6ou«d at
A.M.N.H.
1916
i
MEMORIE
DELLA
REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE
DI TORINO
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MEMORIE '
DELLA
REALE ACCADEMIA
DELLE SCIENZE
DI TORINO
SERIE SECONDA
Tomo LIV
TORINO
CARLO C L A U S E N
Libraio della R. Accaiiemia delle Scienze
1904
Vincenzo Bona, Tipografo di S. M. e Reali Principi
e della Reale Accademia delle Scienze.
SCIENZE
FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI
INDICE
CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE
E NATURALI
Sulle corrispoìideìne fra i ininti di ima curva algebrica e sopra certe classi di
superficie. Memoria di Fkancksco Severi ..... Fa(/. 1
Sulle vibrazioni di una membrana che si possono far dipendere da due soli
parametri. Memoria di Giulio Bisconcini . . . „ 51
Bicerche intorno alla Talpa romana Oldfield Thomas e ad altre forme di talpe
europee. Memoria del Socio Lore\zo Camerano . . . . „ 81
Sul terzo massimo invernale nell'andamento diurno del barometro. Memox'ia del
Dott. Efisio Ferrerò . . . . . . „ 129
Sulla incidenza di rette, piani e spazii ordinarii in tino spazio a cinque dimen-
sioni e su alcune corrispondenze birazionali fra piani e spazii ordinarii.
Memoria di Umberto Perazzo ........ 149
Bicerche intorno alla variazione del " Bufo viridis „ Laur., del " Bufo mauri-
tanicus „ Schlegel e del " Bufo regularis „ Beuss. Memoria del Socio
Lorenzo Camerano . . . . . . . . . .183
Fondamenti della metrica projettiva. Memoria di Beppo Levi . . . ,,281
Le lettere di Ulisse Aldrovandi a Francesco I e Ferdinando I Granduchi di
Toscana e a Francesco Maria II Duca di Urbino, tratte dall'Archivio
di Stato di Firenze, illustrate dal Socio Oreste Mattirolo . 355
Su la struttura degli atomi materiali. Memoria di Antonio Garbasso . „ 403
Osservazioni ed esperienze sul ricupero e sul restauro dei codici danneggiati dal-
l'incendio della Biblioteca Nazionale di Torino. Memoria I del Socio
Icilio Guareschi ............ 423
Funzione biologica del calcio; Parte III: Azione comparata dei reattivi decalci-
ficanti. Ricerche sperimentali del Prof. Luigi Sabbatani . ,. 459
SULLE CORRISPONDENZE
FRA I
PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA
E SOPRA
CERTE CLASSI DI SUPERFICIE
MEMORIA
DI
FRANCESCO SEVERI
A BOLOGNA
Approvata nell'adunanza del 24 Maggio 1903.
Questo lavoro si divide in due parti: nella prima ricostruisco geometricamente
la teoria delle corrispondenze fra i punti di una curva algebrica, nella seconda ne
faccio applicazione allo studio delle superficie che rappresentano le coppie di punti
di due curve o di una sola curva.
Avanti di presentare le linee generali della prima parte di questa Memoria,
credo utile esporre alcuni cenni storici e bibliografici intorno allo sviluppo della teoria
delle corrispondenze sopra una curva.
Questa teoria nacque col principio di corrispondenza sopra una retta formulato
esplicitamente da Chasles nel 1864 (*). Due anni dopo lo Chasles medesimo faceva
applicazioni del principio alle curve razionali (**) e il Cayley enunciava un principio
di corrispondenza sopra una curva di genere qualsiasi, dimostrandolo soltanto in un
caso particolare (***). Successivamente egli applicava questo principio alla risoluzione
di alcune questioni numerative, ed anzi profittando di una formola più generale, cal-
colava il numero dei punti uniti di corrispondenze alle quali non si poteva applicare
il principio nella sua forma originaria {'^).
La prima dimostrazione completa del principio di Cayley fu data da Brill {'^),
(•) " Comptes rendus t. 58 (1864), p. 1175. A proposito di questo principio ved. la Nota storica
di Segre nella ' Bibliotheca mathematica t. 6 (1892), p. 33.
(") " Comptes rendus t. 62, p. 584 (1866).
("•) " Comptes rendus t. 62, p. 586 (1866) e " Proceedings of the London Math. Soc. 1. 1 (1866).
( + ) " Phil. Trans. t. 158 (1868), p. 149. Per questa formola ved. il n" 10 della presente Memoria.
i'^) ' Math. Annalen Bd. 6, p. 33 (1873). Ved. anche gli altri lavori del Brill sullo stesso
argomento, nei " Math. Annalen „ Bd. 7, p. 607 (1874) ; " Math. Annalen Bd. 31, p. 374 (1888).
Serik II. Tom. LIV. A
2
FRANCESCO SEVERI
il quale pervenne algebricamente al numero delle coincidenze di una corrispondenza
rappresentata da una sola equazione (*).
Per questa classe di corrispondenze il Brill introdusse la valenza (positiva), che
insieme agli indici figura nella espressione del numero dei punti uniti, e ne precisò
il significato algebrico.
Altre dimostrazioni algebrico-geometriche furono date da Junker (**) e da
BoBEK (***), una dimostrazione col metodo iperspaziale da Segre ("*"), una dimostrazione
numerativa da Schubert (''""'") e un'altra dimostrazione numerativa da Zeuthen {^),
che si occupò piìi specialmente dei modi di valutare le molteplicità delle coincidenze,
di uno dei quali aveva già trattato in un lavoro anteriore ('''').
Noterò infine la dimostrazione data da Lindemann con l'aiuto degl' integrali
abeliani C"*"*"*"^) e quella che si legge sulle Legons sur la Géometrie di Clebsch-
Lindemann (■*~'"^"^).
Ma una Memoria, cronologicamente anteriore a qualcuna di quelle già citate, e
che portò un nuovo contributo essenziale allo svolgimento della teoria in discorso,
è quella, ormai classica, di Hurwitz (''''''').
In questo lavoro l'Autore, assurgendo dal problema di calcolare il numero dei
punti uniti di una corrispondenza, ad un problema assai piìi elevato, si propone di
determinare tutte le corrispondenze esistenti sopra una curva^ e di studiare le loro
proprietà intrinseche.
Dopo aver dato la rappresentazione di una corrispondenza algebrica col mezzo
degli integrali abeliani, dimostra che sulle curve a moduli generali si presentano
soltanto corrispondenze a vahìiza positiva o negativa, ciascuna delle quali si può defi-
nire mediante gli zeri e i poli di una determinata funzione razionale di due punti
della curva; e dà la formola di corrispondenza ad esse relativa.
Passando alle corrispondenze sopra una curva a moduli qualunque, stabilisce
anzitutto che quando i moduli soddisfano a particolari relazioni, esistono sulla curva
corrispondenze prive di valenza {singolari) ; e mostra come ogni corrispondenza si
possa rappresentare uguagliando a zero una funzione di due punti della curva, for-
mata mediante le trascendenti 0. Infine prova che l'equazione di una corrispondenza
fra i punti di una curva qualunque, si può comporre (per moltiplicazione) da quelle
(*) Ricordiamo qui che una corrispondenza qualunque fra i punti di una curva si può sempre
rappresentare con due equazioni.
(**) Inaugural-Dissei-tation, Tubingen (1889).
(*"*) " Sitzungsberichte der Wiener Akademie t. 93, p. 899.
("^) ] ntroduzione alla geometria sopra un ente algebrico semplicemente infinito, " Annali di Mat. „,
(2), t. 22, § 12 (1894).
(++) Kalkill der dbzahlenden Geometrie, § 18. Leipzig (1879).
(+-H-) Nouvelle démonstration du principe de correspondance de Cayley et Brill, ecc. " Math. Annaien
Bd. 40, p. 99 (1892). In questa Memoria si trovano molte delle indicazioni storiche che vado esponendo.
(++++) « Bulletiu de Darboux „, t. 5, p. 186 (1873).
(-H-t+f) « Creile t. 84, p. 301 (1878) (Lettre adressée à M. Hermite).
(-H-++++) Trad. par Benoist, t. II, p. 146; Paris, Gauthier-Villars (1880). Il punto essenziale della
dimostrazione è ivi sostituito da considerazioni intuitive di limite.
(''''•'') Ueber algehraische Correspondenzen itnd das verallgemeinerte Correspondenzprincip. " Math.
Annaien „, Bd. 28, p. 561 (1886). Ved. anche l'altra Memoria Ueber diejenigen algebraischen Gebilde,
welche eindeutige Transfer mationen in sich zulassen. " Math. Annaien Bd. 31, p. 290 (1888).
SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC.
3
di un numero finito di altre corrispondenze convenientemente scelte; e da ciò trae
il principio generale di corrispondenza (*).
Allorquando mi proposi lo studio delle corrispondenze sopra una curva, più che
della determinazione del numero delle coincidenze, mi preoccupavo di cercare il con-
tenuto geometrico del principio di corrispondenza, caratterizzando la funzione razio-
nale (serie lineare) individuata dal gruppo dei punti uniti.
Pensavo invero che ciò sarebbe stato assai utile nelle questioni in cui l'alge-
bricità entra non solo per ciò che concerne il numero delle soluzioni comuni a più
equazioni, ma anche per le loro proprietà intrinseche.
Poiché la i-appresentazione delle corrispondenze mediante le serie 0, permette
di stabilire tutte le loro proprietà funzionali, io avrei potuto limitarmi ad una inter-
pretazione geometrica di queste proprietà. Tuttavia mi è parso utile di ricostruire
dagli inizii la teoria, prendendo le mosse dalle cori-ispondenze a valenza.
Darò qui un cenno della via seguita in questo studio. Dopo aver definito una
corrispondenza a valenza positiva t, come quella che gode della proprietà che i
punti ìf omologhi di un punto variabile x, insieme a questo contato t volte, formano
un gruppo variabile in una serie lineare; e dopo aver caratterizzato geometricamente
il gruppo dei punti uniti in una corrispondenza a valenza zero (n° 6), operando per
somma e prodotto (n° 2) sulle corrispondenze a valenza zero e sulle involuzioni lineari,
per le quali è nota la maniera di comporre il gruppo dei punti uniti (**), pervengo
in un modo semplicissimo al teorema:
Il gruppo dei punti uniti in una corrispondenza a valenza f, appaigliene alla serie
lineare somma di t gruppi canonici, e delle serie che contengono il punto x contato
T volte ed i suoi omologhi, nella corrispondenza diretta e nell'inversa (n° 8).
Qui mi son limitato alle corrispondenze a valenza positiva; ma avverto subito
che le medesime cose si posson ripetere con le stesse parole per quelle a valenza
negativa, dopo aver precisato in ogni caso con opportune convenzioni (n° 3), in che
consista l'operazione di sottrarre un punto.
Se una corrispondenza è a valenza, questa sua proprietà si può interpretare
come una speciale relazione di dipendenza fra essa e la corrispondenza identica. Par-
tendomi da questo concetto, al n° 9 estendo la nozione di valenza, introducendo
quella di corrispondenze fra loro dipendenti, e trovo quindi per via geometrica la
relazione funzionale fra i gruppi dei loro punti uniti (n° 10). La traduzione aritme-
tica di questa relazione dà luogo al principio generale di corrispondenza.
Ciò dipende dal fatto che sopra ogni curva vi è un numero finito di corrispon-
(') Per un'esposizione dei principali resultati contenuti nella Memoria di Hui-witz, ved. Klein-
Fricke, Vorlesungen iiber die Theorie der elliptischen Modid-Functionen, Bd. 2, p. 518; Leipzig (1892),
ove trovasi anche uno studio delle corrispondenze modulari; e Baker, Ahel's theorem and the allied
theory, ecc., png. 639; Cambridge (1897).
Le corrispondenze a valenza negativa son pure considerate nella Memoria citata di Zeuthek,
il quale definisce la valenza mediante la formola che dà il numero dei punti uniti. Questa defini-
zione è legittima solo per le corrispondenze sopra le curve a moduli generali, allo studio delle
quali si limita l'Autore.
(**) Il gruppo dei punti doppi di una g\ è notoriamente equivalente ad un gruppo canonico
aumentato di un gruppo della serie 2gn .
4
FRANCESCO SEVERI
denze indipendenti, cosicché fissatene alcune, tutte le altre risultano dipendenti da
quelle. In particolare sopra le curve a moduli generali, tutte le corrispondenze sono
dipendenti dall'identità.
Giacché l'esistenza di un numero finito di corrispondenze indipendenti è una
proprietà di natura cosi profonda, che sembra assai arduo dimostrarla senza far uso
di strumenti trascendenti, al n° 11 riallaccio il concetto di dipendenza fra corrispon-
denze, con le considerazioni svolte da Hurwitz al § 13 della sua Memoria, e cosi
ottengo la dimostrazione della proprietà stessa.
Nella seconda parte del lavoro mi occupo delle curve tracciate sopra una super-
ficie F con due fasci unisecantisi (superficie delle coppie di punti di due curve C, C),
e sopra una superficie con un sistema algebrico coi I, d'indice 2 e grado 1 (super-
ficie delle coppie — non ordinate — dei punti di una curva C).
Si presenta spontaneo il legame fra la teoria delle curve appartenenti a queste
superficie e la teoria delle corrispondenze, perché ogni curva di F rappresenta le
coppie dei punti omologhi in una determinata corrispondenza fra C, C ; ed ogni curva
di rappresenta le coppie dei punti omologhi in una corrispondenza simmetrica
sopra la curva C.
Profittando del fatto che sopra una curva c'è un numero finito di corrispondenze
indipendenti, si perviene a dimostrare che sulla superfìcie F ogni curva si ottiene con
le operazioni di somma e sottrazione, a partire da un numero finito di curve {base) e
da quelle dei due fasci unisecantisi.
Analogamente sulla
una corrispondenza non può
avere due diverse valenze.
(*) L'identità di questa definizione con quella trascendente di Hdrwitz, risulta subito dal teo-
reìna di Abel. Ved. ad es. Scorza, Sopra le corrispondenze (p, p) esistenti sulle curve di genere p a
moduli generali (Atti della R. Acc. di Torino t. 35, 1900); n° 1.
SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC.
9
5. Operazioni sulle corrispondenze a valenza. — Dimostriamo che:
La somma di due corrispondenze a valenze Ti, T2, ha la valenza Ti + T2-
Sieno 2\ le due corrispondenze, Fi , F/ i gruppi di punti omologhi di a, a'
nella 1\, Y^, Y2 i gruppi degli omologhi di a, a' nella Tg- In base alla definizione,
avremo :
Fi 4-Tia= iV + Tia'
Fa + T2« = F2' -|-T2«',
donde sommando si trae:
(Fi + F2) + (Ti + T2)a = (F/ + F2') + (Ti + T2)«' C. d. d.
Il prodotto di due corrispondenze a valenze Ti, T2, ^« valenza — Ti T2-
Continuando ad usare le notazioni di prima diciamo ... i punti del gruppo
Yi, y' i...yiì' quelli di Fi', e F»., F'j, i gruppi degli omologhi di «/,, nella T'a-
verrà allora:
Fii-Ti«= Fi' + Ti«'
F3. + T2y.^ F'2. + T2//.' (j=l,...,P).
Da queste si traggono le relazioni:
T2 Fi + Ti T2« = T2 Fi' + Ti T2a'
If,. + T2 Fi^lF'e.. + T2Fi'.
t=i 1=1
Sottraendo la l'' dalla 2'', avremo, come si voleva:
^ Fj, — Ti T2 a = 2: F'2, — Ti T2
6. Determinazione del gruppo dei punti uniti nelle corrispondenze a valenza zero. —
Sia T una corrispondenza a valenza zero: variando a su C il gruppo F dei P punti y
omologhi di a, varia in tal caso in una serie lineare d'ordine 3.
Supponiamo che la curva C, dotata soltanto di nodi, sia piana e che la serie
lineare completa (/^ che contiene i gruppi F, sia segata da un sistema lineare Z di
curve 9 (0) corrispondenze elementari, si ottiene una corri-
spondenza a valenza Y; e facendo il prodotto di una tal corrispondenza con una cor-
rispondenza elementare, si ha una corrispondenza a valenza — T (n° 5). Infine se si
fa la somma di una corrispondenza a valenza t con una a valenza — t, si ottiene
una corrispondenza a valenza zero. Dunque:
Sopra ogni curva esistono corrispondenze a valenza arbitraria (positiva, negativa
mdla).
Dimostriamo inoltre che:
Se una corrispondenza ha valenza, la sua inversa ha la stessa valenza.
E evidente anzitutto che l'inversa della corrispondenza S, somma di A;(> 0)
corrispondenze elementari, ha la valenza k, e che la inversa del prodotto di S per
una corrispondenza elementare ha la valenza — k (ved. le (1)). Ciò posto sia T una
qualunque corrispondenza a valenza t (positiva o negativa) e sieno X, X' i gruppi
degli omologhi di a, a' nella
Componiamo per mezzo di corrispondenze elementari, una corrispondenza a
valenza — t, e diciamo Xj, i gruppi degli omologhi di a, a' nella Tf^ Poiché
la somma T ■■\- Tj ha la valenza zero, anche la corrispondenza {T-\- Tj)'^=Tr^-\-
avrà la valenza nulla (n° 6), e quindi accanto alla:
Xi — T« = X/ — T«',
SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC.
11
sussisterà la relazione:
Sottraendo dalla 2» la 1», viene:
X-\-fa = X' -\--^a' c. d. d.
8. Determinazione del gruppo dei punti uniti in una corrispondenza a valenza
qualsiasi. — Numero delle coincidenze. — Torniamo per un momento ad una corri-
spondenza elementare T, che si sia ottenuta partendo da una gl, e diciamo Y il
gruppo degli n — 1 punti omologhi di a nella T, e X il gruppo degli omologhi di
a nella T~\ Siccome T— T~' il gruppo X coinciderà con Y.
Il gruppo r dei punti uniti di T non è che il gruppo jacobiano della gl,, e come
si sa questo gruppo è equivalente ad un gruppo canonico aumentato di un gruppo
della serie 2g„. Perciò dicendo K un gruppo canonico di C, avremo la relazione:
X-\- Y-i-2a + K.
Servendoci di questa, dimostriamo più in generale che:
Avendosi fra i punii di una curva una corrispondenza T a valenza y {positiva,
negativa o nulla), il gruppo U dei punti uniti è equivalente alla somma dei gruppi Y, X,
che contengono gli omologhi di a nella T e nella T~\ di t gruppi canonici e di 2f volte
il punto a; ossia in simboli:
(4) t^=X+ y+TÌ^+2Ta,
ove K rappresenta un gruppo canonico.
Interpretando numericamente la relazione geometrica data da questo teorema
si ha:
» = a4-p + T(2j9 — 2) + 2t,
ove u è il numero dei punti uniti, a, [3 son gli indici di T, q p e \\ genere della
curva. Si può dunque dire :
Il mimerò dei punti uniti nella corrispondenza T d'indici a, di valenza t, data
fra i punti di una curva di genere p, è espresso dalla formola:
(5) a + p + 2T;>.
Dimostriamo prima la (4) per una corrispondenza S somma di h{> 0) corrispon-
denze elementari Ti ... T^.
Indicando con Fj Y2 ... Yf, i gruppi degli omologhi di a nelle corrispondenze
Ti ... Ti,, e con Xi X2 ... X,^ i gruppi degli omologhi di a nelle inverse, si vede che
la S fa corrispondere al punto a il gruppo Yo = Fi -|- ... -j- Y^, e la 5"' fa corri-
spondere ad a il gruppo Xq = Xi -\- ... -\- X,,. Inoltre il gruppo V dei punti uniti
di S sarà la somma dei gruppi Ui ... dei punti uniti di ... T^.
12
FRANCESCO SEVERI
Dalle relazioni:
sommando si trae:
F= Xo+ Yo-{-hK-\-2ha,
la quale dimostra il teorema per la corrispondenza S.
Sia ora T una qualunque corrispondenza a valenza negativa f, riferendoci alla
quale conserviamo le notazioni dell'enunciato. Indicando con h il valore assoluto di y,
si costruisca come sopra una corrispondenza S somma di h corrispondenze elementari.
La somma delle due corrispondenze S, T, che è a valenza nulla, fa corrispon-
dere ad a il gruppo Y -\- Y^, mentre la sua inversa fa corrispondere ad a il gruppo
X-\- Xq-, e inoltre la T ha per gruppo dei punti uniti il gruppo U -\- V. Dunque
avremo (n° 6):
f7+F = (x-f-Xo) + (r+ro).
Sottraendo da questa la relazione precedentemente ottenuta, viene: . '
U=X-\- r+T^ + 2Ta.
Così è dimostrata la proposizione per tutte le corrispondenze a valenza negativa.
Avendosi ora una corrispondenza T a valenza positiva t, si costruisca una cor-
rispondenza T' a valenza negativa — y (il che è sempre possibile) e si dicano Y', X'
i gruppi degli omologhi di a nella T' e nella T'~^ rispettivamente, e U' il gruppo
dei punti uniti di T'. Conservando ancora per la Tle notazioni dell'enunciato, poiché
la somma T -\- T' è a valenza nulla, avremo:
U+U'^{X+X') + {Y+Y'),
ed essendo T' a valenza negativa, per quanto abbiamo prima dimostrato, sarà:
U' = X' ^Y' — -iK—^-^a.
Da questa e dalla precedente per sottrazione si trae:
U= X-\- r+TÌ^+2Ta,
la quale dimostra il teorema per tutte le corrispondenze a valenza positiva.
Osservazione. — Dal principio di corrispondenza già enunciato, tenendo conto
della 2* proposizione del n° 5, segue facilmente che:
Il numero dei punti uniti della corrisjmidenza prodotto delle corrispondenze
{P-i Pi Ti) ••• (Ofc Pfc Tfc); ove a, p, y denotano rispettivamente gli indici e le valenze, positive
negative, delle corrispondenze considerate, è dato da:
ai 02 ... a, + Pi ... + (- If^' . 2ti ... T.p.
SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC.
13
§ 3. — Sulla determinazione
di tutte le corrispondenze esistenti sopra una curva qualsiasi.
9. Estensione del concetto di valenza. — Sia una corrispondenza a valenza Ti
sulla curva C, e sieno Fi, F/ i gruppi degli omologhi di a, a' nella Ti. Allora si ha:
Fi+Tia= F/ + Ti«',
la quale ci mostra che al variare di a, il gruppo do' suoi omologhi nella corrispon-
denza jTi , aumentato di Ti volte l'omologo di a nella corrispondenza identica /, varia
in una serie lineare (*). Ciò si esprimerà dicendo che le corrispondenze Ti ed / sono
dipendenti secondo i numeri (1, Ti).
Sia T, un'altra corrispondenza a valenza T2- Avremo similmente:
Fa + T2« = Fa' + f^a',
la quale combinata colla precedente dà:
T2Fi-TiF2^T2F/-TiF/.
Dunque al variare di a il gruppo de' suoi omologhi nella T^ , contato T2 volte,
aumentato di — Ti volte il gruppo de' suoi omologhi nella T2, varia in una serie
lineare. Perciò diremo che le corrispondenze T^, T2 son dipendenti secondo i nu-
meri (T2, — Ti).
Si presenta ora spontaneamente l'idea che il concetto di dipendenza si possa
stabilire anche fra più di due corrispondenze, prescindendo dall'ipotesi che le cor-
rispondenze stesse siano dotate di valenza.
E noi infatti diremo che le corrispondenze T^, T,; date sopra una curva C sono
DIPENDENTI, quando esistono k interi ... {positivi negativi) non tutti nidli, tali che
indicando con Y, il gruppo degli omologhi di un punto qualunque a nella T,, al variare
di a il gruppo {virtuale) Xj -j- ... -|- X^ Y^ varii in una serie lineare.
In altri termini se F/ è il gruppo degli omologhi del punto a' nella Ti, la con-
dizione di dipendenza è espressa dalla relazione:
(6) Xi F, + ... + X, F, = Xi Y,' + ... + X, F;.
Nel caso che una tal relazione non sia possibile se non quando le X son tutte
nulle, le k corrispondenze si diranno indipendenti.
Quando piìi corrispondenze sono fra loro dipendenti, talora diremo che una qua-
lunque di esse è dipendente dalle rimanenti. Allorché poi occorra tener presenti gli
interi pei quali la (6) è soddisfatta, diremo pure che le corrispondenze T^ ... T^ son
dipendenti secondo (Xj ... l^).
(•) A proposito di questa locuzione cfr. il n° 3.
14
FRANCESCO SEVERI
È evidente che se ... son dipendenti secondo (Xi ... X^) lo sono anche se-
condo (|uXi ... |LiX(,). ove jn è un intero positivo o negativo, arbitrario.
Le due osservazioni fatte al principio di questo numero si possono ora enunciare
nel modo seguente :
Ogni corrispondenza a valenza dipende dall'identità.
Due corrispondenze a valenza son sempre dipendenti.
Estendendo una proposizione del n" 7 dimostriamo che:
Se le corrispondenze ... son dipendenti secondo (X^ ... X^), anche le loro inverse
son dipendenti secondo gli stessi numeri.
Limitiamoci per brevità al caso A- = 2, e supponiamo che X2, ad esempio, sia
negativo (= — Xj') e X^ positivo. Fissiamo una serie g'„, convenientemente ampia,
in modo che vi sia un solo suo gruppo passante per ogni gruppo F2 costituito dagli
omologhi di a nella T2 (si fissino, p. es., p punti generici della curva di genere p,
e si consideri la serie, non speciale, individuata da quei p punti insieme ad un par-
ticolare gruppo F2). Chiamando F3 quel gruppo che insieme ad un dato costi-
tuisce un gruppo della gl, fissata, e conservando pel resto le solite notazioni, avremo
che la relazione :
Xj Fi -|- X2 F2 = Xi Yi -\- Xg F2'
equivale alla:
(7) KY,^\,'Y,^KY,' -^h'Y,'.
Se si chiamano omologhi del punto variabile a i punti del gruppo F3 ad esso
relativo, otterremo una corrispondenza algebrica S, tale che :
F2 + F3 - F2' + F3'.
Da ciò deriva che se la inversa di S fa corrispondere ad a il gruppo X3, e
ad a' il gruppo X^', sarà similmente (n° 6) :
(8) X2 + X3= Xa' + Xa',
ove X2 (0 Xo') è il gruppo degli omologhi di a (0 a') nella 2^'.
La corrispondenza Xj Ti -\- Xg' S, che si ottiene chiamando omologhi di a i punti
del gruppo F^ contati ciascuno X^ volte, e quelli di F3 contati Xg' volte, in virtù
della (7) risulta a valenza zero, sicché anche la sua inversa, clie fa corrispondere
ad a il gruppo X^Xi -\- X^Sf sarà a valenza zero. Quindi avremo:
\iXi -|- Xg'Xa = Xi .Y/ ~\- \.2 X^' ,
ove Xi (0 Xi') è il gruppo degli omologhi di « (0 a') nella Tf\
Moltiplicando per Xg' i due membri della (8), e sottraendola poi dall'ultima re-
lazione, verrà:
Xj Xi — X2' X2 = Xi Xi' — X2' X2',
ossia :
Xi Xi + X2X2 = K X/ + X, X2' c. d. d.
SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC.
15
Osservazione. — Questo ragionamento non servirebbe più nel caso che una delle
corrispondenze fosse l'identità, come accadeva al n° 7. Si può però osservare che
anche in tal caso la proposizione rimane valida, come si vedo appunto profittando
del n'' 7.
10. Relazione geometrica fra i (/ruppi dei punti uniti di piìi corrispondenze dipen-
denti. — Forinola di corrispondenza relativa.
Dimostriamo che:
Se nelle corrispondenze Tj ... dipendenti secondo al punto di. rispondono
i gruppi di punti ... Y^, mentre nelle corrispondenze inverse al punto stesso rispon-
dono i gruppi Xj ... Xi, indicando con Ui ... Ui i gruppi dei punti uniti nelle Ti ... T^,
si ha:
(9) K Ih + h U-2 + - \ Ih ^ Al (Xi + Y,) + ... + X, (A',+ r,).
Per semplicità svilupperemo la dimostrazione nel caso k=2\ si vedrà subito
come si estenda al caso generale.
Supponiamo, come dianzi, che Xi sia positivo e Xg negativo (= — Xj'), e usiamo
le stesse notazioni del numero precedente. Costruiscasi, come allora, la corrispon-
denza S tale che :
-\- = Y^' -\- F3',
e ricordiamo che la corrispondenza \iTi-\^ X^' S, che nasce dal chiamare omologhi
di a i punti del gruppo Xj + Xg'Fj, è a valenza zero. I punti uniti di questa cor-
rispondenza cadono nei punti del gruppo U^, che sono uniti nella T^, e nei punti
del gruppo V costituito dai punti uniti di S. Giacche in ogni punto del gruppo Y■^
omologo di a nella Ty, cadono Xj punti omologhi di a nella corrispondenza Xj Ti-t-Xa'S,
un punto unito di equivarrà a \ coincidenze della corrispondenza Xi Tj -|- X,' S.
Similmente ogni punto del gruppo conterà X2' volte fra i punti uniti di X^ -|- Xj'/S.
Dunque le coincidenze di quest'ultima costituiscono il gruppo X^ -j- Xo' V, e perciò
se chiamiamo il gruppo degli omologhi di a nella S~\ in virtù del risultato del
\\° 6, avremo:
, K l\ -f X2' F = K {X, + Fi) + (X3 H- Y,).
Dalla considerazione della corrispondenza -\- S, pure a valenza zero, simil-
mente si trae:
U,^V^iX, + Y,) + {X,-\-Y,).
Moltiplicando questa per Xj' e sottraendola dopo ciò dalla precedente, viene:
Xi U, + X2 fJ^ = Xi (Xi-f Fi) + X, {X,4- Fa) c. d. d.
Interpretando numericamente la relazione geometrica ottenuta, si ha una for-
mola di corrispondenza molto importante.
Se diciamo «, il numero dei punti di U,, a, il numex'o dei punti di X,, P, il nu-
mero dei punti di F,, avremo:
K «1 + ... + X, = Xi (oi -j- Pi) -r ... + X, (a, + pk).
16
FRANCESCO SEVERI
Dunque :
Se sopra una curva si hanno k corrispondenze di indici Oi Pi,...,afcpfc dipendenti
secondo i numeri Xi ... X^, positivi o negativi, le quali sieno dotate di Ui ... u^ punti uniti,
ha luogo la relazione:
(10) Xi Mi + ... + X, u, = h («1 + Pi) + ... + X. (a. + P.).
La nota formola di Cayley (*), che è così utile nella risoluzione del problema
dei contatti, si ottiene come caso particolare di questa relazione supponendo tutte
le X positive.
11. Esistenza di un massimo pel numero delle corrispondenze indipendenti solerà
una curva. — Base del sistema di tutte le corrispondenze. — Data una curva C, è
possibile scegliere su essa un numero finito di corrispondenze indipendenti, in guisa
che ogni altra corrispondenza risulti dipendente da quelle?
Per rispondere a questa domanda dovremo far uso dello strumento trascendente,
di cui finora non profittammo.
Cominceremo perciò dal richiamare la rappresentazione delle corrispondenze
algebriche con integrali abeliani, dovuta al sig. Hurwitz.
Se dato il punto a si chiamano iji ...y.ì i punti omologhi ad esso in una cor-
rispondenza algebrica T, data sopra la curva C, variando a si vede che la somma
dei valori di un integrale di 1* specie ai punti yi ... i/b, gode delle proprietà carat-
teristiche di un integrale di l-'^ specie al punto a. Sicché dicendo «j ... Up i p inte-
grali normali di l-"* specie annessi a C, hanno luogo le relazioni:
(11) I (,) = Z TT,, Ui (a) + TT, {k = l,...,p)
r=l 1=1
ove le TT sono indipendenti dalla posizione di a.
La tabella dei periodi degli integrali Ui ... Up sia:
1 ... Tu Ti2 . . . Tip
1 ... T21 T22 . . . T2p
(T.fc = T,.)
1 T^i Tpp
Facendo descrivere ad a cammini chiusi convenienti a partire da una posizione
iniziale e uguagliando le variazioni dei due membri delle (11), si ottengono le
relazioni :
'"ki = hi -f - ^ì^.iTfc,
^ ik,l = l, ...,p),
ZTT„,T,ì = H^i -f Z(?,iT;.,
«=l i=\
(*) " Transactions of the Royal Society t. 158, p. 149 (1868). Vedasi anche Segre, Introdu-
zione, n" 49.
SULLE COKRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 17
ove le h, g, H, G son numeri interi (*). Si prova che per ogni soluzione del sistema (12)
si ha una corrispondenza algebrica sulla C (Hurwitz, § 11).
Ciò posto sieno:
(13) \ ^ ' ' ^ (6=1, M)
\^ 1=1 t=l
M soluzioni diverse del sistema (12). Si dice che queste \x soluzioni son dipendenti
quando le equazioni:
(14) l\,-nti = ^ {k,l=ì,...,p)
£=l
son possibili per valori non tutti nulli degli interi ...X/<; nel caso contrario si dice
che le soluzioni sono indipendenti (Hurwitz, § 13).
Vediamo come a questo concetto analitico faccia riscontro il concetto geome-
trico da noi introdotto della dipendenza fra corrispondenze. Dalle (13) si otterranno
certe n corrispondenze Ti ... T,i e se al punto a corrisponde nella Te il gruppo Ye
costituito dai punti i/f-.y^, avremo:
My^ì + Myì) + - + Myl) = ^^iMc^) + (e = i, -, m)-
Moltiplicando per Xg e facendo la somma da 1 a m, verrà:
K\ukM + ...] + ... + >^y.[uM) + ...] = I«.(a)I\eTT^; + P.,
i €
ove Pk denota una costante.
Se i sistemi (13) son dipendenti, ossia se le (14) son soddisfatte per valori non
tutti nulli delle X, sarà:
K K M + ...] -f ... + \u [ih (y.O + ...] =^ P. {k = 1, ...,p).
Se al punto a' corrisponde nella T^: il gruppo Y'g costituito dai punti ... 2:^,
avremo dunque:
X, 1». (///) + ...1 + ... + Kc {u, + ...] = K bh {z,') + ...] + ... + X. [», (zlf) + ...].
Questa relazione in virtìi del teorema di Abel, equivale alla:
X, + ... + X,, = X, F/ + ... + X,, ,
la quale esprime appunto la dipendenza delle corrispondenze T^ ... 2)^ nel senso de-
finito al n" 9.
Viceversa dalla dipendenza delle Ti ... T^t risalendo si deduce la dipendenza dei
sistemi (13).
(*) Hurwitz, loc. cit., § 1.
Sekik II. Tom. LIV.
c
18
FRANCESCO SEVERI
Siccome non vi possono essere più di 2^^ sistemi indipendenti del tipo (12)
(HuRwiTz, p. 582), il numero delle corrispondenze indipendenti ammetterà un mas-
simo non superiore a 'IjP'.
Supponiamo che i |a sistemi (13) sieno indipendenti e che non se ne possano
trovare piìi di ili indipendenti. Allora, dato un altro sistema di soluzioni delle (12),
si potranno trovare dei numeri interi X, Xi,...,X^ non tutti nulli, in guisa che:
XTTki = I Xf Tif, {k,l=\,
£=1
ed anzi X non potrà mai esser nullo.
In tal caso si dirà che le \x corrispondenze ... 7)^ che si ottengono dalle (13),
formano una base.
Che se poi si scelgono i |li sistemi in modo che il numero X risulti uguale ad 1
per ogni sistema di soluzioni delle (12), in modo cioè che si abbia:
TTk, = IXeTTfj (e = l,...,M),
ove le X son numeri interi, si dice che le |u corrispondenze ... formano una
base miniina.
La possibilità di indursi alla base minima accennata in Hurv^titz (p. 582), tro-
vasi ad es. dimostrata nelle lezioni citate di Klein sulla teoria delle funzioni mo-
dulari ellittiche (p. 543).
Riassumendo possiamo enunciare :
Data una curva di genere p è possibile scegliere su essa un numero finito non
superiore a 2 p^, di corrispondenze indipendenti ... tali che se T è un'altra cor-
rispondenza qualsiasi esistente sulla curva, le T Ti ... sien dipendenti secondo i nu-
meri (1 Xi ... \f( ).
I numeri Xj ... X^, sono individuati una volta assegnata la T, perchè altrimenti
le Ti ... Tf, risulterebbero dipendenti. Quei numeri si chiamano perciò i caratteri della
corrispondenza T.
Per le curve generali del genere p, il massimo \x è uguale ad 1, e come base
minima si può assumere l'identità o una qualsiasi corrispondenza elementare.
Dicendo u u^ ... U/, i numeri dei punti uniti nelle corrispondenze T ... di
indici rispettivi (a p), (a^ R^), (a^{3/<), avremo per la (10):
M = a + p 4- Xi (oi 4- Pi — Mi) + ... 4- X^, (a„ + — ).
I numeri interi:
c, = a. + Pi — M, {i = 2, ... , ^)
non dipendono dalla corrispondenza considerata, ma sibbene dalla natura della curva,
e la forinola
!< = a -L- p + Ci Xi + ... + Cf, \fi
esprime il principio generale di corrispondenza sopra una curva algebrica qualsiasi.
SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC.
19
Osservazione. — Noteremo, perchè ci servirà in seguito, che se sopra una curva
le n corrispondenze 7\ ... Tu sono dipendenti secondo i numeri vXi,...,vXm ove v e
le X sono interi, lo sono anche secondo i numeri X, ... X„. Difatti dall'essere:
I vX,.nf, = 0,
e=i
8Ì trae:
I X,. ni = 0.
PARTE SECONDA
Sulle superficie che rappresentano le coppie di punti
di una o due curve.
§ 1. — Le superficie con due fasci unisecantisi
12. Generalità. — Genere e grado di una corrispondenza fra due curve. — Sia
F una superficie che rappresenti senza eccezione le coppie di punti di due curve C, C
di generi p^, p^-
Ogni punto a; di C fa parte di ooi coppie le quali son rappresentate su F da
una curva K^; variando il punto a; su C si hanno oc' curve che costituiscono un
fascio \ K^\ di genere pi. Similmente ai punti y di C rispondono su F le curve di
un fascio l/f^' di genere p2. e le segano in un punto ogni 7C-
Viceversa ogni superficie con due fasci | /T, | , \K^ \ unisecantisi, rappresenta le
coppie di punti di due curve C, C , ciascuna delle quali è riferita biunivocamente
agli elementi (curve) di uno dei due fasci.
Le coppie x, y dei punti che sono omologhi in una data corrispondenza alge-
brica T fra C, C, son rappresentate su F da una curva algebrica, che denoteremo
colla lettera stessa T con cui si denota la corrispondenza. Se ad un punto x rispon-
dono P punti // e ad un punto y rispondono a punti x. la curva T sarà segata in
(5 punti da ogni curva e in a punti da ogni Ky. I due indici a, P della corrispon-
denza si chiameranno anche gli indici della curva T.
Viceversa ogni curva algebrica T tracciata su F pone fra le curve dei due fasci
|JCj|,iiiry| una corrispondenza algebrica, ove si chiamino omologhe due curve dei
fasci stessi quando si tagliano in T; e quindi essa rappresenta una corrispondenza
algebrica tra C, C. Le curve dei due fasci unisecantisi sono immagini di cori*ispou-
denze degeneri.
Qui si presenta spontanea l'introduzione di due nuovi caratteri di una corri-
spondenza T fra C, C": il genere e il g}-ado (virtuali) della curva Stracciata su F {*),
i quali si indicheranno rispettivamente con p, v.
(*) Per la de6nizione di questi caratteri cfr. Castelnuovo-Enriques, Sopra alcune questioni fon-
damentali nella teoria delle superficie ahjebriche. ' Annali di Matematica (3\ t. 6 (1901), n° 1.
20
FRANCESCO SEVERI
Poiché il sistema canonico di F si ottiene aggiungendo alla serie canonica di
1^x1 la serie canonica di \ Ky\ (*), dicendo a, p gl'indici di T, ossia chiamando p il
numero dei punti in cui una sega T ed a il numero dei punti in cui una Ky
sega T, avremo:
(15) 2 p (pi - 1) + 2a — 1) + V 2p - 2 (**).
13. Notazioni. — Se due curve V V" tracciate sopra una superficie qualsiasi
appartengono totalmente ad uno stesso sistema lineare, si dirà che esse sono equi-
valenti e si scriverà
r' r".
Date sopra una superficie più curve ff"...; A' A"..., il significato della rela-
zione
(16) \i r -f X, r" + ... =^ Mi A' + M2 A" + ... ,
ove le \, |n sono interi positivi o negativi, risulta senz'altro se son possibili le even-
tuali sottrazioni indicate nei due membri della relazione medesima. In ogni caso le
possiamo dare un senso preciso, dicendo che equivale alla relazione che da essa si
ottiene trasportando da un membro all'altro i termini negativi e cambiandoli di segno.
Anche questa definizione, come l'analoga del n° 3, si può presentare sotto altra
forma, ma ci dispensiamo dal farlo.
Per esprimere la (16) concisamente e in modo suggestivo, diremo spesso che
le due curve (virtuali)
Xir + X.r" + ... e MiA' + M,A"-f ...
sono equivalenti, od anche che esse appartengono ad uno stesso sistema lineare, per
quanto se le X, |n non son tutte positive, non sempre esistano curve effettive cor-
rispondenti ai simboli suddetti.
Ritornando alla nostra superficie F con due fasci unisecantisi, diciamo T una
sua curva. Per i p punti ove T è tagliata da una K^^ passano altrettante Ky, e al
variare delle considerate si ha nel fascio \ K,j\ una ooi algebrica di gruppi di
P curve: uno generico fra questi gruppi s'indicherà con Ty, ponendo l'indice ^ a pie
della lettera con la quale si indica la curva data. Similmente denoterà il gruppo
delle ÌTj. che passano per gli a punti ove T è segata da una Ky generica.
14. Curve a valenza zero. — Loro composizione per somma dalle curve dei due
fasci unisecantisi. — Caso delle rigate. — Suppongasi di avere fra i punti delle due
curve 6', C da cui prende origine la superficie F, di cui ai numeri precedenti, una
corrispondenza T tale che mentre un punto x si muove su C, il gruppo dei P punti y
che ad esso corrispondono su C , varii in una serie lineare d'ordine p. Si dimostra
(*) Cfr. Maroni e De-Franchis, loc. cit.
(**) Cfr. De-Franchis, loc. cit., n° 8.
SULLE CORRISPONDENZr FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC.
21
allora, come si fece al n" G pel caso di due curve C, C coincidenti, che gli a punti x
di C omologhi di un punto y variabile su C , variano in una serie lineare d'ordine a.
Estendendo la denominazione già usata per le corrispondenze sopra una curva, di-
remo in tal caso che la T è una corrispondenza a valenza zero.
Chiameremo poi curve a valenza zero quelle curve di F che sono immagini di
corrispondenze a valenza 0. Una curva T a valenza zero è caratterizzata dal fatto
che il gruppo delle P curve Ky passanti pei punti comuni ad essa e ad una /C, mu-
tando questa, varia in una serie lineare d'ordine entro al fascio | | ; e quindi
che il gruppo delle a curve /C che passano pei punti in cui T è segata da una Ky,
al variare di questa, varia in una serie lineare d'ordine a, entro al fascio \K^\.
Più brevemente si può dire che una curva a valenza zero è caratterizzata dal
fatto di segare sopra ogni curva del fascio \K^\ (o \Ky\), un gruppo che equivale a
quello segato da un conveniente insieme di curvo K,i (o K^.
Questa proprietà si potrebbe dunque assumere come definizione delle curve a
valenza zero, ove si volessero definire direttamente sulla superficie F.
Le curve che appartengono ad un sistema lineare somma di una serie lineare
del fascio l^^] con una serie lineare di \Ky\, godono appunto di questa proprietà.
Ma è importante dimostrare che, viceversa, ogni curva a valenza zero è conte-
nuta totalmente in un sistema lineare somma di curve dei due fasci.
A tal uopo supponiamo che la superficie F appartenga allo spazio ordinario,
ipotesi che, nella questione attuale, non è restrittiva. — Il sistema lineare indivi-
duato dalla curva 7',. composta mediante le Ky che passano pei punti comuni ad
una K e ^d una curva T a valenza zero, sarà segato su fuori di certe curve
fisse Q, da un sistema lineare di superficie qp {yi y^ y^ y^) — 0, ove y-i ... y^ son coordi-
nate omogenee di punto; e in particolare le oo^ curve Ty, che si ottengono facendo
variare la K scelta, saranno segate da un sistema algebrico oci di superficie cp.
Poiché per ogni punto di F passa una K^ e questa individua una curva composta Ty,
i coefficienti delle y nell'equazione ^> iyi ■.■ y.i) = , saranno funzioni razionali del
punto variabile su F, sicché Tequazione di una qp del sistema ooi si poti'à scrivere
sotto la forma:
{xi X2 xs x^ I i/i 2 yz yi) = 0,
ove è il simbolo di un polinomio omogeneo di grado m nelle x, omogeneo di grado
m' nelle y.
Dato un punto {y1 ... y1) della F per esso passa una Ky la quale sega Tin a punti,
e il gruppo delle K passanti per questi a punti, sarà segato su F, fuori di certe
curve R, dalla superficie:
Mjo = {xi Xs Xi I yl yl yl t/J) = 0.
La superficie:
[x 1 x^ X^ X^ j Xi X2 x^ x^
di ordine"?» -|- w', passa per le curve Q ed E, e quindi appartiene al sistema lineare
somma di quelli a cui appartengono le qp e le qj. Ne segue che essa, fuori delle
eventuali curve fisse, sega su F una curva L appartenente al sistema lineare somma
di quelli segati (fuori delle curve fisse) dalle qp e dalle \]), ossia una curva del
22
FRANCESCO SEVERI
sistema | + Ty\. Poiché per un punto di T passano due curve omologhe nella cor-
rispondenza che l'equazione {x\y) =0 pone fra i due fasci \Kx\, \Ky\, ne viene che
T fa parte della curva L.
Se per un punto fuori di T passassero una /C e una Ky omologhe nella cor-
rispondenza stessa, siccome esse già s'incontrerebbero in T, esisterebbe una curva
che farebbe parte di 7C e di Ky.
Ma se, come abbiamo supposto, la superficie F rappresenta senza eccezione le
coppie dei punti di due curve C, C, non esistono curve dei due fasci unisecantisi
aventi parti comuni e perciò in tal caso L—T.
Dunque:
Sulla superficie F coi due fasci unisecantisi |Ki|; [Kyl^ ogni curva T a valenza
zero appartiene al sistema lineare individuato dalle curve Ky che passano pei punti co-
muni a T e ad una K,., aumentate delle che passano pei punti ove una Ky incontra T.
Se uno dei due fasci, p. es. jAV? è razionale, la superficie F e riferibile bira-
zionalmente ad una rigata, di genere uguale al genere pi dell'altro fascio \K^\. Le
curve di quest'ultimo fascio si chiameranno generatrici, e la 7^ si dirà rigata, anche
se non lo è nel senso projettivo della parola.
In questo caso è utile vedere quali modificazioni subisca il teorema precedente
se la F non rappresenta senza eccezione le coppie di punti delle due curve C, C
(delle quali la seconda è razionale), perchè quando si dà una rigata e si cerca di
costruire su essa un fascio di unisecanti le generatrici, questo (essendo razionale)
viene generalmente ad avere dei punti base.
Supponiamo dunque che il fascio \ Ky\ abbia n punti base: allora le generatrici
passanti per questi si staccheranno da cei-te n curve del fascio \Ky\, e quindi la
curva L, di cui prima parlavamo, non conterrà soltanto la T, ma anche ciascuna
delle suddette generatrici. Ognuna di queste si dovrà inoltre contare P volte come
parte della L, perchè taglia in P punti la curva T.
E facile vedere che nel caso che stiamo trattando, il teorema dimostrato ci dà
il modo di ottenere tutte le curve della superficie F. Basterà perciò provare che le
curve tracciate sopra una rigata sono a valenza zero. Difatti le Ky che passano
pei P punti comuni alla curva T" e ad una generatrice, mutando questa variano in
una seiie lineare, perchè in un ente razionale coi tutti i possibili gruppi di p ele-
menti formano una serie lineare.
Potremo dunque enunciare la proposizione seguente :
Sopra una rigata F tutte le curve si ottengono colle operazioni di somma e sottra-
zione a partire dalle generatrici e da un fascio di unisecanti.
Precisamente: Dato su F un fascio di unisecanti le generatrici, e una curva
1\ se dal sistema lineare individuato dalle unisecanti che escono dai P punti ove T
è tagliata da una generatrice, aumentate delle generatrici che escono dagli a punti
ove T è tagliata da una Ky, si tolgono le generatrici che passano per gli eventuali
punti base di \K^\, ciascuna contata 3 volte, si ha un sistema lineare che contiene
(totalmente) T.
Dal teorema dimostrato discendono subito la formola che dà il numero dei punti
comuni a due curve T, T' sopra la rigata, e la formola (di Segre) che dà il genere
di una curva tracciata sulla rigata stessa.
SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC.
23
Ci tratterremo un momento sulla deduzione di queste formole, affine di avere
un primo esempio semplice, delle considerazioni analoghe, che saranno svolte in se-
guito, per la superficie F con due fasci irrazionali.
Siene a p, a' fi' gli indici di T, T . Indicando con N il gruppo delle generatrici
passanti per gli n punti baso di \ Ky\, avremo:
(17) T+^N^T^-^T,.
Segando con T' le curve che figurano nei duo membri della (17) e indicando
con i il numero dei punti comuni a T e 7" verrà :
i-F-»pP' = a3' i-M',
ossia :
i==aB' -f pa' — wpp',
che è la formola nota pel numero dei punti comuni a due curve tracciate sopra una
rigata d'ordine n.
Il genere p della T si desume subito dalla (17) uguagliando i generi delle due
curve composte che compaiono nei due membri; si ottiene così:
p + (l-«P) + «p^'-l.::.(l-a) + [p^, + (/?3)n-3-f l] + aB-l,
donde si trae:
p - p (pi- 1) + a(p- 1) - n (^) + 1,
che è la formola di Segre.
Applicando la formola che dà il grado di una curva spezzata, ovvero segando
con T i due membri della (17), si ottiene l'espressione del grado v di T:
V = 2a8 — wp2_
15. Concetto di dipendenza fra due o più curve tracciate sulla superficie F coti
due fisci unisecantisi. — Siene f f" ... T' ^• curve tracciate sulla superficie coi due
fasci unisecantisi |/d e \Ky\. Si dirà che esse sono dipendenti o che una di esse
dipende dalle rimanenti, quando esistono dei numeri intori non tutti nulli X, ... X^,
tali che:
(18) X, r' + ... + X, r--- = Xi (r; + r/) + ... + x, (rj + q.
Lo curve stesse si diranno indipendenti nel caso contrario.
Ricordiamo che Ti. denota il gruppo delle che passano pei punti ove P è
segata da una K^, e che r'y denota il gruppo delle Ky passanti pei punti ove T' è
segata da una K^.
Si può brevemente dire che le curve f ... f*^ sono dipendenti, se esistono degli in-
teri non tutti nulli Xj... X^, tali che la curva {virtuale) \iV' -\- ... sia a valenza
zero. Questa locuzione ha un senso puramente convenzionalo, quando non esiste una
24
FRANCESCO SEVERI
curva corrispondente al simbolo X^P' -|- ... -f- K^''- In tal caso però si potrà scegliere
una curva L a valenza zero (appartenente ad un sistema lineare abbastanza ampio)
in guisa che esista una curva corrispondente al simbolo L + Xj f -)- ... -|- X^ f*': la (18)
dice allora che anche questa curva è a valenza zero.
Dalla (18) si trae:
Xi r + ... + X, p— Xi rj - ... -Kn^ K r; + ... + x. rj,
sicché dicendo fj, il gruppo delle Ky che passano pei punti ove la curva sega T',
avremo :
(19) Xi r; + ... -{-hn^ X J./ -f ... + x.f J.
Viceversa se questa relazione è soddisfatta qualunque sieno le due curve
e Kx con cui si son segate le P, sarà vera anche la (18). Difatti quando le X son
tutte positive, la (19) ci dice che la curva Xj f -(- ••• + è a valenza zero, e quindi
pel teorema dimostrato al n" precedente, sussisterà la (18).
Ma supponiamo, ad es., che Xj sia negativa {= — X/) e le altre X positive. Al-
lora si potrà determinare un sistema lineare di curve a valenza zero così ampio,
che vi siano in esso curve spezzate nella X/ f' e in una parte residua f. Poiché la
curva r -(- Xj' f è a valenza zero, avremo:
r» + ^l' f / = Ty + x/ r/,
la quale addizionata alle (19) dà:
r. r;' + ... = r, + x,r;' + ...,
e da questa, essendo tutte le X positive, si trae:
r+x, r"+ ... = (r. + r,) + x, (r," + r;') + ... ,
che combinata colla relazione:
r -I- x,'r==(r. + Q + x/ (r; + r;),
la quale esprime appunto che f -|- X/ f è a valenza zero, porge :
X, r' + X, r" + ... - \, (r; + r;) + x, (r;' + r;') + ...
16. Esistenza di un massimo pel numero delle curve indipendenti sopra la super-
ficie con due fasci unisecantisi. — Base del sistema di tutte le curve su essa tracciate. —
Il teorema dimostrato al n° 14 per le rigate, ci dava il modo di ottenere per somma
e sottrazione tutte le curve tracciate sopra una rigata, a partire dai fasci IZilelZ^j.
In questo n° ci occuperemo del teorema analogo per le superficie F con due
fasci irrazionali. Usando delle locuzioni introdotte al n° precedente, questo teorema
si può enunciare brevemente cosi:
Sopra la superficie F con dite fasci unisecantisi \Kj\ e ] | , di generi pi , p2 ; è
possibile trovare un numero, non superiore a 2pi p2; di curve indipendenti, tali che
ogni altra curva di F sia dipendente da quelle.
SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC.
25
Fissiamo infatti sulla F una curva K di indici m v, diversa dalle curve dei due
fasci, ed indichiamo con J, J le due involuzioni di generi pi che i due fasci se-
gano su K. Diremo che una corrispondenza -S' fra i punti ài K ò composta con una
di queste involuzioni, p. es. con J, quando i punti y omologhi del punto a nella S,
si distribuiscono in tanti gruppi dell'involuzione J.
Data su F una curva T di indici a p, essa determina una corrispondenza fra
le curve dei due fasci, allorché si riguardino come omologhe due curve Ky che
s'incontrano in un punto di T.
Mediante questa corrispondenza ne possiamo porre una, 1 e primo con una almeno delle Xi ... X,: per es.
con Xi. Si potranno trovare allora due interi |a Mi tali che:
(25) X|a + XiUi = l.
Supponiamo prima m e positivi e consideriamo la curva f ' = |ii f -(- M T'. Ve-
diamo com'essa si esprime colla base data. Si ha evidentemente:
xr = niXr + Mxr,
dalla quale, mediante la (24) e la relazione identica:
r' = (r;+r;)H-(r-r/-Q,
si trae:
xr - x^arx + r,) + - r; - r,') + i^^r' - r;' - r;') + . . .
. . . + xn(r; + r;) + \^ir - r; - r,/),
ossia, ricordando la (25):
(26) X r' = X [Mi(r.+Q -h M(r;+ r;)] + (r' - r/- r;) +x,m, (r"- r;' - r;') + ....
Le curve T" ... f si esprimono mediante la base data colle relazioni identiche:
r" = (r;' -f r;') + (r" - r;' - r;')
r'^(r; + r;) + (r-r;-r;),
sicché indicando con A' il discriminante dell'insieme (f ' f" ... f), grazie alla for-
mola (23), avremo:
(27) X^'A' = A,
perchè attualmente il determinante A è espresso da:
1 X2M1 XaMi . . . X,Mi
1
A = 1
= 1.
1
30
FRANCESCO SEVERI
Finora abbiamo considerato il caso che i numeri )u jUj sieno positivi; se uno o
entrambi son negativi si definirà la T' mediante la relazione:
r ^ Mi r + ^ r' + L,
ove L è una curva a valenza zero appartenente ad un sistema lineare cosi ampio,
che esistano curve corrispondenti al simbolo \x^V -\- \iV' -\- L. La (26) sarà sosti-
tuita dalla:
(26') \ r = X [M,(r. + r,) + M (r; + r/) {l. + ì,) ] -f (r' - vj - r/) +
+ X2Mi(r"-r;'-r;') + ...
ed anche in tal caso il discriminante A' del gruppo (f' V" ... V) sarà legato a A
dalla (27).
La (27) ci dice anzitutto che A' =j= e quindi che l'insieme (F' f" ... T') si può
prendere come base invece di (f f" ... f), e inoltre ci dice che è un divisore di A,
Trattiamo ora la base (f' f" ... f) come la base iniziale; avremo un'altra base
il cui discriminante A" in valore assoluto è minore di A'. Cosi proseguendo si ot-
terrà una successione di numeri interi diversi da zero:
A A' A" ...
di cui ciascuno ha valore assoluto minore del precedente. Dunque la successione
avrà un ultimo termine A" e la base corrispondente sarà una base minima.
E facile dimostrare che:
Tutte le basi minime hanno lo stesso discriminante.
Difatti se A A' sono i discriminanti di due basi minime, in virtù della (23)
avremo due relazioni del tipo :
A' = A2 A
A =A'2A',
ove A A' son numeri interi. Ora la prima dice che il rapporto ^ non è inferiore ad 1,
la seconda chQ lo stesso rapporto non è superiore ad 1, dunque verrà:
1,
A' = A.
Il procedimento che abbiamo indicato per la riduzione alla base minima, dice
di più che:
1 discriminanti (=!= 0) delle varie basi hanno per massimo comun divisore il discri-
minante di una base minima.
18. Teorema di Bézout sopra una superficie con due fasci unisecantisi. — Espres-
sioni del grado e del genere di una curva tracciata sulla superficie stessa. — Abbiamo
SULLE CORRlSPuNDENZL FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC.
31
altrove avuto occasione di chiamare teorema di Bézotil sopra una superficie, un teo-
rema analogo a quello che ci apprende il modo di calcolare il numero dei punti
comuni a due curve piane. Per una superficie algebrica qualunque la questione si
può porre così : Definire un sistema di caratteri di ogni curva tracciata sulla super-
ficie, in guisa che il numero dei punti comuni a due tali curve si esprima soltanto
mediante i caratteri della superficie ed i caratteri definiti delle due curve (*).
Oltreché sul piano e sulle superficie razionali, il teorema di Bézout si conosce
sulle rigate, come risulta dalla forinola ritrovata al n" 14, sulle superficie generali
nel loro ordine, come si desume dalle ricerche di Nòther (**), sulla superficie di
Kiimmer e sulle superficie iperellittiche, come si rileva da un teorema di Poincaré
sul numero degli zeri comuni a più funzioni di dato ordine (***).
Qui ci proponiamo di dare il teorema per le superficie con due fasci unisecantisi.
Sia (f ... r') una base del sistema di tutte le curve tracciate sulla superficie F
con due fasci unisecantisi, ed in relazione alle curve di questa base conserviamo le
notazioni introdotte al principio del n° precedente. Data su F una curva qualunque L
di indici a p, essa -si esprimo mediante la base data, con la forinola :
(28) X L + r' + ... 4- X, r' ^ X (l. + l,) + x^ (r; + r/) 4- ...
Segando con T' i due membri di questa relazione, avremo:
XT. -f J^iTi. ... + ^,Ta = X (a P, (3 a.) + X^ (a^ p. + p^a.) + ...
{i=l...t),
ove Ti rappresenta il numero dei punti comuni ad L e V\ Se si pone:
c, = a P, + p a, — T.,
verrà :
(29) X c. + Xi Cu + X2 + ... + X, Cu = 0.
Sia ora L' un'altra curva di indici a' p' tracciata su F, e sia t/ il numero dei
punti in cui essa incontra T*. Avremo similmente:
(30) X' c/ + X/ Cu + Xo' + ... + X/ e. = 0,
ove si è posto :
c/ = a' p. + p'a. — T.'.
Seghiamo con V i due membri della (28) e rappresentiamo con / il numero
dei punti comuni ad L, L' . Verrà allora:
X i + Xi Ti' + ... + X, t/ X (a P' + P a') r X^ (a^ p' + p^ a') + ...
ossia :
(31) XI=rX(ap' + pa') + XiCi' + X2e.,' + ...+X,c/.
(*) Cfr. la mia Memoria, Sulle intersezioni delle varietà algebriche, ecc., " Memorie della R. Accad.
di Torino (2), t. 52 (1902); n° 26.
(**) Cfr. NoTHER, Zur Grundlegung der Theorie der algehraischen Raumcitrveu. " Berliner Abhand-
lung , (1882).
(***) Vedi la Memoria citata di G. Hombert, Théorie générale des surfaces hyperelliptiqnes. * Journal
do Math. (4), t. 9 (1893).
32
FRANCESCO SEVERI
Moltiplicando i due membri di questa per X', eppoi profittando delle (30), ot-
terremo :
\\'I= X\'(ap' + po') — I
dalla quale, giacché X \' =N 0, si trae:
(31') I=ap' + pa'--^Ic..AX;.
In particolare se la base (f ... V) è minima X e X' saranno uguali all'unità, e
quindi :
(31")
7 = ap' + 3a' — Ic.X.X'/,
i,h
La (31') si può porre sotto una forma diversa facendoci comparire invece delle
X, X' i numeri c,, e/, che hanno un significato geometrico più netto.
Poiché le t equazioni (29) e la (31) son soddisfatte per valori non tutti nulli
delle X Xi ... X,, che figurano in esse linearmente e omogeneamente, avremo:
ap + pa' — 7 e/ . . . c/
Cj Cu ...
C2 C21 ... 0-21 = ,
ossia:
(a3'+Pa'-/)A +
Cti ... Ci,
c/ .
Ci Cu .
e;
Cu
Ci Cti ... Cu
dalla quale se A =!= 0, si rileva :
(32) /^ap'+Pa'--^ZA,,cA',
= 0,
i,h
ove A,^ rappresenta il subdeterminante di c^,, nel discriminante A.
Il teorema di Bézout sopra la superficie F con due fasci unisecantisi, è espresso
dalla formala (31') dalla (32).
Il grado (virtuale) v della curva L sarà espresso evidentemente da una qua-
lunque delle formolo :
v = 2ap — --^-IcA^;,
(33)
V = 2ap — I A,^c,Cft ,
che si ottengono dalle (31'), (32) supponendo L' coincidente con L.
SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC.
33
Il genere (virtuale) p di L si può ricavare direttamente dalla (28), oppure
dalla (15) sostituendoci una delle espressioni (33). Così trovasi:
( p (a — 1) (p — 1) 4- ?>Pi -t- °Ì'2 — 2^ ^ t'.^X.X^
(34)
/ p = (o— l) + P;), + 0ft-2^IA„c,c,.
19. Caso di una superficie con due fasci unisecanfisi razionalmente identici. —
Fra le superficie con due fasci unisecantisi sono particolarmente notevoli quelle che
posseggono due fasci razionalmente identici.
In questo numero ci occuperemo di tali superficie, applicando ad esse i risul-
tati ottenuti nel caso generale.
Sia dunque F una superficie coi due fasci | /CI , \Ky\ razionalmente identici di
generi = P2 —Z' : i suoi punti possono porsi in corrispondenza biunivoca colle
coppie di punti di due curve coincidenti, ossia colle coppie di punti di una curva C,
ove si considerino come diverse due coppie che differiscono per l'ordine. Ogni cor-
rispondenza T fra i punti di C sarà rappresentata su F da una curva T; in parti-
colare l'identità sarà rappresentata da una curva K unisecante le e le Ky.
In generale la C non ammette trasformazioni birazionali in sè stessa, e quindi
su F non ci son generalmente altre curve unisecanti le e le Ky all'infuori della K;
se però esistono trasformazioni birazionali di C in sè stessa, queste son rappresen-
tate su F da altrettante curve come la K, ed in tal caso è evidente che si potrà
porre fra i punti di F e le coppie ordinate dei punti di una curva, una corrispon-
denza tale che una prefissata di quelle curve unisecanti rappresenti l'identità.
Le corrispondenze a valenza t (positiva, negativa o nulla) son rappresentate su
F da curve che diremo a valenza T- Sia T una curva a valenza t di indici a, p.
Dicendo allora Ty' il gruppo delle Ky che passano pei punti ove la curva KJ
sega T, Ty" il gruppo delle Ky passanti pei punti ove KJ' sega T, e Ky',Ky" le Ky
che passano rispettivamente pei punti ove K è tagliata da KJ, KJ', avremo :
TJ + fKJ^TJ' + U^y",
donde, in virtù delle considerazioni svolte al n° 15, si trae:
(35) r+ tK^ÌT^ +Ty) + r (/C + Ky).
Notiamo qui incidentemente che se si considerano i gruppi segati sulla iden-
tità K dalle curve che figurano in questa relazione, si ottiene nuovamente il teorema
dimostrato al n° 8 ed il principio di corrispondenza che da esso discende.
Dalla (35) si ricava facilmente il grado v di 7" in funzione di a. 3, T- Difatti se
si segano con T i due membri della relazione stessa, viene:
vH-T» = 2aP-f-T(ct + 3).
Sfrie TT. Tom. LIV. k
34
FRANCESCO SEVERI
ove u denota il numero dei punti uniti della corrispondenza rappresentata dalla
curva T. Giacche:
M = a-fP + 2Tp,
avremo :
(35') v = 2(ap — T».
In modo analogo si vede che il numero dei punti comuni a T ed alla curva T'
di caratteri a', P', f', è espresso dalla formola:
a8' + 3a' — 2ff'p.
Il genere p di T si otterrà dalla formola (15), sostituendoci il valore ora tro-
vato di v:
(35") p = (a - 1) (P - 1) + p (a + 3 - y^).
Se i due fasci unisecantisi sono a moduli generali o, ciò che è lo stesso, se la
curva C è a moduli generali, su essa non vi saranno che corrispondenze a valenza (*),
e quindi sulla F non si troveranno altre curve che quelle dotate di valenza. Si può
dunque enunciare il teorema:
Sopra una superficie con due fasci unisecantisi \K^\, 1 | , razionalmente identici
ed a moduli generali, tutte le curve si ottengono con operazioni di somma e sottrazione
a partire dai due fasci e da una curva K unisecante le .
Pili precisamente: Data una curva T esiste un intero t, positivo, negativo o
nullo (valenza di T). tale che T appartiene totalmente al sistema lineare:
I Tj + r; + T {Kj + K,;) - t Jì: | ,
ove Kj Ky sono due qualunque curve dei due fasci, e TJ (o TJ) denota il gruppo
delle (o /Q passanti pei punti comuni a ed alla KJ (o KJ).
Se p è il genere dei due fasci, a p gli indici di T, il grado ed il genere di
questa curva sono espressi dalle formole (35'), (35").
Se poi i due fasci non sono a moduli generali, esisterà un numero finito (non
superiore a 2^^) di curve tali che applicando ad esse ed alle curve dei due fasci le
operazioni di somma e sottrazione, si ottengono tutte le curve di F.
Osserveremo per ultimo che K dà luogo su F ad nn' involuzione quadratica cj)',
ove si chiamino omologhi due punti di F quando sono le intersezioni di due coppie
di curve dei due fasci che projettano gli stessi due punti di K.
La inversa di una corrispondenza che sia rappresentata dalla curva T. è rap-
presentata dalla curva T~^ coniugata di T nella involuzione 0', ossia dalla curva
che contiene i coniugati dei punti di T.
Sicché le corrispondenze sinm metriche son rappresentate da curve mutate in se
dalla involuzione, o come anche si dice appartenenti all'involuzione.
(*) HuRwiTz, loc. cit., § 2.
SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC.
35
§ 2. — Le superficie con un sistema algebrico d'indice 2 e grado 1.
20. Generalità. — Curve a valenza. — Sia una superficie che rappresenti
senza eccezione le coppie non ordinate dei punti di una curva di genere p (*). Le
coppie dei punti di C delle quali fa parte un punto fissato, son rappresentate su O
da una curva H; sicché ai punti di C vengono a corrispondere ooi curve H, razio-
nalmente identiche a C, le quali costituiscono un sistema algebrico Z d'indice 2, cioè
tale che per ogni punto di passano due curve H, e di grado 1, cioè tale che due
sue cm've si segano in un punto. — Viceversa è chiaro che ogni superficie con un
sistema algebrico d'indice 2 e grado 1, rappresenta le coppie (non ordinate) dei punti
di una curva.
La superficie O è riferibile alla superficie F che rappresenta le coppie ordinate
dei punti di 6', in una corrispondenza algebrica (1, 2), poiché ogni coppia di punti
di C dà luogo a due coppie ordinato diverse, e in questa corrispondenza ai punti
di corrispondono su F le coppie dell'involuzione 0', che consideravamo alla fine
del precedente §.
Ogni corrispondenza simmetrica T fra i punti di C, è rappresentata da una
curva T tracciata su O, e viceversa. Se sulla C è data una corrispondenza non sim-
metrica S, e si considerano le coppie dei punti omologhi in questa cori'ispondenza
prescindendo dall'ordine, esse vengono rappresentate dai punti di una curva di 0, la
quale però deve riguardarsi come immagine della somma S -f- di S con la sua
inversa.
La corrispondenza identica viene rappresentata su dalla curva Ki inviluppo
del sistema X, ossia dal luogo dei punti di O dai quali escono due H coincidenti.
Per ogni curva T di ci sono da considerare : il genere p, il grado v, Vindice a,
ossia il n" delle intersezioni di T con una H, e il numero u dei punti comuni a T
e alla curva Ki (n° dei punti uniti della corrispondenza di cui T è immagine). Questi
quattro caratteri son legati dalla relazione:
4a(p — l)-(-2v = 4(p — 1) + M (**).
Nel seguito il gruppo delle curve di Z, diverse da una H fissata, che escono
dai punti in cui questa taglia • T, si indicherà con la lettera stessa T dotata del-
l'indice X.
Una curva di dicesi a valenza y quando rappresenta mia corrispondenza sim-
metrica a valenza f.
Sia T una tal curva. Allora trasportando sulla superficie O la proprietà carat-
teristica delle corrispondenze a valenza (n° 4), e indicando con 7\. (o TJ) il gruppo
delle curve di Z uscenti dai punti in cui T vien segata da H (o da H') si può dire
che i gruppi di elementi di Z, Tj-I-tH e -f-rH', sono equivalenti entro all'ente
(*) Per le citazioni relative a questa classe di superficie, ved, l'introduzione alla presente
Memoria.
(**) Dk-Franchis, loc. cit., n" 18.
36
FRANCESCO SEVERI
algebrico ooi Z. Ma siccome una serie razionale di curve di un sistema algebrico, e
contenuta totalmente in un sistema lineare (*), avremo:
(36) r^ + ^H = r; + TH'
ove il segno = ha il significato che già precisammo al n° 13.
Alla curva T corrisponde sulla superficie F delle coppie ordinate (ved. al n" 19),
una curva aS', a valenza f, appartenente airinvoluzione O'. Sicché continuando ad
usare le notazioni del n° 19, avremo:
S-^rjK^iS^-h Sy) + T(/C + IQ.
Se H è la curva di Z omologa di K^c nella corrispondenza (2, 1) tra F e , ed
H' la curva omologa di Ky, alla curva Sy (o S^) corrisponderà la curva (o TJ)
costituita dalle ulteriori curve di Z uscenti dai punti comuni ad H (o H') e a T.
Siccome nel passaggio da F a a curve equivalenti su F corrispondono su
curve equivalenti (**), e d'altronde alla S corrisponde la T contata due volte, perchè
ogni punto di T proviene da due di S, avremo sulla superficie 0:
2T+ T/A = (T. + tH) + (TJ + tH') ,
ossia, in virtù della (36) :
(37) 2r+T/fi^2(T, + TH).
In particolare se Tèa valenza zero, dalla (36) rileviamo: T-^ = TJ , e dalla (37):
2r = 2r,.
La prima di queste si può anche enunciare dicendo che una curva a valenza
sega su ogni curva di Z un gruppo che equivale a quello segato da un conveniente
insieme di curve H : viceversa è chiaro che ogni curva soddisfacente ad una tal con-
dizione, come p. es. una curva che appartenga al sistema lineare individuato da un
gruppo di curve H, è a valenza zero.
Dalla seconda relazione non si può a 'priori dedurre che T e T^ sono equivalenti,
ma noi proveremo che nel caso attuale questa deduzione è lecita, dimostrando che
ogni curva a valenza zero tracciata su <\> appartiene ad un sistema lineare individuato
da un gruppo di curve di Z.
A tal uopo ci occorreranno due lemmi che andiamo ad esporre:
Lemma I. — La dimensione del sistema lineare (completo) che contiene totalmente
una serie lineare completa di dimensione v, formata con le curve di Z, è '
Siene infatti Hj ... H„ le curve di un gruppo della gl completa che si consi-
dera entro Z. Se r = ogni curva del sistema
(*) Cfr. Enriques, Un'osservazione relativa alla rappresentaziotie paranietrica delle curve algebriche
' Rendiconti di Palermo „ t. 10 (1896).
(**) Ved. la mia Nota, Sulle relazioni che legano i caratteri invarianti di due superficie in corrispon-
denza algebrica. ' Rendiconti del R. Istituto Lombardo (2), t. 36 (1903); n° 2.
SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC.
37
dovrà segare su una qualunque H un gruppo identico a quello segato dalla curva
composta Hi -j- ...-(- H„, e quindi il sistema \ D\ si ridurrà a questa sola curva.
Supponiamo ora che il gruppo Hi ... H„_i individui entro Z una serie completa oc",
ma che il gruppo Hi ... H„ individui una g^. In quest'ipotesi calcoliamo la dimensione
R del sistema \D\. Esso sega sopra una H di Z una serie ooi, perchè ogni H è ri-
ferita prospettivamente alle curve di Z, e siccome facendo avvicinare indefinitamente H
ad H„, quel riferimento prospettivo permane, la dimensione della serie segata daj/)]
su H„ non potrà differire da 1. D'altronde l'um'ca curva del sistema \ D\ che con-
tenga come parte H„, è quella spezzata in H, ... H„_i, dunque:
i2 — 1 — 1 0, ossia: li = 2.
Supponiamo ora che il grappo Hi ... H„_i individui una e che il gruppo Hi...H„
individui una g'-. Considerando come prima la serie segata su H„ dal sistema iZ)|,si
vede che essa è oo^. Ma i resti delle curve /) passanti per H„ costituiscono il si-
stema lineare i Hi -|- ... -|- H„_i j . che per quanto precede è di dimensione 2, dunque
indicando al solito con A' la dimensione di |Z)|, avremo:
R — 2 — 1=2, ossia: R=b.
Così proseguendo, servendosi dell'induzione completa, si tz'ova che la dimensione
del sistema | Hi -|- ... -|- H,,] , quando r è la dimensione della serie individuata dal
gruppo Hj ... H„, è espressa da ' ^ (*).
Lemma II. — Il sistema lineare che contiene totalmente una serie lineare non spe-
ciale di curve di Z, è regolare.
Dal fatto che ogni curva rappresentante le coppie di punti di un gruppo varia-
bile in una g\p_2 canonica di C, è una curva canonica di F {**), segue subito che su
una H ogni curva canonica sega un gruppo speciale di 2p — 3 punti, e quindi che
ogni sistema lineare speciale sega su H gruppi speciali. Se ne deduce che il sistema
l-^l = 1^1 + ••• + che contiene totalmente la gl, non speciale, è esso pure non
speciale.
Calcoliamo ora la dimensione virtuale di questo sistema, data dal teorema di
RiEMANN-RocH (***). Il grado v di \D\ è uguale ad n^, il genere p è uguale a
come si vede ricordando che le varie parti della curva composta Hj -)- ... -|-H„ s'incon-
trano a due a due in un punto: e il genere aritmetico P„ di O è espresso da:
(*) Uu ragionamento analogo si trova nella Nota citata del Dott. Maboni, pel caso di una super-
ficie con due fasci unisecantisi.
(**) Ved. la mìa Nota, Sulle superfìcie che rn])2)resentano le coppie di jmnti n" 5.
(***) Cfr. Castelnuovo, Alcune j^voprietà fondamentali dei sistemi lineari di curve tracciati sopra
una superficie algebrica. * Annali di Matematica (2), t. 25 (1897); n' 34 e segg.
(■^) Cfr. la mia Nota Sulle superfìcie ; n° 6.
38
FKANCESCO SEVERI
Sicché:
V — p T Pai- l=n—p
n {n — 2p-\- 1) 1 pi p — 1)
2 2
Giacche per ipotesi la è non speciale sarà n ■= r p, e quindi sostituendo
nella precedente uguaglianza avremo:
Dunque la dimensione virtuale di \D\ coincide con l'effettiva, e perciò \D\ è
regolare.
E passiamo infine alla dimostrazione della equivalenza di T e T,. Anzitutto si
osservi che, come già accennammo, su una curva H' di Z le due curve segano gruppi
equivalenti. Difatti sopra H' le due curve (composte) e TJ (ove TJ rappresenta
il gruppo delle H che passano pei punti comuni ad H' e a T) segano due gruppi
equivalenti; ma su H' la T e la TJ segano lo stesso gruppo, dunque Te segano
su H' gruppi che si equivalgono.
Ciò posto supponiamo che la serie individuata da T^ entro Z, sia non speciale,
del che potremo esser sicuri se p. es. il numero a delle parti che compongono T^ è
maggiore di 2p — 2. In tale ipotesi non solo il sistema |T^! sarà regolare, ma il
sistema \ T\ non potrà essere speciale, perchè staccherà su ogni H gruppi non spe-
ciali. Dal momento che | r| ha gli stessi caratteri (grado e genere) di \T^\, come
si rileva, p. es., dal fatto che 2 T =^ 2Tx, la dimensione virtuale di \ T\ sarà uguale
alla dimensione effettiva di | T" J , e quindi \ T\ avrà dimensione effettiva non infe-
riore a quella di \ T^\.
Ora si osservi che | T^ \ sega su una H generica una serie completa (non spe-
ciale), e che I T\ sega sulla stessa H gruppi di questa serie. Ne viene che il sistema
residuo di H rispetto a ] T] avrà certo dimensione non inferiore a quella del sistema
residuo di H rispetto a \ T^\.
La serie individuata entro Z da una T^ — H, sarà non speciale, perchè stac-
cando un elemento generico da una serie non speciale entro un ente oo^, si ha una
serie non speciale. Siccome inoltre i due sistemi residui segano su ogni H gruppi
equivalenti, essi si troveranno nelle identiche condizioni dei sistemi primitivi. Ne
viene che se da | — H | si può ancora sottrarre una H, si potrà togliere anche
da \ T — H], e i sistemi residui si troveranno nelle stesse condizioni dei sistemi
\T\ e I^tI ; e cosi proseguendo.
Dopo un numero finito di sottrazioni si arriverà ad un sistema | 7 j — sHj dal
quale non è più possibile togliere altre curve di Z. Perchè ciò accada bisogna evi-
dentemente che il sistema completo \ T:, — s H | si riduca ad una sola curva composta
con curve di Z.
Siccome ogni curva T — sH deve segare sopra una H qualsiasi un gruppo equi-
valente a quello segato da T^ — sH, e d'altronde questo gruppo individua una g°
completa, la T^ — sH ed una T — sH, taglieranno ogni H nello stesso gruppo di
punti. Dal che si deduce che \ T — sHi riducesi alla curva T^ — sH, e quindi che
V - p + P„ -f 1 = r +
r= T,.
SULLE COKKISrONDENZt; FRA I PUNTI DI UNA CUUVA ALGKBIUCA, ECC.
39
Ci resta da considerare l'ipotesi che la serie individuata da sia speciale. In
tal caso aggiungeremo a questa serie una seconda serie individuata da una curva
composta con a' curve H, in guisa che a -\- a.' sia maggiore di 2p — 2. La curva
generica S del sistema [.S'^l sarà a valenza zero, e quindi la curva T sarà pure
a valenza zero. Poiché la serie individuata da S^, -j- 1\ è non speciale, avremo:
= +
dalla quale, tenendo conto che S^S,., si trae ancora:
T=T, c. d. d.
21. Dipendenza fra curve tracciate sulla superfìcie 0. — Siene f f" ... curve
tracciate su . Diremo che esse sono dipendenti o che una di esse dipende dalle
rimanenti, quando si posson determinare dei numei i interi ... X,., non tutti nulli,
tali che:
(38) Xi r' + ... + x,r ^ Xi r; + ... + x,a,
ove rappresenta il gruppo delle curve del sistema X che passano pei punti comuni
a f' e ad una H fissata. Se H denota il gruppo delle H passanti pei punti comuni
a f' e alla curva H, dalla (38) si rileva:
Xir; + ... + x,rj = Xi r; + ... + x.iì,
la quale ci dice che le curve V ... P rappresentano k corrispondenze (simmetriche)
fra i punti di C, dipendenti secondo i numeri (X^ ... X^) (n° 9).
Viceversa si vede facilmente, seguendo una via analoga a quella del n° 15, che
pili corrispondenze (simmetriche) dipendenti secondo (Xi ... Xi), son rappresentate su O
da altrettante curve dipendenti secondo gli stessi numeri.
Talvolta, per brevità, la (38) si esprimerà dicendo che la curva (virtuale)
Xi r'-f- ... -f- Xj. r'' è a valenza zero. A proposito di questa locuzione si posson ripetere
le osservazioni già fatte nel caso analogo, al n° 15.
Dimostreremo ora che:
Sopra la superfìcie è p)ossibile trovare un numero finito di curve indipendenti,
tali che ogni altra curva di O sia dipendente da esse.
Indichiamo con G l'insieme di tutte le corrispondenze simmetriche esistenti sulla
curva C. Dal teorema fondamentale del n° 11, segue che nell'insieme G esisteranno
certe t corrispondenze indipendenti f ... f, tali che ogni altra corrispondenza V di G
sia dipendente da quelle. Poiché la dipendenza fra piìi corrispondenze di G, si
rispecchia nella dipendenza fra le curve di O che rappresentano quelle corrispon-
denze, le curve f ... f di (p, immagini delle suddette t corrispondenze dell'insieme G,
soddisfaranno alle condizioni dell'enunciato.
Il gruppo delle curve f ... f si chiamerà una base pel sistema di tutte le curve
tracciate sopra O.
40
FRANCESCO SEVERI
Se le corrispondenze f ... f furono scelte in guisa che indicando con f un'altra
corrispondenza qualsiasi di G, le f f f" ... f risultino dipendenti secondo i numeri
(1 Xi ... X,); ove le \ sono interi convenienti, la base (f ... f) si dirà minima.
22. Discriminante di una base. — Teorema di Bézout. — Espressioni pel grado
e pel genere di una curva tracciata su O. — Le considerazioni analoghe a quelle che
facemmo ai n' 17, 18 per la superficie F, si posson ripetere per la O, modificando
solo la definizione del discriminante di una base. Perciò adesso ci limiteremo ad
enunciare i resultati ai quali conducono le considerazioni stesse.
Se f ... f son curve appartenenti a 0, di indici rispettivi ajag... a^, e se f,h
esprime il numero dei punti comuni alle curve P f*, si chiamerà discriminante del
gruppo (f ... f) il determinante simmetrico:
Cii Ci2 ... Cu
C(i C(2 ... Cit
ove si è posto c,^ =: a, — t.^.
Quando le curve V ... V son dipendenti il discriminante A si annulla.
Supponiamo che le curve 11'. ..TT' costituiscano anch'esse una base e che le
TT' f ... r* risultino dipendenti secondo i numeri (X» Xi, ... X,,): allora il discriminante A'
della base (TT' ... TT') risulta legato a A dalla relazione:
(Xi X2...X,)2 A' = A-'A,
ove A è il determinante delle X,^.
Da questa si rileva che se si annulla il discriminante di una base, lo stesso
accade dei discriminanti di tutte le altre. Noi faremo l'ipotesi (eventualmente limi-
tativa) che i discriminanti delle basi non sieno nulli. Allora si può dire che
Le basi minime hanno lo stesso discrimina?ite, che è il massimo commi divisore dei
discriminanti (=i= 0) di ttitte le basi.
Sia L una curva d'indice a dipendente dalla base (f ... P) secondo i numeri
(X Xi ... X,), e sia y, il numero dei punti comuni ad L e alla curva P. In modo ana-
logo per un'altra curva L' tracciata su , introduciamo i caratteri a', (X' X^' ... X/)
e t/- Allora il numero / dei punti comuni ad L, L' è espresso dalle due formolo:
T=:aa' — ~ 'Lc,h\h'
I=aa' ^ ZA.,, C.C,/
nella seconda delle quali A,,, rappresenta il subdeterminante dell'elemento c,,. nel
discriminante A, e c, c/ son definiti dalle uguaglianze:
SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALfiEBRICA, ECC.
41
Il grado V e il genere p della curva L vengono espressi da:
v = a-— , Zc,,.X,Xa = a- — IA,,,c.c/,,
p = a(p-l) + ia^
'ih^^iCfi -\- 1
ove u e il numero dei punti comuni ad L e alla curva , inviluppo di Z. Natu-
ralmente introducendo i caratteri della curva Ki rispetto alla base (f ... f) e l'in-
dice di Ki, che è uguale a 2, perchè le curve di Z toccano il loro inviluppo, dalla
precedente formola si elimina la u. Ma l'espressione che cosi si ottiene per p è com-
plicata e riteniamo inutile trascriverla.
Osservazione. — Nelle formolo (34) che davano il genere di una curva tracciata
su F, non entravano caratteri della curva immagine dell'identità, perchè le curve
canoniche di F, risultando dall'addizione di gruppi canonici dei due fasci unisecantisi,
erano a valenza zero.
Invece nella formola che dà il genere di una cui'va tracciata sulla superficie ,
che consideriamo attualmente, compariscono caratteri delia curva immagine del-
l'identità, perchè le curve canoniche di sono a valenza 1 (come risulta dal fatto
che fra esse ci sono le immagini delle c/lp_i canoniche di C), e quindi esse non si
compongono direttamente con le curve di Z, ma sono legate a queste da una rela-
zione in cui entra anche (ved. al n° 20).
23. Caso della superficie che rappresenta le coppie (tion ordinate) dei punti di una
curva a moduli generali. — Non vogliamo passare sotto silenzio il caso in cui il
sistema Z, contenuto in , è un ente coi ^ moduli generali, perchè applicando a
questo caso le considerazioni svolte per una qualunque, si ottengono risultati che.
per la loro semplicità, riescono interessanti.
Se il sistema Z è a moduli generali, ossia se la curva C da cui nasce la super-
ficie (j), è a moduli generali, pel teorema di Hurwitz, sopra non si troveranno
che curve a valenza. Dunque, secondo il n° 20, se T è una curva di esisterà sempre
un intero y (positivo, negativo o nullo), tale che:
Questa relazione si può enunciare dicendo che la curva Ki , inviluppo del sistema T,
è una base per la totalità delle curve tracciate su O.
Però, al contrario di quanto accadeva nel caso della superficie F rappresentante
le coppie ordinate dei punti di C, l'immagine dell'identità non costituisce attualmente
una base minima.
Ma è facile vedere che una curva T immagine di una corrispondenza simmetrica
a valenza uno, può assumersi come base minima.
Difatti la corrispondenza T a valenza r e la corrispondenza f a valenza 1, sono
dipendenti secondo i numeri (1, — t) (n° 9), e quindi (n" 21) tra le 7'. f passa la
relazione:
(39)
2T+T7ri^2(r.-f tH).
(40)
Skrie II. Tomo LIV.
p
42
FRANCESCO SEVERI
Si può prendere come curva f quella che rappresenta le coppie di una qual-
siasi c/l: in particolare, se ^> 1, possiamo assumere come base minima una curva
canonica. Sicché in tal caso tutte le curve della superfìcie <1> si ottengono con le opera-
zioni di somma e sottrazione dalle curve del sistema "L, d'indice 2 e grado 1, e da una
curva canonica.
Dalla (39) o dalla (40) si trae che il numero dei punti comuni a due curve T, T
di indici a, a' e di valenze y, t', è:
a a' — Y y' p.
In particolare il grado v di T è espresso da:
V = — T^i?,
e quindi il genere p da:
I risultati precedenti interpretati nel caso in cui la O è una superficie iperel-
littica generale {p = 2), ne forniscono proprietà, che credo nuove.
§3. — Esame particolare delle superfìcie che rappresentano le coppie,
ordinate o non, dei punti di una curva ellittica.
24. Determinazione effettiva di una base minima sulla superficie che rappresenta
le coppie ordinate dei punti di una curva ellittica singolare. — Esempio numerico. —
Come applicazione delle considerazioni generali svolte nei §§ precedenti (della Parte II*),
studieremo dapprima le superficie che rappresentano le coppie ordinate dei punti di
una curva ellittica singolare, e poi passeremo ad alcune osservazioni sulle superficie
che rappresentano le coppie non ordinate (rigate ellittiche).
La esistenza su C di qualche corrispondenza singolare, porta la esistenza di
qualche curva priva di valenza sulla superficie F (coi due fasci ellittici unisecantisi
e razionalmente identici, |-ffx|, che rappresenta le coppie ordinate dei punti di C.
Si tratta di caratterizzare geometricamente, in questo caso singolare, una base
(minima) di tutte le curve tracciate su F.
Dicendo (1, t) i periodi dell'integrale normale di l-"^ specie u disteso sulla C, ad
ogni corrispondenza fra i punti di C verrà associata una soluzione in numeri interi
{h, g, H, G) della equazione:
(41) {K + gT)T = H+GT.
Le corrispondenze a valenza provengono dalle soluzioni identiche di quest'equa-
zione, cioè dalle soluzioni:
h = G, g^H=0{*).
(*) HuRwiTz, loc. cit., § 2.
SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC.
43
Per l'ipotesi fatta che C sia singolare, esisterà almeno una soluzione non iden-
tica [h' (/ H' (t') della (41). Supponiamo che la nostra curva C sia una cubica piana
ellittica di equazione:
xl = ix\ — giXi—gs,
e che sia p{u\l,j) la funzione p di Weierstrass ad essa relativa, dimodoché la rap-
presentazione parametrica di C sarà:
Xi=p{u), X2 = p'{u).
Allora se si pone :
n' = h' 4-/T,
in virtù della relazione:
(42) (/j' _^ ^'t)t = //'-}- <7't.
potremo dire che \a p{ì(\l,T) possiede il moltiplicatore complesso tt' (*), ossia che
P(tt'») è funzione razionale di p{ii) del grado a — G'h' — g' H' .
Segue da ciò che ponendo:
(43) u' = ti' » ,
ad ogni punto x(x-^x.^ della curva C', e quindi ad ogni valore di ii, corrisponde un
valore di u' e quindi un altro punto f/igig-y) della curva; e viceversa che ad un
punto //, e quindi ad un valore di :u', rispondono a valori (incongrui) di u, e quindi
a punti X. La (43) definisce dunque una corrispondenza algebrica singolare (a, 1) fra
la serie di punti x, y.
Questa corrispondenza sarà rappresentata su F da una curva T, unisecante
le A'x e a-secante le K.,: il suo genere sarà dunque uguale ad 1, e il suo grado sarà
uguale a zero (ved. la forinola (15)).
Per rappresentare algebricamente la corrispondenza T basterà determinare due
corrispondenze a valenza (positiva o nulla) -S', S" , ciascuna delle quali contenga come
parte T: il che si fa in infiniti modi. Ragionando per chiarezza sulla F, si potrà,
p. es., proceder cosi: Si determinino genericamente due sistemi lineari \S"\, di
cui ciascuno sia la somma di serie lineari dei due fasci unisecantisi, e tanto ampli
che entrambi contengano parzialmente la T. Allora questa curva si potrà definire
come l'intersezione di due curve a valenza zero ben determinate, all'infuori. even-
tualmente, di un numero finito di punti comuni alle parti residue. Poiché ogni cor-
rispondenza a valenza si rappresenta con una sola equazione fra i punti .r, // di C,
le coppie dei punti omologhi nella T, resteranno definite dal fatto di soddisfare con-
temporaneamente a due equazioni, all'infuori forse di un numero finito di soluzioni
estranee.
Nel caso attuale è facile scrivere le equazioni di due corrispondenze S' , S", a
(*) Cfr. ad es. Biancui, Lezioni sulla teoria delle funzioni di variabile complessa e delle funzioni
ellittiche. Pisa, Spoorri (1901); pag. 525 e segg.
44
FRANCESCO SEVERI
valenza, che contengano come parte la T. Difatti le coordinate yi del punto y
corrispondente ad x nella T, sono espresse da:
y^=p{u'), y^=p'{n'),
dove u' è legato al valore dell'integrale ti nel punto x, dalla relazione (43). E poiché
è funzione razionale ài p{ii), avremo:
nella quale qp son polinomii. L'equazione:
yi q> (-^1) — fiafi) = 0,
rappresenta una corrispondenza S' a valenza, fra i punti della curva C, e la S' con-
tiene come parte la T.
Derivando i due membri della relazione:
avremo :
dove e X son polinomii. Sicché un'altra corrispondenza S" a valenza, contenente
come parte la T, sarà rappresentata dall'equazione:
2/2 X 3^2) — 4J (xi X2) = 0.
Sotto forma trascendente la T si può i-appresentare con la sola equazione:
(44) e(M'-TT'«)l,T) = (*).
Ad ogni corrispondenza singolare viene associato un moltiplicatore complesso
della funzione p, e viceversa ad ogni moltiplicatore complesso si può associare (in
infiniti modi) una corrispondenza singolare fra i punti di C. Così se tt' è un molti-
plicatore complesso, basterà scrivere la (44), per avere la rappresentazione di una
coiTÌspondenza singolare ad esso associata.
Siccome ogni altro moltiplicatore complesso tt della p è legato a tt' da una rela-
zione del tipo :
\TT-f XiTt'+ \2 = 0,
ove X Xj X2 son numeri interi, la corrispondenza già costruita T (associata al molti-
plicatore tt') ed una corrispondenza qualsiasi associata al moltiplicatore 1 (cioè a
(*) HuRwiTz, loc. cit.
SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC.
45
valenza — 1), costituiranno una base di tutte le corrispondenze esistenti sopra C.
Conviene scegliere come corrispondenza associata al moltiplicatore 1, l'identità K.
Ma avendo scelto arbitrariamente per costruire la 7', uno degli infiniti molti-
plicatori complessi della /j, la base {T, K) non sarà in generale minima.
Vediamo dunque di procurarci con sicurezza una base minima. Perciò occorrerà
applicare il noto procedimento che permette di costruire un moltiplicatore complesso
elementare, conoscendo un moltiplicatore complesso qualsiasi (*).
Riprendiamo la (42) e scriviamola sotto la forma:
^'t2 + (A'-(9') T — ff' = 0.
Moltiplicando i duo membri di questa per un conveniente numero (razionale),
si può sempre ridurre al tipo :
^t2-| 2Bi + C= 0,
ove A, B, C sono interi primi fra loro.
Ricordiamo chela, forma quadratica {A, B, C), il cui discriminante è D = AC — B^,
dicesi di prima o di seconda specie, secondochè A, C non sono o sono ambedue pari.
Orbene si dimostra che se {A, B, C) è di 1* specie
tt" = 5+ Ar
è un moltiplicatore complesso elementare; ossia tale che ogni altro moltiplicatore è
della forma ^iTt"-|-^2, con Xj X, interi; e che se {A, B,C) è di 2* specie, un molti-
plicatore elementare è:
n".= ^(J5+l + ^T).
Ponendo :
«' = Ti" u,
e attribuendo a it" il primo o il secondo valore, secondochè {A, B, C) è di l" o di
2" specie, avremo la rappresentazione trascendente di una corrispondenza singolare S,
di cui un indice è uguale ad 1, e l'altro, a, è dato da:
Oi = D, a = \{D^\),
secondochè {A, B, C) è di 1=* o di 2* specie.
La base {S, K) sarà evidentemente minima.
Ritornando alla superficie che rappresenta le coppie ordinate dei punti di C,
ne possiamo fissare un modello projettivo, considerando nello spazio a quattro dimen-
sioni {xi x.. Di 1/2) l'intersezione delle due varietà (cilindriche) a tre dimensioni:
xl = 4xl — gz — (ji
y\ = — yi — 9i-
(* Bianchi, loc. cit., pag. 529.
46
FRANCESCO SEVERI
Su questa superficie F del 9° ordine i due fasci unisecantisi | -ffi | , \Ky\ son
segati dai piani generatori dei due cilindri, e sono quindi costituiti da cubiche piane
ellittiche; l'identità K è pure una cubica ellittica segata su F dal piano:
«1 — Ì/l = 0, X2— y2 = 0.
Per scrivere le equazioni della curva S bisognerà ricorrere alla formola effet-
tiva di moltiplicazione, che esprime p(n"ìì) come funzione razionale òxp{u). Questa
formola ci darà l'equazione di una varietà passante per S; l'equazione di un'altra
varietà pure passante per S, si otterrà derivando i due membri della formola suddetta.
Ogni altra curva di F si compone con operazioni di somma e sottrazione a partire
dalle curve dei due fasci, e dalle curve S, K.
Poiché il numero dei punti uniti di una corrispondenza (a, j?), associata ad una
soluzione (/*, H, G) della (41), è espresso da:
a + p - - (? (*),
il numero dei punti comuni ad S e /^sarà uguale ad
a + 1— 5 + 5 = a + l,
se {A, B, C) è di 1=^ specie, e ad
a + l-^-(i?+l)--L(i_5)
a,
se {A, B, C) è di 2^ specie.
Sicché il discriminante A della base (S, K) sarà espresso da:
2a
2
nel primo caso, e da:
A =
2a 1
1 2
= ia—l = D
nel secondo caso.
Conoscendo il discriminante della base (S, K) si può calcolare il grado e il ge-
nere di una curva tracciata su F, e il numero dei punti comuni a due tali curve,
in funzione dei loro indici e dei numeri dei punti in cui esse tagliano S, K (ved.
il n° 18).
Esempio nuynerico. — Non ci tratterremo sopra i piìi semplici esempii numerici
che si potrebbero addurre, cioè quelli relativi ai casi di una cubica armonica o equi-
anarraonica Osserveremo solo che in entrambi i casi tutte le curve tracciate su jPsì
potranno ottenere per somma e sottrazione da una curva rappresentante una corrispon-
(*) HuRwiTz, loc. cit.
('*) Le corrispondenze biunivoche di ogni specie sopra una curva ellittica, furono studiate geo-
metricamente da Segre nella Nota: Le coi'rispondenze univoche nelle curve ellittiche. ' Atti della
R. Acc. di Torino , (1889).
SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC.
17
denza biunivoca ordinaiiil, e da un'altra rappresentante una corrispondenza biunirora
singolare, cioè segante in un punto le curvo dei due fasci | -fiTy j , nonché dallo
curve stesse di questi fasci (*).
Considereremo piuttosto un esempio un po' piìi elevato, studiando la superficie F
relativa alla cubica ellittica singolare:
xl = ix] — 30xi — 28 (**).
Il rapporto t dei periodi di un integrale di specie, soddisfa in tal caso alla
equazione:
t2 4- 2 ^ 0.
Siccome questa è una forma quadratica di 1' specie (1,0, 2), una corrispondenza
singolare come la S, si otterrà prendendo:
e sarà rappresentata sotto forma trascendente dalla relazione:
u' = f |/2 M.
La formola di moltiplicazione relativa al moltiplicatore i[/2, è:
sicché ima prima equazione alla quale soddisfano le coordinate Xi Xo, iji y., delle coppie
di punti omologhi nella S, sarà:
(45) 2x\ + ix.ij, + Ax, 8y, + 9 = 0.
Derivando i due membri della formola di moltiplicazione, ricaveremo una se-
conda equazione alla quale soddisfano le coordinate dei punti j , ?/ omologhi nella -S':
(46) 2x2 (^1 + 2)2 + {xi + 2)2 y., — Oa-, = 0.
L'indice a della S non è altro che il discriminante della forma (1, 0, 2), cioè a = 2.
Le equazioni della superficie F appartenente allo spazio S.^ {xi x^ t/i y^) saranno
attualmente :
x!=:4t? — :30xi — 28
y\ = iy\-my,-2'è,
e la curva S sarà segata su F dalle due varietà (45), (46).
(*) La superficie delle coppie ordinixte dei punti di una curva ellittica, fu incontrata da
ÀMALDi come il tipo più generale di superficie con più di due fasci unisecantisi (all'infuori delle
superficie razionali). Ved. la sua Nota nei ' Rendiconti dei Lincei (5), t. 11 (1902), 2" semestre.
(") A. proposito di questa cubica ved. il libro già citato del Bianchi, pag. 545.
48
FRANCESCO SEVERI
Sia r' una curva di indici (a' 3') tracciata su F, e sieno Ti' T2' i numeri dei punti
in cui essa taglia S e l'identità K. Il grado di f sarà espresso dalla formola:
c/ c'2
Ci' 4
C2' 2
ove si è posto:
Ci' = a' + 2 p' - Ti', C2' = a' + P' - T2' ;
il genere verrà dato da:
Se poi r" è un'altra curva di F e per questa s'introducono i caratteri a" p"
Ti"T2" Ci" C2", analoghi a quelli introdotti per f, il numero dei punti comuni afe f"
sarà uguale ad
a' p" + a"3' + -f
Ci' C2'
Ci" 4
C2" 2
^a'r + ex" B' t^'-^"'^"
E così le piii importanti questioni relative alle curve tracciate su F, vengono
completamente risolute.
25. Le rigate ellittiche come superfìcie delle coppie di punti di una curva ellittica. —
La varietà oo^ delle coppie non ordinate dei punti di una curva ellittica C, si può
sempre riferire ad una rigata ellittica 0, e viceversa (*). Le generatrici della
rigata rappresentano le g\ di C, e le curve H del sistema di grado 1 e indice 2, Z, le
quali corrispondono ai punti di C, incontrano in un sol punto le generatrici.
Le curve che rappresentano le coppie dei punti delle co 2 g\ contenute in una 73,
costituiscono una rete di grado 3, che contiene 00^ curve composte H-\-K^. Assu-
meremo come fascio \Ky\ uno dei fasci della rete suddetta.
Sia ora T una curva qualsiasi segante in p punti le 7C > in a punti le Ky e in
a{= o. — P) punti le curve di Z. Chiamando KJ K^' KJ" le generatrici che passano
pei punti base di \Ky\, avremo per la (17) (n° 14):
(47) T+^{KJ+KJ'+KJ")^T^+ Ty,
ove (0 Ty) denota il gruppo delle (0 passanti pei punti comuni ad una
Ky (0 z;.) e a r.
Vediamo di dedurre dalla (47) il modo di comporre la Tcon le curve del sistema Z
e col loro inviluppo K^.
(*) Segre, Ricerche sulle rigate ellittiche " Atti delLa R. Accad. di Torino t. 21 (1886); n° 19.
SULLE CORRISPONDENZE FRA I PUNTI DI UNA CURVA ALGEBRICA, ECC. 49
Le tre curve di \K,,\ che contengono come parti rispettivamente KJ K," AV",
lasciano come resti tre curve di I, H' H" H'", ciascuna delle quali passa per due dei
tre punti base di \Ky\. Pel fatto che ogni generatrice rappresenta una corrispojidenza
a valenza uno, avremo (n° 20):
2/C' + ^ 2{H"-{-H"'l 2lU" + Ki = 2{H"' + H'), 2 AV" -\-K, = 2{H'^ H'%
e quindi:
2(a;'4-A7'H-a:;")+3 A", = ì{h'+h"^h"').
Sostituendo nella (47) dopo averla moltiplicata per 2, verrà:
(48) 2 T— 3 8 A'i + ^ 3 (ir + /f' + H"') = 2T,-\-2T,.
Se per costruire il gruppo si sega T con la curva composta E'-\-KJ, avremo:
r,= pA:; + iW',
ove ili' è il gruppo delle A'j. che passano pei punti comuni a T" e ad //'. Analogamente,
se per costruire T,j si sega T con la curva AV, si otterrà:
Sostituendo nella (48), avremo:
(49) 2 T - 3 p /iTi + 4 p (/f + H" + E'") = 4 p KJ-\- 2 pi?' + 2 M' .
Siccome ognuna delle curve del gruppo ili' è a valenza uno. la curva composta M'
sarà a valenza a, sicché:
2M'-\-aK^ = 2[N'-^aH'),
ove N' è il gruppo delle curve di Z, diverse da ii', che escono dai punti comuni a
T ed E'.
Se nella (49) sostituiamo l'espressione di 2M' data dalla precedente relazione,
e quella di 2 A,' data dalla:
2KJ^K^ = 2(fl-" + fl-'"),
otterremo, a riduzioni fatte:
2 r+ (« - P) AV = 2 [N' + (a - P) E'] ,
la quale prova che la curva T ha la valenza a — p.
Questo risultato ci dice che :
Sopra una curva ellittica qualsiasi le corrispondenze simmetriche sono tutte a valema.
Precisamente: Se una corrispondenza simmetrica ha Tindice a ed ha 8 coppie
comuni con una (j\ della curva ellittica, la sua valenza e a — p.
Lo stesso fatto si sarebbe potuto stabilire per via trascendente, identificando
le formolo che rappresentano la corrispondenza diretta con quelle che rappresentano
la corrispondenza inversa.
Bologna, Aprile 1903.
G
S XJ JU L E
VIBRAZIONI DI UNA MEMBRANA
CHE SI POSSONO
FAR DIPENDERE DA DUE SOLI PARAMETRI
MEMORIA
DI
GIULIO BISCONCINI
Approvata nell'adunanza del 24 Maggio 1903.
Il prof. Levi-Civita, proponendosi in una memoria pubblicata in questa Acca-
demia (*), la questione di determinai'e i tipi di potenziali, che dipendono da due
sole coordinate, e sono quindi costanti lungo le linee di una certa congruenza
Xf=X^-\- F~-t-Z~ = 0. fu condotto a studiare le soluzioni comuni alle due
equazioni :
A/^^ + |ì + g = 0, Xf=0.
Se noi scambiamo nella A2/' la variabile z in it, la nuova equazione:
^/ ^ diy» òr- "
definisce le vibrazioni trasversali di una membrana elastica (**), e il problema pro-
postosi dal Levi-Civita trova l'equivalente in quest'altro: Determinare i tipi di vibra-
zioni trasversali di una membrana, che si possono far dipendere da due soli parametri.
Per la risoluzione di questo pi oblema ci siamo valsi dei risultati contenuti nella
memoria citata.
(*) TÌ2)i di potenziali che si possono far dipendere da due sole coordinate (' Meni, della K. Acc.
delle Scienze di Torino Serie II, t. XLIX, a. 1899).
(**)È noto infatti, che queste vibrazioni sono definite da un'equazione del tipo ~ dx* '>(/') *
A- essendo una costante. Per passare da questa all'equazione □/'=0 basterà cambiare l'unità di
tempo nel rapporto da 1 ad A.
52
GIULIO BISCONCINI
2
In essa l'A. dimostrò, che le traiettorie di un gruppo ooi di similitudini e le
congruenze rettilinee isotrope sono le sole congruenze equipotenziali e insegnò, come,
per arrivare all'equazione, cui doveva soddisfare il potenziale lungo queste linee,
bastasse aggiungere alle traiettorie della congruenza
Pi = Pi (-i^, i/, ^) , P2 = pAx, !/, z),
una terza famiglia di superficie
P3 = P3(-^,
indipendente da esse, ed, espresso il Ag/" in coordinate curvilinee Pi, pa, P3, bastasse
porre = ed eventualmente moltiplicare per un opportuno fattore in modo da
eliminare P3. Ora, poiché l'equazione [Zif=0 differisce dall'equazione di Laplace solo
per lo scambio della variabile reale z nella immaginaria it, la via che dovevamo
seguire, si presentava ben delineata; dovevamo: 1° determinare nel campo x, i/,t
tutti i sottogruppi reali di quel gruppo, nel quale si muta il gi'uppo delle similitudini,
quando si fa detto scambio ; 2° trovare le equazioni delle traiettorie
(1) Pi = Pi !/, t), P2 = P2 i--^, y, t)
generate dalle coiTispondenti trasformazioni infinitesime, con che avremmo ottenuto
le equazioni delle nuove linee coordinate variabili col tempo; 3° determinare l'equa-
zione delle vibrazioni dipendenti dai soli parametri Pi, pj secondo il processo più
sopra indicato.
Nel § 4 abbiamo preso in considerazione il caso, in cui le linee equipotenziali
appartenessero a una congruenza rettilinea ed isotropa e, valendoci di una forma
semplice data dal Ribaucour per l'integrale generale di queste congruenze, abbiamo
dedotto le equazioni (1), dimostrando (senza eseguir calcoli) come 1' equazione dei
potenziali isotropi si potesse anche riguardare come l' equazione delle vibrazioni in
questione.
Infine abbiamo considerato a parte il caso delle congruenze di lunghezza nulla
(v. § 5), che, mentre nel campo x, ij, z dovevasi escludere, poteva dare nel campo x, ij,t,
come infatti ha dato, risultati, che non fossero negativi.
Ci sia permesso qui di ringraziare vivamente il Professore Levi-Civita, che, oltre
all'averci gentilmente favorito il tema di questo lavoro, ci fu sempre largo di aiuti
e consigli.
§ 1. — Ricerca grupimle.
1. — È noto che, nello spazio ordinario, l'unico gruppo, che lasci ferma una
curva piana, è il gruppo a 7 parametri delle similitudini, il quale lascia fissa una
conica. Scelta questa in modo che in coordinate omogenee assuma la forma
3 SULLE VIBRAZIONI UI UNA MEMBRANA, ECC. 53
cioè scelto quale ente invariante l'assoluto dello spazio, il nostro gruppo G-, risulta
definito dalle trasformazioni iiifiiiitosimo (*):
= P , 'V = '1 , = f .
^if — — . 'V =2P — xr , S4 =xq — yp,
TJf=xp-{-tjq-\- zr,
dove p, q, r sono, secondo le notazioni ordinarie, simboli di derivate di una funzione
f(x, y, z) rispetto alle variabili x, y, z.
Se si passa al campo x, y, t mediante lo scambio di z in it [i =|/ — 1) e si pone
s = ^Ì^^^^i^ ^ le trasformazioni infinitesime del gruppo G^ assumeranno la forma:
= p , ^'jf = q , x^f - « ,
Sif=l/s + tq, S4=tp-\-xs, S3f=xq — yp,
Uf= xp + yq + ts
e la conica all'infinito, che rimane fissa, sarà reale ed avrà per equazione:
a;2 + .y2 — ^2 = 0.
Consideriamo ora il gruppo subordinato di G^ sopra il piano all'infinito e deter-
miniamone le corrispondenti trasformazioni infinitesime, quando sopra questa varietà
a due dimensioni si scelga il sistema di coordinate non omogenee definito dalle
formule :
Quando alle variabili x, y, t si dànno gli incrementi òx, by, bt, le nuove coordi-
nate E, n subiranno in generale gli incrementi:
. _ tbx — xbt . tbu — uhi
bi = — ^ , òn = ,
per cui nelle successive ti'asformazioni infinitesime del gruppo subordinato i coeffi-
cienti di 1^ e ^ saranno ciò che diventano bE e bt), quando bx, by, bf si sostituiscano
con gli incrementi, che subiscono .r, y, t per effetto delle corrispondenti trasforma-
zioni di G-.
Si riconosce allora senz'altro, che, in virtù delle prime trasformazioni infinitesime
e della settima, E ed n assumono degli incrementi, che sono nulli o identicamente o
tenuto conto dei valori infiniti, che hanno sulla nostra varietà x,y,t; in altro parole
le suddette trasformazioni infinitesime non agiscono sul piano all'infinito, cosa d'al-
tronde intuibile a priori, se si pensa al significato cinematico delle trasformazioni stesse.
(*) LiE-EsoEL, Theorie der Tratt.^formations(jripen, Bd. Ili, § 34.
54
GIULIO BISCONCINI
4
Gli incrementi assunti dalle nostre variabili nelle rimanenti tre trasformazioni
infinitesime sono rispettivamente:
bH = -e^ = eEn, òn = e ( 1 - ^) = e(l - n^') ;
bE-e(l-^;)=€(l-^'), bn--e|^ = -eEn;
bE — — e^ = — en, bn=:ey = eE;
€ indicando un'arbitraria infinitesima, per cui le trasformazioni Z^f, Zj/", ^sf subor-
dinate all'infinito sono:
Sarebbe facile riconoscere, che queste trasformazioni infinitesime sono indipen-
denti e che le parentesi di Poisson formate con esse si esprimono linearmente per
le trasformazioni stesse. Esse quindi costituiscono un gruppo transitivo , che si
riconosce, dalla forma delle sue trasformazioni infinitesime, essere proiettivo.
E poiché il gruppo 6^7 lascia ferma la conica -\- ij^ -\- z= , così il nostro
gruppo subordinato lascierà fisso sulla varietà, in cui opera, il cerchio:
Determiniamo ora il gruppo subordinato di sopra questa varietà ad una
dimensione.
Fissando la posizione di un punto del cerchio mediante l'angolo 0, che il raggio
passante per esso forma con un raggio fisso, avremo:
e = arctg-^,
e l'incremento che assume G quando E ed ri s'incrementano di bE e bri sarà:
bez=^'^^==Ebn-nb5.
Per cui, se teniamo conto che gli incrementi di bE e bri nelle trasformazioni
infinitesime Zj/", Z2/", Zg/" sono dati dalle (1), risulterà, che le trasformazioni subor-
dinate da queste sul cerchio daranno a 6 rispettivamente gli incrementi:
be = e[E(l — n2)^5ri2] = e cose,
be = e[— E2ri — ri(l — E^)] = — esene,
be = e (E2 -f n'^) = e ,
5
SULLE VIBRAZIONI DI UNA MEMBRANA, ECC.
55
od il gruppo subordinato 3 sarà individuato dalle trasformazioni infinitesime
Fra le trasformazioni infinitesime di questo gruppo ve ne saranno di quelle, che
lascieranno fissi o due punti (reali o immaginari), o uno solo, o infine tutti i punti
del cerchio + 1'^ = 1 •
Determinate questo trasformazioni infinitesime, potremo determinare le corrispon-
denti del gruppo G^ e quindi i suoi sottogruppi ooi.
Quanto all' ordine seguito avvertiremo , che abbiamo imposto successivamente
alle trasformazioni infinitesime di la condizione di operare in modo da mante-
nere fermi :
rt) tutti i punti del cerchio,
h) due punti reali distinti,
c) due punti reali coincidenti,
d) due punti imaginari.
2. — Prima però di accingerci a questa discussione crediamo opportuno pre-
mettere una osservazione, che ci sembra essenziale.
Avuto riguai'do alla pura questione gruppale, due trasformazioni infinitesime
saranno a ritenersi equivalenti, quando sieno riducibili l'una all'altra mediante una
trasformazione, che appartenga al gruppo. Una definizione così generale non potrà
darsi però, ove si tenga presente 1' applicazione , che abbiamo in vista. E in vero,
mentre dovremo riguardare le variabili x, y come coordinate cartesiane di un piano
(quello della membrana elastica), la variabile t dovrà ritenersi invece un parametro,
che misura il tempo. Non sarà perciò lecito nella discussione scambiare indifferente-
mente il loro ufficio, come si potrebbe fare, se esse rappresentassero coordinate di
spazio, ma si dovrà avere riguardo di tenere sempre distinta la t.
La definizione accennata di equivalenza non può dunque applicarsi senz'altro al
nostro caso, perchè essa potrebbe condurci ad ammettere equivalenti due sotto-
gruppi oqI, che in realtà lo fossero solo nell' àmbito gruppale. Essa andrà dunque
intesa nel senso, che le trasformazioni di (?7, rispetto alle quali due sottogruppi oo^
si presentassero equivalenti, non debbano involgere in un ufficio scambievole le tre
variabili x, ij, t.
Dovremo dunque nel confronto usare solo delle trasformazioni finite che proven-
gono dalle trasformazioni infinitesime Xif, X^f, X^f, Uf, Ssf, poiché le prime due equi-
valgono a una trasformazione parallela di assi, la terza ad un cambiamento dell'origine
da cui si conta il tempo, la Uf a un cambiamento dell'unità di misura delle lunghezze
e del tempo, l'ultima ad una rotazione degli assi r, i/ nel loro piano: mai invece
potremo usare delle trasformazioni finite appartenenti alle S^f ed S^f, perchè in esse
l'ufficio di t è scambiato rispettivamente con quello di o di x.
Sif= cosG
df
òé '
Sif = — sen 9 !
òf
òe
3. — Tenuto presente questo veniamo alla determinazione dei sottogruppi oo
di Gt, distinguendo i quattro casi, di cui s'è detto al n*" 1.
56 GIULIO BISCONCINI 6
a) Indicando con e, (« = 1, 2, 7) delle costanti arbitrarie, la trasformazione
infinitesima più generale del gruppo G-i avrà la forma:
Poiché abbiamo notato che X^f, X^f, X^f, Uf non operano sul piano all' infinito,
mentre l' opposto avviene per le altre tre , le quali muovono i punti del cerchio
52 _j_ n2 — 1 nel modo già detto, così affinchè la Xf soddisfi alla condizione di lasciar
fìssi tutti i punti di questo, basterà supporre:
^5 = ^r, = eT = 0.
Se ammettiamo inoltre dapprima che sia =f= potremo dare a Xf la forma :
A7 e,X,f + e,X,f + e,X,f + Uf.
Questa si riduce ulteriormente eseguendo la trasformazione:
x'z=x-]- ei, y' = y^ 62, t'=t + e^,
appartenente al sottogruppo A'/, X^f, X^f, e diventa (le notazioni essendo evidenti)
eiV + ^2?' -i- e^s' + {x — e^)p' + [y' — e.2)q' + [f — ^3)5'
ovvero, a operazioni eseguite:
Uf.
Se supponiamo invece e^=0 abbiamo:
f
Xf=e,X,f+e,X,f+e,X,f,
nella quale sono ancora da distinguere, in base alla osservazione fatta al n° 2, i due
casi 63 =4= ed 63 = 0.
Nel primo essa è equivalente, pel tramite di una opportuna rotazione degli
assi xy nel loro piano, alla trasformazione infinitesima:
AV+cAV,
nel secondo alla :
Possiamo quindi far rientrare questo tipo nel precedente, togliendo in esso per c
la restrizione imposta.
h) Prendiamo ora in esame il caso, in cui due punti reali del cerchio riman-
gono fissi, ed osserviamo, che, senza togliere nulla in generalità alla questione,
potremo sempre supporre, che tali punti sieno gli estremi di un diametro, p. es. di
quello coincidente coll'asse delle H (*).
La trasformazione più generale
(\icos0 — XgsenG + X3) —
del gruppo subordinato sul cerchio attribuendo alla G l'incremento:
e (Xjcostì — XgsenO -|- Xg),
(*) Potremo sempre ridurci a questo caso mediante una trasformazione proiettiva apparte-
nente a g^.
7 SULLE VIBRAZIONI DI UNA MEMBRANA, ECC. 57
questo dovrà essere nullo per i due valori e tt di 0, cioè si dovrà avere :
\,^\, = _X, +X3 =
ovvero :
\j = X3 = 0.
La trasformazione di 5/3, che lascia fermi i due punti in questione, essendo
dunque S2f, la corrispondente trasformazione infinitesima più generale di sarà:
Xf=e,X,f-{- e,X,f+e,X4+ e,Uf + e,S,f
anche, non potendo essere = 0, pei'chè si ricadrebbe nel caso uj :
Xf = e,X,f + e,X,f + e,X,f + e, f/f + S,f.
Esegniamo ora su essa una trasformazione di formata combinando una trasla-
zione con una dilatazione e sia:
x=\x'+o.,
Otterremo :
A7=^iP/+^2P2'+^'3Ps'+^4j(^'4-pa)y+(/+PP)2'+{<'+PT)s'ì+(<'+PT)/+(:r' + pa)^
ovvero (omettendo anche gli apici):
Xf=^\{e, + e,a + y)^ + + q + (^3 -f e,f -\- a)s\ -\- e,Uf + S,f.
Si vedrebbe pure, come d'altronde è intuibile a priori, che una trasformazione
di S^f non porta, oltre quelle, che ora vedremo, ulteriori riduzioni; noi quindi per
brevità tralascieremo di introdurla.
Supponiamo dapprima 64 =1=0 e cerchiamo, se sia possibile determinare le costanti
indeterminate a, 8, r in modo, che s'annulli il coefficiente di p nella espressione di Xf
precedentemente ottenuta.
Dovremo perciò avere:
e^a + T =r — ,
a + = — ^3 ,
e questo sistema ammette una soluzione, se oltre all'essere 64=^0 è pure e4=}=±l.
Verificato ciò e determinate a. p, t in modo da soddisfare ad esso, avremo il
sottogruppo :
cUf+S,f. (c^O, +1, -1.)
Vediamo ora cosa avvenga pei tre valori esclusi di e^.
Se ammettiamo ^4=0, possiamo determinare a e t in modo, che si annullino
in Xf i coefficienti di p ed s, dopo di che essa diventa:
Xf= CìPq + Sif,
Serie II. Tomo LIV. h
58 GIULIO BISCONCINI 8
nella quale, o si prende ^2=0 e allora si ha il primo tipo:
S2f,
si prende p = e si ha il secondo tipo:
q + S,f.
Se supponiamo in secondo luogo che sia 6^= 1, disponendo opportunamente
delle quantità indeterminate introdotte, potremo annullare o i primi o gli ultimi due
termini della somma entro parentesi nella espressione di Xf ed ottenere, nell'un caso:
Xf=p{e,-e,)s-\-Uf^S,f,
nell'altro:
Xf =^ Pie,- e,)p 4- Uf^S,f.
Entrambe per = danno origine al sottogruppo:
Uf + Sof,
mentre invece porgono i due tipi distinti:
s+Uf+S,f,
P+Uf+S,f,
quando si faccia nella prima p = — - — e nella seconda p = — - — .
In modo analogo, nell'ipotesi che sia e^=~l, si sarebbero ottenuti i tre tipi:
s-Uf-hS,f
I risultati ottenuti ci autorizzano così a togliere nel sottogruppo cUf -\- S^f le
restrizioni imposte alla costante c.
c) Consideriamo ora il caso, in cui i due punti del cerchio, che restano fermi,
coincidano e supponiamoli situati sulla direzione positiva dell'asse 2.
Nella trasformazione infinitesima piìi generale di g^:
(\icos0 — Mene + \3)|^-
potremo sempre supporre XgH^O, perchè, se ciò non fosse, i valori di 9 definiti dalla
equazione :
tge
IV2
annullerebbero l'incremento e(\iC0s9 — XgsenG) di e due punti opposti del cerchio
precisamente i punti 9 = arctg^ (mod. tt) sarebbero fissi.
9 SULLE VIBRAZIONI DI UNA MEMBRANA, ECC. 59
Ci sarà perciò permesso di scriverla sotto la forma:
(Micose - - M2sene + 1) ^g- •
Siccome poi l'incremento
e(MiCose — |Li2sene + 1)
assunto dalla 9 deve annullarsi per = insieme con la sua derivata prima rispetto
a (perchè = è una radice doppia dell'equazione HiCosO — M2sen0 -|- 1 = 0),
così dovremo avere ovviamente:
Mi+1=0, M2=0
e la trasformazione infinitesima di ^3 sarà S3/" — Sif.
Corrispondentemente, la trasformazione infinitesima piìi generale di G^ potrà
scriversi :
Xf ^ e,X,f + e^X^f + e,X,f + e,Uf S,f - S,f.
Eseguiamo ora su questa la solita trasformazione:
ed otterremo:
Xf=p\ie, + e,a - + {e, + e,^ + a - t)-? + (^3 + - P)5 j + e,Uf+ S,f - S,f.
Supposto dapprima ^4=4=0, si riconosce come precedentemente, che si possono
senz'altro restrizioni determinare a, p, t, in modo che s'annulli la somma entro paren-
tesi. Si arriva cosi al tipo:
cUf-\-S,f-S,f. {c=¥=0)
Se invece «4 = 0, potremo usufruire delle nostre indeterminate in modo da an-
nullare i due primi i due ultimi termini della somma.
Nell'un caso avi'emo:
Xf=p{e,-e,)s + S,f-S,f,
nell'altro :
Xf==p{ei-e,)p-\-S,f-S,f,
e queste trasformazioni infinitesime danno origine ai tre sottogruppi:
Ssf-S,f,
p + S,f-S,f,
con che rimane tolta per il tipo cUf \- S^f — S^f anche l'unica limitazione, che s'era
dovuto fare per i valori della costante.
d) Veniamo infine al caso, in cui nessun punto reale del cerchio sta fisso.
60
GIULIO BISCONCINI
10
Partendo, come negli altri casi, dalla trasformazione infinitesima piii generale
di p'3, si vede, che in questo caso deve essere =1X2=0, per cui la corrispondente
trasformazione infinitesima di G-, sarà:
Xf = e,X,f + eo_X,f + e,X,f + e,Uf + S/.
Eseguita la trasformazione:
essa diventa:
Xf+p\ {e, + e,a - P)^ 4- [e, + + a) + {e, + ^.t) s\+e,Uf+ S,f.
Se si suppone ^4 =1= potremo determinare le costanti a, p, t in modo, che s'an-
nulli la somma entro parentesi, ottenendo cosi il sottogruppo:
cUf+S,f. {c=^0)
Se invece si suppone ^4 — e si attribuisce ad a il valoi'e — e a p il valore
otteniamo :
Xf = e^ps -j- S-if
nella quale si può ancora usufruire delle costanti per ottenere gli altri due tipi:
s + S,f. .
Anche qui veniamo così a togliere pel tipo c Uf + S^f la restrizione circa la
costante.
Crediamo opportuno di raccogliere in una tabella i tipi di sottogruppi 00 1 del
gruppo G^ . che dal nostro punto di vista dobbiamo ritenere distinti :
Xif+ cX^f=P + cs
Uf=xp-\- i/q -\- ts
q ^ = tp -\- q xs
c Uf -\- S2f = {ex -\- t)p -\- cyq -|- (a; -|- et) s
s^Uf-\-S/^{x + t)p-{-yq + ix + t+l)s
s-Uf+S,f^{-x-\-t)p-yq + {x-t + l)s
P+Uf+S,f^{x-i-t+l)p+yq + {x + t)s
V-Uf^S,f^{-x+t^l)p-yq + {x-t)s
l s-^S,f-S,f^yp + {-x-t)q + {-y+l)s
\ P + S,f-S,f^{y-\-l)p-\-i-x-t)q-ys
' cUf^ S,f- S,f^ {ex + + (-a; + CI/ - t)q + {- y + et)s
j s S^f^ yp — xq-\- s
l cUf Ssf^{cx + y)p -\- {— X -\- ey)q-\- ets
11
SULLE VIBRAZIONI DI UNA MEMBRANA, ECC.
61
§ 2. — Linee roordinfite,
(ini cui paraìtiett'i ti ipemloìio le ribraxioni.
1. — Procederemo ora alla determinazione delle traiettorie, che le trasformazioni
infinitesime ora trovate generano e mostreremo nei casi piìj semplici, come debba
avvenire la propagazione delle vibrazioni della lamina.
Vedremo come alcuni tipi saranno da scartare, perchè gli integrali corrispondenti
Pi — Pi(*> //iO> P2 = P2(*- !/i non risulteranno indipendenti rispetto alle variabili or e y.
Ora questa è per noi una condizione essenziale, perchè le formule Pi = Pi(x, t),
Pg = P2 (.T, i), che nello spazio x, i/, t s'interpretano come linee di una congruenza,
nel piano xi/ devono invece rappresentare formule di trasformazione fra due sistemi
di coordinate x, y e pj, P2, e come tali devono poter risolversi rispetto a x e a y.
Vedremo, come fra i casi più semplici si trovino: quello in cui il movimento
è riferito a un sistema di assi cartesiani in moto traslatorio uniforme, e quello in
cui questi assi ruotano pure uniformemente.
2. — I. Xif -\- c Xo^f. Le traiettorie di questa trasformazione infinitesima sono
definite dal sistema differenziale:
dx dy dt
T ~~ ~ e
ovvero in termini finiti dalle equazioni:
Pi = ex — t 9-2 — II-
Vediamo allora subito, che il caso in cui e = devesi escludere, in base a
quanto s'è detto al n° 1.
Per c =4=0 le linee coordinate sono rette parallele agli assi, le prime spostantisi
uniformemente col tempo, le altre fisse.
L'interpretazione fisica del fenomeno è in questo caso assai semplice. Fissato un
punto {x, y) della lamina, al quale nell'istante iniziale t = t^, corrisponda una data
vibrazione tv, se al crescere del tempo ci spostiamo nel senso positivo sopra la paral-
lela all'asse delle x condotta per il punto, di una quantità corrispondente alla varia-
zione del tempo divisa per c, troviamo punti per cui ir ha sempre lo stesso valore
(perchè appunto pi e p.> si mantengono inalterati).
È chiaro allora, che se una linea / della lamina e Ibrniata di punti, pei quali ia
vibrazione trasversale ha lo stesso valore, essa col variare di / mantiene la Mia
forma spostandosi parallelamente a se stessa nel senso dell'asse delle ./•.
n. Uf. Le traiettorie sono:
dx d;/ dt
X ~ y ~ t '
e in termini finiti :
62
GIULIO BISCONCINI
12
Le linee coordinate sono dunque cerchi col centro nell'origine delle coordinate x, ij,
e rette uscenti da esso; sono dunque le linee coordinate di un sistema polare che
ha per asse e centro rispettivamente l'asse delle x e l'origine del sistema cartesiano,
con l'avvertenza che il raggio dei cerchi varia proporzionalmente al tempo.
La vibrazione trasversale di un punto (x, ij) della lamina avrà dunque col variare
di t lo stesso valore sopra punti del raggio vettore relativo al punto (a?, «/), i quali
si spostino sopra la sua direzione positiva di quantità proporzionali alla variazione
del tempo.
Se indichiamo allora con l la curva luogo dei punti, che in un certo istante t
hanno una stessa ampiezza di vibrazione trasversale w , il luogo dei punti, che
hanno la stessa ampiezza di vibrazione in un istante successivo t A-t-^, si otterrà
portando sopra i raggi vettori a partire dai punti della curva dei segmenti uguali
al prodotto di per il raggio vettore iniziale.
La curva l-^ è quindi omotetica ad l col rapporto d'omotetia \^ .
m. q + S.2f. Traiettorie:
dx dy dt
~T ~ ~V "x '
e in termini finiti:
— x^, = y -\- log |/
t — X
t+x'
Il primo sistema è costituito da coppie di rette parallele all'asse delle ì/ sim-
metricamente disposte rispetto ad esso; il secondo da curve logaritmiche deformabili
col tempo.
IV. cUf-{- S^f. Traiettorie:
dx dy dt
cx-\-t y x-\-ct '
e in termini finiti:
Il primo sistema di linee coordinate è formato da curve, la cui natura dipende
dal valore della costante c, e che nell'istante ^ = sono circonferenze di raggio Pj.
Messo il secondo sistema sotto la forma ^ ^= Ij si rileva, come esso sia
t^ p-jr
formato da iperboli od ellissi (omotetiche a se stesse col variare del tempo) secondo
che P2 è positivo o negativo; per P2 = si ha manifestamente l'asse delle x.
Interessa, per la semplicità delle linee coordinate e della equazione delle vibra-
zioni corrispondente, mettere in evidenza il caso in cui sia c = 0.
Ponendo per c questo valore nelle formule precedenti e facendo una opportuna
combinazione dei parametri p^, P2, troviamo di poter scegliere quali linee coordinate:
P?, '/ = P2-
V. s+ Uf+S^f. Traiettorie
dx dy dt
x-\-t y .r+^-rl'
13
SULLE VIBRAZIONI DI UNA MEJIBRANA, ECC.
63
in termini finiti :
4yV =Pi- ÌJe' = Pi-
si scorge allora clie il primo sistema di linee (lo cui equazioni possono anche
scriversi 4pi//- — 2.r — {2t-\-l) — 0) è costituito da parabole che al variare del tempo
variano in modo che il loro asse si mantiene sempre parallelo all'asse a;; il secondo
sistema, pur esso variabile col tempo, è formato da curve logaritmiche.
VI. s— UfM Sof.
In modo analogo si trovano quali linee coordinate:
2{X—t)+l ^ r+,
- = Pl, F =P2-
4y'
Cosi pure in questo caso si trova:
2{x + < ) + 1
Vili, p — Uf 4- S,f.
2ix — t) -(- 1
= Pi , >je - P2-
E analogamente:
= Pi , " ' = P2-
Da un confronto fatto fra le linee coordinate di questi quattro ultimi casi
vediamo, che quelle del V e VI (e analogamente del VII e Vili) differiscono solo per
lo scambio di ^ in — te quindi coincidono nell'istante ^ = e sono distinte nei
tempi successivi; e che nei casi V e VII (e analogamente VI e Vili) le linee del
primo sistema coincidono in ogni istante, mentre sono distinte quelle del secondo.
IX. s -\- S^f — S^f. Traiettorie:
dx dtj dt
•V — X — t 1 — y
in termini finiti :
{x + ty + 2y = Pi . + tf + Il [x-^t)-x = p.,.
Nel piano x, y le linee coordinate sono dunque parabole e curve del terzo ordine.
In modo analogo si trovano le linee coordinate:
{x + 0' + 2y = Pi , ^ix + ty + !/ {x-\-t) + t = p,.
XI. cUf -\- — S,f. Traiettorie:
dx dy
dt
cx + y —x + cy — t — ij -\- et '
e in termini finiti:
64 GIULIO BISCONCINI 14
Scritto il primo sistema di curve sotto la forma:
a-2 (1 — 2pi) ^ «/2 — 2pitx — t^l+ 2pi) =
si rileva ch'esso è costituito da ellissi, parabole o iperboli corrispondentemente a
valori di Pi minori, uguali o maggiori di ; gli assi di queste curve al variare di t
si mantengono sempre paralleli a se stessi. Il secondo sistema è costituito da curve
trascendenti.
E interessante mettere in rilievo il caso particolare in cui sia c = 0, perchè
ci è permesso in questo caso scegliere le linee coordinate molto semplici:
x-\-t = 9„ x''+y' — t' = pl
cui corrisponderà un'equazione delle vibrazioni pure assai semplice.
XII. s + S/. Traiettorie:
dx dy dt
e in termini finiti:
^^-t>/ = PÌ, ^ -f arctg^ = P2,
ovvero introducendo le coordinate polari :
^ = Pi , i + e = pg.
Le linee coordinate sono dunque cerchi fissi concentrici e rette passanti pel loro
centro ruotanti uniformemente col crescere del tempo.
Le vibrazioni della lamina saranno dunque riferite ad un sistema cartesiano che
ruoti in modo uniforme intorno all'origine.
XIII. cUf-^S^. Traiettorie:
dx dy dt
ex — y — X -\- cy et'
In termini finiti possiamo scegliere:
(.^ + y'-«')(|±f)" = P.. ^ = Pl
Vediamo allora subito, come il caso particolare c = 0, debba escludersi perchè
le equazioni che si ottengono dalle precedenti ponendo c = non possono risolversi
rispetto alle variabili x, y (v. n° 1).
§ 3. ~ Equazioni delle vibrazioni.
Passiamo ora a costruire per ogni singolo caso la equazione, che definisce le
vibrazioni stazionarie della membrana. Ci varremo perciò di una constatazione fatta
dal Levi-Civita e che si può, nel caso nostro, enunciare nel modo seguente : Se alle
15
SULLE VIBRAZIONI DI UNA MEMBRANA, ECC.
65
due famiglie di superficie Pi = cost, P2=cost si associa nello spazio ds^=dx^ -\-dy^ — dt^
una terza famiglia P3=cost da esse indipendente e si esprime la equazione:
O.C- oy
"òt-
=
in coordinate curvilinee pi, P2, Pa, basta porre nella equazione risultante = ed
eventualmente moltiplicare per un fattore dipendente da Pa, affinchè essa si muti in
una equazione □ tv = 0, che, non solo non contiene P;, come variabile di derivazione,
ma nemmeno la contiene nei coefficienti ; in una equazione cioè, che definisce w come
funzione delle sole coordinate Pi, P2.
Per il calcolo ci varremo della formula di Beltrami:
dove con a indichiamo il determinante del quadrato dell'elemento lineare dello spazio
in questione espresso in coordinate curvilinee Pi, P2, P3 e con a'"' gli elementi reci-
proci degli elementi «,s di questo determinante.
Avvertiamo però, che ci risparmieremo questo calcolo tutte le volte che con
semplice cambiamento di parametri ci riuscirà immediato il passaggio dai tipi di
sottogruppi del gruppo delle similitudini nello spazio ds^ = dx^ -\- di/^ -\- dz^ ai
tipi da noi trovati.
Negli altri casi, almeno nei più complicati, riporteremo il calcolo per esteso.
1. Aggiunto al sistema di superficie
trovate al paragrafo precedente, il sistema :
si ha successivamente:
ds' = dx^ + df - dV' = ji dp\ -h r?p| -f (-^ — 1 )(^p1 + dp^dps,
1 ,
— 1
e"
a'"' = 1
.MS)
= 0,
E l'equazione delle vibrazioni sarà:
Skrik li. Tom. LIV.
66 GIULIO BiscoNcm 16
II. Al sistema di superficie considerato al § 2, II o all'equivalente:
x^^y^= — t'^i-:H^,, -| = tgP2,
aggiungiamo :
e avremo:
0- = tpjsentpicospa, ?/ — 2p3senipisenp2 , i = P3C0SÌpi.
Queste formule sono quelle in cui si mutano le corrispondenti del Levi-Civita (*)
nel caso dei potenziali conici, quando posto z — it si muti in esse Pi e pg rispetti-
vamente in fpi e ipg, per cui senz'altro potremo, eseguendo lo stesso cambiamento
nella sua equazione:
QiU = -T-5- H 5— T-r + cotg Pi -T— =
scrivere come equazione delle vibrazioni:
ò^f 1 òhe
w = 3^ + tcotgtpi ^ = 0.
dp^ sen^Pi op-o opj
III. Aggiungasi al sistema:
la equazione = Pg e si otterrà:
a; = ipisenj(p2 — Ps), «/ = Ps , i = PiC0si(p2 — Pg).
Confrontando questo caso col caso dei potenziali elicoidali, che corrisponde alla
trasformazione infinitesima y ^ — x m ~, si vede che da esso si passa al
nostro quando si eseguisca sulle variabili x,y,z la sostituzione (^^^ji ^ posto z = it,
si faccia m = — i e si sostituiscano ai parametri pj, Pg rispettivamente ipi, i{p2 — Pg).
Dopo di ciò la equazione:
'òhi
si muta nella:
Òo
-w
□
tv
che caratterizza le vibrazioni in questo caso.
' ÒP-O
r^p,
=
1 1
-0,
P^ '
1 òp%
' Pi
dPi
(*) Loc. cit., pag. 115. Avvertiamo che per le analoghe citazioni di questo paragrafo ci riferi-
remo sempre alle formule di questa pag. e della seguente.
17 SULLE VIBBAZIONI DI UNA MEMBRANA, ECC. 67
IV. Scritte le traiettorie sotto la forma:
e aggiunto il sistema di superficie :
t X O/A
t + X
si trova che
a; = Pi sen jp2e''^senfP3, ?/ = Pi costPae*^^, < = — ?PiSentpoe^i?»cosjp3.
A queste formule si sarebbe arrivati, se (conformemente al modo con cui si può
passare dalla trasformazione infinitesima y — x^^-\- m {^x^^^-\- y ^ '\- z alla
nostra) si fosse eseguita la sostituzione (^^^j ^ dopo aver posto z = it si fosse
preso m = — ic e ai parametri P2 e P3 si fossero sostituiti rispettivamente ip^ ed 1P3.
Dunque essendo:
(ir u = 1 1 H 5— H — r 3-T H 2 H 3 ] ;- COtgpo ^ =
' sen'Pa / òp^ ' p\ ' Pi \ ' sen'pj / dp, ' p'j dp,
la equazione dei potenziali spirali, avremo come equazione delle vibrazioni:
□ f< = 1 rr- T-T T-T-r H 2 j— -5 icotgjpo r" = 0.
\ sen*fP2 / ^P^ P*i òP'j ' P) \ sen*(P2 ' i^p, p\ * òp.
Per il caso particolare in cui sia c = 0. se insieme con le equazioni
si considera la
y = itgiPs ,
si hanno le relazioni:
X = ipi sentps , ìj = P2 , ^ = Pi COSÌP3 ,
che si ottengono dalle analoghe relative al caso dei potenziali simmetrici eseguendo
la solita sostituzione sulle variabili x, y, z, mutando poi z in it e sostituendo a Pi e Ps
rispettivamente ipi ed «P3.
Dalla equazione:
dp7 = ^
otteniamo perciò l'analoga:
V. Dal sistema di equazioni
-QT — Pi . — P2 ,
68
GIULIO BISCONCINI
18
cui si sia aggiunto
otteniamo :
X — t
a- + i = 2pip|e-2es
e quindi successivamente abbiamo:
ds^^ = + dif- — df^ = d{x -\- 1) d [x — t) -i- dif =
= e-^Q^ dpl + ple-^Q^ (1 — 4pi)c?p^ + 2ple-'-0^ dp^dp, + 2p2e-2e.(2pi — l)dp2dps,
ple-^Q^
p,e-'Qi2p, — l)
ple-^Q^ p,e--H'^Pi — 1) p?e-2e'(l - 4p0
^(U) ^ 4 P 1_ ^2ì>, ^ (^(^2) ^ ^2Q, ^ ^(33) ^ ,
P'2
P2
2 „-30, / /f H i .20, Oit-- 2p, — 1 ^2^^ ^'^ I e'
' P^2 ÒPl
P2
'^3 dw
àp2 ' P^2 àps
^ dP2
^ * P2 ÒPl ' ÒPo
^ dp3
ai'
VI. Se si considerano le due equazioni
2(x — <) + 1
e vi si aggiunge
si trova:
4/
Pi , ye''^^ = p2
X — t = 2piple-^Q^
x-^t = Ps
1
per cui otterremo lo stesso quadrato dell'elemento lineare e quindi la stessa equa-
zione per le vibrazioni del caso precedente.
VII. Dal sistema delle due equazioni
2(x + t) + l
Pi, ye
-ix-t] —
P2
posto
abbiamo:
X — t = P3
x-\-t = 2piP5e% — - y = p2e8',
19 SULLE VIBRAZIONI DI UNA MEMBRANA, ECC. 69
e con calcolo identico a quello del n" V si trova:
□^-= 4p! -^pr + + 2(2p, + l)p, - 6p. ^ = 0.
Vili. Come al n° VI si conclude, che si arriverà alla stessa equazione del
caso precedente.
IX. Dalle equazioni
con la posizione
SI ricava:
per cui essendo:
ds^ = d{x -\- t)d{x — t) + dij'^ = dps {2dx — dp^) — rf;/^ =
= ^ + (Pi — 1) <^P3 — 2rfp2rfp3 ,
si trova eseguendo i noti calcoli :
X. Considerando come terza equazione:
x-^t — ps
si giunge alla equazione:
XI. Dalle equazioni
□ = 4 — „ — (1 4- Pi)
eij
posto
x-\-t = p^
si deduce:
.-^ = 2p,p3-5log^f , , = ^log^,
e quindi:
ds^ = ^ dpì + (2p, -\-jr)dpl + 2p,dp,dp, - ^ dp^dp, .
Come al solito si arriva allora all'equazione :
□ t^' = 2pi — c^pl + 2p2 T-^~ + i ^ P2 17" — 0-
^p^ '^^ dp's dPidP, ' ^P, dPj
Avendo nel caso particolare in cui c = preso come linee coordinate;
x-\-t = pi, x^ ^ i/-—i^= pi
70 GIULIO BISCONCINI 20
se si pone inoltre y = Ps si trova :
ds^ = dpi + dp.dp, - 2 ^ dp.dp.
Pi Pi Pi
e si arriva all'equazione:
òp% ÒP.^Pa dPa
Integrata una prima volta rispetto a P2 si ha:
e da questa immediatamente:
i^(logVpi — P2, wPi — j rw 1 hhv , 1 / o I e' \ \ . , . dw '
[Jw = 1 H ~r- f-i ì- H 2 A — \ ^ icotgtpo T— = 0.
\ 8en''lP2/^p^ p»i òp-a Pi \ sen «p,/ dPi ® ^Pj
§ 4. — Caso cor t'ispon dente ai potenziali isotrópi.
Come ha dimostrato il Prof. Levi-Civita non solo le traiettorie di un gruppo G^
di similitudini dello spazio ordinario sono linee equipotenziali, ma anche le congruenze
rettilinee ed isotrope godono della stessa proprietà (*).
Come risulta dalla sua memoria i potenziali corrispondenti si possono anche
definire come soluzioni simultanee delle equazioni:
du \2 / ÒU \2 I du \2_ ^
per modo, che se si considera il sistema (che da esse si deduce osservando, che u
deve essere essenzialmente complesso):
ò'pi I d*p, , ò»p^ _ ^
(1)
dx^ d/- "T" dz' —
òp, òpa 1 ÒPi dp2^ I ^ ^ _ Q
da; da; ' dy ' ò« '
e si indicano con
(2) pi{x, y, z) = cost , paCc, y, z) = cost
due suoi integrali, ogni congruenza rettilinea ed isotropa, e quindi equipotenziale,
risulta da essi definita indipendentemente dalle condizioni di realità, e la equazione
dei potenziali è:
VT — ^•
Passando allora nel campo immaginario x,y,f{t — — iz) potremo scegliere come
linee coordinate, rispetto alle quali avviene il fenomeno delle viluazioni stiizinnnrio.
le linee:
(3) Pi(a;, y, it) = cost , po(j-, //, it) = cost ,
con la condizione che Pi e Pj risultino reali.
(•) Loc. cit, pag. 138.
72 GIULIO BISCONCINI 22
Le (3) dovranno dunque essere integrali delle equazioni, che si deducono dalle (1)
ponendo it in luogo di z, cioè delle
da:'
+
= 0,
da;'
+
-
òp,
òt
r=(
^\
'ày !
\2 , /dp,\2 _ /òp^\2 _ /òp,\2 /ÒP2\2 ,dp2\2
dx j [òyl \ di j — \òxì [òy ) ~ \dt ì '
^Pi dPa. dp^
òa; òa; ' ?)y òy Òt di '
che si compendiano, posto = Pi + ip2 , nelle
ò'f j_ à'^v d'I) „
òr \2 / òo \2 / òr \ 2
il che ci permette di concludere che Tequazione delle vibrazioni in questo caso sarà:
òp^ ' òp^:
Possiamo di più dare effettivamente le equazioni di trasformazione fra le coor-
dinate X, y e \e Pi, P2 perchè basta ricorrere alle formule:
• senpi -1-sen p2 , (p(p2)seiipi — ^(Piìsenpa
sen(Pi— P2) sen(p, — P2)
_ ^.^ COS Pi + COS Pg I
') J'f + = »■
potremo asserire, che fra i coefficienti di questa passerà la relazione:
(2) Z2 4- = (*).
Dovrà inoltre essere T^O se non si vuole che sieno nulli tanto X che F, per
cui potremo porre in virtìi della (2):
X Y
— = cosa — = sena
e scrivere la (1') sotto la forma:
(3) eosaf + sena|+ f-=0.
Ora se si vuole, che la funzione w definita dall'equazione:
(*) Basta perciò osservare, che gli incrementi assunti dalle variabili per eflfetto di una trasfor-
mazione infinitesima, sono proporzionali, ai coefficienti della trasformazione stessa, e quindi essendo
er= b< = — ibz — — iiZ sarà Z=iT.
Serie II. Tomo LIV. J
74 GIULIO BISCONCINI 24
sia costante lungo le linee della congruenza (3), bisognerà che il sistema formato
dalle equazioni (3) e (4) sia completo (*).
Introdotte le variabili E, ri mediante le posizioni :
Z = X -\- il/ , r\ = X — iìj,
dalle quali scendono le:
dovremo determinare la forma della funzione a in modo, che risulti completo il
sistema :
^ ^ .-.a I ^ _
ÒS ^ ^ òr] ^ òt
f=r- — . ò'w ,
cioè che si abbia:
(5) PX- XU)w ^ X ^ + ^ + V ^{f + Tra., + y,Xw,
X, |i, V, TT, X essendo funzioni opportune di E, r\, t.
Ora avendosi:
-Ui^ , e^a _ .-.a ^\ i ( 3^)
/ ..-a ^Jf^ I .-.-a ^ I ^ ì — ; ^ ( „.a _ .-.'a ^ \ ^ ; .-a _ .-fa _
òEdnl òE^^ ' ò^/~^^s\ òEòn ^ dnN^ òn^ dE^ dEcinl
dEòt^r ÒE ^ òni^ dEònl dn 1^ 4 ^-^^ '
ed osservando che 1' espressione Xi^iv) non contiene che termini del terzo ordine,
che nella differenza (DX — X^)w si elidono con quelli, che nelle precedenti ugua-
glianze abbiamo per brevità indicato coi simboli (3) e (3)' potremo scrivere:
(□X- XU)w = Ué<^ \l - iie'<- I ^ +
^**r òE ^ -^nlòEòn ' d^òEÒ^^^'^ òfòr\ht^
i *,^Eàn^ ^Eòn^Uf) ÒE ^
^ .-.-a ( _ 4 ^ _ 4v ^ / ^« ' ' 1 i^^]^
(*) Cfr. Levi Civita, loc. cit., pag. 12.
25
SULLE VIBRAZIONI DI UNA MEMBRANA, ECC.
75
Inoltre essendo :
dXw ò^w
dEòn
ÒE
dedurremo :
ÒXw
ÒXw
d'io
+ t"^'-'" + + 4v + 4n) + (X + v««) + (M + v«-<.) -r
Perchè valga la (5) dovrà prima di tutto essere tt x = 0, perchè la parentesi
di Poisson (DX — X[J)tv non contiene ne ' T7" > ^ inoltre fra le funzioni
X, ^i, V, a dovranno passare le seguenti relazioni:
da
(6)
I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
X = 4j
, . òa
M = — 4 i ,
dE
Xg-« + 4- 4v 4i f e'« 4f — ) ,
da
òn
-!- ve-'"
da da
di dn
, . . d-a , ; ()a 2 . o-a . / . na , na , \
+ ^*& + (d7) -^d?=MSE + >^dTi +^ d^j-
da 2 . d'a
^*a
da
da
Poiché la III, tenuto conto delle I, li, IV, V, risulta identicamente soddisfatta,
potremo dalle (6) con la eliminazione di X. \x. v, ottenere due relazioni , cui dovrà
soddisfare a.
Dal confronto delle IV e V, dopo l'eliminazione di X e |i a mezzo delle I e II,
otteniamo la prima di queste relazioni :
da
-a ifi. I ^ —
" dE ' dn ' d<
Per ottenere la seconda, si eliminino dalla VI X, u, v; si avrà cosi:
/ da \2 , ^ da , / d»a \ _ _ .d_a ,a da _ .„ da\
\òt] ~^ òi dn ^ M * dEdn òt^ 'òt ^ òi ^ .^n '
Questa però, poiché il secondo membro è puramente immaginario (come si vede
osservando, che cambia di segno col mutare di j in — i e l in n) si scinderà nelle
due equazioni:
76
GIULIO BISCONCINI
26
(8)
òa ] ^ 4. ^ ^ A
òt ! * dE òn '
_ ^ — ^ ( e'-a il _ p-ia ^ ì
Scritta la prima di queste sotto la forma:
ed eliminata la ~ mediante la (7) abbiamo:
(9) ,a|»^,-,„|£ = 0,
in virtìi della quale la seconda delle (8) diventerà:
e quindi il sistema (7), (8) equivarrà a quello formato dalle equazioni (7), (9), (10).
Se si osserva però, che la (10) è una conseguenza delle (7) e (9) (*) e che il
sistema formato da quest'ultime è completo (**), si vede, che basterà integrare questo
sistema per ottenere la funzione incognita a.
A tal uopo osserviamo, che, se la funzione a, determinata dalle (7) e (9), risulta
definita da una equazione implicita:
/(E,n,^,a) = 0,
si avranno le relazioni:
Pf ^
òa òÈ òa òn da ò^
ò E ~ W' ~' ~~ 'òf' ' ~òi ~ ^ ~dl ' .
òa òa òa
e quindi la f riguardata come funzione delle 4 variabili H, r\, t, a dovrà soddisfare al
sistema:
f'«4r + ^-'« 4- 4^=-0,
òE ' òr] òt
pia ^ f>-ia hl^ — A
ÒE òn '
che equivale al sistema Jacobiano:
(11)
òn 2 " 0/
(*) Basta, per vederlo, derivare successivamente la (7) rispetto E, »1, t; dalla somma delle due prime
equazioni così ottenute togliere la terza e sommare membro a membro l'equazione risultante col
quadrato della (9).
(**) Perchè il sistema equivalente, che si deduce risolvendo le due equazioni rispetto ^ > >
è Jacobiano.
27 SULLE VIBRAZIONI DI UNA MEMBRANA, ECC. 77
Un sistema di integrali indipendenti della prima equazione è, ove si indichino
con Mi,?<2i":} delle costanti arbitrarie:
(12) a = u,, n = «2, Ee-"'—2t = u.,.
Ora, poiché il sistema intejjrale delle (11) deve dipendere soltanto da ?n '2 Um, d< ' dwj dt duj dt j ~
d"3 di/;,
che ammette come integrali:
Mj = cost, M3 -|- j/oe'" = cost ,
ossia per le (12):
ar=cost — 2^ + Se-'a4- ne'"= cost.
L'integrale generale del sistema (11) sarà dunque:
F{a, — 2t + £e-'"4- Tie'°) =
con F designando una funzione arbitraria.
Questa equazione, introdotte le variabili x,ij ed indicando con qp una nuova
funzione arbitraria, potrà scriversi:
(13) arcosa -I- //sena — ^ — cp(a) = 0.
Concludendo possiamo dire, che quando si sia determinata una funzione a delle
variabili x,y,t, che soddisfi a questa equazione, due integrali indipendenti pi=cost,
P2 = cost dell'equazione (3), o dell'equivalente in variabili i.r]:
ci rappresenteranno le linee coordinate , dai cui parametri dipendono le vibrazioni
della lamina. Ora è facile convincersi, che:
a = cost, -|^ = cost
sono due integrali richiesti.
Per il primo la cosa è immediata, perchè basta tener presente la (7): per il
secondo basta derivare questa stessa relazione rispetto a t e usufruire della (fl); si
ottiene allora identicamente:
^ ÒE > ò< ' ^ òn \ òt I ^ òt \ dt I
78
GIULIO BISCONCINI
28
Poiché d'altronde a verifica la (13) e l'equazione, che si trae dalla (13) de-
rivando rispetto a t, cioè la
— xsena _4-Ticosa^ — 1 — qp'(a) = ,
così i due sistemi di curve Pi=rcost, P2=cost saranno caratterizzati dalle due
equazioni:
1 a;cospi + ysenpi — cp(Pi) — t — 0,
(li)
' ajsenPi — (/cospi -|- cp'(pj) -f- pg = .
2. — E facile formarsi un'idea dell'andamento delle curve dei due sistemi.
Le linee pi=cost sono rette, che al variare di t si spostano parallelamente a
se stesse e che per uno stesso valore di t inviluppano una curva X''^, le cui equazioni
in forma parametrica sono:
.»cospi-t- ^/senpi — 9(Pi) — ^ = 0,
— .rsenpi + ?/cosPi — cp'(Pi) =0,
ovvero :
( a; = [(p(pi) + ;]cospi— cp'(pi)senpi,
(15)
' = [qp(pi) + ^]senpi+ (p'(Pi)cospi.
Al variare di t si hanno evidentemente curve parallele fra loro, i cui punti cor-
rispondenti (situati sulla stessa normale) distano di un segmento uguale all'incre-
mento di t.
Il secondo sistema di curve P2 = cost ha quale rappresentazione parametrica le
equazioni (14) equivalenti alle:
, x=[(p (pi) + t] cos Pi — [(p'(pi) f - P2] sen Pi ,
(16)
f /y = [cp (pi) -f- 1] sen Pi + [cp'(pi) 4- P2] cos'Pi ,
od anche, indicando con Xq, ì/q le coordinate dell'inviluppo (15):
X = Xo — Pasenpi ,
= yo+ P2COSP1 ,
le quali ci mostrano, che ogni curva del secondo sistema corrispondente ad un dato
valore di t si ottiene dalla curva X"' portando sulle tangenti di questa a partire dal
loro punto di contatto e in una determinata direzione uno stesso segmento p2.
E ovvio allora, come da una curva p^" corrispondente a un istante t, si ottenga
la curva p^''' corrispondente a un istante successivo t'. Per i punti di Pa' basterà tirare
delle rette normali alle rette p'/' passanti per essi , e portare sulle loro direzioni
positive a partire dai punti di p^'^ dei segmenti uguali all'incremento t' — t del tempo;
il luogo di questi punti è la curva py*.
29
SULLE VIBRAZIONI DI UNA MEMBRANA, ECC.
79
Se p. es. la funzione qp riducesi ad una costante k, le rette pi = cost aventi
per equazione:
xcosp, -f- ysenpi — {t-\-k) =
inviluppano i cerchi di raggio t -\- k:
x = {t k) cos Pi , yz=[t-\-k) sen p^
e quindi le curve = cost saranno i cerchi:
x = {t -\~ A:) cos Pi — p2sen Pi , y z= [t -\- k) sen Pi -j- p2C0spi
di raggio |/p| + + kf.
3. — Si tratta ora di vedere qual forma assuma 1' equazione delle vibrazioni
invariabili Pi, p,.
Se assumiamo la t come terza variabile ps avremo dalle (16):
x+iij = [cp(pi) + P3] e'S' + i [(p'(Pi) + P2I e'^'
» — iy = [^(Pi) + Psle-'^'— i[q)'(pi) + Pzle-'^'
e quindi successivamente:
ds^ = d{x + iy)d{x - iy) - df^ = ; [P3 + q)(Pi) + ^'"(Pi)]' + PlJ dp\ + d^l +
+ 2[p3 -f (P(pi) + (P"(pi)]c?pirfp2 — 2p2(;p,rfp2,
I [P3 + q)(Pi) + q>"(p,)]2 4- P* P3 + q'(Pi) +
l.
b) Regione Romana: 9 - 1755-179-1802-1855-1894-190-1957 -(197.50) - 199o - 200.,-
214-220.
e) Amburgo: 5 - 175-185-190-191-(193,5O)-1954-2006-204-2062-209-210-212.
e) „ 9 - 180-(19O,5O)-19l3-201.
a) Praga: $ - 1852-190-(194,5O)-195-l 97-201-204.
m) , 9 - 190-193-196.
86
LOKENZO CAMERANO
6
p) Contorno di Firenze: 5 - 175-1802-1 863.
lu) „ 9 - 170-175-180-185-190.
x) Bucarest: 5 - 165.
» 9 - 1902.
Lunghezza massima del piede anteriore (senza le unghie).
a) Vallo del Po: 5 - 131-U2-146-U9-153-1563-(158)-159-165-1709-175-1802-185.
P) Regione Romana: 1522-1563-1572-16l6-1623-165-1667-1704-17l3-(173,5O)-1752-
180,-1854-1953.
t) Valle del Po : 9 - U0-144-U8-1502-1542-1594-160-(162,5O)-1656-1693-175-180-185.
b) Regione Romana: 13.6- 146- 151 - 155- 1569-160-(16O,5O)-16l4- 1655- 166 -I7O3-
175.,-1852.
e) Amburgo: 5 - 1754-1805-185^(187, 5O)-190-191-195-200.
e) „ 9 - 164-169-(177,5O)-1802-191.
a) Praga: 5 - 1652-1702-(173)-175-180-191.
m) „ 9 - 175-(177,5O)-180.
p) Contorno di Firenze: 5 166-170-(173)-1753-180.
tu) „ , 9 154-160o-(164.5O)-165-175.
X) Bucarest: 5 - 160.
„ 9 - 165-175.
Lunghezza massima del piede posteriore (senza le unghie).
a) Valle del Po: 5 - 151-161-1653-166-170-(173)-1755-180rl85-1902-195.
p) Regione Romana: $ - 16l3-1622-165-1662-1707-17l2-175i3-180t-(182)-1855-l 89-
195-203.
t) Valle del Po: 9 - 154-165-109-1705-1756-(177)-1804-185j-19l2-200.
b) Regione Romana: 9 - 136.146-(16O,5O)-16l3-165,rl70c-1754-1805-1852.
e) Amburgo: 5 - 1804-1855-1905-(193)-1953-196-200-206.
e) , 9 - 180-(185,5O)-19l4.
a) Praga: 5 - 1852-187-1902-(193)-195-201.
V) n 9 - 185..
p) Contorno di Firenze: 5 - 170-1750-1803.
uj) „ « 9 - 1803-(182,5O)-1852.
X) Bucarest: 5 - 175.
qj) „ 9 - 190-196.
Larghezza del piede posteriore.
a) Valle del Po: 5 - 733-762-772-783-804-(81,5O)-822-83-852-88-903.
P) Regione Romana: 5 - 7l2-72-74-765-785-(8O,5O)-8l5-83i3-84-853-844-902.
t) Valle del Po: 9 - 67-70-723-742-75-(76)-773-793-802-824-854.
b) Regione Romana: 9 - 68-703-73,-75-763-787-79-(82,5O)-832-85-882-903-97,.
e) Amburgo: ^ - 80-83-854-884-902-(91,5O)-95-972-98-1003-103.
e) „ 9 - 855.
7
RICERCHF, INTORNO ALLA TALPA ROMANA OrfìeUl TllOlliaS, ECC.
87
a) Praga: 5 - 82-83-88o-(89.5O)-90-95-97.
M) „ 9 - 90-f91.5O)-93.
p) Contorno di Firenze: 6 - 92-(94,50)-953-97,.
ai) „ « 9 - 902-(91,5O)-933.
X) Bucarest: 6-82.
„ 9 - 82-103.
Lungliczza della coda.
a) Valle del Po: 5 - 253-263-272-278-280-284-288-290-292-297-3003-3023-3092-
313- 320-321-330-331.
p) Regione Romana: $ - 240-24G2-249-253-25G2-258-263-2655-2682-2705-2722-2733-
(281 ,50) - 282-284-286-292-294 - 2953- 297-3032- 3052-313-
314- 323.
t) Valle del Po: 9 - 2172-247-250-2682-270-275-2782-280-2863-2883-2972-300-307-
309-310-3192.
b) Regione Romana: 9 - 243-2502-2532-256-260-2636-2652-(271,5O)-2726-280-2823-
2842-292-294.
e) Amburgo: 6 - 244-2572-260-263-270-(277,5O)-2802-2823-292-3002-310-311.
e) „ 9 - 2653-275-(275,50)-286.
a) Praga: $ - 290-302-311-(32O)-321-331-349-350.
vi) „ 9 - 278-(3O3)-330.
p) Contorno di Firenze: 6 - 292-310-(311,5O)-314-320-322-331.
uj) „ « 9 - 2702-278-(2 89.5O)-298-309.
X) Bucarest: $ - 278.
ip) „ 9 - 278-298.
Lunghezza massima del cranio (misura base) espressa in millimetri.
a) Valle del Po: 5 - 342-35.i-36i3-377-382.
3) Regione Romana: ^ - 35-37ii-38io-398.
t) Valle del Po: 9 - 33-346-35„-(35,50)-363-38.
b) Regione Romana: 9 - 365-3715-884.
e) Amburgo: 6 - 342-352-(35,50)-368-378.
e) „ 9 - 345.
a) Praga: J - 34-35-(35,50)-36-37.
]x) , 9 - 35-(35.50)-36.
P) Contorno di Firenze: ^ - 362-37.,-(37,50)-38-39.
OJ) « » 9 - 353-(35,50)-36o.
X) Bucarest: 5 - 35.
^) „ 9 - 352.
88
LORENZO CAMEKANO
8
Lunghezza massima basale del cranio.
a) Valle del Po: 5 - 300-302-3032-304-3072-3092-3 10io-31l4-312-315-318-319-320.
p) Regione Romana: 5 - 3022-303-3055-307-308-3093-31l3-(312)-313o-314-3162-
321-322.
t) Valle del Po: 9 - 300-3045-305-3074-3098-310-(311,5O)-313-316-323.
b) Regione Romana: $ - 300-3024-3032-3072-3103-(31O,5O)-31l6-315-32l2.
€) Amburgo: $ - 300-3023-305-307-309-3103-3114-312-315-316-319-3202.
e) „ 9 - 297-302-307-(3O7,5O)-3182.
a) Praga: 5 - 310-31l2-3162-318-(319.5O)-329.
H) „ 9 - 309-(3O9,5O)-310.
p) Contorno di Firenze: 5 - 31l2-313-314-315-(315,5O)-320.
lu) „ , 9 - 300-3092-(3O9,5O)-310-319.
X) Bucarest: 6 - 319-
vp) „ 9 - 3092.
Larghezza massima del cranio misurata sulle arcate zigomatiche.
a) Valle del Po: 5 - 113-1142-1154-117-1182-1204-122-(122,5O)-123-1244-1265-
127-130-132.
P) Regione Romana: 5 - 123-126-128-1294- 131 - ISSg- 1342 -(135)- I367-I384- 141-
142-147.
T) Valle del Po: 9 - 106-109-lll-1133-114-(115,5O)-1162-118,-1202-122-123-125.
h) Regione Romana: 9 - 125-1265-1283-1302-13l3-133-1352-(135,5O)-1365-146.
€) Amburgo: 5 - 1102-112-113-ll52-1162-1175-(117,5O)-118-119-1202-122-123-125.
e) „ 9 - 1162-119-1222.
o) Praga: 5 - 119-120-122-fl24)-1262-127-129.
M) „ 9 - 118-(119)-120.
p) Contorno di Firenze: 6 - 118-120-122-(124)-126-128-130.
(ju) „ „ 9 - 120-(122.5O)-1233-125.
X) Bucarest: $ - 113.
^) . 9 - 1232.
Larghezza massima del cranio misurata nella regione mastoidea.
a) Valle del Po: 5 - 161-1654-166-169-170n-(17O,5O)-1732-174-1755-1802.
P) Regione Romana: 5 - 157-1622-165-1666-1704-171-175n-1802-185.
t) Valle del Po: 9 - 1602-1655-(167,5O)-1695-1707-1752.
b) Regione Romana: 9 - 16l2-1658-1662-(168)-1704-1757.
e) Amburgo: 5 - 1657-1692-1709-173-175.
e) ., 9 - 1692-1742-174,50-180.
a) Praga: 5 - 1653-1702-(172,5O)-175-180.
H) „ 9 - 165-(167,5O)-170.
p) Contorno di Firenze: 5 - 166-1704-(17O,5O)-175.
uj) „ « 9 - 165-170-1753.
X) Bucarest: 5 - 170.
vp) „ 9 - 170-175.
9
RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Ol'field TlloniRS, ECC.
89
Larghezza massima del cranio nella regione orbitale.
a) Valle del Po: 5 - G6-68-69-702-722-733-74-757-76-783-804-822.
p) Regione Romana: o - 7l2-73i-745-7Gi-77-789-8l2-B32.
t) Valle del Po: 9 - 70-728-743-75-76-775-802.
b) Regione Romana: ? - 70-7l2-735-75i-7()-78,,-(79)-81-832.
e) Amburgo: 6 - G5-688-692-70c-722-73.
e) , 9 - 71o-(72,50)-743.
a) Praga: 5 - 66-68;r(70.50)-72-74-75.
m) „ 9 - 67-(68,5O)-70.
p) Contorno di Firenze: 5 - 7l2-72-73-(74,50)-75-78.
uu) „ „ 9 - 70-722-73-(73,5O)-77.
x) Bucarest: $ - 72.
„ 9 - 722-
Lunghezza del palato.
a) Valle del Po: o - 140-1422-143-1442-1463-148.^-1 i9-15O,rl5l3-154-155-1602.
p) Regione Romana: 5 - 146-149-151-lo3-156ii-157i-(158)-16l5-1624-165-170.
t) Valle del Po: 9 - 1443-1486-1493-1505-1522-1544.
b) Regione Romana: 9 - 146-1533-1566-1602-161io-165-166.
€) Amburgo: 5 - 141-1442-14G5-1483-(148,5O)-1507-151-156.
e) „ 9 - 1485.
(J) Praga: 5 - 145-1463-148-(149,50)-151-154.
m) , 9 - 144-(147)-150.
p) Contorno di Firenze: 5 - 142-1462-(147)-148-lo0-152.
u)) , . Q - 145-150-(152,5O)-1542-160.
X) Bucarest: 3 - 1-^9-
y\>) „ 9 - 144-154.
Larghezza del cranio a livello del 1° molare superiore.
a) Valle del Po: 5 - 66-78-833-823-83-(84)-855-87-882-908-922-102.
P) Regione Romana: 5 - 852-844-903-91-929-(94)-955-973-1023.
t) Valle del Po: 9 - 72-79-803-824-(83.5O)-853-875-932-952.
b) Regione Romana: 9 - 852-866-905-(91)-926-93-952-972.
e) Amburgo: $ - 73-75-77-782-802-(8O,5O)-82-834-854-872-882.
e) „ 9 - 82-(83.50)-854.
0) Praga: 5 - 783-80-1 8 1,50)-822-85.
m) „ 9 - 82-(83,50)-85.
p) Contorno di Firenze: 5 - 76-782-(79,5O)-802-83.
uj) , , 9 - 75-80-(81)-822-87.
x) Bucarest: J - 82.
n>) ^ 9 - 820.
Sertk li. Tom. TjIV,
I.
90
LORENZO CAMERANO
Larghezza del 'palato a livello del P molare superiore.
a) Valle del Po: 6 - 38-402-4 l2-444-45n-463-482-492-50.
P) Regione Romana: 5 - 41-433-444-452-467-475-496-512.
t) Valle del Po: 9 - 40-4l3-42-43-(44.5O)-452-46,-484-49.
b) Regione Romana: $ - 41-434-46,;-455-46-497.
e) Amburgo: 5 - 422-432-447-45o-(45.50)-462-49.
e) „ 9 - 42-45-472-48.
a) Praga: 5 - 443-45-46-(46,50)-48-49.
m) „ 9 - 45-(45,50)-46.
P) Contorno di Firenze: 5 - 43-442-(44,50)-452-46.
^) . » 9 - 43-(44,50)-45-463.
X) Bucarest: ^ - il.
^) . 9 - 462.
Lunghezza dello spazio occupato dai molari superiori.
a) Valle del Po: 5 - 60-63r64-657-(65.5O)-663-673-69-704-71.
P) Regione Romana: 5 - 58-63-65-664-685-695-7I4-72-735-743.
t) Valle del Po: 9 - 57-622-63-643-652-662-678-68-69.
ò) Regione Romana: 9 - 689-692-704-7l2-(71.5O)-736-75.
e) Amburgo: 5 - 585-6O7-6I2-622-633-64.
e) „ 9 ' 58-612-64.
a) Praga: 5 - 6l2-633-(63,50)-64-66.
m) „ 9 - 60-(62)-64.
p) Contorno di Firenze: 6 - 63-653-(65.50)-66-68.
uj) „ . 9 - 672-70-(72)-7.5-77.
X) Bucarest: $ - 64.
V) » 9 622.
Lunghezza dello spazio occupato dai molari inferiori.
a) Valle del Po: 5 - 682-69-70s-7l2-723-735-74-753-77-78-80.
p) Regione Romana: 5 - 71-72-737-74-75-766-77-786-815-83.
t) Valle del Po: 9 - 69-70-71-729-73-744-75-76-772.
ò) Regione Romana: 9 - 753-76-78i4-(78,5O)-803-8l2-82.
e) Amburgo: 5 - 63-655-665-(66,5O)-67-684-692-702.
e) „ 9 - 695.
a) Praga: ,* - 63-68-(68.5O)-70-7Lr72-74.
\x) . 9 - 70-(71)-72.
p) Contorno di Firenze: $ 68-692-(69.5O|-702-71.
lu) „ , 9 70-722-73-(73.5O)-77.
X) Bucarest: 5 - 72.
V) „ 9 - 67-72.
11
RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Olficld TllOllias, ECC.
91
Larghezza massima del 2° molare superiore.
a) Valle del Po: 6 - 18-19-2l2-222-234-245-25io-263.
P) Regione Romana: 5 - 242-263-273-28i3-(28,5O)-29c-30-31-33.
t) Valle del Po: 9 - 202-21 12-23-24 -252-26,.
b) Regione Romana: 9 - 2-t5-252-26-27-28.r29io-30.
e) Amburgo: 5 - 193-206-214-225-23-25.
e) „ 9 - 2I5.
a) Praga: $ - 19-(21,50)-222-232-242.
V) . 9 - 23,.
P) Contorno di Firenze: $ - 22-232-(23,50j-24.i-25.
^) . r, 9 - 23,-(24)-25.
x) Bucarest: 5 " 21.
H>) « 9 - 2I2.
Lunghezza massima del 2° molare superiore.
a) Valle del Po: 5 - 22-23-245-25i2-263-(27)-282-29-30-31-32.
p) Regione Romana: 5 - 19-235-24ifi-25-263- 283-29.
t) Valle del Po: 9 - 236-24-252-26ii-27.
b) Regione Romana: 9 - 24i8-25.,-(26.50)-28-29.
€) Amburgo: 5 - 192-20;r21o-(21.5O)-22,-23r242.
e) „ 9 - 2l2-(23,50)-242-26.
a) Praga: 5 - 21-222-(22,50)-232-242.
m) „ 9 - 20-(2O.5O)-21.
p) Contorno di Firenze: 5 - 222-23:r24.
uu) „ « 9 - 233-(24.50)-25-26.
X) Bucarest: $ - 23.
MJ) « 9 - 21-23.
Larghezza massima del 2° molare inferiore.
a) Valle del Po: 3 - 14-152-16o-17-18.
P) Regione Romana: - 15-17fl-18g-(18,50)-19io-21-22.
t) Valle del Po: 9 - 135-142-(14.50)-15o-165.
b) Regione Romana: 9 - 15,-17,rl8i-199.
€) Amburgo: 5 - 12e-13n-(13,50)-lo3.
e) „ 9 - 135.
a) Praga: 6 - 12-13-(13.50)-155.
V) . 9 - 132.
p) Contorno di Firenze: 5 - 142-(14,50)-15.,.
UJ) , , 9 - 13-(14)-154.
X) Bucarest: 5 - 13.
^) , 9 - 132-
92
LORENZO CAMERANO
12
Lunghezza massima del 2° inalare inferiore.
a) Valle del Po: 5 - 20-2l2-23-(23.5O)-24s-25i2-263-27.
P) Regione Romana: 5 - 192-237-(23,50)-24i6-25-263-28.
t) Valle del Po: - 21-234-24-253-26ii-27.
ò) Regione Romana: 9 - 193-20-22-24in-254.
e) Amburgo: 5 - 2I2-222-235-2I7-254.
e) „ 9 - 21-(23.50)-264.
a) Praga: 5 - 22-243-25-262.
^) „ 9 - 232.
p) Contorno di Firenze: 5 - 233-(23,50)-243.
w) „ 9 - 252-(25,50)-263.
X) Bucarest: $ - 23.
^>) n . 9 - 232.
Lunghezza del canino superiore.
a) Valle del Po: 5 - 253-26-272-282-(29,5O)-30v-32-34.
B) Regione Romana: $ - 242-282-29-(31,50)-322-335-34-352-362-37-39.
t) Valle del Po: 9 - 21-263-(26,5O)-28-292-302-31-32.
h) Regione Romana: 9 - 28-297-30-31-(31.5O)-333-344-35.
e) Amburgo: 5 - 22-23-244-2.52-263-283-292-302.
e) „ 9 - 2l2-(23,50)-24-262.
a) Praga: 5 - 243-262-(27)-29-30.
H) „ 9 - 18-(22)-26.
p) Contorno di Firenze: $ - 253-26-270.
uj) ., « 9 - 23-262-(26,5O)-28-30.
X) Bucarest: 5 - rotti.
V) , 9 - 23-30.
Lunghezza del canino inferiore.
a) Valle del Po: $ - 10-13-(14,5O)-15i2-17-182-19.
f?) Regione Romana: 5 - I4-I5-I73-I85-I95-2I2-222.
T) Valle del Po: 9 - ll3-132-15i, -16-19.
ò) Regione Romana: 9 - 155-174-(17,5Oj-lS2-197-20.
e) Amburgo: 5 - 103-ll-122-(12,5O)-134-159.
e) „ 9 - Il3-fl3)-152.
a) Praga: 5 - 12-(14)-155-16.
m) „ 9 - 10-(12,5O)-15.
p) Contorno di Firenze: 5 - 142-(14,50)-154.
UJ) „ » 9 - 154.
X) Bucarest: 5-13.
V) « 9 - 13-15.
13
RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Ol'fiold TllOmaS, ECC.
93
Dall'esame comparativo dei dati precedentemente riferiti risulta:
Statura. — Gli individui maschi della Regione Romana giungono a dimensioni
notevolmente maggiori che non quelli di tutte le altre località (la stessa cosa si
dica per gli individui femmine) e presentano i seguenti campi di variabilità:
5 da mill. 176 a 207 colla media di 191.50
9 „ UH a 200 „ „ 182.
Gli individui della Valle del Po, di Amburgo, di Praga, di Firenze, ecc., sono
spiccatamente piii piccoli.
Valle del Po: 5 - da mill. 165 a 188 colla media di 176.50
Amburgo: 5 - „ 162 a 192 „ „ 111
Praga: $ - , 166 a 170 „ „ 168
Firenze: 5 - „ 176 a 194 „ „ 185
Valle del Po: 9 - „ 150 a 176 „ „ 163
Amburgo: 9 - „ 160 a 170 „ „ 165
Praga: 9 - „ 158 a 160 „ „ 159
Firenze: 9 - „ 162 a 170 „ „ 166
È da notarsi che gli individui maschi e femmine di Firenze, sono di dimensioni
uu po' maggiori di quelli della Valle del Po, di Amburgo, di Praga ed anche di
Bucarest.
Lunghezza del muso dagli incisivi anteriori all'apice. — Non si notano differenze note-
voli fra gli individui maschi della Regione Romana e quelli delle altre località.
Si osserva tuttavia una maggior lunghezza negli individui maschi del Contorno
di Firenze. — Nelle femmine, quelle della Regione Romana presentano lun-
ghezza maggiore.
Larghezza massima del muso. — I valori maggiori sono presentati dai masclii della
Regione Romana e cosi pure si dica per le femmine.
Larghezza del disco proboscideo. — I valori minori sono presentati dagli individui
maschi e femmine della Regione Romana.
Distanza dell'occhio dall'apice del muso. — Nei maschi delle varie località non vi
sono differenze notevoli, mentre nelle femmine della Regione Romana si trovano
valori notevolmente superiori a quelli delle femmine delle altre località.
Larghezza massima del jjiede anteriore. — I valori più elevati sono presentati dalle
femmine della Regione Romana, mentre nei maschi della Valle del Po si tro-
vano i valori meno elevati.
Lunghezza massima del piede anteriore senza le unghie. — I maschi della Valle del Po
presentano i valori piìi bassi. Questa misura dà pure valori bassi por le fem-
mine della Regione Romana.
Lunghezza massima del piede posteriore senza le unghie. — Le femmine della Regione
Romana hanno i valori piii bassi: i maschi invece Iianno valori non molto diversi
da quelli delle altre località.
94
LORENZO CAMEKANO
14
Larghezza massima del piede posteriore. — Non si notano differenze spiccate fra gli
individui delle varie località.
Lunghezza della coda. — I valori piìi elevati sono presentati dagli individui maschi
dei contorni di Praga. — Le femmine della stessa località hanno pure coda più
lunga delle femmine delle altre. Fra i maschi e le femmine della Regione
Romana e quelli delle altre località non vi sono differenze notevoli.
Lunghezza massima basale del cranio. — Non vi sono differenze notevoli.
Larghezza massima del cranio misurata sulle arcate zigomatiche. — • Gli individui maschi
e femmine della Regione Romana hanno valori notevolmente più elevati che non
negli individui delle altre località.
Larghezza massima del cranio alla regione mastoidea. — Non vi sono differenze notevoli.
Larghezza del cranio alla regione orbitale. — I valori più elevati appartengono ai
maschi e alle femmine della Regione Romana.
Lunghezza del pedata. — Questa è notevolmente maggiore nei maschi e nelle fem-
mine della Regione Romana.
Larghezza del cranio a livello del 1° molare superiore. — Essa è notevolmente mag-
giore negli individui maschi e femmine della Regione Romana.
Larghezza del falcilo a livello del 1° molare superiore. — Non vi sono differenze notevoli.
Lunghezza dello spazio occupato dai molari superiori. — Nei maschi della Regione
Romana è spiccatamente maggiore che non in quelli delle altre località. Fra le
femmine invece la differenza non è spiccata.
Lunghezza dello spazio occupato dai molari inferiori. — Esso è maggiore nei maschi
e nelle femmine della Regione Romana che non in quelli delle altre località.
Larghezza massima del 2° molare .superiore. — Essa è notevolmente maggiore nei
maschi e nelle femmine della Regione Romana.
Lunghezza massima del 2° molare superiore. — Non vi sono differenze notevoli.
Larghezza massima del 5° molare inferiore. — Essa è notevolmente maggiore nei
maschi e nelle femmine della Regione Romana.
Lunghezza massima del 2° molare inferiore. — Non vi sono differenze notevoli.
Lunghezza del caìiino superiore. — Essa è maggiore nei maschi e nelle femmine della
Regione Romana.
Lunghezza del canino inferiore. — Essa è maggiore nei maschi e nelle femmine della
Regione Romana.
Dall'esame delle serie delle varianti e della loro frequenza, dalla considerazione
delle classi estreme di ciascuna serie, ed anche dal confronto degli stessi valori medii
di ciascuna serie e, inoltre, tenuto conto delle osservazioni sopra riferite, risulta:
1° che gli individui di Talpa che provetigono dalla Regione Bomana, per quanto
riguarda le proporzioni delle varie parti del capo e delle varie parti del cranio, sono
spiccatamente diversi dagli individui di Talpa delle altre località sopra esaminate;
2° che gli individui di Talpa della Regione Romana appartengono, anche pre-
scindendo da altri caratteri differenziali che verrò menzionando in seguito, ad una forma
distinta che merita di essere designata con nome specifico.
3° Tutti gli individui che ho potato osservare della Regione Romana appartengono
alla forma specifica stata indicata recentemente da Orfìeld Thomas col nome di Talpa romana.
15
RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Orficld TllOIliaS, ECC.
95
*
* *
Ai caratteri sopra menzionati delle dimensioni per distinguere la Talpa romana
Off. Th. dalle altre Talpe italiane ed europee, si possono aggiungere i seguenti che
ho osservato nella numerosa serie di individui dei due sessi, che ho avuto a mia
disposizione.
1" Il secondo molare inferiore presenta una piccola cuspide basale, supple-
mentare esterna al fondo della valle che separa le cuspidi principali. Questo carattere
indicato nei due esemplari studiati da Orfield Tliomas, venne da me trovato costante,
sebbene con sviluppo vario. — Debbo dire tuttavia che in qualche esemplare delle
altre forme di Talpe se ne trova qualche accenno.
2° L'ultimo molare presenta pure una leggera cuspide. Anche questo carattere,
pure indicato dal Thomas, nella serie degli individui da me esaminati apparve abba-
stanza costante.
3° La lunghezza che va dall'angolo i^osteriore dell'arcata zigomatica all'angolo
posteriore della cavità orbitaria portata lungo la faccia laterale del cranio in modo che
essa parta dall'angolo posteriore della cavità orbitaria, arriva colla sua estremità ante-
riore al di là del canino o a metà della larghezza del canino stesso. — Nelle altre
forme di Talpe italiane o europee da me studiate, la stessa lunghezza arriva o a
livello del 1" premolare o al piìa al margine interno del canino.
Questo carattere differenziale nella numerosa serie di cranii maschi e femmine
da me studiati mi è apparso costante. Esso è una conseguenza dello sviluppo diverso
sia delle arcate zigomatiche, sia della porzione facciale del cranio, che si nota fra
la Talpa romana Orf. Th. e le altre forme di Talpa.
4° Le arcate zigomatiche nella Talpa romana, sia nei maschi che nelle fem-
mine, sono più robuste, e ciò appare a colpo d'occhio dalle figure qui unite. Le arcate
stesse sono pili arcuate: ciò contribuisce a dare al profilo generale del cranio, guar-
dato dalla parte superiore, un aspetto diverso da quello delle altre forme di Talpe
italiane ed europee. Questo carattere appare del resto molto spiccato anche dalle
soprariferite misure.
5° I premolari superiori sono in complesso meno robusti e meno alti nella
Talpa romana che non nelle altre. — Questo carattere venne già da me indicato
nelle figg. 4 e 6 della tavola II del mio precedente lavoro sulla Talpa (Op. cit.),
le quali rappresentano di profilo un cranio di Talpa di Roma ed un cranio di Talpa
di Sicilia che, come dirò meglio in seguito, appartiene pure alla specie Talpa romana
Orfield Thomas.
Devo tuttavia osservare che questo carattere, spiccatissimo in molti individui, lo
è meno in altri e che non raramente lo si può osservare in individui di Talpa non
appartenenti alla Talpa romana. Credo perciò che esso debba venire in ultima linea.
6° La stessa considerazione si può fare pei canini superiori ed inferiori i quali
sono spesso, ma non sempre, più sviluppati nella Talpa romana.
7° Nessun carattere differenziale sicuro si può trarre dallo sviluppo rispettivo
degli incisivi, come già, del resto, avevo fatto notare noi mio precedente lavoro
sopra citato.
96
LORENZO CAMERANO
16
*
* *
La diagnosi della Talpa romana Orfield Thomas, può essere formolata nel modo
seguente :
Talpa romaìia Orfield Thomas.
Annals and Magazine of Naturai History, Ser. 7, voi. X, dicembre 1902; pag. 516-17.
Talpa cacca (partim). — Bonaparte, Iconografia della Fauna italica, Tom. I, punt. 7,
tav. 17, fig. 1, 1833.
Talpa europaea (partim). — Camerano, Bicerche intorno alle specie italiane del genere
Talpa, " Mem. Accad. Scienze di Torino „, Ser. II, voi. XXXVII, 1885, tav. I,
figg. 7, 12, 15, 16, tav. 2^ figg. 4, 6.
Talpa cacca (partim). — Trouessart, Catal. Manini., voi. 1, pag. 206, Berlino, 1898-99.
La colorazione è come nella Talpa europaea Linn. ben nota.
Occhi con apertura palpebrale nulla (1).
Statura. — Nei maschi classi estreme 176-207, media 191,50; nelle femmine c?. estr.
164-200, media 182 (2).
Larghezza massima del muso. — Nei maschi ci. estr. 69-92, media 80,50; nelle fem-
mine ci. estr. 66-97, media 81,50 (3).
Larghezza del disco proboscideo. — Nei maschi ci. estr. 46-66, media 56; nelle fem-
mine ci. estr. 44-60, media 52. *
Distanza dell'occhio dall'apice, del muso. — Nei maschi non vi è differenza notevole
dalle altre forme di Talpe europee; nelle femmine si ha: ci. estr. 185-220,
media 202,50.
Larghezza massima del piede anteriore. — Nelle femmine si ha: ci. estr. 175-220,
media 197.50.
Lunghezza massima del piede anteriore. — Nei maschi ci. estr. 152-195. media 173,50;
nelle femmine ci. estr. 136-185, media 160,50.
Lunghezza massima del piede posteriore. — Nelle femmine ci. estr. 136-185, media 160.50.
Larghezza massima del cranio misurata sulle arcate zigomatiche. — Nei maschi
ci. estr. 123-147, media 135; nelle femmine ci. estr. 125-146, media 135,50.
Arcate zigomatiche robuste. — La lunghezza che va dall'angolo posteriore dell'arcata
zigomatica all'angolo posteriore della cavità orbitaria, portata lungo la faccia
laterale del cranio, in modo che essa parta dall'angolo posteriore della cavità
orbitaria stessa, arriva colla sua estremità anteriore o al di là del canino o
a metà della larghezza del canino stesso.
(1) Si menzionano qui soltanto i caratteri che si presentano diversi nella Talpa romana rispetto
alle altre forme di Talpe italiane ed europee.
(2) Questi valori sono espressi in millimetri.
(3) Questi valori e gli altri che sono segnati pei caratteri seguenti, sono espressi in SBO^^'"'
somatici e quindi sono senz'altro paragonabili fra loro. — I valori estremi e le medie sono dedotti
dall'esame di serie sufficientemente numerose per lasciar credere, dato l'andamento delle classi nelle
serie e le loro frequenze, che l'esame di altri individui della stessa località non potrà far variare
di molto i valori estremi stessi e quindi le medie.
17
RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Orfield ThomaS, ECC.
97
Larghezza del cranio alla regione orbitale. — Nei maschi ci. estr. 71-83, media 77;
nelle femmine ci. estr. 7G-88, inedia 79.
Lunghezza del palato. — Nei maschi ci. estr. 146-170, nwdia 158; nelle femmine
ci. estr. 146-166, media 156.
Larghezza del cranio a livello del 1° molare superiore. — Nei maschi ci. estr. 85-102,
media 94; nelle femmine ci. estr. 85-97, media 91.
Lunghezza dello spazio occupato dai molari superiori. — Nei maschi ci. estr. 58-74,
media 66.
Lunghezza dello spazio occupato dai molari inferiori. — Nei maschi ci. estr. 71-83,
media 77; nelle femmine 75-82, media 78,50.
Larghezza massima del 2° molare superiore. — Nei maschi ci. estr. 24-33, media 28.50;
nelle femmine ci. estr. 24-30, media 27.
Larghezza massima del 2° molare inferiore. — Nei maschi ci. estr. 15-22, media 18,50;
nelle femmine ci. estr. 15-19, media 17.
Lunghezza del canino superiore. — Nei maschi ci. estr. 24-39, media 31,50: nelle
femmine ci. estr. 28-35, media 31.50.
Lunghezza del canino inferiore. — Nei maschi ci. estr. 14-22, media 18; nelle fem-
mine ci. estr. 15-20, media 17,50.
Secondo molare inferiore con una piccola cuspide basale supplementare al fondo della
valle che separa le cuspidi principali.
La Talpa romana Orfield Thomas si presenta in tutti gli esemplari da me esa-
minati, completamente cieca.
Per ciò che riguarda la sua distribuzione geografica io posso fornire i dati
seguenti. Essa è assai frequente nei contorni di Roma, tanto nella regione del piano,
quanto in quella montuosa. Ne ho inoltre esaminato un esemplare femmina raccolto
dal conte M. G. Peracca a Catanzaro. L' esemplare di Talpa indicato di Sicilia (1),
nel mio precedente lavoro sulle Talpe italiane, appartiene pure alla Talpa romana.
E lecito supporre che questa specie estenda la sua area di distribuzione a tutta la
parte meridionale d'Italia, almeno nella Regione Tirrena. Sono tuttavia necessarie
altre ricerche per determinare i suoi limiti di estensione verso il Nord di Roma ed
anche verso l'Est, sopratutto per quanto riguarda il versante Adriatico. Debbo dire
a questo proposito che dai contorni di Urbino e dai contorni di Firenze io ho rice-
vuto soltanto esemplari di Talpa europaea Linn. cogli occhi aperti.
*
Separata come specie, pei caratteri sopra indicati, la Talpa romana Orfield Thomas,
si presenta ora la domanda: La Talpa cacca descritta dal Savi è forma distinta spe-
cificamente dalla Talpa romana stessa ?
(1) Cfr. anche : L. Camerano. Dell'esistenza della Talpa europea in Sicilia, * Boll, dei Musei di
Zool. e Anat. comp. di Torino voi. 1°, n. 4, 1886.
Serie II. Tom. LIV. m
98
LORENZO CAMERANO
18
Il Museo Zoologico di Torino possiede due esemplari tipici inviati a suo tempo
dal Savi stesso; questi esemplari io già studiai nel mio precedente lavoro sulle Talpe
italiane ed ora ho ristudiato minutamente, sopratutto per quanto riguarda i caratteri
presentati dal cranio e dai denti. Per gli altri caratteri non ripeterò qui ciò che già
dissi nel mio precedente lavoro.
Pei caratteri delle dimensioni del cranio questi individui si scostano notevol-
mente dalla Talpa romana e così pure per quelli dei denti, avvicinandosi notevol-
mente alla Talpa europaea Linn. Le dimensioni della Talpa cacca del Savi sono
spiccatamente più piccole di quelle della Talpa romana e sopra ciò già si avevano le
osservazioni del Bonaparte che io ho riferite in principio di questo lavoro.
Il carattere clie io ho sopra indicato della misura della lunghezza delle arcate
zigomatiche, rispetto alla posizione del canino superiore, è nella Talpa del Savi come
nella Talpa europaea di Linneo e non come nella Talpa romana. Inoltre la larghezza
del secondo molare inferiore è molto piccola.
Un'occhiata del resto data allo specchietto delle misure (espresse in 360''^™ so-
matici) delle varie parti del cranio e dei denti e il confronto con quelle della Talpa
romana e della Talpa europaea porta facilmente l' osservatore a conchiudere che la
Talpa caeca Savi è forma al tutto distinta, dalla Talpa romana Orfield Thomas.
* -t
La Talpa caeca Savi ha affinità notevolissime colla Talpa europaea Linn., non
solo per l'insieme delle dimensioni delle varie parti del corpo : ma anche per le pro-
porzioni e la forma delle varie parti del cranio e dei denti. Essa si differenzia tut-
tavia pel fatto che le sue palpebre sono completamente saldate.
Se si prescinde per un momento da questo carattere e si confrontano i cranii dei
due individui tipici sopradetti della Talpa del Savi con quelli della Talpa europaea Linn.
e si procede a misure col metodo dei coefficienti somatici, si giunge facilmente alla
conclusione che non è possibile distinguere i primi dai secondi, ne per le dimensioni
relative, ne per la forma, fatta eccezione per la larghezza del 2° molare inferiore,
che nei due esemplari sopradetti è spiccatamente minore. Caratteri differenziali non
si trovano neppure fra le altre parti del corpo. A questa conclusione ero giunto
pure nel mio precedente lavoro sulle Talpe italiane, e questa conclusione io confermo
ora dopo l'esame di un molto più ampio materiale.
Rimane da discutersi il carattere della chiusura completa delle palpebre.
Intorno alla variabilità dell' ampiezza dell' apertura delle palpebre nella Talpa
europaea Linn., già ho detto a lungo nel lavoro ripetutamente citato, dove sono
anche riferite le osservazioni degli altri Autori, e ad esso rimando il lettore. Osser-
verò soltanto che, a quanto pare, esemplari di Talpa con palpebre completamente
chiuse, si trovano talvolta qua e là nella Regione Alpina, in località dove si trovano
pure esemplari con occhi aperti ; mentre non mi venne fatto mai di osservarne nel
piano. Le Talpe che io ho avuto dal Contorno di Firenze hanno tutte gli occhi aperti.
— Il Savi, noterò pure, dice espressamente che gli esemplari ciechi da lui descritti
provenivano dall'Appennino.
19
KICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Olfield TlìOmaS, ECC.
99
Lo studio dei due esemplai^ ciechi che io ho avuto da Domodossola e da Andrate,
mostra che i caratteri del loro cranio e dei loro denti sono come quelli della Talpa
europaea Lina., anche per ciò che riguarda la larghezza del 2" molare inferiore.
Non credo possibile per ciò separare specificamente questi ultimi esemplari dalla
Talpa europaea Linn. pel solo fatto che essi hanno le palpebre completamente sal-
dato, tanto più tenendo conto del fatto che nella Talpa europaea Linn., si trova
variare 1' apertura delle palpebre da m. 0,002 ad una semplice puntura di spillo e
tanto più che sono stati osservati esemplari di Talpa europaea, in cui un occhio
aveva palpebre aperte e l'altro saldato, ed inoltre anche pel fatto che gli esemplari
ad occhi con palpebre saldate, pare si trovino sporadicamente qua e là.
Per quanto riguarda gli esemplari del Savi è necessario tuttavia tener conto
delle considerazioni seguenti:
1° Secondo quanto dice il Savi stesso (vale a dire: " nel novembre poi del
decorso anno (1), ebbi fra mano di quelle Talpe che trovansi sul nostro Appennino, e
rimasi sommamente sorpreso di non trovar loro l'apertura dello palpebre „), pare che
sull'Appennino questa forma di Talpa sia frequente e forse localizzata sull'Appennino
stesso. Ho avuto occasione di vedere alcuni esemplari di Talpa provenienti da Val-
lombrosa. Essi hanno le palpebre completamente saldate. La loro statura è piccola
e concorda con quella data dal Savi per la sua Talpa cacca. Ma non ho potuto su di
esse procedere a misure comparative delle varie parti del cranio e dei denti.
2° Il carattere sopra menzionato della assai piccola larghezza del 2° molare
inferiore, se risultasse sufficientemente costante, dovrebbe essere preso in conside-
razione, e unito alia costanza della chiusura delle palpebre e alla speciale stazione
dell'animale, potrebbe legittimare la separazione specifica della forma descritta dal
Savi. Per quanto tuttavia non si debba nascondere il fatto che le Talpe europee di
Amburgo presentino per la larghezza del 2° molare inferiore valori assai bassi con
frequenza notevole.
5 Amburgo: 12,.-13ii-(13,50)-L53 — Esemplari del Savi: 5 - 11-12.
*
L'esame fatto di serie di esemplari di Talpa europaea, con palpebre aperte, di
Amburgo, Praga, Bucarest e di varie località italiane (sopra indicate), mi ha mostrato
che fra essi non è possibile istituire divisioni di gruppi speciali.
Gli individui di qualche località, come ad esempio i maschi di Amburgo, pre-
sentano nella serie studiata uno sviluppo maggioro della coda.
Gli individui del Contorno di Firenze hanno una statura un po' maggiore degli
altri, la lunghezza del muso nei maschi di Firenze è pure più spiccata , ecc.; ma
per poter dare a queste differenze un giusto valore, sarebbe necessario 1' esame di
serie più numerose delle varie località di quelle che io ho avuto a mia disposizione.
Ad ogni modo tenendo conto dei caratteri, certamente molto importanti, del cranio
e dei denti, credo poter affermare che gli individui di Amburgo, Praga, Bucarest e
(1) Sopra la Talpa cieca degli antichi, " Nuovo Giornale dei Letterati Pisa, 1822, voi. 2°,
304, anno 1822.
100
LORENZO CAMERANO
20
quelli con occhi aperti delle varie regioni italiane, appartengono ad una sola forma
specifica e precisamente alla Talpa europaea Linn., della quale specie si può dare la
seguente diagnosi, simmetrica con quella della Talpa romana Orfield Thomas.
Talpa euvoimea Linn.
S. N.. XII, p. 73, n, 1.
La colorazione è come nella Talpa romana ed è ben nota.
Occhi con apertura palpebrale distinta di diametro variabile, in qualche esemplare'
eccezionalmente nulla (1).
Statura. — Nei maschi ci. estr. 160-194, inedia 177; nelle femmine 147-176,
media 166,50 (2).
Larghezza massima del muso. — Nei maschi ri. estr. 78-120, media 99 ; nelle fem-
mine ci. estr. 70-113, media 91,50 (3).
Larghezza del disco proboscideo. — Nei maschi ci. estr. 49-70, media 59.50: nelle
femmine ci. estr. 50-67, media 58,50.
Distanza dell'occhio dall'apice del muso. — Nelle femmine ci. estr. 170-216, media 190.
Larghezza massima del piede anteriore. — Nelle femm. ci. estr. 164-201, media 182,50.
Lunghezza massima del piede anteriore. — Nei maschi ci. estr. 131-200, media 215;
nelle femmine ci. estr. 140-191, media 165,50.
Lunghezza massima del piede posteriore. — Nelle femmine ci. estr. 154-200, media 111.
Larghezza massima del cranio misurata sulle arcate zigomatiche. — Nei maschi
ci. estr. 113-132, media 122,50; nelle femmine ci. estr. 106-125, media 115.50.
Le arcate zigomatiche sono gracili. — La lunghezza che va dall' angolo posteriore
deirarcata zigomatica all'angolo posteriore della cavità orbitaria, postata lungo
la faccia del cranio, in modo che essa parta dall'angolo posteriore della cavità
orbitai'ia stessa, arriva colla sua estremità anteriore o a livello del 1° pre-
molare al più al margine posteriore del canino supei'iore.
Larghezza del cranio alla regione orbitale. — Nei maschi ci. estr. 65-82, media 73,50;
nelle femmine ci. estr. 67-80, media 73,50.
Lunghezza del palato. — Nei maschi ci. estr. 140-160, media 150; nelle femmine
ci. estr. 144-154, media 149.
Larghezza del cranio a livello del P molare superiore. — Nei maschi ci. estr. 66-102,
media 84; nelle femmine ci. estr. 72-95, media 83,50.
Lunghezza dello spazio occupato dai molari superiori. — Nei maschi ci. estr. 60-71,
media 64,50.
Lunghezza dello spazio occupato dai molari inferiori. — Nei maschi ci. estr. 63-80,
media 71,50; nelle femmine ci. estr. Ql-ll, media 72.
Larghezza massima del 2° molare superiore. — Nei maschi ci. estr. 18-26, media 22;
nelle femmine ci. estr. 20-26, media 23.
Larghezza massima del 2'^ molare inferiore. — Nei maschi ci. estr. 12-18. media 15;
nelle femmine ci. estr. 13-16, media 14.50.
Lunghezza del canino superiore. — Nei maschi ci. estr. 24-34, media 29 ; nelle fem-
mine ci. estr. 18-32, media 25.
Lunghezza del canino inferiore. — Nei maschi ci. estr. 10-19, media 14,50: nelle
femmine ci. estr. 10-19, media 14.50.
Secondo molare inferiore senza cuspide basale supplementare.
(1) Si menzionano qui soltanto i caratteri che si presentano diversi da quelli della Talpa romana
Orfield Thouaas.
(2) Valori espressi in millimetri.
(3) Questi ed i seguenti valori sono espressi in 360"^'"' somatici.
21
RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROiMANA Ol'field Thomas, ECC.
101
Per quanto riguarda la distribuzione della Talpa europaea Limi, in Italia , dirò
che pare essa occupi sopratutto la Valle del Po e si spinga nella parte peninsulare
ad incontrare la Talpa romana; ma i limiti di distribuzione delle due specie riman-
gono da chiarire.
*
* *
Viene in ultimo la questione del modo di considerare tassonomicamente la Talpa
cacca Savi.
Dopo la separazione in specie distinta della Talpa romana Orfield Thomas, la
quale presenta le palpebre completamente saldate, questo carattere da solo non può
più bastare, qualunque sia il valore che ad esso si voglia dare, a diagnosticare un'altra
specie del genere Talpa, è d'uopo ricorrere ad un altro carattere di partenza per la
distinzione specifica.
Come ho detto sopra, i tipi del Savi presentano le maggiori affinità cogli esem-
plari di Talpa europaea Linn., tanto che non riesce possibile trovare un carattere
per distinguerli specificamente. Il carattere stesso della chiusura delle palpebre può
trovarsi fra gli esemplari di quest'ultima specie.
Se lo studio di serie numerose di individui di Talpe a palpebre saldate della
regione montagnosa appenninica, mettesse in evidenza una diminuzione spiccata della
larghezza dei molari rispetto alla Talpa europaea, in rappoi'to colla minore statura
media e se la forma di Talpa in questione si presentasse localizzata nella regione
montagnosa appenninica, io non esiterei a considerare la Talpa cacca Savi come
specie da conservarsi nei cataloghi.
Se poi le ricerche future condotte lungo la zona montagnosa appenninica met-
tessero invece in chiaro il fatto, dell'estendersi in essa promiscuamente colla forma
cieca, anche della forma a palpebre non saldate, come pare avvenga nella zona
alpina, e se il carattere della diminuzione di larghezza dei molari non risultasse
spiccato, io credo si debba ritornare alla proposta che già feci nel precedente lavoro
sulle Talpe italiane, di dare alla Talpa cacca di Savi il valore di semplice variazione.
*
Come conclusione delle ricerche di cui ho esposto i risultanienti, rispondo alle
varie domande che ho formulato in principio di questo lavoro.
1° La Talpa romana Orfield Thomas è specie distinta nettamente dalla Talpa
cacca Savi e dalla Talpa europaea Linn.
2° La Talpa europaea Linn. delle varie località italiane, non pare forma divtai^a
dalla Talpa europaea delle altre regioni d'Europa.
3° La Talpa europaea Linn. presenta nella regione montagnosa, come i>are
avvenga anche in altre regioni d' Europa, talvolta individui colle palpebre saldate.
4° La Talpa cacca Savi è forma affinissima alla Talpa europaea Linn.. da cui
si differenzia secondo il Savi per la saldatura normale delle palpebre.
5° Per poter con sicurezza determinare il valore tassonomico della Talpa cacca
Savi, è d'uopo chiarire il fatto della sua localizzazione nella regione montuosa appen-
ninica e studiarne i caratteri in serie numerose di individui.
102
LORENZO CAMERANO
22
Talpa romana
Maccafcse
Orfield Thomas
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
6
è
5
6
6
è
6
6
Ò
5
5
Ò
Ó
è.
6
Ó
(Misure assolute in millimetri)
Lunghezza totale ....
198
184
192
190
190
195
185
193
202
205
195
205
200
200
193
19
Id. massima del cranio
38
38
39
38
38
38
37
38
39
39
38
39
38
39
39
3i
Id. della coda
31
26
28
31
28
32
26
27
33
32
31
32
33
33
30
Id. del muso dagli incisivi al-
■
l'apice
8,5
7,5
10
8
8
9
8
8,5
7,5
9
8
10
8,5
8
9
Larghezza massima del muso
10
10
10
10
10
10,5
9,5
10
12
10
11,5
11
11
10
11
11
Id. del muso alla base della
parte nuda
5
5
5
5,5
5,5
6
5,5
5
6,5
7
7
6
5
6
5
1
Distanza dall'occhio all'apice
del muso
22
22
21
23
23
21
19,5
20
22
22
22
22
22
22
22
21
Larghezza massima del piede
1 Q
iy,o
1 o
1 Q
ly
ly
01
óL
oi
ùi.
ZI
01
ÙL
OA
ZU
otì
Lunghezza massima del piede
anteriore senza le unghie
1 7
10,0
1 Q
lo
1 7
1 1
1 7
1 1
1 Q
lo
1D,0
10,0
1 Q
lo
1 Q
lo
lo
1 Q
lo
1 7 t;
1 r ,o
1 7
1 /
1 7
1 t
1 à
io
Id. id. del piede posteriore .
17
17
17,5
18
17,5
19
18
18
20
19
18
18,5
19
19
19
1^
Larghezza massima del piede
Q K
o,o
o,o
Q
y
Q
o
y,o
0,0
0,t>
Q
Q
0,0
y
y,o
Q
y
Q
y
(Misure in 360^^'™' somatici)
Lunghezza massima del cranio
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
Id. della coda
294
246
258
294
265
303
253
256
305
295
294
295
313
305
277
Id. del muso dagli incisivi ai-
84
71
92
76
76
85
78
81
69
83
76
92
81
74
83
Larghezza massima del muso
95
95
92
95
95
99
92
95
111
92
109
102
104
92
102
ll
Id. del muso alla base della
1
parte nuda
47
47
46
52
52
57
54
47
60
65
66
55
47
55
46
i
Distanza dall'occhio all'apice
del muso
208
^8
194
218
218
199
190
189
203
203
208
203
208
203
203
20
Larghezza massima del piede
anteriore
185
180
185
180
180
199
204
189
203
194
199
194
199
185
194
19:
Lunghezza massima del piede
anteriore senza le unghie
161
156
166
161
161
170
161
156
166
166
170
166
166
157
157
Id. id. del piede posteriore .
161
161
162
170
166
180
175
170
203
175
170
171
180
175
175
Larghezza massima del piede
posteriore
81
81
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LORENZO CAMERANO
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Talpa romana
Orfield Thomas
(Misure assolute in millimetri)
Lunghezza massima del cranio .
Id. basale id.
Larghezza zigomatica ....
Id. mastoidea ....
Id. interorbitale . . .
Lunghezza del palato ....
Larghezza id. al di fuori del 1° molare
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(Misure in 360"""' somatici
Lunghezza massima del cranio
Id. basale id.
Larghezza zigomatica
Id. mastoidea
Id. interorbitale
Lunghezza del palato
Larghezza id. al di fuori del 1° molare
Id. id. all'indentro „
Spazio occupato dai molari superiori
Id. id. inferiori
Larghezza del 2° molare superiore
Lunghezza id. id.
Larghezza id. inferiore
Lunghezza id. id.
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Id. id. inferiore . .
Ostia e Ma ccarese
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f*1 Misure date da Orfield Thomas (il sesso degli esemplari descritti non è indicato dall'A.i
25 RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Orficltl TllOITiaS, ECC. 105
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Ostia
IVIaccanese
Contorno di Roma
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25
28
34
31
28
31
29
29
29
29
30
35
29
29
29
2 Sì
28
19
19
17
19
15
15
15
17
18
15
15
17
17
17
Ilo
LORENZO CAMERANO
30
Talpa europaea Linn.
Contonno di Tonino
— ■ — ■ , , — , _ —
Ò
2
Ò
3
6
4
6
5
6
6
Ò
7
Ò
8
5
9 1
_6J
(Misure assolute in millimetri)
Lunghezza totale
170
180
184
180
180
185
178
187
179
Id. massima del cranio
35
36
37
35
37
37
37
38
37
30
31
28
28
31
30
33
26
Id. del muso dagli incisivi all'apice .
7,5
9
9
7
8
7
7,5
8
8
Larghezza massima del muso
11
11
11
11
10
10
8
8,5
9
Id. alla base della parte nuda . .
5
n
5
6
6
5,5
5,5
6
6
Distanza dall'occhio all'apice del muso . .
20
19
21
18
20,5
20
19
22
20
Larghezza massima del piede anteriore . .
18
20
20
18
19
19
18
19
18
Lunghezza id. id. senza le unghie
14,5
17
16
16,5
16
18
15
16
16
Id. id. del piede posteriore id.
17
18
18
18
17
19
17
17,5
17
Larghezza massima id. id.
7,5
8
8
8
7,5
9
7,5
8
8
(Misure in 360««""' somatici)
Lunghezza massima del cranio
360
360
360
360
360
360
360
360
360
Id. della coda
309
300
302
288
272
302
292
313
253
Id. del muso dagl'incisivi all'apice .
77
90
88
72
78
68
73
76
78
Larghezza massima del muso
113
110
107
113
97
97
78
81
88
Id. alla base della parte nuda . .
51
60
49
62
58
54
54
57
58
Distanza dall'occhio all'apice del muso . .
206
190
204
185
199
195
185
208
195
Larghezza massima del piede anteriore . .
185
200
195
185
185
185
175
180
175
Lunghezza id. id. senza le unghie
149
170
156
170
156
175
146
153
156
Id. id. del piede posteriore id.
175
180
175
185
165
185
165
166
165
Larghezza massima id. id.
77
80
78
82
73
88
73
76
78
(1) Individuo albino.
31
RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Ol'field
Thomas, ecc.
Ili
Saluxxo
Rivanossa
Rivoli
Lanio
Sassi
Andonno
Cadono
Urbino
10
11
12
1
13
14
16
17
18
19
20
21
22
23
24
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169
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188
180
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37
38
37
36
35
36
37
36
36
36
38
35
36
34
30
31
30
27
28
30
30
33
29
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30
35
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17
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8,5
8
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
302
284
263
280
309
300
321
290
320
300
331
278
330
297
290
85
68
70
77
80
80
90
90
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72
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55
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215
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80
80
90
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112
LORENZO CAMEEANO
32
Talpa europaea Linn.
(Misure assolute in millimetri)
Lunghezza massima del cranio
Id.
basale
id
Larghezza zigomatica .
Id. mastoidea .
Id. interorbitale
Lunghezza del palato .
Larghezza al di fuori del 1" molare
Id. all'indentro id.
Spazio occupato dai molari superiori
Id. id. inferiori
Larghezza del 2"^ molare superiore
id. id.
id. inferiore
id. id.
Altezza del canino superiore
Id. id. inferiore
(Misure in 360esimi somatici)
Lunghezza massima del cranio
Lunghezza
Larghezza
Lunghezza
Id. basale
Larghezza zigomatica .
Id. mastoidea .
Id. interorbitale
Lunghezza del palato
id.
Larghezza al di fuori del 1° molare
Id. all'indentro id.
Spazio occupato dai molari superiori
Id. id. inferiori
Larghezza del 2° molare superiore
Lunghezza id. id.
Larghezza id. inferiore
Lunghezza id. id.
Altezza del canino superiore
Id. id. inferiore. . .
Tonino
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29,5
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12
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16,5
17,5
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17
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360
360
360
360
360
360
360
360
360
319
310
311
310
318
312
309
304
302
125
114
120
126
120
127
132
118
123
126
175
175
165
170
165
169
180
170
174
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148
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15
16
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25
24
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26
21
24
•
(1) Individuo albino.
(2) Cranio avuto dal Dott. F. Lataste.
33
RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Orfìeld Thomas, ECC.
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(Piemonte)
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(Piemonte)
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190
196
175
'97
88
85
88
80
85
90
85
85
85
85
85
85
103
82
82
120
LORENZO CAMERANO
40
Tatpa europaea Linn.
L
2
3
4
5
6
7
8
9
10
6
5
Ò
ò
5
6
Ò
Ó
6
6
(Misure assolute in millimetri)
Lunghezza massima del cranio
36
36
35
37
36
34
37
37
36
34
Id. basale id.
31
32
31
32
30
29
31
31
32
29,5
3
Larghezza zigomatica
12
12
11,5
12
11,5
11
12
11,5
12,5
11
1
Id. mastoidea
17
17
16,5
17
16,5
16
17
17
17
16
1
id. intero rbitale
7
7
7
7
7
6,5
7
7
7
6,5
Lunghezza del palato
15
15
14
15
15
14
15
14,5
15
14
1
Larghezza al di fuori del 1** molare ....
8,5
7,5
7,5
8,5
8
8
8
7,5
8,5
8,25
ì
Id. all'indentro id. ....
4,5
4,5
4,5
4,5
4,5
4
4,5
4,5
4,5
4
Spazio occupato dai molari superiori
6,25
6
6
6
6
5,5
6
6,5
6
6
(
Id. id. inferiori ....
6,75
7
6.5
6,5
7
6,5
7
7
6,5
6,25
6.
Larghezza del 2° molare superiore ....
2
2
2
2,25 2,25
2
2
2,25
2
2
i
JjUil^ Jlt^/iAaj lU. iU . ....
2.25
2,25
2,25
2.25
2,25
2
2,25
2 5
2
2
2
Larghezza id. inferiore ....
1 25
1,25
1,25
1,25
1,25
1 20
1,25
1,25
1,25
1 25
1
-■■1
Lungliezza id. id. ....
2,25
2 5
2
2,5
2,25
2,25
2 5
2 5
2 5
2
2
Altezza del canino superiore
3
3
2 5
2,5
2,5
2 5
2 5
2 5
2,75
2,25
2
Id. id. inferiore
1 5
1 5
1
1,5
1,25
1
1 5
1,25
1 5
1 25
(Misure in 360esjmi somatici)
Lunghezza massima del cranio
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
3
Id. basale id. ......
310
320
319
311
300
307
302
302
320
312
3'
Larghezza zigomatica
120
120
118
117
115
116
117
112
125
116
1
Id. mastoidea
170
170
170
165
165
169
165
165
170
169
1
Id. interorbitale
70
70
72
68
70
69
68
68
70
69
r
<
Lunghezza del palato
150
150
144
146
150
148
146
141
150
148
1
Larghezza al di fuori del 1" molare ....
85
75
77
83
80
85
78
73
85
87
l
Id. all'indentro id. ....
45
45
46
44
45
42
44
44
45
42
Spazio occupato dai molari superiori . . .
63
60
62
58
60
58
58
63
60
64
i
Id. id. inferiori ....
68
70
67
63
70
69
98
68
65
66
É
Larghezza del 2° molare superiore ....
20
20
21
22
23
21-
19
22
20
21
c
ù
Lunghezza id. id. ....
23
23
23
22
23
21
22
24
20
21
c
<■
Larghezza id. inferiore ....
13
13
13
12
13
13
12
12
13
13
1
Lunghezza id. id. ....
23
23
21
22
23
24
24
24
25
21
2
Altezza del canino superiore
30
30
26
22
25
26
24
24
28
26
Id. id. inferiore
15
1
15
10
15
13
11
15
12
15
13
I
13
(*) Dente di forma corta e molto larga, anomala.
41
RICERCHE INTORNO ALLA TALPA ROMANA Orficld ThomaS, ECC.
121
f b u n g o
Bucarest
1
1 1^
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
1
2
3
1
5
Ò
Ó
Ò
6
6
è
$
9
$
$
9
9
9
Ó
o7
•
36
37
37
36
37
36
36
34
34
34
34
34
—
35
—
35
35
32,5
31
32
32
31,5
32
31
30,5
28,5
30
29
28
30
30
30
31
12,25
11
12
12
11,5
12,5
11
11,25
11
11
11,25
11,5
11,5
12
12
11
17
17
17,5
17
17
17
17
17,25
16
16
17
16,5
16.5
16,5
17
16,5
7,5
7
7
7
7
7
6,5
6,75
6,75
6,75
7
7
7
7
7
7
15,5
15
15
15
15
16
14,75
15
14
14
14
14
14
15
14
14,5
8
8
8,5
9 .
8,5
8,25
8,5
8
8,25
8
8
8
8
9,75
8
8
4 5
4.5
5
4,5
4,25
4,5
4,25
4,5
4,5
4
4,5
4,5
4,25
4,5
4,5
4
6
6
6,25
6,25
6
6
6
6
6
5,5
5,75
6
5,75
6
6
6,25
6,75
6,5
7
6,75
6,5
6,75
6,5
6,5
6,5
6,5
6,25
6,5
6,5
7
6,5
7
2
2
2
2,25
2,5
2,25
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2,25
2
2,25
2
2
2
2,25
2,25
2
2,5
2
2,25
2,75
2
2,25
2,25
1 25
1,25
1,25
1,5
1,25
1,5
1,25
1,5
1,25
1,5
1,25
1,25
1,25
1,25
1,25
1,25
2,25
2,5
2,5
2,5
2,5
2,5
2,5
2.5
2
2,5
2,5
2,5
2,5
2 25
2,25
2 95
2 5
2,75
3
2,5
2
2,5
2,5
2
2,5
2,5
2,25
2
2,25
3
rotti
1 5
1,25
1,5
1,25
1
1,25
1,5
1,25
1
1
1
1,25
1 25
1 5
1 25
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
360
316
310
311
311
315
311
310
305
302
318
307
297
318
309
309
319
119
110
117
117
115
122
110
113
116
116
119
122
122
123
123
113
165
170
170
165
170
165
170
173
169
169
180
174
174
175
175
170
73
70
68
68
70
68
65
68
71
71
74
74
74
72
72
72
151
150
146
146
150
156
148
150
148
148
148
148
148
144
144
149
78
85
88
82
83
83
80
83
85
85
85
85
82
82
82
82
44
45
49
44
43
44
43
45
48
42
47
47
45
46
46
41
58
60
63
61
60
58
60
60
64
58
61
64
61
62
62
64
(
66
65
68
66
65
66
65
65
69
69
66
69
69
72
67
72
,1
19
20
19
22
25
22
20
20
21
21
21
21
21
21
21
21
,1
22
20
22
19
20
19
23
23
21
26
21
24
24
21
23
23
1
12
13
12
15
13
15
13
15
13
13
13
13
13
13
13
13
22
25
24
24
25
24
25
23
21
26
26
26
26
23
23
23
24
28
29
24
190
25
23
21
26
26
24
21
23
30
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1 i
15
13
15
12
10
13
15
13
11
11
11
13
13
15
13
Seme II. Tom. LIV.
r
122
LORENZO CAMERANO
42
Talpa eui^opaea Limi.
Francia il)
e
.5
Andonno
(Piemonte)
Candide
(Cadore)
Buttfio
(Friuli)
1
5
2
6
3
ò
j
4 1
ó
5
' Ó
6
Ó
1
9
(Misure cissolute in miUiiucjtri)
T ili n eli P77fì ìli a GiQi lì! p pi PfJì rìiCi
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38
34
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14
1
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14
15
14,5
14
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XJCiL ^U\j£jZjì lìlii n pÌ tìi I
±JCli g 1 1 lllCloOl Ilici'
9
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9
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TH HpI iiiil<^0 t;P fìplliì
xu« u\> i iiittov^ filiti ifiXj\:> udicii
parte nuda
6
6
6
6
6
6
6,75
6
Distanza dall'occhio all'apice
npi inn^n
18
21
18
18
18
20
18,5
19
17
T-J^ rorìipyyn inìì'ii^^inifl HpI "nipHp
JLiCll ^ 1 IC'^i^jCl 1 llCloOi 111C« 1.1C/Ì L/iC/UC'
anteriore
19
18
20
19
19
21
19,5
19
19
Lunghezza massima del piede
anteriore senza le unghie
18
17
17
17
17
18,5
17,5
17,5
17,5
Id. id. del piede posteriore .
19
18
20
19,25
19
19,5
19
18
18,5
Larghezza massima del piede
9
8
10
9
9
9
8,5
9
9
(Misure in SGO^^i™» somatici)
Tiiino'hP77P ìiì^ UOl lllLtoU Clrllclt UCvOO Uv^lldr
64
62
58
58
60
60
58
69
60
Distanza dall'occhio all'apice
npi ìiincin
191
216
175
175
180
195
180
196
170
Tifl rcrlipzy^i iTia*^^imn dpl nipdp
■M^tXL ^LX^Cllja. llLdOOlllld vl^l Lliut-tv?
anteriore
201
185
195
185
190
204
197
196
190
Lunghezza massiitia del piede
anteriore senza le unghie
191
175
165
165
170
180
170
180
175
Id. id. del piede posteriore .
201
185
195
187
190
190
185
185
185
Larghezza massima del piede
posteriore
95
82
97
88
90
88
83
93
!HI
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA
Diagramma costrutto per indicare la variazione dei caratteri della Talpa romana Orfield Thomas
e della Talpa europaea Linn.
La lunghezza delle linee è determinata dai valori (espressi in 360"="'"' somatici) delle classi
estreme osservate per ciascun carattere e per ciascuna seì-ie di varianti.
FiG. 1. — Talpa romana Orliekl Thomas 5 (Roma) mandibola (ingrandita).
„ 2. — „ „ 9 ( « ) cranio visto super, (id.).
» 3. - , , Ó ( n ) , (id.).
„ 4. — Talpa europaea Linn. 5 (Torino) cranio visto super, (id.).
„ 5. — , „ Ò { r, ) mandibola (id.).
„ 6. — , „ 9 ( « ) cranio visto super, (id.).
„ 7. — Talpa romana Orfield Thomas 9 (Roma) cranio visto infer. (id.).
8. — „ „ Ò ( » ) » (id-)-
„ 9. — ., „ j ( » ) cranio visto di fianco (id.).
„ 10. — Talpa europaea Linn. 5 (Torino) cranio visto infer. (id.).
» 11. — » „ 9 ( „ ) „ (id.).
„ 12. — „ , se») cranio visto di fianco (id.).
(Le fotografie dei cranii sono state eseguite dal Dott. Luigi Cognetti de Martiis).
CAMERANO L.-Ricerche intorno alla Talpa.
Ilo lao 130 140
Lunghezza massima
della coda
Lunghezza del muso
dagli incisivi all'apice
Larghezza massima
del muso
Larghezza del muso
alla base della parie nuda
Distanza dall'occhio
all'apice dei muso
Larghezza massima
del piede anteriore
Lunghezza massima
del piede anteriore
senza le unghie
Lunghezza massima
del piede post. (s. u.)
Larghezza massima
del piede post.
Lunghezza massima
basale del cranio
Larghezza massima
del cranio
sulle arcate zigomatiche
Larghezza massima
del cranio
alla regione mastoidea
Larghezza massima
del cranio
alla regione orbitale
Lunghezza de! palato
Larghezza del cranio
a livello del 1" melare sup.
Larghezza del palato
a livello del 1" molare sup.
Lunghezza dello spazio
occupato dai molari sup.
Lunghezza dello spazio
occupato dai molari inf.
Larghezza massima
del 2" molare sup.
Lunghezza massima
del 2" molare sup.
Larghezza massima
del 2" molare inf.
Lunghezza massima
del 2" molare inf.
Lunghezza del canino
superiore
Lunghezza del canino
inferiore
t+ìt-
m
_)
Fig. 12
Fig. 9
ciccaci vii . . C^cimxt' Ai G'>o7 n uy , .■»c. flù. m al. e nat. - GSerie Ù>onic ///.
170 ino iu<) aoo aio 220 aao aio
i;yo .-loo 310 .'lao 330 aio 360
fi
Talpa europaea Lim.
jlndixidui i disposti noU'o^dino seEttente per: óascan. corattenu-
1" Vallo del Ì'o - 2" Gohtoini di ;i'ÌTonze-|3" Ooiiturni di Arnljurif'i
;4" Oouto^ni di Praw. 1
. Individui. ^ xiÌ!i^Qali-aglL'oi:flmaacKuCnite4iaLjàasciaL-r»Tnttfira.u-;
1" N'alle dGl il'o-2" (jonlorni (li t'ÌTenze-3» (Joi^torni di PTail;a
•1" Ciiitonii ili Artiljiiriro.
Talpa romana Orfìcld TlKiiiias
_ Indiviilui i
_jTndÌTidu| ^
Fi.<-. 3
i
Fi^. 8
Fis. 10
Fis-. Il
I Lit Siilusxoìiti , Tìirino.
SUL
TERZO MASSIMO INVERNALE
NELL'ANDAMENTO DIURNO DEL BAROMETRO
MEMORIA
DKL DOTTOR
EFISIO FERRERÒ
Approvata neW Adunanza del 20 Dicembre 1903.
La variazione diurna del barometro presenta, in tutte le stagioni e in tutti i
paesi della terra, due massimi ben distinti verso le 10'' e due minimi verso le 4*"
tanto del mattino quanto della sera.
Oltre questi due massimi il RykatscheAv (1) per il primo riscontrò la presenza
di un terzo massimo nei mesi invernali tra le 2^ e le 3'' di notte, e nella sua magi-
strale opera ~ " La marche diurne du baromètre en Russie „ (2) affermò che l'esistenza
di questo terzo massimo non è un' accidentalità, come era stato creduto prima di
allora, ma è invece un fenomeno normale per tutti gli anni e genei'ale, almeno per
i climi della zona temperata dell'emisfero boreale.
Brito Capello (3) ed il Ragona (4) si occuparono anch'essi di questo fenomeno ;
ma il primo si limitò semplicemente ad accennare che nelle curve che rappresentano
l'andamento diurno della pressione atmosferica a Lisbona, calcolato coi dati delle
osservazioni dirette, nei mesi di Gennaio e Dicembre si nota un terzo massimo notturno
la cui origine è difficilissimo stabilire giacche esso non mostra nessun rapporto con
qualche variazione di temperatura o di tensione di vapore o con la velocità del
vento. Il secondo ne fece uno studio più accurato, ma per il solo clima di Modena,
e mentre prima aveva considerato la presenza del terzo massimo come un'acciden-
(1) ' Bull, de l'Académie des Sciences de St-Petersbourg „. Tome X.
(2) " Repertorium fiir Meteorolof^ie herausgegeben vou der Kaiserlichen Akademie der Wissen-
schaften Band VI, N. 10, 1879.
(3) Fression atmosphérique à Lisbonne lS56-187o. Lisbona, 1879.
(4) Sul terzo massimo in inverno, ' Annuario della Società meteorologica italiana 1878.
Serik II. Tom. LIV. y
130
EFISIO FERRERÒ
2
talità e l'aveva attribuito all'influenza del vento, che raggiunge in quell'ora il piìi
grande valore, dovette in seguito aneh'egli confermare la normalità del fenomeno (1).
Infine F. Hann in un suo classico studio (2) sopra l'oscillazione diurna del baro-
metro, fece una breve osservazione su questo terzo massimo notturno.
Egli osservò che a Tokio {cp=35°41' N) dal 1886 al 1890 nel mese di Gennaio il
barometro sali dalla una dopo mezzanotte alle 2'' raggiungendo costantemente a
quell'ora un piccolo massimo, e ridiscese poi sempre sino al minimo normale del
mattino: lo stesso fatto riscontrò nel mese di Dicembre, ma per soli 3 dei 5 anni
presi in esame. Oltre a Tokio egli osservò la formazione del terzo massimo a Eger
(qp = 50°5' S) per tutti i mesi d' inverno e a Irkoutsk (qp = 52°16') per il solo mese
di (lennaio.
Il fatto che il terzo massimo invernale nell'andamento diurno della pressione
atmosferica, anche nei climi della zona temperata, qualche volta scompare, dipende
dall'essere le curve che rappresentano questo andamento generalmente calcolate con
la solita formola periodica del Bessel, la quale, come dice il Rykatschew, non è stata
dedotta dalla teoria dell'andamento diurno del barometro, ma è invece una serie che
può rappresentare l'andamento di una funzione periodica se si prende in considera-
zione un numero sufficiente di termini.
Il Rykatschew fu anche il solo che questo fenomeno fece oggetto di studio
speciale, esteso ed accurato, considerando una ventina circa di stazioni quasi tutte
poste nella zona temperata dell'emisfero boreale. Ma poiché la questione del terzo mas-
simo è di una importanza notevolissima, come quella che, al dire del Ragona, ha
relazione con le ricerche più delicate e piìi interessanti della Meteorologia, e sebbene
renda pili complessa la teoria della variazione diurna del barometro, può tuttavia
condurre (cosa che ancora non si è raggiunta) alla spiegazione di questo fenomeno,
io ho creduto opportuno farne un ulteriore e piìi esteso studio.
Dagli Annali, che si trovano nella ricca biblioteca di questo R. Osservatorio, ho
potuto raccogliere i dati delle osservazioni orarie fatte direttamente, come si usa
nella maggior parte delle stazioni inglesi, od ottenuti dagli apparecchi registratori,
di circa 60 stazioni.
Per le stazioni boreali mi sono limitato ai soli mesi invernali, e precisamente:
Novembre, Dicembre, Gennaio e Febbraio; mentre per le stazioni di latitudine australe
ho esteso lo studio a tutti i mesi dell'anno, prendendo in esame le osservazioni di
un periodo d'anni generalmente non inferiore ai dieci. Per la massima parte delle
stazioni ho dovuto calcolare le medie orarie della pressione atmosferica di ciascun
mese per tutto il periodo d'anni considerato; per altri invece ho trovato queste
medie già riunite e calcolate negli Annali stessi. Per un gran numero di stazioni
inglesi ho ridotto in millimetri le altezze barometriche espresse in pollici inglesi.
Tutti questi dati sono riportati nelle tabelle A e B, nelle quali mi sono limitato
alle sole ore notturne dalle 22'' alle 5'". Infine per ciascuna località ho costruite le
(1) Pressione atinosferim bi oraria del 1888, ' Annali dell' Ufficio centrale di Meteorologia
voi. IX, parte 1% 1887.
(2) " Denkschriften der Wiener Akademie Band LIX, 1892.
3
SUL TERZO MASSIMO INVERNALE NELL'ANDAMENTO DIURNO DEL BAROMETRO
131
curve clic rappresentano l'andamento diurno del barometro nei diversi mesi, e ciò
non solo per poter determinare l'ora in cui avviene il terzo massimo, ma anche per
poter apprezzare con maggior precisione l'andamento notturno del barometro. Le pili
importanti di queste curve (limitate alle sole ore notturne) sono riportate nella tavola
ultima, per far meglio vedere l'andamento del fenomeno nelle diverso latitudini.
Esaminando queste curve come pure i dati delle tabelle A e B, si rileva a
tutta prima un fatto -di una importanza notevole, e cioè come nell'emisfero Nord il
primo indizio di un terzo massimo verso le 2'' di notte, non comincia a comparire che
intorno al 31° di latitudine. Difatti a Labore (31°44') si nota nella curva del mese
di Dicembre un leggero rallentamento tra 1'' e 2'' ant. ; questo rallentamento diventa
più distinto e visibile non solo in Dicembre ma anche in Gennaio, a Leh e a S. Fer-
nando, e finalmente ad Atene e meglio ancora a Lisbona il 3" massimo è formato.
Proseguendo oltre noi vediamo che in tutte le numerose stazioni poste dal 31° al
66° di latitudine nord, almeno in uno dei mesi invernali, si riscontra tra 1'" e 2'' di
notte un terzo massimo distintissimo o almeno un sensibile rallentamento della curva
barometrica, e qualche volta questa nell'ora suddetta rimane stazionaria, come per
esempio avviene nel mese di Gennaio a Torino, Trieste, Aberdeen, ecc. Spesso, come
a Lisbona, Bucarest, ecc., si osserva nei successivi mesi invernali una specie di
variazione progressiva nell'andamento nottui'no del barometro, come appunto aveva
già notato il Rykatschew a Nertchinsk e a Tiflis, e cioè: nella curva di Novembre
si comincia a notare un segno di convessità verso le 2'', in Dicembre e Gennaio il
terzo massimo è formato, ed in Febbraio compare al suo posto di nuovo un rallenta-
mento. Qualche volta questo rallentamento persiste anche nei mesi di Ottobre e di
Marzo.
La formazione del terzo massimo è dunque più frequente e distinta nei mesi di
Gennaio e Dti;embre, mentre negli altri mesi è spesso sostituita da un rallentamento
della curva. La sua amplitudine è molto piccola, non è mai superiore ai ^/jo di
millimetro, spesso è appena di ' o poco più, e l'amplitudine media di essa si può
ritenere di poco inferiore a ''io circa di millimetro.
Esaminando ora l'andamento diurno del barometro nelle stazioni australi si nota
verso 1'' un tei*zo massimo notturno nel mese di Aprile a Rosario e dall'Aprile
all'Agosto ad Hobarton intorno alle 2''. In quest'ultima stazione si osserva inoltre nel
mese di Settembre alla stessa ora un rallentamento^ e in Ottobre e Dicembre un
terzo massimo alle 3''.
Sfortunatamente è troppo piccolo il numero dello stazioni australi, ed anche
pochi sono gli anni d'osservazione d'Hobarton, per poterne dedurre qualche esatta con-
clusione; tuttavia io credo che si possa affermare: 1° che il terzo massimo di Dicembre
ad Hobarton sia un'accidentalità: 2° che anche nelle latitudini medie australi esso
sia osservabile nei mesi invernali.
Prendendo esempio dal Rykatschew, nello specchio seguente ho indicato con m
i mesi, nei quali vi è realmente un terzo massimo, con r i mesi nei quali si osserva
da 1" alle 3'' di notte un rallentamento distinto nella curva barometrica, e con s i
mesi nei quali questa rimane, alla stessa ora, stazionaria.
Ho indicate anche alcune stazioni di quelle considerate dal Hykatschen, e le due
di Tokio e d'Eger dell llann, contrassegnandole con asterisco.
132
EFISIO FERRERÒ
Latitudini nord.
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Bucarest
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1 10
1
2 25
1 25
Novoi'oss iìsk
44 44
1 20
2 35
1 15
1 15
2 30
1 15
Markhot
44 45
1
2 45
1 45
1 45
1 45
Kalocsa
46 32
1 5
2 5
1
2
2
Sonnblick
17 3
DO
1 in
1 15
O'-Gyalla
47 53
1
1
Kremiiiister
48 4
10
1 15
1 5
1 15
2 20
1 5
Vienna
48 15
1 10
2 5
55
1
1 45
45
Vlissingen
51 27
1 10
2 35
1 25
Iikoutsk
52 16
1
2 30
1 30
50
2 50
2
Potsdam
52 23
1
2 10
1 10
1 5
2
55
Helder
52 58
1
2
1
Groningen
53 13
10
1 30
1 20
1 5
2 10
1 5
Fort-William
56 49
23 40
50
1 10
Pavlovsk
59 41
23 45
1 20
1 35
Upsal
-59 51
1 5
2 5
1
23 55
1 5
1 10
Port-Clarence
65 30
1 30
2 50
1 20
23 45
1 15
1 30
Media
0''50°'
2M'"
mi'"
l''56'"
Non sempre però il terzo massimo si forma verso le 2'' di notte: infatti, limitando
le osservazioni ai soli mesi di Dicembre e Gennaio, si nota che a Markhot e Port
Clarence nel mese di Dicembre ; a Vlissingen, Irkoutsk nel Gennaio, il terzo massimo
si forma alle 3''; mentre a Trieste e in molte altre stazioni in questi mesi esso si
forma verso l'\ In qualche altra località nei mesi invernali anticipa e si forma verso
le 24", così, ad O'-Gyalla e Potsdam in Febbraio e a Fort-William in Febbraio e
Novembre; ma in generale quando ciò avviene, si osserva inoltre egualmente un
rallentamento tra 1'' e 2\
Un fatto degno di nota avviene a Klagenfurt. Il secondo massimo che dovrebbe
formarsi alle 10'' di sera, si confonde col terzo massimo notturno e si forma invece
alla 1'' nei mesi di Novembre e Dicembre, alle 24 nel Gennaio e alle 3" in Febbraio,
mentre da 1'" alle 2'' di notte accade il solito rallentamento.
Questo caso non è isolato, anzi è frequente nelle latitudini elevate. Difatti a
Upsal, Port Provvidence e Port Clarence nel mese di Febbraio il secondo massimo si
forma a mezzanotte; in quest'ultima inoltro si distingue dalle 2" alle 3'' un rallen-
134
EFISIO FERRERÒ
6
tamento. A Chamisso-Island nel Dicembre il secondo massimo avviene a mezzanotte,
mentre la curva dalle 2^ alle B*" rimane stazionaria. Bisogna però osservare che delle
ultime tre stazioni non si hanno che uno o due anni di osservazione.
Prima di concludere credo opportuno fare ancora qualche considerazione relativa
alle stazioni poste in latitudini inferiori al 31° nord.
In nessuna di queste stazioni, che sono 24, si vede intorno alle 2'' di notte alcun
indizio di terzo massimo, nè alcuna flessione nella curva. Però un primo rallentamento
compare in molte di esse dalle 12'' alle 28'\ il quale è certamente privo d'interesse,
perchè si trova anche in un gran numero di stazioni della zona temperata. Invece
il secondo rallentamento, il quale si osserva frequentemente nei diversi mesi in gran
parte di queste stazioni tropicali tra S"" e 4'' di notte, mentre è rarissimo nelle lati-
tudini medie, e non è raro neppure nelle latitudini elevate, può far pensare ad una
relazione fra esso e il terzo massimo notturno; tanto piìi che esso si riscontra anche
con pili frequenza nei mesi invernali in regioni poste nelle latitudini tropicali del-
l'emisfero sud.
Riassumendo si può concludere :
1) In tutti i paesi posti tra il 30° ed il 66° di latitudine nord nei mesi inver-
nali, almeno in qualcuno d'essi, con piìi frequenza nei mesi di Dicembre e Gennaio,
si riscontra oltre i due massimi e i due minimi normali, un terzo massimo notturno,
la cui amplitudine si può in media ritenere non superiore a ^/lo di millimetro.
Questo si forma verso le 2*" di notte, mentre il terzo minimo avviene circa un'ora
e un quarto più presto.
Molto spesso al posto del terzo massimo si nota alla stessa oi-a nella curva del-
l'andamento diurno un distinto rallentamento.
2) Si può ritenere con molta probabilità, che lo stesso fenomeno avvenga
nelle latitudini medie dell'emisfero australe nei mesi d'inverno di quelle regioni.
3) Rimane accertato, che nelle latitudini inferiori al 30° nord, e in generale
in tutte le località della zona torrida, non si ha, nell'ora e nei mesi indicati, nessun
indizio di terzo massimo nell'andamento diurno della pressione atmosferica.
TAVOLE
DELL'ANDAMENTO ORARIO DELLA PRESSIONE ATMOSFERICA IN mni. FRA LE 22" E LE 5" DI NOTTE
PER 57 STAZIONI BOREALI E 6 AUSTRALI
136
EFISIO FERRERÒ
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SUL TERZO MASSIMO INVERNALE NELL ANDAMENTO DIURNO DEL BAROMETRO
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Serie II. Tomo LIV.
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19 SUL TERZO MASSIMO INVERNALE NELL'ANDAMENTO DIURNO DEL BAROMETRO 147
ELENCO DEGLI ANNALI
(lai quali furono tolti i dati orari deli amlaineiito diurno della pressione atmosferica
Stazioni dell'emisfero Nord.
1. Tricbinopoly .... Indiati Meteorological Memories. "\'ol. IX, Parte VI
2. Aden , „ „ „ VII
3. Bellary , „ „ „ V
4. Belgaiwi „ „ „ „ V
5. Rangoon „ , „ „ VII
6. Poona , „ „ , IV
1 .^omhay Magnetical and Meteorological Observations made at the Govern-
ment Observatory, Bombay
8. Guitack Indian Meteorological Memories, Voi. IX, Parte II
9. Nagpur „ „ „ „ IV
10. Chillagon „ , „ „ I
11. Calcutta „ , n „ VIII
12. Jubtulpore .... „ „ „ , III
13. Hazaribagb .... „ „ Voi. V „ II
14. Deesa , „ „ „ VIII
15. Kurrachee .... , , , , IX
16. Allababad .... „ „ „ , IV
1". Pàtna , , „ „ II
18. Dhubri , „ , „ IH
19. Goalpara „ „ „ „ I
20. Lucknow „ , „ „ V
21. Jeypore „ „ Voi. IX „ IX
22. Sibsagar , , Voi. V „ I
23. Agra , , „ , IV
24. Roorckee „ „ „ ,111
25. Latore , „ „ „ X
26. Leh , . , „ VII
27. San Fernando . . . Anales del Instituto y Observatorio de Marina de S. Fernando
28. Atene Annales de l'Observatoire National d'Athènes
29. Lisbona . . ' . . . Annaes do Observatorio do Infante D. Luiz, Lisboa
30. Bucarest Analele Institutului Meteorological Romànierì, Tomo XV
31. Novorosiìsk .... Annales de rObsei-vatoi:-e Physique Central Nicolas
32. larkbot
33. Torino Bollettino dell'Osservatorio della R. Università di Torino
34. Trieste Rapporto annuale dell'Osservatorio Marittimo di Trieste
35. Kalocsa Jahrbiicher der Konigl. TJngar. Reichs. Anstalt fiir Meteor., Budapest
36. Klagenfuri .... , K. K. Central-Anstalt fiir Meteorologie, Vienna
37. Sonnblick
38. O'-Gtyalla , Konigl. Ungar. Reichs. Anstalt fiir Meteor., Budapest
39. Eremiìnster .... „ K. K. Central-Anstalt fiir Meteorologie, Vienna
40. Vienna
41. Bielitz
42. Krakau
148 EFISIO FEEEERO — SUL TEEZO MASSIMO INVEENALE, ECC. 20
43. Falniouth Hourly Means of the Eeadings obtained from the Self-Recording
Instruments at the Five Observatories under the Meteorological
Council, London
44. Vlissingen .... Annuaire Météorologique publié par l'Institut Royal Métóorologique
des Pays-Bas, Utrecht
45. Kew Hourly Means of the Read. obt. from the Self-Record. Instrum. ecc.,
Meteor. Council, London
46. Valencia, Hourly Means of the Read. Met. Concil, London
47. Irkoutsk Annales de l'Observatoire Physique Central, St-Pétersbourg
48. Potsdcim Ergebnisse der Meteorologischen Beobachtungen in Potsdam, Berlin
49. Melder Annuaire Météor. publié par l'Institut Royal des Pays-Bas, Utrecht
50. Groningen
51. Fort-Willicini . . . Hourly Means, ecc. Meteorological Council, London
52. Aberdeen , , ,
53. Pavlovsk Annales de l'Observatoire Physique Central, St-Pétersbourg
54. Ups&l Bulletin Mensuel de l'Observatoire Météorologique de l'Université
d'Upsal
bò. Port-Provvidence . . Contributions toourKnowledgeoftheMeteorol. atthe Artic regions
56. Port-Clarence .
57. Chemisso-Island
Stazioni dell'emisfero Sud.
1. BatEiVia, Observations made at the Magnetical and Meteorological Observa-
tory of Batavia, Voi. XVIII
2. St-Elena, Magnetical and Meteorological Observations, St-Helena
3. Asuncion (Paraguay) Anales de la Oficina Meteorologica Argentina, Buenos Aires
4. Cordoba , , , ,
5. Rosario y Fisberton . , , „ ,
6. Hobarton Magnetical and Meteorological Observations, Hobarton
mezzanoUe
RANGOON (Genn.)
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BOMBAY (Germ.)
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KURRACHEE (Ge»ui.)
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ROORKEE (Gemi.
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TORINO (Die.)
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TRIESTE (Die.)
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UPSAL (Genn.)
HOBARTON (Luglio)
t/ilSSo/t'/r . 7h/y/lo
SULLA
INCIDENZA DI RETTE, PIANI E 8PAZ[I ORDINARII
IN UNO
SPAZIO A CINQUE jDIMENSIONI
E SU ALCUNE
CORRISPONDENZE BIRAZIONALl
FRA
PIANI E SPAZII ORDIxXAKII
MEMORIA
DI
UMBERTO PERAZZO
Approvata nell'adunanza del 19 Gennaio 1904.
Ci proponiamo nel presente lavoro di studiare, con procedimento elementare,
alcune varietà costituite in un da " sistemi di rette, piani, spazi ordinari incidenti
a dati spazi in numero finito „ e di determinare elementarmente gli ordini di tutte le
possibili varietà che si possono ottenere in tal guisa nell'/Sg. Tali numeri sono tutti
contenuti nelle formolo generali dello Schubert (*) e del Pieri (**).
Di analoghe ricerche per lo spazio a quattro dimensioni tratta una nota del
Prof. Segre (***), alla quale dovremo piìi volte ricorrere nel seguito. Anche in un 85
vennero considerati " sistemi di rette, piani od Ss incidenti a dati spazi „ da vari
Autori, che citei'emo nel seguito.
Procederemo — nella determinazione degli ordini delle varietà di rette od S3
(poscia di piani) del tipo di cui sopra — dalle varietà d'ordine più basso a quelle
d'ordine più elevato, soffermandoci, allorché ci si presenteranno varietà degne di
nota, ad un breve studio relativo. Accenniamo fra queste ultime ai due diversi tipi
di " rigate (razionali) del 4° ordine appartenenti all' Sr, , (****) (n' 14, 24) e ad una
(*) Die n-dimentionalen Verallgemeinerungen der fundamentalen Amahlen nnseres Raians, ' Math.
Annalen t. 26 (1885) e Beitrag zur Liniengeometrie in n Dimensionen, " Mittheiluugen der Math.
Gesell. in Hamburg „ (1892).
(*♦) Sul problema degli spazi secanti, " Rend. Ist. Lomb. „ (II). 26 (1893); (II). 27 (1894).
(***) Alcune considerazioni elementari sulVincidenza di rette e piani nello spazio a quattro dimen-
sioni, * Rend. del Circolo Matem. di Palermo tomo II (1888).
(****) C. Segre, Sulle rigate razionali in uno spazio lineare qualunque, ' Atti della R. Acc. delle
Scienze di Torino voi. XIX (1884).
150
UMBERTO PERAZZO
2
notevole rigata ellittica del 6° ordine (*) (n' 25-28). Degna di studio ci si presen-
terà ancora (n' 15-22) una particolare varietà del 4° ordine a tre dimensioni; da essa
trarremo " per proiezione „ (n° 23) alcuni risultati dell' Hirst (**) relativi alla
congruenza, nello spazio ordinario, delle oo^ congiungenti coppie di punti omologhi in
una generale corrispondenza quadratica fra due piani. — Accenniamo infine ad una
notevole forma cubica " contenente tre rette doppie — non in un .S^ — ed un piano
doppio ad esse incidente „, lo studio della quale (n' 39-44) completerà da un certo
punto di vista (v. l'oss. (*) al n° 44) quello relativo alla " forma cubica con 9 rette
doppie „ di cui mi occupai in una precedente nota (***).
E noto come in un S., un sistema di spazi -S'a , tale che per ogni punto dell'S» ne
passi un solo, determini tra due Sn-a , assunti in posizione generica, una corrispon-
denza biunivoca, omologhi essendo due punti secati da uno stesso «Sa àe\ sistema
sopra i due Sn-a- Tale concetto è stato applicato da alcuni Autori alla determina-
zione di particolari corrispondenze biunivoche. In particolare il Dr. Carbone (****) — •
partendo da alcune categorie di " sistemi di spazi incidenti in un S„ a dati spazi in
numero finito, e tali che per ogni punto dell'S^ passi un solo spazio del sistema „ —
determina vari tipi di corrispondenze birazionali.
Considereremo neir/S5 (§ 8) tutti i sistemi di rette, piani, S-^, della natura di cui
sopra e quelle corrispondenze birazionali da essi definite, che non furono ancor de-
dotte in tal modo: tra esse due notevoli trasformazioni del 5° ordine tra due 63, che
non rientrano, per quanto mi è noto, in altri tipi piìi generali studiati. Premetteremo
(§§ 5, 6, 7) l'esame di alcuni sistemi di spazi (S„_2, S^-z) di un S,„ della natura sopra-
detta, da cui trarremo tipi di trasformazioni tra due piani od i quali rientrano in
altri noti ed interessanti, dedotti per altra via (*****).
(*) La più generale rigata ellittica del 6° ordine con curva minima del 3° ordine: C. Segre,
Ricerche sulle rigate ellittiche di qualunque ordine, " Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino „,
voi. XXI (1886).
(**) On Cremonian congruences, " Proceedings of the London Math. Society voi. 14 (1880j.
(***) Sopra una forma cubica con 9 rette doppie dello spazio a cinque dimensioni, ecc., "Atti della
R. Acc. delle Scienze di Torino „ voi. XXXVI (1901).
(****) Le trasformazioni birazionali fra due spazi ad n dimensioni, ecc., " Atti dell'Accademia
Gioenia di Catania voi. XI, serie 4*.
(*****) E precisamente : a) Una trasformazione birazionale fra due piani del De Jonqdières,
C Nouv. Ann. (11) 6, (1864); " Giornale di Mai t. 2.3 (1885)); ~ h) Una trasformazione birazio-
nale tra due " nella quale i sistemi omaloidici nei due S3 sono costituiti da rigate (razionali)
d'ordine qualunque n con retta direttrice (n — l)pla fissa, ecc. , studiata dal Prof. C. Segre: Sulle
varietà normali a tre dimensioni composte di serie semplici razionali di piani, " Atti della R. Acc.
delle Scienze di Torino voi. XXI (1885), n° 21 : — c) Una trasformazione " monoidale „ tra due S^,
trattata distesamente dal De Paolis: Sopra un sistema omaloidico formato da superficie d'ordine i\ con
un punto (n — \)-plo, " Giornale di Mat. t. 18 (1875).
SULLA INCIDENZA DI BETTE, PIANI E SPAZI! ORDINARII, ECC. ITil
CAPITOLO I.
§ 1.
1. — Sono rispettivamente oo^, cc^^ go» le rette, i piani, gli spazi ordinari con-
tenuti in un Sr,. Diremo incidenti due rette, una retta ed un piano, una retta od un
5^3 allorché hanno a comune un punto ; incidenti un piano ed un quando hanno a
comune una rotta, due S'3 se hanno a comune un piano. Diremo infine che due piani
si incontrano (senz'altro), che l'uno si appoggia all'altro, allorché hanno un (solo)
punto a comune; li diremo incidenti secondo tma retta allorché hanno una retta a
comune.
So/ìo condizioni semplici: l'incidenza di una retta e di un S'3 e " l'incontrarsi „
di due piani; doppie l'incidenza di una retta e di un piano, di un e di un piano;
triple l'incidenza di due rette di due S^; quadrupla l'incidenza di due piani secondo
una retta.
2. — Indicheremo nel seguito — per brevità — colle notazioni: {p, 7, {p, q, r)^
risp. i sistemi delle rette degli incidenti a p rette, q piani, r S'g; con {p; q,s; r)2
il sistema dei piani incidenti a p rette, s piani , r ^3 e che incontrano q piani.
Supporremo sempre nel seguito assegnati in modo generico gli spazi direttori dei
sistemi {p, q, r)i, . . .
I simboli {p, q, r)i, (p, q, r)^, {p; q,s; r)2 ci rappresenteranno gruppi risp. di rette,
S3, piani, in numero finito, allorché sarà ordinatamente:
(1) •òp + 2q-\-r = 8; p -{-2q + Sr^8; 2p + q + is -\- 2r = 9.
In tali casi, cogli stessi simboli rappresenteremo risp. il numero di quelle rette, di
quegli S-i di quei piani.
È sufficiente alla determinazione degli ordini di tutte le varietà {p, q, r)i, {p, q, r)i,
{p;q,s;r)2 quella dei numeri rappresentati da tali simboli nelle ipotesi (1) (*), sim-
boli che potremo ottenere esplicitamente, risolvendo le (1), per valori intieri, positivi
delle p, q, r, s.
Poiché si corrispondono fra di loro per dualità noU'Ss i sistemi {p,q,r)i e {r,q,p)s;
{p;q,s;r)2 e (r; q, s; p)2, terremo presente che nelle ipotesi (1): {p, q, r)i— {r, q, p)^;
{p-,q,S;r)2 = {r;q,S;p)2.
§ 2.
3. — Il simbolo ip,q, r)i dà luogo nell'ipotesi 3p -j- 2g -j- = 8 ai seguenti:
(210)i, (202),, (121)i, (040)i, (US),, (105)i, (032)i, (024),, (016)i, (008)i
che prenderemo in esame nell'ordine scritto.
(*) Notisi che il simbolo (/), q, ad es., rappresenta l'ordine di ciascuna delle tre varietà
(/; — 1, q, >•)(, (p, q — 1, (j), q, r — 1), nell'ipotesi p, q, r> 1. Queste varietà possono ridursi a due,
ovvero ad una sola, allorché uno risp. due dei tre numeri p, q, r h nullo. Ecc.
152
UMBERTO PEEAZZO
4
4. — Si fa facilmente:
(I) (210)i = (012)3 = 1. Ordine della forma (llO)i e della ilfg (200)i.
(II) (202)i= (202)3=2. Ordine delle due forme (102)^, (102)3 e della rigata (201)i.
(Ili) (121)1= (121)3 = 2. Ordine delle due forme (021)^, (021)3, della M3 (lll)i,
e della rigata (120)i (*).
5. — (IV) (040)i=(040)3= 3. Ordine della J/3(030)i.
In un S-g le 00 1 rette incidenti a tre piani a^, 02, 03 costituiscono — com'è noto
— una varietà cubica jP a tre dimensioni, appartenente all'SV Delle proprietà rela-
tive, che enuncieremo senza dimostrazione, alcune son note (**), altre possono facil-
mente dedursi da queste direttamente. — Proiettando la ^1/3^ F da un punto che
non le appartenga sopra un S4, si ottiene ivi — com'è accennato in una Memoria
del Prof. Segre {***) — una forma cubica F' con piano doppio. Faremo vedere (n' 8-11)
come le varie proprietà di questa forma, ivi determinate, ed alcune altre nuove —
relative specialmente all'inviluppo degli iperpiani (Sg) tangenti — possano ottenersi
" per proiezione , da analoghe, relative alla F.
6. — a) In mi S5 le oo^ rette incidenti a tre piani, si appoggiano di conseguenza
ad 00' piani; punteggiano collinearmente due qualunque di essi, e ne sono proiettate se-
condo reti collineari di S3.
b) La 00^ di piani di cui sopra è un ente duale di se stesso nell'H^. Può rite-
nersi: come il sistema dei piani incidenti a quattro rette; oppure a tre rette ed mi S3; od
ancora a ire S3 ed una retta, od infine: a quattro S3.
Può ritenersi ancora come il sistema dei piani congiungenti terne di punti omologhi
in tre punteggiate riferite fra loro proiettivamente ; oppure: comuni a terne di iperpiani
omologhi in tre fasci riferiti fra loro proiettivamente.
c) Gli 00^83 incidenti a tre piani Oj, 03,03 qualsiansi della ¥, incidono di conse-
guenza a tutti i piani della F. Due arbitrari di questi vengono secati dagli S3 della oo^
secondo piani rigati collineari e proiettati secondo reti collineari di iperpiani.
Chiameremo {R), (P), {S) i tre sistemi risp. di rette, piani, ora considerati:
(*) Un cono quadrico di 2* specie nell'-S's — alle cui proprietà dovremo varie volte ricorrere in
seguito — può considerarsi in diversi modi come il " luogo delle rette, dei piani, degli -Ss incidenti
ad un dato numero di spazi „. E precisamente: Viene generato un cono quadrico di 2" specie nell'Uà:
1) Dal sistema 00^ delle rette incidenti ad una retta e a due S3; 2) id. delle ^ rette incidenti a dite
piani e ad un S3; 3) id. degli 00' piani incidenti a una retta, a due S3 ed appoggiati ad un piano;
4) id. degli 00^ piani incidenti ad un piano, ad un S3 ed appoggiati ad un piano; 5) id. degli 00' S3
incidenti ad una retta e a due S3; 6) id. degli co' S3 incidenti a due piani e ad un S3. Brevemente:
dai sistemi (102),, (021),, (112)2, (0; 1, 1; 1)2, (102)3, (021)3.
(**) Veggansi i due lavori del Prof. Segre: Sulle varietà normali a tre dimensioni composte di
serie semplici razionali di piani, " Atti della R. Acc. delle Se. di Torino voi. XXI (1885): n" 9; e
Sulle varietà che rappresentano le coppie di punti di due piani spazi, ' Rend. del Circolo Mat. di
Palermo tomo V (1891): n° 2.
(***) C. Segre : Sidle varietà cubiche nello spazio a quattro dimensioni, ecc., " Memorie della R. Acc.
delle Se. di Torino , (II), tomo XXXIX (1888): n" 52.
5
SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZII ORDINARTI, ECC.
153
le proprietà relative enunciate, possono essere assunte ognuna quale definizione del
sistema stesso — e quindi della /•' (*).
7. — d) Da ogni punto dell'Si, esce un solo S3 del sistema (S): congiungente
ad es. le tre rette comuni ai tre Oaj, Oa2, Oa^, presi a due a due.
E dualmente.
e) Da ogni punto 3/ della F esce un piano tt ed una retta r dei sistemi (P)
ed risp. — L'S^g tangente in M alla coinciderà coll'S', tt?-, che li congiunge.
Fissato un secondo piano tt' di (P), l'Ss tangente in M alla F potrà considerarsi —
per ogni posizione di M nel piano ir — come Ì'S^ proiettante da tt l'omologo di M
in una certa collineazione (n" G a)) tra i piani tt e tt'. Pertanto: Gli tangenti ad F
nei pu/iiti di un suo piano tt costituiscono una rete (tt) collineare al piano j)unte,>,;
\ 1=1 1=1
)i+i 11+1 ,
-4<"~'' = Z rti"'-"a:, , = Z le equazioni di n Sn-ì fra loro linearmente indipendenti,
1=1 1=1 /
e quindi :
(1 J A' p'B' = 0, .4'"-i> + pi— = 0,
le equazioni dei fasci d'iperpiani uscenti dai primi n — 1 di essi. DaH'S'n-? : Xti=.rn+i = verranno
156
UMBERTO PERAZZO
8
sono evidentemente doppie per la F. Inoltre: ciascuno degli S3Z, è secato dalla Mg (n*» ^h))
degli 00 1 piani incidenti ai rimanenti secondo una cubica doppia per la F (poiché i
piani della MI uscenti dai suoi punti non stanno (ognuno) con Z, in uno stesso S^.
La cubica ha evidentemente per corde le quattro rette (doppie) comuni a ed
agli (Sg rimanenti, poiché ad es. Zg, .... Z5 secano la MI dei piani incidenti a Zg, ...,Z5
secondo quadriche, tagliati risp. dalle ri2,..., secondo coppie di punti.
Le rette incidenti ai 5S3 Zi, ... Z5 determinano fra due di essi (Zi,Z2 ad es.) una
coi'rispondenza biunivoca, omologhi essendo i punti d'incidenza di una retta del si-
stema coi due (Sg. D'altra parte: un piano incidente agli rimanenti (Z3, Zj, Z5) seca
sopra i due punti congiunti da una retta del sistema. Quindi la corrispondenza
si potrà ritenere definita dal sistema degli oo^ piani incidenti a tre S-^ (ZsjZ^, Z5) —
ciò che fa lo stesso — : a tre rette [r^^, rgj, r^s). Questa corrispondenza — del S** ordine
— fu studiat.a dal Prof. Ascione (v. n" 61).
14. — (104)i Le rette incidenti ad una retta r ed a quattro : Zj, Z,, Z3, Z4
possono ottenersi riferendo prospettivamente i 4 fasci (Zi), (Z4) alla punteggiata (r)
e costruendo le rette comuni a quaterne di S4 omologhi (proiettanti uno stesso punto
della r): Costituiranno pertanto una rigata razionale del 4^* ordine (*), a direttrice
rettilinea: uno dei due tipi possibili (dal punto di vista proiettivo) di rigate del
4° ordine appartenenti slì'S^ (**). (Ci si presenterà il 2° tipo — più generale — come
sistema (031)i: n° 24). V'hanno oo^ cubiche sghembe direttrici della rigata F (***).
Quindi: In un S5 le ao^ rette incidenti ad una retta e a quattro S3 si appoggiavo di
conseguenza (secondo cubiche sghembe) ad oo^ S3.
Le generatrici della F punteggiano proiettivamente la r a ciascuna delle oo* cubiche
sghembe direttrici. Viceversa (****); riferite proiettivamente una retta punteggiata ad una
secati secondo gli n — 1 fasci di Sn—ì le cui equazioni parametriche nell'S',1— 2^71 =.Tn4-i —0 si otten-
gono ponendo a;„ = Xn4-i = nelle forme A', B', ... Affinchè n — 1 S',1-3 appartenenti ord. a questi
fasci concorrano in un punto, occorre e basta che i parametri corrispondenti p',...,p'"~" soddisfino alla:
ai -j- p'ò,', , a'n-i p'6'n-i =
(2)
Gli Sn—i dei fasci (1) relativi a questi parametri si taglieranno allora secondo una retta inci-
dente agli nSn-2. Le (1) colla (2) costituiranno pertanto le equazioni parametriche della forma. Ed
eliminando le p se ne otterrà l'equazione :
ttxB' — b{A', , a'n-i B' — 6'n— 1 A' =0
C) Veronese, Behandlung der jjrojectivischen Verhaltnisse der Riiume von verschiedenen Dimen-
sionen, ecc., " Math. Annalen „, Bd. XIX.
(**) C. Segre, Sulle rigate razionali in uno spazio lineare qualunque, " Atti della R. Acc. delle
Scienze di Torino voi. XIX (1884).
("*) Id., n" 5.
("") Id., n" 6.
9
SULLA INCIDENZA DI RETTE. PIANI E SPAZII ORDINARII, ECC.
157
cubica sghemba, il cui 5',, non incontri la retta, le ooi congiungenti coppie di punti
omologhi costituiscono una rigata del tipo della F.
15. — (VII) (032)i = (230)3 = 4: Ordine della forma (130)3, della (022)i e
della rigata (031)i.
(022)i : Le oo- rette incidenti a due piani ai,a2 e a due 5^3 ZijZo costituiscono una
varietà (J^s) : F del 4° ordine. Questa può ritenersi invero la completa intersezione
di due coni quadrici di 2" specie: il cono Ci delle rette incidenti ad 01,02, li ed il
cono ('2 delle rette incidenti ad Oi.a^, Tali coni non hanno fra di loro posizione
generica, poiché i piani Oi, 02 appartengono ad entrambi (e quindi alla F).
(Il fascio determinato da due forme quadratiche {MI) che abbiano a comune due
piani fi;a loro sghembi (senza punti a comune) ha quale varietà base una MI del
tipo della F, poiché (v.' il n° 26) i coni appartenenti al fascio sono della 2* specie
(ed in numero di tre), ecc.).
16. — Indichiamo con A. A' i punti o.{L.^, <^ >^ii comuni a Zi e risp. ai piani 01,02;
analogamente con B, B' i punti aiZ2, a2Z2. Dal punto A (= o^Zi) ad es., esce un fascio
di rette del sistema (022)^, contenuto nt4 piano — della F — comune airS^ od all'Ss
che da A proiettano risp. Zo ed 02- Poiché detto piano incide secondo rette a Zj e
ad Oo, secherà Oo secondo una retta uscente dal punto B' = a-^T^. Analogamente : da
B uscirà un piano della F incidente ad 02 secondo una z'etta uscente da A' \ e da
ognuno dei punti A' , B' un piano incidente ad Oi secondo una retta che uscirà dal
punto B dal punto A rispettivamente.
V'ha infine un piano incidente secondo rette a 7.^. T^, e che incontra Oi in un
punto C (il piano comune ai ti'e S4 che dalla retta A'B' proiettano Zi, Z2,ai). Analo-
gamente il piano comune ai tre ^4 che dalla ^5 proiettano Zi, Z2, o, inciderà secondo
rette a ZijZj, Oi e incontrerà Oo in un punto C . Entrambi tali piani apparterranno
alla F, poiché contengono risp. i fasci (C), (C) di rette del sistema (022)i.
Assai semplice é la configurazione degli otto piani della F.
Dal punto .1 — ad es. — escono, oltre al piano Oi = ABC, due piani : il piano
comune sìiVS^AT^ ed all'Sj ^02 ed il piano comune ai tre 5^ : ^J5Zi, .IfJZg (= ^Z,),
ABa^: li indicheremo pel momento con crei. Essi hanno a comune una retta (gia-
cendo entrambi nei due AZ.2 \ ABa^): pertanto il piano ed il piano r sono tagliati
secondo rette da (J: dovranno incontrarsi nel punto comune alle due rette. In altre
parole : Il punto C comune a t e ad Oj starà sopra la retta aog (uscente (v.' sopra)
da B'). Od ancora: Il piano ff uscente da A seca O2 secondo la retta B'C. Ecc.
Quindi: Riferendo fra loro i due triangoli ABC, A'B'C in guisa che sieno coppie di
vertici omologhi AA', BE', CC, apparterranno alla F — oltre ai piani ABC, A'B'C —
i sei piatii congiungenti i vertici di ciascuno dei due triangoli ai lati opposti agli omo-
loghi vertici nell'altro.
17. — Da ciascuno dei 6 punti A,B, C, A'.B',C' escono tre piani della F, non in
uno stesso S^. Pertanto : / sei punti A, B, C, A', B', C sono doppi per la varietà F. Cia-
scuno degli otto piani contiene tre punti doppi della F; il piano contenente gli ulte-
riori tre punti — che chiameremo opposto al primo — non ha col primo alcun punto
158
UMBERTO PERAZZO
10
a comune. Ritenendo nei due triangoli cosi determinati omologhe sempre le coppie
di vertici AA', BB', CC, potrà ottenersi ancora da essi la configurazione degli otto
piani della F, collo stesso procedimento sopra enunciato (n" 16).
18. — Le 00^ rette del sistema (022)i determinano fra i due piani Oj, 02 una
corrispondenza biunivoca, omologhi essendo i punti Pi, P2 intersezioni dei piani 01,0-2
con ogni retta del sistema. Descrivendo il punto Pi una retta r in a^, l'omologo P2
descriverà in 02 una conica, poiché le oo-' rette incidenti ad una retta rea due S^l.-^, Z2.
costituiscono un cono quadrico di 2* specie. La trasformazione definita dal sistema (022)i
tra i due piani a^, a.^ e pertanto quadratica (*).
Poiché da ciascuno dei sei punti A,B,C, A',B',C' esce un fascio di rette del
sistema (022)i, i due ti'iangoli ABC, A'B'C saranno i triangoli fondamentali della
trasformazione. (E precisamente: ad A sarà omologa la B'C, ecc. (n" 16)).
19. — Viceversa: Suppongasi stabilita fra due piani «i, 02 — non in uno stesso
— una corrispondenza quadratica generale: Ne siano ABC, A'B'C i triangoli fonda-
mentali. E noto che si possono riferire proiettivamente fra loro ad es. i due fasci
(A), {A'), ed i fasci (B), {B') in guisa che ad ogni punto Pi di Oj corrisponda, nella
data corrispondenza quadi-atica, quel punto di che è comune ai due raggi omo-
loghi ad ^Pi e PPi nelle date proiettività. Pongasi per brevità: «i = ^4Pi, «2 = A'
bi = BPi, Ò2 == B'P^. L'SsUiU^ descrive — variando la coppia di raggi omologhi «i, «2 —
un sistema di S3 generatori di un cono quadrico di 2''' specie, di cui è sostegno la AA' .
Analogamente dicasi per F/Ss^ièa-
Le rette incidenti ad ogni coppia di raggi «i, «2 giacendo negli generatori del
1° sistema si appoggieranno agli del 2° sistema. Ed analogamente pel cono {BB').
Le congiungenti coppie di punti omologhi: Pi = «i^i, P2 = «2^2 si appoggieranno
pertanto agli 6^3 generatori del 2° sistema tanto nell'uno che nell'altro cono. Rias-
sumendo: Le conginngenti coppie di punti omologhi in xma data corrispondenza qua-
dratica [generale) fra due piani che non si incontrino, si possono — ed in modi —
riguardare come le rette che si appoggiano a quei due piani e a due S3.
20. — La nostra varietà F apparterrà a tre coni quadrici di 2^ specie, di cui
sono sostegni le tre rette AA', BB', CC. I tre coni appartengono ad uno stesso
fascio di forme quadratiche (di cui è base la i¥| F). E si avrà: In un S5 le oo^ rette
incidenti a due piani e a due S3 incidono di conseguenza ad coi g^ . costituenti tre si-
stemi di S3 generatori di coni quadrici di seconda specie.
■ 21. — Altri sistemi oo^ di rette contenuti nella P dedurremo, considerando
questa come intersezione di due fra i coni {AA'), {BB'), {CC).
(") Ciò discende altresì dall'osservazione seguente : È noto che una forma quadratica nell'S'j può
ritenei-si generata dal " sistema delle cc^ rette che congiungono coppie di punti reciproci in una
reciprocità fra due piani „ (e dualmente). La F e comune a due (e quindi ad un fascio) di aventi
a comune due piani: le oo'^ generatrici della F determineranno quindi tra Oi, a, una corrispondenza
nella quale " coppie di punti omologhi sono reciproci in due (e quindi in un fascio) di reciprocità
fra i piani a^, aj , : pertanto una corrispondenza quadratica.
11
SULLA IN^CIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZII ORDINARII, ECC.
159
Nel cono {AA') apparterranno ad uno stesso sistema di «S'g generatori gli
AA'BC, AA'B'C ; all'altro sistema gli 5, AA'BC, AA'B'C.
Indicheremo risp. con (S^) e [T^ i due sistemi. Analogamente nel cono [BB') in-
dicheremo con (8;,) il sistema di cui appartengono BB' AC, BB'A'C e con {Ti.) il
sistema cui appartengono BB'AC, BB'A'C. Nel cono (CC) iniine chiameremo (S,) il
sistema cui appartengono CC'AB, CC'A'B'; (T,) quello cui appartengono CC'AW,
CO A' li.
Ciò posto, si osservi che: se un del cono [AA') — ad es. — ed un -S'3 del
cono [BB') si tagliano secondo un piano, un del 1° e un del 2" cono, i quali
appartengano a sistemi opposti a quelli dei due «S3 in questione, si taglieranno in
generale secondo una retta incidente al piano intersezione di quei due S^. Se ne
dedurrà,'' considerando i due coni {AA'), {BB'): Le oc'^ rette comuni agli S3 dei si-
stemi (5„), {Sb) incidono ai due piani ABC, A'B'C della F, fra loro opposti (n° 17),
nonché agli cc^ dei sistemi (T,,); le rette comuni agli .S^ dei sistemi ( una corri-
spondenza univoca. Supposto viceversa che fra due cubiche Cj, C-, (ellittiche) giacenti
in piani Oi, fra loro sghembi, si possa stabilire una corrispondenza univoca, le ooi
congiungenti coppie di punti omologhi costituiranno " in generale „ una rigata del
tipo della F. Invero " la rigata sarà anzitutto del 6° ordine „ (*). Sieno m, n due
sue generatrici; ilfi, iVi; -Mg» -^2 le loro intersezioni risp. con Oi ed Og. Un condotto
per l'Ss mn, e che non passi ne per a^, nè per Og, secherà ulteriormente la rigata
secondo una curva del 4° ordine, che potrà spezzarsi secondo una curva direttrice
del 3° ordine (ellittica, e quindi piana) ed una generatrice, allorché (e solo allora)
le ulteriori intersezioni delle rette MiNi, M2N2 colle cubiche Ci, C2 risp. sieno con-
giunte da una generatrice della rigata (omologhe cioè nella corrispondenza fra Ci e C2).
In tal caso le generatrici della rigata si appoggieranno a tre piani (e quindi ad 00 1,
secondo cubiche) punteggiando collinearmente (n° 6 a) ) Ci e C2 {**). La rigata potrà
considerarsi allora come " luogo delle 00^ rette che si appoggiano ad una cubica
piana ellittica e a due piani 01,03, in posizione generica rispetto al piano della
cubica „. Facendo astrazione da tale caso si riconosce facilmente l'esistenza sulla
rigata di 00 2 quartiche sghembe di l'^ specie, e quindi di oc 2 S-^ direttori della rigata,
la quale si presenta quindi del tipo della F (***).
28. — Consideriamo un S3 direttore della rigata : ad es. Zj (e ricordiamo che
la congiungente i punti Ai = ZiOi, A2 = Z1CI2, appartenenti l'isp. alle cubiche C'i, C2,
è il sostegno di un cono quadrico della rete [R) (n° 26)). Un S^'.m condotto per Zi
(*) Poiché un -Si : u) uscente da Oj seca ulteriormente la rigata (fuori di C)) secondo le tre gene-
ratrici uscenti dai tre punti comuni alla d ed alla retta ujOj.
(**) Può dedursi di qua la nota proposizione (Cfr. C. Segre: Le corrispondenze univoche sulle
curve ellittiche, " Atti delia R. Acc. delle Scienze di Torino „, voi. XXIV (1889): n° 3): " Una cor-
rispondenza univoca fra due cubiche, tale che ad una terna di punti in linea retta dell'una corri-
sponda nell'altra una simile terna di punti, è collineare
(***) Le due rigate contemplate in questo n° costituiscono i due possibili tipi di rigate ellittiche
del 6" ordine dell'S'g, con curva minima del 3" ordine : C. Segbe, Ricerche sulle rigate ellittiche di
qualunque ordine, " Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino voi. XXI (1886): n° 15.
I risultati contenuti al n° 15 di tale nota ci avrebbero permesso di abbreviare i ragionamenti
precedenti : abbiam creduto bene di esporli ugualmente, per uniformità di metodo.
15
SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZII ORDINARII, ECC.
163
contiene (n° 25) due generatrici della F, le quali " si appoggiano alle due rette
aj = oiUJ, = a2iju. uscenti risp. da .li e da A., „.
I punti d'appoggio delle due generatrici con Cj e C2 si presenteranno quindi
allineati con Ai, A., risp. Variando VS^^u nel fascio (Ij) si riconoscerà che " alle x'
coppie di punti di allineate con Ai sono omologhe in C^, nella corrispondenza
univoca determinata dallo generatrici della F, le ooi coppie di punti allineate con A2.
Ciò può ripetersi partendo da altri 5^:, direttori della rigata, appartenenti a coni di-
versi della rete {R). Si giunge pertanto all' esistenza degli coi centri di p-oiezione
nella corrispondenza univoca (n° 27) fra Ci e (*). Le ooi congiunyenti coppie di
centri omologhi di proiezione costituiscono i sostegni degli ooi coni quadrici di 2^ specie
contenenti la rigata F.
Due -£irbitrari coni della reto {R) hanno a comune (v. n° 2.5) una .1/* del tipo
esaminato ai n' 15-22 (per la quale passa un terzo cono della rete). Le generatrici
della apparterranno ad oo^ M\ di tal tipo. Se ne deduce: " La corrispondenza che
esse determinano fra Ci,C., è contenuta (n" 18) in oo^ corrispondenze quadratiche fra
i piani oi, 02 „ (**) (***).
La rigata F si presenta anche semplicemente come segue : Abbiansi in un piano
Qi tre fasci di raggi {A), {B), (6) ed in un secondo piano 02, che non incontri Oi, tre
fasci di raggi {A'), (£'), (C): riferendo proiettivamente le tre coppie di fasci (A), {A');
(J5), {B') : (C), (C), in guisa che mai sieno omologhe congiungenti vertici di coppie
omologhe di fasci, v'hanno ooi terne di raggi concorrenti nei fasci {A), (B), (C) cui
sono omologhe terne di raggi concorrenti nei fasci {A'), {B'), {C): Le 00* congiungenti
punti di concoi'so di terne omologhe costituiscono una rigata del tipo della F. E vice-
versa: la rigata F può sempre pensarsi generata in tal modo.
29. — Ci limiteremo — nel numero presente — alla determinazione degli ordini
(016)i, (008),.
(IX) (016)1 = (610)3 = 9: Ordine della forma (510)3, della .¥3 (006)i e della ri-
gata (015)i.
Le generatrici della rigata (015)i " delle 00 1 rette incidenti ad un piano a ed
a SiSg : Xi, I5 , si appoggiano al piano a secondo una curva del 4° ordine senza
punti doppi (n° 13) ed agli 53 I, secondo sestiche (n° 25). Un -§4 : uu condotto per Zj
— ad es. — contiene, fuori di li, tre sole generatrici della rigata (incidenti alla
retta a = wa ed ai 4 piani (Jg = UJZ2, t^a = w^^s (****)). La rigata è pertanto del
nono ordine.
(X) (008)i = (800)3 = 14: Ordine della forma (700)3 e della rigata (007),.
Le generatrici della rigata (007)i " delle oo» rette incidenti a 78, : I,, ... I7 , si
(*) C. Segrk, Le corrispondenze univoche, ecc., n° 1.
(**) Id., n» 3.
(***) Corrispondentemente al fatto (cfr. l'oss. (*) al n" 18) che la F è varietà base di una rete
di Mi aventi a comune due piani sghembi a,, aj si ha che ' le oc' coppie di punti omologhi nella
corrispondenza fra C^ e Cj sono costituite da punti reciproci in oc' reciprocità fra i piani a|,aj, for-
manti una rete „. Da ciò si deduce subito che la corrispondenza fra d e Cj è contenuta in oo* cor-
rispondenze quadratiche, relative agli <»- fasci di reciprocità della rete.
(♦♦**) C. Skqrk, Alcune considerazioni elementari sull'incidensa, ecc., n" 5.
164
UMBERTO PERAZZO
16
appoggiano a questi secondo curve del 9° ordine (v. sopra). Un 5^4 : oj condotto per Zi
— ad es. — contiene, fuori di li, sole 5 generatrici della rigata (incidenti ai 6 piani
(Jg = tuia, cr, s^uui^ p)) La rigata è quindi del ordine.
§ 3.
30. — Nel simbolo (j^; q, s; r)2 la s può assumere i soli valori ed 1 (poiché
non v'hanno piani incidenti secondo rette a due piani, assegnati in modo generico
nell'/Ss). Per brevità sostituiremo alla scrittura ip; q, ó;r)2 la seguente: (pqr).^. Il sim-
bolo {p\ q, s; r)i darà luogo, nell'ipotesi: 2^ -f- 2 + 4s -+- 2r = 9, ai seguenti (oltre ai
loro corrispondenti per dualità neirS'5):
(212)2, (311)2^(410)2, (231)2, (330)2, (151)2, (250)2, (170)2, (090)2,
(2; 1,1; 0)2, (1; 1,1; 1)2, (l;3,"l;0)2, (0;5,ì;0)2,
che prenderemo in esame nell'ordine scritto.
31. — (XI) (212)2 = 2. Ordine della forma (112)2 e della (202)2.
(XII) (311)2=(113)2=3. Ordine delle forme (211)2, (013)2 e delle (301)2, (103)2.
(Xm) (410)2= (014)2= 3. Ordine della forma (310)2 e delle M3 (400)2, (004)2.
I due sistemi (013)2, (310)2 hanno definizioni fra loro duali ed equivalenti : essi
generano (v. n° 12) una forma cubica con 9 rette doppie. Analogamente i 4 sistemi
(301)2, (103)2, (400)2, (004)2 hanno a coppie definizioni fra loro duali e tutte equi-
valenti: generano una MI normale per VSr, (n^ 5-11). — Finalmente gli oo^ piani:
(211)2 incidenti a due rette ri,r2, ad un S3 : X ed appoggiati ad un piano: a costi-
tuiscono un cono cubico di vertice il punto aZ: Pongasi invero 1X12 = ^i?'2) ^ = ^12^-
I piani del sistema incidono alle tre rette r, ì\, r^. Costituiranno 00 1 fasci, uscenti
dalle generatrici della schiera incidente (in TT12) ad r, ri, e giacenti negli comuni
alle coppie di che dalle generatrici proiettano a e Z. Tali contengono tutti il
punto aZ. Quindi, ecc. L'.S'jZ è doppio per il cono cubico.
32. — (XIV) (231)2 = (132)2 = 5: Ordine delle forme (131)2, (032)2 e delle .¥3
(221)2, (122)2.
(221)2; Crii piani incidenti a due rette: ri, r^, ad un /S3 : Z ed appoggiati a
due piani: Oi, 02, secano l'Sg TT12 = rir2 secondo le generatrici della schiera incidente
alle tre rette: ri, rj, r = TTigZ: si appoggiano quindi ad 00 1 rette (: le direttrici della
schiera). Un : uj condotto per flig seca ulteriormente la il/g (che indicheremo
con F) secondo i tre piani (**) incidenti in ai alle 4 rette ri, r2, «i = OiOi, «2 = o.^^
ed al piano ^M\ del
(*) C. Segre, Alcune considerazioni elementari sull'incidenza, ecc., u° 7.
(**) In un S'4 gli 00' piani incidenti ad un piano a e a tre rette costituiscono una forma cubica
con piano doppio (o): C. Segre: Sulle varietà cubiche dello spazio a quattro dimensioni, ecc., n" 52.
17
SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZtl OKOINAUII, ECC.
165
fascio determinato dai due coni saranno dunque " coni cubici dotati di doppio „ (*).
E poiché in ognuno di essi gli ooi^j generatori incidono, secondo rette pel vertice,
ad oc^ piani direttori (**) e i piani della /''giacciono in quegli S^: I piani generatori
della F si appo(/tjiano ad cc'^ piani. Poiché un 6'i : ui condotto per Z contiene, fuori
di I, un solo piano della 7^ (comune ai due che dalla congiungente i punti i?i —r^w,
B2 = r2M proiettano le rette = Oiiu, a2 = a2^)'- gli '^^ piani della i*' secheranno Z
secondo lo generatrici di una rigata del 4° ordine. La retta r = TTigZ è direttrice
semplice della rigata. Il luogo dei vortici degli ooi coni cubici contenenti la F è una
cubica sghemba C appartenente all'^gZ, come facilmente si deduce per via anali-
tica (***). Dai suoi punti (p. es. dal punto aiZ o dal punto agZ) escono coppie di piani
della F, e quindi coppie di generatrici della rigata. La cubica C è pertanto direttrice
doppia della rigata e linea doppia altresì per la F.
{131)2: Ci limitiamo qui ad osservare, poiché ci sarà utile in seguito, che per la
forma (131)2 " degli 00- piani che si appoggiano a tre piani: Oi, Og, ed incidono a una
retta : r e ad un : Z „ è triplo l'S^I.. Invero : un S.^ : w, uscente da Z, seca ulte-
riormente la forma secondo il (solo) cono quadrico di cui son piani direttori Bai,
Ra-i, Ra^ (ove si sia posto: R = riu, a^ sa a.uj). — Si potrebbe ora dedurre — variando ai
nel fascio (Z) — l'esistenza di un secondo sistema 002 di piani nella forma (direttori
dei coni quadrici di cui sopra), ecc. La r è doppia per la forma.
33. — (XV) (330^2 = (033)2 = 6 : Ordine della forma (280)2 e delle M3 (320)2, (023)2.
(320)2 = (023)2 : I due sistemi (320)2, (023)2 hanno definizioni fra loro duali e
coincidenti. Siene r2, r^ ; a^, 02 risp. le rette ed i piani direttori di un sistema (320)2.
Un S4 uscente da uno dei tre S.^ TI 12 ^ ^13 = ^'i^'s» ^23 = ''a^'a contiene, come
facilmente si verifica, due piani del sistema (320)2. Dualmente : dai punti di ciascuna
delle ri, 7-2, /'a escono coppie di piani del sistema, non giacenti colle ri, r2, r^ risp. in uno
stesso Si (anzi in uno stesso S^): Le rette ri, r2, r^ sono pertanto doppie per la F (****).
La F può ritenersi parziale intei'sezione delle due 3/, (v' n° 12): " dei piani che si
appoggiano ad ri, r2, rj, a, „ e " dei piani che s'appoggiano ad ri, j"2, r^, a., „. Dalla MI
loro completa intersezione si staccano i tre TT12, TT13, ITas : la è quindi del 6° ord.
al piii. Dalle cose precedenti poi, e dalla nota (****) si deduce ch'essa è (almeno, e
(*) Si prova analiticamente in modo immediato che una forma cubica — in un S'5 — dotata
di S3 doppio è un cono (veggasi del resto la nota ("*)).
(**) Ciò si deduce applicando i risultati del n" 52 della Memoria sopra citata alla " forma
cubica con piano doppio, intersezione di un variabile cono del fascio con un iperpiano, non passante
pel vertice
(***) Un fascio di forme cubiche nell' aventi un medesimo ^3 doppio Xi = Xf = può rappre-
sentarsi coll'equazione:
(1) {A + \A')xs- + (B + XB')x,x, + (C + XC')x«« = 0,
ove X e un parametro, e le A, A', ... sono forme lineari delle a:,, a-j, x^. La (1) rappresenta per
ogni valore di X un cono di vertice il punto x^ — .rfi = 0, A-}-\A' = Q, B -\-\B' = 0, C -\-\C' = 0.
Col variare di X, tale punto descrive la cubica di equazioni parametriche nell'uà X5 = a-6=0: A-\-\A'=0,
B + \B' = 0, C-\-XC'=0.
(**♦*) Le >-,,ri; ri,r3; rj.rj saranno direttrici doppie altresì per le tre rigate risp. secate su TT, 5,17,3,17,3
dagli oc' piani del sistema (320^3: le tre rigate risulteranno del IV" ordine almeno, e — per quanto
segue — precisamente del 4° ordine.
166
UMBERTO PERAZZO
18
quindi) precisamente del sesto ordine. — La F può ritenersi, coi tre S3 TT12, TT13, TT23,
varietà base di un fascio di forme cubiche. E poiché tutte conterranno i tre TTig,
TT13, TTas — e quindi le rj, come rette doppie — potranno ritenersi (v' nota (*) al
n° 44) della stessa natura delle due forme determinanti il fascio. Se ne deduce facil-
mente — in virtù di alcune proprietà relative a queste forme (*) — : Gli oo^ piani della F
si appoggiano ad 00^ piani, costituenti due sistemi distinti (e tali che da ogni punto
deirSs escono un piano del primo e uno del secondo sistema, come facilmente si
verifica).
34. — Ci limiteremo — in questo e nei numeri seguenti (n' 34-37) — alla deter-
minazione degli ordini delle varietà, che ancora ci rimangono a considerare nel pres. §.
(XVI) (151)2 = 10: Ordine della forma (051)2 e della 31^ (141)2.
(141)2: Grli cci piani incidenti ad una retta r, ad un S^T, ed appoggiati a
4 piani Oj, Og, 03, secano sopra ciascuno dei piani Oj, 04 una curva del 5° ordine
{n° 32). Conducasi per Oi — ad es. — un 63 : TT. Se P è un punto della M^, giacente
in TT e non appartenente ad a^, il piano della 3/3 uscente da P secherà TT secondo
una retta (incidente ad aj). D'altra parte un piano incidente a TT si appoggia certa-
mente ad Oi. Pertanto l'intersezione di TT colla — fuori di — sarà costituita
da un numero finito di rette: tante quanti i piani incidenti ad una retta: r, a due
63 : 1, TT ed appoggiati a tre piani: 00,03,04: quindi in numero di 5 (n« 32). La 3/3
è quindi del 10° ordine.
35. — (XVII) (250)2 = (052)2 = 11 : Ordine della forma (150)2 e delle (240)2,
(042)2.
(042)2: Grli ooi piani incidenti a due /S3 : Zi, Z2 e che si appoggiano a 4 piani:
Oj, 02, 03, 04 secano su ognuno di questi una curva del 5"^ ordine (n° 32). Un S3 : TT con-
dotto per Oi — ad es. — seca la 3/3, fuori di o,, secondo le 6 rette traccio sopra TT
dei piani che si appoggiano ad Oo, 03, 04 ed incidono agli S3 Ij, Z2, ^ (n° 33). —
La 3/3 è quindi dell'i:?" ordine.
36. — (XVIII) (170)2 = (071)2 = 21 : Ordine della forma (070)2 e delle Mg (160)2,
(061)2.
(061)2 : Gli cci piani incidenti ad un 83 : Z ed appoggiati a 6 piani: Oj, Og se-
cano ciascuno di questi secondo una curva del 10'^ ordine (n'^ 34). LTn S3 : TT condotto
per Oi — ad es. — seca la ilfg fuori di Oj secondo le 11 rette (n° 35) traccia sopra TT
dei piani incidenti a TT, Z ed appoggiati ai 5 piani Og, Og. La 3/3 è quindi del
21° ordine.
37. — (XIX) (090)2 = 42: Ordine della (080)2-
(080)2: Gli 00^ piani appoggiati ad 8 piani Oj, Og, secano sopra ognuno di essi
una curva del 21° ordine (n° 36). Un : TT condotto per Oj — ad es. — seca la 3/3,
fuori di Oj, secondo le 21 rette (n° 36) traccie su TT dei piani incidenti a TT ed ap-
poggiati ai 7 piani 02, Og. La 3/3 è pertanto del i2° ordine.
(*) V' il n° 9 della mia nota cit.°: Sopra una forma cubica con nove rette doppie, ecc.
19
SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZII ORDINARII, ECC.
1G7
§ 4.
38. — (XX) (2; 1, ì; 0)2=(0; 1,1; 2)2= 1. Ordine della forma (1;1,1; 0). e delle
JI/3 (210)2, (0Ì2)2. _
(XXI) (1; 1, 1; 1)2== 2. Ordine della forma (0; 1,1; 1)2 e della (1 1 1)2-
(XXII) (1;3,I;0)2=(0; 3,1; 1)2 = 3. Ordino della forma (0; 3,1; 0)2 e delle J/3
(1;2,T;0)^ (0; 2,1; 1)2.
(1;2, 1;0)2. Gli ooi piani incidenti ad una retta r, ad un piano P (secondo rette)
ed appoggiati a due piani a, , costituiscono nell'S^ r3 = a» una forma cubica con
piano doppio (poiché incidono — in lu — al piano (3 ed alle tre rette: r, = wa^,
= 0102.) (v' la nota (**) al n« 32).
39. — (0; 3, 1 ; 0)2 : Il sistema oo^ dei piani incidenti secondo rette ad un piano p
e che si appoggiano a tre piani Oi, 02, 03 corrisponde a se stesso per dualità nell' S5.
Lo indicheremo nel seguito con {K). La forma F che lo contiene è del ters^ ordine
(n° 38) e — dualmente — della terza classe (*). Ogni condotto arbitrariamente
per p seca ai, 03, secondo tre punti congiunti da un piano del sistema. La rete (B)
di S3 seca sui tre piani Oj, Og, 03 tre sistemi collineari due a due di punti, e i piani del
dato sistema compaiono come " congiungenti terne di punti omologhi „ (**). Dualmente:
Ogni retta di p è proiettata da Oj, a^, 03 secondo tre S4 intersecantisi in un piano
del sistema.
Il piano rigato (P) vien proiettato da Oi, 02, Og secondo tre reti collineari di
e i piani del sistema dato compaiono come " comuni a terne di omologhi „.
40. — Da ciascuna delle tre rette: r2, r3 (n° 5) incidenti ai quattro piani
P, Oi, 02, 03 esce un fascio di piani del sistema (K) (neirS3 che la congiunge a 3): appar-
tengono quindi alla F i tre S3 riB, r28, rgB. — I tre S3: TTi2 = ri/'2. TT13 = r^r-i, TT23 = r2'"3
secano secondo rette i quattro piani p,ai, a,, «3: in ognuno di essi sarà contenuto un
fascio di piani del sistema {K), di cui sarà asse la retta comune all'-Ss ed a p. Per-
tanto: appartengono alla F i tre S3 : TTio, TT13, TT23. I tre riQ, r26, r^B non giacciono
in uno stesso (poiché non stanno in uno stesso r^, r^, r^) e — per la stessa ragione
— mai possono giacere in uno stesso ^4 due qualsiansi degli S3 TT12, TTia, 1723. Se ne
deduce: Il piano p è doppio per la forma F; e sono altresì doppie per la F le tre
rette r^ r2, r3 (incidenti a p, ma in posizione reciproca affatto generica).
41. — Un Si'.M condotto ad arbitrio per rSsrTja^riro — ad es. — secherà
ulteriormente la F secondo una MI che nel punto uura presenterà un punto doppio:
un cono quadrico cioè di l'^ specie, di cui è vertice il punto uj/'g. Col variare di uu
nel fascio {TI 12) la Mi ulteriore intersezione assumerà 00 1 posizioni e la quadrica da
(*) Poiché si possono ritenere (come apparirà dal seguito) tangenti alla F gli ce' iperpiani
uscenti dai piani di {K).
(**) Notisi però che tre piani — in posizione generica nell'^s — riferiti collinearmente fra loro,
non possono in generale ritenersi " sezioni di una stessa rete di Sa „. E dualmente.
168
UMBERTO PERAZZO
20
essa secata su TT12 descriverà evidentemente un fascio. È facile riconoscere che " la
quartica base del fascio si spezza nelle due rette )\, e nella h-^i = contata
due volte „ (*). Le quadriche del fascio cioè hanno a comune oltre alle due genera-
trici ri, r2, la direttrice èio, e in ogni punto di questa tutte ammettono lo stesso piano
tangente. — in altre parole — le generatrici delle ooi quadriche costituiscono una
congruenza lineare speciale di asse la retta h^^ (e le direttrici : la congruenza di
assi ^2).
42. — Poiché (n° 41) l'ulteriore intersezione colla F di un 84 di uno dei fasci
(TTis^ (His), (TT23) è costituita da una M\ conica di 1=^ specie, si avrà — considerando
i due sistemi 00 1 di piani che a questa appartengono — e col variare deirS'4 nel
fascio: Appartengono alla F — oltre al sistema (K) — un sistema oc^: (Ki) di piani,
incidenti ad r^, r2, v^, e tre sistemi cc^: (L,), (L2), (L3) di 'piani i quali si appoggiano risp.
ad Yi, V2, e secano ordini i tre S3 TT23, ^isi ^12 secondo le generatrici di congruenze
lineari speciali, di cui sono assi risp. le tre rette h^^ = TT23B, bi3 = TTi3'^, bi2 = TTia*^.
43. — Neir-2. Una ulteriore retta base del fascio dovrebbe appartenere a
questa " coppia di piani , e d'altra parte incidere ad r,, r^: non può quindi esser distinta dalla 61,.
21
SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZII ORDINAKII, ECC.
IGO
(Iella M4 con 9 vette doppie, definibile appunto (*) mediante un generico sistema (310)2
(senza restrizioni cioè, relative alla posizione del piano k rispetto alle direttrici r^, r^, r.^).
Alla F potranno quindi applicarsi — con ovvie modificazioni — varie proprietà rela-
tive a quella forma (**).
45. — (XXIII) (0; 5, 1; 0)2 = 6: Ordine della (0; 4,1; 0)2.
(0; 4, 1; 0)2: Gli ooi piani incidenti secondo rette ad un piano 3 ed appoggiati
a 4 piani a^, a.,, a,, a.j secano sopra ciascuno dei piani a^, ... a,j una curva del ordine
(n° 39). Un : IT uscente dal piano aj — ad es. — seca la M^, fuori di Oj, secondo
le tre rette traccie sopra TT dei piani incidenti secondo rette al piano (3, all'iSaTT, ed
appoggiati ai tre piani a.^, a.,, (n° 38). La è pertanto del 6" ordine. E il piano p
è per essa triplo, come facilmente si verifica.
CAPITOLO II.
§ 5.
46. — Abbiansi due spazi di egual dimensione: TT^,, TT„, aventi a comune un .S\
{l> — 1) congiunti cioè da un52„_, :S. Si immagini un -S„ : Z uscente da 5, coin-
cidente con S {nl2m — l). Un sistema oc": (A") di S„_„ dello spazio Z tale che
da ogni punto P di Z esca un solo spazio del sistema, e che non abbia particolari
relazioni con TT„, TT^ determinerà fra questi spazi, nel senso di cui si disse nell'" in-
troduzione , una corrispondenza biunivoca (che potrà ritenersi determinata altresì,
tra TT e TT', dal sistema 00"' degli S„,_i comuni a S ed agli del sistema {K)). —
Come sistemi (K) potranno assumersi nell'S,, particolari sistemi di 2m — l) — potranno ottenersi fra TT„,TT;„ corrispon-
denze biunivoche, il cui ordine sarà, in generale, funzione della dimensione n.
Ci limiteremo a pochi esempi, che ci forniranno corrispondenze biunivoche tra
due piani due S3. Supporremo sempre assegnati i due piani od -S3, e gli spazi
direttori del sistema da considerarsi, in posizione reciproca affatto generica noir6'„.
47. — Assumansi due piani tt, tt' e in un S„ che contenga lo spazio tttt' si con-
sideri il sistema cc^: {K) degli S„_2 i quali sono incidenti ad un S„_o : Z e si appog-
(*) Vedi la mia nota cit* al n° 12. — Erasi provato in essa (n° 17) che allorché una forma
cubica contiene tre rette doppie ' i.rj, rj, non in un 5», contiene di conseguenza altre 6 rette doppie, ecc.
E ciò basandosi sul fatto che quando in un fascio di quadriche la quartica base contiene come parte
due rette sghembe deve ulteriormente spezzarsi secondo due rette r, s appoggiate alle prime. Ma
queste rette r, s possono coincidere : cioè le quadriche del fascio raccordarsi lungo una tlirettrice
comune: in corrispondenza a tale ipotesi le 9 rette doppie si riducono a 6 distinte: distribuite
secondo i lati di un triangolo e secondo tre rette uscenti dai vertici di questo (in posizione reci-
proca generica), ecc. E la forma cubica assume il tipo ora considerato.
(**) Assumendo i punti fondamentali delle coordinate in guisa che il piano P venga rappresen-
tato dalle: Xi=Xr= X(=0 e le tre rette rj, risp. dalle: x,=t,i=X5=.T6 = 0, x\=x^=tì=x^=Q.
xx~ Xì = Xi, = Vi= Q la F verrà rappresentata da un'equazione del tipo: «.a-i-Tja;, -t- t.xjariXo -|-
+ c.xsx^xs -f- rf.xjXjX, = (essendo a.b,c.d coefficienti arbitrari).
Serik tt. Tom. LIV. v
170
UMBERTO PERAZZO
22
giano ad n — 2 rette: l'i, r^, r„_2. Da ogni punto P dell'S^ escirà un solo del
sistema: congiungente P agli n — 2 punti comuni all' iperpiano Pz ed alle rette
7*1, r2, ...,n-2- Se il punto P descrive in rr una retta r, rS„_2 del sistema {K) uscente da P
descriverà il sistema oo^ degli S„_c, incidenti ad un S„-i:'^ e ad w — 1 rette: r,ì\,r^,
... r„_2: sistema costituente una forma F deir(n — 1)° ordine, poiché è noto (*) che
— dualmente — sono in numero di n — 1 le rette di un -S„ incidenti ad n 5„_2 e ad
una retta.
a) L'S„_2 : 1 è multiplo d'ordine n — 2 per la F: poiché da ogni suo punto P
escono tanti -S'„_2 del sistema quanti — nella stella (P) — sono gli S„_2 incidenti
secondo S„_3 e secondo rette per P risp. air5'p_jZ e agli n — 1 piani Pr, Pì\, Pr^
... Pr„_2 (ossia quanti sono in un gli S„_3 incidenti ad un S„^3 e ad w — 1 rette) :
quindi in numero di n — 2 (per quanto sopra).
b) Ogni S„_2 del sistema (K) il quale tagli secondo una retta il piano tt, si
appoggierà ad ogni retta r assunta in tt: appartiene quindi alla F. Gli S„_2 del
sistema (K) incidenti a tt, escono dal punto P = ttZ : tagliano quindi secondo iS'„_3
per P e risp. secondo rette per P: r*S'„_2Z e gli n — 1 piani tt, Pr^, Pr,,..^. Quindi
(osserv. a)) sono in numero di n — 2.
e) Da ogni S„_3 incidente a Z, r^, r2, r„_2 escono ooi S'„_2Z; ed a cui appartengono — evidentemente — gli n — 2 5„_2
incidenti a re ; Z ; /'i, r-i, r„_2 (n° ■il b)) e la MlzX O (n° 47 c) ). Pertanto : Al punto ttZ
corrisponde in tt' la curva d'ordine m — 1 avente nel punto tt'Z un punto (m — 2)-plo
e passante semplicemente per gli ulteriori 2 (m — 1) punti fondamentali {semplici) della
trasformazione. — Ai punti (fondamentali) traccie su tt degli n — 2 S„_2 incidenti a
(•) C. Garrone, Memoria cit^, n" 22.
(**) " Nouv. Ann. (II), 6, (1864). — " Giornale di Mat. „ t. 23 (1885).
23
SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZII ORDINARII, ECC.
171
ti', Z, /•2, r„_2 corrispondono le traccio di questi spazi su tt', ossia (poiché ognuno
di essi contiene un 5„_3 incidente a Z, ^i, r2, r„_2 ed appoggiato a tt'): le rette congiun-
genti il punto tt'Z ad m — 1 determinati punti base (^semplici) : le traode della su tt'.
Analogamente si prova che ai punti comuni a u ed alla sono omologhe le congiun-
genti il punto tt'Z agli m— 1 punti traccie su ti' degli S„_i incidenti a tt,Z, ri,r2, r„_2.
§ 6.
50. — Si considerino due -8^3: TT, TT', e in un S„ contenente lo spazio TTTT': il
sistema cc^: (K) degli S„_3 incidenti ad un S„_2 e ad n — 3 rette Vi, rg, r„_3. Da ogni
punto P deirS„ esce un solo S„_3 del sistema: congiungente P agli n — 3 punti co-
muni airS'„_i PZ ed alle rette r^, r^, r„_3. Se il punto P descrive in TT un piano:
a, rS„_3 del sistema {K} uscente da P descriverà: " il sistema oo^ degli S'„_3 incidenti
a Z, ri, 7*2, >',._3 ed appoggiati al piano a „ : Si distribuiranno questi, secondo oc^ fasci
negli oqI S„_z incidenti ad a (secondo rette), a Z ed alle ri, r2, r„_3 (fasci aventi per
sostegni gli S„_4 congiungenti i gruppi di n — 3 punti secati da quegli S„_2 sulle
rj, r„_3).
Gli 00 1 S„_2 in questione escono dal punto aZ, e costituiscono un cono d'ordine
n — 2 che indicheremo con F (cfr. n" 49) :
a) L'S„_jZ è multiplo d'ordine n — 3 per il cono P(n''49).
bj Appartengono ad P gli S„_. incidenti a Z, rj, rg, r„_3 ed all ò'3 TT (secondo
piani), poiché incideranno ad ogni piano a contenuto in TT. Tali S„_2 esciranno dalla
retta TTZ: saranno quindi (cfr. n° 47 a)) tanti quanti in un S„_2 gli S„_ji incidenti ad
un S„_i e ad n — 2 rette: quindi (n" 47) in numero di n — 3.
c) Appartiene ancora alla P la M„_s : degli ooi S„_i incidenti a Z, /•i,r2, r„_3
(cfr. n'' 47 cj): Essa è d'ordine n — 3 (cfr. ancora n° 47 c) ).
51. — Discende dal numero precedente: In un S„ il sistema (K) degli oo^ S„_3
incidenti ad un S„_2 e ad n — 3 7-ette definisce tra due S3 : TT, TT' una trasformazione
dell\n — 2)° ordine.
Ponendo n — 2 = w : Agli c»3 piani di W — ad es. — sono omologhe in TT' le
rigate d'ordine m aventi a comune: (a) una direttrice rettilinea (m — - \)-pla; (b) m — 1
generatrici; e passanti (c) semplicemente per m — 1 punti fìssi {*).
52. — Se un punto P descrive in TT una l'etta r, \'S„_^ del sistema {K) uscente
da P descrive " il sistema coi ^Qg\[ s„_3 incidenti ad un iS„_2 : Z e ad n — 2 rette
r, ri, r2, r„_3 „: sistema costituente (n° 47 c)) una J/ilZj, che indicheremo con R.
a) Gli iS„_3 generatori della R secano Z secondo S„_^ costituenti una M„_3
(forma) dell'in — 3j'^ ordine : poiché un : uj per Z seca ulteriormente la R secondo
il solo S,^ congiungente gli n — 2 punti wr, uuri, ... ujr„_3.
(*) La trasformazione birazionale trattata dal Prof. Segbe al n° 21 della sua Nota : Sulle varietà
normali a tre dimensioni composte di serie semplici razionali di piani, " Atti R. Acc. delle Scienze di
Torino voi. XXI (1885) — dedotta mediante convenienti proiezioni su due ^3 di una M3 normale
luogo di una oc' razionale di piani — abbraccia come caso molto particolare la trasformazione di
cui sopra.
172
UMBERTO PERAZZO
24
b) Ciascuno degli n — 3 S„_2 incidenti (n° 50 è; ) a Z, ^i, rg, r„_3 ed a TT (e
quindi ad ogni retta r contenuta in TT), contiene un (solo) S„_3 della R (congiungente
gli n — 2 punti comuni a queir5'„_2 ed alle: r^, r„_3).
c) La 3f„_3 degli (n° 50 cj ) : Invero ogni S„_2 che congiunga la s ad un S^-i inci-
dente a Z, Ti, r„_3 contiene tutto un fascio di D'altra parte, da ogni punto di Z escono tanti S„_t
incidenti a Z ed appoggiati ad Oj. a„_3 quanti S„_5 — in un S„_i — incidono ad
{*) Alla stessa relazione si può giungere pure brevemente come segue (cfr. n° 45) : In ui gli
oo^Sn— 4 " incidenti secondo Sn-5 a Zq d appoggiati ai piani tto, Oo.i, ao,n-3 , secano sopra ognuno
di tali piani una curva d'ordine n — 3 (v' sopra: determ." dell'ordine della F). Conducasi per uno
di essi (iTfl ad es.) un S-s : TT,. L'intersezione di T\g c olla varietà, fuori di Uo, si comporrà di un numero
finito di rette: tante quanti sono — in lu — gli À'n— 1 " incidenti a Zq (secondo 5n— 5), a TTo ^secondo
rette) ed appoggiati agli n — 3 piani a(i,i, aj,n-3 ciuindi in numero di Pn-;. Ecc.
174
UMBERTO PEBAZZO
26
un S„^i (secondo S„_^) e si appoggiano ad n — 3 piani. Detto quindi p„ l'ordine
della i — Sy (**).
(') La V si ottiene anzi proiettando la H dal punto TTZ.
(**) L'ordine della varietà H può determinarsi altresì col procedimento seguente: Gli cc^ Sn—t
" incidenti a Z (secondo Sn-i) ed appoggiati agli n — 3 piani a,, an-3 ed al^^^3 TT , secano su TT
una curva d'ordine — — — — (n" 54 c) ). Un generico S^ : w uscente da TT seca ulteriormente la H,
fuori di TT secondo le rette, in numero finito, traccio su lu degli Sn-K ' incidenti a S (secondo -Sii— 5),
ad U) (secondo rette) ed appoggiati ad Oi, a„_3. Tale numero rappresenta 1' ordine della varietà
degli c5o''5'k_4 "incidenti a I (secondo 5'„-5), ad lu (secondo rette) ed appoggiati ad w — 4 piani
(Oj, On-s)- Gli Sn-k generatori di tale varietà si distribuiscono secondo 00' fasci negli Sn-% inci-
27
SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZZI ORDINARII, ECC.
175
56. — Discende dai n' procedenti (54 e 55): In ttn S„ il sistema oo^ degli H„_3
incidenti (secondo S„_J ad un S„_;,:X ed appoggiati ad n — 3 piavi: Oj, Og, a,,., defi-
nisce tra due SarTT, TT' una trasformazione dell' [n — 2)'* ordine. Ponendo: n — 2=?«:
Ai piani di TT sono omologhe in TT' le oo^ superficie d'ordine m, aventi un punto (m — \)-plo
a comune (il punto ZTTV e passanti semplicemente per due curve sghembe d'ordine - -
le quali hanno a comune: il punto ZTT', multiplo per entrambe d'ordine — ~
ed tdteriormente (m — 1)- punti semplici (*).
57. — Se un punto P descrive in TT una retta r, VS„_3 del sistema {K) uscente
da P descrive — nell'iperpiano cu = Ir — la forma {M„_i):R " luogo degli ooiS'„_3
incidenti — in uj — a Z ed alle n — 2 rette r, «i = a^w, ^«2^, «n-3— «n-s^J n :
forma d'ordine n — 2 (n° 47).
a) L'S„_3Z è multiplo d'ordine n — 3 per la R {n° ila)).
b) L'S„_iUj seca la Y (n° 54 b)) fuori di Z, secondo n — 3S„_3, i quali, giacendo
in UJ e incidendo (secondo rette) a TT, si appoggieranno ad e quindi apparter-
ranno ad B.
c) L'-S'„_iu; seca la (n'' 5ic)), fuori di Z, secondo una M'^zl: da ognuno dei
suoi 5„_4 generatori esce un S„_3 della R: comune ai due *S'„_2 che da queirS„_4 proiet-
tano Z ed r. La M'^zl appartiene quindi alla R.
Se ne deduce: Alle rette di TT corrispondono in TT' le oc* cwve piane d'ordine m,
aventi nel punto ZTT' un punto (m — lYjilo ed appoggiate a ciascuna delle due curve
I m (m-1) \
basi \C - ) in m — 1 punti (fuori di TU'). Costituiranno tali curve: oo^ reti nei
piani della stella di centro il punto ZTT', per ciascuna delle quali i punti base saranno
forniti: dal punto ZTT' : (?/; — l)-plo e dagli {m — 1) + (m — 1) punti d'intersezione
(fuori di ZTT') del piano della rete colle due curve basi.
58. — Dal punto ZTT (come da ogni punto di Z) escono oo^ S„^i del sistema (A'):
costituenti un cono d'ordine (w — 3), pel quale è multiplo d'ordine n — 4 VS„_3T ed
a cui appartengono le due varietà ¥ e O (cfr. n' 49, 53). Pertanto: Al punto ZTT cor-
risponde in TT' una superficie d'ordine m — 1, avente in ZTT' un punto (m — 2)-plo, e
passante semplicemente per le due curve basi del sistema omaloidico in TT'.
Ai punti della curva (fondamentale in TT) che è traccia su TT dalla J/„_8 * luogo
degli ooiS„_3 incidenti a Z, a TT' secondo rette ed appoggiati ad Oi, Oo, a„_3 ,
denti a Z (secondo Sn-t), ad lu (secondo piani) ed appoggiati ad a,, a„_4 : Sn-3 uscenti dalla retta tuZ.
Sopra un generico Sn—t essi secano la varietà degli oo' Sn-s " incidenti ad un Sn—i (secondo Sn-o)
ed appoggiati ad n — 3 piani „: varietà d'ordine — ^'^ nota (*) al n" 54Ì.
, , A (n-2)(n -3) , (n-B)(n-4:) ,
Lordine della H sarà espresso pertanto da: ^ 1 g = (*^ — of.
(*) Si ottiene tale trasformazione dalla trasformazione monoidale trattata dal De Paolis, ' Gior-
nale di Mat. t. 13 (1875), supponendo ivi che la curva base Ci""" (cfr. n° 10 e seg") del sistema
omaloidico si spezzi in due curve di egual ordine. Altro caso particolare interessante — dimostrato
possibile e trattato distesamente dal De Paolis — si ottiene spezzando la C"'"~" base in n — 1 curve
razionali: le due particolarizzazioni si trovano riunite in un caso da noi esaminato al n" 61.
176
UMBERTO PERAZZO
28
saranno omologhe le rette traccie su T7' di quegli S'„_3, ovvero (poiché ognuno di
quegli S„_s può ottenersi congiungendo il punto TU' con un S„_4 (della 0) incidente
a Z ed appoggiato ad ai, a^, «,,-3 edaTT'): le generatrici del cono {d'ordine m — 1)
m.(m— 1)
che dal punto fondamentale ZTT' proietta la C ^ traccia della varietà sopra IT.
Analogamente si verifica che: Ai punti della curva comune a TT ed alla varietà,
corrispondono in H' le generatrici del cono {d'ordine m — 1) proiettante dal punto ZTT
la traccia su TT' della varietà V.
§ 8.
59. — Nell'US v'hanno i seguenti (e soli) sistemi di spazi {S^ , piani e rette)
" incidenti a dati spazi in numero finito , e tali che " da ogni punto dell'Ss esca un
solo spazio del sistema „ :
Sistemi oo2 di S^: (002)3, (111)3, (030)3, (301)3.
oo3 di piani: (300)2 = (OOB)^, (201)2, (121)2, (022)2, (011)2, (0; 2,1; 0)2.
^1 di rette: (lOl)i, (020)i, (012)i, (004),.
Esamineremo brevemente le corrispondenze (biunivoche) determinate tra due
piani, ovvero tra due dai sistemi di 63 risp. di piani di cui sopra (*).
60. — (002)3: Gli oo^Sg incidenti a due S^:Ti,'Z2 escono dalla retta Z1Z2: ven-
gono secati da un generico S3 secondo " le rette incidenti a due rette „ : sistema il
quale determina (com'è noto) fra due piani tt e n', fissati in queir e ad un piano: o „. Potremo limitarci, come
poc'anzi, all' esame della coi'rispondenza determinata da questo sistema tra due
piani n, n', fissati nell'ò^ che lo contiene. Il sistema stesso rientra quale caso parti-
colare: n= 4: in quello esaminato ai n' 47-49. Pertanto: la corrispondenza ch'esso
determina fra i piani tt, tt' è del terzo ordine. Alle rette di tt — ad es. — sono omo-
loghe in tt' le curve del 3'^ ordine aventi a comune un punto doppio e passanti sempli-
cemente per altri i punti. Ecc. (**).
(030)3: Da ogni punto P dell' S-^ esce un solo S3 incidente a tre piani dati: 01,02,03
(l'Sg congiungente le tre rette comuni agli S^Pai, Pa^, Pd^ presi due a due): La cor-
rispondenza (biunivoca) determinata dal sistema (030)3 : {K) tra due piani tt, tt' è del
(*) Dal Prof. Carboke vennero esaminate — nella Mem^ più volte citata — le corrispondenze
determinate fra due 5, dai sistemi di rette (101),, (020),, (004), (n' 23 e 22). 11 sistema (012), defi-
nirebbe tra due una corrispondenza (343), secondo la notazione usata in tale Memoria.
(**) Tralascieremo per brevità di ripetere per «=4 i risultati del n° 49, relativi alla determi-
nazione delle linee omologhe agli elementi fondamentali in tt. — Ciò sia detto altresì per le ulte-
riori applicazioni dei l'isultati dei §§ 5, 6, 7.
29
SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZII ORDINARII, ECC.
177
4° ordine: Se il punto P descrive invero in tt — ad es. — una retta: r, l'.S'g del
sistema {K} uscente da F descrive il " sistema oo' degli incidenti a tre piani
(ai, a,, a^) e ad una retta (r) „: sistema contenuto in una forma F del 4" ordine (n" 15).
a) Da ogni retta p incidente ad 01,03,03 escono due 63 del sistema (A') ed appoggiati
alla r (i due S3 incidenti ai iS^, pa^, ptx^, po.^, pr, uscenti dalla Questi due non
giacciono in uno stosso iperpiano : quindi ogni retta p è doppia per la F. In altre
parole: La 7^ contiene quale varietà doppia la MI delle rette incidenti ad 01,02,03. —
b) Appartengono alla F i tre -Sg (n** 5) incidenti ad Oj, 02, 03, n. Se ne deduce : Alle
rette di tt soìio omologhe in n' le quartiche aventi tre punti doppi fìssi e passanti sem-
plicemente per altri tre punti. Ecc.
(301)3: E caso particolare (« = 5) del sistema studiato ai n' 47-49. Pertanto:
In un S5 il sistema oc- degli S3 incidenti a tre rette e ad un S3 definisce tra due
piani TT, tt' una corrispondenza del 4° ordine. Alle rette di tt — ad es. — sono omologhe
in n' le curve del 4° ordine aventi un punto triplo fisso e passanti semplicemente per
altri sei punti. Ecc.
61. — (300)2 = (003)2: Determina tra due S^, una corrispondenza biunivoca del
3° ordine studiata dal Prof. Ascione (*) e ulteriormente dal Prof. Garrone (**).
(011)2: I piani incidenti ad un piano a e ad un S^T, escono dal punto ^ =r oZ,
ed incidono ad o e Z " secondo rette per A „ : verranno secati da un arbitrario ■S'4:uj
secondo le " oc^ rette incidenti (in uu) ad una retta e ad un piano ,, . Tale sistema
determina tra due S', : IT. TT' una trasformazione del 2° ordine (**).
(201)2: E caso particolare (« = 5) del sistema trattato ai n' 50-53. Si avrà
quindi: In un S5 il sistema oc^ dei piani incidenti a due rette e ad un Ss'.l- definisce
tra due S3 : TT, TT' una corrispondenza biunivoca del 3° ordine. Ai piani di TT — ad es. —
sono omologhe in TT' le rigate cubiche aventi a comune la direttrice doppia, e due gene-
ratrici; passanti inoltre per due punti fissi. Alle rette di TT sono omologhe in TT' le cubiche
sghembe bisecanti la direttrice doppia, appoggiate semplicemente alle due generatrici e
passanti pei due punti fissi. Ecc.
(0;2,1; 0)2: È caso particolare (n = 5) del sistema considerato ai n' 54-58. Per-
tanto : Li un S5 il sistema 00^ dei piani incidenti secondo rette ad un piano, ed appog-
giati a due altri piani definisce tra due S3 : TT, TT' una corrispondenza biunivoca del
3° ordine. Ai piani di IT — ad es. — sono omologhe in TI' le superficie del 3" ordine che
passano per due cubiche sghembe, assegnate con cinque punti a comune; ed hanno inoltre
tutte quale punto doppio uno di quei cinque punti (***). Alle rette di TT sono omologhe
in TT' le cubiche piane, aventi in quello un punto doppio, ed aventi a comune una coppia
di punti con ciascuna delle due cubiche basi.
(*) " Giornale di Mat. di Battaglini 1893.
(**) Memoria citata, n° 2:3.
(***) Oppure — assunta in modo generico su ciascuna delle due cubiche una quaterna di punti — :
... le 00' superficie del 3" ordine aventi a comune un punto doppio e 12 punti semplici (in posi:ione
particolare) .
Serie II. Tom. LIV.
X
178
UMBERTO PERAZZO
30
62. — ■ (121)2: Da ogni punto P dell'òg esce un solo piano " incidente ad una
retta r ed un Z assegnati, ed appoggiato a due dati piani ai,a2 „ (il piano comune
nell'ai : uu = PZ ai due S-^ che dalla congiungente P al punto R = uir, proiettano le due
rette «1 = a^uj, «3 = a2Uj). Il sistema (121)2 — che denoteremo, al solito, con [K] —
definisce pertanto tra due Sg : TT, TT' una corrispondenza biunivoca. Descrivendo il
punto P un piano a in TT, il piano del sistema (K) uscente da P descriverà " il
sistema co^ dei piani incidenti ad r, Z ed appoggiati ai piani a, Oj, : costituente
una forma F del 5" ordine (n° 32).
a) L'SgZ è triplo per la F (n° 32).
b) Appartiene alla la il/3 : — del 5° ordine (n° 32) — degli ooi piani
" incidenti a r, Z, TT e appoggiati ad a^, a, ...
c) Alla F appartengono ancora le due MI delle rette incidenti: 1) ad r, a^, Z;
2) ad r, a,, Z (poiché da una retta p, incidente p. es. ad r, a^, Z esce uno ed un sol
piano del sistema {K) ed appoggiato ad a: il piano comune ai tre S^^po.^ pa^. pZ).
Indicheremo risp. con 0^, 02 1^ due varietà.
d) La F contiene finalmente i due Sg: Aj, incidenti ad r, ai,a2,Z (poiché in
ognuno d'essi è contenuto un fascio di piani della F: di cui è asse la congiungente
i due punti intersezioni di quell'iSg con r ed a).
63. — Determineremo ora le relazioni di posizione esistenti fra le varietà (I/3)
^; 01,02; '^i-'^2 (che tradurremo in relazioni di posizione tra le curve basi del
sistema omaloidico in TT').
1) Z — Gli 00' piani incìdenti ad ?•. TT, Z, appoggiati ad a^, a,, secano Z se-
condo le generatrici di una rigata del 4° ordine (*): comune quindi a Z e V. —
2) Z — 01 (0 02): L'SgZ è secato dalle oo^ rette incidenti adr, a,,Z (p. es.) secondo
gliocs punti di un piano (comune a Z ed all'iSirOj), — 3) Z — A^ (0 Ag): I due S3Ai,A2
sono incidenti (secondo piani) airS^gZ. — 4) V — 0i (0 0o) : Da ogni retta j) inci-
dente ad r, Oi, Z ed a TT esce un piano incidente a TT,Z,r, ed appoggiato ad a^a^ (il
piano comune ai tre Siiplil, pT, pa^). Pertanto: le due M^:'^, 0^ hanno a comune la
superficie delle cc^ rette incidenti ad r, Oj, Z, TT: rigata cubica giacente neirS^j-aj
(n° 12). Analogamente Y e 02 hanno a comune una rigata cubica giacente neir»S'4:?-a2.
— 5) T — Al (0 Ao): In un S3 (Aj) il quale sia incidente ad r, Oi, 02, Z giace uno
ed un solo piano incidente ad r, TT, Z, appoggiato ad «1,02 (il piano congiungente il
punto Air alla retta A,TT). La Ml^' ha quindi un piano a comune tanto con Ai che
con A,. — 6) 01 (0 (^2) — Al (0 Ao): Detti risp. E ed «i il punto Air e la retta AiOi,
è chiaro che le rette uscenti da K nel piano Ea^ si possono considerare come inci-
denti ad r, Oi e (giacendo in Ai) anche a Z. Pertanto 0i e A, hanno a comune un
piano; così pure 0i, A2 ; 02.Ai; 02, A,. È facile verificare che le due 3/3: 0i e 02 non
hanno alcuna superficie a comune, e che i due : Ai.A, non sono fra loro incidenti.
64. — Indicheremo con s; cpi,02; (^i,c?2 © con s' ; qpi',cp2': d^.d,' le intersezioni
delle varietà: Z; 0i,02; Ai, A., risp. con TT e con TT'. Detta infine M^' la J/3 degli oci
(*) Un ^4 uscente da Z seca infatti la H*, fuori di I, secondo un (solo) piano, come facilmente
si verifica (v' del resto il n° 67, in fine).
31
SULLA INCIDENZA Ul RETTE, PIANI E Sl'AZU OIJDINAKII, ECC.
179
piani " incidenti ad r, I, TT' ed appoggiati ad 01,02 „ ne indicheremo con \\f l'interse-
zione con TT; con ip' indicheremo l'intersezione di V e TT'. — Segue dai n' (32-63':
In un S5 il sistema (K) degli oo^ piani incidenti ad una retta r, un S3Z ed appoggiati
a due piani(Xi,a., definisce tra due SaTTjTT' nmc corrispondenza biunivoca del 5° ordine.
Ai piani di TT — p. es. — sono omologhe in TT' le superficie del 5° ordine aventi a
comune una retta tripla (s'), passanti inoltre semplicemente per una curva del 5° ordine
per due coniche (qpi', qpo') e per due rette (di', d2') (*). La quintica (sghemba, razio-
nale) vp' ha la retta s' rpiale quadrisecante, le due coniche (p/, 92' si appoggiano ognuna
in un punto alla s', le rette d/, da' sono incidenti alla s' ; la quintica \\)' ha tre punti
a comune con ciascuna delle coniche cp/, qp»' punto con ciascuna delle due
rette di', d2'; le due coniche qpi', 92' appoggiano ognuna in un punto alla dx' ed
ognuna in un punto alla à.2 ; non hanno punti a comune. Le due rette d/, d2' sono fra
loro sghembe (**).
65. — Se un punto P descrive in TT una retta m, il piano del sistema {K)
uscente da P descriverà il sistema cc^ •• dei piani incidenti a due rette r, m, ad un 83 Z
ed appoggiati a due piani ai, „ : sistema costituente una il/, del 5" ordine (n" 32)
che indicheremo con M.
a) Gli 00 1 piani — di {K) — costituenti la M secano I secondo le genera-
trici d'una rigata del 4° ordine (n° 32).
b) Le due Ml:'^, M hanno a comune quattro piani. Invero: gli coi piani
della V secano pure TT secondo le generatrici d'una rigata del 4° ordine (cfr. n" 63) : da
ciascuno dei punti comuni alla m ed a questa rigata esce un piano incidente ad m, r, TT, Z
ed appoggiato ad 01,03: comune quindi a V ed 3/.
c) La M ha a comune con ciascuna delle Ml^i, ^2 'i^'T- l'igata del 4° ordine.
Infatti: la M seca sopra il piano Oj, ad es., una cubica avente nel punto ^i=aiZ
un punto doppio (n° 31 , in fine). E chiaro che le due varietà M, avranno a
comune la rigata " delle rette uscenti dai punti della ed incidenti ad r e Z „.
Queste si appoggiano a Z nei punti di una cubica C"^ (piana, con punto doppio ^1)
proiezione sopra Z, dalla retta r della cubica C^. Un S4 : ai condotto per Z seca
la C'^, fuori di ^1. in un punto P, la r in un punto R: la retta PB costituisce colla
cubica C"3 la completa intersezione di uj colla rigata, la quale risulta pertanto del
(') Il passaggio per le due rette dx', dì è conseguenza delle condizioni precedenti (come si deduce
dal seguito).
Assegnati in TT' tre punti A , B', C', e unica la superficie del 5° ordine avente in s una retta
tripla e passante semplicemente per A', B', C' e per le linee (Pi', qps'; di', dì: il piano rt'=A'B'C' seca
infatti la s in un punto S', la V secondo 5 punti Pi, Pj, le due coniche i hanno quindi a comune la rigata delle " 00^ rette
incidenti ad r, Oi, Z ed all' Sg Pa_, „ : rigata cubica giacente nell' ^4 ra^ (n" 12). Ed
analogamente per la varietà (t>2. c) Il cono (P) e la H' hanno a comune i tre piani
incidenti secondo rette per P ai quattro -Sg: Z, TT. Pai, Pa2 ed al piano Pr.
Gli 00^ piani del sistema {K} uscenti dai punti di s costituiscono una forma G
del 4" ordine. Infatti: è del 6° ordine (n° 33) la forma degli oc^ piani incidenti a
due rette s, r ed appoggiati a tre piani cf, Oi, a,. Suppongasi che il piano a giaccia
colla s in uno stesso : Z, La forma si spezzerà: 1) nel cono quadrico degli co^ piani
uscenti dal punto S = so e secanti secondo rette per S i due 63 : Sa^, Sa.2 ed il piano Sr.
2) nella forma G degli oo^ piani che incidono ad r, a Z secondo rette incidenti alla s;
e si appoggiano ad ai, a,- Quindi ecc. a) L'Sg Z è doppio per la G (poiché l'ulteriore
intersezione colla G di un del fascio (Z) è un cono quadrico). b) Un piano inci-
dente a Z e TT si appoggia alla s loro intersezione: appartiene quindi alla G la
varietà M^. c) Da ogni retta p incidente ad r, a^, Z esce un piano della G, comune
all' Sg 2« ed all' pa^. Analogamente da ogni retta incidente ad r, a,, Z. Appartengono
quindi alla G, le varietà Oi, 02- d) E finalmente appartengono alla G gli S-^ A,, A2,
poiché incidendo a Z, e quindi ad contengono ognuno un fascio di piani della G,
di asse la congiungente i punti intersezioni di quell' con r ed s.
Si deduce dalle considerazioni del presente n°: Ai punti della retta s = UT] sono
omologhe in TT' le coi cubiche sghembe le quali si appoggiano in due punti alla s',
e in tre punti alla \])' ed a ciascuna delle due coniche qpi', qp2'. — Tale sistema 00 1 di
cubiche costituisce una superfìcie del 4" ordine — omologa alla retta s — la quale con-
(*) La liuea del 25° ordine completa intersezione di due superficie del sistema omaloidico in TT':
omologhe a due piani a,p di TT, si spezza: 1) nella retta s', da contarsi 9 volte; 2) nella quintica ip';
3) nelle due coniche «p/, cpj'; 4) nelle due rette rf/, (^2'; 5) nella quintica omologa alla retta ap.
(**) Assegnati ad arbitrio due punti A', B' in TT' : è unica la quintica passante per A', B' e sod-
disfacente a quelle condizioni. Assunto invero un punto C, fuori della AB', è individuata (nota {**)
al n° 64) la superficie del 5° ordine avente la s quale retta tripla, passante per le ip'; di', d\
e per i tre punti A', B', C. Una quintica la quale sechi secondo quaterne di punti le linee s ; v)j'; qp/, (p'2
e passi per A e B' ha con quella superficie un numero di intersezioni maggiore del prodotto degli
ordini : giace cioè sulla superficie. Assunto un secondo punto D' e costruita la superficie del 5" ordine
relativa alla terna A', B', D', la quintica si otterrà individuata come parte (nota precedente) dell'in-
tersezione delle due superficie.
33
SULLA INCIDENZA DI RETTE, PIANI E SPAZII ORDINARII. ECC.
181
tiene la s' quale retta doppia e — semplicemente — tutte le altre linee del sistema oma-
loidico in TT' (*).
67. — Da ogni punto della curva — comune a TT ed alla varietà M^' — esce
un piano del sistema (7^) incidente a TT' (secondo una retta). Poiché tale piano incide
a Z, e contiene una retta incidente ad r, Z, Oj — ad es. — ed a TT' (congiungente i
punti d'intersezione del piano stesso risp. con r ed aj: Ai punti della quintica
sono omologhe in TT' le l'ette che si appoggiano alla retta s' ed alle due coniche 9/, 92'-
E — ricordando che ciascuna delle due coniche ha a comune un punto colla s' — :
Alla quintica \]f è omologa in TT' la rigata del 4" ordine di cui è direttrice — tripla —
la retta s' e direttrice semplice ciascuna delle due coniche qp^', cpg', unisecanti la s'.
68. — Da ogni punto P della conica qpi — comune a TT ed alla varietà —
(n° 62 ovvero: traccia su TT delle ooi rette p incidenti ad r, Oi, Z c IT. escono cc^
piani del sistema {K) costituenti un fascio (/;) nell'uà comune ai due SypT.pao.
a) L' S3 contenente il fascio è incidente a Z. — b) Fra gli cci piani del fascio uno
è incidente a TT, e quindi appartenente alla varietà V (il piano congiungente p alla
retta intersezione di TT coli' contenente il fascio). — c) L'Sg che contiene il fascio
ha pure un piano a comune colla 't»., (poiché giace in un Si{po..^ col piano Oo ed
incide ad r e Z). Pertanto: Ai j^ufti della conica ' e cp' (le coniche cioè che contengono i gruppi di cinque
punti intersezioni — fuori della S2 — dei piani del fascio («2') colle linee s/, vp', qp').
Costituiscono queste coniche la superficie del 4° ordine — omologa alla Si — che ha s^'
quale retta doppia e passa semplicemente per le ulteriori linee fondamentali del sistema
omaloidico in Ti' (sj'; ijj'; cp'; di', d2')- — Analogamente scambiando S] con s^.
Ai punti della curva ip corrispondono le rette incidenti a s/, S2' ed alla quartica qp'
— costituenti una rigata del 4" ordine (omologa alla \^) di cui Si', S2' sono direttrici
doppie.
Ai punti della curva qp sono omologhe le rette incidenti ad s/, S2' ed alla curva
del 6° ordine mj' — costituenti una rigata del i° ordine (omologa alla (p) di cui s'i, ii'2
sono direttrici doppie.
Ad ogni punto della di è omologa in TT' tutta la di'. Analogamente si corrispon-
dono d2 e à.2' .
(*) Il passaggio per le due rette dì, di è conseguenza delle condizioni precedenti, come appare
dal seguito.
(**) Le due rette sì, sì sono le traccia degli 8^1.1,7.2 sopr.i TT' ; hj' la curva intersezione di TT'
colla M{'^ " degli ce* piani incidenti a Zj, Zj, TT ed appoggiati ad «,,02; cp' la curva traccia su TT'
della M3* delle 00^ rette incidenti ad a,,a2, Z,, dì, dì le rette comuni a TT' ed agli S'sAjjAj
incidenti risp. a Z,, Z2,ai e a Zj, Z2, «2- Analogamente indicheremo con Si,S2; qp; rfi, d^ le traccie delle
varietà Zi,Z2; 4>; Aj, A2 su TT; con v(j la curva comune a TT ed alla " degli ce' piani incidenti
a Zj.Zj, TT' ed appoggiati ad Oj, „.
KICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE
DEL
Bufo viridis Laiir., dol Bufo mauritauicus Schlego!
E DKL
Bufo rogularis Reuss.
MEMORIA
del Socio
LORENZO CAMERANO
Approvata iteli' Adunanza del 28 Febbraio 1904.
" Avec les mathématiques plus largement em-
ployées, on verrà s'iuti'oduire dans les sciences
biologiques plus de méthode, plus de rigueur,
plus de précision. Pour employer une expression
vulgaire, mais significative, on se palerà nioins
de raots qu'on ne le fait aujourd'hui
J.-J. Deschamps, Principes de la Biologie
rationnelle, " Bull. Soc. Philom. Paris, 1902.
In una lettura intorno alle " Ricerche somatometriche in zoologia „ che io ebbi
l'onore di fare recentemente al terzo " Convegno nazionale dell'Unione zoologica ita-
liana „, tenutosi in Roma nell'ottobre 1902 (1), io dicevo: " L'indeterminatezza dei dati
descrittivi che la maggior parte dei lavori di zoologia sistematica presenta è la
ragione precipua per la quale essi riescono di così scarso aiuto per lo studio dei
molteplici problemi che le teorie evolutive hanno fatto sorgere intorno ai viventi,
problemi che per esser risolti vogliono invece dati formolati nel modo più preciso
possibile e sopratutto dati che si possano facilmente comparare fra loro.
Nello studio degli individui, io aggiungevo, i dati che si ricavano dalla misura
delle varie loro parti sono i primi e più importanti, non solo perchè le dimensioni
di un organo sono la risultante di moltissime cause che hanno agito sull'organo stesso,
ma anche perchè costituiscono un elemento importantissimo, e talora l'unico che noi
abbiamo, per la comparazione degli individui fra loro, comparazione che devo fornirci
gli elementi per determinare la rassomiglianza degli individui stessi e per formare
il criterio morfologico, uno dei concetti fondamentali, come è noto, della specie.
Conchiudevo dicendo che por fare lavoro utile per un ulteriore progresso della
zoologia sistematica e dello studio del fenomeno della variazione delle fornii nnininli
(1) " Bollettino dei Musei di Zool. e Anat. Comp. di Torino voi. XVII, n. 431 (1902).
184
LORENZO CAMERANO
2
è necessario: 1° Stabilire un piano uniforme di misure per ciascun gruppo di animali;
2° Non limitarsi a dare le misure degli individui di maggiori dimensioni ; ma aggiun-
gere quelle delle altre serie di individui studiati, accompagnandole con tutti i dati
necessari che possono condurre alla interpretazione delle misure stesse (1).
Per tutte le questioni di indole generale relative alla applicazione del metodo
somatometrico da me proposto, della lunghezza base, della costituzione delle serie,
dell'aggruppamento del materiale di osservazione ecc., voglia il lettore consultare il
mio precedente lavoro: Sulla variazione del " Bufo vulgaris „ {" Mem. Accad. delle
Scienze di Torino „, Ser. II, voi. L, 1900), del quale il presente è una continuazione.
Credo utile tuttavia di insistere sopra alcuni punti relativi al metodo stesso e alla
sua applicazione.
Scopo del precedente lavoro sul Bufo vulgaris e del presente non è di fare uno
studio statistico delle variazioni nel vero senso della parola; ma di fornire i materiali
per tentare di risolvere alcuni punti del fenomeno di variazione ; i dati potranno
anche essere utili a chi voglia fare uno studio statistico propriamente detto.
Non si deve intendere che il metodo da me proposto per esprimere con numeri
diverse modalità del fenomeno della variazione sostituisca il metodo della ricerca sta-
tistica propriamente detto. Insisto sopra questo punto, perchè qualcuno, forse per
non aver io saputo nei precedenti lavori esporre abbastanza chiaramente il mio con-
cetto, ha interpretato il metodo da me proposto come se dovesse sostituire il metodo
statistico classico.
Lascio qui in disparte la questione generale se l'applicazione pura e semplice
del metodo statistico allo studio della variazione degli animali possa darci realmente
quei frutti che taluno spera, sopratutto per quanto riguarda la controversa questione
dei limiti della specie, della varietà, malgrado il poco buon risultamento che ne ha
tratto l'Antropologia, che l'ha per lungo tempo applicato, tanto che essa ripiglia ora
lo studio delle questioni antropologiche, partendo da altre basi. Dico tuttavia che se
si vuol fare uno studio statistico della variazione negli animali non vi è modo di
uscire dal metodo statistico propriamente detto, dal calcolo delle probabilità, dalla
fondamentale teoria dei grandi numeri e via discorrendo.
Il metodo da me proposto e seguito mira anzitutto a determinare per ciascun
carattere e per ciascuna specie i limiti di variazione possibili dei rapporti; mira a
determinare ciò che si potrebbe dire il campo, nel quale è possibile una variazione dei
rapporti stessi per ciascuna specie: mira a determinare i valori estremi della loro
variazione nell'ambito della diagnosi specifica.
Il numero dei valori diversi che il rapporto di un carattere può presentare per
una data specie (studiato col metodo del coefficiente somatico), dato il criterio mo-
derno che presiede alla distinzione delle specie, non può essere che i-elativamente
(1) Per quanto riguarda, ad esempio, il Bufo ciridis Laur. una delle specie che ora ci occupano,
io potrei dare qui un lungo elenco di lavori faunistici che trattano della specie in discorso, dallo
studio dei quali si dovrebbe ragionevolmente supporre di poter trarre i dati necessarii per farsi un
concetto dei caratteri che il Bufo viridis presenta nelle diverse località. Essi invece il più delle volte
non portano altro che il nome della specie e l' indicazione se essa è comune o rara e, per lo studio
della variabilità del Bufo viridis, non riescono di nessun aiuto.
3
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONK DEL BUFO VIRIDIS LaUF., ECC.
185
limitato. Nel caso che ora ci occupa delle specie de! genere Bufo si può ritenere
che l'esame di qualche centinaio di esemplari, sopratutto se provenienti da località
diverse dell'area di distribuzione geografica della specie stessa, mette in evidenza
tutti i valori possibili in questione, e per tal modo si determinano i valori estremi.
Ora a fare ciò non si richiede nessun lavoro statistico propriamente detto; poiché
basta esaminare tanti esemplari quanti la ricerca empirica dimostra necessari ad
ottenere quei due valori estremi della serie dei valori stessi , che non vengono piìi
oltrepassati da nessun individuo, per quanti altri se ne esaminino. Quando ciò è stato
ottenuto i campi di variabilità dei vari caratteri nelle diverse specie si possono com-
parare fra di loro e dalla loro comparazione pare a me non si possa negare che ne
esca un criterio chiaro della potenzialità a variare dei rapporti dello varie parti fra loro
nella stessa specie e fra specie diverse. — Lo studio così fatto concede di dare un
valore sicuro ai vari caratteri nei loro rapporti colla forinazione della diagnosi specifica.
Si dirà: quando si studia una serie anche numerosa di individui di una specie
è possibile che in essa non si incontrino che valori o piii elevati o più bassi e quindi
non si ha alcun criterio sicuro che i valori estremi della serie siano realmente i va-
lori estremi del campo di variazione che si cercano.
Ciò è giustissimo : ma come ho ripetutamente detto, in questo genere di ricerche
è d'uopo non essere impazienti; è d'uopo ritenere come provvisori i valori estremi,
fino a tanto che l'esame successivo di altre serie di individui, mostri, come ho detto
sopra, che per quanti nuovi individui si esaminino, non si trovano valori nuovi.
Quando si è giunti a questo risultato si riuniscono tutti i valori delle diverse serie in
una sola (e ciò si può fare senz'altro se si tratta di valori calcolati col metodo del
coefficiente somatico) i di cui termini estremi segneranno i limiti delle variazioni
possibili pel carattere che si studia.
Xon è certamente necessario avvertire che i valori anormali, od anche quelli
che per qualsiasi ragione possono lasciare dubbio che lo siano , vanno esclusi dalla
serie e devono essere studiati a parte per determinare bene il modo di interpretarli.
Risulta da quanto si è detto che l'indice di variabilità da me proposto indica
un fenomeno speciale del variare delle specie e che non può sostituire l'indice di
variazione del metodo statistico propriamente detto che esprime un fenomeno diverso.
Cosi pure si dica della media da me proposta del campo di variazione : ed infine che
i valori estremi hanno nel procedimento in questione una importanza particolare.
L'indice di variabilità, la media, i valori estremi appartenenti a campi di va-
riabilità stabiliti colle condizioni sopradette, diventano termini paragonabili fra loro
per lo studio dello speciale sopradetto fenomeno della variazione.
L'importanza del campo di variazione determinato nel modo che si è detto potrà
essere riconosciuta, o negata, secondo i concetti fondamentali dai quali si parte e che
riguardano il modo di intendere la specie ed il suo variare.
Per chi considera la specie come qualche cosa di indefinibile esattamente, perchè
in movimento di variazione continua per mutamenti minimi, in qualunque dire-
zione; per chi qualunque minima variazione degli individui considera senz'altro come
indizio di variazione della specie; per chi in una parola segue l'idea che si venne
formando in molti dopo le pubblicazioni darwiniane e che fu concretata nella formola
brutale: " non esistono specie per costoro, dico, l'importanza della determinaziono
5kr:k II. Tom. I.IV. v
186
LOKENZO CAMERANO
4
del campo di variabilità col metodo sopra detto deve apparire nulla. I valori estremi
non sono per essi valori limiti; ma sono valori aberranti o sono valori di passaggio
ad altre forme. E necessario allora ricorrere al calcolo statistico propriamente detto
con tutte le sue modalità per vedere di determinare i valori più probabili per una
delimitazione della specie pur non riconoscendo in essa alcun carattere oggettivo.
Come è noto, a questa maniera di intendere le cose, che rispecchia un po' delle
teorie fondamentali della variazione del Lamarck e del Darwin , un po' della inter-
pretazione che per molti anni se ne fece, oggi si contrappone un ragionare diverso
e si fa strada la convinzione che si è andato troppo oltre nell' affermare senz'altro:
le specie non esistono.
Si fa strada la convinzione che, pur accogliendo il principio dell'evoluzione delle
forme animali, si debba tuttavia considerare la specie come entità oggettivamente
definibile e costante, malgrado le variazioni degli individui che la costituiscono, per
uu tempo determinato. Le variazioni individuali sono come oscillazioni intorno ad un
punto, il quale può rimanere costante, come costanti possono rimanere i limiti di
oscillazione dei cai-atteri.
Se si parte da questi concetti fondamentali, è chiaro che la determinazione dei
limiti del campo di variabilità è possibile, non solo, ma diventa elemento importante
per determinare i limiti fra i quali oscilla la forma della specie in un momento de-
terminato. Pare a me che il metodo sopra proposto per la determinazione del campo
di variabilità possa, senza bisogno di altre complicazioni, soddisfare alle esigenze
della ricerca.
Aggiungerò che dalle ricerche fatte sulle specie del genere Bufo risultano, a mio
avviso, argomenti per accogliere la seconda maniera sopra menzionata di intendere
la specie e il suo variare.
Quella variabilità che si legge in tante opere descrittive, come così grande e
con limiti così vaghi, in realtà appare essere molto minore e contenuta entro a limiti
non difficilmente definibili, quando si sottopongono ailo studio somatometrico serie
abbastanza numerose di individui provenienti dai vari punti dell'area di distribuzione
geografica delle specie.
Nel metodo da me proposto ho indicato pure varie sorta di indici: di frequenza,
di mancanza, ecc. Essi si riferiscono allo studio delle frequenze delle varianti nel-
l'interno delle serie, vale a dire costituiscono un mezzo semplice e preciso per espri-
mere le modalità di distribuzione delle frequenze nelle serie e per sostituire la solita
frase di 'piìi o meno abbondante o scarso, che si suole usare generalmente quando viene
opportuno di discutere della frequenza di certe varianti in rapporto a questioni spe-
ciali che intex'essano, ad esempio, le circostanze di vita di una data serie di indi-
vidui, ecc.
Nel valore da darsi a questi indici è d'uopo aver presente il fatto che è possi-
bile che in una serie le frequenze si presentino casualmente distribuite e perciò
prima di conchiudere in modo definitivo è d'uopo esaminare un numero sufficiente
di serie numerose di individui, per aver un criterio attendibile della costanza della
distribuzione delle frequenze stesse.
Particolarmente utili riescono questi indici nello studio dei vari caratteri di una
stessa serie di individui.
5
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUl'., ECC.
187
Consideriamo, ad esempio, cento individui 5 di Bufo vulrjaris nella variazione
somatometrica dei loro caratteri e nella distribuzione delle frequenze delle varianti
di ciascun carattere ; se si trova che per la lungliozza massima del capo il maggior
numero delle frequenze è pei valori inferiori alla media del campo di variabilità,
mentre per la larghezza massima del capo stesso il maggior numero delle frequenze
è per i valori superiori alla media (trattandosi di valori di rapporti somatometrici
delle parti), questo dato ha certamente un notevole grado di attendibilità, poiché è
un fatto che si osserva nella stessa serie di individui. Ripetendosi l'osservazione sopra
altre serie sufficientemente numerose di individui, in tempi diversi, si potranno otte-
nere dati che concederanno conclusioni attendibili da mettersi in rapporto colle cause
della prevalenza di certe varianti rispetto alle altre, in rapporto, ad esempio, col-
l'azione esercitata dalla scelta naturale, ecc.
Anche gli indici in questione, come l'indice di variabilità S'ipradetto, indicano
speciali modalità del fenomeno di variazione, mentre gli indici del calcolo statistico
propriamente detto ne indicano altre. Gli uni non possono sostituire gli altri; ma
a mio avviso, e gli uni e gli altri, opportunamente usati, possono riuscire utili
ad uno studio dei fenomeni in questione più preciso di quanto non sia stato fatto
fino ad ora.
In un mio precedente lavoro sulla Variazione del " Bufo oidgaris „ Laiir. (" Mera.
R. Accad. delle Scienze di Torino „, Serie II, voi. L, 1900), ho seguito un determinato
piano di misure su ogni individuo della specie sopradetta. Lo stesso piano ho seguito
pure nelle presenti ricerche sul Bufo viridis Laur., sul B. niattritanicus Schlegel e
sul B. regularis Reuss. — Ho creduto utile tuttavia, per ottenere una precisione mi-
gliore, data la natura delle parti e la conservazione del materiale in alcool, di mo-
dificare il modo di misurazione delle dita della mano. Se si trattasse di misure da
eseguirsi sullo scheletro non vi sarebbe evidentemente dubbio alcuno sul modo di
procedere; trattandosi invece di procedere sulla mano rivestita dalle sue parti molli
e dovendo i dati dello sviluppo relativo delle dita servire precipuamente ai bisogni
delle diagnosi specifiche, la pratica mi ha dimostrato essere conveniente misurare le
dita stesse dal loro apice all'angolo che ciascun dito forma col seguente, a comin-
ciare dal dito interno.
*
* *
Del Bufo l'iridis, specie, come è noto, che ha un'ampia distribuzione geografica
in Asia, in Europa e in parte anche nell'Africa settentrionale, ho potuto studiare
559 esemplari provenienti da molte località diverse.
Del Bufo mauritanicus, specie dell'Africa settentrionale e occidentale ho studiato
77 esemplari, provenienti in maggior parte da varie località del Marocco.
Del Bufo regularis, specie che dai catalogi faunistici appare diffusa, si può dire,
in tutta l'Africa ed anche nell'Arabia, io ho avuto a mia disposizione una serie di
125 esemplari provenienti da Wadi Halfa nel Sudan.
188
LORENZO CAMERANO
6
È tuttavia da studiarsi la questione se le forme indicate della costa di Guinea,
della Sierra Leone ecc. (var. A. del Catalogne of Batr. sai. del Boulenger, 1882) e quelle
dell'Africa meridionale , del Capo di Buona Speranza, ecc. (var. B. del sopracitato
catalogo), non siano da separarsi in specie distinte. I dati che qui fornisco intorno
alle serie di Wadi Halfa, potranno essere, spero, un buon contributo allo studio di
tale questione.
* *
Statura. — Intorno al modo di disporre i dati numerici relativi alla statura
degli individui delle diverse specie di Bufo, il lettore potrà consultare il mio prece-
dente lavoro: Intorno alla variazione del " Bufo vulgaris „ Laur. (" Mem. R. Accad.
delle Scienze di Torino „, Ser. II, voi. L, 1900, pag. 93 e seg.). Nel presente lavoro
ho seguito le stesse norme.
I dati numerici della statura sono espressi in millimetri, e vengono disposti in
serie per dedurre i limiti del campo di variazione della statura stessa nel periodo
della riproduzione.
Bufo viridis.
Serie di individui in autore $ e $ raccolte contemporaneamente a Giroletto (località
non lontana da Torino alle falde delle Alpi): 5 502-51-522-532-543-553-564-573-58^-59-
608-61i- (61,50)- 623-687-6 V653-66-672-69-73 — 9 53-54-553-56-58-593-603-61-623-
(63,5O)-64-65-66-67-683-69-70-71-722-74.
Serie di individui in amore 5^9 raccolte contemporaneamente a Moncalieri (presso
rormo;;6 50-522-532-54-554-565-579-589-595-60i0-(6O,5O)-6l8-624-632-642-654-662-70-71
— 9 53-552-56-583-593-6O5-6I2-624-633-64-65-664-673-68-693-7O4-71-73-75.
Individui 5 e 9 raccolti in amore in una pozza presso Torino: $ 56-58-59-61-63
— 9 58-60-63-64-65.
Contorni di Sassari. Individui in amore raccolti contemporaneamente: 5 7O-7I3-
734-743-752-77-787-794-(8O)-8l6-824-834-843-854-862-873-88-89-902 — 9 7I-74-8O2-8I3-
82-834-89-(91,50)-92-112.
Luras (Sardegna). Individui in amore raccolti contemporaneamente: 5 63-66-69-
(78)-85-90-93 — 9 70-72-80.
Individui in amore di Sardegna di località varie. Ghilarza .• 9 76 — Località non
precisata: 9 77-82-85 — 5 69.
Contorni di Catania. Individui in amore raccolti contemporaneamente: $ 64-65-663-
67-683-69-703-71-(72,5O)-73-75-81 — 9 65-71-74-87.
Bordonaro (Messina): 5 68-70-73-742-772-85 — 9 68-72-76-77-82-89.
Milazzo: 5 62-70-72-74 — 9 68-69-70-71-72-75-81.
Modica: 5 66 — 9 70-76-88.
Isola di Lipari (La specie venne importata dalla Sicilia 12 15 anni fa): $ 552-
58-68 — 9 82.
Cosenza: 5 58-60-69 — 9 73.
Taranto: 5 58-60-65-682 — 9 71-72.
7
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC.
189
Campobasso: 5 6l2-632-64-65-67-70-(7O.5O)-72-73-76-80 — 9 64-73-773-78.
lioma: $ 60-61-63.
Firenze: 9 67.
Ancona: 6 58-59-61-63-64-66-68 — 9 75.
Lago Trasimeno (Isola maggiore): 5 60-62-632-652-67-68-73 — 9 65-67-68-693-70-78.
Conegliano veneto: $ 60.
Marcellise veronese: Q 75.
Valle di Non: q 65.
Rovereto: 9 68.
Corfìi: 5 (in amore) 57-59-605-61-623-643-65-(65,5O)-663-67-69-74 — $ (id.) 57-
582-59-612-622-634-67-71-73-77.
Isola di Candia: 5 68-70-71-73 — 9 652-68-702-71-73-762-81-87.
Gerusalemme: $ 74-750-76-78-81 — 9 82-83-84.
Ain-el-Doueh (Palestina): 5 64-74-75 — 9 91.
Jaffa: 5 64.
Ain-Nana (Libano) 2000 metri s. 1. del mare: 5 65-68 — 9 69.
Siria (località non precisata): 5 66-68-73 — 9 75-82-83.
Ferzol (Palestina): 9 70.
Tunisi: 5 70.
Atene: 9 72.
Volo (Grecia): 73.
Tiflis: 5 67-73-79-82.
Tohnak: 6 81.
Cìnddscha (China): ^ hi .
Riferisco anche i dati di statura seguenti, traendoli da vari autori. Si tratta per
lo pili di misure di individui isolati di diverse località.
Individui maschi.
Canton Ticino (Fatio (1)) 60 — Piemonte (M. Lessona (2)), dimensioni mass. 75
— Verona (Boulenger (3)) 71 — Provincie venete (De Betta (4)) q e 9 da 60 a 70
e nel Tirolo da 80 a 85 — Atene (Boulenger (5)) 82 — Duirat (Tunisia) (Bou-
lenger (5)) 72 — R. Ili (Boulenger (5)) 77 — Copenaghen (Boulenger (5)) 72 — Tschinas
Turkestan (Boulenger (5)) 78. — Le maggiori dimensioni osservate dal Bedriaga in
individui dell'Asia centrale (6) sono di mill. 63-70 ^3.
(1) Faune des Vertébrés de hi Suisse. Rept. Batr., p. 415.
(2) Studii sugli Anfibi anuri del Piemonte, " Accad. Lincei „. Roma. 1876-77.
(3) The tailless Butrachians of Europe, p. II. Londra, 1898, p. 231.
(4) Erpetologia delle provincie venete e del Tirolo meridionale, ' Acc. di Agricolt. di Verona ,,
XXXV, 1857, p. 316.
(5) Palaeartic and Aethiopian Toads, ' Prooc. Zool. Soc. „, 1880, p. 554.
(6) Wiss. Resultate der t on N. M. Przewalski nach Central Asien, ' Zoolog. Theil. III. Amphibien
und Reptilien. St. Petersburg, 1898.
190
LORENZO CAMERANO
8
Individui femmine.
Canton Ticino (Fatio (1)) 73-83 — Piemonte (M. Lessona (2)) dimens. mass. 82
— Berlino (Boulenger (3)) 79 — Szamos Ujvar (Ungheria) (Boulenger (3)) 85 —
Ghardaia (Algeria) (Boulenger (3)) 87 — Mar Morto (Palestina) (Boulenger (3)) 93
— Algeri (Boulenger (4)) 70 — Noukauss, Amou-Daria (Boulenger (4)) 82. — Le
maggiori dimensioni osservate dal Bedriaga in individui dell'Asia centrale sono (5)
di mill. 72-76.
Bufo l'egularìs.
Statura. — Wadi Halfa (individui in amore raccolti contemporaneamente):
5 45-462-472-484-502-5l2-532-555-56-57-(57,5O)-61-62-63-68-70 — 9 502-51-542-554-
57-58-60-61-63-(63,5O)-683-692-77.
Bufo ìuaur itali ic us.
Statura (Individui in amore). — Larache (Marocco): 5 87-110; $ 96-106-115-122
— Tangeri (id.): $ 105-112-118-1204-128-135 ; 9 114-1203-126-127-1362 — Rabat (id.):
5 9.5-105-107-112; 9 110^ — Tetuan (id.): 5 80-83-86-91-932-952-1052-107-108-112-
113-115; 9 107-108 — Mazagan (id.): 5 94-124-125; 9 125-126-130 — Tunisi:
6 100-115; 9 98-100-115-120.
Considerando complessivamente le serie delle varie località di questa specie si ha :
C. e. 5 = 80-135 — M 107,50 C. e. 9 = 96-136 — M = 116.
Dal confronto dei dati sopi-adetti vengono messi in evidenza i fatti seguenti :
In Piemonte, che è una delle località continentali estreme nelle quali si trova
verso sud-ovest il Bufo viridis, i maschi e le femmine di questa specie si trovano
nel periodo della riproduzione ad avere una statura oscillante pei maschi intorno
alle medie di mm. 60,50-61,50 e per le femmine di mm. 63,50-64, con spiccata
maggior frequenza di valori inferiori a queste medie.
I valori: millim. 69 a 75 sono da considerarsi pei maschi come massimi che
vengono raramente raggiunti; la stessa cosa si dica pei valori: mm. 74 a 82 perle
femmine.
Per le altre località della Valle del Po, per quanto posso giudicare dagli esem-
plari, in verità poco numerosi, da me esaminati, e dai pochi dati di misure che si
possono trarre dai numerosi lavori faunistici che menzionano questa specie per le
località anzidette, i valori relativi alla statura media e massima oscillano, con poche
differenze, intorno a quelli sopra citati pel Piemonte.
Procedendo per l'Italia peninsulare mi pare che le dimensioni del Bufo viridis
vadano crescendo portando le medie dei maschi a mm. 66,50 e quelle delle femmine
a mm. 71,50.
(1) Op. cit.
(2) Op. cit.
(3) The tailless Bafrach., op. cit.
(4) Palneartic and Aeth. Toads, op. cit.
(5) Op. cit.
9
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUIO VIRIDIS LaUl'., ECC.
191
Per la Sicilia si trovano nei maschi di Bufo viridis le medie di mm. 68-72,50-76,50
e per le femmine mm. 74,50-76-78,50.
Per la Sardegna le medie dei maschi danno mm. 78-80 e quelle delle femmine
mm. 78-91,50.
In Italia, per quanto ho potuto osservare, il Bufo viridis raggiunge le sue mag-
giori dimensioni in Sardegna. Nei maschi ho osservato la dimensione massima di
mm. 90 (colla frequenza = 0,0357) e nelle femmine la dimensione massima di mm. 112
(colla frequenza — 0,0667). Se si confrontano le serie di valori presentate dagli indi-
vidui piemontesi con quelle degli individui sardi si nota che i valori massimi delle
prime corrispondono ai valori minimi delie seconde.
Per la Siria e la Palestina trovo nei maschi i valori medii di mm. 64-69,50-77,50
e nelle femmine mm. 76-79-81.
In un esemplare di Ain el Doueh ho trovato il valore di mm. 91. Il Boulenger
dà per una femmina del Mar Morto mm. 93. Si noti che gli individui raccolti ad
Ain-Nana nel Libano, a 2000 sul livello del mare presentano invece (valori isolati)
pei Cj mm. 65-68 e per le 9 mm. 69.
In complesso pare che gli individui della Siria e della Palestina si avvicinano
per le dimensioni medie e massime a quelli di Sardegna.
Gli individui delle isole di Candia e di Corfù si avvicinano alle dimensioni di
quelli di Sicilia e forse la stessa cosa si può dire per quelli della Grecia, del Tirolo,
dell'Ungheria, di Tiflis e dell'Asia centrale.
La dimensione massima segnata dal Boulenger per un 5
1^
11.50
8,50
Alt. del capo a metà della reg. timpanica
14
19
1
1 "1
X
X -r
18,50|
11
11,50
11
1
1 1
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1 4
X t:
13
10
12*50
11.50
1 1
1 2
1
i -J
1
X
15
16
Distanza dall'apice del muso alle narici .
15
12
1 4-
1 9
1 2
X fa'
90
15,50
10,50
Id. dalle narici all'occhio
14
10,50
1 fi
1 1
X X
1 9
X ^
q
13,50
10
Id. dall'occhio al timpano
5,50
7
q
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1
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1
11,50
7
Lunghezza massima delle parotidi . . .
25,50
23.50
90,
2 fi
31
1
^4
40
18
Larghezza id. id
23
17,50
X -±
1 1
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9^
9fi
18,50 14.50
31 50
26
9 fi
25
4.1
Tt X
39
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39
29
Id. dell'avambraccio
31,50
26,50
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4-1
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43.50
28 50
Id. della mano
26
14^50
1 K
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99
9()
34,50
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Id. del 1° dito
26
18,50
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1 3
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Id. del 2° dito
17,50
12
1 Q
1 fi
1 Q
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1 q
X .7
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15
Id. del 3° dito
17^50
14,50
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1 fi
X u
1 5
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1 ^
X
34,50
30
Id. del 40 dito
13,50
12,50
1 T
1
1 s
X
1 3
X
1 9
X ^
28
24,50
Diam. mass, tubercolo palmare mediano .
10
10,50
Q
7
1
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1 1
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16
10
Id. id. id. id. interno .
14
10.50
1 1
1 1
1 1
X X
1 1
X X
14,.50
8
Lunghezza della coscia
47
29
99
^9
4.7
X
51.50
26
Id. della gamba
Id. del piede
27
23.50
1 8
ot
^7
42
42
57
34
4.1
Oo
68
44,50
Id. del 1° dito
16
14
1 ^
lo
1 fi
1 7
1 1
1 1
27
27,50
Id. del 2° dito
28
^'O 50
9t
99
1 ft
xo
99
34
21
Id. del 3° dito
33
34
90
oc
oU
54,50
26.50
Id. del 4° dito
41
32,50
91
9^
^^7
«
^«l
00
57
29
Id. del 5° dito
29
20
24
27
25
18
32,50
32
Diametro massimo trasversale dell'occhio
13.50
10,50
20
13
14
20
11
7,50
Id. minimo del timpano
8,50
13,50
14
11
6
11
10,50
8,50
Id. massimo del timpano
11,50
12,50
13
10
10
12
13
7
Lungh. del tubercolo metatarsale interno
9
10
8
13
11
10
12.50
10,50
Id. id. id. esterno
14,50
11
14
12
8
10
13
8,50
Dist. dall'apice del dito della membr. interd.
Id. id. dall'apice del 1° dito
17,50
14
18
16
20
17
19,50
' 14
Id. id. id. 2° dito
■'>8,50
17
19
17
30
22
25,50
12
Id. id. id. 3° dito
24,50
22,50
26
21
39
37
31,50
16,50
Id. id. id. 4° dito
13
16
17
' 14
17
12
16,50
10
Lunghezza della ripiegatura tarsea . . .
24
21,50
18
i
15
00
1
(1) Sono segnati qui i valori medii degli indici di variabilità, desunti da tutte le serie, riunite
in una serie unica, degli individui studiati.
Sebie II. Tom. LIV.
z
194
LORENZO CAMERANO
12
Bufo viridis.
Della variazione delle parti nelle serie di individui studiati.
Lo studio dei limiti del campo di variazione delle parti dà luogo alle conside-
razioni seguenti:
Individui in amore (1).
Lunghezza del capo. — La variante minore è 92 e la maggiore è 132. — Nelle
femmine si hanno: 86 e 126. Il capo nei maschi è piti lungo che nelle femmine. Ciò
dipende in massima parte dalla maggior lunghezza della porzione che va dalle narici
all'apice del muso; nei maschi si ha infatti per questo carattere variante minore e
variante maggiore 23 e nelle femmine: var. minore e var. magg. 18.
Minore differenza vi è fra i due sessi per la distanza fra le narici e l'occhio:
nei 5 var. minore 17, var. magg. 35; nelle 9 var. minore 19, var. magg. 36. Così
pure il diametro trasversale massimo dell'occhio dà nei var. minore 30, var. mag-
giore 50; nelle Q si ha: var. miaore 32, var. magg. 47. Inoltre la distanza dall'occhio
al timpano presenta nei 5= var. minore 0, var. magg. 14; nelle $: var. minore 0,
var. magg. 9. Nella lunghezza obliqua del capo troviamo nei J: var. minore 94 e var.
magg. 133; nelle 5= var. minore 90 e var. magg. 144 (2).
Larghezza massima del capo ed altri diametri trasversali. — La larghezza del capo
misurata agli angoli post, dei mascellai-i presenta nei 5 1^ var. minore 101 e la var.
magg. 139; nelle 5 la var. minore 92 e la var. magg. 142.
La larghezza del capo misurata a metà degli occhi ha nei §: var. minore 81,
var. magg. 120, nelle $: var. minore 82 e la var. magg. 118. La lungh. del capo
misurata alle narici ha nei $: var. min. 21 e var. magg. 44; nelle $: var. minore 19
e var. magg. 34. Il diametro interorbitale dà nei 5: var. minore 21 e var. magg. 38;
nelle $: var. minore 19 e var. magg. 35. Ne risulta che nelle $ il capo è più corto
in complesso che nei 5; ma tende ad essere posteriormente più largo. A metà del
capo la differenza fra i 5 6 le $ è minima nella larghezza.
Altezza del capo misurata a metà della regione timpanica. — Nei 5 si trova
variante minore 36, var. magg. 55; nelle $: var. minore 35 e var. magg. 55. Altezza
del capo misurata alle narici. Nei 5 var. minore 19, var. magg. 35; nelle $: var.
minore 19 e var. magg. 34. Come si vede, fra i due sessi non vi è nell'altezza del
capo differenza sensibile.
Osservando ora l'andamento della variazione, entro ai limiti estremi sopra men-
zionati per la specie, nelle serie delle varie località si nota quanto segue (3):
(1) I dati numerici che seguono sono 360-*^™' somatici e sono senz' altro comparabili fra loro.
(2) Questo maggior valore della 9 dipende in parte dal maggior sviluppo del diametro trasver-
sale del capo a livello dell'angolo posteriore dei mascellari.
(3) Non è d'uopo ripetere che questi dati non sono da ritenersi definitivi : essi costituiscono un
primo materiale per giungere poi, coU'esarae di un maggior numero di individui delle stesse località
a risultamenti definitivi.
13
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC.
195
Maschi. — Per la lunghezza totale del capo i valori minori sono presentati dallo
serie di Corfù e di Candia, mentre i valori maggiori sono presentati dalle serie di
Catania, di Tiflis, Campobasso, Sassai-i, Siria, Moncalieri: i valori intermedii dalle
serie di Givoletto, Messina, Ancona, Roma, Taranto.
Per quanto riguaixla la larghezza maggiore del capo si nota che i valori piìi
elevati sono presentati dalle serie di Sassari, Moncalieri, Corfù, Tiflis, Messina, Roma,
e in seguito vengono Campobasso, Ancona, Taranto, Candia e per ultimo Catania,
che presenta complessivamente i valori minori. Si vede da ciò che lo sviluppo dei
due diametri non procede nella stessa direzione nelle serie delle varie località. Con-
frontando gli specchietti uniti a questo lavoro in cui sono registrate le classi estreme
delle serie, si nota anzi per parecchie di esse il fatto che ad un grande sviluppo
della lunghezza del capo corrisponde un minore sviluppo della larghezza maggiore;
si ha ad esempio:
Maschi in amore di Catania.
Lungh. mass, del capo: CI. estr. 111-132 — Largh. mass.: CI. estr.: 101-122.
Maschi in amore di Corfù.
Lungh. mass, del capo: CI. estr. 92-111 — Largh. mass.: CI. estr. 115-138.
Maschi in amore di Messina.
Lungh. mass, del capo: CI. estr. 98-118 — Largh. mass.: CI. estr. 114-132.
Maschi in amore di Milazzo.
Lungh. mass, del capo: CI. estr. 107-116 — Largh. mass.: CI. estr. 126-134.
In altre serie si trova uno sviluppo corrispondente di tutti due i diametri, come
ad esempio:
Maschi in amore di Tiflis.
Lungh. mass, del capo: CI. estr. 107-126 — Largh. mass.: CI. estr. 123-188.
Maschi in amore di Sassari.
Lungh. mass, del capo: CI. estr. 92-128 — Largh. mass.: CI. estr. 111-189.
Maschi in amore di Campobasso.
Lungh. mass, del capo: CI. estr. 99-124 — Largh. mass. CI. estr. 112-128.
E via discorrendo.
Altezza del capo nella regione timpanica. — Hanno altezze maggiori le serie se-
guenti: Tiflis, Messina, Taranto, Ancona, Roma, Sassari, Givoletto, Moncalieri, Candia.
Seguono Catania, Milazzo, Campobasso, Siria, Corfù.
Nella regione delle narici hanno maggiori altezze le serie: Rivoletto, Tiflis,
Taranto, Milazzo, Ancona, Messina, Moncalieri, Corfù. Seguono; Catania, Sassari,
Candia, Roma.
196
LORENZO CAMERANO
14
Considerando complessivamente la lunghezza, la larghezza massima e le altezze
del capo sopradette si nota:
1" Che nei maschi di Catania il capo tende ad allungarsi e a restringersi ed a
rimanere poco alto ; 2° che nei maschi di Tiflis il capo tende ad allargarsi poste-
riormente e ad essere più alto invece che ad allungarsi : 3" analoga tendenza si nota
nel capo dei 5 di Corfù; 4° nei 5 di Moncalieri e Rivoletto il capo è relativamente
corto; ma largo posteriormente e alto sia anteriormente che posteriormente; lo stesso
si può dire per la serie di Sassari.
Diametro trasversale dell'occhio e diametro del timpano. — Non vi sono notevoli
differenze nelle varie serie.
Femmine in amore. — La lunghezza maggiore del capo è presentata dalle serie
seguenti: Sassari, Catania, Givoletto, Lago Trasimeno, Moncalieri, Corfìi, Milazzo,
Messina. Vengono in seguito: Siria, Taranto, Candia, Campobasso. — I maggiori
valori della larghezza del capo si trovano nelle serie di Messina, Sassari, Milazzo,
Givoletto, Moncalieri, Corfìi, Campobasso; seguono quelle di Siria, Candia, Catania. —
Nel capo delle femmine, contrariamente a quanto venne sopra notato pei maschi, ad
un maggior sviluppo della lunghezza corrisponde in generale un maggior sviluppo
della larghezza massima.
I valori maggiori dell'altezza del capo nella regione timpanica sono presentati
dalle serie seguenti: Sassari, Givoletto, Trasimeno, Moncalieiù, Milazzo, Taranto; se-
guono: Messina, Corfù, Siria, Campobasso, Candia.
Per ciò che riguarda l'altezza maggiore del capo alla regione delle narici ven-
gono in prima linea le serie di Moncalieri, Givoletto, poi quelle di Sassari, Catania,
Candia, Corfù, Siria, Trasimeno, e poi ancora Milazzo, Messina, Campobasso, Taranto.
In complesso, il capo delle 9 di Sassari, Givoletto e Moncalieri, appare più
grosso che non nelle altre; mentre meno sviluppato si mostra nel suo insieme il capo
delle 9 di Candia, di Siria.
Diametro trasversale dell'occhio e diametri del timpano. — Le serie non presentano
differenze notevoli, salvo per i diametri magg. e minore del timpano, che negli indi-
vidui di Sassari possono essere notevolmente minori, discendendo fino a 5 e a 7 ;
mentre nelle altre serie stanno al disopra di un minimum di 10.
Giovani. — Le proporzioni delle varie parti del capo sono notevolmente diverse
da quelle degli individui in amore e la differenza è in complesso più spiccata, come
agevolmente si comprende, negli individui da poco metamorfizzati che non negli altri.
15 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIKIUIS LaUl'., ECC. 197
Giovani e adulti
Lunghezza del capo
Larghezza del capo
agli angoli dei mascellari
Altezza del capo
alla regione timpanica
Altezza del capo
alle narici
Diametro trasversale
dell'occhio
Dall'apice del muso
alle narici
Diametro massimo
del timpano
Membrana timpanica
non visibile
s-s
ja g
Larghezza
delle parotidi
(1)
(1)
(1)
(1)
(1)
(1)
(1)
(1)
(1)
(1)
Siria, giovani, lungli. base
da mill. 11 a 20. . . .
134,50
128
55
33,50
56,50
min.
(2)
(2)
(3)
(3)
Id. id. da 30 a 50
100,50
127,50
44
27,50
47,50
9
11
79,50
43,50
Id. id. 5 amore . .
108
121
42,50
25
40
10
16
73,50
36,50
Id. id. 9 icl. . .
98,50
109
43
25
41
6
15
76
38
rorj/(o, giovani, lungh. base
da mill. 20 a 40 . .
126
129,50
56,50
29
50
10
12
74
32
Id. 1^ in amore di Givoletto
102
120
46,50
28
38,50
12,50
17,50
73,50
30
Id.(5 in amore diMoncalieri 108,50
25,5042,50
A
u
76,50
31,50
Id. 9 in amore di Givoletto 106,50
123
48,50
27
40,50
8
15,50
71
32,50
Id. 9 in amore di Moncalieri
105
120,50
44
27
40
4
16
72,50
29
Sassari, giov., lungh. base
da mill. 30 a 50 . .
104,50
121
46,50
27
46
9
11
7
80
34,50
Id. id. 5 in amore . .
110
125
47
24
40,50
10
17
81
41,50
Id. id. 9 in amore . .
112
131
49,50
26
40,50
9,50
14,50
82,50
42
Catania, giov., lungh. base
da mill. 30 a 50 . .
122,50
126,50
50
28,50
42
6
12,50
2
78
36,50
Id. id. 5 in amore . .
121,50
111,50
44
24.50
40
4
16
82,50
38,50
Id. id. 9 in amore . .
111
120,50
42,50
26
38
1,50
14,50
79
44
Taranto, giov., lungh. base
da min. 38 a 43 . .
118,50
128,50
49
26,50
47
16
9
77,50 36,50
Id. id. (5 in amore . .
110
119
46
24
41
12
14
90,50 34,50
Id. id. 9 in amore . .
103
123,50
48
25
40,50
7,50
14
80,5044,50
Appare chiaramente dallo specchietto sopra riferito come il capo negli individui
molto giovani sia piìi grosso che negli adulti; la differenza è di già notevolmente
diminuita quando il giovane si avvicina nella lunghezza base a 50 mm.
Mentre nei giovani diminuiscono, col crescere dell'animale, la lunghezza, la lar-
ghezza e l'altezza del capo, pigliano sviluppo altre parti e particolarmente la por-
zione del capo che è allo innanzi delle narici, cioè aumenta la lunghezza che va
dall'apice del muso alle narici stesse.
Si noti pure come questa distanza nelle 9 in amore sia minore che nei 5, con-
servando le 9 a questo riguardo carattere di giovane.
Il diametro trasversale dell'occhio viene, col crescere dell'animale, a trovarsi
notevolmente minore; mentre invece aumenta quello del timpano. Si noti a questo
(1) Valori medii del campo di variazione in 360«s'nii somatici.
(2) Negli esemplari giovanissimi di Siria che io ho studiato la membrana timpanica o è invi-
sibile appena ; ma non abbastanza da concedere una misura sicura.
(3) Negli esemplari giovanissimi di Siria da me studiati le parotidi sono appena accennate.
198
LORENZO CAMERANO
16
proposito che negli individui giovanissimi la membrana timpanica non è visibile o
appena.
Si noti inolti'e come i 5 amore di Catania conservino il carattere giovanile
della lunghezza notevole del capo; mentre in essi è avvenuta una diminuzione for-
tissima della larghezza massima e mentre per gli altri caratteri del capo le cose sono
procedute nell'accrescimento in modo normale.
ParoticU. — La differenza di sviluppo in lunghezza delle parotidi fra i ^ e le 9
in amore appare dai dati seguenti, per le serie delle varie località.
Classi esfreme.
Catania
Lungh.
mass.
ò
71-91,
9
73-83 —
Largh.
mass.
6
31-46,
9
39-49
Taranto
•»
*»
69-112
75-88 —
n
1»
26-43
I»
38-51
Sassari
!»
70-92
jy
69-96 —
*j
n
32-51
»)
35-49
Caìnpobasso
»
»
?»
70-92
?»
70-84 —
w
t»
27-43
!»
33-42
Moncalieri
»
»»
>»
63-90
ij
63-82 —
»?
j)
»)
24-39
!I
22-36
Givoletto
?»
»»
57-90
w
54-88 —
:»
n
21-39
X
26-39
Lago Trasimeno
»»
»>
»»
72-89
»
68-77 —
j»
n
M
34-44
»
31-42
Messina
»»
»>
!»
75-89
TI
79-90 —
JJ
j)
j»
30-39
!»
32-40
Milazzo
»
»)
»
72-85
n
73-89 -
ìì
11
'»
34-38
!»
31-42
Siria
»»
!»
62-85
»)
69-83 —
11
r»
29-44
»»
30-46
Corfù
»
!!
68-81
J)
67-92 —
lì
lì
t»
23-38
!»
23-43
Canclia
»
»
!»
69-77
))
71-82 —
11
11
5»
29-35
!l
25-41
Tiflis
»)
!1
75-102
•ì
n
36-49
1»
Ancona
lì
n
!»
79-89
n
H
1
n
38-44
!»
Nelle serie di Catania, Taranto, Campobasso, Moncalieri, Givoletto, Lago Tra-
simeno, Siria, la lunghezza delle parotidi è spiccatamente maggiore nei 5 che non
nelle 9- Nelle serie invece di Sassari, Messina, Milazzo, la lunghezza è leggermente
superiore nelle 9» e nella serie di Corfù la cosa è anche piìi spiccata. — Il diametro
trasversale massimo è per contro di valore più elevato nelle femmine delle serie di
Catania, Taranto, Messina, Milazzo, Siria, Corfù, Candia, mentre è meno elevato che
nei 5 nelle serie di Sassari, Campobasso, Moncalieri, Trasimeno. Nelle 9 vi è quindi
la tendenza nelle parotidi a compensare col maggior diametro in larghezza la mi-
nore lunghezza rispetto ai 5-
Il maggior sviluppo in lunghezza delle parotidi nei 5 è dato dalle serie di Tiflis,
Taranto, Catania, e il minor sviluppo da quelle di Corfù e di Candia. Nelle 9 il
maggior sviluppo delle parotidi in lunghezza è dato dalle serie di Sassari, Messina,
Taranto, Milazzo, Candia, e il minore dalla serie del Lago Trasimeno.
Giovani. — Negli individui giovanissimi le parotidi sono appena accennate e non
si può procedere a misure sicure: sono invece ben sviluppate negli individui che
hanno raggiunto una lunghezza base da 20 mm. a 40.
Nella maggior parte delle serie di Torino, Sassari, Catania, Taranto, le parotidi
degli individui giovani sono meno sviluppate che nei 5 in amore. Nella serie di Siria
si osserva invece il fatto inverso. Nell'un caso e nell'altro le differenze sono tuttavia
poco spiccate.
17 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUl'., ECC. 199
Braccio — Avambraccio — Mano. — In tutto le serie queste tre parti presentano
le varianti maggiori nei 5 che non nelle 9, sopratutto per ciò che riguarda il braccio.
Si osservano tuttavia differenze notevoli fra le serie delle diverse località.
Classi estreme.
Givoletto. Lungh. del braccio, 5 110-152, 9 111-144 — Id. dell'avambraccio, $ 71-114,
9 78-118 - Id. della mano, 5 79-111, 9 82-100.
Sassari. Lungh. del braccio, $ 115-149, 9 109-140 — Id. dell'avambraccio, ^ 85-106,
9 82-102 — Id. della mano, 5 75-99, 9 77-96.
Messina. Lungh. del braccio, 5 122-143, 9 110-130 — Id. dell'avambraccio, 5 87-106,
9 81-95 — Id. della mano, $ 85-97, 9 84-95.
Moncalieri. Lungh. del braccio, 5 111-145, 9 97-124 — Id. dell'avambraccio, 5 79-109,
9 74-89 — Id. della mano, 6 82-104, 9 76-90.
Candia. Lungh. del braccio, o 123-137, 9 111-128 — Id. dell'avambraccio, 5 95-101,
9 84-95 — Id. della mano, 6 88-98, 9 82-90.
Stria. Lungh. del braccio, $ 118-138, 9 104-123 — Id. dell'avambraccio, 5 84-102,
9 74-88 — Id. della mano, 6 82-102, 9 75-89.
Taranto. Lungh. del braccio, 5 122-133, 9 122-125 — Id. dell'avambraccio, 5 85-99,
9 85-96 — Id. della mano, $ 83-90, 9 85-91.
Milazzo. Lungh. del braccio, $ 122-129, 9 115-125 — Id. dell'avambraccio, 5 87-100,
9 75-87 — Id. della mano, 5 87-98, 9 63-91.
Trasimeno. Lungh. del braccio, 5 108-139, 9 122-125 — Id. dell'avambraccio, 5 89-99,
9 85-96 — Id. della mano, 5 83-99, 9 85-91.
Ancona. Lungh. del braccio, 5 126-148 — Id. dell'avambraccio, 5 87-101 — Id. della
mano, 5 83-97.
Catania. Lungh. del braccio, $ 120-139, 9 104-117 — Id. dell'avambraccio, o 69-101,
9 76-83 — Id. della mano, 6 74-98, 9 81-83.
Tiflis. Lungh. del braccio, $ 118-148 — Id. dell'avambraccio, J 88-109 — Id. della
mano, $ 83-105.
I 5 e le 9 di Givoletto presentano le varianti maggiori. Le varianti minori si
trovano in esemplari delle serie di Corfìi e di Campobasso, pel braccio nei nelle
serie di 5 di Catania per l'avambraccio e cosi pure per la mano. — Per le 9 1©
varianti minori si trovano pel braccio nelle serie di Corfìi e di Moncalieri, per l'avam-
braccio pure in esse e in quella di Siria, e per la mano in quelle di Milazzo, del
Trasimeno, di Siria e di Moncalieri.
Nei giovani la lunghezza del braccio, dell'avambraccio e della mano è minore
che negli adulti, come appare dallo specchietto seguente. La differenza fra i giovani
e le 9 i" amore è minore che non fra i primi ed i
200 LORENZO CAMERANO 18
Valori meda in 560®^""' somatici del campo di variazione.
Giovani ed adulti
Lunghezza del braccio
Lunghezza
dell'avambraccio
Lunghezza della mano
Lunghezza della coscia
Lunghezza della gamba
Lunghezza del piede
Membr. interdigit. -destra
dall'apice del 1° dito
Id. dall'apice del 2° dito
Id. dall'apice del 3° dito
Id. dall'apice del 4° dito
Siria, giov., lungh. base
da min. 11 a 20 .
106
f o
136
1 99
198
Id. id. da 30 a 50 .
1 1 7
84
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89
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XuO
1 Q8 fin
OU
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ftA
DU
1 ^ te A
1 /,oO
Torino, giovani, lungh.
base, da mill. 20 a 40
113
82,50
91
136,50
135
212,50
32
48,50
76,50
25,50
Id. 5 in am., Givoletto
131
92,50
95
137,50
136
250
36,50
47
66
13
Id. 5 in am., Moncalieri
128
94
93
148
133
229
35
46,50
65
14
Id. 9 in am., Givoletto
127,50
98
91
134,50
126
213
32
47
66,50
20
Id. 9 in am., Moncalieri
110,50
81,50
83
129,50
119,50
216
32
43,50
62,50
18,50
Sassari, giovani, lungh.
base, da mill. 30 a 50
117
80
84
133,50
129
205,50
34
48,50
69,50
21,50
Id. id. (5 in amore. .
132
95,50
87
140
133
233,50
32,50
42
81,50
14,50
Id. id. 9 in amore. .
124,50
92
86,50
136
124,50
221
33,50
46,50
69
18,50
Catania, giovani, lungh.
base, da mill. 30 a 50
117
80
87,50
122,50
116
204
27,50
46
69,50
20,50
Id. id. 5 in amore. .
129,50
85
86
141
135
229
32
45,50
64,50
16
Id. id. 9 in amore . .
110,50
79,50
82
130,50
117
210,50
31
41,50
61,50
18,50
Taranto, giovani, lungh.
base, da mill. 38 a 43
124
85,50
82
128,50
120
200
31
47
66,50
19,50
Id. id. (5 in amore .
127,50
87
86,50
135,50
127
224,50
32,50
38
65
6,50
Id. id. 9 in amore .
123,50
90,50
88
138,50
125
209
31,50
35
63
14
Il 1° dito della mano ha uno sviluppo maggiore in lunghezza nelle 9 che non
nei 5, come appare dai valori medii seguenti del campo di variazione delle serie
studiate:
Valori medii Ò 37-39,50-40,503-42,50
„ 9 39,50-42-42,50-43-44,50.
Meno spiccata è la differenza pel 2° dito della mano:
Valori medii 6 31,50-32-33-34,502-36
, 9 25-32,50-35-35,50-36;
e cosi pure si dica pel 3" dito:
Vàlori medii Ò 42-42,503-44,50-46,50
„ 9 39,50-42-44-45-47.
Più sviluppato può essere nelle 9 che nei 5 il 4° dito:
Valori medii Ò 28,50-292-30,50-31
, 9 29-31-31,50-32-35,50.
19
KICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL KUFO VIRIDIS Laur., ECC.
201
Coscia, gamba, piede. — La comparazione di queste tre parti nei -5 e nelle 9
per ciò che riguarda le classi esti'eme delle serie, dà lo specchietto seguente:
Givoletto. Lungh. della coscia, Ó 104-171, 9 118-151 — Id. della gamba, Ó 120-152,
$ 116-136 — Id. del piede, 6 212-288, o 195-231.
Moncalieri. Lungh. della coscia, 6 130-166, 9 116-143 — Id. della gamba, Ò 118-148,
9 108-131 — Id. del piede, 6 209-249, 9 194-238.
Corfh. Lungh. della coscia, Ò 131-162, 9 125-164 — Id. della gamba, Ò 123-146,
9 115-138 — Id. del piede, è 214-264, 9 197-242.
Sassari. Lungh. della coscia, 5 120-160, 9 119-153 — Id. della gamba, Ó 112-154,
9 112-137 — Id. del piede, 6 209-258, 9 202-240.
Catania. Lungh. della coscia, 5 123-159, 9 124-137 — Id. della gamba, 6 123-147,
9 112-131 — Id. del piede, 6 206-252, 9 203-218.
Siria. Lungh. della coscia, 5 133-158, 9 117-146 — Id. della gamba, è 124-144,
9 111-139 — Id. del piede, 5 209-245, 9 178-219.
Candia. Lun?h. della coscia, "Ò 148-153, 9 122-139 — Id. della gamba, 6 134-148,
9 118-139 — Id. del piede, 5 236-243, 9 195-216.
Messina. Lungh. della coscia, o 123-153, 9 126-153 — Id. della gamba, 6 126-143,
9 112-133 — Id. del piede, Ò 222-249, 9 201-234.
Tiftis. Lungh. della coscia, o 132-150 — Id. della gamba, 6 123-141 — Id. del
piede, 207-242.
Milazzo. Lungli. della coscia, o 126-149, o 115-139 — Id. della gamba, Ó 122-144,
9 102-125 — Id. del piede, Ò 209-236, 9 191-235.
Ancona. Lungh. della coscia, 6 120-148 — Id. della gamba, Ó 126-138 — Id. del
piede, Ó 224-242.
Taranto. Lungh. della coscia, 5 127-144, 9 135-142 — Id. della gamba, 6 122-132,
9 123-127 — Id. del piede, 6 216-233, 9 200-218.
Lago Trasimeno. Lungh. della coscia, Ò 126-143, o 113-129 — Id. della gamba,
Ò 122-134, 9 113-120 — Id. del piede, Ò 211-242, 9 193-212.
Campobasso. Lungh. della coscia, 6 118-142, 9 122-143 — Id. della gamba, 5 118-137,
9 108-131 — Id. del piede, 6 217-252, 9 194-238.
Non sempre le varianti maggiori sono, per la coscia, presentate dai 5 ; mentre
è spiccata la maggior lunghezza in tutte le serie della gamba dei 5 rispetto a quella
delle 9. La stessa cosa si dica pel piede.
Nei giovani, come si vede dallo specchietto della pagina precedente, lo sviluppo
della coscia è minore che negli adulti, con maggior differenza rispetto ai J che non
alle 0. Per la tibia vi è maggior variazione nelle diverse serie, pur presentandosi in
generale analogo andamento nello sviluppo. Nel piede Io sviluppo maggiore negli
adulti è spiccato, sempre tuttavia più nei 5 che nelle $.
Lo sviluppo delle dita del piede procede nel modo seguente, tenendo conto dei
valori medii del campo di variazione delle serie:
P dito. ì\ilori medii 6 37-393-402 — 9 36,50-37,50-38,50-39-39,50.
2° dito. , „ 6 61-65.50.2-66-72,50-73 — 9 58-58,502-602.
8" dito. „ , Ó 96-98-100,50-101,50-105,50-108,50 — 9 91,50-92-93-93,50-96.
4° dito. , „ Ó 148-149-150-151-153-155 — 9 133,50-137,50-141-145,50-147.
5° dito. , , 6 88-95,50-98-99-99.502 — 9 84,50-87,50-88,50-89-95,50.
Serie II. Tom. LIV. a'
202
LORENZO CAMERANO
20
Ne risulta che nelle femmine lo sviluppo di lunghezza delle dita dei piedi è spic-
catamente inferiore che nei maschi per ciò che riguarda il 2°, 3° e 4° dito: minor
differenza vi è nel 1° dito e nel 5°.
Lo sviluppo dei tubercoli palmari procede nel modo seguente, tenendo conto dei
valori medii delle serie:
Tubercolo palmare mediano, -6 17,50-19,50-20-20,50-21,50-22,50
„■ „ 9 17,502-19,50-20-20,50
esterno, 11,502-12-14,502-15,50-16,50
9 10-11-132.
La differenza fra i due sessi pel tubercolo palmare mediano è piccola, con maggior
sviluppo tuttavia nei 5. Pel tubercolo palmare esterno il maggior sviluppo nei 5 è
notevolmente spiccato.
I valori medii del campo di variazione delle serie della lunghezza dei tubercoli
plantari procedono come segue:
Tubercolo plantare esterno, 6 8,50-9,50-10,50-11-12-12.50
„ „ 9 8,50-102-11-11,50
interno, Ò 17-193-20,50-32
9 I6-I8-I9-2O2.
Per questi tubercoli, vi è maggior sviluppo del tubercolo interno nei 5 che non
nelle 9.
Nei giovani i tubercoli palmari e plantari presentano dimensioni poco dissimili
da quelle degli adulti, pur essendo leggermente minori.
Le distanze dall'apice delle dita delle membrane interdigitali dei piedi procedono
nelle serie coi seguenti valori medii:
Distanza dall'apice del 1« dito, Ò 32-32,50-34,50-352-36.50 — 9 30,50-322-33,502.
2° dito, 6 422-45,50-46-46,50-47 — 9 43,502-46,502-47.
3° dito, 5 64,502-65-662-81,50 — 9 58,50-62,50-66,502-69.
4° dito, 6 13-14-14,50-16-170 — 9 12-13-14-18-20.
Si vede da quanto precede che le dita nelle $ sono rivestite per piìi lungo tratto
dalla membrana interdigitale che non nei 3, e quindi in esse molto probabilmente il
piede colla sua forma meno lunga (nelle dita) ma presentante una maggior superficie
di palmatura, è migliore organo di locomozione acquatica che non nei <*. Ciò è forse
in rapporto colle note modalità dell'accoppiamento e della deposizione delle uova
della specie che ci occupa e col fatto dell' ingrossarsi assai del corpo della 9 pel
grande numero delle uova, prima della deposizione loro.
Nei giovani non si notano, in complesso, grandi differenze, rispetto agli adulti,
nello sviluppo delle membrane interdigitali. In alcune serie, come si vede dallo spec-
chietto dato precedentemente, crescendo l'animale, lo sviluppo della membrana dimi-
nuisce, in altre aumenta. È possibile che ciò dipenda dalle condizioni speciali in cui
21
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC.
203
si sviluppano i girini, vale a dire la maggiore o minore profondità od ampiezza delle
acque ed anche dal loro essere stagnanti o piìi o meno fortemente correnti.
I valori medi del campo di variazione della ripiegatura tarsea procedono nelle
serie nel modo seguente:
o 52-53-56,50o-59 — o 50,-51-52,50-53,502.
Ciò è in rapporto colle differenze di sviluppo del piede nei due sessi.
Bufo reijularis.
Dai dati numerici riuniti nello specchietto che si riferisce a questa specie unito a
questo lavoro risulta quanto segue:
La lunghezza del capo è un po' maggiore nei 5 che non nelle 9- Essa è poi
notevolmente maggiore negli individui giovani che negli adulti. — La larghezza mas-
sima del capo è invece eguale nei due sessi, mentre è spiccatamente maggiore nei
giovani. — Gli altri diametri trasversali del capo sono poco diversi nei due sessi.
L'altezza del capo alla regione timpanica è un po' maggiore nei 5 che nelle 0; mentre
è quasi eguale l'altezza alle narici. Le due misure dell'altezza danno valori medi
notevolmente più elevati nei giovani. — Piccole differenze presentano pui'e le misure
delle altre parti del capo nei due sessi, sempre tuttavia con valori un po' più elevati
pei 5- Il diametro trasversale dell'occhio è maggiore nei 5 che nelle $ ed è molto
maggiore poi nei giovani.
Parotidi. — Esse sono nei loro due diametri leggermente più grosse e lunghe
nei 5 che nelle 9-
Braccio, avambraccio, mano. — Il braccio è più lungo nei 5 che nelle 9- Nei gio-
vani la lunghezza è pi'esso a che eguale a quella delle 9- Così si dica per l'avam-
braccio e per la mano, quantunque la diffei-enza fra 5 e 9 sia meno spiccata. Pic-
cole differenze in lunghezza presentano nei due sessi le dita della mano.
Coscia, gamba, piede. — La coscia è di lunghezza presso a che eguale nei due
sessi: essa è un po' più lunga nei giovani.
La gamba nei 5 © giovani è egualmente lunga un po' più che nelle 9-.II
piede è notevolmente più lungo nei 5 che nelle 9- Nei giovani è più lungo che nei
Le dita sono in complesso un po' più lunghe nelle 9 che nei (5.
I tubercoli palmari presentano nei due sessi piccole differenze: i tubercoli plan-
tari sono più sviluppati nelle 9 che nei 5- H tubercolo plantare interno è nei giovani
presso a che come nelle 9- L'esterno invece è un po' più sviluppato nei 5-
Lo sviluppo delle membrane interdigitali è poco diverso nei 5, nelle 9 6 nei giovani.
In complesso, dalle serie di B. regularis studiato, risulta ch'e in questa specie, le
differenze di dimensioni relative delle varie parti fra 5> 9 e giovani sono minori che
non nel B. viridis.
Bufo mauritanicus.
Non molto spiccate sono le differenze fra 5^9 per ciò che riguarda le misure
longitudinali e trasversali del capo. I 5 presentano valori medii leggermente più
elevati delle 9- — L'occhio è un po' più grande nei ^ che nelle 9 ; maggiore ancora
nei giovani. — Piccola differenza vi è fra i due sessi nelle parotidi.
204
LORENZO CAMEEANO
22
Il braccio e l'avambraccio dànno valori medii superiori nei * clie nelle Q. La
mano invece dà valori più elevati per le Q. Nella lunghezza delle dita della mano
non vi sono differenze notevoli fra i due sessi, salvo pel 3° dito, che è più lungo
nelle $.
Le misure dell'arto posteriore nelle varie sue parti dànno valori medii poco dis-
simili nei due sessi. — Le membrane interdigitali appaiono tuttavia più sviluppate
nelle 9 che nei 5-
«
*
* *
L'esame degli indici di frequenza mette in evidenza alcune modalità del feno-
meno di variazione di cui si è parlato nel capitolo precedente.
Silfo viridis. — Lunghezza del capo e sua larghezza massima.
Lunghezza del capo nei 5.
Givoletto.
M
—
102 — F < M
= 0,1129 —
F > M
—
0,7903
Moncalieri.
»
=
108,50 —
= 0,3333 —
»
=
0,6667
Corfù.
n
101.50 — „
= 0,3182 —
0,6818
Catania.
—
121.50 — „
= 0,4118 —
—
0,5882
Sassari.
110 - „
= 0,5789 —
»
- -
0,3158
Siria.
»
—
108 - „
= 0,6250 —
»
0,3750
Lunghezza del capo nelle $.
Givoletto.
M
—
106,50 — F < M
= 0,6129 —
F > M
—
0,3871
Moncalieri.
»
105 - „
= 0,6154 —
0,3077
Corfù.
n
100,50 —
= 0,2308 —
»
0,7692
Sassari.
112 - „
0,5500 —
0,4000
Candia.
»
100,50 — ,
= 0,5455 —
»
0,4545
Larghezza del capo nei 5.
Givoletto.
M
120 — F < M
= 0.2419 —
F > M
0,6452
Moncalieri.
r
125 - .
=: 0.3718 —
0,6026
Corfù.
»
126,50 — „
= 0.8636 —
»
0,1364
Catania.
111,50- ,
= 0,8235 —
n
0,1765
Sassari.
»
125 - „
= 0,4561 —
n
0,4561
Siria.
n
121 - „
= 0,5000 —
0,5000
Larghezza del capo nelle $.
Givoletto.
M
123 — F < M
= 0,8065 —
F > M
0,1935
Moncalieri.
120,50 — „
= 0,4872 —
»
0,5128
Corfù.
122.50 — „
= 0,2154 —
0,7846
Sassari.
131 - „
= 0,4500 —
»
0,5000
Candia.
117,50— „
= 0,5455 —
0,4545.
Da questi dati si osserva che nei 5 di Rivoletto, Moncalieri, Corfù, la lunghezza
del capo superiore alla media è presentata da un notevole maggior numero di indi-
vidui che non quella inferiore, e cosi si dica per gli esemplari di Givoletto e di Mon-
23
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDI.S LaUF., ECC.
205
calieri, anche per la larghezza massima del capo stesso. — Negli individui 5 di Corfìi
sono più frequenti gli esemplari con valori inferiori alla media per la larghezza del
capo. — Nelle 9 di Givoletto e Moncalieri prevalgono per la lunghezza del capo
invece i valori inferiori alla media : prevalgono pure sulle 9 di Givoletto per la lar-
ghezza del capo, mentre in quelle di Moncalieri sono quasi egualmente numerosi gli
individui con valore inferiore e quelli con valori superiori.
Negli esemplari 5 di Sassari e di Siria predominano per la lunghezza del capo
i valori superiori alla media, mentre per la larghezza massima le due serie di valori
sono presso a che eguali per la loro frequenza.
Per le 9 di Sassari e di Candia si dica la stessa cosa per i due diametri.
Distanza dall'apice del muso alle narici nei 5.
Givoletto. M = 12,50 — F < M = 0,5000 — F > M = 0,5000
Moncalieri. „ = 12 —F = M = 0,2179 — „ = 0,2821 — „ =0,5000
Catania. „ = 4 — „ = 0,7647 — „ = 0,2353
Sassari. „ = 10 — „ = 0,3333 — „ = 0,6140
Corfù. „ =10,50— „ = 0,4545 — „ = 0,5455
Siria. „ = lu — „ = 0,3125 — „ = 0,6875
Distanza dall'apice del muso alle narici nelle 9-
Givoletto. M=- 8 — F M = 0,2258
Moncalieri. „ = 4 — „ = 0,7949 — „ = 0,2051
Sassari. „ = 9,50 — „ =0,7500 — „ = 0,2500
Candia. , = 7. — „ = 0,7273 — „ = 0,2727
Corfìi. „ = 7,50 — „ = 0,3846 — „ =0,6154.
Anche dalla considerazione delle frequenze risulta spiccata la differenza fra 5
e 9 P6r ciò che riguarda il prolungamento del muso: fa eccezione la serie di 5 di
Catania in cui predominano i valori inferiori alla media molto bassa, e le serie delle
9 di Corfù, in cui predominano i valori superiori alla media.
Diametro massimo trasversale deirocchio nei
Givoletto. M = 38.50 —
F < M = 0,3548 — F > M =
0,6452
Moncalieri. „ = 42,50 —
„ =0,7179 - „ =
0,2821
Catania. „ = 40 —
« = 0,5882 — „ =
0,4118
Sassari. „ — 40,50 —
„ = U,6667 — , =
0,3333
Corfìi. „ = 36,50 —
= 0,1818 — „ =
0,8182
Siria. „ = 40 —
^ = 0,5625 — „ =
0,3750
Diametro massimo
1 trasversale dell'occhio nelle 9-
Givoletto.
M =40,50 —
F < M = 0,6451 —
F > M
Moncalieri. „ = 40 —
= 0,6410 —
»?
Sassari.
„ =40,50 —
= 0,6000 —
Candia.
„ = 41 — F = M =
0,3636 — „ =0.2727 —
*i
Cor f il.
„ = 40 —
= 0,5000 —
n
: 0,3548
: 0,3333
0,4000
0,3636
0,5000
Si vede che la tendenza dei valori è verso 40 e 41, poiché nelle serie con valore
medio inferiore ad essi si hanno i maggiori valori di F >M, mentre nelle serie in
cui il valore medio è superiore a 41, il maggior valore è per F < M.
206
LORENZO CAMERANO
24
Lunghezza e larghezza massima delle parotidi. — Nei 5 in amore in alcune località
le serie presentano, per la lunghezza massima, un notevole maggior numero di valori
inferiori alla media e per la larghezza massima invece, un notevole maggior numero
di valori al disopra della media.
Esemplari 6 in amore di Givoletto. Lungh. mass. F < M = 0,6038 — F > M — 0,3962
Largh. mass. „ = 0,2264 — „ = 0,6981
„ „ di Siria Lungh. mass. „ = 0,2500 — „ = 0,7500
Largh. mass. , =0,7500 — „ =0,2500
Si potrebbe in questi casi pensare ad una sorta di correlazione di sviluppo fra i
due diametri delle parotidi, nel senso che mentre la lunghezza cresce, la larghezza
diminuisce ed inversamente.
In serie di altre località il fatto è meno spiccato od anche si nota pei due dia-
metri una distribuzione presso a che eguale della frequenza dei valori al disopra e
al disotto della media. — Nelle $ questa ultima condizione è quella che si verifica
pili frequentemente.
Lunghezza del braccio, dell'avambraccio e della mano. — La ripartizione delle fre-
quenze dei valori delle serie rispetto alla media dà indici non molto differenti per le
tre misure sopradette, in guisa che essi o tendono ad equilibrarsi come pel braccio,
crescono o diminuiscono di conserva per l'avambraccio e per la mano, e ciò tanto
pei (5, quanto per le $.
Diametri massimi del tubercolo palmare mediano e del tubercolo palmare interno. —
Nelle serie in cui i valori inferiori alla media sono più abbondanti pel diametro mas-
simo del tubercolo palmare mediano, sono invece meno abbondanti i valori inferiori
alla media pel diametro massimo del tubercolo palmare interno, ed inversamente. —
In altre serie gli indici di frequenza sono presso che in equilibrio.
Esemplari 5 di Givoletto.
Diam. mass, tubercolo palmare mediano. F < M = 0,6129, F > M = 0,3871
„ „ „ „ interno „ = 0,3226 „ =0,6774
Esemplari 9 di Sassari.
Diam. mass, tubercolo palmare mediano. F < M = 0,6000, F > M = 0,4000
interno „ = 0,2000 „ = 0,6500
Esemplari § di Corfìi.
Diam. mass, tubercolo palmare mediano. F < M = 0,384^, F > M = 0,6154
„ „ „ „ interno „ = 0,4615 „ = 0,3077
Nello sviluppo dei due tubercoli si nota come la tendenza ad una correlazione
di sviluppo, nel senso che mentre l'uno cresce l'altro diminuisce.
Fenomeni analoghi si verificano per le frequenze dei valori della lunghezza del
tubercolo metatarsale interno e del tubercolo metatarsale esterno, come si può facil-
25
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUl'., ECC.
207
mente osservare dal confronto degli indici di frequenza registrati nello tabelle unite
al presente lavoro. L'esame di queste tabelle per ciò che riguarda gli indici di fre-
quenza delle varianti nelle serio farà vedere fatti analoghi anche per le misure delle
varie parti dell'arto posteriore.
Nel Bufo regularis e nel Bufo maurifanicus si osservano fatti analoghi, come si
può vedere dalle tabelle relative.
Bufo viridis. — Se si confrontano gli indici di frequenza delle serie di località
diverse si osservano spesso differenze notevoli. Così, ad esempio, il diametro massimo
di lunghezza del tubercolo palmare mediano dei 5 di Givoletto presenta: indico di
frequenza oi tentare una qualche spiegazione in proposito.
* *
Se si tiene conto delle cose dette nei capitoli precedenti e si confrontano con
quanto già esposi nel precedente lavoro intorno alla variazione del B. vulgaris si
vede che il fenomeno della variazione nelle cinque specie del genere Bufo studiate,
B. culgaris, B. viridis, B. mauritanicus, B. regularis, B. praetextatus, per quanto si può
giudicare dal materiale che ho avuto a mia disposizione, si presenta, in complesso,
con un unico aspetto, sia per ciò che riguarda le differenze di variazione dei due sessi,
sia pel variare dei giovani rispetto agli adulti.
208
LORENZO CAMERANO
26
Da tutti i dati riuniti mi pare si possano trarre le considerazioni seguenti :
P (1) Le varie parti dell'animale, nelle loro proporzioni rispettive, hanno
oscillazioni di variazione meno ampie di ciò che potrebbe far credere l'esame dei dati
assoluti di misura fatti sopra individui isolati.
2° Le variazioni dei rapporti degli organi nella specie per quanto riguarda lo
sviluppo delle loro dimensioni hanno carattere di oscillazioni di una determinata
ampiezza che si possono verificare nelle serie di individui della stessa specie anche
in località molto distanti della sua area di distribuzione geografica.
3° E necessario pi'ocedere con molta prudenza nello stabilire le così dette va-
rietà sottospecie locali, fondandole su dati dedotti dai rapporti di dimensione delle
varie parti dell'animale, coll'esame di pochi esemplari, poiché tali variazioni di rap-
porti possono coesistere anche in località molto diverse.
4° Rimanendo sempre nel campo ora studiato del variare dei rapporti di di-
mensione delle parti, il fenomeno di variazione di una specie non ci appare, per
servirci di un esempio grossolano, come un corpo che proceda con una data velocità
in una direzione con moto rettilineo; ma come un corpo che sì sposta in una data
direzione oscillando continuamente, fino a che abbia raggiunto il punto determinato.
Le oscillazioni si compiono intorno a quel valore del rapporto che corrisponde al
valore medio del campo di variazione inteso nel modo da me proposto.
5° Soltanto osservazioni fatte in tempi successivi sopra serie numerose di
individui della stessa località, in modo che si possa avere certezza che essi rappre-
sentano generazioni di individui successive, potranno far conoscere esattamente quale
sia la direzione del cammino che tende a percorrere la variazione. Credo tuttavia,
si possa, fondandoci sui precedenti dati di misura, ritenere che (nei casi in cui l'esame
sia stato portato sopra una serie molto numerosa di individui), data la frequenza
delle varianti superiori ed inferiori alla media eguale delle due parti della media del
campo di variazione, la parte dell'animale che si studia nelle sue dimensioni sia
come in equilibrio, oscillando intorno al suo valore medio. Se invece osserviamo, ad
esempio, che la frequenza dei valori inferiori alla media è maggiore di quella dei
valori superiori, si può credere che le dimensioni del carattere in questione tendano a
diminuire; poiché crescendo sempre più la frequenza dei valori inferiori alla media,
avverrà che i valori estremi della serie maggiori della media tenderanno ad essere
eliminati (probabilmente per opera della scelta naturale), poiché essi si trovano sempre
pili lontani daW optimum per la specie stessa. Così il valore della media del campo
di variazione si abbasserà.
Se la variazione del carattere continuerà a procedere nello stesso senso, vale a
dire a procedere verso un optimum voluto da determinate circostanze, vedremo dimi-
nuire questo valore medio fino a che le frequenze dei valori tornino ad equilibrarsi
rispetto al nuovo valore diminuito della media del campo di variazione. Quando ciò
sia stato ottenuto, il nuovo campo di variazione rappresenterà il campo di varia-
zione compatibile colle circostanze di vita dell'animale, e il carattere studiato potrà,
nelle serie di una data località, ritenersi (almeno temporaneamente) in equilibrio. La
(1) Il lettore voglia sempre aver presente alla mente che le considerazioni seguenti si fondano
sulle variazioni dei rapporti delle parti e non sulle variazioni assolute delle parti stesse.
27
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC.
209
cosa può procedere tanto oltre fino a produrre la scomparsa del carattere (dato che
ciò sia possibile per la natura del carattere stesso). Un esempio si può trovare nella
variazione della membrana esterna del timpano del B. vuUjaris (op. cit.).
6° Credo che nel caso nostro, trattandosi di specie certamente molto antiche
e adattate da lungo tempo a condizioni di vita, oscillanti esso pure entro a limiti
relativamente ristretti e necessariamente poco dissimili nei diversi punti dell'area
di distribuzione geografica delle specie stesse, si possa ritenere che queste hanno
raggiunto una costanza notevole nei rapporti di dimensioni delle varie parti, costanza
che può non apparirci quando limitiamo il nostro studio a pochi individui presi qua
e là e che ci rappresentano alcuni dei momenti della variazione oscillatoria, ma che
ci si fa manifesta quando rivolgiamo la nostra attenzione a serie numerose di indi-
vidui anche di località diverse.
7° Per poter affermare che una specie di Bufo (per non uscire dallo stretto
campo delle presenti ricerche) è molto variabile od è poco variabile, nel senso che
comunemente si attribuisce a queste parole, non basta tener conto dell' ampiezza del
campo di variazione (calcolato col metodo da me proposto), ossia dei limiti nei quali
oscillano i caratteri, ma bisogna anche vedere (con ripetute osservazioni in tempi
successivi) se il valore medio del campo di variazione rimane costante, o tende a
spostarsi in un senso o nell'altro.
Il presente lavoro ha appunto lo scopo precipuo di fissare in un momento dato
i limiti del campo di variazione e il suo valore medio per serie di individui di varie
località appartenenti alle sopranom.inate specie di Bufo, affinchè si possa avere un
primo nucleo di materiale adatto a determinare un punto preciso di partenza, che
conceda in seguito di determinare se il valore medio del campo stesso rimanga costante
si sposti, e in una parola, conceda di poter vedere se le specie in discorso variino
veramente nel senso che si suole comunemente attribuire a questa parola nel campo
delle teorie evolutive.
8° Da tutti i campi di variazione delle varie parti del corpo (formati coi
valori numerici dei rapporti di sviluppo delle parti stesse) per le specie seguenti del
genere Bufo : B. vulyaris, B. regularis, B. mauritanicus, B. viridis, riuniti nel mio pre-
cedente lavoro sulla variazione del B. vulgaris e nel presente, si possono dedurre dei
raffronti che servono ad indicare differenze specifiche nelle proporzioni delle varie parti.
Del B. vulgaris sono stati studiati e misurati 462 esemplari, del B. viridis, 559,
del B. regularis, 125, del B. mauritanicus, 77. Si può credere che coll'esame di questo
materiale si siano potuti riconoscere i valori estremi di variazione dei rispettivi rap-
porti delle parti per le singole specie e si può credere pure che l'esame di nuovo
materiale farà variare di poco (particolarmente per le due prime specie) e forse solo
per qualche carattere i limiti riconosciuti di oscillazione dei rapporti delle parti stesse.
— Un più numeroso materiale sarà invece necessario, come già sopra è stato detto,
per lo studio delle altre modalità della variazione, come la frequenza delle classi, la
tendenza della variazione, il carattere speciale che può assumere la variazione delle
serie di località determinate, e via discorrendo.
Nella tabella seguente sono segnati i limiti estremi del campo di variazione per
ciascun carattere delle diverse specie studiate, desumendoli da serie uniche formate
da tutte le serie di individui in amore delle varie località per ogni singola specie.
Serik li. Tom. LIV. «'
210
LORENZO CAMERANO
28
Bufo
vulgaris
5
Bufo
maufitan.
ò
Bufo
viridis
ó
Bufo
regularis
Ò ■
Lunghezza base (espressa in millimetri) . .
53-103
80-135
50-93
45-70
Lunghezza totale del capo (1)
Id. dall'apice del muso alle narici ....
Id. dalle narici all'occhio
Id. dall'occhio al timpano
85-122
3-26
14-32
5-19 •
83-110
6-27
17-34
3-12
92-132
0-23
17-35
0-6
97-130
0-13
21-36
0-8
Largh. del capo all'angolo post, dei mascellari
Id. a metà degli occhi
Diametro interorbitale
102-148
74-116
1 Q QA
lo-oU
23-44
103-150
75-100
24-38
107-139
81-120
1 Q A A
iy-44
21-38
118-138
89-109
1 Q Q1
iy-oi
26-39
Altezza del capo alla regione timpanica .
Id. alle narici
19-34
22-30
OO-fìO
18-35
40 DU
22-31
Diametro massimo trasversale dell'occhio
.ÌO-4D
OD-O*
Diametro minimo del timpano
Id. massimo del timpano
6- 19
7- 24
12-17
14-23
10- 22
11- 25
19- 32
20- 32
Lunghezza massima delle parotidi ....
Larghezza id. id. ....
47-102
20-44
63-93
27-49
57-112
21-51
55-83
19-32
Lunghezza del braccio
Id. dell'avambraccio
Id. della mano
116-166
89-160
70-120
99-139
72-112
75-96
102-152
69-114
74-111
105-130
72-90
77-100
Lunghezza del 1° dito della mano (2) . . .
Id. 2° dito id. ...
Id. 3" dito id. ...
Id. 4° dito id. ...
35-47
30-43
42-55
24-36
34-46
21-39
32-46
21-33
30-50
24-45
33-55
20-39
35- 51
21-39
36- 54
21-35
Diam. mass, del tubercolo palmare mediano
Id. id. id. interno
9-31
5-26
18-29
12-22
13-30
3-24
15-23
9-19
Lunghezza della coscia
Id. della gamba
Id. del piede
117-176
100-155
189-306
120-166
120-153
189-247
104-171
112-154
206-288
124-145
120-144
197-237
Lunghezza del 1° dito del piede ....
Id. 2° dito id. ....
Id. 3° dito id. ....
Id. 4° dito id. ....
Id. 5° dito id. ....
30-71
50-110
72-151
86-178
80-123
30-46
58-75
77-116
117-153
80-104
27-50
51-93
77-133
124-174
69-114
31-43
47-71
83-111
123-146
75-98
Diam. mass, del tubercolo plantare interno .
Id. id. id. esterno .
5- 24
6- 28
14-24
8-15
12-37
2-23
10-17
3-16
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del margine
libero della membrana interdigitale
Id. id. del 2« dito
Id. id. del 3° dito
Id. id. del 4° dito
25-49
28-68
48-89
9-30
24-43
26-55
41-79
13-29
24-48
26-60
50-88
5-24
23-40
36-54
52-77
14-30
Lunghezza della ripiegatura tarsale . . .
44-58
37-71
45-62
(1) Questa e tutte le misure seguenti sono espresse in 360^^'™' somatici.
(2) Lalungh. delle dita è misurata dall'apice del dito all'angolo interno che esso fa col dito vicino.
29 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUl'., ECC. 211
Bufo
vulgaris
9
Biffo
mauntan.
9
Bufo
viridi s
9
Bufo
reyularis
9
T ,ìt ^ fili p^yn hìi<2t> ( acsrw^cta in Tmllima4*t»i i
Jjtl/ljJItv^^U' Uii'bty ^coUI cSiscl XII Jllllilllic1;ri 1 . ,
Qi 1 -( a
ol-J.4-0
Oft 1 QR
yo-icso
E Q 1 1 O
b\J-ll
Lunghezza totale del capo
Id. dall'apice del muso alle narici ....
Id. dalle narici all'occhio
81-111
3-21
15-29
Q 1 Q
y-iy
82-106
0-21
20-28
Oli
86-126
0-18
19-36
0-y
110-122
0-11
23-33
0-2
Largh. del capo airangolo post, dei mascellari
IH o tiìùTO MOrrli /%/>/TMi
Diametro interorbitale
108-149
77 1 1 f
19-30
25-45
108-141
77 OQ
19-26
24-38
92-137
OO 1 1 o
17-34
19-35
118-138
90-108
21-30
25-36
Altezza del capo alla regione timpanica . .
Id. alle narici
37-58
22-35
42-55
20-33
35-55
20-34
43-55
22-32
Diametro massimo trasversale dell'occhio .
23-37
27-46
34-47
35-47
Diametro minimo del timpano
Id. massimo del timpano
6- 16
7- 16
10-20
13-24
5-22
7-22
18-28
20-29
T.n n o"n P77£ì tn n qgi m£* fìfill p tìq r i H "i
XJxXiì^liKjLiLiCki Illdoblllict vlCliv:? UctLULlUi ....
Larghezza id. id. ....
OU-o 1
21-44
R1 QA
Di-y*
30-55
t.A Qfi
22-51
K K QA
16-26
Lunghezza del braccio
Id. dell'avambraccio
107-153
81-121
94-132
69-101
VA 1 OO
97-144
74-118
co 1 AA
98-122
61-86
Lunghezza del 1° dito della mano ....
lU. u UXLU lU. ....
Id. 3" dito id
Id. 4° dito id. ....
40-48
38-52
34-44
29-51
34-48
19-30
29- 55
OR \ 1
30- 52
23-43
33-59
O / ' il
ób-il
37-52
21-33
uiaiii. xiidas. uci LiiueiLoio palmare meciiano
Id. id. id. interno
1 fi 07
10-21
10-20
1 /( O (
5-19
1 n OO
9-17
Lunghezza della coscia
Id. della gamba
112-172
84-147
181-244
119-169
114-150
183-241
113-164
102-139
178-242
120-151
120-137
197-216
Lunghezza del 1° dito del piede ....
Id. 2° dito id
iU. O UILO lU. ....
Id. 4° dito id. ....
Id. 5° dito id. ....
27-75
44-80
7ci 1 1 n
109-153
119-169
32-45
47-68
QA 1 AQ
ou-iuy
114-146
72-99
31-48
46-70
RCì 1 1 Q
oy-i ic5
106-189
72-107
31-46
51-72
Q r ino
120-144
79-105
Diam. mass, del tubercolo plantare interno .
Id. id. id. esterno .
14- 28
15- 26
16-25
9-18
11-29
3-17
12-24
3-14
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del margine
linPT'n nPilfi TnpmnVQnQ Ttrfoi'Hìfyif qI^ì
11 ud \j i.it;ii-225-23 — Id. dell'interno: 5-9-102-11,-12,-
ISs-Ug-lGa-l? — Id. della coscia: 119-124-1302-132-133-13r,-136-l:'.82-139-143-14l3-
145-147-150-152-153 — Id. della gamba: 1122-117-119-1223-124-(124,5O)-1293-1302-
131-1323-134-135-137 — Id. del piede: 2022-203-207-209-217-2192-221-225-2263-227-
228-230-231-2362-240 — Id. del 1° dito: 3l2-322-353-362-(36,5O)-395-402-4l3-42 —
Id. del 20 dito: 5L,-53-56-572-583-(58.5O)-592-60-61-622-632-652-6(; — Id. del 3«dito:
82- 83-87-892-922-932-953-99-1003-101-102-103-104 — Id. del 4" dito: 119-122-132-133-
135-136-137-(137,5O)-138-139-140-142-1432-1442-147-1483-156 — Id. del 5° dito: 80-
83- 85-862-873-88-892-902-913-942-96 — Id. del tubercolo metatarsale intemo: I62-I72-
18g-19-20;j-2l2-222-23-24 — Id. dell'esterno: 4,-5;j-6-7-9e-10-12-13-15-16 — Dall'apice
del 1° dito alla metà del mai-gine libero della membrana interdigitale: 26-27-29-303-31.1-
323-(33,50)-34-35-362-37-39-41 — Id. dall'apice del 2" dito: 393-402-433-442-452-46-
(46,5O)-472-48-50-51-52-54 — Id. dall'apice del S" dito: 552-59-6I3-622-653-672-683-69-
71-78-83 — Id. dall'apice del 4« dito: 13-152-162-173-183-(18.5O)-19-20.5-21-2.3-243 —
Limgh. della ripiegatura tarsale: 39-48-493-512-522-533-54-562-54-562-58-59-60-62-63.
Maschi in amore di Sardegna (Sassari).
Lunghezza del capo: 92-96-97-1002-101,-1023-1033-1043-1063-1075-1085-109-110,;-
III3-II22-II34-II52-II63-I222-I24-I28 — Larghezza del capo all'angolo del mascel-
lare: 111-1 132-IIG2-II7-II8-II93-I2O4-I223-I234-I245-I255-I260-I275-I282-I294-I3O3-
1323-133-136-139 — Id. a metà degli occhi: 83-863-87-886-893-912-923-93-94,-952-963-
974-985-993-1003-101-1025-104-105,-106-111 — Id. alle narici: 19-202-216-22t-23„-
(23.50)-247-25i5-265-27-282 — Altezza del capo alla regione timpanica: 39-41-422-
432-445-464-476-48r49io-507-51 7-532-542-55 — Id. alle narici: 18-20-2l3-224-23-244-25i4-
269-276-286-294-3O4 — Lungh. obliqua del capo: 97-992-1014-102-103-1043-1053-1068-
IO74-IO83-IO93-IIO2-III3-II23-II33-II43-II53-IIG-II72-I22-I29-I332 — Diametro in-
terorbitale: 222-233-244-256-268-27u-28e-(28,5O)-29,s-30,-31-323-35 — Dall'apice del
muso alle narici: 02-3-4-52-6-73-83-96-103-ll2-(ll,5O)-124-13i0-143-156-163-172-183-19-20
— Dalle narici all'occhio: 19-203-21io-22ii-239-(23,50)-246-25u-263-272-28 — Dall'occhio
al timpano: O26-220-3-47-53 — Diam. trasversale dell'occhio: 353-36c-377-387-298-407-
(40.oO)-4l5-426-433-444-46 — Diametro minimo del timpano: 10-ll-123-13is-14ii-15io-
I65-I74-I84-1 94-22 — Id. massimo: I34-I43-I55-I68-I711-I814-I93-2O5-2I4 — Lunghezza
delle parotidi: 70-71-72-73-74-754-76,-772-785-799-806-812-825-836-84-862-882-892-90-91-
92 — Id. larghezza: 32-345-35-362-374-385-39e-408-4l7-(41,5O)-426-433-44,-45-463-48-51
Id. del braccio: 11.5-117-119-122-1233-1242-127c-1283-1293-l;B0-13l4-1323-133,-1343-
1355-1363-1372-1384-1394-141-142-149 — Id. dell'avambraccio: 85-892-916-928-934-94,-
954-(95.5O)-965-974-983-99-100-10l3-1026-103-1042-1052-1062 — Id. della mano: 75-77-
79-8O3-8I-82-834-844-853-864-876-885-893-9O3-9I5-925-932-942-962-98-99 — Id. del 1" dito:
32-344-35-364-373-383-395-404-{4O,5O)-4l6-429-433-448-465-49 — Id. del 2°dito: 25-28-295-
305-31„-328-335-349-355-362-37-385-39-402-41— Id.del 3° dito: 36-37-382-395-404-417-42,2-
(42,50)-437-44io-464-47-48-492 — Id. del 4° dito: 22-24-257-265-27b-288-299-309-314-323-
332-352-36 — Id. del tubero, palmare mediano: 15-173-184-194-205-21,0-22,0-23,4-244-252
— Id. dell'interno: 3-5-95-102-ll2-(ll,5O)-125-l:V14io-158-16-177-185-20 — Id. della
coscia: 120-127-131-134-13.52-.136-137,-1:^«, -139-140,-141-1423-14:32-1444-1452-1464 -
220
LORENZO CAMERANO
38
I475-U84-I494-I5O-I5I2-I523-I543-I552-I57-I6O — Id. della gamba : 112-116-123-124-
125-126-1273-1283-1293-1305-13l2-1325-133,;-1343 -1354-1363-1373-1382-1392-141-1422-
144-146-147-154 - Id. del piede: 209-212-219-2202-2223-224-2262-2273-2285-230-2314-
232-2332-(233,50)-2344 - 235-2362-237-2392-240-241-2422 - 2435-245-246-247-2485-2502-
251-253-258 — Id. del 1» dito: 28-29-30-322-332-34r354-366-373-384-393-404-4l4-422-
434-442-464 — Id. del 2° dito: 51-52-53-56-57-584-594-605-61r622-633-648-652-66-675-
683-693-7O2-7I3 — Id. del 3° dito: 80-83-84-883-923,933-954-963-97-984-993-1003-1013-
IO23-IO32-IO42-IO54-IO64-IO74-IIO2-III-II2-II5-II6 — Id. del 4° dito: 136-137-1392-
I4I2-I42-I434- 1444-1462-1473-1483- 1492-1503-15121525-153-1543-155-156-1572-158-
1592-1602-161-162-163-1644-168-170 — Id. del 5"^ dito: 84-85-87-884-893-917-926-933-945-
953-965-974-982-99-IOO-IOI3-IO24-IO3-IO8-II2 — Id. del tubercolo metatarseo interno:
15-16-177-18io-197-208-2l8-22u-234 — Id. dell'esterno : 2-4n-5n-66-88-98-105-(lO,5O)-ll2-
12-13-142-19 — Dall'apice del 1° dito alla metà del margine libero della membrana
interdigitale: 24-25-262 -272 -28-292-388-3l2-326-(32,50)-332-348-357-365-375-394-41 —
Id. dall'apice del 2° dito; 26-36-37-38-39-403-41-427-435-446-452-46io-473-48-49s-5l3-53-
57-58 — Id. dall'apice del 3« dito: 5O-552-57-58-6O2-6I3-624-634-646-655-664-67-682-693-
7O3-7I3-72-73-743-76-78-822-832-88 — Id. dall'apice del 4° dito: 5-85-94-103-114-125-
135-144-(14,50)-155-165-17e-187-21-23-24 — Lungli. della ripiegatura tarsea: 42-44-
46-472-48-493-5O2-5I7-523-537-546-555-564-57-586-593-6O2-6I-62.
Maschi in amore di Messina.
Lunghezza del capo: 98-1022-103-106-107-108-113-118 — Larghezza del capo
all'angolo del mascellare: 114-117-1222-123-124-126-128-132 — Id. a metà degli occhi:
84-89-93-942-97-100-101-102 — Id. alle narici: 21-232-24-25-262-272 — Altezza del
capo alla regione timpanica: 422-442-46-(46,50)-47-48-51 — Id. alle narici: 21-232-
24-(24,50)-25-26-272-28 — Lungh. obliqua id.: 98-102-(lO6)-107-1082-1122-113-114
— Diametro interorbitale : 21-25-27-283-292-33 — Dal muso alle narici: 0-22-32-4-5-
(8)-ll-14 — Dalle narici all'occhio: 21-23-25-(25,5O)-26-27-28-292-30 — Dall'occhio
al timpano: 05-22-4-5 — Diametro trasversale dell'occhio: 34-374-392-(40,50)-41-47
— Diam. minimo del timpano: 13-14-152-(16)-17-182-19 — Id. massimo: 14-152-16-
(16,50)-17-182-192 — Lungh. delle parotidi: 75-76-78-79-(82)-842-872-89 — Id. lar-
ghezza: 30-31-342-(34,5O)-35-372-392 — Lungh. del braccio: 122-123-126-129-131-
(132.50)-1362-142-i43 — Id. dell'avambraccio: 87-89-93-94-95-(96.5O)-97-98-99-106
— Id. della mano: 85-892-(91)-92-93-942-95-97 — Id. del 1° dito: 373-39-41-(42)-
442-472 — Id. del 2° dito: 28-30-31-(31,5O)-33-343-352 — Id. del 3° dito: 37-39-41-
422-(43)-44-46-48-49 — Id. del 4° dito: 29-313-322-33-34-35 — Id. del tubercolo pal-
mare mediano: 16-17-18-192-20-21-22-24 — Id. dell'esterno: 3-7-82-9-10-11-12-15 —
Id. della coscia: 123-128-131-134-136-(138)-141-143-15M53 — Id. della gamba: 126-
128-129-13l2-(134,50)-1362-142-143 — Id. del piede: 222-229-233-2342-236-238-
(238,50)-248-249 — Id. del 1" dito: 34-36-374-392-(40-50)-42-47 — Id. del 2» dito:
642-662-67-6S-(70,50)-73-74-77 — Id. del 3'> dito: 99-102-1032-1072-(lO7.5O)-108-
112-116 — Id. del 4" dito: 143-150-156-157-159-160-169-171 — Id. del 5» dito: 89-
97-983-(lOO,5O)-102-106-lll-112 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 14-18-
I93-2I2-222 — Id. esterno: 5-8-92-103-11-15 — Dall'apice del 1° dito al margine libero
39
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL IJLl'O VIRIDIS LaUl"., ECC.
221
della membrana interdigitale: 29-30-33-342-352-86-37 — Id. dall'apice del 2" dito:
37-39-40-41-42-44-46-47 — Id. dall'apice del 3" dito: 5S-o9-64-66-(66,50)-6S-G9-7] -
72-75 — Id. dall'apice del 4° dito: 102-14-15-(16,5O)-17-18-2l2-23 — Lunghezza della
ripiegatura tarsea: 47,.-49-51-(52,50)-532-54-57-58.
Femmine in amore di Messina.
Lunghezza del capo : 101-103-105-(lO6)-109-110-lll — Largii, del capo all'angolo
del mascellare: 122-123-130-(132)-134-142 — Largh. id. a metà degli occhi: 89-92-
94-952-(100)-lll — Id. alle narici: 22-23-242-25-26 — Altezza del capo alla regione
timpanica: 41-422-44-45-47 — Id. alle narici: 22-232-24-262 — Lungh. obliqua del
capo: 106-108-109-110-(112,5O)-115-119 — Diam. interorbitale: 23-26-28,-32-33 —
Dal muso alle narici: 02-22-5-(5,5O)-9 — Dalle narici all'occhio: 23-242-262-(29,50)-36
— Dall'occhio al timpano: 02-2-32-4 — Diam. trasv. dell'occhio : 34-35-372-38-40 —
Diam. minimo del timpano: 13-142-(15,50)-162-18 — Id. massimo: 142-15-16-(17,50)-
18-21 — Lungh. delle parotidi: 792-81-84-(84,5O)-85-90 — Largh. id.: 32-33-35-(36)-
37- 38-40 — Id. del braccio: 1 10-1 16-117-1 19-(12O)-122-130 — Id. dell'avambraccio:
81-83-84-(88)-89-90-95 — Id. della mano: 84-85-88-(89,5O)-90-95 — Id. del l<>dito:
38- 40-42-(43.5O)-45-49 — Id. del 2° dito: 31-33-35-(36)-372-41 — Id. del 3° dito:
42-44-452-(47)-48-52 — Id. del 4° dito: 28-31-32-(32,50)-33-35-37 — Id. del tubercolo
palmare mediano: 18-19-202-(2O,5O)-21-23 — Id. dell'interno: 5-8-92-10-11 — Id. della
coscia: 1262-127-130-(139,5O)-147-153 — Id. della gamba: 112-(122.50)-126-127-
130-132-133 — Id. del piede: 201-215-(217,5O)-220-225-233-234 — Id. del 1° dito:
35-36-37-(38,5O)-40,-42 — Id. del 2° dito: 56-(60,50)-61-622-63-64-65 — Id. del 3° dito:
89-92-95-(97,5O)-l00-10M(i(j — Id. del 4° dito: 131-140-142-(143,5O)-150-153-156
— Id. del 5" dito: 84-88-(92,5O)-93-95-100-101 — Id. del tubercolo metatarsale interno:
16-18-19-20-21-(22,5O)-29 — Id. dell'esterno: 5-93-(10)-14-15 — Dall'apice del 1» dito
alla metà del margine libero della membrana interdigitale: 26-28-(30,50)-32-332-35
— Id. dall'apice del 2° dito: 35-37-41-(41,50)-43-45-48 — Id. dall'apice del 3° dito:
51-57-61-(63,50)-65-69-76 — Id. dall'apice del 4" dito: 13-14-16-(16,5O)-19-20 —
Lunghezza della ripiegatura tarsea: 51-52-55-(56)-57-58-61.
Maschi in amore di Milazzo.
Lunghezza del capo: l07-110-(lll,5O)-113-116 — Larghezza del capo all'angolo
del mascellare: 126-129-130-134 — Id. a metà degli occhi: 92-93-(96)-98-100 —
Id. alle narici: 24-25-(27)-29-30 — Altezza del capo alla regione timpanica: 39-(44.50)-
462-50 — Id. alle narici: 24-26o-28 — Lungh. obliqua del capo: 107-110-(112.5O)-
115-118 — Diametro interorbitale: 26-(27.50)-28-292 — Dall'apice del muso alle
narici: 2-3-(7,50)-12-13 — Dalle narici all'occhio: 24-25-262 - Dall'occhio al tim-
pano: O2-2-3 — Diametro trasv. dell'occhio: 35-(38)-39-4l2 — Id. del timpano d. mi-
nimo: 153-(16)-17 — Id. massimo: 153-(16)-17 — Lunghezza delle parotidi: 72-73-
(78,50)-81-85 — Id. larghezza: 34-35-36-38 - Id. del braccio: 122-125-(125.50)-
128-129 — Id. dell'avambraccio: 87-93-(93.5O)-98-100 — Id. della mano: ^*7,-(92.50|-
95-98 — Id. del 1« dito: 38-39-4(t-(42)-46 — Id. del 2-^ dito: 29-30-(32,5O)-34-36
222
LORENZO CAMERANO
40
— Id. del 3° dito: 40-41-(42,5O)-43-45 — Id. del dito: 20-(24,5O)-25-262-29 —
Id. del tubercolo palmare mediano: 19-(22,50)-23-25-26 — Id. dell'interno: Q-lOg-
(12)-15 — Id. della coscia: 126-128-(137,5O)-140-149 — Id. della gamba: 122-128-
(133)-135-144 — Id. del piede: 209-214-(222,5O)-225-23G - id. del 1° dito: 34-36-
(37,5O)-40-41 - Id. del 2« dito: 58-63-(64)-67-70 — Id. del 3" dito: 93-102-(lO3)-
110-111 — Id. del 4° dito: 145-146-(152,5O)-159-160 — Id. del 5° dito : 87-92-(93,50)-
98-100 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 19-202-21 — Id. dell'esterno: 53-(7)-9
— Distanza dall'apice del 1° dito alla metà del margine libero della membrana inter-
digitale: 29-31-(32,50)-35-36 — Id. dall'apice del 2° dito: 34-(40)-41-43-46 — Id. dal-
l'apice del 3° dito: 58-(64)-67-702 — Id. dall'apice del 4° dito: 5-(8,5O)-102-12 —
Lunghezza della ripiegatura tarsea: 52-53-(56)-602.
Femmiìie in amore di Milazzo.
Lunghezza del capo: 101-102-106-1O8-1102-115 — Larghezza del capo all'angolo
del mascellare: 1272-1292-1302-(131,5O)-136 — Id. a metà degli occhi: 89-90-93-(95)-
96-99-1012 — Id. alle narici: 22-24-252-262-30 — Altezza del capo alla regione tim-
panica: 40-42-43-44-(45,5O)-47-48-51 — Id. alle narici: 22-24-252-263 — Lunghezza
obliqua del capo: 107-110-lll-112-1132-(113.5O)-120 — Diametro interorbitale: 262-
27-(28)-29-303 — Dall'apice del muso alle narici: O2-2-33-IO — Dalle narici all'occhio:
22-232-24-25-26-30 — Dall'occhio al timpano: 02-22-83 — Diametro trasv. dell'occhio:
362-38-(40,50)-41-422-45 — Diam. minimo del timpano: I4-I53-I62-I8 — Id. mas-
simo: I4-I53-I62-I8 — Lunghezza delle parotidi: 73-79-802-81-(83)-86-89 — Lar-
ghezza id.: 31-35-(36,5O)-37-40-41-42 — Lunghezza del braccio: 1152-118-120-1222-
125 — Id. dell'avambraccio: 75-80-(81)-85-862-87 — Id. della mano: 63-77-80-852-
86-87-91 — Id. del 1° dito: 36-42-45-462-482 — M. del 2° dito: 31-34-352-36-372
— Id. del 3° dito: 38-402-41-42-(42,5O)-46-47 — Id. del 4° dito: 25-26-27-(28,50)-
29-30-31-32 — Id. del tubercolo palmare mediano: 16-19-21-22-252-26 — Id. dell'in-
terno: 52-8-9-IO2-II — Id. della coscia: 115-125-126-(127)-134-136-138-139 — Id. della
gamba: 102-(113,5O)-115-1222-123-1252 — Id. del piede: 191-208-(213)-215-217-219-
221-235 — Id. del 1° dito: 32-3G-(37)-38-40-41-42 — Id. del 2° dito: 58-62-(63)-652-68
— Id. del 3° dito: 90-932-95-(95,5O)-99-101 — Id. del 4« dito: 129-132-135-136-
(136,50)-1442 — Id. del 5° dito: 89-902-(92,5O)-932-96 — Id. del tubercolo meta-
tarsale interno: 162-(18,5O)-192-20-21 — Id. dell'esterno: 53-(8)-9-10-ll — Distanza
dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 27-
3I2-32-34-35 — Id. dall'apice del 2° dito: 40-41-(41,5O)-42-43-452 — Id. dall'apice
del 30 dito: 62,-63-65-67-68 — Id. dall'apice del 4» dito: 11-14-15-16-19-21 — Lun-
ghezza della ripiegatura tarsea: 42-49-51-532-57-60.
Giovani (lunghezza base da mill. 11 a mill. 20) del contorno di Beyruth in Siria.
Lunghezza del capo: 13l3-133-(134,50)-135-138 — Larghezza del capo all'angolo
del mascellare: 123-124-(128)-13l3-133 — Id. del capo a metà degli occhi: 984-(106)-
113-114 — Id. del capo alle narici: 334-(33,50)-342 — Diametro interorbitale: 38-
45-(47,50)-55-573 — Dall'apice del muso alle narici: O3-5-6 — Altezza del capo alla
41
RICERCHI': INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIIUUIS LilUr., ECC.
223
regione timpanica: 45-(55)-57-65;, — Id. alle narici: 292-333-(33,50)-3S — Lunghezza
obliqua del capo (dall'apice del muso all'angolo posteriore del mascellare superiore):
133-1352-(140.50)-1483 — Dalle narici all'occhio: 38-(43,50)-45-4'.)3 — Diametro
trasversale dell'occhio: 56-(56.50)-573 — Lunghezza del braccio: 983-(106)-lll-113-
114 — Id. dell'avambraccio: 73i-(78)-81-83 — Id. della mano: 73-83-(85,50)-r).5-98
— Id. della coscia: 124-133-(136)-138-1483 — Id. della gamba: lll-113-(122)-13l3-133
— Id. del piede: 183-191-(198)-208-2133 — Esemplari con 19 mill. di lungh. base.
Lungh. del 1° dito della mano: 38 — Id. del 2° dito: 34 — Id. del 3" dito: 57 —
Id. del 4" dito: 38 — Id. del tubercolo palmare mediano: 19 — Id. del tubercolo
palmare alla base del dito interno: 19 — Id. del 1° dito del piede: 38 — Id. del
2° dito: 57 — Id. del 3" dito: 95 — Id. del 4° dito: 133 — Id. del 5° dito: 95 —
Id. del tubei'colo metatarsale interno: 19 — Id. del tubercolo metatarsale esterno: 8
— Altezza delle membrane interdigitali del piede: fra il 1° e 2° dito: 38 — Id. fra
il 2° e il 3° dito: 57 — Id. fra il 3« e il 4'^ dito: 76 — Id. fra il 4° e il 5° dito: 28
— Lungh. della piegatura cutanea tarsea interna: 57.
Mascìii in amore di Siria.
Lunghezza del capo: 96-97-98-101-1022-lU42-106-107-(lO8)-in-113-116-118-1202
— Larghezza del capo all'angolo del mascellare: 113-1152-1162-1203-(121)-1223-123-
126-127-128-129 — Id. a metà degli occhi: 83-862-93-94-952-962-972-98-100-101-108-111
— Id. alle narici: 21-223-23;;-244-25-(25,5O)-26-28,-30 — Altezza del capo alla regione
timpanica: 37-382-39-41-423-(42.50)-43-44i-452-48 — Id. alle narici: 19-222-23-245-
25-262-27-282-31 — Lungh. obliqua del capo: 102-1062-107,-108-1092-1102-1113-113-
118-120 — Diametro interorbitale : 22-23-243-25-262-27-283-292-302 — Distanza dal
muso alle narici: 33-6-9-(10)-122-13-143-152-162-17 — Id. dalle narici all'occhio: 19-
22-232-242-(24.5O)-25-262-27-282-292-302 — Dall'occhio al timpano: 0r25-33-4 — Diam.
trasversale dell'occhio: 36-37-384-393-40-424-43-44 — Diam. minimo del timpano:
123-13-143-(14,50)-152-164-173 — Id. massimo: 12-13-14-153-164-174-19-20 — Lungh.
delle parotidi: 62-65-722-(73.50)-74-75-76-782-79-822-83-84-852 — Largh. delle parotidi:
29-30-3l2-322-345-B62-(36.5O)-37-38-39-44 — Lungh. del braccio: 118-1202-123-124-
1252-1262-1272-(128)-131-132-137-138 — Id. dell'avambraccio: 84-89,-90-922-93-964-
100-1012-102, — Id. della mano: 832-84-85-86-87-892-902-91-(92,5O)-93-952-96-102 —
Id. del l°dito: 30-344-36-372-38-392-424-44 — Id. del 2° dito: 25-28,-292-3l3-(31.50)-
323-33-342-36-38 — Id. del 3" dito: 36-382-394-424-43,-44-45-48 — Id. del 4- dito:
242-25-26-27-285-(28,5O)-293-30-32-33 — Lungh. del tubercolo palmare mediano : 1 93-
21-224-(22,50)-233-243-26 — Id. del tubercolo palmare interno: 10-142-15-162-{16.5O)-
17s-193-2l2-22-23 - Id. della coscia: 1332-134-135-136-138-139-141-142-144-(145,50)-
146,-148-149-152-158 — Id. della gamba: 124-125-130,-13l3-132-133,-(134)-135-138-
139-141-142-144 — Id. del piede: 209-217-2223-225-226-227-228-229-230-231-2332-
242-245 — Id. del P dito: 34-35-362-372-383-392-42-43,-44, — Id. del 2" dito: 58-
602-622-632-64-(65.5O)-662-682-70-71-72-73 — Id. del 3° dito: 932-95-96-101-(lO1.5O)-
1022-1043-106-1073-109-110 — Id. del 4° dito: 133-139-141-143-146-147-148-14;i,-
150-151-152-153-156-158-163 — Id. del 5° dito: 89-94-95-96-97o-98-99-(99.50ì-l<)l4-
1022-109-110 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 14-15-17-18-194-20-212-22-
224
LORENZO CAMERANO
42
232-242 — Id. dell'esterno: 52-6-72-82-92-(9,50)-ll4-122-14 — Dall'apice del 1° dito
alla metà del margine libero della membrana interdigitale: 28-30-312-323-33-343-35-
36-37-38 — Id. dall'apice del 2° dito: 31-39-423-44-45-46-483-493-52-53 — Id. dal-
l'apice del 3° dito: 55-60-624-633-(64,5O)-662-68-69-722-74 — Id. dall'apice del 4° dito:
9-12-13-16-174-18-194-22-23-25 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 47-50-51-533-55-
56-(o6,5O)-58-59-60-623-63-66.
Femmine in amore di Siria.
Lunghezza del capo: 87-95-97-(98,5O)-99-100-101-103-109-110 — Larghezza del
capo all'angolo del mascellare: 92-109-111-116-1232-1252-126 — Id. a metà degli
occhi: 82-872-(89,5O)-90-93-94-95-96-97 — Id. alle narici: 20-21-223-(23)-24-263 —
Altezza del capo alla regione timpanica: 37-39-40-41-42-(42,5O)-434-46 — Id. alle
narici: 2l2-22-243-(25)-262-29 — Lunghezza obliqua del capo: 90-95-99-100-101-103-
104-105-112 — Diametro interorbitale : 19-22-(22,50)-24-265 — Distanza dal muso
alle narici: 02-l-23-3-5-(6,5O)-12-17 — Id. dalle narici all'occhio: 19-22-(22,50)-242-264
— Id. dall'occhio al timpano: 04-2-32-4-(4,5O)-7 — Diametro trasversale dell'occhio :
34-352-36-37-38-392-42 — Id. minimo del timpano: 12-132-(14,50)-152-162-172 —
Id. massimo: I2-I5-I6-I74-I82 — Lungh. delle parotidi: 69-72-73-743-75-{76)-82-83
— Largh. delle parotidi: 302-3l232-35-(38.5O)-432-46 — Lungh. del braccio: 1042-
110-lll-1132-(113,5O)-116-120-123 — Id. dell'avambraccio: 74-75-78-79-(81)-822-84-
87-88 — Id. della mano: 75-77-782-82-872-88-89 — Id. del P dito: 34-35-36-38-392-
41-42-44 — Id. del 2° dito: 263-28-302-(31)-32-34-36 — Id. del 3° dito: 32-33-34-
36-37-(38)-39-42-43-44 — Id. del 4° dito: 265-(27,50)-283-29 — Lungh. del tubercolo
palmare mediano: 172-192-(19,5O)-20-2l2-222 — Id. dell'interno: 7-92-12-(12,50)-13-
15-16-17-18 — Id. della coscia: 117-1202-123-126-130-(131,5O)-132-139-146 — Id. della
gamba: 111-112-113-114-120-125-126-130-139— Id. del piede: 178-19l2-198-(198,50)-
202-206-211-217-219 — Id. del 1" dito: 31-342-352-(36,50)-37-382-42 — Id. del 2" dito:
562-57-58-59-6l2-(62)-65-68 — Id. del 3° dito: 86-872-90-91-(93)-94-95-97-100 —
Id. del 4° dito: 106-120-124-1262-127-129-143-(147,5O)-189 — Id. del 5° dito: 79-
822-86-872-(89)-9] -92-99 — Id. del tubercolo metatarseo interno: 172-1 8-19-203-22-23
— Id. dell'esterno: 8-94-102-(ll)-13-14 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del
margine libero della membrana interdigitale: 262-303-31-32-34 — Id. dall'apice del
2° dito: 39-41-432-(43,50)-44-47-48 — Id. dall'apice del 3° dito: 52-56-59-60-63-65-
66-68 — Id. dall'apice del 4° dito: 13-17-(17,5O)-18-19-20-2l2-22 — Lungh. della
ripiegatura tarsea: 35-(46)-47-48-522-53-572.
Individui giovani di Siria in cui la lunghezza base varia da mill. 30 a 50.
Lunghezza del capo: 81-(98)-103-108-109-1102-l 11-1 14-1 15 — Larghezza del capo
all'angolo del mascellare: 1222-1234-1262-(127,50)-129-133 — Id. a metà degli occhi:
81-95-103-104-105-110-(114)-115-118-147 — Id. alle narici: 24-252-262-273-(27,50)-31
— Altezza del capo alla regione timpanica: 40-4l2-43-(44)-452-47-482 — Id. alle
narici: 242-252-262-272-(27,50)-31 — Lunghezza obliqua del capo: 109-112-114-117-
(117,5O)-118-120-1232-126 — Diametro interorbitale : 25-28-30-(3O,5O)-3l3-32-33-36
43
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LeUF., ECC.
225
— Id. dal muso alle narici: 3-44-(5,50)-52-82 — Id. dulie narici all'occhio: 25-272-
28-(29)-30-3l3-33 — Id. dall'occhio al timpano: 2-l-(4,50)-5-7 — Diametro trasver-
sale dell'occhio: 4l2-43-442-45-47-(47. 501-49-54 — Id. minimo del timpano: 8-9-12-
132-142-162 — Td. massimo: 9-12-(12,50)-132-14-164 — Lunghezza delle parotidi :
65-75-77-79-(79,5O)-80-8l2-90-94 — Id. larghezza: 3.3-34-35-37-40-41-(43,5O)-45-47-54
— Lunghezza del braccio: 106-108-114-1152-116-(117)-n8-125-128 - Id. dell'avam-
braccio: 70-(8O)-81-82-862-882-902 — Id. della mano: 70-81-82-(84)-862-88-90-95-98
— Id. del 1° dito: 33-40-412-43-44-45-47-49 — Id. del 2° dito: 27-29-32-342-35-36-
39-41 — Id. del 3° dito: 40-41-43-44-(44,5O)-452-47-48-49 ~ Id. del 4" dito : 24-25-
262-272-31-(32,50)-34-41 — Id. del tubercolo palmare mediano: I62-I72-I83-2O2 —
Id. dell'interno : 8-92-122-(12,50)-14-16-172 — Lunghezza della coscia: 118-129-131-
132-(133.50)-135-136-144-147-149 — Id. della gamba: 1233-128-1292-131-133-1352
— Id. del piede: 184-197-205-(2O5,5O)-206-207-210-2162-221-227 — Id. del 1« dito:
33-342-35-363-(37)-39-41 — Id. del 2° dito : 49-51-53-542-56-59-(59,5O)-65-70 — Id. del
3° dito: 81-82-86-882-90-(9O,5O)-96-106-110 — Id. del 4° dito: 126-129-131-132-135-
(137,50)-143-144-147-149 — Id. del 5° dito: 81-82-86-882-(89,5O)-90-94-95-98 —
Id. del tubercolo metatarsale interno: I4-I7-I83-2O4 — Id. dell'esterno: 43-92-(10)-
13-14-16 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana
interdigitale: 25-262-278-(31)-32-35-37 — Id. dall'apice del 2° dito: 35-41-(43)-452-
482-49-51 — Id. dall'apice del 3° dito: 53-56-60-(62,5O)-652-68-70-722 — Id. dal-
l'apice del 4° dito: 163-183-(21)-24-25-26 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 44-48-51-
543-(54,50)-55-56-65.
Maschi in amore di Corfu.
Lunghezza del capo: 92-97-982-10l3-(lOl,5O)-102-1042-l052-106-107-1084-1092-
110-111 — Larghezza del capo all'angolo del mascellare: II5-II62-II7-II83-I2O4-I22-
1242-1265-(126,50)-127-134-138 — Id. a metà degli occhi: 92-94-963-97-982-99-100-
(101)-1022-1042-1052-106-107-1082-110 — Id. alle narici: 23-24-253-262-(26,50)-27io-
292-30 — Altezza del capo alla regione timpanica: 38-393-402-4l5-425-(42,5Oj-432-
442-45-47 — Id. alle narici: 233-243-253-26-(26;5O)-275-284-29-302 — Lungh. obliqua
del capo: 1042-105-1074-108-1092-1102-(113)-1144-115-116-1182-120-122 — Diametro
interorbitale: 23-24-253-262-274-(27.5O)-284-29-304-31-32 — Id. dall'apice del muso
alle narici: 63-82-92-103-(lO,5O)-ll,;-125-15 — Id. dalle narici all'occhio: 23-24,-263-
273-284-292-3O5-3I2 — Id. dall'occhio al timpano: O13-39 — Diam. trasv. dell'occhio:
30-34-35-36-(36,5O)-384-396-40-4l3-423-43 — Id. minimo del timpano: II-I2-I52-I65-
17e-186-19 — Id. massimo del timpano: ll-16-164-(16,50)-177-187-19-22 ~ Lunghezza
delle parotidi: 68-7 1-722-733;74-762-784-79-81 2-822-832-84 — Id. larghezza: 23-260-27-
28-293-303-(3O,5O)-31-32-332-343-35-362-38 — Lunghezza del braccio: 102-110-113-
1163-118-1205-(12O,5O)-122-124-1263-128-1292-130-139 — Id. dell'avambraccio: 81-
85-873-904-f91.5O)-93-963-972-982-99-100-101-102 — Id. della mano: 84-86-87b-89-
90-92-93-964-97-101-1022 — Id. del 1» dito: 34-35o-36-37-385-392-(39,50)-41-424-442-
452 — Id. del 2° dito: 30-31-323-33-343-352-365-382-39-422 — Id. del 3« dito: 39-40-
43-444-463-(46,50)-472-484-492-5l3-54 — Id. del 4° dito: 26-272-294-30-31-323-333-342-
865 — Id. del tubercolo palmare mediano: 164-175-187-193-(19,50)-21-232 — Id. del-
Serik II. Tom. 1,1 V. i>'
226
LORENZO CAMERANO
44
l'interno: ll-12rl3-143-{14,50)-155-163-174-18 — Id. della coscia: 131-137-139-1413-
144-1453-1462-(146,5O)-148-150,>-153-1552-156-158-159-162 — Id. della gamba: 123-
124- 130-13l2-132-1342-(134,5O)-135-137-1382-1394-140-142-1442-146 — Id. del piede:
214-215-221-224-2282-230-232-234-235-2382-(239)-240-2422-245-2463-250-264 — Idem
del 1° dito: 332-352-362-37-384-394-40-412-42,-47 — Id. del 2° dito: 592-60-61-62-632-
64-665-69-7O2-723-732 — Id. del 3° dito: 91-96-97-983-99-101-103-105-(lO5,5O)-106-
IO84-IO9-IIO2-III-II3-I2O — Id. del 4° dito: 134-1412-144-145-149-150-1512-152-
1533-156-157-159-161-163-1683 — Id. del 5° dito: 90-91-932-962-97-984-99-100-101-
IO2-IO3-IO4-IO5-IO83 — Id. del tubercolo metatarsale interno: I5-I64-I77-I87-I9-
21- 23 — Id. esterno: 82-9c-102-ll3-12g-143 — Id. dall'apice del 1° dito a metà del
margine libero della membrana interdigitale: 27-28-29-82-334-342-(34,50)-352-363-372-
38-392-42 — Id. dall'apice del 2° dito : 39-412-422-43-444-45-462-47-483-492-50-53 —
Id. dall'apice del 3" dito: 54-60-622-632-643-664-67-70-712-72-74-782 — Id. dall'apice
del 4° dito: 10-ll-12c,-14-15-162-174-182 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 45-48-49-
50-51-524-53-(53,5O)-543-552-57-58-59-603-62.
Femmine in amore di Corfìi.
Lunghezza del capo: 86-972-982-992-(lOO,5O)-10l2-103-104-1053-1063-107-108-
IO94-IIO-III2-II5 — Larghezza del capo all'angolo del mascellare: 108-110-112-114-
117-1185-119-1203-1222-(122,5O)-1244-126-128-1292-136-137 — Id. a metà degli occhi:
86-87-91-92-93-942-95-973-982-(lOO,5O)-101-1022-1033-1042-105-1062-lll-115 — Idem
alle narici: 20-234-24-253-265-274-283-294-30 — Altezza del capo alla regione timpa-
nica: 35-37-89-4O4-4I5-42-434-442-463-472-48-5I — Id. alle narici: 21-236-243-256-264-
273-282-292 — Id. lunghezza obliqua: IO5-IO82-IO92-IIO-III3-II23-II4-II52-II6-II84-
1224-(124,50)-131-144 — Diam. interorbitale : 22-234-243-253-263-273-282-295-35-36-
— Id. dall'apice del muso alle narici: 0-3-65-73-8-(8,5O)-9-104-ll3-123-132-142 — Idem
dalle narici all'occhio: 234-243-255-263-273-282-296 — Id. dall'occhio al timpano: Oig-
22- 35-4 — Diam. trasversale dell'occhio: 34-353-372-382-392-403-(4O.5O)-4l4-422-434-
45-46-47 — Id. minimo del timpano: I33-I45-I53-I62-I7G-I83-I93-2I — Id. massimo:
132-144-152-16-175-184-196-20-21 — Lungh. delle parotidi : 69-70-71-752-764-77-793-802-
(80,50)-8l3-82-852-862-88-92 — Id. larghezza: 232-27-28-295-305-312-332-34-352-37-
38-41-43 — Id. del braccio: 97-102-1043-1052-107-1092-110-1112-1123-1154-117-117-
II82-I24-I25 — Id. dell'avambraccio: 74-8l3-842-852-87-(87,5O)-883-892-90-925-93-
942-IOI2 — Id. della mano: 842-852-862-873-883-892-902-(9O,5O)-925-93-943-97 — Idem
del 1° dito: 35-393-40-4l2-422-(42,5O)-433-44-452-465-47-502 — Id. del 2» dito: 27-302-
322-33-345-353-362-374-392-4I3 — Id. del 3° dito: 43-442-45-46ii-472-484-49-50-5l2 —
Id. del dito: 28-29-302-3l4-322-334-344-353-(35,5O)-372-39-43 — Id. del tubercolo
palmare mediano: 142-15-16-176-(17,5O)-184-196-205-21 — Id. dell'interno: 63-75-94-
IO6-II3-I22-I3-I42 — Id. della coscia: 125-128-129-1312-132-138-134-1362-137-1382-
139-1432-(144,50)-1442-1452-148-1492-151-152-164 — Id. della gamba: 115-118-1222-
125- 1263-(126,5O)-1282-1292-1304-13l3-132-133-134-136-137o-138 — Id. del piede : 197-
2 1 2-214-2154-2 1 62-2 1 82-219-(2 1 9,5O)-2233-2244-228-229-230-23l2-236-242 — Id. del
1° dito: 31-32-883-844-356-862-372-892-(39,5O)-402-41-44-48 — Id. del 2° dito: 50-522-
58-54-55-56-57-582-592-(6O)-6l3-62-683-64-652-66-69-702 — Id. del 8« dito: 84-87-88-
45
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRTDIS LaUI'., ECC.
227
90-922-93-943-95-962-972-988-992-100-101-103-104-107-108 — Id. del dito: 132-133-
1342-137-138-139-140-141-1422-143,;-1443-145-(145,5O)-loM55-15G-ló9 — Id. del 5°
dito: 842-862-87-902-923-943-95-(95,5O)-97-982-99-lUM04-107 — Id. del tubercolo me-
tatarsale interno: 142-15,-16-177-184-191-204-21-22 — Id. dell'esterno: G2-73-97-IO4-
II2-I22-I3-I4 — Distanza dall'apice del 1" dito a metà del margine libero della mem-
brana interdigitale: 25-29-30,,-3l3-322-33r(33,5O)-345-353-362-37-42 — Id. dall'apice
del 2° dito: 35-41-42-433-(43,5O)-44-467-473-485-50-51-522 — Id. dall'apice del 3° dito:
58-6l3-633-64-65-(66,5O)-67-682-69,r70-7l2-723-75 — Id. dal 4° dito: 142-153-16-172-
183-194-205(2O,5O)-2l2-222-23-27 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 462-47-50-512-
527-532-(53,50)-54-553-562-58-592-61i.
Maschi in amore di Candia.
Lunghezza del capo: 95-99-(100,50) — Larghezza del capo all'angolo del ma-
scellare: 113-117-(117,50)-118-122 — Id. a metà degli occhi: 93-94-95-(97)-101 —
Id. alle narici: 24-252-26 — Id. Altezza alla regione timpanica: 42-44-462 — Idem
alle narici: 24-252-26 — Lungh. obliqua del capo: 101-104-(lO6,5O)-108-112 — Dia-
metro interorbitale: 252-(25,50ì-262 — Id. dal muso alle narici: 7-10-(ll)-13-15 —
Id. dalle narici all'occhio: 21-(23,50)-252-26 — Id. dall'occhio al timpano: 34 —
Diametro trasv. dell'occhio: 37-39-412 — Diametro minimo del timpano: 3-(ll,50)-
152-20 — Id. massimo: 18-19-20-(21,5O)-25 — Lunghezza delle parotidi: 69-(73)-
74-76-77 — Larghezza id.: 29-31-(32)-33-35 — Lunghezza del braccio: 123-127-128-
(130)-137 — Id. dell'avambraccio: 95-98-99-101 — Id. della mano: 88-90-91-(93)-98
— Id. del 1° dito: 37-39-412 — Id. del 2° dito: 30-31-32-(32,5O)-35 — Id. del
3" dito: 37-39-41. — Id. del 4° dito: 25-26-(30)-31-35 — Id. del tubercolo palmare
mediano: 20-2l2-(22.5O)-25 — Id. dell'interno: 19-202-21 — Lunghezza della coscia:
148-149-{150,50)-153 — Id. della gamba: 134-13S-(141)-148 — Id. del piede: 236-
237-239-(239,50)-243 — Id. del 1° dito: 35-(39,5O)-40-44 — Id. del 2° dito: 59-
(65,50)-66-69-72 — Id. del 3° dito: 94-(lO6,5O)-107-lll-113 — Id. del 4° dito:
148-152-153-(153,50)-lo9 — Id. del 5° dito: 89-96-101-103 — Lungh. del tuber-
colo tarsale interno: 15-16-(17,5O)-20 — Id. dell'esterno: 53-(9)-13 — Distanza dal-
l'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 33-36-
37-41 — Id. dall'apice del 2° dito: 39-(45)-46-48-51 — Id. dall'apice del 3'^ dito: 62-
63-64-66 — Id. dall'apice del 4° dito: 5-10-(ll,5O)-16-18 — Lunghezza della ripie-
gatura tarsea: 58-59-61-62.
Femmine in amore dell'isola di Candia.
Lunghezza del capo: 93-95-992-1002-(lOO,5O)-10l2-103-105-108 — Larghezza
del capo all'angolo del mascellare: 112-113-114-115-1162-(117,50)-118-119-1222-123-
— Id. a metà degli occhi: 902-912-93-95-982-99-100^ — Id. alle narici: 212-222-23-242-
(24,50)-252-26-28 — Altezza del capo alla regione timpanica: 40-412-422-432-442-462
— Id. alle narici: 222-24-253-263-282 — Lunghezza obliqua del capo: IOO-IOI2-I02-
IO44-IO82-II6 — Diametro interorbitale; 24-25.2-262-27-(27.5O)-29-30-31 — Id. dal
muso alle narici: 03-2-3-4-52-(8)-10-ll-14 — Id. dalle narici all'occhio: 22-242-252-263-
27-282 — td. dall'occhio al timpano: 20-34-4-53-8 — Id. trasversale dell'occhio: 38»-
228
LORENZO CAMERANO
46
40-41 4-42-44.2 — Id. minimo del timpano: 10-133-(13,5O)-14-15-16-173 — Id. mas-
simo: 132-152-16-173-19-20-21 — Lunghezza delle parotidi : 7l2-72-74-75-(76,50j-77-
78-79-81,-82 — Largh. id.: 25-27-29-31-32-33-35-36-38-39-41 — Lungh. del braccio:
111-115-116-1182-1192-(119,50)-1222-123-128 — Id. dell'avambraccio: 842-85-86-89-
(8O,5O)-90-92-93-94-952 — Id. della mano: 82-83-84-852-86-87-892-90 — Id. del
1° dito: 35-37-392-(39,5O)-40-4l3-432-44 — Id. del 2° dito: 31-32-335-35-362-39 —
Id. del 3° dito: 39-40-433-44-(45)-46,-48-50-51 — Id. del 4» dito: 283-30-3l2-(32)-333-
35-36 — Diam. mass, tubercolo palmare mediano : 16-182-19-202-212-222-24 — Id. del-
l'interno: 82-9-103-ll2-(13)-14-16-18 — Lungh.della coscia: 122-1282-129-(130,50)-132-
133-134-137-1382-139 — Id. della gamba: 1182-119-120-122-1232-124-1272-(128,5O)-
139 — Id. del piede: 195-202-204-(2O5,5O)-208-211-212-2132-2163 — Id. del 1° dito:
334-35-362-(37,50)-393-42 — Id. del 2° dito: 51-52-54-55-57-58-(58,50)-59-61-62-63-66
— Id. del 3» dito: 83-85-89-91-(91,5O)-933-94-952-100 — Id. del 4° dito: 123-126-
1282-129-1332-(133,50)-134-138-139-144 — Id. del 5° dito: 8l2-83-84-85-872-(87,50)-
892-90-94 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 15-16-172-18-19-20-212-22-25
— Id. esterno: 52-89-9-10-112-12-15-17 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del
margine libero della membrana interdig. : 26-28-293-30-(3O,5O)-333-34-35 — Id. dal-
l'apice del 2" dito: 38-39-4l3-43-442-46-(46,50)-55 — Id. dall'apice del 3° dito: 51-
56-57-58-(58,50)-59-623-663 — Id. dall'apice del 4« dito: 10-12-14-153-16-17-18-19-22
— Lungh. della ripiegatura tarsea: 43-46-48-49-50-512-54-552-57.
Maschi in amore di Ancona.
Lunghezza del capo: 104-106-(lO9,5O)-112-113-115 — Larghezza del capo agli
angoli dei mascellari: 116-118-120-(121)-r24-126 — Id. a metà degli occhi: 92-93-
94-95-(105)-118 — Id. alle narici: 23-24-(24,50)-252-26 — Altezza del capo a metà
della regione timpanica: 42-44-(45)-46-47-48 — Id. alle narici: 232-24-(25)-272 —
Lungh. obliqua del capo dall'angolo mascellare al muso: 111-113-(114,50)-1152-118
— Diametro interorbitale : 22-23-24-262 — Distanza dall'apice del muso alle na-
rici: ll2-(14,50)-16-17-18 — Id. dalle narici all'occhio: 21-23-(23,50)-24-25-26 —
Id. dall'occhio al timpano: O2-3-62 — Diametro massimo trasversale dell'occhio:
39-4l2-(41,50)-42-44 — Id. minimo del timpano : ll2-12-(15)-16-19 — Id. mas-
simo: ll2-14-(15)-16-19 — Lungh. massima delle parotidi: 79-82-(84)-85-86-89 —
Larghezza id. : 38-39-41-42-44 — Lunghezza del braccio: 126-129-130-137-148 —
Id. dell'avambraccio: 87-(94)-96-97-100-101 — Id. della mano: 83-87-90-96-97 —
Id. del 1° dito: 35-(37,5O)-38-39-402 — Id. del 2° dito: 30-33-34-35-(36)-42 — Id. del
3° dito: 41-42-44-(44,50)-46-48 — Id. del 4° dito: 24-26-(26,50)-27-28-29 — Dia-
metro massimo del tubercolo palmare mediano: 18-19-20-(2O,5O)-21-23 — Id. del-
l'interno: 8-ll-12-(12,50)-16-17 — Lungh. della coscia: 120-129-(134)-136-138-148
— Id. della gamba: 126-129-(132)-136-1382 — Id. del piede: 2242-(233)-235-238-242
— Id. del 1° dito: 33-(39)-4 1-42-43-45 — Id. del 2o dito: 59-60-(64)-692-73 — Id. del
3° dito: 89-93-(lOl)-109-lll-113 — Id. del 4° dito: 142-148-(153)-155-159-164 —
Id. del 5° dito: 89-97-98-106-107 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 27-30-
32-34-37 — Id. dell'esterno: 162-17-18-(19,50)-23 — Distanza dall'apice del 1° dito
a metà del margine libero della membrana interdigitale: 27-30-32-34-37 — Id. dal-
47
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUP., ECC.
229
l'apice del 2» dito: 41-42-44-46-(48,50)-r)6 — Id. dall'apice del 3» dito: 59-(i0-(66)-
692-73 — Id. dall'apice del 4" dito: ll-16,,-(17)-21-23 — Lunghezza della ripiegatura
tarsea : 49-51-5a-(56)-58-63.
Maschi in a»iore del Lago Trasimeno.
Lunghezza del capo: 108-lll;j-(112)-1132-1152-llG — Larghezza del capo agli
angoli dei mascellari: 116-118-120-(125)-126-128-1322-133-134 — Id. a meta dogli
occhi: 89-90-91-94-(94,5O)-96-972-98-100 — Id. allo narici: 232-24-253-26-27-29 —
Altezza del capo alla regione timpanica: 40-43-443-46-(46,5O)-47-48-53 — Id. alle
narici: 242-252-263-(26,50)-28-29 — Lungh. obliqua del capo dall'angolo mascellare
al muso: 100-103-104-lU7-108-109-110-(lll)-113-122 — Diametro interorbitale: 21-
23-24-252-(25,5O)-26-28-29-30 — Distanza dall'apice del muso alle narici: 62-83-9-
(11,50)-13-14-15-17 — Id. dalle narici all'occhio: 21-22-232-24-252-26-29 — Id. dal-
l'occhio al timpano: O4-2-33-G — Diam. massimo trasversale dell'occhio: 38-393-402-
41-42-44 — Id. minimo del timpano: 12-142-(14,50)-15-162-172 — Id. massimo: 12-
143-(15)-162-172-18 — Lungh. mass, delle parotidi: 72-74-762-78-792-(80.50)-86-89
— Larghezza id. : 34-35-36-37-38-(39)-40-4l2-44 — Lungh. del braccio: 108-(123.5O)-
1263-1272-129-134-139 — Id. dell'avambraccio: 89-91-92-94-962-97-992 — Id. della
mano: 83-85-86-892-(91)-92-96-97-99 — Id. del l«dito: 36-38-392-40-(41)-422-44-46
— Id. del 2" dito: 27-28-30-31-(31,5O)-322-33-35-36 — Id. del 3° dito: 33-34-38-39-
(39,50)-423-44-46 — Id. del 4° dito: 25-262-27-28-29-(30)-34-35 — Diametro mass,
del tubercolo palmare mediano: 18-19-20-2l2-(21,5O)-22-232-25 — Id. dell'interno:
9-ll-r2-(13)-15-162-173 — Lunghezza della coscia: 126-127-129-1332-134-(134,50)-
1382-143 — Id. della gamba: 122-124-126-127-128-1323-133-134 — Id. del piede:
211-220-(226,5O)-227-234-2352-2382-242 — Id. del l°dito: 33-34-37-382-393-(39.50)-46
— Id. del 2° dito: 61-632-643-(65)-662-69 — Id. del 3» dito: 94-99-100-101-(lO1.5O)-
102-103-104-108-109 — Id. del 4° dito: 139-148-149-(149,5O)-150-155-156-157-158-lG0
— Id. del 5«dito: 83-(93)-95-972-99-100-1022-103 — Id. del tubercolo metatarsale
interno: 16-174-19-(19,5O)-20-21-23 — Id. dell'esterno: 83-93-IO-I2-I6 — Distanza
dall'apice del P dito a metà del margine libero della membrana interdigitale:
26-28-30.r(3O.5O)-32-33-342-35 — Id. dall'apice del 2° dito: 392-40-42-43-(43,5O)-44-
46-47-48 — Id. dall'apice del 3° dito: 55-(62.5O)-63s-64-662-69-70 — Id. dall'apice del
4° dito: Il2l2-13-14-(14,50)-15-172-18 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 502-52-
53-(53,50)-543-572.
Maschi in amore di Campobasso.
Lunghezza del capo: 99-1002-101-108-1092-ll0-(lll,5O)-l 13-1 142-124 ~ Largh.
del capo agli angoli dei mascellari: 112-113-115-116-117-118-120-1232-124-126 — Id. a
metà degli occhi: 81-83-893-91-92-93-952-96-103 — Id. alle narici: 213-235-242-252
— Altezza del capo alla regione timpanica: 36-392-40-4 12-(42)-432-44-45-46-48 —
Id. allo narici: 20-233-244-(24.5O)-25-26-28-29 — Lunghezza obliqua del capo dal-
l'angolo mascellare al muso: 100-101-102-104-106-1093-110-113-{113,5O)-123-133 —
Diametro interorbitale: 21-24-252-(25.5O)-26-27-28-292-303 — Distanza dMirapice del
230
LORENZO CAMEBANO
48
muso alle narici: 32-5-11-12-13-142-15-17-18-21 — Id. dalle narici all occhio : 19-20-
21-22-23-242-252-26-292 — Id. dall'occhio al timpano: 0-22-38-5 — Diametro mass,
trasversale dell'occhio: 34-352-36-382-39-402-412-44 — Id. minimo del timpano: 3-(10)-
II2-I33-I4-I53-I72 — Id. massimo: 132-142-153-174 — Lunghezza massima delle
parotidi: 70-773-79-81-82-85-862-90-92 — Larghezza id.: 27-28-352-382-39-402-412-43
— Lunghezza del braccio: 107-112-113-(122,5O)-124-127-128-1292-130-1322-138 —
Id. dell'avambraccio: 83-86-892-90-91-(91,5O)-97-98-1003 — Id. della mano: 80-81-
83-85-86-(86,5O)-892-902-92o-93 — Id. del Indite: 38-393-40-413-43-44-45-48 — Id. del
2° dito: 28-3O3-3I-32-33-343-35-38 — Id. del 3° dito: 33-36-38-39-(39,5O)-402-4l3-
43- 44-46 — Id. del 4° dito: 23-242-262-(26,5O)-27-282-29-303 — Diametro mass, del
tubercolo palmare mediano: 17-18-19-202-212-22-232-24-25 — Id. dell'interno: Ug-
162- 174-(18)-192-20-22 — Lunghezza della coscia: 118-124-129-{130)-131-1322-134-
137-138-139-140-142 — Id. della gamba: 118-120-122-124-125-(127,5O)-129-130-
1322-1332-137 — Id. del piede: 207-216-220-225-227-(229,5O)-2352-236-237-238-
242-252 — Id. del 1° dito: 32-34-352-(37,5O)-38-393-40-4l2-43 — Id. del 2" dito:
592-63-64-(65)-662-67-68-692-70-71 — Id. del 3° dito: 89-97-103-1042-106-107-1092-
(111)-113-115-133 — Id. del 4° dito: 136-140-149-150-(151)-154-1552-158-159-161-
163- 166 — Id. del 5" dito: 86-892-92-93-95-96-97-1002-104-106 — Id. del tubercolo
metatarsale interno: 15-16-172-(17,5O)-183-19-204 — Id. dell'esterno: IO-II3-I32-I42-
(14,50)-1 52-17-19 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della
membrana interdigitale: 28-30-32o-33-342-(34,5O)-35-36-402-41 — Id. dall' apice del
2° dito: 432-452-472-49-50-512-52-57 — Id. dall'apice del 3° dito: 59-64-652-662-
(66,5O)-67-68-69-70-71-74 — Id. dall'apice del 4° dito: 10-12-133-142-(16,5O)-172-
I82-23 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 472-49-50-51-522-542-572-67.
Maschi in amore di Taranto.
Lunghezza del capo: 108-(llO)-lll2-112 — Larghezza del capo agli angoli dei
mascellari: 114-116-(119)-1222-124 — Id. a metà degli occhi: 90-94-95-96-102 —
Id. alle narici: 22-24-(25)-262-28 — Altezza del capo alla regione timpanica: 422-
44- (46)-48-50 — Id. alle narici: 22-24-25-262 — Lungh. obliqua del capo dall'an-
golo mascellare al muso: 95-106-(lO7,5O)-ll 1-112-120 — Diametro interorbitale :
25-262-(28)-30-31 — Dist. dall'apice del muso alle narici: 3-12-14-16-21 — Id. dalle
narici all'occhio: 21-(23)-242-252 — Id. dall'occhio al timpano: O3-32 — Diametro
mass, trasversale dell'occhio: 39-(41)-423-43 — Id. minimo del timpano: I22-I4-I62
— Id. massimo: I22-I4-I62 — Lungh. mass, delle parotidi: 69-78279-(90,50)-112
— Larghezza id.: 26-33-(34,50)-36-37-43 — Lungh. del braccio: 122-124-(127,50)-
1322-133 — Id. dell'avambraccio: 85-89-90-(92)-95-99 — Id. della mano: 83-(86,50)-
87-9O3 — Id. del 1° dito: 31-39-(39,50)-422-48 — Id. del 2" dito: 31-322-332 —
Id. del 3» dito: 37-392-(40)-42-43 — Id. del 4« dito: 22-26-(28)-30-31-34 — Diam.
massimo del tubercolo palmare mediano: 192-{20,50)-2l2-22 — Id. dell'interno: 11-
(14,50)-162-17-18 — Lungh. della coscia: 127-(135,50)-137-138-139-144 — Id. della
gamba: 1222-124-126-(127)-132 — Id. del piede: 216-217-222-(224,5O)-230-233 —
Id. del 1° dito: 322-36-(37,50)-39-43 — Id. del 2° dito: 53-(61)-662-68-69 — Id. del
3° dito: 89-95-99-102-(lO2,5O)-116 ~ Id. del 4° dito: 143-144-(148)-149-150-153 —
49
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUI'., ECC.
231
Id. del 5° dito: 90-94-(94,5O)-95-96-99 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 15-
16- 17-192 — Id. dell'esterno : 5.2-62-(7)-9 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà
del margine libero della membrana interdigitale: 26-31-32-(32,50)-33-39 — Id. dal-
l'apice del 2° dito: 33-(38)-423-43 — Id. dall'apice del 3" dito: ()l-62-63-(65)-66-69
— Id. dall'apice del 4'' dito: 5-62-(6,50)-82 — Lunghezza della ripiegatura tarsea: 37-
42-43-47-(48,50)-(K).
Maschi in amore di Catania.
Lunghezza del capo: lll-115-116-117-118-1202-(121,5O)-1222-123-1243-126-129-
131- 132 — Largh. del capo agli angoli dei mascellari: IOI2-IO2-IO4-IO62-IO73-IO80-
109-110-lll-(lll,5O)-113-120-122 — Id. a metà degli occhi : 872-90-932-94-95-902-
98s-100-10l2-102-103 — Id. alle narici: 21-24-(24,50)-252-266-275-282 — Altezza del
capo a metà della regione timpanica: 39-40-413-423-43-444-45-46-48-49 — Id. alle
narici: 2l2-23-242-(24,50)-252-264-274-282 — Lunghezza obliqua del capo dall'angolo
mascell. al muso: 102-103-1042-107-108-lll-112-(112,5O)-113-1153-1162-118-122-123
— Diam. interorbitale: 24.252-26o-272-282-(28,50)-29-30-31-33 — Distanza dall'apice
del muso alle narici: 06-35-22-53-(5,5O)-8 — Id. dalle narici all'occhio: 243-253-265-273-
(27,5O)-282-30-31 — Id. dall'occhio al timpano: 09-12-22-33-5 — Diametro massimo
trasv. dell'occhio : 362-372-384-392-(40)-41-423-432-44 — Id. minimo del timpano : 11-
132- I5-I67-I7-I9-2O2-2I — Id. massimo: 11-152-166-17-18-193-202-21 — Lungh. mass,
delle parotidi: 71-72-73-74-76.2-772-78-793-80-81-(82,5O)-87-90-94 — Larghezza id.: 31-
32-332-35-36-373-382-(38,5O)-39-40-422-43-46 — Lunghezza del braccio: 120-1222-123o-
124-125-1273-129-(129,50)-131-133-134-1372-139 — Id. dell'avambraccio: 69-(85)-892-
9O2-92-933-952-96-97-983-IOI — Id. della mano: 74-79-82-862-872-88-892-902-93-94-
96-982 — Id. del 1" dito: 362-373-383-39-40-(4O,5O)-4l2-42-442-45 — Id. del 2« dito:
26-272-312-322-332-34-35-363-37-38 — Id. del 3« dito: 362-372-382-39-4l2-42-(42,50)-
432-46-47-48-492 — Id. del 4° dito: 25-264-274-282-29-(30,50)-31-32-332-36 — Diametro
massimo del tubercolo palmare mediano: 17-202-2l4-(21,5O)-225-233-26-27 — Id. del-
l'interno: 5-103-ll5-13-(14,5O)-15-16-17-18-19-21-24 — Lunghezza della coscia: 123-
132-133-1342-135-136-137-138-140-{141)-144-147-148-150-151-153-159 — Id. della
gamba: 123-1273-1293-133-1342-(135)-136-1372-138-139-1472 — Id. del piede: 206-221-
224-225-227-229-2313-232-2352-238-240-243-248-252 — Id. del 1° dito: 322-35-362-37-
386-39-40-412-42-46 — Id. del 2" dito: 59-62-632-64-65-66-672-68-69-71-722-(72,50)-76-
77-86 — Id. del 3° dito: 95-982-99-101-102-106-107-(lO8,5O)-110-lll2-1132-1152-122 —
Id. del 4° dito : 138-1432-144-148-149-150-1512-152-1532-155-158-159-164-172 — Id. del
5° dito: 87-90-933-94-952-962-97-98-99-(99,5O)-100-103-104-112 — Id. del tubercolo
metatarsale interno: I52-I64-I73-I92-2O-2I3-22 — Id. dell'esterno: 84-103-ll4-(12)-132-
I42-I62 — Distanza dall'apice del I** dito a metà del margine libero della mem-
brana interdigitale: 25-262-27-28-30-31-324-34-363-392 — Id. dall'apice del 2° dito:
34-37-38-4l3-423-43-443-45-(45,50)-472-56 — Id. dall'apice del 3° dito: 53-56-582-59-
63-(64,5O)-663-673-70-71-72-74-76 — Id. dall'apice del 4° dito: 10-11-132-14-154-166-
17- 222 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 49-51-532-552-56-572-582-59-602-61-62-69.
232
LORENZO CAMERANO
50
Maschi in amore di Tiflis.
Lunghezza del capo: 107-108-109-110-(116,5O)-124-126 — Larghezza del capo
agli angoli dei mascellari: 123-r24-127-128-(130,50)-184-138 — Id. a metà degli
occhi: 97-99-100-101-(lO2,3Oj-105-108 — Id. alle narici: 21-24-23-(25.5O)-26-27-30
— Altezza del capo alla regione timpanica: 43-442-46-47-(48,50)-54 — Id. alle narici:
25-26-272-(27,5O)-302 — Lunghezza obliqua del capo: 105-113-2-114-(114,5O)-120-124
— Diam. interorbitale : 26-272-28-302 — Dist. dall'apice del muso alle narici: 5-9-11-13-
(14)-18-23— Id. dalle narici all'occhio: 23-24-25-(26,5O)-27-302 — Id. dall'occhio al
timpano: 2-33-4-6 — Diam. mass, trasvers. dell'occhio: 39-40-412-42-43 — Id. minimo
del timpano: 11-12-13-14-(14,50)-15-18 — Id. massimo : 11-14-(14,50)-15-18 — Lun-
ghezza delle parotidi: 75-78-81-(88,5O)-89-94-102 — Largh. id.: 36-40-41-(42,5O)-482-49
— Lungh. del braccio: 118-126-132-(133)-134-137-U8 — Id. dell'avambraccio : 88-90-
942-97-(98,5O)-109 — Id. della mano: 83-892-90-(94)-97-105 — Id. del 1° dito: 33-
36-(40)-42-43-44-47 — Id. del 2° dito: 27-30-31-32-33-35 — Id. del 3° dito: 35-36-39-
41- (41,50)-43-48 — Id. del 4° dito: 23-24-(27,5O)-303-32 — Diam. del tuberc. palmare
mediano: 21-22-242-25-27 — Id. dell'interno: 12-15-16-(16,5O)-18-20-21 — Lunghezza
della coscia: 132-138-(141)-142-149-1502 — Id. della gamba: 123-126-129-130-(132)-
136-141 — Id. del piede: 2072-220-222-(224,5O)-228-242 — Id. del 1° dito del piede:
27-30-32-(33)-35-36-39 — Id. del 2° dito del piede: 592-60-61-(61,5O)-642 — Id. del
3" dito del piede: 94-99-100-(lOO,5O)-101-102-107— Id. del 4° dito: 140-142-143-144-
146-(150,50)-161 — Id. del 5° dito: 89-94-962-(96,5O)-97-102 — Id.del tubercolo meta-
tarsale interno: 18-213-23-24 — Id. dell'esterno: 4-52-(ll)-12-15-18 — Distanza dal-
l'apice del 1° dito a metà del mai'gine libero della membrana interdigitale: 26-27-32-
{33,50)-35-36-41 — Id. dall'apice del 2° dito: 442-46-47-482 — Id. dall'apice del
3° dito: 55-592-60-(62,5O)-66-70 — Id. dall'apice del 4° dito: 7-132-15-(15,50)-21-24
— Lunghezza della ripiegatura tarsea: 47-(53,5O)-542-55-57-60.
\ Maschi in amore di Eoma.
Lunghezza del capo: 106-108-(llO,5O)-lll-112-115 — Larghezza del capo agli an-
goli dei mascellari: 124-1263-(127)-130 — Id. a metà degli occhi: 94-96-97-(97,50)-
99-101 — Id. alle narici: 242-25-26-28 — Altezza del capo alla regione timpanica:
42- (46,5O)-47-48-50-51 — Id. alle narici: 23-242-252 — Lunghezza obliqua del capo:
1122-115-(116)-1202 — Diametro interorbitale: 282-29-30-(3O,5O)-33 — Distanza dal-
l'apice del muso alle narici: 9-(10,50)-l I-I23 — Id. dalle narici all'occhio: 27-282-(28,50)-
29-30 — Id. dall'occhio al timpano: O3-32 — Diam. mass, trasvers. dell'occhio: 40-412-
(41,50)-42-43 — Id. min. del timpano: 123-(15)-17-18 — Id. massimo: 122-14-(15)-17-18
— Lungh. delle parotidi: 65-72-(73)-76-80-81 — Largh. id.: 34-36-37-(37,50)-38-41 —
Lungh. del braccio : 118-126-(128)-133-137-138 — Id. dell'avambraccio: 89-90-93-95-
(96)-103 — Id. della mano: 89-93-95-96-97 — Id. del 1° dito: 36-37-38-(38,5O)-40-41
— Id. del 2° dito: 30-32-(32,5O)-342-35 — Id. del 3° dito: 43-442-(45,50)-46-48 —
Id. del 4° dito: 28-29-302-32 — Diametro massimo del • tubercolo palmare mediano:
21-22-23-25-(25,5O)-30 — Id. interno: r2-(15,50)-182-192 — Lunghezza della coscia:
136-138-1432-(144)-152 — Id. della gamba: 124-(131,50)-132-137-138-139 — Id. del
piede: 234-240-242-(249.5O)-258-265 — Id. del P dito: 40-43-44-47-48 — Id. del
51
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUF., ECC.
233
2° dito: 68-70-71-72-71 — Id. del 3« dito: 100-102-10f)-(lO7)-10!)-114 — Id. del
4° dito: 149-lo3-156-(157,50)-158-166— Id. del 5«dito: 99-10G-(lO6,5O)-108-109-I14
— Id. del tubercolo metatarsale interno: 182-192-20 — Id. dell'esterno: 6-92-11-12 —
Distanza dall'apice del 1" dito a metà del margine libero della membrana interdi-
gitale: 34-35-36-37-38 — Id. dall'apice del 2° dito; 42-46-(46,5O)-47-o0-51 — Id. dal-
l'apice del 3° dito: 60-65-68-69-70 — Id. dall'apice del 4" dito: 11-123-(14,50)-18 —
Lunghezza della ripiegatura tarsea: 52-54-56-57-(58.50)-65.
Maschi in amore
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Id. id. id. id. interno .
11
21
17
15
18
19
Lunghezza della coscia
142
150
144
129
129
152
132
130
129
124
139
246
240
222
206
204
240
Id. del 1" dito
38
36
39
36
40
38
Id. del 2° dito
76
66
61
62
62
76
Id. del 3° dito
115
102
100
93
93
107
Id. del 4° dito
164
150
144
139
133
152
Id. del 5" dito
115
102
100
87
89
107
Lungh. del tubercolo metatarsale interno
16
27
22
18
18
19
Id. id. id. esterno
5
18
8
15
9
6
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigitale
33
30
28
31
31
44
Id. id. id. 2° dito
49
48
44
41
44
51
Id. id. id. 3° dito
71
66
66
57
62
70
Td. id. id. 4° dito
16
12
19
15
22
19
Lunghezza della ripiegatura tarsea . . .
66
54
55
1
51
53
63
234
LORENZO CAMERANO
52
Femmine in amore
Lunghezza del capo
Largh. del capo agli angoli dei mascellari .
Id. a metà degli occhi
Id. alle narici
Alt. del capo a metà della regione timpanica
Id. alle narici
Lungh. obi. del capo dall'angolo masc. al muso
Diametro interorbitale
Distanza dall'apice del muso alle narici . .
Id. dalle narici all'occhio
Id. dall'occhio al timpano
Diametro massimo trasversale dell'occhio .
Id. minimo del timpano
Id. massimo del timpano
Lunghezza massima delle parotidi ....
Larghezza id. id. ....
Lunghezza del braccio
Id. dell'avambraccio
Id. della mano
Id. del 1° dito della mano
Id. 2° dito id
Id. 3« dito id
Id. 4'' dito id
Diam. mass, del tubercolo palmare mediano
Id. id. id. interno
Lunghezza della coscia
Id. della gamba
Id. del piede
Id. del 1° dito del piede
Id. 2" dito id
Id. B" dito id
Id. 4'^ dito id
Id. 5° dito id
Lunghezza del tubercolo metatarsale interno
Id. id. id. esterno
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del margine
libero della membrana interdigitale .
Id. id. del 2° dito
Id. id. del 3° dito
Id. id. del 4° dito
Lunghezza della ripiegatura tarsea
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123-127
115-118-119
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200-218
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85-91
87-90-95
19
18-20
15-16-19
14
6-10
4-52
84
30-33
26-28-33
43
35-2
33-41-45
58
61-65
52-61-62
24
13-15
9-15-16
56
50-51
51-52-53
Femmine in amore del Lago Trasimeno.
Lunghezza del capo: 98-99-102-103-107-1102-116 — Larghezza del capo all'an-
golo del mascellare: IIO-II3-II6-II8-I2O3-I22 — Id. a metà degli occhi: 86-88-892-
(90.50)-93-942-95 — Id. alle narici : 21-23-(23,50)-24-25-264 — Altezza del capo alla
regione timpanica: 422-43-44-46-(46,50)-47-48-51 — Id. alle narici: 2l2-232-(24,50)-
262-27-28 — Lunghezza obliqua del capo: 94-98-99-102-105-(lO7)-110-lll-120 —
53
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUF., ECC.
235
Diametro interorbitale: 214-22-23-26-31 — Distanza dall'apice del muso alle narici:
32-52-(7)-82-10-ll — Id. dalle narici all'occhio: 21.i-22-23-(23,50)-25-26 — Id. dall'occhio
al timpano: 2-33-(4)-53-6 — Diam. mass, trasv. dell'occhio: 372-38-(39-50)-41-424 —
Id.min. del timpano: 10-133-(14)-I()3-182 — Id. mass.: 10-132-(14)-lG3-18jj — Lunghezza
delle parotidi: 68-69-70-722(72,5O)-732-74-77 — Larghezza id.: 31-32-34-35-36-(36,50)-
37-39-42 — Lunghezza del braccio: 104-107-lll2-(112)-113-115-116-120 — Id. del-
l'avambraccio: 79-81-82-843-(84,5O)-89-90 — Id. della mano; 74-78-(79,50)-81-82-83-
842-85 — Id. del 1° dito: 37-39-40-41-423-43 — Id. del 2" dito: — '^1 -{3^,50)-
36- 38 — Id. del 3° dito: 372-40-41-423-43 — Id. del 4° dito: 23-(25,50)-265-27-28 —
Diam. mass, tubercolo palmare mediano: 18-192-(20,50)-2l3-22-23 — Id. dell'interno:
5-9-10-(lO,5O)-ll3-162— Lungh. della coscia: 113-11()-120-(121)-124-1252-127-129 —
Id. della gamba: 1132-115-lirv(116,5O)-119-1202 — Id. del piede: 1933-194-195-199-
(2O2,5O)-209-212 — Id. del P dito: 37.r38-39-40-41 — Id. del 2° dito: 522-53-55-
(57,50)-59-61-62-63 — Id. del 3° dito : 78-85-(86)-88-89-91-93-942 — Id. del 4° dito:
120-124-125-1292-(129,5O)-133-138-139 — Id. del 5° dito: 78-81-832-(83,50)-84-85-
87-89 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 163-17-18-(19,50)-21o-23 — Id. del-
l'esterno: 6-82-IO2-II2-I4 — Distanza dall'apice del 1" dito a metà del margine libero
della membrana interdigitale: 28-29-302-(3O,5O)-3l2-32-33 — Id. dall'apice del 2° dito:
37- 39-41-42-43-(43,5O)-47-48-50 — Id. dall'apice del 3° dito : 51-55-572-59-61-632 —
Id. dall'apice del 4° dito: 13-14-15-163-17-21 — Lunghezza della ripiegatura tarsea:
42-44-46-(46,5O)-472-48-50-51.
Femmine in amore di Catania.
Lunghezza del capo: 105-107-(111)-116-117 — Larghezza del capo all'angolo del
mascellare: 117-(120,50)-1222-124 — Id.a metà degli occhi: 86-87-(93)-97-lU0 — Id. del
capo alle narici: 222-(22,50)-232 — Altezza del capo a metà della regione timpanica:
39-41-(42,50)-44-46 — Id. alle narici: 22-24-(26)-27-30 — Lungh. obliqua del capo:
112-116-(122,50)-124-133 — Diam. interorbitale: 21-24-(24,50)-25-28 — Distanza dal-
l'apice del muso alle narici: 0-2-32 — W- dalle narici all'occhio: 21-24-(24,50)-25-28 — Id.
dall'occhio al timpano: 0-2-5-6 — Diam. mass, trasv. dell'occhio: 37-38-392 — Id. min.
del timpano: 12-13-(14,50)-15-17 — Id. massimo: 12-13-(14,50)-172 — Lungh. delle
parotidi: 75-78-(79)-81-83 — Larghezza id. : 39-4l2-(44)-49 — Lunghezza del braccio:
104-106-(llO,5O)-116-117 — Id. dell'avambraccio: 76-(79,50)-833 — Id. della mano:
81-(82)-833 — Id. del P dito della mano: 39-4l2-(41,50)-44 — Id. del 2° dito: 33-
34-37-41 — Id. del 3° dito: 37-(41,50)-42-45-46 — Id. del 4° dito: 25-27-29-33 —
Diametro massimo del tubercolo palmare mediano: 19-20-(2O,5O)-21-22 — Id. del-
l'interno: 8-ll-(13,50)-15-19i — Lungh. della coscia: 124-(130.50)-1 31-133-137 —
Id. della gamba: 112-116-(117)-122-131 — Id. del piede: 203-205-209-(21O.5O)-218 —
Id. del 1° dito del piede: 28-(31)-332-34 — Id. del 2° dito: 54-55-58-61 — Id. del
3° dito: 87-91-(92)-94-97 — Id. del 4° dito: 132-(135,50)-136-137-139 — Id. del
5° dito: 81-83-(84)-872 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 15-(16)-173 — Id. del-
l'esterno: 6-IO2-I4 — Distanza dall'apice del P dito a metà del margine libero della
membrana interdigitale: 28-29-30-(31)-34 — Id. dall'apice del 2" dito: 39-4l2-(41.50)-44
— Id. dall'apice del 3° dito: 55-61-(61,50)-63-68 — Id. dall'apice del 4° dito: 15-172-
(18,50)-22 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 462-50-(52)-58.
236
LORENZO CAMERANO
54
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Ijuno"hezza del capo
TjaTì^h del natio ao'li an s'oli dei mascellari
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101
111
111
100
113
113
125
132
132
135
128
Td a metà de^li occhi
97
96
101
101
100
94
Td allo narici
24
24
26
26
25
27
Alt. del capo a metà della regione timpanica
43
48
53
53
45
49
Td alle narici
21
24
26
26
25
30
Lungh. obi. del capo dall'angolo masc. al muso
113
106
116
116
115
108
Diametro interorbitale
24
29
26
26
25
25
Distanza dall'apice del muso alle narici
5
7
3
3
3
Td dalle na,rici all'occhio
24
29
26
32
25
30
Td dall'occhio a,l timnano
3
3
3
2
Diametro massimo tr.isvei'S;i]e dell'occhio
38
38
42
42
40
44
Td minimo del timnano
13
18
16
16
18
20
Td massimo del timnano
13
18
19
16
18
20
T;nno"he7.za ma,ssima delle naj'otidi
75
91
90
79
75
74
Tjarchezza. id id
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32
48
37
42
40
44
TiUncrbezza del braccio
124
120
132
138
110
118
Td dell'avambraccio
81
86
90
90
85
89
T H H pi 1 a in a n n
81
86
101
90
85
89
HpI 1 Hito rifilici mano
38
38
48
42
50
39
Id. 2» dito id.
27
31
42
37
40
35
Id 3° dito id
43
43
48
48
45
44
Td 4° dito id
27
29
37
32
30
32
16
24
21
21
25
20
Td 1 d id in fprn cì
8
19
16
11
10
10
Tinno*ViP77a dpllfi, pocip.iìì.
124
134
143
143
135
143
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Td dpl Difìdp
118
120
132
122
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133
209
203
243
222
215
222
Td del 1" dito del niede
38
34
37
48
45
44
Id. 2° dito id.
54
58
69
69
70
64
Td B° dito id
97
86
101
106
105
104
Td 4" dito id
134
134
159
148
140
148
Td 5° dito id
91
86
101
101
95
94
Tinno*liP77a dpl f,i]V)fìrp,olo iìipta,ta,T^a,lp, intiprno
1 1 lAXAin J_l v_y /j Zj CA- \A V/X* UlAk/VyX l.\J XlXv^U Cv UC4iX O CAJ 1 XXX u\^X X_L v/
16
19
21
21
20
20
Id. id. id. esterno
5
14
11
11
13
15
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del margine
libero della membrana interdigitale . .
27
29
21
32
30
35
Id. id. del 2° dito
43
43
48
53
40
39
Id. id. del 3° dito
59
67
69
79
55
64
Id. id. del 4° dito
16
19
26
21
15
20
Lunghezza della ripiegatura tarsale . .
45
58
58
53
50
59
Femmine in amore di Campobasso.
Lunghezza del capo: 97-98-99-101-(lO2,5O)-1082 — Larghezza del capo all'angolo
del mascellare: 116-117-1182-122-(123,50)-131 — Id. a metà degli occhi: 83-(88,50)-
893-90-94 — Id. alle narici: 20-21-(21,5O)-234 — Altezza del capo alla regione timpa-
nica: 39-(43)-45-46-473 — Id. alle narici: 21-23-(24,50)-252-282 — Lungh. obliqua
del capo: 98-104-(lO5,5O)-106-1082-113 — Diametro interorbitale: 25-263-(26,50)-282
55
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUf., ECC.
237
— Dist. dall'apice del muso alle narici: 52-72-8-9 — Id. dalle narici all'occhio: 22-(22,50)-
285 — Id. dall'occhio al timpano: 0-2^-5 — Diam. mass, trasv. dell'occhio: 35-373-39., —
Id. min. del timpano: 122-143-16 — Id. massimo: I29-I43-I62 — Lungh. delle paro-
tidi: 70-73-75-(77)-80-83-84 — Id. larghezza: 33-35-37-(37,50)-38-39-42 — Id. del
braccio: 113-116-1172-(117,50)-118-122 — Id. dell'avambraccio: 80-83-843-(87)-94 —
Id. della mano: 802-83-84-(84,5O)-89 — Id. del 1° dito: 39-422-(43)-45-46-47 — Id. del
2" dito: 28-(32,50)-333-34-37 — Id. del 3° dito: 39-42^45 — Id. del 4° dito: 285-
(29)-30 — Diam. mass, tubercolo palmare mediano: I8-I93-2O2 — Id. dell'interno: 92-10-
(11,50)-122-14 — Id. della coscia: 122-126-1282-(132,50)-143 — Id. della gamba:
112-1172-118-(118,50)-123-125 — Id. del piede: 203-2062-(21O)-21 1-213-217 — Id. del
1° dito: 28-32-33-(33,50)-35-37-39 — Id. del 2° dito: 55-562-(59,50)-6l2-64 — Id. del
3° dito: 89-90-92-942-(96,5O)-104 — Id. del 4° dito: 1292-1363-(138,50)-148 — Id. del
5° dito: 83-842-(88,50)-892-94 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 142-17-18-19-
(19,50)-25 — Id. dell'esterno: ;il-122-(13)-142-15 — Distanza dall'apice del 1° dito
alla metà del margine libero della membrana interdigitale: 28-(31,50)-32-332-34-35 —
— Id. dall'apice del 2° dito: 372-(41)-422-44-45 — Id. dall'apice del 3° dito: 562-59-
61-65-66 — Id. dall'apice del 4» dito: 9-142-(14,5O)-15-18-20 — Lunghezza della
ripiegatura tarsea: 45-472-(50,50)-51-54-56.
Individui giovani di Taranto, in cui la lunghezza base varia da 38 a 43 millimetri.
Lunghezza del capo: 1142-117-118-(118.50)-123 — Larghezza del capo agli an-
goli dei mascellari: 1232-126-(128,50)-133-134 — Id. a metà degli occhi: 95-(102)-
104-105-108-109 — Id. alle narici: 25-26-(26,50)-27-282 — Altezza del capo a metà
della regione timpanica: 45-47-(49)-50-52-54 — Id. alle narici: 25-26-27-282 — Lun-
ghezza obliqua del capo dall'angolo mascellare al muso: 114-(120)-1233-126 — Dia-
metro interorbitale: 26-27-28-(29.50)-332 — Distanza dall'apice del muso alle narici:
13-14-(16)-17-18-19 —Id. dalle narici all'occhio: 24-25-26-27-28 — Id. dall'occhio al
timpano: O4-2 — Diametro trasversale dell'occhio: 44-45-472-50 — Id. minimo del
timpano: 5-93-13 — Id. massimo: 5-93-13 — Lungh. massima delle parotidi : 70-77-
(77,50)-84-852 — Largh. id.: 28-33-35-(36)-38-45 — Lungh. del braccio: II43-II8-
(124)-134 — Id. dell'avambraccio: 79-852-(85,5O)-90-92 — Id. della mano: 79-81-
(82)-852 — Id. del 1° dito: 28-36-38-42-44 — Id. del 2° dito: 24-26-(31)-32-33-38 —
Id. del 3° dito: 38-42-(42,50)-44-45-47 — Id. del 4° dito: 25-26-(26,50)-27-282 —
Diametro mass, del tubercolo palmare mediano: 17-182-192 — Id. dell'interno: 8-(8,50)-9i
— Lungh. della coscia: 1232-126-(128,50)-133-134 — Id. della gamba: 1422-118-120-
123-126 — Id. del piede: 189-198-199-(2OO)-209-211 — Id. del P dito: 282-35-41-42
— Id. del 2° dito: 53-(56,5O)-572-59-60 — Id. del 3° dito: 85-88-90-92-95 — Id. del
4° dito: 123-132-(132.50)-133-135-142 — Id. del 5-^ dito: 852-88-(88,5O)-90-92 —
— Id. del tubercolo metatarsale interno: 14-17-182-20 — Id. dell'esterno: 5-(7)-8-9q
— Distanza dall'apice del P dito a metà del margine libero della membrana inter-
digitale: 26-282-29-(31)-36 — Id. dall'apice del 2° dito: 44-45-47^-50 — Id. dall'apice
del 3° dito: 61-66-(66,50)-67-72 — Id. dall'apice del 4° dito: 182-192-(19.50)-21 —
Lungh. della ripiegatura tarsea: 38-(42.5O)-45-50-53-57.
238
LORENZO CAMERANO
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Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigit.
34
41-43
32
22
31
32
Id. id. id. 2» dito
43
43-54
43
43
37
51
Id. id. id. 3° dito
69
58-68
65
58
56
69
Id. id. id. 4° dito
26
14-20
14
14
19
23
Lunghezza della ripiegatura tarsea . .
51
54-58
50
58
50
55
57
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC.
239
Individui giovani di Catania in cui la lunghezza base varia da 30 a 50 millimetri.
Lunghezza del capo: 114-115-117-1202-(122,5O)-123-12-l.-125-120-131 — Lar-
ghezza del capo agli angoli dei mascellari: lll-1203-1232-124,,-(126,5O)-131-133-142
— Id. a metà degli occhi: 92-94-982-100-101-(lO3)-104-110-l 1 1-J 13-114 — Id. alle na-
rici: 234-24-25-27-283-(28,50)-34 — Altezza del capo alla regione timpanica: 452-462-
473-49-(50)-5l2-55 — Id. alle narici: 23-28;j-(28,5O)-30-31 ,-33-343 — Lnngh. obliqua
del capo: 113-115-117-120-123-124-125-1292-131-133 — Diametro interorbitalo : 23-27-
282-30-31-33-34-37-41-43 — Distanza dall'apice del muso alle narici: 3-4i-5-62-8-92
— Id. dalle narici all'occhio: 232-283-(28,5O)-30-31-332-342 — Id. dall'occhio al tim-
pano: (timp. invis. 2)-0i-32-3-ll2 — Diametro mass, trasversale dell'occhio: 37-38,-
392-41-42-433-47 — Id. min. del timpano: (timp. inv. 2)-92-ll3-12-(12,50)-14-15-16
— ' Id. massimo: (timp. inv. 2)-92-ll3-12-(12,50)-14-15-16 — Lunghezza mass, delle
parotidi: 70-75-762-78-79-843-862 — Larghezza id.: 283-80-38-34-(36,5O)-393-43-45 —
Lungh. del braccio: 101-110-113-1152-117-1202-1232-133 — Id. dell'avambraccio: 65-
74-77-78-79-(8O)-83-84-85-86-90-95 — Id. della mano: 77-78-83-(87,5O)-90,-922-94-
952-98 — Id. del 1° dito: 33-34-37-38-393-(40)-433-47.— Id. del 2° dito: 28-33-(33.50)-
344-37-38-393 — Id. del 3° dito: 43-452-462-472-49-513 — Id. del 4« dito: 23-24-282-
30-3l3-(32)-342-41 — Diametro mass, del tubercolo palmare mediano: 11-14-152-16-
172-19-202-23 — Id. dell'interno: 4-6-8-93-(10)-ll3-162 — Lungh. della coscia: 98-
113-120-(122,5O)-127-129-135-14l2-142-146-147 — Id. della gamba: 90-113-(116)-
1202-125-127-128-131-135-141-142 — Id. del piede: 173-180-203-204-206-211-212-213-
222-225-235 — Id. del 1° dito: 33-342-35-38-39-(41)-432-45-46-47 — Id. del 2° dito:
56-572-602-61-(62,5O)-632-65-68-69 — Id. del 3" dito: 900-92-94-95-96-98-102-103-104-
106 — Id. del 4° dito : 128-131-133-1353-137-142-(142,50)-148-153-157 — Id. del 5" dito:
79-82-832-85-86-92-(94,5O)-952-100-110 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 15-
16-17-18-192-235 — Id. dell'esterno : 43-5-(8)-93-ll3-12 — Distanza dall'apice del 1° dito
a metà del margine libero della membrana interdigitale: 21-26-(27,5O)-282-30-3l3-
33-342 — Id. dall'apice del 2" dito: 38-42-43-452-46-473-49-59 — Id. dall'apice del
3° dito: 60-65-66-682-69-(69,5O)-702-74-77-79 — Id. dall'apice del 4° dito: 152-18-19-
(20,50)-236-25-26 — Lunghezza della ripiegatura tarsea: 33-38-(44,50)-46-47-5l2-
53-54-552-56.
Individui giovani di Ancona, in cui la lunghezza base varia da 58 a 59 millimetri.
Lunghezza del capo: 105-110-111-(114)-115-120-122 — Larghezza del capo agli
angoli dei mascellari: 118-120-122-(127)-129-131-136 — Id. a metà degli occhi: 93-
98-100-(lOl)-102-104-109 — Id. del capo alle narici: 23-25-274 — Altezza del capo
a metà della regione timpanica: 46-47-482-49-50 — Id. alle narici : 23-24-25-274 —
Lungh. obliqua del capo: 110-111-114-115-118-(119.50)-129 — Diam. interorbitale :
24-25-(25,50)-26-273 — Distanza dall'apice del muso alle narici: 9-102-(11.5O)-17-
19-20 — Id. dalle narici all'occhio: 24-25-(25.50)-26-273 — Id. dall'occhio al tim-
pano: 0-32-6-72 — Diametro mass, trasversale dell'occhio: 43-452-45-(46.5O)-47-50 —
Id. minimo del timpano: 122-13,-142 — Id. massimo: 122-13»-14, — Lungh. delle
parotidi: 67-72-752-(76)-81-85 — Larghezza id.: 33-37-(38)-39-41g-43 — Lunghezza
240
LORENZO CAMERANO
58
del braccio: 122-127-129-130-131-(132,5O)-143 — Id. dell'avambraccio: 85-88-92-93-
(93,5O)-94-102 — Id. della mano: 79-(87)-88-92-93-94-95 - Id. del 1° dito della
mano: 34-39-(41)-432-44-48 — Id. del 2" dito: 31-33-342-372 — Id. del 3° dito: 39-
43-(43,50)-46-47-48 — Id. del 4° dito: 27-(30,50)-3l2-332-34 — Diametro massimo
del tubercolo palmare mediano: 19-203-21 — Id. dell'interno : 6-92-10-(ll,5O)-16-17
— Lunghezza della coscia: 128-129-130-131-134-(135,5O)-143 — Id. della gamba:
1222-130-131-(132,5O)-134-143 — Id. del piede: 207-217-(222,5O)-230-234-236-238
— Id. del V dito del piede: 31-(37,50)-39-4l2-43-44 — Id. del 2° dito: 6l2-62-(64,50)-
66-67-68 — Id. del 3" dito: 92-95-(98,5O)-99-100-102-105 — Id. del 4° dito: 128-136-
(141)-143-149-151-154 — Id. del 5° dito: 85-92-93-(93,5O)-95-98-102 — Id. del tu-
bercolo metatarsale interno: 27-(32)-33-342-372 — Id. dell'esterno: I8-I9-2O4 — Di-
stanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale:
27-(32)-33-342-372 — Id. dall'apice del 2° dito: 40-41-43-(45)-46-48-50 — Id. dall'apice
del 3° dito: 6l2-(64,50)-66-67-682 — Id. dall'apice del 4° dito: 12-132-(16)-17-18-20
— Lunghezza della ripiegatura tarsea: 43-(48,5O)-50-52-53-542.
JBu/o m auvitanicus.
Indivìdui giovani di Mogador (Marocco), in cui la lunghezza base varia da 69 a 82 mill.
Lunghezza del capo: 102-105-(lO6)-108-1104 — Larghezza del capo agli angoli
dei mascellari: 125-129-130-131-132-135. — Id. a metà degli occhi: 97-992-(lOl)-1022-
1042-105 — Id. alle narici: 235-24-25-(25,50)-28 — Alt. del capo alla regione tim-
panica: 542-552-(55,50)-574 — Id. alle narici: 272-28-(29,5O)-30-3l3-32 — Lunghezza
obliqua del capo: 1042-1102-(lll,5O)-115-1162-119 — Diametro interorbitale : 363-374-
(38)-402 — Distanza dall'apice del muso alle narici: 2-53-(5,50)-7-82-9 — Id. dalle
narici all'occhio: 25-28-3O3-3I3 — Id. dall'occhio al timpano: 52-(7,5O)-93-103 — Diam.
massimo trasversale dell'occhio: 37-4l2-(41,50)-423-45-46 — Id. minimo del timpano :
I2-I3-I42-I5-I63 — Id. massimo: 14-163-(17,50)-182-2l2 — Lunghezza del braccio:
1262-1292-130-(131)-132-1362 — Id. dell'avambraccio: 782-(87,5O)-88-90-92-952-97 —
Id. della mano: 88-90-(91,5O)-922-942-952 — Id. del 1° dito: 44-452-46-472-(47,50)-
48-51 — Id. del 2'' dito: 32-(34,50)-362-374 — Id. del 3° dito: 42-44-452-46-(47,50)-
50-522 — W. del 4° dito: 25-263-(26,50)-272-28 — Diametro massimo del tubercolo
palmare mediano: 232-25-(25,50)-262-272-28 — Id. dell'interno: 15-162-(16,50)-185 —
Lunghezza della coscia: 141-1452-149-(15O,5O)-151-1522-160 — Id. della gamba: 141-
143-144-1452-148-151-155 — Id. del piede: 213-217-2243-(22 6,5O)-2302-240 — Id. del
1" dito: 352-362-372-(38,50)-422 — Id. del 2° dito: 53-(60,50)-632-653-682 — Id. del
3" dito: 92-(97)-994-100-1022 — Id. del 4° dito: 132-139-1412-143-145-1492 — Id. del
5° dito: 88-903-(91)-922-942 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 183-20-(2O,5O)-
2I3-23 — Id. dell'esterno: 102-(12,5O)-13-144-15 — Distanza dall'apice del 1° dito
alla metà del margine libero della membrana interdigitale: 26-(31,50)-323-353-37 —
Id. dall'apice del 2'^ dito: 46-472-48-(50,50)-51-542-55 — Id. dall'apice del 3° dito: 60-
65-(67,5O)-682-70-722-75 — Id. dall'apice del 4° dito: 18-2l2-(21,50)-22-233-25 —
Lungh. della ripiegatura tarsea: 402-(5O)-5l2-522-54-60.
59
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC.
241
Maschi in amore di Tangeri.
Lunghezza del capo: 88-90-93-9G-(96,5O)-104-105 — Larghezza del capo agli an-
goli dei mascellari: 108-112-117-124-(125)-1 20-142 — Id. a metà degli occhi: 75-80-
84-(86)-882-97 — Id. alle narici: 19-2U-2l3-(22)-25 — Altezza del capo alla regione
timpanica: 43-452-47-(48)-532 — Id. alle narici: 22-23-242-(24.50)-25-27 — Lungh.
obliqua del capo dall'angolo mascellare al muso: 87-91-96-l(ll-(106,50)- 109-120 —
Diametro interorbitale: 24-(29,5O)-30-323-35 — Dist. dall'apice del muso alle narici:
8-9-10-12-(14,5O)-10-21 — Id. dalle narici all'occhio : 17-18-21-222-25 — Id. dall'occhio
al timpano: 62-7-(7,50)-82-9 — Diametro mass, trasversale dell'occhio: 332-353-(39)-45
— Id. minimo del timpano : 13-143-(14,50)-15-16 — Id. massimo: 14-(15,50)-162-175
— Lungh. mass, delle parotidi: 72-752-78-(78,50)-82-85 — Larghezza id.: 27-35-{38)-
39-42-47-49 — Lungh. del braccio: 99-104-(lO9,5O)-lie-l 172-120 — Id. dell'avam-
braccio: 72-80-81-(82)-85,-92 — Id. della mano: 753-79-81-(83,50)-92 — Id. del 1" dito:
34-36-37-(37,50)-392-41 — Id. del 2» dito: 21-25-(26,50)-272-28-32 — Id. del 3° dito:
32-3e2-(37)-4l2-42 — Id. del 4° dito: 2l2-24-(24,50)-25-2e-28 — Diam. massimo del
tubercolo palmare mediano: 18-(23)-242-25-20-28 — Id. dell'interno: 14-15-17-(17,50)-
18-19-21 — Lungh. della coscia: 120-128-(141)-142-143-147-162 — Id. della gamba:
120-123-129-130-(136)-139-152 — Id. del piede: 189-190-192-211-(214.5O)-215-240
— Id. del 1° dito: 30-32-36-(37)-4l2-42 — Id. del 2° dito: 39-(55)-59-60-61-63-71 —
Id. del 3° dito: 83-84-85-87-88-93 — Id. del 4° dito: 117-123-(126,5O)-127-130-132-136
— Id. del 5° dito: 80-81-852-87-(87,5O)-95 — Id. del tubercolo metatarsale interno:
15-18-192-(19,50)-21-24 — Id. dell'esterno : 9-(10,50)-ll3-122 — Distanza dall'apice
del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 24-28-30-323 —
Id. dall'apice del 2° dito: 37-392-42-(43)-44-49 — Id. dall'apice del 3° dito: 53-54-
(61,5O)-G3-e4-69-70 — Id. dall'apice del 4« dito: 18-2l3-(21,50)-24-25 — Lunghezza
della ripiegatura tarsea: 45-49-{49,50)-5l2-53-54.
Maschi in amore di Rabat.
Lunghezza del capo: 79-(85)-87-9l2 — Largh. del capo agli angoli dei mascel-
lari: 103-100-(112)-114-121 — Id. a metà degli occhi: 802-82-(83,5O)-87 — Id. alle
narici: 19-21-(21,50)-23-24 — Altezza del capo a metà della regione timpanica: 42-
(44,50)-452-47 — Id. alle narici: 242-(25,50)-26-27 — Lunghezza obliqua del capo
dall'angolo mascell. al muso: 87-89-90-(93)-99 —Diam. interorbitale: 29-30-31-(31,5O)-;34
— Distanza dall'apice del muso alle narici: 0-7-(9,5O)-10-13 — Id. dalle narici all'occliio:
29-30-31-(31,5O)-34 — Id. dall'occhio al timpano: 103-(lO,5O)-ll — Diametro mas-
simo trasv. dell'occhio: 32-(33)-343 — Id. minimo del timpano: 13-14-150 — Id. mas-
simo: 17-18-(18,5O)-19-20 — Lungh. mass, delle parotidi: 09-71-72-(73)-77 — Lar-
ghezza id.: 342-35-(39)-44 — Lunghezza del braccio: 110-1 14-(117)-1 22-124 — Id. del-
l'avambraccio: 79-83-84-87 — Id. della mano: 79-80-83-(85)-91 — Id. del 1" dito:
39-41-(41, 50)42-44 — Id. del 2'^ dito: 30-31-32-(33,5O)-37 — Id. del 3« dito: 390-
(39,5O)-402 — Id. del 4° dito: 23-24-(25)-2G-27 — Diametro massimo del tubercolo
palmare mediano: 21-(22.50)-232-24 — Id. dell'interno: 14-15-(15.50)-1 0-1 7 — Lun-
ghezza della coscia: 128-1:54-(139,50)-144-151 — Id. della gamba: 123-128-(133,50)-
136-144 — Id. del piede: 196-212-(215,5O)-220-235 — Id. del l'» dito: 34-35-36-37-38
Serik IT. Tom. LIV.
242
LORENZO CAMERANO
60
— Id. del 2° dito: 58-(62,50)-64-672 — Id. del 3° dito: 86-91-(95)-96-104 — Id. del
4«dito: 123-133-135-(135,50)-148 — Id. del 5° dito: 80,-87-(88,5O)-97 — Id. del tu-
bercolo metatarsale interno: 14-16-19-24 — Id. dell'esterno: 9-10-11-13 — Distanza
dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale: 31-32-
34-37 — Id. dall'apice del 2° dito: 42-452-(46)-50 — Id. dall'apice del 3° dito: 64.2-
65-(69)-74 — Id. dall'apice del 4° dito: 17-19-(20,50)-22-24 — Lungh. della ripie-
gatura tarsea: 453-(47,5O)-50.
Maschi in amore
Lunghezza del capo
Largh. del capo agli angoli dei mascellari .
Id. a metà degli occhi
Id. alle narici
Alt. del capo a metà deHa regione timpanica
Id. alle narici
Lungh. obi. del capo dall'angolo masc. al muso
Diametro interorbitale
Distanza dall'apice del muso alle narici .
Id. dalle narici all'occhio
Id. dall'occhio al timpano
Diametro massimo trasversale dell'occhio .
Id. minimo del timpano
Id. massimo del timpano
Lunghezza massima delle parotidi ....
Larghezza id. id. ....
Lunghezza del braccio
Id. dell'avambraccio
della mano
del 1° dito della
Li.
Id.
Id. 2« dito
Id. 3° dito
Id. 4° dito
Diam. mass, del
Id.
Lunghezza della
Id. della gamba
Id. del piede .
Id. del 1° dito
Id. 2°
Id. 3°
Id. 4»
Id. 5«
mano
id
id
id
tubercolo palmare
id. id.
coscia
mediano
interno
del
Lunghezza
Id.
dito
dito
dito
dito
del
piede
id
id
id
id
tubercolo metatarsale interno
id. id. esterno
Dist. dall'apice del
libero della
Id. id. del 2'^
Id. id. del 3°
Id. id. del 4°
Lunghezza della
1° dito a metà del margine
membrana interdigitale . .
dito ....
dito
dito
ripiegatura tarsea
83-101
121-137
92-99
23-29
52-54
26-29
108-124
29-37
12-13
23-27
7-9
37-39
16-17
18-20
75-85
37-39
121-124
91-92
88-91
43-46
33-39
39-41
29,
23-29
15-21
147-166
137-153
198-219
39-46
65-75
95-116
141-153
95-104
21-23
12-13
29-37
43-54
65-75
2I2
49-54
92-(lOO)-106-108
123-132-(141)-150
86-90-(91)-96
22-(23)-24
49-(52,50)-54-56
24-25-l27)-30
95-108-(llO,5O)-126
31-32-33
12,-(15)-18
21-22-(24.50)-28
62-(9)-12
36- 37-(37.50)-39
12-(14,50)-15-17
16.,-(18)-20
65-(74,50)-81-84
37- 42-f42,50)-48
114-117-(121)-r28
90-92-(lOl)-112
77-84-(86,50)-96
39-(39.5O)-40,
27.,-(27,50)-28
34-3iJ-(39)-44
21-(26,50)-27-32
27-(27,50)-282
15-16-(18)-21
148-(156.5O)-160-165
141-142-(144,50)-148
210-216-(233)-236
36-(41)-42-46
60-(62.5O)-64-65
84-(94)-99-104
126-132-(137)-148
90-95-(97)-104
20-(21)-22.,
12-(13,50)-14-15
31-33-(33,50)-36
39-(44,5O)-46-50
54-59-(63)-72
22-(23)-24,
48-49-(50)-52
\
61 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC. 243
Maschi in amore di Tetuan.
Lunghezza del capo: 88-91-932-952-96-(97)-101-1032-104:-105-10G — Larghezza
del capo agli angoli dei mascellari: 1132-116-117-1202-121-1232-125-126-132-139 —
Id. a metà degli occhi: 80-85-863-872-(89,5O)-90-92-93-96-97-99 — Id. alle narici: 20-
21-22-233-(23.50)-2l3-25-262-27 — Altezza del capo alla regione timpanica: 44-403-483-
(49)-50-5l2-53-542 — Id. alle narici: 23.r24-25-(26)-273-28-29 — Lunghezza obliqua
del capo: 992-1042-105-107-108-(lO9.5O)-110-lll-115-116-1202 — Diametro interor-
bitale: 25-29-(302)-3l2-323-33-342-35 — Id. dal muso alle narici: 72-8-90-10-1 1-122-1 4-
16-(17)-22-27 — Id. dalle narici all'occhio : 22-233-242-(25,50)-263-27i-292 — Id. dal-
l'occhio al timpano: 6-72-8i-9-10-ll-123 — Id. trasversale dell'occhio: 343-362-37-38-
(38,5O)-392-40-42-432 — Id. minimo del timpano: I34-I44-I55 — Id. massimo: 15-
16-17i-18-192-20-2U — Lunghezza delle parotidi : 633-7l2-75-772-(78)-79-81-87-91-93
— Largh. id.: 293-32.i-37-38-(38,50)-39.2-41-48 — Lungh. del braccio: III-II33-II6-
117-118-120-121-123-(125)-132-134,-139 — Id. dell'avambraccio: 85-86-87^89-902-91.-
92- 93-96-97 — Id. della mano: 85-862-872-88-893-90-(9O,5O)-91-92-96 — Id. del 1° dito:
36-38-39-40-41-422-433-442-46 — Id. del 2° dito: 313-322-33-343-35-36-372 — Id. del
3° dito: 36-393-412-422-433-44-48 — Id. del 4» dito: 22-24-253-26-273-(27,50)-28-29-31-33
— Diam. mass, tubercolo palmare mediano: 19-222-23-242-25-262-274 — Id. dell'interno:
12-133-143-(14,50)-154-16-17 — Lungh. della coscia: 138-143-148-149-150-(15O,5O)-
153-154-158-1592-161-1632 — M. della gamba: 127-130-132-135-137-1432-144-(147)-
I5O-I5I3-I67 — Id. del piede: 203-212-214-216-221-223-224-(225)-231-233-234-235-
236-247 — Id. del 1° dito: 332-36-(38)-39-40-4l4-42-433 — Id. del 2° dito: 59-62-63^-
64-(65,50)-66-672-68-69-723 — Id. del 3° dito: 77-(9O)-953-96-99-10l3-1034 — Id. del
4° dito: 131-134-136-1373-(141)-1434-147-149-151 — Id. del 5° dito: 86-87-89-91,-92,-
93- 95-1033-104 — Id. del tubercolo metatars. interno: I6-I73-I8-I95-2O3 — Id. esterno:
8-92-104-ll-(ll,5O)-122-13-15 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del margine
libero della membrana interdigitale: 27-302-322-34-35-37-382-43 — Id. dall'apice del
2° dito: 36-(4O)-453-47-484-49-503 — Id. dall'apice del 3° dito: 62-63-64-653-67-68-70-
(70,50)-74-772-79 — Id. dall'apice del 4° dito: 13-16-19-(21)-22-233-24,-262-29 —
— Lungh. della ripiegatura tarsea: 44-46-48-502-512-532-54-57-58.
Maschi in amore di Mazayun.
Lunghezza del capo: 93-95-(96,5O)-100 — Larghezza del capo agli angoli de
mascellari: 112-116-(125)-138 — Id. a metà degli occhi: 86-87-{93)-100 — Id. alle
narici : 232-(27)-31 — Altezza del capo a metà della regione timpanica : 462-(50)-54
— Id. alle narici: 26-(27.50)-292 — Lungh. obliqua del capo dall'angolo mascellare
al muso: 10l-102-(lO6)-lll — Diametro interorbitale : 29-32-(33.50)-38 — Distanza
dall'apice del muso alle narici: 15-(19)-20-23 — Id. dalle narici all'occhio: 20-23-
(23,50)-27 — Id. dall'occhio al timpano: 6-(8,50)-9-ll — Diametro mass, trasversale
dell'occhio: 35-(36.50)-382 — Id. minimo del timpano : 14-fl4.50)-15j — Id. mas-
simo: 172-(20)-23 — Lungh. massima delle parotidi: 7;>j-(75.50)-78 — Larghezza id..
38,-(42)-46 — Lunghezza del braccio: 113-(124.50)-134-136 — Id. dell'avambraccio:
Sl2-(88,50)-96 — Id. della mano: 78-81-(87)-96 — Id. del 1° dito: 35-37-(38.50)-42
244
LORENZO CAMERANO
62
— Id. del 2° dito: 25-26-(29,50)-34 — Id. del 3° dito: 32-35-(39)-46 — Id. del 4° dito:
22-23-(24,50)-27 — Diametro massimo del tubercolo palmare mediano: 232-(25)-27
— Id. dell'interno: ITo-lS-lO — Liuigh. della coscia: 132-139-(148)-157 — Id. della
gamba: 127-128-(138)-149 — Id. del piede: 193-200-(215)-237 — Id. del 1° dito: 35-
40-(4O,5O)-46 — Id. del 2» dito: 60-6I-(66,5O)-73 — Id. del 3^ dito: 86-87-(96,5O)-107
— Id. del 4" dito: 121-128-(139)-157 — Id. del 5« dito: 8l2-(9O,5O)-10() — Id. del
tubercolo metatarsale interno: 20-23-26 — Id. dell'esterno: 10-ll-(12,5O)-15 — Di-
stanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero della membrana interdigitale:
26-32-38 — Id. dall'apice del 2» dito: 26-32-38 — Id. dall'apice del 3« dito: 41-43-
(45,5O)-50 — Id. dall'apice del 4° dito: 202-(21,5O)-23 — Lunghezza della ripiegatura
tarsea: 462-48-50.
Femmine in amore di Larache.
Lunghezza del capo: 83-87-(94)-99-105 — Larghezza del capo agli angoli dei
mascellari: 1242-129-(129,50)-135 — Id. a metà degli occhi: 86-92-97-98 — Id. alle
narici: 222-(23)-242 — Altezza del capo alla regione timpanica: 502-(52)-53-54 —
Id. alle narici: 24-25-(25,50)-26-27 — Lungh. obliqua del capo dall'angolo mascel-
lare al muso: 100-105-109-110 — Diametro interorbitale : 30-31-34-38 — Distanza
dall'apice del muso alle narici: 32-6-9 — Id. dalle narici all'occhio: 25-26-27 — Id. dal-
l'occhio al timpano: 94 — Diam. massimo trasversale dell'occhio: 382-39-42-46 —
Id. minimodel timpano: 12-13-(16)-19-20 — Id. massimo: 18-19-(21)-22-24 — Lun-
ghezza mass, delle parotidi: 74-(79,50)-81-83-85 — Larghezza id. : 30-(39)-4l2-48 —
Lungh. del braccio: 112-{120,50)-1 25-128-129 — Id. dell'avambraccio: 83-(92)-94-95-
101 — Id. della mano: 83-91-(92.5O)-98-102 — Id. del 1« dito: 38-(44,50)-47-49-51
— Id. del 2° dito: 30-34-37-38 — Id. del 3° dito: 38-(43)-44-45-48 — Id. del 4° dito:
24-26-27-28 — Diametro mass, del tubercolo palmare mediano: 24-25-26-(27,50)-31
— Id. dell'interno: 13-14-15-(16)-19 — Lunghezza della coscia: 148-157-(158,50)-
167-169 — Id. della gamba: 127-(138.5O)-144-146-150 — Id. del piede: 198-(219,50)-
225-233-241 — Id. del 1° dito: 32-34-(38)-41-44 — Id. del 2° dito: 562-60-(62)-68 —
— Id. del 3« dito: 91-942-(lOO)-109 — Id. del 4° dito: 124-135-139-146 — Id. del
50 dito: 83-90-91-94-99 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 18-19-(21.50)-24-25
— Id. dell'esterno: 11-12-(12,50)-13-14 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà
del max'gine libero della membrana interdigitale: 302-31-(32)-34 — Id. dall'apice del
2° dito: 442-45-(47,50)-51 — Id. dall'apice del 3° dito: 59-(65)-66-68-71 — Id. dall'apice
del 4» dito: 21-23-24-25 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 41-47-48-53.
Femmine in amore di Saffi.
Lunghezza del capo: 932-95-963-99 — Largh. del capo agli angoli dei mascellari:
130-131-132-(132.5O)-134-135 — Id. a metà degli occhi: 85-89-90-(91,5O)-93-98 —
Id. alle narici: 2l2-222-(22,50)-24 — Altezza del capo alla regione timpanica: 51-52-
53-553 — W. alle narici: 22-243-27-32 — Lunghezza obliqua del capo dall'angolo
mascellare al muso: 101-107-(lO7,5O)-109-110-113-114 — Diametro interorbitale: 27-
3l2-(31,50)-34-35-36 — Distanza dall'apice del muso alle narici: 7-8-9-12-(13,5O)-14-20
63
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Llllir., K( C
245
— Id. dalle narici all'occhio: 21-22-23-24-26-27 — Id. dall'occhio al timpano: 7;,-(9)-
10-11 2 — Diametro mass, trasversale dell'occhio: 27-(33)-342-35-37-39 — Id. minimo
del timpano: Ua-lG-Hj-lS — Id. massimo: 15-lS-(18,5O)-102-21-22 — Lunghezza
massima delle parotidi: 82-85-(86)-87-89-902 — Largliezza id.: 43-45-(49)-51:,-55 —
Lunghezza del braccio: 1122-113-122-123-132 — Id. dell'avambraccio: 76-79-82-(84,50)-
86-87-93 — Id. della mano: 76-84-(84.5O)-862-90-93 — Id. del P dito: 39-40-4 1-(42)-453
— Id. del 2° dito: 27.-28-31-32-33-39 — Id. del 3° dito: 40-4l2-422-(42.5O)-45 -
Id. del 4° dito: 21-22-24-25-(25,5O)-27-30 — Diametro mass, del tubercolo palmare
mediano: 21-242-(24.50)-26-27-28 — Id. dell'interno: 14-15-16-(17)-18-20 — Lunghezza
della coscia: 1442-146-154-(154,50)-157-165 — Id. della gamba: 131-137-(140,50)-
1413-150 — Id. del piede: 197-198-(211)-213-215-216-225 — Id. del 1° dito: 34-35-
(38)-39-41-42 — Id. del 2° dito: 51-55-58-(58,50)-59-65-66 — Id. del 3" dito: 85-90-
932-(93,5O)-99-102 — Id. del i° dito: 122-124-128-130-(133)-1442 — Id. del 5° dito:
81-82-84-(87)-90-932 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 18-213-22-24 — Id. del-
l'esterno: 12-142-(15)-17-18 — Distanza dall'apice del 1" dito a metà del margine
libero della membrana interdigitale: 25-(29,50)-31-32-33-34 — Id. dall'apice del 2" dito:
39-43-(45)-46-48-5l2 — Id. dall'apice del 3° dito: 56-58-61-(65.50)-692-75— Id. dal-
l'apice del 4« dito: 19-20-22-(23)-242-27 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 48-512-
(51,50)-52-54-55.
Femmine in amore di Tane/eri.
Lunghezza del capo : 82-87-88-(92)-94-96-102 — Larghezza del capo agli angoli
dei mascellari: 108-109-112-117-(118,5O)-120-129 — Id. a metà degli occhi: 773-(85)-
872-93 — Id. alle narici: 193-20-21-23 — Altezza del capo alla regione timpanica:
42-432-44-45-48 — Id. alle narici: 2l2-(22,50)-232-242 — Lungh. obliqua del capo:
86-88-90-93-96-(98,5O)-lll — Diametro interorbitale: 24-26-28-(28,5O)-29-30-33 —
Id. dall'apice del muso alle narici: 5-6-92-ll-(13)-21 — Id. dalle narici all'occhio:
202-(2O,5O)-2l4 — Id. dall'occhio al timpano: 6-(7.50)-82-93 — Diametro trasv. del-
l'occhio: 3l2-322-(35)-36-39 — Id. minimo del timpano: 12-132-14-15-18 — Id. mas-
simo del timpano : 16-172-19-(19,5O)-20-21 — Lunghezza delle parotidi: 64-66-68-72-
(74)-78-84 — Larghezza id.: 33-344-(39)-45 — Lunghezza del braccio: 94-99-103-(lO4)-
109-111-114 — Id. dell'avambraccio: 722-772-(78)-81-84 — Id. della mano: 74-77-
78-(80)-84-85-86 — Id. del 1» dito: 29-31-34-37-39-45 — Id. del 2» dito: 232-(26,50)-
272-29-30 — Id. del 3° dito : 343-(36,50)-37-392 — Id. del 4° dito: 19-202-2l2-(21,5O)-24
— Id. del tubercolo palmare mediano: 20-2l3-(22)-23-24 — Id. dell'interno: 132-142-
15- (16)-19 — Id. della coscia: 119-r29-(131.5O)-135-138-140-144 — Id. della gamba:
114-123-(124,50)-125-127-1352 — Id. del piede: 185-188-189-193-(197,5O)-207-210
— Id. del 1° dito: 33-34i-(34.50)-36 — Id. del 2° dito: 48-51 3-(54)-56-60 — Id. del
3° dito: 802-83-85-(88)-90-96 — Id. del 4» dito: 1142-116-120-1262 — Id. del 5° dito:
72-77-80-812-82 — Id. del tubercolo metatarsale interno: 163-17-(20)-21-24 — Idem
esterno: 92-11-12-13-15 — Distanza dall'apice del 1° dito a metà del margine libero
della membrana interdigitale: 21-23-(26)-27-29-30-31 — Id. dall'apice del 2" dito: 372-
39-40-42-43 — Id. dall'apice del 3° dito: 51-562-57-60-63 — Id. dall'apice del 4» dito:
16- (19,50)-21,-23 — Lungh. della ripiegatura tarsea: 34-37-(42.50)-43-48-51-54.
246
LORENZO CAMERANO
64
Feintnine in amore
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209-245
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Id. del 1" dito
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35-44
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59-72
58-73
59-64
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148-159
133-163
140-161
Id. del dito
90-108
89-103
89-110
89-102
Lungh. del tubercolo metatarsale interno
15-23
15-20
14-24
18-24
Id. id. id. esterno
8-14
5-13
5-14
4-18
Dist. dall'apice del 1" dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigit.
27-42
33-41
28-38
26-41
Id. id. id. 2° dito .....
39-53
39-51
31-53
44-48
Id. id. id. 3° dito
54-78
62-66
55-74
55-70
Id. id. id. 4» dito
10-18
5-18
9-25
7-24
Lunghezza della ripiegatura tarsea .
45-62
58-62
47-66
47-60
256
LORENZO CAMERANO
74
Bufo viri di s.
Classi estreme.
Trasimeno
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Campobasi
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Lago
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94-116
98-116
97-108
114-132
109-132
110-122
116-131
90-112
86-102
86-95
83-94
21-30
20-34
21-26
20-23
42-55
36-52
42-51
39-47
21-33
20-34
21-28
21-28
95-116
98-118
94-120
98-113
20-33
22-34
21-31
25-28
3-13
0-8
3-11
5-9
20-33
21-31
21-26
22-23
0-3
0-6
2-6
0-5
34-47
34-46
37-42
35-39
11-19
11-21
10-18
12-16
11-20
11-21
10-18
12-16
54-88
63-82
68-77
70-84
26-39
22-36
31-42
33-42
111-144
97-124
104-120
113-122
78-118
74-89
79-90
80-94
82-100
76-90
74-85
80-89
29-55
35-51
37-43
39-47
31-41
27-38
31-38
28-37
36-52
33-51
37-43
39-45
26-37
24-34
23-28
28-30
15-24
14-21
18-23
18-20
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5-17
5-16
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195-231
194-238
193-212
203-217
31-46
31-47
37-41
28-39
46-70
48-72
52-63
55-64
69-118
78-106
78-94
89-104
126-156
126-168
120-139
129-148
72-97
78-99
78-89
83-94
11-21
15-23
16-23
14-23
6-17
3-14
6-14
11-15
26-38
26-38
28-33
28-35
39-55
35-52
37-50
37-45
55-78
53-72
51-63
56-66
13-27
10-27
13-21
9-20
39-66
46-61
42-51
45-56
Femmine in amore
Lunghezza del capo
Largh. del capo agli angoli dei mascellari
Id. a metà degli occhi
Id. alle narici
Alt. del capo a metà della reg. timpanica
Id. alle narici
Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. almnso
Diametro interorbitale
Distanza dall'apice del muso alle narici .
Id. dalle narici all'occhio
Id. dall'occhio al timpano
Diam. massimo trasversale dell'occhio
Id. minimo del timpano
Id. massimo del timpano
Lunghezza massima delle parotidi .
Larghezza id
Lunghezza del braccio
Id. dell'avambraccio
Id. della mano
Id. del l" dito
Id. del 2° dito
Id. del 3° dito
Id. del 4° dito
Diametro mass, tubercolo palmare mediano
Id. id. id. id. interno .
Lunghezza della coscia
Id. della gamba
Id. del piede
Id. del 1° dito
Id. del 2° dito
Id. del 3° dito
Id. del 4° dito
Id. del 5° dito
Id. del tubercolo metatarsale interno . .
Id. id. id. esterno .
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigit.
Id. id. id. 2° dito
Id. id. id. 3" dito
Id. id. id. 4° dito
Lunghezza della ripiegatura tarsea
75
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BDFO VIRIDIS LaUF., ECC.
257
Bufo viri di 8.
Classi estreme.
Femmine in amore
Lunghezza del capo
Largh. del capo agli angoli dei mascellari
Id. a metà degli occhi
Id. alle narici
Alt. del capo a metà della reg. timpanica
Id. alle narici
Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso
Diametro interorbitale
Distanza dall'apice del muso alle narici .
Id. dallo narici all'occhio
Id. dall occhio al timpano
Diametro massimo trasversale dell'occhio
Id. minimo del timpano
Id. massimo del timpano
Lunghezza massima delle parotidi . . .
Larghezza id
Lunghezza del bracLÌo
Id. dell'avambraccio
della mano
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
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del
dito
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Diametro mass, tubercolo palmare mediano
Id. id. id. id. interno .
Lunghezza della
Id. della gamba
del piede .
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Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
del
del
del
del
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Lungh.
Id.
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dito
dito . .
dito . .
tubercolo
id.
metatarsale interno
id. esterno
Dist. dall'apice del 1" dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigit.
Id. id. id. 2" dito
Id. id. id. 3° dito
Id. id. id. 4" dito
Lungh. della ripiegatura tarsea ....
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115-139
124-137
126-153
102-125
112-131
112-133
200-218
191-235
203-218
201-234
40-41
32-42
28-34
35-42
60-66
58-68
55-61
56-65
yu-yo
Qf» 1 Al
87 Q7
co 1 Afi
OV IVO
130-137
129-144
132-139
131-156
85-91
89-96
81-87
84-101
18-2"0
16-21
1.5-17
16-29
6-10
5-11
6-14
.5-15
30-33
27-35
28-34
26-35
35
40-45
39-44
35-48
61-65
62-68
55-68
51-76
13-15
11-21
15-22
13-19
50-51
42-60
46-58
51-61
Sekik li. Tom. LIV.
258 LORENZO CAMERANO 76
Bufo viridis.
Classi estreme.
Femmine in amore
Sassari
Corfù
Siria
LiUn'^liezzci del c&po
98-126
86-115
87-110
93-108
Largh. del capo figli angoli dei iiiascell&ri
120-142
108-137
92-126
112-123
Id sl metà de<''li occhi
87-118
86-115
82-97
90-100
Id alle narici
17-30
20-30
20-26
21-28
Alt del capo a metà della reg. timpanica
44-54
35-51
39-46
40-46
Id alle narici
22-30
21-29
21-29
22-28
Tiiino*!! nlìl dpì r'ììnn Hai l'iino* itijìqp fìì ìnn^n
98-120
105-144
90-112
100-116
22-33
22-35
19-26
24-31
0-18
0-14
0-12
0-14
TH dnllp Tiarir*! 5ill'r»ppliin
19-30
23-29
1 9-26
22-28
TH Hiì 11 'orrViiA 5il tiirmann
0-9
0-4
0-7
2-8
TìiPTnpt.rn t"naG:c;iTTin f.ra'^vprcialp HpÌ ì 'nppViin
34-47
34-47
34-42
38-44
TH TTiiriiTTìn HpI i",iiTirv5inn
5-22
13-21
12-17
10-17
TH TTìfì cjtnmn npl fiìTiTìJiTin
7-22
13-21
12-18
13-21
X ' J _J X
T jìl TI crYì P7751 cjQi rnjl fipl iP Tifi Tof 1 (\ 1
Llll^ 1iC>£;/jCIi llIClrOolillCti U.wll\7 L/dl. U LLUl •
69-96
67-92
69-83
71-82
Tiì3T*o*nP'7yii in
TiìiTicrlipyya rìp.l \\vsì.c.oìc\
3 "1-49
23-43
30-46
25-41
109-140
97-125
104-123
111-128
TH H p11 Vii ITI lira oo\ci
82-102
74-101
74-88
84-95
lif{ H a1 ì ITI a Ti n
77-96
84-97
75-89
82-90
Td del 1° dito
39-50
35-50
34-44
35-44
Td del 2° dito
31-40
27-41
26-36
31-39
Td del S° dito
30-49
43-51
32-44
39-51
Td HpI 4^'^ Hito
26-36
28-43
26-29
28-36
Tìiampfrn itiìicjci fiihprpoln Tìalinavp TripHiann
LcLLH\j \JL \J IIKXOO. U U U 1 V/1 lJCil.lll.iXL \J lllOUlClillV
18-23
14-21
1 7-22
1 6-24
Tri id iH \(\ iTìf.Amn
XM.> lU.. lU. 1\X. Illudi. IIVJ •
5-17
6-14
7-18
# X \J
8-18
Tinncr}iP77fi Hplla r*nsnfl
119-153
125-164
117-146
122-139
Td dplla o*a m Via
112-137
1 1 ^-1 38
X X X
111-1 39
XXX X «-»
1 1 8-1 39
X X O X O «7
Td dpl Tìipdp
202-240
1 97-242
1 78-21 9
1 9^^-21 6
Td del 1° dito
31-42
31-48
31 -42
33-42
Id. del 2° dito
51-66
50-70
56-68
51-66
Id. del 3" dito
82-104
84-108
86-100
83-100
Id. del 4° dito
119-156
132-159
106-189
123-144
Id. del 5° dito
80-96
84-107
79-99
81-94
Lungh. del tubercolo metatarsale interno
16-24
14-22
17-23
15-25
Id. id. id. esterno
4-16
6-14
8-14
5-17
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigit.
26-41
25-42
26-34
26-35
Id. id. id. 2° dito
39-54
35-52
39-48
38-55
Id. id. id. 3° dito
55-83
58-75
52-68
51-66
Id. id. id. 4« dito
13-24
U-27
13-22
10-22
Lunghezza della ripiegatura tarsea .
39-63
46-61
35-57
43-57
77
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUF., ECC.
259
Bufo viridi».
Maschi in amore di Givoletto.
Indice
di variabilità
Media
F = M
F M
Yì-d
Lunghezza del capo
23
102
0,0968
0,1129
0,7903
0,22
Largh. del capo agli angoli dei mascellari
27
120
0,1129
0,2419
0,6452
0,22
Id. a metà degli occhi
25
102
0,0645
0,5968
0,3387
0,24
Id. alle narici
22
33,50
0,6935
0,3065
0,63
Alt. del capo a metà della reg. timpanica
18
46,50
0,5323
0,4677
0,37
15
28
0,2097
0,3548
0,4355
0,50
Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso
27
107
0,0645
0,2581
0,6774
0,24
Diametro interorbitale
16
30,50
0,5968
0,4032
0,49
Distanza dall'apice del muso alle narici .
14
12,50
0,5000
0,5000
1,04
Id. dalle narici all'occhio
19
26
0,0645
0,2419
0,6935
0,72
15
7
0,9839
0,0161
2,00
Diametro massimo trasversale dell'occhio
18
38,50
0,3548
0,6452
0,44
Id. minimo del timpano
11
16
0,0323
0,6452
0,3226
0,63
Id. massimo del timpano
14
17,50
0,5385
0,4615
0,75
Lunghezza massima dello parotidi . .
34
73,50
0,6038
0,3962
0,45
Lai'ghezza id. id
19
30
0,0755
0,2264
0,6981
0,60
Lunghezza del braccio
43
131
0,0323
0,5323
0,4355
0,32
Id. dell'avambraccio
44
92,50
0,4194
0,5806
0,46
Id. della mano
33
95
0,0484
0,5806
0,2258
0,34
Id. del 1° dito
16
40,50
0,6613
0,3387
0,37
Id. del 2« dito
16
34,50
0,7581
0,2419
0,43
Id. del 3° dito
22
44,50
0,6129
0,3871
0,47
Id. del 4" dito
17
31
0,0806
0,6613
0,2581
0,52
Diametro mass, tubercolo palmai'e mediano
8
20,50
0,6129
0,3871
0,34
Id. id. id. id. interno .
14
15,50
0.3226
0,6774
0,84
68
137,50
0,3226
0,6774
0,48
Id. della gamba ... ....
33
136
0,0161
0,7258
0,2581
0,23
Id. del piede . .
77
250
0,9672
0,0328
0,30
Id. del 1" dito
21
39
0,1129
0,5968
0,2903
0,51
Id. del 2" dito
41
73
0,0161
0,9516
0,0323
0,55
T J J 1 ' "> 1 ^ l'i.
la. del .3" dito
39
96
A AOOO
0,0323
0,1935
0,7742
0,40
Id. del l" dito
33
150
0.0806
0,5000
0,4194
0,21
Id. del 5" dito
39
88
0,0484
0,2258
0,7258
0,43
Lungh. del tubercolo metatarsale interno
10
20,50
0,7419
0,2581
0,44
Id. id. id. esterno
14
12,50
0.4194
0,5806
1,04
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdiuit.
24
36,50
0,7742
0,2258
0,63
Id. id. id. 2" dito
21
47
0,0806
0,5323
0,2258
0.43
Id. id. id. 3" dito
23
66
0,0161
0,4677
o..')i(;i
0,33
Id. id. id. 4" dito ...
15
13
0,0968
0,4677
0.4355
1,08
Lunghezza della ripiegatura tarsea
26
56,50
0.7419
0.2581
0,44
260
LORENZO CAMERANO
78
Bufo viridis.
Maschi in amore di Moncalieri.
Indice
di variabilità
Media
V — M
r — ivi
r *\ IVI
J? ^ ivi
D-d
32
iUo,oU
A
u
A QQQQ
A RR'R'7
U,ODD (
A OQ
Largh. del capo agli angoli dei mascellari
29
A AOKft
A 99
34
1 HQ Kf\
iUo,OU
A
u
u,oooo
A Q9
10
ót ,0\)
A
u
A ^^f;R7
A QQoq
Alt. del capo a metà della reg. timpanica
16
A A
n 1 7Qtc
u,i / yo
U,iOOo
U,OD'±i
A ^1
U,04:
Id. alle narici
12
A
\J,DóOV
(\ Al A A
U,4 t 4*
A /I Q
Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso
26
li /
A Al OQ
A R7QtC
U,0 IVO
A QA77
A 91
13
A pinaci
u,u/Dy
Ci A A Ql
Ci Al A A
U,4 / 44:
A /( 1
Distanza dall'apice del muso alle narici .
19
1 O
A 01 7A
u, / y
A O Q O 1
A c;AAA
1 CIA
Id. dalle narici all'occhio
10
ii7,50
A
A KOKR
U,OZ0D
A Al A A
U,4 / 44
A Q9
4
1 t A
A
A Q K Q A
A 1 /< 1 A
9 AA
Diametro massimo trasversale dell'occhio .
16
A
A 71 7Q
u, / i /y
A OQO 1
Id. minimo del timpano
12
1 C KA
ÌD,OU
A
ACCIO
U,0Ì5ÌO
A /l /) Q7
A fi7
U,D <
Id. massimo del timpano
11
1 7
17
A 1 OOO
A /( /( Q7
U,44o 1
A ,^ O Q 1
A
Lunghezza massima delle parotidi .
28
7£! C A
A
U
A RA 1 A
A qc:qa
A QC,
Larghezza id. id. ....
16
O 1 C A
31,50
A
A 4 1 A
0,3590
0,49
Lunghezza del braccio
35
1 oo
A AOOQ
A C^AAA
0,4615
0,26
Id. dell'avambraccio
31
y-i
A A£? /i 1
U,Ud4ì
A KCtOR
0,3333
0,32
23
AO
yo
A f\n RCi
u,u/Dy
0,2308
0.24
Id. del 1° dito della mano
16
4.i,50
A
A Rf\OR
0,3974
0,31
id. aito iQ.
22
O A C A
o4:,oU
A
u
A c: 1 OQ
0,4872
0,61
La. o dito id.
18
A O C A
4j,50
A
Ci A R^ K
0,5256
0,40
la. 4" dito id.
13
A AQQ7
A QQ/( R
0,5256
0,43
Diam. mass, del tubercolo palmare mediano
10
17,50
A
A 1 RR'7
U,iob t
0.8333
0,52
Id. id. id. interno
12
1 R KCi
A
u
A QOOQ
0,6667
0.67
Lunghezza della coscia
37
1 /* Q
A A K 1 Q
A CÌQQ7
0,3590
0,24
Id. della gamba
31
1 o o
133
A AC 1 O
0,0513
A OA7 i
U,dy /4
0,55131 0,22
Id. del piede
41
oo A
A A1 OO
0,0128
A 1 RRn
U,ÌDO 1
0,6923
0,17
21
A A
A
A ,1 Q C Q
0,5641
0,.50
Id. 2° dito id
26
65,50
0,4359
0,5641
0,38
Id 3° dito id
48
100 50
0.1923
0,8077
0,46
Id. 4" dito id.
51
149
0,0385
0^2821
0.6795
0,33
Id. 5° dito id.
34
95,50
0,2179
0,7821
0,35
Lungh. del tubercolo metatarsale interno .
11
17
0,1154
0,1026
0,7821
0,59
Id. id. id. esterno
12
8,50
0,6282
0,3718
1,28
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigitale
19
35
0,1026
0,5128
0,3846
0,51
Id. id. del 20 dito
28
46,50
0,6795
0,3205
0,58
Id. id. del 3° dito
29
65
0,0897
0,4103
0,5000
0,43
Id. id. del 4° dito
17
14
0,0256
0,6795
0,2949
1,14
Lunghezza della ripiegatura tarsale . . .
30
56,50
0,4487
0.5513
0,51
79
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC.
2G1
Bufo viridis.
Maschi in amore di Catania.
Indice j
di variabilità
Media
F = M
F M
D — (/
Lunghezza del capo
22
121,50
0,4118
0,5882
0,17
Largii, del capo agli angoli dei mascellari
22
111,50
0,8235
0,1765
0,19
17
95
0,0588
0,3529
0,5882
0,17
8
24,50
0,1176
0,8824
0,28
Alt. del capo a metcà della regione timpanica
11
44
0,2353
0,5294
0,2353
0,23
8
24,50
0,2941
0,7059
0,28
Lungh.obl. del capo dall'ang. masc. al muso
22
112,50
0,4705
0,5294
0,18
10
28,50
0,7647
0,2353
0,31
Distanza dall'apice del muso alle narici .
9
4
0,7647
0,2353
2,00
Id. dalle narici all'occhio
8
27,50
0,7647
0,2353
0,25
Id. dall'occhio al timpano
6
2,50
0,7647
0,2353
2,00
Diametro massimo trasversale dell'occhio
9
40
0,5882
0,4118
0,20
Id. minimo del timpano
11
16
0,4118
0,2941
0,2941
0,63
Id. massimo del timpano
11
16
0,3529
0,1765
0,4705
0,63
Lunghezza massima delle parotidi . . .
24
82,50
0,8235
0,1765
0,28
16
38,50
0,6471
0,3529
0,39
Lunghezza del braccio ' .
20
129,50
0,6471
0,3529
0,14
Id. dell'avambraccio
38
85
0,0588
0,9412
0,38
Id. della mano
25
86
0,1176
0,1765
0,7059
0,28
Id. del 1° dito
10
40,.50
0,6250
0,4000
0,22
Id. del 2" dito
13
32
0,1333
0,3333
0,6000
0,38
Id. del 3° dito
14
42,50
0,5882
0.4118
0,31
Id. del 4° dito
12
30,50
0.2941
0,7647
0,36
Diametro mass, tubercolo palmare mediano
12
21.50
0,4118
0,5882
0,51
Id. id. id. id. interno .
20
14,50
0,4118
0.5882
1.31
Lunghezza della coscia
37
141
0,4118
0.5882
0.25
Id. della gamba
25
135
0,5882
0,4118
0,10
Id. del piede
47
229
0,0588
0,2941
0,6471
0,20
Id. del P dito
15
39
0,0588
0,6471
0,2941
0,36
Id. del 2" dito
28
72,50
0,8235
0,1765
0,37
Id. del 3" dito
28
108.50
0,5294
0,4705
0.24
Id. del 4" dito
35
155
0,0588
0,7059
0.23.'i3
0.21
Id. del .">" dito
26
99,50
0,7647
0,2353
0,25
Lungh. del tubercolo metatarsale interno
8
32
0,2353
0,1176
0,6471
0.22
Id. id. id. esterno
9
12
0,6471
0,3529
0.67
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigit.
15
32
0,2353
0.4118
0,3529
0,44
Id. id. id. 2" dito
22
45,50
0,8235
0,1765
0.46
Id. id. id. 3° dito
24
64,50
0,3529
0,6471
0.35
Id. id. id. 4° dito
13
16
0,2941
0,5294
0,1765
0.75
Lunghezza della ripiegatura tarsea . .
21
59
0,0588
0,6471
0.2941
0.34
262
LORENZO CAMERANO
80
Bufo viridis.
Maschi in amore di Sassari.
Indice
di variabilità
Media
F = M
F< M
F> M
D — d
37
HO
0,1053
0,5789
0,3158
0,33
Largh. del capo agli angoli dei mascellari
29
125
0,0877
0,4561
0,4561
0,22
Id. a metà degli occhi
29
97
0,0702
0,5088
0,4211
0,29
Id. alle narici
10
23,50
0,4912
0,5088
0,38
Alt. del capo a meta della reg. timpanica
17
47
0,1053
0,2982
0,5965
0,34
13
24
0,0702
0,1754
0,7544
0,50
X ITITI Tll» 1
Lungh. obi. dei capo dall ang. masc. al muso
37
115
0,0526
0,8246
0,1228
0,31
Diametro interorbitale
14
28,50
0,7018
0,2982
0,46
Distanza dall'apice del muso alle narici .
21
10
0,0526
0,3333
0,6140
2,00
Id. dalle narici all'occhio
10
23,50
0,5965
0,4035
0,38
Id. dall'occhio al timpano
6
2,50
0,8070
0,1930
2,00
Diametro massimo trasversale dell'occhio
12
40,50
0,6667
0,3333
0,27
Id. minimo del timpano
13
16
0,0877
0,6842
0,2281
0,75
Id. massimo del timpano
9
17
0,1930
0,3509
0,4561
0,47
Lunghezza massima delle parotidi .
23
81
0,0351
0,5965
0,3684
0,27
Larghezza id.
20
41,50
0,6667
0,3333
0,45
Lunghezza del braccio -
35
132
0,526
0,4561
0,4912
0,26
Id. dell'avambraccio
22
95,50
0,4737
0,5263
0,22
Id. della mano
25
87
0,1053
0,4035
0,4912
0,28
Id. del 1° dito
18
40,50
0,4386
0,5614
0,42
Id. del 2° dito
17
33
0,0877
0,4561
0,4561
0,48
Id. del 3° dito
14
42,50
0,5614
0,4386
0,31
Id. del 4« dito
15
29
0,1579
0,4737
0,3684
0,48
Diam. mass, tubercolo palmare mediano .
11
20
0,0877
0,2105
0,7018
0,50
Id. id. id. id. interno .
18
11,50
0,2105
0,7895
0,47
Lunghezza della coscia
41
140
0,526
0,2105
0,7368
0,28
Id. della gamba
33
133
0,1053
0,4737
0,4211
0,24
Id. del piede
50
233,50
0,4737
0,5263
0,21
Id. del 1° dito
19
37
0,526
0,4211
0,5263
0,49
Id. del 2° dito
21
61
0,1228
0,3158
0,5614
0,33
Tri rial Qo rlifn
37
u,oDuy
A c;7QQ
U,0 1 ov
A Q7
Id. del 4° dito
35
153
0,0175
0,6140
0,3684
0,22
Id. del 5° dito
29
98
0,0351
0,7544
0,2105
0,29
Lungh. del tubercolo metatarsale interno
9
19
0,1228
0,3333
0,5439
0,42
Id. id. id. esterno
22
10,50
0,8772
0,1228
2,00
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigitale
18
32,50
0,4386
0,5614
0,52
Id. id. id. 2° dito
33
42
0,1228
0,1579
0,7193
0,76
Id. id. id. 3° dito
39
69
0,0577
0,6923
0,2500
0,55
Id. id. id. 4» dito
10
14,50
0,5439
0,4561
0,68
Lunghezza della ripiegatura tarsea . . .
21
52
0.0526
0,3158
0.6316
0,38
81 RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC. 263
Bufo viridis.
Maschi in amore di Corfù.
1
1
1 Indice
1 di variabilità
Media
F = M
F M
D — d
T,iiTlcr]iP77n rlpì r*:1Tìn
Zi)
101,50
0,3182
0,6818
—
0,18
TiQi'cr}'! HpI osìnci ncrli fincrnli Hpì ma«ir*All5ìT'i
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126 50
8636
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0,18
TH i3 in pf h nPcr 1 1 nf'.r*n ì
1 Ci
19
101
0455
4545
5000
0,17
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9
26 50
31 82
6818
0,30
Alt HpI par»n p mpi"h HpIIjì vf^cr HninanipA
1 A
10
42,50
7273
2727
21
Ci
9
26,50
4545
5455
0,30
Tiiiiicrìi nlìì r?pì r'fìnn ^lall'ano* macip al
XJUil^ll* UUI* ^Cl^iJ Udii Clll^* IllClOl./> 4X1 ilIUo^
1 A
19
113
5455
04545
0,16
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1 A
10
27 50
5000
05000
0,32
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1 A
10
10 50
4545
5455
0,86
9
27
1364
31 82
5455
0,30
TH Hiìll 'nppìiin ;il timnano
4
1,50
0,5909
0,4091
2,00
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14
36 50
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8182
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9
15
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8182
53
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2727
7273
67
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17
76
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16
0,4545
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32
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24
10+,
A
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Ifi
Id. del piede
51
239
0,5455
0,4091
0.21
TH HpI l H if n HpI nìftflp
15
40
0455
6818
0,2273
0,35
Id. 2° dito id
15
66
0,2273
0*3636
0^3636
0Ì21
Id. 3° dito id
30
105,50
0,4545
0,5455
0,28
Id. 4» dito id
35
151
0,0952
0,3333
0,5714
0,22
Id. 50 dito id
19
99
0,0476
0.5238
0,4286
0.18
Lungli. del tubercolo metatarsale interno .
9
19
0,0455
0,8636
0,0909
0,42
Id. id. id. estorno
7
11
0,1364
0,4545
0,4091
0.55
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigit.
16
34,50
0.4762
0,5238
0,43
Id. id. del 2« dito
15
46
0,0952
0,5238
0,3810
0,30
Id. id. del 3" dito .... ...
25
66
0,1905
0.4286
0.3810
0,36
Id. id. del 4'^ dito
9
14
0,0476
1 0.5238
0,4286
0,57
Lunghezza della ripiegatura tarsea .
18
53.50
' 0.4545
0.5155
0,31
264
LORENZO CAMERANO
82
Bufo inridis.
Maschi in amore di Siria.
Lunghezza del capo
Largh. del capo agli angoli dei mascellari
Id. a metà degli occhi
Id. alle narici
Alt. del capo a metà della reg. timpanica
Id. alle narici
Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. almuso
Diametro interorbitale
Distanza dall'apice del muso alle narici .
Id. dalle narici all'occhio
Id. dall'occhio al timpano
Diam. massimo trasversale dell'occhio
Id. minimo del timpano
Id. massimo del timpano
Lunghezza massima delle parotidi . . .
Larghezza id
Lunghezza del braccio
Id. dell'avambraccio
Id. della mano
Id. del 1° dito
Id. del 2° dito
Id. del 3° dito
Id. del 4° dito
Diametro mass, tubercolo palmare mediano
Id. id. id. id. interno .
Lunghezza della coscia
Id. della gamba
Id. del piede
Id. del 1° dito
Id. del 2° dito
Id. del 3° dito
Id. del 4° dito
Id. del 5° dito
Id. del tubercolo metatarsale interno . .
Id. id. id. esterno . .
Dist. dall'apice del 1" dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigit.
Id. id. id. 2" dito
Id. id. id. 3" dito
Id. id. id. 4° dito
Lunghezza della ripiegatura tarsea
Indice
di variabil
Media
F = M
F < M
F>M
T) fi
XJ — l*
25
108
0,6250
0,3750
0,21
17
121
0,5000
0,5000
0,13
29
97
0,1250
0,5625
0,3125
0,29
20
25,50
0,7500
0,2500
0,74
12
42,50
0,5000
0,5000
0,24
13
25
0,0625
0,3750
0,5625
0,48
19
111
0,1875
0,6250
0,1875
0,17
9
26
0,1250
0,3750
0,5000
0,31
15
10
0,3125
0,6875
1,40
12
24,50
0,3750
0,6250
0,44
5
2
0,3125
0,4375
0,2500
2,00
9
40
0,0625
0,5625
0,3750
0,20
6
14,50
0,4375
0,5625
0,34
9
16
0,2500
0,3750
0,3750
0,50
24
73,50
0,2500
0,7500
0,31
16
36,50
0,7500
0,2500
0,41
21
128
0,6875
■0,3125
0,15
19
93
0,0625
0,3750
0,5625
0,19
20
92,50
0,3125
0,6875
0,20
15
37 •
0,1250
0.3750
0,5000
0,88
13
31,50
0,5000
0,5000
0,37
13
42
0,2500
0,4375
0,3125
0,29
10
28,50
0,6250
0,3750
0,32
8
U
U,5b2ò
A O 1
0,ol
14
16,50
0,3750
0,6250
0.29
26
145,50
0,6250
0,3750
0,17
21
134
0,6250
0,3750
0,14
37
227
0,0625
0,4375
0,5000
0,15
11
39
0,1250
0,5625
0,3125
0,26
16
65,50
0,5000
0,5000
0,22
18
101,50
0,3125
0,6875
0,16
31
148
0,0625
0,3750
0,5625
0,20
22
99,50
0,5000
0,5000
0,21
11
19
0,2500
0,2500
0,5000
0,53
10
9,50
0,5625
0,4375
0,98
11
33
0,0625
0,4375
0,5000
0,30
23
42
0,1875
0,1250
0,6875
0,52
20
64,50
0,5625
0,4375
0,29
17
17
0,2500
0,2500
0,5000
0,94
20
56,50
0,5000
0,5000
0,33
83
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., KCC
265
B ufo viridi s.
Femmine in amore di (rivoletto.
-ce
Indice
Il variabiliti
Media
i = M
1^
i > M
Tì-d
\ (D-f fl
24
1()d,50
A
A 1 A
0,ol29
0,3871
0,22
Largh. del capo agli angoli dei mascellari
19
12o
0,8065
0,1935
0,15
Id. a metà degli occhi
23
101
0,1290
0.6129
0,2581
0,22
Id. alle narici
10
25,50
A n 1
0,3871
0,6129
0,35
Alt. del capo a metà della reg. timpanica
14
À e A
48,50
A 1 A K
0,1935
0,8065
0,27
13
27
0,1613
0,4839
0,3548
0,44
Lungh. obi. del capo dairang.masc. al muso
22
1 A C C A
105,50
0,2258
0,7742
■ 0,19
Diametro interorbitale
14
OZ? t A
2d,50
A J OOA
0,4839
0,5161
0,49
Distanza dall'apice del muso alle narici .
11
A
0,7742
0,2258
1,25
14
Cì£} C A
2d,50
A
A r f\i^
0,58()d
0,4194
0,49
Id. dall'occhio al timpano
4
"1 e A
1,50
A
A 1 n A
0,6129
0,38/^1
2,00
Diametro massimo trasversale dell'occhio
14
i A K A
40,50
A
0,6451
0,3548
0,32
Id. minimo del timpano
9
15
A 1 OAA
0,1290
0,451 D
0,4194
0,53
Id. massimo del timpano
10
15,50
0,do48
0,6451
0,58
Lunghezza massima delle parotidi . . .
35
71
0,0645
0,3548
0,5806
0,48
T — 1 * 1 ' J
Larghezza id. id
14
32,50
0,4839
0,5161
0,40
Lunghezza del braccio
34
127,50
0,8065
0,1935
0,25
T J in» 1-
Id. dell avambraccio
41
98
0,0645
0,8710
0,0645
0,41
TI in
Id. della mano
91
0,0645
0,7097
0,2258
0,20
Id. del 1" dito
27
42
0,0645
0,4516
0,4839
0,62
TI 1 1 (T»/. l'l_
Id. del 2" dito
1 1
X X
36
0,1667
0,4667
0,3667
0,28
TI 1 1 o^-^ l*j_
Id. del 3° dito
17
44
0,0323
0,5484
0,4194
0,36
Id. del 4'' dito
12
31,50
0,6667
0,3333
0,34
Diametro mass, tubercolo palmare mediano
10
19,50
0,5161
0,4839
0,46
Id. id. id. id. interno .
9
13
0,1613
0,6451
0,1935
0,62
Lunghezza della coscia
34
134,50
0,6129
0,3871
0,24
Id. della gamba
21
126
0,0645
0,5484
0,3871
0,16
Id. del piede . .
37
213
0,4516
0,5484
0,18
TH HpI 1° Hifi,
16
00, Ov
(j
n fii fii
n '^Q
u.oy
Id. del 2" dito
25
58
0,1290
0,3548
0,5161
0,41
Id. del 3" dito
50
93.50
0,6129
0,3871
0,51
Id. del 4° dito
31
141
0,7742
0,2258
0,21
Id. del 50 dito
26
84,50
0,3226
0,6774
0,29
Lungh. del tubercolo metatarsale interno
11
16
0,1935
0,0323
0,7742
0,63
Id. id. id. esterno
12
11,50
0.5161
0,4839
0,96
Dist. dall'apice del 1" dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigit.
13
32
0,0323
0.5161
0,4516
0,38
Id. id. id. 2° dito
17
47
0,0645
0,5484
0,3871
0,34
Id. id. id. 3" dito
24
66,50
0,6129
0,3871
0,34
Id. id. id. 4" dito
20
20
0,0968
0,5806
0,3226
0,95
Lunghezza dflla ripiogatura tarsea
28
52..50
0.5806
0.4194
0.51
Serik II. Tom. LIV.
266
LORENZO CAMERANO
84
Sufo viridis.
Femmine in amore di Moncalieri.
.ce
•H-i
Media
F = M
F < M
F > M
>
Lunghezza del capo
23
105
0,0769
0,6154
0,3077
0,20
0.19
Largh. del capo agli angoli dei mascellari
24
120,50
0,4872
0,5128
Id. a metà degli occhi
17
94
0,0769
0,4359
0,4872
0,17
Id. alle narici
15
27
0,0769
0,8462
0,0769
0,52
Alt. del capo a metà della reg. timpanica
17
44
0,0513
0,4615
0,4872
0,36
Id. alle narici
15
27
0,1026
0,8462
0,0513
0,52
Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso
21
108
0,0769
0,4103
0,5128
0,19
Diametro interoi-bitale
13
28
0,0256
0,6154
0,3590
0,43
Distanza dall'apice del muso alle narici .
9
4
0,7949
0,2051
2,00
Id. dalle narici all'occhio
11
26
0,2051
0,3846
0,4103
0,38
Id. dall'occhio al timpano
7
3
0,1282
0,8205
0,0769
2,00
Diametro massimo trasversale dell'occhio .
13
40
0,0256
0,6410
0,3333
0,30
Id. minimo del timpano
11
16
0.2821
0,4359
0,2821
0,63
Id. massimo del timpano
11
16
0,3333
0,3846
0,2821
0,63
Lunghezza massima delle parotidi
20
72,50 .
0,4872
0,5128
0,25
Larghezza id. id. ....
15
29
0,1282
0,1795
0,6923
0,48
Lunghezza del braccio
28
110,50
0,3846
0,6154
0,24
Id. dell'avambraccio
16
81,50
0,5385
0,4615
0,18
Id. della mano
15
83
0,0513
0,4615
0,4872
0,17
Id. del 1° dito della mano
17
43
0,1282
0,5897
0,2821
0,37
Id. 2° dito id
12
32,50
0,2308
0,7692
0,34
Id. 3° dito id
19
42
0,2051
0,4103
0,3846
0,43
Id. 4° dito id
11
29
0,1282
0,3846
0,4872
0,34
Diam. mass, del tubercolo palmare mediano
13
17,50
0,1026
0,5385
0,3590
0,68
Id. id. id. interno
8
11
0,4872
0,5128
0,64
Lunghezza della coscia
28
129,50
0,4615
0,5385
0,21
Id. della gamba
24
119,50
0,5128
0,4872
0,19
Id. del piede
45
216
0,1282
0,6410
0,2308
0,21
Id. del 1° dito del piede
17
39
0,1282
0,3333
0,5385
0,41
Id. 2« dito id.
25
60
0,0513
0,3846
0,5641
0,40
A AK 1 Q
A OQAQ
A 71 7Q
A QA
Id. 4"' dito id.
43
147
0,0513
0,8718
0,0769
0,29
Id. 5° dito id.
22
88,50
0,4103
0,5897
0,24
Lungh. del tubercolo metatarsale interno .
9
19
0,1026
0,4103
0,4872
0,42
Id. id. id. esterno
12
8,50
0,4615
0,5385
1,13
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigitale
13
32
0.1026
0.4615
0,4359
0,38
Id. id. del 2» dito ' . .
18
43,50
0,4615
0,5385
0,39
Id. id. del 3° dito .
20
62.50
0,5385
0,4615
0,30
Id. id. del 4° dito
18
18,50
0.6667
0,3333
0,92
Lunghezza della ripiegatura tarsale . .
16
53,50
0.3333
0.6667
0,28
85
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUl'., i;C(
2(J7
B ufo V irid i s.
Femmiìie in amore di Sassari.
Indice
di variabilità
Media
F = M
F M
D — d
Lunghezza del capo
29
112
0,0500
0,5500
0,4000
0,25
Largii, del capo agli angoli dei mascellari
23
131
0,0500
0,4500
0,5000
0,17
Id. a metà degli nof-hì
22
102,50
0,8500
0,1500
0,20
Id. alle narici
15
23
0,1500
0,2000
0,6500
0,61
Alt. del capo a metà della regione timpanica
31
49,50
0,5000
0,5000
0,62
Id. alle narici
9
26
0,2000
0,2000
0,6000
0,31
Lungh.obl. del capo dall'ang. masc. al muso
23
109
0,1000
0,1500
0,7500
0,20
Diametro interorbitale .
12
27,50
0,4000
0,6000
0,40
Distanza dall'apice del muso alle narici .
19
9,50
0,7500
0,2500
1.90
Id. dalle narici all'occhio
12
24,50
0.4500
0,5500
0,44
Id. dairoccliio al timpano
10
4,50
0,9000
0,1000
2,00
Diametro massimo trasversale dell'occhio
14
40,50
0,6000
0,4000
0,32
Id. minimo del timpano
18
13,50
0,5000
0,5000
1,26
Id. massimo del timpano
16
14,50
0,2000
0,8000
1,03
Lunghezza massima delle parotidi . . .
28
82,50
0,4500
0.5500
0,33
Larghezza id
15
42
0,0500
0,5500
0,4000
0,33
Lunghezza del braccio
32
124,50
0,4500
0,5500
0,25
Id. dell'avambracco ... ....
21
92
0,6000
0,4000
0,22
Id. della mano
20
86,50
0,3000
0,7000
0,22
Id. del 1° dito
12
44,.50
0,7500
0,2500
0,24
Id. del 2" dito
1
35,50
0,5500
0,4500
0,26
Id. del 3° dito
20
39,50
0,2000
0,8000
0,41
Id. del 4° dito
11
31
0,1500
0,6500
0,2000
0,32
Diametro mass, tubercolo palmare mediano
6
20,50
0,6000
0,4000
0,24
Id. id. id. id. interno .
13
11
0,1500
0,2000
0,6500
1.09
Lunghezza della coscia
35
136
0,0500
0,8500
0,6000
0,26
Id. della gambti
26
124,50
0,4000
0,6000
0,21
Id. del piede
39
221
0,0500
0,4000
0,5500
0,17
Id. del 1° dite
12
36,50
0,4500
0,5500
0,30
Id. del 2° dito
16
58,50
0,4500
0,5500
0,25
Id. del 3° dito
23
93
0,1000
0,3500
0,5500
0,24
Id. del 4'^ dito
38
137,50
0,3500
0,6500
0.26
Id. del 5" dito
17
89
0,0500
0,4000
0,5500
0,18
Lungh. del tubercolo metatarsale interno
9
20
0,1500
0,5500
0,3000
0.40
Id. id. id. esterno
13
10
0,0500
0,7.500
0,2000
1.20
Dist. dall'apice del 1" dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigit.
16
33,50
0.6500
0,3500
0.44
Id. id. id. 2^ dito
16
46,50
0,6500
0,3500
0,32
Id. id. id. 3° dite
29
69
0,0500
0,8000
0,1500
0,41
Id. id. id. 4" ditf)
12
18,-50
0,5500
0,4500
0,59
Lunghezza della ripiegatura tarsea
25
51
0,1000
0,2500
0.6500
0.49
268
LORENZO CAMERANO
86
Bufo viridis.
Femmine in amore di Candia.
Indice
di variabilità
Media
F = M
F M
D —d
Lunghezza del capo
16
100,50
0,5455
0,4545
0,15
Largh. del capo agli angoli dei mascellari
12
117,50
0,5455
0,4545
0,09
Id. a metà degli occhi
11
95
0,0909
0,4545
0,4545
0,11
Id. alle narici
8
24,50
0,6364
0,3636
0,28
Alt. del capo a metà della reg. timpanica
7
43
0,1818
0,4545
0,3636
0,14
Id. alle narici
7
25
0,2727
0,2727
0,4545
0,24
Lungh. obi. del capo dall'ang, masc. al muso
17
108
0,0909
0,7273
0,0909
0,48
Diametro interorbitale
8
27,50
.
0,6364
0,3636
0,28
Distanza dall'apice del muso alle narici .
15
7
0,7273
0,2727
2,00
Id. dalle narici all'occhio
7
25
0,1818
0,2727
0,5455
0,24
Id. dall'occhio al timpano
7
5
0,2727
0,6364
0,0909
"1,20
Diametro massimo trasversale dell'occhio
7
41
0,3636
0,2727
0,3636
0,15
Id. minimo del timpano
10
13,50
0,3636
0,6364
0,68
Id. massimo del timpano
9
17
0,2727
0,4545
0,2727
0,47
Lunghezza massima delle parotidi .
12
76,50
0,4545
0,5455
0,14
Larghezza id. id
17
33
0,0909
0,4545
0,4545
0,48
Lunghezza del braccio
18
119,50
0,6364
0,3636
0,14
Id. dell'avambraccio
12
89,50
0,4545
0,5455
0,12
Id. della mano
9
86
0,0909
0,5455
0,3636
' 0,10
Id. del 1'^ dito
10
39,50
0,3636
0,6364
0,23
Id. del 2° dito
9
35
0,0909
0,6364
0,2727
0,23
Id. del 3" dito
13
45
0,5455
0,4545
0,27
Id. del 4» dito
9
32
0,5455
0,4545
0,25
Diam. mass, tubercolo palmare mediano .
9
20
0,1818
0,3636
. 0,4545
0,40
Id. id. id. id. interno .
11
13
0,7273
0,2727
0,77
18
130,50
0,3636
0,6364
0,13
Id. della gamba
22
128,50
0.9091
0,0909
0,16
Id. del piede
22
205,50
0,7273
0,2727
0,12
Id. del 1° dito
10
37,50
0,6364
0,3636
0,24
Id del 2" dito
16
58,50
5455
0,4545
0,26
Id. del 3° dito
18
91^50
0,3636
0,6364
0^18
Id. del 4» dito
22
133,50
0,6364
0,3636
0,15
Id. del 5° dito
14
87,50
0,6364
0,3636
0,15
Lungh. del tubercolo metatarsale interno
11
20
0,0909
0,5455
0,3636
0,50
Id. id. id. esterno
13
11
0,1818
0,5455
0,2727
1,09
Dist. dall'apice del 1° dito a metà dei mar-
gine Ubero della membrana interdigitale
10
30,50
0,5455
0,4545
0,29
Id. id. id. 2" dito
18
46,50
0,9091
0,0909
0,36
Id. id. id. 3° dito
16
58,50
0,3636
0,6364
0,26
Id. id. id, 4° dito
13
16
0,0909
0,5455
0,3636
0,75
Lunghezza della ripiegatura tarsea .
15
50
0.0909
0,3636
0,5455
0,28
87
RICEKCHK INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LllUr., ECC.
269
Bufo vifidis.
Femmine in amore dì Corfù.
1
Indice
di variabilità
Media
F M
n A
\j — rt
1
\ (D+rf)
Lunghezza del capo
30
100,50
0,2308
0,7692
0,28
Largh. del capo agli angoli dei mascellari
30
122,50
0,2154
0,7846
0,24
Id. a metà degli occhi
30
100,50
0,5000
0,5000
0,28
Id. alle narici
1 1
J. X
25
0,1154
0,2308
0,6538
0,40
Alt. del capo a metà della reg. timpanica
17
43
0,1538
0,5000
0,3462
>
0,37
Id. alle narici
Q
25
0,2308
0,3462
0,4231
0,36
Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso
40
124,50
0,9615
0,0769
0,31
29
0,1923
0,7308
0,0769
0,40
Distanza dall'apice del muso alle narici .
7,50
0,3846
0,6154
1,86
Id. dalle narici all'occhio
7
26
0,1154
0,4615
0,4231
0,23
r.
o
2
0,0769
0,6923
0,2308
2,00
Diametro massimo trasversale dell'occhio
1 4
40,50
0,5000
0,5000
0,32
Q
17
0,2308
0,5000
0,2692
0,47
Id. massimo del timpano
Q
17
0,1923
0,3462
0,4615
0,47
Lunghezza massima delle parotidi
80,50
0,6154
0,3846
0,28
Larghezza id. id. ...
91
33
0,0769
0,6538
0,2692
0,60
Lunghezza del braccio
9Q
111
0,0769
0,4231
0,5000
0,25
Id. dell'avambraccio
uO
87,50
0,3462
0,6154
0,31
Id. della mano
1 L
90,50
0,6154
0,3846
0.14
Id. del 1° dito della mano
1 fi
lo
42,50
0,4231
0,5769
0,35
Id. 2" dito id.
io
35
0,2000
0,2400
0,5600
0,40
Id. 3° dito id.
9
47
0,0800
0,6000
0,3200
0,17
Id. 4" dito id.
16
35,50
0,8400
0,1600
0,42
Diam. mass, del tubercolo palmare mediano
8
17,50
0,3846
0,6154
0.40
Id. id. id. interno
9
IO
0,2308
0,4615
0,3077
0,80
Lungiiezza della coscia . . . .
40
144,50
0,6923
0,3077
0,27
Id. della gamba
24
126,50
0,3077
0,6923
0,18'
Id. del piede . . . .
46
219,50
0,4615
0,5385
0,21
Id. del 1" dito del piede
18
39,50
0,8077
0,1923
0,43
Id. 2^ dito id
21
60
0,4615
0,5385
0,33
Id. 3° dito id
25
96
0,0769
0,4231
0,5000
0,25
Id. 4° dito id
28
145,50
0,8462
0.1538
0,18
Id. 5° dito id
24
95,50
0,6667
0,3333
0,24
Lungh. del tubercolo metatarsale interno .
9
18
0,1154
0,5000
0,3846
0,44
Id. id. id. esterno
9
10
0,1538
0,4615
0,-23OS
0,80
Dist. dall'apice del 1" dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigit.
18
33,50
0,5385
' 0,4615
0.51
Id. id. del 2" dito
18
43,50
0,2308
! 0,7692
, 0,39
Id. id. del .3° dito . .
18
66,50
0.3846
0,6154
0,25
Id. id. del 4" dito
14
20,50
0,7692
0.2308
0,63
Lunghezza della ripiegatura tarsea .
16
53,50
(ì
! 0..".769
0,4 2M1
0.28
270
LORENZO CAMERANO
88
Bufo viridis.
Individui giovani del contorno di Torino (lunghezza base da 20 a 40 millimetri).
Indice
di variabilità
Media
F = M
F M
D — d
1 (D4-/ÌÌ
23
126
0,0333
0,5667
0,4000
0,17
Largii, del capo agli angoli dei mascellari
30
129,50
0,4000
0,6000
0,22
Id. a metà des-li n<^r-hi
24
108,50
0,6000
0,4000
0,21
Id. alle narici
10
29,50
0,4667
0,5333
0,31
Alt. del capo a metà della reg. timpanica
16
56,50
0,6667
0,3333
0,26
Id. alle nai'ici
11
29
0,2000
0,5667
0,2333
0,34
Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso
29
130
0,0333
0,6000
0,3667
0,21
18
33,50
0,5000
0,5000
0,51
Distanza dall'apice del muso alle narici .
15
10
0,7000
0,3000
1,50
Id. dalle narici all'occhio
16
32,50
0,5667
0,4333
0,45
Id. dall'occhio al timpano
8
3,50.
0,9333
0,0667
2,00
Diameti'o massimo trasversale dell'occhio
21
50
0,1667
0,4667
0,3667
0,40
Id. minimo del timpano
11
12
0,2174
0,2609
0,5217
0.83
Id. massimo del timpano
11
12
0,2174
0,2609
0,5217
0,83
Lunghezza massima delle parotidi .
25
74
0,1429
0,4286
0,4286
0,32
17
32
0,6429
0,4571
0,50
Lunghezza del bracci*^
41
113
0,0667
0,5667
0,3667
0,35
Id. dell'avambraccin
22
82,50
0,4667
0,5333
0,25
Id. della mano
35
91
0,8000
0,2000
0.37
Id. del 1° dito
28
44,50
0,6429
0,3571
0,60
Id. del 2° dito
13
37
0,0714
0,7143
0,2143
0,32
Id. del 3° dito
19
49
0,0357
0,4286
0,5357
0,38
Id. del 4" dito
16
32,50
0,6071
0,3929
0,45
Diametro mass, tubercolo palmare mediano
11
12
0,0667
0,2000
0,7333
0,83
Id. id. id. id. interno .
14
10,50
0,9000
0,1000
1,20
Lunghezza della coscia
44
136,50
0,7333
0,2667
0,31
Id. della gamba
39
125
0,0333
0,5667
0,4000
0,30
Id. del piede
66
212,50
0,5667
0,4333
0,30
Id. del 1" dito
19
42
0,0333
0,4333
0.5333
0,43
Id. del 2" dito
30
62,50
0,7667
0,2333
0.46
lA Arsì Qo AH-r\
Ld. del o dito
29
v,Uooo
U,uooo
U,oooo
U,OU
Id. del 4" dito
44
136,50
0,6000
0.4000
0,31
Id. del 5" dito
22
90,50
0,7667
0,2333
0,23
Lungh. del tubercolo metatarsale interno
11
17
0,0667
0,7000
0,2333
0,59
Id. id. id. esterno
6
5,50
0,4138
0,5862
0,99
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigit.
17
32
0,5000
0,5000
0,16
Id. id. id. 2° dito
20
48,50
0,6667
0,3333
0,39
Id. id. id. 3° dito
28
76,50
0,5667
0,4333
0,35
Id. id. id. 4° dito
22
25,50
0,5333
0,4667
0,82
Lunghezza della ripiegatura tarsea . . .
31
57
0,8000
0,2000
0,53
89
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUl'., ECC.
271
Bufo viridis.
Individui giovani di Catania (lunghezza base da 30 a 50 millimetri).
Indice
di variabilità
Media
F = M
F < M
F>M
D-d
Lunghezza del capo
18
122,50
0,4545
0,5455
0,14
Largh. del capo agli angoli dei mascellari
32
126,50
0,7273
0,2727
0,24
Id. a metà degli occhi
23
103
0,5455
0,4545
0,21
Id. alle narici
13
28.50
0,8182
0,0909
0,42
Alt. del capo a metà della reg. timpanica
11
50
0,7273
0,2727
0,20
Id. alle narici
12
28,50
0,3636
0,6364
0,38
Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso
21
123
0,0909
0,3636
0,5453
0,16
Diametro interorbitale
21
33
0,0909
0,5455
0,3636
0,61
Distanza dall'apice del muso alle narici .
7
6
0,1818
0,5455
0,2727
1,00
Id. dalle narici all'occhio
12
28,50
0,4545
0,5455
0,38
Id. dall'occhio al timpano
12
5,50
0,7667
0,2222
2,00
Diametro massimo trasversale dell'occhio
11
42
0,0909
0,4545
0,3636
0,24
Id. minimo del timpano
8
12,50
0,6667
0,3333
0,56
Id. massimo del timpano
8
12,50
0,6687
0,3333
0,56
Lunghezza massima delle parotidi .
17
78
0,0909
0,3636
0,5455
0,21
Larghezza id
18
36,50
0,5455
0,4545
0,47
Lunghezza del braccio
33
117
0,0909
0,4545
0,4545
0,27
31
80
0,4545
0,5455
0,38
Id. della mano
22
87,50
0,2727
0,7273
0,24
Id. del 1° dito
15
40
0.6364
0,3636
0,35
Id. del 2° dito
12
33,50
0,1818
0.8182
0,33
Id. del 3» dito
9
47
0,1818
0,4545
0,3636
0,17
Id. del 4° dito
19
32
0,7273
0,2727
0.56
Diametro mass, tubercolo palmare mediano
13
17
0,1818
0,4545
0,3636
0,71
Id. id. id. id. interno .
13
10
0,5455
0.4545
1,30
Lunghezza della coscia
50
122,50
0,2727
0,7273
0,40
Id. della gamba
53
116
0,1818
0.8182
0,44
Id. del piede
63
204
0,0909
0,2727
0,6364
0,30
Id. del P dito
17
41
0,5455
0,4545
0,39
IH rial 9o Hifr»
14
0^,00
Q
U,0'±00
U, '104:0
hi. del 3° dito
17
98
0,0909
0,5455
0.3636
0,16
Id. del 4° dito
30
142,50
0.7273
0,2727
0,20
Id. del 5° dito
32
94,50
0,6364
0,3636
0,33
Lungh. del tubercolo metatarsale interno
9
19
0,1818
0,3636
0,4545
0,42
Id. id. id. esterno
9
8
0.3636
0,6364
1.00
Dist. dall'apice del l^dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigit.
14
27.50
0.1818
0,8182
0,17
0,35
Id. id. id. 2" dito
17
46
0,0909
0.4545
0.4545
Id. id. id. 3° dito
20
69,50
0,5455
0,4545
0.27
Id. id. id. 4° dito . . .
12
20,50
0,3636
0.6364
0.53
Lungh. della ripiegatura tarsea
24
44,50
0.1S18
0.8182
0.51
272
LORENZO CAMERANO
90
Bufo viridis.
Individui giovani di Sassari (lunghezza base da 30 a 50 millimetri).
Indice
di variabilità
Media
F = M
F M
D — d
i- (D-l-d
Lunghezza del capo
28
104,50
0,2000
0,8000
0,2
Largh. del capo agli angoli dei mascellari
27
121
0,2000
0,8000
0,21
Id. a metà degli occhi
26
102,50
0,5000
0,5000
0,24
Id. alle narici
7
26
0,3000
0,6000
0,1000
0,23
Alt. del capo a metà della reg. timpanica
10
46,50
0,2000
0,8000
0,19
Id. alle narici
9
27
0,1000
0,4000
0,5000
0,30
Lungh. obi. del capo dall'ang. masc.almuso
27
121
0,5000
0,4000
0,21
Diametro interorbitale
16
88,50
0,7000
0,3000
0,45
Distanza dall'apice del muso alle narici .
19
9
0.8000
0,2000
2,00
Id. dalle narici all'occhio
14
29,50
0,6000
0,4000
i 0,44
Id. dall'occhio al timpano
8
4
0,8000
0,6000
0,1000
1,75
Diam. massimo trasversale dell'occhio .
15
46
0,1000
0,3000
0,6000
0,30
Id. minimo del timpano
7
11
0,5000
0,5000
0,55
Id. massimo del timpano
7
11
0,5000
0,5000
0,55
Lunghezza massima delle parotidi .
29
80
0,3000
0,7000
0,35
Larghezza id
22
84,50
0,3000
0,7000
0,61
Lunghezza del braccio
23
119
0,1000
0,9000
0,19
Id. dell'avambraccio
81
87
0,8000
0,7000
0,84
Id. della mano
21
92
0,1002
0,5000
0,4000
0,22
Id. del 1" dito
14
42,50
0,3000
0,7000
0,30
Id. del 2" dito
17
33
0,1000
0,8000
0.7000
0,48
Id. del 3« dito
18
47
0,2000
0,5000
0,3000
0,26
Id. del 4° dito
11
29
0,1000
0,2000
0.7000
0,34
Diametro mass, tubercolo palmare mediano
11
17
0,3000
0,4000
0,3000
0,59
Id. id. id. id. interno .
9
10
0,1000
0,7000
0,2000
0,80
Lunghezza della coscia
82
185,50
0,4000
0,6000
0,23
Id. della gamba
15
127
0,4000
0,6000
0,11
Id. del piede
88
210,50
0,3000
0,7000
0,12
Id. del 1° dito
12
86,50
0,7000
0,3000
0,30
la. del 2° dito
18
56,50
0,7000
0,3000
0,30
Id. del 3° dito
31
87
0,8000
0,7000
0,84
Id. del 4° dito
30
184,50
0,4000
0,6000
0,22
Id. del 5« dito
26
89,50
0,4000
0,6000
0,28
Id. del tubercolo metatarsale interno . .
11
17
0,2000
0,3000
0,5000
0,59
Id. id. id. esterno . .
10
11,50
0,9000
0,1000
0,78
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigit.
15
34
0,1000
0,7000
0.2000
0,41
Id. id. id. 2° dito
14
48,50
0,8000
0,7000
0,26
Id. id. id. 3" dito
20
69,50
0,6000
0,4000
0,27
Id. id. id. 4" dito
10
21,50
0,4000
0,6000
0,41
Lunghezza della ripiegatura tarsea
12
50,50
0,6000
0,4000
0,22
91
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDI.S Laur., ECC.
273
Ji ufo V i r i d is.
Individui giovani di Siria (lunghezza base da 30 a 50 millimetri).
Indice
di variabilità
j
Media
1
F = M
1
1
: F < M
F>M
1) — a
i(D+rf)
40
100,50
0,1000
0,9000
0,38
Largh. del capo agli angoli dei mascellari
1 12
127,50
0,8000
0,2000
0,09
Id. a metà degli occhi
66
114
0,7000
0,3000
0,57
Id. alle narici
8
27,50
0,9000
0,1000
0.25
Alt. del capo a metà della reg. timpanica
9
44
0,5000
0,5000
0,20
8
27,50
0,8000
0,2000
0,25
Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso
17
117,50
0,4444
0,5556
0,13
12
30,50
0,3333
0,6667
0,36
Distanza dall'apice del muso alle narici .
6
5,50
0,7667
0,2222
0,91
Id. dalle narici all'occhio
9
29
0,4444
0,5556
0,28
8
3,50
0,6667
0,3333
2,00
Diametro massimo trasversale dell'occhio
14
47,50
0,7667
0,2222
0,27
Id. minimo del timpano
9
12
0,1111
0,2222
0,6667
0,67
Id. massimo del timpano
8
12,50
0,2222
0,7667
0.56
Lunghezza massima delle parotidi .
30
79,50
0,4444
0,5556
0,37
Lai'ghezza id
22
43,50
0.6667
0,3333
0,48
Lunghezza del braccio
23
117
0,6667
0,3333
0^18
Id. dell avambraccio . .
21
80
0,1111
0,8889
0,25
Id. della mano ...
29
84
0,3333
0,6667
0,33
Id. del 1° dito
17
41
0,2222
0,2222
0,5556
0,39
Id. del 2° dito
15
34
0,2222
0,3333
0,4444
0,41
Td. del 3° dito
10
44,50
0,4444
0,5556
0,20
Id. del 40 dito
18
32,50
0,7667
0,2222
0.52
Diametro mass, tubercolo palmare mediano
5
18
0,3333
0,4444
0,2222
22
Id. id. id. id. interno .
10
12,50
0,5556
0,4444
0.72
Lunghezza della coscia .
32 '
133,50
0,4444
0,5556
0,23
Id. della gamba .
13 ,
129
0,2000
0,4000
0,4000
0^10
Id. del piede
44 1
205,50
0,3000
0,7000
0^21
Id. del 1« dito
9 '
37
0,7667
0,2222
0,22
Id. del 2° dito
22
59,50
:
0,7667
0,2222
0,35
Id. del 3° dito
30
90,50
0,6667
0.3333
0,32
Id. del 4° dito
24
137,50
0,5556
0,4444
0,17
Id. del 5" dito
18
89,50
0.5556
0.4444
0,19
Lungh. del tubercolo metatarsale interno
7
17
0,2222
0,7667
0,35
Id. id. id. esterno
13 ;
10
0,5556
0,4444
1,25
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar-
gine libero della membrana intordigit. i
13
31
1
0,6667
0,3333
0,39
Id. id. id. 2° dito
17
43
0,1111
0.2222
0.6667
0,37
Id. id. id. 3« dito . .
20
62.50
0.3333
0,6667
0,30
Id. id. id. 4° dito
11 i
21
0,6667
0,3333
0,48
Lunghezza della ripiegatura tarsea .
22
51. .'0
o.r,r,r,7
0.31
Serie II. Tom. LIV.
274
LORENZO CAMERANO
92
Bufo mauritanicus.
Maschi in amore
Lunghezza del capo
Largh. del capo agli angoli dei mascellari
Id. a metà degli occhi
Id. alle narici
Alt. del capo a metà della reg. timpanica
Id. alle narici
Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso
Diametro interorbitale
Distanza dall'apice del muso alle narici .
Id. dalle narici all'occhio
Id. dall'occhio al timpano
Diametro massimo trasversale dell'occhio
Id. minimo del timpano
Id. massimo del timpano
Lunghezza massima delle parotidi .
Larghezza id. id
Lunghezza del braccio
Id. dell'avambraccio
Id. della mano
Id. del 1° dito
Id. del 2° dito
Id. del 3° dito
Id. del 4" dito .
Diam. mass, tubercolo palmare mediano .
Id. id. id. id. interno .
Lunghezza della coscia
Id. della gamba
Id. del piede
Id. del 1» dito
Id. del 2° dito
Id. del 3" dito
Id. del 4° dito
Id. del 5° dito
Lungh. del tubercolo metatarsale interno
Id. id. id. esterno
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigitale
Id.
id.
id.
2«
dito
Id.
id.
id.
3°
dito
Id.
id.
id.
40
dito
Lunghezza della ripiegatura tarsea
Classi
streme
Indice
di
variabilità
Media
D — d
83-110
28
96,50
0,27
103-150
48
126,50
0,37
75-100
26
87,50
0,29
19-31
13
25
0,48
42-56
15
49
0,29
22-30
9
26
0,31
87-126
40
106,50
0,36
24-38
15
31
0,45
6-27
12
16,50
0,67
17-34
12
25,50
0,43
3-12
10
7,50
1.20
32-45
14
38,50
0,34
1 2-1 7
6
14,50
0,34
14-23
10
18,50
0,48
63-93
31
78
0,38
27-49
23
38
0,58
99-139
41
119
0,33
72-112
41
92
0,43
75-96
22
85,50
0,24
34-46
13
40
0.30
21-39
19
30
0,60
32-46
15
39
0.36
21-33
13
27
0,44
18-29
12
23,50
0,46
1 2-22
11
17
0,59
120-166
47
143
0,32
1 20-1 53
34
136,50
0,24
1 8Q-24.7
XOU LJ-t i
59
218,50
0,26
30-46
17
38
0,42
00- /
lo
DD,OU
yj,to
77-116
40
96,50
0,40
117-153
37
135
0,26
80-104
25
92
0,26
14-24
11
19
0,53
8-15
8
11,50
0,61
24-43
20
33,50
0,56
26-55
30
40,50
1 0,71
41-79
39
60
0,63
13-29
17
21
0,76
44-58
15
51
0,27
93
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC.
275
Bufo rnauritunicus.
FeTHììiitie iìi ciìHove
Classi
estreme
TnH 1 PO
di
V tXl iciUlil tct
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—
D — d
1 .linfTMO'/VQ Milli /•OTlrt
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JjUllg llc/(Z.<* llldoollllct LlCllC/ ^aiL\J\jL\Xl . . .
78-102
25
90
o'27
T .O l'fT M O"?*? Q lA
37-61
25
49
0,49
T . n n o" li o^'T'o n a1 at'q a
126-136
11
131
0,76
Tm Airill O TTQ ITI AVQ i^Ol A
78-97
10
87,50
0,10
T ri ci al 1 o 111 o n A
88-95
8
91,50
o',08
Tri rlAl rlitn
44-51
8
47*50
0^14
Tri HaI 90 rlii-n
32-37
6
34,50
0,14
Tri HaI ^0 pliff^
42-52
11
47
0,21
Tri f\i^] HifA
25-28
4
26,50
0,11
T^iQTnpfrA TTifi^ci ■fiiKpT'pnìn TifilmJìT'A TTiAniiiTin
±J IdjlilK^ÌjL \J lllcloo. U LI Liei vyV/lv/ L/Clllllt*! 111 CU.1<*.11V^
23-28
6
25,50
0^19
Tri irl 1 fT in iTii"A"rTirt
lU. Iti. lU. lU.. Ili uCl IIU •
1 5-1 8
4
1 6 50
18
J_iUIlgil6ZZa Ucllci CObOld.
1 41 -1 60
20
1 50 50
12
lU. UGlId gclIilUcl ...
1 41 -1 55
i t: 1. X 00
1 5
148
09
Tri /ir^l TMi^rlo
21 3-240
28
226 50
0,12
Id. del 1» dito
35-42
8
38,50
0,'l8
Id. del 2° dito
53-68
16
60,50
0,24
Id. del 3° dito
92-102
11
97
0,10
Id. del 4° dito
132-149
18
141
0,12
Id. del 5° dito
88-94
7
91
0,07
Id. del tubercolo metatarsale interno . .
18-23
6
20,50
0,24
Id. id. id. esterno . .
10-15
6
12,50
0,40
■^•■^ + •''iirapice del 1° dito a metà del mar-
della membrana interdigit.
26-37
12
31,50
0,34
dito
46-55
10
50.50
0,17
dito
60-75
16
67,50
0,22
dito
18-25
8
21,50
0,32
igatura tarsea
40-60
21
50
0,40
95
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS LaUF., ECC.
277
Bufo veffularis.
Maschi in amore (lungh. dall'apice del muso all'apertura cloacale m. 0,010 a m. 0,030.
1
1
1
Classi
estreme
1 Indice di variabili! i
iJIJL C VK A CU
F = M
F M
D-d
— _
Q7-1 30
34
1 1 3 f^O
0,4483 '
0,5517
9Q
v,^y
1 1 O.l QO
i 1 o- ± oo
21
1 9ft
0,1379
0,5862
0,2759
1 fi
OQ
21
0,0345
0,3103
0,6552
90
13
9^
0,1034
0,3793
0,5172
18
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15
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0,1034
0,6897
0.2069
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0,4827 ;0,5172
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0,0345
0.3448 0,6207
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0,7241 0,2759
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90-39
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0,2414 0,3793 0,3793
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0,5517 0,3793
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0,7586 0,2414
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0,5862
0,4138
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0,4827
0,4827
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19
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0,06900,3793
0,5517
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19
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0,1034 0,3793
0,5172
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28
0,0690 0,5517
0.3793
0,50
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0,17240,1724
0,6552
19
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11
1 1
0,2414 0,4138
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22
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0,5172
0,4827
A 1
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25
1 99
0,03450,6552
0.3103
A 1 Q
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1 Q7 9Q7
Ivi -iuo 1
41
917
0,8276
0,1724
A 1 Q
Id. del 1° dito
31-43
13
37
0,5517
0,4483
0,32
Id. del 2° dito
47-71
,25
59
0,1034,0,3793
0,5172
i 0,41
Id. del 3° dito
83-111
29
97
0,06900,5172
0,4138
1 0,29
Id. del 4"^ dito
123-146
24
134,50
'
0,5172
0,4827
0,17
Id. del 5" dito
75-98
,24
86,50
0,5517
0.4483
0,26
Lungh. del tubercolo metatarsale interno
10-17
8
13,50
0,2414
0,7580
0,51
Id. id. id. esterno
3-16
14
9,50
0,3793
0,6207
0,14
Dist. dall'apice del P dito a metà del mar-
1
gine libero della membrana interdigit.
23-40
18
31,50
1
0,4138
'o,5862
0,54
19
45
0,1034
0.4827
0,4138
0,40
52-77
26
1 64,50
i
0,7931
0,2069
0,38
Id. id. id. 4° dito
14-30
il7
22
0,0345
0,6897
0,2759
0,73
Lunghezza della ripiegatura tarsea
15- e, 2
IP
53.50
(>,r,fi(;-2
(».I138
0.31
278
LORENZO CAMERANO
96
Bufo regiilaris.
Femmine in amore (lungh. dall'apice del muso all'apertura cloacale m. 0,010 a m. 0,030).
1^
Classi
'u
n lì
U il
estreme
>
Media
F = M
F M
o
13
1 — 1
Lunghezza del capo
100-122
23
111
0,1364
0,5455
0,3182
0,19
Largh. del capo agli angoli dei mascellari
118-13821
128
0,045510,7273
0,2273
0,15
Id. a metà degli occhi
90-108 19
99
0,0455|0,4091
0,5455
0,18
Id. alle narici
21-30
10
25,50
0,5455
0,4545
0,35
Alt. del capo a metà della reg. timpanica
43-55
13
49
0,13640,2722
0,5909
0,24
22-32
11
27
0,13640,6364
0,2273
0,37
Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso
101-130
30
115,50
0,6364
0,3636
0,25
Diametro interorbitale
25-36
12
30,50
0,6364
0,3636
0,36
Distanza dall'apice del muso alle narici .
0-11
12
5,50
0,9091
0,0909
2,00
Id. dalle narici all'occhio
23-33
11
28
0,1364
0,5000
0,3636
0,36
Id. dall'occhio al timpano
0-2
3
1
0,9091
0,0909
2,00
Diametro massimo trasversale dell'occhio
35-47
13
41
0,3636
0,6364
0,29
Id. minimo del timpano
18-28
11
23
0,2273
0,4545
0,3182
0,43
Id. massimo del timpano
20-29
10
24,50
0,4555
0,5455
0,20
Lunghezza massima delle parotidi . . .
55-80
26
67,50
f\
u
0,DOD4:
0,3636
0,37
Larghezza id. id. ....
16-26
11
21
0,1818
0,3182
0,5000
0,48
Lunghezza del braccio
98-122
25
110
0,0909
0,4545
0,4545
0,22
Id. dell'avambraccio
bl-oo
26
73,50
0,4545
0,5455
0.34
Id. della mano
77-94
18
85,50
0,5000
0,5000
0,19
Id. del dito della mano
33-59
27
46
0,0909
0,5000
0,4091
0,57
Id. 2° dito id
26-41
16
33,50
0,7727
0,2273
0,44
Id. 3» dito id
37-52
16
44,50
0,5455
0,4545
0,33
Id. 4« dito id.
21-33
13
27
0,0909
0,5000
0,4091
0,44
Diam. mass, del tubercolo palmare mediano
17-23
7
20
0,2273
0,5000
0,2727
0,30
Id. id. id. interno
9-17
9
13
0,1818
0,4091
0,4091
0,62
120-151
32 135,50
0,3636
0,6364
0,23
Id. della gamba
120-137
18128,50
0,5909
0,4091
0,13
Id. del piede
197-216
20,206,50
0,4545
0,5455
0,09
Id. del 1° dito del piede
31-46
16
38,50
0,6818
0,3182
0,39
Id. 2° dito id
51-72
22
61,50
0,7727
0,2273
0,34
Id. 3° dito id
85-122
38
103,50
0,9091
0,0909
0,36
Id. 4° dito id
120-144
25
132
0,0909
0,5455
0,3636
0,18
Id. 5° dito id
79-105
27
92
0,0909
0,8636
0,0455
0,28
Lungh. del tubercolo metatarsale interno .
12-24
13
18
0,9545
0,0455
0,67
Id. id. id. esterno
3-14
12
8,50
0,4545
0,5455
0,13
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigit.
23-38
16
30,50
0,3182
0,6818
0,49
Id. id. del 2° dito
34-50
17
42
0,1818
0,4091
0,4091
0,38
Id. id. del 3° dito
52-72
21
62
0,0455
0,5909
0,3636
0,32
0,74
Id. id. del dito
11-24
14
17,50
0,2727
0,7273
Lunghezza della ripiegatura tarsea .
42-62
21
52
0,0455
0,5455
0,4091
0,38
97
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE DEL BUFO VIRIDIS Laur., ECC.
279
Bufo reg ulnris.
Individui (jiovani (lungh. dall'apice del muso all'apertura cloacale ni. 0,010 a in. 0,030).
Gioissi
estreme
[Indice di variabilitii
Media
F = M
F M
Ti — f/
Lunghezza del capo
120-144
25
132
1
1
0,1538'o,4038
0,4423
0,18
Largii, del capo agli angoli dei mascellari
120-154
35
137
0.7115
0,2885
0.24
90-120
31
105
0,6731
0,3269
0.28
18
33,50
0,4423
0,5577
0,51
Alt. del capo a metà della reg. timpanica
47-64
18
55,50
0,4231
0,5769
0,31
Id. alle narici
34-42
9
38
0,05770,4615
0,4409
0,21
Lungh. obi. del capo dall'ang. masc. al muso
126-154
29
140
0,0192 0,4423
0,5385
0,20
34-51
19
42,50
0,7308
0,2692
0,42
Distanza dall'apice del muso alle narici .
0-9
10
4,50
0,4667
0,5333
2,00
Id. dalle narici all'occhio
?ì3-42
20
32,50
0,3269
0,6731
0,58
Id. dall'occhio al timpano
0-0
Diametro massimo trasversale dell'occhio.
42-68
27
55
0,0769
0,6731
0,2500
0,47
Id. minimo del timpano
ÌUV.-23
21,50
—
—
Id. massimo del timpano
ÌUV.-23
21,50
—
Lunghezza massima delle parotidi . . .
Larghezza id. id. ....
Lunghezza del braccio
96-127Ì32
111,50
0,2692
0,7308
0,27
Id. dell'avambraccio
64-95
32
79,50
0,2692
0,7308
0,39
Id. della mano
85-108 24
96,50
0,5577
0,4423
0,24
Id. del 1° dito della mano
36-45
10
40,50
0.2115
0,7885
0,22
Id. 2° dito id
26-40
15
33
0,1346,0,2692
0,5962
0,42
Id. 3° dito id
45-60
16
52,50
0,5000
0,5000
1 0,28
Id. 4° dito id
24-36
13
30
0,05770,7885
0,1538
0,40
Diam. mass, del tubercolo palmare mediano
16-24
9
20
0,25000,4615
0,2885
0,40
Id. id. id. interno
9-16
8
12,50
0,3269
0.6731
0,56
Lunghezza della coscia
131-15626
143,50
0,6538
0,3462
0.17
Id. della gamba
120-144125
132
0,0192 0,5385
0,4423
0,18
Id. del piede
200-246!47
223
0,7045
0,2955
0,21
Id. del 1" dito del piede
39-54
16
46,50
0,5192
0.4408
0,32
Id. 2° dito id.
51-68
18
59,50
0,3077
0,6923
0.29
Id. 3° dito id.
80-104i25
92
0,7115
0,2885
0.26
Id. i'' dito id.
117-148 32 132,50
0,2500
0,7500
0,24
Id. 5° dito id.
7-?-96
25
84
0,3269
0,6731
0,29
Lungh. del tubercolo metatarsale interno .
11-24
14
17,50
0,6358
0,3462
0,74
Id. id. id. esterno
5-10
6
7,50
0,2885
0,7115
0,67
Dist. dall'apice del 1° dito a metà del mar-
gine libero della membrana interdigitale
21-42
21
31,50
0.5000
0,4408
0,63
18
44,50
0,2500
0,7500
0,38
Id. id. del 3° dito
54-76
23
65
0,5577
0,4423
0,34
Id. id. del -4" dito
18-27
10
22,50
0,4000
0,6200
0,40
Lunghezza della ripiegatura tarsale . . .
51-78
28
69,.50
0.7885
0.2115
0.31
280
LORENZO CAMERANO
RICERCHE INTORNO ALLA VARIAZIONE, ECC.
98
Nota aggiu ntam
Per lo studio della variabilità delle parti dello stesso animale, volendosi con-
frontare fra loro parti di dimensioni molto diverse, è d'uopo fare le considerazioni
seguenti che mi vengono suggerite dal dr. Umberto Perazzo, assistente alla Scuola
di Geometria proiettiva e descrittiva, il quale ha teste compiuto nel laboratorio del
Museo Zoologico di Torino una serie di ricerche intorno alla " Variazione AeW'Hij-
drophilus piceus (Linn.) ,, .
L'indice di variabilità dipende in modo essenziale dalle dimensioni della parte a
cui si ì'iferisce; ora il confronto di tali indici, quando le dimensioni delle parti sono
notevolmente diverse, non dice direttamente quali delle due siano effettivamente più
variabili rispetto ad una misura base.
Si possono però facilmente dedurre dagli indici stessi numeri suscettibili di con-
fronto assumendo i loro rapporti alle corrispondenti classi medie (ottenute cioè come
medie aritmetiche fra le classi estreme). Nel caso nostro in cui le classi contigue
A
differiscono per un 360"^""° basterebbe fare il rapporto — in cui A è l'indice di
variabilità e M è la media. Il dr. Perazzo chiama tali numeri " coefficienti di varia-
bilità relativa alla misura base .,, e propone pel loro calcolo la formola seguente:
. - la quale è applicabile in ogni caso, sia in quello in cui le classi contigue
delle serie differiscono per un 360"^'"'° sia in quelli in cui si considerano contigue due
classi differenti fra loro per metà o per un quarto ecc. di 360"^'"" .
Nella formola sopradetta D è il valore massimo avuto dal rapporto di una data
dimensione alla misura base (espresso in 360*^'"' di essa e dedotto, ad esempio, me-
diante il coefficiente somatico) e d è ì\ valore minimo.
Sia ad esempio la serie :
90-97-102-103-104-105-106-107-108-110,
si avrà :
|(110-f90)
Negli specchietti uniti a questo lavoro ho indicato anche i valori dei coefficienti
di variabilità relativa, calcolati nel modo sopradetto, per ogni indice di variabilità.
FONDAMEiNTI DELLA METRICA PROJETTIVA
MEMORIA
DI
BEUr^ir^O LEVI
A PIACENZA
Approvata nell'Adunanza del 17 Aprile 1904.
INTRODUZIONE
Le tre geometrie d'Euclide, di Lobacefski e di Riemann si considerano ordina-
riamente come tre rami di un medesimo tronco : e come tali si presentano di fatto
COSI dal punto di vista analitico del Riemann, dello Helmholtz, del Lie, come dal
punto di vista projettivo di Cayley e Klein. Ma le ricerche analitiche sui fondamenti
della geometria hanno come primo presupposto la rappresentabilità dello spazio
mediante coordinate: si fa in esse, per esser precisi, una geometria di numeri; ora
è ben vero che Io spazio nostro può riferirsi ad un sistema di coordinate, ma a ciò
si giunge nel modo più ovvio poggiandosi precisamente sopra ipotesi che non si veri-
ficano ugualmente nelle tre geometrie (^). Non altrimenti le ricerche che s'innestano
alla geometria projettiva restano, quali le considerava il Cayley, applicazioni della
teoria delle coniche e delle quadriche, piuttosto che studi sui fondamenti della geo-
metria, almeno finche la geometria projettiva non si poggia su basi proprie, indipendenti
da ogni concetto tolto ad una particolar metrica.
E per due vie diverse si cercò di fatti di liberare dalle ipotesi proprie alla
geometria euclidea la costruzione della geometria projettiva. Nell'una, seguita di
preferenza dai geometri italiani, si abbandonò ogni riguardo alle ordinarie intuizioni
spaziali e si volle unicamente costituire la geometria projettiva in organismo logico.
Nell'altra, seguita di preferenza dai geometri tedeschi, si cercò di esprimere in forma
di postulati alcuni fatti primordiali, che si suppongono riconosciuti sperimentalmente
in una limitata regione dello spazio, e di dare per tal modo alla geometria projettiva
e alla metrica una base comune, sulla quale si potessero poi costruire indififerente-
(') Si deve ricordare a questo proposito una nota del prof. Enriques, Stdle ipotesi che permettono
l'introduzione delle coordinate in una varietà a più dimensioni, ' Rend. Palermo XII, 1898. Da un
semplice esame di questo lavoro si riconosce come le ipotesi adottate dall'A. contraddicano preci-
samente alla geometria iperbolica, almeno finché con opportune convenzioni non sia conveniente-
mente completato lo spazio.
Skkie II. Tom. LIV. k'
282
BEPPO LEVI
2
mente le tre geometrie sorelle; l'opera fondamentale in questo indirizzo furono le
Vorlesungen del Pasch {}).
Nel primo indirizzo la geometria metrica è ancora lo studio di un gruppo arbi-
trario di proprietà delle coniche; nel secondo invece le ricerche fatte fin qui non
possono dirsi totalmente esaurienti. Se infatti si considerano i postulati mediante i quali
il Pasch (che prima d'ogni altro li enunciò esplicitamente) cercò di mostrare come
la metrica si coordini alla geometria proiettiva secondo le vedute del Klein, si dovrà
osservare che, contro l'opinione dell'A., essi escludono precisamente una delle tre
possibilità: quella della geometria ellittica (2). Non è difficile, invero, colmare tal
lacuna, quando non si impongano limitazioni al modo onde si risolve la questione.
Ma che ciò sia fatto esplicitamente non è a mia conoscenza; e più ancora resta
aperto il campo alle investigazioni, ove si limiti il numero e la natura delle nozioni
e delle proposizioni primitive — il che, come tosto si avrà occasione di ripetere, è
fra i desideri di una perfetta costruzione logica.
A tal ricerea s'ispira il capitolo I del presente lavoro. Si enuncia in esso un
sistema di postulati che sono validi ugualmente per le tre geometrie nominate non
solo, ma per tutta una classe di metriche rispetto a una quadrica conica assoluta,
tra cui le geometrie poste recentemente in evidenza dal sig. Dehn (^) e la metrica del
campo esterno ad una quadrica. Inoltre, indipendentemente da ciò, tali postulati rap-
presentano, pel loro minor contenuto, un progresso su quelli proposti fin qui da altri
autori (*).
Nel capitolo II, appoggiandosi ai fatti metrici stabiliti nel capitolo precedente,
si gettano le basi della geometria projettiva e si mostra la dipendenza della metrica
da essa. E degno di nota come ne risulti la rappresentazione per coordinate dello
spazio projettivo e la geometria analitica, e di conseguenza tutta la geometria projet-
tiva nelle sue parti essenziali, indipendentemente da ogni nozione circa la potenza
dell'aggregato dei punti (^), e circa l'ordine degli elementi in una forma di prima
specie ; nozioni estranee effettivamente alla geometria projettiva generale, giacché è
noto che i suoi teoremi fondamentali sono validi ugualmente nello spazio (numerabile)
di punti razionali e nello spazio di punti immaginari (in cui non è definito l'ordine).
(^) V. anche Schur, Einfilhrung der idealen Elemente u. s. u\, " Math. Ann. 39, e Ueber die
Grundlagen de)- Geometrie, " Math. Ann. ,,55.
C) Il Pasch ammette (II Grundsatz) che un segmento si possa sempre prolungare di una ugual
lunghezza ed afferma esplicitamente (p. 115, 4) che in figure congruenti a punti proprii corrispondono
punti proprii. Questa ipotesi, unita al postulato d'Archimede (IV Grundsatz, p. 105) e alle sue con-
seguenze projettive, nel caso che l'involuzione assoluta sopra la retta sia ellittica, porta alla con-
clusione che il punto coniugato di un punto proprio è anch'esso proprio. 11 che contraddice agii
altri postulati.
('J Die Legendre'schen Siitze ii. die Winkelsumme itti Dreieck, " Math. Ann. 53.
(*) V. in particolare Schur, 1. e, " Math. Ann. ,,55, e Pieri, Della geometria elementare come
sistema ipotetico deduttivo (" Memorie della R. Acc. delle Se. di Torino serie II, voi. XLIX), i cui
postulati hanno coi nostri maggiori contatti. Oltre all'esclusione della nozione di ordine, di cui si
parla nelle linee seguenti, noto in particolare i postulati della retta: il relativo post. Vili del Pieri
esclude contemporaneamente la geometria ellittica e lo spazio a pivi di tre dimensioni (cfr. 1. e.,
p. 10 e 26). Ne l'una ne l'altra esclusione nei postulati presenti, mentre poi quanto resta general-
mente valido del post. Vili del Pieri è stabilito per deduzione nei n' 9 e seg.
(^) Riguardo alla potenza dell'aggregato dei punti necessari alla geometria projettiva, cfr. il n" 21.
3
FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA
283
Nel capitolo IIT si dimostra dapprima, per mezzo di esempi, l'indipendenza ordi-
nata del maggior numero dei postulati ammessi nel cap. I e si discute poi della
capacità dei postulati medesimi in confronto del teorema di Pascal, della determina-
zione del campo dei punti da attribuirsi allo spazio metrico e della determinazione
della geometria metrica.
Rimando il lettore all'indice inserito alla fine del presente lavoro, per completare
questa notizia riassuntiva del contenuto.
Il presente sistema si svolge intorno alle ideo primitive di punto e di congruenza
di due coppie di punti. Una tal riduzione dei concetti primitivi non è, per se, una
novità nella storia della geometria, ne nelle ricerche di questi ultimi anni (') ; nè io
vorrei esagerarne l'importanza, come mi pare si faccia talora, in confronto, per es.,
alla riduzione attuata dal signor Pieri per la geometria Euclidea e Lobacefskiana ai
concetti primitivi di punto e di moto : non si può infatti evitare di considerai'e,
insieme colla congruenza di coppie, delle corrispondenze che mutino determinati
sistemi di punti in sistemi congruenti ('-'), perchè è nell'oggetto medesimo della geo-
metria metrica che, date talune congruenze fra coppie di punti di due sistemi, si
possa senz'altro affermare la congruenza di tutte le loro coppie omologhe di punti (^).
A parte queste modalità, la riduzione dei concetti primitivi ai più semplici e meno
numerosi ha per iscopo di precisare nel modo migliore l'analisi dei postulati ; essa
equivale alla decomposizione di un sistema di equazioni logiche — i postulati di un
dato sistema deduttivo — in due parti, di cui l'una, risolta rispetto al massimo numero
possibile di incognite (concetti che si definiscono), si muta in un sistema di definizioni,
l'altra, rimasta implicita, costituisce i postulati propri della teoria. Si viene cosi a
diminuire l'arbitrarietà dell'attribuzione di significati agli enti intorno a cui questa
s'aggira.
Nella scelta dei postulati ho procurato che essi esprimessero proprietà contenute
nella nostra abituale concezione geometrica e fossero, quanto possibile, ordinatamente
indipendenti.
La scuola dei logici non chiede generalmente ai postulati altro che siano inde-
componibili e fra loro indipendenti, e distingue fra indipendenza ordinata ed assoluta,
(') Ricordo fra i tentativi antichi di definire gli enti geometrici mediante la nozione di distanza,
quelli del Leibniz e del Bolyai: fra le costruzioni recenti quella del Veronese (Eìemenii di Geometria),
ove però intervengono anche come nozioni primitive la retta e il .segmento; e i sistemi di defini-
zioni pubblicati dai sig.' Peano (" Atti della R. Accad. di Torino 1902) e Padoa (" Periodico di
matematica 1904). Anche il sig. Kagan ha esposto nei " Jahresbericbte d. d. Math. Verein. „, 11, 1902
{Ein System von Postulateti welche die euclidische Geometrie defìniereii; vedi anche un'appendice nel
voi. 12 dello stesso periodico) un sistema di postulati in cui non compaiono, come rappresentanti
idee primitive, altre parole che punto e distanza, ma la distanza del sig. Kagan è senz' altro un
numero, onde la soppressione di altri concetti primitivi e piuttosto simulata che effettuata.
Cfr. il post. IX e il § 2 del Cap. III.
(') Così il postulato dell'uguaglianza dei triangoli nel sistema dello Hilbert non riuscirebbe a
definire la congruenza delle figure piane se non fosse unito ai postulati della congruenza fra segmenti
(e fra angoli) i quali non esprimono solo una relazione fra le coppie costituite dagli estremi di
questi, ma bensì l'esistenza di una corrispondenza (realizzata dal movimento) fra i punti di segmenti
congruenti (e fra i raggi di angoli congruenti^. La qual corrisjìondenza il detto postulato permette
di estendere a figure piane qualsiansi. Si noterà qui che la nozione di congruenza di figure che ne
risulta è eccessivamente complessa di nozioni primitive diverse.
284
BEPPO LEVI
4
tendendo a questa come ad aspirazione ultima. Ma pare a me che queste distinzioni
siano ben poco determinate e traggano più che altro dalla forma verbale che i postu-
lati assumono. Si dice infatti che si decompone un postulato A quando si enunciano
due proposizioni A' e A" di cui A sia il prodotto logico. Se ora nella classe logica
cui appartengono gli elementi di cui tratta il postulato A (enti, relazioni: relazioni
binarie, ternarie, ...) ne esiste un'infinità che non soddisfano ad A, onde A limita in
essa una classe minore E, si potranno pensare infinite proposizioni delimitanti classi E'
in cui E sia contenuta e tali quindi che A possa risultare dal prodotto logico di
esse e di altre proposizioni : onde il postulato indecomponibile è un'illusione, almeno
finche non si enunci esplicitamente un principio limitatore di questa indefinita decom-
ponibilità.
Parimenti, quando i postulati A,B,C,... siano ordinatamente indipendenti, saranno
assolutamente indipendenti le proposizioni: A , B ^ - A , C v — ^u — jgu — C, e così via, secondo è enunciato
nel testo; e il sistema di queste proposizioni è equivalente al dato.
(^) Posso offrire qui alcuni esempi di tali trasformazioni: il post. IV del sistema che io qui pre-
sento è conseguenza dei postulati VII e Vili; ma i tre postulati sono ordinatamente indipendenti;
ora basterà nelle ipotesi di VII aggiungere, per es., che la coppia ef sia diversa dalla de (oppure
sia diversa dalla de la ab) perchè la deduzione sia impossibilitata, ma il sistema totale sia equi-
valente al primitivo. Così, per tacere di altri postulati la cui trasformazione è anche troppo evidente,
basterà che al postulato XVII si sostituisca: " Se abc sono tre punti non allineati, e rf è un punto
' tale che i{bc) = t(KI,I,.\ MCTHICA l'Kd.IKTTlVA
301
Tr. (). — " So sLr sarà i)uro r ls „. Si operi infatti p,. La retta p.r ò rotta
di punti fissi per p, (t. l); il teor. 5 oscludo allora olio ossa possa ossero distinta
da r.
'ir. 7. — Duo rotto concorrenti non possono avere dno porpi-iidicolari comuni „.
Infatti il ribaltamento intorno a ogmnui di tali perpendicolari dovrebbe muovere
l'altra (t. 5) e mutare ciascuna di (piolle rette in se stessa e dovrebbe quindi tener
fisso il punto di concorso e indurre su ciascuna di quello rette il ribaltamento intorno
ad esso. Il prodotto dei due ribaltamenti dovrt^bbe tener fisso quelle du(( rette e spostare
gli assi dei due ribaltamenti contro il teor. 1 del n" 1).
Tr. 8. — " Se ad una retta r esiste una perpendicolare che la inconti-i : 1° n in a'am' e scambia x{f(() e v(/'(/').
Inoltre, siccome p, converte in se stosse le rette per f e per un punto della .s mede-
sima, le x{fm), x{fa), x{fa') sono xs. Allora p,„ porta a'am' in a'am (t. ()), tien fissa x{f'a)
e ribalta x{fa') intorno ad f. Infine Pf^ porta a'ain di nuovo in un'in e scambia r(/'«)
e x{fa'). Segno che p,„,p,^p, lascia fissa s, e converte in se stesse r(/'a), x(f(t'). Ora può
supporsi che p/„. riportando x{f(i) in x{fa') e viceversa stabilisca fra i loro punti la
stessa corrispondenza che p^ ovvero stabilisca la corrispondenza prodotto di questa e
del ribaltamento di una di esse rette intorno ad /'. Nella prinni ipotesi p,mP,aP,
ril)alta x(f(i) e tien fissa x{fa'), nella seconda tien fissa x{/'(t) e ribalta x{fa'): nell'una
302
BEPPO LEVI
22
e nell'altra tiene fissa s e un'altra retta; si contraddice cosi al teor. 1 del n° 9. Onde
l'assurdo dell'ipotesi che s non si ribalti. Si vede cosi che : " Se s non incontra r esiste
certo un punto fisso per fuori di r (su s) — ed uno solo a cagione del teor. 5
In tutto il ragionamento fatto in 2° si possono evidentemente scambiare r ed s.
Tr. 9. — " Per un punto di una retta r non passano due perpendicolari alla
" retta medesima „. Sia o un punto di r per cui passino, per assurdo, due rette s, t
entrambe ±r. Sarà ti.s (lemma 2). Notiamo che ci troviamo nelle ipotesi contem-
plate nel prec. teor. E — p^p, e il punto fisso comune a p^, p, è quindi ancora fisso
per p<: e siccome per esso passa una delle r(aa'), x{ab), x{ab') (t. 8-1°) e d'altronde a'—p^a,
b — p^a, b' = prtt' = p,a, passa per quel punto fisso una retta — che si può sempre
ritenere distinta da r, s, t — perpendicolare a una di queste rette. Questo punto non
può dunque essere o (lemmi 2 e 3). Sia allora distinto da o : esso sarà fuori di due almeno
delle rette r, s, t, ma non potrà essere fuori di tutte tre perchè la retta che lo con-
giunge ad sarebbe allora perpendicolare a ciascuna di queste, contro il lemma 3.
Sia dunque p e stia su r. Sia n un punto di s e sia m un punto di x{pn) aderente
a p{^). psW è un punto di x{pn) diverso da m. Sia PrPsm = m' ; sarà m'=P,m. m' non
starà più in x{pn); altrimenti dovrebbe essere m' = m contro il teor. 5. x{inm') lia
dunque un punto fisso per p^ (t. 8) diverso da p, appartenente quindi a t (t. 5), e di-
verso da se non si vuole che per o passino tre perpendicolari a t (lemma 3). Sia q e
sia n' = nlo il punto d'intersezione di s con x{pm'): x{pq) e x{mm') sono jlì e passano
entrambe per q; quindi r{pq) j_x{mm') (lemma 2); onde p^, scambia ni e m', x{pm)
e x{pm'), n ed n'. E cioè x{pq)±s. Le due rette s e t avrebbero due perpendicolari
comuni : r e x{pq), contro il teor. 7.
Tr. 10. — " Se r è una retta del piano, ed esiste un punto f, non appartenente
" ad r e fisso per p,: — 1° Per ogni punto di r passa una ed una sola perpendi-
" colare ad r. — 2° Ogni perpendicolare ad r passa per f ed ogni retta per f è ri-
" baltata in se stessa da p,. ed è quindi ±r. — 3° Ogni coppia di punti coerenti di
" una retta per f ha due soli punti medi, se la retta incontra r, uno solo se non
' incontra r. Su queste rette un cardine è quindi costituito al più da due punti, e
" una coppia di punti non coerenti ha un solo cardine di punti medi „.
[Questo teorema completa e in certo modo inverte il teor. 8].
1° Sono i-r le congiungenti f coi punti di r: per ogni punto di r ne passa quindi
una, ed altre xr non passano per r in forza del teor. prec. — 2° Qualunque sia m,
se Prm = m', x{mm') passa per f: infatti essa deve avere almeno un punto fisso per p^
(t. 8) e se un tal punto non è /". deve stare su r (t. 5), e la retta che lo congiunge
con f h ±r e non può differire dalla x{inm') medesima (1°). Ogni retta per f è
allora ribaltata da p^ perchè deve coincidere colla congiungente un suo punto qua-
lunque col suo trasformato per p,. — 3° Pr non tien fissi che /' e i punti di r : quindi
ogni coppia di punti coerenti simmetrici rispetto ad r ha due soli punti medi, se la
sua retta incontra r, uno solo (f) se non la incontra: lo stesso avviene allora per
ogni coppia di punti coerenti della retta (7 t. 5 e 6). Se sopra una retta un cardine è
(') Dal teor. 5 segue d'altronde che ogni punto di r{pn) diverso da p e da n è aderente a cia-
scuno di questi punti.
23
FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA
303
costituito da un solo punto, non esistono sulla retta coppie di punti non coerenti:
se è costituito da due punti a, a', la coppia aa' non può avere piìi di un cardine di
punti medi: abbia infatti, so possibile, i due cardini mm', >/»' ; sia | «. // il punto
non aderente a p: ì\ ribaltamento della retta intorno al cardine j^p' scambia i due
cardini mm', nn'. Si ricordi ora (7 t. 9 e 8) che mm', aa' è la coppia dei cardini di
punti medi di un', e nn',aa' quella dei punti medi di vim' ; quel ribaltamento scambia
queste due coppie di cardini e converte quindi in se stesso il cardine aa' (cfr. n° 7 t. 9
e la nota relativa) ; e poiché a e a' sono aderenti a. p o p', non li lascia fissi. La
coppia aa' avrebbe così tre cardini di punti medi contro il teor. 8 del n° 7.
Tr. 11. — " Ad ogni retta del piano esistono perpendicolari che l'incontrano
Sia infatti r una retta del piano, s una retta ad essa perpendicolare. Può supporsi
che s incontri r : la proposizione non ha allora più bisogno di prova ; — ovvero che
s non incontri r ma che p, determini su r un ribaltamento : allora su r e fuori di s
esiste un punto fisso comune ai due ribaltamenti Pr, p,; il teor. 8-2° mostra allora
che anche p, induce su s un ribaltamento (i) ed esiste quindi su s, fuori di r un punto
fisso per p,., onde esistono rette ±r che la incontrano (t. 10); — ovvero può supporsi
che p, deteiinini su r uno scorrimento che scambi fra loro punti a due a due non
coerenti (6 t. 6). Sia a un punto di r; si può sempre ritenere di aver scelto come
retta s una che passi per un punto p aderente ad a; sia a' il punto in cui a è por-
tato da p„ bm \a', b' — bU = bl^, = p,b. È ab = ab' , pb ~ pb' ; quindi pab ^ j)ab' . La
congruenza che converte pab in pab' (IX) converte in sè p{pab); e siccome ^ ed a
sono coerenti, ha la retta x{pa) come retta di punti fissi; questa congruenza è dunque
un ribaltamento intorno a t{pa) e converte d' altronde x{bb') = r in se stessa. Così
x{pa)j-r ed anche in questo caso è provata la tesi.
Questa proposizione, unita al teor. 8, permette di enunciare
Tr. 12. — * Ogni ribaltamento del piano induce un ribaltamento su ogni per-
" pendicolare all'asse del ribaltamento „.
E unita al teor. 10 dà il
Tr. 13. — " Su una retta esiste al più un punto non aderente a un suo punto
" qualunque: ogni cardine è costituito al più da due punti: ogni coppia di punti,
" coerenti o non, ha un solo cardine di punti medi „.
Tr. 14. — " Ogni congruenza che tenga fisso un punto o e converta in se stessa
" una retta r aderente ad esso, converte in sè il piano p{oi') determinandovi un ri-
" baltamento intorno alla per o „. Sia infatti f la da o. Sia ju la trasforma-
zione determinata nel piano dalla congruenza considerata ; poiché fir = r, ^xo = o
sarà ^t = t; d'altronde )a~'Pria— p, ; quindi il punto fisso per p^ che t possiede (t. 12)
è pur fisso per |i. Esso deve infatti esser convertito da n in un punto fisso per p,. e
non può quindi essere spostato (t. 5) se non appartiene ad >•; ed anche in tale
ipotesi, essendo comune a t e a r che |li converte in se stesse, è fisso per ^. Questo
punto è inoltre aderente a o che p, sposta. Quindi t è retta di punti fissi per ^:
M = P,.
(') L'ipotesi della 2* parte del teoi'. 8 era unicamente che esistesse un punto fisso comune ai
due ribaltamenti Pr. p..
304
BEPPO LEVI
24
11. Ribaltamenti e eotazioni del piano. — Tr. 1. — " Se sir e se r ed s
" non s'incontrano, il prodotto p,p, è un ribaltamento. Se invece r ed s s'incontrano,
" il prodotto PrPj è una congruenza clie ribalta attorno al punto comune ogni retta
* passante per questo punto e appartenente al piano „ . — 1° Se le due rette r ed 5
non s'incontrano, ciascuna di esse contiene un punto fisso pel ribaltamento intorno
all'altra (10 t. 12). La congiungente questi due punti è convertita in se stessa da p^ps,
e cos'i Pr come pj vi determinano il ribaltamento intorno al cardine costituito da quei
due punti fissi : essa è quindi per p,pj retta di punti fissi, p^p^ è il ribaltamento in-
torno ad essa. — 2° Se le due rette r ed s hanno a comune il punto o, potrà ancora
avvenire che ciascuna di esse contenga un altro punto fisso pel ribaltamento intorno
all'altra; p,.p5 è allora ancora il ribaltamento dianzi determinato, ma questo ribalta-
mento tiene fisso il punto o e la tesi non differisce allora da quella del teor. 10-2"
del n° prec.
Indipendentemente però da ogni ipotesi circa l'esistenza di quei punti fissi, val-
gono le seguenti considerazioni: Poiché i ribaltamenti sono congruenze involutorie,
e sono fra loro commutabili nel prodotto quelli intorno a rette perpendicolari (10 t. 2),
la trasformazione p,P5 è involutoria. Sia a un punto del piano aderente ad o. La con-
gruenza PrPs lo sposterà certamente, altrimenti per esso passerebbe una retta per-
pendicolare a r e a s: il ribaltamento intorno ad essa convertirebbe in se stesse
r ed s e terrebbe fisso o ad essa aderente, contro il t. 1 del n° 9. Sia dunque PrPs« = a':
la retta x[aa') è convertita in se stessa dalla trasformazione. Nell'ipotesi che essa non
passi per o, p^p, sarebbe il ribaltamento intorno alla i.x{aa) da o (10 t. 14) e i punti
di questa perpendicolare, aderenti ad o sarebbero fissi per p^p^, il che già si mostrò
impossibile. Dunque r(aa') passa per o e subisce il ribaltamento intorno ad o secondo
la tesi.
Inversamente :
Tr. 2. — ■ " Se a b c sono punti non allineati, e se esiste una congruenza che tien
" fisso a e converte b e c in c/^, sul piano p(aèc) esiste una coppia di rette per-
" pendicolari passanti per a „.
Sia \x la congruenza di cui si suppone l'esistenza. \i. ribalta x{ab) ed r(ac) in-
torno ad a: il suo quadrato tien fisse queste due rette e quindi tutto il piano : la con-
gruenza n è cioè involutoria. Si vede allora che w„i\x = p,,;, perchè tien fissa x[ab) e
sposta qualche punto; se quindi \xc = c', Paic' — d sarà }id = Pab<^= d' • Sie fosse d=c,
sarebbe x{cc') J-x{ab) e poiché r(cc') passa per a l'esistenza della coppia di perpendi-
colari per a sarebbe provata. Se d =.i= c, si consideri x{cd) : p„i,)n muta x{cd) in se stessa
scambiando i punti c e d; e poiché a è aderente a c, si riduce al ribaltamento intorno
alla retta t±x{cd) per a (10 t. 14). Dunque p„,,)a = p^: ma p„tM ribalta x{ab) intorno
ad a; quindi t i.x{ab).
Combinando questo teorema col precedente si ha che " se esiste una con-
" gruenza che tien fisso a e converte b e c nei loro simmetrici rispetto ad a, esiste
" una congruenza che converte in se stesso p{abc), lasciando fisso a e portando ogni
" altro punto del piano, aderente ad «, nel suo simmetrico rispetto ad a „. Riguardo
alla trasformazione del piano p{abc) le due congruenze coincidono, cioè:
Tr. 3. — " Ogni congruenza che lasci fisso un punto a e converta due punti
" aderenti ad a e non allineati con esso nei loro simmetrici rispetto ad a, conver-
25
FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA
305
" tira ogni punto del piano doi tre punti, aderente ad a nel suo simmetrico rispetto
" ad rt Infatti il prodotto della congruenza data per quella di cui, secondo la
precedente osservazione, questa determina l'esistenza, tien fisse x{ab), r(ac) e quindi
tutto il piano p{aòc).
Def. — La trasformazione determinata in un piano da una congruenza che tenga
fisso un punto a e ribalti ogni retta del piano, passante per a, si dice semirotazione
del piano intorno ad a, o simmetria nel piano rispetto ad a.
Tr. 4. — "Se per un punto — in un piano - passa una coppia di rette per-
" pendicolari, ad ogni retta per quel punto, in quel piano, esiste la perpendicolare in
" quel punto „. Sia a il punto per cui passano due rette r ed s perpendicolari fra
loro: pel teor. 1 esiste una semirotazione del piano intorno ad a. Se allora si ripren-
dono le considerazioni del teor. 2, si vede che come retta x{ah) vi si può assumere
una retta qualunque per a nel piano.
Tr. 5, — " Su ogni piano contenente una coppia di punti non coerenti e per
" ciascuno di questi punti passa una coppia di rette perpendicolari „. Siano a q b due
punti non coerenti, r una retta per h aderente ad a. Si ribalti il piano pfrtr) intoino
ad r e sia p,a =■ a' . La retta x{a'b) contiene la coppia di punti non coerenti a'b; quindi
per ogni suo punto possiede il punto non aderente. — Se a resta fisso per p<,.t, è
t(aè) J. r(a'è) (10 t. 10): per b passa intanto una coppia di rette perpendicolari; ma
volendosi mostrare che in ogni caso una tal coppia di rette passa per a, si osservi
che, mutando la r, muterà pure la x(a'b) (^) e poiché per b non possono passare due
±r(aò), si potrà sempre supporre a mosso da Po,;,. — Sia Pa,ia = a"; è x{a'b) ±x{aa")
e poiché x{a'b) possiede coppie di punti non coerenti, ogni sua coppia di punti sim-
metrici rispetto a x{aa") possiede due punti medi, l'uno su. r(aa"), l'altro non aderente
ad essa e fisso per p„a''. La retta per a e per questo punto é _Lr(aa").
Tr. 6. — "Se in un piano esistono due punti non coerenti, ad ogni retta del
" piano ed in ogni suo punto esiste nel piano la perpendicolare „. Siano a e b due
punti non coerenti sul piano considerato. Si é mostrato che in a esiste una coppia
di rette perpendicolari: esiste quindi la ±x{ab) in a (t. 4); sia r. Il punto b resta
fisso per Pr. Sia allora c un altro punto qualunque del piano: se c appartiene ad r,
si ha già x{bc)±r (IO t. 10); se c non appartiene ad r é ancora x{bc)±r e debbono
distinguersi due casi: o x{bc) incontra r in un punto d; b e d non sono coerenti e
su x{bc) esiste un punto non aderente a c; per c passa allora una coppia di rette
perpendicolari secondo il teor. 5, — ovvero x{bc) non incontra ;•; su r esiste allora
un punto f fisso per p,,, (10 t. 12) non aderente a x{bc) e x{fc)±x{bc) (10 t. 10). —
Allora, a norma del teorema 4, ad ogni retta per c esiste nel piano la perpen-
dicolare.
Tr. 7. — "Se un punto a ha un punto non aderente b, su ogni piano per a e b
" esiste una retta di punti non aderenti ad a, e questa retta é il luogo dei punti
" del piano che godono di questa proprietà „. In un piano per a e 6 si consideri
(') a e b non sono coerenti; quindi, se non mutasse la t(a'6), resterebbe invariato a. I ribal-
tamenti intorno alle diverse r indurrebbero sulla r(aa') lo stesso ribaltamento intorno ai a\a. Ora
esistono al più due rette r per cui possa determinarsi sulla i(ao') lo stesso ribaltamento: la con-
giunsrente h con un a\a' e la perpendicolare a questa in b (ammesso che tal perpendicolare esista)
ìERiK 11. Tom. LIV. N*
306
BEPPO LEVI
26
infatti la ±x{ab) in è e sia r. Pr ribalta x{ab) intorno al cardine ab; quindi a è fisso
per p, e non aderente ad alcun jjunto di r. Sia ora c un punto del piano non ade-
rente ad a: Pr ribalta x{ac) intorno ad a (10 t. 10): quindi tien fisso c: ma non pos-
sono esistere altri punti del piano fissi per p, che a e i punti di r (10 t. 5); dunque
c appartiene ad r.
La retta r è determinata come congiungente due punti qualunque del piano, non
aderenti ad a; dunque " se due punti di una retta non sono aderenti ad un terzo
" punto, tutta la retta non è aderente a questo punto „.
TV. 8^ — "Se un punto a ha in un piano per esso una retta non aderente, una
" semirotazione intorno ad a coincide con un ribaltamento intorno a questa retta.
" All'infuori di questa retta la semirotazione non può convertire in se stesse altre
" rette che quelle per a „. La semirotazione ribalta intorno ad a le rette che con-
giungono a coi punti della retta considerata; poiché essi non sono aderenti ad a,
restano fissi per la semirotazione. Se poi una retta è convertita in se stessa dalla
semirotazione, non può esser retta di punti fissi se è aderente ad a, e allora, perchè
due punti corrispondenti sono allineati con a, deve passare per a.
Tenendo conto del teor. 5 del n° prec. si avrà che
Tr. 9. — " Non esistono in un piano due punti non aderenti ad una stessa
' retta „.
Tr. 10. — " Se una congruenza converte in se stesso un piano e scambia due
" suoi punti fra loro coerenti è un ribaltamento od una semirotazione del piano „.
Siano infatti a e a' i due punti coerenti che la congruenza scambia, e mea\a'. Si
chiami \x la congruenza; essa terrà fermo m. Se ora si sapesse che la trasformazione
del piano è involutoria, la proposizione sarebbe evidente, perchè, se c e c' sono due
punti corrispondenti aderenti ad m, la r(cc') si trasformerebbe in se stessa. Allora:
i(cc') passa per m e subisce il ribaltamento intorno ad m, nel qual caso si avrebbe
la semirotazione intorno ad m (t. 3) ; — ovvero r(cc') non passa per m e si avrebbe
il ribaltamento intorno alla ±x{cc') per m (10 t. 14). Si noti che questa retta sa-
rebbe xx{aa') in m.
Si supponga dunque che, se possibile, la trasformazione del piano non sia invo-
lutoria. Allora iLi^ tien fissa x{aa') e non è l'identità; quindi ji^ — p„„.. Si ponga ^ic = c',
ne' Paa'C = d, Waa-c = M^c = p„„'|Lic z= ^id = pa„,c' = d' (sarà }id' = fi2p„„,c = p^-c = c);
e si consideri il piano come p{cc'd). (Si osservi che a tre a tre i punti considerati non
saranno allineati; se lo fossero, p. es. cc'd, sarebbe \xx{cc'd) = x{c'dd'), e cioè sulla
stessa retta starebbe d'; la retta x{cd) sarebbe convertita in se stessa da |u, e l'esi-
stenza di una tal retta fu il solo fatto che nelle linee precedenti si applicò, nell'ipo-
tesi dell' involutorietà della corrispondenza). Almeno una delle coppie di rette r(cc')
x{dd'), x{cd) x{c'd'), x{c'd) x{cd'), dovrà risultare di rette concorrenti: — Concorrano
anzitutto le rette r(cc'), x{dd'): si ha Paa'V(cc') = x{dd'): il punto di concorso è dunque
fisso per Paa' ; inoltre lar(cc') = x{c'd), \ix{dd') = x{d'c) ; concorrono dunque anche x{c'd),
x{cd') ed il loro punto di concorso è pure fisso per Pa„. (perchè p<,„.|a = ^3 = |upaa,). Siano
k e k' ì due punti di concorso, che non possono coincidere perchè non sono alli-
neati cc'd. Essi dovranno appartenere alla r(aa') (10 t. 5) e sarà ixk — k' jjik' = k
onde ck' =c'k, c' k' == d' k' = ck onde cc'k = c'ck'. Ma cc'k sono allineati; dovrebbero
quindi esserlo c'ck', cioè dovrebbe essere r(cc') = r(aà'): ora c fu scelto fuori della r(aa').
27
FONDAMENTI DELLA METRICA l'IiOJETTlVA
307
— Concorrano invece le x{cd), x{c'd'): esse sono ir(aa'): il loro punto di concorso
(sia l) non sarà aderente a r(cia'), e sarà x{lm) ± t{aa') : allora p,„}x = p„„, e ju = p,„p„,. ;
)ui sarebbe la semirotazione intorno ad tn (t. 1).
Coi teoremi dimostrati in questo e nel precedente n° si pongono i fondamenti
della teoria dei movimenti nel piano. Però quasi tutti i teoremi del presente n° sono
affetti da un elemento ipotetico il quale prende alternativamente la forma dell'esi-
stenza della semirotazione intorno a un punto, o di una coppia di rette perpendico-
lari in questo punto, appartenenti al piano, o di una coppia di punti non coerenti,
semplicemente, nell'ultimo teorema di una trasformazione per congruenza del piano
in sè, la quale scambi due punti assegnati. L'esistenza della coppia di rette perpen-
dicolari in ogni punto si farà dipendere nel § successivo dai postulati dello spazio:
ma l'ultimo teorema mostra come, inversamente, basterebbe ammettere che il piano non
sia contenuto in uno spazio maggiore perchè la proposizione divenisse senz'altro dimostrabile.
Difatti, in tale ipotesi, ogni congruenza trasformerebbe il piano in sè, e i post. Vili
e IX affermano che una coppia qualunque di punti si può invertire mediante una con-
gruenza. Sia allora dato nel piano un punto qualunque m e siano a e a' due punti
fra loro coerenti e simmetrici rispetto ad m : la congruenza che scambia a e a' sarebbe,
secondo il precedente teorema, la semirotazione intorno ad m ovvero il ribaltamento
intorno alla ±x{aa') nel punto m. In ogni caso sarebbe stabilita l'esistenza di questa
perpendicolare (cfr. t. 2 e 4).
§ 4. — Lo spazio.
Post. XX, — Esiste un punto fuori di un piano.
I*ost. XXI. — Se due piani hanno a comune un punto, hanno pure a co-
mune qualche altro punto. Evidentemente le proposizioni del n° 8 permettono im-
mediatamente di dare a questo postulato la forma: Se due piani hanno a comune
un punto, hanno pure a comune una retta per esso.
Il primo postulato enuncia l'esistenza di quattro punti non complanari. Da esso
e dai postulati precedenti risulta poi l'esistenza di altri punti : ma del numero o della
potenza dell'aggregato dei punti richiesti non intendiamo di occuparci qui.
12. Rette e piani perpendicolari - Semirotazioni intorno a una retta. —
Tr. 1. — " Non esiste alcuna congruenza che tenga fissi quattro punti non compla-
' nari di cui uno sia aderente agli altri tre, spostando qualche altro punto „. Siano
infatti ahcd i quattro punti che si suppongono fissi per una congruenza |u; sia d ade-
rente agli altri tre punti; la congruenza n dovrà lasciar fissi tutti i punti dei piani
p{bcd) p{abd) p{acd) (9 t. 2). Sia ora m un altro punto qualunque ; per m, d e per un
punto di p{bcd) non appartenente a x{bd) ne a r(c-^) passa un piano che taglia p{bcd)
secondo una retta per d non appartenente ad alcuno degli altri due piani, e uno
qualunque di questi secondo un'altra retta per d (XXI). ^ lascia fissi i punti di queste
due rette, quindi tutti i punti del piano considerato e fra essi tn.
Il teorema fu enunciato nella forma che ci sarà utile in seguito: ma all'ipotesi
che uno dei punti sia aderente agli altri tre si potrebbe sostituire quella più gene-
308
BEPPO LEVI
28
rale che uno dei punti sia aderente a due rimanenti ed il quarto ad uno almeno di
questi tre. Se infatti d è aderente ad a e è. la congruenza \x tiene fisso ì?{abd) : se
poi c è aderente per es. ad a resterà anche fisso p(cc?a), e ciò basta per la precedente
dimostrazione.
TV. 2. — "Se una congruenza tiene fissi tutti i punti di un piano, è involu-
" toria „. — Sia |a la congruenza considerata: tt il piano fisso; sia a un punto spo-
stato da |u e sia \xa = a' \ sia m un punto di n non appartenente a r(aa'). Il piano
X>{aa'm) taglia n secondo una retta r per m che \x tien fissa. |a ribalta dunqne t)(aa'm)
intorno ad r e la corrispondenza fra i punti a e a' è quindi reciproca.
Sia 11 un punto di tt fuori di r: la retta x[an) non ha comuni con \>{ar) altri
punti che a; \xx{an) — x[an) è dunque distinta da x{an) e ogni suo punto diverso da n
è mosso da \i. Sia h un tal punto =4= a e sia |iò = 5' ; il piano p(òè'm) è convertito
in se stesso da \i- quindi \x ribalta intorno ad m T intersezione (XXI) dei piani j3(aa'm)
p(èè'm), la quale è così xr. Per m non passano altre rette che la congruenza ribalti
perchè un piano per una tal retta e per un punto qualunque di tt sarebbe ribaltato
dalla congruenza, la quale così ribalterebbe pure l'intersezione di questo piano con
p(rta'm) ; su p[aa''m) esisterebbero cioè due rette per m e ±r contro il teor. 9 del n° 10.
Poiché m è qualunque su tt si potrà dunque enunciare il
Tr. 3. — " Per ogni punto del piano fisso passerà una retta che dalla supposta
" congruenza sarà convertita in se stessa (ribaltata intorno a quel punto). E le rette
" di tal proprietà passanti pei punti di una retta del piano fisso apparterranno ad
" un piano che la congruenza ribalta intorno a questa retta: in questo piano esse
" saranno tutte perpendicolari ad essa „.
Def. 1. — Un punto si dice aderente ad un piano quando non appartiene al piano
ed è aderente a qualche punto del piano ; si dirà anche che il piano è aderente al
punto.
Tr. 4. — "Se una congruenza tien fissi tutti i punti di un piano, sposta ogni
" punto aderente al piano e tien fisso ogni punto non aderente al piano medesimo „ .
Sia |u la supposta congruenza, tt il piano fisso, a un punto aderente a tt, m un punto
di TT aderente ad a, n e p due punti di tt non allineati con m ed aderenti ad m;
se la congruenza tenesse fisso a, terrebbe fermi i i punti amnp e quindi ogni altro
punto (t. 1). — Sia ora a un punto che si sposti per n e sia |ua = a'. Sia m un
punto di TT fuori di r(aa') ; il piano p{aa'm) è ribaltato da ju intorno alla sua inter-
sezione con TT; e il punto a sarà aderente a questa retta, poiché se a non le fosse
aderente, alla retta non sarebbe aderente nemmeno a'; ora, pel teorema 9 del n. 11,
sul piano non possono esistere due punti non aderenti alla medesima retta. Il punto a
è dunque aderente a tt.
Tr. 5. — " Non esistono due diverse congruenze che tengano fissi tutti i punti
" di un piano „. Siano |a e v due congruenze che tengano fissi tutti i punti di un
piano tt; esse sposteranno tutti i punti aderenti a tt; sia a un punto mobile, }Àa=a',
va — a". Se una almeno delle rette r(aa'), x{aa") incontra tt il piano p{aa'a") è ribal-
tato dalle due congruenze intorno alla sua intersezione con tt; quindi a' = a". Se le
due rette non incontrano tt, sia p un punto qualunque di tt : piaa'p) e p(aa"p) essendo
ribaltati rispettivamente dalle due congruenze, i punti a\a'=f, a\a"=g saranno
fissi rispettivamente per \x e per v ; non saranno dunque aderenti a tt ft. 4) e saranno
29
FONDAMENTI DELLA METRICA PROTETTIVA 309
fissi per entrambe le congruenze. Se f=g, a/,= a'=a"; conformemente alla tesi-
1 ipotesi f^hg e assurda: sia infatti m un punto di tt: il piano \>(fgm) segherebbe n
secondo una retta cui non sarebbero aderenti due punti, contro il teor. 9 del n" 11
Tr. 6. - " Se una congruenza ribalta il piano fisso della congruenza supposta
" nei teoremi precedenti intorno ad una sua retta t, o ribalta pure il piano per t di
« CUI al teor. 3, ovvero lo tien fisso Sia infatti v la congruenza nominata; v'mv
tien fissi 1 punti di tt e non differisce quindi da n (t. 5); una retta che m converta in
se stessa è quindi trasformata da v in un'altra retta che m converte in se stessa - e
se essa incontra t dovrà dunque esser trasformata in se stessa. Il piano di t e d'una
tal retta è dunque convertito in se stesso da v.
Tr. 7. - " Esiste una congruenza che tien fissa una retta t e ribalta intorno
" a ^ due piani passanti per ^ Sia infatti tt un piano per ^; esiste una congruenza v
che ribalta tt intorno a t (XVIII); questa congruenza è involutoria su tt (10 t 1)- si
può supporre che sia o non involutoria per i punti non appartenenti a tt Nella fe-
conda ipotesi tien fisso tt, ma non tutti i punti dello spazio; quindi è la congruenza ^
dei teor' prec'. La prima ipotesi poi può dar luogo a due casi: o che si supponga che v
tenga fisso un piano per t, ovvero che sposti ogni piano.
1° Si supponga dunque l'esistenza di una congruenza che tien fisso un piano tt
per f A questo sarà coniugato dal teor. 6 un altro piano per t e un'altra congruenza
che lo converte in se stesso, ribaltando tt intorno a t. Se la nuova congruenza non
tien fisso quel piano, sarà essa la congruenza affermata nel teorema: se essa lo tien
fisso sarà tale il prodotto delle due congruenze.
2° Non si supponga l'esistenza di una congruenza che tenga fisso un piano per t
La congruenza v che ribalta tt intorno a t, dovendo essere involutoria, ribalta ogni
piano per t, ed e la congruenza di cui si afferma l'esistenza.
„ 8- - " La congruenza di cui il teor. prec. afferma l'esistenza è involutoria
^ Per ogni punto della retta t passa un piano ed uno solo che la congruenza trasforma
^ m se stesso, inducendovi una semirotazione intorno a quel punto. Ogni piano per
la retta t subisce il ribaltamento intorno a, t „.
1° Siano difatti tt e a i due piani per t che si sa essere ribaltati dalla con-
gruenza: ,1 quadrato della nostra congruenza li terrà fissi; quindi (t. 4) deve ridursi
ali Identità: la congruenza è involutoria.
2" Sia a un punto arbitrario di ^ e sia m un punto di tt che la congruenza
sposti e tale che la ±t per esso non passi per a. Sia m' il trasformato di m e sia n
un punto mobile fuori di tt. Il piano piamn) sarà convertito in un piano p(am'n')
diverso da (che non passa per - i due piani si tagliano secondo una retta /-
per a che la congruenza trasforma in se stessa. Per ipotesi J)(«mn) non passa per ^
dunque r=^t; inoltre r non può esser retta di punti fissi per la congruenza, altri-
menti sarebbe piano di punti fissi Hrt); per ogni retta di Hn), per es. passerebbe
un piano convertito in se stesso dalla congruenza (t. 3) che segherebbe tt e a secondo
due rette ribaltate dalla congruenza, per lo stesso punto a, contro il teor. 3. La con-
gruenza considerata ribalta dunque r. Parimenti Piantn'}, pian.'n) si segano secondo
una retta . per a che la congruenza ribalta, e s^res=^t perchè Pia >„n') ^ p{a„m)
e p[amn}=^p{,n't). La congruenza determina dunque una semirotazione in p(rs)
intorno ad a (11 t. 3).
310
BEPPO LEVI
30
3° Ogni piano t per t taglia p{rs) secondo una retta che la congruenza ribalta
intorno ad a. La congruenza ribalta dunque t intorno a t.
4° Nessun piano per a diverso da p{rs) e dai piani per t può essere conver-
tito in sè dalla congruenza perchè le intersezioni di un piano per a che la congruenza
converta in sè e che non passi per t con p{rt) e con p{st) sono rette per a che la
congruenza converte in sè, e non differiscono quindi da r e da s rispettivamente.
Poiché tutte le congruenze che ribaltano un piano intorno a una sua retta t sono
identiche fra loro rispetto alla trasformazione del piano, la congruenza studiata nei
teor' 7 ed 8 è completamente definita dalla retta fissa t. Ha quindi luogo ad esser
stabilita la seguente
Def. 2. — La congruenza che ribalta ogni piano per t intorno a t si dirà semi-
rotazione intorno a t. ^ si dirà l'asse di rotazione.
Tr. 9. — "In ogni piano ed in ogni punto di ogni sua retta esiste la perpen-
" dicolare a questa retta medesima „. È l'intersezione del piano dato con quello su
cui la semirotazione intorno alla retta data determina la semirotazione attorno al
punto dato.
Tr. 10. — "Se esiste un punto non aderente a una retta t, esiste tutta una
" retta di punti non aderenti a t. Essa resta fissa per la semirotazione intorno a t
" e fuori di essa non esistono altri punti non aderenti a ^ „. Se A è un punto non
aderente a t, la semirotazione, ribaltando intorno a ^ il piano p{ht), tien fisso h (11 1. 8);
le J-t in questo piano passano per h (10 t. 10); per h passa quindi ogni piano su cui
la semirotazione intorno a t determina una semirotazione. L'intersezione di due di
questi piani è una retta per h, e sopra ciascuno di questi piani è convertita in sè
dalla semirotazione senza passare pel punto fisso di questa. Essa è dunque retta di
punti fissi e non è aderente a detto punto (11 t. 8) e non è aderente ad alcun
punto di t perchè ogni piano per essa e per un punto qualunque di t subisce la semi-
rotazione intorno a questo punto. — Se fuori di questa retta esistesse un punto
non aderente a t, esisterebbe al pari una retta per esso tutta di punti non aderenti a t
e per ogni punto di t passerebbero due piani (l'uno per l'una, l'altro per l'altra retta)
non passanti per t e convertiti in sè dalla congruenza, contro il teor. 8.
Tr. 11. — " Per ogni punto aderente a t passa uno e un sol piano non conte-
* nente t, che la semirotazione intorno a t converte in se stesso „. Sia a un punto
aderente a ^: in p[at) sia r la ±i per a: se essa incontra t in un punto m, il piano
di cui si afferma l'esistenza è quello per m su cui la congruenza induce la semiro-
tazione intorno ad m. Se r non incontra t, contiene un punto h non aderente a t ;
per h passa una rettaci di punti fissi per la congruenza; p(a^i) è il piano di cui si
afferma l'esistenza: esso subisce il ribaltamento intorno a t^. La semirotazione intorno
a t coincide allora colla semirotazione intorno a t^. — Un altro piano per a che la semi-
rotazione converta in se stesso sega il precedente secondo una retta che la congruenza
trasforma in sè, cioè secondo la r ; esso passa quindi per m o pel punto che r ha su
e non può perciò (t. 8-4°) differire da p{at).
Def. 3. — Il piano unico che passa per un punto a aderente a i( od appartenente
afe che, senza passare per t, è convertito in sè dalla semirotazione intorno a f si
dirà piano perpendicolare a t pel punto a. La retta si dirà perpendicolare al piano. La
nuova relazione di perpendicolarità si rappresenterà ancora con _l.
31
FONDAMENTI DELLA METRICA PEOJETTIVA
311
I teoremi 8 e 11 dìmno luogo al
Tr. 12. — " Per un punto aderente ad una retta od appartenente alla retta
* passa uno e un sol piano perpendicolare alla retta. Esso contiene tutte le perpendi-
" colari alla retta pei punti del piano. Condizione necessaria e sufficiente perchè un
" piano sia perpendicolare a una retta è che a questa siano perpendicolari due sue
" rette senza che il piano passi per essa „.
Tr. 13. — " Ad un piano ed in un suo punto esiste una ed una sola perpendi-
" colare „. E l'intersezione di due piani perpendicolari in quel punto a due rette pas-
santi pel punto medesimo, sul piano dato.
13. Simmetria rispetto a un punto. — Tr. 1. — " Assegnato un punto arbi-
* trario o, la corrispondenza che si ottiene riferendo ad ogni punto aderente ad o il
* suo simmetrico rispetto ad o è una congruenza „.
Siano a e b due punti arbitrari, e sia a' = a'o, b' = bl„. Se cibo sono allineati,
la coppia ab è portata in a'b' dal ribaltamento della retta x{ab) attorno ad o ; quindi
ab = a'b'; se abo non sono allineati, a' e b' appartengono a p(a6o) e la coppia ab è
portata in a'b' dalla semirotazione del piano intorno ad o ; ancora ah = a'b'.
Def. — ■ La congruenza definita nel teorema precedente si dirà una simmetria
rispetto ad o.
Come per teoremi analoghi precedenti si prova che
Tr. 2. — "La simmetria rispetto ad un punto o sposta ogni punto aderente
" ad e tien fisso ogni punto non aderente ad o. Se un tal punto esiste, esiste tutto
" un piano di punti non aderenti ad o, ed ogni punto non aderente ad o appartiene
" a questo piano
14. Simmetria rispetto a un piano. — Tr. 1. — " Assegnato un piano arbi-
" trario, esiste una congruenza che tien fermi tutti i suoi punti e sposta qualche altro
" punto „. Tale è il prodotto di una simmetria rispetto a un punto o del piano e di
una semirotazione intorno alla perpendicolare in o al piano (12 t. 13).
Def. — La congruenza nominata si dice simmetria rispetto a quel piano fisso.
I teoremi del n. 12 permettono di enunciare il
Tr. 2. — "La simmetria rispetto a un piano è individuata da questo piano;
" essa è una corrispondenza involutoria che ribalta tutte le perpendicolari al piano;
" tutte le perpendicolari al piano nei punti d'una retta sono complanari. La simmetria
" sposta ogni punto aderente al piano. Esiste al piìi un punto non aderente al piano.
" e questo in tal caso è fisso per la simmetria. Tutte e sole le perpendicolari al piano
" passano per questo punto. Per ogni punto aderente al piano passa una ed una sola
" perpendicolare al piano „.
Ogni altra proprietà relativa a rette e piani perpendicolari si dimostra ora, con
procedimenti noti.
15. — Non è nel nostro disegno di proseguire nello studio delle trasformazioni
metriche fin qui definite e dei loro prodotti. Ci volgeremo invece a mostrare come,
sulla base dei postulati metrici ammessi, si possa stabilire la geometria projettiva e
come ne risulti la definizione della nostra metrica, siccome una metrica projettiva
312
BEFFO LEVI
32
rispetto a una quadi'ica; ma risulterà altresì che i postulati ammessi non sono capaci
ancora di separare fra loro le tre metriche fondamentali ellittica, parabolica e
iperbolica, nè da altre metriche sorelle (^) ; e risulteranno evidenti i postulati che
ancora sono necessari per individuare queste metriche medesime.
Ma i postulati precedenti permettono in generale di assicurare l'intersezione di
rette e di piani solo quando essi appartengono ad una stessa stella: ci occorre, per
proseguire, di poter affermare altre intersezioni e noi lo faremo col
Post. XXII. — Dato un piano p e più rette non perpendicolari a p ed
uscenti da un suo punto, esiste un piano j-p che incontra tutte queste rette,
senza passare per quel punto.
L'applicazione di questo postulato è d'altronde ristrettissima e si limiterà a si-
stemi di non pivi di 10 rette {^). Esso serve a far dipendere dai precedenti postulati
metrici il teorema di Desargues nella stella (^), e potrebbe quindi sostituirsi col
teorema di Desargues medesimo.
(') Alcune fra l'altre furono messe recentemente in evidenza dal signor Dehn ' Math. Ann. ,,53.
Qualora si trattasse di 2 sole rette il post, è verificato evidentemente dal piano j_ p per una
retta che le incontri entrambe.
(') Altra applicazione se ne fa qui, pel teorema di Pascal, al n. 20; ma essa è inessenziale,
come mostrano le considerazioni del Gap. Ili, § 3.
33
FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA
313
CAPITOLO II.
IL COMPLETAMENTO DELLO SPAZIO E LA GEOMETRIA PROJETTIVA.
§1.-11 completamento dello spazio.
^ 16 II teorema di Desaroues. - Tr. 1. - ^ Se i„ un piano n due triangoli
. ^ abc, abc sono nfenti in modo che le coppie di Iati o.nologhi s'incontrino in pu^nti
^ duna retta r e le congiungenti due coppie di vertici omologhi siano ^ anche la
congmngente i rimanenti due vertici sarà a . „. Siano corrispondenti i vertici omo-
.) r(. r(,V0, . Infine sia, per ipotesi, r(«a')x., rm^r: si mostrerà
che r(cc)_,-. - fc,ia a un piano diverso da n per r e sia a"b"c" il triangolo simme-
eTlt; ' " t"^"^' ^^^"""^ ^-P^^tivamente per
col 1"' /v' ^'""r: ^ '^'P^''- ^^^^-^ --planari i punt,
^' * '/^ ^ • S^'^ ^ P^ano per r, xr(a"a'). I piani t>[a'b' a"b"), mb'b")
sono .0 ; qumdi xib'b").a' ed allora i piani p(.'aV'a"), K^'c'è'V), passant ispet
n^amente per r(« V'), rib'b"), sono .o' e cosi r(cV').a'. I, piano Zt .
quindi v(" ) , " ' P^^P^"^'-^-^ -tersez;one . e
« f ■• 2- - " Se in una stella Q due trispigoli sono riferiti in modo che le coppie
spigoh omologh, passano per una stessa retta Siano abc, a'b'c' i due trispigoli
lilTuK'T "r"^' "^'^"^ '""^^ 1^ intersezioni dei piani p(«è) pL'è')
»^ Supponiamo in primo luogo - p; saranno ±p i piani t,(»/) e si dovrà
.mos tre che ,KUP. Si seghi ,a «gura con „n piano ..p che Lontri l ri
one d, rt,.) con n sarà . allmtersezione di . e p (oongiungente le intersezioni di k
con m,n,p) onde p{cc')±p.
Diano 'o ^P « appartenente a p. Si seghi la figura con un
fYvm P 1^ ^^^^^ nei punti ABC A'B'C MNPR
(XXII). Per la retta .[MNP) e pel punto R si conducano un piano p, e una retta r
Ìi^'^b7m^^'- - - P-to si proietti da la figuri
ilpLoPfQC^ 'a configurazione considerata nel casoa^:
11 piano p(Q,CC), passera dunque per r(CC') per 72, e quindi p(.c') per r(Qi?) = _
pL'o r " ^^---^^ a P^-- . il
piano ,n S- esso sarà pure xp, (14 t. 2) e non esisterà punto non aderente a n
Ìlt , aZT'I') 'P^''^' incontreranno tutte; in particolare quelle con'
dotte da ABC A'B'C MNP: siano A.B^C, A'.B'^C, M,N,P, f piedi su . di u te
Sfrte II. Tom. T,IV. ^
314
BEPPO LEVI
34
perpendicolari; essi costituiranno di nuovo la configurazione del teor. 1 (perchè p{riAA')
= p{riAiA\) J-Pi e a TT, onde x{A^A\) J-x{MiNiPi) intersezione di tt e p e così via).
Cosi x{CiC'i)±x{MiNiPi) e quindi x{CiC\) passa pel punto S non aderente a x{MiNiPj)
e sono per conseguenza collineari anche CC'R: p{cc') passa per r.
c) Supponiamo infine che l'intersezione dei piani p{aa') p{bb') appartenga a p.
Basterà osservare che, se si suppone che p(rc') non passi per detta intersezione,
l'intersezione di p{aa'), p{cc') non appartiene più a p; ed allora i risultati dei casi
a) e b) mostrano che per questa intersezione dovrebbe passare p{bb'); non potrebbe
dunque incontrare p{aa') su p.
17. La geometria analitica. — Il sig. Hilbert ha mostrato (^) come, sul fon-
damento del solo teorema di Desargues, si possa fondare una rappresentazione per
coordinate degli elementi della varietà lineare a due dimensioni. Riassumerò in questo
numero quanto dovrà servirci del procedimento e delle conclusioni del sig. Hilbert,
trasportati dal piano alla stella; tralascierò tutte quelle dimostrazioni che possono
leggersi, mutatis mutandis, nel citato lavoro dello Hilbert.
In una stella Q sia fissato un piano iw (d'altronde arbitrario) ed un raggio oJ-uj,
e siano E e ti due piani fissi per o. Per le applicazioni successive converrà che i
piani E, ì] siano simmetrici rispetto a un piano (J per o. Siano 1^, 1,^ due raggi fissi
rispettivamente su E ed r]. Converrà ancora, per le seguenti applicazioni, che 1| e 1»;
siano simmetrici rispetto a (J; si chiami e l'intersezione di uj col piano |)(1|1,^) ; sarà
allora e±a. Se e a,j sono due raggi di E e ti rispettivamente, si dirà = (2)
se a^, sono complanari con e; nel caso della nominata simmetria e a,j saranno
simmetrici rispetto a a. Siano ancora ujt e oi,^ le rette d'intersezione di uu rispetti-
vamente con E ed n, cosicché uut = uu,^.
Siano a| e b^ due raggi di E, a,^ = a|; sia r l'intersezione dei piani p(aj;UJfc),
p{b^ uu,^) e sia c| l'intersezione di E e p{re) ; si dirà la somma di e bt ;
= «5^ +
Si ha:
(i§ + bg = bg + «1 = ayj + brj
L'addizione così definita si può invertire univocamente per modo che ne risulti
definita la differenza fra due raggi et ed at^ purché i due raggi non coincidano
entrambi con uj|. Si verifica agevolmente che o -j- = e quindi « t — a t = o.
Converrà quindi chiamare il raggio o, raggio 0. Ad ogni raggio at corrisponderà un
raggio — = — a^. Quando E ed n siano simmetrici rispetto a a, e — a| si
(') Grundlagen der Geometrie. ' Festschrift zur Feier d. Enthullung d. Gauss-Weber- Denkmals in
Gottingen , - Leipzig, Teubner 1899 (2" Auflage, 1903).
C^) Lo Hilbert parla d'uguaglianza, di somma, ecc. di segmenti. Noi non possiamo usare una ter-
minologia analoga, poiché non abbiamo ancora discorso dell'ordinamento degli elementi d'una forma
di prima specie. D'altronde le operazioni definite si riferiscono precisamente solo all'estremo mobile
del segmento.
(?) Le due uguaglianze sono due forme d'una stessa; lo Hilbert non scrive la seconda, come non
scrive quella analoga per la moltiplicazione. Nella scelta di H ed n simmetrici rispetto a , cosi è comple-
tamente determinato un sistema della forma (2) equivalente al sistema (3) (1) e conte-
nente fra i punti che lo soddisfanno tutti quelli dell'intersezione di p{mnp), p{Qpq).
Quel sistema della forma (2) rappresenta x{pq); dunque l'intersezione di quei due piani
è contenuta in x{pq) e coincide così con essa. Vale a dire che q appartiene a p{mnp).
(^) Infatti come punto p si può prendere uno qualunque dei punti rappresentati come m,n,p:
è allora chiaro che se tutti appartenessero a ^(05), anche \i{mn-p) passerebbe per o, anzi coinciderebbe
con '^[oq); e risulta incidentalmente dimostrato che anche allora i 4 punti sono complanari.
(^) Perchè non s\ipponiamo alla moltiplicazione la proprietà commutativa, non sarà forse inutile
esporre uno dei calcoli che permettono quest'affermazione ed altre che seguiranno, come altre simili,
sebbene più semplici, furono fatte già. L'equazione (3) debba essere soddisfatta dai punti m,n,p
di coordinate (ziz(t^ {z^z^t^) (zzzit^. Si indichino con (3|)(32)(33) le equazioni che si ottengono sosti-
tuendo in (3) a [zzi] rispettivamente questi valori; sottraendo (82) 6(83) da (3i) si ha:
o-{z, - 02) + ò iz^'- z\) + p - ^3) = a (e, -z,) + h (z^- z^) + - ^3) =
onde
a + b 4- P ''-'^/,._,, = a + ò + P '■-'',''^,-,3 = (I)
e sottraendo
ossia, sottraendo dai due membri il 2° termine e dividendo davanti per P e di dietro per
>ì — «2'/ *r — 'zi
//-2i'— 22'/ «l'-V/
Da una delle (I), per es. la 1", dividendo dinnanzi per P si ha poi
da cui si ricava p e finalmente, dividendo davanti per p i due membri della (3i), si ricaverà p/^.
Risulta così anche posto in evidenza che i rapporti dei coefficienti che, come si disse, sono
determinati, sono quelli ottenuti per divisione a sinistra; ed infatti l'equazione (3) si muta in
un'altra equivalente per moltiplicazione a sinistra di tutti i termini per uno stesso fattore.
39
FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA
319
Se p{mnp) passasse per Q, l'equazione (3) corrispondente assumerebbe la forma (1)
ed allora il raggio 1(^7) dovrebbe appartenere senz'altro a questo piano per quanto
fu detto a proposito di quella prima equazione (0 della equivalente del precedente
numero).
" Ogni equazione della forma (3) che sia soddisfatta da tre punti tnnp non alli-
" neati potrà dunque chiamarsi l'equazione del piano p(m«p) „. Date le equazioni di
due piani distinti che passino per una stessa retta rappresentabile nella forma (2)
si possono ottenere le equazioni di questa forma che rappresentano la retta per com-
binazione lineare di quelle dei due piani — come già l'equazione di un piano qua-
lunque per la retta fu ottenuta per combinazione lineare di quelle del sistema (2).
Si ottiene cosi una rappresentazione più generale della retta mediante le equa-
zioni di due piani per essa, e questa rappresentazione si estende alle rette — che
finora erano state escluse — complanari con 0; se infatti due piani si intersecano
secondo una retta complanare con 0, i punti di questa dovranno soddisfare le loro
equazioni ed ogni combinazione lineare di esse: reciprocamente se le equazioni di
tre piani sono tali che una di esse non è combinazione lineare delle altre due si può,
con un facile calcolo determinare un unico sistema di valori per le coordinate e pei
loro rapporti ottenuti per divisione a destra, che le soddisfa tutte tre e ogni loro
combinazione lineare: se questi valori non rappresentano un punto i tre piani non
s'incontrano; s'incontrano in caso contrario, ma non potranno mai avere comune
una retta.
Una lacuna presenta ancora la precedente rappresentazione per coordinate dei
punti del nostro spazio, ed è relativa ai punti del piano ri (cfr. il principio del pre-
sente numero), fu essa che ci obbligò, nelle linee precedenti, a parlare dei rap-
porti delle coordinate; essa si elimina in modo notorio, sia definendo il punto me-
diante le equazioni di tre piani per esso, linearmente indipendenti, e tutte le loro
combinazioni lineari, sia mediante l'uso di coordinate omogenee; si giungerà agevol-
mente a queste ultime introducendo nuovamente la coordinata x che al principio del
numero si è eliminata, e le equazioni da sostituirsi alle (1), (2), (3) si otterranno
applicando a destra del termine indipendente dalle variabili la nuova variabile x,
come già per divisione a destra questa coordinata si era eliminata.
Si dovranno considerare come identici sistemi di coordinate che si ottengano
l'uno dall'altro per moltiplicazione a destra di tutte le coordinate di un sistema per
uno stesso raggio.
19. Completamento dello spazio projettivo. — I risultati precedenti ci mettono
in grado di definire un campo di pioìfi ideali, preferibilmente punti projettivì, che
comprende come caso particolare la varietà dei punti cui si riferiscono i nostri po-
stulati metrici: campo nel quale è assicurata l'intersezione di piani e rette.
Chiameremo punto projettivo l'insieme di quattro raggi della stella Q nel piano i,
non tutti coincidenti con lue e dove si considerino come identiche quaterne diverse
in cui i raggi omologhi differiscano solo per la moltiplicazione a destra per uno stesso
fattore. Si potranno rappresentare generalmente questi raggi con x^ x^ Xi e si
chiameranno le coordinate omogenee del punto, mentre si chiameranno coordinate
non omogenee i tre rapporti z=''*lx„ z' = ''-lz„ t = ^'lx,. Se questi raggi sono, secondo
320
BEPPO LEVI
40
il preced. n", le coordinate di un punto del nostro spazio fondamentale si dirà che
questo punto e il nominato punto projettivo coincidono.
Si dirà piano proiettivo l'insieme dei punti progettivi le cui coordinate non omo-
genee soddisfanno ad una equazione della forma (3) e a tutte quelle che dalla mede-
sima si ottengono moltiplicando a sinistra tutti i coefficienti per uno stesso fattore
(ovvero le cui coordinate omogenee soddisfanno all'equazione (3) resa omogenea mercè
la moltiplicazione a destra per Xi).
Si dirà reMa projettiva l'insieme di punti projettivi comuni a due piani projet-
tivi distinti (e a tutti quelli che si deducono mediante combinazione lineare delle
loro equazioni).
Due punti projettivi determinano una retta projettiva, tre punti projettivi non
appartenenti alla stessa retta projettiva, un piano projettivo ; due piani projettivi si
tagliano secondo una retta, tre piani projettivi non passanti per la stessa retta hanno
comune un punto projettivo. — Punti dello spazio fondamentale allineati o compla-
nari nel senso del Cap. I sono pure punti projettivi d'una stessa retta projettiva o
d'uno stesso piano projettivo; e reciprocamente, punti dello spazio fondamentale che,
in quanto punti projettivi, appartengano ad una stessa retta o piano projettivi sono
allineati o complanari. — Se tre piani hanno comune un punto dello spazio fonda-
mentale, e, in quanto piani projettivi, hanno comune una retta projettiva, avranno
comune una retta di punti dello spazio fondamentale, contenuta in detta retta pro-
jettiva (perchè due di quei piani, avendo comune un punto, avranno una retta comune,
e questa sarà contenuta in quella retta projettiva e quindi comune ai tre piani).
Il nostro spazio projettivo cosi costruito godrà senz'altro di tutte le note pro-
prietà di cui si fa uso nella geometria projettiva, riguardo all'incidenza di punti,
rette e piani {Verktiiipfungsaxiome secondo lo Hilbert).
§ 2. — La geometria projettiva e la metrica.
20. Il teorema di Pappo-Pascal. — Noi siamo ora in grado di dimostrare senza
difficoltà il teorema di Pascal per la coppia di rette : completato infatti lo spazio
come nel precedente §, non esiste più alcuna limitazione al trasporto delle proprietà
grafiche per projezione, e basterà quindi dimostrare il teorema per una particolar
coppia di rette. Si può allora trasportare al caso nostro la dimostrazione insegnata
dal sig. Schur nei Math. Ann. 51 (^). Riassumerò molto brevemente quella dimo-
strazione dando rilievo alle poche osservazioni complementari che qui occorrono : nel
seguito (Cap. Ili, n. 33) riotterrò lo stesso risultato per tutt'altra via, la quale mi pare
anche degna di nota.
Occorre premettere che il prodotto di due simmetrie rispetto a piani per una
stessa retta non è una simmetria, il prodotto di tre simmetrie rispetto a piani per
una retta è una simmetria rispetto a un piano per quella retta medesima. Sia r la
retta per cui passano i piani di simmetria (Tj Og (Tg : siano Zi Z2 ^3 tre simmetrie ;
(^) Ueber den Fundamentalsatz der projectiven Geometrie.
41
FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA
321
se 1.2<^i = Oi" sarà I^^iO^i — ^i"; ^ la^i ^2 stabiliscono la stessa corrispondenza
fra i punti dei piani a^, o^" ; ma esiste una sola simmetria che scambia due dati
punti e tien fissa una retta data aderente ad ossi: così, se Z2^i fosse una sim-
metria, coinciderebbe con I.^. ^2 dovrebbe essere per Z, piano di punti fissi e quindi
a.) = ,, Z^ = Z,; ma allora ZgZj sarebbe l'identità. Sia poi P un punto di ade-
rente ad /• e sia ZaZsP^ F' ; Pe P' stanno in uno stesso piano ±.r\ se questo piano
incontra r, sia O il punto d'incontro e sia Me^P P'; si ha MOP = MOP' e la congruenza
così definita sul piano (n. 3) è un ribaltamento intorno a x{MO), se M è aderente a 0;
se M non è aderente a 0, scambierà P e P' il ribaltamento intorno alla ±x{MO) in 0.
Questo ribaltamento del piano può sempre ottenersi mediante una simmetria rispetto
al piano determinato da r e dall'asse del ribaltamento. Il prodotto di ZjZgZj per questa
simmetria ha il piano p(rP) come piano di punti fissi: se esso non è l'identità, è
una simmetria rispetto a questo piano. Ora lo stesso deve dirsi del prodotto di Z3Z2
per la medesima simmetria. Se il primo prodotto non fosse l'identità, lo sarebbe il
secondo e Z3Z2 sai-ebbe una simmetria, contro le precedenti conclusioni; così sarà
una simmetria Z3Z2Z1. — La dimostrazione si svolge con maggior semplicità se sul
piano ±r per P e P' esiste una retta non aderente ad r, il che è certamente il
caso se questo piano non incontra r. Infatti ciascuna simmetria, Zj, Z2, Z3, induce su ri
un ribaltamento e quindi il loro prodotto ancora un ribaltamento (7 t. 13 e 10), onde
immediatamente si vede che il prodotto delle tre simmetrie è la simmetria rispetto
al piano che unisce r con uno dei punti fissi in questo ribaltamento rispetto al piano
per 7- perpendicolare a questo.
Premesse queste osservazioni, siano A^AsA^ tre punti projettivi di una retta
projettiva, Jg^i^e ti's punti d'una retta projettiva giacente con questa in uno stesso
piano projettivo. I 6 punti saranno projettati da Q secondo rette (dello spazio fon-
damentale). Le due rette sostegni dell'esagono possono sempre, per proiezione, imma-
ginarsi trasportate su due piani per Q, simmetrici rispetto a un piano c7, per es. sui
due piani E, r\ del n° 17. Si seghi allora la figura mediante un piano J-Cf, non pas-
sante per Q e che tagli in punti dello spazio fondamentale le 6 rette nominate (XXII);
si otterrà un nuovo esagono aia^a^, a2^'4«6 a cui si potrà ora senza ulteriori modifi-
cazioni applicare la dimostrazione del sig. Schur: siano g e g' le due rette sostegno
dell'esagono e sia r una retta di o non perpendicolare al loro piano. Siano gi'gs'g^'
le simmetriche di g rispetto ai piani p(rrti), ^'(ras), P{rrir,); g2 gt gs le simmetriche di g'
rispetto a p{ra.2), Pira^), Pirae). Le precedenti osservazioni circa ai prodotti di sim-
metrie mostrano che ciascuna retta con apice è complanare con ciascuna retta senza
apice, ma rette con rette senz'apice non saranno complanari fra loro perchè il loro
piano dovrebbe essere P{gg'}. Ciascuna retta r(a,a,) {i dispari, l pari) sta sul p{g,gi').
Si considerino i seguenti punti projettivi :
Di intersezione di x{aia2), x{a^ar,) Fi intersezione di g-i'g^
A „ , x{ar,as), xia^as) 'Fa „ „ gi'g^
^3 « „ r(«6«i), x{a.^(ii) „ „ SfsV/s .
e le rette projettivo:
di = x{F2F.i) = ìntevsezìone di l'Ij/i'.'/o), IH^/^ys')
ci, = xiF^Fi) = , r, Pig.'gol Vig^g^')
d^ = x{FiF,)= „ ^ Hg^gi), Pigs'gi)
SKRiK li. Tom. I,IV. p'
322
BEPPO LEVI
42
Di, D2, D3 stanno, come si vede dal quadro precedente, su di, d^. d^ rispettivamente
e quindi sul piano proiettivo X^iFiF^F^), e perciò sulla retta projettiva intersezione
di questo piano con \){gg').
21. La geometria proiettiva. — Il sig. Schur, nella citata memoria, mostra
come, sulla base del teorema di Pascal e di quello di Desargues si possa dimostrare
il teorema fondamentale di Staudt e istituire quindi l'intera geometria projettiva.
Per altra parte il sig. Hilbert giunge allo stesso risultato, per via analitica, dimo-
strando la proprietà commutativa della moltiplicazione, definita al n° 17, mediante
il teorema di Pascal. Io non m' intratterrò quindi ulteriormente sopra questo argo-
mento.
Mi piace invece di rilevare come il concetto di ordine degli elementi di una
forma di prima specie non abbia avuto fin qui alcuna parte nella istituzione della
nostra geometria e non abbia piìi alcuna ragione di averne in seguito, in tutto lo
sviluppo della geometria projettiva, giacche è interamente stabilita la rappresenta-
zione per coordinate e la geometria analitica.
È essenziale notare che, per questa costruzione della geometria projettiva, non
è necessario che a espressioni aritmeticamente irreduttibili fra loro nel campo di
numeri definito al n° 17 — (così, imitando lo Hilbert, sarà conveniente chiamare
d'or innanzi l'insieme degli elementi su cui si opera colle regole aritmetiche del
n° 17) — corrispondano raggi diversi dei piani coordinati, pur tenendo conto della pro-
prietà commutativa della moltiplicazione ora introdotta; bensì è necessario soltanto
che a raggi diversi corrispondano numeri espressioni fra loro aritmeticamente ir-
reduttibili.
Per chiarire ci riferiremo alle espressioni — numeri — generate dalle opera-
zioni definite al n" 17, che, per comodità, trasporteremo dalla stella al piano projet-
tivo. Sono fissati nel piano due assi n : il loro punto d'incontro si chiama ; sui
due assi inoltre sono fissati due punti uj|, uj,^. Ad ogni punto di ciascuno degli assi
si fa corrispondere un elemento aritmetico — numero — e il punto medesimo si rap-
presenta collo stesso simbolo di questo numero affetto dall'indice E ri secondochè
si trova sull'uno sull'altro asse. Si attribuisce uno stesso numero a punti dei due
assi allineati con uno stesso punto TI sulla retta r(uj|uj,j) e fuori degli assi: per la
definizione della moltiplicazione occorre inoltre che fra i numeri del nostro campo
se ne distingua uno da chiamarsi 1 (e quindi 1^ e 1,^ i punti corrispondenti sugli
assi E, r\) per cui, qualunque sia il numero a, a .1 = a. Se, conservando le comuni
convenzioni aritmetiche, si pone 1-4-1 = 2. 2 + 1 = 3, , a .a — a^, si mostra
che, mediante le operazioni di addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione defi-
nite al n° 17 (tenendo conto, per quest'ultima, che la proprietà commutativa della
moltiplicazione elimina anche la differenza fra divisione a destra e a sinistra), si
possono costruire tutti i punti degli assi, corrispondenti agli elementi del campo di
razionalità che ha per base il sistema dei numeri corrispondenti a quanti si vogliano
punti fissati arbitrariamente sugli assi. Ora si può supporre che due elementi di questo
cam,jo, fra loro aritmeticamente irreduttibili, rappresentino tali successioni di opera-
zioni che conducano allo stesso punto finale. La differenza fra questi due elementi
rappresenterà allora lo 0. L'insieme di tutti gli elementi rappresentanti lo costi-
43 FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA 323
tuisce evidentemente un modulo [Zahlenmodul) con coefficienti appartenenti al campo
di razionalità sopra nominato; e rappresentano uno stesso punto tutte le espressioni
di questo campo di razionalità, congrue fra loro rispetto a quel modulo. Il prodotto
di due punti p, q non sarà mai lo se non è almeno uno di essi, come si vede
considerando direttamente l'operazione di moltiplicazione definita al n" 17. In parti-
colare, se il campo di razionalità considerato è il campo naturale generato dal-
l'elemento 1, gli elementi rappresentanti lo saranno tutti quelli della forma ^ n
le
dove « è un numero primo e k non è divisibile per n.
È evidente come si possa verificare una geometria quale quella qui accennata.
Si consideri, per es., il piano numerico costituito da tutte le coppie (xi/) di numeri
razionali, e si chiami punto l'insieme di tutte le coppie le cui coordinate omologhe
differiscono fra loro per numeri della forma ^n, dove n è un numero primo fisso e k
non è divisibile per n; si chiamino altresì punti gli aggregati di tali coppie in cui una
almeno delle coordinate ha il denominatore multiplo di n ed in cui i rapporti fra le
coordinate — prese nello stesso ordine — contengono tutti ancora n a denominatore
oppure differiscono fra loro per numeri della forma sopra nominata. Vi si chiami
retta: 1» ogni aggregato di questi punti le cui coordinate non hanno al denomina-
tore il fattor n e che fanno prendere ad uno stesso trinomio ax A- bij -\- c [ a, b, c ra-
zionali e con denominatore non divisibile per n; a, b non entrambi della forma
valori della forma ^ «, più il punto le cui coordinate hanno al denominatore il fat-
tore n ed hanno un rapporto che differisce da — ^ per un numero della forma •
^ /e '
— 2" 1 aggregato dei punti di cui almeno una coordinata ha per denominatore un
multiplo di n.
Si otterrà cosi un piano di punti in cui si verifica la geometria projettiva nel
modo sopra detto {^).
Se in particolare si fa n = 2, si otterrà un piano projettivo in cui si verifica il
teorema di Desargues e quello di Pascal e si può quindi costruire simbolicamente la
geometria projettiva e immerger questo piano in uno spazio projettivo a tre dimen-
sioni (2) ; ma nella qual geometria projettiva il quarto armonico dopo tre elementi dati
coincide con uno di questi tre {^).
L'esempio offerto dal sig. Fano (*) per dimostrare l'indipendenza della proposi-
zione: " il quarto armonico dopo tre elementi dati è distinto da ciascuno di essi „
(') Cfr. n. 31.
C) Cfr. HiLUKiìT. 1. e, § 29.
Se quindi il piano projettivo è costruito, come sopra si disse, sul piano numerico costituito
dalle coppie di numeri razionali (.2: y), la retta non contiene più di tre punti; ma un campo projet-
tivo analogo si ottiene ancora se si allar^^a il detto piano numerico, allargando il campo di razio-
nalità cui debbono appartenere x,y: dovranno allora rappresentare lo i multiiili di 2, con fattore
da multiplu-ità un elemento qualunque di questo nuovo campo di razionalità.
(') .S"((. postulati fondamentali della geometria projettiva. " Giornale di Batta^rlini ., XXX-1891.
324
BEPPO LEVI
44
dai postulati di appartenenza {Verknupfung secondo il sig. Hilbert) è una realizza-
zione geometrica di questa costruzione analitica. Le presenti considerazioni mostrano
appunto il posto che quel postulato occupa nello sviluppo della geometria projettiva;
in mancanza di esso molte proposizioni non diverrebbero eri'onee, ma illusorie.
E chiaro che su queste osservazioni generali intorno alla geometria projettiva
non sono senza influenza i postulati metrici del Gap. I. Cosi l'esistenza delle perpen-
dicolari, in un piano, ad una sua retta esclude immediatamente il caso dianzi trattato
che non esista la quaterna armonica di punti distinti: basti osservare che il teorema
di Desargues nella forma del teor. 1 del n" 16 si traduce projettivamente in ciò che
le perpendicolari ad una stessa retta concorrono in un punto, che può essere reale
projettivo; la quaterna formata da due punti simmetrici rispetto a una retta r,
dal punto d'incontro (reale o projettivo) della loro congiungente colla r medesima e
dal punto di concorso delle ±r e certamente di punti distinti, e considerazioni notis-
sime mostrano che essa è una quaterna armonica. Poiché tutte le quaterne armoniche
sono fra loro projettive. resta provato in generale che non esistono quaterne armo-
niche che si contraggano in tre soli punti distinti.
All'opposto, seguendo passo passo le considerazioni che si faranno ai n^ 31 e 34,
è facile vedere come non si cada in contraddizione coi nostri postulati fissando il
numero n del precedente discorso a 3 e si possa cosi ottenere una metrica in cui
ogni retta possiede tre soli punti (reali) distinti.
22. Le METEicHE PROJETTIVE. — Istituita la geometria projettiva, si stabilisce,
con ragionamenti noti, la dipendenza da essa della geometria metrica definita nel
Cap. I (1). Limitandoci ad accennare brevemente del piano, ricorderemo l'osservazione
delle linee precedenti, le perpendicolari ad una retta concorrere in un punto che si
potrà dire, secondo una locuzione comune, il polo assoluto di quella retta. Il ribalta-
mento intorno ad una retta è allora una omologia armonica che ha per asse la retta
e per centro il suo polo assoluto. Il polo assoluto di una retta è interamente deter-
minato da due perpendicolari a questa. Se allora due rette hanno due perpendicolari
comuni — (hanno lo stesso polo assoluto) — tutte le perpendicolari all'una sono per-
pendicolari all'altra; e il loro punto di concorso è polo assoluto di tutte queste per-
pendicolari comuni, e il loro comune polo è pure polo di ogni retta per questo punto
di concorso. Se al contrario due rette hanno una sola perpendicolare comune, a due
a due le perpendicolari a questa non hanno altre perpendicolari comuni: i poli asso-
luti di tutte queste rette sono distinti fra loro. — Generalmente si dirà perpendi-
colare ad una retta anche una retta projettiva che passi pel polo assoluto di quella.
Se due rette m, n s'incontrano in un punto che non sia polo assoluto di tutte
le perpendicolari a una di esse, i loro poli assoluti sono distinti, perchè si è mostrato
che .se due rette hanno lo stesso polo tutte le perpendicolari a ciascuna di esse hanno
per polo assoluto il loro punto di concorso. La congiungente i due poli è perpendi-
colare comune alle due rette ; e nessun'altra perpendicolare comune le due rette pos-
(') Cfr. Pasch, 1. e, §§ 19, 20. La differenza essenziale fra le presenti considerazioni e quelle del
Pascli sta in ciò che noi non ammettiamo tutte le rette congruenti fra loro (cfr. il Grundsatz, li,
p. 104 del Pasch e anche p. 147 linee 5-6).
45 FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA 325
sono avere. — Suppoiiiaino che lo duo rette m e n siano perpendicolari: il prodotto
dei ribaltamenti intorno a »< e n (semirotazione intorno ad 0, se è reale — v. 11
t. 1) converte in se quella retta e ne tien fermi tutti i punti (dr. 11 t. 1), quindi
si potrà chiamare ribaltamento intorno ad essa, anche se la retta non è reale.
Sia ?• un'altra retta qualunque per 0; il ribaltamento intorno ad essa converte
»t ed H in altre due rette per fra loro perpendicolari e il prodotto dei ribaltamenti
intorno alle rette trasformate non potrà differire dalla precedente congruenza (come
si vede distinguendo i due casi di reale — Ut. 3 — e non reale — la retta
dei poli è reale: 11 t. 1 — ); quindi il ribaltamento intorno ad r converte in se la
retta dei poli di m ed w, ed il polo di r sta su quella retta: sia R. La congiun-
gente R con è perpendicolare comune arco; quindi il suo polo è il punto
d'intersezione (reale o projettivo) di r e o: sia r' = x{RO) e R' il suo polo, interse-
zione di r e 0. Il punto R' non potrà esser polo di altre xr: se infatti ri fosse
un'altra perpendicolare a r col medesimo polo R' si potrebbe ragionare su r e ri
come or ora su m ed n e concludere che o è anche perpendicolare a tutte le rette
per il punto Oi d'incontro di r e ri ; ma jB' sarebbe allora polo di tutte le perpen-
dicolari ad r, e così o sarebbe perpendicolare ad ogni retta del piano (incontrante r
in un punto qualunque — reale o projettivo — fuori della o medesima). Ma allora i
poli di tutte le perpendicolari a m (o ad n) starebbero su o e coinciderebbero col
suo punto d'incontro con m (od n) medesima, contro l'ipotesi. Adunque raccogliendo:
" Se sopra una retta un punto è polo assoluto di due perpendicolari a questa
" retta, esso è polo assoluto di ogni perpendicolare alla retta medesima, e tutte le per-
" pendicolari ad una medesima retta — qualunque — del piano hanno lo stesso polo.
" I punti del piano che sono poli assoluti di tutte le rette per uno. stesso punto
" appartengono ad una stessa retta, reale o projettiva, perpendicolare comune a tutte
* quelle rette. Questa retta è unica e mai reale nel caso sopra citato; in ogni altro
" caso varia univocamente col punto considerato e, quand'anche essa sia projettiva,
" questo punto deve considerarsi come il suo polo assoluto „.
Se >• e una retta qualunque del piano, r' una sua perpendicolare, che la incontri
in 0, R' il polo assoluto di questa (su r), e R' possono chiamarsi pww^i associati (^).
" Cori'ispondentemente ai due casi distinti nel pi^ecedente enunciato, può supporsi che
" uno stesso punto sia associato a tutti i punti della retta ovvero ad un unico: se
" avviene il primo caso su una retta del piano, lo stesso avviene sopra ogni altra,
" fatta eccezione per la perpendicolare comune a tutte le rette del piano: se avviene
" il secondo caso su una retta del piano non perpendicolare ad ogni altra, o su due
" diverse rette projettive (vale a dire sopra rette di cui una non possa essere la sud-
" detta retta eccezionale) si verificherà pure il secondo caso sopra ogni altra retta:
" il gruppo costituito da due punti, dal loro punto medio e dal punto associato a
" questo è armonico „.
Si ha così la distinzione fra le metriche a polarità assoluta degenere (parabo-
liche) e a polarità assoluta non degenere. Esse potranno poi essere la metrica di
Euclide, di Lobacefski o di Riemann, ovvero le metriche poste recentemente in evi-
(') VerknUpfte secondo il Pasch.
326
BEPPO LEVI
46
denza dal sig. Dehn, ovvero altre di cui sarà discorso tra poco, ed altre ancora, a
seconda dei nuovi postulati che si vorranno aggiungere.
Per ciascuna di esse occorrerà certamente ritornare sui singoli postulati per veri-
ficarne r applicabilità, ma le teorie note delle nominate geometrie permettono di
lasciare al lettore questo facile compito. Ci limiteremo ad un'osservazione che colpisce
in particolare la geometria Riemanniana.
Quando si costruiscono le metriche proiettive nel modo più uniforme, assegnando
fin da principio una conica o quadrica assolute, e intendendo che le rette metriche
debbono essere contenute nelle rette projettive dello spazio, posto così a base della
definizione medesima della metrica, ne risulta una definizione della congruenza come
trasformazione projettiva che muta in se l'assoluto, e non si ricerca particolarmente
la dipendenza di questa trasformazione da singole congruenze di coppie di punti.
Di qui una lieve divergenza dalla nozione di congruenza fra sistemi introdotta al n. 3,
la quale si dimostra bensì priva di importanza per le geometrie iperbolica e parabolica,
ma non ugualmente per la geometria ellittica. Due cerchi del piano ellittico possono
invero avere 4 punti comuni: se a, b sono i centri dei due cerchi, cc'c"c"' i 4 punti
comuni ad essi, questi si distinguono in due coppie che chiameremo cc',c"c"', per
modo che le terne abc, abc' si convertono l'una nell'altra per una congruenza, nel
nuovo significato (la simmetria rispetto alla retta ab), e cosi pure le terne abc", abc'";
ma non così una delle prime terne in una delle seconde, quantunque sussistano le
congruenze, per es., ab = ab, ac = ac" , bc = be'.
A queste osservazioni ci rannoderemo tosto col n. 29, ove uno studio piìi pro-
fondo del post. IX, porterà ad escludere anche queste ultime contraddizioni colla
geometria ellittica ed altre più generali.
47
FONDAMENTI DELLA METRICA PKOJETTIVA
327
CAPITOLO TIT.
SAGGIO SULL'INDIPENDENZA E SULLA CAPACITÀ DEI POSTULATI.
§ 1. — Sull'indipendenza dei postulati I-XXI.
23. — In questo § dimostrerò mediante esempì l'indipendenza ordinata della
massima parte dei postulati ammessi nel Cap. I. Condizione logica primordiale a cui
deve soddisfare un qualsiasi sistema di postulati è che con esso non si enuncino pro-
prietà di enti di cui non si sia dichiarata l'esistenza: i postulati che enunciano questa
esistenza sono allora, per lor natura, indipendenti dai rimanenti, e tale indipendenza
non potrà esser maggiormente chiarita da qualsiasi esempio. Sono cosi senz'altro
messi fuori di discussione i postulati : I — esistenziale della classe dei punti — ,
II — esistenziale di una relazione fra coppie di punti — , XVI — che enuncia l'esi-
stenza di un punto fuori d'una retta — , XX — che enuncia l'esistenza di un punto
fuori d un piano — .
24. I POSTULATI GENERALI DELLA CONGRUENZA (III-IX). — Finché si afferma (li)
che la congruenza è una relazione fra le coppie di punti, non si distingue tal rela-
zione da alcun'altra tra coppie qualsiansi di elementi, onde certamente sarà ordina-
tamente indipendente dagli altri il primo postulato che ne assegni una qualsiasi pro-
prietà, qui il post. IH.
A mostrare l'indipendenza ordinata dei rimanenti postulati della congruenza,
valgano i seguenti esempì :
Post. IV. — Si interpreti " punto „ in " numero intero e positivo „ e si dica
" nb ^ ed „ quando " a'' = c'' „; sarà bensì e" = a'' (HI), ma sarà generalmente b"^=d\
Post. V. — Si interpreti " punto „ in " numero intero e positivo „ e si dica
" ab = ed „ quando « X ^ = c X saranno soddisfatti i postulati III, IV, non il V.
Post. VI. — Si interpreti " punto „ in " punto euclideo „ e si dica " ab =. ed „
quando " per le coppie ab, ed passano due rette parallele „ : saranno soddisfatti ì
post. III-V, non il VI.
Post. VII. — Si interpreti " punto „ in " punto euclideo , e si dica " ab ^ ed „
quando " qualunque retta contenente una delle coppie è perpendicolare a qualche
" retta contenente l'altra , ; saranno soddisfatti i primi 6 postulati, non il VII,
Post. VIII. — Non sarà soddisfatto, ma saranno verificati tutti i precedenti
quando si interpreti " punto ., in " numero con segno , e la relazione " ab = ed „
nella relazione " a — b = e — d
Post. IX. — L'indipendenza di questo postulato dai precedenti dipende essen-
zialmente da ciò, che in esso per la prima volta si considerano sistemi di più di due
punti. Si limiti il campo di punti da chiamarsi spazio, interpretando la congruenza
fra coppie, per es., nell'ordinario senso euclideo, e in infiniti modi si potrà negare
tal postulato, rimanendo verificati i precedenti : nel modo piìi semplice, si chiami
spazio l'aggregato dei punti interni a un contorno chiuso qualsiasi. — Va notato
328
BEPPO LEVI
48
che i postulati Vili e IX si combinano per esprimere la proprietà transitiva della
congruenza.
25. I POSTULATI DEL PUNTO MEDIO d'una COPPIA. — JPost. X. — Si interpreti
" punto „ in " vertice di un dato rettangolo abcd ^, " congruenza fra due coppie „
nell'ordinaria " congruenza euclidea „ ; non sarà verificato il post. X, bensì tutti i
precedenti.
JPost. XI. — Sia " punto „ l'elemento d'una classe qualsiasi, che contenga al-
meno 4 elementi ; si chiamino fra loro congruenti tutte le coppie di punti distinti ;
e fra loro congruenti, ma non alle prime, tutte le coppie di punti identici ; sarà veri-
ficato ciascuno dei post. I-X, non l'XI".
26. I POSTULATI DELLA CATENA. — Post. XII. — In uno spazio euclideo sia fis-
sata una giacitura tt, e si dicano congruenti le coppie che determinano segmenti
uguali e ugualmente inclinati a detta giacitura. E immediato che i postulati della
congruenza di coppie (III-VIII) sono verificati.
Se ab = a'b' la coppia ab si trasforma nella coppia «'i' mediante una traslazione,
una rotazione intorno a una retta _ltt e, può darsi, una simmetria rispetto a un punto.
Per effetto di queste trasformazioni, ogni sistema di punti ed ... si trasforma in un
sistema di punti c'd' ... tale che abcd ... = a'b'c'd' ... Per stabilire però la completa
validità del post. IX occorre analizzare se, con queste sole trasformazioni, un sistema
di punti si muti in ogni sistema congruente ad esso. Ciò equivale a chiedere se esi-
stano sistemi congruenti aventi punti omologhi comuni , e come si passi dall' uno
all'altro.
Se abc sono tre punti qualunque, esiste in generale uno e un solo punto c' tale
che abc = abc': i due triangoli sono simmetrici rispetto al piano passante per aè e ìtt.
Eccezioni si hanno: 1° quando rtè±TT; i punti c' tali che abc ^ abc' sono tutti i punti
di una circonferenza di asse ab. — 2° quando il triangolo abc sta in un piano ±tt,
e ab non è parallelo a tt, e quando abc sono allineati; il punto c viene a mancare.
— 3° quando il triangolo abc sta in un piano xtt ed ab\\Ti\ esiste ed è unico il
punto c', ma c e c' sono simmetrici rispetto ad ab ; — 4*^ quando aè!|TT e il piano abc
non è J-TT nè ||tt; i punti c' sono 3, cioè il simmetrico di c rispetto al piano ±Tt per ab
e i simmetrici di c e di questo punto rispetto alla retta ab (o rispetto al piano ||tt
per ab) [se il piano abc fosse |lTr si rientrerebbe nel caso generale].
Si vede cosi che, quando esiste un punto c tale che abc = abc', la prima figura
si porta nella seconda mediante una simmetria rispetto a un piano j_it, o rispetto
a un piano ì|tt, o a una retta ||Tt (prodotto questa delle due prime simmetrie); e tutte
queste trasformazioni mutano ancora ogni sistema di punti de ... in un sistema d'e' ...
tale che, secondo la nostra definizione, abcde ... = abc'd'e' ... . Onde si ottiene che il
post. IX è verificato per ogni ampliamento di un sistema di tre punti.
Se abcd sono quattro punti, non esiste, in generale, un punto d' tale che abcd=abcd' ,
perchè d e d' dovrebbero essere simmetrici rispetto ai piani ±tt per ab,ac,bc; un
punto d' esisterà se il piano abc e J-ti e d non sta in esso, e sarà il simmetrico di d
rispetto a questo piano ; esisteranno inoltre punti d' se abc sono allineati, negli stessi
casi e nello stesso modo che esistono punti d' tali che abd' = abd. Onde ancora si
49
FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA
329
verifica il post. IX pei sistemi che derivano da un ampliamento di una quaterna di
punti. E ripetendo convenientemente lo stesso ragionamento, si conclude senza dif-
ficoltà per induzione per ogni sistema di punti.
Il post. X è verificato dal punto medio della coppia nel senso euclideo, e dai
punti della perpendicolare in questo punto ad ah nel piano parallelo alla giacitura rt;
inoltre se «è-Tr, ovvero ah\\n verificheranno pure il post. X tutti i punti del piano
perpendicolare al segmento ah nel suo punto medio. Però non da tutti questi punti
sarà soddisfatto il post. XI, perchè, se c è uno di questi punti e il piano abc non
è J-TT, si chiami d il simmetrico di a rispetto al piano ±Tr per bc, sarà abc = dbc bdc :
quindi i punti che, rispetto ad una data coppia ab si possono assumere come punti c
per soddisfare ai post. X e XI, sono : il punto medio del segmento ab se questo è
obliquo a tt, i punti della ±tt per questo punto medio se ab n, finalmente tutti i
punti del piano ±ab nel suo punto medio se aè-Lir.
La catena di una coppia di punti la cui congiungente euclidea sia ^tt è dunque
tutto lo spazio, ma in essa non è verificato il post. XII, perchè, se è è un punto della
retta parallela alla giacitura tt e perpendicolare ad un segmento ac obliquo a tt nel
suo punto medio, è ab = he, senza che b sia punto medio fra a e c.
Post. XIII. — Se però si costruisce la metrica analoga alla precedente sul piano
euclideo, anziché nello spazio (assumendo quindi come congruenti le coppie che
determinano segmenti uguali e ugualmente inclinati ad una direzione fissa p) si rico-
noscerà tosto che anche il post. XII risulta soddisfatto. Non esiste, infatti, allora
alcun punto ni' =!= m tale che abm = abtn', a meno che il segmento ab non sia per-
pendicolare parallelo a p. Se ora ab = bc e se abx o \\p, tale sarà pure bc e i tre
punti abc saranno allineati onde cea/6; se poi ab = bc ed ab è obliquo a, p, non esiste,
come si osservò, un punto c' tale che acb'—ac'b, onde ancora cealb-
Ma, assegnata la coppia ab, saranno simmetrici di a rispetto a è i tre vertici
residui del rettangolo avente un vertice in a, il centro in ^> e due lati paralleli (e
due perpendicolari) a p. Non sarà dunque verificato il post. XIII.
27. Il POSTULATO XVII del piano. — Si ricordi che due figure uguali di un
piano euclideo si sovrappongono quando si portano l'uno sull'altro due loro triangoli
omologhi abc, a'b'c'. E questa sovrapposizione può ottenersi mediante la traslazione a'a,
alla qnale, se b' ne è portato nel punto b"^b, si farà seguire una simmetria rispetto
alla congiungente a col punto medio di bb" se abb" non sono allineati, ovvero una sim-
metria rispetto ad a se abb" sono allineati. Se, dopo ciò, la posizione c'" di c' non
coincide con c, basterà operare ancora la simmetria rispetto alla ab.
Ciò posto, si immagini il piano riferito ad un sistema di coordinate cartesiane
di cui siano X ed Y gli assi, e vi si considerino tutti i punti le cui coordinate sono
numeri razionali i cui denominatori hanno per fattori primi solo somme di due qua-
drati (fra gli altri fattori possano quindi contenere tutte le potenze di 2 = P -|- P).
Fra questi punti esiste evidentemente il punto medio di ogni coppia di punti del campo,
e il simmetrico di un punto qualunque rispetto a un altro j^perchè se (aP), (ajP,) sono
due punti, il loro punto medio è ("~|^'» ^~2~^) ^ simmetrico del piano rispetto
al secondo, (2ai — a, 23i — P) ; a meno di fattori 2 i denominatori di queste coordi-
Serie II. Tom. LIV. q'
330 BEPPO LEVI 50
nate non posseggono quindi altri fattori che quelli dei denominatori di a, 3, oi, 3i
Inoltre il simmetrico del punto (Eri) rispetto alla retta dei punti (a3), (ajPi) è
/ 5 , (p -p,)[nfa-a.) - £(p-P,)-(ap,-a ,p)] o (a - a.) [r](a - a,) - S(P— P,) - (api-OiP)] \
+ (a-a,)^ + (p-P,f ' ^ (a-a,)' + {p-p,)^ /
Il denominatore del termine — (g Jair-)-(p_p,)8 — - P^'^^"* ^^^^^^
zione ai minimi termini, ha per fattori i denominatori di 3 — Pi, di ti(ci — cxi) —
g(p — p^) — (aSi — a^S) e una somma di quadrati dei numeratori di a — e di P — 3i
previamente ridotti allo stesso denominatore. Ciascuno dei primi fattori porterà nel
denominatore soli fattori primi somme di due quadrati. Quanto all' ultimo occorre
ricordare che una somma di due quadrati ha per soli fattori primi somme di due
quadrati, oltre i fattori che fossero comuni ai due addendi. Ma si supponga che sia
m il fattor comune ai numeratori di a — e di p — Pi (solo fattore che si debba
ritrovare comune ai due numeratori dopo riduzione delle due espressioni al loro
minimo comun denominatore) e sia m' il prodotto degli eventuali suoi fattori primi
non somme di due quadrati. Ciascun denominatore di a, 3, a^, . . . sarà primo con m'.
Si ponga a — a^ = m'^, p — R^r^m'y; risulta api — = w' ( 81 — Oi ] e
ciascuno dei numeratori di a — a^, 3 — 3i, «Pi — a^S conterrà il fattor m'. Cosi la
riduzione ai minimi termini della frazione totale considerata condurrà a ridurre il
fattore m"^ proveniente nel denominatore dall'espressione (a — a')^-}- (3 — p')^, col fat-
tore medesimo m'^ che nel numeratore di (P — Pi)[n(a — 0^)— E(P — PO — («Pi" «1'^)]
necessariamente si presenta.
^ , ... r u f • («-«■: [n (a-«r)-s(g-P.)-(«Pi-«iM .
Le stesse osservaz. si ripetono per 1 altra trazione (q_a^)2_j_(g_p^)^ '
onde si vede che il campo di punti considerato contiene il simmetrico di ogni suo
punto rispetto ad ogni sua retta : la precedente osservazione relativa all'esistenza dei
punti medi e simmetrici rispetto a due punti dati, dimostra ch'esso contiene il sim-
metrico di un suo punto qualunque rispetto a ogni suo punto; e poiché la trasla-
zione si effettua analiticamente per semplice somma e differenza di coordinate, si
rileverà in modo analogo che ogni traslazione che porti un punto del campo in un
altro, trasforma tutti i punti del campo in punti del campo medesimo: " Il campo
" considerato è chiuso rispetto all'insieme delle traslazioni e delle simmetrie che tras-
" formano un suo punto in un altro suo punto e, riguardo alle simmetrie, che hanno
" per asse per centro una retta un punto del campo „.
Si chiami spazio della nostra geometria il campo ora definito, e vi si definisca
la congruenza al modo euclideo : le precedenti ossei'vazioni circa le trasformazioni di
uguaglianza nel piano euclideo mostrano che in esso saranno verificati tutti i postu-
lati ammessi fino al XVI incluso.
Ora, secondo la definizione adottata pel piano (n° 8), il punto (1, 1) appartiene
al piano p{{00) (07) (70)), perchè sta sulla proiettante dal punto (00) il punto (|,^)
della r((07) (70)); ma non appartiene a p( (00) (o|j (70) j , perchè le rette (euclidee)
51
FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA
331
che proiettano il punto (1,1) dai punti (0,0), ^0, ^ j, (7,0) segano rispettivamente
le rette euclidee che contengono t( |)(70)), r((00)(70)), rj(00)(o|)) nei punti
(ri' fi ) ' (f ' ^) ' (^'1^ appartengono al nostro campo.
28. Il POSTULATO XXI dello spazio. — L'indipendenza di questo postulato dai
precedenti è evidente quando solo si osservi che esso ha la particolar funzione di
limitare a 8 il numero delle dimensioni dello spazio. — Riguardo a questo postulato
non è forse fuor di luogo l'osservare un certo qual suo carattere diverso dai rima-
nenti : essi riguardano generalmente soltanto proprietà della congruenza, questo aft'erma
l'esistenza di una determinata intersezione: termine di passaggio fra l'uno e l'altro
genere di postulati è il post. XVI (e il XXII). Sarebbe possibile ridurre il conte-
nuto di questo postulato alla forma medesima dei post. XVI, XVII, XVIII, sosti-
tuendo ad esso i tre seguenti :
Post. XXI'. — Se ahcd sono quattro punti qualunque non complanari,
ogni altro punto appartiene ad una almeno delle rette che da ciascuno di
questi punti projettano i punti del piano dei rimanenti tre.
Post. XXI" e XXr". — Esiste una ed una sola congruenza che tien fissi
tutti i punti di un piano qualunque tt e sposta qualche punto dello spazio.
Dal post. XXr si deduce infatti — valendosi all'uopo della proposizione analoga
già dimostrata pel piano — che la congruenza postulata in XXI" non può lasciar
fissi punti aderenti a tt. D'altronde XXI"' dimostra che la congruenza medesima è
involutoria, e permette quindi di definire rette e piani perpendicolari a tt e di dimo-
strare, per la simmetria relativa a tt, le proprietà analoghe a quelle stabilite nel n° 10
per la simmetria piana. Se due piani (Jet hanno a comune un punto P si scelga
un punto il/ qualunque aderente a tt, e da esso si conducano le perpendicolari a cr e t:
la perpendicolare da P al loro piano è comune ai due piani dati.
§ 2. — Riduzione del postulato IX della congruenza fra sistemi.
Conseguenze.
29. — Riduzione del postulato IX. — Il postulato IX (il quale non dififcrisce
dal Grundsatz Vili del Pasch) ha un ufficio essenziale che fu rilevato già nell'introdu-
zione. D'altra parte fu osservato alla fine del n° 22 che, lasciando a questo postulato
una illimitata validità, ne risultano ancora contraddizioni, sian pure lievi, alla metrica
Riemanniana. Ragioni queste perchè s'imponga la domanda se non sia possibile di
diminuirne la capacità, ricorrendo anche al sussidio dei postulati successivi.
Osserveremo perciò che due uffici notevolmente distinti compie il post. IX nel
sistema delle nostre deduzioni. Per una parte esso conduce nel n. 3 alla definizione
della trasformazione per congruenza, e ricompare nei ragionamenti seguenti ogni
volta che si afferma l'esistenza di una tal trasformazione. Per altra parte, applicato
nel suo più esteso significato, esso permette di dedurre l'esistenza della trasforma-
zione per congruenza da un numero limitato di congruenze fra coppie di punti.
332
BEPPO LEVI
52
La prima applicazione è chiaramente inessenziale : basterà definire fino da prin-
cipio CONGRUENZA una trasformazione univoca di un sistema di punti in un altro sistema
di punti, tale che coppie di punti corrispondenti siano congruenti e che, esteso il primo
sistema coli' aggiunzione di un punto, si possa analogamente estendere il secondo per modo
che esista una trasformazione fra i sistemi estesi, che goda delle medesime proprietà, ed
in cui i primi due sistemi si corrispondano come nella trasformazione primitiva. E si
dovrà soltanto mantener sospesa ogni affermazione circa l'esistenza di tali trasfor-
mazioni.
Nel n° 4 si dovrà ancora intendere che i segni = nei post. X e XI abbiano il
significato definito nel n° 3, riserbando ai post. XI e IX' (che tosto si enuncerà) di
dar loro forza di affermazione d'una trasformazione. Invece tale affermazione dovrà
intendersi espressa col post, XVIII.
I luoghi fondamentali in cui si applica il postulato nel 2" modo sono:
1° Ogni qual volta — segnatamente nel § 2 del Gap. I — dalla congruenza
di due coppie si deduce l'esistenza di una trasformazione per congruenza che porta
l'una sull'altra. Casi tipici sono il t. 3 del n° 4, nella sua forma finale, e il t. 3
del n° 5.
2° Il teor. 11 del n" 10 e il teor. 10 del n° 11 ove ricorre per dimostrare l'esi-
stenza di perpendicolari ad una retta che l'incontrino;
3° Il n° 20 ove si applica a dimostrare che il prodotto di tre simmetrie rispetto
a piani per una retta è una simmetria.
Come sia possibile svincolarsi da quest'ultima dimostrazione sarà mostrato nel
n° 33; cosi l'esistenza della perpendicolare di cui al n" 11 t. 10 fu, sotto altre ipo-
tesi, dimostrata come conseguenza dei postulati dello spazio col teor. 9 del n"* 12.
Anzi questo teorema ci dice di piìi che in ogni punto di una retta, in ogni piano
per essa, esiste la perpendicolare. Allora il teor. 10 del n° 11 risulta anch'esso im-
mediato, poiché: se M è una congruenza che converte in se un piano tt scambiando
i due suoi punti coerenti a, a', sia mea/a' e sia r la ±x{aa') in m; il prodotto np,
tiene fissi a e a' e quindi tutti i punti della x{aa'); adunque, o np^ e l'identità e
= ovvero pLPr = paa' e pi = Paa'Pr, cioè n è la semirotazione del piano intorno
ad m.
Cosi, mediante i postulati dello spazio, si può ridurre il campo d'applicazione del
post. IX al 1° caso osservato, cioè a quanto è espresso dal
Post. IX'. — Se due coppie di punti sono congruenti, esiste una tras-
formazione per congruenza che porta la prima coppia nella seconda.
30. Sulle metriche projettive. — Si elimina così ogni limitazione al ricono-
scimento della geometria ellittica nel campo definito dai nostri postulati (cfr. le osser-
vazioni finali del n° 22), e, per quanto riguarda il postulato IX, al riconoscimento
in esso di una qualunque metrica projettiva rispetto a una quadrica o a una conica
assoluta. È essenziale pel seguito aggiungere alcune considerazioni al riguardo, e per
semplicità limiteremo il nostro esame alla metrica sopra un piano.
Si chiami spazio l'insieme dei punti di un piano esterni ad una data conica non
degenere di punti reali, e si consideri in esso la metrica projettiva rispetto a quella
conica come assoluto. La metrica che cosi resta definita sulle rette del piano (inten-
53
FONDAMENTI DELLA METRICA PRO.IETTIVA
333
dendosi qui per " retta „ la " retta del piano projettivo „ posto a base della defini-
zione della metrica) è iperbolica sulle rette che tagliano la conica, ellittica su quelle
che non la tagliano. Ma completamente eccezionali sono le tangenti alla conica. Su
di queste tutti i segmenti sono congrui, esiste cioè una omografia per cui la conica
è invariante ed in cui due punti assegnati su una tangente si trasformano in altri
due punti assegnati su un'altra tangente. Risultano di qui rilevantissime eccezioni
alle nozioni di punti medi e di simmetrici : di più rispetto alle tangenti mancano le
simmetrie: ogni trasformazione projettiva che trasformi la conica in sè ed abbia una
tangente come retta di punti fissi è l'identità.
I postulati della nostra metrica escludono cos'i la metrica projettiva all'esterno
di una conica (o all'esterno d'una quadrica ellittica, o da una parte di una quadrica
rigata) se, con conveniente limitazione del campo, non si escludono le tangenti alla
conica (o quadrica) medesima. Di ciò ci occuperemo nel § 4.
§ 3. — Il teorema di Desargues e il teorema di Pappo-Pascal.
Nel presente § porteremo principalmente la nostra attenzione sopra i legami
fra i postulati del piano e le sue proprietà d'immersione in uno spazio superiore.
Risulterà, da quanto andremo dicendo, la indipendenza ordinata dei postulati metrici
del piano in unione al teorema di Desargues, del teorema di Pappo-Pascal e dei
postulati metrici dello spazio. Nel n° 31 si mostrerà cioè che è possibile un piano in
cui siano verificati i postulati I-XIX, ed in cui abbiano interpretazione i teoremi di
Desargues e di Pascal, senza che detto piano possa immaginarsi immerso in uno spazio
in cui si verifichino i postulati metrici ; e dal n" 32 risulterà poi che, anche ammesso
il teorema di Desargues, il teorema di Pappo-Pascal non può dimostrarsi col solo aiuto
dei postulati I-XIX. Le condizioni per la dimostrabilità di questo teorema saranno
studiate nel n*' 33.
31. Un PIANO METRICO DI NOVE PUNTI E UN PIANO PROJETTIVO DI TREDICI.
Un esempio notevole di un piano soddisfacente ai post. I-XIX è fornito dalla configu-
razione dei 9 flessi di una cubica piana e delle loro 12 rette. Siano aia2a^bib2b^CiC2C2
questi nove punti e si ordinino sulle 12 rette:
Si pongano, per definizione, le congruenze {^)
(') Si è disposto, con questa definizione, che siano congrue coppie di una stessa terna e fra
loro terne diverse per modo che ogni punto appartenga a due e due sole terne congruenti e che
le coppie di vertici d'un triangolo non appartengano a tre teme congruenti. Perciò, fissata arbitra-
riamente una terna rtinjrts, si è stabilito che siano congrue ad essa tre terne pei suoi tre punti e
non aventi punti comuni: ath^Cì, atb^Cf, a^bic^; e congrue ancora le terne che, con atnjrta hanno la
stessa proprietà rispetto ad una qualunque di queste tre; quindi le terne b^bibs, CtCjCa.
C1C2C3
ttibiCs
bi02Ci
(t2b2<^2
334
BEPPO LEVI
54
OiOa = agfla = a^a^ = ai^a = ^2^3 = 03(^1 = *i«3 = «s'^a = ^2^1 = <^ife2 ^ ^2^3 = ^3^1 = Cirtg =
^ 02^3 = ègCj = C1C2 = C2r^ = C3C1.
a^bi = iiCi = Ciffi = (72^2 = ^2^2 = '•2«2 = «3^3 = h<^3 = '^3«3 = «l^S = *^3''2 = (^2«1 = ^1^3 =
= C3a2 - «2^1 = <^1«3 = «3^2 = hCi.
Coppie dei due gruppi differenti siano incongrue fra loro.
In questa metrica il punto medio di una coppia di punti coincide col simmetrico
di uno qualunque di essi rispetto all'altro, ed i tre punti completano una catena: la
retta della catena coincide colla catena medesima. Le rette si distinguono in due
sistemi :
«i«2«3 , ^i^2^3 , , «lèaCg , byC2as , Cia^b^
e
Oi^iCi , ffl2^2<-'2 , (hb^c-i , aib^c.2 . èiCgrta , c^a^b^ ;
rette d'un medesimo sistema sono congruenti fra loro, rette di sistemi differenti in-
congrue. Per ogni punto passano due rette dell'un sistema e due dell'altro.
In ogni triangolo due lati appartengono ad un medesimo sistema, il terzo appar-
tiene all'altro sistema. — Ogni ribaltamento intorno ad una retta ribalta in se la
retta congruente ad essa per ciascuno dei suoi punti scambiandone i due punti re-
sidui; le altre due rette per lo stesso punto projettano ciascuna un punto di un'altra
di queste rette ribaltate e quindi sono scambiate dal ribaltamento. Così nel ribal-
tamento intorno a r(«ièif'i) si scambiano i punti delle coppie
«2C3 , ^2«3 , C2&3
e si trasformano in se stesse le rette
«2^361 b2Ci3Ci c^b^ai
mentre si scambiano
aJ)2C^ e rti«3a2 , ^iè2^3 6 bia^C2 , e ^1^36(2
e si scambiano pure
«2^2(^2 e CsO^bs
le quali però non incontrano l'asse del ribaltamento.
In questo piano è impossibile la configurazione dei triangoli omologici, la quale
contiene 10 punti, ma diviene possibile previo un conveniente completamento del piano ;
si ottiene tale completamento considerando come concorrenti in un punto ideale le
rette di ciascuna delle terne
^^52^2^2
) (^ìb^c^
«1*3^2
*lC3«2
<'1^3^2
*lM3
C1C2C3
01&2C3
biC2(l^
C^^2^3
Chiameremo quei quattro punti rispettivamente d^, d, d^ , d' ; si dirà che essi
stanno in una retta ideale (retta all'infinito) : le rette della prima terna sono perpen-
dicolari alle rette della seconda, quelle della terza alle rette della quarta.
55
FONDAMENTI DELLA METRICA PROIETTIVA
335
Una configurazione quale quella definita non si può notoriamente ottenere sopra
all'ordinario piano proiettivo reale; essa non può nemmeno aversi nel piano imma-
ginario, perchè le condizioni di collinearità ora stabilite, insieme con quelle prece-
denti relative alla configurazione semplice dei 9 flessi d'una cubica obbligherebbero,
per 63., ciascuno dei punti b^bib^ ad essere il coniugato armonico di rispetto agli
altri due.
Ma essa può realizzarsi in un piano projettivo del tipo definito al n° 21, ove si
ponga « = 3.
È ciò che mostra sufficientemente l'unita figura.
o, = 0, 0; 0, 3; ...
6, =0, -2; 0, 1; ...
c, = 0, -1; 0, 2; ...
«o = l, 1; ...
6.-1, \; 1, 2;...
c, = l,0; 1,
a, = 2, 2; ...
bj = 2, 0; 2,3; ...
C3 = i 1; 2, 1;...
rf= |, 1; X, ...
. = 0, cc;l|;...
d = 3. 3; ...
_1 i 2 2 4 1
' " 3" ¥' 3' 3' 3" 3
Si riconosce cosi che il nostro piano può ancora immergersi in un conveniente
spazio projettivo in cui siano verificati i postulati XX, XXI — lo spazio costruito colle
coordinate projettivo al n'' 21, per n = ?> — , ma non si ptiò in questo spazio separare
un gruppo di punti che definiscano uno spazio metrico nel quale il nostro piano sia con-
tenuto. In ogni piano di questo spazio e per ogni suo punto passano infatti 4 sole
rette le quali (quando piano e punto appartenessero allo spazio metrico) dovrebbero
distribuirsi in due coppie di rette perpendicolari (^). Il ribaltamento intorno ad una
qualunque retta di una coppia dovrebbe scambiare quelle dell'altra coppia — ciò che
realmente avviene sul nostro piano di 9 punti — ; quindi le rette perpendicolari sa-
rebbero congrue fra loro. Se allora esistesse lo spazio metrico contenente il nostro
piano, la perpendicolare a questo in un suo punto, per es. aj, sarebbe congruente a
/ I
\ \
! /
/
(') In un piano soddisfacente ai postulati 1 — XIX il quale non sia immerso in uno spazio mag-
giore, oppure sia immerso in uno in cui siano soddisfatti i postulati XX, XXI, passano per ogni
suo punto almeno quattro rette. Infatti la definizione di piano e il post. XVII hanno per conse-
guenza che per ogni punto del piano passano almeno tre rette. Ma a ciascuna di queste rette esiste
in quel punto e in quel piano la perpendicolare (n. 11 osservazioni finali e n. 12 t. 9); la relazione
di perpendicolarità essendo reciproca (n. 10 t. 6), se le rette per un punto nel piano sono in numero
finito, tal numero è pari ; dunque se > 3, almeno = 4.
336
BEPPO LEVI
56
tutte le rette del nostro piano per quel punto, e queste sarebbero tutte congruenti
fra loro, mentre è condizione essenziale pel verificarsi dei postulati X, XI che ciò non
sia (e non è nella nostra definizione della congruenza).
Si è mostrata cosi la possibilità di un piano metrico in cui siano soddisfatti i
postulati 1-XIX e (previo completamento di esso piano mediante convenienti punti
ideali) i teoremi di Desargues e di Pascal, senza che esso sia immergibile in uno
spazio in cui siano verificati i postulati metrici.
Si rilevi come dai precedenti sviluppi risulti pure un saggio delle nuove pro-
prietà grafiche che possono verificarsi in spazi projettivi quali furono definiti al n° 21.
Il piano metrico studiato provvede pure un esempio del caso d'eccezione riscon-
trato al lemma 6, del n° 9 : Pel punto aj passano le rette di tre punti xlaib^Ca) xlaib^c^)
ed inoltre le altre due t(«ièiCi) x{aia2a3) : i due punti della prima di queste diversi
da ai stanno sulla coppia di rette x{b2b3) 1(^203), i due punti della seconda diversi da «i
sulla coppia x{b.,C2), 1(^3^3)-
Si noti infine come da questo esempio risulti la compatibilità dei post. I-XIX per
semplice enumerazione dei casi in cui essi possono applicarsi (essendo finito il numero
degli enti cui essi si riferiscono), indipendentemente da ogni considerazione aritmetica (i).
32. Geometria piana parabolica non-pascaliana. — Si consideri un sistema
di numeri Desarguiani, non-Pascaliani, quale fu costruito dal sig. Hilbert {^) e che,
facendosi qui astrazione dalle proprietà di ordinamento, possiamo enunciare breve-
mente così:
Si chiamino numeri tutte le funzioni costruite mediante due variabili t, s e gli
elementi di un campo di razionalità dato B, colle operazioni aritmetiche fondamen-
tali (addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione a destra e a sinistra) e colla
convenzione che valga la relazione ts = — sf (in luogo di ts = st), mentre goda
della proprietà commutativa il prodotto di una qualunque delle variabili s, t per
ogni elemento del campo B, e la moltiplicazione entro il campo B medesimo. Si
chiami Q il campo numerico cosi costruito ; in esso non vale , per definizione, la
proprietà commutativa della moltiplicazione. — Se un campo numerico analogo si
costruisce, dopo aver ampliato il campo B (naturalmente mediante l'aggiunzione di
elementi che non siano t od s), il nuovo campo iV conterrà evidentemente Q.
Noi potremo assumere come campo di razionalità B il campo di razionalità na-
turale, come campo ampliato B' quello che ha per base (1, (/a) dove a è un numero
non quadrato. Ogni numero di Q' sarà allora la somma di un numero di Q e del
prodotto di un numero di Q per |/ a. La proprietà distributiva della moltiplicazione,
la sua commutatività rispetto ai numeri di B' e la commutabilità dei termini d'una
somma rendono la cosa evidente finché alla formazione del numero considerato non
intervengano che le tre prime operazioni. Quando intervenga anche la divisione, si
osservi che basterà considerare i numeri della forma -, dove n è un'espressione in-
(') Si confrontino le considerazioni del sig. Hilbert nei Matite m ai is che Prohleme, " Gott. Nachr. „,
1900 e " Comptes rendus du 2"° congrès intern. des math 1900.
f ) L. e, § 33.
57
FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA
337
tera la quale potrà quindi contenere Va solo quando è della forma |/aa o a
dove a e b sono numeri di Q. Ora si ha
1
1
1 1
« l-a(a|6V
Vaa
aa
a+V ab
Nell'una e nell'altra espressione il denominatore è liberato dal radicale j/a.
Mediante il campo ^' si costruisca un piano numerico TT' chiamando punti le
coppie di numeri di Q' e i numeri di Q' medesimi (punti all' co); in TT' sarà con-
tenuto un piano numerico TT costruito allo stesso modo mediante i numeri di Q. Si
chiamino rette projettive in TT gli aggregati di punti che soddisfanno all'equazione
ax -{■ by -\- c = dove abc sono numeri di Q cui si aggiunga il punto all'infinito rap-
presentato da -a'*: si dica pure retta all'infinito l'insieme dei punti all'oc. Nel
piano n vale allora il teorema di Desargues e su ogni sua retta si può definire una
metrica parabolica, chiamando medio fra due punti il coniugato armonico del punto
all'infinito della retta rispetto alla coppia: ribaltamento della retta intorno a un suo
punto, la corrispondenza stabilita dalla involuzione che ha per punti doppi questo punto
e il punto all'infinito.
Per estendere la definizione della congruenza a tutto il piano si fissino sulla retta
all'infinito due punti di TT' le cui coordinate siano numeri di Q', non di Q, che si
desumano l'uno dall'altro mediante lo scambio di |/a e — Va. Il coniugato armonico
di un punto all'infinito di TT rispetto a quei due punti [punti assoluti) apparterrà
ancora a TT. Si dirà associato ad una retta di TT il coniugato armonico del punto
all'infinito della retta rispetto ai due punti assoluti ; ribaltamento del piano intorno
a una retta l'omologia armonica che ha per asse la retta e per centro il punto ad
essa associato.
Si assuma come piano (spazio) metrico il piano TT in cui si astragga dai punti
all'infinito, vi si definisca congruenza ogni prodotto di ribaltamenti intorno a una
retta sopra definiti: basta l'iprendere le osservazioni iniziali del n° 27 per ricono-
scere che saranno verificati tutti i nostri postulati I-XIX della congruenza sulla
retta e nel piano. — Ma non sarà verificato il teorema di Pappo-Pascal, poiché non
vale la proprietà commutativa della moltiplicazione nel campo numerico cui appar-
tengono le coordinate (^).
(') Si può cioè considerare una sola specie di divisione , riconducendo la differenza fra le due
operazioni sempre nella forma del differente ordine dei fattori di un prodotto. Si ha infatti
«/è = a. '/è, fc/" = 6^'«- D'altra parte si ha a/«=l; applicando allora al rapporto la precedente
decomposizione, si ha a/' . a = 1 e quindi a/'='/a: l'unico rapporto si potrà rappresentare con ^ e
si avrà in generale : ^/^ = « è/* = ^- a.
(■') La riduzione del denominatore alla forma 1 -)- 1 a?» mediante divisione per a e resa indi-
spensabile dalla non commutabilità dei fattori di un prodotto: si ha infatti, in generale,
(m -\~ n) (ih — «) = >n* — mn -{- nm — n";
i due termini medi si eliminano se mn^nm; in particolare so m =\.
(^) Cfr. Hilbert, 1. c.
Skkik II. Tom. LIV.
338
BEPPO LEVI
58
Si mostra cosi sotto un aspetto ben diverso da quanto sia avvenuto nel n^ 28,
l'ufficio dei postulati dello spazio : là essi si riconoscevano come determinanti il nu-
mero delle dimensioni, qui si vede come essi compiano un effettivo ufficio metrico.
Il sig. Schur aveva appunto mostrato, come abbiamo ricordato al n° 20, che si può
dedurre dalla considerazione dello spazio una dimostrazione metrica del teorema di
Pascal : d'altra parte dalle ricerche dei signori Hilbert e Schoenflies (i) risulta che,
se veramente lo spazio deve intervenire in questa dimostrazione, ciò deve avvenire
pei suoi postulati metrici: e che sia realmente necessaria la considerazione dello
spazio è mostrato dal precedente esempio.
Ne ciò contraddice alla dimostrazione data dallo Hilbert, mediante la sola geo-
metria piana euclidea, del teorema di Pascal : il sig. Hilbert fa uso perciò dell'ugua-
glianza inversa delle figure piane e della congruenza di tutte le rette fra loro : egli
medesimo ha dimostrato poi {^) che negata l'uguaglianza inversa delle figure piane,
si nega pure il teorema di Pascal. Nella nostra geometria si afferma ancora l'ugua-
glianza inversa delle figure piane (ribaltamento), si nega invece la congruenza di
tutte le rette del piano l'una coU'altra, ed ancora perciò viene a cadere il teorema
di Pascal.
33. Deduzione del teorema di Pascal dall'esistenza di una polarità. — Le
cose accadono però molto diversamente se si esclude la metrica parabolica; se cioè
si suppone che due diverse perpendicolari ad una stessa retta non abbiano lo stesso
polo assoluto (v. n*" 22 {^) ). Si è infatti mostrato al n° 22 che, fatta questa ipotesi
per due determinate perpendicolari ad una retta, ne segue che essa è verificata per
ogni retta per modo che risulta stabilita una corrispondenza biunivoca involutoria
fra le rette del piano e i loro poli assoluti : noi proveremo che, ammesso in una forma
di 2^ specie (piano) il teorema di Desargues, e quindi la rappresentazione per coor-
dinate indicata ai n' 17-18, l'affermazione dell'esistenza di una polarità equivale al-
l'affermazione della proprietà commutativa della moltiplicazione, e quindi al teorema
di Pappo-Pascal.
Sia difatti (E, ti) un elemento (punto) qualunque del piano, {x, y) il punto mobile
sulla retta polare di (E, r|). L'equazione di questa retta sarà
dove a(Er)), i(Sri), '-(^l) sono funzioni da determinarsi di 5, r\. Se si fissano arbitraria-
mente i valori di x, y, l'equazione (1) dovrà essere soddisfatta da tutti e soli i punti (E, ri)
della polare di (xy). Si potrà dunque assumere come funzione c(Eri) il primo membro
dell'equazione della polare di (0, 0) ; se, per semplicità, si assume come triangolo di
riferimento un triangolo autopolare, si porrà quindi
(') Schoenflies, Ueber den Pascalschen Schniitpunktsatz, ' Phys.-okon. Gesellschaft zu Konigsberg
i. Pr. „ 1903.
(^) Ueber den Satz v. d. Gleichheit d. Basiswinkel im gleichschenkliges Dreieck, " Proc. of the London
Math. Society 35, 1908.
(') Il n. 22 segue, nell'ordine naturale dell'esposizione, alla dimostrazione del teorema di Pascal:
ma è evidente come le considerazioni cui qui ci riferiamo siano da esso indipendenti.
ailr])x + b{lr])y -f c(Eii) =
(1)
c(Er|) = c , costante.
(2)
59 FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA 339
Parimenti, ponendo x = uj(— oo), // = 0, si ottiene «(Eri) = come equazione della
polare di (luO); sarà quindi
a(En) = PE (3)
dove p è una funzione di E, r\ che non si annulla mai quando E =4= 0.
E indicando parimenti con a una funzione di E, r| che non si annulla mai quando
ri #= 0, si avrà, in modo analogo dalla posizione x = ij — \u,
b{lr^) = on. (4)
Ciò posto osserviamo che dalla uguaglianza \a = a\ = a e dalla doppia pro-
prietà distributiva della moltiplicazione (n" 17) segue {n-\-\)a^~na-\-\xi = na-\-a.\
e quindi, se si ammette che na = an, {n -\- l)a = a{n -|- 1): la moltiplicazione di un
numero qualunque per un numero intero naturale (che si ottenga cioè per semplice
addizione dal numero 1) gode dunque della proprietà commutativa : in particolare
questa moltiplicazione ha una sola operazione inversa, onde si definiscono in modo
unico i numeri razionali (del campo naturale); e nel prodotto di un numero qualunque
per un numero razionale i fattori sono ancora commutabili.
Si immaginino allora sostituite in (1) le espressioni (2), (3), (4), e si pensino
attribuiti sl x, y valori razionali: la (1) potrà scriversi
pxE -|- dì/x] -4- c = 0.
Essa dovrà essere equivalente all'equazione della polare di (xy), sia:
E + A-n + ^ = ;
quindi
pxk = (5y pxl = c.
La seconda di queste equazioni mostra che p è tal funzione di E, ri che assume
lo stesso valore —-^il per tutti i punti della polare di uno stesso punto (xy) a coordi-
nate razionali. Se, d'altra parte, in (1), senza supporre la razionalità di x, si pone
y = 0, si ha
pE;c -\- c = onde p£ = — cjx ;
l'equazione della polare di un qualunque punto {xO) è della forma E = cost, e questa
costante può essere qualunque; essa potrà dunque essere equivalente ad un'equazione
della forma pE = — c/x solo se p è funzione della sola E. Il precedente risultato dice
poi che questa fmizione prende lo stesso valore in tutti i punti della polare di un
punto [xy) a coordinate razionali; ora se x=^0, su questa polare esistono (En) per
valori arbitrari di E : p è dunque una costante.
Similmente, scambiando x ed y, si concluderà che anche a è una costante e l'equa-
zione della polarità diviene
alx + br\y 4- c = (5)
dove (I, h. c sono costanti. Ponendo in questa equazione successivamente // = Oex =
si hanno le equazioni delle involuzioni di punti reciproci che la polarità determina
sugli assi coordinati :
Ix — — a c — k r)y = — i, <' = h.
340
BEPPO LEVI
60
Affinchè queste corrispondenze siano involutorie è necessario che, qualunque
siano X,
Poiché 1/a; = xl^ = ~ , «//•' — ^ sono arbitrari, h e k debbono dunque essere
X y
commutabili nel prodotto con qualunque altro numero. Lo stesso avviene allora per
^e — \-: si chiamino ni, n; l'equazione (5) diviene
fi le
nix -\- mr\i/ -j- 1 0. (6)
La condizione d'involutorietà impone che, in conseguenza di questa equazione,
sia soddisfatta la
nxE + mijT] -)- 1 =
0, per la trasponibilità dei fattori m, n in ogni prodotto, la
X .ni-{- y . wti -|- 1 =z 0. (7)
Ora, per una scelta conveniente di E, r| l'equazione (6) rappresenta ogni retta
ax-\~by-\-l = ; la (7) mostra che la stessa equazione può scriversi xa-\-yb~\-l = 0.
Si faccia a razionale, p. es. a = 1 ; dovranno essere equivalenti le due equazioni
bi/ = — X — 1 y^ = — ^ — 1- ^3
Ma X può scegliersi arbitrariamente in modo che — x — 1 rappresenti ogni
prodotto bi/, dunque generalmente
bi/ = yb.
Questa dimostrazione si applica evidentemente al caso parabolico solo quando,
la considerazione dello spazio a 3 dimensioni abbia dato luogo alla geometria della
stella ove rette e piani perpendicolari determinano precisamente una polarità. Quindi
un esempio analogo a quello del numero precedente non si potrebbe tentare nello
spazio. — Mostra inoltre un certo eccesso di considerazioni metriche nella dimostra-
zione del sig. Schur: in questa infatti si fa essenzialmente uso del fatto che la
mediana divide il triangolo isoscele in due triangoli uguali (uguaglianza degli angoli
alla base del triangolo isoscele) ; ora ciò è bensì contenuto nel teorema medesimo di
Pascal, ma nella presente dimostrazione non ne è fatto uso esplicito.
Nasce altresì che in una geometria iperbolica o ellittica vale certamente il
teorema dell'uguaglianza degli angoli alla base del triangolo isoscele tosto che si
conosce il teorema di Desargues.
§ 4. — Una metrica projettiva generale.
34. Geometria non parabolica. — Conseguenza del teorema di Desargues è che lo
spazio proiettivo che si ottiene completando lo spazio metrico (n° 19) contiene tutti
i punti le cui coordinate sono funzioni razionali di quelle di un qualsiasi sistema di
punti di questo spazio medesimo. Il punto projettivo del n° 19 si può dunque assi-
61
FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA
341
milare generalmente all'insieme dei rapporti {x^ : X2: x^: x^) di quattro numeri arbi-
trari di un determinato campo di razionalità Q. A differenza di quanto si disse al
n° 19, non si deve piìi distinguere qui fra rapporti a destra e rapporti a sinistra,
ammettendosi la proprietà commutativa della moltiplicazione. Si richiamino le defi-
nizioni di piano e retta projettivi stabilite al n" 19.
Le osservazioni del n° 22 e del n. 30 mostrano che la più generale metrica
non parabolica soddisfacente ai nostri postulati (sostituito essendo il post. IX' al
post. IX) è la metrica projettiva rispetto a una quadrica presa come assoluto. Questa
quadrica non potrà essere degenere, perchè tutte le coppie di punti appartenenti
a due rette passanti pel vertice del cono quadrico assoluto (^), qualora un tal caso
si supponesse, sarebbero congrue fra loro e questa metrica contraddirebbe già ai
post. X, XI. D'altra parte già si osservò al n° 30 che deve escludersi che una tan-
gente alla quadrica possa possedere più di un punto reale (dello spazio metrico).
Infine sopra ciascuna retta il punto associato a un punto dato è funzione razionale
di questo e di due punti simmetrici rispetto ad essi; T equazione complessiva dei
punti uniti dell'involuzione dei punti associati, e quindi l'equazione della quadrica
hanno cosi coefficienti appartenenti al campo di razionalità Q.
In questo numero studieremo più da vicino su di un esempio molto generale le
ulteriori condizioni imposte alla quadrica assoluta in relazione collo spazio metrico.
Limiteremo l'esposizione al piano, il che non avrà altro effetto che di semplifi-
care alquanto la scrittura; l'estensione allo spazio sarà evidente, come si avrà cura
di rilevare.
Nel piano projettivo sia fissata la conica assoluta
a;2 + 2 = tz'^ (1)
[per semplicità si adottano lettere diverse per le coordinate, al luogo degli indici
usati precedentemente].
Se a — {x'y'z), a" = {x"y"z") sono due punti qualunque, le coordinate del punto
di x{a'a") coniugato di n" rispetto alla conica (1) (punto associato ad a" sulla x{a'a"))
appartiene al campo di razionalità "^{x y' z' x" y" z" t) ; il punto a'" coniugato armonico
di a' rispetto ad a" e al suo associato [a" = a'/i-) apparterrà quindi ancora al campo
di razionalità ''3ì{x'y'z'x"y"z"t). Reciprocamente, dati a'a"a"', è individuato il coniugato
armonico di a" rispetto alla coppia a'a'" e fra le coniche della forma (1) ve n'ha
una sola rispetto alla quale a" e questo punto siano coniugati, ovvero sono tutte (e
allora la coordinata z di uno di questi punti è 0). Nel primo caso t è funzione
razionale delle coordinate di n'a"a"' ; il secondo si esclude perchè esso può verificarsi
solo per particolari posizioni dei tre punti. Concludiamo: " Mediante la costruzione
" del simmetrico di un punto rispetto a un altro si generano punti le cui coordinate
" appartengono al campo di razionalità generato dalle coordinate dei punti dati e
dal numero t, per modo inoltre che questo campo di razionalità è identico col campo
" di razionalità generato dai tre punti „.
(') Che pel vertice del cono passino rette projettive che contengono rette metriche è evidente
ove si pensi che passano pel vertice le perpendicolari a un piano generico.
342
BEPPO LEVI
62
I due punti b^, b^, coniugati armonici comuni ad a', a"e ai due punti d'interse-
zione della retta x{a'a") cdlla conica (1) hanno per coordinate {\x' -\-\nx", \y' -\-\xy",
\z' -f \xz") dove
\ = ± |/ [X'^ 4- — tz'^) -f y"^—tz"'^)
Esse appartengono quindi al campo di razionalità
gt(.x' y' z' x" y" z" t / [x^ + y'^ — tz"'} {x"^ + /'^ — Is^).
Almeno uno di questi punti è da definirsi come punto medio della coppia a'a" .
Del pari la polare di un punto a' = {x'y'z') rispetto alla conica (1) ha i suoi
coefficienti nel campo di razionalità '^{x'y'z't) e reciprocamente le coordinate del polo
d'una retta di coefficienti ab c appartengono al campo di razionalità 9ì(aèc^). Così, se
si definiscono ribaltamenti le omologie armoniche che hanno centro e asse coniugati
rispetto alla conica, l'asse e il centro d'omologia nel ribaltamento che scambia a e a"
sono pure nel campo di razionalità
n{x' y' z x" y" z" t \/[x"'-Y y"' — tz"'){x"^ + y'"^ — tz"^))
e il trasformato di un punto a'" = (x"'y"'z"') appartiene al campo generato dal pre-
detto e da queste coordinate.
Ciò posto, fissato un campo di razionalità fondamentale R, lo si allarghi mediante
l'aggiunzione di un eleinento t, positivo, non appartenente, nè esso ne le sue potenze,
al campo medesimo: per es. sia t un parametro; lo si allarghi ancora mediante l'ag-
giunzione di tutti i radicali della forma )/ Q dove Q e un'espressione della forma
+ t^Zx); + ...j - t |ie; -f t'Zcpl + ...j
dove 5,, r]j, 6j, cp„ ... sono funzioni intere del campo i2, di ^ e di altri radicali
della stessa forma, e tale inoltre che ogni radicando Q contenga sempre termini indi-
pendenti da ogni altro radicale (termini razionali in t) e che fra questi, quello di
grado minimo in t sia positivo o negativo secondochè ha grado pari o dispari. Occorre
notare — ed è essenziale perchè coi radicali \/ Q si possa costruire un campo di
razionalità — che il prodotto di due di questi radicali è un radicale della stessa
forma. Infatti un tal prodotto è della forma |/P dove
= + t'Zx],*^ + ...j - 1 (ie.*2 -f t'i.cp*-2 + ...^
e dove E,* rappresenta ogni prodotto della forma r|, * ogni prodotto delle forme
^t^i , ^/li, ecc. Ciascuna delle espressioni Ei*, r)^*, ... sarà allora la somma di
un polinomio nel campo di razionalità t) e di termini affetti da radicali della
forma di quelli ammessi nelle H,, r),, e prodotti di questi radicali.
L'addendo polinomio di li* produce in Si*^ come termine d'ordine minimo in t
uno d'ordine pari e coefficiente positivo. I termini affetti da radicali si possono sup-
63
FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA
343
porre ridotti in precedenza in Ei* ponendo ciascuno di questi in evidenza nella somma
di tutti i termini che hanno a fattore lo stesso radicale, e raccogliendo così questa
somma in un termine unico. Allora tali termini potranno produrre in Ec*^ termini
indipendenti da radicali a solo mediante i loro quadrati, e se si ammette verificato pei
radicali contenuti nelle espressioni E,, E/ che i loro prodotti a due a due sono ancora
della forma (/ tali quadrati produrranno termini d'ordine minimo con coefficiente
positivo negativo secondochè il loro ordine in t è pari o dispari. Si può così rite-
nere dimostrato che i tei-mini polinomi nelle espressioni Ei*^ soddisfanno alle condi-
zioni imposte ai termini polinomi dei radicali [^Q. Le stesse osservazioni si ripete-
ranno per le espressioni Ha*", si conclude che i termini indipendenti da radicali
in P, d'ordine minimo in t non possono fra loro ridursi (perchè in tutti i termini di P
hanno lo stesso segno) e sono positivi o negativi secondochè il loro ordine è pari o
dispari. Si deve notare che nessuna eccezione può presentarsi qualora anche Ei*, ti>*, ••■
non possedessero termini indipendenti da radicali, perchè per ipotesi E,, E;', ... con-
tengono sempre, nei loro l'adicali, una parte polinomia — indipendente cioè da ulte-
riori radici — ; lo stesso avviene dunque pei loro prodotti e l'elevazione a quadrato
avrà per effetto di produrre in Ei*^, ... termini polinomi derivanti da questi.
Si chiami K il campo di l'azionalità ora definito; si chiami l'insieme dei punti
le cui coordinate xyz appartengono al campo K. Le cose dette precedentemente mo-
strano che tutte le trasformazioni di una metrica proiettiva rispetto alla conica (1)
come assoluto, trasformano tutto S in se stesso tosto che trasformino in punti di S
tanti altri punti di S quanti sono necessari a determinarle : le simmetrie rispetto a
un punto assegnato trasformano infatti in sò il campo di razionalità su cui operano ;
quelle invece che debbono scambiare due punti assegnati allargano questo campo
mediante l'aggiunzione di un radicale della forma
/ {x'^ + y'^ — tz ') (x'"^ + y"^ — ìz"^) =
e questo radicale è della forma ^Iq, per le considerazioni medesime fatte riguardo
al prodotto di due radicali della forma ^Q.
La conica (1) non possiede punti in S. Da (1) si ricava infatti x = ± \/tz^ — ;
si suppongano y e z espressioni intere appartenenti al campo K: sempre per le con-
siderazioni fatte riguardo alla precedente espressione P si concluderà che in y- e in
non può mancare ogni termine razionale: ed ancora il loro termine razionale d'ordine
minimo è positivo o negativo secondochè il suo ordine è pari o dispari.
Neil' espressione tz^ — y^ un termine razionale d'ordine minimo in t non può
dunque mancare e sarà negativo o positivo secondochè è d'ordine pari o dispari.
^^tz^ — «/2 uQji dunque essere un polinomio . uè un radicale della forma |/(p :
X non appartiene allora al campo K.
Se ora a è un punto di S, i coefficienti dell'equazione della sua polare rispetto
a (1) appartengono a K: non potranno allora appartenere a K i coefficienti delle
equazioni delle tangenti da a alla conica (1), altrimenti apparterrebbero ad S i loro
344
BEPPO LEVI
64
punti di contatto, intersezioni colla detta polare; quelle tangenti non contengono
dunque punti di S altri che a.
Il campo S ora definito ci dà modo di esemplificare in modi diversi la generale
metrica projettiva soddisfacente ai nostri postulati. Si ritenga infatti t un para-
metro, e non si definisca in modo alcuno un ordine negli elementi di K per modo
che non ci sia luogo a distinguere fra punti esterni ed interni ad (1): si potrà assu-
mere S come il nostro spazio metrico e si otterrà una geometria assimilabile alla
ordinaria geometria ellittica (^).
Si fissi invece che R sia un campo di razionalità ordinato e, per es., lo si de-
termini nel campo naturale: si assuma per anziché un parametro, un numero
trascendente e accanto agli elementi di K si consideri il loro valore come elementi
del continuo numerico. Si chiami K l'insieme degli elementi di K il cui valor nume-
rico è reale e si pensino gli elementi di ^ordinati secondo questo valore medesimo.
I fatti noti nella geometria analitica permetteranno di distinguere i punti reali di S
in esterni ed interni alla conica (1) e di affermare che se due punti appartengono
alla stessa parte, il simmetrico dell'uno rispetto all'altro è reale ed appartiene a
quella parte e almeno uno dei loro punti medi è nelle stesse condizioni.
Si può allora determinare il nostro piano metrico nell'interno della conica (1) :
si avrà una forma di metrica iperbolica in cui non esistono le parallele proprie da
un punto ad una retta (limiti fra le rette secanti e le non secanti).
Si può infine determinare il nostro piano metrico nell'esterno della conica (1):
si avrà una metrica in cui le rette non sono tutte congruenti fra loro: per ogni punto
passano rette su cui si verifica la metrica ellittica, altre su cui si verifica la metrica
iperbolica : dato un angolo non esiste sempre un triangolo isoscele che lo abbia come
angolo al vertice.
In ciascuno di questi piani metrici l'aggregato dei punti è numei'abile : è evidente
però che non è questa condizione essenziale delle metriche considerate. Basta infatti,
per ottenere metriche analoghe agenti sopra un piano con un'infinità non numerabile
di punti, estendere, per es., il campo B all'insieme di tutti i numeri reali e, indi-
cata con t una variabile, considerare tutte le funzioni di t sviluppate in serie di
potenze (intere o fratte) crescenti della t, e distinguere i numeri di K in reali e im-
maginari a seconda che sono tutti reali oppur no i coefficienti degli sviluppi corri-
spondenti, e ordinare infine i numeri reali di K per modo che si dica a precedere b
quando la differenza delle serie corrispondenti {a — b) incomincia con un termine
positivo negativo.
(') Si noti cbe questo piano si dovrà però sempre supporre immerso in uno spazio di 3 dimen-
sioni; in esso avviene cioè che su ogni retta per un punto esiste un punto non aderente a questo,
ad ogni retta esiste un punto non aderente. Sia allora ahc un triangolo i cui vertici siano a due
a due non coerenti: sarà ahc = bac (poiché abc sì porta in bac mediante il ribaltamento intorno alla
congiungente c con un a/b) e non esiste nel piano alcun punto d=^a tale che abc ^ bdc. Quindi, se
il piano non fosse immerso in uno spazio, sarebbe a — b/c contro l'ipotesi che beo non siano
coerenti. Ma se il piano è immerso in uno spazio di 3 dimensioni, si potrà assumere come punto d,
soddisfacente alla congruenza abc = bdc, ogni punto della retta non aderente a t(6c) (t. 10 n. 12).
65
FONDAMENTI DELLA METRICA PROIETTIVA
345
35. — Nessuna difficoltà ad estendere allo spazio le osservazioni sviluppate pel
piano del numero precedente. Basterà porre a fondamento della metrica, anziché la
conica (1) una quadrica assoluta:
Xi ~\~ Xi -\- 3?3 — tXt
ovvero
xl-\- xl = t{xl + xl)
ove t rappresenti, come prima, un elemento positivo, non quadrato e non apparte-
nente nè esso nè le suo potenze ad un certo campo di razionalità fondamentale R (^).
36. Metrica parabolica. — Le precedenti considerazioni non si applicano in
alcun modo alla metrica parabolica. Ma per essa nulla è da aggiungere a quanto già
fu detto al n" 22 e all'esempio di costruzione d'una metrica parabolica piana offerta
al n" 32. Si otterrà una metrica parabolica nello spazio a tre dimensioni fissando
nello spazio projettivo un piano all'infinito e definendo nel modo noto, mediante esso,
le simmetrie rispetto a punti e piani. Su questo piano all'infinito dovrà all'uopo esser
definita una polarità assoluta in cui siano coniugati i punti e le rette all'infinito
di rette e piani perpendicolari. Solo si dovrà osservare che la conica fondamentale
di questa polarità non può contenere punti all'infinito di rette reali (metriche) perchè
nessuna retta appartiene ad un piano ad essa perpendicolare; ricordando che ciascuna
retta projettiva pei punti reali Q, Q' del n° 17 contiene una retta reale, si con-
clude che quella conica non può contenere nemmeno punti all'infinito di rette proiet-
tive ottenute per completamento dello spazio secondo il n. 19.
Se 374 = è l'equazione del piano all'infinito, l'equazione della conica assoluta
sarà quindi una qualunque equazione omogenea di 2° grado nelle Xi, X2, X3 a coef-
ficienti appartenenti al campo di razionalità definito dai punti reali (perchè essa è
interamente definita dalla polarità di piani e rotte perpendicolari in una stella)
ma non soddisfattibile per alcun sistema di rapporti (xi : x^ : X3) appartenenti a
quel campo. — Tali, per es., nel campo di razionalità naturale, x\ -\- xl -{- x^ = 0,
2x1 — 2x1 — xl=0.
(') Evidentemente considerazioni analoghe si possono ripetere introducendo nei coefficienti
maggior numero di parametri che fungano come il presente parametro t, e questo deve considerarsi
come il più semplice esempio di una serie. È da notarsi che, rappresentata la conica o la quadrica
con somme e differenze di quadrati, quadrati di segni diversi debbono avere a coefficienti parametri
diversi. Non potrebbe, per es., servire all'uopo la quadrica zì^-i-x^^ — x^ = txi?. Infatti essa può
scriversi — Xs—trf? — 3*2*, onde si vede che appartengono alla quadrica i punti di intersezione
dei piani —=r\ -\-^^\, ~ — £l=A. {t — ri^), dove X ed n sono parametri arbitrari. Il
^4 x^ X'^ X\ A
X
piano = ri può essere il piano polare di qualunque punto della retta ar, =^ r., = 0. Per ogni
punto di questa retta passano quindi tangenti alla quadrica i cui coefficienti appai'tengono al campo
di razionalità dei punti metrici.
Seiui: II. Tom. LIV.
346
BEPPO LEVI
66
§5.-1 punti richiesti dallo spazio metrico.
37. — Una questione s'impone dall'insieme delle cose dette innanzi: In qual
misura possono essere esclusi dallo spazio metrico punti dello spazio projettivo mi-
nimo che lo contiene ?
È noto che lo spazio euclideo contiene tutti i punti del corrispondente spazio
projettivo, all'esclusione del piano all'infinito e che l'ordinario spazio ellittico con-
tiene tutti i punti projettivi, l'iperbolico i soli punti interni ad una quadrica. Ma il
sig. Dehn {^) ha mostrato che, escluso il postulato d'Archimede, assai maggiori limi-
tazioni si possono portare allo spazio metrico in confronto di quello projettivo, poten-
dosi escludere dal primo, su ogni retta, tutti i punti che, rispetto al loro ordine pro-
jettivo sono abbastanza avanzati. Il Dehn costruisce cioè la sua metrica piana sopra
un piano numerico in cui le coordinate dei punti sono funzioni analitiche (anzi una
classe limitata di funzioni analitiche) di un parametro t e, se a e b sono due di queste
funzioni, stabilisce che a>b quando a — b è positivo per valori abbastanza elevati
di t. Egli limita poi il suo campo metrico a punti le cui coordinate hanno rispetto
a t ordine d'infinità non superiore ad un certo limite (che egli fissa in due esempi
nei valori e — 1).
Noi incominceremo coll'approfondire le conseguenze geometriche della definizione
di " punto del piano metrico ,, adottata per tal modo dal sig. Dehn. Cercheremo poi
di riconoscere fino a qual segno si possono invertire i risultati ottenuti : se con ciò
non esauriremo la questione, spero che almeno intorno ad essa porteremo un note-
vole lume.
Sia ax -\- by -\- c = l'equazione d'una retta projettiva passante pel punto (a^o^o)
del piano metrico e sia {^o^oì una soluzione qualunque dell'equazione ai -\- bx] = ;
moltiplicando Eq e rio per una stessa conveniente potenza (positiva o negativa) di t,
sia f^, si può disporre in modo che gli ordini d'infinità di Eq^^, r|o^^ siano minori di
un qualsiasi ordine assegnato: dal punto (.ro//o) si deduce così il punto (a^o + ^o^^»
i/o -|- ^ot^) che ancora appartiene cosi alla retta data come il piano metrico. Conclu-
diamo: " ogni retta projettiva passante per un punto del piano metrico è sostegno
" di una retta di punti di esso piano „. D'altra parte è evidente che tal retta pos-
siede certamente punti projettivi non appartenenti al piano metrico. Ora è facile
rilevare che ~ almeno nei casi ellittico e parabolico — " appartengono al piano me-
" trico tutti i punti della retta che si deducono colle sole operazioni di projezione
" e sezione da due punti reali (metrici) M, N della retta e da un suo punto ideale P
" (a coordinate reali, ma esterno al piano metrico) e da due punti projettivi arbi-
' trariamente scelti, purché allineati con uno di quei primi tre „.
Occorre premettere che, in conseguenza del teorema di Desargues (o dell'esistenza
dello spazio a tre dimensioni) i punti or nominati sono completamente definiti sulla
retta, indipendentemente dalla scelta dei due punti projettivi ausiliari: essi sono
tutti quei punti cui si attribuiscono ascisse razionali (nel campo naturale di razio-
(') Die Legendre'schen Sàtze u. die Winkelsumme im Dreiecke, " Math. Ann. 54
67
FONDAMENTI DELLA METRICA PROJETTIVA
347
nalità) in un sistema di coordinate projettive in cui si assegnino ai tre punti dati i
numeri 0, 1, oo.
Ora è chiaj-o che tutti questi punti apparterranno al piano metrico se tali erano
effettivamente le ascisse dei tre punti (supposti sull'asse della x) nella loro defini-
zione come elementi del piano numerico e se, per conseguenza, l'ordine in t ammesso
nelle coordinate dei punti del piano metrico era >0. Ma si supponga che le ascisse
dei tre punti M, N, P siano m, n, p e che essi appartengano alla retta ax-\-by-\-c=0.
Si faccia la doppia trasformazione di coordinate
x= x' !/— l W — —
__ (>M — n)pu + lìjn — p) , j) _
(/» — «)!* +{n — p) " (m — n)M4"(« — p) '
asse delle ascisse (m) sarà divenuta la retta ax -[- -|- c = 0, e i tre punti dati vi
avranno le ascisse m = 0, 1, oo. Sia ora h l'ordine massimo in t delle coordinate {x, ij)
dei punti reali; gli ordini di m, n saranno k. Ne segue immedia-
tamente che per ogni valore di u di ordine in t, x' (e quindi x) è in t d'ordine < k.
Quanto al valor di y, si ricordi che i nostri punti appartengono alla retta ax-\-hy^c=Q
onde
(ap -\- c){m — n) u + {am -j- c){n — p)
^ h[{in — n) M + (« — jo)]
e si ricordi inoltre che debbono avere in t ordini < k i numeri
ani -\- c an-\- c
h ' '~1> '
valori di — ij per x = m e per x = n; è quindi pure di ordine
dovrà mancare pure il punto — , da cui (e dal punto 0) quello si otterrebbe per
successive costruzioni di simmetrici; e che, reciprocamente, se il punto — non è
reale non potrà esserlo nemmeno il punto —, ove la frazione — sia irreduttihile.lnÌ!LÌt\.
m ' m
se non esiste il punto — , non esisterà nemmeno il punto X ^= ~ ^ , di cui il
m ))i in
primo sarebbe simmetrico rispetto al punto y (X intero). Ora possono sempre deter-
minarsi gli interi X e v tali che hn — = 1 {m e q sono primi fra loro) ; si può
quindi dire che, per un v conveniente, non esiste il punto ~, la cui esistenza se-
guirebbe invece dall'ipotesi che sia un punto reale.
Se ora si ripete il ragionamento del n° 27, si vede che il gruppo dei movimenti
euclidei trasforma in sè ogni piano numerico le cui coordinate siano numeri razio-
nali aventi per denominatore numeri i cui fattori primi siano tutti somme di due
quadrati {^) e un sistema qualunque di ulteriori numeri primi assegnati arbitraria-
(') Si verificherà agevolmente sull'espressione del simmetrico di un punto rispetto a una retta
che, al contrario, si generano per movimenti e simmetrie, punti le cui coordinate hanno per deno-
minatori multipli di somme qualsiansi di due quadrati.
350
BEPPO LEVI
70
niente, e questi con esponenti non superiori ad altrettanti esponenti assegnati. Così
i punti le cui coordinate sono numeri razionali con denominatore multiplo di una data
potenza di un numero primo che non sia somma di due quadrati possono essere asse-
gnati al piano dal post. XVII, non mai dal postulati metrici; gli altri invece gli sono
imposti da questi postulati.
Si consideri allora un triangolo qualunque A'B'O' e un punto del piano;
mediante movimenti si possono trasformare in un triangolo ABO e in un punto K,
quali quelli da cui si partì poc'anzi, per modo che sia l'origine delle coordinate
e B appartenga all'asse ti e, per la precedente considerazione, i punti projettivi in
cui s'intersecano le coppie di rette x{A'K') x{B'K'), x{B'K') x{0' A'), x[0'K') x{A'B')
avranno coordinate i cui denominatori non conterranno altri fattori primi che somme
di quadrati e altri fattori primi con esponente non superiore a quello con cui com-
paiono nei denominatori delle coordinate di ABKA'B'K'O' e dei punti d'intersezione
delle coppie x{AK)x{OB), x{BK)x{OA), x{OK)x{AB). Per accertare se sia possibile
un piano metrico tale che le coordinate dei suoi punti reali non abbiano mai per
denominatori multipli di una potenza assegnata di un numero primo |a non somma di
due quadrati, basterà quindi riconoscere se, tali essendo le coordinate dei punti ABK,
almeno una delle suddette intersezioni non abbia mai per coordinate numeri razio-
nali della detta forma.
Si noti che le coordinate aa'bhk possono supporsi numeri interi: sotto altra
forma, se esse si moltiplicano per il loro m. c. m., per lo stesso numero si moltipli-
cano le coordinate delle intersezioni di cui qui si discorre, e, per una precedente
osservazione, le nuove coordinate rappresenteranno o non rappresenteranno punti
reali insieme colle primitive.
I denominatori di queste coordinate sono, come fu trovato poco sopi'a,
a — h, ah + a'h — ak, bh — a'h -\- ak.
Si supponga che esse siano multiple di m, e precisamente sia la massima
potenza di m che è loro fattor comune. Saranno multipli di ìà'P;
a — h {a h)h ab -(- a'h -\- ak.
Poiché \x è primo, qp dovrà spezzarsi in due numeri positivi qp' e cp" tali che
a -|- /i è multiplo di \xV' , h multiplo di [iSP' : a e h saranno essi stessi multipli di ili'?':
si ponga:
a = a^V b = Pm?''' h — x\x'P' .
Sarà ab multiplo di yfl' e quindi anche multiplo di fi^ a'h — ak~{ab-\-a'h — ak) — ab:
si ponga ancora :
a'h — ak = y.\xV .
Sostituendo questi valori nei numeratori delle coordinate considerate si ottiene :
ak — a'h = — KH'P , abh = (x'?,yi\xV+
Si meraviglierà V. S. che per essere non poco tempo ch'io non l'ho riconosciuta con let-
tere, bora venga con questa a prevalermi dell'autorità sua. Non vorrei che mi tenesse per poco
ofifitioso scrivendole solo quando habbia bisogno di lei, come ho certo adesso che mi s'appre-
senta un occasione di messer Alessandro Pietramala dal Borgo San Sepolcro, uno scrittore delle
390
OKESTE MATTIROLO
36
mie opre, povero giovane, ma virtuoso e di buonissima speranza ; il quale essendo in procinto
hora di dottorarsi, io gli faccio servitio che gli ho fatto havere il grado qua gratis, la qual
commodità egli non potrebbe, cora'io penso, havere in Pisa, se non col favore di S. «A. Ser.""';
sì che, caro SìgJ Cavalliere, lo raccomando sì caldamente alla sua potente auttorità col 6. D.,
che m'assicuro che sia egli per fare cotesta gratia della licenza di potersi addottorare in Bo-
logna, godendo il privilegio come di Pisa, si degnerà V. S. per sua cortesia, come causa di
questo bene, con occasione d'appresentare l'inclusa a S. A., quale tratta di questo negotio, e
supplicarla con tutto il cuore di questa gratia, essendomegli anche raccomandato per prima,
quando gli mandai l'opra mia 3* De Avibus, questi dì passati, della qual lettera non ho havuta
risposta, il che m'imagino per i negotii. Il favore che farà a questo mio giovane presso al G. D.
reputerò fatto a me stesso, et ambidui le ne terremo obbligo perpetuo, desiderosi che si porga
occasione di renderle in f qualche parte almeno il contracambio. Et io in particolare mi olfero
per quanto vaglio per amor suo. E facendo fine aspetto l'aviso della gratia in favore, togliendo
qualche difficoltà in contrario, le parole di V. S. a cui di tutto cuore bascio la mano.
Di Bologna alli 12 Settembre 1603
Di V. S. Molto Illustre
Aff.™" Ser."
Ulisse Aldrovandi.
(fuori) Al Molto 111.'"* Sig.'' mio Oss.™" il Sig.'' Cavalliero Vinta.
Filza 919, 453.
Ser."" Sig.' mio Pron. Osservandissimo,
Se col rendere somme grafie a V. A. Ser."* del favore fattomi per il mio giovane non cre-
dessi d'offendere la sua benignissiraa natura, ardirei celebrarla, come che sia tale cui non si
ritrovi eguale. Ma perchè già molto tempo fa ho conosciuta la sua liberalità verso di me, fuor
d'ogni mio merito ; però per non derogare alla sua grandezza, scarso di parole, pregherò il
Sig." Iddio che le conceda ogni maggiore gloria et essaltatione per cotesto felicissimo stato fra
tutta l'Europa. Et il mio giovane Pietramala, anzi minimo suddito dell' A. V., come ha ricevuta
per singolarissima la gratia fattagli, così perchè si riconosce tanto obligato che non può diso-
bligarsi in eterno, pregherà anch'egli il Sig." che la remuneri, et si chiama felice vedendosi
favorire da un tanto Prencipe; né gli si può mai essere di maggior contento che un giorno le
piaccia e voglia prevalersi di lui; non dico in medicina, che Dio la guardi da tal bisogno, ma
per il suo Studio di Pisa o altro, perchè affaticandosi per ciò è sempre prontissimo ad ogni
minimo cenno di V. A. E con questo inchinandomi riverente, et humilmente le bacio la veste,
come anche egli, qual'è per tenere continovate servitù con lei e Sua Ser.""' Casa, supplica che
si degni accettare questo offitio facendole riverenza con ogni humilissima sommessione.
Di Bologna, alli 27 d'ottobre 1603
Di V. A. Ser."»
Divotissimo et Humiliss."" Ser."
Ulisse Aldrovandi
(fuori) Al Ser.'"" Sig.'' mio Pron. Oss.'"" il Gran Duca di Toscana.
Filza n" 919, 455.
111.''"= Sig.''"' mio Osservandissimo,
Mi ritrovo tanto debitore alla cortesia sua che le giuro che non le potrò mai sodisfare col
riscontro. So certo che non mi bisognava altro mezzo con S. A. Ser.'"* per la potente sua aut-
torità, la quale sempre ho stimata di gran valore ; e le dico che è obligo mio il ringratiarla
sommamente. Ma bene mi sarà favore particolare quando vedrò che si prevaglia di me, desi-
37
LE LETTERE DI ULISSE ALDBOVANDI, ECC.
391
deroso di servire un suo pari, la cui gentilezza mi ha talmente astretto, che sempre sarò
di V. S. Il mio giovane poi promette d'esserle perpetuamente Ser." obbligatissimo e ne rico-
nosce lei per primaria causa della gratia fattagli ; bramando che un giorno venga occasione,
acciò dipenda in tutto da quella Ser.'"" Casa, perchè allora si riputerà felicissimo con ridupli-
cati favori d'un tanto Prencipe; e non potendo egli mostrare l'affetto del core, le augura dal
Signore il compimento de' suoi desiderii. Et io con pregarla che per amor mio lo pona fra il
numero de Ser." suoi e di Sua Casa, le bacio la mano; il che fa ancora egli con ogni riverenza.
Di Bologna, alli 27 d'ottobre 1603
Di V. Signoria Illustre
Obligatissimo ed AfiFettionatissimo Ser."
Ulisse Aldrovaxdi.
(fuori) Airill."'" Sig.-- mio Oss."'" Cavaliere Vinta.
Filza n" 923, 479.
Molto 111.'*= Sig.'" mio Oss.'""
Viene a Fiorenza per andare alla patria messer Alessandro Pietramala, il quale essendo
a V. S. servitore molto obligato, desidera farle riverenza con darle insieme questa mia, con la
quale la pregherò che vogli degnarsi di confirmarlo secondo la sua benignissima natura fra il
numero de' suoi servitori, favorendolo presso al Gran Duca con la sua potente auttorità, la
quale so quanto sia grande, se gli ocorresse cosa veruna non solo circa la gratia fattagli
che ha ottenuta da S. A. per mezzo di V. S. et essendosi dottorato, io gli l'ho data che la porti
seco, acciò se ne possi prevalere; ma anche in altri favori, de quali farà capo V. S. come po-
tente. E tutto stimerò fatto a me stesso e le resterò con obligo. Con che pregandola a tenerlo
in buona gratia di S. A. di cui egli si chiama Vassallo obligatissimo, e desidera sommamente
di servirla negli studi delle cose naturali, di che n"ha buona cognitione, io con ogni riverenza
le bacio la mano, e gli lo raccomando di cuore.
Di Bologna, li 9 di giugno 1604
Di V. S. Molto 111.--»
Aff.""" Ser.''"
Ulisse Aldrovandi.
(fuori) Al Molto III.""' Sig.'"^ mio Pron. Oss.""" il S.-- Belisario Vinta.
Lettere di Ulisse Aldrovandi
a S. A. Sepenissima Francesco Maria II della Rovere Duca di Urbino
(159 9-1601).
[Archivio d'Urbino, Classe P.", Divisione G., f." 171].
Ser.-'o S."'- Pron. Col."""
Mando a V. A. Ser.'"* il libro ch'ella commise che si facesse colorire, e lo mando con
tanto desiderio d'intendere che sia restata sodisfatta a pieno e dell'opera e di me stesso, che
non pospongo questa ad alcuna altra cosa desiderabile. Si è ben tardato assai più di quel che
haverei voluto nel far questo servitio, nondimeno la benignità di V. A. Ser.""* mi assicura che
(1) Nato il 20 Febbraio 1548, morto il 20 Aprile 1631.
392
ORESTE MATTIROLO
38
ne verrò scusato, poiché non è proceduto da poca solicitudine mia. Con questo bacio humilis-
simamente le mani di V. A. Ser."* e non men pronto che obligato a servirla sempre, mi rac-
comando in sua buona gratia:
Di Bologna, alli 22 di maggio 1599
Di V. A. Ser.-»»
Humilissimo et Obligatissimo Servitore
Ulisse Aldrovandi.
(fuori) Al Ser."" S/ mio Pron. mio Col."" il Sig/ Duca d'Urbino, Castel Durante.
[Urbino, CS. f. 171].
Ser.™" Sig.' mio Pron. Colendissimo.
La lettera di V. A. Ser."" in risposta della mia mi haveva dato prima saggio cosi grande
della benignità sua verso me, che non l'espettavo maggiore (misurando più la mia che le
singularissime qualità sue) quando il S.'' Giulio Cuppolino mi ha portati cinquanta scudi di
Pauli, facendomi intendere che questi sono stati rimessi per ordine di V..A. Ser."* acciò che
io dia con essi ricognitione a chi ha colorito il libro, mandatole da me. Essendo io adunque
ricompensato così soprabbondantemente da V. A. Ser.™" di quel poco che ho fatto per debito
della devotissima servitù mia con lei, vengo a restarle in maniera obligato che nel renderle
humili gratie di questo dono, non posso lasciar di supplicarla a comandarmi in tutto quello
che posso esser atto a servirla. Questo sarà uno de' più cari favori ch'io desideri di ricevere da
V. A. Ser."^ alla quale per fine basciando con ogni humiltà le mani, prego da Dio in colmo
felicità.
Di Bologna, a dì 3 di gennaio 1601
Di V. A. Ser.™''
Devotiss." et Obligatiss."" Ser."
Ulisse Aldrovandi.
(fuori) Al Ser.""" Sig.-- mio Pron. Col."" il Sig."" Duca d'Urbino.
{Urbino, CS. f. 171J.
Ser."° Sig.°'' mio Pron. Col.""
Io mando a V. A. Ser."'* la mia Historia degl'Insetti, dedicata da me al suo gloriosissimo
nome, così per sodisfare in qualche parte agli obblighi grandi c' ho seco, et al desiderio che
già molti anni tenevo di lasciare doppo me alcun segno della mia divotione infinita verso lei,
come anco per illustrare col suo splendore quest'opra che per se stessa sarebbe riuscita poco
chiara. Si degnerà V. A. Ser."* di riceverla volentieri per benignità sua, e per venirle da un
tanto suo humile servitore che non desidera altra cosa più che potere impiegare in suo servitio
quel poco tempo di vita che gli resta; che io con questo le bacio humilmente le mani e le
auguro continua felicità.
Di Bologna, gli 4 di settembre 1602
Di V. A. Ser.-»»
Humilissimo et Obligatiss."" Ser."
Ulisse Aldrovandi.
(fuori) All' A. Ser."» del Sig." Duca d'Urbino P.rone mio Col."".
[Urbino, CS. f. 171 1.
Ser."" Sig."' mio P.rone Col.""
Confidandomi che V. A. Ser."* riceverà e vedrà con la solita sua benignità quest'altra opra
mia, che è la 3* parte degli Uccelli, c'ho fatta stampare nuovamente, non ho voluto lasciare di
mandargliela per non mancare al debito della devotissima servitù mia con lei ; et anche per
39
LE LETTERE DI ULISSE ALDROVANDI, ECC.
393
non perdere un'occasione tale di ricordargliela e di farle humilissima riverenza sì come faccio,
pregando con questo il Sig/ Iddio che accresca di felicità V. A. Ser."", alla buona gratia della
quale humilmente mi raccomando, pronto sempre a suoi comandamenti, quali le piacesse farmi.
Di Bologna, alli 2 di settembre 1603
Di V. A. Ser.-'
Hurailissimo et Obligatiss."'" Ser."
Ulisse Aldrovandi.
(fuori) Al Ser."» Sig.*"^ mio Pron. Col.'"" il Duca d'Urbino.
[Urbino, CS. f. 171].
Ser.'"" Sig."' mio P.rone
Per non mancare al debito mio non son già per restare di confermarmi per quel servitore
obligato di V. A. Ser."'" qual le son stato e sono, massime con questa occasione che io secondo
il solito facendole riverenza le avviso le buone feste del Natale, con augurargliele per conse-
guenza felicissime. E subito che il Pittore verrà a fine di miniare il 3° et ultimo Libro degl'Uc-
celli l'inviarò a V. A., e mi pi'ometto che ella sia per gradire come ha fatte l'altre mie fatiche.
E se havessi havuta la carta, fin bora sarebbe stampata la metà dell'opra. Dunque quanto prima
che l'harò si metterà sotto il torchio. Con che pregandole dal Sig."'" ogni felicità e grandezza,
con ogni riverenza et humiltà le bacio la veste.
Di Bologna, alli 20 di Xbre 1603
Di V. A. Ser.-""
Hiuniliss.""' et Obligatiss.'"" Ser.'"''
Ulisse Aldrovandi.
(fuori) Al Ser.""" Sig.""" mio P.rone Oss.""" il Sig." Duca d'Urbino.
[Urbino, CS. f. 17 IJ.
Ser."° Sig.""' mio P.rone sempre Col.™"
Mando a V. A. Ser."'" la terza et ultima parte della mia Orniihologia con gli Animali
miniati di suoi colori natm-ali con gran diligenza, che anche in parte è stato cagione che fin
bora sia tardato di mandarla. Priego V. A. Ser.""* e la supplico con ogni humiltà che con
quella medema gentilezza e con l'istessa benignità si degni accettarla con la quale mi ha favo-
rito d'accettare le due prime, dandogli luogo in cotesta sua compitissima Libreria; che cosi
mi darà animo d'incaminare più gagliardamente a dare fuori qualche altra delle molte mie fa-
tiche, come bora ho in procinto di stampare un buono volume de 4 generi degli Animali
Essangui, quale sarà per compimento dell'opra de Insectis, data in luce sotto la protettione della
Ser.'"* persona sua. E già l'havrei, poco meno, stampato tutto, se non fosse stata tanta penuria
di carta, che pure un foglio non s'ha potuto bavere con mio grandissimo danno in questa età
d' 82 anni, la quale molta prestezza e non tardanza ricerca. Con che fine a V. A. Ser.""'
humilmente inchinandomi bacio la veste. Di Bologna, alli 16 di marzo 1604.
Di V. A. Ser.""»
Humilissimo et ObMgatiss.'"" Ser."
Ulisse Aldrovandi.
(fuori) Al Ser.'"" Sig.''" e P.rone mio Col."" il Sig."'" Duca d'Urbino.
[Urbino, CS. f. 171].
Ser.'"" Sig."- et P.rone Col."""
Resto in questa gravissima età mia consolatissimo d'haver colle fatiche mie fatto cosa onde
agl'elevati et giudiciosi ingegni, pari d'essa, si recchi dilettatione, come dalle cortesissime sue
JKKIK i!. Tom. LIV. z'
394
ORESTE MATTIROLO
40
chiaramente comprendo. E veramente l'applauso di un sì dotto e benigno Principe mi fa prender
speranza che altresì d'utilità sia per trarne il mondo, al cui coramodo, spererò in breve, uscirà
il quinto mio volume de quattro generi d'Animali Essangui, continoante all'altr'opere ; tutto che
per sin qui una carestia grande di carta c'habbia ritardati. Altro hor non mi resta che di pregar
N. Signore che colle buone feste le doni il compimento d'ogni consolatione et la conservi a
commun'utile di chiunque la serve e si mostra desideroso colle fatiche sue giovar al publico.
E le faccio con ciò humilmente riverenza.
Di Bologna, li 22 Xbre 1604
Di V. A. Ser.""'
Obligat."'" et devotiss.""" Ser."
Ulisse Aldrovandi.
(fuori) Al Ser."" Sig." et P.rone Col.'"° il Duca d'Urbino, Urbino.
APPENDICE
Lettere del Dottor Hiulìo Cuppellino al Duca di Urbino
(1599-1621).
[Archivio d'Urbino, nel R. Archivio di Stato di Firenze, filza 171].
Ser."" Sig." — Conforme a quel ch'io intesi esser mente di V. A. Ser."* feci dare principio
a colorire uno de' libri stampati del Signor Dottore Aldbovando, intorno al qual si lavora con
non poca satisfattione mia ; et bora che l'Indice dell'opera è stato espedito, io ne mando un'altro
in bianco all'A. V. con dii'e che nell'essecutione di questi suoi ordini ho trovato il detto Dot-
tore molto pronto et anco straordinariamente desideroso di darle segni magiori d'una sua sin-
golare devotione che le porta. Il Pittore poi non perde tempo; ma perchè in alcune cose bavera
bisogno dell'opera et assistenza del Dottore medesimo, però non potrà egli finire il suo lavoro
prima della meza quaresima. Tuttavia ciò doverà importar poco, pur che venga ben fatto il
servitio di V. A., alla quale io ho voluto darne questo conto, aggiongendo che non posso sentir
maggior contento di quel che ricevo con i suoi comandamenti. Et humilissimamente bascio le
mani di V. A. Ser."* pregandole da Dio in colmo felicità.
Di Bologna li 6 di febbrajo 1599
Di V. A. Ser.-"''
Humilissimo et obligatissimo Ser.''
Giulio Coppellino.
gg^ mo Principe, — Più volte mi son dato a credere di potere avisare V. A. Ser."* che si
fosse stabilito effettualmente di proseguire la stampa d'altre opere dell' Aldkovando, conforme
all'ordine che tenevo di procurarlo; et in particulare sperai di far questo avanti la Pasqua
passata, con tanto mio maggior desiderio, quanto che nell'istesso tempo le havrei anco annun-
tiate le buone feste. Non permesse l'incredibile lunghezza di questo negotio, che prima delU 14
del presente mese si venesse alla stipulatione della scrittura, che pur è seguita tra il Reggi-
mento et me; et per tal causa ho differito io l'offitio, che faccio adesso di ricordarmi a V. A.
41
LE LETTERE DI ULISSE ALDROVANDI, ECC.
395
Ser.""* servo di fede et devotione singolare, confidato nella sna gran benignità, che perciò non
sarà manco gradito. Quanto poi alla tardanza interpostasi nel negotio, non voglio entrare in
altro che in dire, per discolpa mia, et per la verità istessa, che in tanto tempo io non ho mai
mancato in parte alcuna del debito mio; et V. Altezza mi creda, se ben testifico in causa
propria. In mano del S.""" Abbate Bbcnbtti mando copia della detta scrittura, et quelle di
V. A. Ser."" bascio con ogni humiltà, pregando il S."" Dio che lungamente la conservi nel suo
felicissimo stato. Di Bologna li 24 di aprile 1610
Di V. A. Ser."'"
Devotissimo et humilissimo Servitore
Giulio CuprELLiNo.
Ser."" Principe, — Il Dottore Giovanni Coknelii, che mi ha detto di volere scrivere a
V. A. Ser.'"* con l'occasione del Santissimo Natale, ha inanimato al medesimo me ancora, che
non per altro che per somma et debita riverenza resto di farle più spesso riverenza. Da lui
V. A. intenderà che si va innanti nello stampare l'opera de' Pesci, nella quale, sì come aviene
per il più nelli principii delle cose, non s'è potuto sin bora far molta diligenza per manca-
mento d'operarii; nondimeno se ne son poi havuti da Fiorenza, e spero che in breve si tirrarà
a fine, et che manco lunghezza s'haverà nelle altre. Io seguiterò di far la parte mia, che è di
servire in questi affari all'intentione di V. A. Ser."'" il più ch'io possa, il che tanto maggior-
mente, ho da procurare quanto che non ho l'occasione d'impiegarmi in altro, si com'è et sarà
sempre mio desiderio principale. Bacio con questo humilissimamente le mani di V. A. e prego
il S." Dio che a lei et al Ser."'° Principe conceda in queste S."" Feste et sempre ogni felicità.
Di Bologna li 21 di dicembre 1611
Di V. A. Ser."»
Humiliss.""" et dev."'° Servo
Giulio Cui>pellino.
Ser.'"° Principe, — Mandando messer Girolamo Tamburini a V. A. Ser.'"* il libro ch'egli
ha fatto stampare delli Pesci, ha voluto che anch'io scriva, parendogli. forse d'autenticar meglio
così la demostratione del devotissimo animo suo, et la prontezza che tiene di servirle, partico-
larmente nell'altre opere dell' Aldrov andò, che dovrà stampare. Nella presente si è messo tempo
assai, perchè oltre all'altre lunghezze ch'io avisai in materia della Dedicatoria, s'è aggiunta
questa, che al Tajiburino medesimo in ultimo è convenuto da se stesso farla, cosa che prima
non haveva voluto presumere, se bene a me pare che lo poteva, come dalla propria epistola si
vede. Con questo m'inchino humilissimamente a V. A. Ser."" et le prego in colmo felicità.
Di Bologna lì 9 di febraro 1613.
Di V. A. Ser."-"
Humiliss."'" et dev.""" Servo
Giulio Cuppellino.
Ser.""" Principe,
Non havend'io in tutto l'anno da scrivere a V. A, Ser."' per altra occorrenza che per
quella dell'opere da stamparsi dell'ALDROVANDO, et mancandomi anco spesso questa, sempre per
colpa d'altri, non già mia, mi conduco alle volte a satisfare a tal mio debito con l'annontio
delle buone feste. Però con questo solo vengo adesso a fare humile riverenza a V. A. poi che
quanto a esse opere io non ho che dire, se non che quella de' quadrupedi, che sarà la prima
a imprimersi, si trova bene all'ordine, non mancando più nè corapositione, nè carattere; ma
lo stampatore non s'è potuto anco tirare a dar principio. Costui non solo da me, ma per
quanto vedo è sollecitato molto anco dalli altri che ci hanno interesse, dico per quanto vedo,
396
ORESTE MATTIKOLO
42
perchè talhora non ho potuto fare di non haver sospetto che questa lunghezza non sia senz'arte,
stante l'obligo che ci è d'haver a restituire il denaro, stampate che saranno cinque opere. Tut-
tavia il Tamburino libraro, al quale non poco importa che il suo non gli stia morto, m'afferma
et m'assicura che dallo stampatore et non da altri viene il deffetto. Io non ho potuto né dovuto
tacer tutto questo a V. A. così per scarco mio, come per il desiderio grandissimo che tengo
della sua buona gratia, nella quale raccomandandomi quanto più posso, humiliss."^ bacio le mani
di V. A. Ser.'"" e priego per il suo felice stato.
Di Bologna, li 20 di decembre 1614
Di V. A. Ser."»"
Servo humil.'"" et dev."""
Giulio Cuppellino.
Ser.""" Principe,
Doppo molti accidenti che hanno prolungata Tespeditione della parte prima delli quadru-
pedi, si manda pur questa sei-a a V. A. Ser.™" et nell'istesso tempo che al Sig.""" Carlo Madkuzzo,
a chi è dedicata. Con tale occasione io ho giudicato essermi lecito di scrivere et far riverenza
all'A. V. la qual supplicarei a credere che nel sollecitare questa opera, non ho mai mancato del
debito mio, se la prudenza et benignità sua lo permettessero. In queste confidato io, non
aggiongerò altro ma pregando il S.""" Dio che la Ser."" persona e stati di V. A. feliciti, come
i servi suoi desiderano, con ogni humiltà le bacio le mani.
Di Bologna, li 30 agosto 1616
Di V. A. Ser.-"»
Humiliss." et Devotiss." Servo
Giulio Cuppellino.
Ser.™" Sig."''* — L'occasione ch'io piglio di scrivere a V. A. Ser."" non è solo per augu-
rarle, come faccio, compita felicità nel prossimo S.™° Natale, ma per darle anco aviso della
morte del dottore Giovanni Corneli, seguita l'altro hieri, molto all'improviso. Non convengono
veramente bene insieme questi due offitii, nondimeno io l'ho stimati convenienti all'humile
servitù mia con V. A. massime conoscendo, che in altro son poco atto a essercitarla. La per-
dita di tal persona doverà dispiacer manco, quanto all'opere dell'ALDROVANDO suo precettore,
ch'egli metteva in ordine, perchè spero che pur si continuerà di stamparne, così per l'interesse
proprio del Tamburino, che ha questa impresa, come per essersi proferti di già in luoco del
morto altri, che si giudicano buoni soggetti. Io non mancare nella parte che- a me tocca, et in
particulare procurando che si finischi di stampare l'opera, che fra tre mesi doveva darsi fuora,
se il dello Corneli non moriva.
Di quanto seguirà non lasciare d'avisar V. A. che ha tanta parte nella publicatione di
queste opere, et con ogni humiltà inchinandomi a farle riverenza, mi raccomando in gratia sua.
Di Bologna li 21 di dicembre 1619
Di V. A. Ser."""
Dev."° et obi."" Servo
Giulio Cuppellino.
Ser."° Principe, — La commissione datami da V. A. Ser.™" mi ha veramente allargato
molto il campo, ch'io m'ero già pigliato di solecitare a nome suo la stampa dell'opere dell'AL-
DKOVANDO, et particolarmente di questa, che si trova più che meza stampata. Onde con tanto
maggior caldezza ho seguitato, et continuarò nel farne instanza. In questi gentilhomini si vede
prontezza in dare a V. A. Ser.™* così honesta et debita satisfatione, ma l'effetto viene ritardato
dalla mossa di più soggetti che concorrono alla domanda dell'impresa. Tuttavia spero che il
43 LE LETTERE DI ULISSE ALDBOVANDI, ECC.
397
rispetto che si deve alli offitii dell'A. V. li farà risolvere in breve, massime instando ancora
gagliardamente il Tamburino et lo stampatore per gl'interessi loro. Non posso dir altro addesso,
se°non render certa V. A. che oltre l'obligo generale ch'io tengo di obedire a ogni suo minimo
cenno, conosco d'haverlo particolare in questo negotio, e premo in esso di non mancare al debito
mio, sì come a suoi tempi andrò avisando. In tanto V. A. Ser.-"' si degni d'havermi nella sua
gratia, da me in estremo desiderata. Et le faccio humilissima riverenza.
Di Bologna, l'ultimo di gennaro 1620
Di V. A. Ser."-
Humiliss." Servo
Giulio Cuppellino.
Ser.'"" Principe,
Alla buona dispositione che questi Signori Assenti del Reggimento hanno mostrato et
mostrano tenere di servire V. A. Ser."* nella stampa dell'opere dell' Aldrovando, non veggo
fin'hora che si corrisponda con gli effetti, et ciò procede più da private passioni che da pub-
blico benefitio, se ben questo è lo pretesto loro. Sono quattro et anco più quelli che doman-
dano, et ciascuno ha li fautori suoi, a quali non mancano raggioni per contradirsi, di maniera
che non conveniranno in un di questi così presto. Però io ho giudicato bene, et debito mio,
il non tardar più a darne conto a V. A. Ser.""', et che anco non sia inconveniente l'aggiugnere
che forse il rimedio più proprio a questo male sarebbe che l'Ili."'" Legato ci mettesse la mano,
meritandosi d'essere astretto, colui che da sè non fa quel che deve.
Questo Sig." con l'occasione delle giostre et barriera, che qui si faranno, ha invitato li
Cardinali Pio, Bevilacqua, Serra e Rivarolo, li quali, se venessero, potrebbono quasi far conci-
storo, perchè con Leni, che s'aspetta, sariano sette. Bacio con questo huroilissimamente le mani
di V. A. che il S."" Dio lungamente feliciti et conservi.
Di Bologna li 26 di febbraro 1620
Di V. A. Ser""
Humilissimo Servo
Giulio Cuppellino.
Ser.™" Principe, — Annontiar con lettere le buone feste a Patroni, non conviene a ogni
sorta di servitori, massime a quelli che ne anco in altri son buoni a essercitare la servitù loro ;
nel numero de quali ritrovandomi pur io, forse havrei tralasciato un tale offitio, se dall'opera
de BisuLci non prendevo animo. Con l'annontio adunque delle prossime feste del S."'" Natale, io
vengo a fare humilissima riverenza all'Altezza Vostra et a darle conto insieme che detta opera
sarà finita et posta in luce avanti la prossima Pasqua di resurrettione ; et credo poter affirmar
questo, così perchè lo Scoccese fin a quaresima è quasi libero della sua pubblica lettura, et il
Tamburino, del cui interesse si tratta, lo sollecita, come perchè sono stati gli accidenti et gli
intoppi sin'hora tanti, che alcun'altro più non dev'essere rimasto da nascere. Io non mancarò
di far la mia parte, acciò si verifichi quanto dico a V. Altezza, et nella sua gratia humilissi-
mamente mi raccomando.
Di Bologna li 19 di decembre 1620
Dell'A. V. Ser.""
Humilissimo Servo
Giulio Cuppellino.
Ser."" Signore, — In essecutione dell'ordine datomi da V. A. Ser."' mi son informato che
dell'altre opere delli Animali che restano dell' Aldrovando, ci sono due volumi ancora di qua-
di'upedi, et uno de i serpenti. Oltre questi vi sono due opere l'una de i monstri, l'altra de i
398
ORESTE MATTIROLO
44
focili con le lor figure, intagliate per la maggior parte; le quali cinque opere sono le più
pronte che ci sieno da poter stamparsi. Al presente si è intorno all'intagliare 2 mila piante,
lasciate dall'Autore in dissegno, nè altro si fa, nè spero si faccia, mentre questi Signori non
si resolvino nell'elettione di chi ha da succedere alla cura dello studio di esso Aldeovando, in
luoco del Dottore allevo suo, morto. Si mostrano ben inclinati alla publicatione delle sue fatiche,
sapendo massime di servire in ciò a V. Altezza; ma per carestia de soggetti secondo il bisogno,
et non convenendo anco in tal particulare insieme alcuni di loro, il negotio dello stampare
andarà in lungo. Faccio con questo riverenza humilraente a V. Altezza, la quale N. S."'' Dio
conservi felicissima.
Di Bologna li 7 di luglio 1621
Di V.ra Alt.^» Ser."»
Humiliss." et dev."" Servo
Giulio Cuppellino.
Ser."" Signore, — Non perchè babbi da dir cosa che possa essere di satisfattione a V. A.
Ser."" in materia dell'opere dell'ALDROVANDO, ma per non mancare a quel che devo intomo a
questo particolare io scrivo, et per dire che mentre stavo aspettando il ritorno d'alcuni di questi
Signori Assonti sopra lo studio del detto Autore, per esseguire l'hordine bavuto, è successa la
morte del Tambukino; il quale accidente, se ben non ha da difficoltare più che tanto il prose-
guire la stampa d'èsse opere, tuttavia non darà ne anco aiuto alcuno. Ma perchè l'importanza
di questo negotio è . il ritrovar persona sufficiente a distenderle, come si devono, et come faceva
l'Allievo morto dell' Aldrovando, però io insisterò principalmente in ciò che viene a essere tanto
più difficile, quanto che oltre la sufficienza, bisogna che ci concorra la possibilità di far la fatica
d'andare a star le hore in quello stadio, che bora è nel palazzo publico, nè da esso si può
cavare alcun libro. Continuarò adunque in questo le mie diligentie, massime quando saranno
tornati alla Città questi Signori Assonti, che per la maggior parte sono fuore, confidando che
prevalerà con loro quanto conviene per il rispetto et l'autorità dell'A. V. Ser.'"", alla quale
humilmente m'inchino a far riverenza, e prego da Dio nostro Signore ogni felicità.
Di Bologna li 21 agosto 1621
Di Vostra Altezza Ser.""
Humilissimo Servo
Giulio Cuppellino.
Ser.""° Sig.""" Duca d'Urbino.
45 LE LETTERE DI ULISSE ALDROVANDI, ECC. 399
ELENCO (lei iioini delle pei'sone citate nelle Lettere di Aldrovandi.
Aetio, 29 — Agostino (SaiiL'j, 28 — Aldrovandi, Commendatore di S. Spirito, 12, 14 — Aldro-
vandi Giovanni, Senatore ed Ambasciatore di S. S., 7, 10, 11, 12, 17 — Alessandro
Magno, 6, 33 — Ambrosini, 8 — Aristotele, 6, 19, 24, 30, 33.
Bayle, 2, 7 — Benincasa, 7 — Bennini Lorenzo, 5, 7, 24 — Bevilacqua Cardinale, 43 —
Bisulci, 43 — Boncompagno Marchese, 12 — Bonfiglio, 17, 28 — Bontempo Fabrizio, 34
— Boschi Domenico, 8 — Brueghel Giovanni, 5 — Brunetti Abate, 41.
Caliari Paolo, 5 — Campeggi G. B. Vescovo, 1 — Camus, 2, 6 — Capellini, 2, 3 — Capello
Bianca, 4 — Caruel T., 6 — Casabona Giuseppe, 7, 8, 9, 15, 16, 23, 33 — Castelli
Polidoro Conte, 2, 13 — Cesalpino Andrea, 3, 8, 9 — Celso, 29 - Clusius (de l'Écluse Ch.),
7, 17, 21, 22 — Confredi Giovaunantonio , 7, 35 — Cosimo Duca, 19 — CuppeUino
Giulio Dottore, Agente del Duca d'Urbino, 1, 7, 38 — Cuvier, 2. |
Del Riccio Frate, 9 — Dioscoride, 28.
Fantuzzi, 1, 2, 3, 4, 9 — Re Filippo, 5, 21.
.Gaza Teodoro, 24 — Gherardi, 1 — Ghini Luca, 3, 8 — Giovanna d'Austria, 4 — Giro-
lamo (San), 29 — Gregorio XIII Papa, 1, 4, 17, 28 — Grifibni Giuliano, Camerlengo
del Papa, 7, 10, 11, 14, 16, 17, 23 — Guastavillano Cardinale, 16.
Haller, 2 — Heem (di) Giovanni Davide^ 5 — Huysum (van) Giovanni, 5.
Ippocrate, 29.
Laguseo Natali Tommaso filosofo, 7, 22 — Lastra, 9 — Leni Cardinale, 43 — Leoni Luigi, 8
— Ligozzi Bartolomeo, 5 — Ligozzi Jacopo, 5 — Linneo C, 7.
Madruzzo Carlo, 42 — Malocchio Francesco, 9 — Mattirolo Oreste, 2, 3, 5, 6, 7, 9 — Maz-
zetti, 2 — Mazzucchelli, 2 — Mercuriale Gerolamo, 7, 32, 34, 35 — Meyer, 2 —
Micheli, 9 — Montalbani, 2, 8 — Monti C, 2.
Napoleone I, 5.
Paleotti Camillo Alfonso Vescovo, 1 — Paleotti Gabriele Cardinale, 1, 7, 30 — Paulo, 29 —
Peretti Alessandro Cardinale, 1 — Pietramala Alessandro, 4, 35, 36, 37 — Pio Cardi-
nale, 43 — Plinio, 29 — Porfirio, 30 — Pritzel, 2.
Rivarolo Cardinale, 43 — Ruysch Rachele, 5.
Saccardo, 2, 6 — Sachs, 2 — Saint Lager, 2, 6 — Salviati, 23 — Scoccese 43 — Segha
Vescovo, 5, 21 — Seghers Daniele, 5 — Serra Cardinale, 43 — Seguier, 2 — Sisto V
Papa, 1 — Sprengel, 2 — Swinto Cornelio, 5.
Tamburini Gerolamo, 7, 41, 42, 43, 44 — Targioni Tozzetti A. e G. 8, 9 — Teofrasto, 29, 32.
Uterverio Giovanni Cornelio, 8, 41, 42.
Vignati Ambrogio, 35 — Vinta Belisario Cavaliere, Segretario della Corte Medicea, 1, 4, 23 ecc.
— Vitruvio, 30.
400
ORESTE MATTIROLO
ELENCO delle produzioni naturali citate nelle Lettere di Aldrovandi.
PIANTE
Abrus Persarum, 21 — Acajou, 32 — Ananas, 32 — Anemone mediolanensis, 16 — Ano-
nymos (seme), 21 — Archangelica flore albo, 16 — Argentina, 15 — Astirida cre-
tensium, 21.
Babà de l'India, 20 — Bamia aegyptiaca, 21 — Bulbus eriophoros, 16.
Calamentum aquaticum, 16 — Calamentum anglicum, 16 — Camphora, 6, 26 — Carduus
eriophoros, 16 — Caryophyllum ungaricum, 16 — Chamairis, 15 — Cithisus verus, 16
— Clematis, 15 — Colocassia, 32 — Corchorus Pliaii, 21 — Corona imperiale, 13 —
Corone, 28.
Dictamnum cretense, 16 — Digitalis major, 16.
Elettro, 6, 26.
Fagiolo indiano, 21 — Pasiolino dell'isola di Pauggio, 23 — Fasoli, 23 — Pasolini piccioli, 23
— Fior del tigre, 13 — Frasino, 27.
Guanatarco, 20, 24, 32.
Leontopetalon, 21.
Melilotus verus, 21 — Molochia aegyptiaca, 21.
Paliui-o de Teofrasto, 32 — Papyro, 27 — Phaseolus bresilianus alter, 21 — Pianta Baaras
di Soria, 27 — Piante agglutinate, passim — Piante dipinte , passim — Piante essic-
cate, passim — Piante intagliate, ^asstw — Piante di Dioscoride, 28 — Piante indiane, 10
— Piante di Ippocrate, 28 — Pino, 20 — Poteron, 21.
Kanunculus Illyricus, 15 — Rhodia, 15.
Salisia Apulorum, 21 — Salvia minima, 16 — Scilla, 15 — Semi di Fiandra, 23 — Semi
ricevuti da Clusio, 18, 22 — Sesbano d'Arabia, 21 — Seseli Peloponense, 21 — Sistema
di Linneo, 7 — Squilla, 15 — Succi concreti, 6 — Succino, 27.
Tanacetum anglicum, 16 — Tbalictrum minimum, 16 — Tlilaspi contra morsum canis rabidi, 16
— Thlaspi orientale, 16 — Titymalus dendroides, 16 — Trinitas, 15 — Tripoli, 27.
Vidalpa doppia, 17.
IM: AL I
Alce, 13, 26, 27 — Ammodite, 11, 13 — Animali essangui, 26, 40 — Animali (figure), 34,
38, 39 et passim — Animali fossili, 26, 29 — Animali lucenti, 28 — Animali san-
guigni, 26 — Aquila, 6, 31, 32, 33 — Ardea, 27 — A voltolo, 6.
Cavazua, 24 — Ceraste, 11, 13, 26 — Cersia, 24 — Ceti, 26 — Coracino del Nilo, 13 —
Crocodillo, 27 — Crustacei, 26.
Diavolo marino, 27 — Bracone, 10, 28 — Dryocolaptes, 24.
Elefante, 26 — Eruche, 26.
Gallina indiana, 24 — Gammari, 26 — Gazzelle, 18 — Gronostay, 14.
Hermolinum, 14.
Insetti, 26, 27, 39 et passim.
Junco, 24.
Loligini, 26.
Mus polonicus, 14 — Mus ponticus, 14 — Mustela, 14.
Novogrodel, 14.
Ornithologìa, 33, 34, 36, 39 et passim.
47
LE LETTERE DI ULISSE ALDROVANDI, ECC.
401
Passero indiano, 19 - Pesce echinoide, 27 - Pesci (opera dei), 41 et passim - Pico, 6 24 30
- Pico martio, 24 _ Popieliza, 14 — Porco indiano, 18 - Porfirione 27
Rinoceronte, 26 - Riverso (pesce), 10, 13 - Riverso a forma d'anguilla 13
Scarabei, 26 - Scheniolo di Aristotele, 24 - Seppie, 26 - Serpente da dieci piedi mostri-
faco, 13 - Serpenti, 26, 27, 28 et passim - Serpi indiani, 14 - Sgombro 26 -
Solipedi, 26 — Storione, 26.
Testacei, 26 ~ Topi salvatici, 13 - Torcicollo, 24 - Tordo, 24 - Torpedini, 27 - Turo 13
Uccelli, 29, 30, 33 et passim — Uccelli indiani, 14 - Uro, 13.
Varo, 13, H — Vermi, 26 — Vuenvork, 14.
Zebelino, 14.
Bitume, 6.
Calamita, 27 — Cristallo di
Gemme, 27.
Marmori, 26.
Pietre, 26.
Terra sarcofaga, 27.
Zolfo, 6, 26.
M I N E R A I
montagna, 11, 13.
Sehik II. Tom. LIV.
su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI
MEMORIA
DI
ANTONIO GARBASSO
CON DUE TAVOLE
Approvata nell'adunanza del 1° Maggio 1904.
Sommario. — 1. Posizione del problema. — 2. Numero dei conduttori possibili ad'n oscillazioni. —
3. Numero dei sistemi corrispondenti ad uno spettro assegnato. — 4. Un possibile indirizzo
dell'analisi spettrale. — 5. Ricerche di Sir N. Lockyer: linee lunghe e linee brevi. — 6. Ri-
cerche di Sir N. Lockyer: linee basiche. — 7. Ricerche di Sir N. Lockyer: dissociazione degli
elementi nel sole. — 8. Le serie di Kayser e Runge. — 9. Ricerche di F. Lenard su lo spettro
dei metalli alcalini nell'arco. — 10. Forme e colori dell'arco voltaico fra elettrodi metallici.
— 11. Spettri emessi dalle diverse regioni dell'arco. — 12. Posizione delle righe negli spettri
delle diverse regioni. — 13. Conclusioni.
§ 1. Posizione del Problema. — Subito dopo i primi trionfi dell'analisi
spettrale fu enunciata da piìi parti l'idea che il nuovo sensibilissimo mezzo di ricerca,
come dava degli indizii sicuri su la composizione delle sostanze, che in un modo o
nell'altro si rendevano luminose, potesse fornire ancora dei dati su la struttura intima
dei corpi, e la forma e le proprietà degli atomi e delle molecole materiali.
Con tutto ciò, ripensando ai risultati di forse quarant'anni di ricerche, bisogna
pure persuadersi che (mentre si è raccolta una serie meravigliosamente ricca di fatti
bene accertati) su la natura dei sistemi, che danno origine alle onde della luce,
pochissime nozioni soddisfacenti abbiamo saputo ricavare dallo studio degli spettri
luminosi.
Io sono profondamente convinto che la causa di codesto insuccesso risieda nella
mancanza di una teoria dell'emissione della luce, generale e completa e fondata su
basi analitiche sicure.
Per riparare a tale mancanza feci lo scorso anno un primo modesto tentativo in
alcune ricerche, le quali furono accolte frale pubblicazioni dell'Accademia (i); recen-
temente poi ho avuto l'opportunità di ritornare su l'argomento, e di svolgere certi
calcoli in modo più completo e più rigoroso (^).
(') A. Garbasso, Teoria elettromagnetica dell'emissione della luce, " Mem. dell'Acc. delle Scienze
di Torino (2), LUI, 1903.
A. Gabbasso, Su la teoria dell'analisi spettrale, * Boltzmann-Festachrift ,, Leipzig, J. A. Barth, 1904.
404
ANTONIO GARBASSO
2
Mi propongo di mostrare adesso che, facendo uso dei concetti e degli sviluppi
algebrici contenuti nelle mie memorie, e utilizzando le esperienze altrui e alcune
ricerche originali non ancora pubblicate, si possono stabilire delle proposizioni sem-
plici su la struttura degli atomi e delle molecole materiali.
Si vedrà come la teoria permetta di risolvere con qualche sicurezza certi pro-
blemi, che finora duravano dubbii o insoluti, e si vedrà pure la ragione, per la quale
talune deduzioni e taluni tentativi non portarono e non porteranno per molto tempo
a resultati soddisfacenti.
Onde fissare meglio le idee, e determinare il lato del problema, che mi sembra
suscettibile di venire studiato con qualche vantaggio, ricoi'derò che nei lavori citati
innanzi facevo vedere come gli atomi si possano rappresentare con conduttori o sistemi
di conduttori, forniti di autoinduzioni e di capacità (^).
■ Di qui seguono subito per la natura di un dato complesso vibrante (atomo o
molecola) due modelli divei'si, i quali a priori sembrano ugualmente accettabili: pos-
siamo pensare in realtà che il sistema si riduca ad un circuito unico o ammettere
invece che risulti dalla riunione di parecchi conduttori.
Ora è facile stabilire che, cosi nell'una come nell'altra ipotesi, la struttura cor-
rispondente ad uno spettro proposto non è mai determinata, e lo è tanto meno
quanto più cresce il numero delle righe.
Inoltre la teoria, da sola, è impotente a decidere se il primo o il secondo mo-
dello sia da preferirsi.
In questi teoremi sta senza dubbio la ragione intima, alla quale accennavo
poc'anzi, dell'incapacità dimostrata in tanti casi dall'analisi spettrale.
§ 2. Numero dei conduttori possibili ad n oscillazioni. — Limitan-
domi per ora al caso più semplice, che è quello di un circuito unico, mi propongo
di far vedere che se si domanda di costruire un conduttore, capace di emettere uno
spettro di n righe, vi sono sempre pel jjroblema n soluzioni distinte.
Questo teorema si ottiene con tutta facilità.
Ho dimostrato, nella mia Teoria elettromagnetica dell'emissione della luce {^), che
in un conduttore fornito di p capacità e di tn fili ogni carica ed ogni corrente sod-
Questo non vuol dire certamente che gli atomi debbano essere formati in natura secondo lo
schema da me proposto.
Anzi la teoria si potrebbe rifare, prendendo come punto di partenza l'ipotesi del Lorentz ;
quelli che io chiamo fili conduttori diventerebbero allora traiettorie di elettroni. Comunque, e qui
sta il lato importante della quistione dal punto di vista pratico, la massima parte dei miei resul-
tati continuerebbe sempre a sussistere.
Che se ho scelto il primo modello, in luogo del secondo, la cosa non fu senza buone ragioni.
E più facile infatti imaginare e calcolare un conduttore complesso che un sistema di particelle
vibranti, e sotto la forma da me stabilita la teoria si presta anche meglio alle verifiche sperimen-
tali. Volendo realizzare il moto armonico di un elettrone, bisogna pure ricorrere all'oscillatore del
Hertz. Infine, e da un punto di vista strettamente personale, lo studio sul processo luminoso era
per me una conseguenza delle ricerche relative all'assorbimento, al colore, alla dispersione e alla
rifrazione delie onde elettromagnetiche. Le quali ricerche tutte derivano ora, dai nuovi fenomeni
della risonanza ottica, un interesse, che a principio era difficile prevedere.
{^) Memoria citata, § 2.
su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI
405
disfa ad un'equazione differenziale, lineare ed omogenea, a coefficienti costanti,
dell'ordine:
y = p -\- m — 1 ;
se si vuole che lo spettro della radiazione emessa abbia n righe bisognerà dunque
fare :
(*)
^— 2 - 2
p + w = 2^• + 1 ,
e pero:
(**)
con k intero.
Ciò posto, si risponde manifestamente al quesito assumendo per p ed m una
qualunque fra le coppie registrate nella tabella che segue:
m
{2k + 1) — 2
(2k + 1) - 3
i2k + 1) - 4
(2A- -f 1) - r
L'ultima coppia si determina con la considerazione che il minimo numero pos-
sibile di fili è raggiunto quando la prima capacità si attacca direttamente alla seconda,
la seconda alla terza, ecc., la penultima all'ultima.
In questo caso particolare il numero delle capacità supera di uno il numero dei
fili; avremo dunque:
r = [(2A:-f l)-r]4-l,
vale a dire:
k — r — 1.
Ma le soluzioni possibili, che si deducono dalla tabella, sono tante quante sono
le orizzontali, cioè:
0, per l'ultimo risultato :
k.
Osserveremo adesso che confrontando la (*) con la (**) si ottiene:
k^ l =>i,
in perfetto accordo con ciò che si era annunciato.
406
ANTONIO GARBASSO
4
Realmente vi è un solo conduttore possibile ad una oscillazione (Tav. I, a), ve
ne sono due a due oscillazioni (Tav. I, b, c), tre a tre (Tav. I, d, e, f), quattro a
quattro (Tav. I, g, h, i, l), cinque a cinque (Tav. I, m, n, o,p, q), sei a sei (Tav. I, r, s,
t, u, V, z), e così di seguito.
Per un atomo come è quello del ferro i modelli possibili {zulàssige Bilder del
Hertz) si contano dunque a migliaia.
Anzi l'indeterminazione è anche maggiore di ciò che si potrebbe ritenere a prima
vista ; i conduttori che non tengono nel loro gruppo l'ultimo posto, si possono infatti
costruire secondo diagrammi differenti da quelli delle figure a,b,...z. Ad esempio :
per il conduttore e sono ancora possibili (senza che si cambi il numero dei suoi fili e
delle sue capacità) i tre schemi e', e", e'" (Tav. I) (i).
§ 3. Numero dei sistemi corrispondenti ad uno spettro assegnato.
— Per un secondo teorema generale, da me stabilito {^), uno spettro di n righe si
può ottenere, invece che da un conduttore unico, da un sistema di conduttori, quando
si riuniscano insieme degli elementi capaci di emettere:
a, p . . . uj
righe, di modo che risulti:
a ^ -\~ . . . -\- \jj = n.
Spettri di due, tre, quattro, cinque e sei righe corrispondono dunque ai sistemi
qui appresso registrati (^).
(') I conduttori che nel loro gruppo sono segnati come primi assumono pure le forme d',g', ni', r'
(Tav. I).
(') Memoria citata, § 9.
Il metodo, che si presenta più naturale per il calcolo del numero (N) dei sistemi ad n righe,
e il seguente:
Si decomporrà il numero n in tutti i modi possibili in termini interi, così da ottenere tante
relazioni della forma:
n M = a + 3 + ... + UJ;
per ciascuna di queste relazioni si farà il prodotto:
= a . P . . . u) ,
e si sommeranno da ultimo le v, scrivendo:
Bisogna però notare che, per questa via, talune combinazioni si presentano piti volte, e la cosa
si verifica sempre quando una o piii poste al secondo membro di una equazione (*) risultano uguali.
L'unità fa eccezione. Il numero n dei termini spurii si dovrà naturalmente sottrarre dal risultato
definitivo; sicché la formola esatta la dovremo scriver^:
N= Zv^ — n.
Per n = 2, ad esempio, si ha il solo svolgimento :
M = 1 + 1 ;
viene dunque :
v = 1,
ed:
N= 1.
Per « = 3 si ottiene : n = 1 -j- 1 -f- 1,
= 1 + 2,
e di conseguenza: Vi = 1,
Va = 2,
Ar=v, + vs==3.
5
su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI
407
2 righe . . . (aa) ;
3 righe . . . {aaa), {ab), (ac);
Per n = 4 risulta :
„ = 1 -^l + l-f 1,
= 1 + 1 + 2,
= 1 + 3,
= 2 + 2,
e quindi :
V, = 1,
Va = 2,
n = 4,
Zv^ = 10.
Dall'ultimo termine bisogna però dedurre il numero delle combinazioni di due oggetti a due
a due, cioè:
(i) = i = "';
e però si ottiene:
JV= Zv^ _ „' = 10 — 1 = 9.
Per n = 5 verrebbe :
n = l + l + l + l + l,
= 1 + 1 + 1+2,
= 1 + 1+3.
= 1+4,
= 1+2 + 2,
= 2 + 3,
e ancora:
v,=l,
vj = 2,
V3 = 3,
v» = 4,
V6 = 4,
Ve = 6.
Ma dal quinto termine bisogna nuovamente dedurre ( 2 ). cioè uno, e però si ottiene :
N= Zv^^ — n = 20 — 1 = 19.
Per n = 6 finalmente bisogna scrivere :
n = l + l + l + l+l + l,
= 1 + 1 + 1+1+2,
= 1 + 1 + 1+3,
= 1 + 1+4.
= 1 + 1 + 2 -f- 2,
= 1 + 5,
= 1 + 2 + 3.
= 2 + 24-2,
= 2 + 4,
= 3 + 3;
risulta di qui: Vi = 1,
v, = 2,
v, = 3.
V4=4,
V5 = 4,
Ve = 5,
v, = 6,
V8 = 8,
V9 = 8,
v,o = 9.
408
ANTONIO GARBASSO
6
4 righe , . . [aaaà), [aah), (aac), (ad), (ae), {af), (bb), (bc), (ce) (i);
5 righe . . . {aaaaa), (aaab), (aaac), (aad), [aae), {aaf), (ag), (ah), (ai), {al), (abb), {abc},
(acc), (bd), (be), m (ed), (ce), (cf);
6 righe . . . (aaaaaa), (aaaab), {aaaac), (aaad), [aaae), (aaaf), (aag), (aah), (aai), (aal),
(aabb), {aabc), {aacc), (am), (an), {ao), (ap), (aq), {abd), (abe), (abf), [acd),
(ace), (acf), (bbb), (bbc), (bcc), (ccc), (dd), (ee), {ff), (de), (df), (ef), (bg),
(bh), ibi), ibi), [cg), {eh), {ci), {ci).
Sicché, riunendo le soluzioni (indipendenti) trovate per il caso del conduttore
unico con quelle che incontriamo ora, si otterrà lo specchietto qui appresso:
Numero
delle righe
contenute
nello spettro
Soluzioni del problema
Conduttore
unico
Sistema
di conduttori
Numero
totale
1
1
1
2
2
1
3
3
3
3
6
4
4
9
13
5
5
19
24
6
6
42
48
E però l'indeterminazione cresce, e cresce molto rapidamente, col numero delle
righe che si vogliono emesse dal modello.
Riassumendo dunque sembra fatica vana, nella massima parte dei casi, il tentar
di stabilire qualche resultato su la possibile struttura di atomi materiali, con la
semplice considerazione degli spettri corrispondenti.
La cosa è tanto piìi vera per il fatto che un computo di costanti fa riconoscere
Si noti adesso che dal quinto termine bisogna togliere:
dall'ottavo :
e dal decimo :
(D = 3.
Viene dunque:
„'= 1 4-4 + 3 = 8,
e da ultimo:
N= Iv^^ — «' = 50 — 8 = 42.
I sistemi corrispondenti a spettri di due, tre e quattro righe sono rappresentati nelle ultime
figure della tavola I.
7
su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI
409
subito come il problema rimanga indeterminato, quando anche si assegnino i rapporti
delle lunghezze d'onda (*).
§ 4. Un possibile indirizzo dell'analisi spettrale. — Una volta dimo-
strati i teoremi dei paragrafi precedenti, si vede subito quale sia la strada, che
conviene battere, quando, da uno spettro osservato, si voglia ricavare qualche indizio
su la natura del complesso vibrante.
Bisognerà anzitutto procurare di riconoscere se il sistema, che si considera,
comprenda un solo conduttore o invece ne abbia parecchi, e ricercare in seguito la
forma dei singoli elementi. Per questa via l'indeterminazione del problema risulta
infatti sensibilmente diminuita.
Se, per esempio, lo spettro proposto ha sei righe, e, con qualche aitifizio spe-
rimentale, si riesce a stabilire che il sistema emittente contiene due conduttori a tre
oscillazioni, la difficoltà di determinare la forma di ciascuno (e quindi dell'intero
complesso) diventerà di gran lunga minore, che non sarebbe stata da principio. In
luogo di 48 casi possibili ne resteranno infatti 3 soli superstiti per ogni elemento.
(') Sia dato, per fare un caso semplice, un conduttore del tipo b (Tav. I) e si supponga che in
esso i due fili e le tre capacità siano uguali fra loro.
I periodi saranno forniti senz'altro (Memoria citata, § 4) dalle forinole:
LC
3 '
essi hanno dunque un rapporto bene determinato.
Malgrado questo lo stesso spettro si può anche ottenere, ad esempio, dal sistema (aa). Supposti
uguali fra loro, anche nel caso presente, i fili e le capacità, verrà subito (Memoria citata, § 15):
t; = 2u |/
La congruenza degli spettri si ottiene quando siano soddisfatte le condizioni:
2LC={\ + m)t,
2
dalle quali risulta anzitutto :
3 LC=(X— n)Y,
-jLC=\f,
e:
e, dividendo membro a membro :
(«) M=2--
Portando poi questo valore in una qualunque delle (*) si ricava:
ih) \ ^C-.
Non solo dunque i vincoli imposti sono accettabili, ma vi è anzi un sistema semplicemente
infinito di soluzioni.
Serie II. Tom. LIV. b*
410
ANTONIO GAEBASSO
8
§ 5. Ricerclie di Sir N. Lockyer: linee lunghe e linee brevi. — Inda-
gini nel senso indicato furono condotte già, se pure senza preconcetto teorico, da
molti anni e da varii autori.
In primo luogo, per la data e per l'importanza, conviene citare le belle ricerche
di Sir N. Lockyer su le Linee lunghe e brevi
Il Lockyer {^) osservava nelle sue esperienze delle scintille fra elettrodi metal-
lici ; e poneva davanti allo spettroscopio una lente, per modo che sopra la fenditura
(allargata) si venisse a formare della scintilla una imagine reale.
In queste condizioni (^) " se i poli sono di due diversi elementi si produrranno
" tre spettri distinti. Nella parte superiore apparirà una regione ricca del vapore
" più basso, nella parte inferiore una regione ricca del vapore pili alto, ed una fram-
" mezzo ricca ne dell'uno, nè dell'altro. Cosi abbiamo nello spettro come tre strati,
" almeno : e cioè gli spettri del vapore superiore, del vapore inferiore, e della regione
" centrale „.
" Si capisce a prima vista, che si produrrà una condizione di cose assai somi-
" gliante se invece di una scintilla adopereremo un arco elettrico, nel quale il solo
" vapore della sostanza resa incandescente occupi tutto l'intervallo fra i due poli.
'■ Possiamo proiettare l' imagine di un tale arco [orizzontale) sopra una fessura ver-
" ticale; la quale così ci darà lo spettro di una sezione ad essa perpendicolare
il vapore, che si trova lontano dal nucleo dell'arco, dà uno spettro assai più
" semplice di quello, che si trova nel nucleo medesimo. Lo spettro del nucleo con-
" siste di una grande quantità di linee, le quali vanno scemando di numero: finche
" quello delle regioni più laterali si riduce ad una linea sola [sic) „.
Quelle righe, che appartengono alla radiazione di diverse regioni della scintilla
dell'arco, appariscono naturalmente nello spettro 'più lunghe delle altre, che carat-
terizzano una sola regione in modo particolare.
• Il Lockyer osserva in fine, e la cosa deriva con tutta naturalezza da ciò che
precede, che le righe lunghe si mostrano più facilmente delle altre e in condizioni
assai varie.
Da queste esperienze il nostro autore dedusse subito la verisimiglianza della
dissociazione dei così detti elementi ; ma concluse anche all'impossibilità di stabilire la
cosa per via di esperienze.
Cito letteralmente (^).
" Si può certo ammettere che il calcio una volta formato, sia poi un elemento
" no, costituisce un ente distinto; e per conseguenza, se ci limitiamo a sperimen-
" tare sopra di esso, non potremo mai decidere, ancorché, in avvenire, se ne accer-
(') Sono riassunte, almeno in parte, negli Studi di analisi spettrale, dei quali esiste una tradu-
zione italiana (Milano, F."' Dumolard, 1878).
Prima del Lockyer lo Stokes C Phil. Trans. CLll, 1862), osservando direttamente una scin-
tilla elettrica, con lo spettroscopio privo di fenditura, aveva notato che le righe metalliche si
distinguevano da quelle dell'aria, perchè apparivano solo a piccola distanza dalle punte degli elet-
trodi, mentre le altre attraversavano lo spettro in tutta la larghezza.
L. e, Capitolo II, 42 e Capitolo V. 132.
(') L. e, 46.
(*) L. e, 182.
9
su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI
411
" tasse la dissociazione, se la temperatura produce una forma piìi semplice, una
" condizione più atomica della medesima cosa, oppure so la sostanza si decompone
" effettivamente in X-\- Y; e ciò perchè, nè X nè V potranno mai variare di pro-
" porzione „.
Vale la pena di considerare un poco da vicino codesto ragionamento, perchè in
realtà, sebbene appaia limpido e piano, esso è in disaccordo con i resultati piìi semplici
e più sicuri della teoria.
Ho stabilito nella Memoria più volte citata (g 18) che se si considera un sistema
di a conduttori, e le caratteristiche di questi sono date sotto la forma:
lTa=0, fa ==1.2. ..a)
la caratteristica del sistema complessivo potrà scriversi simbolicamente:
Se uno dei conduttori, per esempio il conduttore IRa, venisse a separarsi dal
sistema, si otterrebbe subito, come nuova caratteristica:
IHalUt. • % ... IHa-l . Sla+i ... % -f- I^^v.uv M^v i¥^v ( ' "
essendo adesso le m, v, ju', v' soggette alla restrizione di non poter mai assumere i
valori proprii dei fili contenuti nell'a-esimo conduttore.
A parole: per il solo fatto che l'elemento a è uscito dal sistema, tutte le righe
dello spettro appariranno spostate.
Non è vero dunque che l'esperienza non sia in caso di decidere se il calcio o
un altro metallo si dissocia nella scintilla elettrica; anzi le fotografie ottenute dal
Lockyer, mostrando le linee (lunghe o brevi) perfettamente diritte, provano con tutta
sicurezza che, nelle condizioni delle sue esperienze, la dissociazione non è avvenuta.
§ 6. Ricerche di Sir N. Lockyer: linee basiche. — Il Lockyer, dalle sue
osservazioni su le linee lunghe e le linee brevi, volle dedurre anche un'altra conse-
guenza, che, quando fosse confermata, avrebbe un'importanza eccezionale.
Se, per esempio, studiando (') gli spettri del calcio e dello stronzio incontrava
una stessa linea, ma lunga nel primo e breve nel secondo, questa veniva da lui attri-
buita ad una impurità (tracce di calcio), almeno nel caso in cui apparissero, con
quelle dello stronzio, anche le righe più lunghe dello spettro del calcio.
Nel caso opposto restavano due soluzioni possibili. la riga apparteneva ad un
terzo elemento, o era veramente comune al Ca e allo Sr, derivando da una porzione,
che si ritroverebbe in entrambi gli atomi.
Ma la prima ipotesi si poteva scartare facilmente col confronto degli altri spettri,
e in particolare di quelli proprii dei corpi più affini.
Per questa via il Lockyer fu condotto a ritenere che esistono veramente nella
natura delle righe, caratteristiche di più corpi ad un tempo. E le chiamò linee
basiche.
(M H. Kavser, Iliindhuch (ter Spektroscopie, II, 264, 1902.
412
ANTONIO GARBASSO
10
Mentre dunque dalle prime ricerche risultava, secondo il fisico inglese, la com-
plessità degli atomi, da queste ultime egli dedusse la prova che in più atomi si può
ripresentare il medesimo sistema vibrante.
Le ricerche ulteriori sembrano, ad ogni modo, avere dimostrato che non vi sono
linee basiche (i); e che le coincidenze osservate dal Lockyer erano dovute, in massima
parte, alla piccola dispersione dei suoi apparecchi.
Non è il caso dunque di insistere troppo in proposito. Voglio osservare però
che se, con mezzi estremamente delicati di ricerca, si potesse stabilire con tutta sicu-
rezza la coincidenza di una o più linee in spettri di diversa origine, questo resultato
sarebbe più contrario che favorevole all'ipotesi del Lockyer.
Perchè, quando uno stesso conduttore (per usare il termine della mia teoria)
entrasse a far parte di sistemi differenti, le sue righe caratteristiche non potrebbero
in nessun modo conservare la loro posizione.
3 a
Q
Ricerche di Sir N. Lockyer: dissociazione degli elementi nel
sole. — Di ben maggiore peso
^' devono ritenere, per il nostro
1 ■IHUBHH^IIHiHl argomento, alcune osservazioni
fatte dal Lockyer su gli spettri
delle protuberanze f^).
Dalle quali osservazioni ri-
sulta che in codesti spettri, alle
volte, certe righe o serie di righe
appariscono spostate, mentre al-
tre righe dello stesso metallo ri-
mangono ferme, o, più spesso, si
muovono in senso opposto.
La conclusione del Lockyer
(accettata anche dal Kayser), che
segua di qui la complessità e la
dissociazione degli atomi elemen-
tari, è in perfetto accordo con
la teoria.
Riporto a proposito , per
maggiore chiarezza, una serie di
figure, tolte da ima mia Nota
recente (^).
La prima e la terza di que-
ste figure rappresentano due di-
versi conduttori con due gradi
di libertà, e gli spettri relativi;
la figura seconda corrisponde alla
O
(') Si veda la bibliografia nel Kayskr, I. e, 266.
(') Kayseh, 1. e, 271.
(^) A. Garbasso, Su la teoria dell' analiai spettrale, " Boltzmann-Festschrift , , Leipz., J. A. Barth, 1904.
11
su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI
413
riunione di un conduttore 1 con un conduttore 3 ; la figura quarta al sistema di due
conduttori 3.
Come si vede subito, lo spettro dell'atomo complesso (1, 3) ha quattro righe,
che non coincidono esattamente con quello dei componenti. Se dunque l'atomo, di cui
si tratta, venisse a dissociarsi, il vapore (l-[-3) mostrerebbe certe linee spostate
verso il rosso, e certe altre verso il violetto.
§ 8. Le serie di Kayser e Runge. — Le osservazioni del Lockyer, di cui
ho parlato finora, rispondono in certo modo al primo problema dell'analisi spettrale,
da me posto nel paragrafo quarto di questa Memoria; le ricerche di Kayser e Runge {})
su gli spettri dei corpi semplici contengono, almeno implicitamente, un accenno alla
soluzione del secondo problema. Di quello cioè che si riferisce alla struttura dei con-
duttori elementari dell'atomo.
Kayser e Runge hanno trovato, come è notissimo, che in molti spettri esistono
delle serie di righe, definite da una formola del tipo:
(A) X,7' = A + Bn^ + C«*
dove A, B, C sono quantità costanti, e per n si deve porre la successione dei numeri
interi a cominciare dal 3.
E naturale di pensare che le righe collegate insieme in un modo tanto semplice
derivino da un unico conduttore (^); e le esperienze di Kayser e Runge indicano
anche una strada facile e piana, per sceverare uno dall'altro i diversi elementi costi-
tutivi dell'atomo.
Gli autori citati osservano infatti a più riprese che talune serie appariscono
invertite nello spettro, mentre altre non lo sono.
Poiché Kayser e Runge adoperavano come sorgente un arco voltaico, nel quale
facevano evaporare i metalli studiati, se ne può dedurre senz'altro che le diverse serie
saranno diversamente distribuite nelle varie regioni dell'arco.
Una riga infatti apparirà invertita se è emessa in uguale misura dalla parte
centrale dell'arco e dal mantello. Sarà brillante se predomina nella prima regione, e
manca nella seconda.
§ 9. Ricerche di F. Lenard su lo spettro dei metalli alcalini nel-
l'arco. — Nasce da queste risultanze l'opportunità di studiare il comportamento dei
metalli nell'arco voltaico ; la cosa fu tentata infatti dal Lenard, sebbene in condi-
zioni poco favorevoli, come si vedrà nel seguito, almeno dal punto di vista teorico.
Il Lenard (^) produceva l'arco fra due carboni, dei quali l'inferiore (positivo),
foggiato a coppella, conteneva un sale del metallo in esame. Egli studiò in modo
(') Kavser, 1. e, 503-573.
(') Se non erro, la cosa fu avvertita la prima volta da me. Si confronti il § 20 della Memoria
citata, nel quale è descritto uno speciale conduttore che, almeno in certi casi, fornisce degli spettri
costrutti secondo la formola (A).
Ci P. Lknard, i'eber den elektrischen Bogen und die Spektren der Metalle, ' Ann. der Physik ,,
(4), XI, 1903.
414
ANTONIO GARBASSO
12
particolare gli spettri del sodio e del litio, e si valse del metodo classico del Lockyer,
proiettando, in altri termini, su la fenditura allargata un'imagine reale dell'arco
voltaico.
In questo modo ogni linea viene sostituita naturalmente da un' imagine colo-
rata dell'arco, e si può riconoscere subito quali lunghezze d'onda spettino alle
diverse regioni.
Nelle esperienze del Lenard il fenomeno luminoso è costituito da due fiamme,
che si toccano per un punto del loro mantello. La forma caratteristica si svolge
quando l'intensità va oltre ai 15 Amp., altrimenti la fiamma di sopra è piccolissima
e serrata verso il carbone. In ogni caso le apparenze luminose sono meglio spiegate
quanto piìi grande è la distanza degli elettrodi.
Sperimentando in questo modo si trova che le fiamme corrispondenti alle linee
della serie principale {Hauptserie) sono le piìi lunghe, poi vengono quelle della prima
Nebenserie, e da ultimo quelle della seconda.
Le esperienze rendono sempre più probabile la complessità degli atomi per il
sodio e per il litio ; resta però impregiudicato un problema della massima importanza.
Se in un dato punto dell'arco le linee appartenenti ad una serie speciale vengono
a mancare, si possono dare della cosa due diverse interpretazioni. Può ritenersi in
primo luogo che l'atomo sia dissociato, e che il conduttore corrispondente alle righe
di cui si tratta non esista più in quella determinata regione. E si può pensare invece,
con uguale diritto (fino a prova contraria), che la minore intensità sia dovuta ad uno
scotimento di minore ampiezza, senza che cambi d'altra parte, in modo essenziale, la
struttura dell'atomo.
Le due ipotesi portano, teoricamente, a conclusioni affatto distinte.
Perchè i periodi caratteristici di un sistema sono determinati con la definizione
del sistema medesimo. Il numero e il luogo delle righe nello spettro dipendono, in
altre parole, dalle equazioni differenziali o, meglio, dai loro coefficienti.
Invece l'ampiezza dei singoli moti, cioè l'intensità di ciascuna riga, è affare di
condizioni iniziali, vale a dire di costanti di integrazione.
Se in un sistema di conduttori un elemento non viene eccitato, certe linee po-
tranno mancare nello spettro, ma quelle che restano non si debbono muovere; se
invece l'elemento si allontana, cambieranno le equazioni differenziali, e cambierà di
conseguenza ogni periodo.
Ora il metodo sperimentale del Lenard, mentre fornisce, secondo la teoria da me
esposta, degli indizii sicuri su l'esistenza dei conduttori costitutivi dell'atomo, non
può insegnare nulla sul problema della dissociazione.
Perchè, quando il sistema che si studia fosse decomposto nell'arco, le righe
superstiti in un dato punto dovrebbero subire bensì certi spostamenti, e ne verrebbe
come conseguenza una deformazione di alcune fra le imagini colorate, che si osser-
vano nello spettroscopio; ma quelle deformazioni, trattandosi di figure che vanno
mutando con molta rapidità, non potrebbero certo constatarsi con sicurezza.
§ 10. Forme e colori dell'arco voltaico fra elettrodi metallici. —
Io mi sono proposto dunque di riprendere, per altra via, lo studio degli spettri me-
tallici ottenuti con l'arco, tenendo conto nel miglior modo dei resultati teorici.
13
su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI
415
La strada, che si presenta più naturale, quando si voglia decidere della natura
delle radiazioni emesse dai varii punti dell'arco, consiste nel proiettare sopra la fen-
ditura dello spettroscopio un'iniagino dell'arco medesimo, spostandola poi successiva-
mente da zona a zona. '
Ma, perchè un esame di questo genere riesca possibile, sopra tutto se si vuole
del fenomeno ottenere una registrazione fotografica, è necessario che l'arco sia rela-
tivamente tranquillo, e durevole, e di forma quasi costante.
L'impiego dei carboni a coppella e dei sali di metalli alcalini non è quindi rac-
comandabile, almeno per lo scopo nostro.
Del resto, usando i carboni come supporto, si introducono nello spettro delle
bande, la cui eliminazione dai risultati finali esige un lavoro lungo e penoso; e d'altra
parte il litio ed il sodio non sono nemmeno idonei, come sostanze di prova, per le
loro caratteristiche spettrali.
Si sa infatti, dai lavori di Kayser e Runge, che negli spettri dei metalli alcalini
la quasi totalità delle righe si può ordinare in serie, secondo la formola (^1) ; ma io
ho mostrato (come avvertivo piii innanzi : paragrafo ottavo, in nota) che le serie si
possono attribuire a conduttori estremamente semplici.
Ora appare invece ovvio, volendo ottenere dei fenomeni di scissione, di riferirsi
a sistemi di circuiti complessi.
Per quest'ultimo motivo, e per eliminare le bande del carbonio, mi sono deciso
a studiare degli archi, prodotti direttamente fra elettrodi metallici.
Prima di descrivere le esperienze da me fatte, dirò qualche cosa della forma e
dei colori di questi archi, non avendo trovato quasi nulla in proposito, nemmeno nei
libri speciali.
Mi sono servito sempre di una vecchia lanterna di Dubosq, sistema Foucault,
alla quale avevo tolto il condensatore, sostituendolo con un semplice diaframma con
foro circolare di due centimetri.
Davanti al foro collocai una lente convergente, che dava sopra uno schermo,
posto a forse due metri di distanza, una imagine reale dell'arco, rovesciata e ingran-
dita quattro o cinque volte.
Queste esperienze che, almeno per alcuni metalli, sono estremamente facili, baste-
rebbero già per dimostrare, ad esempio nella scuola, le enormi differenze che corrono
fra le radiazioni emesse dai divei'si tratti dell'arco.
La forma che si osserva è per solito {Cu, Fe, Sn, Pb) {^) quella della figura 1.
Tav. II, si possono cioè distinguere tre regioni particolari e, quasi sempre, bene
limitate.
Vi è in primo luogo il tratto immediatamente vicino agli elettrodi, e che chia-
merò nel seguito la regione polare; questa è la parte piìi brillante del fenomeno, e
le sue tinte richiamano sempre la estremità più rifrangibile dello spettro.
Le regioni polari sono raccordate dall'arco propriamente detto. Il quale è pure
assai intensamente luminoso, ma molto ricco, di solito, di onde lunghe.
Finalmente, intorno all'arco è avvolta a cartoccio una fiamma o coda, col vertice
(') Le osservazioni devono essere fatte sopra archi un po' lunghi.
416
ANTONIO GARBASSO
14
nell'elettrodo inferiore {^). Questa emette, per regola, poca luce, di toni freddi, verdo-
gnoli giallastri.
Vi sono però dei corpi, che danno fenomeni assai diversi da quelli ora descritti.
Il cadmi* e lo zinco intanto non formano un arco stabile ; ma, quando si cerca
di staccare gli elettrodi uno dall'altro, si vede partire da ciascuno una fiamma a due
tinte, con coda leggerissima (fig. 2, Tav. II).
Le fiamme non sono raccordate, come quelle descritte dal Lenard, ma si tagliano
anzi spesso sotto angoli acuti. A questa speciale struttura si deve senza dubbio l'insta-
bilità del fenomeno {^].
Merita ancora una menzione il caso dell'alluminio (^), perchè nel suo arco i rap-
porti di luminosità fra la coda e le altre regioni i-isultano invertiti; la coda è invero
il tratto più brillante del fenomeno (fig. 3, Tav. II).
Ho esaminato successivamente sette metalli: rame, ferro, alluminio, zinco, cadmio,
stagno e piombo, e inoltre dei carboni impregnati (cosi detti Effektkohlen) della marca
C. CoNRADTY " Boris „. Niederspanuung (*).
Raccolgo in breve i resultati ottenuti, avvertendo che la differenza di potenziale
fu sempre di 110 Volt (continui).
" Noris ., .
Resistenza in circuito Corrente
5 Ohm. 13-15 Amp.
La regione polare è chiarissima, appena volgente al cilestro, l'arco è di un bel
violetto; la coda, molto ampia e ricca, ha una tinta arancione. Il fenomeno appare
straordinariamente tranquillo, e la lampada regola anche meglio che coi carboni
ordinarli; a volte la coda rimane immobile e conserva la sua forma per parecchi
minuti.
Rame.
Resistenza in circuito Corrente
5 Ohm. 11-13 Amp.
La regione polare, assai brillante, ha quella speciale tinta azzurrognola, che si
osserva portando un filo di rame umettato di acido nitrico nella fiamma di un becco
Bunsen; l'arco invece stacca in un bel colore verde-pistacchio pallido. La coda, legge-
rissima, instabile, e a volte soffiata orizzontalmente, è rossastra.
(') Le figure essendo prese dalle imagini reali, osservate su lo schermo, sono naturalmente
capovolte.
(-) Si potrebbe pensare che questa, come più generale, sia, in condizioni opportune, la forma
propria di tutti gli archi. Però, anche spingendo la corrente fino a 30 Amp., non mi è riuscito di
ottenere ne dal rame ne dal ferro niente di simile.
{') 11 metallo da me impiegato conteneva molte impurità, e in particolare del calcio, come de-
dussi da un'analisi del aig. Rolla, laureando in Chimica, e verificai con lo spettroscopio.
(*) Secondo un'analisi che il Dr. Roncaglielo, primo assistente in questo Istituto di Chimica
generale, ebbe la bontà di fare per me, l'anima dei carboni " Noris , contiene quasi esclusivamente
del fluoruro di calcio. La cosa è confermata dai risultati spettroscopici (si confronti il § 11°).
15
su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI
417
Anche por il rame si ha una certa regolarità d'andamento. Ma l'ossido, che
ricopre con una crosta nera gli elettrodi, appena la lampada cessa di funzionare
impedisce molte volte all'arco di ristabilirsi.
Ferro.
Resistenza in circuito Corrente
5 Ohm. 12-13 Amp.
Bell'arco celeste, con poli appena accennati, più luminosi, ma dello stesso tono.
La coda è tranquilla, abbondantissima, di color giallo-cromo carico. La lampada fun-
ziona bene solamente se il polo positivo sta in basso; però, invertendo gli uffici degli
elettrodi, il fenomeno non cambia di aspetto.
L'arco del ferro è, fra quelli metallici, il piìi tranquillo, tanto che potrebbe forse
trovare qualche applicazione nella pratica.
Alluminio.
Resistenza in circuito " Corrente
5 Ohm. 13.14 Amp.
Arco e poli debolmente luminosi e violacei, bensì i poli volgono alle volte verso
il carnicino ; coda fissa, brillantissima, color verde-pavone (i).
L'ossido, che ricopre gli elettrodi, è anche piìi isolante di quello del rame, e im-
pedisce il funzionamento regolare della lampada.
Ferro, rame e alluminio (e i primi due in particolare) consumano pochissimo.
Zinco.
Resistenza in circuito Corrente
10 Ohm. 6-10 Amp.
La parte delle fiamme piìi vicina agli elettrodi è azzurra, la punta è porporina;
ma l'aspetto del fenomeno è molto variabile. Da principio, quando gli elettrodi si
staccano, il colore azzurro predomina; poi compare il porporino, cominciando dal
mezzo. Se la distanza degli elettrodi cresce ancora tutto l'arco si tinge di porpora, e
finisce per spegnersi.
A momenti compare intorno alle due fiamme un'aureola leggerissima, instabile,
di color giallo-limone.
La bacchetta positiva si consuma rapidissimamente.
Cadmio.
Resistenza in circuito Corrente
10 Ohm. 6-10 Amp.
Il fenomeno è simile in tutti i particolari a quello presentato dallo zinco. Solo le
tinte variano, all'azzurro sostituendosi il verde e al porporino un color di mattone.
Non vi è traccia d'aureola.
(*) La straordinaria ricchezza di raggi ultravioletti rende pericoloso per la vista l'arco dell'al-
luminio. Un mio allievo, che l'osservò a più riprese, senza occhiali, ne ebbe per due giorni una
congiuntivite assai molesta.
Sebib II. Tom. LIV. ^
418
ANTONIO GARBASSO
16
L'arco è anche più instabile che per lo zinco, e il consumo (al polo positivo) è
anche maggiore : nelle condizioni delle mie esperienze una bacchetta di un cm. di dia-
metro e di parecchi cm. di lunghezza si svaporava in un mezzo minuto.
La forma caratteristica della fig. 2 (Tav. II) si osserva particolarmente bene se
il polo positivo sta in alto, e il negativo in basso.
Staffilo.
Resistenza in circuito Corrente
10 Ohm. 7-8 Amp.
Anche per lo stagno la regione polare e l'arco mutano spesso di grandezza; le
tinte del resto non le differenziano fortemente, passando in modo quasi insensibile
da un color malva a un color di lavanda. L'arco è tumultuoso e instabile ; la coda,
che si svolge ad intervalli, ha un bel tono caldo, fra l'arancio e il rosso-rame.
Il consumo degli elettrodi non è grande.
Piombo.
Resistenza in circuito Corrente
10 Ohm. 8-12 Amp.
Arco irregolare, instabile, e come per esplosioni successive, non dissimile da
quello dello stagno; la coda, più leggera, ha anche una tinta piìi fredda.
L'elettrodo positivo consuma moltissimo, poco meno che nel caso del cadmio.
Riassumendo le osservazioni che precedono, risulta chiaramente come lo zinco e
il cadmio, lo stagno e il piombo non siano adatti per una ricerca, nella quale si
richiede una certa stabilità di apparenze. Mi sono dunque limitato nel seguito allo
studio del rame, del ferro, dell'alluminio, e dei carboni " Noris „.
§ li. Spettri emessi dalle varie regioni dell'arco. — Ho stabilito nel
jmragrafo quinto che il problema della dissociazione degli atomi si risolve solamente
con lo studio delle posizioni caratteristiche per le singole righe ; nel nono paragrafo
poi ho fatto vedere che lo spettroscopio, usato col metodo di Lockyer, non può dare
in proposito nessun indizio sicuro. Determina invece con molta agevolezza la esistenza
e la varia eccitazione dei singoli conduttori.
Prima di accingermi alle ricerche definitive volli quindi esaminare con lo
spettroscopio obbiettivo gli spettri del rame, del ferro, dell'alluminio e dei carboni
" Noris „.
Non è necessario per questo impiegare una lente, e proiettare nel piano della
fenditura una imagine reale dell'arco; ma si può procedere in un modo più semplice.
La lampada di Dubosq viene disposta nella sua custodia, e si allontanano tutti
gli accessorii del portaluce, compreso il tubo destinato a reggere il condensatore ; si
colloca poi lo spettroscopio (^) a cinque o sei metri di distanza (sopra un tavolino a
piattaforma girevole), e si priva per intero del suo collimatore.
(M Era un brande spettrofotometro del Kriiss con due prismi.
17
su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATKKIALI
419
È molto facile, girando un poco la piattaforma del tavolo, disporre l'apparecchio
sotto l'incidenza migliore; ogni riga appare in tale caso sostituita da una piccola
imagine dell'arco.
In realtà si ritrovano per questa via, e in condizioni particolarmente facili e
comode e adatte alle esperienze dimostrative, dei resultati analoghi a quelli del
Lockyer e del Lenard.
Ricorderò alcuni esempii in modo speciale.
Per il ramo Kayser e Runge hanno stabilito l'esistenza di due serie di ri^he
corrispondenti alla formola (^1), pure lasciando in disparte tutto il resto dello spettro.
Si trova che le imagini appartenenti alle serie sono prive di coda, mentre tutte le
altre ne sono fornite.
E caratteristico il comportamento delle tre righe brillantissime verdi (fig. 4,
Tav. II): mentre le due di sinistra '{\ = 5218 e \ = 5153), che costituiscono i secondi
termini delle serie (w = 4), mancano della coda, la terza (\=:5106) è provvista di
una coda abbondantissima.
Sono pure senza coda le due righe X = 4063 e \ = 4023, che rappresentano i
terzi termini (« = 5) nelle serie.
In certi istanti la X = 5153 e la \ = 4023 sembrano però leggermente allar-
gate ; sarebbe questo un argomento per ritenere, come risulta del resto da altri indizii,
che le due serie non sono dovute allo stesso conduttore. Sicché è più ragionevole
parlare, come appunto ho fatto, di due serie distinte, piuttosto che di una serie
di coppie.
Per il ferro non ho potuto ricavare nessun risultato sicuro, il mio spettroscopio
avendo una dispersione troppo piccola, perchè le righe tanto fitte di questo metallo
fornissero delle imagini abbastanza distinte.
L'alluminio da me impiegato mostra di nuovo alcuni fatti interessanti. Mi ac-
contenterò di ricordare che le righe violette e H^, presenti nel suo spettro,
hanno una coda amplissima (fig. 5, Tav. IT), mentre nessun' altra raggiunge, nem-
meno da lontano, le loro dimensioni {^).
Finalmente i carboni " Noris „ possono servire anch' essi ad una bella espe-
rienza dimostrativa; appaiono infatti nel loro spettro tre righe violette, a comporta-
mento diverso, la mediana delle quali (è la riga X = 4226 del calcio) ha il massimo
splendore.
Or bene: mentre la prima, la meno rifrangibile, è ridotta nello spettroscopio
obbiettivo a due tratti luminosi, corrispondenti alle regioni polari, e la terza presenta
l'intero arco, la linea di mezzo è fornita di una coda abbondante.
Se si proiettano su la fenditura dello spettroscopio, rimesso in condizioni nor-
mali, le tre regioni, una dopo l'altra, si osservano, in perfetto accordo con ciò che
precede, le apparenze delle figure 7, 8 e 9 (Tav. II). La riga mediana, presentandosi
anche nella coda, che avvolge a cartoccio l'intero arco e la regione polare, si mostra
in 7 invertita.
(') L'alluminio di cui disponevo essendosi mostrato assai impuro, non lo impiegai nelle ultime
esperienze. Il fatto che riporto nel testo fa vedere come l'esame allo spettroscopio, senza fenditura,
riveli immediatamente la presenza di corpi estranei.
420
ANTONIO GARBASSO
18
Ho raccolto su gli spettri or ora descritti una serie di dati interessanti, e mi
propongo di pubblicarli in altro luogo. Ora preferisco passare alla descrizione delle
esperienze e dei resultati fotografici, che, per lo speciale argomento di questo lavoro,
offrono un interesse di gran lunga maggiore. ^
§ 12. Posizione delle righe negli spettri delle diverse regioni. —
Per stabilire con esattezza la posizione relativa delle righe, negli spettri delle diverse
regioni di un medesimo arco, ho preferito di fotografare direttamente il fenomeno.
Sopra ogni lastra furono prese due fotografie nel modo che segue.
Dell'arco si formava un'imagine reale (ingrandita 10 a 15 volte), che veniva a
proiettarsi nel piano della doppia fenditura dello spettro-fotometro di Kriiss ; movendo
la lente era facile condurre nella posizione voluta un tratto o l'altro dell'imagine.
Ciò posto si chiudeva una delle fenditure, lasciando l'altra aperta, e, subito
davanti a questa, si collocava uno schermo di cartone bianco, con una piccola
finestra. La finestra serviva, come si intende, per fissare la posizione dell'imagine.
Fatta una prima fotografia {^) si chiudeva la fenditura adoperata innanzi, si
apriva l'altra, esattamente allo stesso punto, e si spostava del tratto necessario,
nel suo piano, lo schermo. Si riconduceva quindi su la finestra l'imagine, nella posi-
zione voluta.
Delle prove che ottenni (e sommano ad un paio di dozzine) riproduco tre sole,
nelle ultime figure della tavola II (^).
La tabella fornisce i dati delle esperienze relative.
li
Noris ,
Rame
Ferro
Spettro superiore
Arco
(Posa
4')
Poli (Posa 4')
Arco
(Posa
4')
„ inferiore
Coda
(Posa
15')
Arco (Posa 4')
Coda
(Posa
15')
Come si vede subito certe righe scompaiono, quando si passa da una ad un'altra
regione dell'arco, ma le righe superstiti rimangono ferme.
Il risultato è simile a quello, che ho dedotto innanzi dalle esperienze del Lockyer
su le scintille, e sembra indicare che le temperature, di cui possiamo disporre finora
nei nostri laboratorii, non sono sufficienti per la dissociazione degli atomi materiali.
(') La macchina stava al posto del cannocchiale. Non è necessario avvertire che un diaframma,
inserito fra schermo e fenditura, rimaneva abbassato finche l'imagine non fosse a suo luogo; e si
poteva far cadere d'un colpo, quando sopravvenisse qualche incidente a disturbare l'andamento
normale dell'esperienza.
(*) Queste figure sono ricavate dalle negative con un processo fotomeccanico ; non si fece natu-
ralmente nessun ritocco.
19 su LA STRUTTURA DEGLI ATOMI MATERIALI 421
§ 13. Conclusioni. — Raccogliendo adesso tutto ciò che ho esposto nei para-
grafi precedenti mi sembra di poter stabilire che:
a) dallo spettro osservato non risulta, e non può risultare, in modo univoco,
la struttura degli atomi (§§ 2 e 3);
b) piuttosto conviene cercare in primo luogo se l'atomo abbia per modello un
conduttore unico o un sistema di conduttori 4);
c) la seconda ipotesi è la piìi verisimile (§§ 5, 7, 8, 9 e 11);
d) le serie di Kayser e Runge corrispondono a particolari conduttori (§§ 9 eli);
e) nella scintilla e nell'arco gli atomi non si dissociano, ma in diverse regioni
i diversi conduttori sono variamente eccitati (§§ 5 e 12);
f) non esistono linee basiche, nel senso del Lockyer (§ 6) ;
g) gli atomi di alcuni metalli sono probabilmente dissociati nel sole.
Richiamerò da ultimo ancora una volta che le serie di Kayser e Runge si pos-
sono ottenere da un modello molto semplice.
Genova. Istituto Fisico della R. Università, aprile 1904.
cieAVze Al (s^ot'nvo , (Bf. .-«e f u->. m aLf iial . - C^t'm* 4^," bonic ///.
GARBASSO A. Struttura degli atomi - Tav. I.
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ronta aerazione e dissecca-
zione all'aria e occorrendo in presenza di formalina. Ad esempio, sino dai primi di
febbraio alcuni fogli di un codice francese furono lasciati disseccare semplicemente
dopo lavatura con acqua ed asciugamento con spugna e su carta all'aria libei a sotto
le cappe. Essi sono ancora benissimo conservati, come gli altri trattati con disin-
fettanti.
I guasti osservati nei primi frammenti esaminati pe' primi saggi, erano senza
dubbio dovuti al fatto che i fogli erano rimasti troppo tempo umidi, per averli dovuto
tenere a lungo in contatto coll'acqua onde staccarli.
II giorno 15 di febbraio venne nel mio Laboratorio per essere di aiuto in questo
lungo e non facile lavoro la signora Serafino-Bonomi, preparatrice nel Museo Zoolo-
gico, la quale veramente prestò l'opera sua con intelligenza ed attività. Pochi giorni
dopo, il 18 e 20 di febbraio, ebbero incarico di aiutare in questi lavori anche le
signorine dottoresse Castagiieri e Giani, per le quali pure non ho che parole di
encomio.
La signora Serafino-Bonomi tentò l'uso della glicerina, ma inutilmente. Un pezzo
frammentario di codice con pergamena durissima, quasi vetrificata in alcuni punti,
fu immerso in soluzione al 30 ° „ di glicerina. Dopo alcuni giorni i fogli si stacca-
rono, furono lavati con acqua e seccati sotto cappa con vapori di formalina. Ma però
rimasero trasparenti, quasi come carta oliata: non si leggono bene. 1 fogli non riman-
gono molli. Si è provato anche con glicerina più o meno concentrata, ma non si
ebbero risultati tali da poter raccomandare il metodo. Nella Biblioteca vaticana si
raccomanda, quando si tratta di stendere e lisciare i fogli, di usare con gran cau-
tela, la glicerina; non so però se abbiano mai provato con pergamena alterata
dal calore.
La glicerina concentrata o diluita potrà servire utilmente per rendere morbide
lo pelli fresche, ma non credo sia utile usarla per le pergamene, specialmente se
alterate dal calore.
I frammenti e pezzi di fogli raccolti in parte fra le macerie e che in origine
erano ridotti in parte quasi come poltiglia e che erano assolutamente irriconoscibili,
quando furono ben disseccati e disinfettati come fu detto, vennero a poco per volta
immersi nell'acqua per alcuni minuti o più, oppure tenuti nella camera umida, poi
passati rapidamente in altra acqua sino a che questa non asportasse più materia
nera e terrosa, poi si passavano, occorrendo, in soluzione alcoolica al 2 °/o di fenolo
ed infine si facevano asciugare su reti metalliche sotto le cappe. Quando erano
appena umidi si comprimevano alquanto su carta in modo che i fogli restavano
abbastanza spianati.
.-Ki:ir. II. Toh. LIV. e*
434
ICILIO GUARESCHI
12
In questo modo si potè ricuperare un gran numero di codici diversi e che a
prima vista sembravano doversi gettar via.
Da questi frammenti, detti delle macerie, siamo cosi riusciti a separare un
numero immenso di fogli, molti dei quali rotti in piìi parti, altri abbastanza bene
conservati; tutti questi fogli e foglietti furono divisi in gruppi secondo le lingue:
latina, greca, francese, italiana ed ebraica, poi si sono riuniti i fogli eguali e così
con un lavoro lungo e metodico si è riusciti a ricostruire se non de' codici interi
dei frammenti di codici sufficienti almeno per essere identificati. Così tra codici
quasi interi o a grossi frammenti e questi ricuperati dai frammenti delle macerie
ne ho avuto in laboratorio circa 250, dei quali circa 150 latini, 20 greci, 30 francesi,
34 ebraici e 8 italiani fra i quali il Pungilingua e un altro codice del Cavalca.
Si intende che si lavavano con acqua fredda o tiepida solamente quei fram-
menti staccati, sporchi, raccolti fra le macerie e che, per quanto era possibile accor-
gersi, non contenevano miniature. Anche di queste se ne sono ritrovate alcune
abbastanza belle.
Una parte di questi frammenti, dai quali molto probabilmente non si potrebbero
ricavare che dei frantumi di fogli piìi o meno leggibili, li ho conservati in istato
ben secco.
Ho fatto fotografare un cumulo di questi frammenti disseccati, prima di trat-
tarli con acqua.
Fra questi frammenti detti delle macerie si rinvennero dodici fogli di un codice
greco importantissimo, dicesi, cioè un codice greco dei salmi in lettera onciale del
sec. VITI, il cui complemento fu poi trovato fra i codici consegnati al laboratorio
di materia medica. Furono trovati inoltre moltissimi fogli di un codice italiano bob-
biense, del Cavalca, del sec. X, con palinsesti, e del quale feci fotografare un foglio
prima e dopo l'operazione dello spianamento, come pure molti fogli di un codice
francese molto importante, ancora inedito, Roman de Floriamont, del Bovo d'Antona,
così pure del Roman de la Rose, del Roman de Godefroy de Bouillon, ed altri che
non è qui il caso di enumerare.
II.
Ricerche sulle pergamene moderne e antiche.
1) Cenno storico — Composizione.
La pergamena propriamente detta ora si prepara quasi solamente colla pelle di
montone o di pecora, da ciò anche il nome ab antico di cartapecora ; era preparata
anche colla pelle di capra, ma è pili grossolana. La pergamena vergine, denominata
in Inghilterra anche vellum, è più fina della precedente ed è preparata colla pelle di
capretto o di agnello nati morti. Quella più fina detta velino si prepara colla pelle
di giovani vitelli, meglio se nati morti. Le pelli di asino, di bue, di vitello, ecc.,
servono per fare la pergamena da usarsi per tamburi, timpani, ecc. La pergamena
di pelle di porco serve per fare stacci, crivelli, ecc. La pergamena pei libri liturgici
era un tempo quasi sempre preparata con pelle di porco (1).
(1) GiRARDiN, LeQons de chimie élém. appi, aux arts ind., V, p. 26.
13 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 435
La pergamena viene ora licoperta generalmente su una faccia con della creta,
con un apparecchio composto da colla di pelle di guanto e salda d'amido che la
rende lucida e permette di poterci scriver sopra (1).
Io ne ho trovato nel commercio di quella elio in una faccia era ricoperta da
uno strato sottile di biacca ossia carbonato basico di piombo. Questa pergamena an-
neriva subito coll'aciiio solfidrico.
Già da molti secoli prima dell'era nostra si usava la pelle degli animali per la
scrittura. I Persiani usarono de' nastri di cuoio ; gli Ebrei presentarono a Tolomeo
una copia delle Sacre Scritture su pelli conciate.
La vera pergamena, quale si usa ancora, pare sia stata fabbricata per la prima
volta a Peigamo. nel II secolo a. C; da ciò il nome di pergaminum o peryamina
charta. L'uso della pergamena per scrivere o disegnare sarebbe stato inventato da
Eumene II re di Pergamo.
Secondo Varrone essendo nata grande discordia fra i sapienti di Pergamo e di
Alessandria, questi, nella cui città principalmente fabbricavasi il papiro, impedirono
che fosse inviato del papiro a Pergamo, ed allora gli scrittori di Pergamo dovettero
necessariamente pensare a trovare un nuovo materiale per scrivere, e da ciò l'inven-
zione della pergamena o membrana di Pergamo preparata colle pelli degli animali.
Però secondo Erodoto e Diodoro pare siano stati i .Ioni ed i re di Persia, prima
ancora di Eumene, i primi ad usare le pelli di animali per scrivere. Ad ogni modo,
se que" di Pergamo non hanno proprio inventata la preparazione della membrana clie
prese il nome di membrana di Pergamo o pergamena, essi certamente l'hanno molto
perfezionata e da quel tempo se ne diffuse l'uso.
Ai tempi di Plinio si usava già molto la pergamena in sostituzione del papiro
carta egiziana, che diventava sempre più rara e costosa ; non erano però ancora
conosciuti i processi di imbianchimento.
L'uso della pergamen i si diflfuse molto in Oriente e in Occidente, e specialmente
in Germania. Se ne conoscevano tre qualità: bianca, gialla e porporina. Vi sono
ancora de' libri interi, di chiesa, in pergamena porporina. In Germania ed in Inghil-
terra, ove non ora conosciuta la carta d'Egitto o papiro, non si usava che pergamena.
In Inghilterra vi sono delle carte reali formate solamente da piccoli pezzi di per-
gamena e che portano il timbro reale; pezzi che erano grandi quanto una carta da
giuoco: molti di questi pezzi si riunivano insieme, occorrendo, e se ne faceva un
volume un rotolo: coloro che incollavano i fogli si dicevano glutinatores (2). Gli
antichi ebrei erano tanto abili nell'incollare i fogli di pergamena pe' loro libri sacri
che non si scorgevano le giunture. Secondo Giuseppe fu un momento di ammirazione
per Tolomeo Filadelfo quando i 70 vecchi ebrei inviati dal gran Sacerdote spiegarono
in sua presenza i rotoli ove la legge di Dio era scritta in lettere d'oro (loc. cit.).
In principio si scriveva da una pagina sola: dopo il secolo X si cominciò, secondo
alcuni, a scrivere dalle due parti. Il che non è esatto, perchè si conoscono mano-
scritti in pergamena scritti nelle due pagine e molto anteriori al secolo X.
(li ViLLAVEccHiA, Dizionario di inerciologia.
(2) Nouveau Tratte de diplomatique. tomo I (1750), pag. 480. Questo libro mi fu fatto conoscere
dal sig. cav. Armando, che ringrazio. La breve parte storica dell'art. Parchxiìin del Larousse è in
gran parte presa da questo Trattato.
436
ICILIO GUARESCHI
14
Secondo D. de Vaines (1) non si sarebbe scoperta nessuna carta o diploma in
pergamena prima del secolo VI; prima di questo tempo la pergamena serviva per
scrivere ed il papiro o carta d'Egitto per i diplomi. Pare che i più antichi manoscritti
su pergamena non risalgano oltre il II secolo d. C, e che i piìi antichi atti scritti su
pergamena non risalgano oltre il VII secolo. Il famoso documento detto Papiro di
Leyda del III secolo è appunto un manoscritto su papiro. Ma dopo il V secolo il papiro
non si usò quasi piìi. Quasi tutti i manoscritti dal V al XV secolo sono su perga-
mena; così pure dopo il secolo VII! tutti gli atti o carte sono su pergamena.
Scoperta la stampa, alcuni libri furono stampati su pergamena ; ad esempio, le
bibbie che Jean Faust portò a Parigi nel 1462 erano stampate su pergamena, ed
egli le vendette come bibbie manoscritte al prezzo di 60 ducati d'oro (550 francliij
ogni copia (2). Tra i codici che ho nel mio laboratorio v'è un libro d'Heures a stampa
su pergamena del secolo XVI molto bello, che era in pessimo stato ed ora è quasi
tutto ricuperato e leggibile.
Fu tra il secolo III e IV che la pergamena ebbe il sopravvento sul papiro e
questo definitivo successo, scrive il Gr. Lafaye, va di pari passo col trionfo del cri-
stianesimo, perchè gli scrittori di opere ecclesiastiche dovettero preferire la perga-
mena al papiro, essendo più resistente, più durevole, e prestandosi meglio per opere
di gran mole e per l'insegnamento.
Tra il III e V secolo si ricopiarono su pergamena molte opere antiche classiche,
quale, ad esempio. De Republica di Cicerone, perchè i papiri erano in cattivo stato.
Vi fu un momento, verso il secolo VII, in cui la pergamena era molto rara e
costava moltissimo, stante ij grande consumo che se ne faceva: così che si cercò di
utilizzare i fogli in pergamena già scritti, cancellandoli mediante raschiatura colla
calce, ecc. e scrivendovi di nuovo sopra (palinsesti); questa è stata una delle cause
per cui molti manoscritti preziosi andarono perduti. A. Mai, che aveva una straordi-
naria perizia nel leggere i palinsesti, trovò molti avanzi dei sei libri del De Republica
di Cicerone (scritto nel III) in un palinsesto del X secolo. Nel Medio Evo e princi-
palmente nei secoli XI. XII e XIII. per opera di monaci si cancellavano pui-troppo
opere importanti di autori profani per scrivervi specialmente libri sacri, preghiere, ecc.
L'uso della pergamena raschiata era stato proibito per gli atti pubblici.
Tra i codici che sono nel mio laboratorio ve n'è uno bobbiense con palinsesti
che ha manifesti segni di tentativi, veramente un po' grossolani, per poter renderli
molto visibili e leggerli.
Il costo enorme della pergamena fu anche causa per la quale molti manoscritti
sono in carattere finissimo e spesso abbreviato. I certosini di Parigi nell' XI secolo
pregarono il conte di Nevers di riprendere il vasellame d'argento che loro avea
donato e di sostituirlo con della pergamena (3).
Nel Medio Evo la pergamena si fabbricava generalmente nelle abbazie. A Parigi
la grande fiera della pergamena si teneva a Saint-Denis, e si apriva il mercoledì
della seconda settimana di giugno. L'Università e suoi adepti ed i pergamenieri del
(1) Dictionnaire de diplomatie.
(2) Peignot, Essai sur l'histoire du parchemin et dtt vélin, Paris. 1612, in Pouchet , Histoire des
Sciences aii moyen àge, p. 628. Non ho ancora potuto consultare quest'opera del Peignot.
(.3) Id . in PoDCHET. loc. cit., pag. 109.
15 OSSi-UVAZIONI KD KSPIORIENZE SUL RICCPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 437
re avevano il privilegio di essere i primi acquirenti e di scegliere la pergamena mi-
gliore che loro occorreva. Questo privilegio durò sino al 1633. I pergamenieri erano
costituiti in corporazione come gli alluminatori, i legatori, gli scrivani e i librai;
erano esentati dalle tasse, dalle gabelle, ecc.
Dopo la rivoluzione francese l'uso della pergamena diventò ancora più raro.
Le più antiche notizie che io ho trovato intorno le pergamene usate per la pit-
tura sono quelle che si trovano nell'opera di un anonimo: Compositionc^ ad tingenda
musiva, pelles et alia, ad deaurandum ferrum, ecc., manoscritto dell'VIII secolo, tro-
vato nella biblioteca dei^jCanonici di Lucca e pubblicato dal Muratori nelle sue
Antiquitates Italicae, tomo W, De artibus italicorum post inclmationein Romani imperii,
Dissertatio XXIV, p. 364-387, e commentato dal Bertiielot nella sua opera: La
Chimie aii moi/en à(je, 1893, voi. I. L'ignoto autore nel capitolo De Pergamina, scrive:
" Pergamina quomodo fieri debet. Mitte illam in calcem, et jaceat ibi per dies
" tres. Et tende illam in caatiro. Et rade illam cum nobacula de ambas partes; et
" laxas desiccare. Deinde quodquod volueris scapilatura facere facere, fac, et post
" tingue cum coloribus „.
E interessante il fatto, che forse il piìi antico manoscritto che tratti di chimica
applicata è questo di un autore italiano. Era pochissimo conosciuto prima della pub-
blicazione fatta dal Berthelot.
Come si vedo, sino d'allora si usava la calce. E di questa infatti più o meno ne
resta sempre nelle peigainone per la scrittura o per la pittura.
Teofilo, del secolo XII, che pare l'inventore della luttura ad olio, nel suo famoso
libro Diversarum artium scliedula, non tratta della fabbricazione della pergamena ; ac-
cenna invece alla pergamena greca che dice fatta con cotone del legno (?), parla della
fabbricazione dei colori come il verde di Spagna, la cerussa, il cinabro; insegna a
preparare la colla (che deve servire a fissare i colori), colla pelle, colla pergamena,
colla vescica, ecc.
La pergamena è una pelle resa resistente non già per mezzo di una vera concia,
ma per mezzo di operazioni in gran parte meccaniche. Che non sia veramente con-
ciata si desume già dal fatto che la pergamena non è imputrescibile come il cuoio (Ij.
Si conoscono poche analisi chimiche della pelle nel suo stato naturale.
Lo strato epidermico è costituito in massima parte di sostanza cornea, di keratina;
non dà gelatina per ebollizione con acqua, e non contiene albumina solubile. L'acido
nitrico l'ingiallisce ed il nitrato d'argento la colora in bruno riducendosi. Mulder (2)
vi trovò:
C = 50.28
H : 6.76
N 17.21 ^
= 25.01
S = 0.74
oltre a 1 — 1.5 *^/o di cenere.
n) E erroneo il dire che " notfo i' nonip di pergamme si iiifpnrìe xnn pelle la qitalf ìi resta impu-
trescibili- non ffià per via di una concia, ecc „ (Enc'clop. Arti ed Industrie, II. p. 832). La perpra-
mena e invece putrescibile. E imputrescibile nelle condizioni ordinarie di secchezza.
- HoppE-StvLER, Physiol. Chein., 1877, I, p. 90; A. Galtier, Chini. bioL. 1897, 111, p. ;335.
438
ICILIO GUABESCHI
16
Secondo Miintz (1), la pelle di bue disseccata a 110-120° perde gr. 19 a 19.25 7o
di acqua ed ha allo stato secco la composizione seguente (media di 2 analisi) :
C = 51.43
H = 6.64
N = 18.16
= 28.04
Lo strato principale che è il sottostante, derma o corion, è costituito da sostanze
diverse, di natura albuminoidea. Reimer (2) distingue nella pelle due sostanze ; una,
la sostanza fibrosa, tessuto congiuntivo, che ha la composizione seguente:
C = 48.45
H = 6.66
N = 18.45
= 26.44
e che l'autore rappresenta colla formola
coriina, che ha la composizione:
C =
H =
N =
e che l'autore rappresenta colla formula C^°H^*'Ni°Oi^.
Secondo Reimer per ossidazione e idratazione, la sostanza fibrosa del tessuto con-
giuntivo si trasforma in coriina: C^oH^^N^Oi^ + + 2H20 = CsoH^oNioOi^.
Per quanto le analisi descritte concordino bene con le formule, noi diamo queste
formole con tutta riserva.
Per ebollizione con acqua sotto pressione la pelle fornisce della gelatina, la quale
per idrolisi dà pressoché gli stessi prodotti che gli albuminoidi, se si eccettui la
tirosina (8).
Cramer (4) trovò per la fibroina e la gelatina o sericina, dalla seta, la compo-
sizione seguente, analoga a quella trovata da Reimer per la pelle:
Fibroina
Sericina
c
= 48.39
44.32
H
= 6.51
6.18
N
= 18.40
18.30
= 26.70
31.20
Secondo Miintz (5) la pelle di bue completamente disseccata fornisce 0,6693 %
di cenere, che ha la composizione seguente:
(1) Ann. Chem., 1870 (4), t. 20, p. 315.
(2) Dingler's polii. Journ., 205, p. 243; Mem. scient., 1873, p. 599 e 688.
(3) Z. f. physiol. Chem., 1902, p. 80.
(4) J. pr. Chem. (1), XCVI, p. 76.
(5) Loc. cit., p. 330.
C30H4«xioOi2 ; e l'altra, la sostanza cellulare
= 45.91
= 6.57
= 17.82
= 29.61
17
OSSERVAZIONI KD ESPERIENZE SUL RICUPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 439
Silice solubile nell'acido cloridrico . 0.0 146
0,1736
Acido fo.sforicu
Ossido di ferro e allumina .
Ossido di manganese .
Cloruri alcalini
0,0974
0,0930
non dosato
0,1380
La pelle di una giovenca conteneva ceneri = 0,467 % , di cui (ivi, p. .3.34):
Silice solubile in acido cloridrico . 0.0311
Calce 0,1212
Acido fosforico ..... 0,0892
Allumina e ossido di ferro . . 0,0704
Cloruri alcalini .... 0,1102
Analisi queste incomplete e che per di piìi in alcuni libri italiani sono riferite
in modo affatto erroneo. L'autore non fa cenno della presenza o no del magnesio.
Anche Wienholt ha pubblicato alcune analisi del derma, non dà però la percen-
tuale delle materie minerali (Lambling, Chim. physiol. Encydop. Fremy, IX, p. 404).
Non sappiamo quali siano le modificazioni subite chimicamente dalla pelle du-
rante la trasformazione in pergamena.
Avendo un campione di pergamena bellissima, antica, del secolo XII, e che la-
sciava pochissima cenere, ho voluto analizzarla ed ho ottenuto i risultati seguenti:
Acqua a 100° . . . . = I6.9 oj^
Acqua a 125" , — 17 gg
Cenere sulla sostanza secca all'aria = 1.01
Cenere sulla sostanza secca a 125" = 1.21
La sostanza disseccata sottoposta all'analisi diede i risultati seguenti;
L Gr. 0,1575 fornirono 0,2859 di CO^ e 0,0988 di H^O.
II. Gr. 0,1286 fornirono 20.8 cm» di N a 23° e 744 mm.
Da cui dedotte le ceneri:
C = 49.48
H =: 6.81
N = 17.78
- - 25.93
Questa pergamena riscaldata, rigonfia moltissimo e dà un carbone voluminosissimo
che poi brucia bene.
Composizione che si avvicina a quella trovata da Reimer per la sostanza fibrosa.
In questa e nelle analisi precedenti di altri chimici non è tenuto conto dello zolfo,
che certamente vi è. Basta scaldare la pergamena verso 200° per osservare lo svi-
luppo di ammoniaca, insieme ad acido solfidrico.
440
ICILIO 6UARESCHI
18
Tra le pergamene moderne ne ho trovato una che contiene una assai piccola
quantità di cenere, circa 0,3 a 0.4 ^/o sulla sostanza disseccata a 125°. Un dosamento
di carbonio idrogeno ed azoto diede i seguenti risultati :
I. Gr. 1593 di sostcìnza diedero 0,2950 di CO^ e 0,0980 di H^O.
II. Gr. 0,1044 fornirono 16.6 cm^ di N a 24^ e 725,2 mm.
Da cui, dedotte le ceneri :
C =50.50
H= 6.83
N = 17.48
= 25.83
Questa pergamena quando si scalda rigonfia quasi niente ed il carbone duro che
si ottiene brucia abbastanza presto.
Le operazioni che si fanno subire alle pelli grezze, cioè pulite e depilate, sono:
la tiratura su telaio, la scarnatura, la sdossatura, la spolveratura e la essiccazione. La
spolveratura, che serve a facilitare la essiccazione e a ricoprire le parti grasse non
ben elimate nelle precedenti operazioni, consiste nello spolverare la pelle con calce
spenta (idrato di calcio CafOH)^) o con bianco di Spagna, mediante uno strofinaccio.
Le pergamene da servire per scrittura, pittura, ecc.. si sottopongono inoltre alla
raschiatura ed alla pomiciatura. La pr-ima operazione si eseguisce con un ferro detto
ferro da scarnare, ed ha per iscopo di rendere la pergamena più omogenea. La pomi-
ciatura poi completa la fabbricazione della pergamena ed ha per iscopo di eguagliare
e lisciare la pelle togliendole tutte le scabrosità lasciate dalla raschiatura. La faccia
deve essere bianca e a grana fina (1).
La fabbricazione della pergamena ha subito molte variazioni nel medio evo e
dopo, secondo i luoghi e le epoche.
In generale fino al secolo X o XI i manoscritti sono fatti con pergamena bianca,
molto liscia e fina. Dopo, se ne fabbricò di quella molto ordinai'ia, non omogenea,
spesso non ben digrassata, di spessore disuguale, anche molto grossa come ora.
Non ho fatto delle analisi complete delle pergamene antiche e moderne, non era
questo il caso, nè io avevo intenzione di farle. Mi sono limitato ad alcune determi-
nazioni quantitative che mi potevano servire a fare qualche confronto. Ho determi-
nato l'acqua eia perdita di peso in totale a varie temperature, e cioè a: 100-125-
182.5-210*' e anche 230". 5. notando quando incominciava lo sviluppo di ammoniaca e
di acido solfidrico. Volli anche vedere quanta era l'acqua che la pergamena disseccata
a 125-182.5-210° ricuperava stando all'aria. Determinai inoltre la percentuale delle
ceneri e tenni nota del modo di comportarsi della pergamena quando si carbonizza e
poi brucia.
Sino dapprincipio osservai che le pergamene molto antiche (secoli X-XII). scal-
date su lamina di platino in generale rigonfiano molto piìi che non le pergamene dei
secoli posteriori e delle pergamene moderne; il residuo carbonoso è molto più volu-
ti) Altre notizie si troveranno in: Monselice, La Concieria, in Enc. Arti e Ind., voi. II ; Voinexten
DE Lavelines. Cairs et Peaux, 1894.
19 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 441
minoso, leggiero; danno cenere bianchissima ed in quantità minore che non le per-
gamene de' secoli XIV e XV. Vi sono certe pergamene che rigonfiano talmente che
il carbone leggiero occupa tutto il volume della cassula di platino entro cui si fa
l'incenerimento; 0,6 gr. di sostanza in una cassula della capacità di circa 50 cm^.
Quasi tutte le pergamene moderne invece non rigonfiano quasi niente e lasciano un
residuo carbonoso che non brucia tanto facilmente.
La pergamena che non ha sentito l'azione del calore ad un grado non molto alto
contiene la quantità normale di acqua, cioè da 17 a 19.5 %, e la ricupera tutta
stando all'aria.
Per giudicare se una pergamena è antica o no non si deve dar troppo peso al
colore bruno sporco o nerastro; una pergamena nuova può essere scura ed una molto
vecchia anche bianchissima. Molti de' codici che ho nel mio Laboratorio, e che sono
de' secoli X e XII ez*ano in pergamena bianchissima. Invece una bibbia spagnuola
del XV'' XVP era in pergamena grossa e brunastra anche nella parte non tocca
dal fuoco.
L'analisi chimica dimostra che le pergamene molto antiche spesso contengono
poca calce.
Le pergamene antiche che hanno sentito molto l'azione del calore, e peggio poi
se sono come vetrificate, contengono relativamente molta cenere, anche perchè essendo
state in parte decomposte la percentuale della cenere deve aumentare.
In un'altra pubblicazione riporterò i dati numerici delle numerose determinazioni
che ho fatto. Qui mi limito a dare i risultati delle determinazioni fatte su alcune
solamente delle pergamene antiche e moderne :
Pergamena
Acqua
a 120--12.V'
— o ir;
W '-p
4^ ed d
= os-^
Modo di comportarsi pel riscaldamento
Secolo IX-X
18.46
2.2
rigonfia molto
Secolo XII
17.68
1.21
rigonfia moltissimo
Bibbia ebraica-spagnuola
18.35
2.48
rigonfia meno di XII
Codice francese sec. XI\^
18.95
3.15
rigonfia molto, ma meno di Xll
2-^ metà XV
17.7
6.1
rigonfia molta e brucia bene
Pergamene moderne
FrancesQ, di montone
detta lisse ....
18.88
1.54
l'igonfia poco; carbone che brucia difficilmente
detta hlanc ....
18.1
3.31
rigonfia poco ; brucia bene
Fina acq. a Torino . .
18.0
4.5
quasi non rigonfia; brucia bene
Ordin. , „ . .
16.1
6.53
rigonfia poco
Di montone acq. a Torino
18.9
0.35
rigonfia pochissimo
Di vitello , ,
18.6
10.38
rigonfia bene; la cenei'e contiene Piombo
Skbik II. Tom. LIV.
F'
442
ICILIO GUAEESCHI
20
2) Uso della camera umida
Spianamento dei fogli — Prove con soluzioni saline — Prove di restauro.
Come ho già detto, alcune volte quando i codici non sono stati troppo alterati
dall'azione del calore o meglio quando probabilmente non hanno sofferta l'azione del-
l'acqua fredda usata per spegnere l' incendio, se si toglie il carbone colla lima o col
raschiatoio e si lasciano all'aria, si dividono quasi da sè in parti minori o gruppi
di fogli, che poi a poco a poco si possono sfogliare usando molta cautela: è vero però
che i fogli rimangono moltissimo raggrinziti, ma ad ogni modo si raggiunge lo scopo
del distacco senza bagnare il codice. Ma nella maggior parte dei casi questo mezzo
non basta e bisogna usare l'immersione graduale e parziale del codice nell'acqua tie-
pida, oppure usare la camera umida.
La camera umida in moltissimi casi serve bene per staccare i fogli dopo che
fu tolta buona parte del carbone e catranie esterno colla lima o col raschiatoio. Col-
l'acqua calda che si mette dentro la stufa si può comodamente scaldare l'ambiente
umido a 20''-25° e anche 30°. Io esperimentai subito anche questo mezzo raccoman-
dato dal P. Ehrle; una camera umida, piccola, mi fu prestata gentilmente dal collega
prof. Camerano sino dal 16 febbraio, e lo ringrazio vivamente. I risultati sono lenti,
ma buoni, specialmente se si ha l'avvertenza di tagliare quelle parti del codice a
largo margine ove la pergamena è troppo attaccata. L'azione della camera umida è
più regolare ancora, ma lenta, se si mette nell'acqua molta sabbia, come mi racco-
mandò il prof. Camerano. Ma in seguito ho visto che nel caso nostro si poteva sen-
z'altro usare anche solamente l'acqua calda. Nel marzo si cominciò a far uso anche
di una grossa camera umida che prima in laboratorio serviva come ghiacciaia e questa
serve benissimo; su cinque o sei piani a reticolato sta molto materiale che alterna-
tivamente si lavora. Grande cautela- si abbia sempre di badar bene se in questo am-
biente umido e caldo non si sviluppino batteri. In questo lungo periodo di lavoro non
si è più visto nessun foglio di pergamena invaso dai microbi. Ho fatto fotografare
anche questo apparecchio che ci servì tanto bene.
L'uso della camera umida che in principio pareva non tanto soddisfacente perchè
l'applicai ad alcuni pezzi o frammenti già troppo alterati, diede invece in seguito ottimi
risultati, e la seconda parte del codice francese del XV secolo fu dalla sig^ Serafino
in parte sfogliata applicando già nel febbraio questo semplice apparecchio.
In certi casi poi è impossibile usare la camera umida e ciò per varie cause. il
codice, frammento di codice, è troppo compatto e incatramato anche all'interno,
e allora non si stacca o si stacca così lentamente che si corre pericolo dello sviluppo
di batteri ; oppure, come nel caso de' frammenti dalle macerie, il materiale è così
sporco con carbone e terriccio che bisogna per forza pulirlo coll'acqua, badando volta
per volta se si scorgono miniature, o se in qualche modo i fogli si alterano.
Coll'uso della camera umida si ottengono spesse volte molto allargati i fogli,
quasi nello stato primitivo, come coll'uso dell'immersione diretta nell'acqua, ma altre
volte ciò non riesce e i fogli non possono allargarsi tanto quanto si raggiunge in-
vece coll'immersione nell'acqua.
21 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL niCUTERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 443
Certo che per ogni codice bisogna fare qualche prova. Se l'inchiostro non soffre
e il codice non è miniato , allora , dopo staccati i fogli , lasciando il pezzo nella
camera umida, si immergono per pochi minuti nell'acqua pura e tiepida, poi si sten-
dono e si spianano.
Codice latino (N. 31 del mio catalogo) carbonizzato all'esterno. — È in assai cat-
tivo stato. E un frammento che ha la parte anteriore bruciata, come pure ai lati,
ma nella parte posteriore si vede bene una pagina tutta contratta. Il frammento ha
le misure seguenti:
Lunghezza alla linea centrale posteriore . 13,2 cm.
Larghezza del foglio in alto . . . 8-9 ,
, „ ~ al centro . . . 8 „
Spessore del frammento .... 7 , circa.
La fig. 2, Tav. I, rappresenta il pezzo di fronte e in parto di fianco; la fig. 3
rappresenta la pagina posteriore raggrinzata.
Messo il frammento in camera umida per staccare alcuni fogli, questi si stac-
cano abbastanza bene, però gli ultimi no, e li conservo riuniti e disseccati. Nella ca-
mera umida i fogli non si dilatano molto; le dimensioni aumentano appena di qualche
centimetro. Il foglio, fotografato, immergo nell'acqua a 25°-30° per pochi minuti, poi
si distende. Misura:
Lunghezza . . . . . . . 18 cm.
Larghezza 12,5 „
cioè la superficie del foglio che prima era di circa 112 cm- diventa circa 225 cm^,
vale a dire piìi che raddoppiata.
La fig. 4 rappresenta il foglio staccato e spianato. Come si vede, il risultato è
ottimo. La piccola rottura che è quasi nel mezzo del foglio spianato trovavasi anche
nello stesso foglio prima, come può scorgersi esaminando bene la fotografia.
I fogli spianati ed asciutti dei vari codici li comprimo poi in un piccolo strettoio
fra due tavole di legno duro. Cosi si riducono a piccolo volume e in istato da poter
essere legati.
I fogli del primo frammento di un codice latino abbreviato ricevuti il 27 gen-
naio e che occupavano un enorme volume, furono inumiditi in camera umida, stirati
e pressati. Ora sono bellissimi, lisci e sono riuniti in un pacco dello spessore di circa
8 centimetri.
Quando si comprimono col torchio fra due tavole di legno bisogna che i fogli
siano asciutti, o quasi.
Lo spianamento può essere fatto bene ed anche presto mediante stiramento dei
fogli a mano e fissazione su tavolette di legno con striscio di cartoncino e punte piatte
per disegno. Il foglio deve essere ancora umido, ma non molto. Tra il foglio e il legno
si mette della carta asciugante.
444
ICILIO OUARESCHI
22
La signora Serafino-Bonomi poi, in casi di fogli in parte molto contratti e che
non possono uniformemente spianarsi causa larghe e profonde anse, trovò assai utile
usare un ferro caldo, ma non molto, col quale, passando lievemente sulla parte del
foglio rigonfiato, ma umido e ricoperto con pannolino umido, fa alquanto contrarre
la parte dilatata e la rende uniforme al resto. Ho fatto fotografare alcuni fogli con
larghe e profonde anse prima e dopo lo spianamento: qui non posso riprodurre molte
figure.
I risultati che cosi si ottengono sono ottimi; in altro modo sarebbe impossibile
avere una pagina liscia. Perchè, come si vedrà piìi avanti, quando la pergamena ha
subito una certa temperatura non si riesce più a dilatarla tanto quanto era prima,
almeno a rendere il foglio omogeneo.
Adoperando poi dei congegni meccanici come piccoli telai per lo stiramento e
spianamento, come ideai di fare sin dal principio ed è facile immaginare, si capisce
che i risultati saranno anche migliori, ma certamente piìi lenti; io però mi tengo
soddisfatto dei risultati ottenuti nel mio laboratorio sino dai primi tentativi. Anche
in questo lavoro le signorine Giani e Castagneri, e particolarmente la signora Se-
rafino Bonomi, vi hanno acquistata tanta abilità che spianano e distendono molti fogli
in poco tempo, tanto più ora nella stagione calda, che i fogli distesi asciugano dalla
sera alla mattina.
Operando nel modo sovraindicato o coll'acqua sola o con soluzioni saline, si è
potuto in questo breve tempo nel mio laboratorio spianare e distendere qualche mi-
gliaio di fogli.
Prove con soluzioni saline. — In questo frattempo ho fatto anche numerose espe-
rienze con sostanze igroscopiche o deliquescenti per vedex'e se si poteva fare in modo
che i fogli staccati restassero, dopo lavatura e spianamento, morbidi, pieghevoli e non
duri e fragili.
A questo scopo si teneva per pòchi minuti immerso il foglio nella soluzione sa-
lina, piuttosto diluita: circa 1 °jo.
II dott. P. Biginelli mi suggerì l'uso del cloruro di zinco. Fatte le esperienze di
confronto con acqua sola e con cloruro di zinco all'I %, risultò che le pagine con-
venientemente trattate e spianate restano non molto morbide, ma forse un poco piìi
morbide che non coll'acqua sola. Ad ogni modo il foglio rimane bello.
Tentai l'uso dell'acetoso di potassio neutro o lievissimamente alcalino. Il risultato
fu buono. I fogli si dilatano come coll'acqua sola, ma dopo asciugati rimangono bene
spianati e alquanto morbidi, al punto che si possono leggere bene e si possono ripie-
gare senza che si rompano.
Ho fatto fotografare un foglio' molto raggrinzato, con larghe anse agli orli, di
un codice latino (N. 90 del mio catalogo provvisorio). Il foglio è *poco colorato in
una pagina e giallo-bruno dall'altia pagina. La pergamena è fragile, dura, non si
piega senza rompersi, il carattere si legge male. Misura:
Lunghezza nella linea mediana
Larghezza ....
Cioè superficie, circa
12,5-13 cm.
8-9,5
117 cm^.
23 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 445
Dopo immersione per circa 10 a 15 minuti in soluzione di acetato potassico al-
l'I "/o si distende su tavoletta; quando è asciutto all'aria misura:
Lunghezza 18-19 em.
Larghezza 13,5-14,5 „
Cioè superficie 243 a 275 cm^.
Come si vede, anche qui la superficie è piìi che raddoppiata.
Il foglio è quasi bianco, pieghevole senza rompersi ed il carattere si legge be-
nissimo.
In questo modo ho pure trattato un frammento di codice greco (N. 108). I fogli
sono raggrinzati, carbonizzati agli orli, di color giallo-bruno nelle due pagine, ma
bene leggibile il carattere. Misura:
Lunghezza 13 cm. circa
Larghezza . . q
Cioè superficie . . . . 117 cm-.
Dopo immersione in soluzione di acetato potassico al 1 o/o, fissazione su tavo-
letta ed asciugamento all'aria, i fogli rimangono giallognoli con ancora qualche macchia,
il carattere si legge benissimo, la pergamena è abbastanza morbida, pieghevole, mentre
prima era friabile: dopo il trattamento misura:
Lunghezza 17 a 18 cm.
Larghezza 11,5 a 12 „
Cioè superficie 195 a 216 cm-.
Due di questi fogli furono pure fotografati prima e dopo il trattamento.
Ho esperimentato anche coi cloruri di magnesio e di calcio in soluzione airi,5 "/o
circa: i fogli si allargano bene, si spianano bene e rimangono abbastanza morbidi.
Meglio forse col cloruro di magnesio che col cloruro di calcio. Ma in complesso poco
pili vantaggioso che coll'acqua sola.
Visti questi risultati, pensai alla soluzione del sapone di potassa. Usai del buon
sapone a base di potassa e che non aveva eccessiva reazione alcalina. La concen-
trazione più conveniente mi parve quella dell'I ° o od anche un po' meno. I fogli
dopo immersione per 10 minuti circa in detta soluzione, poi asciugati e spianati ri-
mangono abbastanza morbidi e lisci, più che coll acqua sola con altre soluzioni sa-
line. È questo secondo me il mezzo migliore da preferirsi ora. L'inchiostro quasi
sempre non si altera. Bisogna adoperare la soluzione fatta di recente e quasi lim-
pida: la stessa soluzione essendoché intorbida dopo l'immersione dei fogli, non deve
usarsi per molti fogli: è bene rinnovarla.
Ho detto che nella camera umida talora i fogli si dilatano tanto quanto dopo
immersione nell'acqua e che in molti altri casi no. Ricordo alcune delle numerose
esperienze fatte.
446
ICILIO GUARESOHI
24
Esperienza. — Codice latino N. 136. — I fogli di questo codice sono ingialliti,
molto raggrinzati, in alcuni punti imbruniti dal catrame. Tentando di piegarli si rom-
pono. Misurano:
Lunghezza, al centro . . . . . 12,5 cm.
Larghezza, , 9,5 „
Superficie 118 cra^.
Dopo immersione per dieci minuti in acqua, soluzione di cloruro di magnesio o
di sapone, si hanno i risultati seguenti:
Con acqua sola:
Lunghezza ...... 18,5 cm.
Larghezza 13,5 «
Superficie ...... 249 cm^.
Col cloruro di magnesio:
Lunghezza . . . . . . 18,5 cm.
Larghezza 13,0 .„
Col sapone:
Lunghezza ...... 18,5-19 cm.
Altezza 13-13,5 „
Superficie 249-256 cm^.
Come si vede, la superficie del foglio che prima era di circa 118 cm^, dopo trat-
tamento con acqua e sapone arriva a più del doppio, cioè a circa 250 cm^.
La fig. 5 rappresenta il foglio quale era quando era secco, e la fig. 6 quando
fu spianato dopo il trattamento con sapone.
Si mettono alcuni fogli di questo codice nella camera umida per vedere se si
allargano come coll'immersione. Dopo 24 ore si trova:
15,5 X 12 cm.
dopo 48 ore:
18 X 12,5 ,
dopo 72 ore:
18 X 12,5 ,
dopo 4 giorni:
18 X12,5 „
Dunque si allargano tanto quanto quelle messe direttamente nell'acqua o nelle
soluzioni saline.
Risultati diversi invece ottenni con altri codici, come ad esempio col codice la-
tino N. 124.
E un latino abbreviato. I fogli sono duri, raggrinzati. Misurano:
Lunghezza 15 cm.
Larghezza . . . . . . . 12 „
Superficie . . . . . . . 180 cm^.
25 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL BICUPEEO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 447
Dopo immersione in soluzione di sapone, asciugamento e distensione, le pagine
sono belle, leggibili, abbastanza morbide e misurano :
Lunghezza 22,S cm.
Larghezza . . . . . . . 17 „
Superficie 387 cm'''.
Con soluzione di sapone detto neutro (1), cioè meno alcalino, si ha:
23 cm. X 16,5 — 379 cm^ circa.
Alcune pagine di questo stesso codice furono messe in camera umida e dopo
48 ore, distese e spianate, misuravano :
18 X 14 = 252 cm2,
e dopo 4 5 giorni misuravano ancora 18 X 1^ e non più.
Come si vede, coU'acqua o col sapone e successiva distensione, senza l'uso di un
telaio meccanico per distendere, i fogli raddoppiano e anche più la loro superficie:
da 180 cm2 circa diventano 387 a 390 cm^; colla sola camera umida, no.
Un altro codice (N. 95). — I fogli misurano:
13,5 X 11,5 cm.
Dopo immersione in acqua con sapone detto neutro, si ha:
20-21 X 16-16.5 cm.
Dopo 48 ore, e in camera umida, si ha solamente:
14,5 X 12 cm. e non più.
Ottimi risultati ottenni pure con un codice francese molto importante, quale è il
Roman de Florìamont del secolo XIV, ancora inedito. Era in istato deplorevole, in
parte nero anche nelle pagine, i fogli molto attaccati. I fogli di questo grosso fram-
mento di codice erano bruno-neri, difficilmente distaccabili e misuravano:
Lunghezza 20-21 cm.
Larghezza 13-13,5 „
Superficie 260 a 283 cm^.
Furono staccati lasciandoli in camera umida e diventarono:
Lunghezza 22,5 cm. circa
Larghezza ...... 14 ., „
Superficie . . . . . . 315 cm-' ,
Rimasero bruni, non bene leggibili, anzi la maggior parte dei fogli non leggi-
bili. Si immersero per 10 minuti circa in soluzione di sapone potassico all'I 'Vo e poi
(1) L'uso di questo sapone detto neutro, e che forse contieue ancora materia grassa non sapo-
nificata, non è da raccojnandarsi perchè la pergamena rimane quasi come oliata, e si legge men bene.
Alla pag. 443 [21], invece di: fifr. 2. Tav. I, leggasi: fig. 4, Tav. II: Kg. h c (i.
Alla pag. 446 [24], inrece di: fig. 5 e 6. leggasi: fig. 2 e 3.
Alla pag. 4.50 [2S], invece di: fig. h e 6. le;/;jasi: fig. 2 e 'i.
448
ICILIO GUARESCHI
26
furono spianati. Il testo si legge benissimo, le pagine rimangono abbastanza pulite,
anzi molte quasi bianche o biancastre; l'inchiostro non è affatto alterato, o quasi.
I fogli misurano:
Lunghezza. ...... 28-29 cm.
Larghezza 16-17 ,
Superficie 448 a 486 cm^.
I fogli di questo codice importante, di cui pur troppo mancano i primi, sono
perfettamente ricuperati. Solo che molti di essi, in causa delle rotture prodottesi in
origine, dovi-anno essere restaurati.
Ho fatto fotografare uno di questi fogli che era molto raggrinzato e misurava:
Lunghezza . ... . . . . 21 cm.
Larghezza ....... 14 ,
Superficie ....... 294 cm^.
Dopo trattamento conveniente, e solamente con acqua, il foglio misurava:
Lunghezza ....... 30 cm.
Larghezza . . . . . . . 19, ò „
Superficie ....... 585 cm^.
II foglio così ottenuto è bellissimo, gli ornati che sono ne' margini, sono ben
conservati ; il colore azzurro che era alquanto sbiadito fu rinforzato e le lettere co-
lorate sono bellissime. Nella parte inferiore a sinistra in basso vi era una rottura
della pergamena, nella parte non scritta, che deturpava il foglio e che quando era
raggrinzato non si vedeva. Allora si pensò di togliere la parte rotta, e sostituirla
con un pezzo di pergamena simile; poi vi si fece dal signor dott. Torrese un fram-
mento di fregio identico a quello che vi era prima. Questo foglio è così restaurato
benissimo.
Buoni risultati pure con un codice latino (N. 45). — La pergamena di questo co-
dice è sottile ; i fogli in molti punti all'esterno sono come vetrificati ; color bruno,
in alcune pagine biancastro. Pergamena fragile ma più elastica. Carattere quasi il-
leggibile.
Lunghezza al centro . . . . . 14,8 cm.
Larghezza , ..... 10 „
Si lascia molti giorni in camera umida, poi si distaccano i fogli;
Lunghezza ....... 15,5-16 cm.
Larghezza . . . . . . . 10-10,5 „
Le pagine restano sporche, brune, non si distendono bene. Ne metto un foglio
in acqua tiepida e si distende:
Lunghezza . . . . . . . 17,5 cm.
Larghezza ....... 14 „
27 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 449
Il foglio è abbastanza morbido, ma non come col sapone.
Questo codice ha delle lettere tutte colorate o in roseo o in verde. Quelle rosee
resistono bene. Il verde invece è come agglutinante, corrode la pergamena; per cui,
dopo il lavaggio, ove era il verde rimane un foro.
Splendido risultato ottenni con un codice italiano hobbiense (del Cavalca) del se-
colo X-XI e che ha segni di palimsesti. Questo codice, come tanti altri non è im-
portante per la sostanza che contiene, ma per la paleografia. È un codice imper-
fetto, di cui si sono trovati molti frammenti e fogli sparsi fra le macerie. Un foglio
misurava:
Lunghezza . . . . . . 13 cm. circa
Larghezza 6,8 „ „
Superficie 88 cm- „
Era molto raggrinzato e in molti punti bruno-sporco.
Dopo 36 ore in camera umida a 25° circa, si ha:
15 X 8.
I fogli si staccano bene, ma anche dopo 4 e più giorni di camera umida, le di-
mensioni non aumentano.
Immersi i fogli in acqua tiepida, stirati e spianati, si trova:
20-20,5 X 10-10,5,
cioè superficie = 200 a 215 cm^. In questo caso dunque la superficie del foglio spia-
nato è circa una volta e mezza maggiore di quanto era prima. L'inchiostro non si
altera. Ho fatto fotografare il foglio prima e dopo lo spianamento.
In certi casi si hanno ottimi risultati solamente col cloruro di zinco.
Codice francese (N. 82). Forse del secolo XIV. — È un commento al giuoco degli
scacchi che tratta di moralità. Il carattere è molto piccolo, contratto molto, e non
facile a leggersi. I fogli misurano:
Lunghezza 13,5-14 cm.
Larghezza ...... 7-8
Superficie 94 a 112 cm^.
Immerso in soluzione di cloruro di zinco (1 o/o), poi asciutto e messo sotto presse:
16,5 X 10,5
ed il carattere è bene leggibile.
In soluzione di sapone poi steso e spianato:
19 X 11,5,
ma il carattere non si legge bene.
Dopo 24 ore in camera umida:
17 X 9.
Skrie li. Tom. LIV. et
450
ICILIO GUARESCHI
28
Il carattere non è ingrossato ma è leggibile.
Immersi altri fogli in cloruro di zinco, poi stesi e spianati, misurano:
20-21 X 11 cm. ^220 a 230 cm^.
Il carattere è ingrossato molto ed è bene leggibile. La superficie anche in questo
caso più che mai raddoppiata. Le righe che erano 4 a 4,8 cm. diventano 7 a 7,2 cm.
La pergamena rimane abbastanza morbida e ben pulita.
Anche di questo codice ho fatto fotografare un foglio prima e dopo il tratta-
mente con cloruro di zinco.
Ho fatto molte altre esperienze con altri frammenti di codici, che descriverò in
altro lavoro.
Le sostanze da me esperimentate hanno dato in complesso buoni risultati: ciò
non toglie che se ne potranno trovare delle migliori. Ho fatto qualche tentativo con
soluzioni diluitissime di ipoclorito di sodio o di acqua di cloro, ma non ne sono rimasto
soddisfatto.
In ogni singolo caso bisogna sempre agire con prudenza e fare qualche prova
per vedere se l'inchiostro soffre. Rare volte mi è capitato di vedere a diminuire l'in-
tensità di colorazione dell'inchiostro: ma qualche volta capita. Inchiostri poco buoni
ho osservato in codici a grande formato e non molto antichi, come ad esempio un
grosso codice latino (N. 10), forse del sec. XV. e anche dei codici riccamente illustrati e
miniati, come ad esempio il Guiron le courtois. In questi casi non si deve assoluta-
mente immergere i fogli nell'acqua e aver molta cautela anche colla camera umida,
quando poi si distendano i fogli.
In certi casi quando anche nei codici con inchiostro buono, in qualche punto il
carattere si è un poco scolorato, si può ravvivare col passare sulle lettere una so-
luzione diluita di tannino, mediante un sottilissimo pennello, in maniera da non toc-
care l'intervallo manoscritto delle righe.
Prove di restauro. — Nel mio laboratorio si sono fatte anche alcune prove di
restauro e con ottimo risultato. Il restauro, che consiste essenzialmente nel togliere
i difetti principali che si trovano nei fogli spianati, richiede abilità e pazienza e anche
un certo senso artistico.
Regole generali non se ne possono dare ed il chimico deve nei singoli casi usufruire
le sue cognizioni scientifiche e pratiche che crederà più opportune.
In certi casi il restauro può consistere, almeno in parte, nel far scomparire o dimi-
nuire certe macchie scure che si trovano sulla pergamena dei fogli stati alterati dal-
l'acqua e dal catrame: il chimico può valersi secondo i casi o di una azione meccanica,
se non vi è scrittura, quale la pomiciatura, oppure di soluzioni di sapone, che spesso
non alterano affatto la scrittura e rendono più chiara la pergamena. La figura 5, rela-
tivamente alla figura 6, dimostra i vantaggi che se ne possono avere.
Ad esempio, se si deve aggiungere qualche pezzo di pergamena nei margini dei
fogli è bene usare pergamena antica pressoché dello stesso aspetto della pergamena
del foglio che si vuole restaurare; in questo modo l'illusione è completa. Se si deve
ravvivare l'inchiostro, può usarsi il tannino, il solfuro di ammonio, od altro reattivo,
secondo i casi.
Se si tratta di chiudere dei fori esistenti nei fogli si possono usare mezzi diversi.
29 OSSIÌRVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO E HVL RESTAUPvO DEI CODICI, ECC. 4.")1
Miscugli ad esempio di gelatina o colla di pesce (ittiocolla), con qualche sale metallico,
e con un poco di formalina od altro antisettico conveniente.
La donna può in questi lavori raggiungere un grado di abilità, forse superiore a
quella dell'uomo. Io ho potuto persuadermene nel breve tempo che ho dovuto occuparmi
di queste cose.
Maggiori difficoltà si hanno quando ?i tratta di restaurare qualche disegno o
figura, miniature, ecc. Può avvenire che durante il distacco si esporti qualche pezzo di
pergamena di una miniatura, come accadde per una bella illustrazione del Guiro» le
courtois. La signora Serafino-Bonomi pensò di applicare nella parte posteriore un pez-
zetto di tulle a maglie non troppo larghe, poi fece aderire su questa con un pennello un
poco di gelatina e su questa, quando era ben secca, la materia colorante verde, per cui
tutto il disegno è quale era prima. Ma questa è la parte che piìi che al chimico spetta
all'artista; e perciò questi saggi furono subito interrotti.
In quei punti ove la pergamena agli orli è bruciata od altrimenti mancante può
essere sostituita con pezzi di altra pergamena simile. Trattandosi però di codici ma-
noscritti che furono poi stampati, tante minuziose cure forse forse non sono nemmeno
necessarie; importa invece salvare quanto più si può le miniature, e queste del Guiron
sono in parte ben ricuperate.
Dall'esame di molti codici e frammenti mi risultò un altro fatto, ed è che quando
il codice ha sentito molto l'azione del calore e specialmente nelle pagine ove sono
le miniature, spesse volte la pergamena è tutta corrosa nella scrittura; ciò, natural-
mente, dipende in gran parte dalla natura dell'inchiostro e molto probabilmente le
profonde corrosioni preesistevano in gran parte anche prima dell'incendio. Tale è il
caso di un bel codice: De regimine principum. molto alterato dal fuoco, e perforato
a metà da un potente colpo di piccone.
Descrizione di rtlcuni codi'-i danneggiati e in gran parte ricuperati. — Tra i codici
che con le sovraricordate minuziose cure sono stati ricuperati e resi leggibili, se non
in tutto, almeno in gran parte, posso ricordare i seguenti :
Rhuhanus Maurus. De Laudibu^ sanctae crucis del secolo X. Era in istato deplo-
revole; i fogli sporchi, attaccati in modo che riesci assai difficile staccarli, la scrit-
tura in molti punti era illeggibile. A poco a poco si riuscì a staccare quasi tutti i
45 grossi fogli lunghi circa 30 cm. e larghi 20 a 25 cm. e a renderli leggibili. Le
fotografie che ho fatto fat e danno un" idea dello stato dei fogli prima e dopo il trat-
tamento. Questo codice è stato ricuperato totalmente ed in buono stato. E importante
specialmente perchè molto antico. Specialmente 20 a 25 fogli sono stati ottenuti in
così buone condizioni che non hanno quasi piìi bisogno di alcun restauro.
Codice francese della biblioteca dei dxichi di Borgogna. — Era un ammasso informe
carbonizzato molto piìi ristretto in una parte che nell'altra e che in alcuni punti
dimostrava di essere bagnato ancora e in via di alterazione. Lo si fece disseccare
sotto cappa, poi raschiando il carbone, lo si potè dividere in due parti ed allora
apparve come codice francese, assai bene miniato, a due colonne, di cui una quasi
distrutta dal fuoco, specialmente in basso. Levata via la parte carbonosa e lasciato
a sè dopo essere ben disseccato, si potè separare a poco a poco in piìi frammenti,
452
ICILIO GUARESCHI
30
e COSI renderli ben conservabili per lavori ulteriori. È costituito di pergamena fina
e magnificamente illustrato con figure ed ornamentazioni fatte con oro e con colori
finissimi.
Questo bellissimo libro, traduzione francese del Polistore di Pietro Comestore,
apparteneva alla biblioteca dei duchi di Borgogna, è del secolo XV; le finissime mi-
niature sono del Lancellot Garden, alcune delle quali ben conservate.
E quasi completamente distrutto nella parte inferiore e buona parte della co-
lonna interna. Ha sentito l'azione del calore, specialmente in basso. Molte pagine in
basso misurano ora 7-8 cm., mentre in alto 18 cm. ; altre, 13 cm. in basso e 21 era.
in alto e anche 12 X 23. Le righe in basso misurano 4 cm. circa e in alto circa 8 cm.
E questo uno degli esempi migliori che dimostrano la grande contrazione subita
dalla pergamena. Una delle miniature meglio ricuperate rappresenta Mose sul monte
Sinai in atto di ricevere le tavole dal Tadre Eterno. Le ultime pagine di questo
codice sono piìi ricche.
Molti fogli si sono potuti avere separati, spianati e in istato da leggerne più
della metà.
Anche di questo codice furono fatte fotografare alcune pagine.
Guiron le courtois. — Di questo famoso romanzo cavalleresco, in grande formato,
già appartenente anch'esso alla ricca biblioteca dei duchi di Borgogna, ne ho avuto
un grosso blocco di 317 fogli. Questo grosso codice in pergamena di ottima qualità
misura :
Altezza 38 cm. circa
Larghezza in alto . . 17 a 22 cm.
„ in basso . . 28 a 32 cm.
È a due colonne, assai bene illustrato con bellissime figure e fregi nei margini.
I colori sono bellissimi.
Questo codice ha sofferto specialmente in alto e nelle colonne interne ; in molti
punti è impossibile la lettura o è distrutto il disegno. Le righe in alto misurano
6 cm. a sinistra e 7,4 a destra, e 9,5 a 9,8 in basso.
Staccato con molta prudenza in diverse parti tagliando una parte della perga-
mena carbonizzata o vetrificata agli orli, si sono potuti staccare i fogli nella camera
umida. Non si poterono immergere i fogli nell'acqua, perchè l'inchiostro si altera.
Ad ogni modo si è potuto far dilatare la parte contratta in alto in maniera che ora
è in gran parte leggibile. I fogli distesi e spianati, sono ora in gran parte bellissimi
e misurano :
Altezza totale . . . 40 a 42 cm.
Larghezza in alto . . 23,5 a 25 „
„ in basso . 32 „
Anche di questo codice furono fatte alcune belle fotografie.
Frammento di codice di Casa Savoia. — Questo fu uno de' primi esaminati. Era
in forma di un parallelepipedo quasi nero, eccetto la prima pagina tutta sporca e
poco leggibile. Era attaccato ad una tavoletta in legno in parte carbonizzata. Stac-
31 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 453
cato il frammento, fu raschiato attorno per togliere il cari ione, poi messo in acqua
fredda e poi tiepida a mai più di 40". A poco a poco cominciò a dar segno di sfo-
gliarsi, specialmente in alto, ma in altre parti rimaneva come una massa dura, i cui
fogli parevano fusi insieme l'un coll'altro. Con molta cura e pazienza però si riuscì a
poco a poco a staccare i fogli che mano a mano si staccavano si asciugavano fra
carta sugante. In alcune pagine aveva lettere in oro ed alcune pure miniature i cui
colori resistevano bone all'azione dell'acqua. Le miniature erano fatte solamente con
oro, rosso e azzurro. Verso la metà del frammento si trovò una bella pagina mi-
niata, a cui però mancavano ai lati due pezzi dell'ornamentazione.
In questo tempo era in laboratorio un grosso frammento di una bibbia in per-
gamena, di qualità inferiore, la quale in breve tempo entrò in putrefazione: poco
dopo anche i fogli del frammento del codice di Casa Savoia furono invasi dai microbi,
i fogli si attaccarono alla carta e in gran parte si guastarono , per quanto rapida-
mente si immergessero in soluzione di sublimato corrosivo o di tannino.
Ho la fotografia di un foglio che rappresenta lo stato del foglio dopo invaso dai
microbi. Di questo codice furono fotografate le miniature principali; in una di queste
si vede la croce di Savoia.
Salterio in lettera onciale del secolo Vili, contrassegnato con sigla Y. — Nei primi
giorni di marzo furono trovati ne' frammenti dalle macerie alcuni foglietti che atti-
rarono l'attenzione per la forma delle lettere greche. Di questi foglietti se ne tro-
varono altri, in tutto dodici, che furono riconosciuti dal cav. Frati, come appartenenti
al codice greco dei Salmi in lettera onciale del secolo Vili ; una buona parte del
medesimo codice fu poi ritrovata fra quelli consegnati al laboratorio di materia medica.
Questo codice dicesi essere molto importante. Non lo trovo però ricordato fra
i più celebri codici del genere che sono enumerati da E. M. Thompson nell'art. Pa-
laeography della Encijclop. Britan. e tradotto in italiano dal Fumagalli. Anche di questo
furono fatte alcune fotografie.
Due grossi codici ebraici (N. 71-72). — Sono due grossi codici quasi completi che
mi furono consegnati bagnati, sporchi in gran parte di terra e polvere nera ed in
alcuni punti, dove era la legatura, danneggiati, ma non molto, dal fuoco ; alcuni di
questi fogli erano irriconoscibili. Furono prima asciugati tenendoli sotto cappa e frap-
ponendo fra i fogli dei grossi canapoli che lasciavano passare l'aria. Le pagine più
sporche furono con cura lavate con acqua e così si ridussero bene, perchè l'acqua
non alterava la scrittura. Però è curioso il fatto che in alcune pagine la scrittura
era quasi stata completamente staccata dall'umidità, prima che fossero portati in
laboratorio.
La pergamena è di buona qualità, bianchissima, sottile, morbida, come vellutata.
Questo codice misura 39, 40, 41 cm. in altezza per 24, 29, 30, 30,5 di larghezza.
I fogli dopo essere stati disseccati all'aria o nelle cappe, furono a poco per volta
messi nella camera umida a circa 25" e cosi poterono essere quasi completamente
spianati. Non furono però ancora distesi, stante il gran lavoro che richiederebbero,
ma è lavoro che può sempre farsi. Oi-a sono perfettamente leggibili, distaccati, ab-
bastanza lisci e possono essere cosi conservati. Sono in totale circa N. 380 fogli. Sono
due codici che trattano unicamente di preghiere (libri di preghiera detti Mahazor).
454
ICILIO GUARESCHI
32
Grosso codice latino (N. 10). — Questo grosso codice non è molto alterato, per
più di */5 della superficie i fogli sono poco contratti, ma è molto contratta la parte
superiore. I fogli in basso e nel centro misurano circa 22 cm., mentre in alto sola-
mente 12-13 cm. ; la. lunghezza totale è di 33 cm. Le righe che in basso e al centro
misurano 8 cm., in alto solamente 4 a 4,5 cm. La parte contratta in alto è duris-
sima, ed- i fogli si staccano assai difficilmente; questa parte contratta è giallastra,
ed il carattere come pure i colori sono ben conservati.
A poco a poco si riuscì a dividere il grosso blocco in frammenti minori. Uno
di questi metto in camera umida, ma senza gran vantaggio ; la parte superiore in
parte si distacca, ma si rompe anche con grande facilità. Non si dilata gran che.
Allora immergo la parte contratta di due fogli nell'acqua a 25°-30°, e dopo disten-
zione su tavoletta rimane abbastanza distesa, ma molto meno di quanto si osserva
in altri casi. Da 12 a 12,5 cm., quale ora prima, diventa 14 a 16; le righe scritte
che erano di 5,2 cm. si allungano a 6,5 ed anche 7 cm.; ma il carattere si legge
male e rimane come unto, trasparente. Anche l'inchiostro è poco resistente; coll'acqua
in parte scompare. Cosi pure i colori di molte lettere; il rosso e l'azzuri'o si distac-
cano molto presto. Credo perciò sia bene conservare quali sono ora i pezzi di questo
codice ben disseccati.
Codice N. 56. — È un grosso codice latino i cui fogli misuravano 33-38 X 15-18 cm.
In cattivo stato specialmente agli orli. Sono 197 fogli di cui 188 spianati ed anche
restaurati ed ora misurano 40-41 X 18-19 cm., senza tener conto che quasi tutti dovet-
tero essere tagliati nei margini. Le lettere ed altri disegni colorati sono ben conservati.
Codice N. 121. — È una parte dell'opera De animalibus di Alberto Magno. Fu uno
dei primi frammenti portati in laboratorio in uno stato deplorevole.
Più estesamente di questi e di numerosi altri codici o frammenti ricuperati e
spianati sarà detto in altra pubblicazione.
Certo, impiegando un tempo due o tre volte maggioi-e si sarebbe, forse, fatto il
lavoro un po' meglio specialmente ora che il personale che eseguiva questi lavori
ha acquistato una certa pratica; cosi ad ogni modo il risultato è buono. Può dirsi
senza ombra di esagerazione che la maggior parte del Rhahanus Maurns, e special-
mente 20 a 25 fogli (dei 45 in totale), quasi tutto il grosso codice latino (197 fogli,
di cui 188 spianati) N. 56, parte del Guiron, molti fogli (circa 80) del Floriamont,
molti codici greci e latini, due grossi codici ebraici di circa 350 fogli (libri di pre-
ghiera detti Mahazor), sono non solamente ricuperati ma restaurati, o quasi.
Quasi tutti i codici francesi, e molti degli ebraici, a me consegnati, furono iden-
tificati dagli egregi proff. Renier e Pizzi, i quali ebbero la cortesia di esaminarli
nel mio laboratorio.
3) Ricerche sulla contrazione della pergamena
per l'azione del calore e dell'acqua.
Uno de' fatti che subito saltano all'occhio quando si osserva un codice o fram-
mento di codice in pergamena danneggiato dall'incendio è quasi sempre l'enorme
contrazione de' fogli e quindi anche del carattere, per cui molte volte è resa impos-
33 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 455
sibile la lettura, lii alenili casi, ad esempio, il foglio in l)asso misurava da 23 a
24 cm. c in alto 11-12 cui.; alcune righe dello stesso codice, quasi allo stato naturale
(a due colonne) misuravano 8 a 9 cm. in basso e in alto appena 4 cm.
Ho fatto fotografare un foglio che rappresenta un codice latino contratto in alto
e quasi allo .stato naturale, o almeno poco contratto per '' io, in basso.
Ho già detto precedentemente che molti codici sono danneggiati solamente pel
fatto che un estremo di essi è molto più contratto del rimanente. Oia questa con-
trazione quasi sempre è tale che sia colla camera umida, sia coli' immersione nel-
l'acqua tiepida e per gli stiramenti e spianamenti non si riesce a ridurre le parti ad
eguali dimensioni.
Ho voluto vedere quale era la temperatura alla quale la pergamena deve essere
scaldata perchè stando all'aria o stirandola anche dopo inumidita, non riprenda più
le dimensioni di prima. Ho voluto anche vedere se la pergamena, scaldata ad una
data temperatura e poi immersa rapidamente in acqua fredda, si contraeva di più e
permanentemente che non per la sola azione del calore, come era da prevedere.
A questo scopo ho sottoposti vari campioni di pergamena antica e moderna a
temperature diverse, ma in condizioni perfettamente eguali, per vedere anche quale
era il punto in cui cominciava la decomposizione con sviluppo di ammoniaca e di
acido solfidrico.
Ho adoperato preferibilmente un apparecchietto analogo a quelli di Anschùtz e
di Koth per determinare il punto di fusione; io però l'ho modificato in maniera che
può riuscire molto utile in tante altre ricerche di chimica, e molto comodo per man-
tenere per più ore una sostanza a temperatura perfettamente costante meglio che
colle ordinarie stufe. Il principio in fondo e quello su Cui è basato l'uso della stufa
di Victor Me3'er, ma essendo l'apparecchio in vetro, si può vedere quali sono le mo-
dilìcazioni che .subisce la sostanza; inoltre essendo piccolo, se ne possono tenere
pronti due o tre, o anche più, con liquidi a punto di ebollizione costante.
Il tubo di vetro scaldato dal vapore è poco inclinato. La sostanza si mette
dentro un tubetto chiuso con tappo a smeriglio e che con filo di platino si può so-
spendere alla bilancia.
I liquidi adoperati per varie temperature sono:
L'apparecchio, del quale non posso dare qui la figura, è stato costruito dietro
mio disegno dal sig. A. Zambelli. 50 a 100 cm-^ di liquido bastano.
Un decimetro quadrato di pergamena fina francese di montone detta lisse fu
scaldata a lOO^-llO**, si contrae, e misura 9,5 X 9,5. Stando all'aria, dopo 24-48 ore
riprende l'estensione di prima 10 X 10. Se scaldo a 150"-! 60", allora stando all'aria
le dimensioni diventano come prima o quasi, cioè 9,9 X 10, però se si immerge
ancora calda nell'acqua non misura più di 9,5 X 9,7.
Acqua
Ligroino . .
Anilina . . .
Etei-e ossalico
Etere benzoico
Timolo . . .
99°
118°-120">
182°-183
182",5
209°-210°
230^5.
456
ICILIO GUARESCHI
34
Scaldo separatamente due decimetri quadrati della stessa pergamena detta lisse
a circa 210°-220°; diventa rossastra e lasciato un campione all'aria rimane 9,2 X 9,3
anche dopo lungo tempo. L'altro campione, scaldato a 210"-220° e immerso ancora
caldo nell'acqua fredda, non riprende piìi le dimensioni di prima, rimane (7,5-7,8-8,8)
X 7,8 cm. La parte più ristretta, rosea, misura 7,5. Dopo 15 giorni le misure sono
le stesse. Allora tengo immersi i due campioni nell'acqua tiepida per 10-15 minuti,
poi asciugo e stendo come si fa pei fogli dei codici e trovo che l'uno rimane
8,5-9 X 8,8-9,3 e l'altro 7,5-8,5 X 8.
Ripeto l'esperienza scaldando la pergamena di montone francese detta lisse
a 210°, tenendola entro tubo immerso nel vapore di etere benzoico. Esperimento suc-
cessivamente con tre pezzi di 1 decimetro quadrato ognuno. Scaldo in ogni caso per
circa 15 minuti. La pergamena si colora in rosso bruno, ma piìi in una pagina che
nell'altra. Si sviluppa ammoniaca ed acido solfidrico.
1° Lascio all'aria. Misura 8,2-8,8X8,2. Dopo tre ore 8,4-8,8X8,3 cm. ; dopo
36 ore non cambia; la pergamena è morbida discretamente. Si immerge in acqua
tiepida a 21°-30°, e si distende, e non si riesce ad avere che 7,5-7,7 X ',3. Rimane
dunque molto contratta.
2° Opero come col primo e ancora caldo immergo rapidamente il pezzo nel-
l'acqua a circa 15°; poco dopo misura 6,8-7,2 X 7,5 cm. Dopo alcune ore è ancora
piìi contratto: 6-6,8-7,2 e dopo 36 ore 6-6,5X7,2. Si immerge in acqua a 21°-30° e
si tenta di distendere così: anche dopo molti giorni rimane 7-7,2X7,3.
3° La pergamena è stata scaldata rapidamente per 10 minuti, poi gettata
nell'acqua a 15°. Ancora umida misui'a 7,8-8 X 8-7,8 e dopo trattamento come più
sopra non si riesce che a 7,6-8 X 7,8.
1 decim. quad. della stessa pergamena detta lisse scaldo per 15 minuti a 210°,
poi l'immergo rapidamente in acqua quasi bollente. Ha color caffè scuro; si accar-
toccia molto. Ancoi-a umido il pezzo misura: 6,2-6,5 X 6,5 cm.; dopo 36 ore è ac-
cartocciato e fragile; non può misurarsi bene, in lunghezza è 6 cm. Si mette in acqua
a 21°-30° e si distende; non si riesce a più di 6-6,6 X6,5 era.
Un pezzo della stessa pergamena lisse che misura 9,8 X 7,6 scaldo a 182°, 5 (in
vapore di etere ossalico), poi immergo ancora caldo nell'acqua quasi bollente. È gial-
lognolo, molto morbido quando è ancora umido e misura 6,2 X 4,6. E appena gial-
lognola molto morbida quando è ancora umida. Poco colorata. Dopo 36 ore è un
poco meno fragile della precedente, ma non può misurarsi, in lunghezza è 5,9 cm.
Si mette in acqua a 25°-30°, e sì distende; ottiensi 5-5,3X6,4 cm.
Pergamena moderna stata prima bagnata con acqua, poi lasciata asciugare all'aria.
— Ho bagnato con acqua un decimetro quadrato di pergamena fina moderna, poi
l'ho lasciata asciugare all'aria e successivamente scaldata a varie temperature.
a 125° .... 19,2.
Lasciata all'aria, ricupera tutta l'acqua perduta, 100 ^/q.
Scaldo a 182°, 5 in vapore di etere ossalico e trovo (dà pochissima ammoniaca e H^S):
Perdita % = 21,08.
A 210° in vapore di etere benzoico:
Perdita o/o = 23,5.
35 OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO E SUL RESTAURO DEI CODICI, ECC. 457
Come si vede, la perdita di peso sino a 2ìó" non è molto grande.
Lascio la sostanza all'aria e dopo due giorni ricupera 46,1 "/o dell'acqua perduta;
dopo anche molti giorni non ricupera più nulla.
Quando la pergamena ha raggiunto un certo grado di calore la sua struttura è
disorganizzata ed alle volte i fogli messi in acqua tiepida si dilatano, ma rimangono
molto fragili, non elastici e non si possono distendere. Questo è il caso, ad esempio,
di un codice ebraico, compatto, durissimo (N. 48 del mio catalogo). In questo come
in altri casi simili la quantità di aequa è normale, a 125", ma lasciata all'aria la
pergamena non ricupera piìi tutta l'acqua perduta. La pergamena di questo codice
a 125" perdette 18,54^0 © lasciata poi all'aria non ricuperò piìi del 68,3^0 del-
l'acqua perduta. A 182",5 perdette 20,08 % e calcinata lasciò:
3,02 % di cenere sulla sostanza all'aria
3,70 7o « . « a 125".
Questa pergamena rigonfia moltissimo, fa un voluminoso fungo quasi come XII°,
che poi brucia bene.
Ho fatto numerosissime esperienze scaldando le pergamene antiche e moderne a
temperature assai diverse, ma non ho sino ad ora avuto risultati che mi permettano
di trarne qualche importante conclusione generale.
Anche dopo vari tentativi non sono riuscito a produrre la contrazione della per-
gamena in maniera che poi questa per immersione nell'acqua e spianamento possa
raddoppiare la superficie che aveva quando era contratta. Nel caso del codice che
sente l'azione del calore durante l'incendio è da tenere in considerazione anche la
forte pressione in causa della quale divenne molto contratto e raggrinzito anche
senza aver subito una temperatura elevata.
Alle volte il blocco è bruciato tutto all'intorno e per la poca conducibilità della
pergamena pel calore, la parte interna rimane quasi allo stato naturale, ma enorme-
mente compressa, perciò quando poi si toglie il carbone, e si mette nella camera
umida o nell'acqua, il suo volume aumenta di molto. Ma su questo argomento dovrò
ritornare in seguito.
in.
Ricerche sui colori usati dagli antichi.
Se poi il codice contiene delle miniature, allora le precauzioni pel distacco e lo
spianamento de' fogli debbono essere maggiori. Le miniature finissime resistono al-
l'azione della camera umida ed anche dell'acqua; il color rosso, fino (cinabro vero),
non si stacca. Il colore azzurro, quasi sempre a base di rame, invece si stacca più o
meno facilmente. I colori di codici molto antichi (VIII-XIII secolo) si staccano piut-
tosto facilmente.
Dei due colori rossi : cinabro e minio , cioè HgS e Pb^O*. il piìi resistente al
calore, come si sa, è il primo; esso non si altera nemmeno quando la pergamena è
completamente bruciata, mentre il minio o è diventato nerastro o lascia del piombo
ridotto. In alcuni fogli del Rhabanus ^^aurus, notai come la scrittura rossa in alcune
Serfe II. Tom. LIV. ir
458 ICILIO GUAKESCHI — OSSERVAZIONI ED ESPERIENZE SUL RICUPERO, ECC. 36
parti fosse ridotta a color grigio metallico, dovuto precisamente a piombo ridotto.
Riduzione che non è difficile riprodurre. Mescolando il minio con gomma arabica e
poi scrivendo su pergamena si ha un color rosso che scaldato a 210° diventa prima
bruno scuro poi d'aspetto metallico.
Le miniature ordinarie non solo non resistono all'acqua ma nemmeno alla camera
umida. Ad esempio, le miniature del codice francese Roman de la Rose, perdono l'az-
zurro anche quando si staccano i fogli lasciandoli nella camera umida. In moltissimi
casi il colore azzurro della miniatura è già stato in parte staccato dall'acqua quando
si estinse l'incendio; dopo disseccamento il colore si trova diviso su le due pagine
combacianti.
Molte delle miniature piìi importanti che trovansi in fogli molto alterati dal
calore, come, ad esempio, il codice dei duchi di Borgogna e il Guiron le courtois, è
bene conservarle quali sono senza cercare di distendere troppo la parte alterata, ^
non bagnarle con acqua; cosi possono ricuperarsi quasi tutte le principali miniature.
La maggior parte del Guiron è cosi ricuperato, coi fogli ben spianati.
Ma di tutto ciò che riguarda i colori dirò in extenso nella mia Raccolta di docu-
menti per la storia della Chimica. Riferirò allora anche le esperienze che ho fatto, e
sul numeroso materiale storico che ho raccolto.
Non credo di aver detto molte cose nuove, ho solamente la speranza che queste
mie osservazioni ed esperienze possano riuscire utili agli amatori de' libri, alle biblio-
teche. Il lavoro di ricupero e restauro è un lavoro molto lungo, che deve essere ese-
guito con metodo, e diretto, almeno nelle sue linee generali, da chi ha veramente
cognizioni chimiche. Certo che i sacrifici che la Nazione deve fare devono essere in
proporzione dell'importanza del materiale da ricuperare e da restaurare. E qui occorre
tener conto del famoso : cum grano salis, affinchè questo genere di lavori non diventi
pretesto a sfruttamento del pubblico denaro.
La gran maggioranza de' codici latini, greci ed ebraici che ho avuto per le mani,
trattano di religione, o sono bibbie o libri di preghiera. Quasi nessuno di questi è
miniato. Molti de' codici francesi invece sono miniati ed alcuni anzi riccamente
e benissimo miniati.
Operando nel modo che fu sovra descritto in questa Memoria, sia adoperando la
disseccazione e disinfezione, sia usando la camera umida, oppure l'acqua o le solu-
zioni saline, ecc., si è potuto in questi quattro mesi circa di lavoro, non solamente
mettere in istato di non più alterarsi tutti i codici e frammenti di codici consegnati,
ma se ne sono sfogliati e spianati ed in parte restaurati moltissimi. Sono ora piìi
che 3000 i fogli fra grandi e piccoli stati ricuperati, spianati, e in parte distesi,
ridotti in istato di essere letti. A ciò si aggiunga il tempo stato necessario pel
distacco di alcune miniature.
Torino, R. Università, giugno 1904.
fig. 1
Grande sala N- xxvi dell'Istituto di Chimica farmaceutica, con cappa aspirante, dove furono fatti, in parte, i lavori di prosciugamento e di disinfezione dei Codici.
wdtal- (vuniputi i'oéimait ntOnetitK
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fig. 2
Codice latino n. 136 : foglio prima del trattamento.
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Codice n. 136 : lo stesso foglio spianalo dopo trattamento con sapone potassico
. Ino. HOL»f .1. 1
GUARESCHi I. -- Osservazioni ed esperienze sul ricupero e sul restauro dei Codici danneggiati
dall'incendio della Biblioteca Nazionale di Torino.
fig. 4
Codice n. 31 carbonizzato, visto di fronte e di fianco,
fig. 5
Codice n. 31, aperto; aspetto di una pagina
9Itc.nc.:u ?.ffa ^. deca?. ?offc ScUm.« ?i 'JotiMC.. Ser. II. Vol. LIV.
Tav. Il
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fig. 6
Codice n. 31 : foglio spianato che nnostra la pagina rappresentata dalla
figura precedente.
(
1
8T*B. ELIOT. INQ. MOLFE 8E. TOflMtO
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
AZIONE COMPARATA DEI REATTIVI DECALCIFICANTI
RICERCHE SPERIMENTALI
DEr.
Prof. LUIGI SABBATANI
Approvata nell'adunanza del lo Magyio 1904.
I.
Colle pubblicazioni anteriori sulla funzione biologica del calcio dimostrai che
tutti i reattivi, i quali sono capaci di produrre una diminuzione nella concentrazione
jonica del calcio, per ciò stesso aggiunti al sangue ne provocano l'incoagulabilità, e
dimostrai pure che i fenomeni tossici generali e locali, di eccitazione prima c di
depressione poi, ed in fine la morte, provocata da alcuni di questi reattivi, dipende
sempre da diminuzione nella concentrazione del Ca-jone contenuto normalmente nei
protoplasmi. Inoltre, lo studio sull'azione antagonistica fra citrato e calcio e quello sul
calcio-jone nella coagulazione del sangue mi condussero a stabilire che per la coagu-
lazione del sangue e per la vita dei protoplasmi è indispensabile una determinata con-
centrazione di jone-calcio, la quale può in condizioni fisiologiche variare soltanto entro
certi limiti, che probabilmente dipendono dalla natui'a del protoplasma e dal momento
funzionale in cui si trova. Al di fuori di questi limiti si hanno subito manifestazioni
tossiche, e per variazioni troppo forti presto s'arriva a dei valori critici, minimo e
massimo, oltre i quali, cosi la coagulazione del sangue, come la vita dei protoplasmi
è interamente sospesa, non però abolita , poiché riconducendo con mezzi adatti la
concentrazione del Ca-jone entro i limiti fisiologici, la coagulabilità del sangue, ed
anche la vitalità dei protoplasmi subito ritorna normale, se si intei-viene abbastanza
presto. E poiché l'aumento della concentrazione del calcio-jone protoplasmatico è sempre
accompagnato da fenomeni di depressione e la diminuzione è sempre accompagnata
da fenomeni di eccitazione, assegnai al Ca-jone protoplasmatico una funzione biologica
permanente moderatrice.
In appoggio di questa ipotesi ho creduto opportuno faro uno studio comparato
dell'azione generale e tossica di tutti i reattivi decalcificanti, come già feci rispetto
460
LUIGI SABBATANI
2
alla coagulazione del sangue, poiché mentre sarebbe assai difficile dimostrare diret-
tamente l'esistenza del Ca-jone protoplasniatico e l'importanza biologica sua, una
dimostrazione indiretta appare facile mercè lo studio delle modificazioni funzionali e
tossiche prodotte da quelle sostanze le quali possono aumentare o dimiimire la con-
centrazione del calcio-jone nell'organismo.
Sperimentando sopra individui unicellulari, e sopra vegetali ed animali molto
semplici, si può variare la concentrazione del calcio che viene a diretto contatto di
essi, usando liquidi di cultura adatti ; ma sperimentando negli animali superiori, non
pare si possa far variare sensibilmente e rapidamente la concentrazione del calcio-
jone circolante, amministrando loro cogli alimenti dei sali di calcio, o nutrendoli con
alimenti privi di calcio. Questi animali in loro stessi hanno sempre dei depositi
enormi di calcio nell'endo od ecto scheletro, e poiché la concentrazione del Ca-jone
nel sangue è la risultante di un equilibrio in parte di natura fisico-chimico fra i
diversi sali, ed in parte fisiologico fra assorbimento ed eliminazione, aggiungendo o
sottraendo calcio all'alimento potremmo ottenere tutt'al più delle variazioni lente
nella concentrazione jonica del calcio, tanto lente, che facilmente sarebbero masche-
rate da fenomeni immancabili di compenso fisico-chimico e fisiologico. Nell'un caso
probabilmente si avrebbe una eliminazione un po' più abbondante di calcio, una mag-
giore deposizione di sali calcarei nelle ossa, nell'altro caso probabilmente si avrebbe
un ridisciogliersi di sali dalle ossa; ma intanto, proprio per questi fenompui di com-
penso non si avrebbe mai una variazione abbastanza forte e rapida nella concentra-
zione del Ca-jone del sangue e dei citoplasmi da produrre disturbi funzionali. E notisi
che, se pure a lungo andare una variazione forte si potesse ottenere, questa si pro-
durrebbe tanto lentamente, che con sicurezza il protoplasma avrebbe tempo di adat-
tarsi alla variata concentrazione del Ca-jone, Numerose esperienze fatte da me e da
Delogu (1) dimostrano infatti che si ottengono facilmente nei cani fenomeni di abi-
tudine al calcio, anche se amministrato per via endovenosa.
Per ottenere una variazione forte e brusca nella concentrazione del Ca-jone cir-
colante e degli organi si deve quindi ricorrere a quegli stessi reattivi di cui si serve
il chimico (sali di calcio o reattivi decalcificanti) ed iniettarli rapidamente nel sangue,
porli a diretto contatto di organi isolati, perchè amministrati per bocca, restereb-
bero inefficaci, o tutt'al più produrrebbero dei disturbi locali sul tubo digerente, come
avviene per il solfato, fosfato, citrato e saponi di sodio, i quali provocano azione
purgativa; in ogni caso poi per ottenere fenomeni tossici per via gastrica con questi
sali, occorrono dosi di gran lunga maggioiù che per via endovenosa.
Contro questo metodo sperimentale si potevano sollevare alcuni dubbi, relativi
al modo d'agire del calcio e dei reattivi decalcificanti nell'organismo, dubbi che però
non hanno serio fondamento. Per lo addietro si credette da alcuni che non si potes-
sero fare impunemente delle iniezioni endovenose di cloruro di calcio, perchè, secondo
essi, provocavano trombosi generalizzata (2) ; ma ora questo dubbio non ha più ragione
(1) Delogu G., Sulla tossicità comparata del calcio, " Arch. di Farmacologia e Terapeutica „,
voi. X, fase. 70-8» (1902).
(2) Dastre et Florksco W., Tromhose généralisée à la suite d'injections de chlorure de calcium,^
" Gompt. rend. Soc. de Biol. „ .3 [10] (1896), 560.
3
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
461
d'essere, poiché come già Kabuteau (1) e Curci (2) sperimentando col calcio non fa-
cevano cenno di coaguli intravascolari, così ne Regoli (3), ne io, ne Delogu (4), in
numerosissime esperienze sugli animali non li abbiamo mai osservati, se non in con-
dizioni del tutto eccezionali, e facilmente spiegabili (Delogu); ed il cloruro di calcio
è stato iniettato impunemente anche nelle vene dell'uomo con intento terapeutico da
Silvestri (5) e da Koncoroni (6). Rispetto poi all'azione dei reattivi decalcificanti si
può a ritenere che essi producano veramente una diminuzione nella concentra-
zione del Ca-jone nell'organismo, come fanno in vitro, perchè quantunque la presenza
di colloidi ostacoli o dia un andamento anormale a molte reazioni (7), pur tuttavia
non modifica affatto quelle precipitanti del calcio, ed i reattivi decalcificanti con-
servano intera l'attività loro anche nel liquido sanguigno, cosi come in acqua pura.
Le osservazioni di De Bruyn mostrano che in un mezzo di gelatina le sostanze
insolubili, che precipitano allo stato cristallino o diventano tali dopo alcun tempo,
precipitano realmente e non formano soluzioni colloidali; fra queste egli ricorda l'os-
salato di calcio, il fosfato ammonico magnesiaco, il solfato di bario; ed io stesso con
esperienze dirette volli assicurarmi che in presenza di albumina d'ovo e di siero di
sangue le reazioni fra cloruro calcico da un lato e carbonato, fosfato e metafosfato
sodico dall'altro, si compiono bene e prontamente, quasi come in acqua pura. Solo
notai alcune particolarità nella forma cristallina dei precipitati che si formano in
presenza di albuminoidi, particolarità, che mentre nulla tolgono alla sensibilità delle
reazioni, sono di speciale interesse per la biologia, quando si mettano in relazione
colla deposizione di sali calcarei nello scheletro (8).
Onsum (9) del resto aveva già da tempo osservata la presenza di cristalli di
ossalato calcico nei vasi sanguigni di animali avvelenati con ossalati, ciò fu confer-
mato da altri; e quando due anni or sono io cercava di provocare nei mammiferi
dei fenomeni di antagonismo fra ossalato e calcio, ebbi la formazione di ossalato
calcico nei vasi, il che era poi causa di coagulazione intravascolare (10).
(1) Rabuteau et DucoNDREY, S'io' les propriétés des sels de calcium, " Compt. rencl. T. 76 (1873),
p. 349, 355.
(2) CcRcx A., Sul meccanismo di azione dei comuni metalli alcalini ed aleni ino-terrosi, * Ann. di
Chim. e Farm. „, voi. Ili, ser. IV (1886), p. 337-350.
(3) Regoli P., Azione dei metalli alcalino-terrosi sulla eccitabilità elettrica della corteccia cerebrale.
" Bollettino della Società tra i cultori delle Se. med. e nat. in Cagliari 1900, p. 151-156. — Sul-
l'uso del calcio come emostatico, " Rivista critica di Clinica medica anno III (1902).
(4) Delogu G., loc. cit.
(5) Silvestri T., Dell'azione emostatica delle iniezioni endovenose di cloruro di calcio, " C4azzetta
degli Ospedali e delle Cliniche 1902, N. 39.
(6) Le esperienze fatte da Roncoroni, alle quali assisteva io pure, credo sono ■ tuttora inedite ;
le iniezioni endovenose di CaCl* nell'uomo non produssero alcun inconveniente ne immediato, ne
lontano.
(7) LoiìRY A. C. De Brov-v, L'état physique de substances insolubles dans l'eau, formées dans un
milieu de gelatine, " Ree. Trav. chim. Pays-Bas T. XIX (1900), p. 236-249.
(8) Di questi fatti mi occuperò, spero, in un prossimo lavoro assieme al collega Boeris, Profes-
sore di Mineralogia.
(9) Citato da Notun-agel H. e Rosseach M.-.J., Xuovi elementi di materia medica e terapeutica,
versione italiana, Napoli (1887), p. 358.
(10) Vedansi più avanti le esperienze coU'ossalato di sodio e cloruro calcico.
462
LUIGI SABBATAKI
4
Conv'iene però ricordare che, per la piccola concentrazione del Ca"^"^ nell'orga-
nismo e per la solubilità abbastanza alta di alcuni sali di calcio, come il solfato, il
citrato ecc., i corrispondenti sali di sodio non potrebbero produrre alcun precipitato
calcare nel sangue, o nei protoplasmi; l'azione decalcificante di questi reattivi si
esplica solo o mercè fenomeni di retrocessione nella dissociazione elettrolitica, allorché
cresce molto la concenti'azione di un dato anione (solforico), o per la formazione di
molecole poco dissociabili rispetto al calcio (citrato). Solo così, riferendoci al jone-
calcio, possiamo comprendere come tutti questi reattivi siano capaci di provocare
nell'organismo dei fenomeni di decalcificazione. Certamente con nessuno di questi, e
neppure a dosi altissime, si potrebbe mai produrre una decalcificazione totale; ma
come nella analisi chimica quantitativa, cosi pure nell'esperimento fisiologico, col cre-
scere della quantità di reattivo decalcificante iniettato, la concentrazione del Ca-jone
fisiologico diminuisce sempre piìi, finche per una determinata quantità di reattivo si
raggiunge un valore così basso nella concentrazione del calcio-ione, che questo non è
più sufficiente per la funzione sua normale nel sangue o nei citoplasmi. Dall'altro
lato, iniettando nelle vene degli animali un sale solubile di calcio, la concentrazione
del jone-calcio nei liquidi circolanti e protoplasmi aumenta, e seguitando ad iniettare
calcio, presto si raggiunge un valore così alto nella concentrazione del Ca-jone, che
è esso pure incompatibile colla funzione normale.
Per le considerazioni sopradette ho studiato ora l'azione generale e tossica com-
parata dei seguenti reattivi decalcificanti, facendo con ciascuno una lunga serie di
esperienze; solo per ciò che riguarda i saponi, come già feci nella II parte delle
presenti ricerche, mi sono limitato a riferire alcuni dati sperimentali ottenuti da
altri, perchè non è mia intenzione addentrarmi ora nello studio dei saponi che, per
i rapporti coi grassi, troppo lungi mi condurrebbe dallo scopo delle presenti ricerche.
1". Fluoruro di sodio;
2°. Solfato di sodio;
3°. Metafosfato di sodio:
4°. Pirofosfato di sodio ;
5°. Solfato bisodico;
6"^. Carbonato sodico neutro ;
7°. Carbonato sodico acido;
8°. Saponi di sodio;
9°. Ossalato di sodio;
10°. Citrato trisodico.
In questo studio ho cercato di mettere bene in evidenza le analogie, il modo
d'agire e l'importanza che nel determinismo dei fenomeni tossici acquista il carattere
di decalcificante per questi sali; e come nei lavori antecedenti, così anche ora, speri-
mento sempre di pari passo col calcio e coi reattivi decalcificanti, li inietto diret-
tamente nelle vene, o li applico sopra organi isolati, a ciò che le variazioni di con-
centrazione del Ca-jone, che in questo modo si producono nei liquidi circolanti e nei
protoplasmi, siano abbastanza forti e rapide; così evito che possano sorgere fenomeni
di compenso fisico-chimico o fisiologico, oppure fenomeni di abitudine. Ho raccolti
5
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
463
anche alcuni fatti di antagonismo fra il calcio da un lato ed i vari reattivi decalci-
ficanti dall'altro, i quali, quantunque non siano così numerosi e belli come per il
citrato trisodico, e ciò o perchè si formano precipitati, o perchè alcuni anioni hanno
una tossicità loro speciale, o perchè in alcuni di questi sali, idrolizzandosi, l'azione
resta complicata dalla formazione di 0H~ od H+ jone, tuttavia sono interessantissimi
e li riferirò a suo luogo. Tenni poi conto speciale della influenza che la concentra-
zione delle soluzioni iniettate e la velocità delle iniezioni stesse hanno sopra le mani-
festazioni tossiche.
Con queste ricerche, mentre si porterà un nuovo contributo allo studio fisiolo-
gico dei sali in genere, si porranno in evidenza alcuni fatti molto interessanti per
10 studio farmacologico di alcuni di essi (carbonati, meta- piro- ed orto-fosfati), e dal
complesso di tutte le esperienze si trarranno nuovi o sicuri dati in appoggio della
ipotesi sulla funzione moderatrice del calcio-jone protoplasmatico.
Adoperai sempre sali puri del commercio, o purificati da me stesso, alcuni anzi
11 preparai direttamente, ed ebbi cura che la tecnica, del resto semplicissima, restasse
sempre la stessa per tutte le serie di esperienze a ciò i risultati fossero sicuramente
paragonabili.
Per la bibliografia dei lavori farmacologici e fisiologici sopra i sali di calcio ed
i reattivi decalcificanti, alle indicazioni che già ripoi'tai nella I e II parte di queste
ricerche, altre ne aggiungerò a suo luogo; ma fin d'ora giova osservare, che mentre
le ricerche sperimentali coi sali aventi azione decalcificante sono molto numerose, di
poche solo potremo giovarci. La massima parte di esse furono fatte quando ancora
non si sospettava che nel determinismo dell'azione tossica loro intervenisse il potere
decalcificante ; ma indipendentemente da ciò, spesso i risultati ottenuti da diversi spe-
rimentatori e con diversi sali non sono affatto comparabili, perchè diverse erano le
condizioni sperimentali, e spesso mancava un criterio direttivo chimico esatto, od una
tecnica sperimentale rigorosa, quale il confronto della tossicità diversissima di sostanze,
ora molto attive, come l'ossalato sodico, ora pochissimo attive, come il bicarbonato
sodico, esigeva.
II.
1. Fluoruro di sodio.
L'azione dei fluoruri era stata studiata primieramente da Rabuteau (1), poi da
Tappeiner, da Schulz (2), ed istologicamente da Pitotti (3). Tappeiner nei mam-
miferi e per via endovenosa od ipodermica a dose di gr. 0,15 per chilo corporeo
osservava fra i vari sintomi convulsioni parziali o generali, aventi in alcuni animali
(1) Rabuteau, Étude expérimentale sur les effets physiologiques da fluorures et des compo^és metal-
liques en général, Paris, 1872.
(2) Tappeiner H., Zur Kentniss der Wirkung des Fluornatrinins, " Aroh. fiir ex. Patii, u. Pharm.
Bd. XXV (1889), S. 203-224. — Schulz U., Untersnchiingen iiber die Wirkung des Fluornatritims und
hr Fltiorsilure, " Ardi, fur ex. Path. und Pharm. „ Bd. XXV (1889), S. 328-346. — Tappeiser H.,
Mittheilung iiber die Wirkungen des Fluornatrium, " Arch. tur ex. Path. u. Pharm. Bd. XXVII (1890).
(3) Pitotti G., Dell'influenza che esercita il fluoruro di sodio sui vari organi e sugli elementi dei
tessuti dell'organismo animali', * Bullettino delle Se. mediche di Bologna .serie VII, voi. IV (1892).
464
LUIGI SABBATANI
6
carattere epilettico, la qual cosa perfettamente concorda con quello che vedremo
accadere con tutti i reattivi decalcificanti, i quali sempre producono fenomeni di ecci-
tazione generale intensi.
Le osservazioni di Tappeiner sono state poi confermate in tutto da Lazzaro (1),
il quale notò per giunta che, quando l'avvelenamento procede lento, compare dege-
nerazione grassa del cuore, del fegato e dei reni, ed in appresso avremo occasione
di notare qualche cosa di analogo anche per altre sostanze di questo gruppo. Ma di
tutte le esperienze del Tappeiner a noi specialmente interessano due fatte nei conigli
per iniezione intravenosa:
Un coniglio di 1600 grammi con 0,12 di fluoruro sodico, iniettato nelle vene,
presentò subito debolezza, dopo 10 minuti trisma, e dopo 3 ore era di nuovo normale.
Un altro coniglio di 1180 gr. con 0,20, ancora per via endovenosa, presentò
dopo 5 minuti aumento della frequenza respiratoria da 65 a 114 al minuto, in ap-
presso salivazione e dopo 15 minuti trisma, convulsioni generali e morte.
Siccome però nel confronto della dose minima letale dei reattivi docalcificanti io
mi sono attenuto sempre a quella che provoca morte immediata dell'animale, così
queste esperienze non potevano servire all'intento, e ne ho fatte appositamente
alcune.
Esperienza (2 maggio 1903).
Coniglio m. di Chgr. 1,035. — Iniezione nella giugulare destra di cm^ 4, .5 di soluzione
al 5 "/o di fluoruro sodico, fatta in due minuti circa.
L'animale muore con poche scosse convulsive generali, non ben chiaro se dipendenti da
asfissia no.
Aperto subito il torace, le orecchie sono dilatate, i ventricoli fortemente contratti e rigidi.
Muore con gr. 0,225, gr. 0,217 per chilo, gr.-mol. 0,0051 per chilo.
Esi'ERiENZA 2" (2 maggio 1903).
Coniglio f. di Chgr. 1,100. — Iniezione nella giugulare destra con cm' 38 di soluzione
all'I "/o di fluoruro sodico, fatta in 5'.
L'animale presenta moti convulsivi ripetuti, lunghi, generali a carattere tonico, quando il
cuore pulsa ancora bene, poi muore.
Aperto subito il torace, si trova il cuore fermo, ineccitabile, col solo ventricolo sinistro
contratto. Il sangue raccolto dal cuore coagula abbastanza presto, in 10' circa. La rigidità
cadaverica compai-e pure prontamente.
Muore con gr. 0,38, con gr. 0,34 per chilo, con gr.-mol. per chilo corporeo 0,0082.
Esperienza 3^^ (4 maggio 1903).
Coniglio di Chgr. 0,920. — Per la vena giugulare destra in 2' circa inietto cm^ 4,2 di
soluzione al 5 "/o fluoruro sodico.
L'animale, dopo ripetute scosse convulsive generali muore.
Aperto, si nota che i ventricoli sono fortemente contratti e rigidi.
Questo coniglio mori con gr. 0,21, gr. per chilo 0,23, gr.-mol. per chilo corporeo 0,0055.
(1) Lazzaro C, Sull'azione dei fluoruri alcalini nell'organismo animale, ' Sicilia med. Torino-
Palermo, 189L ni, 405-411.
7
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
Da tutte queste esperienze vediamo quindi che nei conigli e per via endovenosa :
con gr. 0,075 per chilo l'animale sopravvive (Tappeiner);
con gr. 0,169 per chilo l'animale muore dopo 20' (Tappeiner);
con gr. 0,2G2 per chilo l'animale muore immediatamente (media delle tre espe-
rienze mie).
Questa dose letale corrisponde a gr.-equivalenti 0,0062 per chilo d'animale.
Ricorderò poi che il fluoruro sodico, applicato direttamente sulla corteccia cere-
brale, non ha dato mai un aumento deciso e chiaro dell'eccitabilità elettrica, e perciò
credo che le manifestazioni fisiologiche prodotte da esso non dipendano esclusivamente
dall'azione sua decalcificante, ma in parte anche dal fluor-jone, ed in questo concetto
mi confermano varie considerazioni, fra cui il comportamento del fluoruro sulla coa-
gulazione del sangue, il quale è, come già vedemmo altrove, un po' diverso da quello
degli altri reattivi decalcificanti. Pur tuttavia la tossicità grande del fluoruro sodico
dipende direttamente dall'azione decalcificante sua, come appai'irà chiaro dal confronto
fra il potere decalcitìcante, anticoagulante e tossico di tutti i reattivi che oi-a studiamo.
2. Solfato di solilo.
Il solfato di sodio, Na-SO^-j- lOH-0 = 322, come reattivo precipitante del calcio
è assai poco sensibile, e perciò anche ha una minima azione anticoagulante, come
abbiamo visto trattando del Ca-jone nella coagulazione del sangue. Era quindi lecito
prevedere che la tossicità sua, in quanto è un reattivo decalcificante, fosse assai pic-
cola, e l'esperienza ha confermata pienamente la previsione. Di tutte le esperienze
fatte per brevità ne riporto solo alcune, tenendo però conto esatto di tutte nella
tabella riassuntiva a pag. 466.
Esperienza 4» (14 dicembre 1902).
Cane f. di Chgr. 4,100.
17,1'. — Comincia una iniezione nella vena femorale destra con soluzione di solfato sodico
al 15,2 7o (cristallizzato).
17,6'. — Si sono iniettati cm' 100 e compaiono convulsioni a carattere nettamente tetanico, ma
di breve dorata. Appena slegato, l'animale subito cammina.
19,30'. — Rifiuta il mangiare.
(15 dicembre 1902).
Mangia poco, sta bene, ha emessa urina di reazione o neutra o leggermente alcalina.
Questo animale ha ricevuto in 5' cra^ 100 di soluzione = gr. 15,2 = gr. per chilo cor-
poreo 3,7.
Esperienza 5* (30 dicembre 1902).
Cane f. di Chgr. 3,700.
11,22'. — ^ Iniezione nella femorale sinistra con una soluzione di solfato sodico al 15,2 "/o- —
11,27'. — S Si iniettano cm' 200.
Durante l'iniezione l'animale si agita e si lamenta, in ultimo presenta un accesso tetanico
lunghissimo, con spasmo della glottide. Col lungo an-esto di respiro compare poi cianosi intensa
Serie II. Tom. LIV. v
466
LUIGI SABBATANI
8
e rilassamento generale dell'animale; però a questo punto, praticando la respirazione artificiale
colla compressione del torace, il cuore, che pulsava debolissimo, non si rianima, e poco dopo
cessa ogni pulsazione.
Aperto subito il torace e l'addome, si trova il cuore fermo, ineccitabile, in forte diastole.
Il sangue contenuto in esso e nei grossi vasi è perfettamente liquido, ma coagula prestissimo
appena fuoriesce. Il fegato è fortemente congesto e scuro assai: presenta in vari punti delle
chiazze emorragiche, è grandemente lacerabile, e durante la necroscopia una piccola lacerazione
in esso fa uscire una grossa quantità di sangue. Estratto il fegato e spremutolo leggermente,
sì che fuoriesca il sangue, appare di colore giallo intenso.
Questo animale ebbe in 5' cm' 200 di soluzione al 15,2 % = g^'- 30,4 = gr. 8,2 per chilo
corporeo.
Esperienza 8" (4 luglio 1903).
Coniglio f. di Chgr. 1,.350.
17,18'. — ) Iniezione nella giugulare destra di cm' 114 di soluzione al 16 "/^ di solfato sodico
17,36'. — ) cristallizzato.
Dapprima l'animale resta tranquillo, poi durante l'iniezione presenta scosse convulsive
generali, indi scosse muscolari isolate e piccoli movimenti delle dita, che si fanno sempre più
lievi, fino a che in uno stato di profonda depressione il respiro s'arresta e contemporaneamente
le pulsazioni cardiache si affievoliscono fino a che più non si percepiscono. Durante l'iniezione
si ha diui-esi abbondante. Aperto subito il torace si trova che il cuore fa lievi pulsazioni. Il
sangue interamente liquido coagula presto fuori dei vasi. Fegato congesto, lacerabilissimo.
Questo coniglio ebbe in 18' cm^ 114 di soluzione = gr. 13,5=gr. 0,75 per chilo corporeo.
I dati principali e l'esito di tutte le esperienze fatte col solfato sodico trovansi
riuniti nella seguente tabella:
C3
a
Iniezione di solfato (Na^SO*+ lOff 0)
sperie
Peso
in Chgr.
con soluz. al "/o
corrispondente a
N. della e
Animale
3
g
c
S
a
_g
grammi
grammi
per chilo
grammi
per chilo
e minuto
(velocità)
4
cane
4,100
5
15,2
100
15,2
3,7
0,74
5
»
3,700
5
200
30,4
8,2
1,64
6
»
4,400
16
272
39,2
8,9
0,55
7
4,200
10
»
233
35,4
8,4
0,84
8
coniglio
1,350
18
16
114
18,2
13,5
0,75
9
0,835
5
»
41
6,5
7,8
1,56
10
»
1,010
9
»
69
11,0
10,9
1,21
11
1,315
9
75
12,0
9,1
1,01
V
M
M
M
M
M
M
M
Dose letale media
per
chilo corporeo
in grammi
8,5
10,3
Da questa si vede che il solfato sodico è veramente assai poco tossico, si che
ne occoiTono gr. 8,5 per chilo corporeo nei cani, e gr. 10,3 nei conigli, onde pro-
durre la morte immediata. Queste dosi, le quali corrispondono rispettivamente a
(1) In questa e nelle seguenti tabelle si indica con M che l'animale rauoi-e e con V che sopravvive.
9
, FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
467
gr. 3,7 ed a gr. 4,5 di sale anidro, concordano abbastanza bene con alcuni dati di
MiiNTZER (1) (gr. 4,47). Nei cani la velocità della iniezione pare influisca poco sulla
grandezza della dose minima letale; ma nei conigli ha una influenza manifesta c sta-
rebbe in relazione colla diuresi profusissima elio in essi provoca l'iniezione di solfato
sodico, diuresi colla quale si elimina rapidamente una grande quantità di solfato.
Riguardo ai sintomi si hanno qui fenomeni convulsivi, ma meno intensi che per
gli altri sali di cui ci occuperemo, e ricordano piuttosto quelle contrazioni che si
hanno con iniezioni endovenose di alte dosi di cloruro sodico, di quello che convul-
sioni nettamente tetaniche, nè ciò può fare meraviglia qualora si ricordi che il solfato
sodico, come reattivo decalcificante, è assai poco sensibile, ed alle dosi altissime cui
bisogna introdurlo, onde produne la morte degli animali, indubbiamente entrano in
scena fenomeni dipendenti da una tossicità fisica, per la concentrazione molecolare
elevata che si porta nel sangue, fenomeni che vengono a complicare il quadro della
intossicazione. Anzi, se la concentrazione molecolare non intervenisse, come già abbiamo
dimostrato a proposito della incoagulabilità del sangue, ottenuta in vitro con questo
sale, il solfato sodico non potrebbe produrre una diminuzione sensibile della concen-
trazione jonica del calcio nei tessuti, il che diventa possibile solo allorquando, per la
concentrazione molecolare elevata del solfato, verosimilmente si provocano fatti di
retrocessione nella dissociazione elettrolitica dei sali di calcio.
l'azione sua anticoagulante (2), ed ora basterà ricordare che in piccola quantità pre-
cipita il calcio, dando un metafosfato calcico insolubile, ma in eccesso ridiscioglie il
precipitato calcare, ed il liquido limpido che ne risulta non dà più le reazioni sensi-
bili, caratteristiche del calcio; si comporta allora come il citrato, il quale non preci-
pita il calcio, ma ne impedisce le reazioni.
Da questo risulta quindi che il metafosfato sodico, a seconda della dose, può
produrre una diminuzione nella concentrazione jonica del calcio in doppio modo : o
precipitandolo come fa l'ossalato, o trasformandolo in joni complessi come farebbe il
citrato trisodico; e ciò tanto in soluzioni acquose pure, che nel sangue in vitro, o
nell'animale vivo per iniezioni endovenose, provocando in ogni caso una decalcifica-
zione di interesse puramente chimico, fisiologico o farmacologico, a seconda dell'am-
biente in cui si produce. E le manifestazioni fisiche e fisiologiche di questa decalci-
ficazione, prodotta dal metafosfato, saranno quindi varie, a seconda della dose; ora
somiglianti più a quelle date dall'ossalato sodico, ora a quelle date dal citrato.
Come per il citrato, saponi, ossalato ecc., anche per il metafosfato sodico la tos-
sicità è assai diversa, a seconda che s'introduce per via gastrica, per via ipodermica,
(1) Mu.vTZER E., Zio- Lehre fon der Wirkuivj der Salze, 7 Mittheilung. — Die AUyemeìnwirk'rnig
der Salze, ' Ardi, fiir ex. Pathol. u. Pharm. ., Bd. 41 (1898), S. 74-96.
(2) Sabbatani L., Funzione biologica del calcio, Parte li, Il calcio-ione nella coagidazione del sangue,
" Memorie della R. Acc. delle 8c. di Torino Serie li, tomo LII (1902), p. 21.3-257.
3. 31et a fosfato di sodio.
Dei caratteri chimici del metafosfato
parlando del-
468
LUIGI SABBATANI
10
per via endovenosa, tanto diversa che si sarebbe tentati a dire che queste sostanze
sono per bocca quasi del tutto innocue, a confronto della tossicità grandissima che
acquistano per iniezione endovenosa.
Gamgek (1) aveva constatata la tossicità dell'acido metafosforico nelle rane;
ScHULZ (2) vide poi che il metafosfato sodico per iniezioni ipodermiche nei conigli
alla dose di gr. 0,5 riesce innocuo, ma letale a gr. 1,0; vide che amministrato per
via gastrica provoca infiammazione della mucosa, la quale si mostra coperta da ecchi-
mosi bruno nere più o mene intense. Ma io dubito assai che ciò provenisse da qualche
causa d'errore che è sfuggita forse alla osservazione di Schulz, poiché il metafosfato
sodico non ha affatto azione irritante e caustica (Vedi Esp. 15) e può precipitare gli
albuminoidi (Vedi Esp. 14) e fissare i tessuti (Vedi Esp. 16) solo a condizione che si
trovi in presenza di una forte quantità di acido. Dubito che colla sonda Schulz pro-
ducesse forse nello stomaco delle lesioni materiali e degli stravasi sanguigni, i quali
per la presenza di un liquido ad azione anticoagulante energica, come è il metafosfato
sodico, diventavano gravi, laddove in condizioni ordinarie sarebbero passati del tutto
inosservati.
È nota l'azione precipitante dell'acido metafosforico o del metafosfato sodico in
ambiente acido sugli albuminoidi (3) e mentre di questo fatto io doveva tener conto
nell'interpretazione dei fenomeni tossici prodotti dal metafosfato, è evidente altresì
che, avendosi in tutto l'organismo sempre un ambiente alcalino, tranne che nello
stomaco e nelle vie urinarie dei carnivori, si poteva ritenere che, qualora nell'orga-
nismo avvenissero fatti di coagulazione o precipitazione di albuminoidi per opera del
metafosfato, ciò fosse esclusivamente nello stomaco o nelle vie urinarie dei carnivori.
Conveniva quindi stabilire se l'acidità normale di queste parti sia realmente baste-
vole per la reazione, ed è con questo intento che ho fatte le seguenti esperienze :
Esperienza 12* (13 novembre 1903).
Un albume d'uovo viene sbattuto con quattro volumi d'acqua, quindi filtrato e su di esso
si sperimenta l'azione precipitante del metafosfato in presenza di diversi acidi, usando però delle
soluzioni acide abbastanza diluite, e tali che da sole non danno alcun precipitato coll'albumina.
Si vide così che il metafosfato sodico cogli acidi cloridrico, nitrico, solforico, fosforico ed
acetico precipita benissimo l'albumina.
Si vide che il solfato acido di sodio serve ancora benissimo, mentre poi il fosfato mono-
sodico e l'acido carbonico non precipitano affatto l'albumina col metafosfato sodico.
Si vide in fine che, in presenza di fosfato monosodico occorre aggiungere molto più acido
perchè la reazione avvenga.
Esperienza Id" (13 novembre 1903).
Ao-o-iuncendo a dell'urina d'uomo o di cane normale e molto acida del metafosfato e del-
l'albumina d'uovo, non si ha alcun intorbidamento ; questo si ha solo aggiungendo dell'acido.
A parità di condizioni la reazione avviene più debole che in acqua pura; nell'ui-ina occorre
aggiungere più acido.
(1) Citato da Schulz.
(2) Schulz H., Ueber die Giftigkeit der Phosphor-Sauerstoffverbindungen und iiber den Chemismus
der Wirkung anorganischer Gifte, ' Arali, tur ex. Pathol. und Fharm. Bd. 18 (1884), S. 174-208.
(3) Il precipitato e stato paragonato alle nucleine.
11
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
469
Esperienza 14" (5 dicembre 1903).
A del siero di sangue di cane, diluito con 3 volumi d'acqua, aggiungeva del raetafosfato
sodico, poi delle quantità progressivamente crescenti di acido cloridrico, fino ad ottenere un
lieve intorbidamento. Ripeteva poi questo saggio diverse volte, aggiungendo sempre più acqua,
in modo che i reagenti si trovassero successivamente e sempre ad una concentrazione minore.
Vidi cosi che la reazione col raetafosfato ed acido cloridrico sulla siero-albumina compare
quando il raetafosfato e 1' acido si trovano in un determinato rapporto, indipendente dalla
diluzione. In un' altra serie di saggi, fatti in modo identico , determinava la quantità minima
di acido che, per una quantità fissa di raetafosfato, era sufficiente a dare il massimo di preci-
pitazione dell'alburainoide; e vidi che ciò si ottiene quando i rapporti equivalenti fra meta-
fosfato ed acido sono di 5 a 2 ; per poco che il raetafosfato ecceda, il precipitato albuminoideo
si ridiscioglie.
Esi'ERiENZA 15" (5 dicembre 1903).
Appena ucciso un coniglio colla puntura del bulbo, si apre lo stomaco, si vuota e si tocca
ripetutamente la mucosa con un batuffolo di cotone bagnato con soluzione di raetafosfato
sodico 4" ^1 rioi^ si osserva nessun carabiaraento nella raucosa.
4
Bagnata poi in più parti con una soluzione di raetafosfato, acidificata con acido cloridrico
nei rapporti 5 a 2, come s'è visto nell'Esp. 14*, la raucosa assumeva un aspetto bianco opalino.
La soluzione era così preparata:
Di soluzione di raetafosfato -r N cm^ 30
4
Di soluzione di HCl 3 "j^o cm^ 25.
EsPERiEXZA 16* (5 dicembre 1903).
Si pongono pezzetti di muscoli delle pareti addominali, d'intestino, di polmone e di fegato
in una soluzione di raetafosfato sodico, acidificato come nelhi esperienza precedente.
I vari tessuti, più o meno presto, assumono un colorito biancastro, che compare prima
dove più abbondante è il tessuto connettivo.
Passati poi nella serie degli alcool, inclusi, colorati, sezionati e montati dal Dott. Pasini,
questi osservò che la soluzione acida suddetta di raetafosfato è un buon fissatore.
Esperienza IT* (6 dicembre 1903).
Cm' 20 di sangue arterioso di cane, mescolati con cm' 2 della soluzione acida di meta-
fosfato sodico, usata nelle due esperienze precedenti, si conservarono indefinitamente liquidi,
plasraa incoloro, lattescente in alto, globuli rossi bene stratificati al fondo.
Esperienza 18" (12 gennaio 1902).
Cavia m. di Chgr. 0,521. — Introdotti nello stomaco cm^ 15 di soluzione al 2,428 di
raetafosfato, l'animale non presentò nessun disturbo (gr. 0,70 per chilo).
Esperienza 19* (12 dicembre 1903).
Coniglio m. di Chgr. 1,400.
16,10'. — Si introducono colla sonda nello stomaco cm* 39 di soluzione 4" N di raetafosfato
4
sodico.
470
LUIGI SABBATANI
12
(13 dicembre 1903).
9,30'. — L'animale non ha presentato alcun disturbo; ucciso colla puntura del bulbo, alla
sezione non si riscontra nessuna lesione anatomica.
Esperienza 20'' (11 gennaio 1902).
Cane f. di Chgr. 4,700. — Introdotti nello stomaco cm^ 40 di soluzione al 2,428 "/o <5i
metafosfato sodico, corrispondenti a gr. 0,97, a gr. 0,20 per chilo corporeo, l'animale stette
sempre bene e non presentò il più piccolo disturbo.
Nell'urina non si conteneva nè albumina nè zucchero.
Da queste esperienze si vede che il metafosfato sodico dà precipitazione degli
albuminoidi e fissazione dei tessuti solo quando trovasi in presenza di acidi forti
(Esp. 12*) e che l'acido carbonico ed il fosfato monosodico non sono sufficienti a ciò.
Quindi nè l'acido carbonico, che il metafosfato sodico assorbito può incontrare nell'or-
ganismo, nè l'acidità dell'urina (Esp. 13"), proveniente da fosfati primari, possono far
sì che il metafosfato dia luogo, o nei tessuti in genere, o nelle vie urinarie, a modi-
ficazioni funzionali dipendenti da precipitazione di albuminoidi. E notisi per giunta
che verosimilmente nelle urine non passa neppure del metafosfato sodico (Esp. 36'),
e che se anche a dell'urina normalmente acidissima aggiungiamo ad arte del meta-
fosfato e dell'albumina, a ciò si formi intorbidamento apprezzabile, conviene aggiun-
gere più acido di quello che se si operasse in acqua pura (Esp. 13").
Da queste esperienze si vede inoltre che mentre l'acido cloridrico è adattatissimo
a dare una buona reazione col metafosfato e gli albuminoidi, questa però avviene
solo quando l'acido non è in troppo scarsa quantità ; e che il rapporto equivalente
fra metafosfato ed acido di 5 a 2 rappresenta la quantità minima di acido con cui si
può ottenere il massimo di precipitazione albuminoidea. Quindi ben difficilmente nello
stomaco, o per deficienza di acido gastrico, o per eccesso di metafosfato, rapidamente
ingerito, potremo trovare quei rapporti favorevoli che del resto darebbero una lesione
del tutto superficiale : ed in fatti nella cavia, nel coniglio ed anche nel cane, che pure
ha una forte acidità gastrica, per introduzione di alte dosi di metafosfato nello sto-
maco non abbiamo osservato alcun disturbo funzionale, nè alcuna lesione anatomica.
In fine, se anche avvenisse assorbimento della soluzione acida di metafosfato, la
quantità di essa sufficiente a dare l'azione caratteristica è così piccola, che tosto sa-
rebbe ad esuberanza neutralizzata quella poca acidità della soluzione dagli alcali del-
l'organismo (Esp. 17'').
Quindi riassumendo, non pare affatto credibile che nel determinismo delle mani-
festazioni generali e tossiche prodotte dal metafosfato sodico intervengano fenomeni
di coagulazioni albuminoidee, neppure là dove, come nello stomaco e nelle vie urinarie
dei carnivori, avendosi reazione acida, pareva la cosa più probabile.
Per lo studio dell'azione del metafosfato ho fatte numerose esperienze sulle rane,
sulle cavie, conigli e cani, servendomi di iniezioni ipodermiche ed intraperitoneali
nelle prime, e di iniezioni endovenose in tutti gli altri animali; ho poi fatte espe-
rienze di applicazione diretta del metafosfato sulla corteccia cerebrale, sul midollo, sui
nervi e sui muscoli, ed in fine ho fatti alcuni saggi di antagonismo fra metafosfato
13
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
471
e calcio, analogamente a quello che già feci per il citrato. Di tutte queste esperienze
però riporterò per esteso solo quelle che a me sembrano piìi interessanti:
Esi'ERiENZA 21" (15 gennaio 1902).
Rane del peso medio di gr. 30. — 'A cinque rane iniettai nel sacco linfatico dorsale rispet-
tivamente era'' 1 — 0,8 — 0,6 — 0,4 — 0,2 di soluzione al 2,428 "/„ di metafosfato sodico.
Quella che n'ebbe cm' 1, iniettata alle 17,19', alle 17,45' (dopo 26') si mostrava molto
depressa ; posta sul dorso si rialzava lentamente, con stento reagiva, debolmente, con movimenti
tardi. Alle 17,57' (dopo 38') posta sul dorso non riusciva più a raddrizzarsi. Alle 18,8', posta
sul dorso, non si raddrizza, ma stimolata reagisce discretamente, assai più di prima.
Quella che n'ebbe cm^ 0,8, iniettata alle 17,22', alle 18,8' (dopo 46') si mostrava molto
depressa, nè altro di più presentò in appresso.
Quella che n'ebbe cm' 0,6, iniettata alle 17,24', alle 18,10' (dopo 46') posta sul dorso era
incapace di raddrizzarsi, reagiva fortemente agli stimoli, e spesso faceva contrazioni toniche
generali di carattere tetanico. Alle 18,15' (dopo 51') si raddrizza bene quando viene posta
sul dorso.
Quella che n'ebbe cm' 0,4, iniettata alle 17,21', alle 18,8' (dopo 44') reagiva manifesta-
mente in modo assai più vivace che in condizioni normali. Altro non si notò in appresso.
Quella che n'ebbe cm' 0,2, iniettata alle ore 17,27', alle 18,8' (dopo 41') reagiva manife-
stamente con maggiore vivacità di quello che in condizioni normali.
(16 gennaio 1902).
Al mattino si trova che tutte queste rane stanno cosi bene, che non si sarebbero distinte
da rane non tocche.
(25 gennaio 1902).
Dopo dieci giorni dall'iniezione stavano ancora perfettamente bene; uccise, alla sezione non
presentavano nulla degno di nota.
Esperienza 22" (17 gennaio 1902).
Rane del peso medio di gr. 30. — A cinque rane iniettai nella cavità addominale rispet-
tivamente cm' 1 — 1,2 — 1,4 — 1,6 — 1,8 di soluzione al 2,428 "f^ di metafosfato sodico.
Quella che ebbe cm' 1 dopo 8' si mostrava manifestamente un po' eccitata, ma poi dopo
35' reagiva assai meno vivacemente che in condizioni normali. Dopo 14 ore giaceva sdraiata
sul dorso, ma dopo 16 ore si raddrizzò da sè, e stette poi sempre benissimo, sì che il 26 (dopo
9 giorni) si tralasciò l'osservazione.
Quella che ebbe cm' 1,2, dopo 6' posta sul dorso non poteva più raddrizzarsi, ma stimo-
lata reagiva fortemente; dopo 17', stimolata, faceva contrazioni a carattere tetanico. Dopo 34'
reagiva poi pochissimo, e dopo 14 ore si trovò morta.
Quella che ebbe cm' 1,4 dopo 15' posta sul dorso non si raddrizzava più e reagiva debol-
mente; dopo 32' reagiva appena; ma poi dopo 14 ore si era del tutto ristabilita, e stette poi
benissimo anche nei giorni successivi.
Quella che ebbe cm' 1,6 dopo 15' si mostrava già molto depressa ; dopo un'ora, posta sul
dorso, non si raddrizzava più e reagiva pochissimo agli stimoH; 14 ore dopo stava immobile,
giacente sul dorso, ma poi a poco a poco si ristabilì completamente e stette poi sempre benis-
simo, sì che il giorno 26 verso sera venne uccisa.
Quella che ebbe cm' 1,8 dopo 14' si mostrava molto depressa; dopo un'ora, posta sul
dorso si raddrizzava con stento e reagiva pochissimo agli stimoli. Dopo 14 ore stava sdraiata,
supina, e stimolata rispondeva con contrazioni toniche generali. A poco a poco anche questa
rana si ristabilì e stette poi sempre benissimo.
472
LUIGI SABBATANI
14
Esperienza 25» (8 luglio 1903).
Cane f. di Chgr. 6,600.
18,58'. — ^ In tre riprese si iniettano cm' 57 della solita soluzione di metafosfato ; si hanno
19, 8'. — S dapprima violenti e ripetuti accessi convulsivi a carattere tetanico, alternati da
periodi di quiete, si notano contrazioni di muscoli isolati, poi contrazioni fibrillari,
indi depressione ed arresto di cuore mentre il respiro dura ancora per qualche tempo.
Il sangue raccolto dal cuore era interamente liquido e coagulava bene, quantunque un po'
lentamente.
Questo animale morì con gr. 1,38 = gr. per chilo corporeo 0,21.
Esperienza 26* (8 luglio 1903).
Coniglio di Chgr. 0,890.
' ,' [ Inietto nella giugulare destra cm' 6,6 di soluzione al 2,428 % di metafosfato sodico.
16,33 . — ;
Durante l'iniezione l'animale presenta scosse convulsive forti , generali, a carattere preva-
lentemente tonico ; in appresso presenta contrazioni di muscoli isolati, poi tremiti fibrillari, indi
verso la fine dell'iniezione il respiro s'arresta, ma il cuore pulsa sempre bene e validamente.
16,35'. — A poco a poco il respiro spontaneamente è ricomparso, ma l'animale è molto depresso
e solo ad intervalli presenta lievi scosse convulsive.
16,40'. — Sta bene e cammina.
(9 luglio 1903).
Sta sempre bene.
Questo animale in 4' ebbe cm^ 6,6 — gr. 0,16 =gr. per chilo corporeo 0,18.
Esperienza 27» (8 luglio 1903).
Coniglio di Chgr. 1,299.
1 6,49'. — ^ Iniezione nella giugulare sinistra di cm^ 9,5 di soluzione al 2,428 Vo
P.
in Chgr.
in
in gr.
per chilo
dell'animale
co
minuti
in cm'
in gr.
per chilo
e minuto
(velocità)
23
cane
4,900
5
2,8
0,68
0,14
0,028
M
24
»
6,700
2
29,5
0,72
0,11
0,055
M
25
»
6,600
10
57,0
1,38
0,21
0,021
M
26
coniglio
0,890
4
6,6
0,16
0,18
0,045
V
27
1,299
9,5
0,23
0,17
0,038
M
28
«
0,925
2
7,0
0,17
0,18
0,090
M
29
?»
1,510
11,5
0,28
0,18
0,072
M
30
0,830
25
10,0
0,24
0,29
0,012
V
31
I)
1,210
41
10,0
0,24
0,20
0,005
V
32
n
1,340
2
6,0
0,14
0,11
0,054
V
33
cavia
0,515
3
5,0
0,12
0,23
0,077
M
34
0,517
3
4,2
0,10
0,19
0,063
M
35
0,462
2
3,7
0,09
0,19
0.095
M
Da questi dati risulta che per via endovenosa la dose letale di metafosfato sodico
per chilo corporeo è:
nel cane di gr. 0,15
nel coniglio „ ,0,18
nella cavia „ , 0,20
Se poi ordiniamo queste esperienze secondo la velocità della iniezione, disponen-
dole in gruppi naturali, secondo l'animale adoperato , si vede che la tolleranza al
metafosfato cresce quando l'iniezione procede lenta :
SeniE II. Tom. LIV. J*
474
LUIGI SABBATANI
16
Esperienza
Velocità
della
iniezione
Cane
Coniglio
A V
I A
gr. iniettati
esito
gr. iniettati
esito
gr. iniettati
esito
0,095
0,19
M
28
0,090
0,18
M
33
0,077
—
0,23
M
29
0,072
0,18
M
34
0,063
0,19
M
24
0,055
0,11
M
32
0,054
0,11
V
—
—
26
0,045
0,18
V
27
0,038
0,17
M
23
0,028
0,14
M
25
0,021
0,21
M
30
0,012
0,29
V
31
0.005
0,20
V
ScHULZ aveva osservato che un grammo di metafosfato, iniettato a dosi refratte
nel tempo di alcuni giorni non dà alcun disturbo, e questo fatto, che è conforme a
quello ora notato da noi, ci dimostra che la tossicità del metafosfato è legata ad una
modificazione rapida dell'organismo, la quale si ottiene solo allorché la concentrazione
del metafosfato raggiunge un determinato valore, e non dipende affatto da modifica-
zioni lente, paragonabili a quelle del fosforo.
Questa variazione della dose letale minima in rapporto colla velocità dell'inie-
zione è conforme a quella che abbiamo notato per altri sali, ma parmi sia meno
spiccata che per il carbonato e per la soda. Si può quindi credere che il metafosfato
sodico, iniettato nelle vene, venga eliminato, o trasformato in prodotti meno tossici,
ma ciò assai meno prontamente che per il carbonato sodico. Appare poi più vero-
simile che il metafosfato si trasformi nell'organismo in prodotti innocui o meno tos-
sici, di quello che si elimini rapidamente, poiché nell'urina di animali, che hanno
assunto per bocca alte dosi di metafosfato, non se ne trova.
Esperienza 36^ (13 dicembre 1903).
Coniglio m. di Chgr. 1,250.
14,15'. — Si introducono nello stomaco colla sonda cm' 80 di metafosfato -7- N.
4
16,30'. — L'urina che ha emessa è limpidissima e lievissimamente alcalina. Dà coll'albumina
ed HCl reazione negativa per il metafosfato.
16,38'. — L'urina emessa al momento è come per solito torbida, fortemente alcalina. Dà come
sopra reazione negativa.
(14 dicembre 1903).
7,45'. — L'urina raccolta è torbida e dà reazione negativa di metafosfato. Appare in tutto
normale, e non contiene neppure traccia di albumina.
10,5'. — Ucciso; alla sezione non si osserva alcuna lesione nè nello stomaco nè negli altri organi.
17
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
47&
Certamente la tolleranza maggiore alle iniezioni lente non può essere attribuita
ad una eliminazione rapida per i reni, poiché nell'Esperienza :U, essendo stati aspor-
tati i reni, l'animale tollerò cosi heno l'iniezione di una dose alta di metafosfato
sodico, iniettata lentamente, come nell' Esperienza 3U, in cui i reni erano integri.
D'altra parte i rapporti chimici che passano fra acido meta- pire- ed orto-fosforico
inducono a credere che per un semplice processo di idratazione il metafosfato sodico
possa trasformarsi nell'organismo in ortofosfato acido di sodio,
/ /" /OH
PO + OH = PO-OH ,
^OXa ^^^^^^^
il quale è sicuramente assai meno tossico del metafosfato, può ad alto dosi dare feno-
meni riferibili alla acidità sua, come vedremo che fa il fosfato bisodico, allorché per
la presenza dell'acido carbonico si trasforma parzialmente in fosfato acido, ma non può
dare fenomeni fisiologici gravi, riferibili a decalcificazione, poiché il fosfato mono-
calcico è solubilissimo, bene dissociato elettroliticamente, e serve benissimo per la
coagulazione del sangue.
Come media di due esperienze ho trovato che la dose letale di fosfato monosodico
è nel coniglio di gr. 1,64 per chilo corporeo (1), gr. 1,42 se si considera il sale anidro,
mentre abbiamo visto sopra che per il metafosfato sodico la dose letale è nel coniglio
di gr. 0,18. Abbiamo quindi che a produrre la morte del coniglio in 4' minuti oc-
corrono in media per chilo d'animale gr.-molecola 0,00176 di metafosfato e gr. -mo-
lecola 0,01188 di ortofosfato monosodico; da ciò si comprende che, se il metafosfato
si trasforma in fosfato primario e l'iniezione procede lenta, debbono diventare innocue
quelle dosi che, rapidamente iniettate, riuscirebbero letali; ma da ciò pure si vede
che la tossicità del metafosfato non può essere riferita ad una trasformazione sua in
fosfato acido.
Per le cose che vedremo a suo luogo, circa le trasformazioni nell'organismo del
fosfato bisodico in fosfato monosodico a contatto dell'acido carbonico, già a priori non
pare neppure possibile che la tossicità del metafosfato dipenda da una trasformazione
di esso nell'organismo in fosfato bisodico, ed i dati di fatto lo escludono recisa-
mente; vedremo che la dose letale media del fosfato bisodico è nel coniglio di gr. 2,10
per chilo corporeo, il che in gr.-molecola corrisponde a 0,00586, dose questa mole-
(1) Esperienza 57». — 13 luglio 1903.
Coniglio di Chgr. 0,980.
10 55' J nella giugulare destra con soluzione al 10 "/o di fosfato monosodico (NaH*PO* -f"
1100' t H'O = 138). Si ha dapprima affanno di respiro, poi convulsioni asfittiche ed arresto di
' cuore. — L'animale ebbe in 5' gr. 1,60 = gr. per chilo 1,72.
Esperienza 38''. — 13 luglio 1903.
Coniglio di Chgr. 1,215.
11,13',30" l Iniezione nella giugulare destra di cm' 19 della soluzione sopradetta. — Stessi sintomi.
11, 17 , 30'' S — 11 sangue raccolto dal cuore coagula bene.
Questo animale ebbe in 4' gr. 1,90 = gr. 1,56 per chilo corporeo.
476
LUIGI SABBATANI
18
colarmente più che tripla del metafosfato sufficiente a produrre la morte (grammi-
molecola 0,00176).
Riesce invece assai difficile stabilire se la tossicità del metafosfato possa dipen-
dere no, in pax'te od in tutto, da pirofosfato acido che, come prodotto primo di
idratazione, può formarsi dal metafosfato. Trattando dell'azione del metafosfato sodico
sul sangue in vitro, dimostrai che provoca incoagulabilità per sè stesso e non per
prodotti suoi di idratazione: dimostrai che a contatto delle materie albuminoidi e del
sangue in vitro, se subisce un processo di idratazione, ciò avviene molto lentamente;
ma questo risultato sperimentale in vitro non esclude che nell'organismo vivo non
possa avvenire il contrario, ed il dubbio diventa più grave quando si osserva che la
tossicità del pirofosfato acido di sodio, rispetto a quella del metafosfato, stando ai
rapporti molecolari loro di formazione, è più che doppia di quello che per il meta-
fosfato :
2 NaPO^ + H^O =^ Na^H^P^O^
2 X 102 + 18 = 222.
La dose letale media per chilo corporeo di metafosfato nel coniglio, la quale è
di gr. 0,18, se interamente si trasformasse nell'organismo in pirofosfato acido, cor-
risponderebbe a gr. 0,195 di questo, mentre fra poco vedremo che a produrre la
morte nel coniglio di un chilo bastano soltanto gr. 0,087 di pirofosfato, ossia una
dose minore della metà di quella che potrebbe originarsi dalla dose di metafosfato
necessaria a produrre la morte.
È quindi pienamente giustificato il dubbio che la grande tossicità del metafosfato
sodico dipenda non dal metafosfato stesso, ma da pirofosfato sodico che per processo
di idratazione si può formare dal metafosfato, e questo dubbio, che si potè allonta-
nare con sicurezza allorché si studiava l'azione anticoagulante del metafosfato sul
sangue in vitro, ora invece riesce alquanto difficile allontanarlo interamente.
Aveva pensato che si potesse risolvere questo dubbio tenendo conto da una parte
dei dati chimici relativi alla velocità di idratazione degli acidi meta- e pire- fosforico
e dall'altro della diversità di tolleranza che gli animali presentano alle iniezioni lente
dei sali sodici relativi, considerando che quello che più velocemente si idrolizza
meglio dovesse venire tollerato per iniezioni lente ; ma le incertezze chimiche da un
lato e le differenze poco spiccate che otteneva sugli animali non mi permisero di
trarre da questi dati un giudizio discriminativo sicuro, molto più che i risultati delle
esperienze chimiche sulla velocità di idratazione degli acidi liberi non possono essere
valevoli anche per i sali, i quali assai meno si idratano, e le soluzioni loro si con-
servano assai meglio che quelle degli acidi.
Se però si considera l'istantaneità dell'azione generale del metafosfato iniettato
direttamente nelle vene, e l'azione sua per applicazione diretta sulla corteccia, sul
midollo, sui muscoli, sui nervi, converrebbe dire che la supposta trasformazione in
pirofosfato sia istantanea e possa essere operata egualmente bene da diversi tessuti,
le quali cose non sembrano probabili, e diventano anche meno probabili di fronte al
comportamento del metafosfato sul sangue in vitro, nel qual caso l'azione decalcifi-
cante diretta del metafosfato non può più essere posta in dubbio.
19
l'UNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
477
Ma a questo punto possiamo osservare che se l'azione tossica dei mota- e piro-
fosfato sodico dipende da una decalcificazione che essi stessi direttamente provocano
sui protoplasmi, cosi come fanno sul sangue in vitro, è perfettamente logico che la
tossicità del metafosfato sia molecolarmente un quarto circa di quella del pirofosfato,
poiché mentre una molecola di metafosfato può fissare un equivalente di calcio, una
molecola di pirofosfato ne può fissare quattro. Le dosi letali minime per chilo cor-
poreo nel coniglio e per iniezioni nelle vene del meta- e piro-fosfato sodico, calcolate
in gr.-equivalenti diventano eguali, il che dimostra come la tossicità loro sta in rap-
porto diretto della valenza chimica.
Dose letale
in gr. in gr. equivalenti
Metafosfato sodico , . . 0,180 0,0017
Pirofosfato sodico . . . 0,087 0,0015
La concordanza perfetta di questi dati sperimentali da sola basta ad allontanare
i dubbi suesposti, circa il modo d'agire del metafosfato, il quale però è da ritenere
sia di per se stesso tossico, in quanto sottrae del Ca-jone ai protoplasmi, analoga-
mente a quello che fanno gli altri reattivi decalcificanti.
Infatti, come il citrato trisodico, così pure il metafosfato sodico per applicazione
diretta sulla corteccia, sul midollo ecc., dà fenomeni intensi di eccitazione; e fra il
metafosfato ed il calcio si hanno fatti chiarissimi di antagonismo.
Esperienza 39» (8 gennaio 1902).
Cane f. di Chgr. .4,500. — Sopra la corteccia cerebrale a destra applico della soluzione di
metafosfato sodico al 2,43 7^ e saggio la eccitabilità elettrica,
10,30'. — Si ha movimento sensibile dell'arto anteriore sinistro coi rocchetti della slitta a mm 145
10.40;.-- , „ , ,150
10,52 . — Dopo una prima applicazione di metafosfato per 10' , 150
11)3'. — Dopo una seconda applicazione I75
11,16'. — Dopo una terza applicazione 200
11,29'. — Dopo una quarta applicazione , 225
e presenta poi scosse epilettiche forti all'arto anteriore sinistro.
11,44'. — Dopo una quinta applicazione ^ 220
e come sopra presenta scosse epilettiche all'arto anteriore sinistro.
Esperienza 40' (10 gennaio 1902).
Cane m. di Chgr. 7,400. — Sperimento sulla zona motrice di sinistra con una soluzione
di metafosfato sodico al 2,43 "/(,, avendo cura speciale in questa esperienza di non fare alcuna
eccitazione elettrica.
Alle 13,49' comincio ad applicare la soluzione, e cambiando spesso il batuffoletto di cotone,
seguito fino alle 14,30'. A questo momento scoppia un accesso epilettico spontaneo , grave e
lungo, che comincia con scosse tonico-clonicbe dell'arto superiore destro, si diffonde all'inferiore
pure di destra, e passa quindi al muso ed al resto del corpo.
Dopo l'accesso l'animale resta abbattuto.
Alle 14,40', durando sempre l'applicazione del metafosfato, si hanno scosse epilettiche limi-
tate all'arto anteriore destro, ma alle 14,48' scoppia un secondo accesso generale violento, più
478
LUIGI SABBATANI
lungo del primo, e come quello si svolge dall'arto anteriore destro ài posteriore destro, poste-
riore sinistro, anteriore sinistro, testa e collo. Termina con grande agitazione e grida dell'ani-
male, che ha salivazione profusa.
Alle 14,50' si ha un terzo accesso.
Alle 15 si notano scosse epilettiche quasi continue all'arto anteriore destro.
Alle 15,2' si ha un quai-to accesso epilettico generale.
Alle 15,7' quinto accesso più debole.
Alle 15,10' sesto accesso più forte.
Alle 15,16' settimo accesso.
Alle 15,28', lasciato libero l'animale, cammina malamente, fa pochi passi, poi cade, presen-
tando un ottavo accesso epilettico generale. Dopo ciò resta depresso molto, ma poi si ristabi-
lisce alquanto, ed alle 17,17' mangia con avidità.
EsPEuiENZA 41" (22 marzo 1902).
Cane m. di Chgr. 6,500. — Scoperta la zona motrice di sinistra, senza fare alcun saggio
di eccitabilità elettrica, vi tipplicai al modo solido un batuffoletto di cotone imbevuto di solu-
zione al 2,43% di metafosfato sodico: ciò dalle 17,45' alle 18,21', per 36'.
Comparvero allora accessi epilettici, che cominciavano con scosse all'arto anteriore destro
e si generalizzavano poi come al solito rapidamente; si ripeterono gli accessi sempre più spesso,
e negli intervalli si notavano scosse miocloniche continue, dapprima all'arto anteriore destro,
di poi anche al posteriore destro; si ebbe in fine uno stato epilettogeno quasi continuo. Si
uccise allora l'animale aprendo le carotidi, ed il Prof. Rokcoroni l'usufruì per ricerche istolo-
giche sulla corteccia.
Esperienza 42' (7 gennaio 1902J.
Cane m. di Chgr. 3,700. — Scoperta la corteccia cerebrale a sinistra, dopo riposo di '/j ora
vi applico della soluzione di metafosfato sodico al 2,43 "/g.
11,40'. — Si ha movimento dell'arto anteriore destro a mm. 135
11,50'. — Si ha movimento a ,145
12, 2'. — Si ha movimento a ,160
12,16'. — Si ha movimento a , 155
12,30'. — Dopo una 1^ applicazione per 10' di metafosfato , 160
12^42'. — Dopo una 2* applicazione , 185
12,55'. — Dopo una 3* applicazione, appena si tocca la corteccia eolla pinza elettrica, essendo
i rocchetti a 185 mm., subito si ha un movimento violento e scosse ei^ilettìche all'arto
anteriore destro.
Diminuita l'intensità della corrente, si ha movimento evidente della zampa anche
a mm. 240, ed avendo provata varie volte questa corrente, scoppia poi un accesso epi-
lettico fortissimo, generale, assai lungo.
13,4'. — Applico sulla corteccia della soluzione di clorm-o calcico al 2 "/oj ottengo che poco
dopo scoppia un secondo accesso epilettico (13,8') pure fortissimo, ma fu l'ultimo.
Dopo 10', da che s'era applicato il calcio, si aveva movimento evidente della zampa
solo coi rocchetti a mm. 110.
Esperienza 43* (8 gennaio 1902).
Cane f. di Chgr. 4,500. — Alle ore 15,35' colla puntura lombare introduco nel canale
spinale cm' 0,2 di soluzione airi,214 "/o metafosfato sodico, ed ottengo istantaneamente tetana
e rigidità in estensione fortissima e persistente degli arti posteriori e della coda.
21
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
479
Si ha poi tetano netto anche al treno anteriore, con opistotonio e trisma; quindi si notano
scosse violenti ad accessi, ed i riflessi sono esageratissimi.
Alle 16 il tetano diminuisce, l'animale si mostra assai debole, specie nel treno posteriore,
per cui non si regge affatto in piedi.
Alle 18 il cane si regge bene in piedi, cammina e mangia con avidità.
Il giorno dopo stava sempre benissimo.
Da tutto quello che abbiamo esposto fin qui appare evidente che l'azione tos-
sica del metafosfato sodico non è affatto paragonabile a quella del fosforo, che non
è minimamente legata alTazione coagulante dell'acido metafosforico sopra gli albu-
minoidi, che non dipende certo da prodotti di idratazione dell'acido metafosforico ; ma
dal metafosfato sodico per se stesso.
Resta dimostrato che le modificazioni organiche prodotte dal metafo.sfato, le
quali sono causa delle manifestazioni tossiche, sono certamente molto delicate e facil-
mente riparabili, e si ottengono soltanto per una introduzione rapida della sostanza.
Resta dimostrato che le manifestazioni di eccitazione generale e locale sulla cor-
teccia, sul midollo ecc., in tutto paragonabili a quelle del citrato, dipendono da una
diminuzione brusca nella concentrazione del (^a-jone protoplasmatico, prodotta dal
metafosfato, poiché scompaiono con applicazioni di calcio.
4. Pirofosfato di sodio.
SciiULZ (1) trovò che con gr. 0,.50 di pirofosfato tetrasodieo (Na^P^O') per via
ipodermica i conigli vengono a morte in 12 ore, e con gr, 1 in 3-4 ore; io, colle espe-
rienze seguenti, dopo avere visto che l'azione generale del pirofosfato tetra- e bi-
sodico è presso a poco la stessa, ho determinata la dose minima letale del pirofosfato
bisodico per chilo corporeo e per iniezione endovenosa nei conigli. L'acidità di questo
sale è paragonabile a quella del fosfato monosodico, è di poco momento, e riesce del
tutto indifferente agli animali per le piccole dosi di pirofosfato sufficienti ad ucciderli.
Ho poi fatte alcune esperienze sul midollo spinale del cane per assicurarmi che
veramente anche in questo modo il pirofosfato sodico si comporta come gli alti'i reattivi
decalcificanti. Di tutte le esperienze fatte riporto poi per esteso solo quelle che a me
sembrano piìi importanti.
Esperienza 44" (29 aprile 1902).
Cane f. di Chgr. 2,300. — Nella vena femorale destra inietto della soluzione di pirofosfato
neutro di sodio al 5,60 '/n-
Dopo iniezioni di cm'^ 0,5 l'animale si lamenta fortemente. — Dopo cm' 6,5 si ha tetano
fortissimo.
Per un incidente sorto durante l'esperienza il resto dell'osservazione va perduta.
Sappiamo quindi da ciò che gr. 0,364 di pirofosfato tetrasodieo (= gr. per chilo corporeo
0,16 =:gr.-molecola per chilo corporeo 0,0006 = gr. -equivalenti per chilo 0,0024) danno accesso
convulsivo intenso a carattere nettamente tetanico.
(1) Loc. cifc.
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LUIGI SABBATANI
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Esperienza 45» (15 luglio 1903).
Coniglio di Chgr. 1,370.
15,24'. — l Inietto nella vena giugulare destra cm^ 3,4 di soluzione al 4 "/g di pirofosfato
15,25' 30" — ^ acido di sodio.
Dm-ante l'iniezione l'animale presenta accessi convulsivi intensi a carattere tonico con opi-
stono. Poi si ha arresto del cuore e quindi anche del respiro.
Aperto subito il torace, si trova il cuore fermo, ineccitabile; il sangue raccolto dal cuore
è interamente liquido e tale resta anche dopo più di 24 ore.
Questo animale morì con gr. 0,136 =: gr. per chilo corporeo 0,100, iniettati in 1' '/«.
Esperienza 47* (15 luglio 1903).
Coniglio di Chgr. 1,720.
16,1 1'30". — l Iniezione nella vena giugulare destra con cm^ 6 di soluzione al 2 "/o di piro-
16,16'15". — S fosfato acido.
Il coniglio muore con fenomeni identici a quelli descritti nella esperienza precedente.
Alla sezione, fatta subito, si trova il cuore fermo ed ineccitabile, il sangue liquido inte-
ramente, che però coagulava bene con grande lentezza.
Questo animale ebbe in 4' '/^ gr. 0,120 = gr. per chilo corporeo 0,070.
Esperienza 50* (4 aprile 1902).
Cane f. di Chgr. 3,000. — Scoperto il midollo lombare, lo bagnai mercè un pennellino di
vaio con una soluzione al 5,6 "/o di pirofosfato sodico neutro ; dapprima solo da un lato, ed
ebbi tetano unilaterale, poi da ambo i lati ed ebbi tetano generale.
Esperienza 51* (5 aprile 1902).
Cane m. di Chgr. 3,800. — Scoperto il midollo spinale ai lombi, lo bagno dal lato destro
al modo solito, con una soluzione al 5,6 "/q di pirofosfato sodico acido; tosto dal lato destro
compare una contrazione tonica fortissima e persistente , con incurvamento di tutto il tronco
verso destra, a guisa d'un arco. Sollevato poi il midollo, e passando del liquido a sinistra, si
ebbe un tetano netto, generale e fortissimo.
Da queste esperienze si vede che tanto col pirofosfato bisodico, che col tetra-
sodico, per iniezione endovenosa nel cane e nel coniglio, o per applicazione diretta
sul midollo spinale, sempre si hanno intensissimi fenomeni di eccitazione, ai quali
segue, come anche per gli altri reattivi decalcificanti, depressione e morte.
Per ciò poi che riguarda l'azione tossica, nella seguente tabella ho riuniti i dati
delle esperienze fatte sui conigli:
Esperienza
Animale
Peso
dell'animale
in Chgr.
in minuti
Iniezione
in cm^
di pirof
al "/o
Dsfato acido
in gr.
per chilo
in gr. per
chilo e min.
(velocità)
Esito
dell'animale
45
coniglio
1,370
1 V2
3,4
4
0,100
0,066
M
46
n
1,510
IV2
2,1
4
0,068
0,045
M
47
1,720
43/,
6,0
2
0,070
0,014
M
48
»
1,360
31
9,3
2
0,136
0,004
M
49
n
1,480
4
4,5
2
0,060
0,015
M
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FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
481
Da ciò si vede che la dose letale media nel coniglio è di gr. 0,087 per chilo
corpoi'eo; e se si prescinde dalle esperienze 45 e 46, fatte con rapidità eccessiva, o
con soluzioni troppo concentrate, data la tossicità grande del pirofosfato acido di
sodio, si vede inoltre evidente l'influenza che la velocità della iniezione esercita sulla
grandezza della dose letale:
Esperienza velocità della iniezione dose letale per chilo corporeo
48 0,004 0,136
47 0,014 0,070
49 0,015 0,060
E veramente le esperienze 45 e 46 furono fatte con eccessiva velocità, e s'ebbe
la morte per azione diretta sul cuore, prima che il sale iniettato avesse tempo di
diffondersi ai tessuti : prova ne sia che in queste due esperienze si notò arresto ra-
pidissimo del cuore, il quale alla sezione, fatta subito, era ineccitabile meccanica-
mente, e che il sangue raccolto da esso era incoagulabile, il che ci attesta una decal-
cihcazione intensa subita da esso, tale da renderlo incoagulabile, e quale non si
avvera mai, non solo col pirofosfato, ma neppure con alcuno degli altri sali decalci-
ficanti, allorché si fa l'iniezione con lentezza sufficiente, a che possa avei'si il pas-
saggio del reattivo dal sangue ai tessuti, nel qual caso si immobilizza del Ca-jone
dei tessuti in quantità tale, che è incompatibile colla vita, prima ancora che si sia
immobilizzato tanto Ca-jone del sangue da renderlo incoagulabile.
È indubitato poi che la tossicità del pirofosfato bisodico dipende dal pirofosfato
stesso e non da derivati suoi, metafosfato od ortofosfato, perocché esso é il più tos-
sico di tutti questi:
Quantità corrispondenti dei sali dose tossica c
— --^ per chilo corporeo ~^
ab ed
2NaP03 = 204 gr. 0,18 0,0008
Na2H2p20^= 222 „ 0,08 0,0003
2NaH2P0* = 240 „ 1,42 0,0059
5. Fosfato bisodico.
Il fosfato sodico ordinario, Na'^HPO*+ 12H^0= 358, é un eccellente reattivo pre-
cipitante del calcio, e quindi, allorché viene aggiunto alle soluzioni acquose nei tubi
da saggio del chimico, precipita il calcio e ne diminuisce la concentrazione jonica,
aggiunto al sangue diminuisce ancora la concentrazione jonica del calcio esistente in
esso (1), e ciò tanto più quanto maggiore è la quantità di fosfato aggiunto, sì che
presto s'arriva ad un valore per il quale la concentrazione del Ca-jone è insufficiente
alla coagulazione, ed allora il sangue resta indefinitamente liquido. Analogamente,
allorché s'inietta del fosfato bisodico nelle vene dell'animale, si provoca una diminu-
zione nella concentrazione del calcio-jone degli organi, diminuzione, che si fa sempre
più grave col crescere della quantità di fosfato iniettata, e presto é causa di disturbi
(1) Cfr. Funzione biologica del calcio, Parte 11, loc. cit.
Simii? TT. Tom. LIV.
482
LUIGI SABBATANI
24
funzionali, i quali, come vedremo, dipendono, almeno in parte, da deficienza di
calcio-jone.
L'importanza grande che hanno i fosfati alcalini ed alcalino-terrosi nell'economia
animale; i rapporti chimici e farmacologici che passano fra i vari acidi ossigenati
del fosforo ed il fosforo stesso; le questioni fisio-patologiche relative alla degenera-
zione grassa che si produce nell'avvelenamento per fosforo ; l'alcalinità del sangue e
l'acidità dell'urina nei carnivori, strettamente legate alla presenza di sali alcalini
primari e secondari dell'acido ortofosforico; le questioni chimiche e fisiologiche rela-
tive al lavoro del rene, che da un liquido alcalino elabora un secreto acido; la pre-
senza ed importanza del fosforo in alcuni proteidi, sono questioni di una importanza
grandissima, che io oso appena ricordare qui ora, questioni tutte che si rannettono
intimamente al contegno dei fosfati nell'organismo.
Lo studio dell'azione decalcificante del fosfato bisodico appare quindi molto più
interessante che per gli altri sali, ina presenta anche difficoltà speciali, dipendenti
dai caratteri chimici suoi, poiché essendo il terzo atomo d'idrogeno dell'acido fosfo-
rico pochissimo dissociabile, ed il secondo pure poco, in soluzione acquosa il sale
bisodico subisce idrolisi parziale e reagisce alcalino sulle carte di tornasole.
Farmacologicamente viene considerato come un preparato alcalino, mentre chi-
micamente è un sale acido e l'acidità sua, come vedremo, si manifesta intensa nel-
l'atto stesso in cui opera come decalcificante. Da ciò ne viene che la sintomatologia
dell'avvelenamento per fosfato bisodico è molto più complessa, varia e difficile da
interpretare, di quello che per la maggior parte degli altri sali di cui ci occupiamo
attualmente.
Le esperienze che ho fatte con questo sale sono numerosissime, ma, come al
solito, solo di poche riferirò la descrizione per esteso, riunendo poi in una tabella
finale i dati principali e l'esito di tutte.
Esperienza 53"- (4 dicembre 1902).
Cane f. di Chgr. 8,700. — Si inietta nella vena femorale destra della soluzione di fosfato
bisodico al 17 7») tiepida.
17,15'. — Comincia l'iniezione.
17,19'. — Arresto lungo di respiro, pause inspiratone lunghissime.
17,20'. — Si sospende l'iniezione a cm'^ 85 perchè compare tetano, specie ai muscoli della nuca
e mandibola; le pupille sono dilatate; il respiro è arrestato; ma il cuore pulsa vali-
damente. Si fa un po' di respirazione artificiale comprimendo il torace.
17,21'. — L'animale respira da sè.
17,23'. — Ripresa l'iniezione, subito si ha arresto di respiro.
17,24'. — Forte spasmo della glottide; torace fermo e rigido in inspirazione forzata; trisma
intenso. Scompare poi il reflesso oculo-palpebrale, mentre il cuore pulsa ancora bene.
17,25'. — Seguitando sempre l'iniezione, l'animale pare si calmi; fa rari respiri con lunghi
arresti in inspirazione.
17,27'. — Si termina l'iniezione a cm^ 167, e l'animale è del tutto rilasciato, la lingua è cia-
notica, presenta tremiti fibrillari diffusi, il respiro è arrestato ; ma il cuore pulsa sempre
validamente. Si fa la respirazione artificiale comprimendo il torace.
17,29'. — Si osserva che, quando colla respirazione artificiale scompare la cianosi, si ha trisma
fortissimo, rigidità alla nuca ed ai muscoli toracici, lieve agli arti; poi tetano fortis-
25
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
483
simo, generale. Tralasciando la respirazione artificiale, che quasi non si può fare durante
l'accesso tetanico, l'animale si fa di nuovo cianotico e si rilascia. Allora, facendo di
bel nuovo la respirazione artificiale, collo scomparire della cianosi ricompare il tetano.
17,31'. — Respira da sè in uno stato lieve di cianosi.
17,32'. — Stimolato, ricompare un accesso tetanico lieve.
17,33'. — Respira da sè. Ha opistotono, e (juando tenta di reggersi in piedi viene colto da
contratture agli arti posterioi'i.
17,35'. — È calmo, profondamente depresso, ancora incapace a reggersi in piedi.
18,15'. — Improvvisamente è colto da accesso tetanico forte, dopo il quale presenta respiro
affannoso (110 respiri al minuto). '
18,40'. — È calmo, respira tranquillo, non ha più tetano, è incapace a reggersi in piedi, poiché
al minimo sforzo viene colto da tetano: emette urina di reazione fortemente acida.
19,40'. — Si trova morto.
(5 dicembre 1903).
12, — '. — Alla neeroscopia si nota: rigidità cadaverica forte; grumi di sangue nero in tutte
le cavità del (Juore e nei grossi vasi. L'urina contenuta in vescica è fortemente acida.
Questo animale ha ricevuto in 12' cm'^ 167 di soluzione al 17''/„ = gr. 28,39 = gr. per
chilo 3,26.
Esii'EiiiENZA 54" (5 dicembre 1902).
Cane m. di Chgr. 12,000. — Nella vena femorale destra si inietta della soluzione di fosfato
bisodico usata nella esperienza precedente.
15,6'. — Comincia l'iniezione.
15,8'. — L'animale si agita, trema, ha respiro difficile, con lunghi arresti inspiratori.
15,10'. — L'animale è più calmo.
15,13'. — Si termina l'iniezione a cm' 200, che è proceduta sempre in modo continuo e rego-
lare. Il respiro s'arresta e si pratica la respirazione artificiale.
15,20'. — Ha le mascelle fortemente serrate, presenta movimenti fibrillari della lingua e respiro
superficiale.
15,21'. — Compaiono accenni di convulsioni tetaniche. Lunghi arresti del respiro a torace in
inspirazione forzata. L'animale è incapace a reggersi in piedi.
15,49'. — A poco a poco il respiro si fa regolare e calmo. L'animale si rizza, fa alcuni passi ;
ma cade barcollando.
16,10'. — Emette urina di reazione acida.
16,21'. — Ha respiro molto affannoso.
16,31'. — Temperatura rettale 39°. Si regge male in piedi.
16,45'. — E molto abbattuto; sta sdi'aiato sul fianco, incapace a reggersi.
17,—'. — Temperatura rettale 39",2.
17,50'. - , , 39°,1.
19,.30'. — , , 38°,7.
19,50'. — Emette abbondante urina di reazione acida.
20,50'. ~ Si trova morto (dopo 5 ore dalla fine dell'iniezione) e la rigidità cadaverica è già
grande per tutto il corpo.
(6 dicembre 1902).
8, — '. — La rigidità cadaverica perdura. In tutti i grossi vasi e nelle cavità del cuore si riscon-
trano abbondanti grumi neri.
Questo animale ricevette in 7' cm' 200 di soluzione al 17''/(, = gr. 34 = gr. per chilo
corporeo 2,8.
484
LUIGI SABBATANI
26
Esperienza 58'' (11 dicembre 1902).
Cane f. di Chgr. 4,900.
17,29'. — l Iniezione nella vena femorale destra di cm^ 64,8 di soluzione solita di fosfato
17,34'. — S bisodico (tiepida). Durante l'iniezione dapprima l'animale si agita, poi presenta una
contrazione tetanica generale, intensa, lunga. Il respiro si arresta al comparire del-
l'accesso tetanico, e mentre questo dura, l'animale a poco a poco si fa intensamente
cianotico. Allora soltanto la contrattura cede per dar luogo ad un rilassamento gene-
rale dell'animale; ma il respiro è sempre fermo.
l'^,36'. — Il cuore pulsa sempre validamente e si soccorre l'animale colla respirazione artifi-
ciale mercè la compressione del torace. Prontamente scompare la cianosi ; ma mentre
questa scompare, ritoi'na l'accesso tetanico.
17,40'. — Varie volte si è i-ipetuta questa alternativa di rilassamento generale coll'asfissia pro-
fonda e di tetano collo scomparire dell'asfissia, senza che l'animale potesse respirare
da sè o per il rilassamento generale, o per la contrattura tetanica del torace e glot-
tide. A poco a poco l'animale comincia poi a respirare da sè lievemente, facendo appena
14 respiri al minuto ed essendo le mucose assai cianotiche ed i muscoli un po' con-
tratti, specialmente alla parte anteriore del corpo ed alla testa. Intanto l'animale sta
sdraiato, immobile.
18,2'. — L'animale tenta rizzarsi.
18,7'. — Cammina un po' barcollante.
21,35'. — Rifiuta il cibo; ma del resto sta bene.
(12 dicembre 1902).
L'urina emessa ha reazione acida forte. Nei giorni successivi l'animale è stato sempre bene,
solo mangiava un po' poco.
(15 dicembre 1902).
Pesa Chgr. 4,350.
(29 dicembre 1902).
Deciso colla puntui'a del bulbo, alla sezione si vede che il fegato presenta in alcuni punti
delle zone di degenerazione grassa, di varia grandezza, da un pisello ad una piccola nocciuola.
Il resto del tessuto epatico appare normale.
Questo cane ebbe in 5' cm^ 64,8 di soluzione al 17 7o = 8'i'- 11,016 = gr. per chilo cor-
poreo 2,25.
Esperienza 59" (15 dicembre 1902).
Cane m. di Chgr. 7,900.
16,34'. — ^ Si i)ratica una iniezione endovenosa di cm^ 116 della soluzione solita di fosfato
16,37'. — ^ bisodico tiepida.
16,40'. — Si regge in piedi abbastanza bene; ma presenta leggere contratture agli arti.
18,20'. — Ha respiro molto afi'annoso ; rifiuta il cibo. ^
19, — '. — Temperatura rettale 4^,7 C. ; ha grande aff'anno di respiro.
19,20'. — Temperatura 42°, 1 C; seguita l'aS'anno.
20, — '. — Temperatura 42°, 8 C. ; ha sempre affanno grande.
20,30'. — Temperatura 43°,4C. ; il respiro è lento, debole. L'animale sta sdraiato, immobile,
con tremiti muscolari per tutto il corpo.
20,50'. — Muore, dopo circa 4 ore dalla fine dell'iniezione.
27
FUNZIONE BIOLOGICA DKL CALCIO
485
(16 dicembre 1902).
9, — '. — Alla necroscopia si osserva quanto segue:
La rigidità cadaverica è forte. Nella pleura si ha poco liquido sieroso, leggermente san-
guinolento. Il polmone mostra qualche piccola ecchimosi puntiforme sulla superfcie esterna. Il
cuore è contratto e duro, specie il ventricolo sinistro, che al taglio appare pallido. Tutte le
cavità del cuore ed i grossi vasi sono pieni di grumi neri, compatti. Nel peritoneo si ha poco
liquido sieroso, fortemente sanguinolento. La milza appare molto congesta ed al taglio la polpa
sembra un po' scarsa. Il rene destro mostra all'esterno una iniezione venosa saliente, ed alla
sezione la parte periferica della sostanza corticale appare arrossata, specialmente nella parte di
mezzo, mentre ai poli del rene lo è assai meno. La parte interna della sostanza corticale è pal-
lida. Il rene di sinistra invece presenta la sostanza corticale uniformemente pallida, ben distinta
dalla midollare. La vescica urinaria è fortemente ripiena di urina, limpida, chiara, di reazione
fortemente acida. L'intestino è tutto ripieno di gas e presenta qua e là zone fortemente arrossate.
Tutto il sistema della vena porta poi è pieno di gas e nel cellulare perivenoso si ha pure dila-
tazione a bolle per gas. La vescica biliare è piena e fortemente distesa da bile. Fegato di
grandezza normale, di colore giallo-pallido evidentissimo, specie al lobo destro. Alla superficie
convessa di tutti i lobi , ed anche al taglio presenta numerose vescichette piene di gas, con
apparenza di polmone enfisematoso. Al tatto il fegato dà sensazione untuosa ed appare di con-
sistenza molle. Il liquido tracheale, pleurico e peritoneale è di reazione acida al tornasole.
Questo animale ebbe in 3' cm^ 116 di soluzione al 17% = gr. 19,72 = gr. per chilo
corporeo 2,50.
Esperienza 61* (10 gennaio 1903).
Cane m. di Chgr. 12,900.
16, — '. — Si vuota la vescica urinaria e si lascia in posto un catetere per raccogliere di con-
tinuo l'urina : questa ha reazione acida lievissima.
16,8' . — l Iniezione nella vena femorale destra con cm^ 190 di soluzione al 17 7n di fosfato
16,18'. — ^ bisodico. Durante l'iniezione si ha scoppio di convulsioni intense a carattere net-
tamente tetanico. Si soccorre l'animale alcune volte colla respirazione artificiale finché
passa la crisi, dopo è molto abbattuto e resta sdraiato sul fianco, immobile per tutto
il resto dell'esperienza.
16,23'. — Si raccoglie l'urina, cm^ 32 (cni' 14 ogni 10').
16,4.5'. — L'animale presenta i muscoli un po' contratti ed ha respiro affannoso, frequente. —
T. 39", 1 C.
16,53'. — Si raccoglie l'urina, cm" 151 (cm^ 51 ogni 10'). Ha reazione acida forte.
17,15'. — Respiro afi"annoso, muscoli sempre un po' contratti. T. 40'',2.
17,23'. — Si raccoglie l'urina; cm^ 42 (cm* 14 ogni 10'). Reazione acida forte.
17,53'. — Si raccoglie l'urina; cm^ 36 (cm'' 12 per ogni 10'). Reazione acida forte.
18,5'. — Ha tetano quasi continuo, specialmente accentuato nella parte anteriore del corpo.
T. 41°,1.
18,23'. — Si raccoglie l'urina; cm'^ 26 (cm^ 9 ogni 10'). Reazione acida forte.
18,35'. — Lo stato generale è invariato. T. 41°,6.
18,53'. — Si raccoglie l'urina; cm* 16 (cm^ 5 ogni 10'). Reazione acida forte.
19,15'. — Stesso stato. T. 42°,2.
19.23'. — Si raccoglie l'urina; cm' 4 (cm' 1 in 10'). Reazione acida forte.
A questo momento lo stato dell'animale è tale che fa presentire inevitabile la morte, e si
tralascia l'osservazione, considerandolo morto dopo 4 ore circa dall'iniezione di cm' 190 di solu-
zione al 17 % = gr. 32,25 = gr. per chilo 2,5, iniettati in 10'.
486
LUIGI SABBATANI
28
Esperienza 66» (20 gennaio 1903).
Gatto f. di Chgr. 1,300, lo stesso che servì per l'esperienza delli 6 gennaio 1903 con car-
bonato sodico.
16,20'. — l Iniezione nella vena giugulare sinistra con em^ 19,1 di soluzione tiepida al 17 "/^
16,26'. — ) di fosfato bisodico.
Durante l'iniezione l'animale presenta contrazioni generali forti a carattere tetanico, si che,
essendosi avuto poi un arresto lungo del respiro, si è costretti a sospendere per un momento
l'iniezione e praticare la respirazione artificiale.
Terminata l'iniezione, l'animale si mostra molto depresso; ma si ristabilisce assai presto.
16,28'. — Si regge in piedi e gira barcollando.
17,50'. — L'animale emette un po' d'urina acidissima.
20, — '. — Ha emessa altra urina di reazione acida; ha anche vomitato.
(21 gennaio 1903).
Sta bene e mangia.
Questo animale ricevette in 4' cm^ 19,1 r= gr. 3,25 = gr. 2,50 per chilo corporeo.
Esperienza 67* (14 gennaio 1903).
Coniglio f. di Chgr. 1,918.
16,1'. — J Iniezione nella vena giugulare sinistra con cm^ 12 di soluzione al 17.''/o di fosfato
16,4'. — ) bisodico.
Durante l'iniezione l'animale presentò scosse convulsive. Subito dopo stava bene.
17,30'. — L'urina spremuta dalla vescica è di reazione acida; è torbida; l'intorbidamento scom-
pare con acido cloridrico, ma non fa effervescenza.
(15 gennaio 1903).
L'urina emessa durante la notte ha reazione alcalina ed è torbida.
L'animale sta bene.
Questo coniglio ebbe in 3' cm' 12 di soluzione = gr. 2,04 = gr. 1,06 per chilo corporeo.
Esperienza 68"- (14 gennaio 1903).
Coniglio f. di Chgr. 1,606.
16y24'. — ^ Iniezione nella giugulare destra di cm^ 30 di soluzione al 17 "Iq di fosfato
16,32'. — S bisodico.
Durante l'iniezione l'animale dapprima presenta scosse convulsive lievi, poi due
accessi convulsivi intensi a carattere decisamente tetanico.
16,29'. — Ha moti convulsivi, affanno di respiro. L'urina è acida.
18,15'. — Emette un po' d'urina e poi muore. L'urina era acida molto, conteneva deposito
che, trattato con acido cloridrico, si scioglie ; ma non dà affatto efiervescenza come
fa il deposito dell'urina d'un coniglio normale.
Questo animale morì con cm^ 30 di soluzione, iniettati in 8' = gr. 5,1 = gr. 3,17 per
chilo corporeo.
Esperienza 74'' (29 giugno 1903).
Coniglio di Chgr. 1,420.
17,40'. — Comincia una iniezione come nelle esperienze antecedenti. Si osservano dapprima
scosse convulsive, poi convulsioni forti, indi depressione rapida ed ai-resto persistente
del respiro.
17,45'. — Muore dopo aver ricevuti cm' 25 di soluzione. — Aperto il torace, il cuore seguita
a pulsare ancora a lungo, ma debolmente.
Questo animale ebbe in 5' cm^ 25 — gr. 2,5 = gi\ per chilo 1,76.
29
FUNZIONE BIOLOGICA DEI, CALCIO
487
Esl'ERiKNZA 75" (29 giugno 1903).
Coniglio di Chgr. 1,535.
17,58'. — Comincia una iniezione come al solito. — Dopo accessi convulsivi forti si mostra
abbattuto.
18,5'. — Termina l'iniezione di cm^ 25. Slegato l'animale, si regge bene in piedi e cammina.
(30 giugno 1903).
Sta bene.
Ebbe in 7' cra^ 25 di soluzione = gr. 2,5-— gr. per chilo corporeo 1,61.
Esperienza 76" (15 gennaio 1903).
Cavia ni. di Chgr. 0,793. — L'urina normale è alcalina.
18,2'. — l Iniezione nella giugulare sinistra con cm^ 7,5 di soluzione al 17 "/u di fosfato biso-
18,7'. — ^ dico (tiepida). Durante l' iniezione l' animale presenta scosse convulsive prevalente-
mente toniche. Finita l'iniezione, l'animale si mostra depresso; ma poi si ristabilisce
presto e mangia.
18,30'. — Emette spontaneamente urina di reazione acida.
18,50'. — Emette altra urina quasi del tutto limpida, acidissima.
19,20'. — Emette ancora urina limpida, di reazione pure acida.
21,10'. — L'animale sta male; ha scosse convulsive ad intervalli, specialmente intense alla
parte anteriore del corpo.
(16 gennaio 1903).
Si trova morto. L'urina contenuta in vescica è limpidissima e di reazione acida.
Dalla tabella riassuntiva della pag. seg. risulta che la dose letale per chilo cor-
poreo può essere valutata (1) in gr. 2,60 per il cane, in gr. 2,10 per il coniglio, ed in
gr. 1,75 per la cavia; la dose letale minima per chilo di coniglio, calcolata come sale
anidro, sarebbe adunque di gr. 0,83, mentre Mììntzer (2) trovava gr. 1,58 (una dose
quasi doppia) ; ma la lentezza grande dell'iniezione nelle suo esperienze (piìi di un'ora)
spiega benissimo la diversità della dose.
Per i diversi animali di esperimento la tolleranza al fosfato appare un poco
diversa, e la diversità risalta ancor meglio quando si consideri che mentre i conigli
(1) Dose totale in gr. per chilo corporeo nel
coniglio cavia
gr. di fosfato Esperienza gr. di fosfato
3.17 76 1,60
1,15 77 1,89
Esperienza gr.
di fosfato
Esperie
52
2,17
68
53
3,26
69
54
2,80
72
59
2,50
73
61
2,50
74
62
2.50
64
2,50
65
2,50
Media
2,59
1,61
2,62
1.76
Media 2,06
Media 1,75
norma.
(2) Mììntzer, loc. cit.
488
LUIGI SABBATANI
30
morivano subito, i cani e le cavie soltanto dopo alcune ore. Esaminando la tabella
riassuntiva, si notano poi delle variazioni individuali forti fra animale ed animale,
anche se della stessa specie, ma contrariamente a quello che avviene per altri sali,
la velocità della iniezione non pare influisca poi molto sulla grandezza della dose
letale, come risulta evidente dalla tabella a pag. 489, in cui le esperienze sono ordinate
a seconda della velocità. A questo proposito giova ricordare che dalle esperienze di
MiiNTZER risulta che il fosfato sodico, rispetto agli altri sali, si elimina meno pron-
tamente.
Esperienze col fosfato bisodico.
]
NIEZIONE di fosfato
a
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— —
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1
con-ispondente a
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gr. '
per chilo /
gr-
per chilo
1 e minuto /
Esi
dell'an
Osservazioni
52
cane
4,700
7
17
60,0
10,2
2,17
0,31
M
morì
dopo 4 ore
53
»
8,700
12
»
167,0
28,4
3,26
0,27
M
)) 2 „
54
»
12,000
7
200,0
34.0
2,80
0,40
M
»
5
55
12,700
3
112,0
19,0
1,50
0,50
V
56
»
5,900
2
»
60,7
10,3
1,75
0,87
V
57
4,100
2
V
48,2
8,2
2,00
1,00
V
58
4,900
5
»
64,8
11,0
2,25
0,45
V
59
»
7,900
3
n
116,0
19,7
2,50
0,85
M
»
V 4 »
60
6,300
12,900
7
»
92,6
15,7
2,50
0,35
V
61
»
10
190,0
32,2
2,50
0,25
M
y> 4 „
62
6,300
8
»
92,6
15,7
2,50
0,31
M
morì
durante l'iniez.
63
»
4,400
3
64,7
11,0
2,50
0,83
V
64
6,200
4
91,2
15,5
2,50
0,62
M
morì
dopo 5 ore
65
»
10,200
150,0
25,5
3,25
2,50
0,45
M
3
66
gatto
coniglio
1,300
4
19,1
2,50
0,62
V
67
1,918
3
12,0
2,04
1,06
0,35
V
68
»
1,606
8
»
30,0
5,1
3,17
0,39
M
9
» -'li
69
»
1,180
3
>»
8,0
1,36
1,15
0,38
M
morì durante l'iniez.
70
1,590
6
10
25,0
2,5
1,57
0,26
V
71
»
1,455
14
»
100,0
10,0
6,87
0,49
M
» 1)
72
1,555
2
25,0
2,5
1,61
0,80
M
» »
73
»
1,450
7
38,0
3,8
2,62
0,37
M
n il
74
1,420
5
25,0
2,5
1,76
0,36
M
)) »
75
1,535
7
25,0
2,5
1,61
0,23
V
76
cavia
0,793
5
17
7,5
1,27
1,60
0,32
M
morì
dopo 3 ore
77
0,494
6
5,5
0,93
1,89
0,31
M
ti
Questo contegno del fosfato bisodico, diverso da quello del carbonato e della
soda, rispetto alla velocità dell'iniezione ed alla grandezza della dose letale, non ci
farà meraviglia quando si consideri che col fosfato bisodico non solo si può avere
morte immediata dell'animale durante l'iniezione ; ma anche dopo alcune ore, quanda
cioè l'animale ha superati i primi fenomeni acuti e pare ristabilirsi, e ciò non per
31
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
489
un fenomeno tossico attuale, diretto, provocato dal fosfato bisodico ; ma indiretto, per
modificazioni che lentamente si producono nell'organismo a seguito dell'iniezione di
fosfato.
Cd
ri
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^4
a
gr. per
chilo corporeo
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s
gr. per
chilo corporeo
e minuto
ci
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3 S
co
(velocità)
(velocità)
57
1,00
2,00
V
69
0,38
1,15
M
56
0,87
1,75
V
73
0,37
2,62
M
59
0,85
2,50
M
74
0,36
1,76
M
63
0,83
2,50
V
60
0,35
2,50
V
72
0,80
1,61
M
67
0,35
1,06
V
64
0,62
2,50
M
76
0,32 •
1,60
M
66
0,62
2,50
V
62
0,31
2,50
M
55
0,50
1,50
V
77
0,31
1,89
M
71
0,49
6,87
M
52
0,31
2,17
M
65
0,45
2,50
M
53
0,27 .
3,26
M
58
0,45
2,25
V
70
0,26
1,57
V
54
0,40
2,80
M
61
0,25
2,50
M
68
0,39
3,17
M
75
0,23
1,61
V
Questo costituisce uno dei cai-atteri salienti che distingue l'avvelenamento per
fosfato da quello per carbonato ed idrato sodico; e poiché in questi casi, come vedremo
in seguito, la variabilità della dose letale minima in rapporto alla velocità d'iniezione
dipende dalla presenza dell'OH" e dalla neutralizzazione di esso per opera dell'acido
carbonico del sangue, neutralizzazione che è tanto piìi facile quanto più è lenta l'inie-
zione, conviene concludere che alla produzione del fenomeno tossico, provocato dal-
l'iniezione endovenosa di fosfato bisodico, poco o punto intervenga l'idrossile, l'alcalinità
del sale parzialmente idrolizzato; e ciò trova conferma da un doppio ordine di fatti,
chimici e fisiologici, poiché mentre Shields (1) trovava che il carbonato sodico è for-
temente idrolizzato, ed il fosfato bisodico solo in minimo grado, il carbonato sodico
altera profondamente i globuli rossi (2) e dà al sangue aspetto di lacca, ma il fosfato
bisodico no.
In tutte queste esperienze, fatte con iniezioni endovenose di fosfato bisodico nei
cani, gatti, conigli e cavie, si ha una concordanza perfetta riguardo ai sintomi del-
l'avvelenamento ; sempre si osservano fenomeni di eccitazione genei-ale, e scoppio di
convulsioni a carattere nettamente tetanico; ma riguardo al decorso dell'avvelenamento
in generale esso e del tutto diverso, a seconda che si tratta di dosi piccole od alte. Nel
primo caso si ha scoppio di convulsioni durante l'iniezione, le quali presto cessano
del tutto, e dopo un periodo più o meno lungo di depressione l'animale si ristabilisce
abbastanza bene, si che nel giorno seguente non presenta più alcun disturbo. Nel
(1) Shields (vedi più avanti, a pag. 508, dove si parla del carbonato).
(2) Confrontare le esperienze fatte sul sangue in titro con questi sali nella Parte li delle pre-
senti ricerche sulla Funzione biologica del calcio, loc. cit.
Serie IT. Tom. LIV. t.^
490
LUIGI SABBATANI
32
secondo caso, quando la dose iniettata è alta, si ha ancora scoppio immediato di
convulsioni, ma molto intense, per le quali l'animale può morire subito, se non viene
opportunamente soccorso colla respirazione artificiale; ancora in questo caso segue
poi un periodo di depressione e calma in cui pare che l'animale si ristabilisca, ma
dopo un certo tempo improvvisamente ricompaiono accessi convulsivi intensi, che
durano fino alla morte dell'animale, il quale in questo periodo di convulsioni, quasi
continue e sempre a carattere tetanico, offre una ipertermia rilevante ed una diuresi
profusa. La temperatura sale spesso altissima, fino a 43", 4 C. nell'Esperienza 59, e
cede alquanto solo presso a morte; e come nell'avvelenamento stricnico può essere
messa in rapporto cogli accessi convulsivi intensi e di lunga durata. La diuresi com-
pare prontamente, sia per dosi piccole di fosfato, come è già noto da ricerche di
KicHET, che per dosi alte, come risulta dalle esperienze di Muntzer, e come appare
anche da molte delle esperienze mie; ma di interessante ha questo, che con essa si
elimina una urina acidissima, quantunque segua all'iniezione di fosfato bisodico, che
reagisce alcalino. Questo fatto, a primo aspetto stranissimo, ch'io aveva già visto in
alcune esperienze fatte da molti anni, allorché era assistente di Gaglio a Bologna, è
evidentissimo nelle esperienze sui conigli, nei quali l'urina cambia decisamente la rea-
zione sua normale alcalina in acida, e se ora vogliamo discuterne il significato, parmi
sia opportuno prendere le mosse da poche, ma sicure nozioni chimiche sui fosfati, le
quali sono in perfetta armonia colTindirizzo generale di tutte queste ricerche sul calcio.
Innanzi tutto il fosfato bisodico è un buon reattivo precipitante del calcio, perchè
il fosfato bicalcico, e più ancora il tricalcico, è pochissimo solubile; ma allorché il
fosfato bisodico reagisce con un sale neutro di calcio, si tende a formare del fosfato
tricalcico, e conseguentemente resta sciolto del fosfato primario, per cui dalla miscela
di una soluzione neutra (sale calcico) e d'una alcalina (fosfato bisodico)- ne nasce un
liquido di reazione fortemente acida. Quindi il fosfato bisodico, nell'atto stesso in cui
precipita il calcio agisce come acido, e già nella parte II delle presenti ricerche sulla
" Funzione biologica del calcio „, a p. 241, ricordai le ragioni per cui questa acidità
deve essere riferita alla presenza di un fosfato primario.
In secondo luogo l'acido carbonico sposta del sodio dal fosfato bisodico, trasfor-
mandolo parzialmente in sale primario, e producendo del carbonato acido (1) secondo
l'equazione :
Na^HPO* + H2C03 = NaH^PO* + NaHCO».
È quindi perfettamente logico ammettere che iniettando noi del fosfato bisodico
nelle vene degli animali, quivi incontri dei sali di calcio e dell'acido carbonico, e
reagendo con essi formi del fosfato primario, il quale è acido, e come dà normalmente
l'acidità dell'urina negli animali carnivori, così ora, eliminandosi in grande quantità
a seguito dell'iniezione, determini un rilevante aumento dell'acidità urinaria nel cane,
un cambiamento deciso dell'urina del coniglio, da alcalina ad acida. Cosi mentre il
(1) Per la letteratura vedi: Dammer 0., Handbuch der anorganischen Chemie, Stuttgart, F. Enke,
1894, Bd. II, Theil 2, S. 178. — Gmelin-Kraut, Handbuch der anorg. Chem., Heidelberg, C. Winter,
1886, Bd. II, Abth. I, S. 166-167.
33
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
491
rene colla diuresi profusa tende ad eliminare del sale estraneo iniettato, od a ricon-
durre la pressione osmotica del sangue ad un valore fisiologico, elimina urina aci-
dissima in dipendenza delle reazioni chimiche che indubbiamente si sono prodotte
nel sangue e nei tessuti fra il fosfato bisodico da un lato, i sali di calcio e l'acido
carbonico dall'altro ; ed in prova di ciò potrei ricordare i saggi fatti sulla alcalinità
del sangue, benché dia loro ben poca importanza, e la reazione acida che in qualche
caso si è riscontrata nei liquidi sierosi del peritoneo, della pleura del pericardio. Così
mentre prima abbiamo visto che nel detorniinismo della tossicità del fosfato bisodico
l'alcalinità sua non ha nessuna importanza, ora invece si è indotti a ritenere che il
fosfato bisodico possa agire come acido, e con questo concetto si accorderebbero
alcime delle alterazioni anatomiche che abbiamo riscontrate in quegli animali in
cui l'avvelenamento si proti'asse più a lungo. Il decorso relativamente lento dell'av-
velenamento con fosfato bisodico nei cani, a confronto di quello che avviene cogli
altri sali decalcificanti, la degenerazione grassa del fegato ecc., mentre costituiscono
un carattere differenziale fra questo e gli altri sali, offrono interessanti punti di ras-
somiglianza cogli avvelenamenti per acidi minerali.
Dopo ciò parmi si possa interpretare l' avvelenamento per fosfato bisodico nel
modo seguente.
Allorché iniettiamo nelle vene di un animale del fosfato bisodico, questo, come
ogni altro reattivo precipitante del calcio, provoca una diminuzione della concentra-
zione jonica del calcio nel sangue e negli organi, e dà quelle manifestazioni di ecci-
tazione generale dei centri nervosi, che dipendono precisamente da sottrazione di
Ca-jone, e che però sono comuni a tutti i sali capaci di immobilizzare del calcio-jone.
Per questo ed in questo momento l'animale può morire; ma per poco che sopravviva,
presto la decalcificazione grave del primo momento viene a diminuire per la presenza
e fissazione di acido carbonico come bicarbonato sodico e per il passaggio d'una parte
del fosfato bisodico a fosfato primario, sali che hanno un'azione decalcificante molto
minore del fosfato bisodico, e perciò le convulsioni cessano e l'animale mostra di
star bene.
Ciò é conforme a quello che s'è constatato circa la tossicità comparata del fosfato
bisodico e del fosfato monosodico (1), poiché nel coniglio e per chilo corporeo a pro-
duri'e la morte occoiTono:
gr. gr.-mol ecola
Na2HP(>+12H20 2,10 0,00.586
NaH2PO-i + H20 1,64 0,01188,
ossia, per il fosfato monoeodico occorrono delle dosi molecolari più che doppie del
fosfato bisodico. Da questo risulta che nell'atto della iniezione all'organismo riesce
meno dannosa l'acidità del fosfato monosodico, di quello che l'azione decalcificante
del fosfato bisodico ; e però si comprende come ai primi fenomeni gravi di decalcifi-
cazione, provocati dal fosfato bisodico, subentri un periodo di calma e di benessere
per la trasformazione parziale di questo in fosfato primario. Successivamente, colla
(1) Cfr. per questo la nota a p. 475.
492
LUIGI SABBATANI
34
formazione dei fosfati acidi, insorgono nell'animale fatti riferibili ad una intossica-
zione acida (acidità dell'urina, di liquidi sierosi, degenerazione grassa del fegato ecc.).
Da ultimo, allorché colla poliuria acida si va eliminando una grossa quantità di
fosfati primari, tornano a comparire fenomeni di decalcificazione grave e persistente,
assieme a fenomeni di intossicazione acida subacuta, e l'animale muore.
A chiarir bene il concetto valga un esperimento semplicissimo. Ad una soluzione
diluita di cloruro calcico s'aggiunga fosfato bisodico : si forma un precipitato abbon-
dante di fosfato calcico; si faccia gorgogliare dopo ciò dell'anidride carbonica nel
liquido torbido: l'intorbidamento subito scompare, il calcio si ridiscioglie; ma intanto
il liquido assume reazione acida forte, molto piìi di quello che farebbe se si fosse
fatta gorgogliare l'anidride carbonica in acqua pura, il che ci attesta la formazione
di fosfati primari.
Come è facile comprendere, per i rapporti stretti chimici, fisiologici e farmaco-
logici che passano fra carbonato e bicarbonato sodico, ho creduto utile, anche per
evitare dannose ripetizioni, di riunire in un unico capitolo le ricerche sperimentali e
critiche eseguite intorno all'azione fisiologica di questi sali. E poiché le loro solu-
zioni acquose hanno reazione alcalina, farmacologicamente si considerano come pre-
parati alcalini, e nel determinismo dell'azione fisiologica di essi deve intervenire
indubbiamente l'idrossile, che per la dissociazione idrolitica contengono, cosi ho dovuto
fare alcune esperienze colla soda, di confronto a quelle coi carbonati, esperienze che
qui pure riporto.
Mentre il bicarbonato sodico è così poco tossico, che si è usato per farne uno
siero artificiale (1), il carbonato invece è molto piìi tossico, e da tutti si ritiene che
la soda iniettata nel sangue già a piccole dosi produce la morte. Bottazzi (2) per
iniezione endovenosa di NaOH otteneva la morte con:
Munck (3) invece con gr. 0,126-0,207 di NaOH per chilo corporeo di cane non
otteneva la morte dell'animale e neppure disturbi serii. La diversità dei risultati,
come osserva Bottazzi, dipende dalla velocità della iniezione, e però in queste ricerche
delle piccole differenze non si deve e non si può affatto tener conto; vedremo però
a suo luogo che per queste sostanze varia enormemente la dose minima letale, non
solo a seconda della rapidità della iniezione, ma anche della concentrazione della solu-
zione adoperata.
Il carbonato sodico spesso è causa di avvelenamenti; ma dalle xùcerche speri-
mentali, e dalle osservazioni cliniche tossicologiche fatte a questo proposito quasi
6-7. — Carbonato e bicarboìiato di sodio.
soluzione "/o
0,264
3,000
gr. per chilo
0,168
0,270
iniezione fatta in minuti
22
27
(1) RicHET C, Dictionnaire de Phì/siol., T. II, p. 56.
(2) Bottazzi F., Sull'azione fisiologica dei saponi, ' Riv. di Scienze biologiche „, n. 4-5, voi. II (1900).
(3) Munck T., " Centr. f. Physiol. XIII, 657 (1900).
35
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
493
nulla nulla affatto si può desumere circa gli effetti dell'ingresso rapido in circolo
di forti quantità di questo sale, poiché le alterazioni locali più o meno profonde che
si verificano nel tubo digerente, ed i disturbi che direttamente od indirettamente da
queste dipendono, dominano quasi esclusivsimente la sindrome dell'avvelenamento.
D'altra parto, allorché si prendono tracciati manometrici della pressione arte-
riosa, riempiendo le cannule ed i tubi di congiunzione con soluzione di carbonato
sodico, se non si usano le debite cautele, si va incontro ad accidenti spesso mortali,
che Francois Franck fin dal 1877 descriveva nel modo seguente:
" E bene che la carica manometrica oltrepassi un poco la cifra della pressione
" sanguigna, ma è pericoloso, sopratutto se si opera sopra una carotide, che il mano-
" metro sia sotto forte pressione. Al momento in cui si stabilisce la comunicazione
" fra l'arteria ed il manometro, il carbonato di soda penetra nei vasi, e se vi entra
" ti'oppo fortemente, ne nascono accidenti vari secondo l'arteria impiegata. Nel mon-
" cono centrale della carotide la penetrazione del carbonato di soda può uccidere
" l'animale in alcuni istanti, probabilmente arrivando fino al cervello per la carotide
" opposta; può darsi anche iniettando il cuore stesso per le coronarie. Se la femorale
" è stata messa in rapporto col manometro, al momento dell'apertura del rubinetto,
" l'animale è preso da convulsioni nella zampa corrispondente, spesso nelle due zampe
" posteriori, per effetto dell'arrivo di carbonato sodico nellu collaterali. Egli manda
" dei gridi e, se non si fissa l'arto, può strappare la cannula, o far cadere il manometro.
" Io ho osservato ultimamente dell'ematuria, quasi immediatamente dopo la pene-
" trazione di carbonato sodico , sotto troppo forte pressione nel moncone centrale
" della femorale in un cane non cloralizzato ; credo che quest'ematuria possa essere
" attribuita alla penetrazione di carbonato sodico nelle arterie renali. Questi differenti
" accidenti sono da evitarsi, ed inoltre non è indifferente mescolare al sangue una
" certa quantità di carbonato sodico. La contrattilità vascolare è infatti profonda-
" mente modificata per effetto di questa penetrazione „ (1).
Aducco (2) poi fece uno studio dettagliato delle modificazioni di circolo che si
producono con iniezioni di carbonato sodico nelle arterie e nelle vene. Con gr. 3-6 in
soluzione al 30 %, iniettati nelle vene dei cani, ebbe un aumento lieve della pres-
sione sanguigna, di 31-50 mm. di mercurio, analogamente a quello che aveva otte-
nuto precedentemente Curci (3) ; ma colle iniezioni di carbonato nel moncone centrale
delle arterie Aducco ebbe un aumento enorme della pressione, il quale aumento l'ot-
teneva anche quando gli animali erano profondamente depressi, ed in essi riuscivano
(1) Fran<;:ois-Franck, Notes sur qiielques appareils et sur qiielques procéde's opcratoires, '" Physiologie
expérimentale, Travaux du Laboratoire de M. Marey IIP année, 1877, Paris, Masson, j). 329-334.
— Da tutto questo appare molto singolare il metodo fisiologico che Solerà e Capparklli propo-
nevano nel 1879 e praticavano nel 1882 per misurare la velocità della corrente sanguigna, metodo
col quale essi introducevano nel moncone periferico dell'arteria, del carbonato di sodio della den-
sità 1,050 (Nuovi procedimenti sperimentcdi per determinare la relocità della corrente sanguigna, *■ Atti
dell'Acc. Gioenia „ t. XIV (1879)).
(2) Aducco V., Azione del carbonato di soda iniettato verso i centri nervosi, " Ann. di Freniatria ecc. „,
Torino, II (1889-90), p. 231-260. — Action du carbonate de sodium injecté vers les centres nerveux,
• Arch. ital. de Biol. „ t. XIV (1891), p. 344-373.
(3) CuHci A., Alcune ricerche sul meccanismo di azione dei comuni metalli alcalini ed alcalino-
terrosi. Laboratorio di Farmacologia sperimentale, Bologna, Azzoguidi, 1889 (citato da ADrcco).
494
LUIGI SABBATANI
36
vani altri mezzi fisiologici per rialzare la pressione; e poiché l'aumento di pressione
non si otteneva negli animali cui aveva cocainizzato il midollo ed il bulbo, conclu-
deva che l'azione del carbonato si esplica direttamente sui centri nervosi.
Nel corso di queste esperienze poi, circa l'azione del carbonato sui centri ner-
vosi, d'accordo con Francois Franck (1) notava convulsioni toniche di tutti i muscoli,
con arresto spasmodico della respirazione.
Tutti questi fenomeni descritti da Francois Franck e da Aducco non sono suf-
lìcienti per lo studio dell'azione tossica generale del carbonato sodico, poiché essi
dipendono prevalentemente da disturbi locali e perciò sono variabilissimi a seconda
del territorio arterioso in cui penetra la soluzione; e non possono neppure essere
riferiti semplicemente alla tossicità della molecola Na^CO^, poiché il carbonato è un
buon reattivo precipitante del calcio, subisce dissociazione idrolitica e reagisce forte-
mente alcalino; nelle esperienze fisiologiche suddette si adoperava poi in soluzione
molto concentrata (2), ed arrivava agli organi colla velocità stessa della corrente arte-
riosa, e perciò appunto sembra verosimile ammettere che la causa dei fenomeni
descritti debba essere riferita a parecchi fattori : 1" Azione decalcificante; 2° Idrossil-
jone (da cui dipende anche l'azione caustica); 3° Ipertonicità della soluzione; 4° Arrivo
brusco di essa agli organi, direttamente per le arterie; 5" Territorio arterioso in
cui penetra.
Quindi le osservazioni cliniche-tossicologiche sull'uomo, ed i disturbi che si pos-
sono avere per iniezioni nelle arterie sugli animali con soluzioni concentrate ben poco
possono giovare al nostro intento, per il quale conviene principalmente tener conto
delle modificazioni funzionali che si ottengono a seguito di iniezioni endovenose di
carbonato. In queste ricerche però la tolleranza degli animali varia moltissimo a
seconda delle condizioni sperimentali, onde riesce già assai difficile fissare la dose
minima letale. Ma lo studio e l'interpretazione farmacologica dei fenomeni tossici,
prodotti dal carbonato sodico, appare assai complesso, difficile ed interessantissimo
quando dal punto di vista chimico si consideri :
Che esso è un eccellente i-eattivo precipitante del Ca"^"^;
2° Che le sue soluzioni acquose sono sempre più o meno fortemente idro-
lizzate, sono alcaline, e TOH"" che così contengono ha caratteri chimici ed azione
tossica sua speciale;
3*^ La facilità con cui il carbonato fissa anidride carbonica per trasformarsi
in bicarbonato ;
(1) FuANgois Franck, Legons sur les fonctions motrices dii ccrveau (1876). Appendice (Esp. 51),
p. 483-485 (citato da Aducco). — Vedi per questo anche il brano sopra riportato di Francois Franck.
(2) La soluzione di carbonato sodico consigliata da E. Meyer per prendere tracciati deve avere
una densità di 1083 {Traité de physique hiologique, publié par D'Arsonval, Chauveau etc, Paris,
Masson et C.'^ 1901, 1. 1, p. 374); ora secondo la tavola del Gerlach (Commentario della Farmacopea
italiana, pubblicato da I. Guareschi, Torino, Unione Tipografico-editrice, 1897, voi. Il, parte II, p. 386)
la soluzione che ha D = 1083 contiene di Na^CO' + IOH'^0 gr. 21,2 circa " o, mentre una soluzione
da me preparata con A = 0'',61 aveva D = 101'3 e conteneva solo 3,82 "'o di sale.
37
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
495
— quando dal punto di vista fisico-chimico si consideri:
4° La concentrazione dei vari joni e piìi specialmente dell' OH-jone nelle
soluzioni di carbonato, a seconda delle condizioni sperimentali ;
5° La reazione reversibile Na^CO-' + H-'CO^ ^-^ 2NaHC0-';
6° Lo stato d'equilibrio fra acido e sali, vario a seconda della tensione
del CO^, temperatura, ecc.;
— e l'interpretazione dei fenomeni tossici diventa ancora pili delicata, ed esige si
proceda colla massima prudenza quando dal punto di vista fisiologico si consideri:
7" La presenza e produzione continua di anidride carbonica nell'organismo,
e la tensione sua che varia grandemente da organo ad organo, ed a seconda del ter-
ritorio vascolare;
8° L'importanza grande che i più assegnano al carbonato sodico per il pas-
saggio fisiologico del CO- dai tessuti all'aria ambiente, secondo l'equazione reversibile
suesposta (1):
Na^CO» -f CO-' + H^O 2NaHC03
nei tessuti s — >
-< — 3 nei polmoni.
Ma per buona fortuna le conoscenze chimiche e fisico-chimiche sui carbonati alca-
lini ed alcalino-terrosi, neutri ed acidi, in presenza d'un eccesso di CO- oppur no, in
acqua pura od in soluzioni di colloidi, sono oggi molto estese, e lo studio fisiologico
del CO- è a tal punto condotto, che si possiede ormai una eccellente e solida base per
le ricerche critico-sperimentali sul determinismo dell'azione farmacologica e tossica
dei carbonati, iniettati direttamente nelle vene.
Qui, come al solito, per brevità sono costretto a riportare per esteso solo alcune
delle esperienze da me fatte.
Esperienze col carbonato di sodio.
Esperienza 78» (1° dicembre 1902).
Cane m. castrato di Chgr. 6,700. — Inietto nella vena femorale sinistra della soluzione di
carbonato sodico anidro al 5 %.
16,12'. — Incomincia l'iniezione lenta.
16,16'. — Si sono iniettati cm^ 10 ; l'animale si lamenta molto, si agita e presenta delle con-
trazioni toniche energiche agli ai-ti anteriori ed al collo. Poco dopo il respiro è raro,
con lunghe pause a torace in forzata inspirazione e con espirazioni molto prolungate.
(1) Qui non possiamo discutere, e non ci interessa, per quale meccanismo avvenga la scissione
nei polmoni, se per openv di un acido, di forze vitali, o di semplici leggi fisico-chimiche, ecc.
496
LUIGI SABBATANI
38
16,17'. — Si ricomincia l'iniezione, che procede senza altri disturbi dell'animale.
16,26'. — Si sono iniettati in tutto cm^ 84 della soluzione. Slegato subito l'animale, sta bene,
gira, e lasciato tranquillo si accovaccia.
19, — '. — Mangia volentieri pane ed ossa.
(2 dicembre 1902).
Il cane sta benissimo, l'urina è di colorito giallo normale, lievemente torbida, di reazione
alcalina forte, non contiene affatto albumina.
Questo animale ricevette in 10' cm^ 84 di soluzione, contenenti gr. 4,20 di carbonato sodico
anidro, corrispondenti a gr. 0,62 per chilo corporeo.
Esperienza 82* (3 dicembre 1902).
Cane m. castrato di Chgr. 6,600, lo stesso che servì per l'esperienza 78*; ora sta benis-
simo, l'urina sua è di reazione acida normale.
Inietto per la vena giugulare destra della soluzione al 27 % di carbonato sodico cristal-
lizzato (10 % anidro).
16,50'. — Comincia l'iniezione.
16, .52'. — Si sono iniettati cm^ 57 di soluzione. Si arresta il respiro, che già da un po' era
lentissimo ed a lunghe pause, poi compare lenta una rigidità tetanica per tutto il corpo.
16,53'. — Il riflesso oculo-palpebrale manca, e durante l'accesso tetanico la lingua appare
sempre più intensamente cianotica, mentre da ultimo la contrazione cede lentamente.
16,54'. — Respiro fievole e raro, il cuore pulsa validamente, la lingua presenta tremolìi fibril-
lari, diffusi, vivissimi.
16,56'. — Arresto di respiro; respirazione artificiale; persiste il tetano solo alla nuca.
16,59'. — L'animale si è alquanto ristabilito; defeca. — Si pratica una seconda iniezione di
cm^ 27 e tosto compare lentamente una rigidità tetanica generale; le pupille sono
dilatate.
17,5'. — Lo stato tetanico perdura sempre, ma assai meno intenso di quello che si ebbe colla
prima iniezione. I reflessi sono esagerati, il respiro difBcile.
17,20'. — Il tetano è scomparso; l'animale si regge bene in piedi e, quantunque barcollando,
corre abbastanza svelto.
>
18,30'. — Mangia con discreto appetito, gira e mostra di star bene.
(4 dicembre 1902).
Al mattino si trova che ha emessi cm^ 335 d'urina, lievemente torbida, di color giallo
ranciato, di reazione fortemente alcalina, priva di sangue e d'albumina, effervescente cogli acidi.
11, — '. — Emette altra urina di reazione ancora fortemente alcalina.
In questo animale si ebbe tetano già dopo la prima iniezione di cm' 57, pi'aticata in 2',
corrispondente a gr. 5,7 (anidro), a gr. 0,86 per chilo corporeo. Si ebbe poi tetano molto più
grave dopo iniezione di cm^ 84 di carbonato, corrispondenti a gr. 8,4, a gr. 1,27 per chilo
d'animale.
Esperienza 83* (8 dicembre 1903).
Gatto f. di Chgr. 2,000. — Inietto nella giugulare destra della soluzione di carbonato
(anidro) al 10%.
15,58'. — Comincia l'iniezione, e dopo che si sono iniettati cm^ 9 si ha arresto persistente del
respiro.
39
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
497
15,59'. — Teiinina l'iniezione di cni'' 13 e compare una contrattura tonica generale, dopo la
quale, pur seguitando il cuore a pulsare benissimo, l'animale si rilascia, diventa cia-
notico, non ha più i reflessi, e la pupilla sua è dilatatissima.
A questo momento, comprimendo alquanto il torace per tentare la respirazione artificiale,
fuoriesce dal naso un'abbondante schiuma bianca, di reazione alcalina. Aperta la trachea, e pul-
sando ancora il cuore benissimo, comprimendo lievemente il torace, fuoriescono fiotti d'un liquido
chiaro, incoloro, ora schiumoso soltanto lievemente, di reazione fortemente alcalina.
Questo animale ricevette gr. 1,30, corrispondenti a gr. 0,65 per chilo corporeo.
Esperienze col bicarbonato di sodio.
Siccome queste esperienze dovevano servire essenzialmente per confrontare la
tossicità del bicarbonato a quella del carbonato, cosi furono fatte contemporanea-
mente ad altre esperienze col carbonato (Esp. 86, 87, 89, 90). Quelle e queste furono
fatte su conigli e cavie di peso poco diverso e con soluzioni esattamente equivalenti,
poiché mentre in quelle adoperava una soluzione di carbonato al 5 " „ (anidro) . in
queste adoperava la stessa soluzione, saturata però prima con CO- aMu pressione e
temperatura ordinaria, onde si calcola:
Pesò
0/
lo
della soluzione
in gr.
lo
della soluzione
in gr.-equiv.
Sale sodico
Formula
molecolare
equivalente
carbonato . . .
Na^CQs
106
53
5,000
0,0943
bicarbonato . .
2NaHC03
84
84
7,924
0,0943
In tutte queste esperienze poi, onde i risultati fossero meglio comparabili, e rife-
ribili giustamente ad una diversa tossicità dei sali, si ebbe cura di praticare le inie-
zioni con una velocità media non troppo diversa da esperienza ad esperienza.
Esperienza Ol" (21 dicembre 1901).
(Fatta di confronto alla 86* con carbonato sodico).
Coniglio di Chgr. 0,409. — Si inietta nella giugulare sinistra della soluzione di bicarbonato
sodico al 7,924 %.
17,5'. — Comincia l'iniezione.
17,10'. — Termina l'iniezione di cm^ 13,1.
Si ha arresto di respiro e morte senza convulsioni.
L'animale muore con gr. 2,53 per chilo corporeo.
Esperienze coll'idrato di sodio.
Feci queste esperienze ora con soluzioni forti, ora con soluzioni deboli di soda,
a volte iniettandole rapidamente, a volte invece con estrema lentezza. In alcune espe-
rienze poi mescolava della soluzione forte di soda con sangue o siero di sangue,
Serie II. Tom. LIV.
498
LUIGI SABBATANI
40
quindi diluiva con soluzione fisiologica ed iniettava il liquido cosi ottenuto. In tal
modo potei esaminare come variasse la dose letale per effetto della concentrazione
della soluzione, della velocità d'iniezione e dell'azione caustica della soda sul sangue.
Esperienza lOl" (3 aprile 1903).
Coniglio m. di Chgr. 0,895. — Iniezione nella giugulare destra con soluzione di soda all'I %.
18, — '. — Comincia l'iniezione.
18,37'. — Termina l'iniezione di cm"* 42. Durante l'iniezione l'animale non ha presentato nulla
di speciale. Finita l'iniezione e slegato l'animale, cammina.
18,50'. — Emette un grido e .muore.
Alla sezione si trova il cuore pieno di grumi neri di sangue.
Il sangue nei grossi vasi appare leggermente laccato.
L'urina contenuta in vescica è rosea per sangue.
Questo coniglio morì con gr. 0,42 di soda, corrispondenti a gr. 0,47 per chilo corporeo,
iniettati in 37'.
Esperienza 102" (4 aprile 1903).
Coniglio m. di Chgr. 1,300. — Iniezione nella giugulare destra con soluzione all'I % di soda.
10,25'. _ > . .
;. iniezione di cm"* 5/, 5.
10,46'. — )
A principio dell'iniezione si nota un rallentamento grandissimo del respiro, che poi scompare.
Alla fine dell'iniezione, che è fatta un po' più rapidamente, l'animale presenta accessi convulsivi
che scompaiono col cessare dell'iniezione. Slegato, gira bene.
11, -'. — L'urina è leggermente emoglobinurica.
(5 aprile 1903).
9,45'. — L'animale sta bene, l'urina è incolora.
Questo coniglio ebbe gr. 0,575 di soda, corrispondenti a gr. 0,442 per chilogrammo cor-
poreo, iniettati in 21',
Esperienza 103» (4 aprile 1903).
Coniglio di Chgr. 1,030. — Iniezione nella giugulare destra con soluzione all'I % di soda.
15,5'. — Comincia una iniezione rapida.
15,6',30". — Si sono iniettati cm^ 11, e dopo un arresto lungo di respiro, comparso immediato
coll'iniezione, l'animale con scosse convulsive forti muore.
Aperto all'istante, si ha schiuma abbondante, bianca, che riempie tutto l'albero respiratorio,
e fuoriesce dalla bocca. Il cuore è pieno di sangue aggrumato.
Questo animale morì con gr. 0,11 di soda, corrispondenti a gr. 0,106 per chilo corporeo
in' 1 minuto e '/2-
Esperienza 104*- (5 aprile 1903).
Coniglio di Chgr. 1,130. — Iniezione nella giugulare destra con soluzione di soda all'I %.
lAol'' ì Iniezione di cm^ 20, che termina allorché compaiono forti convulsioni generali.
10,24 . — j
10,26'. — L'animale muore. Aperto subito il torace, si trova il cuore ancora pulsante, specie
le orecchiette ed il ventricolo sinistro. Il sangue contenuto nel cuore e grossi vasi è
perfettamente liquido, coagula però prontamente, appena estratto, e dà prestissimo
siero abbondante, rossiccio. (Ciò attesta una distruzione di globuli rossi e passaggio
abbondante di materia colorante nel plasma).
Questo coniglio morì con gr. 0,20, corrispondenti a gr. 0,177 per chilo corporeo iniettati in 3'.
41
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
499
EspEuiENZA 105" (G aprile 1903).
Coniglio di Chgr. 1,300. — Iniezione nella giugulare destra con soluzione di soda al 0,5%.
15,51'. — ( Iniezione di cm^ 20, e l'animale muore con scosse convulsive generali. Aperto sabito
15,53'. ■ S l'animale, si trova che il cuore pulsa, ma irregolarmente; nel cuore e nei grossi
vasi non vi sono coaguli ; il sangue coagula appena estratto e dà poi siero abbondante
di colorito leggermente roseo.
Questo coniglio morì con gr. 0,10 di soda, corrispondenti a gr. 0,077 per chilo corporeo,
iniettati in 2'.
Esperienza 106* (fi aprile 1903).
Coniglio di Chgr. 1,055. — Iniezione di soda al 0,5 % nella giugulare destra.
^n\^t l (I" ore 1,11') Iniezione continua di cm^ 143.
17,o6 . — 1
Durante l'iniezione l'animale non ha presentato alcun disturbo degno di nota; dopo era
vivacissimo, l'urina rossiccia.
Durante l'iniezione si è avuto dalla ferita uno stillicidio lento di sangue, che non s'è potuto
arrestare.
(7 aprile 1903).
Sta bene e non presenta nulla degno di nota.
Questo coniglio ebbe gr. 0,715 di soda, gr. 0,677 per chilo corporeo in ore 1,11'.
Esperienza 107^^ (20 dicembre 1902).
Coniglio m. di Chgr. 1,535.
10,9'. — Si inietta per la giugulare sinisti'a lentissimamente della soluzione di soda al 0,46 %.
11,1'. — Termina l'iniezione di cm' 65 senza che l'animale durante o dopo di essa presenti
alcun distorbo.
(28 dicembre 1902).
Fino ad oggi l'animale è stato sempre bene e si tralascia l'osservazione.
Questo animale ha ricevuto gr. 0,299 di NaOH corrispondenti a gr. 0,198 per chilo cor-
poreo, iniettati in 52'.
Esperienza 108» (20 dicembre 1903).
Coniglio f. di Chgr. 0,930.
11,15'. — Comincia una iniezione nella giugulare sinistra con soluzione di soda al 0,46 %, e
l'iniezione si fa rapida. — Durante l'iniezione l'animale si agita per due volte e grida,
nel resto del tempo sta tranquillo e non presenta alcun disturbo.
11,23'. — Termina l'iniezione di cni' 64,4. Slegato tosto l'animale, sta bene e non presenta
nulla degno di nota.
(28 dicembre 1902).
Fino ad oggi è stato sempre benissimo e viene usato per altra esperienza.
Questo animale ha ricevuto gr. 0,296 di soda, corrispondenti a gr. 0,32 per chilo corporeo.
Esperienza 109" (28 dicembre 1902).
Coniglio m. di Chgr. 1,840.
10,56'. — Estraggo dall'arteria femorale destra cm^ 10 di sangue e li mescolo tosto, agitando
di continuo, con cm' 4,2 di soda al 4,6 %.
500
LUIGI SABBATANI
42
10,59'. — Diluisco il sangue cosi trattato, che ha assunto colorito lacca, poi verdastro cupo,
con cm^ 27,8 di soluzione fisiologica. Cosi ho una soluzione che dovrebbe contenere
soda alla concentrazione di 0,5 %.
11,8'. — Comincio ad iniettare questo liquido nella giugulare sinistra.
11,11'. — L'animale ha scosse conviilsive.
11,14'. — Ha ancora convulsioni.
11,16'. — Termina l'iniezione di cni^ 38,5, e l'animale muore; il cuore seguita a pulsare a
lungo, non presenta traccia di coaguli nel cuore e grossi vasi.
Questo coniglio, supponendo che la soda fosse restata libera tutta a contatto del sangue,
avrebbe ricevuti cm^ 38,5 d'una soluzione al 0,46%, corrispondenti a gr. 0,177, a gr. 0,096 per
chilo corporeo, iniettati in 8'.
Esperienza 110" (12 giugno 1903).
Coniglio di Chgr. 1,185. — Estraggo dalla carotide destra cm^ 10 di sangue e li mescolo
tosto con cni^ 5 di una soluzione di soda al 5 %. Dopo 8' diluisco con cm' 35 di soluzione
fisiologica e così si porta il liquido a 50 cm'. Il sangue si fa di color lacca intenso, poi ver-
dastro bruno, mentre si dissolvono i globuli.
Inietto di questo liquido nella giugulare destra.
17,39'. — ) Iniezione di cra'^ 13,5. L'animale presenta scosse convulsive tetaniche intense e
17,43'. — S muore. Il sangue del cuore è interamente liquido.
Questo coniglio in 4' avrebbe ricevuti (se la soda fosse rimasta libera a contatto del sangue)
gr. 0,067 di soda, corrispondenti a gr. 0,065 per chilo corporeo.
Esperienza 111" (12 giugno 1903).
Coniglio di Chgr. 1,015. — Estraggo dalla carotide destra cm^ 10 di sangue e li mescolo
con una soluzione di soda così composta:
Di soluzione di soda al 5 % cm^ 5
Di soluzione fisiologica „ 35
Totale cm=' 40
Col sangue si ha un volume di cm^ 50 di liquido, che presto assume color lacca intenso
e poi bruno verdastro.
Dopo 8' minuti inietto di questo liquido nella vena giugulare destra, ed in ^ d'ora circa,
in tre riprese ne inietto cm^ 20, con che l'animale muore, dopo aver presentate intense convul-
sioni a carattere tetanico.
Il sangue nel cuore è interamente liquido.
Questo coniglio avrebbe ricevuti gr. 0,100 di soda, corrispondenti a gr. 0,098 per chilo
corpoi'eo.
Esperienza 112-'' (12 giugno 1903).
Coniglio di Chgr. 1,225. — Ripeto esattamente tutto quanto s'è fatto nell'esperienza
precedente.
18,10'. — \ Iniezione di cm' 11,5 del liquido sanguigno. Morte dell'animale preceduta da scosse
18,17'. — ^ convulsive tetaniche, generali, intense. Il sangue del cuore è liquido.
Questo animale avrebbe ricevuti gr. 0,0575 di soda, corrispondenti a gr. 0,047 per chilo
corporeo in 7'.
43
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
501
Esperienza. 113* (4 gennaio 1903).
Coniglio ni. di Chgr. 1,094. — Mescolo cm^ 2,-5 di soluzione di soda al 4,6% con cm^ 10
di siero di sangue di coniglio, preparato con ogni cura asettica fin dal giorno prima. Tengo
la miscela a 38° C. per 10', quindi diluisco con cnr' 12,5 di soluzione fisiologica. Cosi ho una
soluzione che dovrebbe contenere soda nella ragione del 0,46%, se fosse rimasta tutta libera a
contatto del siero.
11,41'. — l Iniezione di tutto il liquido (cnv' 25) nella giugulare sinistra, senza che nè durante,
11,49'. - ^ nè dopo 1' iniezione, l'animale presenti alcun disturbo.
18, — '. — L'urina è del tutto normale.
(6 gennaio 1903).
È stato sempre bene e pesa Chgr. 1,105.
Questo coniglio quindi avrebbe ricevuto gr. 0,125 di soda in soluzione al 0,46%, corri-
spondenti a gr. 0,114 per «hilo corporeo, iniettati in 8'.
Esperienza 114* (4 gennaio 1903).
Coniglio f. di Chgr. 1,485. — Mescolo cm^ 6,8 di soda al 4.6% con cm^ 10 di siero di
sangue, preparato asetticamente il giorno prima da un altro coniglio sanissimo. Mantengo la
miscela per 15' a 40" C, poi diluisco con cm^ 51,2 di soluzione fisiologica.
Ottengo così un totale di cm^ 68 di liquido in cui. se la soda fosse tutta libera, dovrebbe
essere alia concentrazione del 0,46 %.
j^g -j^' >
' ' i (In 7') Inietto tutto il liquido senza che l'animale presenti alcun disturbo.
18,8 . — '
(5 gennaio 1903).
L'urina è in tutto normale.
(6 gennaio 1903).
L'animale sta sempre bene e pesa Chgr. 1,393.
Questo coniglio avrebbe quindi avuti, coi cm' 68 al 0,46 %, gr. 0,3128 di soda, corrispon-
denti a gr. 0,210 per chilo corporeo, iniettati in 7'.
* *
Dovendo ora discutere i risultati ottenuti in tutte queste esperienze col carbo-
nato, bicarbonato ed idrato sodico, credo opportuno incominciare dall'idrato sodico,
poicliè la presenza di idrossil-jone nelle soluzioni dei carbonati e bicarbonati è un
fatto secondario, dipendente dall'idrolisi, variabilissimo a seconda delle condizioni
sperimentali. Così potremo subito farci un criterio circa gli effetti che nell'azione
farmacologica dei carbonati possono essere ascritti all'alcalinità delle loro soluzioni,
effetti secondari, disturbanti l'azione fondamentale dei carbonati stessi.
Nel seguente quadro ho riuniti i dati principali di tutte le esperienze fatte con
soluzioni pure di soda, e da un attento esame di esso si rilevano subito due fatti
importanti circa la dose letale; l'uno riguarda l'influenza della velocità dell'iniezione
e l'altro l'influenza della concentrazione della soluzione iniettata.
502
LUIGI SABBATANI
44
Soluzioni
Soda
di soda iniettata
iniettata in
a>
s;
Peso
—
Dose letale
a
del
~~"
o
CD
o
di soda
ai
coniglio
u o
a>
per chilo corporeo
W
in Chgr.
m cm
al "lo
■g
G
^ o
ù "
u
.• ^2.
'ai
(inedie)
95
1,092
2,5
4,6
5
A 1 1 K
0,115
A 1 AC
U,lUo
A A01
0,021
M
( 0,104
96
0,975
o o
4,6
2
A 1 A 1
0,101
A 1 AO
0,103
A A C 1
0,051
M
97
1,055
o o
2,3
3,7
1 \'2
A AO r
U,Uo5
A AQA
A A e J
U,Uo4
M
j 0,075
ì 0,185
S
98
1,357
2,6
3,7
5
A f\(\C
0,09d
A A'TI
0,071
A A 1
0,014
M
99
1,472
10,5
2,8
li
A CtC\ A
0,294
A OAA
A A1 O
U,01o
M
100
1,372
8,5
2,8
5
0,242
0,170
0,034
M
101
0,895
42,0
1
37
0,420
0,470
0,013
M
102
1,300
57,5
1,0
21
0^575
0,442
0^021
V
' 0,231
103
1,030
11,0
1,0
l
0,110
0,106
0,071
M
104
1,130
20,0
1,0
3
0,200
0,177
0,059
M
)
105
1,300
20,0
0,5
2
0,100
0,077
0,038
M
ì
106
1,055
143,0
0,5
71
0,715
0,677
0,009
V
107
1,535
65,0
0,46
52
0,299
0,198
0,004
V
108
0,930
64,4
0,46
8
0,296
0,320
0,040
V
Per vedere chiaramente come la dose letale varii per effetto della velocità della
iniezione, basta ordinare le esperienze secondo la velocità.
Numero d'ordine
Velocità
NaOH iniettata
Esito
dell'esperienza
dell'iniezione
per chilo corporeo
dell'anim
103
0,071
0,106
M
104
0,059
0,117
M
97
0,054
0,080
M
96
0,051
0,103
108
0,040
0,320
V
105
0,038
0,077
M
100
0,034
0,170
M
95
0,021
0,105
M
102
0,021
0,442
V
99
0,018
0,200
M
98
0,014
0,071
M
101
0,013
0,470
M
106
0,009
0,677
V
107
0,004
0,198
V
Velocità
0,055
MEDIE
Dose letale
0,097
0,020
0,203
Troviamo cosi che in 5 esperienze in cui si tenne una velocità grande, da 0,071
a 0,038, la dose media letale per chilo corporeo fu di gr. 0,097, ed in altre 5 espe-
rienze, nelle quali la velocità fu assai minore, da 0,034 a 0,013, la dose media letale
per chilo corporeo fu più che doppia, di gr. 0,203; ed allorché si mantenne una delle
più basse velocità (0,009 per chilo e minuto) si potè iniettare la dose massima di
gr. 0,677 per chilo, senza che l'animale morisse (Esp. 106).
45
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
503
Per vedere come varii la dose letale per effetto della concentrazione della solu-
zione di soda adoperata, basta ordinare le esperienze secondo la concentrazione:
"la Dose letale media
della soluzione iniettata per chilo corporeo
4.6 0,104
3.7 0,075
2.8 0,185
1,0 0,231
0,5 ....
Per vedere poi come vani la dose letale per effetto combinato della concentra-
zione e della velocità, basta disporre le esperienze secondo un ordine del tutto natu-
rale: prima in gruppi, a seconda della concentrazione, poi nei singoli gruppi ordinare
le esperienze a seconda della velocità dell'iniezione.
ci
0/
NaOH iniettata
Esperiei
lo
della soluzione
iniettata
velocità
della iniezione
per
chilo corporeo
in gr.
96
4,6
0,051
0,103
M
95
»
0,021
0,105
M
97
3,7
0,054
0,080
M
98
»
0,014
0,071
M
100
2,8
0,034
0,070
M
99
0,018
0,200
M
103
1,0
0,071
0,106
M
104
0,059
0,177
M
102
0,021
0,442
V
101
0,013
0,470
M
105
0,5
0,038
0.077
M
106
0,009
0,677
V
108
0,46
0,040
0,320
V
107
n
0,004
0,198
Y
Dose letale
media per chilo corporeo
in sr.
. 0,104
. 0,075
. 0,185
. 0,231
Vediamo cosi in modo evidentissimo che col diminuire della concentrazione della
soluzione adoperata la tossicità s'abbassa moltissimo, come indica la dose minima
letale aumentata, e per una stessa concentrazione la tossicità diminuisce ancora col
diminuire della velocità della iniezione.
In queste esperienze quindi non solo riesce difficile, ma quasi del tutto impos-
sibile fissare la dose letale senza tener conto di tutte le piii piccole condizioni spe-
rimentali ; e per avere dati attendibili è indispensabile che la velocità della iniezione
si mantenga uniforme dal principio alla fine, poiché, per le ragioni suesposte, un
acceleramento lieve verso la fine dell'iniezione è indubbiamente causa di errori non
piccoli, facendo apparire letale una dose di soda che per la concentrazione e per la
504
LUIGI SABBATANI
46
velocità media non doveva esserlo. Mantenere del tutto uniforme la velocità era tecni-
camente difficile per i mezzi di' cui poteva disporre, e probabilmente i valori lieve-
mente discordanti che ho ottenuti in alcune esperienze dipendevano da ciò.
Che la velocità dell'iniezione influisca molto sulla dose letale è un fatto abba-
stanza generale per molte sostanze tossiche, che facilmente si comprende come possa
avvenire, e nel caso presente il Bottazzi ne dà spiegazione plausibile con ciò, che
" non bisogna far l'iniezione troppo lentamente e dar tempo che l'alcali o sia elimi-
" nato passi in uno stato in cui non sia piìi attivo „, e parlando dei saponi osserva:
* vi sono però considerevoli differenze nei vari esperimenti, dipendenti sopratutto
" dalla rapidità con cui si fa l'iniezione, ossia dalla quantità di sapone che in un
" dato momento viene a trovarsi nel segmento venoso del cuore „. L'influenza poi che
la concentrazione della soluzione adoperata esercita sulla dose letale minima, quale
risulta evidente dalle esperienze che ho sopra riportato, è molto piìi interessante e ci
dà modo di indagare piìi addentro perchè la soda riesca tossica, allorché viene iniet-
tata nelle vene.
L'influenza della concentrazione ci richiama alla mente l'azione caustica locale,
che varia d'intensità, e dà prodotti di causticazione chimicaménte diversi a seconda
della concentrazione stessa. E poiché la soluzione a quel grado preciso di concentra-
zione al quale la pi-eparamrao viene a contatto esclusivo del sangue, e poi subito con
esso si diluisce, cosi era logico ammettere che l'influenza della concentrazione dipen-
desse da fenomeni di causticazione sul sangue: però feci le esperienze 109, 110, 111,
112, 113, 114, mescolando in vitro del sangue o del siero di sangue con delia soda,
ed iniettando poi il prodotto diluito con soluzione fisiologica, in modo che e per la
quantità di soda adoperata, e per la concentrazione di essa, e per la velocità della
iniezione si calcolava dovesse riuscire innocua, mentre poi realmente non Io era. Ciò
chiarissimamente risulta dalla seguente tabella.
Peso
del coniglio
in Chgr.
1,094
1,485
Soluzióne di soda
iniettata
al %
m
minuti
Soda iniettai
in
- — •
Soda mescolata con sangue intero
109
1,840
38,5
0,46
8
0,170
0,096
0,012
M
110
1,185
13,5
0,5
4
0,067
0,065
0,016
M
111
1,015
20,0
0,5
0,100
0,098
M
112
1,225
11,5
0,5
7
0,057
0,047
0,006
M
Soda mescolata con siero di
25,0
68,0
0,46
0,46
0,125
0,313
0,114
0,210
sangue
0,014
0,030
Soluzione pura di soda
V
V
Dose letale
di soda
per
chilo corporeo
(medie)
0,076
107
1,535
65,0
0,46
52
0,299
0,198
0,004
V
108
0,930
64,4
0,46
8
0,296
0,320
0,040
V
ì _
105
1,300
20,0
0,5
o
0,100
0,077
0,038
M
106
1,055
143,0
0,5
71
0,715
0,677
0,009
V
47
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
505
Nell'esperienze 113 e 114, in cui si adoperò del siero di sangue, gli animali
sopportarono benissimo l'iniezione, e non presentarono alcun disturbo.
Nell'esperienze 109, 110, 111, 112 invece, in cui s'era mescolata la soda col
sangue intero, si ebbe morte dell'animale, quantunque per la dose e per la diluzione
di essa dovesse riuscire innocua; onde la morte è in questo caso da attribuirsi ai
prodotti di causticazione che la soda dà sui corpuscoli sanguigni. Questo concetto
trova appoggio dall'azione distruttiv'a che la soda esercita sui globuli rossi in cifro,
e dalla emoglobinuria (vedi P]sperienze 101, 102, 106) e dal colore rossiccio (vedi
Esper. 104, 105) che il siero di sangue assumeva in alcune esperienze fatte colla soda.
Osservazioni analoghe a questo furono fatte da Bottazzi coll'oleato sodico sopra
elementi cellulari di vari tessuti (cellule sanguigne, epitelio peritoneale, tessuto adi-
poso, parenchima epatico, splenico, tessuto placentare di cagna) e sempre vide che
si aveva una distruzione abbondante delle cellule e formazione contemporanea di
nucleo-proteidi per opei-a della soda, che si libera dal sapone per idrolisi.
Possiamo quindi concludere che quando la concentrazione della soda è grande,
riesce tossica per la variazione forte che provoca nella reazione chimica del sangue,
per la distruzione cellulare e per la formazione di nucleoproteidi ; elio quando la con-
centrazione è debole, e non dà fenomeni locali di causticazione, la soda non riesce
molto lesiva al sangue, è assai meglio tollerata per iniezioni endovenose, e riesce
letale solo quando viene iniettata rapidamente, verosimilmente perchè provoca allora
una brusca variazione dell'alcalinità dei liquidi dell'organismo, variazione che può
essere lesiva ai protoplasmi o direttamente, oppure indirettamente, in quanto viene
a rompere condizioni peculiari di equilibrii molecolari salini (1), la cui variazione,
oltre certi limiti, è incompatibile colla vita. Possiamo inoltre concludere che quando
la concentrazione della soda (dell'OH" jone) è piccola, e la velocità dell'iniezione lenta,
allora non si ha formazione di prodotti di causticazione di per sè tossici, l'organismo
ha tempo, come dice Bottazzi, di eliminare o trasformare l'alcali in uno stato in
cui non sia piìi attivo, ed allora l'iniezione diventa indifferente e la soda non è più
tossica.
Solo per ciò che riguarda le trasformazioni, che la soda può subire nell'orga-
nismo, fermamente ritengo siano assai semplici; iniettata lentamente ed in soluzione
diluita, incontra nell'organismo acido carbonico in quantità più che sufficiente per
trasformarsi in carbonato o bicarbonato di sodio, assai meno tossici della soda stessa,
i quali prontamente s'eliminano per le vie naturali. Quantunque non possegga appa-
recchi precisi, pure in alcune esperienze, esaminando l'aria espirata, vidi che durante
l'iniezione lenta di soda l'eliminazione di CO^ diminuisce ed aumenta la quantità dei
carbonati nell'urina. Con questo concetto armonizza perfettamente una osservazione
sperimentale molto importante di Loeb, che egli stesso cosi descrive : " The quantity of
" free HO-ions in the blood is neither increased by a considerable addition of NaHO
" nor decreased by a considerable addition of HCl ., (2). Ora, senza voler entrare in
questioni molto difficili, relative all'alcalinità del sangue ed alle sue cause, credo
(1) Si ricordi ad esempio che gli alcali precipitano i fosfati alcalino-terrosi.
(2) Loeb J., On jon-proteid compounds and their vàie in the mechanics of life phenomena. I. The
poisonous character of a pure NaCl solution, " Amar. Journ. of Phj'siol. voi. UT (1900).
Scr.:E IT. Tom. LIV. n=
506
LUIGI SABBATANI
48
però opportuno osservare che questa esperienza e moltissime altre possono spiegarsi
bene con concetti semplici di chimica minerale.
Nel sangue in vitro, ma più ancora. nel sangue circolante, la soda incontra del-
l'acido carbonico, e si trasforma in carbonati, e l'acido cloridrico dei carbonati alcalini;
che quindi nell'uno e nell'altro caso, mentre aggiungiamo direttamente dell'alcali o
dell'acido, in realtà portiamo una variazione in piìi od in meno nei carbonati del
sangue ; e poiché 1' alcalinità del sangue è data principalmente dalla dissociazione
idrolitica dei carbonati e fosfati alcalini, così l'alcalinità del sangue non può crescere
proporzionalmente alla soda, o decrescere proporzionalmente all' acido aggiunto ; ma
varierà solo in dipendenza dei carbonati, e varierà non proporzionalmente ad essi;
ma, come risulta dalle ricerche di Shields, che vedremo fra poco, secondo la radice
quadrata della concentrazione del carbonato. Quindi le variazioni nella concentrazione
deirOH-jone per aggiunta di soda o di acido devono essere molto piccole e spesso
comprese entro i limiti degli errori inevitabili dei metodi sperimentali.
*
Passando ora ad esaminare la tossicità dei carbonati, abbiamo riuniti nelle
seguenti tabelle i dati principali e l'esito delle esperienze relative.
Esperienze col carbonato sodico.
<à
Soluzione di Na'CO'
iniettata
Na^CO' iniettato in
ai
^a
Espevien
Animale
Peso
in Chgr.
in cm^
al »/o
in
minuti
gr-
gr. per
chilo corporeo'
gr. per |
chilo e minuto
(velocità) j
Esito
dell'anim:
78
cane
6,700
84
5
10
4,20
0,62
0,062
V
79
n
5,000
91
5
14
4,55
0,91
0,065
V
80
»
14,200
> 211
' 124
5
10
7
7
■ 22,95
1,61
0,060
V
81
13,000
132
10
6
13,20
1,01
0,170
V
82
6,600
84
10
9
8,40
1,27
0,141
V
83
gatto
2,000
13
10
1
1,30
0,65
0,650
M
84
»
1,300
21
10
24
2,10
1,61
0,067
V
85
1,450
16
10
16
1,60
1,10
0,069
V
86
coniglio
0,415
5
5
2
0,25
0,60
0,300
M
87
0,956
11
5
4
0,55
0,57
0,140
M
88
1,870
29
10
34
2,90
1,55
0,045
89
• cavia
0,639
11
5
5
0,55
0,86
0,172
M
90
0,488
19
5
18
0,95
1,94
0.108
M
49 FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO 507
Esperienze col f>ic(irhonati) sodico.
Soluzione di bicahho.nato
BlCAItllONATlJ SODICO
ce
N
iniettata
iniettato in
i/
Cri
Esperieu
Animalr
Peso
in Chgr.
in cm^
al "/o
in
minuti
gr-
gr. per
chilo corporeo
gr. per '
chilo e minuto
(velocità)
o S
w ^
"e!
91
coniglio
0,409
13,1
7,924
5
1,038
2,53
0,506
M
92
»
0,550
20,0
»
10
1,585
2,87
0,287
M
93
cavia
0,558
15,0
(5
1,188
2,13
0,355
V
94
»
0,427
17,0
7
1,347
3,15
0,450
M
Esperienze comparate fra carbonato e bicarbonato.
si
DoSK IX
IETTATA
Dose iniettata
i in gr. oquiv.
e
Animale
in
in gr.
in gr. per
chilo
Esito
— ■ d
in cm^
minuti
per
chilo
e minuto
(velocità)
115
cavia
0,780
0,88
10
0,11
M
116
0,565
0,88
7
2
0,11
0,055
M
117
coniglio
1.620
2,00
7,6
4
0,09
0,026
M
•118
»
1,175
2,00
7
0,12
0,048
M
119
cane
5,800
2,66
30
3
0,14
0,045
M
120
»
7,900
2,66
53
0,17
M
•s ( 1
»
2,00
10
0,117
M
^ 1 III
»
1,50
8
0,071
M
1,50
20
0,092
M
(Jirca l'azione generale dell'ossalato sodico ho visto che, come gli altri reattivi
studiati, esso pure per iniezione endovenosa dà sempre nei mammiferi fenomeni di
eccitazione generale e convulsioni a carattere tetanico ; ciò è d'accordo con quanto è
stato osservato da quasi tutti quelli che hanno sperimentato coU'assalato. Nelle rane,
che sono pochissimo sensibili al calcio (Delogu), l'ossalato dà invece fenomeni di
depressione, paralisi e morte (Cavazzani), mentre il citrato dopo la paralisi del primo
momento dà fenomeni di eccitazione generale, allorché l'avvelenamento grave del
primo momento va attenuandosi, mentre quello dell'ossalato conduce subito a morte.
57
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
515
Ma anche nelle rane si possono veder bene fenomeni di eccitazione, allorché si
bagna direttamente l'encefalo con soluzione di ossalato sodico; compaiono allora con-
vulsioni generali intenso e di lunga durata (1). Nei cani poi dimostrai che l'appli-
cazione di ossalato sodico direttamente sulla corteccia cerebrale provoca aumento
della eccitabilità elettrica, e scoppio di convulsioni epilettiche (2).
L'azione antagonistica fra ossalato e calcio era stata osservata da Cavazzani
sulle rane (3), come già ricordai nella prima parte di queste ricerche; ma nei mam-
miferi e per iniezione endovenosa i fenomeni di antagonismo fra ossalato e calcio
si riducono a ben poca cosa, poiché per effetto di queste iniezioni si produce sempre
coagulazione intravascolare.
Dall'esperienza 121 si vede che quando s'inietta dell'ossalato calcico, sospeso in
acqua e di recente precipitato, esso non è punto causa immediata di morte, neanche
quando l'ossalato è in quantità piìi che doppia della letale (Esp. 116). Quindi appare
evidente che la tossicità dell'ossalato è del tutto sospesa, allorché esso trovasi in
forma insolubile di ossalato calcico nel sangue, e che la introduzione e la presenza
del precipitato finissimo di ossalato calcare nel sangue circolante non è condizione
sufficiente alla formazione di coaguli, i quali compaiono subito che la formazione del-
l'ossalato avviene direttamente nel sangue o per iniezione contemporanea di quantità
equivalenti di ossalato e calcio per due vene simmetriche, o per iniezione successiva
ed alterna di quantità pure equivalenti delle stesse soluzioni. Ciò limita grandemente
il campo sperimentale per l'antagonismo.
Per queste osservazioni semplicissime però resta chiaramente dimostrato che
l'ossalato sodico ed il cloruro calcico da noi iniettati per due vene diverse trovansi
anche nel sangue allo stato di ione, poiché nel sangue circolante si ha l'immediata
formazione della reazione ionica loro caratteristica, precipitante — ossalato calcico — •
e queste osservazioni sono perfettamente concordi a quelle di Onsum e di altri, i
quali constatarono al microscopio la presenza di ossalato calcico nei vasi sanguigni
di animali avvelenati con ossalato. Ora però la morte degli animali l'attribuiamo non
agli effetti meccanici del precipitato calcare, come faceva Onsum, ma alla diminu-
zione della concentrazione di Ca-jone che l'ossalato produce.
10. Citrato trisodico.
Nella prima parte delle presenti ricerche (4), studiando l'azione antagonistica fra
citrato trisodico e calcio, feci alcune esperienze sull'azione fisiologica e tossica del
citrato, delle quali ne riportai solo tre sui cani (4'''-5-'^-6'''). Successivamente feci molte
(1) Sabbatani L., Come si debba interpretare l'azione antagonistica fra il calcio ed i reattivi che
lo iininobilizzano, * Rivista critica di Clinica medica anno III, n. 15 (1902).
f'2) Sabbatani L., Importanza del calcio che trovasi nella corteccia cerebrale, " Rivista sperimentale
di Freniatria voi. XXVII (1901).
1,3) Cavazzani A., Dell'azione dell'ossalato potassico sul plasma muscolare ecc., ■* Rilbrrua medica
N. 131-32 (1892).
(4) Sahbatani L., Funzione biologica del calcio, Parte I : Azione antagonistica fra citrato trisodico
e calcio. ' Memorie della R. Accademia delle Se. di Torino Serie IT , tomo LI (1901), p. 267-305.
516
LUIGI SABBATANI
58
ricerche sulla tossicità dell'acido citrico, citrato mono-bi-tri-sodico e sull'etere trietil-
citrico, amministrando queste sostanze per via gastrica, ipodermica ed endovenosa,
nei cani, gatti, conigli, cavie, topi e rane; ora non voglio intrattenermi sulle diffe-
renze che, riguardo ai sintomi ed alla tolleranza, si riscontrano da animale ad ani-
male, a seconda che si tratta dell'uno o dell'altro preparato, ma ricorderò solo che
le maggioin differenze si hanno sempre a seconda della via di introduzione, e ciò
verosimilmente perchè con questa varia moltissimo la rapidità dell'ingresso in circolo
del citrato. Qui riferisco solo il risultato finale di tutte le esperienze che ho fatte sui
cani, conigli, gatti e cavie con iniezioni endovenose di citrato trisodico, dalle quali
possiamo fissare con sufficiente sicurezza la dose minima letale.
L'acido citrico è stato già studiato da Mitscherlich (1) e sappiamo che riesce
tossico negli animali producendo dapprima accelerazione del cuore e del respiro, in
seguito accessi convulsivi violenti con diminuzione della sensibilità, impulso cardiaco
insensibile, dispnea, grande debolezza e morte. Recentemente è stata studiata da
ViETiNGHOFF (2) l'azione tossica comparata dei citrati e tartrati neutri, e l'azione anti-
coagulante sul sangue e sul latte; di interessante ha visto che il citrato dà azione
eccitante sui centri nervosi, concordemente a quello che già aveva osservato io.
Da tutte le esperienze risulta che, come già dimostrai nella prima parte di queste
ricerche, il citrato trisodico, iniettato nelle vene degli animali, riesce molto tossico,
dà sempre fenomeni di eccitazione generale e convulsioni alle quali segue rapida-
mente la morte con fenomeni di depressione e paralisi generale. Le convulsioni sono
prevalentemente toniche, ed il più delle volte assumono carattere nettamente teta-
nico; ciò si vede assai bene nei cani, nei conigli e nelle cavie; nei gatti invece le
convulsioni sono prevalentemente tonico-cloniche, ed una volta sola ebbi un accesso
tetaniforme deciso, mentre negli altri casi le convulsioni sembravano piuttosto epilet-
tiformi: troviamo così un nuovo punto di analogia fra l'azione comparata di questo
e d'altri sali ad azione decalcificante.
Il gatto si mostra poi più sensibile degli altri animali all'azione tossica del
citrato, come si vede bene dalla tabella alla pag. seguente, in cui sono raccolti i
dati principali e l'esito di tutte le esperienze fatte col citrato.
Da ciò risulta che la sensibilità all'azione tossica del citrato trisodico è massima
nel gatto, minore nella cavia, minore ancora nel coniglio, minore che in tutti gli
altri poi è nel cane.
In gr. -equivalente e per chilo d'animale la dose minima letale è:
Nel gatto .... 0,0032
Nella cavia .... 0,0036
Nel coniglio .... 0,0044
Nel cane 0,0061
Per le cose dette altrove, e specialmente a proposito del carbonato ed oleato
sodico, facilmente si comprende come, a seconda delle condizioni sperimentali e più
(1) Teodoro Hdseman, Manuale di materia medica, traduzione di V. Gautier, p. 703.
(2) ViETiNGHOFF-ScHELT-, Zur Giftivlfkung des neutralen Citronensàuren und Weinsaure Natriums
iind Uher ihren Einfluss anf die Blutgerinnung und die Kaseingerinnung mit Lab., ' Arch. interaation.
de Pharmacodinam. X (1902), r- 145-176.
59
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
517
che tutto della velocità d'iniezione, debbano variare le manifestazioni tossiche, ed
ora essere più intense sui centri nervosi ed ora sul cuore; purtuttavia pare esista
veramente una differenza sostanziale a questo proposito fra i diversi animali d'espe-
rimento.
Nei cani si aveva sempre prima arresto di respiro e poi del cuore, nel gatto
invece e nelle cavie si avrebbe il contrario, poiché tranne una volta (Esp. 134) in
questi animali il cuore si arrestava e diventava ineccitabile mentre il respiro durava
ancora a lungo, e ciò potrebbe essere una ragione suftìciente alla differenza di tos-
sicità del citrato per i cani, gatti e cavie.
Inikzione di citrato
c
5
o
a
o
C/1
Peso
H
u
3
a
co
Animale
a
in Chgr.
in
minuti
1^ o ~~
O S
in cm"
in gr.
in £rr.
per chilo
03
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(1)
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o
00
a
125
cane
ni.
5,500
8 r.
8,5
20,0
1,70
0,31
V
126
n
m.
5,000
24 r.
8,5
50,0
4,25
0,85
M
127
»
f.
3,900
24 r.
8,5
40,0
3,40
0,87
M
1
128
»
m.
2,200
6 r.
8,49
12,2
1,03
0,47
M
129
m.
2,900
8 r.
8,49
25,0
2,12
0,73
M
I 0,73
130
m.
4.100
28 r.
8,49
35,0
2,97
0,72
M
131
gatto
f.
2,110
6 c.
5,0
16,0
0,80
0,38
M
132
1,000
2 c.
5,0
7,0
0,35
0,35
M
> 0,38
133
»
f."
1.710
6 c.
5,0
17,0
0,85
0,50
M
134
»!
1,410
5 c.
5,0
8,5
0,42
0,30
M
135
coniglio
0.708
13,6
1,0
0,136
0,19
V
136
0,985
5,0
3,5
0,175
0,17
V
137
»
0,950
*9'n
5,0
10,0
0,50
0,53
M
138
1,224
5,0
12,0
0,60
0,49
M
; 0,53
139
n
m.
1,204
lic.
5,0
14,6
0,73
0,60
M
140
cavia
m.
0,482
5,0
3,5
0,175
0,36
M
141
n
0,350
5,0
4,0
0,20
0,57
M
> 0,43
142
»
0,520
5,0
4,5
0,225
0,43
M
143
0,352
5,0
2,5
0,125
0,35
M
A questo proposito sono interessantissime le esperienze 132 e 133 sui gatti, e
la 130 sui cani, poiché nelle prime chiaramente si vide che il citrato spiega una
azione letale più intensa sul cuore che sul centro respiratorio, sì che quando da 17'
(Esp. 133) i ventricoli erano immobili ed ineccitabili, mercè la compressione ritmica
del éuore si conservava bene attiva la funzione respiratoria, mentre poi nè la respi-
razione artificiale, nè la compressione ritmica del cuore erano state sufficienti a riat-
tivare la funzione cardiaca. Xell'Esp. 130-^ sul cane si vide invece che praticando la
iniezione lentamente e per la vena femorale, si aveva prima arresto del respiro di
quello che del cuore, e che a produrre l'arresto di cuore occorreva una dose un po'
maggiore di citrato.
(1) r ~ refratta, c = continua.
518
LUIGI SABBATANI
60
Come per gli altri sali, per il citrato la tossicità varia molto a seconda della
velocità della iniezione, e ciò, trattandosi qui di un sale organico, facilmente ossi-
dabile, non può far meraviglia, anzi in questo stesso senso riesce ovvio interpretare
le differenze grandissime di tossicità che si hanno col citrato per iniezioni endove-
nose, ipodermiche o gastriche. La grande tolleranza degli animali al citrato per questa
ultima via non dipende certo da una azione protettiva del fegato, poiché iniettando
il citrato in una vena della circolazione generale od in un ramo della vena porta la
dose minima letale per il cane è presso a poco la stessa.
Diremo adunque che, iniettato nelle vene con grande lentezza, od amministrato
per bocca, nel qual caso l'assorbimento è pure lento, il citrato va incontro ad un pro-
cesso di ossidazione, ed occorre introdurne delle dosi assai maggiori per raggiungere
nell'organismo quella concentrazione minima di citrato che può produrre fenomeni tos-
sici, dipendenti da diminuita concentrazione del Ca+"'".
In vitro, e coi comuni mezzi di ossidazione l'acido citrico in ambiente acido dà
come primo prodotto di ossidazione dell'acido acetondicarbonico e poi subito dopo
dell'acetone (1), in ambiente alcalino dà invece dell'acido ossalico. Il primo caso non
pare, teoricamente considerato, possa avverarsi e sperimentalmente dimostrai che
non s'avvera infatti (2); maggiore verosimiglianza avrebbe il secondo caso, per l'am-
biente alcalino dei tessuti, per i rapporti fra ossaluria ed alimentazione, per la tos-
sicità grande dell'ossalato stesso e la somiglianza dei sintomi coll'avvelenamento per
citrato; ma se consideriamo da un lato la pochissima ossidabilità dell'ossalato nell'or-
ganismo e dall'altro la fugacità grande dei fenomeni provocati con iniezioni endo-
venose di citrato, allora appare ben poco probabile che il citrato nell'organismo .si
ossidi con formazione di ossalato.
Quindi, mentre non è credibile che l'azione tossica intensa del citrato dipenda
da formazione rapida di ossalato, a più forte ragione non pare neppure credibile che
la minore tossicità del citrato, allorché s'inietta lentamente, dipenda da ossidazione
di esso con formazione di ossalato. Verosimilmente in questi casi si deve ossidare
compiutamente con formazione di carbonati ed acqua, secondo l'equazione :
2Na3C«H50^ + 5 H^O -f 6 y 0^ =6NaHC03 + 2H20
da gr. 0,53 di citrato si formerebbero gr. 0,37 di bicarbonato, e quindi la dose di
citrato, che è sufficiente a produrre la morte in un coniglio d'un chilo, trasformata
in bicarbonato, non produrrebbe alcun distui'bo, poiché abbiamo visto a suo luogo
che la dose letale minima per il bicarbonato é nelle stesse condizioni sperimentali
di gr. 2,70.
(1) Sabbatani L., Sulla ossidazione dell'acido oitrico e dei citrati col permanganato di potassio o
col ferro, ' Atti della R. Acc. delle Se. di Torino voi, XXXV, 8 aprile 1900.
(2) Sabbatani L., Ricerche farmacologiche e chimiche sugli acidi acetondicarbonico e citrico, " Atti
della R. Acc. delle Se. di Torino voi. XXXIV, 1° gennaio 1899.
61
FUNZIONE mOLOGICA DEL CALCIO
519
III.
Da tutte le serie di esperienze esposte fin qui appare evidente clie i sali decal-
citìcanti per iniezione endovenosa a dose or più or meno alta provocano costante-
niente fenomeni gravissimi nei diversi animali d'esperimento; dapprima eccitazione,
di poi paralisi e morte. Solo col bicarbonato sodico non si osservano fenomeni di eccita-
zione, ma questo è uno dei sali meno tossici, che facilmente si elimina, che facilmente
si decompone, e probabilmente nell'azione tossica di esso prende una parte non indif-
ferente l'acido carbonico; le manifestazioni tossiche poi dipendenti da decalcificazione
devono essere con questo sale debolissime, in relazione colla debole azione precipi-
tante che ha sopra i sali di calcio. Così, all'infuori del bicarbonato, tutti questi sali per
iniezione endovenosa in un primo momento agiscono da eccitanti, come da eccitanti
agiscono per applicazione diretta su organi isolati ; mentre d' altra parte sappiamo
che il calcio agisce sempre come deprimente.
Per i muscoli abbiamo le osservazioni di Loeb (1) fatte col fluoruro, carbonato,
fosfato, ossalato, citrato e tartrato sodico, e le mie col citrato e metafosfato, dalle
quali si vide che questi reattivi provocano un aumento della irritabilità e contrat-
tilità del muscolo, mentre il calcio ne provoca una diminuzione. L'ossalato poi
(Oavazzani), il citrato e metafosfato (esperienze mie) ostacolano la rigidità cadaverica,
che per contro è favorita dal calcio.
Pei nervi pure Loeb ed io abbiamo visto dei fatti analoghi, e mentre Stefani (2)
osservava che il nervo di rana a contatto della soluzione fisiologica addizionata di
cloruro calcico conserva più a lungo la sua eccitabilità, l'eccitabilità del nervo stesso
è però minore.
Per il midollo spinale allo osservazioni che pul>t»licai nella 1' parte, fatte col
citrato trisodico, altro ne abbiamo visto ora col metafosfato e pirofosfato sodico, le
quali perfettamente si accordano con quelle, nel senso che tutti i reattivi, capaci di
provocare una decalcificazioiie, applicati direttamente sul midollo spinale a dosi pic-
colissime provocano fenomeni di eccitazione intensi e scoppio di tetano violento, che
spesso si localizza da quel lato a cui si limitò l'applicazione sul midollo; il calcio
invece, come risulta dalle esperienze mie e di Zanda (3), sul midollo spinale provoca
depressione, paralisi, e spiega azione antagonistica coi reattivi decalcificanti.
Per ciò che riguarda il centro respiratorio, non essendo ancora terminate le mie
ricerche, ricorderò soltanto che secondo Battelli (4), il respiro dura più a lungo
quando si fa circolare nei centri nervosi della soluzione fisiologica contenente calcio.
(1) LoEi! ,J., Oh an apparentlij uew forni of ìiiiisculnr irritahility (contact irritabilittj?) i>roduced hij
soltitions of sal/s (preferabli/ sodiìim salt.t) whose anious are liahle to forin iiisolitble calcitim compound^,
' Ainer. Journ. of Physiol. voi. V (1901).
(2) Stefani U., Intorno all'azione del cloruro di calcio sidl'eccìtabilifà nertosa, ecc., " Rivista sper.
(li Fren. e di Med. leg. „ voi. XIX (1893), p. 574.
(3) Zanda G. B., Azione dei metalli alcnlino-terrosi per iniezione lombare, ' Arch. di Farm, e Tera-
peutica voi. X, fase. 3-4 (1902).
(4) Battelli F., In/Utence des différents composanti du sang, etc, ' Journ. de Physiol. et de Patliol.
génér. „ 1900, No. 6.
520
LUIGI SABBATANI
62
a confronto di semplice soluzione fisiologica; e che secondo le mie esperienze l'ecci-
tabilità dei centri nervosi negli animali trattati col calcio, permane più a lungo
durante l'asfissia, ma mancano le convulsioni asfittiche.
Per ciò che riguarda l'azione sulla corteccia cerebrale io aveva sperimentato col
citrato, fluoruro, ossalato e saponi di sodio (1), ed ora anche col metafosfato e col
pirofosfato ; il mio amico e collega Prof. Roncoroni (2) ha estese poi le ricerche a tutti
i reattivi decalcificanti, ed ora possiamo generalizzare come legge il concetto che
tutti i reattivi, capaci di abbassare la concentrazione del Ca-jone, applicati diretta-
mente sulla corteccia cerebrale ne aumentano l'eccitabilità elettrica e dànno azione
epilettogena. Ciò risulta evidentissimo dalla seguente tabella in cui ho riuniti i risul-
tati di quasi tutte le esperienze fatte da me e da Roncoroni.
Eccitabilità
ELETTRICA della corteccia eer
ebrale
misurata dall
a dist. in mm. dei rocchetti della slitta
Sale di sodio
dopo varie applicazioni di sali
0/
lo
della durata di 10' ciascuna
Sperimentatoke
o
a
1"
3^
6^
UUUI Ul U
1
155
150
150
135
160
XbUIlLUl UHI
I»
7
diminuzione dell'eccitabilità
OctUUdLctXll
7
diminuzione dell'eccitabilità
»
oUllclLU
140
150
160
i-tUlH^Ul UHI
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145
150
150
160
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V
3,3
160
160
165
170
170
n
metafosfato
2,43
150
150
175
200
225
E.
Sabbatani
2,43
E.
2,43
E.
»
2,43
160
160
185
E.
»
pirofosfato tetra-
1,0
145
145
165
180
180
Roncoroni
pirofosfato bi-
0,75
150
170
165
175
180
195
»
»
0,75
165
170
180
182
fosfato bi-
7,0
130
145E.
7,0
140
165
»
7,0
160
180
E.
E.
»
5,0
135
145
170
E.
»
carbonato
diminuzione
dell'eccitabilità
»
diminuzione
dell'eccitabilità
Sabbatani
sapone
1-3
135
135
150
150E.
»
3,0
140
145
155
165
165E.
8,0
160
165
160
160
185
185
195E.
»
ossalato
3,0
130
140
145
145
165
E.
!»
3,0
120
135
130
(?)
»
1,6
135
140
155
145
145
E.
citrato tri-
4,17
130
E.
140
4,17
146
146
E.
(1) Sabbatani L., Importanza del calcio che trovasi nella corteccia cerebrale, ' Rivista sperimentale
di Freniatria „, voi. XXVII (1901).
(2) Roncoroni L., Aumento dell'eccitabilità corticale e fenomeni di epilessia provocati da reattivi
decalcificanti, " Arcli. di Psichiatria, Scienze penali ed Antropol. crimin. voi. XXIV, fase. IV (1903).
63
FUNZIONE BIOLOCilCA DEL CALCIO
521
Alla regola fanno eccezione il fluoruro ed il carbonato sodico: per il primo lìon-
coroni con soluzioni al 0,1 % otteneva un aumento non bene deciso dell'eccitabilità,
mentre io con soluzioni al 0,7 % ebbi sempre una decisa diminuzione, e ciò devesi
probabilmente ascrivere ad una azione farmacologica propria del fluor-jone, analoga
a quella del bromo-jone. Quanto al carbonato sodico, mentre per iniezioni endovenose
l'alcalinità sua non costituisce un fatto tossico grave, perchè coll'anidride carbonica
del sangue si forma prontamente del bicarbonato, invece per applicazione diretta sulla
corteccia l'idrossil-jone dà manifestazione tossica sua propria depressiva, il che benis-
simo ha dimostrato Koncoroni, confrontando l'aziono del carbonato e della soda; onde
per la corteccia l'azione eccitante, che si dovrebbe avere colla decalcificazione, è
mascherata dall'azione depressiva dell'alcali. Queste eccezioni, chiaramente spiegabili
per il fluoruro e per il carbonato, trovano riscontro in anomalie corrispondenti
rispetto all'azione anticoagulante , poiché , come già mostrai nella IP parte delle
presenti ricerche, il fluoruro sodico a piccole dosi riesce anticoagulante in quanto
precipita il calcio, ma a dosi alte l'azione sua è più complessa; od il carbonato sodico,
che ha azione distruttiva sui globuli rossi, certo mentre provoca l'incoagulabilità del
sangue, decalcificandolo, provoca in esso altri e più profondi cambiamenti.
L'azione poi del calcio sulla corteccia cerebrale, come risulta sicuramente dalle ^
esperienze mie, di Regoli (1) e di Roncoroni (2), è sempre depi-essiva ed antagoni-
stica con quella dei reattivi decalcificanti; e per ciò che riguarda la funzione del
calcio nella corteccia sarà bene ricordare che secondo Toyonaga (3) si trova più
calcio nella sostanza grigia che nella bianca.
Per l'azione eccitante sulla motilità dell'intestino e l'azione purgativa di alcuni
sali, questione ch'io aveva proposta fin dal 1901 al Dott. Simon (4), come argomento
di studio complementai'e alle sue ricerche sulla motilità dell'intestino, e che è stata
molto bene svolta da Mac Callum (5), sappiamo ormai con sicurezza che viene inibita
dal calcio.
Per la secrezione urinaria Mac Callum stesso (6) vide che diminuisce col calcio.
Per la glicosuria poi, prodotta da soluzioni di sali di sodio, Fischer (7) vide che
viene arrestata dal calcio.
Per gli infusori la relazione che passa fra l'azione decalcificante dei sali e la
tossicità loro può essere messa ora in evidenza per mezzo di ricerche fatte molti
(1) Regoli P., Azione dei metalli alcalino-terrosi sull'ecciUibilità elettrica della corteccia cerebrale,
Boll, della Soc. tra i cultori di Se. med. e nat. in Cagliari , 1899-1900, p. 151-156.
(2) Roncoroni L., Azione del calcio-jone sulla corteccia cerebrale, " Rivista sperimentale di Fre-
niatria voi. XXX (1904).
(3) Toyonaga M., Ueber die Vertheilumj des Kalks in thierischen Organismiis. From the " Bull,
of the College of Agriculture „, Tokyo, Imperiai University, voi. V, n. 2.
(4) Simon I., Ricerche sperimentali sidla peristaltica intestinale. Tesi di Cagliari, 1902, pubblicata
nello " Sperimentale anno LVII (1903).
(5) Mac Callum J. B., Oh the mechanism of the action of saline purgatives, and the counteraction of
their effect hy calcium, University of California puljlications, voi. I, p. 5-6 (1903).
(6) 1d., The influence of cnlcium and barium on the flow of urine, '' University of California publi-
cations voi. I (1904), p. 81-82.
(7) Fischer M. H., On the production and supjjression of glycosuria in rabbits through electrolytes,
' University of California publications voi. I (1904), p. 87-113.
Serie 11. Tom. LIV. i'-
522
LUIGI SABBATAKI
64
anni addietro da Faggioli per altro scopo (1). Infatti, calcolando in gr. -equivalenti
le dosi dei diversi sali, che per 100 cm^ di soluzione erano sufficienti a determinare
la morte del Paramaecium Aurelia, troviamo i seguenti dati:
>r.- equivalente per 100 cm^
di H^O
Na^SO* .
NaI . .
NaH^PO*
ìsa^PO^ .
NaBr . .
NaHC03 ,
NaCl . .
NaN03 .
0,0015
0,0021
0,0031
0,0032
0,0035
0,0037
0,0040
0,0045
0,0053
Da questi vediamo che, prescindendo dal ioduro e dal bromuro, di cui gli
anioni I~ e Br~ verosimilmente hanno una tossicità speciale, la tossicità minore spetta
al nitrato, cloruro e bicarbonato sodico, di cui i sali di calcio corrispondenti sono
molto solubili, mentre poi la maggiore tossicità spetta a! carbonato, solfato e fosfati,
cui corrispondono dei sali di calcio assai poco solubili.
Per i vasi sanguigni Robert, studiando l'azione di molte sostanze medicamen-
tose colla circolazione artiiìciale, osservava che l'acido ossalico e l'ossalato sodico (2)
li restringono; e quando io faceva passare attica verso un arto di un animale appena
morto del citrato trisodico, onde vedere l' influenza di esso sulla rigidità cadaverica,
notai che durante il passaggio del citrato dapprima la resistenza che s'incontrava nel
fare l'iniezione cresceva moltissimo, per diminuire poi grandemente verso la fine.
Per ciò che riguarda poi la tossicità comparata di alcuni reattivi precipitanti
del calcio, conviene ricordare le ricerche interessantissime di Feiedenthal (3) e di
BoTTAZzi (4); ma per considerazioni teoretiche circa la solubilità diversa dei corri-
spondenti sali di calcio, per la tossicità speciale di alcuni anioni e per i risultati spe-
rimentali sicuri che abbiamo ottenuti, e che discuteremo fra poco, non si può affatto
pai'lare di equivalenza chimica delle dosi tossiche di fluoruro, ossalato ed oleato
sodico.
Ora, senza volerci dilungare piìi oltre nella enumerazione di altri fatti, possiamo
veramente affermare che, mentre il calcio provoca sempre fenomeni di depressione,
i reattivi decalcificanti invece tanto per iniezione endovenosa, che per applicazione
diretta su organi isolati, sempre in un primo momento provocano fenomeni di ecci-
(1) Faggioli F., Di alcune azioni chimiche studiate sui protozoi, " Atti della Società Ligustica
di Se. Nat. „, voi. IV, N. 4, dicembre 1893, p. 383; voi. V, N. 2, gennaio 1894, p. 1.
(2) EoBERT R., Ueher die Beeinfltissung der peri^ìheren Gefasse durch 2)f><*>'"^(ikologische Agentien,
" Arch. fiir exp. Path. u. Pharm. Bd. 22 (1887), S. 77-106.
(3) Friedenthal H., Ueher die Giftwirkung der Seifen etc, loc. cit.
(4) BoTTAzzi F., loc. cit.
65
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
52::!
tazione; ma come iniettando dello dosi alte nelle vene ai fenomeni di eccitaziono
seguono presto la paralisi e la morte, così pure seguitando a lungo nelle applicazioni
locali sui muscoli, sui nervi, ecc. alla eccitabilità aumentata del primo momento
segue la depressione e l'ineccitabilitìi. Se poi limitiamo le dosi fino ad ottenere sol-
tanto fenomeni di eccitazione, questi possono essere anche molto intensi, ma sempre
scompaiono prontamente col cessare dell'applicazione, allorché si sperimenta con inie-
zioni endovenose o su organi isolati, in modo però che questi conservino i loro rap-
porti anatomici normali di circolazione; e ciò dimostra che le modificazioni provocate
da questi sali sui protoplasmi sono sempre lievi, facilmente e prontamente riparabili.
Conformemente a questo concetto Roncoroni (1) non vide istologicamente sulla cor-
teccia cerebrale modificazioni anatomiche importanti, neanche dopo prolungata appli-
cazione locale di reattivi decalcifìcanti o di cloruro calcico ; ed io per quasi tutti i
sali decalcifìcanti, e Delogu (2) per il calcio, abbiamo osservato che la dose minima
letale varia molto a seconda della velocità della iniezione, e che alcune volte, quando
anche i fenomeni erano gravissimi, e la morte imminente, in pochi minuti colla respira-
zione artificiale e, se occorreva, colla compressione ritmica del cuore, l'animale si rista-
biliva (3). In fine giova ricordare la prontezza con cui compaiono e scompaiono i
fenomeni di eccitazione e di depressione nell'antagonismo fra decalcificanti e sali di
calcio. I
Abbiamo quindi nell'andamento delle manifestazioni tossiche generali e locali
dei decalcificanti e del calcio un tale accordo, che siamo costretti ad ammettere si
tratti sempre e per tutti questi sali di uno stesso meccanismo d'azione, basato sopra
variazioni in più od in meno della concentrazione del Ca-jone protoplasmatico, ana-
logamente a quello che avviene per il sangue, sul quale l'effetto di una decalcifica-
ziono di una ipercalcificazione, oltre determinati valori critici, conduce sempre alla
incoagulabilità.
* *
Se ora consideriamo soltanto i reattivi decalcificanti, l'azione tossica loro può
evidentemente essere subito riferita al carattere chimico comune di diminuire la
concentrazione del Ca-jone, come l'azione anticoagulante di essi dipende sicuramente
da una decalcificazione che provocano. Infatti nella II» parte delle presenti ricerche
potei dimostrare che l'attività anticoagulante di questi sali aumenta col crescere
della attività loro decalcificante, e che l'incoagulabilità prodotta dalle dosi minime
di essi è prontamente tolta con aggiunta di sali solubili di calcio; raccogliendo ora
i dati ottenuti nei capitoli speciali, vediamo che anche la tossicità aumenta in questi
sali col crescere della decalcificazione che possono produrre, e che fra questi ed i
sali di calcio si possono ottenere fenomeni di antagonismo interessantissimi.
Onde poter fare dei confronti sulla tossicità dei sali, è indispensabile tener conto
(1) Roncoroni L., Alcune esperienze intorno all'azione del calcio sulla corteccia cerebrale, ' Rivista
sperimentale di Freniatria voi. XXIX, fase. I-II (1903).
(2) Delogu G., loc. cit.
(3) Vedasi a questo proposito ciò che s'è riportato delle esperienze di Aducco sul carbonato
sodico, e le esperienze 132, 133 col citrato.
524
LUIGI SABBATANI
66
soltanto dei dati ottenuti sopra uno stesso animale d'esperimento, per il che ho pre-
ferito il coniglio, sul quale il numero delle esperienze fatte è maggiore che per gli
altri; ed è pure indispensabile calcolare le dosi in gr.- equivalente per chilo cor-
poreo, onde evitare gli errori che si avrebbero per la grandezza molecolare e la
valenza varia dei sali, e quelli provenienti dal diverso peso degli animali.
Con questi criteri ho raccolti nella seguente tabella i dati relativi alla dose letale.
N.
Sali
Formula
Equivalente
Dose i
per chilo (
in gr.
^etale
ii coniglio
in (jr.-equiv.
1
fluoruro sodico ....
NaFl
42.0
0,262
0,0062
2
solfato sodico ....
Na2SCH4-10H20
161,0
10,300
0,0644
3
metafosfato sodico . . .
NaPO»
102,0
0,180
0,0017
4
pirofosfato sodico .
Na^H'^P^O"
55,5
0.087
0.0015
5
ortofosfato bisodico
Na2HPO*+-12H20
119,3
2,060
0.0173
6
carbonato sodico
Na^COs
53.0
0.585
0.0110
7
carbonato acido di sodio
NaHCO^
84,0
2,700
0,0321
8
NaC"H3302
304,0
9
ossalato sodico ....
Na^C-O^
67,0
0,100
0,0015
10
citrato trisodico. . . .
Na=^C«HH)-^5i/,H20
119.0
0,530
0,0044
Da ciò vediamo che la tossicità è per questi sali molto varia:
— grande — fluoruro, ossalato, metafosfato, citrato:
— discreta — fosfato, carbonato:
— piccola — bicarbonato, solfato:
e mentre al primo gruppo appartengono tutti quei sali che sono considerati come
reattivi piìi sensibili del calcio, al secondo appartengono quelli che sono considerati
soltanto come reattivi discreti del calcio, ed al terzo quelli che manifestamente sono
reattivi assai poco sensibili del jone-calcio. E la relazione che passa fra tossicità e
decalcificazione è poi per tutti così stretta, come chiaramente risulta dal confronto
diretto delle cifre nella tabella alla pagina seguente, nella quale, accanto ai dati
della solubilità dei sali di calcio e della tossicità dei corrispondenti sali di sodio, ho
aggiunto quelli relativi all'attività anticoagulante, che pure dipende dalla decalcifi-
cazione, riportandoli dalla IP parte delle presenti ricerche.
Queste tre serie di dati con ogni cura raccolti, e però esatti per quanto ricerche
biologiche di questo genere lo permettono, non lasciano dubbio alcuno circa la rela-
zione strettissima che passa fra potere decalcificante, anticoagulante e tossico dei
sali ora studiati, e si può dire con tutta sicurezza che il carattere di dare un sale
calcico poco solubile è accompagnato sempre da una corrispondente azione anticoa-
gulante e tossica degli anioni.
Questa relazione causale fra azione decalcificante ed azione anticoagulante e tos-
sica, che per alcuni sali soltanto era sicuramente dimostrata, non pareva si potesse
prima d'ora generalizzare a tutti i reattivi decalcificanti, perchè alcuni di essi sono
67
FUNZIONE BIOLOGICA DEL CALCIO
in j,M-.-eqiuvuii'ntr
N.
Sali di sodio
solubilità
del sale calcico
—
quantità minima
anticoagulante
dose letale minima
per
corrispondente
per litro di soluz.
per
litro di sangue.
chilo corporeo
di coniglio
(1-
h
,ì
q
noni
1 1 AHI
Q
O
U , U v' «7 O
ft no 1 7
A
01 no
v',UUiO
10
citrato
—
0,0200
0,0044
8
oleato
0,0246
1
0,0004
0,0357
0,0062
6
carbonato bisodico . . .
0,0002
0,0660
0.0110
5
fosfato bisodico ....
0,0015
0,2251
0,0173
7
carbonato monosodico
0,0176
0,4714
0,0321
2
solfato
0,0300
0,6000
0,0644
poco sensibili come precipitanti del calcio, e perchè varie considerazioni chimiche
potevano far ci'edere che la tossicità di alcuni di questi sali dipendesse da altre cause,
che non sia la decalcificazione. Cosi ad esempio per il bicarbonato, e più ancora per
il solfato era lecito dubitare che nel determinismo dei fenomeni tossici concorresse
una tossicità fisica in rapporto alla quantità forte di sale che conviene iniettare per
produrre la morte, molto piìi che anche il cloruro sodico ad alte dosi, iniettato nelle
vene, dà fenomeni generali di eccitazione (1). tremiti muscolari, crampi, convulsioni,
ed iniettato nelle arterie verso i centri nervosi dà ancora fenomeni convulsivi (2), i
quali si ottengono pure per applicazione diretta sulla corteccia (3) di soluzioni con-
centrate di cloi'uro sodico. Se però si ricorda che nel coniglio e per via endovenosa
(1) Mììntzer e., Zttr Lehre voti der Wirknng der Salze, 7 Mittheilung, Die Allgemeinivirkiing der
Sulze, " Arch. fur exp. Pathol. u. Pharm. Bd. 41 (1898), S. 74-96, descrive le seguenti esperienze:
16 ott. 1894. — Coniglio di gr. 1400; ricevette in più riprese, in 47', cm' 28 di soluzione di
cloruro sodico al 10 corrispondenti a gr. 2 per chilo corporeo; presentò dapprima tremori agli
arti anteriori e posteriori, in ultimo convulsioni generali.
13 die. 1894. — Coniglio di gr. 2800; ricevette in 91' cm' 101 di soluzione al 10 "/o t^i NaCl,
corrispondenti a gr. 3,6 per chilo; presentò dapprima tremiti delle estremità, poi convulsioni cloniche
ed in ultimo morì.
Già BonxE, d'accordo con Riciiet e Blume.ntiiai,, notava che per azione del cloruro sodico si hanno
convulsioni e tetano; Mììntzer poi aggiungeva che questa non è un'azione specifica del cloniro sodico»
ma comune agli altri sali. Convulsioni generali nei conigli per grosse dosi di cloruro sodico, le
osservava pure Si'iro [Ueber Diurese, Zwciter Theil, Die Wirknng artificieller Bìuteindickung aiif
Harnabsonderiing und Lymphorrhue. Etti Beitrag zur Pharmahologie colloider Subsinmen, " Arch. fiir
exp. Path. und Pharm. Bd. 41 (1898), S. 148-157) ed anche Bosc e Yedki. {Recherche