutta la larghezza. L. e, Capitolo II, 42 e Capitolo V. 132. (') L. e, 46. (*) L. e, 182. 9 su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI 411 " tasse la dissociazione, se la temperatura produce una forma piìi semplice, una " condizione più atomica della medesima cosa, oppure so la sostanza si decompone " effettivamente in X-\- Y; e ciò perchè, nè X nè V potranno mai variare di pro- " porzione „. Vale la pena di considerare un poco da vicino codesto ragionamento, perchè in realtà, sebbene appaia limpido e piano, esso è in disaccordo con i resultati piìi semplici e più sicuri della teoria. Ho stabilito nella Memoria più volte citata (g 18) che se si considera un sistema di a conduttori, e le caratteristiche di questi sono date sotto la forma: lTa=0, fa ==1.2. ..a) la caratteristica del sistema complessivo potrà scriversi simbolicamente: Se uno dei conduttori, per esempio il conduttore IRa, venisse a separarsi dal sistema, si otterrebbe subito, come nuova caratteristica: IHalUt. • % ... IHa-l . Sla+i ... % -f- I^^v.uv M^v i¥^v ( ' " essendo adesso le m, v, ju', v' soggette alla restrizione di non poter mai assumere i valori proprii dei fili contenuti nell'a-esimo conduttore. A parole: per il solo fatto che l'elemento a è uscito dal sistema, tutte le righe dello spettro appariranno spostate. Non è vero dunque che l'esperienza non sia in caso di decidere se il calcio o un altro metallo si dissocia nella scintilla elettrica; anzi le fotografie ottenute dal Lockyer, mostrando le linee (lunghe o brevi) perfettamente diritte, provano con tutta sicurezza che, nelle condizioni delle sue esperienze, la dissociazione non è avvenuta. § 6. Ricerche di Sir N. Lockyer: linee basiche. — Il Lockyer, dalle sue osservazioni su le linee lunghe e le linee brevi, volle dedurre anche un'altra conse- guenza, che, quando fosse confermata, avrebbe un'importanza eccezionale. Se, per esempio, studiando (') gli spettri del calcio e dello stronzio incontrava una stessa linea, ma lunga nel primo e breve nel secondo, questa veniva da lui attri- buita ad una impurità (tracce di calcio), almeno nel caso in cui apparissero, con quelle dello stronzio, anche le righe più lunghe dello spettro del calcio. Nel caso opposto restavano due soluzioni possibili. la riga apparteneva ad un terzo elemento, o era veramente comune al Ca e allo Sr, derivando da una porzione, che si ritroverebbe in entrambi gli atomi. Ma la prima ipotesi si poteva scartare facilmente col confronto degli altri spettri, e in particolare di quelli proprii dei corpi più affini. Per questa via il Lockyer fu condotto a ritenere che esistono veramente nella natura delle righe, caratteristiche di più corpi ad un tempo. E le chiamò linee basiche. (M H. Kavser, Iliindhuch (ter Spektroscopie, II, 264, 1902. 412 ANTONIO GARBASSO 10 Mentre dunque dalle prime ricerche risultava, secondo il fisico inglese, la com- plessità degli atomi, da queste ultime egli dedusse la prova che in più atomi si può ripresentare il medesimo sistema vibrante. Le ricerche ulteriori sembrano, ad ogni modo, avere dimostrato che non vi sono linee basiche (i); e che le coincidenze osservate dal Lockyer erano dovute, in massima parte, alla piccola dispersione dei suoi apparecchi. Non è il caso dunque di insistere troppo in proposito. Voglio osservare però che se, con mezzi estremamente delicati di ricerca, si potesse stabilire con tutta sicu- rezza la coincidenza di una o più linee in spettri di diversa origine, questo resultato sarebbe più contrario che favorevole all'ipotesi del Lockyer. Perchè, quando uno stesso conduttore (per usare il termine della mia teoria) entrasse a far parte di sistemi differenti, le sue righe caratteristiche non potrebbero in nessun modo conservare la loro posizione. 3 a Q Ricerche di Sir N. Lockyer: dissociazione degli elementi nel sole. — Di ben maggiore peso ^' devono ritenere, per il nostro 1 ■IHUBHH^IIHiHl argomento, alcune osservazioni fatte dal Lockyer su gli spettri delle protuberanze f^). Dalle quali osservazioni ri- sulta che in codesti spettri, alle volte, certe righe o serie di righe appariscono spostate, mentre al- tre righe dello stesso metallo ri- mangono ferme, o, più spesso, si muovono in senso opposto. La conclusione del Lockyer (accettata anche dal Kayser), che segua di qui la complessità e la dissociazione degli atomi elemen- tari, è in perfetto accordo con la teoria. Riporto a proposito , per maggiore chiarezza, una serie di figure, tolte da ima mia Nota recente (^). La prima e la terza di que- ste figure rappresentano due di- versi conduttori con due gradi di libertà, e gli spettri relativi; la figura seconda corrisponde alla O (') Si veda la bibliografia nel Kayskr, I. e, 266. (') Kayseh, 1. e, 271. (^) A. Garbasso, Su la teoria dell' analiai spettrale, " Boltzmann-Festschrift , , Leipz., J. A. Barth, 1904. 11 su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI 413 riunione di un conduttore 1 con un conduttore 3 ; la figura quarta al sistema di due conduttori 3. Come si vede subito, lo spettro dell'atomo complesso (1, 3) ha quattro righe, che non coincidono esattamente con quello dei componenti. Se dunque l'atomo, di cui si tratta, venisse a dissociarsi, il vapore (l-[-3) mostrerebbe certe linee spostate verso il rosso, e certe altre verso il violetto. § 8. Le serie di Kayser e Runge. — Le osservazioni del Lockyer, di cui ho parlato finora, rispondono in certo modo al primo problema dell'analisi spettrale, da me posto nel paragrafo quarto di questa Memoria; le ricerche di Kayser e Runge {}) su gli spettri dei corpi semplici contengono, almeno implicitamente, un accenno alla soluzione del secondo problema. Di quello cioè che si riferisce alla struttura dei con- duttori elementari dell'atomo. Kayser e Runge hanno trovato, come è notissimo, che in molti spettri esistono delle serie di righe, definite da una formola del tipo: (A) X,7' = A + Bn^ + C«* dove A, B, C sono quantità costanti, e per n si deve porre la successione dei numeri interi a cominciare dal 3. E naturale di pensare che le righe collegate insieme in un modo tanto semplice derivino da un unico conduttore (^); e le esperienze di Kayser e Runge indicano anche una strada facile e piana, per sceverare uno dall'altro i diversi elementi costi- tutivi dell'atomo. Gli autori citati osservano infatti a più riprese che talune serie appariscono invertite nello spettro, mentre altre non lo sono. Poiché Kayser e Runge adoperavano come sorgente un arco voltaico, nel quale facevano evaporare i metalli studiati, se ne può dedurre senz'altro che le diverse serie saranno diversamente distribuite nelle varie regioni dell'arco. Una riga infatti apparirà invertita se è emessa in uguale misura dalla parte centrale dell'arco e dal mantello. Sarà brillante se predomina nella prima regione, e manca nella seconda. § 9. Ricerche di F. Lenard su lo spettro dei metalli alcalini nel- l'arco. — Nasce da queste risultanze l'opportunità di studiare il comportamento dei metalli nell'arco voltaico ; la cosa fu tentata infatti dal Lenard, sebbene in condi- zioni poco favorevoli, come si vedrà nel seguito, almeno dal punto di vista teorico. Il Lenard (^) produceva l'arco fra due carboni, dei quali l'inferiore (positivo), foggiato a coppella, conteneva un sale del metallo in esame. Egli studiò in modo (') Kavser, 1. e, 503-573. (') Se non erro, la cosa fu avvertita la prima volta da me. Si confronti il § 20 della Memoria citata, nel quale è descritto uno speciale conduttore che, almeno in certi casi, fornisce degli spettri costrutti secondo la formola (A). Ci P. Lknard, i'eber den elektrischen Bogen und die Spektren der Metalle, ' Ann. der Physik ,, (4), XI, 1903. 414 ANTONIO GARBASSO 12 particolare gli spettri del sodio e del litio, e si valse del metodo classico del Lockyer, proiettando, in altri termini, su la fenditura allargata un'imagine reale dell'arco voltaico. In questo modo ogni linea viene sostituita naturalmente da un' imagine colo- rata dell'arco, e si può riconoscere subito quali lunghezze d'onda spettino alle diverse regioni. Nelle esperienze del Lenard il fenomeno luminoso è costituito da due fiamme, che si toccano per un punto del loro mantello. La forma caratteristica si svolge quando l'intensità va oltre ai 15 Amp., altrimenti la fiamma di sopra è piccolissima e serrata verso il carbone. In ogni caso le apparenze luminose sono meglio spiegate quanto piìi grande è la distanza degli elettrodi. Sperimentando in questo modo si trova che le fiamme corrispondenti alle linee della serie principale {Hauptserie) sono le piìi lunghe, poi vengono quelle della prima Nebenserie, e da ultimo quelle della seconda. Le esperienze rendono sempre più probabile la complessità degli atomi per il sodio e per il litio ; resta però impregiudicato un problema della massima importanza. Se in un dato punto dell'arco le linee appartenenti ad una serie speciale vengono a mancare, si possono dare della cosa due diverse interpretazioni. Può ritenersi in primo luogo che l'atomo sia dissociato, e che il conduttore corrispondente alle righe di cui si tratta non esista più in quella determinata regione. E si può pensare invece, con uguale diritto (fino a prova contraria), che la minore intensità sia dovuta ad uno scotimento di minore ampiezza, senza che cambi d'altra parte, in modo essenziale, la struttura dell'atomo. Le due ipotesi portano, teoricamente, a conclusioni affatto distinte. Perchè i periodi caratteristici di un sistema sono determinati con la definizione del sistema medesimo. Il numero e il luogo delle righe nello spettro dipendono, in altre parole, dalle equazioni differenziali o, meglio, dai loro coefficienti. Invece l'ampiezza dei singoli moti, cioè l'intensità di ciascuna riga, è affare di condizioni iniziali, vale a dire di costanti di integrazione. Se in un sistema di conduttori un elemento non viene eccitato, certe linee po- tranno mancare nello spettro, ma quelle che restano non si debbono muovere; se invece l'elemento si allontana, cambieranno le equazioni differenziali, e cambierà di conseguenza ogni periodo. Ora il metodo sperimentale del Lenard, mentre fornisce, secondo la teoria da me esposta, degli indizii sicuri su l'esistenza dei conduttori costitutivi dell'atomo, non può insegnare nulla sul problema della dissociazione. Perchè, quando il sistema che si studia fosse decomposto nell'arco, le righe superstiti in un dato punto dovrebbero subire bensì certi spostamenti, e ne verrebbe come conseguenza una deformazione di alcune fra le imagini colorate, che si osser- vano nello spettroscopio; ma quelle deformazioni, trattandosi di figure che vanno mutando con molta rapidità, non potrebbero certo constatarsi con sicurezza. § 10. Forme e colori dell'arco voltaico fra elettrodi metallici. — Io mi sono proposto dunque di riprendere, per altra via, lo studio degli spettri me- tallici ottenuti con l'arco, tenendo conto nel miglior modo dei resultati teorici. 13 su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI 415 La strada, che si presenta più naturale, quando si voglia decidere della natura delle radiazioni emesse dai varii punti dell'arco, consiste nel proiettare sopra la fen- ditura dello spettroscopio un'iniagino dell'arco medesimo, spostandola poi successiva- mente da zona a zona. ' Ma, perchè un esame di questo genere riesca possibile, sopra tutto se si vuole del fenomeno ottenere una registrazione fotografica, è necessario che l'arco sia rela- tivamente tranquillo, e durevole, e di forma quasi costante. L'impiego dei carboni a coppella e dei sali di metalli alcalini non è quindi rac- comandabile, almeno per lo scopo nostro. Del resto, usando i carboni come supporto, si introducono nello spettro delle bande, la cui eliminazione dai risultati finali esige un lavoro lungo e penoso; e d'altra parte il litio ed il sodio non sono nemmeno idonei, come sostanze di prova, per le loro caratteristiche spettrali. Si sa infatti, dai lavori di Kayser e Runge, che negli spettri dei metalli alcalini la quasi totalità delle righe si può ordinare in serie, secondo la formola (^1) ; ma io ho mostrato (come avvertivo piii innanzi : paragrafo ottavo, in nota) che le serie si possono attribuire a conduttori estremamente semplici. Ora appare invece ovvio, volendo ottenere dei fenomeni di scissione, di riferirsi a sistemi di circuiti complessi. Per quest'ultimo motivo, e per eliminare le bande del carbonio, mi sono deciso a studiare degli archi, prodotti direttamente fra elettrodi metallici. Prima di descrivere le esperienze da me fatte, dirò qualche cosa della forma e dei colori di questi archi, non avendo trovato quasi nulla in proposito, nemmeno nei libri speciali. Mi sono servito sempre di una vecchia lanterna di Dubosq, sistema Foucault, alla quale avevo tolto il condensatore, sostituendolo con un semplice diaframma con foro circolare di due centimetri. Davanti al foro collocai una lente convergente, che dava sopra uno schermo, posto a forse due metri di distanza, una imagine reale dell'arco, rovesciata e ingran- dita quattro o cinque volte. Queste esperienze che, almeno per alcuni metalli, sono estremamente facili, baste- rebbero già per dimostrare, ad esempio nella scuola, le enormi differenze che corrono fra le radiazioni emesse dai divei'si tratti dell'arco. La forma che si osserva è per solito {Cu, Fe, Sn, Pb) {^) quella della figura 1. Tav. II, si possono cioè distinguere tre regioni particolari e, quasi sempre, bene limitate. Vi è in primo luogo il tratto immediatamente vicino agli elettrodi, e che chia- merò nel seguito la regione polare; questa è la parte piìi brillante del fenomeno, e le sue tinte richiamano sempre la estremità più rifrangibile dello spettro. Le regioni polari sono raccordate dall'arco propriamente detto. Il quale è pure assai intensamente luminoso, ma molto ricco, di solito, di onde lunghe. Finalmente, intorno all'arco è avvolta a cartoccio una fiamma o coda, col vertice (') Le osservazioni devono essere fatte sopra archi un po' lunghi. 416 ANTONIO GARBASSO 14 nell'elettrodo inferiore {^). Questa emette, per regola, poca luce, di toni freddi, verdo- gnoli giallastri. Vi sono però dei corpi, che danno fenomeni assai diversi da quelli ora descritti. Il cadmi* e lo zinco intanto non formano un arco stabile ; ma, quando si cerca di staccare gli elettrodi uno dall'altro, si vede partire da ciascuno una fiamma a due tinte, con coda leggerissima (fig. 2, Tav. II). Le fiamme non sono raccordate, come quelle descritte dal Lenard, ma si tagliano anzi spesso sotto angoli acuti. A questa speciale struttura si deve senza dubbio l'insta- bilità del fenomeno {^]. Merita ancora una menzione il caso dell'alluminio (^), perchè nel suo arco i rap- porti di luminosità fra la coda e le altre regioni i-isultano invertiti; la coda è invero il tratto più brillante del fenomeno (fig. 3, Tav. II). Ho esaminato successivamente sette metalli: rame, ferro, alluminio, zinco, cadmio, stagno e piombo, e inoltre dei carboni impregnati (cosi detti Effektkohlen) della marca C. CoNRADTY " Boris „. Niederspanuung (*). Raccolgo in breve i resultati ottenuti, avvertendo che la differenza di potenziale fu sempre di 110 Volt (continui). " Noris ., . Resistenza in circuito Corrente 5 Ohm. 13-15 Amp. La regione polare è chiarissima, appena volgente al cilestro, l'arco è di un bel violetto; la coda, molto ampia e ricca, ha una tinta arancione. Il fenomeno appare straordinariamente tranquillo, e la lampada regola anche meglio che coi carboni ordinarli; a volte la coda rimane immobile e conserva la sua forma per parecchi minuti. Rame. Resistenza in circuito Corrente 5 Ohm. 11-13 Amp. La regione polare, assai brillante, ha quella speciale tinta azzurrognola, che si osserva portando un filo di rame umettato di acido nitrico nella fiamma di un becco Bunsen; l'arco invece stacca in un bel colore verde-pistacchio pallido. La coda, legge- rissima, instabile, e a volte soffiata orizzontalmente, è rossastra. (') Le figure essendo prese dalle imagini reali, osservate su lo schermo, sono naturalmente capovolte. (-) Si potrebbe pensare che questa, come più generale, sia, in condizioni opportune, la forma propria di tutti gli archi. Però, anche spingendo la corrente fino a 30 Amp., non mi è riuscito di ottenere ne dal rame ne dal ferro niente di simile. {') 11 metallo da me impiegato conteneva molte impurità, e in particolare del calcio, come de- dussi da un'analisi del aig. Rolla, laureando in Chimica, e verificai con lo spettroscopio. (*) Secondo un'analisi che il Dr. Roncaglielo, primo assistente in questo Istituto di Chimica generale, ebbe la bontà di fare per me, l'anima dei carboni " Noris , contiene quasi esclusivamente del fluoruro di calcio. La cosa è confermata dai risultati spettroscopici (si confronti il § 11°). 15 su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI 417 Anche por il rame si ha una certa regolarità d'andamento. Ma l'ossido, che ricopre con una crosta nera gli elettrodi, appena la lampada cessa di funzionare impedisce molte volte all'arco di ristabilirsi. Ferro. Resistenza in circuito Corrente 5 Ohm. 12-13 Amp. Bell'arco celeste, con poli appena accennati, più luminosi, ma dello stesso tono. La coda è tranquilla, abbondantissima, di color giallo-cromo carico. La lampada fun- ziona bene solamente se il polo positivo sta in basso; però, invertendo gli uffici degli elettrodi, il fenomeno non cambia di aspetto. L'arco del ferro è, fra quelli metallici, il piìi tranquillo, tanto che potrebbe forse trovare qualche applicazione nella pratica. Alluminio. Resistenza in circuito " Corrente 5 Ohm. 13.14 Amp. Arco e poli debolmente luminosi e violacei, bensì i poli volgono alle volte verso il carnicino ; coda fissa, brillantissima, color verde-pavone (i). L'ossido, che ricopre gli elettrodi, è anche piìi isolante di quello del rame, e im- pedisce il funzionamento regolare della lampada. Ferro, rame e alluminio (e i primi due in particolare) consumano pochissimo. Zinco. Resistenza in circuito Corrente 10 Ohm. 6-10 Amp. La parte delle fiamme piìi vicina agli elettrodi è azzurra, la punta è porporina; ma l'aspetto del fenomeno è molto variabile. Da principio, quando gli elettrodi si staccano, il colore azzurro predomina; poi compare il porporino, cominciando dal mezzo. Se la distanza degli elettrodi cresce ancora tutto l'arco si tinge di porpora, e finisce per spegnersi. A momenti compare intorno alle due fiamme un'aureola leggerissima, instabile, di color giallo-limone. La bacchetta positiva si consuma rapidissimamente. Cadmio. Resistenza in circuito Corrente 10 Ohm. 6-10 Amp. Il fenomeno è simile in tutti i particolari a quello presentato dallo zinco. Solo le tinte variano, all'azzurro sostituendosi il verde e al porporino un color di mattone. Non vi è traccia d'aureola. (*) La straordinaria ricchezza di raggi ultravioletti rende pericoloso per la vista l'arco dell'al- luminio. Un mio allievo, che l'osservò a più riprese, senza occhiali, ne ebbe per due giorni una congiuntivite assai molesta. Sebib II. Tom. LIV. ^ 418 ANTONIO GARBASSO 16 L'arco è anche più instabile che per lo zinco, e il consumo (al polo positivo) è anche maggiore : nelle condizioni delle mie esperienze una bacchetta di un cm. di dia- metro e di parecchi cm. di lunghezza si svaporava in un mezzo minuto. La forma caratteristica della fig. 2 (Tav. II) si osserva particolarmente bene se il polo positivo sta in alto, e il negativo in basso. Staffilo. Resistenza in circuito Corrente 10 Ohm. 7-8 Amp. Anche per lo stagno la regione polare e l'arco mutano spesso di grandezza; le tinte del resto non le differenziano fortemente, passando in modo quasi insensibile da un color malva a un color di lavanda. L'arco è tumultuoso e instabile ; la coda, che si svolge ad intervalli, ha un bel tono caldo, fra l'arancio e il rosso-rame. Il consumo degli elettrodi non è grande. Piombo. Resistenza in circuito Corrente 10 Ohm. 8-12 Amp. Arco irregolare, instabile, e come per esplosioni successive, non dissimile da quello dello stagno; la coda, più leggera, ha anche una tinta piìi fredda. L'elettrodo positivo consuma moltissimo, poco meno che nel caso del cadmio. Riassumendo le osservazioni che precedono, risulta chiaramente come lo zinco e il cadmio, lo stagno e il piombo non siano adatti per una ricerca, nella quale si richiede una certa stabilità di apparenze. Mi sono dunque limitato nel seguito allo studio del rame, del ferro, dell'alluminio, e dei carboni " Noris „. § li. Spettri emessi dalle varie regioni dell'arco. — Ho stabilito nel jmragrafo quinto che il problema della dissociazione degli atomi si risolve solamente con lo studio delle posizioni caratteristiche per le singole righe ; nel nono paragrafo poi ho fatto vedere che lo spettroscopio, usato col metodo di Lockyer, non può dare in proposito nessun indizio sicuro. Determina invece con molta agevolezza la esistenza e la varia eccitazione dei singoli conduttori. Prima di accingermi alle ricerche definitive volli quindi esaminare con lo spettroscopio obbiettivo gli spettri del rame, del ferro, dell'alluminio e dei carboni " Noris „. Non è necessario per questo impiegare una lente, e proiettare nel piano della fenditura una imagine reale dell'arco; ma si può procedere in un modo più semplice. La lampada di Dubosq viene disposta nella sua custodia, e si allontanano tutti gli accessorii del portaluce, compreso il tubo destinato a reggere il condensatore ; si colloca poi lo spettroscopio (^) a cinque o sei metri di distanza (sopra un tavolino a piattaforma girevole), e si priva per intero del suo collimatore. (M Era un brande spettrofotometro del Kriiss con due prismi. 17 su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATKKIALI 419 È molto facile, girando un poco la piattaforma del tavolo, disporre l'apparecchio sotto l'incidenza migliore; ogni riga appare in tale caso sostituita da una piccola imagine dell'arco. In realtà si ritrovano per questa via, e in condizioni particolarmente facili e comode e adatte alle esperienze dimostrative, dei resultati analoghi a quelli del Lockyer e del Lenard. Ricorderò alcuni esempii in modo speciale. Per il ramo Kayser e Runge hanno stabilito l'esistenza di due serie di ri^he corrispondenti alla formola (^1), pure lasciando in disparte tutto il resto dello spettro. Si trova che le imagini appartenenti alle serie sono prive di coda, mentre tutte le altre ne sono fornite. E caratteristico il comportamento delle tre righe brillantissime verdi (fig. 4, Tav. II): mentre le due di sinistra '{\ = 5218 e \ = 5153), che costituiscono i secondi termini delle serie (w = 4), mancano della coda, la terza (\=:5106) è provvista di una coda abbondantissima. Sono pure senza coda le due righe X = 4063 e \ = 4023, che rappresentano i terzi termini (« = 5) nelle serie. In certi istanti la X = 5153 e la \ = 4023 sembrano però leggermente allar- gate ; sarebbe questo un argomento per ritenere, come risulta del resto da altri indizii, che le due serie non sono dovute allo stesso conduttore. Sicché è più ragionevole parlare, come appunto ho fatto, di due serie distinte, piuttosto che di una serie di coppie. Per il ferro non ho potuto ricavare nessun risultato sicuro, il mio spettroscopio avendo una dispersione troppo piccola, perchè le righe tanto fitte di questo metallo fornissero delle imagini abbastanza distinte. L'alluminio da me impiegato mostra di nuovo alcuni fatti interessanti. Mi ac- contenterò di ricordare che le righe violette e H^, presenti nel suo spettro, hanno una coda amplissima (fig. 5, Tav. IT), mentre nessun' altra raggiunge, nem- meno da lontano, le loro dimensioni {^). Finalmente i carboni " Noris „ possono servire anch' essi ad una bella espe- rienza dimostrativa; appaiono infatti nel loro spettro tre righe violette, a comporta- mento diverso, la mediana delle quali (è la riga X = 4226 del calcio) ha il massimo splendore. Or bene: mentre la prima, la meno rifrangibile, è ridotta nello spettroscopio obbiettivo a due tratti luminosi, corrispondenti alle regioni polari, e la terza presenta l'intero arco, la linea di mezzo è fornita di una coda abbondante. Se si proiettano su la fenditura dello spettroscopio, rimesso in condizioni nor- mali, le tre regioni, una dopo l'altra, si osservano, in perfetto accordo con ciò che precede, le apparenze delle figure 7, 8 e 9 (Tav. II). La riga mediana, presentandosi anche nella coda, che avvolge a cartoccio l'intero arco e la regione polare, si mostra in 7 invertita. (') L'alluminio di cui disponevo essendosi mostrato assai impuro, non lo impiegai nelle ultime esperienze. Il fatto che riporto nel testo fa vedere come l'esame allo spettroscopio, senza fenditura, riveli immediatamente la presenza di corpi estranei. 420 ANTONIO GARBASSO 18 Ho raccolto su gli spettri or ora descritti una serie di dati interessanti, e mi propongo di pubblicarli in altro luogo. Ora preferisco passare alla descrizione delle esperienze e dei resultati fotografici, che, per lo speciale argomento di questo lavoro, offrono un interesse di gran lunga maggiore. ^ § 12. Posizione delle righe negli spettri delle diverse regioni. — Per stabilire con esattezza la posizione relativa delle righe, negli spettri delle diverse regioni di un medesimo arco, ho preferito di fotografare direttamente il fenomeno. Sopra ogni lastra furono prese due fotografie nel modo che segue. Dell'arco si formava un'imagine reale (ingrandita 10 a 15 volte), che veniva a proiettarsi nel piano della doppia fenditura dello spettro-fotometro di Kriiss ; movendo la lente era facile condurre nella posizione voluta un tratto o l'altro dell'imagine. Ciò posto si chiudeva una delle fenditure, lasciando l'altra aperta, e, subito davanti a questa, si collocava uno schermo di cartone bianco, con una piccola finestra. La finestra serviva, come si intende, per fissare la posizione dell'imagine. Fatta una prima fotografia {^) si chiudeva la fenditura adoperata innanzi, si apriva l'altra, esattamente allo stesso punto, e si spostava del tratto necessario, nel suo piano, lo schermo. Si riconduceva quindi su la finestra l'imagine, nella posi- zione voluta. Delle prove che ottenni (e sommano ad un paio di dozzine) riproduco tre sole, nelle ultime figure della tavola II (^). La tabella fornisce i dati delle esperienze relative. li Noris , Rame Ferro Spettro superiore Arco (Posa 4') Poli (Posa 4') Arco (Posa 4') „ inferiore Coda (Posa 15') Arco (Posa 4') Coda (Posa 15') Come si vede subito certe righe scompaiono, quando si passa da una ad un'altra regione dell'arco, ma le righe superstiti rimangono ferme. Il risultato è simile a quello, che ho dedotto innanzi dalle esperienze del Lockyer su le scintille, e sembra indicare che le temperature, di cui possiamo disporre finora nei nostri laboratorii, non sono sufficienti per la dissociazione degli atomi materiali. (') La macchina stava al posto del cannocchiale. Non è necessario avvertire che un diaframma, inserito fra schermo e fenditura, rimaneva abbassato finche l'imagine non fosse a suo luogo; e si poteva far cadere d'un colpo, quando sopravvenisse qualche incidente a disturbare l'andamento normale dell'esperienza. (*) Queste figure sono ricavate dalle negative con un processo fotomeccanico ; non si fece natu- ralmente nessun ritocco. 19 su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI 421 § 13. Conclusioni. — Raccogliendo adesso tutto ciò che ho esposto nei para- grafi precedenti mi sembra di poter stabilire che: a) dallo spettro osservato non risulta, e non può risultare, in modo univoco, la struttura degli atomi (§§ 2 e 3); b) piuttosto conviene cercare in primo luogo se l'atomo abbia per modello un conduttore unico o un sistema di conduttori 4); c) la seconda ipotesi è la piìi verisimile (§§ 5, 7, 8, 9 e 11); d) le serie di Kayser e Runge corrispondono a particolari conduttori (§§ 9 eli); e) nella scintilla e nell'arco gli atomi non si dissociano, ma in diverse regioni i diversi conduttori sono variamente eccitati (§§ 5 e 12); f) non esistono linee basiche, nel senso del Lockyer (§ 6) ; g) gli atomi di alcuni metalli sono probabilmente dissociati nel sole. Richiamerò da ultimo ancora una volta che le serie di Kayser e Runge si pos- sono ottenere da un modello molto semplice. Genova. Istituto Fisico della R. Università, aprile 1904. cieAVze Al (s^ot'nvo , (Bf. .-«e f u->. m aLf iial . - C^t'm* 4^," bonic ///. GARBASSO A. Struttura degli atomi - Tav. I. Ili r 4 1^ " ' 8 4 P r mi (1(1(1 ah 11^ tic a,/ ronta aerazione e dissecca- zione all'aria e occorrendo in presenza di formalina. Ad esempio, sino dai primi di febbraio alcuni fogli di un codice francese furono lasciati disseccare semplicemente dopo lavatura con acqua ed asciugamento con spugna e su carta all'aria libei a sotto le cappe. Essi sono ancora benissimo conservati, come gli altri trattati con disin- fettanti. I guasti osservati nei primi frammenti esaminati pe' primi saggi, erano senza dubbio dovuti al fatto che i fogli erano rimasti troppo tempo umidi, per averli dovuto tenere a lungo in contatto coll'acqua onde staccarli. II giorno 15 di febbraio venne nel mio Laboratorio per essere di aiuto in questo lungo e non facile lavoro la signora Serafino-Bonomi, preparatrice nel Museo Zoolo- gico, la quale veramente prestò l'opera sua con intelligenza ed attività. Pochi giorni dopo, il 18 e 20 di febbraio, ebbero incarico di aiutare in questi lavori anche le signorine dottoresse Castagiieri e Giani, per le quali pure non ho che parole di encomio. La signora Serafino-Bonomi tentò l'uso della glicerina, ma inutilmente. Un pezzo frammentario di codice con pergamena durissima, quasi vetrificata in alcuni punti, fu immerso in soluzione al 30 ° „ di glicerina. Dopo alcuni giorni i fogli si stacca- rono, furono lavati con acqua e seccati sotto cappa con vapori di formalina. Ma però rimasero trasparenti, quasi come carta oliata: non si leggono bene. 1 fogli non riman- gono molli. Si è provato anche con glicerina più o meno concentrata, ma non si ebbero risultati tali da poter raccomandare il metodo. Nella Biblioteca vaticana si raccomanda, quando si tratta di stendere e lisciare i fogli, di usare con gran cau- tela, la glicerina; non so però se abbiano mai provato con pergamena alterata dal calore. La glicerina concentrata o diluita potrà servire utilmente per rendere morbide lo pelli fresche, ma non credo sia utile usarla per le pergamene, specialmente se alterate dal calore. I frammenti e pezzi di fogli raccolti in parte fra le macerie e che in origine erano ridotti in parte quasi come poltiglia e che erano assolutamente irriconoscibili, quando furono ben disseccati e disinfettati come fu detto, vennero a poco per volta immersi nell'acqua per alcuni minuti o più, oppure tenuti nella camera umida, poi passati rapidamente in altra acqua sino a che questa non asportasse più materia nera e terrosa, poi si passavano, occorrendo, in soluzione alcoolica al 2 °/o di fenolo ed infine si facevano asciugare su reti metalliche sotto le cappe. Quando erano appena umidi si comprimevano alquanto su carta in modo che i fogli restavano abbastanza spianati. .-Ki:ir. II. Toh. LIV. e* 434 ICILIO GUARESCHI 12 In questo modo si potè ricuperare un gran numero di codici diversi e che a prima vista sembravano doversi gettar via. Da questi frammenti, detti delle macerie, siamo cosi riusciti a separare un numero immenso di fogli, molti dei quali rotti in piìi parti, altri abbastanza bene conservati; tutti questi fogli e foglietti furono divisi in gruppi secondo le lingue: latina, greca, francese, italiana ed ebraica, poi si sono riuniti i fogli eguali e così con un lavoro lungo e metodico si è riusciti a ricostruire se non de' codici interi dei frammenti di codici sufficienti almeno per essere identificati. Così tra codici quasi interi o a grossi frammenti e questi ricuperati dai frammenti delle macerie ne ho avuto in laboratorio circa 250, dei quali circa 150 latini, 20 greci, 30 francesi, 34 ebraici e 8 italiani fra i quali il Pungilingua e un altro codice del Cavalca. Si intende che si lavavano con acqua fredda o tiepida solamente quei fram- menti staccati, sporchi, raccolti fra le macerie e che, per quanto era possibile accor- gersi, non contenevano miniature. Anche di queste se ne sono ritrovate alcune abbastanza belle. Una parte di questi frammenti, dai quali molto probabilmente non si potrebbero ricavare che dei frantumi di fogli piìi o meno leggibili, li ho conservati in istato ben secco. Ho fatto fotografare un cumulo di questi frammenti disseccati, prima di trat- tarli con acqua. Fra questi frammenti detti delle macerie si rinvennero dodici fogli di un codice greco importantissimo, dicesi, cioè un codice greco dei salmi in lettera onciale del sec. VITI, il cui complemento fu poi trovato fra i codici consegnati al laboratorio di materia medica. Furono trovati inoltre moltissimi fogli di un codice italiano bob- biense, del Cavalca, del sec. X, con palinsesti, e del quale feci fotografare un foglio prima e dopo l'operazione dello spianamento, come pure molti fogli di un codice francese molto importante, ancora inedito, Roman de Floriamont, del Bovo d'Antona, così pure del Roman de la Rose, del Roman de Godefroy de Bouillon, ed altri che non è qui il caso di enumerare. II. Ricerche sulle pergamene moderne e antiche. 1) Cenno storico — Composizione. La pergamena propriamente detta ora si prepara quasi solamente colla pelle di montone o di pecora, da ciò anche il nome ab antico di cartapecora ; era preparata anche colla pelle di capra, ma è pili grossolana. La pergamena vergine, denominata in Inghilterra anche vellum, è più fina della precedente ed è preparata colla pelle di capretto o di agnello nati morti. Quella più fina detta velino si prepara colla pelle di giovani vitelli, meglio se nati morti. Le pelli di asino, di bue, di vitello, ecc., servono per fare la pergamena da usarsi per tamburi, timpani, ecc. La pergamena di pelle di porco serve per fare stacci, crivelli, ecc. La pergamena pei libri liturgici era un tempo quasi sempre preparata con pelle di porco (1). (1) GiRARDiN, LeQons de chimie élém. appi, aux arts ind., V, p. 26. 13 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 435 La pergamena viene ora licoperta generalmente su una faccia con della creta, con un apparecchio composto da colla di pelle di guanto e salda d'amido che la rende lucida e permette di poterci scriver sopra (1). Io ne ho trovato nel commercio di quella elio in una faccia era ricoperta da uno strato sottile di biacca ossia carbonato basico di piombo. Questa pergamena an- neriva subito coll'aciiio solfidrico. Già da molti secoli prima dell'era nostra si usava la pelle degli animali per la scrittura. I Persiani usarono de' nastri di cuoio ; gli Ebrei presentarono a Tolomeo una copia delle Sacre Scritture su pelli conciate. La vera pergamena, quale si usa ancora, pare sia stata fabbricata per la prima volta a Peigamo. nel II secolo a. C; da ciò il nome di pergaminum o peryamina charta. L'uso della pergamena per scrivere o disegnare sarebbe stato inventato da Eumene II re di Pergamo. Secondo Varrone essendo nata grande discordia fra i sapienti di Pergamo e di Alessandria, questi, nella cui città principalmente fabbricavasi il papiro, impedirono che fosse inviato del papiro a Pergamo, ed allora gli scrittori di Pergamo dovettero necessariamente pensare a trovare un nuovo materiale per scrivere, e da ciò l'inven- zione della pergamena o membrana di Pergamo preparata colle pelli degli animali. Però secondo Erodoto e Diodoro pare siano stati i .Ioni ed i re di Persia, prima ancora di Eumene, i primi ad usare le pelli di animali per scrivere. Ad ogni modo, se que" di Pergamo non hanno proprio inventata la preparazione della membrana clie prese il nome di membrana di Pergamo o pergamena, essi certamente l'hanno molto perfezionata e da quel tempo se ne diffuse l'uso. Ai tempi di Plinio si usava già molto la pergamena in sostituzione del papiro carta egiziana, che diventava sempre più rara e costosa ; non erano però ancora conosciuti i processi di imbianchimento. L'uso della pergamen i si diflfuse molto in Oriente e in Occidente, e specialmente in Germania. Se ne conoscevano tre qualità: bianca, gialla e porporina. Vi sono ancora de' libri interi, di chiesa, in pergamena porporina. In Germania ed in Inghil- terra, ove non ora conosciuta la carta d'Egitto o papiro, non si usava che pergamena. In Inghilterra vi sono delle carte reali formate solamente da piccoli pezzi di per- gamena e che portano il timbro reale; pezzi che erano grandi quanto una carta da giuoco: molti di questi pezzi si riunivano insieme, occorrendo, e se ne faceva un volume un rotolo: coloro che incollavano i fogli si dicevano glutinatores (2). Gli antichi ebrei erano tanto abili nell'incollare i fogli di pergamena pe' loro libri sacri che non si scorgevano le giunture. Secondo Giuseppe fu un momento di ammirazione per Tolomeo Filadelfo quando i 70 vecchi ebrei inviati dal gran Sacerdote spiegarono in sua presenza i rotoli ove la legge di Dio era scritta in lettere d'oro (loc. cit.). In principio si scriveva da una pagina sola: dopo il secolo X si cominciò, secondo alcuni, a scrivere dalle due parti. Il che non è esatto, perchè si conoscono mano- scritti in pergamena scritti nelle due pagine e molto anteriori al secolo X. (li ViLLAVEccHiA, Dizionario di inerciologia. (2) Nouveau Tratte de diplomatique. tomo I (1750), pag. 480. Questo libro mi fu fatto conoscere dal sig. cav. Armando, che ringrazio. La breve parte storica dell'art. Parchxiìin del Larousse è in gran parte presa da questo Trattato. 436 ICILIO GUARESCHI 14 Secondo D. de Vaines (1) non si sarebbe scoperta nessuna carta o diploma in pergamena prima del secolo VI; prima di questo tempo la pergamena serviva per scrivere ed il papiro o carta d'Egitto per i diplomi. Pare che i più antichi manoscritti su pergamena non risalgano oltre il II secolo d. C, e che i piìi antichi atti scritti su pergamena non risalgano oltre il VII secolo. Il famoso documento detto Papiro di Leyda del III secolo è appunto un manoscritto su papiro. Ma dopo il V secolo il papiro non si usò quasi piìi. Quasi tutti i manoscritti dal V al XV secolo sono su perga- mena; così pure dopo il secolo VII! tutti gli atti o carte sono su pergamena. Scoperta la stampa, alcuni libri furono stampati su pergamena ; ad esempio, le bibbie che Jean Faust portò a Parigi nel 1462 erano stampate su pergamena, ed egli le vendette come bibbie manoscritte al prezzo di 60 ducati d'oro (550 francliij ogni copia (2). Tra i codici che ho nel mio laboratorio v'è un libro d'Heures a stampa su pergamena del secolo XVI molto bello, che era in pessimo stato ed ora è quasi tutto ricuperato e leggibile. Fu tra il secolo III e IV che la pergamena ebbe il sopravvento sul papiro e questo definitivo successo, scrive il Gr. Lafaye, va di pari passo col trionfo del cri- stianesimo, perchè gli scrittori di opere ecclesiastiche dovettero preferire la perga- mena al papiro, essendo più resistente, più durevole, e prestandosi meglio per opere di gran mole e per l'insegnamento. Tra il III e V secolo si ricopiarono su pergamena molte opere antiche classiche, quale, ad esempio. De Republica di Cicerone, perchè i papiri erano in cattivo stato. Vi fu un momento, verso il secolo VII, in cui la pergamena era molto rara e costava moltissimo, stante ij grande consumo che se ne faceva: così che si cercò di utilizzare i fogli in pergamena già scritti, cancellandoli mediante raschiatura colla calce, ecc. e scrivendovi di nuovo sopra (palinsesti); questa è stata una delle cause per cui molti manoscritti preziosi andarono perduti. A. Mai, che aveva una straordi- naria perizia nel leggere i palinsesti, trovò molti avanzi dei sei libri del De Republica di Cicerone (scritto nel III) in un palinsesto del X secolo. Nel Medio Evo e princi- palmente nei secoli XI. XII e XIII. per opera di monaci si cancellavano pui-troppo opere importanti di autori profani per scrivervi specialmente libri sacri, preghiere, ecc. L'uso della pergamena raschiata era stato proibito per gli atti pubblici. Tra i codici che sono nel mio laboratorio ve n'è uno bobbiense con palinsesti che ha manifesti segni di tentativi, veramente un po' grossolani, per poter renderli molto visibili e leggerli. Il costo enorme della pergamena fu anche causa per la quale molti manoscritti sono in carattere finissimo e spesso abbreviato. I certosini di Parigi nell' XI secolo pregarono il conte di Nevers di riprendere il vasellame d'argento che loro avea donato e di sostituirlo con della pergamena (3). Nel Medio Evo la pergamena si fabbricava generalmente nelle abbazie. A Parigi la grande fiera della pergamena si teneva a Saint-Denis, e si apriva il mercoledì della seconda settimana di giugno. L'Università e suoi adepti ed i pergamenieri del (1) Dictionnaire de diplomatie. (2) Peignot, Essai sur l'histoire du parchemin et dtt vélin, Paris. 1612, in Pouchet , Histoire des Sciences aii moyen àge, p. 628. Non ho ancora potuto consultare quest'opera del Peignot. (.3) Id . in PoDCHET. loc. cit., pag. 109. 15 OSSi-UVAZIONI KD KSPIORIENZE SUL RICCPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 437 re avevano il privilegio di essere i primi acquirenti e di scegliere la pergamena mi- gliore che loro occorreva. Questo privilegio durò sino al 1633. I pergamenieri erano costituiti in corporazione come gli alluminatori, i legatori, gli scrivani e i librai; erano esentati dalle tasse, dalle gabelle, ecc. Dopo la rivoluzione francese l'uso della pergamena diventò ancora più raro. Le più antiche notizie che io ho trovato intorno le pergamene usate per la pit- tura sono quelle che si trovano nell'opera di un anonimo: Compositionc^ ad tingenda musiva, pelles et alia, ad deaurandum ferrum, ecc., manoscritto dell'VIII secolo, tro- vato nella biblioteca dei^jCanonici di Lucca e pubblicato dal Muratori nelle sue Antiquitates Italicae, tomo W, De artibus italicorum post inclmationein Romani imperii, Dissertatio XXIV, p. 364-387, e commentato dal Bertiielot nella sua opera: La Chimie aii moi/en à(je, 1893, voi. I. L'ignoto autore nel capitolo De Pergamina, scrive: " Pergamina quomodo fieri debet. Mitte illam in calcem, et jaceat ibi per dies " tres. Et tende illam in caatiro. Et rade illam cum nobacula de ambas partes; et " laxas desiccare. Deinde quodquod volueris scapilatura facere facere, fac, et post " tingue cum coloribus „. E interessante il fatto, che forse il piìi antico manoscritto che tratti di chimica applicata è questo di un autore italiano. Era pochissimo conosciuto prima della pub- blicazione fatta dal Berthelot. Come si vedo, sino d'allora si usava la calce. E di questa infatti più o meno ne resta sempre nelle peigainone per la scrittura o per la pittura. Teofilo, del secolo XII, che pare l'inventore della luttura ad olio, nel suo famoso libro Diversarum artium scliedula, non tratta della fabbricazione della pergamena ; ac- cenna invece alla pergamena greca che dice fatta con cotone del legno (?), parla della fabbricazione dei colori come il verde di Spagna, la cerussa, il cinabro; insegna a preparare la colla (che deve servire a fissare i colori), colla pelle, colla pergamena, colla vescica, ecc. La pergamena è una pelle resa resistente non già per mezzo di una vera concia, ma per mezzo di operazioni in gran parte meccaniche. Che non sia veramente con- ciata si desume già dal fatto che la pergamena non è imputrescibile come il cuoio (Ij. Si conoscono poche analisi chimiche della pelle nel suo stato naturale. Lo strato epidermico è costituito in massima parte di sostanza cornea, di keratina; non dà gelatina per ebollizione con acqua, e non contiene albumina solubile. L'acido nitrico l'ingiallisce ed il nitrato d'argento la colora in bruno riducendosi. Mulder (2) vi trovò: C = 50.28 H : 6.76 N 17.21 ^ = 25.01 S = 0.74 oltre a 1 — 1.5 *^/o di cenere. n) E erroneo il dire che " notfo i' nonip di pergamme si iiifpnrìe xnn pelle la qitalf ìi resta impu- trescibili- non ffià per via di una concia, ecc „ (Enc'clop. Arti ed Industrie, II. p. 832). La perpra- mena e invece putrescibile. E imputrescibile nelle condizioni ordinarie di secchezza. - HoppE-StvLER, Physiol. Chein., 1877, I, p. 90; A. Galtier, Chini. bioL. 1897, 111, p. ;335. 438 ICILIO GUABESCHI 16 Secondo Miintz (1), la pelle di bue disseccata a 110-120° perde gr. 19 a 19.25 7o di acqua ed ha allo stato secco la composizione seguente (media di 2 analisi) : C = 51.43 H = 6.64 N = 18.16 = 28.04 Lo strato principale che è il sottostante, derma o corion, è costituito da sostanze diverse, di natura albuminoidea. Reimer (2) distingue nella pelle due sostanze ; una, la sostanza fibrosa, tessuto congiuntivo, che ha la composizione seguente: C = 48.45 H = 6.66 N = 18.45 = 26.44 e che l'autore rappresenta colla formola coriina, che ha la composizione: C = H = N = e che l'autore rappresenta colla formula C^°H^*'Ni°Oi^. Secondo Reimer per ossidazione e idratazione, la sostanza fibrosa del tessuto con- giuntivo si trasforma in coriina: C^oH^^N^Oi^ + + 2H20 = CsoH^oNioOi^. Per quanto le analisi descritte concordino bene con le formule, noi diamo queste formole con tutta riserva. Per ebollizione con acqua sotto pressione la pelle fornisce della gelatina, la quale per idrolisi dà pressoché gli stessi prodotti che gli albuminoidi, se si eccettui la tirosina (8). Cramer (4) trovò per la fibroina e la gelatina o sericina, dalla seta, la compo- sizione seguente, analoga a quella trovata da Reimer per la pelle: Fibroina Sericina c = 48.39 44.32 H = 6.51 6.18 N = 18.40 18.30 = 26.70 31.20 Secondo Miintz (5) la pelle di bue completamente disseccata fornisce 0,6693 % di cenere, che ha la composizione seguente: (1) Ann. Chem., 1870 (4), t. 20, p. 315. (2) Dingler's polii. Journ., 205, p. 243; Mem. scient., 1873, p. 599 e 688. (3) Z. f. physiol. Chem., 1902, p. 80. (4) J. pr. Chem. (1), XCVI, p. 76. (5) Loc. cit., p. 330. C30H4«xioOi2 ; e l'altra, la sostanza cellulare = 45.91 = 6.57 = 17.82 = 29.61 17 OSSERVAZIONI KD ESPERIENZE SUL RICUPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 439 Silice solubile nell'acido cloridrico . 0.0 146 0,1736 Acido fo.sforicu Ossido di ferro e allumina . Ossido di manganese . Cloruri alcalini 0,0974 0,0930 non dosato 0,1380 La pelle di una giovenca conteneva ceneri = 0,467 % , di cui (ivi, p. .3.34): Silice solubile in acido cloridrico . 0.0311 Calce 0,1212 Acido fosforico ..... 0,0892 Allumina e ossido di ferro . . 0,0704 Cloruri alcalini .... 0,1102 Analisi queste incomplete e che per di piìi in alcuni libri italiani sono riferite in modo affatto erroneo. L'autore non fa cenno della presenza o no del magnesio. Anche Wienholt ha pubblicato alcune analisi del derma, non dà però la percen- tuale delle materie minerali (Lambling, Chim. physiol. Encydop. Fremy, IX, p. 404). Non sappiamo quali siano le modificazioni subite chimicamente dalla pelle du- rante la trasformazione in pergamena. Avendo un campione di pergamena bellissima, antica, del secolo XII, e che la- sciava pochissima cenere, ho voluto analizzarla ed ho ottenuto i risultati seguenti: Acqua a 100° . . . . = I6.9 oj^ Acqua a 125" , — 17 gg Cenere sulla sostanza secca all'aria = 1.01 Cenere sulla sostanza secca a 125" = 1.21 La sostanza disseccata sottoposta all'analisi diede i risultati seguenti; L Gr. 0,1575 fornirono 0,2859 di CO^ e 0,0988 di H^O. II. Gr. 0,1286 fornirono 20.8 cm» di N a 23° e 744 mm. Da cui dedotte le ceneri: C = 49.48 H =: 6.81 N = 17.78 - - 25.93 Questa pergamena riscaldata, rigonfia moltissimo e dà un carbone voluminosissimo che poi brucia bene. Composizione che si avvicina a quella trovata da Reimer per la sostanza fibrosa. In questa e nelle analisi precedenti di altri chimici non è tenuto conto dello zolfo, che certamente vi è. Basta scaldare la pergamena verso 200° per osservare lo svi- luppo di ammoniaca, insieme ad acido solfidrico. 440 ICILIO 6UARESCHI 18 Tra le pergamene moderne ne ho trovato una che contiene una assai piccola quantità di cenere, circa 0,3 a 0.4 ^/o sulla sostanza disseccata a 125°. Un dosamento di carbonio idrogeno ed azoto diede i seguenti risultati : I. Gr. 1593 di sostcìnza diedero 0,2950 di CO^ e 0,0980 di H^O. II. Gr. 0,1044 fornirono 16.6 cm^ di N a 24^ e 725,2 mm. Da cui, dedotte le ceneri : C =50.50 H= 6.83 N = 17.48 = 25.83 Questa pergamena quando si scalda rigonfia quasi niente ed il carbone duro che si ottiene brucia abbastanza presto. Le operazioni che si fanno subire alle pelli grezze, cioè pulite e depilate, sono: la tiratura su telaio, la scarnatura, la sdossatura, la spolveratura e la essiccazione. La spolveratura, che serve a facilitare la essiccazione e a ricoprire le parti grasse non ben elimate nelle precedenti operazioni, consiste nello spolverare la pelle con calce spenta (idrato di calcio CafOH)^) o con bianco di Spagna, mediante uno strofinaccio. Le pergamene da servire per scrittura, pittura, ecc.. si sottopongono inoltre alla raschiatura ed alla pomiciatura. La pr-ima operazione si eseguisce con un ferro detto ferro da scarnare, ed ha per iscopo di rendere la pergamena più omogenea. La pomi- ciatura poi completa la fabbricazione della pergamena ed ha per iscopo di eguagliare e lisciare la pelle togliendole tutte le scabrosità lasciate dalla raschiatura. La faccia deve essere bianca e a grana fina (1). La fabbricazione della pergamena ha subito molte variazioni nel medio evo e dopo, secondo i luoghi e le epoche. In generale fino al secolo X o XI i manoscritti sono fatti con pergamena bianca, molto liscia e fina. Dopo, se ne fabbricò di quella molto ordinai'ia, non omogenea, spesso non ben digrassata, di spessore disuguale, anche molto grossa come ora. Non ho fatto delle analisi complete delle pergamene antiche e moderne, non era questo il caso, nè io avevo intenzione di farle. Mi sono limitato ad alcune determi- nazioni quantitative che mi potevano servire a fare qualche confronto. Ho determi- nato l'acqua eia perdita di peso in totale a varie temperature, e cioè a: 100-125- 182.5-210*' e anche 230". 5. notando quando incominciava lo sviluppo di ammoniaca e di acido solfidrico. Volli anche vedere quanta era l'acqua che la pergamena disseccata a 125-182.5-210° ricuperava stando all'aria. Determinai inoltre la percentuale delle ceneri e tenni nota del modo di comportarsi della pergamena quando si carbonizza e poi brucia. Sino dapprincipio osservai che le pergamene molto antiche (secoli X-XII). scal- date su lamina di platino in generale rigonfiano molto piìi che non le pergamene dei secoli posteriori e delle pergamene moderne; il residuo carbonoso è molto più volu- ti) Altre notizie si troveranno in: Monselice, La Concieria, in Enc. Arti e Ind., voi. II ; Voinexten DE Lavelines. Cairs et Peaux, 1894. 19 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 441 minoso, leggiero; danno cenere bianchissima ed in quantità minore che non le per- gamene de' secoli XIV e XV. Vi sono certe pergamene che rigonfiano talmente che il carbone leggiero occupa tutto il volume della cassula di platino entro cui si fa l'incenerimento; 0,6 gr. di sostanza in una cassula della capacità di circa 50 cm^. Quasi tutte le pergamene moderne invece non rigonfiano quasi niente e lasciano un residuo carbonoso che non brucia tanto facilmente. La pergamena che non ha sentito l'azione del calore ad un grado non molto alto contiene la quantità normale di acqua, cioè da 17 a 19.5 %, e la ricupera tutta stando all'aria. Per giudicare se una pergamena è antica o no non si deve dar troppo peso al colore bruno sporco o nerastro; una pergamena nuova può essere scura ed una molto vecchia anche bianchissima. Molti de' codici che ho nel mio Laboratorio, e che sono de' secoli X e XII ez*ano in pergamena bianchissima. Invece una bibbia spagnuola del XV'' XVP era in pergamena grossa e brunastra anche nella parte non tocca dal fuoco. L'analisi chimica dimostra che le pergamene molto antiche spesso contengono poca calce. Le pergamene antiche che hanno sentito molto l'azione del calore, e peggio poi se sono come vetrificate, contengono relativamente molta cenere, anche perchè essendo state in parte decomposte la percentuale della cenere deve aumentare. In un'altra pubblicazione riporterò i dati numerici delle numerose determinazioni che ho fatto. Qui mi limito a dare i risultati delle determinazioni fatte su alcune solamente delle pergamene antiche e moderne : Pergamena Acqua a 120--12.V' — o ir; W '-p 4^ ed d = os-^ Modo di comportarsi pel riscaldamento Secolo IX-X 18.46 2.2 rigonfia molto Secolo XII 17.68 1.21 rigonfia moltissimo Bibbia ebraica-spagnuola 18.35 2.48 rigonfia meno di XII Codice francese sec. XI\^ 18.95 3.15 rigonfia molto, ma meno di Xll 2-^ metà XV 17.7 6.1 rigonfia molta e brucia bene Pergamene moderne FrancesQ, di montone detta lisse .... 18.88 1.54 l'igonfia poco; carbone che brucia difficilmente detta hlanc .... 18.1 3.31 rigonfia poco ; brucia bene Fina acq. a Torino . . 18.0 4.5 quasi non rigonfia; brucia bene Ordin. , „ . . 16.1 6.53 rigonfia poco Di montone acq. a Torino 18.9 0.35 rigonfia pochissimo Di vitello , , 18.6 10.38 rigonfia bene; la cenei'e contiene Piombo Skbik II. Tom. LIV. F' 442 ICILIO GUAEESCHI 20 2) Uso della camera umida Spianamento dei fogli — Prove con soluzioni saline — Prove di restauro. Come ho già detto, alcune volte quando i codici non sono stati troppo alterati dall'azione del calore o meglio quando probabilmente non hanno sofferta l'azione del- l'acqua fredda usata per spegnere l' incendio, se si toglie il carbone colla lima o col raschiatoio e si lasciano all'aria, si dividono quasi da sè in parti minori o gruppi di fogli, che poi a poco a poco si possono sfogliare usando molta cautela: è vero però che i fogli rimangono moltissimo raggrinziti, ma ad ogni modo si raggiunge lo scopo del distacco senza bagnare il codice. Ma nella maggior parte dei casi questo mezzo non basta e bisogna usare l'immersione graduale e parziale del codice nell'acqua tie- pida, oppure usare la camera umida. La camera umida in moltissimi casi serve bene per staccare i fogli dopo che fu tolta buona parte del carbone e catranie esterno colla lima o col raschiatoio. Col- l'acqua calda che si mette dentro la stufa si può comodamente scaldare l'ambiente umido a 20''-25° e anche 30°. Io esperimentai subito anche questo mezzo raccoman- dato dal P. Ehrle; una camera umida, piccola, mi fu prestata gentilmente dal collega prof. Camerano sino dal 16 febbraio, e lo ringrazio vivamente. I risultati sono lenti, ma buoni, specialmente se si ha l'avvertenza di tagliare quelle parti del codice a largo margine ove la pergamena è troppo attaccata. L'azione della camera umida è più regolare ancora, ma lenta, se si mette nell'acqua molta sabbia, come mi racco- mandò il prof. Camerano. Ma in seguito ho visto che nel caso nostro si poteva sen- z'altro usare anche solamente l'acqua calda. Nel marzo si cominciò a far uso anche di una grossa camera umida che prima in laboratorio serviva come ghiacciaia e questa serve benissimo; su cinque o sei piani a reticolato sta molto materiale che alterna- tivamente si lavora. Grande cautela- si abbia sempre di badar bene se in questo am- biente umido e caldo non si sviluppino batteri. In questo lungo periodo di lavoro non si è più visto nessun foglio di pergamena invaso dai microbi. Ho fatto fotografare anche questo apparecchio che ci servì tanto bene. L'uso della camera umida che in principio pareva non tanto soddisfacente perchè l'applicai ad alcuni pezzi o frammenti già troppo alterati, diede invece in seguito ottimi risultati, e la seconda parte del codice francese del XV secolo fu dalla sig^ Serafino in parte sfogliata applicando già nel febbraio questo semplice apparecchio. In certi casi poi è impossibile usare la camera umida e ciò per varie cause. il codice, frammento di codice, è troppo compatto e incatramato anche all'interno, e allora non si stacca o si stacca così lentamente che si corre pericolo dello sviluppo di batteri ; oppure, come nel caso de' frammenti dalle macerie, il materiale è così sporco con carbone e terriccio che bisogna per forza pulirlo coll'acqua, badando volta per volta se si scorgono miniature, o se in qualche modo i fogli si alterano. Coll'uso della camera umida si ottengono spesse volte molto allargati i fogli, quasi nello stato primitivo, come coll'uso dell'immersione diretta nell'acqua, ma altre volte ciò non riesce e i fogli non possono allargarsi tanto quanto si raggiunge in- vece coll'immersione nell'acqua. 21 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL niCUTERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 443 Certo che per ogni codice bisogna fare qualche prova. Se l'inchiostro non soffre e il codice non è miniato , allora , dopo staccati i fogli , lasciando il pezzo nella camera umida, si immergono per pochi minuti nell'acqua pura e tiepida, poi si sten- dono e si spianano. Codice latino (N. 31 del mio catalogo) carbonizzato all'esterno. — È in assai cat- tivo stato. E un frammento che ha la parte anteriore bruciata, come pure ai lati, ma nella parte posteriore si vede bene una pagina tutta contratta. Il frammento ha le misure seguenti: Lunghezza alla linea centrale posteriore . 13,2 cm. Larghezza del foglio in alto . . . 8-9 , , „ ~ al centro . . . 8 „ Spessore del frammento .... 7 , circa. La fig. 2, Tav. I, rappresenta il pezzo di fronte e in parto di fianco; la fig. 3 rappresenta la pagina posteriore raggrinzata. Messo il frammento in camera umida per staccare alcuni fogli, questi si stac- cano abbastanza bene, però gli ultimi no, e li conservo riuniti e disseccati. Nella ca- mera umida i fogli non si dilatano molto; le dimensioni aumentano appena di qualche centimetro. Il foglio, fotografato, immergo nell'acqua a 25°-30° per pochi minuti, poi si distende. Misura: Lunghezza . . . . . . . 18 cm. Larghezza 12,5 „ cioè la superficie del foglio che prima era di circa 112 cm- diventa circa 225 cm^, vale a dire piìi che raddoppiata. La fig. 4 rappresenta il foglio staccato e spianato. Come si vede, il risultato è ottimo. La piccola rottura che è quasi nel mezzo del foglio spianato trovavasi anche nello stesso foglio prima, come può scorgersi esaminando bene la fotografia. I fogli spianati ed asciutti dei vari codici li comprimo poi in un piccolo strettoio fra due tavole di legno duro. Cosi si riducono a piccolo volume e in istato da poter essere legati. I fogli del primo frammento di un codice latino abbreviato ricevuti il 27 gen- naio e che occupavano un enorme volume, furono inumiditi in camera umida, stirati e pressati. Ora sono bellissimi, lisci e sono riuniti in un pacco dello spessore di circa 8 centimetri. Quando si comprimono col torchio fra due tavole di legno bisogna che i fogli siano asciutti, o quasi. Lo spianamento può essere fatto bene ed anche presto mediante stiramento dei fogli a mano e fissazione su tavolette di legno con striscio di cartoncino e punte piatte per disegno. Il foglio deve essere ancora umido, ma non molto. Tra il foglio e il legno si mette della carta asciugante. 444 ICILIO OUARESCHI 22 La signora Serafino-Bonomi poi, in casi di fogli in parte molto contratti e che non possono uniformemente spianarsi causa larghe e profonde anse, trovò assai utile usare un ferro caldo, ma non molto, col quale, passando lievemente sulla parte del foglio rigonfiato, ma umido e ricoperto con pannolino umido, fa alquanto contrarre la parte dilatata e la rende uniforme al resto. Ho fatto fotografare alcuni fogli con larghe e profonde anse prima e dopo lo spianamento: qui non posso riprodurre molte figure. I risultati che cosi si ottengono sono ottimi; in altro modo sarebbe impossibile avere una pagina liscia. Perchè, come si vedrà piìi avanti, quando la pergamena ha subito una certa temperatura non si riesce più a dilatarla tanto quanto era prima, almeno a rendere il foglio omogeneo. Adoperando poi dei congegni meccanici come piccoli telai per lo stiramento e spianamento, come ideai di fare sin dal principio ed è facile immaginare, si capisce che i risultati saranno anche migliori, ma certamente piìi lenti; io però mi tengo soddisfatto dei risultati ottenuti nel mio laboratorio sino dai primi tentativi. Anche in questo lavoro le signorine Giani e Castagneri, e particolarmente la signora Se- rafino Bonomi, vi hanno acquistata tanta abilità che spianano e distendono molti fogli in poco tempo, tanto più ora nella stagione calda, che i fogli distesi asciugano dalla sera alla mattina. Operando nel modo sovraindicato o coll'acqua sola o con soluzioni saline, si è potuto in questo breve tempo nel mio laboratorio spianare e distendere qualche mi- gliaio di fogli. Prove con soluzioni saline. — In questo frattempo ho fatto anche numerose espe- rienze con sostanze igroscopiche o deliquescenti per vedex'e se si poteva fare in modo che i fogli staccati restassero, dopo lavatura e spianamento, morbidi, pieghevoli e non duri e fragili. A questo scopo si teneva per pòchi minuti immerso il foglio nella soluzione sa- lina, piuttosto diluita: circa 1 °jo. II dott. P. Biginelli mi suggerì l'uso del cloruro di zinco. Fatte le esperienze di confronto con acqua sola e con cloruro di zinco all'I %, risultò che le pagine con- venientemente trattate e spianate restano non molto morbide, ma forse un poco piìi morbide che non coll'acqua sola. Ad ogni modo il foglio rimane bello. Tentai l'uso dell'acetoso di potassio neutro o lievissimamente alcalino. Il risultato fu buono. I fogli si dilatano come coll'acqua sola, ma dopo asciugati rimangono bene spianati e alquanto morbidi, al punto che si possono leggere bene e si possono ripie- gare senza che si rompano. Ho fatto fotografare un foglio' molto raggrinzato, con larghe anse agli orli, di un codice latino (N. 90 del mio catalogo provvisorio). Il foglio è *poco colorato in una pagina e giallo-bruno dall'altia pagina. La pergamena è fragile, dura, non si piega senza rompersi, il carattere si legge male. Misura: Lunghezza nella linea mediana Larghezza .... Cioè superficie, circa 12,5-13 cm. 8-9,5 117 cm^. 23 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 445 Dopo immersione per circa 10 a 15 minuti in soluzione di acetato potassico al- l'I "/o si distende su tavoletta; quando è asciutto all'aria misura: Lunghezza 18-19 em. Larghezza 13,5-14,5 „ Cioè superficie 243 a 275 cm^. Come si vede, anche qui la superficie è piìi che raddoppiata. Il foglio è quasi bianco, pieghevole senza rompersi ed il carattere si legge be- nissimo. In questo modo ho pure trattato un frammento di codice greco (N. 108). I fogli sono raggrinzati, carbonizzati agli orli, di color giallo-bruno nelle due pagine, ma bene leggibile il carattere. Misura: Lunghezza 13 cm. circa Larghezza . . q Cioè superficie . . . . 117 cm-. Dopo immersione in soluzione di acetato potassico al 1 o/o, fissazione su tavo- letta ed asciugamento all'aria, i fogli rimangono giallognoli con ancora qualche macchia, il carattere si legge benissimo, la pergamena è abbastanza morbida, pieghevole, mentre prima era friabile: dopo il trattamento misura: Lunghezza 17 a 18 cm. Larghezza 11,5 a 12 „ Cioè superficie 195 a 216 cm-. Due di questi fogli furono pure fotografati prima e dopo il trattamento. Ho esperimentato anche coi cloruri di magnesio e di calcio in soluzione airi,5 "/o circa: i fogli si allargano bene, si spianano bene e rimangono abbastanza morbidi. Meglio forse col cloruro di magnesio che col cloruro di calcio. Ma in complesso poco pili vantaggioso che coll'acqua sola. Visti questi risultati, pensai alla soluzione del sapone di potassa. Usai del buon sapone a base di potassa e che non aveva eccessiva reazione alcalina. La concen- trazione più conveniente mi parve quella dell'I ° o od anche un po' meno. I fogli dopo immersione per 10 minuti circa in detta soluzione, poi asciugati e spianati ri- mangono abbastanza morbidi e lisci, più che coll acqua sola con altre soluzioni sa- line. È questo secondo me il mezzo migliore da preferirsi ora. L'inchiostro quasi sempre non si altera. Bisogna adoperare la soluzione fatta di recente e quasi lim- pida: la stessa soluzione essendoché intorbida dopo l'immersione dei fogli, non deve usarsi per molti fogli: è bene rinnovarla. Ho detto che nella camera umida talora i fogli si dilatano tanto quanto dopo immersione nell'acqua e che in molti altri casi no. Ricordo alcune delle numerose esperienze fatte. 446 ICILIO GUARESOHI 24 Esperienza. — Codice latino N. 136. — I fogli di questo codice sono ingialliti, molto raggrinzati, in alcuni punti imbruniti dal catrame. Tentando di piegarli si rom- pono. Misurano: Lunghezza, al centro . . . . . 12,5 cm. Larghezza, , 9,5 „ Superficie 118 cra^. Dopo immersione per dieci minuti in acqua, soluzione di cloruro di magnesio o di sapone, si hanno i risultati seguenti: Con acqua sola: Lunghezza ...... 18,5 cm. Larghezza 13,5 « Superficie ...... 249 cm^. Col cloruro di magnesio: Lunghezza . . . . . . 18,5 cm. Larghezza 13,0 .„ Col sapone: Lunghezza ...... 18,5-19 cm. Altezza 13-13,5 „ Superficie 249-256 cm^. Come si vede, la superficie del foglio che prima era di circa 118 cm^, dopo trat- tamento con acqua e sapone arriva a più del doppio, cioè a circa 250 cm^. La fig. 5 rappresenta il foglio quale era quando era secco, e la fig. 6 quando fu spianato dopo il trattamento con sapone. Si mettono alcuni fogli di questo codice nella camera umida per vedere se si allargano come coll'immersione. Dopo 24 ore si trova: 15,5 X 12 cm. dopo 48 ore: 18 X 12,5 , dopo 72 ore: 18 X 12,5 , dopo 4 giorni: 18 X12,5 „ Dunque si allargano tanto quanto quelle messe direttamente nell'acqua o nelle soluzioni saline. Risultati diversi invece ottenni con altri codici, come ad esempio col codice la- tino N. 124. E un latino abbreviato. I fogli sono duri, raggrinzati. Misurano: Lunghezza 15 cm. Larghezza . . . . . . . 12 „ Superficie . . . . . . . 180 cm^. 25 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL BICUPEEO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 447 Dopo immersione in soluzione di sapone, asciugamento e distensione, le pagine sono belle, leggibili, abbastanza morbide e misurano : Lunghezza 22,S cm. Larghezza . . . . . . . 17 „ Superficie 387 cm'''. Con soluzione di sapone detto neutro (1), cioè meno alcalino, si ha: 23 cm. X 16,5 — 379 cm^ circa. Alcune pagine di questo stesso codice furono messe in camera umida e dopo 48 ore, distese e spianate, misuravano : 18 X 14 = 252 cm2, e dopo 4 5 giorni misuravano ancora 18 X 1^ e non più. Come si vede, coU'acqua o col sapone e successiva distensione, senza l'uso di un telaio meccanico per distendere, i fogli raddoppiano e anche più la loro superficie: da 180 cm2 circa diventano 387 a 390 cm^; colla sola camera umida, no. Un altro codice (N. 95). — I fogli misurano: 13,5 X 11,5 cm. Dopo immersione in acqua con sapone detto neutro, si ha: 20-21 X 16-16.5 cm. Dopo 48 ore, e in camera umida, si ha solamente: 14,5 X 12 cm. e non più. Ottimi risultati ottenni pure con un codice francese molto importante, quale è il Roman de Florìamont del secolo XIV, ancora inedito. Era in istato deplorevole, in parte nero anche nelle pagine, i fogli molto attaccati. I fogli di questo grosso fram- mento di codice erano bruno-neri, difficilmente distaccabili e misuravano: Lunghezza 20-21 cm. Larghezza 13-13,5 „ Superficie 260 a 283 cm^. Furono staccati lasciandoli in camera umida e diventarono: Lunghezza 22,5 cm. circa Larghezza ...... 14 ., „ Superficie . . . . . . 315 cm-' , Rimasero bruni, non bene leggibili, anzi la maggior parte dei fogli non leggi- bili. Si immersero per 10 minuti circa in soluzione di sapone potassico all'I 'Vo e poi (1) L'uso di questo sapone detto neutro, e che forse contieue ancora materia grassa non sapo- nificata, non è da raccojnandarsi perchè la pergamena rimane quasi come oliata, e si legge men bene. Alla pag. 443 [21], invece di: fifr. 2. Tav. I, leggasi: fig. 4, Tav. II: Kg. h c (i. Alla pag. 446 [24], inrece di: fig. 5 e 6. leggasi: fig. 2 e 3. Alla pag. 4.50 [2S], invece di: fig. h e 6. le;/;jasi: fig. 2 e 'i. 448 ICILIO GUARESCHI 26 furono spianati. Il testo si legge benissimo, le pagine rimangono abbastanza pulite, anzi molte quasi bianche o biancastre; l'inchiostro non è affatto alterato, o quasi. I fogli misurano: Lunghezza. ...... 28-29 cm. Larghezza 16-17 , Superficie 448 a 486 cm^. I fogli di questo codice importante, di cui pur troppo mancano i primi, sono perfettamente ricuperati. Solo che molti di essi, in causa delle rotture prodottesi in origine, dovi-anno essere restaurati. Ho fatto fotografare uno di questi fogli che era molto raggrinzato e misurava: Lunghezza . ... . . . . 21 cm. Larghezza ....... 14 , Superficie ....... 294 cm^. Dopo trattamento conveniente, e solamente con acqua, il foglio misurava: Lunghezza ....... 30 cm. Larghezza . . . . . . . 19, ò „ Superficie ....... 585 cm^. II foglio così ottenuto è bellissimo, gli ornati che sono ne' margini, sono ben conservati ; il colore azzurro che era alquanto sbiadito fu rinforzato e le lettere co- lorate sono bellissime. Nella parte inferiore a sinistra in basso vi era una rottura della pergamena, nella parte non scritta, che deturpava il foglio e che quando era raggrinzato non si vedeva. Allora si pensò di togliere la parte rotta, e sostituirla con un pezzo di pergamena simile; poi vi si fece dal signor dott. Torrese un fram- mento di fregio identico a quello che vi era prima. Questo foglio è così restaurato benissimo. Buoni risultati pure con un codice latino (N. 45). — La pergamena di questo co- dice è sottile ; i fogli in molti punti all'esterno sono come vetrificati ; color bruno, in alcune pagine biancastro. Pergamena fragile ma più elastica. Carattere quasi il- leggibile. Lunghezza al centro . . . . . 14,8 cm. Larghezza , ..... 10 „ Si lascia molti giorni in camera umida, poi si distaccano i fogli; Lunghezza ....... 15,5-16 cm. Larghezza . . . . . . . 10-10,5 „ Le pagine restano sporche, brune, non si distendono bene. Ne metto un foglio in acqua tiepida e si distende: Lunghezza . . . . . . . 17,5 cm. Larghezza ....... 14 „ 27 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 449 Il foglio è abbastanza morbido, ma non come col sapone. Questo codice ha delle lettere tutte colorate o in roseo o in verde. Quelle rosee resistono bene. Il verde invece è come agglutinante, corrode la pergamena; per cui, dopo il lavaggio, ove era il verde rimane un foro. Splendido risultato ottenni con un codice italiano hobbiense (del Cavalca) del se- colo X-XI e che ha segni di palimsesti. Questo codice, come tanti altri non è im- portante per la sostanza che contiene, ma per la paleografia. È un codice imper- fetto, di cui si sono trovati molti frammenti e fogli sparsi fra le macerie. Un foglio misurava: Lunghezza . . . . . . 13 cm. circa Larghezza 6,8 „ „ Superficie 88 cm- „ Era molto raggrinzato e in molti punti bruno-sporco. Dopo 36 ore in camera umida a 25° circa, si ha: 15 X 8. I fogli si staccano bene, ma anche dopo 4 e più giorni di camera umida, le di- mensioni non aumentano. Immersi i fogli in acqua tiepida, stirati e spianati, si trova: 20-20,5 X 10-10,5, cioè superficie = 200 a 215 cm^. In questo caso dunque la superficie del foglio spia- nato è circa una volta e mezza maggiore di quanto era prima. L'inchiostro non si altera. Ho fatto fotografare il foglio prima e dopo lo spianamento. In certi casi si hanno ottimi risultati solamente col cloruro di zinco. Codice francese (N. 82). Forse del secolo XIV. — È un commento al giuoco degli scacchi che tratta di moralità. Il carattere è molto piccolo, contratto molto, e non facile a leggersi. I fogli misurano: Lunghezza 13,5-14 cm. Larghezza ...... 7-8 Superficie 94 a 112 cm^. Immerso in soluzione di cloruro di zinco (1 o/o), poi asciutto e messo sotto presse: 16,5 X 10,5 ed il carattere è bene leggibile. In soluzione di sapone poi steso e spianato: 19 X 11,5, ma il carattere non si legge bene. Dopo 24 ore in camera umida: 17 X 9. Skrie li. Tom. LIV. et 450 ICILIO GUARESCHI 28 Il carattere non è ingrossato ma è leggibile. Immersi altri fogli in cloruro di zinco, poi stesi e spianati, misurano: 20-21 X 11 cm. ^220 a 230 cm^. Il carattere è ingrossato molto ed è bene leggibile. La superficie anche in questo caso più che mai raddoppiata. Le righe che erano 4 a 4,8 cm. diventano 7 a 7,2 cm. La pergamena rimane abbastanza morbida e ben pulita. Anche di questo codice ho fatto fotografare un foglio prima e dopo il tratta- mente con cloruro di zinco. Ho fatto molte altre esperienze con altri frammenti di codici, che descriverò in altro lavoro. Le sostanze da me esperimentate hanno dato in complesso buoni risultati: ciò non toglie che se ne potranno trovare delle migliori. Ho fatto qualche tentativo con soluzioni diluitissime di ipoclorito di sodio o di acqua di cloro, ma non ne sono rimasto soddisfatto. In ogni singolo caso bisogna sempre agire con prudenza e fare qualche prova per vedere se l'inchiostro soffre. Rare volte mi è capitato di vedere a diminuire l'in- tensità di colorazione dell'inchiostro: ma qualche volta capita. Inchiostri poco buoni ho osservato in codici a grande formato e non molto antichi, come ad esempio un grosso codice latino (N. 10), forse del sec. XV. e anche dei codici riccamente illustrati e miniati, come ad esempio il Guiron le courtois. In questi casi non si deve assoluta- mente immergere i fogli nell'acqua e aver molta cautela anche colla camera umida, quando poi si distendano i fogli. In certi casi quando anche nei codici con inchiostro buono, in qualche punto il carattere si è un poco scolorato, si può ravvivare col passare sulle lettere una so- luzione diluita di tannino, mediante un sottilissimo pennello, in maniera da non toc- care l'intervallo manoscritto delle righe. Prove di restauro. — Nel mio laboratorio si sono fatte anche alcune prove di restauro e con ottimo risultato. Il restauro, che consiste essenzialmente nel togliere i difetti principali che si trovano nei fogli spianati, richiede abilità e pazienza e anche un certo senso artistico. Regole generali non se ne possono dare ed il chimico deve nei singoli casi usufruire le sue cognizioni scientifiche e pratiche che crederà più opportune. In certi casi il restauro può consistere, almeno in parte, nel far scomparire o dimi- nuire certe macchie scure che si trovano sulla pergamena dei fogli stati alterati dal- l'acqua e dal catrame: il chimico può valersi secondo i casi o di una azione meccanica, se non vi è scrittura, quale la pomiciatura, oppure di soluzioni di sapone, che spesso non alterano affatto la scrittura e rendono più chiara la pergamena. La figura 5, rela- tivamente alla figura 6, dimostra i vantaggi che se ne possono avere. Ad esempio, se si deve aggiungere qualche pezzo di pergamena nei margini dei fogli è bene usare pergamena antica pressoché dello stesso aspetto della pergamena del foglio che si vuole restaurare; in questo modo l'illusione è completa. Se si deve ravvivare l'inchiostro, può usarsi il tannino, il solfuro di ammonio, od altro reattivo, secondo i casi. Se si tratta di chiudere dei fori esistenti nei fogli si possono usare mezzi diversi. 29 OSSIÌRVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO E HVL RESTAUPvO DEI CODICI, ECC. 4.")1 Miscugli ad esempio di gelatina o colla di pesce (ittiocolla), con qualche sale metallico, e con un poco di formalina od altro antisettico conveniente. La donna può in questi lavori raggiungere un grado di abilità, forse superiore a quella dell'uomo. Io ho potuto persuadermene nel breve tempo che ho dovuto occuparmi di queste cose. Maggiori difficoltà si hanno quando ?i tratta di restaurare qualche disegno o figura, miniature, ecc. Può avvenire che durante il distacco si esporti qualche pezzo di pergamena di una miniatura, come accadde per una bella illustrazione del Guiro» le courtois. La signora Serafino-Bonomi pensò di applicare nella parte posteriore un pez- zetto di tulle a maglie non troppo larghe, poi fece aderire su questa con un pennello un poco di gelatina e su questa, quando era ben secca, la materia colorante verde, per cui tutto il disegno è quale era prima. Ma questa è la parte che piìi che al chimico spetta all'artista; e perciò questi saggi furono subito interrotti. In quei punti ove la pergamena agli orli è bruciata od altrimenti mancante può essere sostituita con pezzi di altra pergamena simile. Trattandosi però di codici ma- noscritti che furono poi stampati, tante minuziose cure forse forse non sono nemmeno necessarie; importa invece salvare quanto più si può le miniature, e queste del Guiron sono in parte ben ricuperate. Dall'esame di molti codici e frammenti mi risultò un altro fatto, ed è che quando il codice ha sentito molto l'azione del calore e specialmente nelle pagine ove sono le miniature, spesse volte la pergamena è tutta corrosa nella scrittura; ciò, natural- mente, dipende in gran parte dalla natura dell'inchiostro e molto probabilmente le profonde corrosioni preesistevano in gran parte anche prima dell'incendio. Tale è il caso di un bel codice: De regimine principum. molto alterato dal fuoco, e perforato a metà da un potente colpo di piccone. Descrizione di rtlcuni codi'-i danneggiati e in gran parte ricuperati. — Tra i codici che con le sovraricordate minuziose cure sono stati ricuperati e resi leggibili, se non in tutto, almeno in gran parte, posso ricordare i seguenti : Rhuhanus Maurus. De Laudibu^ sanctae crucis del secolo X. Era in istato deplo- revole; i fogli sporchi, attaccati in modo che riesci assai difficile staccarli, la scrit- tura in molti punti era illeggibile. A poco a poco si riuscì a staccare quasi tutti i 45 grossi fogli lunghi circa 30 cm. e larghi 20 a 25 cm. e a renderli leggibili. Le fotografie che ho fatto fat e danno un" idea dello stato dei fogli prima e dopo il trat- tamento. Questo codice è stato ricuperato totalmente ed in buono stato. E importante specialmente perchè molto antico. Specialmente 20 a 25 fogli sono stati ottenuti in così buone condizioni che non hanno quasi piìi bisogno di alcun restauro. Codice francese della biblioteca dei dxichi di Borgogna. — Era un ammasso informe carbonizzato molto piìi ristretto in una parte che nell'altra e che in alcuni punti dimostrava di essere bagnato ancora e in via di alterazione. Lo si fece disseccare sotto cappa, poi raschiando il carbone, lo si potè dividere in due parti ed allora apparve come codice francese, assai bene miniato, a due colonne, di cui una quasi distrutta dal fuoco, specialmente in basso. Levata via la parte carbonosa e lasciato a sè dopo essere ben disseccato, si potè separare a poco a poco in piìi frammenti, 452 ICILIO GUARESCHI 30 e COSI renderli ben conservabili per lavori ulteriori. È costituito di pergamena fina e magnificamente illustrato con figure ed ornamentazioni fatte con oro e con colori finissimi. Questo bellissimo libro, traduzione francese del Polistore di Pietro Comestore, apparteneva alla biblioteca dei duchi di Borgogna, è del secolo XV; le finissime mi- niature sono del Lancellot Garden, alcune delle quali ben conservate. E quasi completamente distrutto nella parte inferiore e buona parte della co- lonna interna. Ha sentito l'azione del calore, specialmente in basso. Molte pagine in basso misurano ora 7-8 cm., mentre in alto 18 cm. ; altre, 13 cm. in basso e 21 era. in alto e anche 12 X 23. Le righe in basso misurano 4 cm. circa e in alto circa 8 cm. E questo uno degli esempi migliori che dimostrano la grande contrazione subita dalla pergamena. Una delle miniature meglio ricuperate rappresenta Mose sul monte Sinai in atto di ricevere le tavole dal Tadre Eterno. Le ultime pagine di questo codice sono piìi ricche. Molti fogli si sono potuti avere separati, spianati e in istato da leggerne più della metà. Anche di questo codice furono fatte fotografare alcune pagine. Guiron le courtois. — Di questo famoso romanzo cavalleresco, in grande formato, già appartenente anch'esso alla ricca biblioteca dei duchi di Borgogna, ne ho avuto un grosso blocco di 317 fogli. Questo grosso codice in pergamena di ottima qualità misura : Altezza 38 cm. circa Larghezza in alto . . 17 a 22 cm. „ in basso . . 28 a 32 cm. È a due colonne, assai bene illustrato con bellissime figure e fregi nei margini. I colori sono bellissimi. Questo codice ha sofferto specialmente in alto e nelle colonne interne ; in molti punti è impossibile la lettura o è distrutto il disegno. Le righe in alto misurano 6 cm. a sinistra e 7,4 a destra, e 9,5 a 9,8 in basso. Staccato con molta prudenza in diverse parti tagliando una parte della perga- mena carbonizzata o vetrificata agli orli, si sono potuti staccare i fogli nella camera umida. Non si poterono immergere i fogli nell'acqua, perchè l'inchiostro si altera. Ad ogni modo si è potuto far dilatare la parte contratta in alto in maniera che ora è in gran parte leggibile. I fogli distesi e spianati, sono ora in gran parte bellissimi e misurano : Altezza totale . . . 40 a 42 cm. Larghezza in alto . . 23,5 a 25 „ „ in basso . 32 „ Anche di questo codice furono fatte alcune belle fotografie. Frammento di codice di Casa Savoia. — Questo fu uno de' primi esaminati. Era in forma di un parallelepipedo quasi nero, eccetto la prima pagina tutta sporca e poco leggibile. Era attaccato ad una tavoletta in legno in parte carbonizzata. Stac- 31 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 453 cato il frammento, fu raschiato attorno per togliere il cari ione, poi messo in acqua fredda e poi tiepida a mai più di 40". A poco a poco cominciò a dar segno di sfo- gliarsi, specialmente in alto, ma in altre parti rimaneva come una massa dura, i cui fogli parevano fusi insieme l'un coll'altro. Con molta cura e pazienza però si riuscì a poco a poco a staccare i fogli che mano a mano si staccavano si asciugavano fra carta sugante. In alcune pagine aveva lettere in oro ed alcune pure miniature i cui colori resistevano bone all'azione dell'acqua. Le miniature erano fatte solamente con oro, rosso e azzurro. Verso la metà del frammento si trovò una bella pagina mi- niata, a cui però mancavano ai lati due pezzi dell'ornamentazione. In questo tempo era in laboratorio un grosso frammento di una bibbia in per- gamena, di qualità inferiore, la quale in breve tempo entrò in putrefazione: poco dopo anche i fogli del frammento del codice di Casa Savoia furono invasi dai microbi, i fogli si attaccarono alla carta e in gran parte si guastarono , per quanto rapida- mente si immergessero in soluzione di sublimato corrosivo o di tannino. Ho la fotografia di un foglio che rappresenta lo stato del foglio dopo invaso dai microbi. Di questo codice furono fotografate le miniature principali; in una di queste si vede la croce di Savoia. Salterio in lettera onciale del secolo Vili, contrassegnato con sigla Y. — Nei primi giorni di marzo furono trovati ne' frammenti dalle macerie alcuni foglietti che atti- rarono l'attenzione per la forma delle lettere greche. Di questi foglietti se ne tro- varono altri, in tutto dodici, che furono riconosciuti dal cav. Frati, come appartenenti al codice greco dei Salmi in lettera onciale del secolo Vili ; una buona parte del medesimo codice fu poi ritrovata fra quelli consegnati al laboratorio di materia medica. Questo codice dicesi essere molto importante. Non lo trovo però ricordato fra i più celebri codici del genere che sono enumerati da E. M. Thompson nell'art. Pa- laeography della Encijclop. Britan. e tradotto in italiano dal Fumagalli. Anche di questo furono fatte alcune fotografie. Due grossi codici ebraici (N. 71-72). — Sono due grossi codici quasi completi che mi furono consegnati bagnati, sporchi in gran parte di terra e polvere nera ed in alcuni punti, dove era la legatura, danneggiati, ma non molto, dal fuoco ; alcuni di questi fogli erano irriconoscibili. Furono prima asciugati tenendoli sotto cappa e frap- ponendo fra i fogli dei grossi canapoli che lasciavano passare l'aria. Le pagine più sporche furono con cura lavate con acqua e così si ridussero bene, perchè l'acqua non alterava la scrittura. Però è curioso il fatto che in alcune pagine la scrittura era quasi stata completamente staccata dall'umidità, prima che fossero portati in laboratorio. La pergamena è di buona qualità, bianchissima, sottile, morbida, come vellutata. Questo codice misura 39, 40, 41 cm. in altezza per 24, 29, 30, 30,5 di larghezza. I fogli dopo essere stati disseccati all'aria o nelle cappe, furono a poco per volta messi nella camera umida a circa 25" e cosi poterono essere quasi completamente spianati. Non furono però ancora distesi, stante il gran lavoro che richiederebbero, ma è lavoro che può sempre farsi. Oi-a sono perfettamente leggibili, distaccati, ab- bastanza lisci e possono essere cosi conservati. Sono in totale circa N. 380 fogli. Sono due codici che trattano unicamente di preghiere (libri di preghiera detti Mahazor). 454 ICILIO GUARESCHI 32 Grosso codice latino (N. 10). — Questo grosso codice non è molto alterato, per più di */5 della superficie i fogli sono poco contratti, ma è molto contratta la parte superiore. I fogli in basso e nel centro misurano circa 22 cm., mentre in alto sola- mente 12-13 cm. ; la. lunghezza totale è di 33 cm. Le righe che in basso e al centro misurano 8 cm., in alto solamente 4 a 4,5 cm. La parte contratta in alto è duris- sima, ed- i fogli si staccano assai difficilmente; questa parte contratta è giallastra, ed il carattere come pure i colori sono ben conservati. A poco a poco si riuscì a dividere il grosso blocco in frammenti minori. Uno di questi metto in camera umida, ma senza gran vantaggio ; la parte superiore in parte si distacca, ma si rompe anche con grande facilità. Non si dilata gran che. Allora immergo la parte contratta di due fogli nell'acqua a 25°-30°, e dopo disten- zione su tavoletta rimane abbastanza distesa, ma molto meno di quanto si osserva in altri casi. Da 12 a 12,5 cm., quale ora prima, diventa 14 a 16; le righe scritte che erano di 5,2 cm. si allungano a 6,5 ed anche 7 cm.; ma il carattere si legge male e rimane come unto, trasparente. Anche l'inchiostro è poco resistente; coll'acqua in parte scompare. Cosi pure i colori di molte lettere; il rosso e l'azzuri'o si distac- cano molto presto. Credo perciò sia bene conservare quali sono ora i pezzi di questo codice ben disseccati. Codice N. 56. — È un grosso codice latino i cui fogli misuravano 33-38 X 15-18 cm. In cattivo stato specialmente agli orli. Sono 197 fogli di cui 188 spianati ed anche restaurati ed ora misurano 40-41 X 18-19 cm., senza tener conto che quasi tutti dovet- tero essere tagliati nei margini. Le lettere ed altri disegni colorati sono ben conservati. Codice N. 121. — È una parte dell'opera De animalibus di Alberto Magno. Fu uno dei primi frammenti portati in laboratorio in uno stato deplorevole. Più estesamente di questi e di numerosi altri codici o frammenti ricuperati e spianati sarà detto in altra pubblicazione. Certo, impiegando un tempo due o tre volte maggioi-e si sarebbe, forse, fatto il lavoro un po' meglio specialmente ora che il personale che eseguiva questi lavori ha acquistato una certa pratica; cosi ad ogni modo il risultato è buono. Può dirsi senza ombra di esagerazione che la maggior parte del Rhahanus Maurns, e special- mente 20 a 25 fogli (dei 45 in totale), quasi tutto il grosso codice latino (197 fogli, di cui 188 spianati) N. 56, parte del Guiron, molti fogli (circa 80) del Floriamont, molti codici greci e latini, due grossi codici ebraici di circa 350 fogli (libri di pre- ghiera detti Mahazor), sono non solamente ricuperati ma restaurati, o quasi. Quasi tutti i codici francesi, e molti degli ebraici, a me consegnati, furono iden- tificati dagli egregi proff. Renier e Pizzi, i quali ebbero la cortesia di esaminarli nel mio laboratorio. 3) Ricerche sulla contrazione della pergamena per l'azione del calore e dell'acqua. Uno de' fatti che subito saltano all'occhio quando si osserva un codice o fram- mento di codice in pergamena danneggiato dall'incendio è quasi sempre l'enorme contrazione de' fogli e quindi anche del carattere, per cui molte volte è resa impos- 33 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 455 sibile la lettura, lii alenili casi, ad esempio, il foglio in l)asso misurava da 23 a 24 cm. c in alto 11-12 cui.; alcune righe dello stesso codice, quasi allo stato naturale (a due colonne) misuravano 8 a 9 cm. in basso e in alto appena 4 cm. Ho fatto fotografare un foglio che rappresenta un codice latino contratto in alto e quasi allo .stato naturale, o almeno poco contratto per '' io, in basso. Ho già detto precedentemente che molti codici sono danneggiati solamente pel fatto che un estremo di essi è molto più contratto del rimanente. Oia questa con- trazione quasi sempre è tale che sia colla camera umida, sia coli' immersione nel- l'acqua tiepida e per gli stiramenti e spianamenti non si riesce a ridurre le parti ad eguali dimensioni. Ho voluto vedere quale era la temperatura alla quale la pergamena deve essere scaldata perchè stando all'aria o stirandola anche dopo inumidita, non riprenda più le dimensioni di prima. Ho voluto anche vedere se la pergamena, scaldata ad una data temperatura e poi immersa rapidamente in acqua fredda, si contraeva di più e permanentemente che non per la sola azione del calore, come era da prevedere. A questo scopo ho sottoposti vari campioni di pergamena antica e moderna a temperature diverse, ma in condizioni perfettamente eguali, per vedere anche quale era il punto in cui cominciava la decomposizione con sviluppo di ammoniaca e di acido solfidrico. Ho adoperato preferibilmente un apparecchietto analogo a quelli di Anschùtz e di Koth per determinare il punto di fusione; io però l'ho modificato in maniera che può riuscire molto utile in tante altre ricerche di chimica, e molto comodo per man- tenere per più ore una sostanza a temperatura perfettamente costante meglio che colle ordinarie stufe. Il principio in fondo e quello su Cui è basato l'uso della stufa di Victor Me3'er, ma essendo l'apparecchio in vetro, si può vedere quali sono le mo- dilìcazioni che .subisce la sostanza; inoltre essendo piccolo, se ne possono tenere pronti due o tre, o anche più, con liquidi a punto di ebollizione costante. Il tubo di vetro scaldato dal vapore è poco inclinato. La sostanza si mette dentro un tubetto chiuso con tappo a smeriglio e che con filo di platino si può so- spendere alla bilancia. I liquidi adoperati per varie temperature sono: L'apparecchio, del quale non posso dare qui la figura, è stato costruito dietro mio disegno dal sig. A. Zambelli. 50 a 100 cm-^ di liquido bastano. Un decimetro quadrato di pergamena fina francese di montone detta lisse fu scaldata a lOO^-llO**, si contrae, e misura 9,5 X 9,5. Stando all'aria, dopo 24-48 ore riprende l'estensione di prima 10 X 10. Se scaldo a 150"-! 60", allora stando all'aria le dimensioni diventano come prima o quasi, cioè 9,9 X 10, però se si immerge ancora calda nell'acqua non misura più di 9,5 X 9,7. Acqua Ligroino . . Anilina . . . Etei-e ossalico Etere benzoico Timolo . . . 99° 118°-120"> 182°-183 182",5 209°-210° 230^5. 456 ICILIO GUARESCHI 34 Scaldo separatamente due decimetri quadrati della stessa pergamena detta lisse a circa 210°-220°; diventa rossastra e lasciato un campione all'aria rimane 9,2 X 9,3 anche dopo lungo tempo. L'altro campione, scaldato a 210"-220° e immerso ancora caldo nell'acqua fredda, non riprende piìi le dimensioni di prima, rimane (7,5-7,8-8,8) X 7,8 cm. La parte più ristretta, rosea, misura 7,5. Dopo 15 giorni le misure sono le stesse. Allora tengo immersi i due campioni nell'acqua tiepida per 10-15 minuti, poi asciugo e stendo come si fa pei fogli dei codici e trovo che l'uno rimane 8,5-9 X 8,8-9,3 e l'altro 7,5-8,5 X 8. Ripeto l'esperienza scaldando la pergamena di montone francese detta lisse a 210°, tenendola entro tubo immerso nel vapore di etere benzoico. Esperimento suc- cessivamente con tre pezzi di 1 decimetro quadrato ognuno. Scaldo in ogni caso per circa 15 minuti. La pergamena si colora in rosso bruno, ma piìi in una pagina che nell'altra. Si sviluppa ammoniaca ed acido solfidrico. 1° Lascio all'aria. Misura 8,2-8,8X8,2. Dopo tre ore 8,4-8,8X8,3 cm. ; dopo 36 ore non cambia; la pergamena è morbida discretamente. Si immerge in acqua tiepida a 21°-30°, e si distende, e non si riesce ad avere che 7,5-7,7 X ',3. Rimane dunque molto contratta. 2° Opero come col primo e ancora caldo immergo rapidamente il pezzo nel- l'acqua a circa 15°; poco dopo misura 6,8-7,2 X 7,5 cm. Dopo alcune ore è ancora piìi contratto: 6-6,8-7,2 e dopo 36 ore 6-6,5X7,2. Si immerge in acqua a 21°-30° e si tenta di distendere così: anche dopo molti giorni rimane 7-7,2X7,3. 3° La pergamena è stata scaldata rapidamente per 10 minuti, poi gettata nell'acqua a 15°. Ancora umida misui'a 7,8-8 X 8-7,8 e dopo trattamento come più sopra non si riesce che a 7,6-8 X 7,8. 1 decim. quad. della stessa pergamena detta lisse scaldo per 15 minuti a 210°, poi l'immergo rapidamente in acqua quasi bollente. Ha color caffè scuro; si accar- toccia molto. Ancoi-a umido il pezzo misura: 6,2-6,5 X 6,5 cm.; dopo 36 ore è ac- cartocciato e fragile; non può misurarsi bene, in lunghezza è 6 cm. Si mette in acqua a 21°-30° e si distende; non si riesce a più di 6-6,6 X6,5 era. Un pezzo della stessa pergamena lisse che misura 9,8 X 7,6 scaldo a 182°, 5 (in vapore di etere ossalico), poi immergo ancora caldo nell'acqua quasi bollente. È gial- lognolo, molto morbido quando è ancora umido e misura 6,2 X 4,6. E appena gial- lognola molto morbida quando è ancora umida. Poco colorata. Dopo 36 ore è un poco meno fragile della precedente, ma non può misurarsi, in lunghezza è 5,9 cm. Si mette in acqua a 25°-30°, e sì distende; ottiensi 5-5,3X6,4 cm. Pergamena moderna stata prima bagnata con acqua, poi lasciata asciugare all'aria. — Ho bagnato con acqua un decimetro quadrato di pergamena fina moderna, poi l'ho lasciata asciugare all'aria e successivamente scaldata a varie temperature. a 125° .... 19,2. Lasciata all'aria, ricupera tutta l'acqua perduta, 100 ^/q. Scaldo a 182°, 5 in vapore di etere ossalico e trovo (dà pochissima ammoniaca e H^S): Perdita % = 21,08. A 210° in vapore di etere benzoico: Perdita o/o = 23,5. 35 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 457 Come si vede, la perdita di peso sino a 2ìó" non è molto grande. Lascio la sostanza all'aria e dopo due giorni ricupera 46,1 "/o dell'acqua perduta; dopo anche molti giorni non ricupera più nulla. Quando la pergamena ha raggiunto un certo grado di calore la sua struttura è disorganizzata ed alle volte i fogli messi in acqua tiepida si dilatano, ma rimangono molto fragili, non elastici e non si possono distendere. Questo è il caso, ad esempio, di un codice ebraico, compatto, durissimo (N. 48 del mio catalogo). In questo come in altri casi simili la quantità di aequa è normale, a 125", ma lasciata all'aria la pergamena non ricupera piìi tutta l'acqua perduta. La pergamena di questo codice a 125" perdette 18,54^0 © lasciata poi all'aria non ricuperò piìi del 68,3^0 del- l'acqua perduta. A 182",5 perdette 20,08 % e calcinata lasciò: 3,02 % di cenere sulla sostanza all'aria 3,70 7o « . « a 125". Questa pergamena rigonfia moltissimo, fa un voluminoso fungo quasi come XII°, che poi brucia bene. Ho fatto numerosissime esperienze scaldando le pergamene antiche e moderne a temperature assai diverse, ma non ho sino ad ora avuto risultati che mi permettano di trarne qualche importante conclusione generale. Anche dopo vari tentativi non sono riuscito a produrre la contrazione della per- gamena in maniera che poi questa per immersione nell'acqua e spianamento possa raddoppiare la superficie che aveva quando era contratta. Nel caso del codice che sente l'azione del calore durante l'incendio è da tenere in considerazione anche la forte pressione in causa della quale divenne molto contratto e raggrinzito anche senza aver subito una temperatura elevata. Alle volte il blocco è bruciato tutto all'intorno e per la poca conducibilità della pergamena pel calore, la parte interna rimane quasi allo stato naturale, ma enorme- mente compressa, perciò quando poi si toglie il carbone, e si mette nella camera umida o nell'acqua, il suo volume aumenta di molto. Ma su questo argomento dovrò ritornare in seguito. in. Ricerche sui colori usati dagli antichi. Se poi il codice contiene delle miniature, allora le precauzioni pel distacco e lo spianamento de' fogli debbono essere maggiori. Le miniature finissime resistono al- l'azione della camera umida ed anche dell'acqua; il color rosso, fino (cinabro vero), non si stacca. Il colore azzurro, quasi sempre a base di rame, invece si stacca più o meno facilmente. I colori di codici molto antichi (VIII-XIII secolo) si staccano piut- tosto facilmente. Dei due colori rossi : cinabro e minio , cioè HgS e Pb^O*. il piìi resistente al calore, come si sa, è il primo; esso non si altera nemmeno quando la pergamena è completamente bruciata, mentre il minio o è diventato nerastro o lascia del piombo ridotto. In alcuni fogli del Rhabanus ^^aurus, notai come la scrittura rossa in alcune Serfe II. Tom. LIV. ir 458 ICILIO GUAKESCHI — OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO, ECC. 36 parti fosse ridotta a color grigio metallico, dovuto precisamente a piombo ridotto. Riduzione che non è difficile riprodurre. Mescolando il minio con gomma arabica e poi scrivendo su pergamena si ha un color rosso che scaldato a 210° diventa prima bruno scuro poi d'aspetto metallico. Le miniature ordinarie non solo non resistono all'acqua ma nemmeno alla camera umida. Ad esempio, le miniature del codice francese Roman de la Rose, perdono l'az- zurro anche quando si staccano i fogli lasciandoli nella camera umida. In moltissimi casi il colore azzurro della miniatura è già stato in parte staccato dall'acqua quando si estinse l'incendio; dopo disseccamento il colore si trova diviso su le due pagine combacianti. Molte delle miniature piìi importanti che trovansi in fogli molto alterati dal calore, come, ad esempio, il codice dei duchi di Borgogna e il Guiron le courtois, è bene conservarle quali sono senza cercare di distendere troppo la parte alterata, ^ non bagnarle con acqua; cosi possono ricuperarsi quasi tutte le principali miniature. La maggior parte del Guiron è cosi ricuperato, coi fogli ben spianati. Ma di tutto ciò che riguarda i colori dirò in extenso nella mia Raccolta di docu- menti per la storia della Chimica. Riferirò allora anche le esperienze che ho fatto, e sul numeroso materiale storico che ho raccolto. Non credo di aver detto molte cose nuove, ho solamente la speranza che queste mie osservazioni ed esperienze possano riuscire utili agli amatori de' libri, alle biblio- teche. Il lavoro di ricupero e restauro è un lavoro molto lungo, che deve essere ese- guito con metodo, e diretto, almeno nelle sue linee generali, da chi ha veramente cognizioni chimiche. Certo che i sacrifici che la Nazione deve fare devono essere in proporzione dell'importanza del materiale da ricuperare e da restaurare. E qui occorre tener conto del famoso : cum grano salis, affinchè questo genere di lavori non diventi pretesto a sfruttamento del pubblico denaro. La gran maggioranza de' codici latini, greci ed ebraici che ho avuto per le mani, trattano di religione, o sono bibbie o libri di preghiera. Quasi nessuno di questi è miniato. Molti de' codici francesi invece sono miniati ed alcuni anzi riccamente e benissimo miniati. Operando nel modo che fu sovra descritto in questa Memoria, sia adoperando la disseccazione e disinfezione, sia usando la camera umida, oppure l'acqua o le solu- zioni saline, ecc., si è potuto in questi quattro mesi circa di lavoro, non solamente mettere in istato di non più alterarsi tutti i codici e frammenti di codici consegnati, ma se ne sono sfogliati e spianati ed in parte restaurati moltissimi. Sono ora piìi che 3000 i fogli fra grandi e piccoli stati ricuperati, spianati, e in parte distesi, ridotti in istato di essere letti. A ciò si aggiunga il tempo stato necessario pel distacco di alcune miniature. Torino, R. Università, giugno 1904. fig. 1 Grande sala N- xxvi dell'Istituto di Chimica farmaceutica, con cappa aspirante, dove furono fatti, in parte, i lavori di prosciugamento e di disinfezione dei Codici. wdtal- (vuniputi i'oéimait ntOnetitK Une V^Ùs^ «* mUtopt*jff BN fig. 2 Codice latino n. 136 : foglio prima del trattamento. ^•ftiff^c cO-«rt>» fcMum «iifWtu» flmr nWmA »4(»*<^- f^Miitn X Co^.P {>(dtKsl^«i« tC4>{P0 1^ co- ♦innif JioV uwirf. tAm» d0m «f qtf aiwapwinar (vcumv» >«udt\t vfca.'»^ ifO. (uMr«l"irB,n»utì»um fL-oanna. "««nrfnp. . iTfr Ufi» nny* «merf '•lfiif|ailkni Codice n. 136 : lo stesso foglio spianalo dopo trattamento con sapone potassico . Ino. HOL»f .1. 1 GUARESCHi I. -- Osservazioni ed esperienze sul ricupero e sul restauro dei Codici danneggiati dall'incendio della Biblioteca Nazionale di Torino. fig. 4 Codice n. 31 carbonizzato, visto di fronte e di fianco, fig. 5 Codice n. 31, aperto; aspetto di una pagina 9Itc.nc.:u ?.ffa ^. deca?. ?offc ScUm.« ?i 'JotiMC.. Ser. II. Vol. LIV. Tav. Il ^ I il *|f '»^-r|rw ^ ri ', r'T- — ^r— >w»-p IH i« TTM . '2***^ «Mt*!» fig. 6 Codice n. 31 : foglio spianato che nnostra la pagina rappresentata dalla figura precedente. ( 1 8T*B. ELIOT. INQ. MOLFE 8E. TOflMtO FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO AZIONE COMPARATA DEI REATTIVI DECALCIFICANTI RICERCHE SPERIMENTALI DEr. Prof. LUIGI SABBATANI Approvata nell'adunanza del lo Magyio 1904. I. Colle pubblicazioni anteriori sulla funzione biologica del calcio dimostrai che tutti i reattivi, i quali sono capaci di produrre una diminuzione nella concentrazione jonica del calcio, per ciò stesso aggiunti al sangue ne provocano l'incoagulabilità, e dimostrai pure che i fenomeni tossici generali e locali, di eccitazione prima c di depressione poi, ed in fine la morte, provocata da alcuni di questi reattivi, dipende sempre da diminuzione nella concentrazione del Ca-jone contenuto normalmente nei protoplasmi. Inoltre, lo studio sull'azione antagonistica fra citrato e calcio e quello sul calcio-jone nella coagulazione del sangue mi condussero a stabilire che per la coagu- lazione del sangue e per la vita dei protoplasmi è indispensabile una determinata con- centrazione di jone-calcio, la quale può in condizioni fisiologiche variare soltanto entro certi limiti, che probabilmente dipendono dalla natui'a del protoplasma e dal momento funzionale in cui si trova. Al di fuori di questi limiti si hanno subito manifestazioni tossiche, e per variazioni troppo forti presto s'arriva a dei valori critici, minimo e massimo, oltre i quali, cosi la coagulazione del sangue, come la vita dei protoplasmi è interamente sospesa, non però abolita , poiché riconducendo con mezzi adatti la concentrazione del Ca-jone entro i limiti fisiologici, la coagulabilità del sangue, ed anche la vitalità dei protoplasmi subito ritorna normale, se si intei-viene abbastanza presto. E poiché l'aumento della concentrazione del calcio-jone protoplasmatico è sempre accompagnato da fenomeni di depressione e la diminuzione è sempre accompagnata da fenomeni di eccitazione, assegnai al Ca-jone protoplasmatico una funzione biologica permanente moderatrice. In appoggio di questa ipotesi ho creduto opportuno faro uno studio comparato dell'azione generale e tossica di tutti i reattivi decalcificanti, come già feci rispetto 460 LUIGI SABBATANI 2 alla coagulazione del sangue, poiché mentre sarebbe assai difficile dimostrare diret- tamente l'esistenza del Ca-jone protoplasniatico e l'importanza biologica sua, una dimostrazione indiretta appare facile mercè lo studio delle modificazioni funzionali e tossiche prodotte da quelle sostanze le quali possono aumentare o dimiimire la con- centrazione del calcio-jone nell'organismo. Sperimentando sopra individui unicellulari, e sopra vegetali ed animali molto semplici, si può variare la concentrazione del calcio che viene a diretto contatto di essi, usando liquidi di cultura adatti ; ma sperimentando negli animali superiori, non pare si possa far variare sensibilmente e rapidamente la concentrazione del calcio- jone circolante, amministrando loro cogli alimenti dei sali di calcio, o nutrendoli con alimenti privi di calcio. Questi animali in loro stessi hanno sempre dei depositi enormi di calcio nell'endo od ecto scheletro, e poiché la concentrazione del Ca-jone nel sangue è la risultante di un equilibrio in parte di natura fisico-chimico fra i diversi sali, ed in parte fisiologico fra assorbimento ed eliminazione, aggiungendo o sottraendo calcio all'alimento potremmo ottenere tutt'al più delle variazioni lente nella concentrazione jonica del calcio, tanto lente, che facilmente sarebbero masche- rate da fenomeni immancabili di compenso fisico-chimico e fisiologico. Nell'un caso probabilmente si avrebbe una eliminazione un po' più abbondante di calcio, una mag- giore deposizione di sali calcarei nelle ossa, nell'altro caso probabilmente si avrebbe un ridisciogliersi di sali dalle ossa; ma intanto, proprio per questi fenompui di com- penso non si avrebbe mai una variazione abbastanza forte e rapida nella concentra- zione del Ca-jone del sangue e dei citoplasmi da produrre disturbi funzionali. E notisi che, se pure a lungo andare una variazione forte si potesse ottenere, questa si pro- durrebbe tanto lentamente, che con sicurezza il protoplasma avrebbe tempo di adat- tarsi alla variata concentrazione del Ca-jone, Numerose esperienze fatte da me e da Delogu (1) dimostrano infatti che si ottengono facilmente nei cani fenomeni di abi- tudine al calcio, anche se amministrato per via endovenosa. Per ottenere una variazione forte e brusca nella concentrazione del Ca-jone cir- colante e degli organi si deve quindi ricorrere a quegli stessi reattivi di cui si serve il chimico (sali di calcio o reattivi decalcificanti) ed iniettarli rapidamente nel sangue, porli a diretto contatto di organi isolati, perchè amministrati per bocca, restereb- bero inefficaci, o tutt'al più produrrebbero dei disturbi locali sul tubo digerente, come avviene per il solfato, fosfato, citrato e saponi di sodio, i quali provocano azione purgativa; in ogni caso poi per ottenere fenomeni tossici per via gastrica con questi sali, occorrono dosi di gran lunga maggioiù che per via endovenosa. Contro questo metodo sperimentale si potevano sollevare alcuni dubbi, relativi al modo d'agire del calcio e dei reattivi decalcificanti nell'organismo, dubbi che però non hanno serio fondamento. Per lo addietro si credette da alcuni che non si potes- sero fare impunemente delle iniezioni endovenose di cloruro di calcio, perchè, secondo essi, provocavano trombosi generalizzata (2) ; ma ora questo dubbio non ha più ragione (1) Delogu G., Sulla tossicità comparata del calcio, " Arch. di Farmacologia e Terapeutica „, voi. X, fase. 70-8» (1902). (2) Dastre et Florksco W., Tromhose généralisée à la suite d'injections de chlorure de calcium,^ " Gompt. rend. Soc. de Biol. „ .3 [10] (1896), 560. 3 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 461 d'essere, poiché come già Kabuteau (1) e Curci (2) sperimentando col calcio non fa- cevano cenno di coaguli intravascolari, così ne Regoli (3), ne io, ne Delogu (4), in numerosissime esperienze sugli animali non li abbiamo mai osservati, se non in con- dizioni del tutto eccezionali, e facilmente spiegabili (Delogu); ed il cloruro di calcio è stato iniettato impunemente anche nelle vene dell'uomo con intento terapeutico da Silvestri (5) e da Koncoroni (6). Rispetto poi all'azione dei reattivi decalcificanti si può a ritenere che essi producano veramente una diminuzione nella concentra- zione del Ca-jone nell'organismo, come fanno in vitro, perchè quantunque la presenza di colloidi ostacoli o dia un andamento anormale a molte reazioni (7), pur tuttavia non modifica affatto quelle precipitanti del calcio, ed i reattivi decalcificanti con- servano intera l'attività loro anche nel liquido sanguigno, cosi come in acqua pura. Le osservazioni di De Bruyn mostrano che in un mezzo di gelatina le sostanze insolubili, che precipitano allo stato cristallino o diventano tali dopo alcun tempo, precipitano realmente e non formano soluzioni colloidali; fra queste egli ricorda l'os- salato di calcio, il fosfato ammonico magnesiaco, il solfato di bario; ed io stesso con esperienze dirette volli assicurarmi che in presenza di albumina d'ovo e di siero di sangue le reazioni fra cloruro calcico da un lato e carbonato, fosfato e metafosfato sodico dall'altro, si compiono bene e prontamente, quasi come in acqua pura. Solo notai alcune particolarità nella forma cristallina dei precipitati che si formano in presenza di albuminoidi, particolarità, che mentre nulla tolgono alla sensibilità delle reazioni, sono di speciale interesse per la biologia, quando si mettano in relazione colla deposizione di sali calcarei nello scheletro (8). Onsum (9) del resto aveva già da tempo osservata la presenza di cristalli di ossalato calcico nei vasi sanguigni di animali avvelenati con ossalati, ciò fu confer- mato da altri; e quando due anni or sono io cercava di provocare nei mammiferi dei fenomeni di antagonismo fra ossalato e calcio, ebbi la formazione di ossalato calcico nei vasi, il che era poi causa di coagulazione intravascolare (10). (1) Rabuteau et DucoNDREY, S'io' les propriétés des sels de calcium, " Compt. rencl. T. 76 (1873), p. 349, 355. (2) CcRcx A., Sul meccanismo di azione dei comuni metalli alcalini ed aleni ino-terrosi, * Ann. di Chim. e Farm. „, voi. Ili, ser. IV (1886), p. 337-350. (3) Regoli P., Azione dei metalli alcalino-terrosi sulla eccitabilità elettrica della corteccia cerebrale. " Bollettino della Società tra i cultori delle Se. med. e nat. in Cagliari 1900, p. 151-156. — Sul- l'uso del calcio come emostatico, " Rivista critica di Clinica medica anno III (1902). (4) Delogu G., loc. cit. (5) Silvestri T., Dell'azione emostatica delle iniezioni endovenose di cloruro di calcio, " C4azzetta degli Ospedali e delle Cliniche 1902, N. 39. (6) Le esperienze fatte da Roncoroni, alle quali assisteva io pure, credo sono ■ tuttora inedite ; le iniezioni endovenose di CaCl* nell'uomo non produssero alcun inconveniente ne immediato, ne lontano. (7) LoiìRY A. C. De Brov-v, L'état physique de substances insolubles dans l'eau, formées dans un milieu de gelatine, " Ree. Trav. chim. Pays-Bas T. XIX (1900), p. 236-249. (8) Di questi fatti mi occuperò, spero, in un prossimo lavoro assieme al collega Boeris, Profes- sore di Mineralogia. (9) Citato da Notun-agel H. e Rosseach M.-.J., Xuovi elementi di materia medica e terapeutica, versione italiana, Napoli (1887), p. 358. (10) Vedansi più avanti le esperienze coU'ossalato di sodio e cloruro calcico. 462 LUIGI SABBATAKI 4 Conv'iene però ricordare che, per la piccola concentrazione del Ca"^"^ nell'orga- nismo e per la solubilità abbastanza alta di alcuni sali di calcio, come il solfato, il citrato ecc., i corrispondenti sali di sodio non potrebbero produrre alcun precipitato calcare nel sangue, o nei protoplasmi; l'azione decalcificante di questi reattivi si esplica solo o mercè fenomeni di retrocessione nella dissociazione elettrolitica, allorché cresce molto la concenti'azione di un dato anione (solforico), o per la formazione di molecole poco dissociabili rispetto al calcio (citrato). Solo così, riferendoci al jone- calcio, possiamo comprendere come tutti questi reattivi siano capaci di provocare nell'organismo dei fenomeni di decalcificazione. Certamente con nessuno di questi, e neppure a dosi altissime, si potrebbe mai produrre una decalcificazione totale; ma come nella analisi chimica quantitativa, cosi pure nell'esperimento fisiologico, col cre- scere della quantità di reattivo decalcificante iniettato, la concentrazione del Ca-jone fisiologico diminuisce sempre piìi, finche per una determinata quantità di reattivo si raggiunge un valore così basso nella concentrazione del calcio-ione, che questo non è più sufficiente per la funzione sua normale nel sangue o nei citoplasmi. Dall'altro lato, iniettando nelle vene degli animali un sale solubile di calcio, la concentrazione del jone-calcio nei liquidi circolanti e protoplasmi aumenta, e seguitando ad iniettare calcio, presto si raggiunge un valore così alto nella concentrazione del Ca-jone, che è esso pure incompatibile colla funzione normale. Per le considerazioni sopradette ho studiato ora l'azione generale e tossica com- parata dei seguenti reattivi decalcificanti, facendo con ciascuno una lunga serie di esperienze; solo per ciò che riguarda i saponi, come già feci nella II parte delle presenti ricerche, mi sono limitato a riferire alcuni dati sperimentali ottenuti da altri, perchè non è mia intenzione addentrarmi ora nello studio dei saponi che, per i rapporti coi grassi, troppo lungi mi condurrebbe dallo scopo delle presenti ricerche. 1". Fluoruro di sodio; 2°. Solfato di sodio; 3°. Metafosfato di sodio: 4°. Pirofosfato di sodio ; 5°. Solfato bisodico; 6"^. Carbonato sodico neutro ; 7°. Carbonato sodico acido; 8°. Saponi di sodio; 9°. Ossalato di sodio; 10°. Citrato trisodico. In questo studio ho cercato di mettere bene in evidenza le analogie, il modo d'agire e l'importanza che nel determinismo dei fenomeni tossici acquista il carattere di decalcificante per questi sali; e come nei lavori antecedenti, così anche ora, speri- mento sempre di pari passo col calcio e coi reattivi decalcificanti, li inietto diret- tamente nelle vene, o li applico sopra organi isolati, a ciò che le variazioni di con- centrazione del Ca-jone, che in questo modo si producono nei liquidi circolanti e nei protoplasmi, siano abbastanza forti e rapide; così evito che possano sorgere fenomeni di compenso fisico-chimico o fisiologico, oppure fenomeni di abitudine. Ho raccolti 5 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 463 anche alcuni fatti di antagonismo fra il calcio da un lato ed i vari reattivi decalci- ficanti dall'altro, i quali, quantunque non siano così numerosi e belli come per il citrato trisodico, e ciò o perchè si formano precipitati, o perchè alcuni anioni hanno una tossicità loro speciale, o perchè in alcuni di questi sali, idrolizzandosi, l'azione resta complicata dalla formazione di 0H~ od H+ jone, tuttavia sono interessantissimi e li riferirò a suo luogo. Tenni poi conto speciale della influenza che la concentra- zione delle soluzioni iniettate e la velocità delle iniezioni stesse hanno sopra le mani- festazioni tossiche. Con queste ricerche, mentre si porterà un nuovo contributo allo studio fisiolo- gico dei sali in genere, si porranno in evidenza alcuni fatti molto interessanti per 10 studio farmacologico di alcuni di essi (carbonati, meta- piro- ed orto-fosfati), e dal complesso di tutte le esperienze si trarranno nuovi o sicuri dati in appoggio della ipotesi sulla funzione moderatrice del calcio-jone protoplasmatico. Adoperai sempre sali puri del commercio, o purificati da me stesso, alcuni anzi 11 preparai direttamente, ed ebbi cura che la tecnica, del resto semplicissima, restasse sempre la stessa per tutte le serie di esperienze a ciò i risultati fossero sicuramente paragonabili. Per la bibliografia dei lavori farmacologici e fisiologici sopra i sali di calcio ed i reattivi decalcificanti, alle indicazioni che già ripoi'tai nella I e II parte di queste ricerche, altre ne aggiungerò a suo luogo; ma fin d'ora giova osservare, che mentre le ricerche sperimentali coi sali aventi azione decalcificante sono molto numerose, di poche solo potremo giovarci. La massima parte di esse furono fatte quando ancora non si sospettava che nel determinismo dell'azione tossica loro intervenisse il potere decalcificante ; ma indipendentemente da ciò, spesso i risultati ottenuti da diversi spe- rimentatori e con diversi sali non sono affatto comparabili, perchè diverse erano le condizioni sperimentali, e spesso mancava un criterio direttivo chimico esatto, od una tecnica sperimentale rigorosa, quale il confronto della tossicità diversissima di sostanze, ora molto attive, come l'ossalato sodico, ora pochissimo attive, come il bicarbonato sodico, esigeva. II. 1. Fluoruro di sodio. L'azione dei fluoruri era stata studiata primieramente da Rabuteau (1), poi da Tappeiner, da Schulz (2), ed istologicamente da Pitotti (3). Tappeiner nei mam- miferi e per via endovenosa od ipodermica a dose di gr. 0,15 per chilo corporeo osservava fra i vari sintomi convulsioni parziali o generali, aventi in alcuni animali (1) Rabuteau, Étude expérimentale sur les effets physiologiques da fluorures et des compo^és metal- liques en général, Paris, 1872. (2) Tappeiner H., Zur Kentniss der Wirkung des Fluornatrinins, " Aroh. fiir ex. Patii, u. Pharm. Bd. XXV (1889), S. 203-224. — Schulz U., Untersnchiingen iiber die Wirkung des Fluornatritims und hr Fltiorsilure, " Ardi, fur ex. Path. und Pharm. „ Bd. XXV (1889), S. 328-346. — Tappeiser H., Mittheilung iiber die Wirkungen des Fluornatrium, " Arch. tur ex. Path. u. Pharm. Bd. XXVII (1890). (3) Pitotti G., Dell'influenza che esercita il fluoruro di sodio sui vari organi e sugli elementi dei tessuti dell'organismo animali', * Bullettino delle Se. mediche di Bologna .serie VII, voi. IV (1892). 464 LUIGI SABBATANI 6 carattere epilettico, la qual cosa perfettamente concorda con quello che vedremo accadere con tutti i reattivi decalcificanti, i quali sempre producono fenomeni di ecci- tazione generale intensi. Le osservazioni di Tappeiner sono state poi confermate in tutto da Lazzaro (1), il quale notò per giunta che, quando l'avvelenamento procede lento, compare dege- nerazione grassa del cuore, del fegato e dei reni, ed in appresso avremo occasione di notare qualche cosa di analogo anche per altre sostanze di questo gruppo. Ma di tutte le esperienze del Tappeiner a noi specialmente interessano due fatte nei conigli per iniezione intravenosa: Un coniglio di 1600 grammi con 0,12 di fluoruro sodico, iniettato nelle vene, presentò subito debolezza, dopo 10 minuti trisma, e dopo 3 ore era di nuovo normale. Un altro coniglio di 1180 gr. con 0,20, ancora per via endovenosa, presentò dopo 5 minuti aumento della frequenza respiratoria da 65 a 114 al minuto, in ap- presso salivazione e dopo 15 minuti trisma, convulsioni generali e morte. Siccome però nel confronto della dose minima letale dei reattivi docalcificanti io mi sono attenuto sempre a quella che provoca morte immediata dell'animale, così queste esperienze non potevano servire all'intento, e ne ho fatte appositamente alcune. Esperienza (2 maggio 1903). Coniglio m. di Chgr. 1,035. — Iniezione nella giugulare destra di cm^ 4, .5 di soluzione al 5 "/o di fluoruro sodico, fatta in due minuti circa. L'animale muore con poche scosse convulsive generali, non ben chiaro se dipendenti da asfissia no. Aperto subito il torace, le orecchie sono dilatate, i ventricoli fortemente contratti e rigidi. Muore con gr. 0,225, gr. 0,217 per chilo, gr.-mol. 0,0051 per chilo. Esi'ERiENZA 2" (2 maggio 1903). Coniglio f. di Chgr. 1,100. — Iniezione nella giugulare destra con cm' 38 di soluzione all'I "/o di fluoruro sodico, fatta in 5'. L'animale presenta moti convulsivi ripetuti, lunghi, generali a carattere tonico, quando il cuore pulsa ancora bene, poi muore. Aperto subito il torace, si trova il cuore fermo, ineccitabile, col solo ventricolo sinistro contratto. Il sangue raccolto dal cuore coagula abbastanza presto, in 10' circa. La rigidità cadaverica compai-e pure prontamente. Muore con gr. 0,38, con gr. 0,34 per chilo, con gr.-mol. per chilo corporeo 0,0082. Esperienza 3^^ (4 maggio 1903). Coniglio di Chgr. 0,920. — Per la vena giugulare destra in 2' circa inietto cm^ 4,2 di soluzione al 5 "/o fluoruro sodico. L'animale, dopo ripetute scosse convulsive generali muore. Aperto, si nota che i ventricoli sono fortemente contratti e rigidi. Questo coniglio mori con gr. 0,21, gr. per chilo 0,23, gr.-mol. per chilo corporeo 0,0055. (1) Lazzaro C, Sull'azione dei fluoruri alcalini nell'organismo animale, ' Sicilia med. Torino- Palermo, 189L ni, 405-411. 7 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO Da tutte queste esperienze vediamo quindi che nei conigli e per via endovenosa : con gr. 0,075 per chilo l'animale sopravvive (Tappeiner); con gr. 0,169 per chilo l'animale muore dopo 20' (Tappeiner); con gr. 0,2G2 per chilo l'animale muore immediatamente (media delle tre espe- rienze mie). Questa dose letale corrisponde a gr.-equivalenti 0,0062 per chilo d'animale. Ricorderò poi che il fluoruro sodico, applicato direttamente sulla corteccia cere- brale, non ha dato mai un aumento deciso e chiaro dell'eccitabilità elettrica, e perciò credo che le manifestazioni fisiologiche prodotte da esso non dipendano esclusivamente dall'azione sua decalcificante, ma in parte anche dal fluor-jone, ed in questo concetto mi confermano varie considerazioni, fra cui il comportamento del fluoruro sulla coa- gulazione del sangue, il quale è, come già vedemmo altrove, un po' diverso da quello degli altri reattivi decalcificanti. Pur tuttavia la tossicità grande del fluoruro sodico dipende direttamente dall'azione decalcificante sua, come appai'irà chiaro dal confronto fra il potere decalcitìcante, anticoagulante e tossico di tutti i reattivi che oi-a studiamo. 2. Solfato di solilo. Il solfato di sodio, Na-SO^-j- lOH-0 = 322, come reattivo precipitante del calcio è assai poco sensibile, e perciò anche ha una minima azione anticoagulante, come abbiamo visto trattando del Ca-jone nella coagulazione del sangue. Era quindi lecito prevedere che la tossicità sua, in quanto è un reattivo decalcificante, fosse assai pic- cola, e l'esperienza ha confermata pienamente la previsione. Di tutte le esperienze fatte per brevità ne riporto solo alcune, tenendo però conto esatto di tutte nella tabella riassuntiva a pag. 466. Esperienza 4» (14 dicembre 1902). Cane f. di Chgr. 4,100. 17,1'. — Comincia una iniezione nella vena femorale destra con soluzione di solfato sodico al 15,2 7o (cristallizzato). 17,6'. — Si sono iniettati cm' 100 e compaiono convulsioni a carattere nettamente tetanico, ma di breve dorata. Appena slegato, l'animale subito cammina. 19,30'. — Rifiuta il mangiare. (15 dicembre 1902). Mangia poco, sta bene, ha emessa urina di reazione o neutra o leggermente alcalina. Questo animale ha ricevuto in 5' cra^ 100 di soluzione = gr. 15,2 = gr. per chilo cor- poreo 3,7. Esperienza 5* (30 dicembre 1902). Cane f. di Chgr. 3,700. 11,22'. — ^ Iniezione nella femorale sinistra con una soluzione di solfato sodico al 15,2 "/o- — 11,27'. — S Si iniettano cm' 200. Durante l'iniezione l'animale si agita e si lamenta, in ultimo presenta un accesso tetanico lunghissimo, con spasmo della glottide. Col lungo an-esto di respiro compare poi cianosi intensa Serie II. Tom. LIV. v 466 LUIGI SABBATANI 8 e rilassamento generale dell'animale; però a questo punto, praticando la respirazione artificiale colla compressione del torace, il cuore, che pulsava debolissimo, non si rianima, e poco dopo cessa ogni pulsazione. Aperto subito il torace e l'addome, si trova il cuore fermo, ineccitabile, in forte diastole. Il sangue contenuto in esso e nei grossi vasi è perfettamente liquido, ma coagula prestissimo appena fuoriesce. Il fegato è fortemente congesto e scuro assai: presenta in vari punti delle chiazze emorragiche, è grandemente lacerabile, e durante la necroscopia una piccola lacerazione in esso fa uscire una grossa quantità di sangue. Estratto il fegato e spremutolo leggermente, sì che fuoriesca il sangue, appare di colore giallo intenso. Questo animale ebbe in 5' cm' 200 di soluzione al 15,2 % = g^'- 30,4 = gr. 8,2 per chilo corporeo. Esperienza 8" (4 luglio 1903). Coniglio f. di Chgr. 1,.350. 17,18'. — ) Iniezione nella giugulare destra di cm' 114 di soluzione al 16 "/^ di solfato sodico 17,36'. — ) cristallizzato. Dapprima l'animale resta tranquillo, poi durante l'iniezione presenta scosse convulsive generali, indi scosse muscolari isolate e piccoli movimenti delle dita, che si fanno sempre più lievi, fino a che in uno stato di profonda depressione il respiro s'arresta e contemporaneamente le pulsazioni cardiache si affievoliscono fino a che più non si percepiscono. Durante l'iniezione si ha diui-esi abbondante. Aperto subito il torace si trova che il cuore fa lievi pulsazioni. Il sangue interamente liquido coagula presto fuori dei vasi. Fegato congesto, lacerabilissimo. Questo coniglio ebbe in 18' cm^ 114 di soluzione = gr. 13,5=gr. 0,75 per chilo corporeo. I dati principali e l'esito di tutte le esperienze fatte col solfato sodico trovansi riuniti nella seguente tabella: C3 a Iniezione di solfato (Na^SO*+ lOff 0) sperie Peso in Chgr. con soluz. al "/o corrispondente a N. della e Animale 3 g c S a _g grammi grammi per chilo grammi per chilo e minuto (velocità) 4 cane 4,100 5 15,2 100 15,2 3,7 0,74 5 » 3,700 5 200 30,4 8,2 1,64 6 » 4,400 16 272 39,2 8,9 0,55 7 4,200 10 » 233 35,4 8,4 0,84 8 coniglio 1,350 18 16 114 18,2 13,5 0,75 9 0,835 5 » 41 6,5 7,8 1,56 10 » 1,010 9 » 69 11,0 10,9 1,21 11 1,315 9 75 12,0 9,1 1,01 V M M M M M M M Dose letale media per chilo corporeo in grammi 8,5 10,3 Da questa si vede che il solfato sodico è veramente assai poco tossico, si che ne occoiTono gr. 8,5 per chilo corporeo nei cani, e gr. 10,3 nei conigli, onde pro- durre la morte immediata. Queste dosi, le quali corrispondono rispettivamente a (1) In questa e nelle seguenti tabelle si indica con M che l'animale rauoi-e e con V che sopravvive. 9 , FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 467 gr. 3,7 ed a gr. 4,5 di sale anidro, concordano abbastanza bene con alcuni dati di MiiNTZER (1) (gr. 4,47). Nei cani la velocità della iniezione pare influisca poco sulla grandezza della dose minima letale; ma nei conigli ha una influenza manifesta c sta- rebbe in relazione colla diuresi profusissima elio in essi provoca l'iniezione di solfato sodico, diuresi colla quale si elimina rapidamente una grande quantità di solfato. Riguardo ai sintomi si hanno qui fenomeni convulsivi, ma meno intensi che per gli altri sali di cui ci occuperemo, e ricordano piuttosto quelle contrazioni che si hanno con iniezioni endovenose di alte dosi di cloruro sodico, di quello che convul- sioni nettamente tetaniche, nè ciò può fare meraviglia qualora si ricordi che il solfato sodico, come reattivo decalcificante, è assai poco sensibile, ed alle dosi altissime cui bisogna introdurlo, onde produne la morte degli animali, indubbiamente entrano in scena fenomeni dipendenti da una tossicità fisica, per la concentrazione molecolare elevata che si porta nel sangue, fenomeni che vengono a complicare il quadro della intossicazione. Anzi, se la concentrazione molecolare non intervenisse, come già abbiamo dimostrato a proposito della incoagulabilità del sangue, ottenuta in vitro con questo sale, il solfato sodico non potrebbe produrre una diminuzione sensibile della concen- trazione jonica del calcio nei tessuti, il che diventa possibile solo allorquando, per la concentrazione molecolare elevata del solfato, verosimilmente si provocano fatti di retrocessione nella dissociazione elettrolitica dei sali di calcio. l'azione sua anticoagulante (2), ed ora basterà ricordare che in piccola quantità pre- cipita il calcio, dando un metafosfato calcico insolubile, ma in eccesso ridiscioglie il precipitato calcare, ed il liquido limpido che ne risulta non dà più le reazioni sensi- bili, caratteristiche del calcio; si comporta allora come il citrato, il quale non preci- pita il calcio, ma ne impedisce le reazioni. Da questo risulta quindi che il metafosfato sodico, a seconda della dose, può produrre una diminuzione nella concentrazione jonica del calcio in doppio modo : o precipitandolo come fa l'ossalato, o trasformandolo in joni complessi come farebbe il citrato trisodico; e ciò tanto in soluzioni acquose pure, che nel sangue in vitro, o nell'animale vivo per iniezioni endovenose, provocando in ogni caso una decalcifica- zione di interesse puramente chimico, fisiologico o farmacologico, a seconda dell'am- biente in cui si produce. E le manifestazioni fisiche e fisiologiche di questa decalci- ficazione, prodotta dal metafosfato, saranno quindi varie, a seconda della dose; ora somiglianti più a quelle date dall'ossalato sodico, ora a quelle date dal citrato. Come per il citrato, saponi, ossalato ecc., anche per il metafosfato sodico la tos- sicità è assai diversa, a seconda che s'introduce per via gastrica, per via ipodermica, (1) Mu.vTZER E., Zio- Lehre fon der Wirkuivj der Salze, 7 Mittheilung. — Die AUyemeìnwirk'rnig der Salze, ' Ardi, fiir ex. Pathol. u. Pharm. ., Bd. 41 (1898), S. 74-96. (2) Sabbatani L., Funzione biologica del calcio, Parte li, Il calcio-ione nella coagidazione del sangue, " Memorie della R. Acc. delle 8c. di Torino Serie li, tomo LII (1902), p. 21.3-257. 3. 31et a fosfato di sodio. Dei caratteri chimici del metafosfato parlando del- 468 LUIGI SABBATANI 10 per via endovenosa, tanto diversa che si sarebbe tentati a dire che queste sostanze sono per bocca quasi del tutto innocue, a confronto della tossicità grandissima che acquistano per iniezione endovenosa. Gamgek (1) aveva constatata la tossicità dell'acido metafosforico nelle rane; ScHULZ (2) vide poi che il metafosfato sodico per iniezioni ipodermiche nei conigli alla dose di gr. 0,5 riesce innocuo, ma letale a gr. 1,0; vide che amministrato per via gastrica provoca infiammazione della mucosa, la quale si mostra coperta da ecchi- mosi bruno nere più o mene intense. Ma io dubito assai che ciò provenisse da qualche causa d'errore che è sfuggita forse alla osservazione di Schulz, poiché il metafosfato sodico non ha affatto azione irritante e caustica (Vedi Esp. 15) e può precipitare gli albuminoidi (Vedi Esp. 14) e fissare i tessuti (Vedi Esp. 16) solo a condizione che si trovi in presenza di una forte quantità di acido. Dubito che colla sonda Schulz pro- ducesse forse nello stomaco delle lesioni materiali e degli stravasi sanguigni, i quali per la presenza di un liquido ad azione anticoagulante energica, come è il metafosfato sodico, diventavano gravi, laddove in condizioni ordinarie sarebbero passati del tutto inosservati. È nota l'azione precipitante dell'acido metafosforico o del metafosfato sodico in ambiente acido sugli albuminoidi (3) e mentre di questo fatto io doveva tener conto nell'interpretazione dei fenomeni tossici prodotti dal metafosfato, è evidente altresì che, avendosi in tutto l'organismo sempre un ambiente alcalino, tranne che nello stomaco e nelle vie urinarie dei carnivori, si poteva ritenere che, qualora nell'orga- nismo avvenissero fatti di coagulazione o precipitazione di albuminoidi per opera del metafosfato, ciò fosse esclusivamente nello stomaco o nelle vie urinarie dei carnivori. Conveniva quindi stabilire se l'acidità normale di queste parti sia realmente baste- vole per la reazione, ed è con questo intento che ho fatte le seguenti esperienze : Esperienza 12* (13 novembre 1903). Un albume d'uovo viene sbattuto con quattro volumi d'acqua, quindi filtrato e su di esso si sperimenta l'azione precipitante del metafosfato in presenza di diversi acidi, usando però delle soluzioni acide abbastanza diluite, e tali che da sole non danno alcun precipitato coll'albumina. Si vide così che il metafosfato sodico cogli acidi cloridrico, nitrico, solforico, fosforico ed acetico precipita benissimo l'albumina. Si vide che il solfato acido di sodio serve ancora benissimo, mentre poi il fosfato mono- sodico e l'acido carbonico non precipitano affatto l'albumina col metafosfato sodico. Si vide in fine che, in presenza di fosfato monosodico occorre aggiungere molto più acido perchè la reazione avvenga. Esperienza Id" (13 novembre 1903). Ao-o-iuncendo a dell'urina d'uomo o di cane normale e molto acida del metafosfato e del- l'albumina d'uovo, non si ha alcun intorbidamento ; questo si ha solo aggiungendo dell'acido. A parità di condizioni la reazione avviene più debole che in acqua pura; nell'ui-ina occorre aggiungere più acido. (1) Citato da Schulz. (2) Schulz H., Ueber die Giftigkeit der Phosphor-Sauerstoffverbindungen und iiber den Chemismus der Wirkung anorganischer Gifte, ' Arali, tur ex. Pathol. und Fharm. Bd. 18 (1884), S. 174-208. (3) Il precipitato e stato paragonato alle nucleine. 11 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 469 Esperienza 14" (5 dicembre 1903). A del siero di sangue di cane, diluito con 3 volumi d'acqua, aggiungeva del raetafosfato sodico, poi delle quantità progressivamente crescenti di acido cloridrico, fino ad ottenere un lieve intorbidamento. Ripeteva poi questo saggio diverse volte, aggiungendo sempre più acqua, in modo che i reagenti si trovassero successivamente e sempre ad una concentrazione minore. Vidi cosi che la reazione col raetafosfato ed acido cloridrico sulla siero-albumina compare quando il raetafosfato e 1' acido si trovano in un determinato rapporto, indipendente dalla diluzione. In un' altra serie di saggi, fatti in modo identico , determinava la quantità minima di acido che, per una quantità fissa di raetafosfato, era sufficiente a dare il massimo di preci- pitazione dell'alburainoide; e vidi che ciò si ottiene quando i rapporti equivalenti fra meta- fosfato ed acido sono di 5 a 2 ; per poco che il raetafosfato ecceda, il precipitato albuminoideo si ridiscioglie. Esi'ERiENZA 15" (5 dicembre 1903). Appena ucciso un coniglio colla puntura del bulbo, si apre lo stomaco, si vuota e si tocca ripetutamente la mucosa con un batuffolo di cotone bagnato con soluzione di raetafosfato sodico 4" ^1 rioi^ si osserva nessun carabiaraento nella raucosa. 4 Bagnata poi in più parti con una soluzione di raetafosfato, acidificata con acido cloridrico nei rapporti 5 a 2, come s'è visto nell'Esp. 14*, la raucosa assumeva un aspetto bianco opalino. La soluzione era così preparata: Di soluzione di raetafosfato -r N cm^ 30 4 Di soluzione di HCl 3 "j^o cm^ 25. EsPERiEXZA 16* (5 dicembre 1903). Si pongono pezzetti di muscoli delle pareti addominali, d'intestino, di polmone e di fegato in una soluzione di raetafosfato sodico, acidificato come nelhi esperienza precedente. I vari tessuti, più o meno presto, assumono un colorito biancastro, che compare prima dove più abbondante è il tessuto connettivo. Passati poi nella serie degli alcool, inclusi, colorati, sezionati e montati dal Dott. Pasini, questi osservò che la soluzione acida suddetta di raetafosfato è un buon fissatore. Esperienza IT* (6 dicembre 1903). Cm' 20 di sangue arterioso di cane, mescolati con cm' 2 della soluzione acida di meta- fosfato sodico, usata nelle due esperienze precedenti, si conservarono indefinitamente liquidi, plasraa incoloro, lattescente in alto, globuli rossi bene stratificati al fondo. Esperienza 18" (12 gennaio 1902). Cavia m. di Chgr. 0,521. — Introdotti nello stomaco cm^ 15 di soluzione al 2,428 di raetafosfato, l'animale non presentò nessun disturbo (gr. 0,70 per chilo). Esperienza 19* (12 dicembre 1903). Coniglio m. di Chgr. 1,400. 16,10'. — Si introducono colla sonda nello stomaco cm* 39 di soluzione 4" N di raetafosfato 4 sodico. 470 LUIGI SABBATANI 12 (13 dicembre 1903). 9,30'. — L'animale non ha presentato alcun disturbo; ucciso colla puntura del bulbo, alla sezione non si riscontra nessuna lesione anatomica. Esperienza 20'' (11 gennaio 1902). Cane f. di Chgr. 4,700. — Introdotti nello stomaco cm^ 40 di soluzione al 2,428 "/o <5i metafosfato sodico, corrispondenti a gr. 0,97, a gr. 0,20 per chilo corporeo, l'animale stette sempre bene e non presentò il più piccolo disturbo. Nell'urina non si conteneva nè albumina nè zucchero. Da queste esperienze si vede che il metafosfato sodico dà precipitazione degli albuminoidi e fissazione dei tessuti solo quando trovasi in presenza di acidi forti (Esp. 12*) e che l'acido carbonico ed il fosfato monosodico non sono sufficienti a ciò. Quindi nè l'acido carbonico, che il metafosfato sodico assorbito può incontrare nell'or- ganismo, nè l'acidità dell'urina (Esp. 13"), proveniente da fosfati primari, possono far sì che il metafosfato dia luogo, o nei tessuti in genere, o nelle vie urinarie, a modi- ficazioni funzionali dipendenti da precipitazione di albuminoidi. E notisi per giunta che verosimilmente nelle urine non passa neppure del metafosfato sodico (Esp. 36'), e che se anche a dell'urina normalmente acidissima aggiungiamo ad arte del meta- fosfato e dell'albumina, a ciò si formi intorbidamento apprezzabile, conviene aggiun- gere più acido di quello che se si operasse in acqua pura (Esp. 13"). Da queste esperienze si vede inoltre che mentre l'acido cloridrico è adattatissimo a dare una buona reazione col metafosfato e gli albuminoidi, questa però avviene solo quando l'acido non è in troppo scarsa quantità ; e che il rapporto equivalente fra metafosfato ed acido di 5 a 2 rappresenta la quantità minima di acido con cui si può ottenere il massimo di precipitazione albuminoidea. Quindi ben difficilmente nello stomaco, o per deficienza di acido gastrico, o per eccesso di metafosfato, rapidamente ingerito, potremo trovare quei rapporti favorevoli che del resto darebbero una lesione del tutto superficiale : ed in fatti nella cavia, nel coniglio ed anche nel cane, che pure ha una forte acidità gastrica, per introduzione di alte dosi di metafosfato nello sto- maco non abbiamo osservato alcun disturbo funzionale, nè alcuna lesione anatomica. In fine, se anche avvenisse assorbimento della soluzione acida di metafosfato, la quantità di essa sufficiente a dare l'azione caratteristica è così piccola, che tosto sa- rebbe ad esuberanza neutralizzata quella poca acidità della soluzione dagli alcali del- l'organismo (Esp. 17''). Quindi riassumendo, non pare affatto credibile che nel determinismo delle mani- festazioni generali e tossiche prodotte dal metafosfato sodico intervengano fenomeni di coagulazioni albuminoidee, neppure là dove, come nello stomaco e nelle vie urinarie dei carnivori, avendosi reazione acida, pareva la cosa più probabile. Per lo studio dell'azione del metafosfato ho fatte numerose esperienze sulle rane, sulle cavie, conigli e cani, servendomi di iniezioni ipodermiche ed intraperitoneali nelle prime, e di iniezioni endovenose in tutti gli altri animali; ho poi fatte espe- rienze di applicazione diretta del metafosfato sulla corteccia cerebrale, sul midollo, sui nervi e sui muscoli, ed in fine ho fatti alcuni saggi di antagonismo fra metafosfato 13 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 471 e calcio, analogamente a quello che già feci per il citrato. Di tutte queste esperienze però riporterò per esteso solo quelle che a me sembrano piìi interessanti: Esi'ERiENZA 21" (15 gennaio 1902). Rane del peso medio di gr. 30. — 'A cinque rane iniettai nel sacco linfatico dorsale rispet- tivamente era'' 1 — 0,8 — 0,6 — 0,4 — 0,2 di soluzione al 2,428 "/„ di metafosfato sodico. Quella che n'ebbe cm' 1, iniettata alle 17,19', alle 17,45' (dopo 26') si mostrava molto depressa ; posta sul dorso si rialzava lentamente, con stento reagiva, debolmente, con movimenti tardi. Alle 17,57' (dopo 38') posta sul dorso non riusciva più a raddrizzarsi. Alle 18,8', posta sul dorso, non si raddrizza, ma stimolata reagisce discretamente, assai più di prima. Quella che n'ebbe cm^ 0,8, iniettata alle 17,22', alle 18,8' (dopo 46') si mostrava molto depressa, nè altro di più presentò in appresso. Quella che n'ebbe cm' 0,6, iniettata alle 17,24', alle 18,10' (dopo 46') posta sul dorso era incapace di raddrizzarsi, reagiva fortemente agli stimoli, e spesso faceva contrazioni toniche generali di carattere tetanico. Alle 18,15' (dopo 51') si raddrizza bene quando viene posta sul dorso. Quella che n'ebbe cm' 0,4, iniettata alle 17,21', alle 18,8' (dopo 44') reagiva manifesta- mente in modo assai più vivace che in condizioni normali. Altro non si notò in appresso. Quella che n'ebbe cm' 0,2, iniettata alle ore 17,27', alle 18,8' (dopo 41') reagiva manife- stamente con maggiore vivacità di quello che in condizioni normali. (16 gennaio 1902). Al mattino si trova che tutte queste rane stanno cosi bene, che non si sarebbero distinte da rane non tocche. (25 gennaio 1902). Dopo dieci giorni dall'iniezione stavano ancora perfettamente bene; uccise, alla sezione non presentavano nulla degno di nota. Esperienza 22" (17 gennaio 1902). Rane del peso medio di gr. 30. — A cinque rane iniettai nella cavità addominale rispet- tivamente cm' 1 — 1,2 — 1,4 — 1,6 — 1,8 di soluzione al 2,428 "f^ di metafosfato sodico. Quella che ebbe cm' 1 dopo 8' si mostrava manifestamente un po' eccitata, ma poi dopo 35' reagiva assai meno vivacemente che in condizioni normali. Dopo 14 ore giaceva sdraiata sul dorso, ma dopo 16 ore si raddrizzò da sè, e stette poi sempre benissimo, sì che il 26 (dopo 9 giorni) si tralasciò l'osservazione. Quella che ebbe cm' 1,2, dopo 6' posta sul dorso non poteva più raddrizzarsi, ma stimo- lata reagiva fortemente; dopo 17', stimolata, faceva contrazioni a carattere tetanico. Dopo 34' reagiva poi pochissimo, e dopo 14 ore si trovò morta. Quella che ebbe cm' 1,4 dopo 15' posta sul dorso non si raddrizzava più e reagiva debol- mente; dopo 32' reagiva appena; ma poi dopo 14 ore si era del tutto ristabilita, e stette poi benissimo anche nei giorni successivi. Quella che ebbe cm' 1,6 dopo 15' si mostrava già molto depressa ; dopo un'ora, posta sul dorso, non si raddrizzava più e reagiva pochissimo agli stimoH; 14 ore dopo stava immobile, giacente sul dorso, ma poi a poco a poco si ristabilì completamente e stette poi sempre benis- simo, sì che il giorno 26 verso sera venne uccisa. Quella che ebbe cm' 1,8 dopo 14' si mostrava molto depressa; dopo un'ora, posta sul dorso si raddrizzava con stento e reagiva pochissimo agli stimoli. Dopo 14 ore stava sdraiata, supina, e stimolata rispondeva con contrazioni toniche generali. A poco a poco anche questa rana si ristabilì e stette poi sempre benissimo. 472 LUIGI SABBATANI 14 Esperienza 25» (8 luglio 1903). Cane f. di Chgr. 6,600. 18,58'. — ^ In tre riprese si iniettano cm' 57 della solita soluzione di metafosfato ; si hanno 19, 8'. — S dapprima violenti e ripetuti accessi convulsivi a carattere tetanico, alternati da periodi di quiete, si notano contrazioni di muscoli isolati, poi contrazioni fibrillari, indi depressione ed arresto di cuore mentre il respiro dura ancora per qualche tempo. Il sangue raccolto dal cuore era interamente liquido e coagulava bene, quantunque un po' lentamente. Questo animale morì con gr. 1,38 = gr. per chilo corporeo 0,21. Esperienza 26* (8 luglio 1903). Coniglio di Chgr. 0,890. ' ,' [ Inietto nella giugulare destra cm' 6,6 di soluzione al 2,428 % di metafosfato sodico. 16,33 . — ; Durante l'iniezione l'animale presenta scosse convulsive forti , generali, a carattere preva- lentemente tonico ; in appresso presenta contrazioni di muscoli isolati, poi tremiti fibrillari, indi verso la fine dell'iniezione il respiro s'arresta, ma il cuore pulsa sempre bene e validamente. 16,35'. — A poco a poco il respiro spontaneamente è ricomparso, ma l'animale è molto depresso e solo ad intervalli presenta lievi scosse convulsive. 16,40'. — Sta bene e cammina. (9 luglio 1903). Sta sempre bene. Questo animale in 4' ebbe cm^ 6,6 — gr. 0,16 =gr. per chilo corporeo 0,18. Esperienza 27» (8 luglio 1903). Coniglio di Chgr. 1,299. 1 6,49'. — ^ Iniezione nella giugulare sinistra di cm^ 9,5 di soluzione al 2,428 Vo P. in Chgr. in in gr. per chilo dell'animale co minuti in cm' in gr. per chilo e minuto (velocità) 23 cane 4,900 5 2,8 0,68 0,14 0,028 M 24 » 6,700 2 29,5 0,72 0,11 0,055 M 25 » 6,600 10 57,0 1,38 0,21 0,021 M 26 coniglio 0,890 4 6,6 0,16 0,18 0,045 V 27 1,299 9,5 0,23 0,17 0,038 M 28 « 0,925 2 7,0 0,17 0,18 0,090 M 29 ?» 1,510 11,5 0,28 0,18 0,072 M 30 0,830 25 10,0 0,24 0,29 0,012 V 31 I) 1,210 41 10,0 0,24 0,20 0,005 V 32 n 1,340 2 6,0 0,14 0,11 0,054 V 33 cavia 0,515 3 5,0 0,12 0,23 0,077 M 34 0,517 3 4,2 0,10 0,19 0,063 M 35 0,462 2 3,7 0,09 0,19 0.095 M Da questi dati risulta che per via endovenosa la dose letale di metafosfato sodico per chilo corporeo è: nel cane di gr. 0,15 nel coniglio „ ,0,18 nella cavia „ , 0,20 Se poi ordiniamo queste esperienze secondo la velocità della iniezione, disponen- dole in gruppi naturali, secondo l'animale adoperato , si vede che la tolleranza al metafosfato cresce quando l'iniezione procede lenta : SeniE II. Tom. LIV. J* 474 LUIGI SABBATANI 16 Esperienza Velocità della iniezione Cane Coniglio A V I A gr. iniettati esito gr. iniettati esito gr. iniettati esito 0,095 0,19 M 28 0,090 0,18 M 33 0,077 — 0,23 M 29 0,072 0,18 M 34 0,063 0,19 M 24 0,055 0,11 M 32 0,054 0,11 V — — 26 0,045 0,18 V 27 0,038 0,17 M 23 0,028 0,14 M 25 0,021 0,21 M 30 0,012 0,29 V 31 0.005 0,20 V ScHULZ aveva osservato che un grammo di metafosfato, iniettato a dosi refratte nel tempo di alcuni giorni non dà alcun disturbo, e questo fatto, che è conforme a quello ora notato da noi, ci dimostra che la tossicità del metafosfato è legata ad una modificazione rapida dell'organismo, la quale si ottiene solo allorché la concentrazione del metafosfato raggiunge un determinato valore, e non dipende affatto da modifica- zioni lente, paragonabili a quelle del fosforo. Questa variazione della dose letale minima in rapporto colla velocità dell'inie- zione è conforme a quella che abbiamo notato per altri sali, ma parmi sia meno spiccata che per il carbonato e per la soda. Si può quindi credere che il metafosfato sodico, iniettato nelle vene, venga eliminato, o trasformato in prodotti meno tossici, ma ciò assai meno prontamente che per il carbonato sodico. Appare poi più vero- simile che il metafosfato si trasformi nell'organismo in prodotti innocui o meno tos- sici, di quello che si elimini rapidamente, poiché nell'urina di animali, che hanno assunto per bocca alte dosi di metafosfato, non se ne trova. Esperienza 36^ (13 dicembre 1903). Coniglio m. di Chgr. 1,250. 14,15'. — Si introducono nello stomaco colla sonda cm' 80 di metafosfato -7- N. 4 16,30'. — L'urina che ha emessa è limpidissima e lievissimamente alcalina. Dà coll'albumina ed HCl reazione negativa per il metafosfato. 16,38'. — L'urina emessa al momento è come per solito torbida, fortemente alcalina. Dà come sopra reazione negativa. (14 dicembre 1903). 7,45'. — L'urina raccolta è torbida e dà reazione negativa di metafosfato. Appare in tutto normale, e non contiene neppure traccia di albumina. 10,5'. — Ucciso; alla sezione non si osserva alcuna lesione nè nello stomaco nè negli altri organi. 17 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 47& Certamente la tolleranza maggiore alle iniezioni lente non può essere attribuita ad una eliminazione rapida per i reni, poiché nell'Esperienza :U, essendo stati aspor- tati i reni, l'animale tollerò cosi heno l'iniezione di una dose alta di metafosfato sodico, iniettata lentamente, come nell' Esperienza 3U, in cui i reni erano integri. D'altra parte i rapporti chimici che passano fra acido meta- pire- ed orto-fosforico inducono a credere che per un semplice processo di idratazione il metafosfato sodico possa trasformarsi nell'organismo in ortofosfato acido di sodio, / /" /OH PO + OH = PO-OH , ^OXa ^^^^^^^ il quale è sicuramente assai meno tossico del metafosfato, può ad alto dosi dare feno- meni riferibili alla acidità sua, come vedremo che fa il fosfato bisodico, allorché per la presenza dell'acido carbonico si trasforma parzialmente in fosfato acido, ma non può dare fenomeni fisiologici gravi, riferibili a decalcificazione, poiché il fosfato mono- calcico è solubilissimo, bene dissociato elettroliticamente, e serve benissimo per la coagulazione del sangue. Come media di due esperienze ho trovato che la dose letale di fosfato monosodico è nel coniglio di gr. 1,64 per chilo corporeo (1), gr. 1,42 se si considera il sale anidro, mentre abbiamo visto sopra che per il metafosfato sodico la dose letale è nel coniglio di gr. 0,18. Abbiamo quindi che a produrre la morte del coniglio in 4' minuti oc- corrono in media per chilo d'animale gr.-molecola 0,00176 di metafosfato e gr. -mo- lecola 0,01188 di ortofosfato monosodico; da ciò si comprende che, se il metafosfato si trasforma in fosfato primario e l'iniezione procede lenta, debbono diventare innocue quelle dosi che, rapidamente iniettate, riuscirebbero letali; ma da ciò pure si vede che la tossicità del metafosfato non può essere riferita ad una trasformazione sua in fosfato acido. Per le cose che vedremo a suo luogo, circa le trasformazioni nell'organismo del fosfato bisodico in fosfato monosodico a contatto dell'acido carbonico, già a priori non pare neppure possibile che la tossicità del metafosfato dipenda da una trasformazione di esso nell'organismo in fosfato bisodico, ed i dati di fatto lo escludono recisa- mente; vedremo che la dose letale media del fosfato bisodico è nel coniglio di gr. 2,10 per chilo corporeo, il che in gr.-molecola corrisponde a 0,00586, dose questa mole- (1) Esperienza 57». — 13 luglio 1903. Coniglio di Chgr. 0,980. 10 55' J nella giugulare destra con soluzione al 10 "/o di fosfato monosodico (NaH*PO* -f" 1100' t H'O = 138). Si ha dapprima affanno di respiro, poi convulsioni asfittiche ed arresto di ' cuore. — L'animale ebbe in 5' gr. 1,60 = gr. per chilo 1,72. Esperienza 38''. — 13 luglio 1903. Coniglio di Chgr. 1,215. 11,13',30" l Iniezione nella giugulare destra di cm' 19 della soluzione sopradetta. — Stessi sintomi. 11, 17 , 30'' S — 11 sangue raccolto dal cuore coagula bene. Questo animale ebbe in 4' gr. 1,90 = gr. 1,56 per chilo corporeo. 476 LUIGI SABBATANI 18 colarmente più che tripla del metafosfato sufficiente a produrre la morte (grammi- molecola 0,00176). Riesce invece assai difficile stabilire se la tossicità del metafosfato possa dipen- dere no, in pax'te od in tutto, da pirofosfato acido che, come prodotto primo di idratazione, può formarsi dal metafosfato. Trattando dell'azione del metafosfato sodico sul sangue in vitro, dimostrai che provoca incoagulabilità per sè stesso e non per prodotti suoi di idratazione: dimostrai che a contatto delle materie albuminoidi e del sangue in vitro, se subisce un processo di idratazione, ciò avviene molto lentamente; ma questo risultato sperimentale in vitro non esclude che nell'organismo vivo non possa avvenire il contrario, ed il dubbio diventa più grave quando si osserva che la tossicità del pirofosfato acido di sodio, rispetto a quella del metafosfato, stando ai rapporti molecolari loro di formazione, è più che doppia di quello che per il meta- fosfato : 2 NaPO^ + H^O =^ Na^H^P^O^ 2 X 102 + 18 = 222. La dose letale media per chilo corporeo di metafosfato nel coniglio, la quale è di gr. 0,18, se interamente si trasformasse nell'organismo in pirofosfato acido, cor- risponderebbe a gr. 0,195 di questo, mentre fra poco vedremo che a produrre la morte nel coniglio di un chilo bastano soltanto gr. 0,087 di pirofosfato, ossia una dose minore della metà di quella che potrebbe originarsi dalla dose di metafosfato necessaria a produrre la morte. È quindi pienamente giustificato il dubbio che la grande tossicità del metafosfato sodico dipenda non dal metafosfato stesso, ma da pirofosfato sodico che per processo di idratazione si può formare dal metafosfato, e questo dubbio, che si potè allonta- nare con sicurezza allorché si studiava l'azione anticoagulante del metafosfato sul sangue in vitro, ora invece riesce alquanto difficile allontanarlo interamente. Aveva pensato che si potesse risolvere questo dubbio tenendo conto da una parte dei dati chimici relativi alla velocità di idratazione degli acidi meta- e pire- fosforico e dall'altro della diversità di tolleranza che gli animali presentano alle iniezioni lente dei sali sodici relativi, considerando che quello che più velocemente si idrolizza meglio dovesse venire tollerato per iniezioni lente ; ma le incertezze chimiche da un lato e le differenze poco spiccate che otteneva sugli animali non mi permisero di trarre da questi dati un giudizio discriminativo sicuro, molto più che i risultati delle esperienze chimiche sulla velocità di idratazione degli acidi liberi non possono essere valevoli anche per i sali, i quali assai meno si idratano, e le soluzioni loro si con- servano assai meglio che quelle degli acidi. Se però si considera l'istantaneità dell'azione generale del metafosfato iniettato direttamente nelle vene, e l'azione sua per applicazione diretta sulla corteccia, sul midollo, sui muscoli, sui nervi, converrebbe dire che la supposta trasformazione in pirofosfato sia istantanea e possa essere operata egualmente bene da diversi tessuti, le quali cose non sembrano probabili, e diventano anche meno probabili di fronte al comportamento del metafosfato sul sangue in vitro, nel qual caso l'azione decalcifi- cante diretta del metafosfato non può più essere posta in dubbio. 19 l'UNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 477 Ma a questo punto possiamo osservare che se l'azione tossica dei mota- e piro- fosfato sodico dipende da una decalcificazione che essi stessi direttamente provocano sui protoplasmi, cosi come fanno sul sangue in vitro, è perfettamente logico che la tossicità del metafosfato sia molecolarmente un quarto circa di quella del pirofosfato, poiché mentre una molecola di metafosfato può fissare un equivalente di calcio, una molecola di pirofosfato ne può fissare quattro. Le dosi letali minime per chilo cor- poreo nel coniglio e per iniezioni nelle vene del meta- e piro-fosfato sodico, calcolate in gr.-equivalenti diventano eguali, il che dimostra come la tossicità loro sta in rap- porto diretto della valenza chimica. Dose letale in gr. in gr. equivalenti Metafosfato sodico , . . 0,180 0,0017 Pirofosfato sodico . . . 0,087 0,0015 La concordanza perfetta di questi dati sperimentali da sola basta ad allontanare i dubbi suesposti, circa il modo d'agire del metafosfato, il quale però è da ritenere sia di per se stesso tossico, in quanto sottrae del Ca-jone ai protoplasmi, analoga- mente a quello che fanno gli altri reattivi decalcificanti. Infatti, come il citrato trisodico, così pure il metafosfato sodico per applicazione diretta sulla corteccia, sul midollo ecc., dà fenomeni intensi di eccitazione; e fra il metafosfato ed il calcio si hanno fatti chiarissimi di antagonismo. Esperienza 39» (8 gennaio 1902). Cane f. di Chgr. .4,500. — Sopra la corteccia cerebrale a destra applico della soluzione di metafosfato sodico al 2,43 7^ e saggio la eccitabilità elettrica, 10,30'. — Si ha movimento sensibile dell'arto anteriore sinistro coi rocchetti della slitta a mm 145 10.40;.-- , „ , ,150 10,52 . — Dopo una prima applicazione di metafosfato per 10' , 150 11)3'. — Dopo una seconda applicazione I75 11,16'. — Dopo una terza applicazione 200 11,29'. — Dopo una quarta applicazione , 225 e presenta poi scosse epilettiche forti all'arto anteriore sinistro. 11,44'. — Dopo una quinta applicazione ^ 220 e come sopra presenta scosse epilettiche all'arto anteriore sinistro. Esperienza 40' (10 gennaio 1902). Cane m. di Chgr. 7,400. — Sperimento sulla zona motrice di sinistra con una soluzione di metafosfato sodico al 2,43 "/(,, avendo cura speciale in questa esperienza di non fare alcuna eccitazione elettrica. Alle 13,49' comincio ad applicare la soluzione, e cambiando spesso il batuffoletto di cotone, seguito fino alle 14,30'. A questo momento scoppia un accesso epilettico spontaneo , grave e lungo, che comincia con scosse tonico-clonicbe dell'arto superiore destro, si diffonde all'inferiore pure di destra, e passa quindi al muso ed al resto del corpo. Dopo l'accesso l'animale resta abbattuto. Alle 14,40', durando sempre l'applicazione del metafosfato, si hanno scosse epilettiche limi- tate all'arto anteriore destro, ma alle 14,48' scoppia un secondo accesso generale violento, più 478 LUIGI SABBATANI lungo del primo, e come quello si svolge dall'arto anteriore destro ài posteriore destro, poste- riore sinistro, anteriore sinistro, testa e collo. Termina con grande agitazione e grida dell'ani- male, che ha salivazione profusa. Alle 14,50' si ha un terzo accesso. Alle 15 si notano scosse epilettiche quasi continue all'arto anteriore destro. Alle 15,2' si ha un quai-to accesso epilettico generale. Alle 15,7' quinto accesso più debole. Alle 15,10' sesto accesso più forte. Alle 15,16' settimo accesso. Alle 15,28', lasciato libero l'animale, cammina malamente, fa pochi passi, poi cade, presen- tando un ottavo accesso epilettico generale. Dopo ciò resta depresso molto, ma poi si ristabi- lisce alquanto, ed alle 17,17' mangia con avidità. EsPEuiENZA 41" (22 marzo 1902). Cane m. di Chgr. 6,500. — Scoperta la zona motrice di sinistra, senza fare alcun saggio di eccitabilità elettrica, vi tipplicai al modo solido un batuffoletto di cotone imbevuto di solu- zione al 2,43% di metafosfato sodico: ciò dalle 17,45' alle 18,21', per 36'. Comparvero allora accessi epilettici, che cominciavano con scosse all'arto anteriore destro e si generalizzavano poi come al solito rapidamente; si ripeterono gli accessi sempre più spesso, e negli intervalli si notavano scosse miocloniche continue, dapprima all'arto anteriore destro, di poi anche al posteriore destro; si ebbe in fine uno stato epilettogeno quasi continuo. Si uccise allora l'animale aprendo le carotidi, ed il Prof. Rokcoroni l'usufruì per ricerche istolo- giche sulla corteccia. Esperienza 42' (7 gennaio 1902J. Cane m. di Chgr. 3,700. — Scoperta la corteccia cerebrale a sinistra, dopo riposo di '/j ora vi applico della soluzione di metafosfato sodico al 2,43 "/g. 11,40'. — Si ha movimento dell'arto anteriore destro a mm. 135 11,50'. — Si ha movimento a ,145 12, 2'. — Si ha movimento a ,160 12,16'. — Si ha movimento a , 155 12,30'. — Dopo una 1^ applicazione per 10' di metafosfato , 160 12^42'. — Dopo una 2* applicazione , 185 12,55'. — Dopo una 3* applicazione, appena si tocca la corteccia eolla pinza elettrica, essendo i rocchetti a 185 mm., subito si ha un movimento violento e scosse ei^ilettìche all'arto anteriore destro. Diminuita l'intensità della corrente, si ha movimento evidente della zampa anche a mm. 240, ed avendo provata varie volte questa corrente, scoppia poi un accesso epi- lettico fortissimo, generale, assai lungo. 13,4'. — Applico sulla corteccia della soluzione di clorm-o calcico al 2 "/oj ottengo che poco dopo scoppia un secondo accesso epilettico (13,8') pure fortissimo, ma fu l'ultimo. Dopo 10', da che s'era applicato il calcio, si aveva movimento evidente della zampa solo coi rocchetti a mm. 110. Esperienza 43* (8 gennaio 1902). Cane f. di Chgr. 4,500. — Alle ore 15,35' colla puntura lombare introduco nel canale spinale cm' 0,2 di soluzione airi,214 "/o metafosfato sodico, ed ottengo istantaneamente tetana e rigidità in estensione fortissima e persistente degli arti posteriori e della coda. 21 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 479 Si ha poi tetano netto anche al treno anteriore, con opistotonio e trisma; quindi si notano scosse violenti ad accessi, ed i riflessi sono esageratissimi. Alle 16 il tetano diminuisce, l'animale si mostra assai debole, specie nel treno posteriore, per cui non si regge affatto in piedi. Alle 18 il cane si regge bene in piedi, cammina e mangia con avidità. Il giorno dopo stava sempre benissimo. Da tutto quello che abbiamo esposto fin qui appare evidente che l'azione tos- sica del metafosfato sodico non è affatto paragonabile a quella del fosforo, che non è minimamente legata alTazione coagulante dell'acido metafosforico sopra gli albu- minoidi, che non dipende certo da prodotti di idratazione dell'acido metafosforico ; ma dal metafosfato sodico per se stesso. Resta dimostrato che le modificazioni organiche prodotte dal metafo.sfato, le quali sono causa delle manifestazioni tossiche, sono certamente molto delicate e facil- mente riparabili, e si ottengono soltanto per una introduzione rapida della sostanza. Resta dimostrato che le manifestazioni di eccitazione generale e locale sulla cor- teccia, sul midollo ecc., in tutto paragonabili a quelle del citrato, dipendono da una diminuzione brusca nella concentrazione del (^a-jone protoplasmatico, prodotta dal metafosfato, poiché scompaiono con applicazioni di calcio. 4. Pirofosfato di sodio. SciiULZ (1) trovò che con gr. 0,.50 di pirofosfato tetrasodieo (Na^P^O') per via ipodermica i conigli vengono a morte in 12 ore, e con gr, 1 in 3-4 ore; io, colle espe- rienze seguenti, dopo avere visto che l'azione generale del pirofosfato tetra- e bi- sodico è presso a poco la stessa, ho determinata la dose minima letale del pirofosfato bisodico per chilo corporeo e per iniezione endovenosa nei conigli. L'acidità di questo sale è paragonabile a quella del fosfato monosodico, è di poco momento, e riesce del tutto indifferente agli animali per le piccole dosi di pirofosfato sufficienti ad ucciderli. Ho poi fatte alcune esperienze sul midollo spinale del cane per assicurarmi che veramente anche in questo modo il pirofosfato sodico si comporta come gli alti'i reattivi decalcificanti. Di tutte le esperienze fatte riporto poi per esteso solo quelle che a me sembrano piìi importanti. Esperienza 44" (29 aprile 1902). Cane f. di Chgr. 2,300. — Nella vena femorale destra inietto della soluzione di pirofosfato neutro di sodio al 5,60 '/n- Dopo iniezioni di cm'^ 0,5 l'animale si lamenta fortemente. — Dopo cm' 6,5 si ha tetano fortissimo. Per un incidente sorto durante l'esperienza il resto dell'osservazione va perduta. Sappiamo quindi da ciò che gr. 0,364 di pirofosfato tetrasodieo (= gr. per chilo corporeo 0,16 =:gr.-molecola per chilo corporeo 0,0006 = gr. -equivalenti per chilo 0,0024) danno accesso convulsivo intenso a carattere nettamente tetanico. (1) Loc. cifc. 480 LUIGI SABBATANI 22 Esperienza 45» (15 luglio 1903). Coniglio di Chgr. 1,370. 15,24'. — l Inietto nella vena giugulare destra cm^ 3,4 di soluzione al 4 "/g di pirofosfato 15,25' 30" — ^ acido di sodio. Dm-ante l'iniezione l'animale presenta accessi convulsivi intensi a carattere tonico con opi- stono. Poi si ha arresto del cuore e quindi anche del respiro. Aperto subito il torace, si trova il cuore fermo, ineccitabile; il sangue raccolto dal cuore è interamente liquido e tale resta anche dopo più di 24 ore. Questo animale morì con gr. 0,136 =: gr. per chilo corporeo 0,100, iniettati in 1' '/«. Esperienza 47* (15 luglio 1903). Coniglio di Chgr. 1,720. 16,1 1'30". — l Iniezione nella vena giugulare destra con cm^ 6 di soluzione al 2 "/o di piro- 16,16'15". — S fosfato acido. Il coniglio muore con fenomeni identici a quelli descritti nella esperienza precedente. Alla sezione, fatta subito, si trova il cuore fermo ed ineccitabile, il sangue liquido inte- ramente, che però coagulava bene con grande lentezza. Questo animale ebbe in 4' '/^ gr. 0,120 = gr. per chilo corporeo 0,070. Esperienza 50* (4 aprile 1902). Cane f. di Chgr. 3,000. — Scoperto il midollo lombare, lo bagnai mercè un pennellino di vaio con una soluzione al 5,6 "/o di pirofosfato sodico neutro ; dapprima solo da un lato, ed ebbi tetano unilaterale, poi da ambo i lati ed ebbi tetano generale. Esperienza 51* (5 aprile 1902). Cane m. di Chgr. 3,800. — Scoperto il midollo spinale ai lombi, lo bagno dal lato destro al modo solito, con una soluzione al 5,6 "/q di pirofosfato sodico acido; tosto dal lato destro compare una contrazione tonica fortissima e persistente , con incurvamento di tutto il tronco verso destra, a guisa d'un arco. Sollevato poi il midollo, e passando del liquido a sinistra, si ebbe un tetano netto, generale e fortissimo. Da queste esperienze si vede che tanto col pirofosfato bisodico, che col tetra- sodico, per iniezione endovenosa nel cane e nel coniglio, o per applicazione diretta sul midollo spinale, sempre si hanno intensissimi fenomeni di eccitazione, ai quali segue, come anche per gli altri reattivi decalcificanti, depressione e morte. Per ciò poi che riguarda l'azione tossica, nella seguente tabella ho riuniti i dati delle esperienze fatte sui conigli: Esperienza Animale Peso dell'animale in Chgr. in minuti Iniezione in cm^ di pirof al "/o Dsfato acido in gr. per chilo in gr. per chilo e min. (velocità) Esito dell'animale 45 coniglio 1,370 1 V2 3,4 4 0,100 0,066 M 46 n 1,510 IV2 2,1 4 0,068 0,045 M 47 1,720 43/, 6,0 2 0,070 0,014 M 48 » 1,360 31 9,3 2 0,136 0,004 M 49 n 1,480 4 4,5 2 0,060 0,015 M 23 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 481 Da ciò si vede che la dose letale media nel coniglio è di gr. 0,087 per chilo corpoi'eo; e se si prescinde dalle esperienze 45 e 46, fatte con rapidità eccessiva, o con soluzioni troppo concentrate, data la tossicità grande del pirofosfato acido di sodio, si vede inoltre evidente l'influenza che la velocità della iniezione esercita sulla grandezza della dose letale: Esperienza velocità della iniezione dose letale per chilo corporeo 48 0,004 0,136 47 0,014 0,070 49 0,015 0,060 E veramente le esperienze 45 e 46 furono fatte con eccessiva velocità, e s'ebbe la morte per azione diretta sul cuore, prima che il sale iniettato avesse tempo di diffondersi ai tessuti : prova ne sia che in queste due esperienze si notò arresto ra- pidissimo del cuore, il quale alla sezione, fatta subito, era ineccitabile meccanica- mente, e che il sangue raccolto da esso era incoagulabile, il che ci attesta una decal- cihcazione intensa subita da esso, tale da renderlo incoagulabile, e quale non si avvera mai, non solo col pirofosfato, ma neppure con alcuno degli altri sali decalci- ficanti, allorché si fa l'iniezione con lentezza sufficiente, a che possa avei'si il pas- saggio del reattivo dal sangue ai tessuti, nel qual caso si immobilizza del Ca-jone dei tessuti in quantità tale, che è incompatibile colla vita, prima ancora che si sia immobilizzato tanto Ca-jone del sangue da renderlo incoagulabile. È indubitato poi che la tossicità del pirofosfato bisodico dipende dal pirofosfato stesso e non da derivati suoi, metafosfato od ortofosfato, perocché esso é il più tos- sico di tutti questi: Quantità corrispondenti dei sali dose tossica c — --^ per chilo corporeo ~^ ab ed 2NaP03 = 204 gr. 0,18 0,0008 Na2H2p20^= 222 „ 0,08 0,0003 2NaH2P0* = 240 „ 1,42 0,0059 5. Fosfato bisodico. Il fosfato sodico ordinario, Na'^HPO*+ 12H^0= 358, é un eccellente reattivo pre- cipitante del calcio, e quindi, allorché viene aggiunto alle soluzioni acquose nei tubi da saggio del chimico, precipita il calcio e ne diminuisce la concentrazione jonica, aggiunto al sangue diminuisce ancora la concentrazione jonica del calcio esistente in esso (1), e ciò tanto più quanto maggiore è la quantità di fosfato aggiunto, sì che presto s'arriva ad un valore per il quale la concentrazione del Ca-jone è insufficiente alla coagulazione, ed allora il sangue resta indefinitamente liquido. Analogamente, allorché s'inietta del fosfato bisodico nelle vene dell'animale, si provoca una diminu- zione nella concentrazione del calcio-jone degli organi, diminuzione, che si fa sempre più grave col crescere della quantità di fosfato iniettata, e presto é causa di disturbi (1) Cfr. Funzione biologica del calcio, Parte 11, loc. cit. Simii? TT. Tom. LIV. 482 LUIGI SABBATANI 24 funzionali, i quali, come vedremo, dipendono, almeno in parte, da deficienza di calcio-jone. L'importanza grande che hanno i fosfati alcalini ed alcalino-terrosi nell'economia animale; i rapporti chimici e farmacologici che passano fra i vari acidi ossigenati del fosforo ed il fosforo stesso; le questioni fisio-patologiche relative alla degenera- zione grassa che si produce nell'avvelenamento per fosforo ; l'alcalinità del sangue e l'acidità dell'urina nei carnivori, strettamente legate alla presenza di sali alcalini primari e secondari dell'acido ortofosforico; le questioni chimiche e fisiologiche rela- tive al lavoro del rene, che da un liquido alcalino elabora un secreto acido; la pre- senza ed importanza del fosforo in alcuni proteidi, sono questioni di una importanza grandissima, che io oso appena ricordare qui ora, questioni tutte che si rannettono intimamente al contegno dei fosfati nell'organismo. Lo studio dell'azione decalcificante del fosfato bisodico appare quindi molto più interessante che per gli altri sali, ina presenta anche difficoltà speciali, dipendenti dai caratteri chimici suoi, poiché essendo il terzo atomo d'idrogeno dell'acido fosfo- rico pochissimo dissociabile, ed il secondo pure poco, in soluzione acquosa il sale bisodico subisce idrolisi parziale e reagisce alcalino sulle carte di tornasole. Farmacologicamente viene considerato come un preparato alcalino, mentre chi- micamente è un sale acido e l'acidità sua, come vedremo, si manifesta intensa nel- l'atto stesso in cui opera come decalcificante. Da ciò ne viene che la sintomatologia dell'avvelenamento per fosfato bisodico è molto più complessa, varia e difficile da interpretare, di quello che per la maggior parte degli altri sali di cui ci occupiamo attualmente. Le esperienze che ho fatte con questo sale sono numerosissime, ma, come al solito, solo di poche riferirò la descrizione per esteso, riunendo poi in una tabella finale i dati principali e l'esito di tutte. Esperienza 53"- (4 dicembre 1902). Cane f. di Chgr. 8,700. — Si inietta nella vena femorale destra della soluzione di fosfato bisodico al 17 7») tiepida. 17,15'. — Comincia l'iniezione. 17,19'. — Arresto lungo di respiro, pause inspiratone lunghissime. 17,20'. — Si sospende l'iniezione a cm'^ 85 perchè compare tetano, specie ai muscoli della nuca e mandibola; le pupille sono dilatate; il respiro è arrestato; ma il cuore pulsa vali- damente. Si fa un po' di respirazione artificiale comprimendo il torace. 17,21'. — L'animale respira da sè. 17,23'. — Ripresa l'iniezione, subito si ha arresto di respiro. 17,24'. — Forte spasmo della glottide; torace fermo e rigido in inspirazione forzata; trisma intenso. Scompare poi il reflesso oculo-palpebrale, mentre il cuore pulsa ancora bene. 17,25'. — Seguitando sempre l'iniezione, l'animale pare si calmi; fa rari respiri con lunghi arresti in inspirazione. 17,27'. — Si termina l'iniezione a cm^ 167, e l'animale è del tutto rilasciato, la lingua è cia- notica, presenta tremiti fibrillari diffusi, il respiro è arrestato ; ma il cuore pulsa sempre validamente. Si fa la respirazione artificiale comprimendo il torace. 17,29'. — Si osserva che, quando colla respirazione artificiale scompare la cianosi, si ha trisma fortissimo, rigidità alla nuca ed ai muscoli toracici, lieve agli arti; poi tetano fortis- 25 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 483 simo, generale. Tralasciando la respirazione artificiale, che quasi non si può fare durante l'accesso tetanico, l'animale si fa di nuovo cianotico e si rilascia. Allora, facendo di bel nuovo la respirazione artificiale, collo scomparire della cianosi ricompare il tetano. 17,31'. — Respira da sè in uno stato lieve di cianosi. 17,32'. — Stimolato, ricompare un accesso tetanico lieve. 17,33'. — Respira da sè. Ha opistotono, e (juando tenta di reggersi in piedi viene colto da contratture agli arti posterioi'i. 17,35'. — È calmo, profondamente depresso, ancora incapace a reggersi in piedi. 18,15'. — Improvvisamente è colto da accesso tetanico forte, dopo il quale presenta respiro affannoso (110 respiri al minuto). ' 18,40'. — È calmo, respira tranquillo, non ha più tetano, è incapace a reggersi in piedi, poiché al minimo sforzo viene colto da tetano: emette urina di reazione fortemente acida. 19,40'. — Si trova morto. (5 dicembre 1903). 12, — '. — Alla neeroscopia si nota: rigidità cadaverica forte; grumi di sangue nero in tutte le cavità del (Juore e nei grossi vasi. L'urina contenuta in vescica è fortemente acida. Questo animale ha ricevuto in 12' cm'^ 167 di soluzione al 17''/„ = gr. 28,39 = gr. per chilo 3,26. Esii'EiiiENZA 54" (5 dicembre 1902). Cane m. di Chgr. 12,000. — Nella vena femorale destra si inietta della soluzione di fosfato bisodico usata nella esperienza precedente. 15,6'. — Comincia l'iniezione. 15,8'. — L'animale si agita, trema, ha respiro difficile, con lunghi arresti inspiratori. 15,10'. — L'animale è più calmo. 15,13'. — Si termina l'iniezione a cm' 200, che è proceduta sempre in modo continuo e rego- lare. Il respiro s'arresta e si pratica la respirazione artificiale. 15,20'. — Ha le mascelle fortemente serrate, presenta movimenti fibrillari della lingua e respiro superficiale. 15,21'. — Compaiono accenni di convulsioni tetaniche. Lunghi arresti del respiro a torace in inspirazione forzata. L'animale è incapace a reggersi in piedi. 15,49'. — A poco a poco il respiro si fa regolare e calmo. L'animale si rizza, fa alcuni passi ; ma cade barcollando. 16,10'. — Emette urina di reazione acida. 16,21'. — Ha respiro molto affannoso. 16,31'. — Temperatura rettale 39°. Si regge male in piedi. 16,45'. — E molto abbattuto; sta sdi'aiato sul fianco, incapace a reggersi. 17,—'. — Temperatura rettale 39",2. 17,50'. - , , 39°,1. 19,.30'. — , , 38°,7. 19,50'. — Emette abbondante urina di reazione acida. 20,50'. ~ Si trova morto (dopo 5 ore dalla fine dell'iniezione) e la rigidità cadaverica è già grande per tutto il corpo. (6 dicembre 1902). 8, — '. — La rigidità cadaverica perdura. In tutti i grossi vasi e nelle cavità del cuore si riscon- trano abbondanti grumi neri. Questo animale ricevette in 7' cm' 200 di soluzione al 17''/(, = gr. 34 = gr. per chilo corporeo 2,8. 484 LUIGI SABBATANI 26 Esperienza 58'' (11 dicembre 1902). Cane f. di Chgr. 4,900. 17,29'. — l Iniezione nella vena femorale destra di cm^ 64,8 di soluzione solita di fosfato 17,34'. — S bisodico (tiepida). Durante l'iniezione dapprima l'animale si agita, poi presenta una contrazione tetanica generale, intensa, lunga. Il respiro si arresta al comparire del- l'accesso tetanico, e mentre questo dura, l'animale a poco a poco si fa intensamente cianotico. Allora soltanto la contrattura cede per dar luogo ad un rilassamento gene- rale dell'animale; ma il respiro è sempre fermo. l'^,36'. — Il cuore pulsa sempre validamente e si soccorre l'animale colla respirazione artifi- ciale mercè la compressione del torace. Prontamente scompare la cianosi ; ma mentre questa scompare, ritoi'na l'accesso tetanico. 17,40'. — Varie volte si è i-ipetuta questa alternativa di rilassamento generale coll'asfissia pro- fonda e di tetano collo scomparire dell'asfissia, senza che l'animale potesse respirare da sè o per il rilassamento generale, o per la contrattura tetanica del torace e glot- tide. A poco a poco l'animale comincia poi a respirare da sè lievemente, facendo appena 14 respiri al minuto ed essendo le mucose assai cianotiche ed i muscoli un po' con- tratti, specialmente alla parte anteriore del corpo ed alla testa. Intanto l'animale sta sdraiato, immobile. 18,2'. — L'animale tenta rizzarsi. 18,7'. — Cammina un po' barcollante. 21,35'. — Rifiuta il cibo; ma del resto sta bene. (12 dicembre 1902). L'urina emessa ha reazione acida forte. Nei giorni successivi l'animale è stato sempre bene, solo mangiava un po' poco. (15 dicembre 1902). Pesa Chgr. 4,350. (29 dicembre 1902). Deciso colla puntui'a del bulbo, alla sezione si vede che il fegato presenta in alcuni punti delle zone di degenerazione grassa, di varia grandezza, da un pisello ad una piccola nocciuola. Il resto del tessuto epatico appare normale. Questo cane ebbe in 5' cm^ 64,8 di soluzione al 17 7o = 8'i'- 11,016 = gr. per chilo cor- poreo 2,25. Esperienza 59" (15 dicembre 1902). Cane m. di Chgr. 7,900. 16,34'. — ^ Si i)ratica una iniezione endovenosa di cm^ 116 della soluzione solita di fosfato 16,37'. — ^ bisodico tiepida. 16,40'. — Si regge in piedi abbastanza bene; ma presenta leggere contratture agli arti. 18,20'. — Ha respiro molto afi'annoso ; rifiuta il cibo. ^ 19, — '. — Temperatura rettale 4^,7 C. ; ha grande aff'anno di respiro. 19,20'. — Temperatura 42°, 1 C; seguita l'aS'anno. 20, — '. — Temperatura 42°, 8 C. ; ha sempre affanno grande. 20,30'. — Temperatura 43°,4C. ; il respiro è lento, debole. L'animale sta sdraiato, immobile, con tremiti muscolari per tutto il corpo. 20,50'. — Muore, dopo circa 4 ore dalla fine dell'iniezione. 27 FUNZIONE BIOLOGICA DKL CALCIO 485 (16 dicembre 1902). 9, — '. — Alla necroscopia si osserva quanto segue: La rigidità cadaverica è forte. Nella pleura si ha poco liquido sieroso, leggermente san- guinolento. Il polmone mostra qualche piccola ecchimosi puntiforme sulla superfcie esterna. Il cuore è contratto e duro, specie il ventricolo sinistro, che al taglio appare pallido. Tutte le cavità del cuore ed i grossi vasi sono pieni di grumi neri, compatti. Nel peritoneo si ha poco liquido sieroso, fortemente sanguinolento. La milza appare molto congesta ed al taglio la polpa sembra un po' scarsa. Il rene destro mostra all'esterno una iniezione venosa saliente, ed alla sezione la parte periferica della sostanza corticale appare arrossata, specialmente nella parte di mezzo, mentre ai poli del rene lo è assai meno. La parte interna della sostanza corticale è pal- lida. Il rene di sinistra invece presenta la sostanza corticale uniformemente pallida, ben distinta dalla midollare. La vescica urinaria è fortemente ripiena di urina, limpida, chiara, di reazione fortemente acida. L'intestino è tutto ripieno di gas e presenta qua e là zone fortemente arrossate. Tutto il sistema della vena porta poi è pieno di gas e nel cellulare perivenoso si ha pure dila- tazione a bolle per gas. La vescica biliare è piena e fortemente distesa da bile. Fegato di grandezza normale, di colore giallo-pallido evidentissimo, specie al lobo destro. Alla superficie convessa di tutti i lobi , ed anche al taglio presenta numerose vescichette piene di gas, con apparenza di polmone enfisematoso. Al tatto il fegato dà sensazione untuosa ed appare di con- sistenza molle. Il liquido tracheale, pleurico e peritoneale è di reazione acida al tornasole. Questo animale ebbe in 3' cm^ 116 di soluzione al 17% = gr. 19,72 = gr. per chilo corporeo 2,50. Esperienza 61* (10 gennaio 1903). Cane m. di Chgr. 12,900. 16, — '. — Si vuota la vescica urinaria e si lascia in posto un catetere per raccogliere di con- tinuo l'urina : questa ha reazione acida lievissima. 16,8' . — l Iniezione nella vena femorale destra con cm^ 190 di soluzione al 17 7n di fosfato 16,18'. — ^ bisodico. Durante l'iniezione si ha scoppio di convulsioni intense a carattere net- tamente tetanico. Si soccorre l'animale alcune volte colla respirazione artificiale finché passa la crisi, dopo è molto abbattuto e resta sdraiato sul fianco, immobile per tutto il resto dell'esperienza. 16,23'. — Si raccoglie l'urina, cm^ 32 (cni' 14 ogni 10'). 16,4.5'. — L'animale presenta i muscoli un po' contratti ed ha respiro affannoso, frequente. — T. 39", 1 C. 16,53'. — Si raccoglie l'urina, cm" 151 (cm^ 51 ogni 10'). Ha reazione acida forte. 17,15'. — Respiro afi"annoso, muscoli sempre un po' contratti. T. 40'',2. 17,23'. — Si raccoglie l'urina; cm^ 42 (cm* 14 ogni 10'). Reazione acida forte. 17,53'. — Si raccoglie l'urina; cm^ 36 (cm'' 12 per ogni 10'). Reazione acida forte. 18,5'. — Ha tetano quasi continuo, specialmente accentuato nella parte anteriore del corpo. T. 41°,1. 18,23'. — Si raccoglie l'urina; cm'^ 26 (cm^ 9 ogni 10'). Reazione acida forte. 18,35'. — Lo stato generale è invariato. T. 41°,6. 18,53'. — Si raccoglie l'urina; cm* 16 (cm^ 5 ogni 10'). Reazione acida forte. 19,15'. — Stesso stato. T. 42°,2. 19.23'. — Si raccoglie l'urina; cm' 4 (cm' 1 in 10'). Reazione acida forte. A questo momento lo stato dell'animale è tale che fa presentire inevitabile la morte, e si tralascia l'osservazione, considerandolo morto dopo 4 ore circa dall'iniezione di cm' 190 di solu- zione al 17 % = gr. 32,25 = gr. per chilo 2,5, iniettati in 10'. 486 LUIGI SABBATANI 28 Esperienza 66» (20 gennaio 1903). Gatto f. di Chgr. 1,300, lo stesso che servì per l'esperienza delli 6 gennaio 1903 con car- bonato sodico. 16,20'. — l Iniezione nella vena giugulare sinistra con em^ 19,1 di soluzione tiepida al 17 "/^ 16,26'. — ) di fosfato bisodico. Durante l'iniezione l'animale presenta contrazioni generali forti a carattere tetanico, si che, essendosi avuto poi un arresto lungo del respiro, si è costretti a sospendere per un momento l'iniezione e praticare la respirazione artificiale. Terminata l'iniezione, l'animale si mostra molto depresso; ma si ristabilisce assai presto. 16,28'. — Si regge in piedi e gira barcollando. 17,50'. — L'animale emette un po' d'urina acidissima. 20, — '. — Ha emessa altra urina di reazione acida; ha anche vomitato. (21 gennaio 1903). Sta bene e mangia. Questo animale ricevette in 4' cm^ 19,1 r= gr. 3,25 = gr. 2,50 per chilo corporeo. Esperienza 67* (14 gennaio 1903). Coniglio f. di Chgr. 1,918. 16,1'. — J Iniezione nella vena giugulare sinistra con cm^ 12 di soluzione al 17.''/o di fosfato 16,4'. — ) bisodico. Durante l'iniezione l'animale presentò scosse convulsive. Subito dopo stava bene. 17,30'. — L'urina spremuta dalla vescica è di reazione acida; è torbida; l'intorbidamento scom- pare con acido cloridrico, ma non fa effervescenza. (15 gennaio 1903). L'urina emessa durante la notte ha reazione alcalina ed è torbida. L'animale sta bene. Questo coniglio ebbe in 3' cm' 12 di soluzione = gr. 2,04 = gr. 1,06 per chilo corporeo. Esperienza 68"- (14 gennaio 1903). Coniglio f. di Chgr. 1,606. 16y24'. — ^ Iniezione nella giugulare destra di cm^ 30 di soluzione al 17 "Iq di fosfato 16,32'. — S bisodico. Durante l'iniezione l'animale dapprima presenta scosse convulsive lievi, poi due accessi convulsivi intensi a carattere decisamente tetanico. 16,29'. — Ha moti convulsivi, affanno di respiro. L'urina è acida. 18,15'. — Emette un po' d'urina e poi muore. L'urina era acida molto, conteneva deposito che, trattato con acido cloridrico, si scioglie ; ma non dà affatto efiervescenza come fa il deposito dell'urina d'un coniglio normale. Questo animale morì con cm^ 30 di soluzione, iniettati in 8' = gr. 5,1 = gr. 3,17 per chilo corporeo. Esperienza 74'' (29 giugno 1903). Coniglio di Chgr. 1,420. 17,40'. — Comincia una iniezione come nelle esperienze antecedenti. Si osservano dapprima scosse convulsive, poi convulsioni forti, indi depressione rapida ed ai-resto persistente del respiro. 17,45'. — Muore dopo aver ricevuti cm' 25 di soluzione. — Aperto il torace, il cuore seguita a pulsare ancora a lungo, ma debolmente. Questo animale ebbe in 5' cm^ 25 — gr. 2,5 = gi\ per chilo 1,76. 29 FUNZIONE BIOLOGICA DEI, CALCIO 487 Esl'ERiKNZA 75" (29 giugno 1903). Coniglio di Chgr. 1,535. 17,58'. — Comincia una iniezione come al solito. — Dopo accessi convulsivi forti si mostra abbattuto. 18,5'. — Termina l'iniezione di cm^ 25. Slegato l'animale, si regge bene in piedi e cammina. (30 giugno 1903). Sta bene. Ebbe in 7' cra^ 25 di soluzione = gr. 2,5-— gr. per chilo corporeo 1,61. Esperienza 76" (15 gennaio 1903). Cavia ni. di Chgr. 0,793. — L'urina normale è alcalina. 18,2'. — l Iniezione nella giugulare sinistra con cm^ 7,5 di soluzione al 17 "/u di fosfato biso- 18,7'. — ^ dico (tiepida). Durante l' iniezione l' animale presenta scosse convulsive prevalente- mente toniche. Finita l'iniezione, l'animale si mostra depresso; ma poi si ristabilisce presto e mangia. 18,30'. — Emette spontaneamente urina di reazione acida. 18,50'. — Emette altra urina quasi del tutto limpida, acidissima. 19,20'. — Emette ancora urina limpida, di reazione pure acida. 21,10'. — L'animale sta male; ha scosse convulsive ad intervalli, specialmente intense alla parte anteriore del corpo. (16 gennaio 1903). Si trova morto. L'urina contenuta in vescica è limpidissima e di reazione acida. Dalla tabella riassuntiva della pag. seg. risulta che la dose letale per chilo cor- poreo può essere valutata (1) in gr. 2,60 per il cane, in gr. 2,10 per il coniglio, ed in gr. 1,75 per la cavia; la dose letale minima per chilo di coniglio, calcolata come sale anidro, sarebbe adunque di gr. 0,83, mentre Mììntzer (2) trovava gr. 1,58 (una dose quasi doppia) ; ma la lentezza grande dell'iniezione nelle suo esperienze (piìi di un'ora) spiega benissimo la diversità della dose. Per i diversi animali di esperimento la tolleranza al fosfato appare un poco diversa, e la diversità risalta ancor meglio quando si consideri che mentre i conigli (1) Dose totale in gr. per chilo corporeo nel coniglio cavia gr. di fosfato Esperienza gr. di fosfato 3.17 76 1,60 1,15 77 1,89 Esperienza gr. di fosfato Esperie 52 2,17 68 53 3,26 69 54 2,80 72 59 2,50 73 61 2,50 74 62 2.50 64 2,50 65 2,50 Media 2,59 1,61 2,62 1.76 Media 2,06 Media 1,75 norma. (2) Mììntzer, loc. cit. 488 LUIGI SABBATANI 30 morivano subito, i cani e le cavie soltanto dopo alcune ore. Esaminando la tabella riassuntiva, si notano poi delle variazioni individuali forti fra animale ed animale, anche se della stessa specie, ma contrariamente a quello che avviene per altri sali, la velocità della iniezione non pare influisca poi molto sulla grandezza della dose letale, come risulta evidente dalla tabella a pag. 489, in cui le esperienze sono ordinate a seconda della velocità. A questo proposito giova ricordare che dalle esperienze di MiiNTZER risulta che il fosfato sodico, rispetto agli altri sali, si elimina meno pron- tamente. Esperienze col fosfato bisodico. ] NIEZIONE di fosfato a T> Feso — — o o 1 con-ispondente a TO imale ra Animale in Chgr. 'a a con soluz. i "sa o _C gr. ' per chilo / gr- per chilo 1 e minuto / Esi dell'an Osservazioni 52 cane 4,700 7 17 60,0 10,2 2,17 0,31 M morì dopo 4 ore 53 » 8,700 12 » 167,0 28,4 3,26 0,27 M )) 2 „ 54 » 12,000 7 200,0 34.0 2,80 0,40 M » 5 55 12,700 3 112,0 19,0 1,50 0,50 V 56 » 5,900 2 » 60,7 10,3 1,75 0,87 V 57 4,100 2 V 48,2 8,2 2,00 1,00 V 58 4,900 5 » 64,8 11,0 2,25 0,45 V 59 » 7,900 3 n 116,0 19,7 2,50 0,85 M » V 4 » 60 6,300 12,900 7 » 92,6 15,7 2,50 0,35 V 61 » 10 190,0 32,2 2,50 0,25 M y> 4 „ 62 6,300 8 » 92,6 15,7 2,50 0,31 M morì durante l'iniez. 63 » 4,400 3 64,7 11,0 2,50 0,83 V 64 6,200 4 91,2 15,5 2,50 0,62 M morì dopo 5 ore 65 » 10,200 150,0 25,5 3,25 2,50 0,45 M 3 66 gatto coniglio 1,300 4 19,1 2,50 0,62 V 67 1,918 3 12,0 2,04 1,06 0,35 V 68 » 1,606 8 » 30,0 5,1 3,17 0,39 M 9 » -'li 69 » 1,180 3 >» 8,0 1,36 1,15 0,38 M morì durante l'iniez. 70 1,590 6 10 25,0 2,5 1,57 0,26 V 71 » 1,455 14 » 100,0 10,0 6,87 0,49 M » 1) 72 1,555 2 25,0 2,5 1,61 0,80 M » » 73 » 1,450 7 38,0 3,8 2,62 0,37 M n il 74 1,420 5 25,0 2,5 1,76 0,36 M )) » 75 1,535 7 25,0 2,5 1,61 0,23 V 76 cavia 0,793 5 17 7,5 1,27 1,60 0,32 M morì dopo 3 ore 77 0,494 6 5,5 0,93 1,89 0,31 M ti Questo contegno del fosfato bisodico, diverso da quello del carbonato e della soda, rispetto alla velocità dell'iniezione ed alla grandezza della dose letale, non ci farà meraviglia quando si consideri che col fosfato bisodico non solo si può avere morte immediata dell'animale durante l'iniezione ; ma anche dopo alcune ore, quanda cioè l'animale ha superati i primi fenomeni acuti e pare ristabilirsi, e ciò non per 31 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 489 un fenomeno tossico attuale, diretto, provocato dal fosfato bisodico ; ma indiretto, per modificazioni che lentamente si producono nell'organismo a seguito dell'iniezione di fosfato. Cd ri a> ^4 a gr. per chilo corporeo e luinuto ? i s gr. per chilo corporeo e minuto ci = B a> "C gr. per chilo ^ i i> o gr. per chilo 3 S co (velocità) (velocità) 57 1,00 2,00 V 69 0,38 1,15 M 56 0,87 1,75 V 73 0,37 2,62 M 59 0,85 2,50 M 74 0,36 1,76 M 63 0,83 2,50 V 60 0,35 2,50 V 72 0,80 1,61 M 67 0,35 1,06 V 64 0,62 2,50 M 76 0,32 • 1,60 M 66 0,62 2,50 V 62 0,31 2,50 M 55 0,50 1,50 V 77 0,31 1,89 M 71 0,49 6,87 M 52 0,31 2,17 M 65 0,45 2,50 M 53 0,27 . 3,26 M 58 0,45 2,25 V 70 0,26 1,57 V 54 0,40 2,80 M 61 0,25 2,50 M 68 0,39 3,17 M 75 0,23 1,61 V Questo costituisce uno dei cai-atteri salienti che distingue l'avvelenamento per fosfato da quello per carbonato ed idrato sodico; e poiché in questi casi, come vedremo in seguito, la variabilità della dose letale minima in rapporto alla velocità d'iniezione dipende dalla presenza dell'OH" e dalla neutralizzazione di esso per opera dell'acido carbonico del sangue, neutralizzazione che è tanto piìi facile quanto più è lenta l'inie- zione, conviene concludere che alla produzione del fenomeno tossico, provocato dal- l'iniezione endovenosa di fosfato bisodico, poco o punto intervenga l'idrossile, l'alcalinità del sale parzialmente idrolizzato; e ciò trova conferma da un doppio ordine di fatti, chimici e fisiologici, poiché mentre Shields (1) trovava che il carbonato sodico è for- temente idrolizzato, ed il fosfato bisodico solo in minimo grado, il carbonato sodico altera profondamente i globuli rossi (2) e dà al sangue aspetto di lacca, ma il fosfato bisodico no. In tutte queste esperienze, fatte con iniezioni endovenose di fosfato bisodico nei cani, gatti, conigli e cavie, si ha una concordanza perfetta riguardo ai sintomi del- l'avvelenamento ; sempre si osservano fenomeni di eccitazione genei-ale, e scoppio di convulsioni a carattere nettamente tetanico; ma riguardo al decorso dell'avvelenamento in generale esso e del tutto diverso, a seconda che si tratta di dosi piccole od alte. Nel primo caso si ha scoppio di convulsioni durante l'iniezione, le quali presto cessano del tutto, e dopo un periodo più o meno lungo di depressione l'animale si ristabilisce abbastanza bene, si che nel giorno seguente non presenta più alcun disturbo. Nel (1) Shields (vedi più avanti, a pag. 508, dove si parla del carbonato). (2) Confrontare le esperienze fatte sul sangue in titro con questi sali nella Parte li delle pre- senti ricerche sulla Funzione biologica del calcio, loc. cit. Serie IT. Tom. LIV. t.^ 490 LUIGI SABBATANI 32 secondo caso, quando la dose iniettata è alta, si ha ancora scoppio immediato di convulsioni, ma molto intense, per le quali l'animale può morire subito, se non viene opportunamente soccorso colla respirazione artificiale; ancora in questo caso segue poi un periodo di depressione e calma in cui pare che l'animale si ristabilisca, ma dopo un certo tempo improvvisamente ricompaiono accessi convulsivi intensi, che durano fino alla morte dell'animale, il quale in questo periodo di convulsioni, quasi continue e sempre a carattere tetanico, offre una ipertermia rilevante ed una diuresi profusa. La temperatura sale spesso altissima, fino a 43", 4 C. nell'Esperienza 59, e cede alquanto solo presso a morte; e come nell'avvelenamento stricnico può essere messa in rapporto cogli accessi convulsivi intensi e di lunga durata. La diuresi com- pare prontamente, sia per dosi piccole di fosfato, come è già noto da ricerche di KicHET, che per dosi alte, come risulta dalle esperienze di Muntzer, e come appare anche da molte delle esperienze mie; ma di interessante ha questo, che con essa si elimina una urina acidissima, quantunque segua all'iniezione di fosfato bisodico, che reagisce alcalino. Questo fatto, a primo aspetto stranissimo, ch'io aveva già visto in alcune esperienze fatte da molti anni, allorché era assistente di Gaglio a Bologna, è evidentissimo nelle esperienze sui conigli, nei quali l'urina cambia decisamente la rea- zione sua normale alcalina in acida, e se ora vogliamo discuterne il significato, parmi sia opportuno prendere le mosse da poche, ma sicure nozioni chimiche sui fosfati, le quali sono in perfetta armonia colTindirizzo generale di tutte queste ricerche sul calcio. Innanzi tutto il fosfato bisodico è un buon reattivo precipitante del calcio, perchè il fosfato bicalcico, e più ancora il tricalcico, è pochissimo solubile; ma allorché il fosfato bisodico reagisce con un sale neutro di calcio, si tende a formare del fosfato tricalcico, e conseguentemente resta sciolto del fosfato primario, per cui dalla miscela di una soluzione neutra (sale calcico) e d'una alcalina (fosfato bisodico)- ne nasce un liquido di reazione fortemente acida. Quindi il fosfato bisodico, nell'atto stesso in cui precipita il calcio agisce come acido, e già nella parte II delle presenti ricerche sulla " Funzione biologica del calcio „, a p. 241, ricordai le ragioni per cui questa acidità deve essere riferita alla presenza di un fosfato primario. In secondo luogo l'acido carbonico sposta del sodio dal fosfato bisodico, trasfor- mandolo parzialmente in sale primario, e producendo del carbonato acido (1) secondo l'equazione : Na^HPO* + H2C03 = NaH^PO* + NaHCO». È quindi perfettamente logico ammettere che iniettando noi del fosfato bisodico nelle vene degli animali, quivi incontri dei sali di calcio e dell'acido carbonico, e reagendo con essi formi del fosfato primario, il quale è acido, e come dà normalmente l'acidità dell'urina negli animali carnivori, così ora, eliminandosi in grande quantità a seguito dell'iniezione, determini un rilevante aumento dell'acidità urinaria nel cane, un cambiamento deciso dell'urina del coniglio, da alcalina ad acida. Cosi mentre il (1) Per la letteratura vedi: Dammer 0., Handbuch der anorganischen Chemie, Stuttgart, F. Enke, 1894, Bd. II, Theil 2, S. 178. — Gmelin-Kraut, Handbuch der anorg. Chem., Heidelberg, C. Winter, 1886, Bd. II, Abth. I, S. 166-167. 33 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 491 rene colla diuresi profusa tende ad eliminare del sale estraneo iniettato, od a ricon- durre la pressione osmotica del sangue ad un valore fisiologico, elimina urina aci- dissima in dipendenza delle reazioni chimiche che indubbiamente si sono prodotte nel sangue e nei tessuti fra il fosfato bisodico da un lato, i sali di calcio e l'acido carbonico dall'altro ; ed in prova di ciò potrei ricordare i saggi fatti sulla alcalinità del sangue, benché dia loro ben poca importanza, e la reazione acida che in qualche caso si è riscontrata nei liquidi sierosi del peritoneo, della pleura del pericardio. Così mentre prima abbiamo visto che nel detorniinismo della tossicità del fosfato bisodico l'alcalinità sua non ha nessuna importanza, ora invece si è indotti a ritenere che il fosfato bisodico possa agire come acido, e con questo concetto si accorderebbero alcime delle alterazioni anatomiche che abbiamo riscontrate in quegli animali in cui l'avvelenamento si proti'asse più a lungo. Il decorso relativamente lento dell'av- velenamento con fosfato bisodico nei cani, a confronto di quello che avviene cogli altri sali decalcificanti, la degenerazione grassa del fegato ecc., mentre costituiscono un carattere differenziale fra questo e gli altri sali, offrono interessanti punti di ras- somiglianza cogli avvelenamenti per acidi minerali. Dopo ciò parmi si possa interpretare l' avvelenamento per fosfato bisodico nel modo seguente. Allorché iniettiamo nelle vene di un animale del fosfato bisodico, questo, come ogni altro reattivo precipitante del calcio, provoca una diminuzione della concentra- zione jonica del calcio nel sangue e negli organi, e dà quelle manifestazioni di ecci- tazione generale dei centri nervosi, che dipendono precisamente da sottrazione di Ca-jone, e che però sono comuni a tutti i sali capaci di immobilizzare del calcio-jone. Per questo ed in questo momento l'animale può morire; ma per poco che sopravviva, presto la decalcificazione grave del primo momento viene a diminuire per la presenza e fissazione di acido carbonico come bicarbonato sodico e per il passaggio d'una parte del fosfato bisodico a fosfato primario, sali che hanno un'azione decalcificante molto minore del fosfato bisodico, e perciò le convulsioni cessano e l'animale mostra di star bene. Ciò é conforme a quello che s'è constatato circa la tossicità comparata del fosfato bisodico e del fosfato monosodico (1), poiché nel coniglio e per chilo corporeo a pro- duri'e la morte occoiTono: gr. gr.-mol ecola Na2HP(>+12H20 2,10 0,00.586 NaH2PO-i + H20 1,64 0,01188, ossia, per il fosfato monoeodico occorrono delle dosi molecolari più che doppie del fosfato bisodico. Da questo risulta che nell'atto della iniezione all'organismo riesce meno dannosa l'acidità del fosfato monosodico, di quello che l'azione decalcificante del fosfato bisodico ; e però si comprende come ai primi fenomeni gravi di decalcifi- cazione, provocati dal fosfato bisodico, subentri un periodo di calma e di benessere per la trasformazione parziale di questo in fosfato primario. Successivamente, colla (1) Cfr. per questo la nota a p. 475. 492 LUIGI SABBATANI 34 formazione dei fosfati acidi, insorgono nell'animale fatti riferibili ad una intossica- zione acida (acidità dell'urina, di liquidi sierosi, degenerazione grassa del fegato ecc.). Da ultimo, allorché colla poliuria acida si va eliminando una grossa quantità di fosfati primari, tornano a comparire fenomeni di decalcificazione grave e persistente, assieme a fenomeni di intossicazione acida subacuta, e l'animale muore. A chiarir bene il concetto valga un esperimento semplicissimo. Ad una soluzione diluita di cloruro calcico s'aggiunga fosfato bisodico : si forma un precipitato abbon- dante di fosfato calcico; si faccia gorgogliare dopo ciò dell'anidride carbonica nel liquido torbido: l'intorbidamento subito scompare, il calcio si ridiscioglie; ma intanto il liquido assume reazione acida forte, molto piìi di quello che farebbe se si fosse fatta gorgogliare l'anidride carbonica in acqua pura, il che ci attesta la formazione di fosfati primari. Come è facile comprendere, per i rapporti stretti chimici, fisiologici e farmaco- logici che passano fra carbonato e bicarbonato sodico, ho creduto utile, anche per evitare dannose ripetizioni, di riunire in un unico capitolo le ricerche sperimentali e critiche eseguite intorno all'azione fisiologica di questi sali. E poiché le loro solu- zioni acquose hanno reazione alcalina, farmacologicamente si considerano come pre- parati alcalini, e nel determinismo dell'azione fisiologica di essi deve intervenire indubbiamente l'idrossile, che per la dissociazione idrolitica contengono, cosi ho dovuto fare alcune esperienze colla soda, di confronto a quelle coi carbonati, esperienze che qui pure riporto. Mentre il bicarbonato sodico è così poco tossico, che si è usato per farne uno siero artificiale (1), il carbonato invece è molto piìi tossico, e da tutti si ritiene che la soda iniettata nel sangue già a piccole dosi produce la morte. Bottazzi (2) per iniezione endovenosa di NaOH otteneva la morte con: Munck (3) invece con gr. 0,126-0,207 di NaOH per chilo corporeo di cane non otteneva la morte dell'animale e neppure disturbi serii. La diversità dei risultati, come osserva Bottazzi, dipende dalla velocità della iniezione, e però in queste ricerche delle piccole differenze non si deve e non si può affatto tener conto; vedremo però a suo luogo che per queste sostanze varia enormemente la dose minima letale, non solo a seconda della rapidità della iniezione, ma anche della concentrazione della solu- zione adoperata. Il carbonato sodico spesso è causa di avvelenamenti; ma dalle xùcerche speri- mentali, e dalle osservazioni cliniche tossicologiche fatte a questo proposito quasi 6-7. — Carbonato e bicarboìiato di sodio. soluzione "/o 0,264 3,000 gr. per chilo 0,168 0,270 iniezione fatta in minuti 22 27 (1) RicHET C, Dictionnaire de Phì/siol., T. II, p. 56. (2) Bottazzi F., Sull'azione fisiologica dei saponi, ' Riv. di Scienze biologiche „, n. 4-5, voi. II (1900). (3) Munck T., " Centr. f. Physiol. XIII, 657 (1900). 35 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 493 nulla nulla affatto si può desumere circa gli effetti dell'ingresso rapido in circolo di forti quantità di questo sale, poiché le alterazioni locali più o meno profonde che si verificano nel tubo digerente, ed i disturbi che direttamente od indirettamente da queste dipendono, dominano quasi esclusivsimente la sindrome dell'avvelenamento. D'altra parto, allorché si prendono tracciati manometrici della pressione arte- riosa, riempiendo le cannule ed i tubi di congiunzione con soluzione di carbonato sodico, se non si usano le debite cautele, si va incontro ad accidenti spesso mortali, che Francois Franck fin dal 1877 descriveva nel modo seguente: " E bene che la carica manometrica oltrepassi un poco la cifra della pressione " sanguigna, ma è pericoloso, sopratutto se si opera sopra una carotide, che il mano- " metro sia sotto forte pressione. Al momento in cui si stabilisce la comunicazione " fra l'arteria ed il manometro, il carbonato di soda penetra nei vasi, e se vi entra " ti'oppo fortemente, ne nascono accidenti vari secondo l'arteria impiegata. Nel mon- " cono centrale della carotide la penetrazione del carbonato di soda può uccidere " l'animale in alcuni istanti, probabilmente arrivando fino al cervello per la carotide " opposta; può darsi anche iniettando il cuore stesso per le coronarie. Se la femorale " è stata messa in rapporto col manometro, al momento dell'apertura del rubinetto, " l'animale è preso da convulsioni nella zampa corrispondente, spesso nelle due zampe " posteriori, per effetto dell'arrivo di carbonato sodico nellu collaterali. Egli manda " dei gridi e, se non si fissa l'arto, può strappare la cannula, o far cadere il manometro. " Io ho osservato ultimamente dell'ematuria, quasi immediatamente dopo la pene- " trazione di carbonato sodico , sotto troppo forte pressione nel moncone centrale " della femorale in un cane non cloralizzato ; credo che quest'ematuria possa essere " attribuita alla penetrazione di carbonato sodico nelle arterie renali. Questi differenti " accidenti sono da evitarsi, ed inoltre non è indifferente mescolare al sangue una " certa quantità di carbonato sodico. La contrattilità vascolare è infatti profonda- " mente modificata per effetto di questa penetrazione „ (1). Aducco (2) poi fece uno studio dettagliato delle modificazioni di circolo che si producono con iniezioni di carbonato sodico nelle arterie e nelle vene. Con gr. 3-6 in soluzione al 30 %, iniettati nelle vene dei cani, ebbe un aumento lieve della pres- sione sanguigna, di 31-50 mm. di mercurio, analogamente a quello che aveva otte- nuto precedentemente Curci (3) ; ma colle iniezioni di carbonato nel moncone centrale delle arterie Aducco ebbe un aumento enorme della pressione, il quale aumento l'ot- teneva anche quando gli animali erano profondamente depressi, ed in essi riuscivano (1) Fran<;:ois-Franck, Notes sur qiielques appareils et sur qiielques procéde's opcratoires, '" Physiologie expérimentale, Travaux du Laboratoire de M. Marey IIP année, 1877, Paris, Masson, j). 329-334. — Da tutto questo appare molto singolare il metodo fisiologico che Solerà e Capparklli propo- nevano nel 1879 e praticavano nel 1882 per misurare la velocità della corrente sanguigna, metodo col quale essi introducevano nel moncone periferico dell'arteria, del carbonato di sodio della den- sità 1,050 (Nuovi procedimenti sperimentcdi per determinare la relocità della corrente sanguigna, *■ Atti dell'Acc. Gioenia „ t. XIV (1879)). (2) Aducco V., Azione del carbonato di soda iniettato verso i centri nervosi, " Ann. di Freniatria ecc. „, Torino, II (1889-90), p. 231-260. — Action du carbonate de sodium injecté vers les centres nerveux, • Arch. ital. de Biol. „ t. XIV (1891), p. 344-373. (3) CuHci A., Alcune ricerche sul meccanismo di azione dei comuni metalli alcalini ed alcalino- terrosi. Laboratorio di Farmacologia sperimentale, Bologna, Azzoguidi, 1889 (citato da ADrcco). 494 LUIGI SABBATANI 36 vani altri mezzi fisiologici per rialzare la pressione; e poiché l'aumento di pressione non si otteneva negli animali cui aveva cocainizzato il midollo ed il bulbo, conclu- deva che l'azione del carbonato si esplica direttamente sui centri nervosi. Nel corso di queste esperienze poi, circa l'azione del carbonato sui centri ner- vosi, d'accordo con Francois Franck (1) notava convulsioni toniche di tutti i muscoli, con arresto spasmodico della respirazione. Tutti questi fenomeni descritti da Francois Franck e da Aducco non sono suf- lìcienti per lo studio dell'azione tossica generale del carbonato sodico, poiché essi dipendono prevalentemente da disturbi locali e perciò sono variabilissimi a seconda del territorio arterioso in cui penetra la soluzione; e non possono neppure essere riferiti semplicemente alla tossicità della molecola Na^CO^, poiché il carbonato è un buon reattivo precipitante del calcio, subisce dissociazione idrolitica e reagisce forte- mente alcalino; nelle esperienze fisiologiche suddette si adoperava poi in soluzione molto concentrata (2), ed arrivava agli organi colla velocità stessa della corrente arte- riosa, e perciò appunto sembra verosimile ammettere che la causa dei fenomeni descritti debba essere riferita a parecchi fattori : 1" Azione decalcificante; 2° Idrossil- jone (da cui dipende anche l'azione caustica); 3° Ipertonicità della soluzione; 4° Arrivo brusco di essa agli organi, direttamente per le arterie; 5" Territorio arterioso in cui penetra. Quindi le osservazioni cliniche-tossicologiche sull'uomo, ed i disturbi che si pos- sono avere per iniezioni nelle arterie sugli animali con soluzioni concentrate ben poco possono giovare al nostro intento, per il quale conviene principalmente tener conto delle modificazioni funzionali che si ottengono a seguito di iniezioni endovenose di carbonato. In queste ricerche però la tolleranza degli animali varia moltissimo a seconda delle condizioni sperimentali, onde riesce già assai difficile fissare la dose minima letale. Ma lo studio e l'interpretazione farmacologica dei fenomeni tossici, prodotti dal carbonato sodico, appare assai complesso, difficile ed interessantissimo quando dal punto di vista chimico si consideri : Che esso è un eccellente i-eattivo precipitante del Ca"^"^; 2° Che le sue soluzioni acquose sono sempre più o meno fortemente idro- lizzate, sono alcaline, e TOH"" che così contengono ha caratteri chimici ed azione tossica sua speciale; 3*^ La facilità con cui il carbonato fissa anidride carbonica per trasformarsi in bicarbonato ; (1) FuANgois Franck, Legons sur les fonctions motrices dii ccrveau (1876). Appendice (Esp. 51), p. 483-485 (citato da Aducco). — Vedi per questo anche il brano sopra riportato di Francois Franck. (2) La soluzione di carbonato sodico consigliata da E. Meyer per prendere tracciati deve avere una densità di 1083 {Traité de physique hiologique, publié par D'Arsonval, Chauveau etc, Paris, Masson et C.'^ 1901, 1. 1, p. 374); ora secondo la tavola del Gerlach (Commentario della Farmacopea italiana, pubblicato da I. Guareschi, Torino, Unione Tipografico-editrice, 1897, voi. Il, parte II, p. 386) la soluzione che ha D = 1083 contiene di Na^CO' + IOH'^0 gr. 21,2 circa " o, mentre una soluzione da me preparata con A = 0'',61 aveva D = 101'3 e conteneva solo 3,82 "'o di sale. 37 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 495 — quando dal punto di vista fisico-chimico si consideri: 4° La concentrazione dei vari joni e piìi specialmente dell' OH-jone nelle soluzioni di carbonato, a seconda delle condizioni sperimentali ; 5° La reazione reversibile Na^CO-' + H-'CO^ ^-^ 2NaHC0-'; 6° Lo stato d'equilibrio fra acido e sali, vario a seconda della tensione del CO^, temperatura, ecc.; — e l'interpretazione dei fenomeni tossici diventa ancora pili delicata, ed esige si proceda colla massima prudenza quando dal punto di vista fisiologico si consideri: 7" La presenza e produzione continua di anidride carbonica nell'organismo, e la tensione sua che varia grandemente da organo ad organo, ed a seconda del ter- ritorio vascolare; 8° L'importanza grande che i più assegnano al carbonato sodico per il pas- saggio fisiologico del CO- dai tessuti all'aria ambiente, secondo l'equazione reversibile suesposta (1): Na^CO» -f CO-' + H^O 2NaHC03 nei tessuti s — > -< — 3 nei polmoni. Ma per buona fortuna le conoscenze chimiche e fisico-chimiche sui carbonati alca- lini ed alcalino-terrosi, neutri ed acidi, in presenza d'un eccesso di CO- oppur no, in acqua pura od in soluzioni di colloidi, sono oggi molto estese, e lo studio fisiologico del CO- è a tal punto condotto, che si possiede ormai una eccellente e solida base per le ricerche critico-sperimentali sul determinismo dell'azione farmacologica e tossica dei carbonati, iniettati direttamente nelle vene. Qui, come al solito, per brevità sono costretto a riportare per esteso solo alcune delle esperienze da me fatte. Esperienze col carbonato di sodio. Esperienza 78» (1° dicembre 1902). Cane m. castrato di Chgr. 6,700. — Inietto nella vena femorale sinistra della soluzione di carbonato sodico anidro al 5 %. 16,12'. — Incomincia l'iniezione lenta. 16,16'. — Si sono iniettati cm^ 10 ; l'animale si lamenta molto, si agita e presenta delle con- trazioni toniche energiche agli ai-ti anteriori ed al collo. Poco dopo il respiro è raro, con lunghe pause a torace in forzata inspirazione e con espirazioni molto prolungate. (1) Qui non possiamo discutere, e non ci interessa, per quale meccanismo avvenga la scissione nei polmoni, se per openv di un acido, di forze vitali, o di semplici leggi fisico-chimiche, ecc. 496 LUIGI SABBATANI 38 16,17'. — Si ricomincia l'iniezione, che procede senza altri disturbi dell'animale. 16,26'. — Si sono iniettati in tutto cm^ 84 della soluzione. Slegato subito l'animale, sta bene, gira, e lasciato tranquillo si accovaccia. 19, — '. — Mangia volentieri pane ed ossa. (2 dicembre 1902). Il cane sta benissimo, l'urina è di colorito giallo normale, lievemente torbida, di reazione alcalina forte, non contiene affatto albumina. Questo animale ricevette in 10' cm^ 84 di soluzione, contenenti gr. 4,20 di carbonato sodico anidro, corrispondenti a gr. 0,62 per chilo corporeo. Esperienza 82* (3 dicembre 1902). Cane m. castrato di Chgr. 6,600, lo stesso che servì per l'esperienza 78*; ora sta benis- simo, l'urina sua è di reazione acida normale. Inietto per la vena giugulare destra della soluzione al 27 % di carbonato sodico cristal- lizzato (10 % anidro). 16,50'. — Comincia l'iniezione. 16, .52'. — Si sono iniettati cm^ 57 di soluzione. Si arresta il respiro, che già da un po' era lentissimo ed a lunghe pause, poi compare lenta una rigidità tetanica per tutto il corpo. 16,53'. — Il riflesso oculo-palpebrale manca, e durante l'accesso tetanico la lingua appare sempre più intensamente cianotica, mentre da ultimo la contrazione cede lentamente. 16,54'. — Respiro fievole e raro, il cuore pulsa validamente, la lingua presenta tremolìi fibril- lari, diffusi, vivissimi. 16,56'. — Arresto di respiro; respirazione artificiale; persiste il tetano solo alla nuca. 16,59'. — L'animale si è alquanto ristabilito; defeca. — Si pratica una seconda iniezione di cm^ 27 e tosto compare lentamente una rigidità tetanica generale; le pupille sono dilatate. 17,5'. — Lo stato tetanico perdura sempre, ma assai meno intenso di quello che si ebbe colla prima iniezione. I reflessi sono esagerati, il respiro difBcile. 17,20'. — Il tetano è scomparso; l'animale si regge bene in piedi e, quantunque barcollando, corre abbastanza svelto. > 18,30'. — Mangia con discreto appetito, gira e mostra di star bene. (4 dicembre 1902). Al mattino si trova che ha emessi cm^ 335 d'urina, lievemente torbida, di color giallo ranciato, di reazione fortemente alcalina, priva di sangue e d'albumina, effervescente cogli acidi. 11, — '. — Emette altra urina di reazione ancora fortemente alcalina. In questo animale si ebbe tetano già dopo la prima iniezione di cm' 57, pi'aticata in 2', corrispondente a gr. 5,7 (anidro), a gr. 0,86 per chilo corporeo. Si ebbe poi tetano molto più grave dopo iniezione di cm^ 84 di carbonato, corrispondenti a gr. 8,4, a gr. 1,27 per chilo d'animale. Esperienza 83* (8 dicembre 1903). Gatto f. di Chgr. 2,000. — Inietto nella giugulare destra della soluzione di carbonato (anidro) al 10%. 15,58'. — Comincia l'iniezione, e dopo che si sono iniettati cm^ 9 si ha arresto persistente del respiro. 39 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 497 15,59'. — Teiinina l'iniezione di cni'' 13 e compare una contrattura tonica generale, dopo la quale, pur seguitando il cuore a pulsare benissimo, l'animale si rilascia, diventa cia- notico, non ha più i reflessi, e la pupilla sua è dilatatissima. A questo momento, comprimendo alquanto il torace per tentare la respirazione artificiale, fuoriesce dal naso un'abbondante schiuma bianca, di reazione alcalina. Aperta la trachea, e pul- sando ancora il cuore benissimo, comprimendo lievemente il torace, fuoriescono fiotti d'un liquido chiaro, incoloro, ora schiumoso soltanto lievemente, di reazione fortemente alcalina. Questo animale ricevette gr. 1,30, corrispondenti a gr. 0,65 per chilo corporeo. Esperienze col bicarbonato di sodio. Siccome queste esperienze dovevano servire essenzialmente per confrontare la tossicità del bicarbonato a quella del carbonato, cosi furono fatte contemporanea- mente ad altre esperienze col carbonato (Esp. 86, 87, 89, 90). Quelle e queste furono fatte su conigli e cavie di peso poco diverso e con soluzioni esattamente equivalenti, poiché mentre in quelle adoperava una soluzione di carbonato al 5 " „ (anidro) . in queste adoperava la stessa soluzione, saturata però prima con CO- aMu pressione e temperatura ordinaria, onde si calcola: Pesò 0/ lo della soluzione in gr. lo della soluzione in gr.-equiv. Sale sodico Formula molecolare equivalente carbonato . . . Na^CQs 106 53 5,000 0,0943 bicarbonato . . 2NaHC03 84 84 7,924 0,0943 In tutte queste esperienze poi, onde i risultati fossero meglio comparabili, e rife- ribili giustamente ad una diversa tossicità dei sali, si ebbe cura di praticare le inie- zioni con una velocità media non troppo diversa da esperienza ad esperienza. Esperienza Ol" (21 dicembre 1901). (Fatta di confronto alla 86* con carbonato sodico). Coniglio di Chgr. 0,409. — Si inietta nella giugulare sinistra della soluzione di bicarbonato sodico al 7,924 %. 17,5'. — Comincia l'iniezione. 17,10'. — Termina l'iniezione di cm^ 13,1. Si ha arresto di respiro e morte senza convulsioni. L'animale muore con gr. 2,53 per chilo corporeo. Esperienze coll'idrato di sodio. Feci queste esperienze ora con soluzioni forti, ora con soluzioni deboli di soda, a volte iniettandole rapidamente, a volte invece con estrema lentezza. In alcune espe- rienze poi mescolava della soluzione forte di soda con sangue o siero di sangue, Serie II. Tom. LIV. 498 LUIGI SABBATANI 40 quindi diluiva con soluzione fisiologica ed iniettava il liquido cosi ottenuto. In tal modo potei esaminare come variasse la dose letale per effetto della concentrazione della soluzione, della velocità d'iniezione e dell'azione caustica della soda sul sangue. Esperienza lOl" (3 aprile 1903). Coniglio m. di Chgr. 0,895. — Iniezione nella giugulare destra con soluzione di soda all'I %. 18, — '. — Comincia l'iniezione. 18,37'. — Termina l'iniezione di cm"* 42. Durante l'iniezione l'animale non ha presentato nulla di speciale. Finita l'iniezione e slegato l'animale, cammina. 18,50'. — Emette un grido e .muore. Alla sezione si trova il cuore pieno di grumi neri di sangue. Il sangue nei grossi vasi appare leggermente laccato. L'urina contenuta in vescica è rosea per sangue. Questo coniglio morì con gr. 0,42 di soda, corrispondenti a gr. 0,47 per chilo corporeo, iniettati in 37'. Esperienza 102" (4 aprile 1903). Coniglio m. di Chgr. 1,300. — Iniezione nella giugulare destra con soluzione all'I % di soda. 10,25'. _ > . . ;. iniezione di cm"* 5/, 5. 10,46'. — ) A principio dell'iniezione si nota un rallentamento grandissimo del respiro, che poi scompare. Alla fine dell'iniezione, che è fatta un po' più rapidamente, l'animale presenta accessi convulsivi che scompaiono col cessare dell'iniezione. Slegato, gira bene. 11, -'. — L'urina è leggermente emoglobinurica. (5 aprile 1903). 9,45'. — L'animale sta bene, l'urina è incolora. Questo coniglio ebbe gr. 0,575 di soda, corrispondenti a gr. 0,442 per chilogrammo cor- poreo, iniettati in 21', Esperienza 103» (4 aprile 1903). Coniglio di Chgr. 1,030. — Iniezione nella giugulare destra con soluzione all'I % di soda. 15,5'. — Comincia una iniezione rapida. 15,6',30". — Si sono iniettati cm^ 11, e dopo un arresto lungo di respiro, comparso immediato coll'iniezione, l'animale con scosse convulsive forti muore. Aperto all'istante, si ha schiuma abbondante, bianca, che riempie tutto l'albero respiratorio, e fuoriesce dalla bocca. Il cuore è pieno di sangue aggrumato. Questo animale morì con gr. 0,11 di soda, corrispondenti a gr. 0,106 per chilo corporeo in' 1 minuto e '/2- Esperienza 104*- (5 aprile 1903). Coniglio di Chgr. 1,130. — Iniezione nella giugulare destra con soluzione di soda all'I %. lAol'' ì Iniezione di cm^ 20, che termina allorché compaiono forti convulsioni generali. 10,24 . — j 10,26'. — L'animale muore. Aperto subito il torace, si trova il cuore ancora pulsante, specie le orecchiette ed il ventricolo sinistro. Il sangue contenuto nel cuore e grossi vasi è perfettamente liquido, coagula però prontamente, appena estratto, e dà prestissimo siero abbondante, rossiccio. (Ciò attesta una distruzione di globuli rossi e passaggio abbondante di materia colorante nel plasma). Questo coniglio morì con gr. 0,20, corrispondenti a gr. 0,177 per chilo corporeo iniettati in 3'. 41 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 499 EspEuiENZA 105" (G aprile 1903). Coniglio di Chgr. 1,300. — Iniezione nella giugulare destra con soluzione di soda al 0,5%. 15,51'. — ( Iniezione di cm^ 20, e l'animale muore con scosse convulsive generali. Aperto sabito 15,53'. ■ S l'animale, si trova che il cuore pulsa, ma irregolarmente; nel cuore e nei grossi vasi non vi sono coaguli ; il sangue coagula appena estratto e dà poi siero abbondante di colorito leggermente roseo. Questo coniglio morì con gr. 0,10 di soda, corrispondenti a gr. 0,077 per chilo corporeo, iniettati in 2'. Esperienza 106* (fi aprile 1903). Coniglio di Chgr. 1,055. — Iniezione di soda al 0,5 % nella giugulare destra. ^n\^t l (I" ore 1,11') Iniezione continua di cm^ 143. 17,o6 . — 1 Durante l'iniezione l'animale non ha presentato alcun disturbo degno di nota; dopo era vivacissimo, l'urina rossiccia. Durante l'iniezione si è avuto dalla ferita uno stillicidio lento di sangue, che non s'è potuto arrestare. (7 aprile 1903). Sta bene e non presenta nulla degno di nota. Questo coniglio ebbe gr. 0,715 di soda, gr. 0,677 per chilo corporeo in ore 1,11'. Esperienza 107^^ (20 dicembre 1902). Coniglio m. di Chgr. 1,535. 10,9'. — Si inietta per la giugulare sinisti'a lentissimamente della soluzione di soda al 0,46 %. 11,1'. — Termina l'iniezione di cm' 65 senza che l'animale durante o dopo di essa presenti alcun distorbo. (28 dicembre 1902). Fino ad oggi l'animale è stato sempre bene e si tralascia l'osservazione. Questo animale ha ricevuto gr. 0,299 di NaOH corrispondenti a gr. 0,198 per chilo cor- poreo, iniettati in 52'. Esperienza 108» (20 dicembre 1903). Coniglio f. di Chgr. 0,930. 11,15'. — Comincia una iniezione nella giugulare sinistra con soluzione di soda al 0,46 %, e l'iniezione si fa rapida. — Durante l'iniezione l'animale si agita per due volte e grida, nel resto del tempo sta tranquillo e non presenta alcun disturbo. 11,23'. — Termina l'iniezione di cni' 64,4. Slegato tosto l'animale, sta bene e non presenta nulla degno di nota. (28 dicembre 1902). Fino ad oggi è stato sempre benissimo e viene usato per altra esperienza. Questo animale ha ricevuto gr. 0,296 di soda, corrispondenti a gr. 0,32 per chilo corporeo. Esperienza 109" (28 dicembre 1902). Coniglio m. di Chgr. 1,840. 10,56'. — Estraggo dall'arteria femorale destra cm^ 10 di sangue e li mescolo tosto, agitando di continuo, con cm' 4,2 di soda al 4,6 %. 500 LUIGI SABBATANI 42 10,59'. — Diluisco il sangue cosi trattato, che ha assunto colorito lacca, poi verdastro cupo, con cm^ 27,8 di soluzione fisiologica. Cosi ho una soluzione che dovrebbe contenere soda alla concentrazione di 0,5 %. 11,8'. — Comincio ad iniettare questo liquido nella giugulare sinistra. 11,11'. — L'animale ha scosse conviilsive. 11,14'. — Ha ancora convulsioni. 11,16'. — Termina l'iniezione di cni^ 38,5, e l'animale muore; il cuore seguita a pulsare a lungo, non presenta traccia di coaguli nel cuore e grossi vasi. Questo coniglio, supponendo che la soda fosse restata libera tutta a contatto del sangue, avrebbe ricevuti cm^ 38,5 d'una soluzione al 0,46%, corrispondenti a gr. 0,177, a gr. 0,096 per chilo corporeo, iniettati in 8'. Esperienza 110" (12 giugno 1903). Coniglio di Chgr. 1,185. — Estraggo dalla carotide destra cm^ 10 di sangue e li mescolo tosto con cni^ 5 di una soluzione di soda al 5 %. Dopo 8' diluisco con cm' 35 di soluzione fisiologica e così si porta il liquido a 50 cm'. Il sangue si fa di color lacca intenso, poi ver- dastro bruno, mentre si dissolvono i globuli. Inietto di questo liquido nella giugulare destra. 17,39'. — ) Iniezione di cra'^ 13,5. L'animale presenta scosse convulsive tetaniche intense e 17,43'. — S muore. Il sangue del cuore è interamente liquido. Questo coniglio in 4' avrebbe ricevuti (se la soda fosse rimasta libera a contatto del sangue) gr. 0,067 di soda, corrispondenti a gr. 0,065 per chilo corporeo. Esperienza 111" (12 giugno 1903). Coniglio di Chgr. 1,015. — Estraggo dalla carotide destra cm^ 10 di sangue e li mescolo con una soluzione di soda così composta: Di soluzione di soda al 5 % cm^ 5 Di soluzione fisiologica „ 35 Totale cm=' 40 Col sangue si ha un volume di cm^ 50 di liquido, che presto assume color lacca intenso e poi bruno verdastro. Dopo 8' minuti inietto di questo liquido nella vena giugulare destra, ed in ^ d'ora circa, in tre riprese ne inietto cm^ 20, con che l'animale muore, dopo aver presentate intense convul- sioni a carattere tetanico. Il sangue nel cuore è interamente liquido. Questo coniglio avrebbe ricevuti gr. 0,100 di soda, corrispondenti a gr. 0,098 per chilo corpoi'eo. Esperienza 112-'' (12 giugno 1903). Coniglio di Chgr. 1,225. — Ripeto esattamente tutto quanto s'è fatto nell'esperienza precedente. 18,10'. — \ Iniezione di cm' 11,5 del liquido sanguigno. Morte dell'animale preceduta da scosse 18,17'. — ^ convulsive tetaniche, generali, intense. Il sangue del cuore è liquido. Questo animale avrebbe ricevuti gr. 0,0575 di soda, corrispondenti a gr. 0,047 per chilo corporeo in 7'. 43 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 501 Esperienza. 113* (4 gennaio 1903). Coniglio ni. di Chgr. 1,094. — Mescolo cm^ 2,-5 di soluzione di soda al 4,6% con cm^ 10 di siero di sangue di coniglio, preparato con ogni cura asettica fin dal giorno prima. Tengo la miscela a 38° C. per 10', quindi diluisco con cnr' 12,5 di soluzione fisiologica. Cosi ho una soluzione che dovrebbe contenere soda nella ragione del 0,46%, se fosse rimasta tutta libera a contatto del siero. 11,41'. — l Iniezione di tutto il liquido (cnv' 25) nella giugulare sinistra, senza che nè durante, 11,49'. - ^ nè dopo 1' iniezione, l'animale presenti alcun disturbo. 18, — '. — L'urina è del tutto normale. (6 gennaio 1903). È stato sempre bene e pesa Chgr. 1,105. Questo coniglio quindi avrebbe ricevuto gr. 0,125 di soda in soluzione al 0,46%, corri- spondenti a gr. 0,114 per «hilo corporeo, iniettati in 8'. Esperienza 114* (4 gennaio 1903). Coniglio f. di Chgr. 1,485. — Mescolo cm^ 6,8 di soda al 4.6% con cm^ 10 di siero di sangue, preparato asetticamente il giorno prima da un altro coniglio sanissimo. Mantengo la miscela per 15' a 40" C, poi diluisco con cm^ 51,2 di soluzione fisiologica. Ottengo così un totale di cm^ 68 di liquido in cui. se la soda fosse tutta libera, dovrebbe essere alia concentrazione del 0,46 %. j^g -j^' > ' ' i (In 7') Inietto tutto il liquido senza che l'animale presenti alcun disturbo. 18,8 . — ' (5 gennaio 1903). L'urina è in tutto normale. (6 gennaio 1903). L'animale sta sempre bene e pesa Chgr. 1,393. Questo coniglio avrebbe quindi avuti, coi cm' 68 al 0,46 %, gr. 0,3128 di soda, corrispon- denti a gr. 0,210 per chilo corporeo, iniettati in 7'. * * Dovendo ora discutere i risultati ottenuti in tutte queste esperienze col carbo- nato, bicarbonato ed idrato sodico, credo opportuno incominciare dall'idrato sodico, poicliè la presenza di idrossil-jone nelle soluzioni dei carbonati e bicarbonati è un fatto secondario, dipendente dall'idrolisi, variabilissimo a seconda delle condizioni sperimentali. Così potremo subito farci un criterio circa gli effetti che nell'azione farmacologica dei carbonati possono essere ascritti all'alcalinità delle loro soluzioni, effetti secondari, disturbanti l'azione fondamentale dei carbonati stessi. Nel seguente quadro ho riuniti i dati principali di tutte le esperienze fatte con soluzioni pure di soda, e da un attento esame di esso si rilevano subito due fatti importanti circa la dose letale; l'uno riguarda l'influenza della velocità dell'iniezione e l'altro l'influenza della concentrazione della soluzione iniettata. 502 LUIGI SABBATANI 44 Soluzioni Soda di soda iniettata iniettata in a> s; Peso — Dose letale a del ~~" o CD o di soda ai coniglio u o a> per chilo corporeo W in Chgr. m cm al "lo ■g G ^ o ù " u .• ^2. 'ai (inedie) 95 1,092 2,5 4,6 5 A 1 1 K 0,115 A 1 AC U,lUo A A01 0,021 M ( 0,104 96 0,975 o o 4,6 2 A 1 A 1 0,101 A 1 AO 0,103 A A C 1 0,051 M 97 1,055 o o 2,3 3,7 1 \'2 A AO r U,Uo5 A AQA A A e J U,Uo4 M j 0,075 ì 0,185 S 98 1,357 2,6 3,7 5 A f\(\C 0,09d A A'TI 0,071 A A 1 0,014 M 99 1,472 10,5 2,8 li A CtC\ A 0,294 A OAA A A1 O U,01o M 100 1,372 8,5 2,8 5 0,242 0,170 0,034 M 101 0,895 42,0 1 37 0,420 0,470 0,013 M 102 1,300 57,5 1,0 21 0^575 0,442 0^021 V ' 0,231 103 1,030 11,0 1,0 l 0,110 0,106 0,071 M 104 1,130 20,0 1,0 3 0,200 0,177 0,059 M ) 105 1,300 20,0 0,5 2 0,100 0,077 0,038 M ì 106 1,055 143,0 0,5 71 0,715 0,677 0,009 V 107 1,535 65,0 0,46 52 0,299 0,198 0,004 V 108 0,930 64,4 0,46 8 0,296 0,320 0,040 V Per vedere chiaramente come la dose letale varii per effetto della velocità della iniezione, basta ordinare le esperienze secondo la velocità. Numero d'ordine Velocità NaOH iniettata Esito dell'esperienza dell'iniezione per chilo corporeo dell'anim 103 0,071 0,106 M 104 0,059 0,117 M 97 0,054 0,080 M 96 0,051 0,103 108 0,040 0,320 V 105 0,038 0,077 M 100 0,034 0,170 M 95 0,021 0,105 M 102 0,021 0,442 V 99 0,018 0,200 M 98 0,014 0,071 M 101 0,013 0,470 M 106 0,009 0,677 V 107 0,004 0,198 V Velocità 0,055 MEDIE Dose letale 0,097 0,020 0,203 Troviamo cosi che in 5 esperienze in cui si tenne una velocità grande, da 0,071 a 0,038, la dose media letale per chilo corporeo fu di gr. 0,097, ed in altre 5 espe- rienze, nelle quali la velocità fu assai minore, da 0,034 a 0,013, la dose media letale per chilo corporeo fu più che doppia, di gr. 0,203; ed allorché si mantenne una delle più basse velocità (0,009 per chilo e minuto) si potè iniettare la dose massima di gr. 0,677 per chilo, senza che l'animale morisse (Esp. 106). 45 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 503 Per vedere come varii la dose letale per effetto della concentrazione della solu- zione di soda adoperata, basta ordinare le esperienze secondo la concentrazione: "la Dose letale media della soluzione iniettata per chilo corporeo 4.6 0,104 3.7 0,075 2.8 0,185 1,0 0,231 0,5 .... Per vedere poi come vani la dose letale per effetto combinato della concentra- zione e della velocità, basta disporre le esperienze secondo un ordine del tutto natu- rale: prima in gruppi, a seconda della concentrazione, poi nei singoli gruppi ordinare le esperienze a seconda della velocità dell'iniezione. ci 0/ NaOH iniettata Esperiei lo della soluzione iniettata velocità della iniezione per chilo corporeo in gr. 96 4,6 0,051 0,103 M 95 » 0,021 0,105 M 97 3,7 0,054 0,080 M 98 » 0,014 0,071 M 100 2,8 0,034 0,070 M 99 0,018 0,200 M 103 1,0 0,071 0,106 M 104 0,059 0,177 M 102 0,021 0,442 V 101 0,013 0,470 M 105 0,5 0,038 0.077 M 106 0,009 0,677 V 108 0,46 0,040 0,320 V 107 n 0,004 0,198 Y Dose letale media per chilo corporeo in sr. . 0,104 . 0,075 . 0,185 . 0,231 Vediamo cosi in modo evidentissimo che col diminuire della concentrazione della soluzione adoperata la tossicità s'abbassa moltissimo, come indica la dose minima letale aumentata, e per una stessa concentrazione la tossicità diminuisce ancora col diminuire della velocità della iniezione. In queste esperienze quindi non solo riesce difficile, ma quasi del tutto impos- sibile fissare la dose letale senza tener conto di tutte le piii piccole condizioni spe- rimentali ; e per avere dati attendibili è indispensabile che la velocità della iniezione si mantenga uniforme dal principio alla fine, poiché, per le ragioni suesposte, un acceleramento lieve verso la fine dell'iniezione è indubbiamente causa di errori non piccoli, facendo apparire letale una dose di soda che per la concentrazione e per la 504 LUIGI SABBATANI 46 velocità media non doveva esserlo. Mantenere del tutto uniforme la velocità era tecni- camente difficile per i mezzi di' cui poteva disporre, e probabilmente i valori lieve- mente discordanti che ho ottenuti in alcune esperienze dipendevano da ciò. Che la velocità dell'iniezione influisca molto sulla dose letale è un fatto abba- stanza generale per molte sostanze tossiche, che facilmente si comprende come possa avvenire, e nel caso presente il Bottazzi ne dà spiegazione plausibile con ciò, che " non bisogna far l'iniezione troppo lentamente e dar tempo che l'alcali o sia elimi- " nato passi in uno stato in cui non sia piìi attivo „, e parlando dei saponi osserva: * vi sono però considerevoli differenze nei vari esperimenti, dipendenti sopratutto " dalla rapidità con cui si fa l'iniezione, ossia dalla quantità di sapone che in un " dato momento viene a trovarsi nel segmento venoso del cuore „. L'influenza poi che la concentrazione della soluzione adoperata esercita sulla dose letale minima, quale risulta evidente dalle esperienze che ho sopra riportato, è molto piìi interessante e ci dà modo di indagare piìi addentro perchè la soda riesca tossica, allorché viene iniet- tata nelle vene. L'influenza della concentrazione ci richiama alla mente l'azione caustica locale, che varia d'intensità, e dà prodotti di causticazione chimicaménte diversi a seconda della concentrazione stessa. E poiché la soluzione a quel grado preciso di concentra- zione al quale la pi-eparamrao viene a contatto esclusivo del sangue, e poi subito con esso si diluisce, cosi era logico ammettere che l'influenza della concentrazione dipen- desse da fenomeni di causticazione sul sangue: però feci le esperienze 109, 110, 111, 112, 113, 114, mescolando in vitro del sangue o del siero di sangue con delia soda, ed iniettando poi il prodotto diluito con soluzione fisiologica, in modo che e per la quantità di soda adoperata, e per la concentrazione di essa, e per la velocità della iniezione si calcolava dovesse riuscire innocua, mentre poi realmente non Io era. Ciò chiarissimamente risulta dalla seguente tabella. Peso del coniglio in Chgr. 1,094 1,485 Soluzióne di soda iniettata al % m minuti Soda iniettai in - — • Soda mescolata con sangue intero 109 1,840 38,5 0,46 8 0,170 0,096 0,012 M 110 1,185 13,5 0,5 4 0,067 0,065 0,016 M 111 1,015 20,0 0,5 0,100 0,098 M 112 1,225 11,5 0,5 7 0,057 0,047 0,006 M Soda mescolata con siero di 25,0 68,0 0,46 0,46 0,125 0,313 0,114 0,210 sangue 0,014 0,030 Soluzione pura di soda V V Dose letale di soda per chilo corporeo (medie) 0,076 107 1,535 65,0 0,46 52 0,299 0,198 0,004 V 108 0,930 64,4 0,46 8 0,296 0,320 0,040 V ì _ 105 1,300 20,0 0,5 o 0,100 0,077 0,038 M 106 1,055 143,0 0,5 71 0,715 0,677 0,009 V 47 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 505 Nell'esperienze 113 e 114, in cui si adoperò del siero di sangue, gli animali sopportarono benissimo l'iniezione, e non presentarono alcun disturbo. Nell'esperienze 109, 110, 111, 112 invece, in cui s'era mescolata la soda col sangue intero, si ebbe morte dell'animale, quantunque per la dose e per la diluzione di essa dovesse riuscire innocua; onde la morte è in questo caso da attribuirsi ai prodotti di causticazione che la soda dà sui corpuscoli sanguigni. Questo concetto trova appoggio dall'azione distruttiv'a che la soda esercita sui globuli rossi in cifro, e dalla emoglobinuria (vedi P]sperienze 101, 102, 106) e dal colore rossiccio (vedi Esper. 104, 105) che il siero di sangue assumeva in alcune esperienze fatte colla soda. Osservazioni analoghe a questo furono fatte da Bottazzi coll'oleato sodico sopra elementi cellulari di vari tessuti (cellule sanguigne, epitelio peritoneale, tessuto adi- poso, parenchima epatico, splenico, tessuto placentare di cagna) e sempre vide che si aveva una distruzione abbondante delle cellule e formazione contemporanea di nucleo-proteidi per opei-a della soda, che si libera dal sapone per idrolisi. Possiamo quindi concludere che quando la concentrazione della soda è grande, riesce tossica per la variazione forte che provoca nella reazione chimica del sangue, per la distruzione cellulare e per la formazione di nucleoproteidi ; elio quando la con- centrazione è debole, e non dà fenomeni locali di causticazione, la soda non riesce molto lesiva al sangue, è assai meglio tollerata per iniezioni endovenose, e riesce letale solo quando viene iniettata rapidamente, verosimilmente perchè provoca allora una brusca variazione dell'alcalinità dei liquidi dell'organismo, variazione che può essere lesiva ai protoplasmi o direttamente, oppure indirettamente, in quanto viene a rompere condizioni peculiari di equilibrii molecolari salini (1), la cui variazione, oltre certi limiti, è incompatibile colla vita. Possiamo inoltre concludere che quando la concentrazione della soda (dell'OH" jone) è piccola, e la velocità dell'iniezione lenta, allora non si ha formazione di prodotti di causticazione di per sè tossici, l'organismo ha tempo, come dice Bottazzi, di eliminare o trasformare l'alcali in uno stato in cui non sia piìi attivo, ed allora l'iniezione diventa indifferente e la soda non è più tossica. Solo per ciò che riguarda le trasformazioni, che la soda può subire nell'orga- nismo, fermamente ritengo siano assai semplici; iniettata lentamente ed in soluzione diluita, incontra nell'organismo acido carbonico in quantità più che sufficiente per trasformarsi in carbonato o bicarbonato di sodio, assai meno tossici della soda stessa, i quali prontamente s'eliminano per le vie naturali. Quantunque non possegga appa- recchi precisi, pure in alcune esperienze, esaminando l'aria espirata, vidi che durante l'iniezione lenta di soda l'eliminazione di CO^ diminuisce ed aumenta la quantità dei carbonati nell'urina. Con questo concetto armonizza perfettamente una osservazione sperimentale molto importante di Loeb, che egli stesso cosi descrive : " The quantity of " free HO-ions in the blood is neither increased by a considerable addition of NaHO " nor decreased by a considerable addition of HCl ., (2). Ora, senza voler entrare in questioni molto difficili, relative all'alcalinità del sangue ed alle sue cause, credo (1) Si ricordi ad esempio che gli alcali precipitano i fosfati alcalino-terrosi. (2) Loeb J., On jon-proteid compounds and their vàie in the mechanics of life phenomena. I. The poisonous character of a pure NaCl solution, " Amar. Journ. of Phj'siol. voi. UT (1900). Scr.:E IT. Tom. LIV. n= 506 LUIGI SABBATANI 48 però opportuno osservare che questa esperienza e moltissime altre possono spiegarsi bene con concetti semplici di chimica minerale. Nel sangue in vitro, ma più ancora. nel sangue circolante, la soda incontra del- l'acido carbonico, e si trasforma in carbonati, e l'acido cloridrico dei carbonati alcalini; che quindi nell'uno e nell'altro caso, mentre aggiungiamo direttamente dell'alcali o dell'acido, in realtà portiamo una variazione in piìi od in meno nei carbonati del sangue ; e poiché 1' alcalinità del sangue è data principalmente dalla dissociazione idrolitica dei carbonati e fosfati alcalini, così l'alcalinità del sangue non può crescere proporzionalmente alla soda, o decrescere proporzionalmente all' acido aggiunto ; ma varierà solo in dipendenza dei carbonati, e varierà non proporzionalmente ad essi; ma, come risulta dalle ricerche di Shields, che vedremo fra poco, secondo la radice quadrata della concentrazione del carbonato. Quindi le variazioni nella concentrazione deirOH-jone per aggiunta di soda o di acido devono essere molto piccole e spesso comprese entro i limiti degli errori inevitabili dei metodi sperimentali. * Passando ora ad esaminare la tossicità dei carbonati, abbiamo riuniti nelle seguenti tabelle i dati principali e l'esito delle esperienze relative. Esperienze col carbonato sodico. <à Soluzione di Na'CO' iniettata Na^CO' iniettato in ai ^a Espevien Animale Peso in Chgr. in cm^ al »/o in minuti gr- gr. per chilo corporeo' gr. per | chilo e minuto (velocità) j Esito dell'anim: 78 cane 6,700 84 5 10 4,20 0,62 0,062 V 79 n 5,000 91 5 14 4,55 0,91 0,065 V 80 » 14,200 > 211 ' 124 5 10 7 7 ■ 22,95 1,61 0,060 V 81 13,000 132 10 6 13,20 1,01 0,170 V 82 6,600 84 10 9 8,40 1,27 0,141 V 83 gatto 2,000 13 10 1 1,30 0,65 0,650 M 84 » 1,300 21 10 24 2,10 1,61 0,067 V 85 1,450 16 10 16 1,60 1,10 0,069 V 86 coniglio 0,415 5 5 2 0,25 0,60 0,300 M 87 0,956 11 5 4 0,55 0,57 0,140 M 88 1,870 29 10 34 2,90 1,55 0,045 89 • cavia 0,639 11 5 5 0,55 0,86 0,172 M 90 0,488 19 5 18 0,95 1,94 0.108 M 49 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 507 Esperienze col f>ic(irhonati) sodico. Soluzione di bicahho.nato BlCAItllONATlJ SODICO ce N iniettata iniettato in i/ Cri Esperieu Animalr Peso in Chgr. in cm^ al "/o in minuti gr- gr. per chilo corporeo gr. per ' chilo e minuto (velocità) o S w ^ "e! 91 coniglio 0,409 13,1 7,924 5 1,038 2,53 0,506 M 92 » 0,550 20,0 » 10 1,585 2,87 0,287 M 93 cavia 0,558 15,0 (5 1,188 2,13 0,355 V 94 » 0,427 17,0 7 1,347 3,15 0,450 M Esperienze comparate fra carbonato e bicarbonato. si DoSK IX IETTATA Dose iniettata i in gr. oquiv. e Animale in in gr. in gr. per chilo Esito — ■ d in cm^ minuti per chilo e minuto (velocità) 115 cavia 0,780 0,88 10 0,11 M 116 0,565 0,88 7 2 0,11 0,055 M 117 coniglio 1.620 2,00 7,6 4 0,09 0,026 M •118 » 1,175 2,00 7 0,12 0,048 M 119 cane 5,800 2,66 30 3 0,14 0,045 M 120 » 7,900 2,66 53 0,17 M •s ( 1 » 2,00 10 0,117 M ^ 1 III » 1,50 8 0,071 M 1,50 20 0,092 M (Jirca l'azione generale dell'ossalato sodico ho visto che, come gli altri reattivi studiati, esso pure per iniezione endovenosa dà sempre nei mammiferi fenomeni di eccitazione generale e convulsioni a carattere tetanico ; ciò è d'accordo con quanto è stato osservato da quasi tutti quelli che hanno sperimentato coU'assalato. Nelle rane, che sono pochissimo sensibili al calcio (Delogu), l'ossalato dà invece fenomeni di depressione, paralisi e morte (Cavazzani), mentre il citrato dopo la paralisi del primo momento dà fenomeni di eccitazione generale, allorché l'avvelenamento grave del primo momento va attenuandosi, mentre quello dell'ossalato conduce subito a morte. 57 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 515 Ma anche nelle rane si possono veder bene fenomeni di eccitazione, allorché si bagna direttamente l'encefalo con soluzione di ossalato sodico; compaiono allora con- vulsioni generali intenso e di lunga durata (1). Nei cani poi dimostrai che l'appli- cazione di ossalato sodico direttamente sulla corteccia cerebrale provoca aumento della eccitabilità elettrica, e scoppio di convulsioni epilettiche (2). L'azione antagonistica fra ossalato e calcio era stata osservata da Cavazzani sulle rane (3), come già ricordai nella prima parte di queste ricerche; ma nei mam- miferi e per iniezione endovenosa i fenomeni di antagonismo fra ossalato e calcio si riducono a ben poca cosa, poiché per effetto di queste iniezioni si produce sempre coagulazione intravascolare. Dall'esperienza 121 si vede che quando s'inietta dell'ossalato calcico, sospeso in acqua e di recente precipitato, esso non è punto causa immediata di morte, neanche quando l'ossalato è in quantità piìi che doppia della letale (Esp. 116). Quindi appare evidente che la tossicità dell'ossalato è del tutto sospesa, allorché esso trovasi in forma insolubile di ossalato calcico nel sangue, e che la introduzione e la presenza del precipitato finissimo di ossalato calcare nel sangue circolante non è condizione sufficiente alla formazione di coaguli, i quali compaiono subito che la formazione del- l'ossalato avviene direttamente nel sangue o per iniezione contemporanea di quantità equivalenti di ossalato e calcio per due vene simmetriche, o per iniezione successiva ed alterna di quantità pure equivalenti delle stesse soluzioni. Ciò limita grandemente il campo sperimentale per l'antagonismo. Per queste osservazioni semplicissime però resta chiaramente dimostrato che l'ossalato sodico ed il cloruro calcico da noi iniettati per due vene diverse trovansi anche nel sangue allo stato di ione, poiché nel sangue circolante si ha l'immediata formazione della reazione ionica loro caratteristica, precipitante — ossalato calcico — • e queste osservazioni sono perfettamente concordi a quelle di Onsum e di altri, i quali constatarono al microscopio la presenza di ossalato calcico nei vasi sanguigni di animali avvelenati con ossalato. Ora però la morte degli animali l'attribuiamo non agli effetti meccanici del precipitato calcare, come faceva Onsum, ma alla diminu- zione della concentrazione di Ca-jone che l'ossalato produce. 10. Citrato trisodico. Nella prima parte delle presenti ricerche (4), studiando l'azione antagonistica fra citrato trisodico e calcio, feci alcune esperienze sull'azione fisiologica e tossica del citrato, delle quali ne riportai solo tre sui cani (4'''-5-'^-6'''). Successivamente feci molte (1) Sabbatani L., Come si debba interpretare l'azione antagonistica fra il calcio ed i reattivi che lo iininobilizzano, * Rivista critica di Clinica medica anno III, n. 15 (1902). f'2) Sabbatani L., Importanza del calcio che trovasi nella corteccia cerebrale, " Rivista sperimentale di Freniatria voi. XXVII (1901). 1,3) Cavazzani A., Dell'azione dell'ossalato potassico sul plasma muscolare ecc., ■* Rilbrrua medica N. 131-32 (1892). (4) Sahbatani L., Funzione biologica del calcio, Parte I : Azione antagonistica fra citrato trisodico e calcio. ' Memorie della R. Accademia delle Se. di Torino Serie IT , tomo LI (1901), p. 267-305. 516 LUIGI SABBATANI 58 ricerche sulla tossicità dell'acido citrico, citrato mono-bi-tri-sodico e sull'etere trietil- citrico, amministrando queste sostanze per via gastrica, ipodermica ed endovenosa, nei cani, gatti, conigli, cavie, topi e rane; ora non voglio intrattenermi sulle diffe- renze che, riguardo ai sintomi ed alla tolleranza, si riscontrano da animale ad ani- male, a seconda che si tratta dell'uno o dell'altro preparato, ma ricorderò solo che le maggioin differenze si hanno sempre a seconda della via di introduzione, e ciò verosimilmente perchè con questa varia moltissimo la rapidità dell'ingresso in circolo del citrato. Qui riferisco solo il risultato finale di tutte le esperienze che ho fatte sui cani, conigli, gatti e cavie con iniezioni endovenose di citrato trisodico, dalle quali possiamo fissare con sufficiente sicurezza la dose minima letale. L'acido citrico è stato già studiato da Mitscherlich (1) e sappiamo che riesce tossico negli animali producendo dapprima accelerazione del cuore e del respiro, in seguito accessi convulsivi violenti con diminuzione della sensibilità, impulso cardiaco insensibile, dispnea, grande debolezza e morte. Recentemente è stata studiata da ViETiNGHOFF (2) l'azione tossica comparata dei citrati e tartrati neutri, e l'azione anti- coagulante sul sangue e sul latte; di interessante ha visto che il citrato dà azione eccitante sui centri nervosi, concordemente a quello che già aveva osservato io. Da tutte le esperienze risulta che, come già dimostrai nella prima parte di queste ricerche, il citrato trisodico, iniettato nelle vene degli animali, riesce molto tossico, dà sempre fenomeni di eccitazione generale e convulsioni alle quali segue rapida- mente la morte con fenomeni di depressione e paralisi generale. Le convulsioni sono prevalentemente toniche, ed il più delle volte assumono carattere nettamente teta- nico; ciò si vede assai bene nei cani, nei conigli e nelle cavie; nei gatti invece le convulsioni sono prevalentemente tonico-cloniche, ed una volta sola ebbi un accesso tetaniforme deciso, mentre negli altri casi le convulsioni sembravano piuttosto epilet- tiformi: troviamo così un nuovo punto di analogia fra l'azione comparata di questo e d'altri sali ad azione decalcificante. Il gatto si mostra poi più sensibile degli altri animali all'azione tossica del citrato, come si vede bene dalla tabella alla pag. seguente, in cui sono raccolti i dati principali e l'esito di tutte le esperienze fatte col citrato. Da ciò risulta che la sensibilità all'azione tossica del citrato trisodico è massima nel gatto, minore nella cavia, minore ancora nel coniglio, minore che in tutti gli altri poi è nel cane. In gr. -equivalente e per chilo d'animale la dose minima letale è: Nel gatto .... 0,0032 Nella cavia .... 0,0036 Nel coniglio .... 0,0044 Nel cane 0,0061 Per le cose dette altrove, e specialmente a proposito del carbonato ed oleato sodico, facilmente si comprende come, a seconda delle condizioni sperimentali e più (1) Teodoro Hdseman, Manuale di materia medica, traduzione di V. Gautier, p. 703. (2) ViETiNGHOFF-ScHELT-, Zur Giftivlfkung des neutralen Citronensàuren und Weinsaure Natriums iind Uher ihren Einfluss anf die Blutgerinnung und die Kaseingerinnung mit Lab., ' Arch. interaation. de Pharmacodinam. X (1902), r- 145-176. 59 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 517 che tutto della velocità d'iniezione, debbano variare le manifestazioni tossiche, ed ora essere più intense sui centri nervosi ed ora sul cuore; purtuttavia pare esista veramente una differenza sostanziale a questo proposito fra i diversi animali d'espe- rimento. Nei cani si aveva sempre prima arresto di respiro e poi del cuore, nel gatto invece e nelle cavie si avrebbe il contrario, poiché tranne una volta (Esp. 134) in questi animali il cuore si arrestava e diventava ineccitabile mentre il respiro durava ancora a lungo, e ciò potrebbe essere una ragione suftìciente alla differenza di tos- sicità del citrato per i cani, gatti e cavie. Inikzione di citrato c 5 o a o C/1 Peso H u 3 a co Animale a in Chgr. in minuti 1^ o ~~ O S in cm" in gr. in £rr. per chilo 03 co O -«J Q o o primi (1) ri ci o 00 a 125 cane ni. 5,500 8 r. 8,5 20,0 1,70 0,31 V 126 n m. 5,000 24 r. 8,5 50,0 4,25 0,85 M 127 » f. 3,900 24 r. 8,5 40,0 3,40 0,87 M 1 128 » m. 2,200 6 r. 8,49 12,2 1,03 0,47 M 129 m. 2,900 8 r. 8,49 25,0 2,12 0,73 M I 0,73 130 m. 4.100 28 r. 8,49 35,0 2,97 0,72 M 131 gatto f. 2,110 6 c. 5,0 16,0 0,80 0,38 M 132 1,000 2 c. 5,0 7,0 0,35 0,35 M > 0,38 133 » f." 1.710 6 c. 5,0 17,0 0,85 0,50 M 134 »! 1,410 5 c. 5,0 8,5 0,42 0,30 M 135 coniglio 0.708 13,6 1,0 0,136 0,19 V 136 0,985 5,0 3,5 0,175 0,17 V 137 » 0,950 *9'n 5,0 10,0 0,50 0,53 M 138 1,224 5,0 12,0 0,60 0,49 M ; 0,53 139 n m. 1,204 lic. 5,0 14,6 0,73 0,60 M 140 cavia m. 0,482 5,0 3,5 0,175 0,36 M 141 n 0,350 5,0 4,0 0,20 0,57 M > 0,43 142 » 0,520 5,0 4,5 0,225 0,43 M 143 0,352 5,0 2,5 0,125 0,35 M A questo proposito sono interessantissime le esperienze 132 e 133 sui gatti, e la 130 sui cani, poiché nelle prime chiaramente si vide che il citrato spiega una azione letale più intensa sul cuore che sul centro respiratorio, sì che quando da 17' (Esp. 133) i ventricoli erano immobili ed ineccitabili, mercè la compressione ritmica del éuore si conservava bene attiva la funzione respiratoria, mentre poi nè la respi- razione artificiale, nè la compressione ritmica del cuore erano state sufficienti a riat- tivare la funzione cardiaca. Xell'Esp. 130-^ sul cane si vide invece che praticando la iniezione lentamente e per la vena femorale, si aveva prima arresto del respiro di quello che del cuore, e che a produrre l'arresto di cuore occorreva una dose un po' maggiore di citrato. (1) r ~ refratta, c = continua. 518 LUIGI SABBATANI 60 Come per gli altri sali, per il citrato la tossicità varia molto a seconda della velocità della iniezione, e ciò, trattandosi qui di un sale organico, facilmente ossi- dabile, non può far meraviglia, anzi in questo stesso senso riesce ovvio interpretare le differenze grandissime di tossicità che si hanno col citrato per iniezioni endove- nose, ipodermiche o gastriche. La grande tolleranza degli animali al citrato per questa ultima via non dipende certo da una azione protettiva del fegato, poiché iniettando il citrato in una vena della circolazione generale od in un ramo della vena porta la dose minima letale per il cane è presso a poco la stessa. Diremo adunque che, iniettato nelle vene con grande lentezza, od amministrato per bocca, nel qual caso l'assorbimento è pure lento, il citrato va incontro ad un pro- cesso di ossidazione, ed occorre introdurne delle dosi assai maggiori per raggiungere nell'organismo quella concentrazione minima di citrato che può produrre fenomeni tos- sici, dipendenti da diminuita concentrazione del Ca+"'". In vitro, e coi comuni mezzi di ossidazione l'acido citrico in ambiente acido dà come primo prodotto di ossidazione dell'acido acetondicarbonico e poi subito dopo dell'acetone (1), in ambiente alcalino dà invece dell'acido ossalico. Il primo caso non pare, teoricamente considerato, possa avverarsi e sperimentalmente dimostrai che non s'avvera infatti (2); maggiore verosimiglianza avrebbe il secondo caso, per l'am- biente alcalino dei tessuti, per i rapporti fra ossaluria ed alimentazione, per la tos- sicità grande dell'ossalato stesso e la somiglianza dei sintomi coll'avvelenamento per citrato; ma se consideriamo da un lato la pochissima ossidabilità dell'ossalato nell'or- ganismo e dall'altro la fugacità grande dei fenomeni provocati con iniezioni endo- venose di citrato, allora appare ben poco probabile che il citrato nell'organismo .si ossidi con formazione di ossalato. Quindi, mentre non è credibile che l'azione tossica intensa del citrato dipenda da formazione rapida di ossalato, a più forte ragione non pare neppure credibile che la minore tossicità del citrato, allorché s'inietta lentamente, dipenda da ossidazione di esso con formazione di ossalato. Verosimilmente in questi casi si deve ossidare compiutamente con formazione di carbonati ed acqua, secondo l'equazione : 2Na3C«H50^ + 5 H^O -f 6 y 0^ =6NaHC03 + 2H20 da gr. 0,53 di citrato si formerebbero gr. 0,37 di bicarbonato, e quindi la dose di citrato, che è sufficiente a produrre la morte in un coniglio d'un chilo, trasformata in bicarbonato, non produrrebbe alcun distui'bo, poiché abbiamo visto a suo luogo che la dose letale minima per il bicarbonato é nelle stesse condizioni sperimentali di gr. 2,70. (1) Sabbatani L., Sulla ossidazione dell'acido oitrico e dei citrati col permanganato di potassio o col ferro, ' Atti della R. Acc. delle Se. di Torino voi, XXXV, 8 aprile 1900. (2) Sabbatani L., Ricerche farmacologiche e chimiche sugli acidi acetondicarbonico e citrico, " Atti della R. Acc. delle Se. di Torino voi. XXXIV, 1° gennaio 1899. 61 FUNZIONE mOLOGICA DEL CALCIO 519 III. Da tutte le serie di esperienze esposte fin qui appare evidente clie i sali decal- citìcanti per iniezione endovenosa a dose or più or meno alta provocano costante- niente fenomeni gravissimi nei diversi animali d'esperimento; dapprima eccitazione, di poi paralisi e morte. Solo col bicarbonato sodico non si osservano fenomeni di eccita- zione, ma questo è uno dei sali meno tossici, che facilmente si elimina, che facilmente si decompone, e probabilmente nell'azione tossica di esso prende una parte non indif- ferente l'acido carbonico; le manifestazioni tossiche poi dipendenti da decalcificazione devono essere con questo sale debolissime, in relazione colla debole azione precipi- tante che ha sopra i sali di calcio. Così, all'infuori del bicarbonato, tutti questi sali per iniezione endovenosa in un primo momento agiscono da eccitanti, come da eccitanti agiscono per applicazione diretta su organi isolati ; mentre d' altra parte sappiamo che il calcio agisce sempre come deprimente. Per i muscoli abbiamo le osservazioni di Loeb (1) fatte col fluoruro, carbonato, fosfato, ossalato, citrato e tartrato sodico, e le mie col citrato e metafosfato, dalle quali si vide che questi reattivi provocano un aumento della irritabilità e contrat- tilità del muscolo, mentre il calcio ne provoca una diminuzione. L'ossalato poi (Oavazzani), il citrato e metafosfato (esperienze mie) ostacolano la rigidità cadaverica, che per contro è favorita dal calcio. Pei nervi pure Loeb ed io abbiamo visto dei fatti analoghi, e mentre Stefani (2) osservava che il nervo di rana a contatto della soluzione fisiologica addizionata di cloruro calcico conserva più a lungo la sua eccitabilità, l'eccitabilità del nervo stesso è però minore. Per il midollo spinale allo osservazioni che pul>t»licai nella 1' parte, fatte col citrato trisodico, altro ne abbiamo visto ora col metafosfato e pirofosfato sodico, le quali perfettamente si accordano con quelle, nel senso che tutti i reattivi, capaci di provocare una decalcificazioiie, applicati direttamente sul midollo spinale a dosi pic- colissime provocano fenomeni di eccitazione intensi e scoppio di tetano violento, che spesso si localizza da quel lato a cui si limitò l'applicazione sul midollo; il calcio invece, come risulta dalle esperienze mie e di Zanda (3), sul midollo spinale provoca depressione, paralisi, e spiega azione antagonistica coi reattivi decalcificanti. Per ciò che riguarda il centro respiratorio, non essendo ancora terminate le mie ricerche, ricorderò soltanto che secondo Battelli (4), il respiro dura più a lungo quando si fa circolare nei centri nervosi della soluzione fisiologica contenente calcio. (1) LoEi! ,J., Oh an apparentlij uew forni of ìiiiisculnr irritahility (contact irritabilittj?) i>roduced hij soltitions of sal/s (preferabli/ sodiìim salt.t) whose anious are liahle to forin iiisolitble calcitim compound^, ' Ainer. Journ. of Physiol. voi. V (1901). (2) Stefani U., Intorno all'azione del cloruro di calcio sidl'eccìtabilifà nertosa, ecc., " Rivista sper. (li Fren. e di Med. leg. „ voi. XIX (1893), p. 574. (3) Zanda G. B., Azione dei metalli alcnlino-terrosi per iniezione lombare, ' Arch. di Farm, e Tera- peutica voi. X, fase. 3-4 (1902). (4) Battelli F., In/Utence des différents composanti du sang, etc, ' Journ. de Physiol. et de Patliol. génér. „ 1900, No. 6. 520 LUIGI SABBATANI 62 a confronto di semplice soluzione fisiologica; e che secondo le mie esperienze l'ecci- tabilità dei centri nervosi negli animali trattati col calcio, permane più a lungo durante l'asfissia, ma mancano le convulsioni asfittiche. Per ciò che riguarda l'azione sulla corteccia cerebrale io aveva sperimentato col citrato, fluoruro, ossalato e saponi di sodio (1), ed ora anche col metafosfato e col pirofosfato ; il mio amico e collega Prof. Roncoroni (2) ha estese poi le ricerche a tutti i reattivi decalcificanti, ed ora possiamo generalizzare come legge il concetto che tutti i reattivi, capaci di abbassare la concentrazione del Ca-jone, applicati diretta- mente sulla corteccia cerebrale ne aumentano l'eccitabilità elettrica e dànno azione epilettogena. Ciò risulta evidentissimo dalla seguente tabella in cui ho riuniti i risul- tati di quasi tutte le esperienze fatte da me e da Roncoroni. Eccitabilità ELETTRICA della corteccia eer ebrale misurata dall a dist. in mm. dei rocchetti della slitta Sale di sodio dopo varie applicazioni di sali 0/ lo della durata di 10' ciascuna Sperimentatoke o a 1" 3^ 6^ UUUI Ul U 1 155 150 150 135 160 XbUIlLUl UHI I» 7 diminuzione dell'eccitabilità OctUUdLctXll 7 diminuzione dell'eccitabilità » oUllclLU 140 150 160 i-tUlH^Ul UHI V 145 150 150 160 r> V 3,3 160 160 165 170 170 n metafosfato 2,43 150 150 175 200 225 E. Sabbatani 2,43 E. 2,43 E. » 2,43 160 160 185 E. » pirofosfato tetra- 1,0 145 145 165 180 180 Roncoroni pirofosfato bi- 0,75 150 170 165 175 180 195 » » 0,75 165 170 180 182 fosfato bi- 7,0 130 145E. 7,0 140 165 » 7,0 160 180 E. E. » 5,0 135 145 170 E. » carbonato diminuzione dell'eccitabilità » diminuzione dell'eccitabilità Sabbatani sapone 1-3 135 135 150 150E. » 3,0 140 145 155 165 165E. 8,0 160 165 160 160 185 185 195E. » ossalato 3,0 130 140 145 145 165 E. !» 3,0 120 135 130 (?) » 1,6 135 140 155 145 145 E. citrato tri- 4,17 130 E. 140 4,17 146 146 E. (1) Sabbatani L., Importanza del calcio che trovasi nella corteccia cerebrale, ' Rivista sperimentale di Freniatria „, voi. XXVII (1901). (2) Roncoroni L., Aumento dell'eccitabilità corticale e fenomeni di epilessia provocati da reattivi decalcificanti, " Arcli. di Psichiatria, Scienze penali ed Antropol. crimin. voi. XXIV, fase. IV (1903). 63 FUNZIONE BIOLOCilCA DEL CALCIO 521 Alla regola fanno eccezione il fluoruro ed il carbonato sodico: per il primo lìon- coroni con soluzioni al 0,1 % otteneva un aumento non bene deciso dell'eccitabilità, mentre io con soluzioni al 0,7 % ebbi sempre una decisa diminuzione, e ciò devesi probabilmente ascrivere ad una azione farmacologica propria del fluor-jone, analoga a quella del bromo-jone. Quanto al carbonato sodico, mentre per iniezioni endovenose l'alcalinità sua non costituisce un fatto tossico grave, perchè coll'anidride carbonica del sangue si forma prontamente del bicarbonato, invece per applicazione diretta sulla corteccia l'idrossil-jone dà manifestazione tossica sua propria depressiva, il che benis- simo ha dimostrato Koncoroni, confrontando l'aziono del carbonato e della soda; onde per la corteccia l'azione eccitante, che si dovrebbe avere colla decalcificazione, è mascherata dall'azione depressiva dell'alcali. Queste eccezioni, chiaramente spiegabili per il fluoruro e per il carbonato, trovano riscontro in anomalie corrispondenti rispetto all'azione anticoagulante , poiché , come già mostrai nella IP parte delle presenti ricerche, il fluoruro sodico a piccole dosi riesce anticoagulante in quanto precipita il calcio, ma a dosi alte l'azione sua è più complessa; od il carbonato sodico, che ha azione distruttiva sui globuli rossi, certo mentre provoca l'incoagulabilità del sangue, decalcificandolo, provoca in esso altri e più profondi cambiamenti. L'azione poi del calcio sulla corteccia cerebrale, come risulta sicuramente dalle ^ esperienze mie, di Regoli (1) e di Roncoroni (2), è sempre depi-essiva ed antagoni- stica con quella dei reattivi decalcificanti; e per ciò che riguarda la funzione del calcio nella corteccia sarà bene ricordare che secondo Toyonaga (3) si trova più calcio nella sostanza grigia che nella bianca. Per l'azione eccitante sulla motilità dell'intestino e l'azione purgativa di alcuni sali, questione ch'io aveva proposta fin dal 1901 al Dott. Simon (4), come argomento di studio complementai'e alle sue ricerche sulla motilità dell'intestino, e che è stata molto bene svolta da Mac Callum (5), sappiamo ormai con sicurezza che viene inibita dal calcio. Per la secrezione urinaria Mac Callum stesso (6) vide che diminuisce col calcio. Per la glicosuria poi, prodotta da soluzioni di sali di sodio, Fischer (7) vide che viene arrestata dal calcio. Per gli infusori la relazione che passa fra l'azione decalcificante dei sali e la tossicità loro può essere messa ora in evidenza per mezzo di ricerche fatte molti (1) Regoli P., Azione dei metalli alcalino-terrosi sull'ecciUibilità elettrica della corteccia cerebrale, Boll, della Soc. tra i cultori di Se. med. e nat. in Cagliari , 1899-1900, p. 151-156. (2) Roncoroni L., Azione del calcio-jone sulla corteccia cerebrale, " Rivista sperimentale di Fre- niatria voi. XXX (1904). (3) Toyonaga M., Ueber die Vertheilumj des Kalks in thierischen Organismiis. From the " Bull, of the College of Agriculture „, Tokyo, Imperiai University, voi. V, n. 2. (4) Simon I., Ricerche sperimentali sidla peristaltica intestinale. Tesi di Cagliari, 1902, pubblicata nello " Sperimentale anno LVII (1903). (5) Mac Callum J. B., Oh the mechanism of the action of saline purgatives, and the counteraction of their effect hy calcium, University of California puljlications, voi. I, p. 5-6 (1903). (6) 1d., The influence of cnlcium and barium on the flow of urine, '' University of California publi- cations voi. I (1904), p. 81-82. (7) Fischer M. H., On the production and supjjression of glycosuria in rabbits through electrolytes, ' University of California publications voi. I (1904), p. 87-113. Serie 11. Tom. LIV. i'- 522 LUIGI SABBATAKI 64 anni addietro da Faggioli per altro scopo (1). Infatti, calcolando in gr. -equivalenti le dosi dei diversi sali, che per 100 cm^ di soluzione erano sufficienti a determinare la morte del Paramaecium Aurelia, troviamo i seguenti dati: >r.- equivalente per 100 cm^ di H^O Na^SO* . NaI . . NaH^PO* ìsa^PO^ . NaBr . . NaHC03 , NaCl . . NaN03 . 0,0015 0,0021 0,0031 0,0032 0,0035 0,0037 0,0040 0,0045 0,0053 Da questi vediamo che, prescindendo dal ioduro e dal bromuro, di cui gli anioni I~ e Br~ verosimilmente hanno una tossicità speciale, la tossicità minore spetta al nitrato, cloruro e bicarbonato sodico, di cui i sali di calcio corrispondenti sono molto solubili, mentre poi la maggiore tossicità spetta a! carbonato, solfato e fosfati, cui corrispondono dei sali di calcio assai poco solubili. Per i vasi sanguigni Robert, studiando l'azione di molte sostanze medicamen- tose colla circolazione artiiìciale, osservava che l'acido ossalico e l'ossalato sodico (2) li restringono; e quando io faceva passare attica verso un arto di un animale appena morto del citrato trisodico, onde vedere l' influenza di esso sulla rigidità cadaverica, notai che durante il passaggio del citrato dapprima la resistenza che s'incontrava nel fare l'iniezione cresceva moltissimo, per diminuire poi grandemente verso la fine. Per ciò che riguarda poi la tossicità comparata di alcuni reattivi precipitanti del calcio, conviene ricordare le ricerche interessantissime di Feiedenthal (3) e di BoTTAZzi (4); ma per considerazioni teoretiche circa la solubilità diversa dei corri- spondenti sali di calcio, per la tossicità speciale di alcuni anioni e per i risultati spe- rimentali sicuri che abbiamo ottenuti, e che discuteremo fra poco, non si può affatto pai'lare di equivalenza chimica delle dosi tossiche di fluoruro, ossalato ed oleato sodico. Ora, senza volerci dilungare piìi oltre nella enumerazione di altri fatti, possiamo veramente affermare che, mentre il calcio provoca sempre fenomeni di depressione, i reattivi decalcificanti invece tanto per iniezione endovenosa, che per applicazione diretta su organi isolati, sempre in un primo momento provocano fenomeni di ecci- (1) Faggioli F., Di alcune azioni chimiche studiate sui protozoi, " Atti della Società Ligustica di Se. Nat. „, voi. IV, N. 4, dicembre 1893, p. 383; voi. V, N. 2, gennaio 1894, p. 1. (2) EoBERT R., Ueher die Beeinfltissung der peri^ìheren Gefasse durch 2)f><*>'"^(ikologische Agentien, " Arch. fiir exp. Path. u. Pharm. Bd. 22 (1887), S. 77-106. (3) Friedenthal H., Ueher die Giftwirkung der Seifen etc, loc. cit. (4) BoTTAzzi F., loc. cit. 65 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 52::! tazione; ma come iniettando dello dosi alte nelle vene ai fenomeni di eccitaziono seguono presto la paralisi e la morte, così pure seguitando a lungo nelle applicazioni locali sui muscoli, sui nervi, ecc. alla eccitabilità aumentata del primo momento segue la depressione e l'ineccitabilitìi. Se poi limitiamo le dosi fino ad ottenere sol- tanto fenomeni di eccitazione, questi possono essere anche molto intensi, ma sempre scompaiono prontamente col cessare dell'applicazione, allorché si sperimenta con inie- zioni endovenose o su organi isolati, in modo però che questi conservino i loro rap- porti anatomici normali di circolazione; e ciò dimostra che le modificazioni provocate da questi sali sui protoplasmi sono sempre lievi, facilmente e prontamente riparabili. Conformemente a questo concetto Roncoroni (1) non vide istologicamente sulla cor- teccia cerebrale modificazioni anatomiche importanti, neanche dopo prolungata appli- cazione locale di reattivi decalcifìcanti o di cloruro calcico ; ed io per quasi tutti i sali decalcifìcanti, e Delogu (2) per il calcio, abbiamo osservato che la dose minima letale varia molto a seconda della velocità della iniezione, e che alcune volte, quando anche i fenomeni erano gravissimi, e la morte imminente, in pochi minuti colla respira- zione artificiale e, se occorreva, colla compressione ritmica del cuore, l'animale si rista- biliva (3). In fine giova ricordare la prontezza con cui compaiono e scompaiono i fenomeni di eccitazione e di depressione nell'antagonismo fra decalcificanti e sali di calcio. I Abbiamo quindi nell'andamento delle manifestazioni tossiche generali e locali dei decalcificanti e del calcio un tale accordo, che siamo costretti ad ammettere si tratti sempre e per tutti questi sali di uno stesso meccanismo d'azione, basato sopra variazioni in più od in meno della concentrazione del Ca-jone protoplasmatico, ana- logamente a quello che avviene per il sangue, sul quale l'effetto di una decalcifica- ziono di una ipercalcificazione, oltre determinati valori critici, conduce sempre alla incoagulabilità. * * Se ora consideriamo soltanto i reattivi decalcificanti, l'azione tossica loro può evidentemente essere subito riferita al carattere chimico comune di diminuire la concentrazione del Ca-jone, come l'azione anticoagulante di essi dipende sicuramente da una decalcificazione che provocano. Infatti nella II» parte delle presenti ricerche potei dimostrare che l'attività anticoagulante di questi sali aumenta col crescere della attività loro decalcificante, e che l'incoagulabilità prodotta dalle dosi minime di essi è prontamente tolta con aggiunta di sali solubili di calcio; raccogliendo ora i dati ottenuti nei capitoli speciali, vediamo che anche la tossicità aumenta in questi sali col crescere della decalcificazione che possono produrre, e che fra questi ed i sali di calcio si possono ottenere fenomeni di antagonismo interessantissimi. Onde poter fare dei confronti sulla tossicità dei sali, è indispensabile tener conto (1) Roncoroni L., Alcune esperienze intorno all'azione del calcio sulla corteccia cerebrale, ' Rivista sperimentale di Freniatria voi. XXIX, fase. I-II (1903). (2) Delogu G., loc. cit. (3) Vedasi a questo proposito ciò che s'è riportato delle esperienze di Aducco sul carbonato sodico, e le esperienze 132, 133 col citrato. 524 LUIGI SABBATANI 66 soltanto dei dati ottenuti sopra uno stesso animale d'esperimento, per il che ho pre- ferito il coniglio, sul quale il numero delle esperienze fatte è maggiore che per gli altri; ed è pure indispensabile calcolare le dosi in gr.- equivalente per chilo cor- poreo, onde evitare gli errori che si avrebbero per la grandezza molecolare e la valenza varia dei sali, e quelli provenienti dal diverso peso degli animali. Con questi criteri ho raccolti nella seguente tabella i dati relativi alla dose letale. N. Sali Formula Equivalente Dose i per chilo ( in gr. ^etale ii coniglio in (jr.-equiv. 1 fluoruro sodico .... NaFl 42.0 0,262 0,0062 2 solfato sodico .... Na2SCH4-10H20 161,0 10,300 0,0644 3 metafosfato sodico . . . NaPO» 102,0 0,180 0,0017 4 pirofosfato sodico . Na^H'^P^O" 55,5 0.087 0.0015 5 ortofosfato bisodico Na2HPO*+-12H20 119,3 2,060 0.0173 6 carbonato sodico Na^COs 53.0 0.585 0.0110 7 carbonato acido di sodio NaHCO^ 84,0 2,700 0,0321 8 NaC"H3302 304,0 9 ossalato sodico .... Na^C-O^ 67,0 0,100 0,0015 10 citrato trisodico. . . . Na=^C«HH)-^5i/,H20 119.0 0,530 0,0044 Da ciò vediamo che la tossicità è per questi sali molto varia: — grande — fluoruro, ossalato, metafosfato, citrato: — discreta — fosfato, carbonato: — piccola — bicarbonato, solfato: e mentre al primo gruppo appartengono tutti quei sali che sono considerati come reattivi piìi sensibili del calcio, al secondo appartengono quelli che sono considerati soltanto come reattivi discreti del calcio, ed al terzo quelli che manifestamente sono reattivi assai poco sensibili del jone-calcio. E la relazione che passa fra tossicità e decalcificazione è poi per tutti così stretta, come chiaramente risulta dal confronto diretto delle cifre nella tabella alla pagina seguente, nella quale, accanto ai dati della solubilità dei sali di calcio e della tossicità dei corrispondenti sali di sodio, ho aggiunto quelli relativi all'attività anticoagulante, che pure dipende dalla decalcifi- cazione, riportandoli dalla IP parte delle presenti ricerche. Queste tre serie di dati con ogni cura raccolti, e però esatti per quanto ricerche biologiche di questo genere lo permettono, non lasciano dubbio alcuno circa la rela- zione strettissima che passa fra potere decalcificante, anticoagulante e tossico dei sali ora studiati, e si può dire con tutta sicurezza che il carattere di dare un sale calcico poco solubile è accompagnato sempre da una corrispondente azione anticoa- gulante e tossica degli anioni. Questa relazione causale fra azione decalcificante ed azione anticoagulante e tos- sica, che per alcuni sali soltanto era sicuramente dimostrata, non pareva si potesse prima d'ora generalizzare a tutti i reattivi decalcificanti, perchè alcuni di essi sono 67 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO in j,M-.-eqiuvuii'ntr N. Sali di sodio solubilità del sale calcico — quantità minima anticoagulante dose letale minima per corrispondente per litro di soluz. per litro di sangue. chilo corporeo di coniglio (1- h ,ì q noni 1 1 AHI Q O U , U v' «7 O ft no 1 7 A 01 no v',UUiO 10 citrato — 0,0200 0,0044 8 oleato 0,0246 1 0,0004 0,0357 0,0062 6 carbonato bisodico . . . 0,0002 0,0660 0.0110 5 fosfato bisodico .... 0,0015 0,2251 0,0173 7 carbonato monosodico 0,0176 0,4714 0,0321 2 solfato 0,0300 0,6000 0,0644 poco sensibili come precipitanti del calcio, e perchè varie considerazioni chimiche potevano far ci'edere che la tossicità di alcuni di questi sali dipendesse da altre cause, che non sia la decalcificazione. Cosi ad esempio per il bicarbonato, e più ancora per il solfato era lecito dubitare che nel determinismo dei fenomeni tossici concorresse una tossicità fisica in rapporto alla quantità forte di sale che conviene iniettare per produrre la morte, molto piìi che anche il cloruro sodico ad alte dosi, iniettato nelle vene, dà fenomeni generali di eccitazione (1). tremiti muscolari, crampi, convulsioni, ed iniettato nelle arterie verso i centri nervosi dà ancora fenomeni convulsivi (2), i quali si ottengono pure per applicazione diretta sulla corteccia (3) di soluzioni con- centrate di cloi'uro sodico. Se però si ricorda che nel coniglio e per via endovenosa (1) Mììntzer e., Zttr Lehre voti der Wirknng der Salze, 7 Mittheilung, Die Allgemeinivirkiing der Sulze, " Arch. fur exp. Pathol. u. Pharm. Bd. 41 (1898), S. 74-96, descrive le seguenti esperienze: 16 ott. 1894. — Coniglio di gr. 1400; ricevette in più riprese, in 47', cm' 28 di soluzione di cloruro sodico al 10 corrispondenti a gr. 2 per chilo corporeo; presentò dapprima tremori agli arti anteriori e posteriori, in ultimo convulsioni generali. 13 die. 1894. — Coniglio di gr. 2800; ricevette in 91' cm' 101 di soluzione al 10 "/o t^i NaCl, corrispondenti a gr. 3,6 per chilo; presentò dapprima tremiti delle estremità, poi convulsioni cloniche ed in ultimo morì. Già BonxE, d'accordo con Riciiet e Blume.ntiiai,, notava che per azione del cloruro sodico si hanno convulsioni e tetano; Mììntzer poi aggiungeva che questa non è un'azione specifica del cloniro sodico» ma comune agli altri sali. Convulsioni generali nei conigli per grosse dosi di cloruro sodico, le osservava pure Si'iro [Ueber Diurese, Zwciter Theil, Die Wirknng artificieller Bìuteindickung aiif Harnabsonderiing und Lymphorrhue. Etti Beitrag zur Pharmahologie colloider Subsinmen, " Arch. fiir exp. Path. und Pharm. Bd. 41 (1898), S. 148-157) ed anche Bosc e Yedki. {Recherche