É?r': w.m ?^:'«s5j^h: //\^js! •'nI.nI ,V- stó ^m :\j^' v,:Jf V V; ^^'' 1^-/^ / '. ^y^>u ^M^^v:::- :>i'it^ :J >a /■ V ^N^r i^ ¥ jJ^.'Kl^fsi'^Ù W^ HARVARD UNIVERSITY. m> m* LIBRARV OF TIIK MUSEUM OF COMPARATIVE ZOÒLOGY. CD^LC^VUXAA. T ■^^.NC^OST MEMORIE DELLA '^f- REALE ACCADEMIA DELLE S C I E IX Z E '>.v> DI TORINO SERIE SECONDA Tomo XXXIV. TORINO EB-IVEANNO IjOESGKCEB. Libraio della R. Accademia delle Scienze MDCCCI.XXXIII ìMm MEMORIE DELLA REALE ACCADEMIA DELLE S C I E IV Z E DI TORINO MEMORIE DELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO SERIE SECONDA Tomo XXXH'. TORINO E R. IS/I A KT KT O L O E S G H E R. Libraio della R. Accademi.') delle Scienze M D e e e I. X X X 1 1 1 PROPRIETÀ LETTERARIA Torino, STAMPERIA REALK. VII I]\IDICE Elenco degli Accademici residenti , Nazionali non residenti , Sti-anieri e Cor- rispondenti PAG. IX Mutazioni avvenute nel Corpo Accademico dopo la pubblicazione del pre- cedente volume » XXIX CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E MTCRALI Fenomeni di polarizzazione cromatica in aggregali di corpi bìri- frangenti ; di Giuseppe Basso pag. 3 Sui terreni strali ficali di Argenterà (Valle della stura di Cuneo); Memoria paloontologico-geologica del Dottore Alessandro PoiiTls . . » 25 Studio comparativo del tratto ottico e dei coipi genicolati nell'uomo, nella scimmia e nei mammiferi inferiori; del Dottore Ferruccio Taktikeri '-• 101 Contributo allo studio della pelle degli urodeli (Salaniandrina, Euproctns e Sperlepes); Memoria di Mario Lessona ■ 125 Studi sulla riflessione cristallina ; di Oiuseiipe Hasso » 137 Monografia dM genere Casuarius Briss. ; di Tommaso Salvadoki . » 1 73 / molluschi dei terreni terziarii del Piemonte e della Liguria ; descritti da Luigi Bellardi * 219 IX ELENCO ACCADEMICI RESIDENTI, NAZIONALI NON UESIDENTI STRANIERI E CORRISPONDENTI AL 1° GENN'AIO MDCCCI.XXXIII Presidente Ricotti (Ercole), Senatore del Regno, Maggiore nel R. Esercito, Pro- fessore emerito della R. Università di Torino, Presidente della Regia Depu- tazione sovra gli studi di Storia jiatria , Socio della R. Accademia delle Scienze di Monaco in Baviera, Gr. Ufliz. *, Gr. Cord, e, Cav. e Cons. ^, 0■ VICE-PRESIDEi^TE RicHELMY (Prospero), Professore emerito di Meccanica applicata nella Scuola d'Applicazione per gl'Ingegneri, Socio della R. Accademia di Agri- coltura, Comm. * e ©. Tesoriere Vice -Tesoriere Manno (Barone D. Antonio), Membro e Segretario della R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria , * e Conmi. ©. Serie II. Tom. XXXIV. 2 CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Direttore Delponte (Giovanni Battista), Dottore in Medicina e in Chirurgia, Pro- fessore Onorano di Botanica nella R. Università, Socio della R. Accademia di Affricoltura, Ufiiz. *, e Comm. e. *a Segretario Perpetuo SoBRERo (Ascanio), Dottore in Medicina ed in Chirurgia, Professore emerito di Chimica docimastica nella Scuola d'Applicazione per gli Ingegneri, Membro del Collegio di Scienze fisiche e matematiche. Presidente della R. Accademia di Aericoitura, Comm. *, ^, Uftiz. ©. ACCADEMICI RESIDENTI SoBRERO (Ascanio), predetto. RicHEi.MY (Prospero) , predetto. Delponte (Giovanni Battista) , predetto. Genocchi (Angelo), Professore di AnaHsi infinitesimale nella R. Università, Uno dei XL della Società ItaHana delle Scienze, Socio della R. Accademia dei Lincei, Comm. 4», Uftiz. ©; #. Lessona (Michele), Dottore in Medicina e Chirurgia, Professore e Direttore de' -Musei di Zoologia, Anatomia e Fisiologia comparata della R. Università, Socio delle RR. Accademie di Agricoltura e di Medicina di Torino, Ufliz. *, Comm. o. DoRNA (Alessandro), Professore d'Astronomia nella R. Università, di Mec- canica razionale nella R. Militare Accademia , Socio Corrispondente del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere , della R. Accademia dei Lincei , Direttole del I! Osservatorio astronomico ili Torino, *, Uftiz. ©. XI Salvadori (Conte Tommaso), Dottore in Medicina e Chirurgia, Vice- Direttore del Museo Zoologico della R. Università di Torino , Professore di Storia naturale nel R. Liceo Cavour di Torino, Socio della R. Accademia di Agricoltura di Torino, della Società Italiana di Scienze Naturali. dellAcca- demia Gioenia di Catania, Membro Corrispondente della Società Zoologica di Londra, dell'Accademia delle Scienze di Nuova- York , della Società dei Na- turalisti in Modena , della Socielà Reale delle Scienze di Liegi , della Reale Società delie Scienze Naturali delle Indie Neerlandesi e della British Orni- thological Union, e Socio Straniero onorario del Nuttall Ornithological Club, e Membro onorario della Società Ornitologica di Vienna, ©. GossA (Alfonso), Dottore in Medicina, Professore di Chimica minerale presso il R. Museo Industriale Italiano, e di Chimica docimastica nella R. Scuola d'Applicazione degli Ingegneri in Torino, Socio della R. Accademia dei Lincei, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio dell'Accademia Gioenia di Catania, della R. Accademia di Agricoltura di Torino, Corrispondente del R. Istituto Lombardi) di Scienze e Lettere, del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, e dell'Istituto d'Incoraggiamento alle Scienze naturali di Nap(di, Uffiz. *, Comm. ©, e dell'O. di. Catt. di Sp. Bruno (Giuseppe), Dottore aggregato alla Facoltà di Scienze fisiche, ma- tematiche e naturali. Professore di Geometria descrittiva nella R. Università, *. Berruti (Giacinto), Direttore del R. Museo Industriale Italiano, e del- rOliicina governativa delle Carte- Valori, Ufliz. *, e Comm.©, dell O. di Fran- cesco Giuseppe d'Austria, della L. d'O. di Francia, e della Rejmbblica di S. Marino. CuRiONi (Giovanni), Profes.sore di Costruzioni e Vice-Direttore della Scuola d'Applicazione degli Ingegneri, Dottore aggregato alla Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali della R. Università, Socio della R. Accademia di Agri- coltura, Socio Corrispondente delia II. Accademia di Scienze. Lettere ed Arti di Lucca, Socio Corrispondente della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Palermo, *, e Comm. ©. Succi (Francesco), Capitano nell'Arma d'Arlii^licria. Professore di Meccanica superiore nella R. Università, e di Matematiche applicate nella Scuola d Ap- plicazione delle Armi di Artiglieria e Genio, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio Corrispondente della 11. Accademia dei Lincei e del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, *, Ulliz. ©. Bellardi (Luigi), Conservatore delle collezioni paleontologiche presso il Museo di Geologia della K. Università degli studi, Prof, di Storia naturale al Liceo Gioberti, Ufliz. *, Cav. e, e dell'O. di Cristo del Portogallo, .Membro di varii Istituti scientifici, ecc. XII Basso (Giuseppe), Dottore aggregato alla Facoltà di Scienze fisiche e inatematiclie, Prof, di Fisica matematica nella R. Università, ©. D'Ovidio (Dolt. Enrico), Prof. Ordinario d'Algebra e Geomelria analitica, incaricati) di Geometria superiore, e Rettore della R. Università di Torino, Socio Corrispondente della R. Accademia delle Scienze di Napoli, Socio Cor- rispondente del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Socio dell'Acca- demia Pontaniana , ecc. , * , Uffiz. & . BizzozKiio (Giulio), Professore e Direttore del Laboratorio di Patologia generale nella R. Università di Torino, Socio delle RR. Accademie di Medicina e di Agricoltura di Torino, Socio Corrispondente del Regio Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, ecc., *, e. Ferraris (Galileo), Ingegnile, Dottore aggregato alla Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali della R. Università di Torino, Socio della R. Accademia di Agricoltura di Torino, Prof, di Fisica tecnica nel R. Museo Industriale Italiano, e di Fisica nella R. Scuola di Guerra, ©. Naccari (Andrea), Dottore in Matematica, Socio Corrispondente dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Professore di Fisica sperimentale nella R. Università di Torino, ©. Mosso TAngclo), Dottore in Medicina e Chirurgia, Prof di Fisiologia nella R. Università di Torino, Socio della R. Accadeuìia de Lincei, della R. Ac- cademia di Medicina di Torino, e Socio Corrispondente del R. Istituto Lonì- bardo di Scienze e Lettere, *, ©. ACCADEMICI NAZIONALI NON RESIDENTI S. E. Ménabrèa (Conte Luigi Federigo), Marchese di Val Dora, Senatore del Regno, Professore emerito di Costruzioni nella R. Università di Torino, Dottore in Diritto civile nella R. Università di Oxford, Luogotenente Generale, Amba.scia- tore di S. M. a Parigi, Primo Aiutante di campo Generale Onorario di S. M., Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio della R. Accademia tic' Lincei, Membro Onorario del Regio Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, ecc.; C. O. S. SS. Ps. , Gr. Cord, e Cons. *, Cav. e Cons. ^, Gr. Cr. C), ©, dee. delia Med. doro al Valor Militare, Gr. Cr. dell'O. Supr. del Serafino di Svezia, dell' O. di S. Alessandro di JNevvski di Russia, di Dannebrog di Dan., Gr. Cr. dellO. di Torre e Spada di Portogalli», dell'O. del Leone Neerlandese , di Leop. del Belg. (Caleg. Militare), della Probità di Sassonia, della Corona di Wurtemberg, e di Carlo 111 di Sp., Gr. Cr. dell'O. di S. Stefano d'Ungheria, dell'O. Kin di Leopoldo d'Austria , di quelli della Fedeltà e del Leone di Zòhringen di Baden, Gr. Gr. deli Ordine del Salvatore di Grecia, Gr. Cr. dell'Ordine di S. Marino, Gr. Gr. degli Ordini del Nisham Àhid e del Nisham Ifiigar di Tunisi, Coimn. dell'Ordine della L. d O. di Francia, di Cristo di Portogallo, del Merito di Sassonia, ecc., ecc. Sella (Quintino) , Membro del Consiglio delle Miniere , Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Corrispondente dell'Istituto di Francia (Accademia delle Scienze, Sezione di Mineralogia), Presidente della R. Acca- demia dei Lincei. Gr. Cord. * e ©, Gav. e Gons. ^, Gr. Cord, degli O. di S. Anna di R., di Leop. d'A. , deU'.^quiia Rossa di Prussia, di Carlo III di Spagna, della Concez. di Port. , del Mejidié di Turchia, e di S. Marino. Brioschi (Francesco), Senatore del Regno, Professore dldraulica, e Di- rettore del R. Istituto tecnico superiore di Milano, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Corrispondente dell'Istituto di Francia (Accademia delle Scienze, Sezione di Geometria) , e delle Reali Accademie delle Scienze di Berlino, di Gottinga, ecc. , Socio della R. Accademia dei Lincei , delle So- cietà Matematiche di Londra e di Parigi, del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, delia Reale Accademia delle Scienze di Napoli, dell'Accademia delle Scienze di Bologna, ecc., Gr. Ufliz. *, (S; ^. Comm dell'O. ili Gr. di Port. Govi (Gilberto), Professore di Fisica sperimentale nella R. Università di Napoli, Membro del Comitato internaziimale dei Pesi e delle Misure, Socio della R. Accademia dei Lincei, della R. Accademia delle Scienze e dellAc- cademia Pontaniana di Napoli, e della R. Accademia d'Agricoltura di Torino, Ufliz. *; #, Comm. ©, e della L. d O. di Francia. MoLESCHOTT (Jacopo), Scuatorc del Regno, Professore di Fisiologia nella R. Università di Roma, Professore Onorario della Facoltà Mcdico-Chirnrsica della R. Università di Torino, Socio della R. Accademia di Medicina di Torino, Socio Corrispondente delle Società per le Scienze mediche e naturali a lloorn, Utrecht, Amsterdam, Batavia, Magonza, Lipsia, Cherhourg, degh Istituti di Milano, Modena, Venezia, Bologna, delle Accademie Medico-Chirurgiche in Ferrara e Perugia, Socio Onorario della Medicoì'um Societas Bohemicorum a Praga, della Société méilicale allemande a Parigi, della Società dei Natura- listi in Modena, dellAccademia Fisio-medico-statistica di Milano, della Patho- logical Societj di S. Louis, della Sociedad antiopoloj ica Espahola a Madrid, della Rubiconia Accademia dei Filopatridi di Savignano di Romagna, Socio dell'Accademia Veterinaria Italiana, del Comitato Medico-Veterinario Toscano, della Société li. des Sciences Médicales et Naturelles de Bruxelles, Socio Stra- niero della Società Olandese delle Scienze a Harlem , Socio fondatore della Società Italiana d'Antropologia e di Etnologia in Firenze, Membro Ordinario dell'Accademia Medica di Roma, Comm. * e ©. Cannizzaro (Stanislao), Senatore del Regno, Professore di Chimica ge- nerale nella R. Università di Roma, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio della Reale Accademia dei Lincei, Comm. *, Ulliz. e»; ce. Bf.tti (Enrico), Professore di Fisica matematica nella R. Università di Pisa, Direttore della Scuola normale superiore, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio della R. Accademia dei Lincei, Comm. *, Gr. UfViz. e; ^. Scacchi (Arcangelo^, Senatore del Regno, Professore di Mineralogia nella R. Università di Napoli, Presidente della Società Italiana delle Scienze delta dei XL, Presidente del R. Istituto d Incoraggiamento alle Scienze naturali di Napoli , Segretario della H. Accadeuìia delle Scienze Fisiche e Matematiche di Napoli, Socio della R. Accademia dei Lincei. Comm. *. Gr. Ufiìz. e>; ^. Bam.ada 1)1 S. Robert (Conte Paolo), Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio della R. Accademia dei Lincei. ScHiAPARFXLi (Giovanni), Direttore del K. Osservatorio astronouiico di Milano, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, della li. Accademiadei Lincei, dell'Accademia Reale di Napoli e dell'Istituto di Bologna, Socio Corrispondente dell Istituto di Francia (Accademia delle Scienze, Sezione di Astronomia), delle Accademie di Monaco, di Vienn;i, di Berlino, di Pietrohorgo , di Stoclvolina, di Upsala, della Società de'NaluidIisli di Mosca, e della Società astronomica di Londra, Comm. *, ©; #; Comm. dell' O. di S. Stanislao di Russia. ACCADEMICI STRANIERI Dumas (Giovanni Battista), Segretario Perpetuo dell Accademia delle Scienze dell'Istituto di Francia, Gr. Cr. della L. d'O. di Francia, a Parigi. Hei.mholtz (Ermamio Luigi Ferdinando), Professore nella Università di Heidelberg, Socio Corrispondente dell Istituto di Francia (Accademia delle Scienze, Sezione di Fisica generale), a lieìTino. Dana (Giacomo), Professore di Storia naturale a New Haven, Socio Cor- rispondente dcir Istituto di Francia (.Accademia delle Scienze, Sezione di Ana- tomia e Zoologia). Hofmann (Guglielmo .Augusto), Prof di Chimica, Membro della R. Acca- demia delle Scienze di Berlino, della Società Reale di Londra, Coriisp»:n- dente dell'Istituto di Francia (Accademia dt-lh' Scienze, Sezione di Chimica), a Berlino. XV Chevreul (Michele Eugenio), Membro dell'Istituto di Francia, Gr. Cr. della L. d'O. di Francia, a Parigi. Hermite (Carlo) , Membro dell'Istituto di Francia, Uffiz. della L. d'O. di Francia, a Parigi. Joule (James) Prescott , della Società Reale di Londra. Weierstrass (Carlo), Professore di Matematica. nell'Università di Berlino. Thomson (Guglielmo), dell'Istituto di Francia, Professore di Filosofia naturale nell'Università di Glasgow. m Gegenbaur (Carlo), della R. Accademia Bavarese delle Scienze, Pro- fessore di Anatomia nell'Università di Heidelberg. XVI CORRISPONDENTI SEZIONE DI MATEMATICA PURA E ASTRONOMIA Gautier (Giovanni Alfredo), Professore ili Aslronoinia . Ginei'ra Plantamour (Emilio), Professore d'Astronomia . Ginevra De Gasparis (Annibale), Professore d'Astronomia nella R. Universitù di iSapoli Tardy (Placido), Professore di Calcolo infinitesimale nella R. Università di Genova BoNcoMPAGNi (D. Baldassare), dei Principi di Piombino . Roma Cremona (Luigi), Professore di Matematiche superiori nella R. Università di Roma Cantur (Maurizio), Professore di Matematica nell'Uni- versità di Heidelberg ScHWARz (Ermanno A.) , Professore di Matematica nel- l'Università di Gottinga Klein (Felice). Professore di Matematica nell'Università di Lipsia Pergola (Emanuele), Proléssore di Analisi superiore nella R. Università di Napoli Beltrami (Eugenio), Professore di Fisica matematica e di Meccanica supcriore nella \\. Università di Pavia Casorati (Felice), Professore di Calcolo infinitesimale e di Analisi superiore nella R. Università di Pavia DiNi (Ulisse), Professore di Analisi superiore nella R. Uni- versità di Pisa SEZIONE DI MATEMATICA APPLICATA E SCIENZA DELI,' INGEO NERE CIVILE E MILITARE CoLLADON (Daniele , Professure di Meccanica .... Ginevra LiAGRE (J. B.), Segretario Perpetuo della R. Accademia delle Scienze del Belgio; alla Scuola militare ìi la Cambre Arf/Zc? (Bruxelles) TunAZZA (Domenico), Professore di Meccanica lazionalc nella \\ Università di Pmlova XVII Narducci (Enrico) , Bibliotecario della Biblioteca Ales- sandrina di Roma PiSATi (Giuseppe). Professore di Fisica tecnica nella Scuola d'Applicazione per gì Ingegneri in Roma Sano (Edoardo), Socio e Segretario della Società di Scienze ed Arti di Edimhorgo Clausius (Rodolfo), Professore nella Università di . . Bonn Castiguano (Alberto), Ingegnere, Capo Sezione presso la Società delle Strade Ferrate A. I Milano SEZIONE DI FISICA GENERALE E SPERIMENTALE Weber (Guglielmo), della Società Reale delle Scienze di Gottinga Sabine (Edoardo), della Società Reale di Londra Fechner (Gustavo Teodoro) Lipsia Blaserna (Pietro), Professore di Fisica sperimentale nella R. Università di Roma KoHLRAustH (Federico) , Professore neir Università di IFiirtzburg Jamin (Giulio Celestino), delllstiliito di Francia. . . Parigi CoRNU (Maria Alfredo), dell'Istituto di Francia . . Parigi Felfci (Riccardo) , Professore di Fisica sperimentale nella R. Università di Pisa Rossetti (Francesco), Professore di Fisica sperimentale nella R. Università di Padova ViLLARi (Emilio), Professore nella R. Università di . . Bologna RoiTi (Antonio), Professore nell Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di ... Firenze SEZIONE DI CHIMICA GENERALE ED APPLICATA BoNJEAN (Giuseppe) Cìuunbéry Plantamour (Filippo), Professore di Chimica .... Ginevra WiLL (Enrico), Professore di Ciiimica Giessen BuNSEN (Roberto Guglielmo). Professore di Chimica . Heidelberg Marignac (Giovanni Carlo), Professore di Chimica . . Ginevra Péi.igot (Eugenio Melciiiorre), dell'Istituto di Francia . Parigi Wi'RTz (Adolfo), dell'Istituto di Francia Parigi Berthei.ot (Marcellino), dell Istituto di Francia . . . Parigi Serie II. Tom. XTCXIV. ; XVIII Patkrnò (Emanuele), Prolessore di Chimica nella Regia Università di Palermo KòRNKR (Guglielmo), Professore di Chimica organica nella R. Scuola superiore d'Agricoltura in Milano Friedei. (Carlo) , dell' Istituto di Francia Parigi Fresemus (Carlo Remigio), Professore a ìViesbaden SEZIONE DI MINERALOGIA, GEOLOGIA E PALEONTOLOGIA Meneghini (Giuseppe), Profossore di Geologia, ecc. nella R. Università di Pisa Studer (Bernardo) , Professore di Geologia .... Berna De Komnk (Lorenzo Guglielmo) ^'^a' De Zigno (Achille) , Uno dei XL della Società italiana delle Scienze Padova Favre (Alfonso), Professore di Geologia Ginevra KoKSCHAROW (Nicola) Di, dell'Accademia Imperiale delle Scienze di Pietroborgo Ramsay (Andrea), della Società Reale di Londra Struver (Giovanni), Professore di Mineralogia nella Regia Università di Roma RosENBUSCH (Enrico), Professore di Petrografia nell" Uni- versità di Strasborgo NoRi)ENSKiòi-D (Adolfo Eurìco) , della R. Accademia delle Scienze di Stoccolma Datjbrkk (Gabriele Augusto), dell'Istituto di Francia, Di- rettore della Scuola Nazionale delle Miniere a Parigi ZiRKEL (Ferdinando), i^rofessore di Petrografia a . Lipsia Des Cloizeaux (Alfredo Luigi Oliviero) Legra?ìi), del- l'Istituto di Francia Parigi Capellini (Giovanni), Professore nella R.- Università di Bologna Stoppani (Antonio), Professore nell'Istituto di studi su- periori pratici e di perfezionamento in Firenze SEZIONE DI BOTANICA E FISIOLOGIA VEGETALE Cesati (Vincenzo), Professore di Botanica e Direttore dell'Orlo Botanico della R. Università di Napoli Trkvisan de Saint-Leon (Conte Vittore), Corrispondente del H. Istituto Lombardo Milano XIX Candolle (Alfonso De), Professore di Botanica . . . Ginevra BoissiER (Pietro Ed.), Botanico, della Società di Fisica e Storia naturale di Ginei-ra Gennari (Patrizio), Professore di Botanica nella R. Uni- versità di . . Cagliari TuLASNE (Luigi Renato), deiTIstituto di Francia . . . Parigi Caruel (Teodoro), Professore di Botanica nell'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento in Firenze GiBELLi (Giuseppe), Professore di Botanica nella R. Uni- versità di Bologna Ardissone (Francesco), Professore di Botanica nella Regia Scuola superiore d'Agricoltura in Milano SEZIONE DI ZOOLOGIA, ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPAEATA Franceschi (Giovanni) , Professore nella K. Università di Bologna RiJppEi. (Edoardo), Segretario della Società Senckenber- giana di Scienze naturali in Francoforte ilì\. De Selys Longchamps (Edmondo) ^^''^^ BuRMEiSTER (Ermanno), Direttore dei Museo pubblico di Buenos Aires l^Hir.ippi (Rodolfo Armando) Santiago (Chili) ScHr,E(;KL (Ermanno), Direttore del Museo di ... . Leida De Cigalia (Conte Giuseppe), Protomedico onorario, nel- l'isola di Santorino OvvEN (Riccardo), Direttore delle Collezioni di Storia na- turale al British Muséum Londra KoELi.iKER (Alberto), Professore di Anatomia e Fisiologia TT ilrtzburg De-Siebold (Carlo Teodoro), Professore di Zoologia e Anatomia comparsita nellUniversità di Mo/ioco (Baviera) Stannius (Armando) Rostock MiLNE Edwarlis (Henri), dell'Istituto di Francia . . Parigi Ercolani (G. lì.) , Direttore della Scuola di Veterinaria, e Professore di Patologia generale e speciale ed Anatomia patologica nella Scuola medesima Bologna Golgi (Camillo), Professore di Istologia, ecc., nella Regia Università di Pa\-ia Haeckel (Ernesto), Professore nel! Universitii di . . . Jena xz CLASSE DI SCIENZE MORAll, STORICHE E FILOIOGICHE Direttore Fabuetti (Ariodanle), Professore di Archeologia greco-romana nell;i Regia Università, Direttore del Museo di Anlicliilà. Socio Corrispondente dell Isti- tuto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), Socio della Reale Accademia dei Lincei, Membro Corrispondente del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, dell'Accademia di Archeologia , Letteratura e Belle Arti di Napoli, della R. Accademia della Crusca, dell" Accademia Lucchese di Scienze, Lettere ed Arti , e dell'Istituto di Corrispondenza archeologica , Professore Onorario dellUniversità di l'erugia. Presidente della Società di Archeologia e Belle Arti per la Provincia di Torino, UflTiz. *, Comm. ©; ^, Cav. della Leg. d'O. di Francia, e C. O. IL del Brasile. Segretario Perpetuo GoRREsio (Gaspare), Senatore del Regno, Prefetto della Biblioteca Na- zionale, già Professore di Letteratura orientale nella R. Università di Torino, Socio Straniero dell'Istituto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), Socio della R. Accademia de' Lincei, Socio della Reale Accademia di Scienze e Lettere di Palermo, della R. Accademia della Crusca, ecc. , Membro Onorario della Reale Società Asiatica di Londra, ^ ice-Presidente della So- cietà di Archeologia e Belle Arti per la Provincia di Torino, Comm. *, Gr. Uffiz. e; #, dell' O. di Guadai, del Mess., e dell' O. della Rosa del Brasile, Uffiz. ^lla L. d'O. di Francia, ecc. ACCADEMICI RESIDENTI Ricotti (Ercole) , predetto. GoRRESio (Gaspare), predetto. Fabretti (Ariodante) , predetto. Pkyron (Bernardino), Professore di Lettere, Bibliotecario Onorario della Biblioteca Nazionale di Torino , Comm. * . XXI Vallauri (Tommaso), Senatore dei Regno, Professore di Letteratura latina nella Regia Università, Membro della R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria , Socio Corrispondente della R. Accademia della Crusca , del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, e dell'Accademia Romana di Archeologia, Comm. *, Gav. dell'Ordine di S. Gregorio Magno. Flechia (Giovanni), Professore di Storia comparata delle lingue classiche e neolatine e di Sanscrito nella R. Università, Socio della R. Accademia dei Lincei, Utliz. *, Comm. ©; #. Glaretta (Barone Gaudenzio), Dottore in Leggi, Socio e Segretario della R. Deputazione sovra gli sludi di Storia Patria, Membro della Società di Archeologia e Belle Arti e della Giunta conservatrice dei monumenti d Anti- chità e Relle Arti per la Provincia di Torino, Comm. *, e ©. Bianchi (Nicomede), Senatore del Regno, Soprantendente degli Archivi Piemontesi, Membro della R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria delle antiche Provincie e della Lombardia , Membro Corrispondente delie Deputa- zioni di Storia patria delle Provincie Modenesi, delle Provincie della Toscana, dell'Umbria e delle Marche, Membro Onorario della Società storica Svizzera, delia R. Accademia Palermitana di Scienze e Lettere, della Società Ligure di Storia patria , delia R. yVccademia Petrarca di Scienze , Lettere ed Arti in Arezzo, deli Accademia Url)inate di Scienze, Lettere ed Arti, dei R. yVteneo di Berganu) . e delia R. Accademia Paioritaua di Messina , Or. Uffiz. * , Comm. ®, e Gr. Uffiz. dellO. di S. Mar. Promis (Vincenzo), Dottore in Leggi, Biiiliotecario e Conservatore del Medagliere di S. M., Membro delia R. Deputazione sovra gii studi di Storia patria. Membro e Segretario della Società d'Archeologia e Belle Arti per la Provincia di Torino, Ispettore degli scavi e monumenti d'antichità in Torino, *, Uflìz. © , Cjr. Ufiiz. dell' 0. di Francesco Giuseppe d'Austria. Rossi (Francesco), Adiutore al Museo d'Antichità, Professore d Egittologia nella R. Università, Membro ordinario dell'Accademia orientale di Firenze, ©. Manno (Barone D. Antonio), predetto. Bollati Barone di Saint-Pierre (Federigo Emanuele), Dottore in Leggi, Direttore dell'Archivio di Stato, detto Camerale, Consigliere d'Amministrazione nel R. Economato generale delle antiche Provincie, Membro della R. De- putazione sopra gli studi di Storia patria per le antiche Provincie e la Lom- bardia , Socio Corrispondente della Società Ligure di Storia Patria, della Società Colombaria Fiorentina, della R. Deputazione di Storia patria per le Provincie della Romagna, e della Società per la Storia di Sicilia, Uffiz. *, © XXII S( HiAPARF.i.u ;'Liiii;i;, Dullore aggregato. Proiessorc eli Storia aiUira. e Presiti^ della Faiollà «li I.elleri> p Fil. sofia nella H. Università di Toiino,*^ Comiu. a. Pezzi Domenico )» Dottoro aggregato e Professore straordinnrin nella Facoltà di Lettere e Filosofia della R. Lniversità di Torino, fs. Ff.rkkro (Ermanno) . Doltoie in (ìinrispruden/a, Dottore aggregato alla Facoltà di Lettere e Filosofìa nella R. 1 niversitfi di Torino. Proiessorc di Storia militare nell'Accademia Militare. Membro della Regia Deputazione sovra gli studi di Storia patria per le antiche Provincie e la Lombardia , e della Società d'Airheologia e Belle Arti per la Provincia di Torino, Membro Cor- rispondente della R. Deputazione di Storia patria per le Provincie di Ro- magna, e dell Imp. In-ilitulo Archeologico Germanico, ©, Carle (Giuseppe), Dottore aggregato alla Facoltà di Giurisprudenza, Professore della Filosofia del Diritto nella R. Università di Torino, Comm. ©. Nani (Cesare), Dottore aggregato alla Facoltà di Giuiisprudenza, Profes- di Storia del diritto nella R. Università di Deputazione sovra gli studi di Storia patria, e. sere di Storia del diritto nella R. Università di Torino. Membro della Regia Bakco (Giambattista ), Dottore in Lettere ed in Filosofia, Preside del R. Liceo G. B. Bercarìa in Mondovì. ACCADEMICI NAZIONALI NON RESIDENTI Caritti ih Cantogno (Barone Domenico), Consigliere di Sialo, Membro della R. Deputazione sovra gli studi di Storia pati'ia. Socio e Segretario della R. Accademia dei Lincei, Socio Straniero della R. Accademia delle Scienze Neerlandese, Socio Corrispondente della R. Accademia delle Scienze di Mo- naco in Baviera, della R. Accademia Lucchese, della Ponlaniaiia ili Napoli, Socio Onorario dellAteneo di Scienze. Lettere ed Arti di Bergamo, ecc., Membro del Consiglio degli Archivi, Gr. Ulìiz. *, Comm. ©, Cav e Cons. ^, Gr. Cord. deirO. del Leone Neerlandese e dell'U. d'is. la Cali, di Sp. e di S. Mar., Gr. Ulìiz. delio, di Leop. del B., ddl'O. del Sole e del Leone di Persia, e del Mejidic di ?.' ci. di Turchia, (ir. Comm. dellO. del Salv. di Gr. , ^cì:. .\m\ri (Michele;, Senatore del Regno, Profe.ssore emerito dellLniversità di Palermi) e del R. Istituto di studi superiori di Firenze; Dottore in Filosofia e Lettere dcHUiiiversità di Leida e di Tubinga; Socio della Reale Accademia dei Lincei in Roma, dello RR. .Accademie delle Scienze in Monaco di Ba- viera e in Copenhagen; .Socio Straniero dell i.slitulo di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Xellere), Socio Corrispondente dell'Accademia delle Scienze in Palermo, della Crusca, dellTstituto \ enelo, della Società Colom- baria in Firenze, della R. Accademia d'Archeologia in Napoli, dell'Accademia XX!1[ di Scienze, Lettere ed Arti in Lucca e in Modena, della R. Deputazione di Storia patria per le Provincie Parmensi, di quella per le Provincie Toscane, dell'Umbria e delle Marche, delle Accademie Imperiali di Pietroborgo e di Vienna; Socio Onorario della R. Società Asiatica di Londra, delle Accademie di Padova e di Gottinga; Presidente Onoraiio della Società Siciliana di Storia patria e Socio Onorario della Ligure, della Veneta e della Società storica di Utrecht; Gr. Uffiz. *, e Gr. Cr. ©, C;iv. e Gens. ^. Reymond (Gian Giacomo), già Professore di Economia politica nella Regia Università, * . Rrrci (Marchese Matteo), Uffiz. *, a Firenze. Mfnervini (Giulio), Bibliotecario e Professore Onorario della Regia Uni- versità di Napoli, Segretario generale Perpetuo dell'Accademia Pontaniana. Socio Ordinario della Società R. di Napoli, Socio della R. Accademia dei Lincei, Corrispondente dell'Istituto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere) , della R. Accademia delle Scienze di Berlino, ecc. , Ufliz. 4i , e Comm. e, Cav. della L. d'O. di Francia, dell'Aquila Rossa di Prussia, di S. Michele del Merito di Baviera, ecc. De Rossi (Comm. Giovanni Battista), Socio Straniero dell'Istituto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), e della R. Accademia delle Scienze di Berlino e di altre Accademie, Presidente della Pontificia Acci^- demia Romana d'Archeologia. Canonico (Tancredi), Senatore del Regno, Professore, Consigliere della Corte di Cassazione di Roma e del Consiglio del Contenzioso diplomatico, Ufiìz. *, e Comm. ©. Cantù (Cesare), Membro etlettivo del R. Istituto Lombardo. Sopranten- dente deuli Archivi Lombardi, Socio dell'Accademia della Crusca, della R. Ac- cademia dei Lincei, dell'Accademia di Madrid, Corrispondente dell'Istituto di Francia e d'altri, Gr. Ufliz. *, e Comm. ©, Cav. e Cons. #, Comm. dell' O. di C. di Port. , Gr. Ulìiz. dellO. della Guadalupa, ecc.. Officiale della Pubbfica Istruzione e della L. d'O. di Francia, ecc. Tosii (D. Luigi), Abate Benedittino Cassinese, Socio Ordinario della Società Reale delle Scienze di JNapoli. Berti (Domenico), Ministro d'Agricoltura, Industria e Commercio, Depu- tato al Parlamento nazionale. Professore emerito della H. Università di Roma e di Bologna,, Socio della R. Accademia dei Lincei, Socio Corrispondente della R. Accademia della Crusca e del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Gr. Uffiz. *, Gr. Cord. ©: ^. XXIV ACCADEMICI STRANIERI MoMMSEN (Teodoro), Professore
  • ^xisgr!»"»: Poh (Baldassarre), Socio del Reale Istituto Lombardo. Milano Krone (Giulio) Fieima Sanguinetti (Abate Angelo), delia R. Deputazione sovra gii studi di Storia |)atria Geno^-a Giuliani (P. Giambattista), Professore nel R. Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento in Firenze Ghampoi.lion-Figeac (Amato) P' 'ungi Laboui.aye (Edoardo), dell'Istituto di Francia .... Parigi ' Henzen (Guglielmo) ^^ma Boissieu (Alfonso De) Lione Wieselkr (Federico) Gottinga Adriani (P. Giambattista), della R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria (Iwrusco Daguet (Alessandro) \ Neucìidtel ^ ' (Svizzera) Lepsius (Riccardo), della H. Accademia delle Scienze di Berlino Serie II. Tom. XXXIV. ^ XXYI PtRKENS (Francesco) Parigi Regnier (Adolfo), dell'Istituto di Francia Parigi Odorici (Federico), Prefetto della Biblioteca nazionale di Milano Campoiu (Marchese Giuseppe) Modena Hauli.kvili.k (Prospero De) Brusselle ' Krf.hl (Ludolfo) Dresda LiNATi (Conto Filippo) Palina JouRDAi.N (Carlo), deiristitiiLu di Francia Paiigi Renan (Ernesto), dell' Tslitiilo di Francia Parigi Rendu (Eugenio) Parigi Paj.ma ni Cesnola (Conte Luigi) ISew-York SouRiNDRO MoHUN Tagore Calcutta CoMPARETTi (Domenico), Professore nell'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento in Firenze Vili, ARI (Pasquale, id. id Firenze GiESEBRECHT (Guglielmo), dcllAccadcmia Bavarese delle Scienze in Monaco Vannucci (Atto), Senatore del Regno, Socio della Reale Accademia dei Lincei Firenze De Leva (Giuseppe), Professore di Storia moderna nella R. Università di Padova GozzADiNi (Giovanni), Senatore del Regno Bologna J{a\m.inson (Giorgio), Professore nella Università di . Oxfoid Sybel ( Enrico Carlo Ludollo ni ) , Direttore dell'Ar- chivio di Stato in Bellino Gachard (Luigi Prospero), Socio della K. Accademia delle Scienze del Belgio Brujcelles Garrucci (P. Ralfaele), della C. d. Ci Boma FioREr.Li (Giuseppe), Senatore del Regno Boma Ascoli (Isaia Graziadio), Professore nella R. Accademia scientifico-letteraria di Milano Bruzza (P. Luigi), Barnabita Boma Curtius 'Ernesto^. Professore nell'Università di . . . Berlino XXVIl BiRCH (Samuele), Conservatore delle Antichità orientali, ecc., e delle Collezioni etnografiche del Museo Britannico in . Londra Weber (Alberto), Professore nell'Università di . . . Berlino WiTHNEY (Guglielmo), Prolessore nel Collegio Yale New Haven Mamiani (Terenzio), Senatore del Regno Roma Lampertico (Fedele), Senatore del Regno Padova Serafini (Filippo), Professore di Diritto romano nella H. Università di ^'''*<< WAr.LON (Alessandro), Segretario perpetuo dell'Istituto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere) . . . Parigi Taine (Ippolito), deiristituto di Francia Parigi BoNATEixi (Francesco), Professore di Filosofia teoretica nella R. Università di Padova RiAM- (Conte Paolo), dell'Istituto di Francia . . . Parigi Curtius (Giorgio), Professore di Filologia greca nell'Uni- versità di Lipsia XXIX MUTAZIOIVI avvenute nel Qorpo yìcccudernico dcbl ±' Jìprile i^&i al i° G-ennaio ié ^ 3 ELEZIONI Mamiam (Terenzio) , eletto il 3 Aprile 1881 a. Corfispondenfe delÌR Classe di Scienze morali, storiche e filologiche. Lampertico (Fedele), id. id. id. SERAFiNf (Filippo), id. id. id. Wallon (Enrico Alessandro) id. ici.. id. Bluntschli (Gio. Gaspare), id. id id. Taine (Ippolito Adolfo), id. id. id. Weierstrass (Carlo), eletto il 29 Maggio 1881 a Socio Straniero della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali. Mos.so (Angelo), eletto il dì 11 Dicembre 1881 a Socio Nazionale re- sidente della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali. Nani (Cesare) , eletto il di 8 Gennaio 1882 a Socio Nazionale residente della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche. Barco (Giambattista) , id. id. id. BoNATELLi (Francesco), eletto il 5 Febbraio 188;? a Corrispondente della Classe di Scienze morali, storiche e lilologiclie. RiANT (Conte Paolo), id. id. id. Curtius (Giorgio) , id. id. id. Clausius (Rodolfo), eletto il 12 Marzo 1882 a Corrispondente della Classe di Scienze fisiche , matematiche e naturali. Castigmano (Alberto), id. ViLLARi (Emdio), id. RoiTi (Antonio), id. Friedel (Carlo), id. Fresenius (Carlo Remigio) , id. Capellini (Giovanni), id. Stoppam (Antonio) , id. Thomson (Guglielmo), eletto il 3i dicembre 1882 a Socio Straniero della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali. Gegenbaur fCarloì , id. id. id. \xx MORTI ' ?4 Marzo 18S). Dei.esse (Achille), dell' Istituìo di Francia, Coi-ìisporulente della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali. 13 Luglio 1881. GiRAUD (Carlo), dell'Istituto di Francia, Cori-ispoiidente della Classe di Scien7e morali, storiche e fdolotjichc. 13 .Vgoslo 1881. Sei.mi (Francesco), Professore di Chimica farmaceutica nella R. Università di Bologna , CorrispoTidente della Classe di Scienze fisiche , matematiche e naturali. 21 Ollobrp 1881. Bi.uNTScHLi (Giovanni Gaspare), Piofessore nell'Università di Heidelberg, Conispotidente della Classe di Scienze uiorali, storiche e filologiche, ?1 Dicembre 1881. DuLAURiER (Edoardo), tlelT Istituto di Trancia, Conispondentc della Classe di Scienze morali, storiche e filolot;iclie. H Gennaio 1882. LoNGPÉRiER (Enrico Adriano) Puevost De, Membro dell'Istituto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), Socio Straniero della Classe (li Scienze morali, storiche e filologiche. n Gciinnio 1882. ScHWAN (Teodoro), Professore di Fisiologia neir Università di Liegi, Socio CorrisiMtndentc dell" Istituto di Francia (Accademia delle Scienze, Sezione di Medicina e (ìliirurgi.i) , Socio Stiaìiicro della TJasse «li Scien7e fisiche, mate- matiche e naturali. XXXI 24 Gennaio 1882. SioTTO-PiNTOR (Giovanni), Nobile Cagliaritano, Senatore del Regno, Pre- sidente Onorario di Corte di Cassazione, Gr. Uflìz. *, Comna. ©, ecc., Socio Nazionale residente della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche. 8 Febbraio 1882. Decaisne (Giuseppe), Membro dell' Istituto di Francia (Accademia delle Scienze, Sezione di Botanica), Corrispondente della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali. 18 Marzo 1882. Gakovagmo (Santo), Professore di Botanica e Direttore del Laboratorio crittogamico e dell'Orto Botanico della R. Università di Pavia, Corrispondente della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali. 20 Aprile 1882. Darwin TCarlo , Membro della Società Reale di Londra, Socio Straniero della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali. 8 Ciiugno 1882. CoRNAi.iA (Emilio) , Direttore del Museo civico e Professore di Zoologia applicata nella R. Scuola superiore di Agronomia di Milano, ecc., Socio Na- zionale non residente della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali. 23 SclleinbiT 1882. Wììhlk.r (Federico). Professore all'Università di Gottinga, Socio Stra- niero dell'Istituto di Francia, Corrispondente della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali. i Ottobre 1882. Betti (Salvatore), Segretario Perpetuo dell'Accademia Romana di S. Luca, Corrispondente della Glasse di Scienze morali, storiche e filologiche. ; SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE Serie II. Tom. . XXXIV. FENOMENI DI POLARIZZAZIONE CROMATICA ìd aggregati di eorpi birìfrangenti GIUSEPPE BASSO Adunanza del 5 Dicembre 1880 La teoria dei fenomeni dovuti al passaggio della luce attraverso corpi birìfrangenti si fonda sull'ipotesi, per cui si ammette che, in questi corpi, l'elasticità dell'etere abbia valori differenti nelle varie direzioni. Gli svolgimenti analitici di tale teoria, dovuti specialmente a Fresnel, Haidinger, Caucht, Senarmont. Heissek. Gkailich, Sang ed a parecchi altri, condussero a risultati che rendono pienamente ragione di molte proprietà ottiche dei corpi cristallizzati e met- tono in evidenza le relazioni esistenti fra queste proprietà e quelle che dipendono dalla loro geometrica costituzione. Però . i lavori compiuti finora in questo campo riguardano , per la maggior parte , l'esame dei fenomeni presentati da cristalli isolati o da lamine biriirangenti. Il caso di agglomerazioni regolari di piccoli elementi birifrangenti . ciascuno dei quali agisca come un cristallino isolato , ma pure si colleghi con molti altri consimili , formando con questi un sistema sensibilmente continuo . non venne ancora , che io sappia , studiato espressa- mente dal ])unto di vista ottico. Eppure gli aggregati di corpicciuoli cristallizzati si trovano assai abbondanti nel regno minerale e possono anche artificialmente prodursi con facilità ; anzi, sono già abbastanza conosciute alcune delle condizioni generali che normalmente si verificano nella formazione di cosi fatti aggruppamenti. Si collegano appunto con questo argomento certi fatti studiati dapprima da Komé de l'Isle, da Hauy e da Haidinger ('), i quali fatti condussero poi alla scoperta delle leggi sull'emitropia; le osservazioni microscopiche di Ekemberg , di Poggendorff e di Frankenheim (") e le recenti scoperte del Prof. A. Scacchi ('") sulla poliedria e sulla polisimmetria dei cristalli. (') Bultetin (De Férussac) des Sciences naturelUs et de Geologie; 1827, tom. 1 et suiv. (**) Poggendorf's Annalen, 1835-36; Biblioth. Vninerselle ; 1836. (•*") Mem. delle R. Accademia delle Scienze di Torino, 1862; Atti dell'Accademia delle Scienze di Napoli, 1863. 4 FENOMENI PI POI-AKIZZAZIONE CROMATICA Io mi accingo col presente lavoro ad uno studio analitico e sperimentale dei fenomeni ottici proprii degli aggi'uppamenti regolari di cristalli. Per ora mi restringo al caso in <;ui un fascio di luce, parallela o convergente , polarizzata rettilineamente, è ricevuto iu un polariscopio analizzante, dopo di aver attraversata una certa forma di aggregati cri- stallini, a cui do il nome di sisfewn raggiato. Si consideii in un circolo un raggio qualunque, e lungo di esso si immaginino disposti in gran numero corpuscoli hirifrangenti. eguali in ispecie ed in dimensioni, e tutti orientati in modo da avere i loro assi di elasticità ottica rispettivamente paralleli. Lungo molti altri raggi dello stesso circolo siano altre file di corpuscoli hirifrangenti eguali ai primi e disposti allo stesso modo: cosicché sia identica per tutti l'orientazione degli assi ottici per rispetto ai corrispondenti raggi del circolo. Ad un aggruppamento cosi costituito di molti elementi cristallini do il nome di sixfrmn r/tgginto. È chiaro che ciascuno degli elementi che costituiscono un sistema raggiato si com- porta, rispetto alla luce che lo attraversa, come farebbe un piccolo cristallo isolato, e che il complesso di tutti gli elementi ha press'a poco la forma d'una sottile piastrella circolare compresa fra due piani i)aralleli. Suppongasi ora che la luce del sole o d'altra sorgente venga inviata da uno specchio verso un polarizzante, come sarebbe lui prisma di Jsicol ; all'uscita da questo la luce, po- larizzata in un certo piano, passi attraverso ad una lente o sistema di lenti L convergente, il cui asse intendo rappresentato da OL nella fig. 1'. Normalmente a ongo sia com))reso fra i piani di trai(^e AA. JiJi ed abbia il suo centro di figura O sull'asse L. ' Emergendo dalla lente L. la luce giungerà alla faccia AA del sistema raggiato e quella che cade sopra un elemento m qualunque del sistema si potrà considerare come costituita da un fascetto nni «li raggi sensibilmente paralleli, la cui direzione in generale varia se si passa da un elemento ad un altrfi. Ciascuno di questi fascetti. dopo l'uscita dal sistema raggiato, suppongo che incontri ed attraversi una nuova lente, o sistema />' convergente, il cui asse sia pure OL. Se con- duciamo pel centro ottico 1J la iJ M parallela a mn. vediamo che i raggi costituenti il fascette» III» formano in 3/ una immagine reale dell'elemento w. (-osi nel piano Pf focale principale della lente Ij avremo un cDuiplesso di fochi reali, di cui ciascuno corrisponde ad un determinato punto del sistema raggiato ; perciò questo complesso di fochi si deve considerare t;ome l'immagine reale del sistema stesso. Sui)pongo infine che quest'immagine venga osservata attraverso ad un sistema oculare, iigente come microscojìio semplice, e che fra quest'oculare e l'occhio deiros.servatore sia interposto un polariscopio analizzante . rappresentato ancora . se vuoisi . da un prisma di Nicol. Le modificazioni che la luce subisce ed i fenomeni che debbono risultare dalle condi- zioni ottiche ora descritte . si possono agevolmente sottoporre ad esame . (|uando si segua PER GIUSEPPE BASSO 5 la via tracciata da Fresnel (*) nella sua teoria della polarizzazione cromatica. Questo ora farò, incominciando dal caso in cui il sistema raggiato è formato da elementi birifrangenti ad un solo asse ottico. II. Sistemi raggiati uììiassi. Lungo la direzione qualunque nm (fig. 1') si propaga un'onda polaiizzata rettili- neamente, di cui una porzione ristrettissima, e perciò sensibilmente piana, giunge ali "ele- mento m del sistema raggiato. Essa attraversa quest'elemento sdoppiandosi in due onde rifratte. La distanza fra i piani AA e BB essendo piccolissima . fra queste due onde , di cui una è ordinaria e l'altra straordinaria, non ha luogo sensibile separazione. Le loro intensità si possono rappresentare . in virtù della legge di Malus, con cos*p per l'or- dinaria e con sen"(5 per la straordinaria: essendo ,3 l'angolo che la sezione principale del- l'elemento birifrangente situato in m fa col piano di polarizzazione dell'onda incidente, ed assumendo come unità l' intensità di quest'ultima. Le stesse due onde birifratte escono poi dal piano BB polarizzate, luna nella sezione principale dell'elemento e l'altra nel piano normale . e si propagano ambedue ancora in direzione sensibilmente parallela a /.' w ; però si sarà stabilita fra i li'o moti vibratori! una certa differenza di fase, che in ogni caso si j)otrà determinare. Si sa che questa diffe- renza di fase non viene poi alterata dal jìassaggio delle due onde attraverso alla lente L' , mercè la quale formasi in M l'immagine reale dell'elemento birifrangente ni. Cosi la stessa differenza di fase non è punto modificata dall'azione del sistema diottrico che ho supposto esistei-e al di là del piano PP e che fa l'ufficio di microscopio. Ma, per giungere all'ocschio. i due moti lumiriosi birifratti debbono ancora attraver- sare l'analizzatore . che immagiiio sia un |)risnia di Nicol. Chiamando « l'angolo che la sezione principale di questo prisma fa col piano di polarizzazione primitivo, è chiaio che l'onda ordinaria d'intensità cos'f> dà nello analizzatore due onde: cioè, una d'intensità cos* fi cos" (|3 — a) polarizzata nella .sezione principale dell'analizzatore, ed un'altra, pola- rizzata nel piano normale, d'intensità cos'|3sen'(('3 — a). Analogamente si hanno, generate dall'onda straordinaria sen'/3. le due nuove onde. sen'|3 sen'{p— a) e sen'|5 cos'(|5 — ot), polarizzate, luna parallelamente e l'altra normalmente alla sezione piincipale dell'anji- lizzatore. Dalla sovrapposizione delle due onde parziali, che sono polarizzate nella sezione prin- cipale dell'analizzatore, risulta un'onda unica, della quale non abbiamo ad occuparci per- chè, se l'analizzatore è un Nicol, esso ha per effetto di sopprimerla. Giunge solamente all'occhio il moto luminoso che è polarizzato normalmente alla sezione principale dell'a- nalizzatore; esso risulta dalla interferenza delle due onde che, considerate separatamente, avrebbero le intensità: cos' (3 sen' (|5 — a) e sen* (5 cos' (^ — a) . (*) Annalts de Chimie et de Physiqtie, 2« sèrie, t. XVII, Legons d'Optique-physique, par E. Vbbdbt; t. II. 6 FENOMENI PI POLARIZZAZIONE CROMATICA La teoria delle interferenze, com'è noto, dà l'espressione dell'intensità luminosa do- Tuta alla sovrapposizione di due moti vibratori!, polarizzati nello stesso piano ed aventi la stessa lunghezza / d'onda. Se le intensità dei due moti componenti sono separatamente ^/ e q', e se fra di essi esiste una differenza A di cammino, l'intensità del moto risultante è: 27rA j=p' + q*+2pqcos- l Nel nostro caso i valori assoluti di ^ e 5 sono cos|3 sen(|3 — a) e sen|3cos(|3 — a). Ma, 271^ per giudicare del loro segno, si osservi che, essendo espressa da sen — — - la velocità di vi- brazione alla fine del tempo t per l'onda incidente, ed essendo 2' la durata della vibrazione intiera , le velocità che, nello stesso istante , si hanno per le due onde oidinaria e straor- ,. . . . , , 2nt „ 2nt dinana , sono rispettivamente rappresentate da + cos p sen — — • e — sen p sen -— - . Perciò, nel nostro caso, si deve ritenere: jj = cos |3 sen (j3 — «) . ? = — sen |3 cos (|3 — a) . Ponendo questi valori nella espressione di j . la si riduce facilmente alla forma seguente : n 'T A j ="sen^ a + sen 2 p sen 2 (|3 — a) sen' — - . Intendendo noi di impiegare la luce ordinaria bianca, per la quale si hanno ad un tempo moltissimi valori differenti di /, l'intensità della luce che l'occhio riceve dal punto M si potrà scrivere: /=:sen'a + sen2/3sen2 (/3 — «)2sen*— - . (1) La direzione m n , secondo la quale si propaga il moto luminoso attraversante in m il sistema raggiato e formante poi l'immagine M dell'elemento birifrangente che ha attra- versato, faccia colla OL l'angolo i. Cliiamisi p la distanza OM, e rf la lunghezza OL' , cioè, prossimamente , la distanza focale principale della lente L' . Si avrà : tang*=£. (2) Infine, sia © l'angolo che il piano passante per l'asse 0' e per il punto M, cioè il piano della figura, fa col piano di polarizzazione primitivo. Per determinare l'intensità 7 in ogni punto della immagine del sistema raggiato, situata nel piano P P e veduta attraverso l'oculare ed il Nicol analizzatore, devesi pre- ventivamente cercare la differenza A di cammino che si è stabilita fra l'onda ordinaria e la straordinaria quando esse attraversarono il sistema raggiato, di cui chiamerò e la grossezza. La quantità A è diversa per i diversi elementi del sistema, giacche questi sono attraversati dalla luce con obliquità differenti e, per conseguenza, per tratti di lunghezze diverse : inoltre, per uno stesso elemento , la quantità A dipende dalla diversa velocità di propagazione dell'onda ordinaria e della straordinaria, ed anche dalla differenza dei cam- mini percorsi prima di [ìenetrare nel sistema. Di tutto ciò si tiene conto anche nei ragionamenti che si fanno studiando i noti feno- meni presentati dalle lamine birifrangenti continue ; perciò mi limito qui a ricordare che PER GIUSEPPE BASSO 7 tali ragionamenti, pure applicabili al caso nostro, conducono all'equazione : A = f sen 2 (cot r — cot »•') . (3) essendo r. r gli angoli di rifrazione ordinaria e straordinaria corrispondenti all'angolo i d'incidenza. Gli angoli r, r si trovano applicando le note leggi relative alla doppia rifrazione nei mezzi uniassi. Siano a, h rispettivamente il semiasse polare ed il semidiametro equato- riale dell'elissoide . che è superficie d'onda in questi mezzi; queste due quantità rap- presentano pure i reciproci degli indici di rifrazione ordinaria e straordinaria. Si sa che, essendo Q l'angolo che l'asse ottico del mezzo fa colla normale all'onda straordinaria, quest'ultima si propaga colla velocità u data dall'equazione: ,/ = ff'-(a*-i'/)cos*6 . (4) L'onda ordinaria si propaga colla velocità h indipendente da 5. Si hanno perciò le ^^^^^^'^■- ^ur=.bsen, (5) sen r' = « sen > (6) È pur facile il vedere che esiste la relazione : cos6=cosòcosr -l-senòsenr cosw . (7) in cui 5 p l'angolo ihe l'asse ottico, nell'elemento birifrangente che si considera, fa coll;i normale al sistema raggiato; e u è l'angolo compreso fra due piani condotti per questa stessa normale al sistema e passanti, l'uno per l'a-s-se ottico e l'altro per la normale al- l'onda straordinaria attraversante l'elemento. Vedesi come, mediante le formole precedenti, si possa sempre calcolare l'espressione di A per ogni elemento del sistema e quindi la corrispondente intensità di luce inviata all'occhio dell'osservatore. Il calcolo si potrebbe instituire. sotto forma generale, per un sistema raggiato comumjue costituito : però riescirà più chiaro e , per le verificazioni sperimentali, anche pii"! utile il trattare soltanto quei casi particolari che si avverano in natura e che si possono effettivamente studiare sopra certe forme di aggregati cristallini. Riguardo ai sistemi iinia.ssi conviene esaminare distintamente i seguenti tre casi : 1° (;aso — Jri ogni i-Ununto l'assi' ottico sin normaìp al piano del sistemai' raggiato. Il piano d'incidenza per l'elemento qualunque m (v. fig. P) contiene l'asse ottico del- l'elemento stesso. Perciò si ha: a P = ? '■ l'angolo ò è nullo; e siccome nei cristalli uniassi la normale all'onda straordinaria giace nel piano d'incidenza, l'angolo i) è pure nullo. La (7) dà: - * cos&^=co8r. Dalle (4) e (tì) si ricava : SGIl T «' — (o ' — 6*) cos' r' ~ — :—r . donde : sen ? cos'r 1 — a' sen' i l-(a'-6')8en'« ' S FENOMENI DI POLARIZZAZIONE CROMATICA ossia : r- : - , yl — a seii i cot r ^^ b sen i Dalla (5) si ha : l/l —b-sent cot r = - — ; ; b sen t epperciò, sostituendo nella (3), ne ricaveremo: A = U^\-b'sen'i-yi-a'sen'i) • L'angolo i essendo sempre piccolissimo, si può, svolgendo in serie, sostituire a questa espressione di A la seguente approssimata : A = e — — - — sen i . od ancora : 26 a--b' . ''='-2bir^ ' P poiché si ha prossimamente : seni=:— . L'intensità luminosa / per un punto qualunque M, la cui posizione è in ogni caso determinata dalle quantità p e y, si può subito scrivere ricorrendo alla espressione gene- rale (1). In tal modo si ha: / = sen'a + sen2a5sen2 (y — a)2sen*K — ^ fi' . L'espressione cosi trovata ci permette di determinare immediatamente : 1" I luoghi incolori, cioè i luoghi dei punti che, nella immagine che si osserva sul piano P P. appariscano semplicemente bianchi o neri, sempre quando s'adoperi luce ordinaria ; 2° I luoghi isocromatici, cioè i luoghi dei punti che, nella stessa immagine, appa- riscono illuminati da un eccesso di luce semplice di un determinato colore. I punti appartenenti ai luoghi incolori sono cosi collocati che, per essi, l'intensità / è indipendente dalle singole lunghezze d'onda che entrano nella luce impiegata. Ciò esige che si annulli il secondo termine della precedente espressione di I, cioè che si abbia: sen 2 y sen 2 (i» — a) = . la quale condizione si sdoppia nelle due : sen2a5 = 0, sen2(s — a) = 0. n 3;: La prima di queste è soddisfatta per valori di o eguali a 0, —, n , —— , e la seconda per valori di f eguau aa, a + — , a-\-n, v.-\ . Vedesi subito a quali apparenze ottiche corrispondono questi risultati. Osservando il sistema raggiato nelle condizioni d'illuminamento precedentemente adottate, esso ci appa- risce, generalmente, attraversato da due croci biancastre , i cui otto rami s incontrano nel PEK GIUSEPPE BASSO 9 centi-0 del sistema, e che hanno tutti la stessa intensità sen'or. Ju una delle croci due rami sono paralleli e gli altri due normali al piano di polarizzazione primitivo, il quale, come si sa, è normale alla sezione principale del Nicol polarizzante. Della seconda croce due rami giacciono nella sezione principale del Nicol analizzatore e gli altri due sono a questa nonnali. Facendo girare intorno all'asse dell'apparato il Nicol analizzatore in modo che l'an- golo 7. vada aumentando, la prima delle dette croci rimane ferma e si sposta la seconda; intanto va crescendo per entrambe l'intensità luminosa, la quale diventa massima quando le croci si sovi-appongono. Allora si avrà una sola croce bianca, e questo accadrà quando saranno parallele le sezioni principali dei due Nicol. Se facciamo invece diminuire l'an- golo a . le due croci scemeranno man mano d'intensità , fino a diventar oscure quando si abbia a =; ; allora si avrà una sola croce nera, ed i due Nicol avranno le loro sezioni principali disposte ortogonalmente. Se si mantengono in quest'ultima posizione i Nicol, e si fa gù-are nel suo piano il sistema raggiato, la croce nera resta evidentemente immobile. I luoghi isocromatici , corrispondenti ad un determinato colore semplice di lunghezza d'onda /, sono evidentemente linee circolari concentriche al sistema raggiato. I loro raggi sono dati dai valori di p che rendono l'espressione sen'?:-^ — p^ massima ovvero 2bld' ' minima, secondochè il prodotto sen2p.sen2(y — a) è positivo ovvero negativo. Pongasi adunque : , « , •> '2bW ^ 2' intendendo che n sia numero intero . si avrà : 11 raggio del circolo isocromatico d'un dato ordine è adunque direttamente propor- zionale alla radice quadrata della lunghezza d'onda che si considera ed inversamente pro- porzionale alla radice quadrata della grossezza del sistema raggiato. Se i due Nicol si tengono incrociati, cioè se si rende « nullo, il prodotto sen 2 y . sen 2 (o — a) è semi^re positivo ; perciò nell'espressione ora trovata di p si deve intendere che n sia dispari e per conseguenza i cerchi isocromatici di vario colore sono disposti come lo sono negli anelli colorati di Newton visti per riflessione. Coi Nicol paralleli, essendo <^=— , il suddetto ù prodotto è sempre negativo ; w dev'essere numero pari e si ha lo stesso ordine di colori che negli anelli di Newton ossei-vati per trasmissione. Tutto ciò che si è trovato fin qui intorno ai sistemi raggiati , il cui piano è normale all'asse ottico dei singoli elementi, è affatto analogo a ciò che avviene per una lamina uniasse taghata normalmente al proprio asse quando la si studia alla luce convergente. Tale analogia era facilmente prevedibile. 2° Caso — In ogni elemento del sistema raggiato l'asse ottico sia diretto lungo il semidiametro corrispondente. Il piano d'incidenza contiene ancora l'asse ottico per ciascun elemento e ne è per Serie II. Tom. XXXIV. b 1 KKSOMEXl ni rOI.AIilZZAZlOXF. CROMATICA conseguenza sezione principale; si ha cioè: p^=9- — Inoltre vedesi che si ha: ''^-^ "^ u = Q. Introducendo queste condizioni nelle equazioni (4). (6). (7). se ne ricava: E siccome si ha sempre : sostituendo nella (3) si ha : che si può anche scrivere: «v se si tiene conto della piccolezza fh /. e ritenendo anche qui: sen?^'- . a Adunque l'intensità luminosa / in un punto (jualunque {p, rp) del sistema raggiato, ((uale si vede attraverso al Nicol analizzante, è : /:= sen' a + sen 2 e; . sen 2 ,,-«,.™.,^(i-!)(,-l^r Appaiisce dalla forma di quest'espressione di / che, per ciò che riguarda i luoghi inco- lori, tutto ciò che nel caso precedente osservammo si ripete pure in questo. — Si hanno anche qui. in generale, due croci incolore, le quali si riducono ad una sola quando le suzioni i)rincipali dei due Nicol sono [)arallele ovvero oitogonali. La crnc# incoloi-a appaiisce bianca coi Nicol paralleli e nera coi Nicol incrociati. Ma per ciò che si riferisce ai luoghi isocromatici, nel caso attuale, si hanno condizioni e leggi diverse da quelle trovate nel caso precedente. I luoghi isocromatici, corrispondenti ad una particolare lunghezza / d'onda, sono ancora linee circolari concentriche al sistema raggiato. Per ottenere i valori f> dei loro raggi bisogna ora ricorrere all'equazione: l\h n}\ 1 *V'\_» nella quali- i> (■ un numero intero arbitrario, coll'obbligo però di assumerio pari in cerii casi e dispari in certi altri, analogamente a ciò che s'f> visto nello studio del sistema rag- giato normale all'asse. l\h n' 2 Ponendo per brevità: l'equazione i^recedeute diventa: „ i ] L. I = M, donde rica vasi ; PER GIUSEPPE BASSO 1 1 Dallo esame di quest'espressione di p i-isulta subito sotto (juali condizioni può il sistema raggiato ammettere o non l'esistenza di anelli isocromatici; vedesi pure che le leggi relative alla disposizione di tali anelli sono diverse da quelle trovate pel caso del sistema raggiante normale all'asse ottico. La determinazione dei cerchi isoci'omatici, nel caso che ora studiamo, si può anche dedun-e, in modo indù-etto, dai noti fenomeni di polarizzazione cromatica presentati da lamine birifrangenti continue. Una lamina uniasse, le cui facce siano parallele all'asse ottico, sia attraversata da un fascio convergente di luce polarizzata, e questa venga in seguito sottoposta all'azione di un analizzatore. Si trova facilmente che le linee isocroma- tiche in questo caso sono iperboli, aventi tutte per assi una retta parallela ed una per- pendicolare all'asse ottico del cristallo. Assumendo il primo come asse delle x, ed il secondo come asse delle y, l'equazione delle iperboli isocromatiche si può mettere sotto la forma: - , 2cr-(q~n) bx^ — atf = ^ , hq nella quale si conservano a tutte le lettere le designazioni precedentemente adottate. L'asse reale delle iperboli coincide con quello delle x, ovvero con quello delle ij, secon- dochè la quantità è positiva ovvero negativa. Ora, nel sistema raggiato che si vuole esaminare, tutti gli elementi che si trovano lungo uno stesso diametro hanno il loro asse ottico nella stessa direzione e si possono considerare come formanti una sola laminetta strettissima, la cui lunghezza è parallela all'asse ottico. Le linee isocromatiche per questa laminetta si riducono adunque agli elementi di iperboli che sono adiacenti ai vertici di queste. Ciò potendosi ripetere per ogni altro diametro del sistema raggiato, si scorge che i raggi p dei circoli isocromatici di tale sistema altro non sono che i semiassi reali delle iperboli precedentemente considerate. Se, p. es., l'asse reale è quello delle x. facendo y=^ nell'ultima equa^one, si ricava: ' ^=tP 2 ( .8 + -i i=0 (8) nella quale «, h, e sono i coefficienti di elasticità ottica, e /.. [i, y sono gli angoli che la normale ad una delle due onde rifratte fa cogli assi elastici. Le velocità di propagazione di queste onde rifratte sarebbero espresse dai valori di u che l'equazione stessa fornisce. Molte delle considerazioni svolte nei paragrafi precedenti relativamente ai sistemi uniassi non sarebbero più applicabili al nuovo caso. Le due onde birifratte. nelle quali si sdoppia l'onda polarizzata incidente quando attraversa un elemento qualunque del sistema biasse, non si possono più distinguere in ordinaria e straordinaria, poiché né l'una. né l'altra di esse, segue le leggi della rifrazione ordinaria. Si giungerebbe tuttavia a risultamenti prossimi al vero . quando si a.s.sumesse ancora come onda ordinaria quella delle due che, nel suo propagarsi, meno si allontana dalle leggi di C.\RTKSio : allora si potrebbe considerare come sezione principale il piano di pola- rizzazione di tale onda. Però le .sezioni principali corrispondenti ai diversi raggi non pas- serebbero più tutte per una medesima retta: mentre, in un mezzo birifrangente uniasse passano })er l'asse ottico tutte le sezioni principali. Inoltre, nei mezzi biassi. più non esi- stono direzioni che godano di tutte le proprietà caratterizzanti l'asse ottico: si sa che quelle designate con tal nome altro non sono che gli assi di rifrazione conica intema. Importa però lo avvertire che gli aggruppamenti cristallini, quali effettivamente si presentano in natura, si riduconf) ijuasi sempre ad avere disposizioni particolari e molto semplici, per ciò che riguarda l'orientazione dei loro a.ssi. Per questa r;igione lo esame teorico dei fenomeni presentati da un sistema raggiato biasse . nel quale i tre assi di ela- sticità proprii fli ciascun elementf» facessero angoli qualunque col semidiametro corrispon- dente e col piano del sistema stesso, non presenterebbe molto interesse per l'Ottica fisica. K d" altronde mio intendimento di dare a questi miei studi tale indii-izzo , che permetta , almeno qualche volta, verificazioni e controlli sperimentali. — B:i,sterà adunque ch'io mi restringa, per i sistemi raggiati bia,ssi. a considerare quei casi in cui, nei fenomeni di po- larizzazione cromatica, si possano avere ancora luoghi incolori e luoghi isocromatici, ana- logamente a ciò che si é visto per i sistemi di clementi uniassi. A queste ultime condizioni un sistema raggiato biasse soddisfa solo quando i suoi ele- menti sono così disposti da comportarsi, per certe direzioni di i-aggi. a guisa di corpuscoli birifrangenti uniassi. Ciò succede tutte le volte che, per ogni elemento del sistema, il piano d'incidenza è perpendicolare ad uno dei tre assi di elasticità ottica. Volendo procedere nel modo più chiaro ed ordinato si dovramio considerare in tutto sei casi particolari e distinti, come risulta dalle seguenti considerazioni. Siano sempre a. h. e i coefficienti di elasticità ottica d'un cristallino (jualunque ap- partenente al sistema e. per conseguenza, siano . — . - le velocità di propagazione a r del moto luminoso nelle direzioni dei tre assi elastici. Per fissar le idee si supponga : «>ft>f . S'intende sempre presa come unità la velocità della luce all'esterno del cristallo. 14- FENOMENI DI POLARIZZAZIONE CROMATICA Si consideri un sistema raggiato tale che, per ogni suo elemento, l'asse (e) d' elasti- cità minima sia normale al piano del sistema e l'asse (o) di elasticità massima giaccia lungo il semidiametro corrispondente. S'inunagini la superficie d'onda avente il suo centro nell'intemo dell'elemento che si considera. Il piano d'incidenza, corrispondente a questo elemento, taglia la superficie d'onda secondo una sezione la quale, come si sa, è costi- tuita da un circolo di raggio i e da una dissi concentrica di semiassi a e e, diretti rispet- tivamente secondo l'asse di elasticità minima e quello di elasticità massima. Applicando la regola di Huyohexs, estesa alla detenuinazione dei raggi rifratti nei mezzi biiùfrangenti biassi, si scorge che il fascetto di luce polarizzata, attraversante un elemento qualunque del sistema , dà luogo a due fascetti birifratti. dei quali uno è ordinario, e l'altro straordinario, giace tuttavia nel piano d'incidenza. Le cose adunque avvengono ancora come se gli elementi del sistema fossero uniassi. Se l'asse (e) di elasticità minima fosse ancora normale al piano del sistema, ma, lungo ogni semidiametro di questo, giacesse l'asse (6) di elasticità mediana, il piano d'incidenza per ogni elemento determinerebbe nella superficie d'onda una sezione costituita da un cir- colo di raggio a e da un'elissi di semiassi h e e disposti rispettivamente lungo l'asse di minima e quello di mediana elasticità. Dei due fascetti birifratti che hanno attraversato un elemento qualunque, uno è ancora ordinario e l'altro, quantunque straordinario, giace sempre nel piano d'incidenza. Con ragionamenti analoghi applicati ad ogni altro caso in cui il piano d'incidenza contenga due dei tre assi di elasticità, si scorge che possono esistere sei disposizioni di- stinte di sistema raggiati biassi, i quali, riguardo alla polarizzazione cromatica, danno luogo a fenomeni analoghi a quelli presentati dai sistemi uniassi. Tratterò parti tamente di ognuna di queste sei disposizioni. 1* — L'asse di minima elasticità sia per ogni elemento normale al piano del sistema raggiato, e l'asse di massima elasticità giaccia lungo il semidiametro corrispondente. Le considerazioni precedenti ci autorizzano a servirci ancora della formola (1) per valutare 1 intensità / in un punto qualunque del sistema raggiato visto attraverso l'ana- lizzatore. E ciò, tanto in questo caso, come in ciascuno degli altri cinque che ci restano ad esaminare. Basterà sostituire all'angolo ^ il f, cioè l'angolo che il semidiametro del sistema passante pel punto d'intensità / fa col piano primitivo di polarizzazione. Perciò si avrà nel nostro caso ancora il medesimo complesso di luoghi incolori che già trovammo per i sistemi raggiati uniassi; si avrà cioè una croce nera quando si tengono i Nicol in- crociati, ed una croce bianca quando questi sono paralleli. Che nei sistemi raggiati biassi debba prodursi il fenomeno delle croci incolori si può talvolta desumere dalle note leggi di polarizzazione cromatica per lamine cristallizzate continue. Mi basti far vedere ciò in un solo caso speciale. Se si taglia in un cristallo biasse una lamina le cui facce siano normali all'as-se di minima ehisticità, e si osserva questa lamina mediante la disposizione ottica fin «lui adot- tata, essa presenta un sistema di linee incolore ben determinate, purché l'angolo che ciascun asse ottico fa coli asse suddetto sia abbastanza piccolo. Tale sistema consiste in quattro rami di iperbole, e giova ricordare in qual modo essi sono disposti. Per il centro PER GirSEPPF BASSO 15 ottico lì , nella figura 1', couducasi Tasse di minima elasticità, che incontrerà in il piano FT focale della lente i': indichiamo colle lettere A ^ Ti '\ punti in cui questo piano è incontrato dalle rette U A , L'B rappresentanti le direzioni apparenti degli assi ottici. Intendiamo per flirezione apparente d'un asse ottico la direzione che un raggio lu- minoso deve avere nell'aria afiìnchè. penetrando nel cristallo, si rifranga secondo lasse ottico. Conducansi nello stesso piano PP, per il punto 0, la parallela e la perpendico- lare al piano primitivo di polarizzazione. Si sa (') che queste due rette sono gli assintoti di una iperbole incolora, della quale un ramo passa pel punto A e l'altro pel punto B. Inoltre, se per O conduciamo nel piano PP la perpendicolare e la parallela alla sezione principale dell'analizzatore, si hanno gli assintoti d'un'altra iperbole incolora, di cui un ramo passa ancora per A e l'altro per B. Se però il piano di polarizzazione primitivo è perpendicolare o parallelo alla sezioni» principale dell'analizzatore, le due iperboli si riducono ad una sola, che può essere raji- presentata dall'equazione : essendo presa per asse delle x la traccia del piano di polarizzazione primitivo ed essendo Ci, fi le coordinate ortogonali del punto A. È noto ancora che l'angolo 12 compreso fra uno degli assi ottici e l'asse di minima elasticità è determinato dalla relazione: senQ e che, essendo (i l'angolo d'incidenza del raggio che attraversa la lamina secondo l'asse ottico, si ha : epperciò : sen 'i» Passiamo ora a considerare il nostro sistema raggiato. Un suo elemento qualunque ip.'f) si può paragonare ad una piccolissima porzione d'una lamina normale all'asse di minima elasticità ed il cui asse di elasticità massima è diretto secondo il diametro (e) del sistema. Per (jnesta laminetta elementare gli assi ottici giacciono nel piano condotto pel diametro (f) normalmente al piano del sistema ; per conseguenza i punti ^ e i? si tro- vano sul diametro corrispondente dell'immagine osservata sul piano PP nella fig. 1'. Indicando con M la posizione quivi occupata da tale immagine, si ha evidentemente : (1 ì/a--h* /; \ (I — r' Ma si lia pure : ^^^ j^^^^^ ^^^ j^^^^ Perciò l'equazione della iperbole incolora per la laminetta. la cui immagine è in M. si può scrivere : d* a^ — ò» ./• « = sen ffi COS 05 -i —z r . ' b ff — e essendo in 31 l'origine delle coordinate. (") Vedi E. Verdet - Optique Physique, voi. 11. pag. i6.') 16 FENOMENI DJ POLARIZZAZIONE CROMATICA Trasportando l'origine nel punto O. l'equazione della stessa iperbole diventa: (x— /3COS(f-)(2/ — |Osen9)=senycos9 -j— — — . 11 punto il/ essendo il centro della iperbole, non fa parte della linea incolora corri- spondente; ma siccome l'ultima equazione è soddisfatta per i valori: j- ^ p cos ip . y = P sen y , purché si abbia : senycosy = , ne segue che nel sistema raggiato appartengono a linee incolore tutti i punti e soltanto i punti, pei quali y è nullo oppure retto. In altri termini, resta confermato che si ha, come sistema di linee incolore, una croce i cui bracci sono paralleli e perpendicolari al piano primitivo di polarizzazione. I luoghi isocromatici per una determinata lunghezza / d'onda sono circoli concen- A n trici, i cui raggi si trovano ricorrendo alla solita condizione : — = - . La determinazione di A si fa ricorrendo alla equazione (8) di elasticità, nella quale si deve porre nel nostro caso: - TT n e ricordando che: A=:esen«(cotr — cotr') , sen r = m' sen / , senr' = M"sen« ; dove u, u" sono i valori reali di u che soddisfanno l'equazione di elasticità. Così si ottiene agevolmente : A = ^ (a j/1 -/>'seu' i-b yi - e' sen' /) • Introducendo le semplificazioni giustificate dalla piccolezza di sen/ e ponendo p sempre: sen/^*" , si avrà per l'espressione del raggio di un circolo isocromatico: y e(aò-c') ' p = d si ricordi che : _ 2e{a-b) *~ ^l ■ 2' — L'asse di minima elasticità essendo ancora normale al piano del sisteìtta raggiato, giaccia lungo il semidiametro di questo l'asse di elasticità mediana. Si può evidentemente passare dal caso precedente a questo scambiando semplicemente a in 6 e dando al numero n arbitrario tale segno che permetta alla p di essere reale. S ha quindi : y e(ab-c*) PER GIUSEPPE BASSO 17 Basteranno semplici permutazioni di lettere e l'avrertenza di scegliere conveniente- mente il segno di n per ottenere immediatamente le espressioni di p conispondenti a cia- scuna delle quattro disposizioni che si possono ancora presentare. Le passo rapidamente in rassegna. 3' e 4" — L'asse di massima elasticità sia normale al piano del sistema. Ponendo : , 2e (h — c) q = — ; — ; — . SI avrà : h e l A/cl(n + q) 1 n+q) ,._A/ ^''(9~n) €(a* — bc) secondochè luvgo ogni semidiametro del sistema è diretto l'asse di minima, ovvero quello di mediana elasticità. 5" e 6" — Sia normale al piano del sistema l'asse di elasticità mediana. Ponendo : , 2 e (a — e) ^ ^~~acl ' 8Ì ottiene : _ l/ a/(g"— w) f- j/ e(ac-b') se l'asse di massima elasticità è diretto lungo i semidiametri. Si ha invece : f e{ae — -q) quando in tale direzione si trova l'asse di minima elasticità. Per le diverso specie di mezzi birifrangenti i coefficienti di elasticità possono avere valori tali da rendere il prodotto « e maggiore o minore di Ir. Affinchè l'espressione di p sia sempre reale, in ciascuno dei due ultimi casi dovrà il numero n essere talvolta positiva e talvolta negativo. IV. Il concetto astratto di elementi birifrangenti, cosi aggi'uppati fra di loro da costituire ciò che io chiamo un sistema raggiato, si ha effettivamente, quantunque non sempre con perfetta regolaiità , in aggregazioni di piccoli cristalli. Di queste ci offrono esempi molte specie minerali e se ne possono ottenere delle fogge svariate provocando artificialmente la cristallizzazione di composti chimici convenientemente scelti. Questa facoltà posseduta da molte sostanze di assumere, cristallizzando, la forma raggiata dipende da modi , non ancora ben definiti nella loro generalità, di esercitarsi delle azioni molecolari. È impor- tante uu'osservazioue che a questo riguardo fa il Prof. A. Scacchi (*) nello studio del (*) Memorie della R. Accademia delle Sciense di Torino, XXI, 18G2. Serie IL Tom. XXXIV. ] 8 KKXOMEXI I»I POLARIZZAZIONE CROMATICA t'enomeno. da lui scoperto, della policdria dei cristaili, per cui molte volte uhm facoi.i piana di un cristallo trovasi sostituita da una superficie poliediica, cioè da un complesso di faccette piane facenti fra loro angoli molto ottusi. Giova che io (jui rijiorti lo parole stesse dell'illustre mineralogo : « Tra i fatti più owii che troviamo in molte s))ecie di cristalli si è la loro maniera di disporsi gli uni a lato degli altri, in guisa che. convergendo in un punto, finiscono dalla parte opposta divergenti come raggi. Talvolta sembra chiaro che molti cristalli si siano in tal modo aggruppati ; altra fiata sembra piuttosto che le parti dello stesso cristallo da una banda si dilatino e dall'altra si restringano. Dall'uno all'altro caso non credo vi sia reale differenza. E (ine) che importa avvertire è che per talune specie, come per l'arago- iiite, pel mesotipo. per la stilbite. per la prenite e per molte altre, la disposizione rag- giante dei cristalli è loro carattere abituale e quasi distintivo; mentre altre specie, o non mai assai di rado, si trovano avere la medesima disposizione. Discorrendo della poliedria delle facce li della Phillipsite abbiamo mostrato come esse deviano convergendo vei-so il centro del cristallo e come a questa loro qualità vada unita l'altra di unirsi i cristalli in gruppi, la qual cosa è naturale conseguenza della prima ; dap])oichè se sulle facce polie- driche di un cristallo primitivo che ha cominciato ad ingrandii-si. si attaccheranno altri novelli cristallini, questi si troveranno con i loro assi di tanto divergenti dagli assi dello stesso nome del primo cristallo per quanto le facce di questo erano deviate dalla loro po- sizione regolare. Avanzandosi l'ingrandimento dei secondi cristalli, ancor essi poliedrici, gh altii cristalli che vi si attaccheianno si troveranno situati con raddoppiata divergenza dal cristallo primitivo: e così per gli altri, finché duri l'ingrandimento e vi sia spazio da potersi congiungere ncrvelli cristallini sulle facce dei precedenti ->. <• Fra le produzioni artificiali i cristalli ortogonali di paratartrato acido di soda for- niscono uno dei più rilevanti esenqìi di aggi'uppamenti raggianti. In essi, dal mezzo delle facce B che sono poliecb-iche. si partono altri minori cristalli divergenti, e (jualche cosa di somigliante si rinviene tra le produzioni naturali nei cristalli eli baritina disposti a rosette. Quando (juesti aggruppamenti si manifestano semjìlici è facile persuadersi che essi altro non siano si^ non l'unione di due o più cristalli congiunti per le loro facce polie- driche. Ma nello stes.so paratartrato acido di soda ortogonale, il più delle volte i grup- ])etti di facce poliedriche simo assai più stretti, a guisa di mezze sfere composte di folte lamine raggianti; ed ai medesimi non potendosi attribuire diversa origine di quelli di più semplice composizione, si giunge alla naturai conseguenza che la poliedria sia la cagione l>rinci])ale. se non la .sola, della disposizione raggiante dei cristalli >>. Essendomi lìroposto di sotto])ori-e anche ad esame sperimentale i fenomeni di pola- lizzazione cromatica negli aggruppamenti cristallini che. più o men(j, si accostano al tipo teorico di sistema raggiato, ho dovuto innanzi tutto cercare mezzi ed artifizii per ottenere artificialmente cristallizzazioni di tal fatta disposte per osservazioni microscopiche. Ho passato per ciò in rivista molti conqxtsti chimici lasciandone evajiorare a secco le solu- zirmi in piccole quantità ed esaminandone al microscopio i residui ottenuti. Cosi potei riconoscere ([uali sostanze sono meglio disposte a dare aggregazioni cristalline di foiina raggiata e mi sono specialmente fermato su quelle, delle quali sono abbastanza noti i cajatteri ottici e cristallografici pei- jiennettere. almeno in certi casi, la verificazione ilelle leggi teoriche esposte precedentemente. PER GIUSEPPE BASSO 19 Do qui la lista dei nomi delle principali sostanze da me finora esaminate, e vi unisco qualche indicazione bibliografica sufficiente per potere, quando ciò sia opportuno, rintrac- ciare gli elementi numerici caratteristici di ciascuna di esse. Cristalli romboedrici. 1. Nitrato sodico Des Cloizeaitx; Annales dcs Mines, t. XI (1857). 2. Ioduro di cadmio .... Id. Id. Id. 3. Ioduro di piombo .... Id. Id. Id. 4. Cloruro di stronzio . . . Makignac. Id. t. IX e t. XI. Cristalli dimctrici ortogonali. 5. Prussiato giallo potassico . Des Cloizeaux: Annales des Mines, t. XI. 6. Fosfato ammonico .... Id. Id. Id. 7. Solfato di nichelio .... Id. Id. Id. 8. Urea Id. Id. Id. Cristalli trimetrici ortogonali. 9. Mannite Fkankenheim ; zur Krystallkunde ; Charakteristilc der Krystalle. 10. Tartrato acido di potassio Id. Id. Id. 11. Bicarbonato sodico. . . . WlRTZ ; Bictionnaire de Chimie, etc. 12. Deutoclorui'o di mercurio. Id. Id. 13. Nitrato di alluminio ... Id. Id. 14. Nitrato di cadmio .... Rammelsberg ; V. Bictionnaire de Chimie, etc, di WURTZ 15. Solfato potassico biasse . Des Cloizeaux; Ann. des Mines, t. XI. 16. Nitrato potassico Id. Id. t. XIV. 17. Solfato di zinco Id. Id. t. XI e t. XIV. 18. Solfato ammonico .... Id. Id. t. XIV. 19. Citrato sodico Id. Id. Id. 20. Cloruro di rame Id. Id. Id. 21. Bicromato potassico ... Id. Id. t. XI. 22. Solfato di magnesio . . . Mitscherlich ; De Senarmont, ^«wa/cs de CAw»> et Physique, 3' Sèrie, t. XXXIII. 23. Proto carbonato sodico . . Haidinger, Rammelsberg, Marignac; Annales des Mines, t. XII. 24. Cloruro di bario Marignac ; Mémoires de la Societé Physique , t. XIV, 1' partie. 25. Ossalato acido di ammonio De la Provostaye ; Annales de Chimie et Phy- sique (3), t. IV. FENOMENI DI FOI.AEIZZAZIONE CROMATICA Cristalli trimetri ci wonoclini. 26. Acido tartarico De la Provostate; Annalcs de Chimi e et Phy- sique, (2) t. XXXI et {■^) t. III. 27. Nitrato di stronzio .... Des Cloizeaux. Annales des Mines. t. XI. 28. Acido ossiilico Id. Id. Id. 29. Borato sodico Id. Id. Id. 30. Iposolfito sodico Id. Id. Id. :n. Solfato di manganese. . . Id. Id. t. XIV. 32. Acetato di piombo .... Id. Id. Id. 33. Zuccaro di canna .... Id. Id. Id. Cristalli trimrtrici triclini. 34. Solfato di rame Des Cloizeaux; Annales des Mines. t. XI. Le sostanze ora enumerate furono trattate tutte con un procedimento semplicissimo ed uniforme, allo scopo di ottenerne agglomerazioni cristalline di foggia costante e facile in ogni caso a riprodursi. Di ciascuna di esse si preparò una soluzione poco concentrata nel- l'acqua; solo per il deutocloruro di mercurio e per lo zuccaro di canna preferii adoperare l'alcool come solvente. Mossa una goccia della soluzione su d'una laminetta di vetro, la lasciavo evaporare spontaneamente , ovvero . per accelerare alquanto la evaporazi(me, posavo la lamina bt-n orizzontale su d'uno strato di sabbia scaldato a moderata teni^ peratura. Io procurava così di ottenere sul vetro una crosticina molto sottile, poco com- patta e quasi pellucida della sostanza da studiare. Questa preparazione collocavasi sul portaoggetti di un buon microscopio polarizzante deH'tìflicina R. Fle.ss di Berlino, che il Prof. 6. Si'EZIA ha messo gentilmente a mia disposizione. Potevasi così osservare con in- grandimento conveniente la cristallizzazione formatasi sulla laminetta ed era agevole stu- diare gli effetti di polarizzazione cromatica, sia per luce parallela come per luce convergente. Alcune delle sostanze da me osservate ed indicate di sopra non mi diedero mai ag- gregazioni di minuti cristalli con forma raggiatii ; altre invece presentarono la forma rag- giata costantemente ed in modo abbastanza regolare ; da molte infine ottenni lo stesso- fenomeno sovente, ma non scniiprc; oppure lo ottcìini in mudo imiìcrfetto ed incom- pleto. Notati !• scipiti i corpi, nei naturale; essa è la riproduzione dal vero di una preparazione ottenuta colla maniìife. Parecchie fra le sostanze da me esaminate danno spesso gruppi cristallini che offrono (questa apparenza; debbo citare principalmente l'acido tartarico, il tartrato d'ammonio, l'ossalato acido di ammonio, l'iposolfito di sodio, il cloruro di stronzio, il cloruro di i-ame, il solfato di rame ed il bicromato potassico. Non sempre però si ottengono sistemi raggiati o stelle compiute ; sovente gli aghi prismatici non divergono da un punto o da un cristallino centrale, ma sono tangenti per una loro estremità ad una curva di piccola estensione, la quale apparisce in tal modo come l'inviluppo delle rette rappresentanti la maggior dimensione dei cristallini. Però sono prodotti gli stessi fenomeni ottici, cosi dalle stelle (complete e regolari come dalle stelle parziali o dai ))ennacchi divergenti nel modo anzidetto. I luoghi incolori sono quali la teoria ci ha indicati : essi si riducf)no ad una croce bianca o luminosa quando si fa l'osservazione coi Nicol paralleli e ad una croce nera od oscura se questi si tengono incrociati. — Nell'un caso e nell'altro i bracci della croce sono paralleli e perpendicolari alle sezioni principali dei Nicol. È specialmente colla disposizione dei Nicol incrociati che il fenomeno della croce, caratteristiro dei sistemi raggiati birifrangenti, appare più manifesto e spesso anche molto elegante. La figura 3' rappresenta appunto, visti al microscopio coi Nicol incrociati, i gnippi di mannite che, nella fig. 2', sono quali appaiono alla luce naturale. Facendo girare nel suo piano la preparazione o comun(iue spostandola, ciascun braccio di croce in ogni stella cri- stallina conserva inalterata la sua direzione, cioè in tutte le croci un braccio si man- tiene parallelo alla sezione principale del Nicol polarizzante e l'altro parallelo alla sezione principale del Nicol analizzatore. — 2' Categoria — Un'altra disposizione di forma raggiata si ottiene da alcune fra le sostanze che ho studiato e fra di esse primeggia il bicarbonato sodico. Preparata una soluzione nell'acqua di questo sale e versatane una goccia sul vetro da microscopio, devesi lasciare che questa 22 FENOMENI DI POLARIZZAZIONE CKOMATICA Spontaneamente si evapori, o, se la si vuole riscaldare alquanto, fa d'uopo che l'elevazione di temperatura sia cosi moderata da non determinare la parziale decomposizione del sale e la sua trasformazione in protocarbonato sodico. Esaminata al micioscoi)io la macchietta hianca residua, si osservano talvolta fasci di sottilissimi cristalli prismatici, paralleli f poco divergenti . e porgenti l'apparenza di covoni ; altre volte si hanno laminette isolate presentanti figure di rombo molto allungato, simili alla forma ordinaria degli aghi da bussola. Però, molto più spesso e, si può dire, normalmente, si hanno eleganti aggruppa- menti di cristalli minutissimi che in complesso presentano l'aspetto di stelle a raggi non tutti uguali. Non è facile discemere chiaramente il modo di riunione degli elementi cristallini in una stella di bicarbonato sodico, a cagione dell'estrema tenuità degli elementi stessi. Panni tuttavia che essi siano per ordinario aghetti rombici, disposti in tante file divergenti da un centro ben detcrminato ; gli aghetti componenti ciascuna fila hanno dii-ette nel senso di questa le loro diagonali maggiori e ciascuno si salda al successivo per un vertice comune. Oltre le file principali, che costituiscono i semidiametri del sistema raggiato, si staccano da qualche punto di esse altre file secondarie che formano delle ramificazioni; queste, che si scorgono nettamente alla luce polarizzata , non hanno mai direzione molto diversa da quella dei semidiametri del sistema e perciò non uuocouo sensibilmente alla produzione dei fenomeni ottici proprii dei sistemi raggiati. A giudicar bene delle posizioni relative degli elementi cristallini in una stella di bicar- bonato sodico , giova paragonare una di queste a quelle che si ottengono da certi sali deliquescenti, fra cui ho segnatamente notato il nitrato di cadmio. Ottenuta per evapo- razione a dolce calore una macchietta molto sottile di quest'ultima sostanza, e portatala al microscopio, essa ci apparisce costituita in gran parte da forme raggiate, di cui ciascun raggio è appunto formato da ima serie di cristallini minutissimi ed acuminati agli estremi, per i quali essi successivamente si attaccano. Ma la deliquescenza del sale non tarda a disfare il delicato edifizio ; ben presto ciascun raggio del gi'uppo cristallino si scinde in frazioni minutissime ; queste prendono la forma di laminette oblunghe coi vertici estremi arrotondati e vanno rapidamente impiccolendosi per isquagliamento. La fig. 4" rappresenta un gruppo di stelle di bicarbonato sodico , quale si vede al microscopio polarizzante colle sezioni principali dei Nicol ad angolo retto. La croce nera vi è molto netta, e presenta le varie particolarità, già spiegate precedentemente , che di- stinguono questo fenomeno ottico nei sistemi raggiati birifrangenti. — 3" Categoria — Ona terza disposizione di elementi cristallini, che si può ancora collegare coi sistemi raggiati, almeno per ciò che riguarda i fenomeni di polarizzazione cromatica , ho riscon- trato in certi composti chimici, e specialmente nel solfato di tnaìiganese e nel solfato di zinco. Sono conosciute (*) alcune proprietà singolari di questi due sali, relative al loro sistema di cristallizzazione. Il solfato di manganese, mantenuto al di sotto di (i°cent., ha sette molecole d'acqua ed è monoclino; fra i G" e i 25° circa ha sole cinque molecole (*) Vce'gasi ppp cs. : Gi-undtage der modernen l'hemie , vou D' Eugeu SiLL. PER GIUSEPPE BASSO 23 d'acqua ed è triclino ; al di sopra di questa temperatura esso non possiede più che quattro molecole d'acqua e ridiventa monoclino. Similmente, il solfato di zinco, al di sotto di 30°, possiede 7 molecole d'acqua ed appartiene al sistema trimetrico o del prisma romboidale retto: a temperatui-e alquanto superiori a questa, ha sei molecole d'acqua ed è monoclino. Come in queste due sostanze il sistema cristallografico cambia anche per variazioni poco notevoli di temperatura . così l'esame microscopico dei gi'uppi cristallini, che da ess ■ si ottengono coll'adottato procedimento, conduce al riconoscimento di forme facihnent > mutevoli, singolari e svariate. Mi limito per ora ad esporre ciò che riguarda le apparenza ^ ottiche. La lieve crosticina che si ottiene evaporando una goccia di solfato di manganesi' sciolto nell'acqua presenta al microscopio un intreccio di cristalhni più o meno sviluppali e di varie forme, ma quasi sempre, e segnatamente verso l'orlo rilevato della crosticina, osservansi molte piastrelle aventi figura circolare o qua.si. In altri termini, si hanno molti dischetti press'a poco circolari ; spesso vi si notano lievi fenditure, che possono essere ret- tilinee , dirette radialmente e formanti angoli al centro eguali, oppure circolari, e sonn allora concentriche al disco. Tali fenditure danno ad ogni disco un asjìetto che ricorda quello di una sezione trasversale in un tronco d'albero. La figura 5" rappresenta un gru|)- petto di questi dischi di solfato di manganese, quale si osserva al microscopio polaiizzante coi Nicol incrociati. 11 Prof. A. C'ossa, in un .suo studio microscopico sulla diorite di Cessato nel Biel- lese ('), avvert'i l'esistenza di certe concrezioni radiate di colore giallo scuro, interposte fra lamine di clorite, le quali, a cagifine della loi'f> forma lenticolare . egli chiamò sferoi- doliti. Lo stesso nostro Collega ebb(^ la cortesia di donarmi una preparazione pre.sentante alcuni di questi corpuscoli e di aggiungere al dono utili indicazioni per il loro studio: al microscopio polarizzante essi hanno una particolare rassomiglianza coi dischetti ottenuti artificialmente col solfato di manganese e manifestano precisamente i fenomeni principali dei sistemi i-aggiati. Ed api>unto nel lavoro ora citato il Prof. Cossa scrive le parole seguenti : « Osservando la preparazione ( degli sferoidoliti ) coi Nicol incrociati, apparisce una croce nera, le cui braccia sono parallele alle direzioni dei piani di polarizzazione dei .Vicol : il rimanente della lamina è chiazzata di rosso sopra un fondo giallo. Quando si muove la preparazione in un piano orizzontale, lasciando invariati i Nicol . la croce nera non cambia punto di posizione rispetto alle sezioni principali dei Nicol . quantunque aji- parentemeiite sembi'a che faccia un movimento in direzione contraria a quella che si fa subire al pn^parato. Facendo girare il Nicol analizzatore, la croce nera si sposta nella stessa direzione del .Nicol , però con velocità di rotazione di valore metà » . Anche quest'ultima particolarità si può considerare come prevista dalla teoria dei fenomeni propiii dei sistemi raggiati. Infatti essa equivale a questo . che partendo dalla posizione dei Nicol incrociati, se si gira il prisma analizzante d'un angolo elemen- tare dx , il punto che sul sistema raggiato conserva costante la sua intensità / si sposta angolarmente della quantità - d x . Che ciò debba avvenire si può dimostrare (*l Sulla diorite quarzifera porfiroide di Cassato nel Biellesc; Aui dHln R. Accademin de' Lincei ^ tom. Ili, serie 2'. 24 FENOMENI DI POLARIZZAZIONE CROMATICA - PER GIUSEPPE BASSO. ricorrendo all'espressione generale deirintensità /, quale >i trova a pag. 8, relativa ad un punto qualunque ( » , ^) del sistema raggiato. Si differenzii quest'espressione di / ritenendo come invariabili a e y ; se si pone : d 7= e : a i= , si ottiene subito : ^ 2 L'analogia che si riscontra fra il modo di comportai'si dei sistemi i-aggiati in genere (e più specialmente delle piastrelle discoidali del solfato di manganese) o quello degli sferoidoliti delle rocce dioritiche di Cossato , si ripete ancora per altri aggregati di cor- puscoli che non sono più veri elementi cristallizzati birifrangenti. Il sig. Des Cloizeaux . nella sua Memoria sull'impiego del microscopio polarizzante (') , ricorda che Beewsteu diede il nome di .sali circolari a certe sostanze artificiali che. quantunque appartengano al sistema cubico, pure per la loro struttura fibrosa presentano fenomeni aualoglii a quelli della croce. Però questa pseudocroce cangia di posizione girando il corpo che la mani- festa ed è visibile soltanto quando s'impiega luce parallela, mentre non si palesa in modo sensibile colla luce convergente. Tracce di croce al microscopio polarizzante presentano pure alcune sostanze colloidi , i grani di fecola e certe concrezioni calcari. dono ancora a notarsi certe forme raggiate che Vogeslang cliiama cristalliti e che egli ha studiate nel solfo, nel carbonato calcare, nelle scorie artificiali e nelle rocce ve- trose artificiali. Quantunque queste aggi-egazioni siano probabilmente formate da cor- puscoli monorifrangenti che il Vogeslang stesso chiama glohuliii, pure s'illuminano leg- germente al microscopio polarizzante coi Nicol incrociati, e manifestano la tendenza a produiTe i fenomeni dei sistemi raggiati. Infine, Michel Lé\y, in una Memoria sui diversi modi di struttura delle rocce erut- tive studiate al microscopio col mezzo di lastre sottili (**), dice di aver osservato appa- renze ottiche analoghe alle precedenti nelle scorie tratte dai crogioli di fusione nella fabbrica d'acciaio di Ermont (Seine-et-Oise). Queste scorie, tempestate di piccoli globuli di acciaio fuso, si comijortano alla luce polarizzata come il vetro perfettamente omo- geneo; ma intorno a ciascun globulo metallico, quando si tengano i Nicol colle loro sezioni principali ortogonali, apparisce una zona con tracce di croce nera simile a quella data dagli sferoidoliti. Queste apparenze, che si osservano in mezzi non cristallizzati e natuj'almente isotropi, non si possono attribuire verosimilmente ad altro che ad azioni di compressione o di distensione analoghe a quelle che, com'è notissimo, imprimono al vetro ordinario caratteri transitorii di bii'ifrangenza. (•) AnnaUs des Mines , 1864. (••; Ib. 1875. (^cc. ^XhcLl.Sez'ie 2*^ A3oiitoXX\/Vy Fiii. 22 7 i-ió. :,t Fi«. li Fio. 4.Ì l'i" :>^' L (artù't fiùf. lift/ I Torini», hit F^^ Dovcn SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ (VA.LX.E DELLA. STURA- DI CinSTEO) MEMORIA PALEONTOLOGICO -GEOLOGICA DEI, Dott. ALESSANDRO PORTIS Adunama del 30 Gennaio 1881 PARTE PRIMA Nell'Agosto 1879 il Cav. Michelotti mi consegnava, per studiarli, alcuni fossili da lui raccolti nell'alta valle della Stura di Cuneo e precisamente alla sommità della mede- sima, nella località detta Le Grangie, a dieci minuti a monte dell'alpino villaggio di Argenterà e ad un'ora a valle dal confine italo-francese della Maddalena. I fossili erano da lui stati cercati allo scopo di venir una volta in chiaro, studiandoli e determinandoli , suir età da assegnarsi al famoso calcare dolomitico affiorante in cotanti punti nelle Alpi occidentali , e che già fu oggetto di numerosi lavori e menzioni dei Professori Gastaldi e Michelotti. Dopo essersi fermato qualche tempo lassù , e dopo aver raccolte varie impronte , mi aveva il Michelotti consegnato il frutto delle sue ricerche incoraggiandomi a continuarle e dandomi all'uopo tutte le necessarie indicazioni sulla località. La ricerca e la raccolta di materiale fossilifero che proseguii alla mia volta e nello stesso hanco per un mese di seguito nel 1879 e per un altro mese nel 1880, non furono così abbondanti come avrei potuto sperare, avuto riguardo al tempo impiegato ; ebbero però per risultato di fornire alquanti fossili iìno ad un certo punto deteraiinabili. Raccolto sul luogo tutto quanto parveini aver appartenuto ad estinti organismi , cercai nel passato anno di determinare i fossili componenti l'insperato tesoro onde potermi fare una giusta idea sull'età del banco al quale essi appartenevano e dopo questa delle roccie circostanti. Farmi esser giunto allo scopo prefissomi, e mi affretto quindi a parte- cipare altrui e la lista ragionata dei fossili trovati , e le conseguenze che parmi doverne logicamente dedurre. 11 banco fossilifero in questione fu da me nell'alta valle della Stura segu'ito dal punto di affluenza del Rio di Eoburent colla Stura (mezz'ora di strada al disopra di Bersezio), dove comincia a mostrarsi sulla sinistra della valle e sporge al disopra delle Serie II - Tom. XXXIV. d 26 SUI TEKKENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ balze che verticalmente scendendo limitano il piano di azione del torrente , lino al vil- laggio di Argenterà ; dietro il villaggio di Argenterà, ed oltre il villaggio per più chilometri fino al confine italo-francese della Maddalena ; inoltre dallo stesso affluente per tutto il vallone di Roburent fino al confine francese, e finalmente giacimenti ancor fossiliferi dello stesso calcare vennero trovati in più punti del vallone di Pourriac. Il banco o meglio i banchi che presentemente ci occupano constano di calcare deci- samente stratificato, quantunque non sempre siano l'un dall'altro discernibili i successivi strati, appoggia ora sulle roccia triasiche in stratificazione discordante, ora concordante- mente sulle roccie del Dogger , e sopporta in stratificazione or concordante ed or discor- dante altri calcari molto più nettamente stratificati ed a strati sottili e difi"erenti dai precedenti per la loro tinta grigio-chiara , ma ancor più per le reliquie organiche che contengono. Le località in cui ho trovato maggior copia di fossili son le seguenti: 1° L'affluente di Koburent nella valle di Stura all'estremità meridionale del contraff'orte separante il vallone dalla arteria principale. 2" Qualche punto isolato nel vallone stesso di Koburent; 3° la frana scendente dal banco fossilifero all'abitato delle Grangie (la più ricca in fos- sili) ; 4° l'enorme frana discendente dalle roccie Mortier al piano della Maddalena ; e 5" i prati della G oretta nel vallone di Pourriac. Per tutto il resto della loro estensione cono- sciuta ed indicata, i banchi si mostrano ancor fossiliferi e soltanto le condizioni di con- servazione meii favorevole impediscono di estranie e studiarne gli organismi. E poiché ho ricordate le condizioni di conservazione, non sarà fuor di proposito che io le accenni. Gli organismi che rimasero racchiusi in questo calcare, hanno, come per lo più avviene in tal caso, perduta la loro intima struttura e fu la sostanza lor propria sosti- tuita da calcare spatico quasi altrettanto ricco in particelle carboniose quanto il materiale avviluppante. A cagione di ciò nella roccia esposta agli agenti atmosferici e per conse- guenza un poco alterata e di tinta più cliiara, molto di rado avviene il poter scorgere se un frammento di roccia contenga fossili o no. Egli è cercando il mio materiale in tempo di pioggia, allorché i calcari assumevano una bella tinta nera, che io riuscivo a trovar qualche cosa, spiccando i fossili per tinta alcunché più chiara sul fondo scuro che li attorniava. Sezioni microscopiche e macroscopiche praticate attravei-so a più frammenti, quantunque non presentanti allo estemo traccie di fossili, mi diedero poi un'idea della straordinaria quantità di organismi che vissero in quella località e che colle loro spoglie contribuirono precipuamente o quasi esclusivamente alla fondazione di questo banco. I fossili più grandi, si trovano impastati nella massa calcarea, donde è difficilissimo l'estrarli , in frammenti più o men numerosi , e divisi sovente in più parti da fessure riempite di spato; né in istato men frammentario si ritrovano i fossili più piccini; in alcuni pochi e rari casi solamente succede che l'alterazione atmosferica corroda la roccia rispet- tando fino ad un certo punto i fossili contenuti; questi in tal caso sporgono per un tratto fuor della roccia e possono allora mostrare o no la loro superficie esterna. Solo in questi casi, come ben si comprende, venne fatto di poter spingere la determinazione fino alla specie ; quasi sempre le determinazioni portate innanzi col solo mezzo delle sezioni (quando possibile , praticate secondo una o più direzioni date , ma il più delle volto for- tuite) non arrivavano che alla distinzione del genere e questo ancora con una non esigua dose di incertezza ; ma di queste farò special menzione nel corso del mio lavoro parlando PER ALESSANDRO POKTIS 27 delle singole famiglie e dei singoli generi sulla determinazione dei quali esistono a mio credere maggiori dubbi. Eicorderò ancora come l'esistenza di fossili nel banco calcareo di Argenterà sia cosa già da lungo tempo nota , avendone già fatta menzione i principali fra quelli che si occu- parono della geologia delle nostre Alpi, ma che appunto il cattivo stato di lor conserva- zione abbia fino ad ora impedito di trarne le conseguenze desiderabili. Spero con questa mia nota, quantunque incompleta, poter contribuire positivamente alla classificazione del banco in questione, e passo quindi alla descrizione dei singoli fossili. VERTEBRATI PESCI Per lungo tempo ho invano cercato un qualunque rappresentante di questa classe, solo, dopo aver finito tutto quanto lo spoglio del materiale raccolto per due anni, mi trovai ricco di due avanzi ben poco meritevoli per sé, ma accolti con gioia perchè mi servivano, l'uno principalmente, a constatare una classe della quale non mi avrei potuto spiegar la mancanza frammezzo ad una si copiosa fauna. Genere Strophodus. Questo pesce si è rivelato per uno de' suoi denti ben caratteristici e facilmente riconoscibili. Il dente sgraziatamente incompleto appartiene alla serie principale della gola dell'animale, misura nim. 11 di larghezza per mm. 30 di lunghezza e mm. 10 di massimo spessore. Ha la forma solita di parallelei>ipedo a base rettangola ed a superficie superiore subcilindrica. Sulla superficie masticante stessa si osservano colla lente le rugosità che la caratterizzano, ma minutissime ; e nella superficie di frattura sono visibili i prismi dello smalto. Il dente è del resto quasi tutto impastato nella roccia dalla .quale è impossibile estrarnelo. Col rinvenimento di questo dento ho pertanto confermata l'induzione della possibile presenza di Cestraciontidi fra mezzo ad una fauna ricchissima di ct)ralli e di altri animali inferiori a scheletro calcareo. Il genere Strophodus conosciuto fossile dai ten-eni triassici a tutti i terreni cretacei presenta un relativamente gi-ande sviluppo nei ten-eni giurassici specialmente, nei superiori. Nel calcare a Terebratula Diphya di Trento lo Zittel cita di questo genere lo S. Tri- dentinus Zitt. fonna gigantesca, i cui denti possedono fino a 51""" di lunghezza per 24 di larghezza, (Vedi Zittel Faune der Aeltere cephalopodenfiihrenden Tiihonhiìdungen in Supplement zur Falaeontographica, Cassel 1870, pag. 24, Tav. l,fig. 2). Nel calcare a Teiebratula janitor di Favara ne cita il Gemmellaro due specie ; l'una : lo S. subre- ticulatus Ag., l'altra: lo S. nebrodensis Gemm. (G. G. Gemmellaro, Studi paìconto- logici sulla fauna del calcare a Terebrattila janitor del Nord di Sicilia, parte 1*, fase. 1°, pag. 9-10, Tav. 1, fig. 3.5-5G). Lemenc invece non ne ha ancor fornito, benché non vi manchino le reliquie di altri pesci di generi affini. Il dente di Strophodus delle Gl'angle, allontanandosi di molto dalla specie tii'olese. presenta la massima analogia con 28 SUI TEKKENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ quelli dati dal Gemmellaro sotto il nome di S. subreticulatus tanto nella fonna , che nell'onianientazione della superficie triturante, che nelle dimensioni, specialmente con quelli rappresentati, fig. 3G-37-38, per modo che sarei inclinato a considerarlo come appartenente a questa specie. Dietro un esemplare frammentario appartenente ancora alla serie principale, usato dalla masticazione e riconosciuto posteriormente, sarei autorizzato ad ammettere nel calcare di Argenterà la presenza ancora della seconda specie siciliana : lo S. nebrodensis, essendo il dente in questione molto più appiattito e sottile del precedente, e differendone pui-e, per quanto si possa riconoscere, nel non parallelismo dei maggiori lati cosi da accostarsi molto agli esemplari rappresentati a Tav. 1, fig. 48-55 dal Gemmellaro. Cololiti. La seconda traccia che attribuii a pesci è ben più dubbiosa e meno importante della precedente, essa consiste in un mucchietto di escrementi (o di contenuto di inte- stina), quali compaiono in molti terreni e specialmente negli schisti litografici di So- lenhofen e che vengono tutti assieme compresi nel nome generico di cololiti. Essi ricoprono una superficie di un centimetro quadrato circa e sono tutti a frammenti ricurvi da 2 a 3"° di lunghezza e sottilissimi. Li ho arbitrariamente considerati come escrementi di pesce, niente impedisce però che possano anche provenù-e da crostacei, dei quali pure abbiamo d'altronde trovati avanzi. Crostacei. Dempodi Anomuri. ? Gen. Prosopon H. v. Meyer (1) an BoUna Et. Nella campagna del 1880 mi venne fatto di riscontrare nella località delle Grangie un avanzo di crostaceo consistente in una chela molto ben distinguibile come tale, ma tanto più difficile ad esaminarsi in quanto che essa e quasi per intero racchiusa nella roccia, dalla quale non è possibile estrarla senza correr grave rischio di perderla. La piccola porzione che ne appare e che ho potuto per un certo tratto ingrandh-e, mostra distintamente l'articolazione del dito mobile e la quasi totale lunghezza del medesimo (12°""), nonché l'indice fisso e porzione della parte allargata della chela. Le due dita che non sono visibili che di fianco, paiono leggermente cui-vate Luna verso le altre, massime il fisso dove la curvatura si osserva oltreché sulla superficie opponibile , anche sulla esterna . Tutta la porzione visibile della chela é uniformemente ricoperta da fittissima e minuta granulatura, la quale si va facendo ognor più minuta a misura che ci accostiamo alla estremità delle dita: finalmente sul dito mobile sono osservabili ad 1 e a 2 terzi della totale lunghezza del dito due forellini, i (inali attravei-sano il guscio calcareo ed hanno un diametro di '/j di millimetro. (t) Vedi oltre agli altri lavori anteriori e posteriori dello stesso autore: H V. Meyer: Die Pro- soponiden oderdie l'amilie der Masìunìirebsg in Paìaeontograjjhica , Vi'1.7, pag 183, 1861. — Vedi inoltre: A.Rkuss, Xur henntniss fossiler Krabben. Dcnlischrf. d. k. Àhad. d. "Wiss. 3u Wi<;n, Voi. 17, 1859, p. 1 e seg., Tav. 24. PER ALESSANDRO PORTIS 29 La relativa cortezza e robustezza di questa chela, nonché il modo di sua orna- mentazione porterebbero a credere che essa appartenne ad un crostaceo brachiuro od anomuro. È noto però quanto la prima di queste due classi sia scai'samente rappre- sentata nei terreni secondarii essendone incerti gli avanzi in terreni anteriori alla creta , mentre la seconda si è già, con relativamente abbondanti avanzi, manifestata in più depositi fossiliferi dell'epoca giurassica dimostrando come a quell'epoca essa già pos- sedesse un'abbastanza vasta distribuzione geografica. Molti dei rappresentanti giuras- sici di questa classe (specialmente di giacimenti della Germania e dell'Austria) vennero riferiti al genere Prosopon H. V. Meyer od a' suoi sottogeneri, le cui specie però non sono finora conosciute che pel loro cefalotorace, poche essendo le altre parti di organismo state finora .trovate (particolaraiente chele e qualche traccia di anelli addominali) e queste sempre isolato per modo da non poterle con sicurezza accostare ad alcuna specie. Alcuni altri rappresentanti di crostacei giurassico-superiori (particolarmente di località francesi), vennero riferiti al genere Bolina dallo Etallon ( 1 ) , e di queste conosconsi esemplari più completi e parti diverse riferibili ad un medesimo individuo. Ora io mi accontenterò di far notare come l'ornamentazione osservabile sul fossile di Argenterà ricordi tanto quella che si riscontra sul cefalotorace di alcune specie siciliane del genere Prosopon (Pr. Etallon Gemm. e Pr. Keussi Gemm. (2), come quella che è visibile sulle chele dei calcari a Pro- sopon di Oerlingen (3) , ma che la forma generale del pezzo consei-vato molto più si accosti a quella della Bolina Girodi Et. (loc. cit., pag. 168, Tav. 4. fig. 9), colla quale concorda pure nel sistema di ornamentazione, nelle proporzionali dijnensioni e nella di- sposizione delle singole parti , per modo che io sarei molto più inclinato a riferire a (questo secondo genere il crostaceo fossile che ci lasciò in Argenterà questa unica traccia. Abbiamo esempi di prosoponidi nei principali giacimenti giurassico-superiori collocati esternamente ai piedi delle Alpi, no abbiamo nella estremità N. 0. della Francia, no ab- biamo nell'Hannover ed in Sicilia. 11 genere Bolina discende fin nel giura bruno-inferiore, ha però maggiore sviluppo nel giura-bianco ed è limitato a minor numero di giacimenti ; abbia per conseguenza l'individuo nostro appartenuto all'uno od all'altro di questi generi, cosa che con una sola chela è difficile di definire , noi abbiamo un indizio di più per rife- rire il terreno in cui venne trovato a periodi posteriori almeno al lias e anteriori almeno ai primi strati crostacei formatisi. CEFALOPOBI Ordine dei Dibranchiatl Genkki Belemnites e Loligo. La numerosa famiglia dei beleinnitidi non fu finora rappresentata nel calcare di Argenterà che da povere traccie e da insignificanti frammenti di belemnite. La natura del mare locale poco profondo e limpido non era invero consentanea alla vita di (luesta (1) Etallon, Description des Cruslacc'es fossiles de la Haute Savoie et du Haut-Jura. Bull. Soc. géol. d.France, Voi. 16, Sér. 2» l^5.', pag 1(J0 et suiv. (2) Gemmbllaro, Sludi Paleont. s. cale, a T. janitor d. N. d. Sicilia, Parte )", pag. 12-14, Tav. 2, fig. 50-54. (3) Quenstedt. Ver Jura, pag 779. 30 Sn TERRENI STRATIFICATI PI ARGENTERÀ famiglia di animali. Dobbiamo pertanto accontentarci di segnalare il poco stato trovato durante la campagna del 1880 e cbe si riduce: 1° ad un frammento di beleranite che vidi in posto nel calcare del vallone di Roburent, ma che si trovava cotanto guasto da non esser quasi più riconoscibile, ed oltracciò in posizione tale da non essere stato possibile l'estrarnelo e il trasportarlo meco: e 2° ad una impronta della quale sarà necessario far breve cenno. Sulla scoperta superficie di uno strato del calcare nero delle Grangie. il mio cugino Cav. Carletti, che prendendo diletto gi-andissimo agli studi paleontologici era venuto meco a rifrugare la località, trovava una impronta lanciforme della lunghezza di mm. 100 per 24 di massima larghezza. Questa impronta , che a prima vista pareva essere stata lasciata da una bolemnite lanciforme che vi fosse stata primitivamente adagiata e poi distrutta, apparve in seguito dovere invece la sua origine ad un ossicino interno di un cefalopodo vicinissimo per organizzazione, più che a tutti i loliginidi giurassici, al genere Loligo vivente. L'impronta, le cui dimensioni abbiamo date, è rotta alla sua parte anteriore, della quale si può dall'analogia indurre non manchi che brevissima parte. La forma è. lo di- cemmo pure, astata: da una estremità posteriore aiTotondata e di G"™ di larghezza, i bordi esterni divaricano comprendendo un angolo di 30" fino a SS"™ dalla estremità stessa, dove il fossile assume la massima sua larghezza di 24°""; di l'i, abbracciando un angolo uguale alla metà del precedente, tornano i due margini del fossile a convergere sino alla distanza di 85"° dall'estremità posteriore . punto in cui la larghezza del fossile non supera i IS""", i margini tornano di qui ad allontanarsi con un angolo più aperto fino al punto di rot- tura del fossile ove esso misura 1 7""" di larghezza. Nella parte sua posteriore il margine destro presenta lievissime traccie di strie di accrescimento non discernibili che colla lente ed un'attenzione gi-andissima, e non vi è osservabile alcuna stria d'altro sistema: la parte media longitudinale del fossile è come rigonfiata di più verso la linea mediana, meno verso i margini, il che ci dimostra che l'impronta si modella sulla superficie interna o ventrale dell' ossicino di cefalopodo, e che questa superficie relativamente piana secondo la sezione longitudinale era invece leggermente curva secondo la trasversale e che sulla linea me- diana, a giudicarne dalle esigue traccie lasciate, non vi dovea esistere che una costa ben poco svilujipata. Finalmente per compiere la descrizione di questo fossile dirò, come a partire da 45""" dall'estremità posteriore, si osservi presso la linea mediana, ma più verso sinistra una specie di grossa protuberanza piano-convessa a contorni irregolarmente elittici delle dimensioni massime di IS""" secondo la linea mediana, e di T"" secondo la trasversale. Quantunque la roccia che forma questo tubercolo non si presenti per nulla differente dalla circostante, jinr tuttavia la fonua, dimensione e jiosizione sua mi porterebbero a credere di aver dinanzi il riempimento della boi-sa ad inchiostro , la quale abbia tanto lungo tempo resistito da obbligare la roccia in via di formazione a modellarsi pure su di se stessa. La mancanza di un fiagmocono e di un rostro, e la forma generale dell'osso, ci portano ad escludere le famiglie delle Belemnitiili e delle Teutidi e a collocare il fossile in questione nella famiglia dei Loliginidi, che è d'altronde già rappresentata nel lias superiore col genere Loligo stesso e nel giura superiore col genere Leptoteuthis. Fra i diversi generi PER ALESSANDRO POETIS 31 della famiglia la forma della conchiglia fossile mi porterebbe a scegliere di preferenza il genere Loligo, il quale verrebbe così, con una specie di Argenterà, ad acquistare un rap- presentante anche nel terreno giurassico superiore. Ordine dei Tctralranchiati. Genere Ammonites. N. 1 Ammonites cf. miitahilis Sow. La cagione che impedi la vita dei Belemnitidi ad Argenterà valse pure per le Ammo- nitidi. Fino ad ora non ho potuto trovare che quattro imperfettissime impronte di Ammo- nite, meglio quattro piccoli frammenti di impronta. Di questi più preciso, quantunque piccolissimo, è perfettamente riconoscibile presentare l'impronta di parte di un anfratto ; non vi si scorge che porzione di un lato e del bordo sifonale. Tutti i caratteri necessari alla classificazione di un'Ammonite qui mancano, e io non sono ridotto che al solo criterio dell'ornamentazione esterna della conchiglia, consistente, per Tesemplare che ho dinanzi, in costoline alquanto flessuose ripiegantisi alquanto sul bordo sifonale. Se esse poi conti- nuino per tutto il bordo sifonale, senza interruzione o no, se esse variino accostandosi all'ombellico, non mi è dato saperlo mancandomi le parti corrispondenti dello anfratto: contuttociò, avuto riguardo alla regolarità e direzione di queste costoline ed alla forma del bordo sifonale che indica una concliiglia compressa ma non carenata, bensì con bordo sifonale rotondo , e ad anfratti , il cui maggiore spessore è presso al bordo ombilicale , panni, non andar molto errato accostando la conchiglia che lasciò questa impronta ali 'Am- monites mutabilis Sow. (1). Per ciò che si riferisce all'ornamentazione esteriore, questa specie, allorché si incontra in esemplari intieri, oltre all'esser compressa, non carenata e a dorso (bordo sifonale) tondeggiante, presenta ancora sui lati dogli anfratti e presso il bordo ombilicale coste poco numerose (16 a 18), sporgenti e corte, le quali, cessando quasi subito, son sostituite per più della metà del lato dell'anfratto da piccole coste flessuose (0 per ognuna delle coste primitive), le quali si estendono fino ai fianchi del dorso dove esse s'interrompono totalmente lasciando un solco liscio sulla linea mediana, lascio da parte i caratteri tratti dalla bocca e dall'ombellico, come quelli non aventi importanza di sorta nel caso mio particolare. La specie in questione caratterizza in Francia il terreno Kimmeridgiano . come pure in Inghilten-a, mentre nella Germania meridionale caratterizzerebbe il giura bianco medio [Wcisser y Quenst.), in nessuna però delle località ove incontrasi questa specie essa discende al di sotto del Coralliano quantunque la sua vera posizione sia per la maggior parte dei casi più in su nel Kimmeridgiano. Un'altra specie poi di Ammoniti, la quale pre- senta nell'ornamentazione gi-andissima analogia con quella di Argenterà che presentemente ci occupa, si è l'Ammonites Gazolae Cat. del Veronese, rinvenuta nella calcarea rosso- ammonitica che colà rappresenta il giura superiore (2). (t) SowERBT, Minerai Conchology, Voi. 4, pag. 145, Tav. 405 — Orbigny Pai. Fr. Terr. Jur., V. l,p 55-2, Tav. 214 - Quenstedt. Jiira, pag.621, Tav. 77, fig.2. (2) Vedi Catullo, Prodromo di geognosia paleozoica delle Alpi Venete. Modena, 1847, p. 136, Tav. 11, %. 5. 32 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ N. 2 Ammonites sp. ind. Un secondo frammento di ammonite trovato ad Argenterà non mostra che un fram- mento di bordo sifonale lungo al più un 1 7 mm. e largo 1 ; in questo non distinguo che una serie di costoline le quali attraversano il bordo aiTotondato stesso senza interrompersi o variare in alcun modo ; di ogni altro carattere non vi ha traccia di sorta : il frammento li ha tutti perduti. Su dati cosi meschini è impossibile lo stabilire un ravvicinamento a qualcuna delle specie conosciute ; rammenterò solo che la stessa forma di bordo sifonale , congiunta allo stesso metodo di ornamentazione trovo più specialmente neirAmmonites eupalus, Orb. {Pai. Fr. Terr. Jurass. , Voi. 1, p. 555, Tav. 217) che in Francia riscontrasi nel ten'eno Kimmeridgiano , nell' Ammonites (Stephanoceras) Cannizzaroi , Gemmell. Studi geoì. sulla fauna a Terebratuìa janitor del Nord di Sicilia, Parte 1\ pag. 45, Tav. 9, fig. 9-11 e neWAtiiììionites (Feri spimi ci es) sp. ind. dello stesso autore (pag. 44 e Tav. (ì, fig. 5-G) ambedue queste ultime ammoniti appartengono al ten-eno Titonico od al Kimmeridgiano, ed io quantunque labbia riferito dapprima all'Ammonites (Perisphinctes) eupalus, sarei tuttavia imbarazzato nel definire se l'esemplare che sta in mia mano si accosti piuttosto a questa che a quella delle tre specie nominate, non po- tendo nemmen scorgere i limiti del bordo sifonale e dovendomi per conseguenza acconten- tare della parte mediana del medesimo. Noi troviamo ancora nella calcarea rosso-ammonitica delle Alpi venete una Ammonite che ricorda molto il presente frammento, ed è l'Ammonites contiguus Cat. (Vedi Catullo, seconda Appendice alla precedente memoria, Luglio 1847, pag. 12, Tav. 13, fig. 4). N. 3 Ammonites {Oppelia) Lithograj)Mca Opp (1). L'unico cattivo avanzo di questa specie fu, come quello della seguente, raccolto du- rante la campagna del 1880. Esso consiste in un frammento di roccia che rinvenni isolato fra i detriti e che non presenta altro di visibile che una porzione lunga un sei centimetri del bordo sifonale di una Ammonite. Impossibile la minima osservazione dei fianchi o di altra parte di conchiglia. Sul bordo sifonale sono osservabili nettamento due file longitu- dinali di piccoli tubercoletti separati fra loro da distanza eguale alla lunghezza dei tubercoli stessi. Di queste due file, luna più rilevata è la mediana, Tal tra un po' )iiù depressa è una delle laterali : simmetrica a questa si scopre dall'altra parte della mediana una terza fila di nodi, quest'ultima però interrotta da successive rotture non è a prima vista ben discer- nibile, e solo l'attenta osservazione la fa scoprire. Il modo di ornamentazione di questa Ammonite ci ricorda più che tante altre l'Oppelia lithographica Opp., la quale però parmi abbia i tubercoli che compongon le tre carene ad una relativamente maggior distanza fra loro, questo però in ben piccola projiorzione. Ravvicino questa terza specie di Ammoniti di Argenterà alla specie or nominata, ba- sandomi sull'unico carattere osservabile (lo spessore d(-l bordo sifonale e la sua curvatui-a corrispondendo essi pure) non stupirei però che individui meglio conservati e presentanti maggior facilitil di determinazione, abbiano in tempo awenii-e ad esser liferiti a specie anche lontanissime da quella cui io la accostai. (1) Vedi ZiTTEL, Fauna d. Aelt. Cephalopodenfuer. TUhonb.ìSlO, p.69, T. 4, f. 31. PER ALESSANDRO PORTIS 33 N. 4 Ammonites {Perispliinctes) Aìhertinus Catullo (1). L'ultimo, ed altrettanto che gli altri incompleto esemplare di Ammoniti, consiste in un frammento d'impronta (colla sua contrimpronta) che ho scoperto nello spaccare un fram- mento di roccia da cui volevo liberare un calice di corallo. Il frammento ha una lunghezza di 2 '/^ cm. e presenta piccola porzione di un fianco della conchiglia ornato di alcune coste, le quali non si può nemmen ben accertare se si sdoppino verso il bordo sifonale^ quantunque ciò paia molto probabile, né pure puossi ben verificare come terminino verso la sutui'a. La piccola porzione conservata non presentando sufficienti caratteri atti alla determi- nazione, ho pur qui dovuto accontentarmi di riferirlo con tutte le possibili riserve ad una specie con cui ha grossolanamente comune l'abito esterno che è l'Ammonites (Perisphin- ctes) Albertinus Catullo, già riscontrata nei terreni giurassici superiori delle Alpi lombarde e che potrebbe benissimo venir riscontrata in terreni isocroni delle Alpi marittime. MOLLUSCHI GASTEROPODI Ordine dei Prosobranchii. Genere Nerinaea. Le numerose sezioni praticate in diversi frammenti di calcare mi hanno portato a scoprire in esso questo genere di gasteropodi eminentemente caratteristico pei terreni secondarii. Le conchiglie di questo genere sono relativamente frequenti nel calcare di Argenterà e si lasciarono finora dietro il solo carattere delle pieghe boccali dividere in 4 specie: N. 1 Nerinaea Bruntrutana Thurm. (2). Un frammento della lunghezza di 30""° appartenente alla sommità della conchiglia e mostrante per sezione naturale l'interno dei due suoi più grossi anfratti fu da me ripor- tato alla N. Bruntrutana: 5 pieghe boccali di cui 3 columellari e 2 labraU sono visibili in questo frammento ; è pur facile colla lente il vedere come la piega columellare supe- riore e la inferiore siano per lo meno bifide, probabilmente anche la media, ma in grado minore, così pure è decisamente bifida, per lo meno, la piega superiore labrale, semplice la inferiore. Per queste condizioni si avvicina alla specie or nominata, come vi si accosta pure per la grossezza della columella che mostra una certa tendenza a divenir ombilicata verso la parte sua anteriore. Dell'angolo d'apertura della conchiglia non posso dir gran cosa, stante le deformazioni sopravvenute posteriormente per la spatizzazione, parmi però (1) ZiTTEL, Fauna d.Aelt. Tithonhild JSIO p. 104, T. 10, f. 1. (2) Thurmann, i/(!(/!a«n 6run<>-u(onf7, pag. 94, Tav.7, fig.39. — D'Orbigny, Pa^ Franf. Terr. Jurass., Voi. 2, pag. 154, Tav. 283, fig. 4-5. — Vedi anche perla Nerinaea subbruntrutana: D'Archiac, Descrip. Géolog.du dèpart.de l'Aisne, Mem.Soc.Geol.de France, Voi. 5, pag. 382 (del volume), Tav. 30, fig. 11*. — D'Orbigny, Pai. Frane., Voi.?, pag.Qt, Tav. 254, fig. 12.— Per la N. carpatica Zeuschn. Thurman et Etallon, Lcthaea bruntrutana , pag. 95, Tav. 7, fig. 4U. — Per la N. pseudo-bruiitrutana Gemm., Ge.mmellaro, Studi pahiontologici sulla fauna del calcare a Terebratula janitor del nord di Sicilia, Parte 2, pag. 1 2. Tav. 2 bis, fig. 6-7. — Zittel, die Gasteropoden der Stramberger Schichlen, in Paleontolo- gische Mitlheilungen pag. 351, Tav. 41, fig. 23->5. 1873. Serie II - Tom. XXXIV. D * 34 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ che in generale non vi sia molta differenza da quello della specie di Porrentray. Così pure non ho potuto vedere in alcun frammento la superficie estema e studiarne per conseguenza romamentazione ; però dalla sezione normale longitudinale che tengo innanzi parmi aver potuto rilevare che ogni anfratto sia provvisto inferiormente di un forte bordo, mentre i suoi due terzi anteriori sarebbero scavati ed, aggiungerei, lisci. In tutti questi caratteri concorderebbe completamente colla N. bruntrutana (1). mentre fra le due specie che più si assomigliano a quest'ultima, la V o N. subbruntrutana D'Orb. concordando per la disposizione delle pieghe boccali, si distacca dalla Nerinea di Argenterà pella mancanza del bordo inferiore ad ogni anfratto , e la 2" o N. Carpathica Zeusch. (2) avrebbe un angolo d'apertura maggiore ed anfratti più corti. Oltre all'esemplare in questione tengo, provenienti dalla medesima località, altri 4 o 5 frammenti di minor importanza, che dopo aver sezionati in direzioni diverse ho riferito alla presente specie. La N. bruntrutana si riscontra in Francia e Svizzera colla N. carpathica nel terreno Giurassico superiore e specialmente nel Kimmeridgiano, mentre la N. subbruntrutana D'Orb. si riscontra in Francia presso alla sommità del terreno Giurassico medio (Dogger dei Tedeschi). N. 2 Nerinaea n. sp. Due sezioni longitudinali, l'una naturale, l'altra da me praticata, mostraronmi carat- teri tali da doverle separare dalla specie precedente e considerarle come una 2*. Nessuna delle due sezioni mostra l'estremità o la bocca della conchiglia, ma entrambe ne appar- tengono agli anfratti mediani ; esse appartengono ad una Nerinea di forma pressoché cilin- drica, avendo un angolo d'apertura piccolissimo. La forma e le dimensioni esterne della conchiglia la avvicinerebbero assai alla Nerinaea implicata D'Orb. (3) o anche alla N. ba- cillus D'Orb. (4), differisce però da entrambe per aver la columella perforata in tutta la sua lunghezza da un ombellico, che in uno dei frammenti che ho dinanzi, assume fino a 5°"° di diametro su 12""" dell'intiero diametro della conchiglia, mentre le due specie or nominate non mostrano traccia di ombellico. Anche nel numero e nella disposizione delle pieghe boccali nella specie di Argenterà incontransi analogie e differenze colle due specie in questione. Nella specie di Argenterà mi fu dato osservare 6 pieghe boccali, di cui tre columellari e tre labrali; delle tre columellari: la superiore allungata semplice ed obliquamente (1) DifTorirebbe però dalle figure dell' Orbigny per il bordo posteriore che ho detto esistere ad ogni anfratto, bordo, che nella N. bruntrutana figurata dall'Orbignv, loc.cit.,si troverebbe invece ante - riormente o dalla figura di Thurmann od l^ltallon che non lo indica mi anteriormente né posto- riorinontc, non facendo nel testo monzione che di « Tours plans, lisses li''g"'rement séparus par la suture (Loc. cit. pag. 91). (2) La Nerinea che Thurmann ed Ktallon chiamano Carpatica Zeuschn che è appunto quella che mi serve di b ise in questo confronto , ma Che è diversa dalla vera N. Carpatica Zeuschn, viene più tardi l'iferita alla N. pseudo-bruntrutana, per conseguenza i rapporti eie differenze che ho detto esistere tra la N. di Argenterà e le N. subbruntrutana e carpathica debbono essere invece intesi esistere tra la N. di Argenterà e le N. subbruntrutana e pseudo-bruntrutana. (3) U'OBBio.NY, Pai Fratif. Verr. Jur.\o\.,2, pag. B2, Tav. 251, fig. 4-7. (4) D'Orb., Loc. cit., pag. 84, Tav. I>52, fig. 3-6. PER AI-ESSANDRO POKTIS "35 rivolta allo ingiù, semplice la media, quasi trifida l'inferiore ; delle tre labrali la superiore semplice, la seconda trifida e pur trifida la inferiore. Nelle due specie dell'Orbigny oltre che la piega superiore labrale è almeno bifida, la serie columellare consta di quattro pieghe, una superiore semplice che non ha rappresentanti nella specie che ci occupa, una seconda bifida corrispondente alla superiore nostra e due altre che corrispondono nella posizione e nella forma rispettivamente colla media ed inferiore della specie di Argenterà. La forma esterna degli anfratti (che potei verificare per due sole porzioni d'anfratto di una delle sezioni descritte e per un terzo frammento di conchiglia isolato posterior- mente e misurante 6 centimetri di lunghezza) si mostra, come già accennai, abbastanza simile a quella delle N. implicata e bacillus, però quasi più simile alla 2' di esse, essendo essi leggermente scavati nella lor metà inferiore (boccale), nel loro assieme però gli anfratti costituiscono una conchiglia sottile allungatissima, quasi cilindrica e liscia. Questa specie di Nerinea appare contemporaneamente nella località delle Grangie, donde provengono i due esemplari che servirono alla descrizione quanto nella località fossilifera della Goretta (in individui molto più mal conservati e quasi completamente spatizzati) e probabilmente anche nel calcare del vallone di Eoburent, dove non ne ho trovato che un solo esemplare, il quale per essere stato esposto ad una potente forza diretta secondo l'asse della conchiglia e rotto per conseguenza in diversi frammenti, risaldati poi da anelli frapposti di spato calcare, non offri colla sezione dati sufficienti alla propria determinazione. Pare però dietro la forma generale esterna, che essa debba appartenere alla stessa specie rappresentata dai due esemplari delle Grangie. La N. implicata e la N. bacillus sono entrambe state raccolte in Francia in giaci- menti appartenenti ai piani mediani del terreno Giurassico medio (Dogger). È duopo infine che io aggiunga, come nei ten-eni titonici inferiori del nord della Si- cilia compaia un rappresentante di queste forme bacilliformi di Nerinea nella N. Som- nambula, Gemm. (1), specie essa pure bacilliforme e notevolmente ombilicata, ma alcun poco più conica della specie di Argenterà, e munita di pieghe boccali più semplici e in minor numero che per gli esemplari che presentemente ci ocupano. N. 3 Nerinaea ci. haciìlus D'Orb. Nella località fossilifera della Goretta ho nel 1880 riscontrata una terza specie di Nerinea, alla quale, meglio che per le due precedenti, si adatta la descrizione della N. ba- cillus del D'Orbigny. La conchiglia di cui tengo scarsi esemplari è allungatissima, liscia, bacilliforme e non ombilicata. La sezione longitudinale dimostrò la presenza di 8 pieghe, 5 columellari e 3 labrali. Delle columellari la superiore è semplice e nella sezione, tuber- coliforme, la seconda rivolta allo ingiù e' bifida, trifida la terza rivolta essa pui'e obliqua- mente allo ingiù, quasi quadrifida la quarta, la quinta invece semplicissima ed appena visibile nella sezione (di questa quinta non vi ha traccia nelle figure della N. bacillus del- l'Orbigny (2)). Le pieghe labrali son tutte tre rivolte in senso orizzontale un po' inclinato (1) Gemmellaro (i. G., Prima appendice agli studi paleontologici sulla fauna a Terebratulajanitor del Nord dMa Sicilia in Atti dell'Accademia Gioenia di St.Nat.in Catania, Ser. 3, Voi. 12, 1878, p. 106, Tav. A, fig. lU-11. ^2) Pai. Frani-., Terr. Jur Voi.?, p.84. T 252, f. 3-6. 36 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ in giù e tutte, specialmente la media, almen bifide, sovente trifide (nella N. bacillus Orb. è invece la piega inferiore quella maggiormente sviluppata): dalla disposizione delle pieghe nella presente specie ne viene che il varco libero in ogni anfratto sia ridotto ad una stretta fessura collocata quasi verticalmente ed offrente allo indentro ed allo infuori strette rami- ficazioni. La solida columella occupa quasi la metà del diametro della conchiglia. Quan- tunque il numero e disposizione delle pieghe boccali ed il volume della columella non corrispondano ancora esattamente con quanto si osserva nella N. bacillus d'Orb., tuttavia la riferisco per ora a questa specie aspettando a separamela allorché conoscendone con- chiglie intere, io potrò più sicuramente giustificare il mio asserto. N. 4 Nerinaca n. s}). Un frammento di calcare che presentava un' impronta offrente una qualche analogia colla valva grande di una Cranio, sezionato, dimostrò contenere invece un frammento di una Nerinea diversa dalla specie precedente. Il frammento di conchiglia lungo, 8°" largo 9, non mostra che la sezione di un solo anfratto ; anche qui la columella è probabilmente ombilicata come nella specie precedente ; non son però sicuro di questo fatto. Le pieghe boccali mostrano però grandissima differenza in numero e disposizione da quelle della specie precedente ; abbiamo qui in tutto 4 pieghe boccali, 2 columellari e 2 labrali. Delle columellari 1 "inferiore mostrasi un po' allargata, la superiore semplice : delle labrali trifida è la inferiore, semplice la superiore. Non parlo della forma esterna, che non potei verifi- care, parmi però aver anch'essa dovuto essere cilindroide, lungliissima e liscia come nella specie precedente. Ne mi stupirei se con fossili ulteriormente trovati venissi a constatare esser questa specie nient'altro che un qualche esemplare della specie precedente in cui qualche piega fosse stata per una causa qualunque durante la vita dell'animale obliterata o durante la fossilizzazione scomparsa, che, malgi-ado le differenze citate, la cavità del- l'anfratto dell'una specie richiama per la sua forma alla mente la cavità dell'anfratto dell'altra. N. 5 Nerinaca n. sjy. Alla superficie di qualche frammento di calcare alterato dalle intemperie potei vedere e colla lente osservare alcune piccole conchiglie della lunghezza di 5 ""^ al più. Taluna comparve anche nelle numerose sezioni microscopiche fatte. La forma loro e la presenza osservata di traccio di pieghe boccali mi persuasero a collocarle fra le Nerinee sia come giovani individui, sia più facilmente come una quinta specie della località che presente- mente ne occupa. Infatti, da quanto ho potuto osservare parmi che per la lor forma ge- nerale queste concliigliette si accosterebbero alla N. bruntrutana, differirebbero però dalla medesima : 1° per la columella proporzionatamente molto più sottile, 2° perla presenza di 4 sole pieghe boccali, di cui 2 columellari (la N. bruntrutana ne ha 3) e 2 labrali. Entrambe le pieghe columellari paiono complicate, la superiore trifida, l'inferiore bifida, entrambe le labrali invece paiono semplici, 3" per la relativa minor lunghezza degli anfratti. Aggiungerò che questa specie differisce dalla N. Lorioli Zitt. ( 1 ) per aver (1) ZiTTBL, Die Gasteropoden der Stramherger Schichten in PalaeotU. Mitth. 2**' Band , 3*« Abth., pag.360, Tav. 41, fig. 26-29. PER ALESSANDRO PORTIS 37 un maggior angolo d'apertura della conchiglia e per la disposizione delle pieghe boccali, avendone questa, come si è detto, due columellari e due labrali, mentre la N. Lorioli ne avrebbe tre columellari ed una sola labrale; così pure differisce per maggior angolo d'a- pertura dalla N. Roemeri Pliilipp. (1) e per non avere quest'ultima che due pieghe colu- mellari per una labrale e gli anfratti relativamente più lunghi. Non ho trovato in lette- ratura cenno di alcuna specie che raggiunga solamente le dimensioni accennate per questa (5"""), nella quale ho per altro potuto ben distinguere e studiare ben 7 anfratti, d'altra parte ben conoscendo le gi-andi variazioni che possono succedere nel passaggio dallo stato giovanile allo adulto, sia nelle pieghe boccali come nella forma degli anfratti , egli è colla massima riserva che io proporrei di considerar come nuova specie (minuta) la piccola Nerinea che non raramente si riscontra nel banco calcareo di Argenterà. N. 6 Nerinaea sp. Prima di chiudere il genere Nerinea menzionerò una 6* specie di questo genere, la quale non si è rivelata che con un solo frammento quasi informe trovato alla Goretta. Esso ci rivela una conchiglia di forma conica più aperta che la N. bruntrutana, di cui parlai, con anfratti scavati nella metà, e raggiungente dimensioni medie, poiché il fram- mento presenta una sezione di 20 """ di diametro e non pare appartenere all'ultimo anfratto. Per la scarsità del materiale, non ho potuto ottenerne una sezione longitudinale soddisfacente, non la posso quindi accostare preferibilmente ad alcuna specie. Solo mi accontento di segnalare questo frammento per mostrare come il genere Nerinaea oltre ad essere diffuso numericamente, presentava anche una certa qual varietà di specie. Fra queste dominavano decisamente le specie bacilliformi. Genere Chemnitzia. Chemnitzia ? sp. Una sezione microscopica fatta per cercar forarainiferi mostrò fra gli altri microfossili la sezione della conchiglia di un gasteropode alla quale erano stati per effetto del leviga- mento tolti tutti i caratteri necessari alla distinzione del genere (non parliamo della specie) : di più la sezione aveva incontrata obliquamente la conchiglia, di modo che nem- manco era visibile l'asse della medesima, e la forma della cavità degli anfratti rimaneva alterata (potei però osservarvi l'assenza completa di pieghe boccali). Gli è per conseguenza, con tutte le risei-ve che appoggiandomi alla forma di ciò che rimane, oso proporre un nome per questa conchiglia, accostandola ai generi Acteonina e Chemnitzia, credendo però doverla con maggior probabilità considerare come appartenente ad una delle forme turri- culate di questo ultimo genere. Genere Natica. Natica, sp. ind. Riguardo come appartenente a questo genere una sezione naturale di conchiglia tro- vata nel 1879 alle Grangie, offrente due anfratti eccentrici e contigui, i quali mal trove- (2) GoLDF., Petref. Germ., Voi. 3, pag. 43, Tav. 176 , fig. 5. — Quknst. , Jura, pag. 769, Tav. 94, fig. 21-23. 38 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ rebbero collocamento in qualsiasi altro genere. Per la parte solamente rappresentata che ne rende dubbiosissima la determinazione anche generica, l'importanza di questo fossile è affatto secondaria o meglio nulla, ho creduto però non doverlo trascurare per far per quanto possibile esatta la lista dei fossili della località, sperando che anche i generi dub- biosi vengano ulteriormente con più fortunate ricerche accertati. Nel successivo anno 1880 mi venne fatto di trovare un altro esemplare di gastero- podo, il quale, quantunque non offrisse più alcun dubbio sul genere a cui dovesse essere riferito (al genere Natica), pur tuttavia non è ancor sufficientemente liberabile dalla ganga da permettere una determinazione specifica. Appartenne ad una specie di media grandezza presentando sezioni di 45 °"° di diametro ed ebbe forma eminentemente globosa, dimo- strando in tal modo non appartenere alla stessa specie dell'esemplare precedentemente trovato. La sua superficie esterna poi pare sia stata ornata di piccole strie parallele. MOLLUSCHI ACEFALI Ordine delle Myacee. Genere Pholadomya. Nella collezione geologica delle Alpi fatta dal Prof. Sismonda ho trovato fra i pochi fossili stati raccolti nel 1845 nel banco calcareo in questione, tre conchiglie che dal Pro- fessore Bellardi vennero allor determinate come Pholadomye: di esse fu già fatta men- zione in precedenti lavori si del Sismonda (1) come del Gastaldi (2). Questi tre fossili son ridotti in un miserrimo stato e certamente non si può per la determinazion loro andar a più sottile distinzione che quella del genere. H materiale proprio della conchiglia manca completamente ed i fossili ridotti a mo- delli conservano alla lor superficie traccia dell'ornamentazione esterna del guscio ; essa consisteva, a quanto si rileva da due degli esemplari , in strie radiali ed in strie concen- triche e probabilmente era diversa nei due esemplari che la mostrano, essendo nell'uno le coste radiali più rade, e sottili e frequenti le strie concentriche, avvicinandosi per conse- guenza alla Ph. nodosa Goldfuss (vedi Petref. Gerì»., Parte 2% pag. 2G8, Tav. 156. fig. 5) della formazione giurassica del Wurtemberg, che ricorda anche nell'abito generale; mentre nell'altro esemplare le coste radiali sou forti e spesse, lasciando fra l'una e l'altra un intervallo largo tanto come la costa ; e le strie concentriche, .sono solamente sensibili per le interruzioni che cagionano alle coste radiali ridotte cos'i a file continue di nodi : questa forma ricorda molto e in questo carattere e nella sua forma troncata anteriormente la Ph. Murchissoni Sow., varietas Truncato cordata Goldf. (Prfref Gemi., Voi. 2, pag. 205, Tav. 155, fig. 2 n-b della formazione oolitica inferiore della Germania occidentale e meridionale). Il terzo esemplare poi non conservò traccia di ornamentazione, e nessuno dei tre era tanto completo da poterne trarre misure sufficientemente approssimative. (1) Classificazione dei terreni stratificati delle Al/ii Ira il Monte Bianco e la Contea di Niua. Metn. della R. Acc. della Scienie di Torino, Seria U, Voi. 12, I8n2, pag 21 [dell'estratlo; — Lettre à Elie de Beaumnnt in Bull, de la Soc.Oéol de France, Voi."), Serio 2, 1848, pag. 412. (2) In: Alcuni fossili paleozoici dell- Aljii Mantnmi: e dell'Appennino ligure, stxtdia'i da G. Miche- lotti, Mem. dell' Acc. de' Lincei, Classe di Scienze Fie. Mat e ^at., Serie 3, Voi. I, 1877, pag. 18 (del- restratto). PER ALESSANDRO PORTIS 39 Un quarto modello riferibile al genere Pholadomya fu ancora trovato nel 1880. Minima ne è però l'importanza. Genere Panopaea. Nelle ricerche da me fatte sul luogo mi venne poi fatto di trovare un quinto fram- mento di conchiglia diverso dalle due precedenti specie ed appartenente per quanto pare al genere Panopaea. L'esemplare trovato, che ho posteriormente estratto dalla roccia per tutta la porzione ancor conservata, appartenne alla valva sinistra d'un individuo di ggmm ^ lunghezza, per 23 di altezza e forse 18 di spessore a valve riunite. La con- chiglia era evidentemente beante dalla parte sua posteriore, forse anche alcun poco all'anteriore, a bordo inferiore regolarmente dittico, a guscio sottile ed ornato di strie, senza alcuna traccia di angoli e coste radiali di accrescimento abbastanza sentite. Il cardine suo andò perduto. Ancora qui stimo prudente il fermarmi alla sola constatazione del genere. Ordine deììp Vencracec. Genere laocardìa. Se io non ebbi la fortuna di trovare fossili appartenenti a questo genere . esso fu però constatato dal Prof, Bellardi nel materiale raccolto dal Sismonda e di cui già parlai. Abbiamo in tutto una sola valva sinistra di cui non si può scorgere che in parte la superficie esterna. L'Isocardia in questione era cortissima , più larga che lunga ed una forte carena arrotondata discondente verticalmente dall'apice alla base separava nettamente il campo boccale dallo anale dando all'animale intero un gi-audissimo spessore. La superficie estema della conchiglia è ricoperta da fine strie radiali collocate fittamente l'una presso l'altra in modo da lasciar fra loro uno spazio minore della larghezza di ciascuna di esse. L'uncino è molto ben svilupjìato, spirale e rivolto all'indietro. Non mi arrischio di avvicinar questo fossile ad alcuna delle specie conosciute. Ordine delle Ostreacee. Genere Lima. N. 1. Lima sp. Il materiale raccolto dal Sismonda contiene ancora un frammento di modello intemo di conchiglia presentante la metà inferiore col bordo basale di una valva sinistra di Lima : almeno tale la si può arguire dal poco che avanza, e tale la determinò il Bellardi allorché essa venne trovata. Anche qui, mancando tutto quello che possa condurre ad un riavvici- namento specifico qualsiasi, mi contento della constatazione del genere. N. 2 Litnn cf. Picteti Et. (1). Al genere Lima dobbiamo, oltre al precedente, riferire ancora un secondo esemplare raccolto nel 1880 ed anch'esso in istato molto scoraggiante. Esso dimostra però di aver (1) Thurm ed Etallon, Leth. Brunir., pag.238, Tav. 32, fig.7. 40 SUI TERREN'I STRATIFICATI DI ARGENTERÀ appartenuto ad una spncie molto più piccola che la precedente, ed aver avuta la conchi- glia ornata di costoline presso a poco raggianti , subeguali , rotonde e separate da inter- valli minori della grandezza loro ; sulle costoline si scopre ancora qualche traccia di strie concentriche, è impossibile però scoprirne delle radiali. Anche per questa Lima è sparito il cardine od il bordo inferiore, quindi impossibile una determinazione più che approssi- mativa. Ritengo però questa specie per quanto vi ha ancora di osservabile siccome molto vicina alla L. Picteti Et. propria nella Svizzera occidentale del terreno coralliano supe- riore. Genere Pecten. Ho trovato ad Argenterà due piccoli campioni riferibili a questo genere, due altri furono raccolti dal Sismonda: in questi quattro campioni parvemi ravvisare i rappresen- tanti delle tre seguenti specie. Pecten articulatus Schlot. secondo Goldfuss (1). Ho raccolto assieme, come appartenenti a questa specie, due valve di Pettine raccolte l'una dal Sismonda, l'altra da me. Esse presentano ad un dipresso le stesse dimensioni, e per la forma loro e la natura delle coste loro presentano grandissima analogia col Pecten articulatus dato dal Goldfuss (loc. cit.), e più ancora con quello dato da Pillet e Fro- mentel come proveniente dal calcare della Montagnole presso Lomenc. Le due valve in questione sono entrambe valve destre e misui-ano l?"""" di lunghezza per 19°"° di lar- ghezza. Lo spessore loro tocca pochi millimetri, come si vede sono ancora dei piccoli in- dividui della specie. Dei tubercoli scagliosi che dovevano in vita ornare le coste, non si scorgono or più che lievissimi avanzi. Solo in uno degli esemplari ho potuto veder traccia dell'orecchietta anteriore, nell'altro sono invisibili entrambe. Tai quali sono però, questi avanzi, si scostano grandemente dal Pecten articulatus figurato dal Thurmann nella Lethaea Bruntrutana (loc. cit.) principalmente per la maggior finezza e numero delle coste, come pure per la minore proporzionale lunghezza . mentre invece paiono molto accostarsi al P. erctensis Gemm. e di Blas. (loc. cit.), cosa che del resto è ben naturale avendo già i suUodati Autori segnalata la grande analogia che passa tra la specie ultima nominata e il P. articulatus. Una terza valva di Pettine raccolta successivamente venne pur da me riferita alla specie che ne occupa, quantunque per la sua maggiore lunghezza in proporzione dell'al- tezza, e per la disposizione delle coste radiali sue, ricordi alcun poco anche il P. subtex- torius Munster (2). H Pecten articulatus e il P. subtextorius si riscontrano nelle assise superiori del (1) Vedi GbLDFUSs, Pelref. Germ., 1834-40, •2'« Tli., pag. 47, Tab.90, fig. IO. — Quensteot, Der Jura pag.7r)4, Tav 1)2, fig. II.— Tuurm. od Et., Leth. Btunti-ut., pag. 25", Tav. '.W, tìg. 2 — Pillet et Fro- MBNTEL, Descriplion de la colline de Lemenc sur Chainbénj. Chimhàry I87.S, Meni, de l'Acnd. de Savoie, pag. 75; Tsv. 8, fig. 40, pag. 131, Tav. 14, fig. 21.— Vedi anello Gemmellaro e Di Blasi, Pettini del Tilonio inferiore del Nord della Sicilia in Alti dell' Acc. Gioenia di Se. Naturali in Catania, Voi. 'J, Serie 3, pag. 8, Tav. 1 , per il l'ecten erctensis. (2) Vedi GoLDF.; loc. cit., p. 48, Tav. 00, fig. 11. ^ PER ALESSANDRO PORTIS 41 giura bianco nella Germania meridionale e, lasciando dubbio l'esemplare figurato dal Thurmann, si riscontra di nuovo certamente nel terreno Titonico di Lemenc: mentre la vicinissima forma P. erctensis si riscontra nel Titonico inferiore del nord della Sicilia. N. 2 Pectrn subpunctatus Miinst. (1). Il secondo Pettine stato raccolto dal Sismonda era dame stato dapprima riportato alla specie precedente : ulteriori osservazioni mi indussero a staccamelo e ad avvicinarlo alla pre- sente specie di cui presenta i caratteri per quanto almeno mi è dato di vedere : è di nuovo una piccola valva isolata cui mancano le orecchiette, la cui superficie esterna manca in più punti e che misura 10"™ di lunghezza per 10°°" di larghezza. E ima forma come la precedente, pochissimo rigonfia, ma ne differisce per esser proporzionalmente più lunga e per aver le sottili costoline che Tadoniano più staccate, in modo da lasciar fra l'una e l'altra uno spazio maggiore che la costolina, e più Liscie : non potei vedere come si dispo- nessero negli spazi intercostali le ornamentazioni concentriche. Il Pillet nella descrizione citata della colUna tli Lemenc stabilisce, a pag, 132, Tav. 14, fig. 20, una nuova specie cui dà appunto il nome di Subpunctatus. Questa forma ha, per quanto mi è dato ricavare dalle descrizioni e figure, molto maggiori affinità col P. articulatus e col P. erctensis di cui si parlò precedentemente, che non colla specie Miinsteriana quale vien data dal Goldfuss. Certamente però esso non ha molta analogia coli' individuo di Argenterà riferito al P. sub- punctatus. e ciò appunto per quei caratteri che ho dianzi citati come distinguenti le due specie, specialmente i rapporti, diversi nelle due specie, fra la lunghezza e la larghezza. Nella campagna del 1880 potei trovare anch'io tre o quattro imperfettissime valve attribuibili a questa specie, dalle quali ])erò non ho ottenuto alcun ulteriore dettaglio. Il Pecteu subpunctatus Miinst. si riscontra come il precedente nel sud della Ger- mania ed in Savoia alla sommità del giura bianco (Malm). Fra i molti Pettini raccolti dal Gemmellaro in Sicilia non ne vidi alcuno che lo rappresenti, lo stesso dicasi per quelli finora studiati della Sardegna. N. 3 Pecten nionsheliardensis Ctjn (2). Ho attribuito a questa specie un frammento di impronta di valva da me stato tro- vato ad Argenterà. Per la natura ed ornamentazione delle coste, di cui non sono visibili che 7 od 8 (è questo l'unico carattere conservato), parvemi dover accostare il Pettine cui hanno appartenuto alla specie or nominata, quantuncjue io non ritenga questa determi- nazione che jìer una semplice probabilità che potrebbe venir distrutta dalla scoperta del- l'intiera valva. Anche il Pecten monsbeliardensis si trova in Isvizzera ed in Savoia abbastanza comune nel piano Kimmeridgiano. Un successivo esame di questo fossile in confronto col Pecten Kochati Lor. (3), (1) Vedi GoLDK., loc.cit., pag. 48, Tav. 90, fig. 13. — Pillet et Frome.ntel, loc. cit., pag 29, Tav.4, fig. 8. (2) Vedi Thurmann ed Etallon, Op. cit., pag. 2rii, Tav-S.^, fig. 5. (3) LoRlOL, Descrip. des foss. de l'ool. corali, de VEt. Valangien et Urgonien dti mont Salì've in Favre : Recherches géologiques dans les parlies de la Savoie, Piémont et Suisse voisines du moni Diane, •Genève, 1867, Voi. 1, pag. 336, Atlas PI. B, fig. 1-2. Serie II - Tom. XXXIV. d»* 42 SUI TEERENl STRATIFICATI DI ARGENTERÀ suscitò nella mia mente il dubbio non avessi coU'individuo di Argenterà piuttosto dinanzi questa specie di Pettine (dello stesso orizzonte geologico della precedente). Le ragioni che mi impedirono dai)prima di riferire l'esemplare in questione al P. nionsbeliardensis, mi impediscono pure di risolvere questo mio posteriore dubbio in certezza. ^V. 4 Prcten giganteus Mttnst. (1). Prima di abbandonare il genere Pecten è di mestieri che ricordiamo una f[uarta specie affatto diversa dalle precedenti e che si è resa nota con un frammento di valva tro- vato nel 1880. Da questo frammento si può scorgere come la conchiglia fosse subcirco- lare. abbastanza sottile e munita di costole radiali in piccolo numero, regolari, aiTotondate e separate da intervalli pure arrotondati e quasi delle stesse dimensioni. Manca il cardine e mancano le orecchiette! per ciò che riguarda l'ornamentazione esterna ho verificata la presenza di poche strie di accrescimento, e negli intervalli fra l'una e l'altra costa, di fine strie radiali molto marcate. La specie cui appartenne questo frammento pare sia appunto il P. giganteus Jliinster o molto prossima a quella, ricorda pure fra le altre il P. subfibrosus D'Orb. (2). Il P. giganteus Muust. si è finora trovato nella Germania meridionale in terreni appartenenti al Giura superiore e corrispondenti al Coralliano. Genere Spondylus. Spotìdyltis rf. rrlafiis Goldf. (3). Oltre al genere Pecten, abbiamo pure, della stessa famiglia dei Pettinidi, un altro rappresentante nel calcare di Argenterà: esso consiste di un solo frammento di una gi'ossa conchiglia, della ijiiale non presenta che la parte inferiore di una valva con abbastanza ben conservato il bordo inferiore della medesima. La forma di quest'ultimo e, per quanto arguir si possa, generale della conchiglia, il di lei spessore e l'ornamentazione consistente in costole radiali subeguali e press'a poco uguali anche agli spazi interposti, mi fan col- locare la conchiglia in questione (in mancanza di meglio) presso allo Spondylus velatus Goldf., con cui, per quanto è visibile, concorda nella figura e nella desci'izione. Lo S. velatus Goldf. è già stato trovato in molti dei giacimenti fossiliferi giurassico- saperiori della Germania meridionale. Genere Ostrea. Ostreri sp. iial. In un frammento di roccia è visibile parte dell'interno di una valva di ostrea alte- rata dalla spatizzazione e poi dagli agenti atmosferici non ci serve che alla constatazione del genere d'altronde comunissimo nei bassi fondi giurassici. |I) Vedi UoLDF., Petref Germ., Voi. 2, pag. 18, Tav. 90, fig. 14. (2) Vedi GoLDP., loc. cit.pag.46, T.90, fig. 6 (fibrosus). — Tburm ed Et., Lelh. bntnt., pag. 254, Tav.36, f.l. (3) Vedi Goldf., loc. cit,, pag. 94, T. lOS, fig. 4. PER ALESSANDRO POETIS 43 Genere Exogyra. Exogyra cf. spirai is Goldf (1). Alcuni massi del calcare di Argenterà sono quasi completamente costituiti da una lumachella di piccole conchiglie cementate intimamente fra loro, intrecciate e frantumate. EgU è si può dire impossibile il poter estraiTe un individuo intero da quel piccolo banco consolidato di ostriche, pur tuttavia mi è riuscito di poter avere un 10 o 12 modelli in- terni e qualche traccia di valve : quantunque variabilissime nella forma loro in modo da non trovar due individui perfettamente simili, pur tuttavia non parmi dover ammettere la presenza di più di una specie, e questa apparterrebbe al genere Exogyra, e sarebbe più che ad altre simile all'È, spiralis, per quel tanto almeno che se ne scorge. L'Exogyra di Argenterà si avvicina pure all' E. reniformis Goldf. quasi tanto come alla prima, ma con esemplari così imperfetti come quelli che ho potuti ottenere non si può sciogliere il dubbio a quale delle due specie sicuramente appartenga, per conseguenza le ho dato il nome della specie che più le si accosta nell'abito generale. Tanto l'Exogyi'a spiralis quanto la reniformis sono per tutte le regioni che circon- dano il versante nordico delle Alpi caratteristiche delle più alte assise del giura superiore e si incontrano in esse frequentemente ed in numero stragrande di individui insieme associati. Genere Patella. Non se n'è finora riscontrata che una sola di piccolissime dimensioni di forma conica ■ben pronunziata, ma con apice distrutto e non affatto determinabile specificamente.' Per finirla coi lamellibranchi, dirò d'avere ancora dinanzi una diecina di frammenti appartenenti a questa classe di molluschi pei quali però sarebbe arrischiato un qualsiasi generico accostamento. BKACHIOPODI Terehratuìidi. Genere Terebratula. Le Terebratule non sono infrequenti nel calcare di Argenterà. Alcune verniero già raccolte dal Prof. Sismonda nel 1845, e di queste appunto fu fatto cenno nel suo lavoro citato sulla classificazione dei terreni stratificati delle Alpi tra il monte Bianco e la Contea di Nizza, e venne data la figura nel JhiU. de in Soc. Géol. de Francr, ser. 2, Voi. 5, 1848, pag. 412. Venivano allora nominate, oltre le T. (Rhynchonella) , tetrahcdra, V. Buch. e Concinna Sow. , le specie seguenti : T. perovalis Sow. , T. globata Sow. , T. biplicata Sow., T. biplicata var. inflata v. Buch.. Altre due specie erano, sebbene non citate, state rinvenute, portavano in collezione l'indicazione di T. orbicularis Sow. e T. sp. della fami- (1) Vedi GoLDK , Op. cit., Parte 2, pag. 33, Tav. 6, fig. 4. — Que.nstedt, v/ttra, pag. 752, Tav. 91, fig 31-32 - Th. et Er., Op. cit.. pag. 24 (Ostrea , Tav. 39, fig. 73. — Quenstedt, Handb. d. Petref. Ed. 1867, pag. 600, Tav. 51, fig 35.— Pillet et From., Op.cit., pag. 132, Tav. 14, flg. 22-23. — Vedi ancora por la E. reniformis Goldf: Goldk , Op.cit., pag. 34, Tav 86, fig. 6-7. 44 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ glia delle Jugatae, v. Buch. A (questo materiale aggiunsi quello da me stato raccolto nella località e sottoposi il tutto ad una nuova determinazione, aiutata da alcuni fra i lavori pubblicati su corrispondenti terreni delle regioni che ci attorniano. Il risultato fu di avere dinanzi 1 7 specie di Brachiopodi, fra cui 1 4 appartenenti al genere Terebratula e sotto- generi Waldheiraia e Terebratulina al genere Rhynchonella ed uno al genere Crania. X. 1 Terebratula Sìqìrajureiisis Th. (1). Questa specie tengo rappresentata da quattro incompleti esomiilari, di cui due già raccolti dal Sismonda (coli "indicazione appartenenti alla famiglia delle Jugate, v. Buch) (2). e due raccolte ultimamente da me. Questi esemplali, quantunque un po' più piccoli in generale, conispondono abbastanza alla descrizione ed alla figura che ne danno i due citati Autori. La T. suprajui'ensis è caratteristica, come lo indica il proprio nome, dei tenoni giu- rassici superiori, a partire dal coralliano superiore : difl'ondendosi ed acquistando in numero di varietà e di individui nel Kimmeridge, (3) per diminuire in seguito di voliune e di quantità nel Portland. N. 2 Terebratula bieskidettsis Zeuschn. (4). Anche questa specie è rappresentata da esemplari trovati prima dal Prof. Sismonda e da altri da me rinvenuti. Questa specie che in Isvizzera è abbastanza variabile si presenta da noi un po' più costante sia nel volume, che nella forma, almeno tanto posso dire dei C individui che, oltre ad alcuni frammenti, ho dinanzi e che presentano ad un dipresso gli stessi caratteri che li fanno avvicinare piuttosto alla varietà meno rigonfia figurata dai citati Autori nelle figure 2 a, b, e, che alle seguenti <1, r, f. Questa specie, più rara della precedente ed avente una minor estensione verticale, si incontra in Isvizzera alla sommità del teiTcno coralliano presso al limite suo col Kim- meridge. 'o^ N. 3 Terebratula nrbrodensìs Gemm. (5). Questa specie stabilita dal Gemmellaro nel terreno titonico del nord della .Sicilia venne pur da me trovata nel conùspondcnte teiTeno di Argenterà. Non ne ho che due ben guasti esemplari, i quali, pei pochi caratteri ancor conservati, paiono dover essere riferiti a questa specie. (I) Vedi Thurm, e.l Et , Op.cit., pag. 283, T;iv.4l, fìg. I . '2) Vodi Essai iV une classification et d'une d escri ption des tercbratules , par Leopold de Buch. Traduit onde abbastanza all'ordinamento che si osserva in molte specie di ijnesto genere. Non fu finora trovato che nel giacimento della Goretta. N. 6 Genere Ceriopora Goklf. S. str. Questo elegantissimo briozoo ha grandissima jiarte nella fauna di Argenterà (jiarti- colarmente le Grangie). Si costituì su colonie scarsamente dendroidi dove il fusto è costi- tuito da successivi strati sovrapposti di celle che sono questa volta molto ben distinguibili quantunque guasti, iiicordano molto per la forma e disposizione degli strati i fossili pa- leozoici descritti dal Goldfuss sotto il nome di Calamopora infundibulifera var. gracilis e C. spongites (1) . In essa son visibili numerose lamine disposte radialmente al centro, spesse forse un decimo di milli- metro e tutte attraversate da una parte all'altra da numerosi canali. La disposizione delle lamine e dei canali concordano, a quanto è dato di vedere, colla descrizione e figure date dallo Steinmann, non così le dimensioni che son di gran lunga inferiori a quelle da lui indicate e che molto più si accordano con quelle che si potrebbero avere dalle colonie figu- rate dal Goldfuss. Comunque la cosa sia, è certo che questo fossile è strettamente legato al genere Thalaminia del quale può benissimo essere: tanto una specie diversa della Th. Cottaldina, quanto una più giovane colonia. Egli è di grande importanza il trovar qui questo genere finora non rinvenuto che in giacimenti Giurassici suj)eriori o Cretacei inferiori, poiché, se dai descritti fossili abbiamo già jìotuto arguire ad una fauna precipuamente Giui-assica superiore con qualche traccia di abito Cretaceo ; da questo e dai seguenti generi, per la loro distribuzione geologica limita- tissima, potremo con tanto maggior sicurezza trarre argomento a confermare i già ottenuti risultati. Genere Sphaeractinia Steinm. Frammezzo alle numerose colonie d'Idrozoiche vissero al volger dell'epoca Giurassica nel bacino di Ai'geutera. la maggior j)arte perdettero assolutamente la intima struttura del loro scheletro, mentre altre non l'haimo perduta che in parte e queste servono a spiegarci • l'origine delle numerose piccole masse di calcare cristallino, aventi forme esteme tondeg- gianti più men regolari, che in tanta quantità compaiono in ogni microscopica sezione che venga praticata in questo calcare. Yeniamo ai fatti : In una sezione microscopica praticata attraverso ad un globulo elittico di calcare bianco grasso e del diametro di 2 millimetri, che dapprincipio appa- riva completamente amorfo, potei scoprire da un lato traccie ancora dell'antica organizza^ zione. L'elissoide si ora formato per successivo accrescimento attorno ad un corpo estraneo che nella sezione era visibile come un frammento di calcar nero di forma irregolare ed il di cui maggior asse non aveva la minima visibile relazione coll'asse maggiore della colonia. Attorno attorno a questo corpo si scorgono (talora inteiTotti dal medesimo) successivi sottili strati di cellule di forma ad un di presso cubica, separate ciascuna dalle contigue nello stesso piano e da quelle delli strati anteriori e successivi da una sottil parete calcarea. La sezione viene così ad acquistare l'aspetto, che dirò con una frase non mia, di un nniro di mattoni. Non vi potei però scorgere traccia di canali radiali , ne osservare la natura della parete esterna del fossile. Successivamente e colla guida di questa prima sezione ho scoperti organismi simili in molte altre sezioni e jiarimente trovai nella roccia altri fossili dello stesso genere con dimensioni molto più grandi cioè giungenti fino ad un cen- timetro di diametro. Essi si presentano nel calcare grigio nero come piccole masse bianche o nere sferoidali e non offrenti, nemmanco esaminati con una forte lente, traccia alcuna di organizzazione. Per scoprirla bisogna sottoporre una sottile sezione di questi corpi ad un (l) Pelref. Oerm. , voi. I, pag. 38-39, Tav. 11, fig. 9-10. PER ALESSANDRO PORTIS 69 ingrandimento di almeno 60 diametri, essendo poi molto più comodo lo studiarla e descri- verla ad un ingrandimento di 250. Fossili di egual natui-a ed organizzazione furono già trovati nel Giura superiore di Streitberg e vennero descritti dallo Steinmann (1) sotto il nome di Sphaeractinia. L'unica specie però che egli ne descrive, la S. diceratina, ha dimen- sioni tanto esterne che interne assai maggiori. Così, se i suoi esemplari oscillano nelle dimensioni dell'intiera colonia fra i 20 ed i 60 millimetri, i miei stanno invece fra i 2 ed i 12 ; se negli esemplari di Streitberg la distanza ft-a una lamina e Taltra (ciò, che io ho chiamato le dimensioni delle cellule cubiche) sta tra gli estremi 0,3 e 0,5 mm., in quelli di Argenterà non arriva a 0,1 di mm. Tanto negli uni poi che negli altri, la disposizione generale è la stessa, uno scheletro composto di lamine concentriche separate da spazi interlaminari più grandi che le lamine stesse, divisi da colonne disposte verticalmente in cellule irregolarmente cubiche. Sono intanto portato a tener distinta, come diversa da quella di Streitberg , la Sphaeractinia fossile di Argenterà. IDROCORALLINE Genere Ellipsactinia Steinm. Per mezzo di preparazioni con acqua acidula e di sezioni microscopiche, son pure venuto a constatare la presenza di questo genere. Cousistono i fossili a questo appartenenti in masse irregolarmente tondeggianti di calcare bianco-rossastro, spiccanti, nelle prepa- razioni fresche , molto bene sul calcare nero che le avviluppa da ogni parte e dal quale è quasi impossibile estrarneli. Le maggiori dimensioni osservate nelle colonie di t[uesto genere raggiungono fino ai 4 centimetri ; queste maggiori colonie sono però già (juasi tutte spartite in lobi, solamente le minori hanno una forma sferoidale. Sezioni microscopiche normali esaminate con piccolo ingi'andi mento (60 diametri) mostrano distintamente lo scheletro composto tli una serie di lamine concentriche avvolgenti un corpo estraneo e separate da spazi interlaminari di uno spessore eguale o minore di ciascuna lamina. Le lamine si presentano nelle sezioni normali con bordi iiTegolari e punto paralleli, sono frequentemente saldate alle superiori ed alle inferiori per mezzo di riawicinamenti o di colonnette calcaree rendendo così concamerati gli spazi interlaminari. Esaminata colla lente, la superficie estema di una lamina, si mostra come leggermente zigi-inata ed ondulata e portante qua e colà grossi ( qualche decimo di millimetro ) tubercoli calcarei tondi ed avanzi della lamina superiore nei punti in cui le era in diretto contatto. IVattanto debbo ai cambiamenti avvenuti in seguito alla spatizzazione il non poter assolutamente scorgere l'apertura dei canali che necessariamente dovevano attraversare ciascuna lamina e dei quali neppur più si vede col microscopio il percorso. Le mie osservazioni mi portano intanto a riferire questi fossili al genere Ellipsactinia stabilito or son pochi anni dallo Steinmann (2) per Idi'ozoi fossili trovati nel Giura supe- riore di Streitberg associati ad esemplari del genere precedente. Anche qui però parmi non (1) Vedi lavoro citato, pag. H6. (2) Steimann., Ice. cit., pag. 118, Tav. 3". 70 SUI TERRENI STBAtlFICATI DI ARGENTERÀ dover stabilire identità specifica colla Ellipsactinia descritta dallo Steinmann. Infatti anche ijui come pel genere precedente si osserva fra gli esemplari dell'una e dell'altra località una differenza nelle dimensioni degli elementi dello scheletro tutta in disfavore dei fossili di Argenterà. Anche Rg. 6 dell'estratto. (2) Vedi O'Orh., Pai. Franc.-Ten: Jurass., Voi. 1°, pag. óU9, Tav. 191-192. — Pillet et Frombntbl, Lémenc, pag. 23, Tav. I, fìg. 7-8. PER ALESSANDRO POKTIS 87 quente traccia di fossili nei Calcari, ci rende avvertiti allorché noi progrediamo discendendo il vallone di Pourriac o dal Colombart ascendendo alle Lose, che noi siamo esciti dalla prima serie di terreni stratificati per entrare in una seconda. I Calcari appartenenti a questa se- conda serie segnati sulla cartina in giallo e colla lettera T, son neri, su di essi risaltano in bianco traccie di fossili ; son stratificati a grossi banchi e si accostano petrograficamente e paleontologicamente ai Calcari che, pel loro contenuto organico , ho alle Grangie ed alla Goretta discusso ed avuto di mira nella prima parte di questo mio lavoro. Essi vengono attraversati dalla linea, segnata AC, di sezione per un 250 metri. Anche il loro andamento si è sensibilmente modificato. L'inclinazione che alla base dei Calcari della prima serie era di 35° ad ore 0.12°, si è nella prima e seconda serie, senza che da strato a strato successivo, cessasse menomamente la concordanza, insensibilmente modificata sino ad essere alla sommità dei Calcari della seconda serie di 39° ad ore 3,7°. Con tutto il complesso di questi Calcari rappresentanti il Titonico inferiore e medio, aggiunto al complesso precedente, noi abbiamo nella località scelta rappresentato tutto il Giura (1) che noi ora abbandoniamo per entrare, discendendo il vallone di Pourriac dal Colombart facendo gli ultimi trenta metri di salita del contrafforte delle Lose, attraversando la cresta del medesimo e ancora i primi trenta metri di discesa del versante Settentrionale, in una terza serie di Calcari essi pure stratificati, ma più recenti. 1 Calcari di questa terza serie segnata sulla cartina con tinta neutra e colla lettera C, sono attraversati dalla linea AC Ai sezione per una lunghezza di metri 600, hanno tinta variabile dal grigio scuro al grigio chiaro ed al biancastro, son nettamente stratificati in banchi potenti da uno a tre decimetri e tanto più ben discernibili, in (pianto che un banco è per lo più di tinta diversa dal precedente e dal successivo ; riposano concordantemente sui Calcari Titonici , però pervengono a modificar essi pure gradatamente le condizioni di inclinazione che risulta di 34° ad ore 2,10° per gli strati superiori, se la misuriamo entro il vallone di Pourriac , ma che varia, per ripetuti ripiegamenti in vario senso, e di valore, e di orientazione, allorché la osserviamo alla sommità delle Lose dove è di 20° ad ore 0,10°, od al Colle del Piano dove ha ripreso ad un di presso il valore e l'orientazione che aveva in Pourriac. In questi Calcari seguibili sui due fianchi del vallone di Pourriac dove si scorgono (1) La sezione dei terreni giurassici fin qui seguita concorda nei grandi tratti colla sezione gene- ralo riferita dal Lory (op. cit.) a pag. 31-40 (Plateau calcaire juiassique du nord de l'isòre) e concorda con quella vicinissima a noi della valle del Drao, di cui dice a pag. 2-15: « En partant du Drac pour ntar i)iù sottili e raddrizzati. L'osservazione diretta colla bussola, mi ha data una inclinazione di 52" ad ore 2 per Pourriac. mentre, causa i già citati ripiegamenti in vario senso, essa è di 35" ad ore 22,5°, se osservata sul versante settentrionale presso la sommità delle Lose e di 39° ad ore 2, 12" se osservata sugli strati affioranti nella Stura in faccia a Bei-sezio. Il Calcare che compone questi strati, diventa schistoso e terroso, di un colore grigio-opaco e, se lo si esamina dal punto di vista Paleon- tologico, invece degli scarsi e mal conservati avanzi di Ippuriti e dei numerosi Fucoidi degli strati avanti citati , ci presenta una straordinaria ricchezza di fossili , appartenenti per lo più alla famiglia delle Nummulitidi (1), fra le quali già in un rapido sguardo potei distin- (1) I numerosi fossili che compaiono in questa località e presso Preinardo faraone unitamente ai fossili cretacei, allorché avrò raccolto sufficiente materiale, probabilmente l'oggetto di un prossimo lavoro, in cui ceiclierò di fare spiccare le relazioni che essi offrono coi fossili dei corrispondenti terreni affioranti nella Contea di Nizza. Serie II - Tom. XXXIV. » 90 Sri TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ guere specie appartenenti alle due sezioni delle Assiline e delle vere Nummuliti. Non mancano però i rappresentanti di altri tipi di animali, e già qualche Gasteropodo, analogo per forma ai Ceritii ed alle Melanie, si è manifestato per mezzo di sezioni naturali e numerose Bivalvi e copiosi Coralli appartenenti a varie famiglie ed a varii generi, fra cui largamente rappresentato il genere Tlirochocyathus, ci han già forniti molti calici isolati e molti polipai composti. Questi Schisti calcarei che in alcuni punti passano a vere ardesie, come al confluente del rio della Tussia col rio di Poui-riac donde procurai vemssero utiliz- zate industrialmente, hanno piccolissima potenza, non essendo attraversate che per una sessantina di metri; riposano concordantemente sui sottostanti Calcari Cretacei (la diffe- renza di direzione e d'inclinazione, manifestandosi fra i Calcari Cretacei e gli strati Nummu- litici e fra questi ed i successivi di macigno senza salti, ma progressivamente di strato in strato) (1) da cui poco nettamente possono venir separati e si estendono (lall'Enchastraye, di cui formano la sommità, in una striscia che raggiunge ed attraversa il rio di Pourriac. risale il contrafforte opposto, costeggia verso Nord tutta la costa delle Lo>.e ed il Monte Incanaux e, alla estremità Nord di questo, cambia di direzione e rimane scoperto per gran tratto, formando colla faccia dei suoi strati il versante Settentrionale di questa punta, fino a raggiungere Bersezio (2). Gli stessi Calcari Eocenici sopportano in Pourriac (quindi avanzando nel discendere il vallone) una potentissima formazione di Arenarie (inclinate di 43° ad ore 2,10" se misurate in Pourriac, di 34" ad ore 22,5" se misui-ate alle Lose), segnate nella annessa Carta con tinta verde-pomo e la lettera M. Queste Arenarie attraversate dalla linea AC di sezione per una lunghezza di ben due chilometri, constano di una roccia quasi interamente silicea, non mostrando che traccie di effervescenza allorché vengono toccate con acidi, e son costituite talora in strati sottilissimi (1-2 cm.), separati da straterelli ancor più sottili, micacei. carl)oniosi e come fangosi. I loro elementi sono allora per lo più finissimi e contengono numerose pagliette micacee. Il più sovente invece constano di banchi che raggiungono uno e talora due metri di potenza, a grossi elementi per lo più solidamente impastati ed irriconoscibili, dei quali raramente se ne scorgono ancora i contomi, e sono allor ciottolini di 1 fino a 5 cm. di diametro: la Mica nei materiali di questa seconda varietà scompare o se ne incontrano insignificanti traccie e gli elementi son quasi tutti quarzosi accompagnati da quantità insignificanti di materie ferrugino.se. Queste Arenarie siano esse a grandi banchi od a sottili strati, ma più (luoste ultime, sono ricchissime di fossili vegetali, particolarmente (dirò meglio unicamente) Kquiseti, di cui si incontrano frequenti sulle superficie degli strati gli internodii membranosi riconoscibilissimi. Molto più di rado avviene di incontrar qualche frammento di Cauli : qualcuno però si è potuto raccogliere. Sovente una maggior quantità di questi Vegetali, si confuse in una vernice carboniosa sulla faccia superiore di uno strato ed in essa non è più quasi visibile traccia di organizzazione, tolto forse (jualcuno dei già citati dischi membianacei più resistenti i quali ci possono svelar l'origine della sostanza carboniosa stessa. Altri fossili non furono per anco trovati in questa Arenaria se facciamo astrazione il) Vedi per analoghi rapporti stratigrafici iii vicini puuti dolle stesso .Alj.i .Mai iltiiiie la conclusioni del Pehez ; Sui Limiti geognostici del terreno Cretaceo nelle Alpi Marittime in Atti dell'ottava riunione degli Scienziati Italiani in Genova. Sez. di Geologia, Seduta 23 sett, 1846, (2) È segnata nella cartina con vrrde-cu|'0 e colla lettera N. PER ALESSANDRO PORTIS 91 da qualche impronta lasciata, passando, dal piede di qualche Uccello o di qualche Anfibio, impronte delle quali già feci menzione in una mia precedente nota (1). sotto i nomi di Ornitichnites Argenterae e di Saurichnites Pourriaci o da qualche rarissimo NemertUitp. I banchi di Arenaria vengono tagliati fin presso al punto di afiluenza del Eio della Goretta, il quale appunto nel suo ultimo tratto scorre sulla faccia superiore inclinata e da lui denudata del supremo strato della pila di Arenarie che abbiamo finora seguita : Anche queste Arenarie giacciono , come già accennammo, in stratificazione concordante sugli strati a Nummuliti, come questi giacevano concordantemente sui supremi strati Cretacei ; ma, volendo seguire la nostra sezione , noi siamo interrotti propriamente al punto di confluenza del rio della Goretta da uno dei fatti che più di frequente si incontrano nella stratigrafia pratica e che qui ci si presenta in tutta la sua semplicità, voglio dire da un salto accompagnato da ripiegamento. Gli strati che succederebbero ai descritti di Arenaria son di nuovo calcarei e non visibili che per la parte collocata più presso la Cresta dell'Enclausette. tutta la parte inferiore essendo ricoperta da materiale detritico in quantità immensa proveniente dalla rottui-a meglio dallo stritolamento degli strati stessi. Presso la (.'resta suddetta osservasi però ancora che il materiale calcareo in questione è distintamente stratificato, che riposa discordantemente sugli strati di Arenaria che interrompe in più punti, avente una incli- nazione inferiormente di una cinquantina di gradi ad ore 0,5° superiormente e accostantesi alla verticale che oltrepassa verso la cresta di ben poca cosa. Questi Calcari sono identici petrograficamente a (juei che abbiamo già incontrati presso al confine e che dicemmo rappresentanti assieme l'intiero complesso dal Lias inferiore fino all'Oxfordiano. Quan- tunque non abbia in essi incontrati fossili, son però portato a credere che essi rappre- sentino ancor questo stesso complesso e ciò tanto dalla natura del materiale, quanto dai rap])orti di stratificazione colle roccie superiori fossilifere di cui passiamo immediata- mente ad occuparci, non senza jjerò aver aggiunto prima sul conto di questi Calcari che essi vengono tagliati dalla nostra linea di direzione AC per un tratto di una cinquantina di metri e che nella nostra Cartina vennero contrassegnati collo stesso colore e la stessa lettera L dei Calcari della prima serie. A questi Calcari sovrastaimo altri i quali sono identici petrograficamente e paleonto- logicamente con quelli della seconda serie, vale a dire costituiscono un ricchissimo giaci- mento fossilifero dal quale i-i(!avai molti e preziosi fra i fossili descritti nella prima parte di questo mio lavoro. Essi sono di consueto stratificati in grossi banchi i quali seguono tutti gli accidenti di stratificazione del materiale sottostante, vale a dire inclinati dapprima di un 50" a Nord, van via via avvicinandosi alla verticale fino a superarla e ad airovesciarsi oltre a quella presso la cresta dell' Enclausette , dove la linea di direzione li taglia ancora come i precedenti per una cinquantina di metri. Questi Calcari essendo indubbiamente Titonici, ne vien per conseguenza che i Calcari lor concordantemente sottostanti sieno più antichi, ed essendo questi petrograficamente simili a quei che in ben prossima località rappresentano i terreni Giurassici inferiori e medii, vien naturale la conclusione che probabilmente gli uni e gU altri appartengano ad una stessa e medesima epoca. (1) Sopra alcune impronte eoceniche di Vertebrati. .\tti della R. .\cc. delle Scienze di Torino, Voi. 15, 18S0, pag. 221. 92 SUI TERHEXI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ Oltrepassati gli strati Titonici la linea di direzione AC taglia ancora per un centinaio di metri dei Calcari che rappresentano stratigraficamente e petrograficamcnte quelli che abbiamo pur già anteriormente trovati, che nominammo della terza serie e che dietro le Ippuriti contenute abbiamo determinati Cretacei; anclie questi Calcari in basso inclinati in un senso son poi in alto ravvicinati alla verticale e poi arrovesciati a C. Oltre questo incidente anzi essi non son già interrotti come quei della prima e seconda serie, ben più, essi si allun- gano per un certo tratto distendendosi oltre il jiunto di rovesciamento ed essendo man mano ad uno per volta ti'ovati poi dalla frastagliatura della vetta dell'Enclause. Infine a questi strati Cretacei succede ancora una trentina o quarantina di metri di Calcari Nummulitici ripiegati essi pure nettamente a C e che sono identici con quei della quarta serie dinanzi riscontrata. In cotal modo abbiamo sulla sinistra del vallone di Pour- riac, e solo da questa parte, una esatta rijietizione delle serie di teireni anteriormente incon- trate ; per un disturbo di stratificazione che non posso che limitarmi a constatare senza spiegazione, questi terreni ci si presentano raddrizzati, rovesciati, laminati e con una com- plessiva potenza di gran lunga inferiore a quella che già imparammo a conoscere per gli stessi terreni ; inoltre essi si estendono, nel territorio Italiano, dal confine fino in fondo al vallone di Pouiriac dove si affondano sotto al materiale detritiro e poi morenico, senza che dall'altra parte del vallone l'andamento generale stratigrafico sia stato menomamente tur- bato poiché noi là in faccia alla accennata dislocazione ti'oviamo il limite tra il Macigno Eocenico di cui parlammo ed un sesto terreno di cui passiamo ora a parlare e che adagian- dosi da un lato del vallone concordantementc sul Macigno stesso, dall'altro lato si adagia ancora concordantementc sopra la sottile pila di strati Nummulitici che abbiamo segnato come ripetizione della prima e ne segue tutte le accidentalità, come tentai di accennare nella unita sezione. La sezione nostra che, dopo avere oltrepassati per la seconda volta gli strati mummulitici, bo diretta dal punto C al punto B allo scopo di incontrar possibilmente tutti i terreni della località, scon-e per due nuovi chilometri su di un complesso di materiali a volta a volta: Calcare, Macigno e Scbisto decisamente stratificati ed estendentisi sul suolo Italiano: dal colle della Maddalena e dalla serra di Ventassuso lungo il rio della Maddalena, attraverso il rio di Pourriac e lungo la Stura sul versante Settentrionale della montagna delle Lose fino al Pra de Mulaz dove si assottiglia lasciando traspam- sotto di se dapprima il Macigno di cui si ò già parlato e poi il Nunimulitico. Questi materiali giacciono, come abbiam già detto, a sinistra del vallone di Pourriac direttamente sul Nuuimulitico di cui seguono tutti gli accidenti, essendo i loro strati inferiori ])ure per un certo tratto cajiovolti. poi man mano va scomparendo nei successivi strati ogni traccia di questo sconvolgimento. e gli strati superiori finiscono poi per essere nettamente inclinati di 45° ad ore 2. come potei verificare a N. 0. del lago della Maddalena, di 28° ad ore 1,4". alla cresta di Ven- tassuso ed ai Combaiassi e di 32' ad ore 4,10", alla cima del Poni. La faccia superiore dell'ultimo strato di questo complesso forma e limita pure il velante Setteiitrionale della serra di Ventassuso che appare quindi con una regolare pendenza; e inferiormente presso alle Qrangie la frastagliatura delle testate degli strati dà origine ai piccoli promontori che in tempi poco da imi remoti vennero utilizzati costruendovi sopra i Baracconi a difesa dei valichi della Maddalena e di Pourriac. Sulla destra del rio di Pourriac infine il complesso di strati che or ci occupa, copre con- cordantcmente il Macigno Eocenico avendo una pendenza di 30" ad ore 3 e, come alla PER ALESSANIiKO POKTIS 93 sinistra, forma colla sua faccia superiore parte del versante settentrionale della Lose a cui conferisce una regolare inclinazione. Questo complesso di strati la cui potenza effettiva è quasi di un chilometro, vien nello schizzo annesso contrassegnato con tinta verde-giallognola e colla lettera F. Lo considero come rappresentante il Flisch degli Svizzeri e dei Tedeschi, infatti vi si accordano: e la posizione stratigi'afica e i pochi fossili trovati. Questi sono finora tutti vegetabili e coni^i- stono in numerosissimi esemplari di Helniivthoidaea laht/rhìfhicn Heer_ che ho raccolti tanto per tutta la superficie del versante di Ventassuso. quanto in diversi giacimenti lungo il taglio di Pourriac ed in esemplari, pure assai belli sebben men copiosi di Fucoidi apparte- nenti per la maggior parte al Chondrites intricatus Sterno, e al Ch. Targionii Sterni), con poca probabilità di trovar altre specie molto numerose. Negli alternanti strati di Macigno si trovano ancor traccie di Equiseti indeterminabili. 11 rio della Maddalena e la prima parte della Stura che incontriamo al limite Setten- trionale di questo terreno rappresentante del Flisch percorrono una fessura prodottasi in strati continui che siano stati sollevati parallelamente da forze agenti su diversi punti della loro estensione. Quindi chi scende il fh/ilwrg del rio della Maddalena vede a destra la faccia superiore degli strati Eocenico-superiori ed a sinistra le testate degli infimi strati di una suc- cessiva pila, è ili una parola rigettato da teiTeni di una relativa vicinanza ai nostri tempi ad altri molto più antichi e deve per raggiungere ancora una volta i terreni Eocenici, risa- lire una serie ancor più lunga della precedente. Dietro (al Nord) del villaggio di Argenterà e strettamente addossate allo abitato, si innalzano per una ventina di metri gli orridi dii'upi denominati Le Balze, tagliati per lo più verticalmente, superabili in pochi punti, dai quali si staccano talor massi del volume di più metri cubi, la caduta dei quali die talor occasione a registrare luttuosi avveni- menti. Queste Balze, che è dato seguire dall'affluente del rio di Roburent fino alle Roccie Mortier, e di là. non più cosi facilmente, fino al confine Francese son costituite di un Calcare compatto, grigio screziato o venato, pochissimo alterabile agli agenti atmosferici , quindi producente un potente scalino che sporge allo infuori degli altri Calcari più teneri, e confu- samente stratificato in j)otentissimi banchi inclinati di 2 2 "ad ore 22 (esaminato alla estre- mità S. E. del contrafforte che separa il vallon di Roburent dalla Valle di Stura) o di 22° ad ore 1,8° (esaminato ai Combala.ssi in prossimità del Poggio di San Martino); son na- scosti da immensa copia di materiale Morenico e da detriti rocciosi e sopportano alla sommità una piccola quantità di Gesso ed Anidrite come appunto si scorge alla Gippiera al taglio della nuova Strada Nazionale ed a poclii metri al Nord della stessa cappella di- roccata di San Martino, fabbricata come tutte le Case di Argenterà e delle Grangie a spese di questo strato Ma torniamo al nostro Calcare: Mi giuoco lo stesso tiro che i Calcari cretacei ; dapprima assenza completa di fossili malgi'ado che . a causa dello imbarazzo che tale assenza mi cagionava, io ne percorressi il massiccio in ogni senso e \i arrivassi sopra da ogni dù'ezione. Poi un giorno mi si rivelò un unico articolo che poteva essere di un Crinoide. poi altri parecchi che stavolta non vi era più dubbio a]>partenevano allo Encrinus liliiforuiis, poi migliaia e migliaia dei medesimi ed infine massi che ne erano quasi intieramente costituiti. Questa fortunata scoperta coincideva, per riguardo al tempo, con una visita che mi aveva fatta sul luogo il Prof. Bruno di Mondovì il quale aveva, alcuni anni addietro, a^- 94 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ 3Ìeme al Prof. Gastaldi, trovato alla Scaletta lo stesso Encrinus e sulle coi indicazioni io l'avevo pure colà trovato (in quali condizioni vi si trovi dirò in seguito) ; ma anche il Bruno era abbastanza incerto sull'età da assegnarsi al Calcare delle Balze : la scoperta in esso deW'Fìì cri» US ìiliiformis, della quale lo posi a parte e che gli mostrai sul luogo, troncò ogni dubbio e mi autorizza ora a collocare questo Calcare nei piani superiori del Trias e a considerarlo come rappresentante il Muschelkalk. Successivamente trovai ancora grandi masse di un organismo, probabilmente di un qualche Stromatoporide , il quale per la grande importanza e il grande sviluppo che pare abbia acquistato in questo terreno, ha risvegliato in alto grado il mio interesse e fa presentemente l'oggetto di uno studio speciale; finalmente parmi di essere sulle traccia di qualche Gh'roporclla. n Calcare delle Balze è nello schizzo annesso segnato con tinta giallo d'ocra e colle lettere T. M. ha minore sviluppo al SO. della sua zona di estensione e maggiore al Nt). essendo colà attraversato dalla nostra linea CB di direzione per un tre o quattro cento metri. Sopporta, come già annunziai, un poco potente strato di Anidrite e Selenite (vi si trova qualche minuto e ben sviluppato cristallo di Selenite ) segnato con punteggiatura rossa e colla lettera g. esagerato sulla Carta per renderlo visibile, ed al quale si può tener dietro dalla Gippiera sopra l'antico casotto doganale fin oltre il rio Kivet. Abbandonati i Gessi che sono in qualche punto accompagnati da Carnioli. noi ci inoltriamo nei Calcari 'J'itonici delle Grangie identici con quei che abbiamo già menzionati alla Rocca dei Tre Vescovi, a Pourriac e Lose ed alla Goretta, segnati nella Carta collo stesso colore e lettera e che per U loro abbondante contenuto di Organismi Fossili furono lungamente trattati nella prima parte di (juesto lavoro. Questi Calcari vengono attraversati dalla linea CB di sezione per una sola ([uarantina di metri se ci bmitiamo alla superficie: affondandosi però il piano di sezione non li abbandona ])er un 1500 metri. Infatti se consideriamo l'andamento stratigrafico di questi Calcari, vediamo, e ciò riesce evidentis.simo nella salita al colle del Tinetto e fu da me riportato nella annessa sezione, vediamo dico, come i banchi abbiano una inclinazione di 30° ad ore 2.8". Questa inclinazione riene ad un tratto cambiata in :i3° ad ore 14, per riassumere poi dall'altro versante del vallone di Roburent una orientazione pressoché eguale alla primitiva : ne risultano così formati dapprima una conca la cui linea mediana si trova giacente presso a poco nel piano verticale abbas- sato lungo lo spartiacque delle roccie Mortier . ed una sella o volta la cui anticlinale percorre il thalwcij del vallone di Roburent. ha parte mediana di questa volta fu rotta ed esportata ; non ne rimangono . di ([ua e di là del vallone e riconoscibili a chi il percorra longitudinalmente, che le due gambe dello anticlinale stesso riconoscibili alla direzione o])posta degli strati. I Calcari Titonici delle Grangie adunque sporgono lungo una linea diretta da NO. a SE. nel vallone della Maddalena e nella alta Valle di Stura, dove si adagiano in stratificazione discordante sui sottostanti Calcari ad Encrinus ìli una lista che ha circa due chilometri di larghezza alle due estremità, e che verso il mezzo si biforca circondando o , dirò meglio , sop]iortando un massiccio di un altro tiirreno di epoca più recente. Questo consiste in Calcari a strati sottili, idontici petrograficaraente con quelli già due volte incontrati nella nostra sezione e stati considerati come Cretacei. Paleontologica- mente. ])aiono confermare la collocazione loro con questi Calcari cretacei, avendovi trovate PER ALESSANDRO PORTIS 95 oscure traccie che paionmi dover essere riferite ad Ippuriti. Tanto il Prof. Sismonda in altri tempi, quanto io nell'ultima estate, vi abbiamo trovate delle Belemniti « tronconate » ed indeterminabili specificamente , quantunque vi abbia già trovati i rappresentanti di almen due sezioni (Paxillosi ed Hastafi), non si trovano in grande quantità, ma quasi in ogni escursione mi riesciva di metter la mano addosso a qualcuna. Abbiamo adunque questi Calcari qui affioranti per la terza volta , come una quarta li troviamo alle Barri- cate, ma in ogni località noi li vediamo in condizioni stratigrafiche differenti. Infatti, alle roccie Mortier ed al Tinetto, è verificabile come esse non ricoprano che per lieve potenza il sottostante Calcare Titonico ( che abbiam detto presentare in questa linea la sinclinale della conca descritta) sul quale e nel quale si adagiano empiendo la conca stessa coi loro strati inclinati verso i due pioventi del contrafforte, di cui formano la sommità, a mo' dei due pioventi di un tetto. Abbiamo quindi nello stesso piano: al disopra l'anticlinale degli strati Cretacei, al disotto la sinclinale dei Titonici, la conca fonnata da questi sendo stata riempita da quelli. Questi rapporti poco chiari allorché il contrafforte vien tagliato dal percorso CB lo diventano invece molto di più sul percorso AB e si mostrano poi evidentissimi a clii segua il percorso che sulla carta ho indicato colle lettere DE. Per finirla con questi Calcari Cretacei mi occorre ancora render noto un fatto di grande importanza. Ho già parlato dei rapporti esistenti fra i fossili scoperti nel Calcare delle Grangie e quelli trovati nel Calcare del Chaberton. e che io sia inclinato a credere sincroni questi terreni. Aggiungo ora come il sig. Bottan, che già aveva accompagnato a Clavières ed al Chaberton il prof. Gastaldi ed il llichelotti, recatovisi ancora nell'estate 1880 vi abbia trovato un frammento di roccia che, avuto in comunicazione dal prof. Mi- chelotti, scopersi con gioia essere identico, quanto ai suoi caratteri e.'iterni e per il modo di alterabilità agli agenti atmosferici, col Calcare da me studiato al Tinetto, ed anzi soj)- portare come quello una porzione di Belemnite che si potrebbe benissimo confondere con quelle del Tinetto. In una parola i due Calcari collocati l'uno accosto dell'altro non si distinguono in modo alcuno fra loro e paion esser due frammenti di uno stesso ed identico masso. E ad aggiungere probabilità alla cosa il contenuto organico dell' uno ha con quello dell'altro comunanza di Genere e di Sezione, peccato manchi la determinabilità della specie. Non conosco finora in quali rapporti si trovi col Chaberton questo Calcare relativamente all'altro, ma proponendomi di andarli ad accertare sul terreno, son pur già lieto di constatare come si accentui la probabilità di poter trovare a notevole distanza (per terreni accidentati come le Alpi Occidentali) i rappresentanti di alcune delle sezioni riscontrate in Argenterà. Ritorniamo alla nostra antica linea CB di direzione. Essa ha, come già dicemmo attraversato per una quarantina cU metri il Calcare Titonico delle Grangie; attraversa ora per un 800 metri le roccie cretacee e per altrettanti ancora il Titonico di Koburent; portandosi poi ora presso il lago incontra dapprima un giacimento Eocenico ricchissimo di fossili, specialmente Coralli. Bivalvi, che è contemporaneo col Nummulitico di Pourriac e Bersezio, ed al quale ho assegnato sulla Carta lo stesso colore e la stessa lettera. Questo terreno Eocenico, in strati sottili, adagia concordant emente, a quanto parvemi. sul- l'inferiore Calcare Titonico, vien attraversato dalla linea nostra di direzione BC per men di un centinaio di metri e vien discordantemente ricoperto da potenti banchi di una Qg SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ roccia che : ha in basso l'aspetto di Quarzite compatta, più in su di (luarzite gi-anulosa, più in su assume Feldspato in grani rari e minuti che van rapidamente aumentando di quantità e volume fin che la roccia finisce per presentarcisi sotto l'aspetto di un con- glomerato di Quarzo e Feldspato e numerosi altri minerali secondari, fra cui il Corindone : In questo cosidetto conglomerato i cristalli di Feldspato, rossi per posteriore alterazione ra<«nungono talor il volume di un uovo di gallina e spiccano sulla massa restante a gi-ossi elementi bianchi e verdi fornendoci cos'i una roccia brillantissima sebbene in questo stato pochissimo tenace. Quale sarà l'origine di questa roccia? Sarei portato a credere essa non sia che il materiale vulcanico emesso a grande profondità sottomarina jirima dell'emissione della lava che nel caso nostro sarebbe una roccia porfirica di un bel color rosso che nella stessa località ho trovata stratificata al disopra della roccia in ijuestione, con una ])otenza di metri 20 ed una inclinazione di 47" ad ore 1,7": e che ben merita colla sotto- e la sovrastante di essere studiata a parte. Finalmente al disopra di questo, che per ora chia- merò ancor Poi-fido, si adagia concordantemente un'altra roccia porfirica a grana più fina e di color verde e che io considererei come il Tufo N'ulcanico formatosi per mezzo del materiale sciolto vomitato dal Vulcano dopo l'emissione della Lava, e sottoposto ad una grande pressione; questo materiale avrebbe una potenza di 60 ad 80 metri e forma colle due roccia preaccennate il fondo e parte dei pioventi del valloncino ove giace il maggior lago di Koburent. Il bacino di quest'ultimo è pienamente scavato in queste tre roccie porfiriche che lo incorniciano, che prendon parte ciascuna alla sua formazione e che \i si avanzan fin dentro a mo' di piccoli contrafi'orti. Premuto dal tempo non potei osser- vare verso SE. l'estensione di questo apparato vulcanico, il quale dall'altra si inoltra ancor per gran tratto sul suolo Francese. Ricordo anc(Ji-a come un Tufo Poi-firico verde abbiamo incontrato al sommo della valle della Tinca al colle di Pourriac, i)unto di jìartenza della nostra sezione, e come potrebbero benissimo aver reciproca relazione questi due Tufi Porfirici non separati che da una distanza di 8 chilometri, massime allorquando si osservi che il Tufo Portìrico in una delle località sottostà direttamente al Lias e nel- l'altra ad un terreno che, come vedremo, deve esser portato ad un'epoca più recente di quella che ne indichino i suoi fossili. E per finirla affrontiamo ancor quest'ultimo Calcare che forma a Nord il limite della nostra sezione e che costituisce il massiccio della Scaletta. È stratificato concordantemente alle sottostanti roccie i)oi'firiche, ed in esso trovarono, il prof. Gastaldi ed il Bruno, gli articoli dello stilo di Encrinus liliiformis. Era naturale lo ammettere che il terreno che li conteneva ajjpartenesse al Muschelkalk. del quale l'Encrinus è fossile affatto caratteristico. ]mr sono ora forzato ad ammettere che il terreno in (questione sia posteriore al Muschelkalk e contemporaneo al Lias o ad un teiTeno ancor più recente. Infatti, sulle indicazioni del prof. Gastaldi, trovavo bensì l'Encrinus; ma osservavo altresì che l'Encrinus non vi si trovava per cosi dire che di seconda mano. In una parola il Calcare della Scaletta è un Brecciato e gli strati son composti di elementi angolosi di Calcare di varia natura e varia tinta intimamente saldati da un cemento calcareo compatto di tinta jiiìi chiara ed avente ad un dipresso la stessa alterabihtà degli elementi che racchiude. Alcuni i)oi degli elementi contengono o sono esclusivamente composti di articoli (anzi per la più gran parte minutissimi franinicnti degli articoli stessi) di Encrinus del (juale non si incontra alcuna traccia nel cemento che impasta gli clementi della PER ALESSANDRO POKTIS 97 Breccia. Sono adunque portato a credere che uel mar Triassico vissero gli Encrini (e lo vedemmo alle Balze dove sono in posto) e formarono coi loro avanzi immensi depo- siti di roccia, che questa roccia già pienamente formata fu in un tempo successivo sfracellata e riutilizzata alla formazione di nuovi strati, i quali, benché finora non fossi- liferi per se stessi, contengono invece, per usurpazione, fossili che , esaminati in buona fede, sono fallaci e porterebbero a fallaci conseguenze. Forsechè la roccia Porfii-ica che abbiamo veduto in Pouniac sottostare concordan- temente al Lias e qui sottostare ancor concordantemente a questi Calcari debba servii'ci d'indizio per collocar nel Lias ancor questi ultimi ? Io mi accontento di lasciar irrisolta la questione, e per conseguenza invece di assegnare a questi Calcari il colore che ho assegnato a quelli considerati come appartenenti al Lias e Giura medio, preferii assegnar loro quello già scelto pei Calcari ad Encrini delle Balze di Argenterà. Solamente debbo avvertire che in questo caso comunanza di colore indica solo comunanza di fossili, non comunanza di età. Al Colle della Scaletta tronco^ la mia sezione che rimase già abba- stanza complessa osservando come in e-ssa per ben tre volte vengano ad incontrarsi gli stessi teri'eni, ed in condizioni semjire diverse ed immensamente istruttive, e come la maggior parte di questi teiTeni abbiano con se portato il Jlateriale Fossilifero necessario a distinguerli, se non abbondante, almen per lo più sufficiente. Prima di finire, due parole ancora sul Terreno Glaciale che. pi-r l'interesse dovuto agli altri terreni più antichi, ho affatto escluso dalla Cartina delle località. Traccie di antichi ghiacciai sou pochissimo discernibili nel vallone della ^Maddalena dovendosi anco il laghetto di (jucsto nome considerare come prodotto dallo sbarramento del Vallone per mezzo dei detriti del Rio des Parties. i quali finiranno in breve unitamente a quei di un superiore torrentello e di quel di Ventassuso per colmare il lago stesso. Qualche lembo di ghiaccio avrà pur fatto discesa dal Becco della Signora e qualche insignificante traccia deve trovarsi a monte della Maddalena e questo è il tutto. Foi-se del mateiiale morenico che troviamo al poggio di San Martino qualche piccola parte vien da questo vallone ed è quella che si trova sulla sommità del poggio, mentre tutto il resto è prodotto dell'attività glaciale del vallone di Pouniac. In questo secondo vallone troviam lungo tutto il thaltveg traccie evidenti del passaggio glaciale e dap]irima, ad un chilometro a valle del Baraccone, due o tre serie di collinette concentriche ed in miniatura che sbarrano l'alto vallone e che già sostennero un laghetto, or ricolmato, ma ancor peifettamente riconoscibile alla livellazione del terreno. Proseguendo nella discesa troviamo qua e là frequenti i ciottoli striati, ma più sj)ecial- mente sotto al promontorio Cretaceo della Tussia la roccia costituente il fondo del val- lone è in più punti lisciata e striata. Il successivo Macigno Eocenico ha fornito al Ghiacciaio una immensità di materiale trasportabile, non ha però ricevuto traccia ricono- scibile dal suo passaggio. A partir dal rio della Goretta e fino al poggio di San Martino seguiamo senza interruzione la Morena Laterale Sinistra sviluppatissima, indistinguibile dalla Morena Profonda iinialzantesi fino a 40 ed a 50 metri sul thalwpg del vallone, in più punti tagliata e scoscesa or dal Pouniac, or dai suoi affluenti e costituita di un'im- mensità di ciottoli striati, levigati , angolosi e fi-ammentam di ogni volume e di ogni sostanza impastati in un cemento argilloso di colore azzurro-cenerognolo e di una enorme resistenza agli agenti esterni. Giunta al piede del Poggio di San Martino questa Serie IL Tom. XXXIV. 98 SUI TERRENI STRATIFICATI DI ARGENTERÀ Morena Sinistra si ripiega ad angolo retto e forse più, prendendo la direzione della prima parte della Valle della Stura, costituendo il fondo su cui è fabbricata la Frazione delle Grangie e proseguendo oltre, ma senza essere più visibile che col mezzo di profondi intagli (come a tal uopo servirono le trinciere pei « torniclietti » della nuova strada) essendo mascherata da uno immenso cumulo di materiale franato e trasportato dai nu- merosi ed ancor più capricciosi torrentelli che precipitano dal versante sinistro della valle e non ricomparendo che un buon tratto al disotto di Bersezio dopo aver disceso il cono del Kio di Stiracul. Le traccie della Morena Laterale Destra son di ben altro genere, essendo stata espor- tata la parte profonda, non rimase che la parte superiore ; Questa, la corrispondente parte della Sinistra e la Frontale son rappresentate da immensi blocchi del Macigno Eocenico citato nella sezione, collocati: da una parte sul versante Orientale delFEnclause, ma in molto maggior numero sulla faccia Meridionale del poggio di San Martino e dall'altra sull'acuta costa che limita a destra il vallone, in posizioni e luoghi che non hanno molto di rassicurante sulla stabilità del loro equilibrio. Debbo a questo proposito notare che i più belli di questi massi hanno appunto dovuto sparà'e nello scorso anno. Il materiale che li costituiva, possedeva «lualità troppo ricercate, perchè non venisse impiegato come materiale di costruzione dei murazzi a sostegno della Strada Nazionale passante per l'Argenterà. Le mine e gli scalpelli lianno sacrificato alcune centinaia di questi massi. Pochi superstiti di piccole dimensioni sono rimasti. Speriamo che ugual sorte non sarà serbata ai loro compagni di destra, separati come essi sono da un profondo e stretto vallone che ne rende costoso il trasporto e collocati in sito tale che non è presumibile possa in prossimi tempi servir di base ad una costruzione qualsiasi. L'estremità Nord del vallone di Pomriac e la sommità della Valle della Stura. sono poi occupati dai Depositi di Ciottoli di foimazione contemporanea dei rivi e torrenti che li percoiTono: di formazione pure contemporanea sono i Travertini di Ventassuso e di Combalunga. Kiassumendo, ecco la serie dei terreni incontrati nella sezione finora descritta 1. Gneiss. 12. Flisch. 2. Tufo porfirico. 13. Calcari a Encrini. 3. Calcari rappresentanti il Giura Nero 14. Gessi. e il Bruno. 15. 3 Calcari Titonici. 4. Calcari Titonici. 16. 3 Calcali Cretacei. 5. Calcari Cretacei. 17.4 Calcari Titonici. 3 Calcari Eocenici. 2 Porfidi e Tufi Porfirici. Calcari a Encrini più recenti del Trias. In fondo allr valli e valloni. Morene ed Enatici. Materiale di trasporto contemporaneo e Travertini. PER ALESSANDRO PORTIS 99 Egli è tempo finalmente di raccogliere quanto son venuto fin qui esprimendo in una forse un po' lunga disserta2done e concretarlo in pochi punti. I risultati adunque fino ad ora ottenuti, sono i seguenti : 1° Le roccie che costituiscono le Balze dietro Argenterà sono Fossilifere ed appartengono al Muschelkalk ; 2° È probabile che i Gessi e Camioli, che loro sovrastanno, appartengano pure al Muschelhalk ; ad ogni modo, non son qui sufficienti a servire quale Orizzonte Geogno- stico a stabilire il limite fra i terreni Triassici ed i sovrastanti: 3° Il Calcare della Scaletta, benché contenente gli stessi organismi che quel delle Balze, non gli è contemporaneo ; 4° La roccia fossilifera di Argenterà o delle Grangie, che finora era stata attri- buita al Lias, appartiene al Giura superiore e corrisponde al piano Titonico inferiore; 5" Essa si adagia regolarmente sulle roccie del Lias e del Dogger, che se ne distinguono paleontologicamente ; 6° Alla lioccia Calcarea Fossilifera di Argenterà, si sovrappone discordantemente il Calcare Ippuritico , che finora era stato escluso dalla composizione delle Alpi e che si frammette al Titonico ed al Nummulitico; 7° Il terreno Eocenico si sovi-appone direttamente ai terreni Cretacei e consta di tre formazioni nettamente distinte , cioè : una inferiore Calcareo-schistosa ricchissima in Nummuliti , una media di Arenarie ad Equiseti , ed una superiore di Macigno, Schisti Calcarei e Schisti Argillosi a Fucoidi ; 8° Al terreno Eocenico non sovrastanno che depositi appartenenti all'epoca Gla- ciale ed alla Contemporanea. Torino, in ottobre 1880. C\c.;^.ih''^h:lr A, S, 'Jufnlcii. .>^..<' S''Km.,.. XXXIV, A^,^-^'ii,~>^^mr.lcLjaU,^^ <.-. .)...!.■.. li .1. Clr,,.-,.I.-..T lì„„r,,rh, ^rfjli rx.M,.Unl,J, lnr„fr,mmPa.TS..tampnin,ìmadÌ0. Ì f I I n 5 ft H =1. i c"^f* J..''V"'it.^-. d«u.f.. a*frc..«i'..t.-i.. !«:,<,ft.i ■>n.,.u»f.,... C \ 4ai: 101 STUDIO COMPARATIVO DKL TRUTTO OTTICO E DEI CORPI lìENICOlìTI NELL'UOMO, NELLA r^CIMMlA E NEI MAMMIFERI INFERIORI Dott. FERRCCCIO TARTIFERI Letta ed approvata nell'adunanza 29 Maggio 1881 Uno dei punti più oscuri die tuttora esista nella conoscenza delle vie ottiche si riferisce al modo di comportarsi di quella porzione del tratto che trovasi suhito sopra il peduncolo cerebrale, ove cessando di essere cordone compatto si spennella in fasci di fibre frammezzati da sostanza cinerea. Nei primati sembrava non potesse venir contraddetta la concorde asserzione degli anatomici che il corpo genicolato esterno fosse il primo ganglio che incontra il tratto ottico, quando recentemente il Verga descrive un nuovo ammasso di sostanza cinerea (ganglio cordato), che prima del grigio del corpo pfifìcolato laterale si interporrebbe alle fibre ottiche. Nei mammiferi inferiori poi le cose, benché non siano state ancora controverse, sono ciononostante molto oscure : in essi speciale sarebbe la conformazione dell'origine apparente del tratto ; questo nel più dei casi non assumerebbe tutti que' rapporti che si osservano nei primati ; il pulvinar thalami non esisterebbe che in alcuni e solo in condizioni rudimentali. Struttura poi e rapporti del tutto eccezionali avrebbe quella formazione che nel loro cervello rappresenterebbe il corpo genicolato esterno àéiVuomo e della scimmia. I pochi anatomici che di questa formazione fanno parola, sono tutti concordi nel considerare come tale quella grossa eminenza (1) più o meno piriforme ri- coperta dal tratto ottico, posta avanti e all'esterno delle eminenze higemine anteriori e ampiamente adiacente al talamo ottico. (I) Questa eminenza sembra da alcuni Autori, di quelli che non parlano del corpo genicolato esterno, esser designata come parte del talamo ottico, dico sembra poiché le figure e le indicazioni sono in alcuni poco chiare (Vedi Stieda - Studien ùber das centrale nercensystem der Vògel und Sauyethiere. Leipzig, 1868. Tav. 2, fig. 41 , 42, 43, 44. Topo = e Lussana e Lemoigne: Fisiologia dei centri nervosi encefalici. Padova 1871. Voi. 1, fig. 233, 234, 235 = Lepre - pecora. — Panizza - Os- servazioni sul nervo ottico. Mem. dell' Istit. Lombardo, 1855. Tav. IX, fig. 4 cane, fig. 6 cavallo. 102 STUDIO COMPAKATIVO DEL TRATTO OTTICO ECC. Le sole ricerche microscopiche che io conosca, comprovanti questa corrispon- denza, non furono fatte che pochi anni indietro dal Forel (1) sotto la dilezione del Meynert. Esse naturalmente dovevano tendere soprattutto ad escludere che la detta eminenza rappresentasse il pulvinar timi ami dei primati. Il pulvinar , dice il Forel , è la continuazione posteriore ed estema dello strato superiore (oberes Lager) dell'estremiti, posteriore del talamo. Esso perciò non può trovarsi sopra le parti situate più all'indietro e all'infuori come sarebbero i corpi genicolati. Se adunque la parte designata nelle figure '5, 7, 8 (2) come corpo genicolato esterno sta evidentemente sullo strato superiore del talamo non può essa in nessuna guisa corrispondere al pulvinar. Di più questo si assottiglia dall'avanti verso l'indietro mentile la parte in discorso si assottigUa invece dall'indietro all'avanti. Di più infine la sostanza del pulvinar viene attraversata dalle braccia delle emi- nenze hi (/emine. E contro la facile ma grave obbiezione che il corpo genicolato estemo dei mam- miferi non avrebbe più la struttura caratteristicamente stratificata dei primati, risponde ammettendo che le fibre nei piccoli mammiferi siano poco visibili per il piccolo spessore della guaina midollare e poco numerose per il piccolo sviluppo delle ii-radiazioni degli emisferi in questi corpi genicolati esterni. Con ciò sembrava chiusa la via a nuove ricerche. Io, in un lavoro (3) pubblicato due anpi indietro, dovei parlare incidentalmente del corpo genicolato esterno dei mammiferi. Trovando cosi concordi gli osservatori , nella designazione di questa parte, e sembrando ancora a me abbastanza verosimili le conclusioni che questi avevano tratto dall'anatomia macroscopica comparativa, credei poter accettare le risultanze dei loro studi senza bisogno di instituire speciali osserva- zioni microscopiche. Non ostante l'identità dei risultati che gli osservatori (4) trassero dagli studi ana- tomici comparativi, non ostante l'accuratezza delle ricerche di anatomia microscopica di un valente osservatore quale il Forel, purtuttavia, come il presente studio ci porterà a concludere, si fu sinora lontani dal vero ; quanto nei mammiferi inferiori si designò come corpo genicolato esterno o superiore , o anteriore appartiene invece nella sua massima parte al talamo ottico ; la formazione clie realmente corrispondo al corpo geni- colato laterale dei primati, non è stata ancora ne osservata ne descritta (5). Le indagini per cui io giunsi a determinarla, furono occasionate dall'avere osser- vato che questo cos'i detto corpo genicolato esterno dei mammiferi inferiori (fig. 7 e 6, P-hCGA) non presentava ovunque la stessa tessitura né per rispetto alla quantità (1) Forel — Beitràge lur Kenntniss des Thalamus opticus und der ihm umgebenden Gebilde bei den Sàìigelhieren. Zurich, 1872. (2) Forel — Loc. cit. Tav. 2. (3) Tartukeri — Le eminenie bigemine anteriori ed il tratto ottico della talpa europea. Riv. gperìm. di Freniatria e Med. legale, 1878, pag 22. (4) 'Iratiiilet, Lonqet, Inzani o Lemoigne, Luys, Krausk, Gudden, Huqoenin (5) Tahtukeri — / corpi genicolati dei mammiferi studiati nei loro rapporti colle fibre del tratto ottico e nelle loro forme cellulari (Com. prev. fatta al Congresso di Freniatria di Reggio Kmilia, 1880. PEL DOTI. FERRUCCIO TARTUFERI 103 e disposizione delle fibre nervose, ne per rispetto alla forma delle cellule gangliari, mentre invece il corim genicolato esterno o laterale dei primati (fig. 14, 15) ha ovunque la stessa tessitura e le stesse fonne cellulari. METODO DI INDAGINE. Nelle presenti ricerche mi trovai nella necessità di esaminare serie non interrotte di sezioni successive del tratto ottico a partire dai peduncoli sino alle eminenze bigemine anteriori. Il tratto (e le parti da lui ricoperte) venne sezionato trasversalmente, longi- tudinalmente ossia parallelamente al suo margine anteriore ; obliquamente ossia tras- versalmente all'asse mesencefalico. Molte sezioni vennero fatte col microtomo. Per determinare il decorso delle fibre nervose usai soluzioni diluitissime ('/eooo. Vioooo) di acido osraico secondo il mio metodo. Per determinare le forme delle cellule nervose mi servii della colorazione nera (Golgi), metodo preziosissimo al quale, benché poco diffuso e da poco scoperto, pure già spetta l'incontestabile vanto di avere apportato alla conoscenza della fina anatomia del tessuto nervoso un contributo tale che nessuno dei metodi finora conosciuti può meno- mamente vantare. KICERCHE DI ANATOMIA MICROSCOPICA. Porco. — Osservando attentamente il (ratto ottico nella sua porzione nastriforme a livello del corpo (/micolafo posteriore (1), vediamo che si può considerare come diviso in due fasci per una leggera solcatura (vedi schema 6°, S) che qui comincia e che decorre obliqua verso l'alto e l'avanti sulla superficie anteriore estema déìVEminenza talamo- genicolata (2). Questa solcatura, talora evidentissima, ha una grande importanza poiché costituisce, come vedremo, Vìoiiro accenno per cui all'esterno e macroscopica- mente possano in modo approssimativo delimitarsi parti sottoposte di tessitura molto differente. Se facciamo una sezione trasversa del tratto un poco al di sotto del corpo genicolato posteriore vediamo che esso è nastriforme e che l'area di sezione delle sue fibre può per la solcatura sopra accennata (fig. 1 , S) distinguersi in due aree secondarie quasi di eguale lunghezza, una anteriore, l'altra posteriore rappresentanti le rispettive sezioni dei due fasci in cui il tratto può, come dicemmo, considerarsi diviso. Le linee limitanti il contorno estemo di queste aree secondarie sono leggerissi- mamente curve, ma ben presto (più in alto), la linea limitante il contorno dell'area po- steriore diventa notevolmente curva sia rispetto a quello e, e prima era. sia rispetto al contorno dell'altra. (1) Chiamo nei mammiferi inferiori corpo genicolato posteriore , quello corrispondente al corpo genicolato interno o mediale dei primati. (2) Designo con questo nome, per ragioni che esporrò in appresso, l'eminenza sin oggi erronea- mente ritenuta corrispondente al corpo genicolato laterale od esterno dei primati. 104 STUDIO COMPARATIVO DEL TRATTO OTTICO ECC. Procedendo iu alto colle sezioni vediamo già a livello della parte inferiore del corpo genicolato posteriore come al di sotto delle due menzionate porzioni del tratto esistano formazioni diverse. Al disotto del fascio anteriore e della porzione anteriore del fascio posteriore esiste xinarea di sostanza mista (fig. 1,C6A). I fascetti che vi si osservano, sono come le fibre del tratto sezionate trasversalmente e formano in corri- spondenza del fascio anteriore una serie ordinata parallela alla superficie e posta nella linea d'unione del quarto esterno coi tre quarti interni dell'area. Più all'indentro (nei tre quarti interni), vi sono rari ed isolati fascetti che tendono a formare un'altra serie analoga alla precedente. Al di sotto della porzione anteriore del fascio posteriore si vedono sezioni trasverse di fascetti separati da poco grigio interposto e che si confondono con (luelle dei fascetti che all'interno limitano l'area mista sopra descritta. Al di sotto poi della porzione posteriore del fascio posteriore, immediatamente al davanti del corpo genicolato posteriore e con questo confinante si vede la sezione di una formazione prevalentemente grigia, che appare come un'area chiara a forma ili virgola molto incui'vata con la punta in avanti (fig. 1. P). Essa è prevalentemente costituita di sostanza giigia e con i metodi comuni si vede risultare di grosse cellule come vescicolaii. Presenta, tra le altre fibre nervose che l'attraversano, distintissimo un ordine (se- zionato per trasverso in sezioni trasverse), che divide quasi esattamente iu due parti la sua estremità appuntita. Più in alto quest'area grigia si estende in avanti, e quando la sua estremità anteriore ha raggiunto la solcatura, allora si mostra romboidale con gli angoli arrotondati. Non si vedono più allora i fascetti posti tra essa e l'area mista, la quale cos'i risulta solo della sua porzione anteriore, di quella cioè ove esiste l'ordine di fascetti parallelo alla superficie. Nella fig. 2 si vedono chiaramente questi dettagli nella pecora. Procedendo in alto si vede che l'area grigia, conservando la sua forma romboidale ad angoli arrotondati, continua ad estendersi verso l'avanti : Varca mista va conseguen- temente sempre più accorciandosi e finisce per scomparire. La solcatura diviene sempre meno profonda ed un'unica curva finisce per limitare all' esterno la sezicme del tratto. L'angolo anteriore dell'area grigia si mostra iliviso in due da una serie di sezioni tras- verse di fibre nervose. Cavallo. — Il fratto ottico è sviluppatissimo. Esso ben presto si appiattisce e diventa nastiiforme. Facendo un taglio trasverso sul peduncolo pi-osso il margine superiore, aiiparisce come un'area molto allungata di sezioni trasverse di fibre nervose stipate che poggiano direttamente sulle fibre peduncolari. Presso l'estremità inferiore del corpo genicolato posteriore, forma il rivestimento midollare di un'rtr^rt di .fostanjsa mista, i cui fascetti nervosi tendono, come nel ]iorco. a disporsi in serie parallele alla linea esterna di contorno, la quale qui già comincia a divenire curva. All'estremità inferiore del corpo genicolato posteriore persiste la detta arra di sostanza mista, ma posteriormente a lei tra essa e corpo genicolato posteriore comincia come nel porco ad apparire un'orca prevaìentenìriite grigia reniforme ricoi)erta PEL DOTI. FERRUCCIO TART^FERI 105 nella sua porzione esterna dalle fibre del tratto , e composta di cellule nervose di apparenza vescicolare abbastanza grosse e di fascetti di fibre nervose tra loro paralleli. Quest'area grigia ci appare sempre maggiore man mano che procediamo in alto colle sezioni, poiché la sua estremità anteriore si arrotonda, si ingrandisce e si spinge verso l'avanti. Ella così assume forma di virgola la cui punta sia volta verso lindietro, la testa, il davanti. — Il lato concavo è ricoperto dalle fibre del tratto. Varrà vìistu per l'ingrandimento dell'area grigia viene spinta verso l'avanti e diminuisce proporzionatamente di lunghezza. Quando è scomparsa troviamo la linea di contorno della sezione del tratto molto convessa a al di sotto di lui esiste da sola l'area prevalentemente grigia. Nel cavallo in una parola abbiamo, senza notevoli differenze, le stesse immagini che nel porco. Pecora. — ■ Anche nella pecora la formazione mista ha forma di lamina, ed assume colla formazione grigia gli stessi rapporti che nel porco e nel cavallo. Coniglio. — Il tratto ottico subito in vicinanza del chiasma comincia ad ap- piattirsi, diviene poi nastriforme: un fascetto di fibre ad esso apparentemente appar- tenenti, e costituenti il suo margine posteriore, si approfonda tra i due fasci del pe- duncolo cerehrale, il resto forma (in gran parte) uno strato di corteccia M'cminema talamo-genicolata. Se l'osserviamo in sezioni tra-> verse successive a partire dal fascio superiore del jicduncolo lo vediamo dapprima costituire un'area di fibre nervose un poco schiacciata, diretta all'avanti e all'esterno, il cui asse maggiore sta al minore all'incirca come 3:1. Procedendo in alto quest'area mostra la linea supei-ficiale di contorno sempre più convessa ed in una sezione fatta a livello della parte inferiore del corpo genicolato posteriore abbiamo l'immagine disegnata nella fig. 3. Qui il complesso delle sezioni della maggior parte delle fibre del tratto ha appunto forma di C (fig. 3. T 0). Al di sotto di questo C esiste una formazione di sostanza mista caratterizzata dalla disposizione dei fascetti di fibre nervose (fig. 3, CGA). Vi è un ordine di grossi fascetti vicino alla corteccia midollare, come nel maiale, nel cavallo e nella pecora. Più in dentro si vedono per solito quando la sezione è esattamente trasversale, due ordini di piccoli fascetti, il più esterno dei quali si continua coU'estreraità anteriore del C, il più interno coU'estre- mità posteriore. Quest'ultimo ordine serve a tracciare nettamente il limite tra Varca mista in discorso ed un'area grigia (fig. 3, P) analoga a quella descritta nei mammiferi pre- cedenti, e che i\\ù comincia ad apparire. Essa è popolata da cellule nervose relativamente grosse e che in preparati coloriti con soluzioni osmiche diluitissime appaiono (per cos'i dire) come chiari vacuoli rotondeggianti, mentre neWarca mista, sempre collo stesso metodo, appariscono , per solito poco distintamente . piccole cellule nervose in mezzo ad un'ab- bondante sostanza informemente e grossolanamente granulosa tinta in bruno-verdastro dall'acido osmico (1). Fascetti nervosi diretti verso l'interno traversano l'arra grigia. Questi fascetti vengono sezionati esattamente per traverso in sezioni leggermente oblique in basso e in dentro ; essi sono disseminati abbastanza regolarmente in mezzo alla sostanza grigia, (1) Queste differenze di tessitura, che eoa soluzioni oamiclie diluitissime si appalesano tra la for- mazione mista 6 la formazione grigia , si osservano in tutti i mammiferi da me esaminati. Serie II. Tom. XXXIV. o ] Oti STI'DIO COMPAEATIVO DEL TRATTO OTTICO ECC. mai trovansi gli uni vicini agli altri disposti in serie più o meno parallele alla linea di contomo dell'eminenza. In sezioni fatte più in alto si ha l'immagine della figura 4. L'area wisia (fig. 4,C G A) ha conservato all'incirca le stesse dimensioni, l'area grigia (fig. 4, P) è divenuta invece un poco maggiore. Se la sezione è un poco obliqua si vede che i fascetti che formano l'estremità posteriore della sezione del tratto costituiscono uno stesso ordine con quelli che traversano 1" arra grigia . e lo stesso si nota per i piccoli fascetti che dividono quest'ultima à-^Warra mista. Procedendo in alto Varca prevalentemente grigia (fig. 5, P) diviene rotondeggiante, si ingrandisce sempre più e viene a porsi immediatamente sotto alle fibre posteriori del tratto (ùg. 5,T0) tra il corpo genicolato posteriore e l'area mista. Quest' ultima impic- colisce proporzionatamente, viene spinta verso l'avanti ed in questa sua porzione terminale risulta (fig. 5,CGA) di una corteccia midollare fornita dal tratto e di un ordine di grossi fascetti separati da grigio interposto. Una regolare serie di piccoli fascetti di fibre ner- vose la separa nettamente dall'areia grigia. Questo netto limite fra le due formazioni vedesi anche molto distintamente in sezioni trasverse verticali all' asse mesencefalico (vedi fig. 7). Scompai-sa l'area mista, il tratto riveste unicamente l'ar<'(( preialenteì)te»tr grigia. la quale rappresenta la sezione di (quell'ammasso di sostanza grigia che costituisce come nei mammiferi precedenti la massima parte dellVwi/nen^a talamo-genicolata. Se ora osserviamo sezioni fatte in un piano parallelo al margine anteriore del tratto vediamo che ([uesto, giunto al margine superiore Ac\ peduncolo, si divide in due porzioni (fig. 6). una compatta, supei-ficiale (fig. <;. TO) che forma imo strato di corteccia All'emi- nenza talamo-genicolata; una profonda suddivisa in tanti fascetti che si dispongono parallelamente fra loro. Questi fascetti sono scarsi e diradati nell' orm grigia (fig. fi, P), abbondantissimi e stipati nell'arra mista (fig. 0, CGA). Confrontando fra loro le diverse immagini che si lianno nelle sezioni fatte in diversi piani, deduciamo che la formazione mista ha presso a poco la forma della metà di una pera torta attorno il suo asse maggiore, in modo che la faccia convessa della sua estremità globosa (che ò presso il margine superiore del peduncolo), sia volta verso l'esterno ed un poco verso l'indietro, la faccia convessa della sua estremità appuntita vei"so l'avanti ed un poco verso l'esterno. L'area grigia conisponderebbe poi alla sezione di una formazione prevalentemente grigia presso a poco piriforme, la cui punta sia in basso profondamente al di dietro dell'arca mista e avanti il corpo genicolato posteriore, e la parte rigonfiata in alto tutt'affatto superficiale. Si spiega così il limite curvo che in sezioni parallele al margine anteriore del tratto si osserva tra le due formazioni (vedi fig. li). Lepre. — La formazione mista e la formazione grigia hanno la stessa forma e gli stessi rapporti clie nel coniglio. Cavia. — F^a formazione mista e la formazione grigia hanno gli stessi rap- porti clic negli animali precedenti : rispetto alla forma occupano un posto intei-medio al porco ed al coniglio. Cane. — 11 tratto ottico presenta in corrispondenza del peduncolo una leggera PEL DOTT. FERRUCCIO TARTDFERI 107 solcatura cl.e si prolunga in alto e che lo divide apparentemente in due fasci. Osservando la superficie laterale ieìVeniin'"ma talamo-genicolata vediamo che il suo orlo, che in alto limita posteriormente il solco della tenia dell'ippocampo, in basso si dirige divenendo meno acuto verso il mezzo dell' eminenza. Considerando questo orlo abbiamo la delimitazione di un'eminenza a forma di virgola, come nel porco per la solcatura che menzionai. In sezioni trasverse il tratto dapprima ci apparisce come un'area ovale allungata con estremità rotondeggianti: la linea del contorno esterno è nel mezzo rientrante per la solcatura sopranotata (fig. 8). In appresso le estremità dell'area si appuntiscono ed essa assume una leggeris- sima cui-va sigmoidea. Al di sotto della concavità anteriore del sigma comincia ad osservarsi sostanza cinerea molto ricca di fibre nervose (fig. 9. CGA). La curva sigmoidea ben presto scompare e il complesso delle sezioni delle fibre del tratto assume prima la forma di C, poi si trasforma in semicerchio. Lo spessore di questo semicircolare rivestimento midollare va sempre più diminuendo, mentre invece aumenta la sostanza mista (fig. 10, CGA) contenuta nella sua concavità. Le cellule nervose che popolano quest'area di sostanza mista coi metodi comuni appaiono spesso indistinte ; i fascetti a loro interposti tendono a disporsi parallelamente alla superficie. Essi sono wo//o vicini gli uni agli altri ed al rivestimento midollare; vanno gradatamente diminuendo di dimensioni verso l'interno, i più grossi perciò come negli animali precedenti sono i più periferici. Questa vicinanza dei fascetti tra loro e alla corteccia midollare fa si che piuttosto difficile sia 1' ottenere sezioni in cui chiaramente si osservi la loro disposizione ; per osservar ciò è necessario che essi siano sezionati esattamente per traverso. Quest'area di sostanza mista rivestita dal tratto ottico corrisponde per le sue con- nessioni, per i suoi rapporti e per la sua struttura a quella descritta collo stesso nome nel porco, nel coniglio. ... Procedendo in alto colle sezioni vediamo che al di sotto del rivestimento midollare immediatamente al davanti del corpo genicolato posteriore comincia ad apparire un' area chiara (fig. 11 , P ) risultante prevalentemente di cellule nervose piuttosto grosse e con diluite soluzioni osmiche appaiono come chiari vacuoli. L'area mista conseguentemente all'apparizione deW a rea grigia viene a trovarsi anteriormente (fig. 11, CGA); di- venta ovale e finisce per scomparire rapidamente. Scomparisce nel punto ove la cresta dell'eminenza talamo-genicolata comincia a dirigersi verso l'interno e l'indietro. Osser- vando la fig. 1 1 vediamo come l'area mista anche macroscopicamente possa all'ispezione molto bene essere delimitata nella sua parte terminale. L'area grigia va bruscamente aumentando di volume e finisce ben presto per co- stituire da essa sola l'eminenza talamo-genicolata. In essa (fig. 12, D) si osservano serie di fibre nervose corrispondenti a quelle notate nel porco (vedi fig. 1) fornite molte di sottile guaina midollare, che nelle parti inferiori le danno un'apparenza come stra- tificata. Questa apparenza però è molto differente da quella che abbiamo nell'ar^'a mista di tutti i mammiferi. Qui la stratificazione è data da fibre nervose fornite da spesse guaine midollari, che si tingono intensamente in bruno coU'acido osmico ; di più sono riunite in fascetti piuttosto grossi vicini fra loro e che formano molte serie parallele jOg STliDIO COMPARATIVO DEL TRATTO OTTICO ECC. alla superficie. Nella formazione grigia invece le fibre che danno T apparenza stra- tificata sono in numero molto minore, più delicate e si tingono pallidamente coU'acido osmico: di più non formano mai grossi fascetti. ma si dispongono in serio, su linee ir- regolarmente ondulate e non parallele al contorno della formazione. Questa apparenza stratificata della formazione grigia mi sembra facilmente spie- gabile, quando si consideri la fig. 6. Le fibre del tratto che vanno nell'interno della formazione grigia sono m parte derivazione di quelle che si spennellano nell'interno della formazione mista. Siccome questa ha struttura stratificata, cos'i analoga struttura dovrà avere anche nel suo prin- cipio la formazione giigia. Gatto. — Nel gatto abbiamo presso a poco le stesse immagini che nel cane. Riassumendo possiamo dire che nei mammiferi inferiori: r il tratto ottico (1) cessa di essere cordone compatto per costituire una for- mazione da me provvisoriamente designata col nome di formazione mista. 2° Questa formazione di sostanza mista ha perifericamente un rivestimento midollare : nel suo intenio fascetti di fibre nervose disposti più o meno parallelamente alla superficie. •ó" Le fibre nervose della formazione mista provengono in massima parte (2) dal tratto ottico. 4" Questa formazione mista è immediatamente contigua al margine superiore del peduncolo cerebrale ed è in parte al di sotto, in parte al davanti della forma- eione grigia. 5° La formazione grigia consta prevalentemente di sostanza cinerea. 6° Il tratto ottico forma un rivestimento midollare alla formazione grigia ed invia fibre nervose anche nel suo intemo. 7" La formazione grigia si immette tra corpo genicolato posteriore e forma- zione mi.ita. Quale è il .significato anatomico della formazione mista e della formazione grigia 2 La soluzione di tale quesito non può evidentemente esserci fornita che da osser- vazioni comparative fatte sul cervello dei primati, ossia su cervelli che presentano il più completo differenziamento morfologico. Se noWiiomo o nella scimmia studiamo il fratto ottico in sezioni trasverse suc- cessive dal basso all'alto, vediamo clie esso dapprima forma un cordone compatto di fibre nervose rotondeggiante. In seguito viene a perdere questa sua compattezza ed in corrispondenza della metà circa dei peduncoli là ove comincia quella solcatura che (1) In altro lavoro, cho tra breve pubblicherà, parlerò di quelle porzioni del tratto che trovasi sui poduncoli cerobrali, e sul tither cinereiim. non che dei risultati sperimentali che nelle vie ottiche, e nei centri visivi ebbi dopo l'enucleazione elei bulbo oculare. (2) Non si può evidentemente escludere, anzi ciò ò molto probabile per alcuni fatti che si hanno dopo l'onucloaziono del bulbo oculare, che alle fibre del tratto se ne aggiungano altre che sorgono dalle cellule gangliari della formazione o che provengono da altre parti (corteccia?). PEL DOTT. FERRUCCIO TARTl'FERl 109 delimita la così detta radice al corpo genicolato interno, troviamo (fig. 13) che i suoi fascetti centrali sono tra loro distanti per sostanza grigia interposta, mentre i fascetti periferici formano un completo e spesso rivestimento midollare allarea mista centrale (1). Procedendo più in alto, la sostanza grigia interposta va gradatamente aumentando con- servandosi sempre piuttosto povera di fibre nervose verso l'esterno; i fascetti maggiori a cui è interposta sono disposti in tre o più serie parallele tra loro e alla superficie ; lo strato di rivestimento diventa relativamente sottile (fig. 14 e 15). Questa formazione di sostanza mista costituisce nel cervello dei primati quanto si designa come corpo genicolato esterno o laterale. Lo spennellamento del tratto ottico e quindi la formazione del corpo genicolato esterno può anclie vedersi macroscopicamente facendo molti piccoli tagli in modo da avere una superficie irregolare di sezione in cui le fibre àaWottico appaiono nel loro decorso. La superficie di sezione cosi ottenuta guarda in Ìjusso: all'esterno ed un poco in avanti, in alto: all'esterno (2). Nella fig. IG è disegnata la proiezione del complesso della superficie di sezioni fatte con questo fine ; in esse .si V(ìd(i cliiaramento (in isj)ecial modo quando si faccia uso di mia forte lente), come le fibre del tratto parte licoprano il corpo genicolato esterno (fig. 10, C'GE), parte vi penetrino e vi si spennelUno. Nella figura in discorso si nota inoltre come il corpo genicolato esterno sia im- mediatamente adiacente al margine superiore del jìcduncolo cerebrale (Pe) e al di sotto del pulvinar tìialanii (P). Queste connessioni e questi rapporti di contiguità possono anche vedersi in altri tagli come nella fig. 17. Questa rappresenta la jjroiezione di una convessa superficie di sezione formata dall'insieme di piccole superficie di sezioni piane. In basso essa guarda in basso ed in avanti; nel mezzo guarda in avanti ed all'esterno: in alto in avanti ed in alto. Qui vediamo che nel corpo genicolato esterno appaiono lamine midollari curve ed ondulate, mentre nella figura precedente si nota invece un pennello di fibre. Ciò è dovuto alla differente direzione del taglia e alla struttura stratificata del corpo genicolato esterno. Nella fig. 10 questo è sezionato secondo il piano AB (fig. 15). nella fig. 17 secondo il piano CD (fig. 15). Se ora facciamo delle sezioni successive parallele ad un piano tangente le estre- mità superiori dei due corpi genicolati ed obliquo indietro, in basso e all'indentro, abbiamo nelle sezioni fatte un poco sotto la loro metà, l'immagine della fig. 18; in (1) 11 Verga, in una comunicazione preventiva fatta al 2" Congresso della Società Freniatrica ita- liana in Aversa nel settembre del 1877, descrisse un nuovo ganglio ilei tratto ottico che chiamò jranp/io delle fettucce ottiche o ganglio cordato. Esso si troverebbe in prossimità dei corpi genicolati, sarebbe triangolare, avrebbe la base in dietro, l'apice in avanti, lo sono dolente non poter confermare questa osservazione, perchè costantemente ho veduto tanto in serie complete di sezioni trasverse successive del tratto ottico , quanto in sezioni longitudinali , che il primo ammasso di sostanza grigia, che ."fi frappone alle fibre del tratto, facendone così cessare la sua compattezza, appartiene (vedi fig. 13) al corpo genicolato esterno. Quanto poi al nucleo ottico del Talamo del Wagner ( Ueber den Urspnmg der Schnervenfasem im menschlichen Gehirn, Dorpat 1862), esso, come notò il Meynert , non è che il corpo genicolato esterno, benché le figure datene siano per me poco chiare perchè non complessive. (2) La profondità del solco che separa la così detta radice al corpo genicolato interno, dal fascio dell'ottico che va al corpo genicolato esterno e da quest'ultimo, è variabile nei diversi individui, onde la superficia di così complesse sezioni non potrà essere costantemente rivolta nella identica direzione. 110 STUDIO COMPARATIVO DEL TRATTO OTTICO ECC. sezioni fatte più in alto appare (fig. 19) tra corpo genicolato esterno e corpo geni- coìnto interno un'area (fig. 19 P) di sostan2a prevalentemente grigia che va brusca- mente aumentando verso l'alto, mentre i corpi genicolati diminuiscono (fig. 20) e fi- niscono per scomparire. Quest'area grigia non è altro che il pulrinar thaìaml. Questo fatto e cioè l'immissione del piiìvinar tra corpo genicolato esteino ed interno può anche vedersi macroscopicamente. Nella Scimniia basta un taglio trasverso verticale (vedi fig. 21 P), nell'uomo un taglio concavo o meglio due tagli verticali, l'uno diretto verso l'indentro, l'altro verso l'avanti e l'esterao in modo da formare un angolo ottuso (vedi fig. 22). Perchè questa ossei-vazione sia molto dimostrativa bisogna scegliere quei cer- velli nei quali il corpo genicolato esterno è molto inferiore rispetto all'interno, e non bisogna ( per ragioni che appaiiranno in appresso) . approfondarsi molto coi tagli. Quest'ultimo inconveniente si può lamentare un poco nel preparato da cui fu tratta la fig. 22. Riassumendo possiamo dire che nei primati : 1° Il tratto ottico cessa di essere cordone compatto per formare il corpo ge- nicolato esterno o laterale. 2° n corjjo genicolato esterno ha perifericamente un rivestimento midollare : nel suo intemo fascetti di fibre nei"vose disposti in serie tendenti a disporsi parallela- mente tra loro e alla supei-ficie. 3° Tutte queste fibre nervose provengono, nella loro maggior parte, dal tratto ottico (1). 4° Il corpo genieolnto esterno è immediatamente contiguo al margine superiore del peduncolo cerebrale ed è posto sotto e all'esterno del pulvinar. 5" Il pulvinar thalami consta prevalentemente di sostanza cinerea. 6° Il tratto ottico forma un rivestimento midollare al pulvinar od invia fibre nervose anche nel suo intemo. 7° TI pulvinar thalami si immette tra il corpo genicolato interno o mediale e il corpo genicolato esterno o laterale. Errerebbe di molto chi credesse che i rapporti menzionati tra corpo genicolato esterno, corpo genicolato interno e pulvinar appaiano subito cos'i chiari ed evidenti come io li esposi; la loro esatta determinazione costituì anzi la parte più indaginosa delle presenti ricerche, perchè variando il piano di sezione si ottengono immagini tra loro molto diverse e che appaiono l'una coU'altra inconciliabili. Per poter giungere alle conclusioni esposte io fui obbligato di eseguire serie di sezioni successive nelle direzioni le più variate e tener esattissimamente conto del piano di sezione e giovarmi dell'ispe- zione macroscopica di questo. Parlerò (lui solo delle immagini che furono per me le più difficili ad essere chia- rite, trovando le altre facile spiegazione in quanto sono per dire. (1) Anche per il corpo genicolato esterno dei primati vale quanto dissi per la formazione mista dei mammiferi. PEL DOTI. FERRrCCIO TARTUFEUI HI Se facciamo un poco sopra la rilevatezza del corpo genicolato esterno sezioni oblique in basso ed all'indentro (schema 1 . 25). ovvero sezioni trasversali orizzontali, in modo Schema 1 " REKI però che il piano di sezione sia un poco obliquo in alto all'esterno ed in avanti, nelle prime abbiamo l'immagine della fig. 25, nelle seconde quella della fig. 20. Con sezioni successive, ovvero con sezioni macroscopiche trasverse orizzontali com- binate a sezioni verticali dii'ette all'avanti e all'esterno, si dimostra che l'area strati- ficata (fig. 25. OGE: fig. 2('>, CGE). è parte del corpo gruiroìafo rstrmo. Questo adunque verrebbe a trovarsi o all'interiio del puliinar o nel mezzo della sostanza di questo sempre profondamente. E cos'i i rapporti tra i corpi gitticoUtti ed il pulvinar thalami sarebbero in tutto differenti da ijuelli clie sopra esposi. Che ciò in realtà non sia si dimostra facendo dei tagli (schema T 27, 28. 29. 30) fondamentalmente tras- versi verticali, ma leggermente obliqui in alto, in avanti ed all'esterno. Nei più posteriori di questi tagli vediamo limma^ne della fig. 27, nei succes- sivi (fig. 28) vediamo come l'estremità superiore del corpo genicolato esterno si in- curvi verso l'esterno al di sotto del pulvinar, approfondandosi apparentemente nella sostanza di questo, ma separatane costantemente da limite netto (1). Dopo ciò è facile l'interpretazione delle esposte immagini, poiché i tagli nei quali abbiamo l'apparenza che il corpo genicolato esterno si trovi all'interno, o in mezzo alla sostanza del pulvinar sono tutti leggermente (fig. 28 Z-Z) obliqui in alto e al- l'esterno. Ci rendiamo anche ragione del perchè nei tagli tangenti le estremità supe- riori dei corpi gi'ìiicolnti ed obliqui in basso, in dietro e all'interno (fig. 20 e 19, fig. 28 X-Y) otteniamo il genicolato esterno superficiale, e tra esso e corpo genico- lato interno il jìulvinar. Un altro punto che merita di essere chiarito ci vien dato daUa così detta radice interna dell'ottico, o radice al corpo genicolato interno. In trattati di anatomia dei centri nervosi, anche recenti, si afferma che il tratto ottico è per una profonda solcatura (fig. 13, 14, 15 So e schema 1° So) diviso m due fasci, Yuno esterno (schema 1° RE) : radice esterna o al corpo genicolato esterno: V altra interna (schema 1" RI) o al corpo (I) Questo apparente approfondamento del corpo genicolato esterno nella sostanza Ae\ puhinur in parecclii cervelli io l'ho veduto quasi insignificante ; quello designato nella fig. 2S è il massimo da me osservato. 112 STIDIO COMPARATIVO DEL TRATTO OTTICO F.CC. gpnicoìntn ivtprno. Questa distinzione se era giustificabile per gli anatomici antichi oggidì deve definitivamente abbandonarsi, poiché non regge alla più grossolana osservazione mi- croscopica. Questa cosi detta radice interna dell'ottico non è che una parte del corj)o genicolato esterno ; difatti ha la stessa struttura stratificata, e. come vedremo, le stesse forme cellulari; né tra essa e quanto si designa come corj'o genicolato externo esiste, in qualunque dii-ezione le sezioni si facciano, limite alcuno di demarcazione. Per convincersi di ciò basta dare uno sguardo alle fig. 14 e 15 che rappresentano l'immagine di una sezione trasversa del corpo genicolato esterno e della cosi detta radice interna dell'ottico. Le fibre dal tratto che vanno al corpo genicolato interno non formano un cor- done distinto, ma appartengono probabilmente alle fibre superfieiali di rivestimento del corpo genicolato sterno. Di queste fibre supei-ficiali le mediali rivestii-ebbero il corpo genicolato interno, le laterali il pulvinar per andare le une e le altre a terminare nello eminenze higemine anteriori. Di fatti , come si vedrà in appresso . le fibre inteme della corteccia midollare del corpo genicolato esterno sembrano connettersi colle cellule gangliari di questo. Che poi esistano fibre del tratto clie decorrenti profondamente vadano al corpo genicolato interno è molto probabile perchè molti anatomici l'afi'ermano. io però non potrei dirlo con sicurezza perchè uon ho fatti bene accertati, né d'altra parte voglio dare gran valore in questioni cosi diificoltose ad apparenze spesso ingannevoli. Chiarite per tal modo le dubbiezze che da taluno potevano venire accampate come obbiezioni, dal raffronto delle conclusioni da me ricavate dallo studio del tratto ottico dei mammiferi inferiori con (luelle dedotte dallo studio del tratto dei primati: Mammiferi inferiori. 1° Il tratto ottico cessa di essere cor- done compatto per costituire una forma- zioTie da me provvisoriamente designata col nome di formazione mista. 2" Questa formazione di sostanza mi- sta ha perifericamente un rivestimento mi- doUai'e, nel suo interno fascetti di fibre nervose disposti più o meno parallelamente alla superficie. 3" Le fibre nervose della formazione mista provengono in massima parte dal tratto ottico. 4° Questa formazione mista è immedia- tamente contigua al margine superiore del 2>ednvenìo eirelirale od ò in parte al di sotto, in parte al davanti della formazione grigia. 5" La formazione grigia consta pre- valentemente di sostanza cinerea. 6* Il tratto ottico forma un rivesti- mento midollare alla formazione grigia ed invia fibre nervose nel suo interno. 7° La formazione grigia si immette tra corpo genicolato posteriore e forma- zione mista. Primati. 1° 11 fratto ottico cessa di essere cor- done compatto per formare il corpo ge- nicolato esterno o laterale. 2" Il corjìo genicolato esterno ha pe- rifericamente un rivestimento midollare . nel suo interno fascetti di fibre nei-vose disposti in serie tendenti a disporsi pa- rallelamente tra loro e alla superficie. 3" Tutte queste fibre nervose proven- gono, nella loro maggior parte, dal tratto ottico. 4° Il corpo genicolato esterno è im- mediatamente contiguo al margine supe- riore del peduncolo cerebrale ed è posto in parte sotto , in parte all'esterno del pulvinar thalami. 5" Il pai vi no r consta prevalentemente di sostanza cinerea. 0* Il tratto ottico forma un rivesti- mento midollare al pulvinar ed invia fibre nervose nel suo interno. 7° Il pulvinar si immette tra corpo genicolato interno o mediale, ed il corpo genicolato esterno o laterale. PEL DOTT. FERRUCCIO TARTUFERI 113 possiamo dedurre, fondandoci sull'uguaglianza di connessioni, di rapporti e di struttura : 1" che la forina.^ione grigia rappresenta nel cervello dei maniniiferi inferiori il pulvinar thalami dei primati. 2° che la formazione mista nel cervello dei mammiferi inferiori costituisce ciò che nel cervello dei primati si disegna come corpo genicolato esterno, o laterale. 3° che il tratto ottico nella sua porzione soprapeduncolare si comporta ugual- mente ed assume gli stessi rapporti fondamentali sia nei primati che nei mammiferi. Oltreché dall'identità di tessitura, di rapporti e di connessioni la esposta corrispon- denza di significato anatomico viene anclie convalidata da osservazioni di morfologia cellulare. EICERCHE DI MORFOLOGIA CELLULARE. Queste vennero fatte, come dissi, con il metodo della colorazione nera del Golgi e le forme che io do sono esattissimamente copiate colla camera lucida di Oberhauser da preparati che conservo. Non ostante che per più di un anno abbia durato in variati tentativi, pure debbo' confessare che ne' mammiferi inferiori non mi riusci ancora di ottenere la reazione molto estesamente come avrei desiderato. Tuttavia, siccome la determinazione del significato anatomico àeM' eminenza talamo-genicolata che io faccio non poggia solo su argomenti di morfologia cellulare, e siccome d'altra parte ottenni forme cellulari somigliantissime a quelle del pulvinar e del corpo genicolato esterno dell'uomo .^^olo e costantemente quando la reazione era meglio riuscita, così non volli indugiare di più a pubblicare il presente studio. L'esattezza con cui ritrassi le immagini delle cellule gangliari mi dispensa da una lunga descrizione che d'altra parte riuscirebbe difficile, inutile ed oscura. Le forme àel pulvinar thalami dell'uomo (fig. 1, 2) hanno corpo irregolare, talora tendente al triangolare, talora rotondeggiante abbastanza indipendente dal numero e grossezza dei prolungamenti protoplasmatici. Questi sono numerosissimi ed esili ed il loro tronco di origine comincia a dividersi dicotomicamente in prossimità del corpo cel- lulare. Le forme complete da me ossei-vate nella parte deWeminenza talamo-genicolata che io dimostrai corrispondere al puhinar hanno gli stessi caratteri (fig. 3, 4, 5). Nel corpo genicolato esterno dell'uomo (fig. 6, 7) abbiamo perifericamente im- mediatamente vicino al rivestimento midollare del tratto serie ordinate di cellule ner- vose a corpo presso a poco triangolare od a cuore. Da un angolo del triangolo sorgo il prolungamento c.ilinder aiis talora da solo, talora insieme ad un esile processo pro- toplasmatico. Quest'angolo fornito del prolungamento nervoso è costantemente rivolto (e ciò vale anche per le cellule meno periferiche) verso l'esterno, ossia verso le fibre del tratto ottico che rivestono il corpo genicolato. I prolungamenti nervosi delle cellule più superficiali sono a contatto delle fibre nervose di rivestimento. È perciò molto probabile la supposizione che le cellule in discorso si connettano con i cilindri assili delle fibre interne della corteccia midollare. Dal lato del triangolo opposto al prolungamento nervoso e dagli altri due angoli sorgono robusti prolungamenti protoplasmatici. Serie 11. Tom. XXXIV. p 114 STUDIO COMPAKATJVO DEL TRATTO OTTICO ECC. Più internamente vedonsi talora in sezioni trasverse forme come alla fig. 8. Siffatte forme per me sono probabilmente uguali alle precedenti, e la diversità apparente dipende da che sono vedute non da lato ma obliquamente. Le fig. 9, 10, 11, 12 mostrano che le forme cellulari che popolano la parte del- l'eminenza talamo genicolata che io dimostrai costituire il vero corpo genicolato an- teriore dei mammiferi appartengono allo stesso tipo delle precedenti. Nel corpo genicolato interno e posteriore {yeàì fig. 13, 14, 15) abbiamo forme cellu- Itui il cui corpo non ha forma a sé, indipendente, ma è subordinata al numero e alla grossezza dei processi protoplasmatici che da esso sorgono. Questi nascono con ima base conica e non si suddividono come nel piUvinar dicotomicamente in prolungamenti esili ed uniformi ma presentano un grosso tronco principale da cui, spesso allo stesso livello, sorgono prolungamenti secondari conici pur essi alla loro origine. Oltre di ciò, stando alle reazioni avute, io troverei di caratteristico in confronto alle cellule del pulvinar la maggior ricchezza di prolungamenti. A chi ripeterà queste indagini di morfologia, piuttosto difficoltose, io consiglio di non formulare il suo giu- dizio che dopo avere osservato un grande numero di cellule per potere con sicurezza discemere i caratteri tipici di quelli accidentali. DIFFERENZIAMENTO MORFOLOGICO I corpi genicolati dei primati sono disposti su di un piano perpendicolare al- l'asse mesencefalico e debbonsi conseguentemente distinguere in corpo genicolato in- terno mediale e in corpo genicolato esterno o laterale. Schema 2°. l'KIlvuri. CGE Corpo genicolato esterno o laterale. COI Corpo genicolato interno o mediale. Nei mammiferi inferiori invece, come risulta da quanto esposi, i due corpi geni- colati trovansi su di un piano verticale leggermente obliquo verso l' indietro e l' in- dentro, onde in essi dobbiamo distinguere un corpo genicolato anteriore (corrispondente PEL DOTI. FERRUCCIO TARTl'FERI 115 all'esterno dei primati), ad un corpo genicolato posteriore (corrispondente all'interno dei primati). Schema MAMMIFERI INFERIORI. CGA Corpo genicolato anteriore corrispondente all'esterno dei primati. CGP Corpo genicolato posteriore corrispondente all'interno dei primati. Un esame comparativo del corpo genicolato esterno (primati), ed anteriore (mam- miferi inferiori), ci fa concludere che esso nella sua più semplice espressione consta di una lamina di sostanza mista dovuta allo sprnneUamento del tratto ottico, e ca- ratterizzata dalla tendenza dei suoi fascetti di fibre nervose a disporsi in serie parallele alla linea di contorno del rivestimento midollare di corteccia. Questa lamina è piana ed ha il suo asse quasi antero-posteriore nella pecora, nel porco, nel cavallo, ecc. È leggermente incurvata con la convessità esterna nel coniglio, nel lepre. . . È fortemente incurvata con la concavità esterna (in sezioni trasverse orizzontali) , nella scimmia. Nell'uomo è sigmoidea (in sezioni trasverse orizzontali), incurvata con la convessità esterna (in sezioni parallele ad un piano tangente le estremità superiori dei due corpi genicolati). Schema 4». (sexioiii parallele eslreniilà super^ corpi geoicolari ) Il corpo genicolato esterno dei primati forma una rilevatezza abbastanza bene delimitata per cui è distinguibile alla semplice inspezione. Il corpo genicolato anteriore dei mammiferi invece non si rivela chiaramente che per l'osservazione microscopica ; i suoi limiti esterni sono, e solo in alcuni animali, ap- pena accennati. Non formando esso adunque una rilevatezza a se, ma confondendosi con il tubercolo posteriore del talamo ottico in una sola eminenza piriforme, non potremo per i caratteri macroscopici parlare separatamente né di un corpo genicolato ante- riore ne di un pulvinar thalami. Conseguentemente io mi credo autorizzato di pro- porre di chiamare l'eminenza formata dalla loro unione : Eminenza talamo-genicolata. 116 STUDIO COMPARATIVO DKI. TRATTO OTTICO ECC. Per rintracciare ora la causa alla quale è dovuta la diversità della conformazione estema e dei rapporti apparenti che riscontriamo tra i corpi genicolati dei primati e quelli dei mammiferi inferiori, dobbiamo porre mente ai seguenti fatti. 1" La solcatura tra, corpo genicolato estimo (corpo genicolato estimo \iiii così detta radice interna dell'ottico), e pulvinar è nell'MOWfO adulto posta orizzontalmente, mentre nei mammiferi inferiori essa è obliqua verso il basso e lindietro. 2° Il corpo genicolato esterno dei primati ha nella sua faccia estema una profonda solcatura (1). [1 corpo genicolato anteriore ilei uiamniiferi non ha nella sua faccia esterna al- cuna solcatura. 3° In una sezione trasversa verticale un poco obliqua in alto, in avanti e al- l'esterno si osserva il corpo genicolato esterno approfondarsi (apparentemente) rispetto ad un piano orizzontale nel pulvinar. 4° Il corpo genicolato internu dei primati non è allo scoperto in tutta la sua periferia, ma è ricoperto del pulvinar nel suo terzo anteriore. 5° Tra pulvinar thalami, eminenze higemine anteriori e corpo genicolato in- terno esiste nei primati una profonda solcatura in cui decorrono le fibre del tratto ottico. Nei mammiferi inferiori invece tra le dette parti o non vi è solcatura o leg- gerissima, ed il tratto decorre tutto allo scoperto. 6° 1 corpi genicolati rispetto all'asse mesencefalico sono nei primati distin- guibili in estemo ed interno ; nei mammiferi inferiori in anteriore e posteriore. Poiché in questi fatti si compendiano tutte le diversità di conformazione e di rap- porti apparenti che i corpi genicolati presentano nella serie dei mammiferi, così sarà ragionevole il ritenere come causa la più verosimile di esse, quella che le chiarisce tutte e facilmente. L'unica ipotesi che io veda fornita di tali caratteri consiste nell'ammettere un ruotamento del pulvinar thalami e del corpo genicolato esterno verso il di dietro ed il basso. Schema 5°. MAMMIFEBI IMFERIORI. P. l'alvinar thalami. N. Emiuenze bigeinine anteriori. CGI. Corpo genicolato intorno. COR. Corpo genicolato posteriore. CGE. (lorpo genicolato esterno. CGA. (^orpo genicolato anteriore. PRIMATI. TO. Tratto ottico. BP. Braccio congiuntivo posteriore. T. Porzione terminale i macroscopi- camente) del ti alto (braccio con- giuntivo anteriore nei primati). Pe. Peduncolo cerebrale. La tinca punteiir/iatti nello schema dei prinmli indica la solcatura esistente tra braccio congiuntivo anteriore, eorpu genicolato interno e cosi ilcUa rodici; interna dtWntliru ^porzione interna del corpo genicolati! esterno/ da una parte, pul- vinar e corpo genicolato esterno {porzione esterna^ dall'altra parte. La linea punteggiala nello schema dei maminiferi in- feriori indica il luogo corrispondente alla solcatura dei primati. (I) Solcatura che nell'anatomia macroscopica iti dice delimitare il corpo genicolato esterno dalla radice interna dell'otticu PEL POTT. FERRUCCIO TARTUFERI 117 Effetti di questa rotazione sarebbero tutte le notate differenze, e cioè : La posizione che rispetto all'asse mesencefalico assumono i corpi genicolati. La solcatura del corpo genicolato esterno. La profonda solcatura tra pidvinar, corpo genicolato interno e nates. È cosi ancora che facilmente spieghiamo come solo nelle sezioni oblique in basso, all'indieti-o e all'esterno dei primati abbiamo le stesse apparenze che nelle trasverse dei mammiferi inferiori: come il corpo genicolato esterno appaia approfondarsi nel pulvinar. A quest'ultimo riguardo non è necessario ammettere un ruotamento nel pul- vinar indipendente da quello del corpo genicolato esterno, ammettere cioè che il corpo genicolato esterno ruoti colla sua metà estema attorno ad un asse verticale verso il di dietro, ed il pulvinar ruoti indipendentemente e successivamente verso il di dietro ed il basso, poiché l'approfondarsi del corpo genicolato esterno in quest'ultimo non è che apparente e non esiste nelle sezioni fatte nel piano corrispondente al trasverso orizzon- tale dei mammiferi inferiori (1). La causa ultima di questa rotazione potrebbe forse risiedere nel maggior numero delle fibre del sistema di proiezione del primo ordine del Meynert. Il differenziamento massimo dei primati viene collegato al differenziamento mi- nimo dei ruminanti, dei solipedi e dei pachidermi per differenziamenti intermedi che osserviamo negli altri mammiferi. Nella pecora il tratto ottico voluminoso nastriforme con uno spesso strato di cor- teccia riveste il corpo genicolato posteriore (2) e 1" eminenza talamo-genicolata. Il corpo genicolato posteriore è appena appariscente, esso insieme dÀVcmincma talamo- genicolata forma una superficie pianeggiante essendo pochissimo marcate le solcature tra eminenza talamo-genicolata e nates , tra E. talamo-genicolata e corpo genicolato posteriore. Il tratto ottico decorrerà perciò completamente allo scoperto. I due corpi genicolati trovansi in un piano leggennente obliquo (quasi parallelo) rispetto all'asse mesencefalico. Nel coniglio il tratto ottico riveste ugualmente V eminenza talamo-genicolata. 11 corpo genicolato posteriore è molto sporgente, il suo asse maggiore è verticale. Le sol- cature tra corpo genicolato posteriore eA eminenza talamo-genicolata, tra eminenza talamo-geni col at 3. Immagine di una sezione orizzontale trasversa di un' eminenza talamo- genicolata di coniglio fatta in corrispondenza della parte inferiore del corpo genicolato intemo '/, . » 4. Immagine di una sezione trasversa orizzontale di un' eminenza talamo- genicolata di coniglio fatta più in alto deUa precedente '/, . » 5. Immagine di una sezione orizzontale trasversa di ìia' eminenza talamo- genicolata di coniglio fatta più in alto della precedente y, . » 6. Immagine di una sezione di xm'eminenza talamo-genicolata di coniglio fatta secondo la* direzione delle fibre del tratto ottico '/, . > 7. Immagine di una sezione di un eminenza talamo-genicolata di coniglio fatta in un piano perpendicolare all'asse mesencefalico "/, . » 8. Immagine di una sezione trasversa orizzontale del tratto ottico di un cane in vicinanza del corpo genicolato posteriore 2 '/'/^ circa. » 9, 10, 11, 12. Immagini di sezioni successive trasverse orizzontali di un'emi- nenza talamo-genicolata di cane 2 '/i/l circa. » 13. Immagine del principio à&\ corpo genicolato esterno di una scimmia (cer- copithecus cynosurus). » 14. Immagine di una sezione orizzontale trasversa del corpo genicolato estemo di una scimmia (cercopithecus cynosurus) fatta in corrispondenza della metà. Ingrandita '/, . PEL DOTT. FEKRUCCIO TAKTUFERI 121 Fig. 15. Immagine eli una sezione trasversa orizzontale del corpo genicolato estemo di un uomo fatta in corrispondenza della metà circa. Ingi-andita. » 16, 17. Immagine di sezioni del corpo genicolato esterno di un nomo fatte se- condo la direzione delle fibre del tratto ottico. Grandezza naturale. » 18, 19, 20. Immagini di sezioni successive dei corpi genicolati di un uomo fatte parallelamente ad un piano tangente le loro estremità superiori. Gran- dezza naturale. » 21. Immagine della superficie di sezione di un taglio verticale trasverso in cor- rispondenza della estremità anteriore delle iintrs in una scimmia (cercopi- thecus cìjnosurus) , grandezza naturale. » 22. Immagine delle superficie di due sezioni incontrantesi ad angolo ottuso in con-ispondenza dei corpi genicolati di un uomo, gi-andezza naturale. » 23, 24. Immagini di sezioni fatte secondo un piano passante per la estremità superiore esterna del corpo genicolato estemo ed inclinato verso l'interno senza però raggiungere il corpo genicolato in temo. Uomo, grandezza na- turale. Vedi schema 1°, linee 23-24. » 25. Immagine di una sezione fatta sul puìvinàr thalami in un piano obliquo in basso e all'indentro sopra l'estremità esterna del corpo genicolato esterno Uomo, grandezza naturale. Vedi schema 1°. linea 25. » 26. Immagine di una sezione fatta sul ptitcinar thalami un poco sopra la ri- levatezza del corpo genicolato esterno in un piano orizzontale trasverso un poco obliquo in alto, all'esterno ed in avanti. Uomo, grandezza naturale. » 27, 28, 29, 30. Immagini di sezioni trasverse verticali leggermente oblique in alto, in avanti e all'esterno del ptilvinur e dei due corpi genicolati. Uomo, grandezza naturale. Vedi schema \°, linee 27. 28, 29, 30. TO Tratto ottico. CGA Corpo genicolato anteriore (Tartuferi) corrispondente all'esterno dei primati. CGP Corpo genicolato posteriore, corrispondente all'interno dei primati. P Pulvinar thalami , o tubercolo posteriore del talamo nei mammiferi inferiori. F P T Fascio peduncolare trasverso dell'Inzani e Lemoigne. S Solcatura esistente nella superficie laterale dell' eminenza talamo-genicolata del porco. Serie li. Tom. XXXIV. Q 122 STVDIO COMPARATIVO DEL TRATTO OTTICO ECC. FPTO Costituisce la sezione trasversa di un fascetto di fibre del tratto che appare macroscopicamente nel suo decorso distintissimo dopo l' enucleazione del Ijulljo. RI Indica quanto erroneamente si designa nei pruuati come radice interna del tratto ottico o radice al corpo genicolato interno. Essa , come è facile il vedere, non è che parte del corpo genicolato estemo. Sb-cp Strato Inanco-cinereo profondo delle ìuifrs (fig. 4. porzione laterale inferiore; fig. 5. porzione mediana). 6C Grigio centrale o dell'acquedotto di Silvio. Ce Cappa cinerea delle ìHites. Sb-cs Strato liianco-cinereo superficiale. Pe Peduncolo cerelìrale. T- Tubercolo medio del talamo ottico. In tutti i mammiferi il talamo può dividersi per le apparenze macroscopiche in tre tubercoli: uno anteriore, uno medio, uno posteriore (}}>iìvlnnr). Il posteriore diviene evidentissimo dopo l'enuclea- zione del bullio oculare. ST SMn trriììiìì(iìi>< (Henle). A-M Asse mesencefalico. CGE Corpo genicolato esterno o laterale dei primati. CGI Corpo genicolato interno o mediale dei primati. BCA Brachi um roniimcthmm anterius (primati) o fibre del tratto ottico apparen- temente terminali. Corrispondono alle fil)re designate con T nei mammiferi inferiori (vedi schema 5°). AS Acquedotto di Silvio. E A Eminenza bigemina anteriore o nates. IH. Terzo ventricolo. C g Commissura grigia. SO Solcatura, che nell'anatomia macroscopica si dice (erroneamente) delimitare la radice interna dell'ottico (rad. al corpo genicolato intemo), dalla radice esterna (rad. al corpo genicolato esterno). Come invece dimostrano le fig. 14, !.'■>, 18, 22 questa pretesa radice non è che parte del corpo genicolato laterale. PEL I>OTT. FERRUCCIO TARTUFERI. 123 MORFOLOGIA CELLULARE. Fig. 1. Cellula nervosa del j9M'«'«Mrtr thalami àaW uomo. » 2. Id. id. id. » 3, 4. Coniglio. Cellula nervosa della parte AeW eminenza talamo-genicolata da me dimostrata corrispondente 2X indrinar Ag\\.'uoìiio. * 5. Gatto. Id. id. > 6, 7, 8. Cellule gangliari del corpo genicolato esterno deir«o>«o. » 9, 10, 11,12. Cellule gangliari del mio corpo genicolato anteriore del coniglio. Nelle fig. 10, 11 la reazione non è completa. » 13, 14, 15. Cellule gangliari del corpo genicolato posteriore Gatto. In tutte queste figure Pcx indica il prolungamento cilinder-axis ; nella figura 8 indica un precipitato probabilmente formatosi nel punto di origine del prolungamento nervoso. Le fig. 1, 2, 3, 13, 14, 15 sono state disegnate colla camera lucida di Oberhauser - 4 Hartnack - tubo chiuso - sul tavolo. Le altre colla camera lucida di Oberhauser - 2 Verick - tubo chiuso - sul tavolo. (ficcete. !>\ ^f D cCfc Se. D l%c^lv^ . CU.^.^^ D-i. S — /F ■'■ ^ //, / , :J^. J^ì Figi? Fùj'JO a Fcg. "il ti. ■■* «^^ \ Fu,. 19 d a V ò b -^ TORINO, LIT, SALUSaOLIA 137 STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA GIUSEPPE BASSO Memoria letta ed approvata nell'adunanza del i.? Novembre iS8t PARAGRAFO PRIMO PRELIIIIIL4RI. Le modificazioni di varie specie che subisce un elemento d'onda luminosa nel passaggio da un mezzo trasparente in un altro si possono razionalmente investigare applicando i principii della Meccanica ai postulati che costituiscono il sistema delle ondulazioni. Appartiene a questa sorta di studi la ricerca delle leggi secondo cui si opera la rifieshioue del moto luminoso alla superficie d'un mezzo qualunque diafano, sia esso isotropo o sia birifrangente. Una teoria affatto generale , fondata su basi inconcusse e confermata sperimentalmente nelle sue conseguenze, non venne finora su quest'argomento compiuta. Io mi propongo iu questo lavoro di trattare il problema della riflessione ;illa super- ficie dei mezzi birifrangenti , se non iu tutta la sua generalità , almeno in modo da giungere a conclusioni applicabili ai casi particolari più importanti e meglio atti a subire il controllo della sperienza. Per maggiore chiarezza credo conveniente premettere un rapido cenno sullo stato attuale della questione facendo brevi considerazioni sui principali lavori teorici che in questa parte già possiede l'Ottica matematica. Serie IL Tom. XXXIV. s 138 STUDI SnXA RIFLESSIONE CRISTALLINA Lavori di A. Fresnel ('). Agostino Fresnel ammette come postulato fondamentale , che nei diversi mezzi isotropi l'etere abbia la stessa elasticità, ma cambii di densità. Ciò gli permette di determinare il rapporto che passa fra le masse di due cilindri eterei i quali appartengono ciascuno ad uno dei due mezzi separati dalla superficie riflettente, insistono su d'uno stesso elemento di questa superfcie ed hanno altezze rispettivamente eguali alle lun- ghezze d'onda corrispondenti ai due mezzi. La conoscenza di questo rapporto gli serve in seguito per stabilire l'equazione esprimente il principio di conservazione delle forze vive. Un'altra equazione Fresnel si procura applicando il principio, che egli chiama di continuità, alle componenti, parallele alla superficie riflettente, delle velocità vibra- torie {*') proprie del moto incidente, del riflesso e del rifratto. In qualunque piano trovisi "polarizzato il moto incidente, la prima delle dette equa- 2doni è sempre la stessa ; la seconda invece è diversa , secondochè il moto incidente è polarizzato parallelamente ovvero perpendicolarmente al piano d'incidenza. In ogni caso poi dal detto sistema di equazioni si deduce l'esjn-essione della intensità della luce riflessa e l'espressione che dà l'azimut del suo piano di polarizzazione, essendo noti l'angolo d'incidenza, l'angolo di rifrazione comspondente e l'angolo che il piano di polarizza- zione del moto incidente fa col piano d'incidenza. La teoria meccanica della riflessione della luce si può adunque ritenere come pie- namente costituita da Fresnel per ciò che riguarda i mezzi isotropi. Tale teoria subì in modo soddisfacente la prova dell'esperienza per molti e svariati casi particolari. Basti ricordare i lavori sperimentali di Augusto Seebeck ("") aventi lo scopo di verificare la nota legge di Brewster, le sperienze dello stesso Fresnel ("") sulla rotazione impressa al piano di polarizzazione dalla riflessione e dalla rifrazione, le ricerche fotometriche di Arago ( ) sull'intensità della luce naturale riflessa e le più precise misure calorime- triche di La Provostaye e Desains ( ). Ma se il mezzo riflettente è anisotropo o birifrangente, i principii accolti da Fresnel non valgono più da soli a determinare le leggi teoriche della liflessione. Ciò risulta immediatamente dalle seguenti due considerazioni : l" Ogni onda elementare incidente generando, oltre ad un'onda riflessa, anche due onde rifratte generalmente distinte, il principio della consei-vazione delle forze vive vuole che il moto (forza viva) del raggio incidente si ripartisca fra il raggio riflesso ed i due raggi rifratti comspondenti ; ora 1' equazione che traduce questo principio doviebbe contenore i rapporti di certe masse eteree che i semplici postulati di Fresnel sono impotenti a fornire ; [*) Annales de Chimie et de Physique, serie 2, voi. XVII e XLVI ; - Oeuvres complèles, t. 1, pag. 640 e 767. '*•) Chiamo velocità vibratoria nel moto vibratorio rettilineo dell'etere la velocità massima della vìbrazioue, cioè quella che anima la particella eterea passando per la sua posizione di equilibrio. (•»•) Annali di Puggendorf; XX, 37. (*♦♦•) Oeìivres complèles; 1, 640. ( ) Comptes rendtis, etc; XXX, pag. 365 e 42ri. (*"•••) Annales de Chimie et de Physique ; serie 3, XXX. PER GIUSEPPE BASSO 139 2* Ammettendo pure che si sappia stabilire l'equazione delle forze vive sorge un'altra difficoltà. Chiamiamo 1, v, u, v, i-ispettivamente le velocità vibratorie dell'onda incidente, dell'onda riflessa e delle due onde rifratte. Siano inoltre a, a', ci', a, gli angoli che queste quattro velocità vibratorie fanno colla traccia del piano d'incidenza sulla superficie piana riflettente, e ^, /3', [l>" . |5, gli angoli che le medesime fanno colla normale al piano d" incidenza. Il principio di continuità . inteso nel senso datogli da Fresnel, permette di scrivere le equazioni : cos a -\- r cos «' = u cos a + ?', cos a^ («) cos ^ + V cos |3' = M cos j3'' + U^ COS |3, . Inoltre, essendo i l'angolo d'incidenza, 5 e (i gli angoli che col piano d'incidenza fanno rispettivamente il piano di polarizzazione della luce incidente e quello della luce riflessa, è facile il vedere che si ha : cos a = cos / sen S o 3S COS p = cos (6) { cos a := cos I sen
  • y+w-^-st gì pu5 decomporre in un binomio della forma: u'x + v'y + w'z—s't , (a"r + i'"!/ + n>''; — J("()i e +e nel quale il primo termine reale è il modulo, ed il secondo termine si riduce ad una esponenziale trigonometrica di cui l'argomento è u"x + v"y -\- w z — s't . In questo stesso binomio le quantità reali u'. v', w', s', u" , v'\ iv'\ s" soddisfanno alle condizioni : Il = u' + u i V = V + v" i w r=w' -\-tv' I s = .?' + s" i . Secondo l'usato, i è una delle radici quadrate dell'unità negativa. Ciò posto, si può facilmente dimostrare che la propagazione del moto attraverso il sistema si fa per onde piane, tutte parallele al piano invariabile che, all'origine del tempo, è rappresentato dall'equazione : II" X 4- v" y + V) ,ì ^ . Sono pure piane e giacenti in piani paralleli le orbite dei singoli punti materiali, ma questi loro piani non sono necessariamente paralleli al piano invariabile delle onde. Affinchè il moto eccitato in un punto del sistema sia durevole e persistente, è necessario che il modulo, a cui è proporzionale lo spostamento effettivo, sia indipendente dal tempo : cioi' si deve avere : .s' = . Se poi si considera il moto in quanto si propaga da punto a punto, vedesi jìui'e che esso va procedendo senza affievolimento, solo quando il modulo sia indipendente dalle coordinate ; il che esige che si abbia : «' ^ , V =z , ((;' = . Quando queste tre costanti, od alcuna fra esse, non siano nulle, rampifzz.i, dfllo spo- stamento, e per conseguenza l'intensità dell'onda luminosa ove trattisi di moto etereo, andrà variando insieme alla posizione dell'onda. Anzi, se all'origine del tempo il piano dell'onda passa per l'origine delle coordinate, da tale istante in poi l'ampiezza del moto considerato sull'onda che si va propagando, decrescerà in progressione geometrica, mentre la distanza del piano d' onda dal piano primitivo andi'à crescendo in progressione aritmetica. Da questi ragionamenti trasse il Cauchy la necessità di ammettere la possibile esistenza di due sorta di raggi luminosi, cioè dei raggi visibili, costituiti da moti eterei per i quali il modulo anzidetto è costantemente eguale all'unità, e dei raggi evanescenti , cioè che si spengono rapidissimamente, anche a distanze piccolissime od insensibili dalla origine dello scuotimento ; questi secondi risultano da moti eterei per i quali l'ampiezza di vibrazione dipende da una funzione esponenziale delle coordinate. La convenienza di 142 STUDI SULLA EIFLESSIONE CRISTALLINA introdurre la considerazione di tali raggi evanescenti era già stata segnalata da Giorgio Green nel 1837. Passando ora allo studio della riflessione alla supei-ficie di un mezzo trasparente di costituzione qualunque, supponiamo piana la superficie riflettente ; prendiamola come piano delle y z , e facciamo giungere su di essa, sotto l'angolo dincidenza I, un raggio determinante come piano dincidenza il piano delle x y . Siano ancora a, (3, y gli spostamenti effettivi, computati parallelamente ai tre assi, di una particella eterea del raggio incidente alla fine del tempo t , e siano a , ^ , y gli spostamenti simbolici corrispondenti. La esponenziale che caratterizza il moto inci- dente si può rappresentare con : 2 ;r cos / . 2z sen I . 2n . essendo : i( = — -, i ■ v = -, ' . *' = -~ * • T esprime la durata di vibrazione e / la lunghezza d'onda. Affine di avere tante equazioni, quante sono necessarie e sutìicienti per rendere determinato il problema della riflessione, è necessario ammettere che dal raggio inci- dente vengano generati due raggi riflessi, di cui uno visibile e l'altro evanescente e tre raggi rifratti, dei quali due siano visibili e possano talvolta ridursi ad un solo ed il terzo sia evanescente. Le quantità analoghe alle a. [j, y, u del raggio incidente vengano designate con per il raggio nflesso visibile : per il raggio riflesso evanescente : \ per i due raggi rifratti visibili : per il raggio rifratto evanescente. Ogni spostamento simbolico sia designato, come già sì è fatto dianzi, colla lettera desi- gnante il corrispondente spostamento effettivo, alla quale si sovrapponga un tratto orizzontale. Sei equazioni fondamentali vengono immediatamente ottenute da Cauchy appli- cando il principio di continuità agli spostamenti simbolici, cioè scrivendo che: la somma drqìi spostamenti simbolici di ciascima specie, corrispondenti ai diversi raggi che si propagano in ciascun me:zso, conserva lo stesso valore quando si jmssa da una pnrtr nlì'dltrn della superficie riflettente per un tratto di lunghezza infinitesima. Si ha cos'i: ■z + a, — z' — a"= a, — a, v + -/.-7'-y"=7'.-7. U {'■/. — 7.,) — t( or' —u' C/."=uJ tXg — UtUf « ( 7 - 7. ) — "' 7' — "' 7 "= "/ 1' — "e 7' • PER GIUSEPPE BASSO 143 La trasversalità delle vibrazioni nel raggio incidente e nel raggio riflesso conduce alle due equazioni seguenti: il X -+- r [ì =1 , Infine per il raggio riflesso evanescente si ha ancora: Combinando convenientemente le equazioni precedenti, se ne ottengono le seguenti quattro : V + 'A- '/-'/' = '' ' u{y — '/,) — "7 — " '/' — yt' («-H a, — a— a") . nelle quali s'intende: Adunque la risoluzione completa delle questioni relative alla riflessione della luco in generalo è subordinata alla conoscenza di tre quantità, X (coefliciente di elitticità), ju, V, le quali derivano dalla considerazione dei raggi evanescenti, ma che, generalmente parlando, non si sanno valutare. Questa essenziale difficoltà è superabile, parzialmente od in tutto, in certi casi molto particolari. Così, per un cristallo uniasse, non dotato di potere rotatorio, o tagliato perpendicolarmente all'asse ottico, si trova facilmente: «■ = . ^' = , 7 — ' 7^=^ ' e per conseguenza y = 0. Pei mezzi isotropi, oltre a queste ultime condizioni, si ha ancora: ed applicando la teoria ili Cauchy al caso di un raggio polarizzato parallelamente o perpendicolarmente al piano d'incidenza, si ricade sulle note formolo di Fresnel. Vedesi che la teoria sulla riflessione di Cauchy, indipendentemente dall'alto pregio analitico che la distingue, non è d'indole tale da piegarsi alle veiificazioni sperimen- tali e non può. per conseguenza, essere guida sicura negli studi di ottica fisica. 1 44 STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA Lavori di F-E. Neumann , di J. Mac-Cullagh e di A. Cornu. Verso la fine dell 'anuo 1835 F-E. Neuiuann presentò all'Accademia delle Scienze di Berlino una sua Memoria, che venne in seguito riprodotta altrove ('), sulla ricerca teorica delle leggi, secondo cui la luce è riflessa e rifratta alla superficie separante due mezzi trasparenti. Due anni dopo. James Mac-CuUagh lesse sullo stesso argo- mento (") all'Accademia delle Scienze di Dublino un suo lavoro, il quale, quantunque concepito indipendentemente da quello di Neumann. e perciò condotto con procedimento di forma diversa, parte tuttavia dagli stessi principii. Questi giova qui ricordare som- mariamente. Il principio di continuità o, come lo chiama Mac-Cullagh, àeìV equivalcma delle vibrazioni da una parte e dall'altra della superficie riflettente viene, come già si notò, ammesso da Fresnel soltanto per le velocità vibratorie che si computano parallelamente a questa superficie ; esso non si potrebbe estendere alle componenti normali delle ve- locità, senza che ciò conduca ad equazioni in certi casi incompatibili. Questa incompatibilità sparisce quando si ammette che in ogni raggio luminoso le vibrazioni rettilinee sono parallele, e non più normali, al piano di polarizzazione. Perciò uno dei principii su cui fondasi la teoria di Neumann e di Mac-Cullagh è ap- punto (questo, che : il piano di polarizzazione per un raggio polarizzato rettilinea- mente passa per la direzione del raggio e contiene le linee di vibrazione. Inoltre, per giungere a formole generali le quali, applicate al caso di mezzi iso- tropi, coincidano con quelle di Fresnel e coi risultati sperimentali, dovettero Neumann e Mac-Cullagh fare quest'altra ipotesi, che: l'etere sia egualmente denso in tutti i mezzi e diversamente elastico secondo la varia natura di questi. Si applichi il principio della continuità completa alle componenti delle velocità vibratorie secondo tre assi, i quali possono essere : la traccia del piano d'incidenza sulla faccia riflettente, la normale a questa faccia e la normale al piano d'incidenza. Esso fornisce immediatamente tre equazioni nelle quali figurano, oltre le velocità vi- bratorie diretta, riflessa e due rifratte , anche gli angoli che determinano le direzioni delle quattro specie di vibrazione e l'angolo d' incidenza. Per ciò che riguarda gli angoli che cogli assi formano le direzioni delle due vibrazioni rifratte . si possono agevolmente dedurre i loro valori dalle note leggi della dojipia rifrazione. L'na quarta equazione si ottiene applicando il princijìlo di conservazione delle forze vive. In essa entrano le espressioni di due masse eteree, corrispondenti ai due raggi rifratti . lo quali ricevono contemporaneamente il moto vibratorio inviato dal- l'unità (li ma'^sa eterea corrispondente al raggio incidente. L'ipotesi dell'eguaglianza di densità nell'etere di ambi i mezzi permette di sostituire sempre ai rapporti ili tali masse quelli dei relativi volumi, i (juali ultimi si possono facilmente calcolare. (•) Journal d-^ Mathématiqxies pures et nppHquées, di J. Liouville, Tom. VII; Ottobre 1842. ^•• Id. li. Tom. VII, Giugno 1842. PER GIUSEPPE BASSO 145 Si ha cosi in definitiva un sistema di quattro equazioni che ci può dare, in yalore ed in direzione, la velocità vibratoria del moto riflesso oltre ai valori delle ve- locità vibratorie rifratte. Però è importante avvertire che i lavori sperimentali di Fizeau, i quali pongono fuori dubbio l'influenza dello stato di riposo o di moto dei mezzi ponderali sui fenomeni ottici che vi si producono, ci obbligano a ripudiare assoluta- mente l'ipotesi dell'eguaglianza di densità dell'etere nei diversi mezzi. Invero questa ipotesi non si potrebbe giustificare se non supponendo pure che, nel muoversi dei corpi, l'etere che vi è contenuto non si mova con essi affatto, oppiu'e ne sia integral- mente trasportato. Ora le esperienze di Fizeau dimostrano che i mezzi ponderali in moto trascinano seco una parte del loro etere, lasciando immota solo quell'altra parte clie occuperebbe un egual volume di spazio vuoto. n Prof. A. Cornu trattò pure della riflessione cristallina in lavori dei quali duolmi di non aver potuto prendere cognizione, se non per i riassunti che se ne pubblicarono nei Resoconti dell'Accademia delle Scienze di Parigi. Nel primo di questi (*) l'A. adotta completamente le idee di Mac-CuUagh e riesce a traiTe dalle espressioni analitiche trovate dal Mac-Cullagh, alcuni eleganti teoremi che si possono enunciare sotto forma puramente geometrica e dei quali alcuni si possono considerare come un'applicazione delle ricerche di Chasles sui fasci dei piani omogi-afici. In un secondo lavoro (*") il Prof. Cornu ritoma ai postulati di Fresnel, ammettendo con questi una diversa den- sità dell'etere nei differenti mezzi e la perpendicolarità del piano di polarizzazione alle linee di vibrazione. Ammette pure il principio di continuità per le componenti delle velocità vibratorie parallele alla superficie riflettente ; ma alle due equazioni che questo principio gli fornisce, ne aggiunge una terza, la quale dice che v'ha equivalenza fra le quantità di moto per le componenti delle velocità vibratorie che sono normali alla superficie riflettente. Bene si scorge, e lo avverte l'Autore stesso, quanto siavi di arbitrario e di in- giustificato nell'aggiunta di questa quarta equazione, quantunque essa renda il pro- blema determinato e permetta di arrivare a risultati che coincidono iim quelli di Fresnel quando si discende al caso dei mezzi isotropi. Terminando questo rapido cenno sui principali lavori teorici intorno alla rifles- sione cristallina, credo di poter conchiudere, non essere sperabile che si possa costruire una teoria su questa parte dell'Ottica matematica, se i principii su cui essa si fonda sono incompatibili con quelli ammessi da Fresnel pei mezzi isotropi. Io cercherò nelle pagine seguenti di dimostrare che, dando ai postulati di Fresnel un carattere di mag- gior generalità, d'altronde giustificato dalle nozioni che si hanno sulla costituzione dei corpi cristallizzati, si può giungere a determinare completamente le condiv:ioui d'in- tensità e di polarizzazione per la luce riflessa alla superficie dei mezzi anisotropi. (•) Comptes rendus etc. Tom. 60, 1865. (*•) Comptes rendus etc, Tom. 63, 1866. Serie II. Tom. XXXIV. 14t) STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA PARAGRAFO SECONDO Conservazione delle forze vive eteree alla superficie che separa due mezzi trasparenti. Un raggio polarizzato rettilineamente è costituito dal moto yibratorio rettilineo che si propaga attraverso l'etere in una determinata direzione, per modo che le linee di vibrazione, trasversali alla linea di propagazione, giacciano tutte in uno stesso piano. Non esiste fenomeno ottico, dal cui esame direttamente si possa riconoscere quale po- sizione abbia, per un raggio polarizzato, il piano che contiene tutte le linee di vibra- zione rispetto a quell'altro piano che dalle esperienze è indicato come piano di polarizza- zione. Però l'interpretazione di molte leggi, specialmente riguardanti la doppia rifrazione, sarebbe assai difficile se non si ammettesse che questi due piani sono fra loro perpen- dicolari. Cosicché si })uò ritenere che l'ortogonalità del piano di polarizzazione rispetto a quello delle vibrazioni è dimostrata, quantunque in modo indiretto, da fatti impor- tanti, fra i quali cito solo il seguente. L'esperienza prova che il raggio ordinario at^ traversante un cristallo uniasse è polarizzato nella sezione principale di questo. Ora, la velocità di propagazione del raggio ordinario essendo la stessa in ogni direzione, col cambiare di quest'ultima le hnee di vibrazione dell'etere debbono formare un angolo costante coU'asse ottico del cristallo. Ma le linee di vibrazione sono normali al raggio ; perciò non potranno mantenere invariato il loro angolo coU'asse mentre la direzione del raggio cambia , se non a patto che esse siano normali all' asse stesso. Le linee di vibrazione sono adunque normali ad un tempo al raggio ed all'asse; e, questi due giacendo nella sezione principale che è pure piano di polarizzazione, il piano che le contiene è anche normale allo stesso piano di polarizzazione. Questa conclusione si può estendere a (jualunque caso, perchè tutti i raggi polarizzati, qualunque sia la causa della loro polarizzazione, godono delle stesse proprietà e sono egualmente costituiti. Ciò premesso, si esamini il passaggio del moto etereo dal vuoto in un mezzo ponderale che può essere rappresentato da un cristallo birifrangente. Presa sulla superficie del cristallo una porzione q piccolissima ed arbitraria, si consideri tale porzione come sezione comune di quattro fascetti luminosi , diretti se- condo i raggi incidente, riflesso e i due rifratti. Si limitino questi fascetti in modo che. per ciascuno di essi, la lunghezza sia eguale alla lunghezza d'onda del moto cor- rispondente, e si considerino le quantità di etere contenute nei quattro prismetti che così ne risulteranno. Essendo i l'angolo d'incidenza, r e (S gli angoli di rifrazione per i due raggi birifratti, / la lunghezza d'onda pel moto incidente, /'. ì' le lunghezze d'onda pei moti rifratti, i volumi dei quattro prismetti sono rispettivamente : / 5 COSI , {^cosi , r^cosr , l'gcosp , poiché le loro sezioni rette sono: q co8 « , q 008 i , q cos r , q cos f) . PER GIUSEPPE BASSO 147 In ciascuno dei quattro prismi il moto vibratorio, in un certo istante, varia di fase da sezione a sezione retta, ed in maniera che in tutto il prisma siano rappre- sentate contemporaneamente tutte le fasi possibili di vibrazione. Inoltre questi prismi eterei sono tali che il tempo impiegato dal moto luminoso a propagarsi lungo ciascuno di essi è lo stesso per tutti, ed è uguale alla durata di vibrazione che si indicherà con T. E siccome il moto riflesso ed i due moti rifratti altro non sono che il risultato della trasformazione integrale avvenuta nel moto incidente, il principio di conservazione delle forze vive esige che la forza viva, la quale in un istante qualunque anima la massa eterea del prisma corrispondente al moto incidente eguagli la somma delle forze vive che, nello stesso istante, animano le masse eteree degli altri tre prismi, corrispondenti al moto riflesso ed a due moti rifratti. Proponiamoci di calcolare ciascuna di queste quattro forze vive. Prendasi come unità la velocità vibratoria incidente ; e si intenda sempre per veìocità vibratoria nel moto vibratorio rettilineo dell' etere la velocità massima della vibrazione , cioè quella che anima la particella vibrante quando passa per la sua posizione d'equilibrio. Le particelle eteree, che sono situate sulla base del prismetto incidente più lontana dalla supei'ficie riflettente, sono animate, alla fine del tempo t qualunque, da una velocità che si può esprimere con sen— , Invece le particelle che occupano una sezione retta situata alla distanza x da quella base avranno la velocità comune sen2nj---^ . Sia 5 la densità dell'etere libero. La forza viva dello straterello di grossezza dx adia- cente alla sezione considerata è: ' t x\ qècQsi- dx • sen* 2 ;r | — — y 1 e la forza viva di tutto il prisma si otten-à integrando rispetto a a; da zero fino a l ; cosicché essa sarà : ^cosildx sen* 2 tt | — — - 1 . qo Se chiamasi F la velocità vibratoria propria del moto riflesso , sarà ■2nt Fsen- la velocità che alla fine del tempo t anima l'etere che si trova alla base del prisma corrispondente e la forza viva totale di questo prisma sarà manifestamente: F'^^cosi I dx?,ea2n i ™ — r ) 148 STUDI SULLA KIFLESSIONE CRISTALLINA La ricerca delle forze vive che si riferiscono ai due moti rifratti presenta speciali difficoltà. Invero , noi non possiamo concepire la costituzione dell'etere in un mezzo birifrangentc omogeneo come si fa per quella dell'etere libero o dell'etere contenuto in un mezzo isotropo. L' omogeneità di un sistema di punti materiali può essere di due specie. H sistema è omogeneo in senso assoluto quando , condotta attraverso di esso una retta in qualunque direzione , essa incontra sopra una lunghezza arbitraria a un numero n di punti equidistanti, il qual numero non cambia col cambiare della direzione della retta ; in tal caso il rapporto - è costante per tutte le rette e per tutti i punti n d'una retta qualunque. Nell'etere libero o appartenente ad un mezzo monorifrangente omogeneo, i fe- nomeni luminosi si fanno appunto in modo da obbligarci ad ammettere in esso l'omo- geneità in senso assoluto. La velocità di propagazione del moto etereo è allora la stessa per tutte le direzioni; la densità dell'etere è necessariamente costante e per conseguenza è naturale che si accolga il postulato di Fresnel, secondo cui la densità dell'etere può essere rappresentata dall'inverso quadiato della velocità di propagazione del moto. Non cos'i avviene per le masse eteree imprigionate nei mezzi birifrangenti e nei cristalli in genere. La omogeneità di questi corpi, e per conseguenza anche l'omoge- neità dell'etere inchiusovi, va intesa in senso ristretto. Devesi cioè immaginare che le particelle eteree incontrate da una retta condotta in qualunque direzione trovinsi bensì a distanze successivamente eguali : ma che la distanza fra due successive particelle cambii di valore col variare della direzione secondo cui la retta attraversa il cristallo. Gli studi di Delafosse. di Bravais, di Beer. ecc. (') intomo alla struttura intema dei cri- stalli ci permettono di farci un concetto abbastanza preciso della costituzione che si può attribuire all'etere nei mezzi anisotropi omogenei. Nell'interno d'uno di questi mezzi prendasi un punto qualunque e conducasi per esso una retta quahmciue. Il modo di distribuzione dell'etere lungo questa retta varia colla sua direzione, ed esiste nella massa un numero grandissimo di punti, vici- nissimi fra loro, intomo a ciascuno dei quali l'etere è disposto allo stesso modo che intorno al punto O. Chiamando, come altri fanno, pìinti nnnìoghi questi pimti che hanno proprietà identiche, risulta da ciò che ora si è detto che, se per due punti analoghi si conducono rette parallele, lungo di queste la materia eterea si trova distribuita alla stessa maniera. Si considerino ora due punti analoghi e vi. tali che non si trovi altro punto analogo sulla retta che li congiunge. Prolungando (juesta retta in ambi i sensi . si troverà su di essa un numero grandissimo di punti, tutti analoglìi e tali che la di- stanza fra due qualunque successivi è sempre eguale & OA. Fuori della retta ora considerata prendasi un altro punto analogo B qualunque, ma tale che fra e JB e sulla loro congiungente non si trovi altro punto analogo. Sulla retta indefinita OB ai troveranno pure in numero grandissimo punti analoghi e tali che la distanza di due successivi qualunque è uguale alla O U. (*) Traile de Crislallographie Géométriqut et Physique, par K. Mallard, Tomo 1' PER GIUSEPPE BASSO 149 Se per i singoli punti analoghi distribuiti lungo la retta indefinita OA condu- ciamo le parallele ad OjB e per i singoli punti analoghi della indefinita OB con- duciamo le parallele alla OA, abbiamo nel piano OAB Ma reticolo, le cui maglie sono parallelogi-ammi eguali a quello che ha per lati contigui OA, OB. I vertici di questi parallelogrammi rappresentano tanti punti analoghi e nel loro piano non ne esistono altri fuori di essi. Immaginiamo ancora che lo stesso piano si muova parallelamente a se stesso fino ad incontrare un altro punto analogo C, tale che fra A e C, sulla loro congiungente, non ve ne siano altri. Sulla retta AC indefinita si hanno moltissimi punti analoghi equidistanti e la distanza fra due successivi è uguale & OC. l piani paralleli al primi- tivo OAB. condotti per i singoli punti analoghi della OC contengono tutti reticoli eguali, i cui vertici o nodi rappresentano tutti i punti analoghi esistenti nello spazio. Il sistema si può dunque considerare come un reticolo a tre dimensioni, le cui maglie sono parallelepipedi similmente orientati e tutti eguali a quello che ha per spigoli contigui OA, OB, OC. I vertici di tali parallepipedi o nodi del reticolo tengono il posto di tutti i punti analoghi da cui il sistema è costituito. Siffatta formazione di un sistema omogeneo di particelle o punti materiali è adottata generalmente per ispiegare la struttura dei corpi cristallizzati e per interpre- tarne le leggi geometriche. Ora è ben ragionevole ammettere che la massa eterea, con- tenuta in ognuno di questi corpi, presenti una somigliante disposizione di particelle, almeno per quella sua parte che è solidale al corpo, cioè che viene da questo trascinato con sé in caso di movimento, siccome risulta dalle ricerche sperimentali del Fizeau. Così s'intende come un elemento d'onda attraversando un cristallo, scuota nel suo propa- garsi i successivi strati di un fascetto etereo, la cui densità può essere diversa secondo la sua varia direzione. Non v'ha dunque difficoltà, perchè si estenda anche al moto luminoso nei cristalli il principio ammesso da Fresnel pei mezzi isotroj)i, cioè che si assuma sempre come rappresentante la densità dell'etere lungo una data linea l'invei-so quadrato della velocità di propagazione del moto lungo la linea stessa. Dalle note leggi della rifrazione doppia si può sempre avere l'espressione della velocità di trasmissione del moto luminoso in un mezzo birifrangente, qualunque sia la sua direzione. Esamino subito il caso più importante, cioè quello dei cristalli uniassi. Dei due raggi rifratti che nascono da im raggio incidente qualunque, l'ordinario si propaga con velocità costante per tutte le direzioni ed eguale al reciproco dell'indice di rifra- zione ordinaria ; il raggio straordinario si propaga con velocità variabile colla direzione di propagazione. Adunque la massa totale d'etere contenuta in un cristallo uniasse si compoi-ta, in quanto alla trasmissione dei due moti rifratti, come farebbero due masse compenetrantisi ma distinte ; una di queste , omogenea in senso assoluto , sarebbe il veicolo del moto rifratto ordinario; l'altra, omogenea in senso ristretto, cioè assimilabile ad un reticolo a tre dimensioni a maglie eguali parallelepipede, trasmetterebbe il moto rifratto straordinario. Sia presa come unità la velocità della luce aUo esterno del cristallo, cioè la velocità del raggio incidente. — Siano a, 6 le velocità di propagazione rispettiva- mente nella direzione trasversale e nella direzione parallela all'asse ottico del cristallo. 150 STUDI SULLA KIFLESSIONE CRISTALLINA La velocità con cui si trasporta ogni elemento d'onda ordinaria sarà, sempre eguale a -. E chiamando IT la velocità di propagazione di un' onda straordinaria elementare , si sa che essa è determinata dalla relazione : U^=^ a — (a — ì/) cos* Q , dove Q. è l'angolo che fa coU'asse ottico la normale all'elemento d'onda straordinaria. Chiamando ò' , 5" le deasità diverse che, per le' considerazioni precedenti, si deb- bono attribuire all'etere del cristallo, secondo che esso si presta alla propagazione del moto ordinario, ovvero a quella dello straordinario, si avrà, in vii'tù del principio più sopra ricordato (') : Ora possiamo esprimere, anche per i due raggi lif ratti, la forza viva conispon- dente ai due prismi eterei, attraverso i quali si propagano durante il tempo T della vibrazione i moti ordinario e straordinario. Per il moto ordinario , devesi considerare il prisma di volume l'q cos r e di densità — . Un suo straterello, parallelo alle basi, di grossezza dx e distante della quantità x dalla base più vicina alla superficie ri- frangente, è costituito da particelle eteree, la cui velocità alla fine del tempo t, è rappresentata da: «.sen2 7t If — f essendo ?i, la velocità vibratoria propria del moto ordinario. La massa dello strate- rello essendo: èqcosr , la sua forza viva sarà data da: Ìl^-..sen.2.(i-;) Per avere la forza viva di tutto il prisma basta integrare rispetto a x da zero fino a /', cosicché la sua espressione sarà: Sqì fM/cosrf / / .r\ -^^^J./..sen'2.(^-p) Le stesse considerazioni si ripetono per il prisma etereo di volume l qcosp , attraverso il quale si propaga, nel tempo T, il moto rifratto straordinario. Si troverà per espressione della forza viva che gli corrisponde : ' (•) Nei lavori intrapresi da Augusto Seebeck {Annali di Poggendorf, tomo XX) in continuazione delle ricerche di Brewster intorno agli angoli di polarizzazione delle sostanze cristallizzate, l'Autore deduce pure la densità dell'etere dalla velocità di propagazione; ma assume per ambi i raggi rifratti la stessa densità ; il che non è ammessibile. PER GIUSEPPE BASSO 151 l" essendo u^ la velocità vibratoria propria del moto straordinario. Si può scrivere ora l'equazione che esprime la conservazione delle forze vive, considerando che il moto incidente si trasforma integralmente nel moto riflesso e nei due moti rifratti. Tale equazione, soppresso in tutti i termini il fattore 5q, sarà: { i cos i iclx sen* 2 ni Tf, — -, I = F' cos / j dx sen' 2 t: I -^ — - 1 o o ;• i" M'cosr/, i^ I i x\ M.'cosp r . i« / ^ ^\ + -^^^jdxsen2n[---.) + ^jdx^n2ni^--j.,y u O L'equazione si semplifica immediatamente se si osserva che nell'integrale del primo membro, che è identico al primo integrale scritto nel secondo membro si può porre: x = ly, e si ha : I f?:rsen*2 7r/ - — - \=^\ f^ysen*2 7i/ - —y\- o o E ponendo successivamente: x:^ l'y nel secondo integrale che entra nel secondo membro e x^ l"y nel terzo integrale del secondo membro , si ottiene : ìdxsen^2nl-—^,j — l'\ rfysen* 2;t / - — (/ 1 , ì d X sen 2n 1- — ^\ = l" J dysen^2nl- — yj ■ Sostituendo nell'equazione, essa si riduce subito alla forma seguente: _ l'u*cosr Z'm/coso o' il od ancora: cos^ n ^,. ^'ycosr l'cosp Notisi ora che, b essendo il reciproco dell'indice di rifrazione ordinaria, si ha: sen ri' . lì b = : — - , epperciò : — , = - . sen il Ib b l" Inoltre, il rapporto — è uguale al rapporto fra le velocità di propagazione del 152 STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA raggio straordinario e del raggio incidente. Ma il modo rifratto straordinario che, iu un certo istante, parte dal punto d'incidenza, si trova dopo l'unità di tempo distri- buito sulla superficie elissoidica di Huygheiis, cosicché il cammino percoi-so nell'unità di tempo del raggio straordinario è uguale alla lunghezza L della retta che unisce il punto d'incidenza col punto in cui l'elissoide di Huyghens tocca il piano dell'onda elementare straordinaria. Si avrà dunque la lunghezza L sapendosi in ogni caso calcolare col mezzo della costruzione di Huyghens. Perciò l'equazione delle forze vive si può presentare sotto la forma: ^, , cos »• , L cos p , , , , cos/(i-r^)=-^»;+-jp^«; (!)■ PARAGRAFO TERZO Relazioni generali fra le velocità vibratorie dei moti incidente, riflesso e rifratti. Data una superficie separante l'etere libero da un mezzo trasparente qualunque isotropo od anisotropo, la si consideri nell'atto in cui essa riflette e rifrange il moto luminoso. Le particelle eteree che le sono vicinissime al di fuori del mezzo vibrano in virtù del moto incidente e del moto riflesso ; le particelle , pui'c vicinissime alla superficie, ma nell'interno del mezzo, vibrano iu virtù dei due moti rifratti. Ora le velocità vibratorie delle prime e le velocità vibratorie delle seconde debbono fra loro differire d'una quantità estremamente piccola rispetto ai loro valori assoluti. Infatti, se la loro differenza fosse dello stesso ordine di grandezza che compete alle velocità stesse, le forze elastiche che si svilupperebbero nella massa eterea diventerebbero gi'au- dissime rispetto a quelle che realmente agiscono ed istantaneamente , cioè in un tempo estremamente breve, ridui-rebbero potrebbesi ancora effettuare , quand' anche si producesse una discontinuità qualunque nel senso longitudinale. E questo il caso inverso di quello presentatoci PER GIUSEPPE BASSO 153 dalla trasmissione del suono dall'aria nell'acqua. In quest'ultimo il moto vibratorio è longitudinale rispetto alla linea di propagazione , ed il principio di continuità non è necessariamente vero se non per le componenti delle velocità vibratorie normali alla superficie dell'acqua. Invero, gli è appunto e soltanto in questa direzione normale che, durante la propagazione del moto, si produce sull'acqua una pressione costante e continua e per nulla influirebbero su tale propagazione i movimenti . in virtù dei quali le particelle vibranti dell' aria tendessero a scivolare lungo la supei-ficie dell'acqua stessa. Il principio di continuità , nel senso da noi adottato , si applica al caso della riflessione cristallina dando luogo a due relazioni distinte fra le velocità vibratorie, incidente, riflessa e rifratte. Infatti, se si considerano due direzioni ortogonali qua- lunque, giacenti sulla superficie del cristallo, ciascuna delle quattro velocità vibratorie si proietta sopra ciascuna delle direzioni così scelte e, per ciascuna di questa, esiste l'eguaglianza fra la somma delle proiezioni delle velocità incidente e riflessa e la somma delle proiezioni delle due velocità riù'atte. Prendasi, per comodità, una delle dette due direzioni parallela al piano d'inci- denza. Sia d l'angolo che il piano di polarizzazione della luce incidente fa col piano d'incidenza. Proiettando la velocità vibratoria incidente, che si assunse come unità, lungo la traccia del piano d'incidenza sulla faccia riflettente e lungo la normale allo stesso piano d'incidenza, si trova facilmente che la prima proiezione vale cosisene e la seconda cosO. Siano ancora v, v le componenti della velocità V vibratoria riflessa, rispettiva- mente parallela e nonnaie al piano d'incidenza: saranno vzq%ì e v' i valori delle proiezioni di V lungo le due direzioni scelte precedentemente. Infine siano a, . ,3, i coseni degli angoli che la velocità ?i, ordinaria rifratta fa colla traccia del piano di incidenza sulla faccia riflettente e colla normale al piano d'incidenza ; saraimo a, u, , ^,M, le componenti della «<, che dobbiamo considerare. Analogamente, per il moto rifratto straordinario, avremo le componenti a^w^, ^^u^ della velocità vibratoria u essendo «^ , |3^ i coseni degli angoli che la u^ fa colle note due direzioni. Si hanno subito le due equazioni: cos i (sen ^ -\-v) — ii,a.^-^ u^ a.^ \ alle quali si può aggiungere la seguente: r'=ze;'+y'' (3). Gli angoli , i cui coseni sono rappresentati da a, , a, , |3, , /3^ si possono de- terminare ricorrendo a leggi note della doppia rifrazione. Si sa infatti che il raggio ordinario è sempre polarizzato nella sezione principale; perciò la linea di vibrazione nel moto ordinario è normale al piano che contiene il raggio ordinario e lasse ottico. Per il raggio straordinario si sa pure che la linea di vibrazione è parallela alla in- tersezione del piano dell'onda elementare straordinaria col piano che passa per il raggio straordinario e l'asse ottico. È dunque possibile determinare in ogni caso le Serie II. Tom. XXXIV. ^ 154 STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA direzioni della velocità u, , «, vibratorie rifratte e per conseguenza anche le quan- tità a,, a,, P,, ^^ che ne dipendono. Le due equazioni (2) aggiunte alla (1) delle forze vive basterebbero a risolvere il problema della riflessione cristallina, cioè a procurarci i valori di v, v' , quando si conoscefese ancora una nuova relazione fra le velocità vibratorie rifratte. Se ciò fosse, si avrebbero quattro equazioni fondamentali, fra cui si potrebbero eliminare le incognite ausiliarie u, , m, e cosi si avrebbe modo di esprimere v , v' per mezzo delle sole quantità che sono i dati del problema, cioè di /, 5 e delle costanti che dipendono dalla specie del mezzo cristallino e dalla disposizione della sua faccia riflettente. Or bene, una relazione fra n, e u^ ci è indicata da quelle stesse considerazioni razionali che conducono alla notissima legge di Malus intomo alla ripartizione della quantità di luce rifratta fra il raggio ordinario e lo straordinario. Cliiamiamo (p l'angolo che il piano di polarizzazione del moto incidente fa colla sezione principale, cioè col piano del raggio incidente e dell'asse ottico. La velocità vibratoria incidente, eguale all'unità, si può concepii'e sostituita dalle sue due componenti, cos © normale e sen

    +iV'sen*(p + ir— JS:') Jlf cos' rf + iysen'y -^-W+K' •■■ K I- Le espressioni (10), (11), di v di v' risolvono completamente il problema, poiché l'intensità J della luce riflessa, essendo uno l'intensità della luce incidente, è data da : T > ■ ■' e chiamando ^ l'angolo che il piano di polarizzazione del raggio riflesso fa col piano d'incidenza, è facile vedere che si ha: V tang ò= -, . VER r.IUSEPPE BASSO 15 7 PARAGRAFO QUARTO Verificazioni. Una teoria sulla luce riflessa dai mezzi birifrangenti sarebbe immediatamente da rigettarsi quando, introdotte nelle formole a cui essa conduce le condizioni che ridu- cono il mezzo birifrangente a mezzo isotropo, si ottenessero risultati discordi da quelli di Fresnel, i quali hanno ricevuta in molte guise la sanzione sperimentale. Perciò gio- verà applicare, a modo di verificazione, le formole dei paragrafi precedenti ad alcuni casi particolari, e precisamente a quelli che si possono far rientrare nella teoria della riflessione sui mezzi isotropi. Superficie riflettente parallela all'asse ottico ; casi di rifrazione uniradiale. Sia SO (fig. 2") il raggio incidente ed il punto d'incidenza. Sia X la traccia del piano d' incidenza sulla faccia riflettente ed OA la. direzione dell' asse ottico. Questa giace nella faccia riflettente e fa colla X un angolo AO Xz:^ a. Siano infine Z normale alla faccia ed Y perpendicolare a Z ed a X. Prendasi lungo X, a partire da 0, OT = : e, considerata l'elissoide di sen t Huyghens, sia M(x, y, z) il punto in cui questa è tangente al piano condotto per T parallelamente a OY. La direzione del raggio straordinario è , come si sa , rappre- sentata da i)f e la lunghezza M h appunto la quantità L che entra nella seconda delle equazioni (5) e che devesi innanzi tutto calcolare. Applicando il solito procedimento della Geometria analitica , del quale sarebbe inutile dar qui lo sviluppo, si ottengono le coordinate del punto M espresse nel modo seguente : a' 6' P' sen e «'è'Osen/ 1 /, n'b'F' y=Tr^ — 5rs-^ ' ^ = «1/1 + Q'-FF- ' '-Q'-FF- ' *-"|/l-r^"_pp' ' " ' F = a^ cos' a + ?/ sen^ a F'=z a^ sen' co + // cos' a ^=:(a^— ò')sena)C0S M . Da ciò si ricava: essendo : 7? = 6'(6'-a')cos' ' (f =0 . sen (2 + r) Cioè il raggio riflesso è polarizzato nel piano d'incidenza ed ha la stessa inten- sità, che avrebbe secondo la teoria Fresnel, se la superficie riflettente appartenesse ad iin mezzo isotropo d'indice — . 2" Caso : 6j = , 0—'~. Si ottiene: TI 1 5,'=o; ?=-' '^.=^; ^•^'^'^ "'=j7TtT'' ^^^^ - Dalle (8) si ricava: A' = ; e per essere • , ^ 1 + («'— fc') sen^ / __ ^ l + {a^—b') sen i ' ~ |/l — è^sen'i "~ cosr si ha 1 cos r H= -== = ^ . cos 2 y 1 + P cos iy 1 + («'— 6') sen' / Quindi la (10) darà ^= N+H' ' e la (11) v'^O . L'espressione generale di N data dalla seconda delle equazioni (5) nel nostro caso diventa : cos r [ 1 + (a' — ò') sen^ i ] a cos i perchè si ha qui : r in — Ti ~- 1 l + («'-i')sen%' i cos p = a V 1 — sen « = a cos »• ; e ^75 = ; • ' ' Va Perciò se, per brevità, scriviamo T=l + (a'-ò')sen%' , sarà cosr ,^ Tcosr H — 7= , N— . . cosi^ T « COSI Sostituendo nella espressione pai'ticolarc, ora trovata, di v, sarà: a cosr— T'cosi o cos r + 1 cos ì, Infine l'intensità della luce riflessa è: a cosr— T^co%i \* (a cos r — T cos e \ 7ir^ : acosr + T cosi / PER GIUSEPPE BASSO 161 V TT Essendo in generale : tang (i =: - , si trova nel caso nostro : ó =: - , cioè la luce riflessa è polarizzata perpendicolarmente al piano d'incidenza. Se il mezzo che si considera, invece d'essere cristallino, fosse isotropo, si avrebbe: a ir: 6 , e per conseguenza : _ / wcosr — cos« \' \ a cos r + cos i / senr Ma in tal caso si avrebbe : a := ; ; epperciò : sen2 sen 2r — sen 2-i V" tang' (i — »•) / sen 2r — sen 2 « \ \ sen 2 r + seu2 i I tang^ (i + r) Quest'ultima è appunto l'espressione trovata da Fresnel per la riflessione sopra un mezzo isotropo della luce polarizzata perpendicolarmente al piano d'incidenza. 3° Caso: «. = 0; /3,= 1 essendo anche qui, come nel caso precedente: Tcosr N: a cos 1 Si ottiene subito: a cos / — T cos r V =z- acos ^ -t- Tcos r Quindi : ^ ,i / acosi — Tcos »• \' I = v = [ : 1 ed inoltre : « sen*6)'+cos* 5( jj'+>»'sen'5)' (s + «sen'5)' ^ ^' L'angolo «^ che il piano di polarizzazione del raggio riflesso fa col piano d'inci- denza è dato nel modo seguente: . « cos' 5 + o sen " 6 . » + wj sen' Q tang i|/ = tang Q . _^^ _ , ^^ — tang Q — p cos' +p sen' 9 p'+m ^G\i$ Consideriamo le conseguenze più semplici che scaturiscono dalle formolo ora trovate. sen (/ — r) 1° Se supponiamo 5 = , si ha i' = , v - e i^ = . Cioè sen(i + r) la riflessione ha luogo secondo la legge di Fresnel e come se la supei-ficie riflettente appartenesse ad un mezzo isotropo. 2" Per e = - si ha v = , v = - cos / cos* V — 6 cos a (^ = - . Cioè pel 2 cos i cos* V + 6 cos p. raggio incidente polarizzato nonnalmente al piano d' incidenza 1" intensità della luce riflessa non è più quella che sarebbe ove il mezzo fosse isotropo; diventerebbe però tale quando si facesse : az=.h , perchè allora si avrebbe : cos fi = cos r , cos v = 1 e tang ( 2 — r) vz= concordemente alla teoria di Fresnel. tang(^^-r) 3° Si può avere estinzione totale di luce riflessa. Ciò succede quando, essendo B ^-^Tt l'angolo d'incidenza è tale da sodtlisfare alla relazione ■ cos icos''v=:b cos fX . In nessun altro caso l'intensità della luce riflessa può ridursi a zero. 4* So si pone nelle formole i:=0 , cioè si considera l'incidenza normale, si trova : v=z — senS = 1 v'=: — cos 6 1 r- -.0, I <^^ ■ \-\-b' ' '"' 1 +b' risultati che si potevano prevedere e che si accordano con quelli di Fresnel. 5* Per l'incidenza radente, cioè per *= r , si ottiene 7=1 , come debb'essere. ù Una verificazione, quantunque alquanto grossolana , delle formole precedentemente ottenute si può eseguire partendo dalla considerazione, che la birefrangenza nei cristalli, compresa pure la calcite, è sempre assi debole, cioè che per tutti i cristalli naturali il rapporto di a — h ad a è una frazione molto piccola. Da ciò consegue che i risultati PER GIUSEPPE BASSO 165 numerici, i quali scaturiscono dalle formole applicate ad un caso particolare qualunque di riflessione cristallina, non debbono mai essere molto diversi dai risultati corrispon- denti che si otterrebbero, quando al mezzo cristallino si sostituisse un mezzo isotropo. Così, si consideri come liflettente la faccia normale all'asse ottico di un cristallo di calcite; noi possiamo alla medesima applicare le formole dianzi trovate, che deter- minano l'intensità / della luce riflessa per ogni angolo di incidenza e per ogni azimut del piano di polarizzazione della luce incidente. Per altra parte possiamo istituire calcoli analoghi per un mezzo isotropo ideale, a cui si attribuisca un indice di rifra- zione eguale all'indice di lifrazione ordinaria della calcite ; ciò si farà ricorrendo alle foi-mole di Presnel, sull'esattezza delle quali non si può sollevare ragionevole dubbio. Or bene, se le formole da noi trovate rappresentano, almeno in modo verosimile, i fenomeni reali, si dovranno trovare per ogni angolo d'incidenza e per ogni azimut dì polarizzazione, risultati poco diS'erenti in entrambi i casi ora detti. Tale confronto tra i fenomeni di riflessione prosentati da un mozzo birifrangente e quelli dati da un mezzo monorifrangente di egual indice di rifrazione ordinaria, quando si estenda fino ai valori numerici relativi ai singoli casi particolari, riesce anche utile nell'apprezzamento delle verificazioni sperimentali dirette, delle quali qualche saggio ho j)ur cercato di ottenere, come dirò fra poco. Mosso specialmente da questa ragione, ed aiutato da giovani studiosi, mi decisi a calcolare, mediante le formole ottenute dianzi, molti valori di / per una superficie normale all'asse di un cristallo di calcite, sapendo che per tale sostanza le migliori determinazioni sperimentali danno : rt=:0,G742 , b=(),GOi^ . Ho fatto questo calcolo per valori dell'angolo * d'incidenza che variano di quindici in quindici gradi da 0° fino a 90". Per ciascuno di tali valori applicai la formola (12) e ne ricavai le intensità della luce riflessa corrispondenti a valori di 5 varianti pure di quindici in quindici gradi da 0° a 00". Riguardo al mezzo isotropo ideale, che immagino abbia per indice di rifrazione ;, . ,, . ^ , ricorsi alla formola di Fresnel che dà l' intensità I, della luce riflessa da 0,0045 tale mezzo, quando la luce incidente 6 polarizzata in un piano di azimut 6 qualunque. Si sa che tale formola si può scrivere : I /, = ^cos*6 + Esento , essendo : ^^ sen* (i-r) ^ ^^ tang'(t-/) sen' ( « + r ) ' tang* (i + r) I calcoli numerici furono anche qui istituiti per i valori di i compresi fra 0° e 90° e varianti di quindici in quindici gl'adi, e per valori varianti allo stesso modo del- l'angolo 6 . 1 risultati di tali calcoli si trovano raccolti nella tavola seguente : 166 STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA Ricerche sperimentali. Il controllo sperimentale delle formole stabilite precedentemente per la riflessione cristallina e particolarmente per le leggi relative alla intensità della Iure riflessa offre difiìcoltà assai gl'avi. Di queste alcune sono inerenti all' argomento speciale di cui si tratta; altre sono comuni a tutti i procedimenti che esigono misure fotometriche. Tut- tavia ho tentato alcune ricerche a questo riguardo e, quantunque i risultati ottenuti non siano appieno soddisfacenti, essi non infirmano ]ierò la giustezza delle formole. anzi dimostrano che il carattere generale dei fenomeni va d'accordo colle deduzioni teoriche. Mi sono preoccupato innanzi tutto della condizione di nettezza e di levigatezza in cui devesi, nelle sperienze, trovare la faccia destinata a riflettere la luce. Preziose in- dicazioni a questo riguardo vengono fornite da parecchi fisici, che prima d'ora si oc- cuparono di riflessione sopra facce cristalline. Cos'i, Seebeck notò che, quando si spe- rimenta su cristalli di calcite, la pulitui'a delle facce, segnatamente di quelle inclinate all'a-sse ottico, non devesi operare, come spesso si usa, mediante polvere di coìcotar; poiché questa sostanza, contenendo quasi sempre tracce di solfato di feiTo, ha per effetto di convertire superficialmente il carbonato calcico in solfato calcico, assai meno bire- frangente della calcite. Seebeck tentò l'uso dell'acido tannico , il quale diede pure PER GIUSEPPE BASSO 167 risultati poco soddisfacenti e si decise ad adoperare semplice creta polverulenta. Anche Brewster avvertì l'influenza grande della pulitezza per la faccia riflettente e riconobbe che quest' influenza è diversa , secondochè si tratta di facce di sfaldatura o di facce artificialmente tagliate. Mac-CuUagh, nella sua grande Memoria citata al principio di questo lavoro, nota che la pulitura di facce artificiali può generare su queste delle piccolissime scaglie romboedriche, le quali alterano l'indole dei fenomeni che si vogliono studiare. Nei saggi sperimentali, a cui finora ho dato opera, io non potei adoperare se non facce di calcite normali all'asse ottico, e trovai sufficiente uno strofinamento preliminare operato con pelle di camoscio e susseguito da un prolungato sfregamento contro un foglio ben disteso e ben liscio di carta bibula. In quanto alla disposizione ottica, dopo parecchi tentativi, adottai quello che è rappresentato prospetticamente nella fig. 4^ ed in sezione orizzontale schematica nella fig. 5". Un eliostato invia nellintemo d'una camera buia, attraverso ad un foro cir- colare del diametro di due millimetri, un fascio di raggi solari, la cui direzione sa è orizzontale e si mantiene invariabile. Il fascio penetra in un tubo a h seguendone l'asse ed attraversa un prisma di Nicol e (fig. 5*), il quale è fermato in un secondo tubo imboccante nel primo. Il Nicol ha una sezione abbastanza considerevole , cioè assai più grande della sezione del fascio luminoso. II tubo ed in cui il Nicol è infisso può girare intorno al suo asse d'un angolo qualsivoglia, misurabile per mezzo di una graduazione portata dall'orlo del tubo stesso; a questo modo, conoscendo la posizione della sezione principale del Nicol, si può far variare e misurare l'angolo che il piano di polarizzazione del fascio luminoso escente fa col piano orizzontale. Quando il fascio esce dal tubo attraversa una lente d a lungo foco, la quale ha per uflicio di renderlo alquanto convergente. Lo stesso fascio, là dove la sua sezione è minima o press' a poco , incontra in i la superficie della laminetta cristallizzata che si vuole sottoporre all'esperienza. Questa laminetta trovasi appiccicata con un po' di cera al suo contomo sopra una piccola tavola m tinta in nero e non lucida, per modo che estingua l'azione riflet- tente della faccia posteriore del cristallo. Questa tavola nera è, alla sua volta, fermata con morsetto sul piano di un anello jj, a cui dalla parte posteriore è infisso un piccolo tubo n n (fig. 5") imboccante in un tubo maggiore q q . Quest'ultimo è sostenuto da due bisaccia A A (fig. 4') che si attaccano a due punti diameti-almente opposti di un anello gg & quest'anello è infilato ad un'estremità di un nuovo tubo. Le braccia A A che sorreggono l'anello p, facendo a questo da pernio, permettono al suo piano di girare intorno ad un suo diametro ed un cercliietto graduato M può in ogni caso dare la misura dell'angolo di cui l'anollo si fa ruotare. Così s'intende come alla lamina riflettente siano consentite quattro sorta di mo- vimenti distinti, cioè: 1° Il suo piano può trasportarsi parallelamente a se stesso : perciò è facile disporlo in modo che, qualunque sia l'ampiezza della lamina cristallina, il fascette luminoso < la cui direàoue passa pel centro del cercliio gi'aduato 31; così si può vaiiai'e a piaci- mento l'angolo d'incidenza e misurarne il valore ; 4" Il piano in cui giacciono le braccia A A può girare intomo all'asse del tubo^A; la graduazione deiranello (/ ne misurerà lo spostamento angolare ed in tal modo si potrà spostare il piano d'incidenza e determinarne in ogni caso la posizione. Nelle esperienze finora da me eseguite il piano d' incidenza si conservò sempre orizzontale. n fascetto di luce . polarizzato in un piano arbitrario e conosciuto , dopo aver subita in / la riflessione sulla faccia cristallina, entra nel tubo gh e poi nel tubo hr che lo imbocca ; la sua direzione si può far coincidere esattamente coli 'asse comune a questi tubi col mezzo della vite che, incastrando nel settore dentato /, permette di modificare la direzione di tale asse. 11 fascetto , prima di escire dal tubo 7( r trova presso l'estremità e ed attraversa una lastra a facce piane di vetro colorato di ima tinta arancio-gialla, il cui ufiìcio sarà presto indicato. Esso cade infine sulla faccia s d'un foglio bianco sò', producendovi una chiazza luminosa di tinta giallognola, di forma ciicolai'e ed avente il diametro di cii-ca quattro centimetri. Il foglio su' fa l'ufficio di fotometro Bun.sen ; a tal fine esso è incollato al suo contorno sopra un telaio N (fig. 5') disposto nel piano normale alla direzione della luce che lo colpisce ed al suo centro poi'ta una macchia d' olio di forma circolare e del diametro di quasi due centimetri. Gli sta vicino un sistema di due s]iecclii HH ver- ticali, la cui linea d'intersezione giace nel piano del foglio fotometrico. Dando all'an- golo di questi due specclii un valore conveniente, l'osservatore situato in davanti ai medesimi, così che il piano del foglio passi press'a poco pel suo occhio, vede ad un tempo , per riflessione , le due facce del foglio stesso e può esaminai'c sidl'una e sull'altra la macchia traslucida d'olio. Quest'ultima apparisce distinta finche le due facce sono disegualmente illuminate e sparisce quando su di esse l'intensità luminosa diventa eguale. Se si procede oltre . nella direzione in cui la luce caninùna . trovasi un nuovo tubo tt' orizzontale, il cui asse passa per il centro del foglio fotometiico. La bocca anteriore t di questo tubo è aperta, mentre la posteriore /' è chiusa da un dischetto di vetro smerigliato. Allo stesso tubo è fissato un ampio schermo Q Q' col suo piano perpendicolare all'asse. Il disco / di vetro smerigliato fa nelle mie spericnze l'ufficio di luminare a potere illuminante variabile. Ecco in qual modo. La fiamma F Uà una lampada a petrolio ed a lucignolo piatto, posta ad una distanza variabile Ft'-=.d dal piano del disco t', produce su quest'ultimo un'intensità luminosa, che si può rappresentiu'e con -^ , prcn- d dendo come unità 1" intensità che la fiamma è capace di produrre su di un ele- mento normale al raggio che lo colpisce ed all'unità di distanza. Si deve awertii-e che , affinchè ciò sia ammessibile , è necessario che la linea congiuugente un punto PER GIUSEPPE BASSO 169 qualunque del disco t ed uu punto qualunque della fiamma si possa ritenere come normale al piano del disco. Lo stesso disco, alla sua volta, invia raggi luminosi che percon-ono l'interno del tubo da f' verso t ed escono dalla bocca t formando un fascio conoideo di piccola apertura ; questo incontra la faccia posteriore .s' del foglio fotometrico e vi produce una chiazza illuminata circolare avente il diameti'O di cii'ca quattro centimetri. E facile ora il vedere come si possa in ogni esperienza far variare in un rap- porto noto l'intensità j sulla faccia .s' della luce inviata dal disco smerigliato t' . La- sciando per tutta una serie di sperienze allo stesso posto il tubo tt' ed il fotometro, l'intensità j della luce su quest'ultimo è evidentemente proporzionale al potere illu- minante w del disco t' . ed a questo potere si possono attribuire valori variabili me- diante spostamenti della lampada lungo la normale al piano del foglio. Pei- una distanza qualunque Ft'^^cl si può ammettere che si al)bia : w Perciò , finché la fiamma F conserva inalterato il suo splendore intrinseco e rimane costante la distanza ts', la quantità w si mantiene pui'e costante. Le facce s , s opposte del foglio fotometrico essendo , in una qualunque delle sperienze, illuminate rispettivamente colle intensità / e ;/. bisognerà far variare d in modo da rendere j=I: di questo lo sperimentatore s'accorge quando non distingue più, su ambe le facce del foglio, la macchia oleosa. Abbastanza preciso era, nelle prove da me fatte, quest'atto della sparizione della macchia, ed appunto per ciò ottenere si adoperava il vetro giallo che dava alla luce solare proiettata in s una tinta somigliante a quella della fiamma a petrolio. Ho tentato dapprima di determinare il rapporto fra l'intensità della luce incidente e l'intensità della luce riflessa sulla calcite normale all'asse ottico, per un dato valore dell' angolo /' d' incidenza e (juando era nullo . cioè il piano di polarizzazione era orizzontale. Però, i miei tentativi non ebbero esito soddisfacente. La difficoltà di man- tenere costante . per un tempo alquanto lungo , lo splendore intrinseco della fiamma, l'alterazione di dimensioni e di forma geometrica che facilmente subisce il fascetto di raggi solari soggetto alla riflessione, la necessità di dilatare, coll'artifizio di una lente, il fascio incidente per renderne la intensità facilmente comparabile a quella della luce proveniente dal disco smerigliato, ed altre circostanze facili a concepirsi, resero inattua- bile la determinazione clic dapprima mi proponevo. L'inconveniente potè tuttavia rimediarsi in parte per la seguente ragione. Si è visto che, quando si ha 9=zO . le formoli- che si tratta di verificare coincidono, come dcbb'essere, con quelle di Fresnel che si ammettono da tutti come rispondenti al vero. Si possono quindi ritenere come esatti, senza bisogno di ulteriore conferma sperimen- tale, i valori di / consegnati nella tavola numerica di pag. 166 per i singoli valori di i, e corrispondenti a 5 nullo. Servendoci di essi si potrà calcolare per ciascun angolo w d'incidenza il valore di iv mediante la formola j:=—-^, essendo ri fornito dell'espe- rienza e corrispondendo in ogni caso alla condizione : j^^l ■ Serie 11. Tom. XXXIV. x 170 STUDI SULLA RIFLESSIONE CRISTALLINA Ciascuna serie di esperienze si può cosi eseguire per un solo e immutabile valore di / ; le varie parti dell'apparato, una volta ben centrate, non debbono più essere spostate durante tutta la serie. Basta , per ogni sperienza, far rotai-e il tubo d che porta il Nicol e polarizzatore , così che varii di una quantità nota l'angolo 5 : allora si fa scorrere lungo un solco XX apposito il sostegno della lampada F, cioè si fa variare la d fino a rendere egualmente illuminate le due facce del foglio fotometrico. Procedendo per questa via. le più gravi cause d'en-ore vengono in gi-an pai-te eli- minate. Potendosi effettuare in poco tempo tutte le esperienze per le quali si fa variare il 6 , ma si mantiene / costante . non si corre grave rischio d" incontrare mutamenti notevoli nell'intensità della luce solare ed in quella della fiamma. Inoltre, il fascetto luminoso incidente ed il corrispondente riflesso conservano in tutte le spei'ienze della serie le stesse posizioni , grandezze e forme geometriche e la regione in cui la la- mina cristallina è colpita dalla luce si conserva sempre la stessa. Non sono tuttavia schivati altri inconvenienti, la cui gravità può essere scemata solo dall'accuratezza con cm si fanno e si ripetono più volte le operazioni. Tali sono : i difetti di purezza del Nicol polai-izzatore. la non precisa lettura degli angoli, la lieve diversità di tinta che persiste nelle luci che illuminano le due facce opposte della carta fotometrica, la non esatta applicabilità della legge dell'inverso quadrato della distanza alla intensità lumi- noso del disco di vetro smerigliato, la limitata sensibilità dell'occhio, per cui la distanza (/ può subh-e variazioni di riualche millimetro, senza che gli effetti ottici appaiano mo- dificati. Tutto iiiu'ste circostanze sfavorevoli nuocono alla precisione dei risultati spe- rimentali : gli è per ciò che per ora mi limito a citar pochi fra quelli che ho già ottenuti, avvertendo che. nel loro complesso, se essi non costituiscono una verificazione completa e rigorosa delle formolo teoriche, confermano tuttavia l'ammissibilità dei piin- cipii da cui queste scaturiscono. Non provai a sperimentare per angoli d'incidenza minori di 4ó". perchè al disotto di questo valore le variazioni dell' intensità / sulla faccia anteriore del foglio foto- metrico . le quali si osservano mentre si fa girare il Nicol polarizzatore , sono ben piccole; ciò del resto debb 'essere e risulta anche dalla tavola numerica di pag. 166. Disposto l'apparecchio in modo da farlo servire per l'angjdo d'incidenza di 45", ed assicuratomi della fissità di luce della lampada, trovai che, quando era nullo, per rendere j eguale a /. dovevo spostare la lampada tanto da fare: (/r:=132mm. La tavola numerica della pag. 100 dà, per questo caso . 7=0,1282. Perciò, dalla for- moletta iv—Jd^ ricavasi: w=z22SA. e si può ammettere che questo valore si man- tenga inalterato anche nelle esperienze successive. Poscia, essendosi, mediante la rota- zione del Nicol, dati a successivamente i valori -.U)". 4.'>", 75°, 90°. si trovò che per rendere: yz=/ dovevasi fare d rispettivamente eguale a millimetri 1 •")!•, 1!^0. 438, 2234 444. Ora la relazione J = - dà per valori di /corrispondenti a questi trovati di a numeri che non sono molto diversi da quelli teorici contenuti nella tavola a pag. 100, e che sono inscritti nella prima dello tre tabelle seguenti. Tali tabelle riassumono i risultati delle principali misure die ho potuto eseguire per angoli d'incidenze eguali a 45". 00" e 75" t- per varii valori di azimut di polaiizzazione. PEK GIUSEPPE BASSO 1° Per / = 45° si ha u = 2234 171 2° Per ? = 60° ottenni w=l796 3° Per «=75", trovai m; = 1819 Giova ricordare che i valori di / corrispondenti a 6 nullo e scritti nelle prece- denti tabelle si ritengono eguali a quelli fomiti dalle formole teoriche e che sono già consegnati nella tavola di pag. 166. eÌivaaK'?.\.l'& S^. .\ X^oiUw. C'fcuwc .\ Se . ;iì... riièal . e*!^.^ t U- ?" "Ò'oiuo XX/I\ ' MONOGRAFIA DEL GEN. CASUARIUS, BRISS. PER TOMMASO SALVADORI (Con due Tavolo colorite) Memoria letta ed (ipprovala nell'adunanza del 13 .\ovembre I88f. INTRODUZIONE. Il genero Casuariuf< fu stnbilito nel 17(50 dal Brisson, cui ne era nota una sola specie, quella che il Linneo ciiiamò Slridh/n casuariiis; quel nome generico fu accettato dal Lathnni e dagli autori posteriori, se non che nel 1842 il Gloger, rifiutandolo come barbaro, gli sostituì quello di Htppa- fectryo, che anche il Sundevall (Methndi Natnralìs Avmm Diaponendarvm Tentameìi, p. 152) adopera a preferen/.a di quello di Casnarius. Per pili di due secoli e mezzo, dopo il 1597, non si conobbe che una sola specie del genere Casuarins, cioè il C. ga/eatiis; nel 1854 fu fatta menzione di una seconda specie, il C. auslralis, scoperto dal Wall nella parte set- tentrionale d'Australia, e dal quale non e diverso il C. johusonii, Miiller (1866); poscia nel 1857 il Gouid descrisse il C. bennetti della Nuova Bri- tannia, nel 1860 furono descritti dal Blyth il C. unoappendiculatiis, cui è da riferire il C. km/p/'i , Rosenb. (1861), e dallo Sclater il C. bica- runcuìalus; nel 1871 per opera dello Schlegel, che lo confondeva col C. bennetti, apparve la prima descrizione del C. papiianiis, Rosenb., dal quale secondo me non differiscono il C . weslermannì , Sclat. (1874) ed il C. edwardsii, Oust. (1878); finalmente nel 1875 furono descritte quattro specie, cioè il C. picticoìlis, Sclat., il C. beccarli, Sclat, al quale sembrano riferibili tanto il C. salvadorii , Oust. (1878) (= attijugiis, Sclat.) (1878), quanto il C. sc/aterii, Salvad. (1878), il C. tricarunculatuft, Becc. ed il C. 174 MONOGRAFIA DEI, OEN. CASUAEIUS occipilalis, Salvad. Sono quindi state descritte dieci specie, una delle quali, il C. tricaricnculalus, come vedremo, è ancora poco nota ed incerta. Molti autori si sono occupati dei Casuari per indicarne i caratteri di- sfintivi, per istudiarne l'anatomia, per fissarne la più esatta posizione si- stematica e per descriverne i costumi. Alla fine di questa breve introdu- zione io mi propongo di dare una enumerazione, per quanto mi sarà possibile compiuta, dei lavori che trattano dei Casuari. Pel rispetto zoo- logico di essi si sono occupati principalmente lo Sclater, lo Schlegel e THarting; lo Sclater non solo ci ha fatto conoscere per lo meno tre specie di questo genere, cioè il C hicarunculatns, il C. pict'icolUs ed il C. bec- cavi i, ma inoltre ha pubblicato numerosi lavori intorno ai medesimi ed ha fatto figurare la massima parte delle specie conosciute, parecchie delle quali in diversi stadi; lo Schlegel ha descritto le specie conservate nel Museo ■di Leida e finalmente THarting ha riunito con sufficiente esattezza quanto ■gli era noto intorno alle specie di questo genere '. Anche io ho contribuito con un lavoro speciale alla conoscenza di alcune specie poco note di Casuari. L'anatomia dei Casuari è stata investigata dal Perrault e Duverney, dal Merrera, dal Geofl'roy-Saint-Hilaire, dal Meckel e più recentemente dal Flower, che studiò in particolar modo lo scheletro del C mistralis in confronto con quello del C galeatus. Inoltre il Garrod ha investigato le carotidi, mostrando che ambedue sono presenti nei Casuari, come anche nei generi Struihio e Dromaeus, mentre nei generi fìhea ed Aptennjx si trova soltanto la carotide sinistra. Lo stesso Garrod ha investigato anche la disposizione dei muscoli delle estremità inferiori del C. hennelti, del C. galeatus e del C. hicarunculatns in confronto di quella che si trova nei generi Apter/jx, Dromaeus, Rhea e Struthio '. Recentemente il Gadow ha pubblicato un lavoro, che ancora non ho potuto vedere, nel quale sono descritti i muscoli della pelvi e delle estre- miti! inferiori dei generi Struthio, Rhea e Casuarins. Dalle ricerche zoologiche ed anatomiche è risultato che i generi Ca- suarius e Dromaeus costituiscono nell'ordine degli Struthiones la famiglia delle Casuariidae, distinta da quella delle Struthionidae per le piume con stelo duplice, per le ali quasi nude, per la mancanza di coda e per la pre- senza di tre dita nei piedi; lo Sclater, attribuendo grande valore alla sin- golare pterilosi ed ai caratteri osteologici delle specie della famiglia delle (1) L'Harting non fa menzione del C. tricarunculatus , Becc, né del C. occipiialis, Salvad., di cui non pare che avesse conoscenza. (2) P.Z.S. 1873, p. 470, 471, 644. TOMMASO SALVADOR! 175 Casuariidae ha proposto di farne un ordine distinto della sottoclasse delle Ratitae, col nome di Casuarii (Ibis, 1880, p. 410). Il genere Casiiarius poi si distingue dal genere Dromaeus per la testa nuda e fornita di un alto casco, pel becco alquanto compresso, stretto ed ottuso e per l'unghia del dito interno generalmente molto lunga. Diversi osservatori si sono occupati dei costumi dei Casuari tanto nello stato selvaggio, quanto in schiavitù , e tra gli altri sono da nominare il Bennet, il Jouan, lo Sclater, il Kamsay ed altri. Nello stato selvaggio i Casuari vivono nei grandi boschi, nei luoghi vicini ai corsi d'acqua, solitari od in coppie ; sono timidissimi, per cui fug- gono al minimo pericolo; si nutrono principalmente di fruita, ma sono avidissimi, come scrive il Beccar! , anche di cibo animale e specialmente di lucertole, topi, granchi, pesci, ecc.; i loro escrementi sono così copiosi che sono stati scambiati per quelli di qualche grande mammifero. Il Moorup, Casuario della Nuovn Britannia, vive nelle pianure ricoperte da altis- sime erbe. I Casuari che, come si è detto, frequentano le vicinanze dei corsi d'acqua, amano di bagnarsi e nuotano con facilità, per cui sono stati veduti attra- versare fiumi e perhno bracci di mare; il Beccari scrive che i Casuari che egli aveva vivi a bordo del suo skooner bene spesso, nelle ore più calde, si gettavano spontaneamente in mare, ina non si allontanavano dalla nave. Le femmine depongono parecchie uova in un incavo del terreno, na- scosto sotto fitti cespugli ; queste uova sono di colore verdognolo e rico- perte di fitti tubercoletti a modo quasi di pelle di zigrino; esse, secondo il von Rosenberg, vengono collocate per modo da essere disposte a ,='=.; asserisce il Wallace che le uova del C. galealuft sono covate alternati- vamente tanto dal maschio, quanto dalla femmina ; invece il von Rosen- berg menziona soltanto la femmina come attendente alla covatura; ma anche questa asserzione non sembra esatta , giacché in schiavitù le uova sono covate soltanto dal maschio. I pulcini al sortire dall'uovo sono rivestiti di piumino di colore ful- viccio ed hanno strie scure longitiulinali sulle parti superiori; in essi il casco è rappresentato da una semplice lamina quasi piana, e, se appar- tenenti alle specie carnncolate mostrano già le carimcole, che avranno più sviluppate nell'età adulta; in uno stadio successivo perdono le strie scure e diventano di colore fulvo-bruniccio pressoché uniforme, e hnalmente, dopo parecchi anni, diventano di color nero uniforme; da prima hanno la testa ed il collo rivestiti di piume, poi queste parli si denudano e presentano n 17li MONOr.RAFIA DEI, liEN. CASUARIUS ^radataiiiontc i colori vivaci da cui sono tinte nell'eia adulta; anche il casco si sviluppa lentamente e soltanto dopo parecchi anni acquista la l'orma normale. In schiavitù i Casuari mangiano quasi di tutto ed amano di essere soli; se duo sono collocati nello stesso recinto si combattono e si feriscono. Il Beccari discorrendo dei Casuari, scrive: « sono animali molto batta- glieri, sin da jiiccoli si esercitano a tirar calci contro ima pietra, un tronco d'albero od altro, ed i lord colpi diventano terribili coU'età, tanto che non è possibile tenerli liberi quando sono grandi. Spesso ragazzi ed anche uomini adulti sono rimasti uccisi da un solo colpo di jiiode. A Warbusi i miei cacciatori hanno trovato un grossissimo Pitone semivivo con tutta la pelle lacerata ed intorno ad esso il terreno tutto calpestato dai Casuari ; proba- bilmente un Casoar aveva battuto il Pitone. Nelle ore calde, quando non possono sfogarsi con altri, è contro i tronchi di alberi che rivolgono i loro colpi; talvfdta ciò fanno con lo scopo di farne cadere i frutti ». I viaggiatori indicano la- carne dei Casuari come buona da mangiare; il D'Albertis, durante le sue esplorazioni del Fiume Fly, considerava come giorno di festa quello in cui veniva ucciso (}ualche Casuario, colla carne del quale poteva nutrire i suoi uomini. Le specie del genere Casuarhis vivono tutte nella Regione Australiana e pili precisamente nella sottoregione Papuana (costituita dalle isolo Papuane e dalle Molucche) e nella parte settentrionale della Nuova Olanda, che tanti rapporti ha colla sottoregione Papuana. Delle dieci specie conosciute tre vivono sui confini dell'area occupata dal genere, cioè il C. ansimi in vive nella parto settentrionale d'Australia, il C. (jalealus vive nelle Molucche ed il €. hcnnelti nella Nuova Britannia; tutte le altre invece vivono nelle isole Papuane propriamente dette, cioè cinque {C. tricari/ncu/atus, C. becoarii, C iinnappendiculatus, C.piclicoUis e C. papuanus) nella Nuova Guinea, una, il €. bicanincuìaùiis^ueWQ Isole Ani, ove si trova anche il C. beccari i, e finalmente una, il C. occ/p/lah's, in Jobi. Delle cinque specie della Nuova Guinea, lasciando per ora in di.«;parte il C. tricarunculatus, due sole sono esclusive di quella grande isola, il C. ptipuanus, proprio della penisola occidentale-settentrionale, ed il C. picti- oo//is, vivente all'estremitti opposta, cioè nella penisola orientale-meridionale, mentre il C. hcxcarii, che vive nella parte meridionale e centrale della mi^desima isola, si trova anche nelle Isole Aru, ed il C. vnoappendicnlatìis jiroprio della costa occidentale della Nuova Guinea vive anche nella vicina isfila di Salavatti. Dall'esame della distribuzione geografica delle varie specie apparo come TOMMASO SALVADORI 177 ciascuna occupi un' area distinta: cosi il C. unoappendicidaMs è la sola specie che viva in Salavatti e sulla costa vicina della penisola occidentale- settentrionale della Nuova Guinea fino a Tangion-Ram; sulla costa orien- tale della medesima penisola, e più precisamente verso settentrione, vive il C. papuanus, il quale si estende dalle vicinanze di Borei fino ad Em- berbaki sulla costa settentrionale; in Jobi vive soltanto il C. occipitalis, rappresentante del C tmoappendicu/aius ; nella penisola orientale-meri- dionale della Nuova Guinea si trova solo il C. piclicoì/is, rappresentante del settentrionale-occidentale C. papuanuK; nella Nuova Britannia trovasi solo il C. bennetli, affine al C. pictìcollis ed al C papuanus ; nella parte settentrionale della Nuova Olanda vive il C. auslnilis, affine al C. galeatus ed al C. beccarli ; questo occupa da solo la parte meridionale e centrale della Nuova Guinea estendendosi, a quel che pare, verso settentrione fin presso Wandammen e presso Warbusi sulla costa della Baja del Geelwink e verso mezzodì fino nell' isola di Vokan , una delle più settentrionali delle Isole Ani, nelle quali vive anche il C. bicaruncuìatus, ma non nelle stesse isole nelle quali è stato trovato il C. beccarii; finalmente soltanto in Ceram. vive il C. fjaleatus. A questo fatto dell' occupare ciascuna specie un'area propria e distinta (sul quale ha giustamente insistito lo Schlegel ') farebbe eccezione il C. tri- carunculaiiis, di cui il Beccari ha ottenuto l'unico esemplare che si co- nosca presso Warbusi, ove sarebbe stato trovato anche il tipo del C. sal- vadorii, Oust., che sembra riferibile al C beccarli; quella circostanza, se esatta, avvalora grandemente il mio sospetto che il C. Iricarunculatus sia specie da eliminare, perchè forse fondata sopra qualche accidentale anomalia del C. beccarii. Anche di questa specie e del C. bicaninculatus non si può dire che esse occupino aree affatto distinte, giacché il tipo del C bec- carii fu ucciso in Vokan, isola molto vicina a Wammcr, ove il von Rosenberg ha uccisa una femmina del C. bicarunculatìis. Quoy e Gaimard, nel Voyage de rUranie, Zool. p. 31, dicono di aver trovato, entro capanne abbandonate di Waigiou, cinture e scacciamosche fatte con piume di Casuario, la quale cosa potrebbe far supporre che una qualche specie di Casuario si trovi anche in Waigiou, a meno che non si voglia supporre che quelle piume fossero state portate in Waigiou dalla Nuova Guinea, o da Ceram. Anche presso la Baja di Humboldt vive una specie di Casuario; il von (1) Muséum des Pays-Bas, Slrulhiones, p. 12. Serie II. Tom. XXXIV. 178 MONOGRAFIA DEL GEN. CASUARIUS Rosenberg ', che ne ha osservato le pelli adoperate dagli indigeni, ha sup- posto che si tratti del C. papiianus, la quale cosa non credo verosimile; mi sembra molto più probabile che si tratti di una specie non ancora descritta, a meno che non sia il C. picticol/is, od il C. beccarii. L'Hutton {Ibis, 1869, p. 352) asserì che due esemplari di una specie di Casuario, portati viventi in Auckland, provenivano dalle Isole Salomone, ma poscia fu riconosciuto che uno di essi almeno apparteneva al C. bennetti (P. Z. 5. 1872, p. 150, nota), e pare che la provenienza menzionata fosse erronea (P.Z.S.1 873, p. 519). Aggiungo un quadro nel quale è indicata la distribuzione geografica delle 10 specie ammesse in questo lavoro; da esso appare a colpo d'occhio come nessuna località, ad eccezione di Warbusi, possegga più di una specie. (1) Ber Malayische Archipel, p. 563. TOMMASO SALVADORI 179 180 MONOGRAFIA DEL GEN. CASUARIUS BIBLIOGRAFIA (1676) Pebrault et Duvernby, Description anatomique de quatre Casoars, Mémoires pour servir i l'histoire naturelle des animaux. Paris, 1676 (itfm. de l'Acait. Sr. depiiis 1666-1699, Tom. Ili, 2« Panie, pp. 155-171, pi. 56-57, 1733;. (1760) Brisson, Ornilhologie, V, genus Casuarii, p. 10-14. (1816) ViEiLLOT, L. 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(1861) RosENBEnn , G. von , Ueber einen iieuen Gasuar und einige andere Vògel von .\eu-Guinea 'Journ. f. Orn. 1861, p. 44, Taf. 1) (disuarius Kmipi, Rosenb.) (= C. uno-appendicutalus, Blyth). » Sclater, P. L., Remarks on the late Increase of our knowledge of the Struthious Birds (Rep. Bril.Atsoc. 1861, l'art. Il, p. 158). TOMMASO SALVADOEI 181 (1862) Schlegel, Dr. H., De Kasuaris met een lei, Oisuorius uni-appendiculnius (met eene plaat) (Jaarb. Zool. Genotsch. Nat. Ari. Mag. 1862, pp. 195-200). (1863) ScLATER , P. L., Notes on the Method of Incubation among the Birds in the Order Stru- thiones {P.Z.S. 1863 (The Cassowaries), p.234}. » — .Notes on the Breeding of Bennett's Cassowary in the Society's Gardens (P. ^. 5. 1863, p. 518-519; 1864, p.271). .. Jouan, H., Note sur le Cascar de Nouvelle Bretagne (Mém. Soc. Se. Nat. Cherb. IX, p. 322-327. — Bev.et Mag. (le Zool. 1867, p.75;. (1866) Schlegel, Dr. F., Die Kasuare unserer zoologische Garten (Oer Zoologische Garlen , 1866, pp. 177-180). " Schlegel, H., Observations Zoologiques ^Casuaritts uni-appendiculatus) (Ned. Tijdschr. Dierk III, p.250); {Casuarius bicaruncxilalus) (ibid. p. 347;. » Scott, W.l., Letter on the .\ustralian Casscwary (P.Z.S. 1866, p.557\ .. MiJLLER, Dr. F., Letter concerning the Australian Casscwary (^lutra/asian, 15''' Decomber 1866. — P.Z.S. 18G7, pp. 241-242) {Casuarius johnsoni, Miill.) [= Causlralis, Wall). (1867) Caiìron, J., Lettor on Casuarius johnsoni [Sydney Heral/Ì, 8"> February 1867. — P. Z. S. 1867, p. 473-474). ). IvREFFT, G., Description of a .New Species of Cassowary from .Northern Queensland (Sydney Herald, 8"' February 1867.— P.Z.S. 1867, pp. 482-483) (Casuarius johnsoni). « Bennet, G., Letter relating to the rediscovery of Casuarius autlralis [P. Z. S. 1867, pp. 473-474). (1868) ScLATER, P. L., Exhibition and Remarks upon a skin of the .\ustralian Cassowary [P. Z. S. 1868, pp. 376-377). (1869) Krefft , G. , Letter roncerning the Australian Cassowary (Casuarius auslralis) {Bis, 1869, p. 348-350). (1871; G. R. Gray, Hand-Lìsl of Birds, 111, Casuarius, p.2. * Schlegel, H., Observations Zoologiques (Ned. Tijdschr. Dierk. IV, Casuarius OenneUi , p. 53-54) (Casuarius papuanus, Rosenb.). » Flower, \V. il, On the Skeleton of the Australian Cassowary (Casuarius australis) (P.Z. S. 1871, p. 32-35). (1872) ScLATER , P. L., On Kaup's Cassowary (Casuarius haupi) and on the other known Species of the Genus (P.Z.S. 1872, pp. 147-150, pi. IX.). (1873) Schlegel, IL, Muséum des Pays-Bas, Slruthinncs (Casuarius, pp. 8-13). » Rosenberg, G. von, Ein Wort iiber Casuarius Kaupi (Journ.f.Orn. 1873, p. 390-391). (1874) Sclater, P. L., Remarks on a Cassowary in the Society's Gardens, received from the Zoolo- gical Society of Amsterdam in 1871 (P.Z.S. 1874, pp. 247-248) (Casuartiis uestermanni, Sclat.) (= C. papuanus, Rosenb.). « Ramsay, e. P., Letter addressed to the Secretary concerning a Cassowary (Casuarius auslralis) intended for the Society's Collection ^P.Z.S. 1874, p. 325;. 182 MONOGRAFIA DEL OEX. CASUARIUS (1875) Sci.ATER, P. L., Further remarks on the Cassowaries living in the Society's Gardens, and on other Species of the genus Casmrius [P.Z. S. 1875, pp. 84-87, pi. XVIII, XIX, XX) {Casuarius picticoUis, Sclat. et C. heccarii, Sclat.)- ■ — Remarks on the skin of a chick of a Cassowary {Casuarius piclicollis) !P. Z. S. 1875, p. 3 '.!)). » — Remarks upon Casuarius becrarii {ibid. p.527) » — On Cassowaries {Nature, XII, p. 516^. » Beccari, 0., Lettera ornitologica di 0. Recoari intorno agli Uccelli osservati durante un suo recente viaggio alla Kuova Guinea {Ann. Mus. Civ. Gen. VII, p. 704-720) {Casunrius tricarun- eulalus, Becc). o Salvadohi, T. (Note alla Lettera ornitologica di 0. Beccari) {ibid. p. 718) {Casuarius occipilalis, Salvad.)- (1877) Harting, J. E., Ostriches and Ostrich farming. 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Egli avrebbe inteso dire dai cacciatori malesi, cui (luesta specie sarebbe nota, che essa si trova anche presso Wandammen. Io credetti di aver riconosciuto un secondo individuo di questa specie in un TOMMASO SALVADORI 185 esemplare inviato dal Laglaize al Conte Turati, e di esso io feci menzione in una mia nota intitolata Intorno ad alcune sprcir di Casoar poco note (An. Mus. Civ. Gen. XII, p. 420), ma dopo che esso fu montato la caruncola mediana, che appariva nella pelle disseccata, scomparve, per cui conviene dire che essa non fosse una vera caruncola, ma una semplice piega cutanea che ne aveva l'apparenza. L'esemplare del Museo Turati sembra riferibile al C salvadorii. Dopo ciò l'esistenza del C. tricarimculatus riposa ancora soltanto sull'esemplare menzionato dal Beccari e che ignoro se sia ancora vivo. L'Oustalet, discon-endo del tipo del C. salvadorii, lo dice proveniente da Warbusi, che egli colloca al fondo della Baja del Geelwink, la quale cosa non è esatta, tro- vandosi invece Warbusi molto più a settentrione sulla costa occidentale della stessa baja; è egli possibile che l'Oustalet invece di Warbusi, volesse scrivere AVandammen, che realmente si trova nel fondo di quella baja? Sarebbe importante di poter verificare questa cosa, giacche se realmente si tratta di Wandammen, il tipo del C. salvadorii proverrebbe dalla stessa località d'onde è venuto il tipo del C. alfijugus, Sclat.. che è stato già identificato col C. salvadorii, e (a meno che non si voglia suppori'e che il C. tricarimculatus non sia una buona specie, ma fondato sopra una qualche ano- malia del C beccarti, cui sembra riferibile il C. salvadorii) non avremmo la singo- larità del trovarsi presso Warbusi due specie di Casuari, cioè il C. tricarimculatus ed il C. salvadorii, mentre in nessun' altra località si è trovata finora più di una specie di Casuario. Sp. 2. Casuarius bicarunculatus , Sclat. Tav. I, fig. I ' (nx Goiild, B. New Guin. pt. XII, pi. 13)*. Casuarius bicarunculatus, Sclat., P.Z. S. )860, p. 211, 248,249, f.6 (juv.e.v patria ignota) (Tipo esaminato).— Id., Ibis, 1860, p.310.— Id., Ann. and MaR. Nat. Ilist. ser. Ili, voi. VI, p. 1 H (nota) et p.145 (1860).— Id., Ibis, 1861, p.312. — Id., Tran.-;. Zool. Soc. IV, p.358, fÌR. /^ pi. LXXIII (1862) — Crisp., P.Z. S. 1862, p. 137 {cislifdlm). — Schleg., Jaarb. zool. Genotscb. Nat. Art. Mag. 1862, p. 198 (1862).— Finsch, Neu-Guinea, p. 180 (!865). — Sclat., P.Z.S. 1866, p. 168.— F. Scbleg., Zool.Gart. 1866, p. 178. — Schleg., Ned Tijdsclir. Dierk. Ili, p. 2.'»0, ÌM (1866).— Id., Dierent. Vogels, p.239. — Id., in Rosenb., Rcis naar zuidoostereil. p .V>' (notai (1867). — Sclat., P.Z.S. 1869, p. 149. — G.R.Gr., Hand-List, III, p. 2, sp. 9849 (1871).— Gieb., Thes. Orn. I, p. .595 (1872).— Sclat., P.Z.S. 1872, p.l50, 49.5, pi. XXVI. - Garrod, P.Z.S. 1873, p. 470, 644. — Sclat., P.Z.S. 1873, p.519.— Schleg., Mus. P. B. Struthiones, p. 10 (1873).— Rosenb., .lourn. f. Orn. 1873, p. 39u.— Id., Reist. naar Geeiwinkb.p. 117 (1875). — Sclat., P. Z. S. 1875, p.87. — Id., Guide to the Gardens of the Z. S.L. p.57 (1877).— Harting, Ostr.and Ostr. 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XXVI), ma, avendo io ricevuto durante la stampa di questo lavoro la parte XII dell'opera del Gould, Birds of New Guinea, nella quale si trova la figura dell'individuo perfettamente adulto, la figura 1 della Tav. I è stata colorita secondo quella del Gould. Serie II. Tom. XXXIV. , 186 JIONOUKAFIA DEI. liEN. CASrARIlS ? Casuariua kaupi, ('■. R. Or., P. Z. S. 1861, p. i38 (nec Rosenberg, neque Sclater). — Hosenb., Naluiirk. Tijclschr. Nederl.Iiid.XXV, p. 2.V2 (nec p. 251) (1S63). — Id., Journ. f. Urn. 1)^64. p. 135 (nec |i.l34. Casuarius aruensis, Schleg., Ned.Tijdschr. Dierk. Ili, p.347 (1866). Casuarius galeatus, Rosenb. (nec Vieill.), Reis naar znidoostereil. p 52 ,1867;. Knilari, Abilanli delle Isole Aru [von ìlosenberg). Casside nigra, latpralìter compressa, mrdiorri. basi xiricla; capile caeruko-i'irescenle ; cullo caeruho; ren'icf inferius nibro-minincpa : paìcarilius lateralihus valle dislanlibiis, longis, riibro- violaceis; ptilosi avis adiillae idgricunle, juvenis britnnvsrentP. Hab. in Papuasia — Ins. .\ru [M'aliare], Wanimer {voti Bosenberg), Kobroor [von lìonenberg). Questa specie appartiene al gruppo di ijuclle rlie . come il ('. Aprile TOMMASO SALVADOR! Jgy . 18G5 in AVamiuer. piccola isola della regione Nord-Ovest del gruppo di Aru, ed una femmina giovane presa viva nell'isola di Kobroor; le spoglie di questi due individui si conservano nel Museo di Leida , ove li ho esaminati anche io .- uno è pulcino : l'altro è grande, ma ancora di color bruno, e quindi non è una femmina adulta, come dice il von Rosenberg; in ambedue le caruncole sono perfettamente separate, ma non tanto quanto negli adulti '. Sebbene, come si è detto, la scoperta della patria di questa specie si debba al von Rosenberg, tuttavia la prima notizia della esistenza di una specie di Casuario nelle Isole Aru si deve al Valentyn (Vedi: S. Muli., Vcrhandl. Land- en Volkenlc. p. 109) e nei tempi moderni al Wallace, che portò imo sterno, ora depositato nel Museo Britannico. Questo sterno fu riferito dal 6. R. (iray prima al C. cmcii (=r C. ga- Iratiis) e poi al C. kaiipi : lo Schlegel invece lo ha attribuito al C. hicaruncuìatus ; ma ora che si conoscono due specie di Casuari delle Isole Aru mi pare che la cosa sia alquanto incerta. Intorno ai costumi di questa specie ecco ijuanto ne dice il von Rosenberg: « Uno dei giorni di caccia più importante per me nelle Isole Aru fu il 15 Aprile (1805), nel quale mi riuscì di uccidere la femmina quasi adulta di un Casuario, che più volte aveva veduta. Tuttavia alla fine fui alquanto deluso nella preda di questo uccello (di cui il Wallace, malgrado molte ricerche, potè avere soltanto uno sterno), giacché mentre io aveva sperato di trovare anche qui il C. kaiqìi ( =: unodjìji'ìnliciilatKS . Blyth), scoperto da me in Salvatti nel 1800, invece quando mi avvicinai all'uccello ucciso vidi giacere ai miei piedi un C. galeatus '. L'uccello aveva ancora il colore bruno-grigio dell'abito giovanile, il (juale solo negli individui adulti si cangia in nero, cominciando dalle piume del collo. « AU'infuori del tempo degli amori, che nelle Isole Aru avvengono nei mesi di Giugno e di Luglio, i due sessi vivono separati. La femmina fabbrica una specie di nido grossolano fra i cespugli, sul nudo terreno, e covale uova per 28 giorni, mentre il maschio fa la sentinella a poca distanza. In un nido non si trovano mai più di cinque uova, collocate su due linee, che s'hicontrano ad angolo acuto ^c^=. . Fuori del nido si trovano sempre uno o due uova, che la madre, appena i primi piccoli sono sbuc- ciati dall'uovo, rompe perchè servano loro di nutrimento. In schiavitù questo Casuario mangia di tutto; ma in libertà si ciba principalmente di frutta. I vecchi maschi, che vengono feriti durante la caccia, assalgono il cacciatore, che può chiamarsi fortunato se riesce a cavarsela senza gravi ferite. Questo Casuario vive solamente nelle isole più gi-andi (?) e si cliiama nella lingua degli abitanti Kudari ». (1) Lo Schlegel, discorrendo di questi due individui {Ned. Tijdschr. Dierk. Ili, p. 347), dice che il più giovane dei due non ha traccia di caruncole (la quale cosa non è esatta), e che nell'altro, un po' più giovane del tipo dello Sclater , le due caruncole , sebbene separate da uno spazio considere- vole, sono molto più ravvicinate che non nella figura b che si trova alla pag. 249 del Voi. IV delle Transactions della Società Zoologica di Londra, .aggiunge lo Schlegel : supponiamo che il Casoar delle Isole .\ru sia identico col C. hicaruncuìatus, a meno che non si voglia farne una specie distinta coU'epiteto di arnensis. (2} Questo è un errore del von Rosenberg, mentre, come ha fatto notare lo Schlegel, si trattava del C. hicarv.nculatus. 188 MONOGRAFIA DEI. GEN. CASVARIUS Probabilmente a <]uesta specie sono da rifeiire anclie le osservazioni del Wallace intorno ad un Casuario delle Isole Aru, che anche egli eironeamente chiama Ca- suarius gaìeutus : « il gigante delle foreste Aruane, scrive il Wallace, è il Casuario; esso non è punto raro ed i giovani sono portati in gi'au numero a Dobbo, dove ben presto diventano domestici e vanno con-ondo per le strade e beccando ogni sorta di rimasugli. Quando sono molto giovani presentano larglie fascio di im bel bruno e di color fulvo pallido; a poco a poco essi diventano di color bruno cliiaro, e finalmente neri quando saranno adulti. Essi sogliono riposare appoggiati sulle loro tibie (?) , e dormono giacendo sul petto ; sono molto scherzevoli , rovesciandosi sul dorso e sal- tellando nella maniera più ridicola con tutti gli atti di un piccolo gatto ». Sono state fatte alcune osservazioni anatomiche intorno a questa specie: dal Crisp intomo alla cistifellea, che sarebbe molto più somigliante a quella dei mammiferi che non a quella degli altri uccelli, e dal Garrod, che indica la presenza di due carotidi come nel C. henni-ttU, nel Dromneus novae ìiollaniìiae e nello Stntfhio camelus, e che descrive la disposizione di alcuni muscoli. Sp. 3. Casuarius galeatus, Vieill. '. Tav. I, fìg. -2 (ex Sclat., Trans. Zool.Soc. IV, pi. LXXI). Casuarius, Olear.. Mus.23, 1. 13, f.2. — Alh, Av. 2, p. .i6, t.CO. — Frisch, A.v. t. )U5. — Briss., Orn. 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Ili, p. 528 (/;nr/im) (1844).— Gulliver, P.Z.S. 1848, p. 37 (eorpiiseoli del sanguo). — Bp., Compi. Rend. XLIII, p 8'il, sp.6 (1856).— G.R.Gr., P. Z. S. 1860, p. 362. — b'insch, Neu-Guin. p. 180 (p«r((in) ;I865).— G.R.Gr., iland-List, III, p. 2, sp 9848 (1871).— Schleg., Mus. P. B. 5/ru//iionej, p.9 ,1873). — Gulliver, P.Z.S. 1875, p. 188. Casuarius casuarius, HI., Prodr. Mamm.et Av.p.247 (1811). Casuarius galeatus, Vieill., Nouv. Diet. V, p. 345, pi. C, II, f. 1 (1816). — Merrem, Abh. Beri. Ak. 1819. p. 179. — Steph., Gen. Zool. XIV, 2, p.432, pi. 29 (1819;. - Ranz.; Klem.ZooI. Ili, pu 1, p. 97(1821). — Vieill., Kne.Méth. p.4,pl.1, 1.2 (1823). — Id., Gal. Ois. Il, p. 77, pi. 225 (1825).— Merrem, Erseh. Grueher's Encycl. XV, p 348 (1826). — .Utum, .lonrn. f. Orn. 1854, p. XXVIl.— Gould, P.Z.S. 18.57, p. 269.— Bennet, P.Z.S. 1857, p. 720. — llomeyer, Jonrn. f. 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TOMMASO SALVADOKI 189 Muller, P.Z.S. 1867, p. 242. — Krefft, P.Z.S. 1867, p.183.— Sclat., P. Z. S. 1868, p. 376. — Id., P.Z.S.1869, p.628. - Wall., Malay Arch. Il, p. 150 (1869). - Flower, P.Z.S. 1871, p. 32, 33, 34, 35. — Sclat., P.Z.S. 1872, p. \hi), i9',. — Gieb., Thes. Urn. I, p. 595 (1872). — Oarrod , P.Z.S. 1873, p. G4'i. — Rosenb., Journ. f. Oni. 1873, p. 39U. — Kalliusiu.s, .lourn. f. Orri. 1874, p. 10. — Sclat., P.Z.S. 1875, p. 86, 87.— IIarling,Ostr. and Ostr. Farm. p. 103, ciim tabula (1877).— Sclat., P.Z.S. 1878, p. 80, 214. — Meyer, Journ. f. Orn. 1878, p. 202. - Kathus., Journ. f. Orn. 1879, p. 346. — Ibi.s, 1879; p.96 - Pelz., Ibis, 1879, p. 376. - Rosenb., Malay. Archip. p.323 (1879).— Sclat., List Vert.An.Z. S. L. 1879, p.472. — Id., P.Z.S. 1880, p.315. Casuarius orìentalis, S. Muli., Verh. Land- eri Volkenk. p. 109 (panini (1839-184'i) (ex Ceram tantum, minime ex Nova Guinea). — Hartl., Journ. f. Orn. 1854, p. 257. Javanese (!: Cassowary, Gnlliver, P.Z.S. 1846, p. 26. Hippalectryo casuarius, Sundev., Metli. nat. av. disp. tent. p. 152 (1872). Casuarius javanicus (!), Gulliver, P.Z.S. 1875. p. 478, 488. Casuarius beccarii, Pelz. (nec Sclat.';, Ibis, 1879, p. 376-377 (esemplari vivi nel Giardino Zoolo- gico di Schoenbrunn). - Id., Ibis, 1881, p. 401 (ovo|. Medius niger; caamle laleraliler compressa, alla, margine superiore crassiusculo , latere po- slfrìore fere prrpewUculari , valdn ìtrevinrp qunm anteriore; capile pallide cacruleo-viresccnte, collo caeruleo-violacco, pwtlice rubro ; area nuda ulrinque rulli lalirum rubro-violacea, aiitice cae- ruleo marginata; palearihus duobus proximis rubro-carnds. Long. lol. circa r",:)50 ; rostri- liial. 0"',125; larsi 0"',2G0; ung. dig. ini. 0"',080. Ilah. in Moluccis — Ceram {Dumonl, Forslen, Wallace, Reccari); ? Aml)oina {Beccarij. Ho esaminato molti esemplali di (luesta specie, tra i i^uali i seguenti raccolti dal Beccari in Ceram: fi (_) cT Ceram Dicembre 1874 (B.). Individuo adulto colle piume nere, col casco alto e bene sviluppato. h (— ) — jun. Ceram 1873 (C). Individuo non al tutto adulto, uu poco più piccolo del precedente, col casco più piccolo, colle caruncole più brevi e colle piume, specialmente delle parti posteriori ed inferiori , in parte brune. L'area nuda sui lati del collo , invece di essere di color rosso-violaceo e marginata di azzurro antorioi-niente, come nel precedente, ò percorsa da linee discendenti azzurre, se pure quelle {)arti sono state esattamente colorate nel- l'esemplare che è conservato nel Museo Civico di Genova. e (— ) 9 juv. Wahai (Ceram) 1874 (C). Individuo giovane di color bruno , molto più piccolo del precedente, col casco appena incipiente , col capo e col collo ricoperti ancora di brevi piume ; le due caruncole brevissime; la pelle della testa e del collo di colore azzurro, la cervice di colore giallo-ocraceo. (Questa specie appartiene al gruppo di quelle col casco compresso lateralmente ; essa ha due caruncole sulla parto anteriore del collo, contigue fra loro e per questo carattere somiglia al C. australis del Capo York più che non a qualunque altra specie. Secondo lo Sclater (P. Z. S. 18G8, p. 37G) le due specie differirebbero nei seguenti rispetti: 1" nella forma del casco, il quale nel C. mistraìis sarebbe più ele- vato ed estremamente compresso verso i margini ; 2" nei tarsi più gl'ossi e più robusti nel C. onstraìis, nel quale inoltre l'unghia del dito interno sarebbe più lunga e più 190 MONOGRAFIA DEL GEX. CASIARIIS diritta : 3* nel bel colore azzurro-cobalto della pelle nuda della gola e della parte anteriore del collo nel C. austraìis, mentre le stesse parti nel C galeatus sono di color violetto cupo. Finalmente pare che il C. austrnlis giunga a dimensioni maggiori di quelle del C. (jalcatus. Lo Sclatcr ha fatto anche notare che le caruncole del C. austraìis sono sparse di rari peli, i quali mancano nelle altre specie. 11 Flowcr (P. Z. S. 1871, p. 'A2 e seg.). discoirendo dello scheletro del C. au- straìis, conferma che questo ha dimensiom maggiori di quelle del C. gaìeatus ed inoltre relativamente alla forma del casco fa notare che mentre nel C. (jaìeatus esso ha l'apice rivolto ali indietro, con il margine anteriore più lungo e molto convesso ed il posteriore più breve e verticale, nel C. austraìis invece il casco ha l'apice alquanto rivolto all'innanzi. con i due margini quasi di uguale lunghezza, Tanteriore quasi ver- ticale e leggermente concavo ed il posteiiore un poco inclinato airinnanzi ed alquanto convesso. Si noti tuttavia che questa cosa non è costante, giacche non ho potuto con- statarla negl'individui da me esaminati, e neppure appare nell'esemplare figurato dal Gould, dal quale ho tolta la figura che accompagna questo lavoro. Per la forma del casco v'è una certa somiglianza fra il C. galentus ed il C. hcc- carii, se non che il casco del C. beccnrii è notevolmente più alto ed assottigliato sul margine : inoltre il C. bcccarii differisce dal C. ynìcatus per avere non due caruncole affatto divise fin dalla base, ma una sola caruncola divisa all'apice. Il C. (/ulrafìis è la specie più anticamente conosciuta. 11 primo individuo giunse vivo in Europa nel 1597 ' per opera di marinai olandesi, i quali lo avevano avuto in Giava e lo portarono in Amsterdam; esso fu posseduto prima dal conte Solms di Gravenliage, poi dall'Elettore Ernesto van Keulen e finalmente dall'Imperatore Rodolfo II. 11 C. gaìeatus viene ora frequentemente portato vivo in Eui'opa e fino a questi ultimi tempi era l'unica specie che si conoscesse. Il C. gaìeatus è la sola specie propria delle Molucche e foi-sc vive esclusivamente in Ceram ; è stato asserito che si trovi anche in Amboina, ma questa cosa non è certa, sebbene non sia improbabile stante la vicinanza di Amboina a Ceram. la facilità che hanno i Casuari di nuotare e l' abitudine di attraversare talora bracci di mare di (jualche larghezza. Il Beccari (Cosmos di Guido Cora. 1875, p. 01) dice: « in Amboina sembra che si trovi un Casoar speciale, differente da quello di Ceram '■■, ma (luesta cosa non è stata confermata da alcun fatto e neppure sembra probal)ile. Il Lesson ha asserito che il C. gaìeatus vive anche in Bum, ma questa cosa non è stata confermata da altri : s'intende poi come l'asserzione del Lesson e di altri che questa specie si trovi anche nella Nuova Guinea derivi dall'errore d'avere confuso con essa una o l'altra delle specie della Nuova Guinea. Ignoro su cosa si fondasse il Wallace (Aìin. and Mog. Nat. Hisf. XX, p. 477) per asserire che il C. gaìeatus si trovi anche in Goram. Si hanno poche osservazioni intorno ai costumi di questa specie allo stato selvatico ; narra il Valentyn che nel ItJtìO alcune persone che lo accompagnavano trovarono in Ceram un Casuario che covava tre uova. (1) Hist. Gen. de Voy. Vili, p 112. TOMMASO SA LV ADORI 191 Il Wallace {Ibis, 1861, p. 280) dice che questo Casuario è piuttosto comune nel- l'interno di Gerani, ma che tuttavia non potè ottenerne, ne vederne alcun individuo. Egli dice di averne veduto il casco colla mascella superiore nella casa di un indigeno ed accennò alla possibilità che la specie di Ceram differisse da quelle della Nuova Guinea. Più tardi nel Mala/i Arcliipcìnyo (l. e.) dice che i Casuarii vanno vagando nelle estese foreste montane che coprono l'isola di Ceram, nutrendosi principalmente di frutta cadute, d' insetti e di crostacei : egli aggiunge che la femmina depone sopra uno strato di foglie da tre a cinque uova verdi elegantemente zigi-inate, e che il maschio e la femmina le covano alternativamente per circa un mese. 11 von Rosenberg alla sua volta così si esprime : " Questo uccello è molto comune, ma raramente si uccidono o si prendono i vecchi ; i giovani e le uova mi venivano portati frequentemente. Il tempo della cova è al principio del monsone asciutto. Il nido suole tiovarsi nei boschi più cupi sotto folti cespugli : esso è composto di foglie , di steli di graminacee e di simili materiali che la femmina aduna in un cumulo pianeggiante di un braccio e mezzo di diametro, nel quale essa depone da 3 a 5 uova, disposte a modo di un V. Parecchie uova vengono deposte fuori del nido. Il petto dell'uccello conisponde all'apertura del V ; cova soltanto la femmina e tutte le volte che essa è costretta ad abbandonare il nido copre le uova con foglie. Dopo 30 giorni d'incubazione na,scono i pulcini e vengono nutriti cogli aninialucci che sono attratti dalle uova maicite e fetenti deposte intorno al nido. Come è noto i giovani nel primo anno sopra un f(mdo grigio-gialliccio presentano strie longitudinali bruno-scure, nel secondo anno diventano di color grigio-gialliccio bruno uniforme e nel terzo mettono il colore nero degli adulti. •- 11 nutrimento consiste principaluientc in frutta, talora in quelle di Tomi-tomi. Gli Alfuri cacciano questi u(;celli principalmente per le loio carni, che nei giovani. hanno gusto squisito Anche le uova sono l)uone da mangiare ». 11 Beccari scrive quanto segue: « Alcuni cacciatori mi hanno raccontato che il Cascar di Ceram spesso va in mare ed usa accovacciarsi nei luoghi dove l'acqua è poco profonda, fra i coralli, dove ablxmdano pesciolini, gi'anchi, ecc.: ritornato sulla spiaggia scuote le sue penne, e tutti i piccoli animali marini die vi erano rimasti impigliati diventano sua preda ». Secondo il S. Miiller in Ceram il Casuario contribuisce alla disseminazione delle noci moscate e dei frutti di Kanari , giaccliè esso ingoia interi i frutti di (juesti alberi. ne digei'isce soltanto le parti esterne più tenere e ne emette insieme cogli escrementi il nocciolo intatto, dal (juale si sviluppa una nuova pianta. In schiavitù questo Casoar mangia di tutto. Due volte il C. galeatus si è propagato nel giardino zoologico di Londra. Lo Sclater (P. Z. S. 18()7, p. 179) ricorda che nel Giugno del IStìli, per la jirima volta in Europa , nacque un individuo in (jucl giardino. Le uova, di foi-ma piuttosto allungata, sono di color verde con numerosi punti rilevati, come quelli dello zigrino , ma esse variano trovandosene alcune più chiare ed altre più oscure : il Valentyn dice di averne veduto uno colore di fegato e senza macchie. L'anatomia di questo uccello è stato argomento di numerosi studi per parte di 192 MOKOfJKAFIA llEL OEN. CASUARIl'S Perrault e Duverney ' , di Men-ein * . di Meckel ' e di alcune parziali ricerche del Gcoffroy", del GuUiver intorno ai corpuscoli del sangue", del Garrod intorno ai muscoli delle estremità inferiori ^, del Flower intorno alle diifei'enze del suo scheletro confrontato con (|uello del C. aiisfrolis ' e di altri. Sp. 4. Casuarius australis, Wall. Tav. I, fig. 3 (ex Uould, B. Austr. Suppl. pi. 70). Casuarius australis, Wall, llliistr. Sydn. Herald, 185i, 3"' .lune. — Gould, P. Z.S. 1857, p. 269, 27U. - U ll.flr., l'.Z. S. t85S, p. 1!16 — Id., Cat. H. .New (luin. p. 61 (1859). Sclat., P. Z.S. 1860, p. l'Ili. — Id., Ibis, 1860, p. 310. — Id., Trans. Zool. Soc. IV, p. 360 (1862). — Schleg., .laarb. zool. Geriotsch.NaL.'Vrt. Mag. 186-', p. 200. - Gould, Ilandh. B. .\ustr. II, p. 2(l6 (1865. - Kinsch, Neu-Guin. p. 180 (1865). - F. Schleg., Zool. Gart. 1866, p. 180. - Sclat., P. Z. S. 1866, p. 168, 557 ; 1867, p.242. — Rennet, P.Z. S 1867, p. 573. — Sciai., P.Z. S. 1868, p. 376. — Id., Ibis, 1868, p.348. — Ramsay, P. Z. S. 1868, p. 381, 388. — Gould, B. of Austr. Suppl. pi. 7(1, 71 (pt. V, 1 Agosto 1869). — Krefft, Ibis, 1869, p. 348. — Ibis, 1870. p. 119, 120. — G.R.Gr., Iland-List, III, p. 2, .sp. 9851 (1871). — Flower, P.Z.S. 1871, p. 32 e seg. (scheletro). — Sclat., P.Z.S. 1871, p. 5/i7 (esemplare ■vivo). — Gicb., Tbes. Orn. I, p. 59'i (1872|. — Schleg., Mas. P. R. Strulhùnm, p. 9 (1873).- Ramsay, P. Z S. 1874, p. 325.— Sclat., P. Z S. 1875, p. 2, 82, 85.86, 87. — Id., .Nature, XII, p. 516 (1875). Sorby, P.Z S. 1875, p. 362. — Sclat., P.Z.S. 1875, p. 'i69 (2» esemplare vivo), 527. — Ramsay, P.Z.S. 1876, p. 119 e seg. — Sclat., P.Z.S. 1876, p. 414. — Ramsay, Pr. Line. Soc. .\. S. W. I, p. 186 (1876); lì, p. 196, n. 559; p. 376, pi. XI (c.iput) (1877).— Krefft, P.Z.S. 1877, p. 28 (vivo). — Ilarting, Ostriches aiid Ostr. Farming, p. 95 (1877). — Ibis, 1877, p. 237. — Sclat., P. Z. S. 1878, p. 214. — Meyor, .lourn. f. Orn. 1878, p. 203. — Ibis, 1879, p. 96. — Sclat., List Vert. An. Z.S L. 1879, ]!. 472. — Ibis, 1881, p. 500. Casuarius johnsonii, Miill., Australasian, December lo"', 1866. — Id., P. Z. S. 1867, p. 242. — Krefft, P.Z.S. 1867, p. 483.— Diggics, Orn. of Austr. pt. XII, XIII. — Ibis, 1868, p.348. —Krefft. Ibis, 1869, p. 348. — Newt., Ibis, 1870, p. 120. Casuarius regalis (errore), Rosenb., Journ.f. Orn. 1873, p. E90. Major; msside nigro-brunnca, lateialiler compressa, altissima, margine sufieriore sublili, po- sleriori' inlerditm vix breviove quam anteriore , rapite pallide caerulco-viresrentc , collo antico saturale caernlro, cervice infcrius rubra; jialearibus diiubus a basi seiunrtis, rubris ; plilosi nigrn. Ilah. in iNova Iloiianciia seplenlrionali, ad Caput York {Wall), prope Sinum Uockin- gham (Johnson, Charles Scoti), ad Flumen Burdakin (IV. J. Scott). Questa specie ha grande somiglianza col C. galcatus e col C hcccarii; somiglia al primo per avere le caruncole divise fino alla base, ma ne differisce tanto per la forma, quanto pel colorito : per la forma, giacche ha il casco sottile superiormente e più alto, i tarsi. più grossi e più robusti, l'unghia del dito interno diritta e più svilujipata ; pel colorito giacche il C. australis ha la gola e la parte anteriore del collo di un bel turchino cobalto, mentre quelle parti sono di color violaceo cupo nel C. gnlcafiis. Lesistenza di un Casuario in Australia fu scoperta nel 1854 da Thomas A^'all. (1) Description anatomiiiuo do quatre Casoars, avec 2 pi. (Mem. Ac. Se. depuis 1666-1699, t. IH, P.2, p. 15Ó-I71). \2) Beschreibung des Gerippes eines Casuars (Casuarii galeati), nebst eìnigen beilàufigon Beraor- kungeii ilbor die flachbrustigen Vógel {Ar>es ratilae) (Abh. der Beri. Akad. 1816-17, Phy.w Kl. p. 179- 19H) (niit ■^ Taf.). (3) Beitriigo zur Anatomie dea indischen Kasiiars \Arch. f. Anat. und Physiol. 1830, p. 200-280; 1832, p. 273-370). (4) Composition des appareil gónitaux, urinaires et intestìiiaux à leurs points de rencontre dans l'Autruche Gt dans le Casoar {Mèm. du Mus. d'hist. nat. IX, 1822, p. 438-456, pi. 21). (5) P.Z.S. 1846, p.2r), 1848, p.37, et I87.'i, p. 488. (6) P.Z.S. 1873, p. «44. (7) P.Z.S. 1871, p. 32-3.'i. TOMMASO SALVADOKI 193 che come molti altri esploratori di quel vasto continente , morì per mancanza di cibo, nei suoi inospitali recessi , mentre era tutto intento nelle scientifiche ricerche. Il primo esemplare raccolto fu ucciso dal Wall presso il Capo York, ove egli incontrò questa specie in truppe di sei ad otto individui entro a profondi burroni, quasi inac- cessibili, alla base di alte colline. Quell'esemplare andò disgraziatamente perduto presso la Baja Weymouth, come è stato narrato da Mr. Carron ', uno dei superstiti della di- sgraziata spedizione del Kennedy, alla quale il Wall apparteneva in qualità di natu- ralista. Tuttavia una descrizione di quell'esemplare fu pubblicata dal fratello del Wall Mr. William Sheridan Wall, Direttore del Museo di Sydney, nel giornale « lUustrated Sydney Herald » del 3 Giugno 1854. La descrizione era inesatta, giacché l'elmo vi era indicato di colore rosso vivo (!) , e le caruncole, in numero di sei od otto (!!), venivano descritte di colore turchino e rosso; tali errori nella descrizione derivarono da che Mr. W. S. Wall non aveva alcun esemplare, ma faceva la descrizione secondo quanto gli aveva narrato il Carron , che non ricordava più con precisione il colore delle parti. Passarono dodici anni prima che si avessero altre notizie positive intorno al C. ausimi is ; nel 1866 Mr. W. J. Scott, il quale possedeva una numerosa mandra di pecore nella vallo dei Lagoons, lungo il fiume Upper Bunlakin, circa cento miglia ad occidente dalla Baja Kockingham, notificò alla Società Zoologica di Londra il fatto che nella detta località il Casuario era ben noto agl'indigeni col nome di Emeu nero, ma che era molto difficile di procurarselo. Lo stesso Scott mai ne aveva incontrato alcuno, ma egli inviò un manipolo di piume di Casuario, che erano state trovate nella capanna di un indigeno '. Nell'autunno dello stesso annolHGG Mr. Q. Kandall Johnson, visitando la regione presso la Baja Rockingham, uccise un Casuario nei boschi di Gowrie Creek. che egli preparò e donò al Museo di Sydney; questo esemplare fu descritto col nome di Ca- suarius johnsoni dal Dottor Miiller ' e dal Krefft * e figurato e nuovamente descritto dal Diggles nella sua Ornitologia d' Australia. Il Can-on ' riconobbe che quell'indi- viduo era della specie stessa di quella cui apparteneva l'esemplare ucciso dal Wall. Da ultimo il Eamsay riuscì per mezzo di Mr. Charles Scott, fratello del W. J. Scott sopramenzionato, ad ottenere una spoglia perfetta di questo uccello, la inviò nel 1868 * alla Società Zoologica di Londra, e dalla medesima il Gould trasse la figura che si trova nel supplemento alla sua opera « Birds of Australia » ; per tal modo si poterono valutare con esattezza i caratteri pei quali il C. australis si distingue dal C. galeatus. Il C. australis si trova soltanto nella parte settentrionale della Nuova Olanda, cioè nella penisola del Capo York e presso la Baja Rockingham. Intorno ai costumi di questa specie si hanno già numerose osservazioni tanto in libertà, quanto in schiavitù. La narrazione più compiuta e quella del Eamsay ', che cosi scrive : « Uno degli scopi principali della mia visita alla Baja Rockingham era quella di studiare i costumi di questo nobile uccello. Nel 1867 io aveva inviato il mio col- lettore, Edward Spalding, in quella regione col medesimo scopo, ma quasi con nessun (1) P.Z.S. 1867, p. 474. (2) P.Z.S. 180(5, ]). 557. (3) P.Z.S. 1867, p. 242. (4) P.Z.S. 1867, p. 482. Serie II. Tom. XXXIV. (5) P.Z.S. 1867, p. 473-174. (6) P.Z.S. 1868, p. 388. (7) P.Z.S. 1876, p. 119 e seg. 194 ilUXOGRAFIA DEL GEN. CASUAKILS risultato. Mentre io era in Brisbane, avviato verso quella regione, comperai telegra- ficamente un bell'esemplare giovane, il primo che fosse stato preso ed allevato, e riuscii poscia a condurlo vivo in Sydney ed a spedii-lo alla Società Zoologica di Londra, cui giunse sano e salvo; io appresi inoltre che erano stati presi parecchi giovani Casuari della stessa specie e che per la prima volta era stato trovato un nido colle uova; ciò era cosa molto interessante e non ho bisogno di dire quanto mi affrettassi per giungere alla stazione di polizia del fiume Herbert, dove io fui accolto molto ospitalmente dal- l'Ispettore Johnstone, che era stato il primo a ritrovare e farci conoscere in quella regione l'esistenza di questa interessante specie '. Io trovai che l'ispettore Johnstone era un vero cacciatore, un ardente ammiratore della natura ed anche un zelante naturalista ed un diligente osservatore ; io gli debbo molte informazioni importanti intorno alle abitudini ed ai costumi degli aborigeni, intorno ai costumi di molti uccelli per me nuovi, e specialmente intorno alla specie presente. Il Casuario australiano abita nelle dense e cupe boscaglie sparse nella regione della Baja Rockingham e si estende al nord fino al fiume Endeavour. Esso era discretamente abbondante soltanto pochi anni fa anche nelle vicinanze di Cardwell; ma dopo l'arrivo dei piantatori delle canne da zuccliero, ecc. lungo il fiume Herbert ed i vicini corsi d'acqua, questi interessanti uccelli sono stati uccisi senza discrezione per averne le pelli, le quali io stesso ho visto adoperate come tappeti. Da prima si avevano con facilità, ma da ultimo sono diventati così sospettosi ed il loro numero è tanto diminuito, che soltanto colla più grande pazienza si riesce a tirare loro un colpo. Io non conosco uccello più sospettoso e più timido di ((uesto, e sebbene le impronte recenti dei loro piedi siano abbastanza numerose e si trovino facilmente sul fango lungo le rive dei ruscelli, o sotto gli alberi dei frutti dei quali si nutrono , tuttavia raramente si riesce a vedere gli uccelli stessi. Dui'ante il giorno essi restano nelle parti più folte dei boschi, percorrendo le rive dei corsi d'acqua e dei ruscelli, involandosi a traverso i cespugli e le piante rampicanti al più piccolo rumore. Verso sera e di buon mattino essi visitano ordinariamente i loro alberi favoriti , quali i fichi indigeni, l'albero di Leichai'dt (-S*. Icicìuinìti) e diverse specie di Acnema, Jnni- bosa, Davidsonia, ecc.; sembra che essi amino molto i frutti astringenti dell'albero di Leichardt e di una specie di Marauta , che produce gruppi di grosse bacche ripiene di polpa succulenta, sinnigliante al contenuto di un frutto maturo di Pas- siflora (P. cduUs). Frutta e bacche d'ogni sorta sono avidamente cercate; l'esem- plare domestico di mezza età, che io inviai alla Società Zoologica di Londra nel 1875, era divenuto così avido del Moro del Capo, che non jiermetteva ad alcuno di avvicinarsi all'albero di cui aveva preso possesso. Questo uccello sovente divorava in una volta 3 quarta di frutta di Eriohofr/ii j(iponicananc e patate dolci in grossi pezzi od intere sono il loro cibo prediletto, non trascurando ([uaUnKiue cosa incontrino, grilli, ragni, lombrici, blatte, larve di ogni ^mta. pasta e perfino carne cruda. Essi si assicurano (1) L'Ispettore Johnstone moii/iorialo dal Rnmsay ò Io stesso che Mr. '■. Randall Johnson men- zionato dal Moller e dal Krolfl? TOMMASO SALVADORI 195 del gusto del loro cibo prendendolo prima coU'apice del becco e dandogli una leggera strizzatina, e se non è conveniente lo gettano via. Io mi accorsi che essi costantemente rifiutano frutti immaturi di Eriobafrin, e che prima li prendevano sempre col becco per assaggiarli. In schiavitù diventano molto docili e possono essere lasciati liberi senza alcun freno, accorrendo alla chiamata, e spesso seguendo la persona che suole dar loro il cibo. Se disgustati o delusi non raramente mostrano segni di volersi risentire sollevando le piume e dando calci ai lati od innanzi con tal forza da far cadere un uomo robusto, cosa di cui sono stato testimonio più di una volta. Questi uccelli sono molto forti e sono molto pericolosi quando sono feriti. Più di una volta un uccello ferito ha obbligato un naturalista ad aiTampicarsi sopra un albero ; l'unghia acuta del loro dito interno è un'arme pericolosa quanto le unghie di un grande Kanguro e capace di fare altrettanto danno. « Io osservai che i Casuari sono eccellenti nuotatori, e spesso li ho seguiti a traverso un ruscello od un fiume di una certa estensione. Essi sono stati incontrati sovente nell'isola Hinchenbrook, situata a circa un miglio e mezzo dalla costa, ed io stesso li ho uditi gridare di notte e di buon mattino, mentre attraversava il canale, alla distanza di almeno due miglia dalla medesima. Mr. Johnstone mi assicura di averne incontrato uno mentre attraversava a nuoto un fiume di considerevole larghezza du- rante la spedizione esploratrice della costa Nord-Est , di cui egli faceva parte. Il loro grido, per lo più emesso dal maschio, è formato da una serie di suoni aspri, gutturali e prolungati, ripetuti con rapidità e continuati per circa tre minuti ; quel grido è molto forte e stando in mare lo si può udire alla distanza anche di tre miglia durante le notti tranquille. Io l'ho udito risuonare nella foresta alla distanza di un miglio e mezzo, ed allora mi pareva vicino ed uno dei più strani che si possano udire. « Questo Casuario si riproduce nei mesi di Agosto e di Settembre. Il primo nido fu trovato da uno dogli uomini neri dell'Ispettore Johnstone e Mr. Miller, un colono del fiume Herbert, comperò da esso alcune uova. Uno di queste, che egli mi donò, è della varietà verde-chiara, che descriveremo più sotto. Il nido consiste in una de- pressione fra le foglie cadute ed i frammenti, coi quali il suolo della foresta è rico- perto, coll'aggiunta di alcune foglie secche. Il luogo prescelto pel nido è sempre nella parte più folta e nascosta da masse vegetali intrecciate. Le uova erano in numero di cinque nei due casi che si conoscono, ed in ambedue un uovo differiva dagli altri per essere di colore verde-chiaro e col guscio molto liscio. Tutti gli altri avevano un guscio ruvido, coperto piuttosto radamente con aree irregolarmente elevate di color verde- cupo, ma vivo, sopra un fondo verde più chiaro e liscio. Nella varietà pallida queste elevazioni del guscio sono più ravvicinate e non tanto sviluppate; in ambedue le va- rietà le elevazioni sono più rade verso la parte media che non alle estremità dell'uovo. In complesso le uova somigliano molto a quelle del Casuarins hennetti, nelle quali si osservano simili variazioni, ma sono più grandi. Io sono debitore all' Ispettore Kobert Johnstone per la bella serie di uova di questa specie che posseggo nella mia colle- zione. Ecco le dimensioni di alcune uova delle due specie: Casuarins atistraìis N. 1. Guscio verde-chiaro e liscio pollici ingl. 5.33x 3.73 = 0"',136 x0'",092. N. 2. Guscio verde-cupo e ruvido » » 5.3 X 3.88 = 0°', ISTxO", 094. 195 MONOGRAFIA DEL GEX. CASUARIUS Casuarius bennetti N 1. Guscio verde-chiaro e liscio pollici ingl. 5.65 x 3.54 =0™ ,141 X O" ,09U. N. 2. Guscio verde-cliiaro e ruvido » » 5.32x3.31 = 0™ , 135x0" ,083. N. 3. Guscio verde-chiaro e ruvido » « 5.84x3.4 =0", 137x0°', 085. N. 4. Guscio verde-cupo e ruvido » » 5.2 x 3. 32 = 0", 131 xO", 084. « I giovani del C. ansfrali.'i sono di color bruno-rugginoso, e le piume sovente hanno lungo lo scapo una stria nericcia, per cui ne viene un" apparenza striata. Dopo il primo anno le piume prendono una tinta più cupa , alcune piume nere appaiono mescolate alle brune ed altre sono in parte brune ed in parte nere. Più tardi, all'età di 18 a 24 mesi, le piume nere predominano, ed il casco, che finora è rimasto ru- dimentario. simile quasi allo scudo frontale di una folaga, comincia a mostrare una carena nel mezzo, che rapidamente cresce in altezza. La pelle del capo, sulla quale restano ancora alcune poche piume piliformi, comincia a mostrarsi rugosa e colorata, variando dal verde-azzun-ognolo all'aranciato sulle parti inferiori : la pelle è di color turcliino sui lati del collo e le caruncole vanno facendosi di color cannino. Il casco resta comparativamente piccolo e rudimentario anche lungo tempo dopo che le caruncole e le parti nude del collo sono diventate colorate. Io credo che il casco non acquisti le massime dimensioni fino al quarto od al (juinto anno almeno. Nell'attravei-sare le boscaglie la testa viene portata bassa presso il suolo e le liane ed i rami degli alberi percuotendo l'elmo scivolano sul medesimo. Senza di ciò nelle folte boscaglie di liane, che si tro- vano sulle rive del fiume Herbert ed altrove, sarebbe grandemente impedito il pro- cedere ; appunto per quella disposizione i Casuari possono attraversare le boscaglie con meravigliosa rapidità, saltando sopra alberi abbattuti e sopra cumuli di legname che si trovano sul loro cammino. Un individuo giovane, lo stesso esemplare che fu inviato alla Società Zoologica di Londra dal Marchese di Xormanby, mentre era in possesso dell'Ispettore Jonhstone, durante la mia seconda visita, fu capace di saltare fuori del suo steccato alto più di 6 piedi, mentre l'area del medesimo non era più di 12 piedi per lato. « Io trovai che i Casuari adulti erano in muta nel Marzo, ma le nuove piume non erano tutte comparse nel Jlaggin. Durante questi mesi gli individui in schiavitù erano molto irascibili e di mal umore, rifiutando perfino il cibo (ciò che avviene sempre quando sono malati), e talora attaccavano perfino i loro custodi; ma è specialmente^ verso gli estranei che essi mostrano la loro antipatia. Io ho sempre osservato che sono molto amanti di bagnarsi; l'esemplai-e non ancora adulto, da me inviato alla Società Zoologica di Londra, sovente stava aspettando pressd la pompa clie qualcuno andasse ad attinger acqua, ed allora esso si accovacciava quietamente sotto il getto abbon- dante di acqua, allungando il collo e sollevando le piume per far sì che la medesima giungesse fino alla pelle. I Casuari non amano di trovarsi all'aperto e sempre cercano di essere riparati dal sole. Nello stato selvaggio essi raramente lasciano le boscaglie e certamente ciò non fanno mai nelle ore più calde do! giorno a meno che non vi siano costretti; in generale essi sopportano bene la schiavitù ». Secondo d' Hartùig questa specie avrebbe nidificato nel Jardiu des Plantes ui Parigi, TOMMASO SALV ADORI 197 ed il Géoffroy St. Hilaire avrebbe osservato che il mascliio covava le uova, ma gli Editori dell'Ibis (1877, p. 237, nota) fanno notare che non si trattava del C. au- stralis, ma del Dromaeus novae hollandiae. Lo scheletro di questa specie è stato studiato accuratamente dal Flower in con- fronto con altri del C. galeatus, e n' è risultata la conferma di quanto aveva già asserito lo Sclater, cioè che il C. australis supera per le dimensioni il C. galeatus, e come non sia da porre troppa importanza nella forma del casco, variabile coll'età ed anche individualmente. Sp. 5. Casuarius beccarli, Sclat. Tav. 1, fig. 4 (ex icone inedita Albertisii). ? Casuarius sp., S. Muli., Verh. Land- en Volkenk. p. 22 (1839-1844) (Utanata, Prinses Marlanne- straat). ? Casuarius orientalis, S. Miill., Verh. Land- en Volkenk. p. 109 {parlim,e\ Nova Guinea) (1839- 1844). Casuarius beccarii, Sclat., P.Z.S. 1875, p. 87, f. I, 2 (pa';.86)(Vokan-Arii), p. 527, pi. LVllI (Nova Guin. merid.), et p. 533. — Id., Nature, XII, p. 516 (1875).— Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. VII, p. 717 nota) (1875). — Sclat., P.Z.S. 1876, p. 4 n (esemplare vivo).— Harting, Ostr. and Ostr. Farm. p. 107 (1877).— Forbes, P.Z.S. 1877, p. 3U7, 316 (Cloaca et Bnrsa Fabricii).— Sharpe, Ibis, 1877, p. 325. — Sclat. et Salv., Ibis, 1877, p. 372 (nota).- Oust., As.s. Se. de France, Ball. n. 539, p. 35U ;1878). — Meyer, Journ.f.Orn. 1878, p.202, 301).— Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. XII, p. 421, 422 (1878). — Sclat, P.Z.S. 1878, p. 2IÌ.— Sclat. et Salv., Ibis. 1878, p.48l. — Id., Ibis, 1879, p.96. - D'Alb. et Salvad., Ann. Mus. Giv. Gen. XIV, p. 136, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 144, 14.5, 6g. p. 137, 139, 140, 141, 142, 143 (1879). — Ibis, 1879, p 482. — Sclat., List Vert.An.Z. S. L. 1879, p.472. - D'AIb.,Nuovafiuinea,p. 494, 588(1880). — Sharpe, Ibis, 1881, p. 500. Casuarius bicarunculatus, Becc. (nec Sclat.), Ann. Mus. Civ. Gen. VII, p. 717 (1875). Casuarius australis, D'Alb. (nec WalP, Sydn. Mail, 1877, p 243. — Id., Ann. Mus. Giv. Gen. X, p. 19 (1877). - Id., Ibis, 1877, p. 372. ? Casuarius altijugus, Sclat, Nature, XVil. p. 375 (1878).— Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. XII, p. 420, 421, 422 (I87.s;.— Sclat. et Salv., Ibis, I»7.S, p.48l.— Salvad., Ibis, 1879, p. 105. ? Casuarius salvadorii, Oust., Ass. Se. do France, Bull. n. 539, p. 350 (23 Febr. 1878). — Sclat., P.Z.S. 1878, p. 213, 214.— Meyer, Journ. f. Orn. 1878, p. 202, 203. — Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. XII, p.420, 421, 422 (1878).— Sclat. et Salv., Ibis, 1878, p.48t; 1879, p.96.— Salvad., Ibis, 1879, p. 105.— Pelz., Ibis, 1879, p. 377. ? Casuarius tricarunculatus, part., Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. XII, p. 420 (1878).— Ibis, 1878, p. 481. Casuarius sclaterii, Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. XII, p. 422(19 Luglio 1878) (= C beccarti, Sclat., P.Z.S. 1875, p.527, pI.LVlII).— Ibis, 1878, p.48t.— Meyer, Journ. f. Orn. 1878, p. 300. — Sharpe, Ibi.s, 1879, p. 116 Jipo nel Mus. Brit.). Niger; casside antice et postiee crassa, lateraliler in medio valde compressa, altissima, mar- gine superiore subtili; latere posteriore plus minusve relrorsum inclinato, interdum fere perpen- diculari, hreviore quam anteriore; capite griseo-caeruìeo ; laenia a matidibulae basi jìavida, postiee in rubruin colorcm desinente; giila et Interibus colli caeriileis; cervice superne rubra, inferue anrantia; area nuda utrinque colli imi laterum- carnea; paleari unico longissimo ad apicem di- viso, pallide carneo. Long. lol. 1 "',600; rostri hial. CMiO; tarsi 0'",280 ; ung. digiL int. 0"',078. Hab. in Papuasia — Ins. Aru, Vokan {Beccari); Nova Guinea meridionali prope insula Touan [Sclaler), ad Flumen ¥\y [D'Albertis], ? prope Wandammen (Bru;)'»), ? prope Warbusi [Bruijn fide Ousliilet). Il Beccari ed il D'Albertis hanno raccolto i seguenti esemplari di questa specie, il primo nelle Isole Aru, il secondo lungo il Fiume Fly: 198 MONOGRAFIA DEL GEN. CASUAKIUS § Adulti. fi [ — ) (f Vokan (Aru) 1S73 (B.). Individuo al tutto adulto, tipo della specie, del quale non si conoscono con cer- tezza i colori delle parti nude della testa e del collo, le quali sono state dipinte di colore azzurro, più chiaro sulla testa; la cervice inferiormente è dipinta di color bruno, le caruncole e l'area nuda sui lati del collo di color carnicino. 6 (105)— Fiume Fly 1876 (U'A.) Fifiura ( '. Grande individuo adulto ; casco normale, altissimo, piegato a destra, grosso e rigonfio (() Debbo alla cortesia del Marchese Giacomo Doria, Direttore del Museo Civico di Genova, il potere riprodurre in questo lavoro le incisioni rappresentanti il C. beccarti, giìi pubblicate negli Annoti d«l Museo Civico di Genova, voi. XIV, p. 137 e aeg. TOMMASO SALVADOR! 199 Terso la fronte, assottigliato verso la sommità, coi due margini , anteriore e posteriore , rivolti obliquamente all'indietro dal basso in alto ; becco color di cuoio ; occipite grigio- ceruleo ; cervice posteriormente aranciata , regione avanti agli occhi e gola azzurre ; carun- cola grandissima lunga 0'",110, lobi 0'",065 ; il lobo sinistro presenta una piccola digita- zione sul margine interno presso la base; un' altra più grande è sul margine esterno del lobo destro, ma ambedue debbono essersi prodotte per lacerazioni ; la grande sembra l'ef- fetto di una lacerazione recente, forse avvenuta al momento della uccisione. Tarso ©"".SI 0. e (584) 9 Fiume Fly (420 m.) 6 Settembre 1877; (D'i). Ki;;iira 2. Grande individuo adulto. Casco quasi come nel primo esemplare, ma meno piegato a destra; caruncola meno lunga, ma più larga, lunga O'°,080, divisa per quasi tutta la sua lunghezza. Casco verdognolo, nero anteriormente e sul culmine, color di cuoio po- steriormente. « Occipite celeste, cervice superiormente rossa, inferiormente gialla ; parte anteriore e laterale del collo azziure, inferiormente vinacea; una linea gialla lungo la base della mandibola, la quale posteriormente passa al rosso; becco nero ». (BA.). 200 MONOGRAFIA DEL GEK. CASUARIUS d (19) cT Fiume Fly (Alligalor Pointl 30 Maggio <877 [D'A.). Fif!iira 3. Individuo di mediocri dimensioni ; casco non molto grande ; caruncola piccola , lunga 0°',040; lobi 0"\020. « Casco color di cuoio, anteriormente verso la base nero; occipite celeste-chiaro; cervice vinacea superiormente : inferiormente giallo-arancio vivo ; gola azzurra ; alla base della mandibola una stria gialla; caruncole bianco-rosee: becco corneo ». {D'A.). . e (800) — Fiume Fly 1877 [D'A.] (Vodi fig. 4). Testa e collo soltanto. Casco guasto all'apice, molto alto e quasi verticale, ma un po' volgente a sinistra, col margine anteriore non molto inclinato posteriormente . e col posteriore quasi verticale: caruncola grandissima, lunga 0'",120: lobi 0'",090 / (i84) 9 Fiume Fl\ (4H0 m.) 18 Agosto 1877 [D'A.) (Vedi lig. 5). Grande individuo adulto, ma col casco meno alto che non nel precedente, guasto anch'esso all'apice, tutto solcato alla base, e col margine posteriore quasi verticale (come nel tipo del C. saìvadorn). Caruncola gi-andissima lunga n™.l;!0. lobi O^jOtìS. « Casco presso la fronte e sul culmine nero, lateralmente all'innanzi verdognolo, posteriormente color di suola ; becco nero : base della niandiliola con una stria gialla che si estende sui lati della testa e termina di color rossiccio; ocelli di color castagno: TOMMASO SALVADOKI 201 occipite celeste-chiaro ; ceryice rossa superiormente , arancio inferiormente , lati d^ collo inferiormente vinacei ; collo anteriormente azzurro ; caruncole bianco-rosee ; piedi plumbei, traenti al verdognolo » (D'A.). g (772) cf Fiume Fly 1 Novembre 1877 (D'.4.) (Vedi fig. 6). Individuo adulto, col casco piegato a destra , molto più basso che non nei pre- cedenti, col margine anteriore molto inclinato all'indietro e col posteriore tondeggiante; caruncola mediocre, lunga 0"',070, lobi 0™,050. Tutti questi esemplari sono grandi ed adulti , colle piume nere ; il casco varia alquanto per l'altezza e per essere più o meno rivolto all'indietro; in quattro volge Figura U. a destra, in uno lievemente a sinistra ; in tutti è notevolmente grosso alla parte ante- riore. La caruncola varia di grandezza, in alcuni è enorme, in tutti è divisa in due lobi. Gli esemplari del Fiume Fly sono stati confrontati col tipo delle Isole Aru e Serie IL Tom. XXXIV. »b 202 MOSOGRAFJA DEL GEX. CASUAKIUS sembrano appartenenti alla medesima specie, sebbene non possiamo essere certi di questa cosa finche non si conosceranno con certezza i colori delle parti nude della testa e del collo degli esemplari delle isole Aru. Figura 5. § Giovani. h (573) — Fiume Fly (430 m.) Sellcmbre 1877 {D'A.). Individuo giovane simile al tipo del C. sclaterii, Salvad. , conservato nel Museo Britannico. Casco poco elevato, a culmine tondeggiante; caruncole mediocri . lunghe O^jOTS, lobi O^jOS.*). Piume di color Imino-nevo. i (485) — Fiume Fly (i:ìO m.l 1S Agosto 1877 [D'A). Individuo giovane col casco appena sporgente e di color nero ; caruncola piccola , con due lobi divisi fin presso la base. Piume di color bruno-rossigno. Pelle del collo ^enza colori vivaci. j (718) — Fiume Fly [loO m.) 4 OUobre 1877 [D'A). TOMMASO SALVADORI 203 Individuo giovane col casco più piccolo del precedente , ma colle caruncole al- quanto più lunghe. Piume bruno-rossigne. « H tipo di questa specie è un esemplare adulto , avuto dal Beccari in carne in Vokan, la più settentrionale delle Isole Aru, ed ora conservato nel Museo Civico di Genova. Alla stessa specie fu riferito dallo Sclater (P. Z. S. 1875, p. 527, pi. LVIII) un individuo che visse nel Giardino Zoologico di Londra, e che nel 1873 era stato dato agli Ufficiali della nave da gueiTa inglese il Basilisk dai nativi di Touan o Comwallis, Kisura 6. piccola isola nello stretto di Torres , posta a quattro miglia di distanza dalla costa meridionale della Nuova Guinea ', sulla quale, al dire dei nativi, essi lo avevano preso; esso fu portato a Wellington nella Nuova Zelanda nel Luglio dello stesso anno e si supponeva che allora avesse 9 mesi ; poscia fu donato alla Società Zoologica di Londra da Sir James Fergusson ; visse circa tre anni nel Giardino Zoologico di quella Società , ed ora si conserva nel Museo Britaimico , ove io l' ho esaminato e descritto , consi- derandolo come appartenente ad una specie distinta, col nome di C. sclaterii, diffe- rendo dal tipo del C. hcccarii pel casco basso, superiormente tondeggiante e col margine (1) Moresby, Biscovery and Suroeys in New Guinea, pp. 229, 230 (1876). 204 MONOGRAFIA DEL GEN. CASIAKIIS poeteriore tondeggiante e grosso, e per la caruncola meno lunga: quando poi il D'Al- bertis portò in Europa la serie di Casuari del Fiume Fly soprannoTerata io dovetti riconoscere che quell'esemplare non era al tutto adulto, e che. come quelli del Fiume Ply, apparteneva veramente al C. beccari, come anche lo Sclater aveva sospettato (P. Z. S. 1875, p. 527. — Il>is, 1877, p. 372, nota). Finalmente dall'esame di quella serie io sono stato condotto ad ammettere che al C. beccarli appartengano anche gli esemplari delle vicinanze di Wandammen , nel fondo della Baja del Geelwink, ai quali sono stati dati i nomi di C. salvadorii , Oust. e di C. altijugus , Sclat., sebbene potremo avere la certezza di questa identifi- cazione soltanto quando conosceremo il colore delle parti nude della testa e del collo di quegli esemplari '. Il von Pelzeln (Ibis, 1879, p. 376; 1881, p. 401) ha riferito al C. beccarli due individui viventi nel Giardino imperiale di Schoenbrunn presso Vienna, ma dal- l'esame di due disegni di quei due esemplari, che lo stesso von Pelzeln ha avuto la cortesia di mandarmi, mi sembra che essi appartengano invece al C. gaìratus. Il Casuari US beccarli per la forma del casco compresso lateralmente appartiene al gruppo delle specie che comprende il C. galeatus e si distingue dalle altre per avere una grande e lunga caruncola mediana divisa in due grandi e lunghi lobi. Notevoli sono le differenze individuali, dipendenti dall'età, specialmente nella forma e nelle dimensioni del casco più o meno alto e più o meno piegato all'indietro. (I) Agli esemplan del fondo della Baja del Geelwink, i quali se distinti dovranno portare il nome di C. salvadorii, appartengono le seguenti citazioni : Casuarius salvadorii, Ocst. Tav. I, f. 5 (ex Sciai., P. Z. S. 1878, fig. in pag. 213;. Casuarius altijugus, Sclat., Nature, XVII, p. 375 (1878) (Wandammen). — Salvad. , Ann. Mus. Civ. Geo. XII, p.420, 421, 422 ;I878). — Ibis, 1878, p. 481. — Salvad., Ibis, 1879, p. 105. Casuarius salvadorii, Oust., Ass. Se. de France, Bull. no. 539, p. 350 ;2:5 Febr. 1878\ — Sclat., P.Z. S. 1878, p.213, 214, fig. in pag. 213. — Meyer, .Journ. f. Orn. 1878, p. 202, 203. — Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. XII, p. 420, 421, 422 (1878). — Ibis, 1878, p. 481 ; 1879, p. 96. — Salvad., Ibis, 1879, p. 105. — Pelz , Ibis, 1879, p. 377. Casuarius tricarunculatus, pari., Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen, XII, p. 420 ^1878). — Ibis, 1878, p. 481. La figura 5 della Tav. 1 rappresenta la testa ed il collo dell'esemplare che fu descritto dallo Sclater col nome di C. altijugus, nomo che egli cortesemente soppresse in favore di quello di C. sal- vadorii, pubblicato quasi contemporaneamente dall'Oustalet. Si noti che in quella figura le due caruncole appaiono perfettamente distinte e tali vengono de- scritte dallo Sclater, il quale dice : le caruncole sono due, una per ciascun lato della linea mediana, ma divise fin quasi alla loro origine; più sotto lo stesso Sclater soggiunge che il Casuario di Wan- dammen si distingue dal C. beccarii dello isole Aru per le caruncole più compiutamente divise. Invece l'Oustalct descrivendo il tipo del C. salvadorii dice : la caroncule de la gorge est forlement bifide, comtne dans le C. beccarii. Un ter/.o esemplare che sembra riferibile al 0. salvadorii è quello da me menzionato precedente- mente, discorrendo del C. tricarunculatus, e che è stato venduto dal Laglaize al Conte Turati come proveniente dalla Nuova Guinea; esso è stato inviato dal Kruijn, er. III. voi. VI.' p Ho I^GOj. Casuarius unoappendiculatus, Blyth, J \. S.B.XXIX, p. I12(jiiv.) (1860;. — Id., .\nn.and Mag. .Nat. Hist. ser. Ili, voi. VI. p. 113 (1860).— Sclat., ibìd. (noU) —Blyth, Ibis. 1860, p. 307.— Sclat., Ibis, 186J, p.310.— Bennet, Ibis, 1860, p. 403, pi. 14 Ou»-)-— Sclat., ibid.el p.42o; 1861, p.3l2. — Blyth. J. \. S. B. XXX, p. 185 (1861). - Ibis, 1862, p. 78. — ScIaU, Trans. Zool. Soc. IV, p. 3.ó9, pi. 74 (juv.)(l862;. — Schleg..Jaarb.zool.Genolsch. Nat. \rt. Mag. 1862, p. 198, pi. — Id., Dierent. Vogels, p.239, f.p. 240, et tabula. - Sclat., P. Z.S. 1863. p. 225. — Finsch..\eu-Guin. p. 180 (1865).— Sclat., P. Z. S. 1866. p. 3i. 168. - F. Schle^ . Zool. Gart 1866, p 179. — Schleg., .Xed. Tijdschr. Dierk. lll,p. 250, 3\7(l866j.— Id., in Rosenb., Reis naar zuidoosiereil. p.52 (noU, (1867;. - Gould, SuppI.B. .\ustr. pi. 74. 75 1869).— .Vewt-, Ibis, 187o, p. 119, 12J.— Schleg., .Ned. Tijdschr. Dierk. IV, p 53 (187! . — G R.Gr.. Hind-List, Ili, p.2.sp. 9852 (1871). - Gieb., Thes.Om. I. p. 595 '1872). - Sclat., P.Z.S. 1872, p 147. Ii9, 150.— Schleg., yias.P.B. Strulhiona, p. 10 (1873) —Rosenb., Journ.f.Orn. 1873, p.390. — Meyer. Sitzb.k. .\k.Wissensch. zu Wien. LXIX, p.218 (1874). - Sclat., Ibis. 1874, p.417. — Id., P.Z.S. 1874, p.247. 49.5. — Id., P. Z S. 1875. p. 85, pi. XX. f. 1.2 (juv., p 87, 533 — Rosenb., Reist. naar Geeiwinkb. p. 17,69, 117 (1875). - Becc...\nn. Miis. Civ. Gen. VII, p. 717 (I875\ — Salvad., ibi.i. p.7l9 (1875).- Sclat., Ibis, !S76, p. 254. — Id., P.Z.S. 1876. p. 414 ;esemplare vivo). — Forbe«, 206 MONOGRAFIA DEL GEN. CASUARIUS P. Z.S. 1877, p.307, 313, 315, 316 (Bursa Fabricii).— Sclat., P. Z. S. 1877, p. 419 (esempi, vivo in Anistenlam\ 531 (un esempi, vivo in Londra). — Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. X, p. 167 (1877) (Soroniii. — liarting, Ostr. and Ostr. Farm. p. 112 (1877). - Oust., P. Z. S. 1878, p. 389, 3!)U. — Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. XII, p.346 (Sorong), 424, 425 (1878). — Ibis, 1878, p.482. — Meyer. Journ.f Orn. 1878, p. 2u3. — Rosenb., Malay. Archip. p. 396 (cum fig. capitis), 481, 563 (1878-79).— Ibis. 1879, p 96. Casuarius kaupi, Rosenb., .\atuurk. Tijdschr. Nederl. Ind. XXIII. p. 43, tab. (1861) - Id., .lourn. f.Urn.186l, p.44, taf.l.— Sciai., Ibis, 1861, p. 312. — Id., Trans. ZooI.Soc. IV, p. 36U (nota) (1862). — Scl)leg., Jaarb. zool. Genotsch. .Nat. Art. Mag. 1862, p. 199- — Rosenb., Natuurk. Tijdschr. i\ed. Ind. XXV, p.25l, sp.246 (1863).— Id., Journ.f. Orn. 1864, p. 134, sp.246.— Finsch, Neu-Guinea, p. 181 (1865). — Sclat., P. Z. S. 1866, p. 168. — F.Schleg., Zool.Gart. 1866, p. 180. — Rosenb., Reis naar zuidoosiereil. p. 52 (1867). — iNewton, Ibis, 187u, p. 120. — Schlog. , Mus.P. B. Strutkiones, p. 12 (1873).— Rosenb., Journ.f. Orn. 1873, p.3yo.— Id., Malay. Archip. p. ,563 (1878). Casuarius sp., Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. X, p. 167, sp. IHO (1877) (Sorong) (juv.). }famlieba. Abitanti di Sorong {von lìosenberg). hallo, Abilanli di Salavalli {von lioscnhery]. Miiior, ni(i<'r; cassiik- iiyruinidali liiquelia fusco-olivacea; capile, gala et collo postico summo caeriileis ; collo imo et palcare unico, medio, pijri formi flavis ; area nuda loiigiludinali juxla rolli Intera carnea, (lavo circnnidiita. Jan. Genis el gnla cacrnli'is, rollo antico, paleare et area nuda juxla colli latera flavis; occipite ci cervice virescentibus ; plilosi niijra (ex (ìouid). Juv. Casside parum elrvala et nondum Iriquelra; yenis et gula caeruleis, collo antico, pa- leare unico, medio el area longitudinali juxla colli latera flavis; occipite el cervice erubescen- libus; plilosi brunnescenle (ex Blylh. Long. lol. I'", 655; rostri hiat. 0"',i:i3; tarsi O'",280; ung. dig. int. 0"',084. Hab. in Papuasia — Salavalli [Bernstein, von liosenberg, Bruijn) ; Nova Guinea, Sorong (lìernstein , D'Alberlis, lieccari], prope sinuni Threshold [Moresbg] , Tangioo-Ram (Beccari, Bruijn). « ( — ) 9 Tangion-Uam (Papua) Febbraio 1875 {H.). Individuo adulto, molto grande. 6 ( — ) O" Tangion-Kam 12 Fel)braio 1875 [Bruijn). Simile al precedente, ma un poco j)iù piccolo. e ( — ) — Salavalli [Bruijn). Simile in tutto al precedente '. d (1 30) cf pullus. Sorong Maggio 1 872 • Becco scuro ; piedi gialli ; occhi neri » [D'A.). Giovane di forse un mese di età. di color fulviccio-chiaro con larghe strie brune sulle parti superiori. e [ — ) — pullus. Sorong Febbraio 1875 \B.). Pulcino da poclii giorni sortito dall'uovo, simile al precedente, ma di color fulvo- biancliiccio più chiaro <; con larghe strie brune piii scure lungo le parti superiori e le coscie. (1) La parte inferiore del collo di questo individuo, montato nel Museo Civico di Genova, ò stata tinta di uii giallo più vivo, e cosi pure i>ii!i vivo appare il colore rosso-carnicino dell'area nuda sui lati del collo. TOMMASO SALTADOR] 207 Ambedue questi giovani individui ' presentano evidentissimo un rudimento del- l'unica caruncola terminata da un ciuffetto di piume. Il tipo di questa specie, descritto dal Blyth, era un giovane individuo d'ignota provenienza, vivente nel serraglio del Babu Kajendra Mullick in Calcutta, nel Marzo del 1860 ; esso a quanto pare è andato perduto. Nello stesso anno viveva un altro individuo giovane della stessa specie nel Giardino Zoologico di Amsterdam, e questo fu descritto e figurato dal Bennet (/. e). Nel 1862 .lo Sclater pubblicò una figura del tipo del Blyth nelle Transactions della Società Zoologica di Londra {l. e), e nel 1869 il Gould (/. e.) pubblicò la figura dell'individuo vissuto nel Giardino Zoologico di Am- sterdam, ma fatta quando non era ancora pei'fettamente adulto, come credeva il Gould, mentre lo stesso esemplare allo stato adulto era già stato figurato dallo Schlegel fin dal 1862 (/. e). Questa specie ha il casco in forma di piramide triangolare, colla faccia posteriore del medesimo piana, dilatata ed inclinata all' innanzi come nel C. occipitaìis , nel C. pniìuanus e nel C. picticolìis; dagli ultimi due il C. unoappoulicuìatus si distingue facilmente per avere la caruncola unica mediana, piriforme e di color giallo, come la parte inferiore ed anteriore del collo , sottostante alla gola azzurra ; esso somiglia moltissimo al C. occixìitaìis di Jobi. dal quale differisce cospicuamente per mancare della grande macchia gialla occipitale propria di questa specie . per la ca- runcola piriforme più grande, per la faccia posteriore del casco molto più larga e di forma ovale, pel casco di colore più scuro e pel colore giallo del collo più intenso. Nulla si sapeva intorno alla patria di questa specie prima che il Bernstein inviasse al Museo di Leida sei individui da lui raccolti in Salavatti e sulla costa della Nuova Guinea di rimpetto a Salavatti, e che lo Schlegel riconobbe appartenere al C. unoap- pendiciilatìis. Siccome poi il von Kosenberg aveva raccolto in Salavatti il tipo del suo C. kaitpi, cos'i lo Schlegel suppose che questo fosse identico col C. unoapprndiculatus, e per dai- credito a questa supposizione, contro la quale stava il fatto della mancanza di carun- cola nel tipo del C. haiipi, Kosenb., si disse (P. Z. S. 1866, p. 168) che essa non è svi- luppata negli individui giovani , la quale cosa non è esatta, trovandosi invece la caruncola anche negli individui giovanissimi. Il von Rosenberg poi (Journ. fiir Orn. 1873, p. 390) per spiegare la mancanza della caruncola nel tipo del suo C. kaupi suppose che essa mancasse per un accidente, come per una morsicatura, o per altra circostanza. Lo Sclater dapprima credette che il C. kaupii, Rosenb. fosse realmente una specie distinta dal C. unoappendiculatus, ma poscia, quando il von Rosenberg stesso dichiarò assolutamente che il suo il C. kaupii era lo stesso che il C. unoappendiculatus Mconohhe che il Casuario da lui considerato come C. kaupii, Rosenb. era diverso da quello del von Rosenberg é lo chiamò C. ivestermanni , che ora io credo si debba identi- ficare col C. papuamis. Ad onta di tutto ciò, secondo me, non è tolta ogni dubbiezza intorno al C. kaupii, Rosenb., e forse la questione è veramente insolubile, giacche (1) L'individuo d è quello che in una precedente occasione {Ann. Mus. Civ. Gen. X, p. 167) dissi, sulla fede di altri, non avendolo meco in quel momento, privo di ogni traccia di caruncola, mentre ne ha un rudimento evidente. 208 MONOGRAFIA DEL GEN. CASUAKIUS secondo il Kaup, Direttore del Museo di Darmstadt, nel quale il tipo del C. haiipii, Rosenb. si conserva, quali "esemplare ha la testa ed il collo originali, il cori)o rifatto colla pelle dello stesso individuo, e le ali e le gambe di un altro individuo! (P. Z. S. 1872, p. 149). In verità non si comprende come questo individuo mutilato e rifatto possa essere quello stesso stato ucciso da un cacciatore del von Rosenberg e porta- togli nella sua barca ! Come va che il von Rosenberg non ha mai menzionato le mu- tilazioni di quell'individuo ? Come va inoltre che anche il giovane individuo , che il von Rosenberg dice di aver avuto nella stessa occasione, non aveva neppure esso la caruncola mediana del collo , mentre essa è visibile anche nei giovanissimi individui del C. nnoappendiculatus ? Ad onta di questi dubbi io debbo dire che, avendo esa- minato nel Museo Britannico il modello della testa del tipo del C. haupi, mi sembra che realmente esso comsponda colla testa del C. unoappendìcuìatus. Questa specie è stata trovata finora soltanto in Salavatti e sulla costa opposta della Nuova Giiinea fin presso Tangion-Ram a settentrione. Il von Rosenberg asserì da prima che essa si trovasse nelle Isole Ax\i (Nat. Tijdsthr. Xed. Ind. XXV, p. 252; Journ. of Orti. 1864, p. 135), ma più tardi {Reis naar zuidoostereil., p. 52) corresse l'errore. Il Giebel poi [l. e.) ha affermato che essa si trova anche in Mysol; probabilmente il Giebel è stato tratto in errore dal titolo del lavoro nel quale il von Rosenberg descrisse la prima volta il C. kaiq)/, che è intitolato : Neuvc vogel soortrn ran 3Iysool en Sahvatti (Nat. Tijdsclir. Ned. Ind. XXIII, p. 42-45), e non s'è accorto che la località Mysol non si riferisce al Casuarius kaupi , ma al PìyctolophHS macro- lophus, che si trova jìure descritto nel medesimo lavoro. Nulla si sa intorno ai costumi di questo Casuario in libertà. Esso è stato più volte tenuto vivo in scliiavitù : abbiamo menzionato come fosse vivo in Calcutta il tipo di questa specie e come un altro individuo abbia vissuto parecchi anni nel Giardino Zoologico di Amsterdam; nel 1874 il Moresby, Cap. del BasiU.sk, donò al Giardino Zoologico di Londra un individuo catturato il 29 Maggio 1874 all'estre- mità occidentale della Nuova Guinea e precisamente nella Baja Threshold (lat. S. 1°, long. E. 132°), venti miglia circa al Nord di Salavatti. Il von Rosenberg scrisse che tornando in Ternate portò seco vivo un bell'esemplare di questo Casuario, donatogli dal Ragia di Salavatti : esso aveva più di due anni e seb- bene quasi gi'ande come gli adulti vestiva ancora l'abito bruno giovanile ; ma il bel colore giallo del collo, che appare subito dopo deposto l'abito primo, spiccava già in tutto il suo splendore ; invece il colore azzurro del capo era soltanto incipiente ; la caruncola unica alla parte inferiore del collo aveva le ordinarie dimensioni. Quando esso veniva eccitato erigeva le lunghe piume che scendono dal gropjìone e contempo- raneamente emetteva un grido molto forte a mo' di soffio, seguito sovente da un grugnito, simile a quello del porco. Esso correva liberamente di qua e di là, era assai man- sueto ed amico degli uomini, ma nemico acemmo dei cani e dei gatti. 11 suo man- tenimento costava al von Rosenberg dieci fiorini al giorno! Un uovo deposto dalla femmina nel Giardino Zoologico di Amsterdam fu mostrato dallo Sclater alla Società Zoologica di Loudra (P. Z. S. 1860, p. 34); esso era, come quello delle altre specie del genere Citsi(arins, di color verde chiaro, fittamente coperto di punti rilevati di color verde cupo, e misurava O^jlSG per 0'",089. TOMMASO SALVADOKI 209 Sp. 7. Casuarius occìpitalis, Salvad. Tav. li, Hg. 7 (ex icone inedita Beccarii). ? Casuarius papuanus, part., Rosenb., Reist. naar Geelwinkb. p. 117 (1875) (Jappen). — Id., Malay. Arohip. p. r.63 (partim) (1875). Casoar di Jobi, Reccari, Ann. Mus.Civ. Gen. VII, p. 718 (1875). Casuarius occipitalis, Salvad., ibid. (nota\— Sclat., Ibis, 1876, p. 245 (nota).— Salvad., op. cit. XII, p.'in (1878).— Ibis, 1878, p. 482.— Meyer, Journ. f. Orn. 1878, p. 2U3, 300 (nota). — Ibis, 1879, p.96. Oramai, Abilanli di Jobi [Meyer). ' Major; nirjer, casside pyramidali triquelra, pallide olivacea, facie postica plana, antrorsum inclinala, strida; paleare uno meiiin, pyrifurmi parvo; capile, gula et parte superiore colli postici caeruleis, macula occipitali triangulari, colli parte nuda inferiore et paleare (lavis; area nuda colli imi laleruni carnicina; rostro et pedilms fusco-olivaceis. Long. lei. 1'",670; rostri hiat. 0"',I37; tarsi 0'",2S0 ; ung. dig. ini. 0'",070. ffofc. in Papuasia — Jobi {Beccari). Si conosce un solo individuo di questa specie: a (— ) Cf Ansus (Jobi) 16 Aprile 1875 (B.). Grande individuo adulto, t/jm della specie. Il Casuarius occipitalis somiglia moltissimo al C. unoappendiculntus, Blyth, ma ne diiTerisce per la bella macchia triangolare gialla sull'occipite, per la forma del casco, die ha la faccia posteriore molto più stretta e quindi non di forma decisamente ovale, ma allungata, pel colore giallo- oli vaceo del casco, per la caruncola piriforme sul mezzo della parte inferiore del collo molto più piccola, pel colore giallo della parte inferiore del collo più verdognolo, e che si addentra in alto sui lati con due punte neir azzurro della parte superiore, e finalmente per l'area nuda sui lati della parte inferiore del collo, la quale appare tutta di color carnicino e non circondata di giallo. Come ho già fatto notare altrove, la descrizione originale data da me di questa specie non era al tutto esatta, giacché essa fu fatta sopra uno schizzo inviato dal Beccari, nel quale non appariva la caruncola; il Beccari nella lettera nella quale mi scriveva del Casuario di Jobi diceva come esso avesse la pelle del collo lacerata precisamente nel luogo ove sogliono trovarsi le caruncole, per cui soggiungeva: « non potrei assi- curare che un rudimento di caruncola non esistesse, ma in ogni caso non poteva essere che solitaria e centrale e non più grande di un pisello »; e tale veramente è ap- parsa quando l'esemplare è stato diligentemente preparato e montato. n Beccari (/. e.) accenna ad un' altra specie di Casoar che esisterebbe in Jobi > giacche egli intese dire dagl'indigeni che esistono grandi differenze fra i Casuari maschi e femmine di Jobi, e siccome questa cosa non sembra ammissibile, poiché in tutte le altre specie non sogliono verificarsi differenze sessuali notevoli, perciò egli sup- pose che realmente esistesse in Jobi una seconda specie di Casuario che era stato supposto potesse essere il C. loestermanni ; io non inclino ad ammettere una seconda specie di Casuario in Jobi, giacche, da quanto sappiamo finora, in nessun altro luogo si trovano due specie insieme, ed inoltre il tipo del C. tvestermanni, secondo me, non è diverso dal Seiìie II. Tom. XXXIV. »c 210 JlUNUUKAFlA DEL GEX. CASLAKILS C. impuautis. Xon ò improbabile che le differenze asserite dagl'indigeni di Jobi, come esistenti negli esemplari di quell" isola, siano «iuelle derivanti dall' età. Tanto il Meyer (Sitzh. k. Ak. Wissensch. Wien. LXIX, p. 217), quanto il von Rosenberg (Éeist. naar Gedwinkb. p. 117) avevano accennato all'esistenza di una specie di Casuario in Jobi ; il von Rosenberg anzi lo ha riferito, non so con qual fonda- mento, ma probabilmente per una semplice supposizione, al C. papiianiis. Sp. 8. Casuarlus papuanus, Rosene. Tav. II, fi«. 8 (ex Goiild, B. .New Ouin. pt. V, pi. i). ? Gasuarius emeu, part., Less., Voy. Cori. Zool. I, pt. 2, p. 717 (1828) (ex Nova Guinea).- Id., Man. d'Ori). Il, p. 2U9 [pnrlim] (1828).— Id., Tr. d'Orn. p. 7 {parlim) (1831). — Sclat.. .lourn. Pr. Linn. • Sodi, p. 168, sp. 152 (1858). - G.R. Gr., 1>.Z. S. 18.i8, p. 196 (pnTUm). — Id.. Cat. B. .\ew Guin. p. .50, 61 {piìì-hm) 1859).— hi., P.Z.S. 1861, p.43S. — Finsch, Neu-Guin. p. 181) [parlim) (1865). 7 Gasuarius orientalis, S.Miill., Verh. Land- on Volkenk. p. 109 [parlim) (I839-I8Ì4). Gasuarius bennettii, Schles- (nec Gould), i\ed.Tijd.schr. Dierk. IV, p. [3 (187!) (.Nova Guinea). Gasuarius papuanus, Kosenb., in litt. — Schleg., I.c. p. 54 (1871) (Tipo esaminato).— Id., Mus. 1'. R. SlriUhwiifs, p. li (1873) (.\ndai). — Rosenh., Journ. f. Orti. 1873, p. 390, 391.— Meyer, Sitzb. k. Ak.Wiss. Wion, I.MX, p.2l6, 217 (187Ì).— Sclat., Ibis, 187.'i, p.4l7.- Id.. P.Z.S. 1875, p. 85, 87.— Ro.^onb., Reist. naar (ìoolwinkh. p. 84, 117, 144, pi. XVII (1875). — Beccar!, Ann. Mus. Civ. Gen. VII, p. 717 (1875). — Salvad., ibid. p. 796(1875, (Andai). -Sciai., Ibis, 1876, p. 258. - Harting, Ostr. and Ostr. l'arm. p. 1 18 (1877). - Oust., P. Z. S. 1878, p. 389. — Meyer, .lourn. f. Orn. 1878, p. 200, 201, 203, 299.- Ibis, 1878, p.482; 1879, p. 96.— Rosenh.. Malay. Archip. p. ,563, 595 (1879). Gasuarius kaupii, Sclat. (nec Rosenb.), P. Z. S. 1871, p. 627 (Mansinam). — Id., P. Z. S. 1872, p. 147, 148, 149, 150, pi. IX (Mansinam). — Id., P.Z.S. 1873, p.474. - Meyer, Sitzb. k. Ak. Wiss. Wien. LXIX, p 216, 217 1874).- Sclat., Ibis, 1871, p.4l7 (nota) — Oust,, P.Z.S. 1878, p.389. < Gasuarius papuensis, Rosenh. », Sclat, P.Z.S. 1872, p. 149, 1.50. Gasuarius westermanni, Sclat., P.Z.S. 187'i, p.2'i8 (Tipo esaniiiiaio\ — Id., Ibis, 1874, p.417 (nota).— Id., P.Z.S. 1875, p.85, 87, 380, pi. XIX. - hi.. Nature, XI, p.5l6 (1875).— Id., Ibis, 1876, p. 245, 258.— Hartinu, Ostr. and Ostr. Farm. p. I IO (I877\ - Sharpe, Ibis. 1877, p. 325. — Gould, B. of New Guin. pt. V, pi. 4 (1877). - Meyer, .lourn. f. Orn. 1878, p. 200, 20l, 203, 299. - Oust., P. Z. S. 1878, p.389.— Ibis, 1878, p.482; 1879,p 96 - Sclat., List Vert.Ani.m. Z. S. L. ed VII, p. 473 J879). Gasuarius sp., Meyer, Sil/.h. k. Ak. NViss. Wien, LXIX, p.2l6 (1874). Gasuarius edwardsii, Oust., P.Z.S. 1878, p.389, pi. XXI (Dorei). - Salvad., Ann. Mus. Civ. Gen. XII, p. 425 (1878). - Meyer, Journ. f. Orn. I87S, p. 299, 300. — Rchnw., Journ. f. Orn. 1878, p. 2u3.— Sclat. et Salv., Ibis, 1878, p.482. - hi.. Ibis, 1879, p. Oli. Meswaar, Abilanli di Andai [von Riixciiln'rii) Wonggé, Abilanli di Dorei {von Roseiibcnj). Nhamdia, Abilanli di Balani {von Rosenberg). Minor, niger; casside pyramidaU Iriqiielra. fnscn-nigra, farii< postica plana, aHlrorsiim in- clinala; pnli'arihiis nìdlis; rapili», gnla et rullo antiri> rarnileis , orcipile et rrgionr auricnlari griseo-viresceiitiliiis; cello postico aiiruulio ' srnsiin siipra colli lalera in roseum-carnriiin roloreni transeunte; pedibus griseo-virescentibus ; iride nigricante. Lon?. lol. 1"',400; larsi 0'",260; rostri hialus 0"',120; ung. di?, ini. 0"',078. Ilab. in l'apuasia — Nova fiuinea, Dorei (iwi Rosenberg). Andai {lìniijn) , Kuilierliaki {linùjn, Laglaizr). Monlc Arl'ak {lleccari, Driiijn). Oltre al tipo di questa specie nel Museo di Leida e ad altri esemplari nel Museo Britannico e nel Museo Turati ho esaminato i seguenti individui raccolti dal Beccai'i e dai cacciatori del Bruijn : (I) Nella dosoriziono originale dello Schlegel la parte posteriore del collo è indicata di color rosso-minio; questa indicazione deve essere stata data dal von Rosenberg, che poi nella figura so- pracitata rappresenta quella parte di colore arancio. TOMMASO SALVADOKI 211 a ( — ) — Andai Giugno 1874 {Bruijn). b (— ) — Andai 1874 {Bniijn). C (— ) — Arfak Giugno 1874 [Bruijn]. Questi tre individui sono al tutto adulti e non presentano che lievi differenze nelle dimensioni ; essi non mostrano sulle parti nude della testa e del collo i colori propri dei vivi. d (— ) cf jun. Emberbaki Luglio 1874 [Bruijn). Individuo giovane di color bruno, nereggiante sulla parte inferiore del collo ed anteriore del tronco, colla testa e col collo rivestiti di piume, tranne i lati della testa e l'area sulla parte inferiore e laterale del collo che è tinta di giallo nella spoglia, mentre i lati della testa sono tinti di azzurro ; il casco è appena incipiente. e ( — ) — juv. Andai Giugno 1874 [Bruijn). Individuo più giovane del precedente , di color bruno , cogli steli delle piume nerastri. / (— ) cf juv. Andai 8 1875 [B.]. Simile al precedente, ma un poco più piccolo e con macchie nerastre più distinte sulle parti superiori. Questa specie appartiene al gruppo di quelle col casco piranoddale triangolare colla faccia posteriore piana ed inclinata ali 'avanti , e senza caruncole. Essa somiglia al C. picticoUis, ma ne differisce per diversa colorazione delle parti nude della testa e del collo ; nel C. papuanus la gola è azzurra e la parte poste- riore-inferiore della cervice è di color arancio, mentre nel C picticoUis la gola è rossa e la parte posteriore-inferiore della cervice è di color ceruleo. Il C. papuanus fu scoperto dal von Kosenberg presso Andai; egli ne raccolse due esemplari, una femmina adulta ed un maschio giovane, che ora si trovano nel Musco di Leida ; lo Schlegel da prima li riferì al Casuarius bennetti, ma ben presto cor- resse l'errore ; altri due individui , e questi giovanissimi , furono raccolti dal Meyer presso Dorei e posteriormente il Bruijn ha inviato gl'individui sopra indicati, uccisi presso Andai ed Emberbaki ; di questa ultima località ho visto anche un individuo adulto raccolto dal Laglaize. Il Beccari ha inviato un solo individuo giovane di Andai ; egli dice che questa specie si trova anche sui monti Arfak e di averne trovate le traccio sulle cime più alte da lui salite. Il von Kosenberg {Malaij. Archip. p. 563) crede probabile che questa specie viva anche presso la Baja di Humboldt, ove vide pelli di Casuari adoperate dagl'indigeni ; a me pare più probabile che quelle pelli apparte- nessero al C. picticoUis, o ad altra specie non ancora descritta , giacché nel fondo della Baja del Geelwink vive una specie distinta, il C. beccarti, o C. salvadorii, e non è presumibile che il C. papuanus viva in due regioni, fra le quali è interposta quella abitata dal C. heccarii, o C. salvadorii. Al C. papuanus secondo me sono da riferire tanto il C. ivcstermanni, quanto il C. edwardsii. Il tipo del C. westermanni visse per parecchi anni nel Giardino Zoologico di 212 MONOGRAFIA T)EL (iEN. CASlARIfS Londra; esso proveniva dal Giardino Zoologico di Amsterdam; era ancora giovane quando giunse in Londra e dallo Sclater fu riferito da prima al Casuan'us hmipl del Ton Rosenberg, ma poscia, (luandcj ({uesti credette di poter asserire che la specie così da lui denominata era un esemplare del C. unoappendiculatus, lo Sclater ne fece il tipo dal C. ivestcrmauìii ; la prima figura che lo Sclater dette di quell'esemplare (P. Z. S. 1872, pi. IX) differisce notevolmente da quella data posteriormente nel 1875 (P. Z. S. 1875, pi. XIX); nella prima tutta la parte posteriore del collo appare rivestita di piume nerastre, e la fascia trasversale dell'occipite è di color giallo ; invece nella seconda figura, fatta quando l'esemplare era adulto, tutto il collo è nudo, la fascia sull'occipite appare grigia, l'occipite e la parte superiore delle cervice sono di colore nero-violaceo , e la parte inferiore della cei-vice è di color rosso. Lo stesso esemplare è stato figurato una terza volta dal Gould, che ne ha dato due figure, una fatta dal vivo dal Wolf, e l'altra poco dopo la morte di quell'esemplare; questa ha servito di modello alla figura 8 della Tav. II, che accompagna questo lavoro '. L'origine di quell'individuo è alquanto incerta; dice lo Sclater che, secondo quanto veniva asserito, esso sarebbe stato cattiu-ato da un missionario residente a Wunsinam (sic), più esattamente Mansinam presso Dorei nel 18(39. Il Meyer ha fatto notare che Mansinam è il capoluogo della piccola isola di Manaswari, la quale per la sua piccolezza e per essere molto popolata non può albergare di certo alcuna specie di Casuaiio : è quindi molto più probabile che esso provenisse dai luoghi vicini, cioè da Dorei o da Andai, ovvero da Mansiman o Mansema alle falde del Monte Arfak , anziché suj)- porre, come ha fatto il Meyer, che esso provenisse da .lobi, dove sappiamo di certo che vive il Casuariits occipitaìis ; il Beccari, come si è detto , ha supposto che in .lobi potessero trovai-si due specie di Casuari, ma nessun fatto conferma questa cosa, la quale sarebbe in opposizione con quanto si sa intorno alla distribuzione geografica delle varie specie di questo genere , ciascuna delle quali sembra occupare un' area distinta. Se, come sembra probabile, il tipo del C. ivestermanni proviene dalle vici- nanze di Dorei, o di Andai, dove sono stati raccolti i tijti del C. juqnianus, non vi può essere alcun dubbio intorno alla loro identità , sebbene nella figura del C. pn- puawis, pubblicata dal von Rosenberg, manchi ogni traccia della fascia chiara, grigia o grigio-verdognola, dell'occipite, che si vedeva nel tipo del C. ìcrstmiuiiìni: nel resto quella figura, grossolanamente disegnata e colorita, si accorda abbastanza bene colle figure del C. tvestermavvi pubblicate dal Gould. Più difficile è di mettere d'accordo la figura del C rchvariìsii (/. e.) con quelle del C. itapuauìis e del C. ivrstermanni , ma siccome il tipo del C. r(^ic(in1sìì b an- ch'esso di Dorei, conviene supporre che (juella figura sia stata molto inesattamente colorita dal Maindron , che no dava lo schizzo all'Oustalet. Gli editori dell' //>/-v hanno già manifestato l'opinione che il C. cdivardsii sia da riferire al C. papuanus. ma non potrei convenire con loro che esso rappresenti l'adulto di (piesta specie. (I) Nell'Agosto del 1878 viveva nel Giardino zoologico di Rotterdam un altro individuo adulto, di cui lo Sclater mi ha inviato cortesemente un disegno; osso era simile in tultn al tipo del C, irn- siermanni diventato adulto. TOMMASO SALV ADORI 21o Poco si sa intorno ai costumi di questa specie, ma è naturale il supporre che essi non differiscano da quelli delle altre specie. Dice il von Kosenberg che il primo individuo, che egli potè avere attaccò furio- samente il suo cacciatore Achmat, che lo aveva ferito, e fu con grande difficoltà che questi potè difendersi ed abbatterlo con un colpo di coltello da caccia. Sp. 9. Casuarius picticoUis, Sclat. Tav. II, fig. 9 (ex Gould, B. New Guin. pt. V, pi. 3). Casuarius picticollis, Sclat., P.Z. S. 1875, p. 83, 9:>, pI.XVllI Milne Bay, in Nova Guinea meri- dionali-orientali) et p. 3'i9 (juv. Milne Bay) (Tipo esamin.nto}. — Id., Brit. .\,ssoc. 1875. — Id., Journ. f. Orn. 1876, p. 258. — Id., P. Z. S. 1876, p. 414 (vivo) - Id., List Vert. Anim. Z. S. L. ed. VI. p. 423 (1877). - Gould, B. of .New Giiin. pt. V, pi. 3 (1877). - Forbes , P. Z. S. 1877, p.3i)7, 315, 316 (.cloaca).— HartiiiR, Ostr. and Ostr. Farm. p. 121 (1877). - Sharpe, Ibis, 1877, p. 352. — Meyer, Jonrn. f. Orn. 1878, p. 2u3. — Sclat., Ibis, 1871), p. %. — Sharpe, Ibis, 1879, p. 116 (typel. — Sclit., List Vert. Anim. Z.S. L. ed. VII, p.473 (1879). Casuarius kaupi, Sharpe (nec Rosenb.}, Ibis, 188!, p. .500 South-eastern .New Guinea). Casside pijramiilali Iriqiwtra , poslice plana et antrorsum inclinala , niqra: jialeare nullo; occipite oriseo-cacruleo ' ; gala et area lorKjIluilinati juxla colli imi lalera nibris; collo postico superius caeruleo-vialacno, infi'rius pallide caenileo; imque digiti inlerni longissima. Long. loL V'^iOO; hiatus rostri 0"',120; tarsi 0"',2io; unguis digiti inlerni 0"'J2:>. Hab. in Papuasia — Nova Guinea orienlali-moridionali, prope sinuni Milne (Bennel). Oltre al tipo ho esaminato parecchi esemplari di questa specie nel Museo Turati. Il tipo della medesima è un individuo che ha vissuto nel Giardino Zoologico di Londra e che ora si conserva nel Museo Britannico; esso era stato dato quando era ancora molto giovane dai nativi di Milne Bay, nelle Discovery Bay, sulla costa S.-E. della Nuova Guinea, a Mr. Goodman, medico della nave da guerra inglese il Basi- lisk ; altri individui furono successivamente portati a bordo della stessa nave ed acqui- stati; quello fu portato a Sydney nell'Aprile del 1873 e rimase otto o nove mesi nel Giardino Botanico di quella città, d'onde fu poi inviato a Londra, ove visse nel Giar- dino Zoologico dal 27 Maggio 1874 fino al 1(3 Ottobre 1876. La pelle di un altro individuo giovanissimo, anzi pulcino, probabilmente riferibile alla stessa specie, giacchi"- aveva la stessa provenienza, fu inviato dal Bennet allo .Sclater; questo era rivestito ancora di piumino . di color bruno isabellino chiaro colla testa rossigna superiormente; il dorso era di color scuro con una fascia mediana e due laterali larghe di color bruno chiaro ; queste fascio correvano regolarmente parallele lungo tutto il dorso. La lunghezza della pelle dal becco alla coda era di pollici in- glesi 10.5 (=0"', 26(3), del tarso 2.9 (=0'",070) e del becco dalla commessura 2.5 (=0'",061). Bue esemplari di questa specie si conservano nel Museo Turati; uno non è al tutto adulto ed ha l'unghia del dito interno lunga soltanto 0'°,0(38; in esso, oltre a 6 steli di penne sulle ali, si nota anche una sorta di unghia cuiTa in coiTÌspon- denza del pollice ; l'altro è perfettamente adulto. (1) Nella tavola XVIII dello Sclater sopraindicata sull'occipite v' è una macchia trasversale bian- chiccia, e la parte posteriore del collo è superiormente violacea ed inferiormente cerulea. •214 MONOGRAFIA DEL GEN. CASl'ARIUS Suppongo che a questa specie sia da riferire anche l'esemplare della Nuova Guinea meridionale-orientale recentemente acquistato dal Museo Britannico e menzionato col nome di C. kaupi {Ibis, 1881, p. 500); questa mia supposizione si fonda sulle con- siderazioni che tanto il C. Icnupi , Rosenb. (= unoappendiculatus, Blj-th). quanto il C. kaupi, Sclat. {=^ pnpuanus , Rosenb.) sono specie della parte occidentale-setten- trionale della Nuova Guinea, e che le pelli secche del C. p/cticoììis somigliano mol- tissimo a quelle del C. ìcaiipi, Sclat. {=z impiianus, Rosenb.), per cui è da credere che l'esemplare sopramenzionato sia stato erroneamente attribuito al C. kaupi, e che appartenga invece al C. picticollis *. Questa specie appartiene al gi'uppo di quelle col casco in forma di piramide trian- golare e senza caruncole e si distingue facilmente dalle affini, C. impuanus e C. ben- netti, pel color rosso della gola, la quale in quelle specie è di color azzurro ; si noti tuttavia che quel color rosso della gola non è sempre ugualmente cospicuo; inoltre il C. picticollis differisce dal C. papuanus per non avere la parte posteriore-inferiore della cervice rossa, ma celeste cliiara, per cui somiglia più al C. bennetti che non al C. papuaìius. Il C. picticollis è stato trovato finoi'a soltanto nella parte meridionale-orientale •della Nuova Guinea presso Milne Bay. Kp. 10. Casuarius bennetti, Gould. Tav. 11, lig. lU (ex Gould, B. Aiislr. Suppl. pi. 72). Casuarius bennetti, Gould, P. Z. S. 1857, p. 269, pl.CXXlX.— Id., Ann. and Mag. Nat.Hist.(3) Voi. I, p.299 (1858). - J. E. Gr.iy. P. Z. S. 1858, p.27l, pi. CXLIV (oviim . — Id., Ann. and Mag. Nat. Hist. (3), II, p. 469 (1858).- Bennpt, P. Z. S. 1859, p. 32. — Sclat., Ibis, 1859, p. 102, 115,212, 335.- Gould, Birds of Atistr. Suppl. pi. 72, 73 (pt. Ili, pi. 7, 8) (1859). - Bartlett, I>. Z. S. 1860, p.205, pl.CLXII (ovuin). - Sclat., P. Z. S. I86U, p. 210. - Id., Ann. and Mag. .Nat. Hìst. (3|, voi. VI, p. 145 (1860;. — Id., Ibis, 186U. p. 310. — Bennet, Gatherings of a Katuralist in Australasia. p. 243, pi. IV (1860). - Sclat., Ibis, 1861, p. 197, 312.— Id., Trans. Zool. Soc IV, p. 359, pi. I,XI1 (1862). — Bennet, P. Z. S. 1862, p. 1.— Sclat., P. Z S. 1862, p. 32'i (pullus). - Schles-, .laarb. zool. Genotsch. .Nat. Art. Ma^. 1862, p. 198. - Sclat., P. Z. S. 1863, p. 23ì, 518, pi. XLII. — Jouan. MiTn. Ac. Se. Nat. Gherb. IX, p. 323 (1863). — Sclat., P.Z. S.I86Ì, p. 271. — Gould, Ilan.Ib. Birds of Austr. II, p. 561 (1865). — Sclat., Ibis, 1865, p. 338. - Id., P.Z.S. 1866, p. 168. -l'.Schlog., Zool. Gart. 1866, p. 178. - Sclat., P. Z. S. 1867, p. 179. — Id., P.Z.S. 1869, p. 126, 628.- Id., P. Z. S. 1871, p. 627.- G. 1\. Gr , Iland-List, IH, p.2, sp. 9850 (1871) - Sclat., P. Z. S. 1872, p 149, 150. — Gieb., Thes. Orn. I, p. 595 (I872\ - Schleg., Mus. P. E. Struthinnes. p 11 (1873). — Benn. et Sclat., P.Z.S. 1873, p.519. - Garrod, P.Z.S. 1873, p. 470, 644. - Rosenb., Journ. f. Orn. 1873, p 391.— Ramsay, P.Z.S. 1874, p.325. - Sclat., P.Z. S. 1875, p. 85, 87.- Sorhy, P.Z.S. 1875, p. 362. - Sciai., Bnt. Assoc. 1875. - Id., .lourn. f. Orn. 1876, p. 25S.— Beuu. et Sclat., P.Z.S. 1876, p.2.- Bauisay, P.Z.S. 1876, p. 122.— Sclat., P.Z.S. 1876, p 414 (vivi).- Id., P. Z. S. 1877, p. 97, 113 (notPl— Ilartins, Ostr. and Ostr. Farming, p 123(1877). — Oust., P. Z.S. 1878, p. 390. — Meynr, Joiiru. f Orn. 1878, p.2o3. — (Sclat. ?\ Ibis, 1879, p. 06. — Sclat., P.Z.S. 1879, p. 5 (nota) (si trova soltanto nella Nuova Britannia). — Id., List Vert. An. Z.S. I,. 1879. p. 'i73. - I,a>ard, Ibis. 18H0, p 303 (coturni).— Powell, P.Z. S. 1880, p. 493 (costumi). Gassowary from the Solomon Islanda ^errore), Ilutton, Ibis, 1869, p. 352. Montup, Abilanli della Nuova Britannia [Brown). Nif)pr; canside piirami(lalitiiqiictra,posliceìilanii et anlrorsiim inrlinata, nvira; collo cae- riili'o, infcrius nIriìKitic arra )iuiìa viiiarra prartlìto; rnslro iiirjro; pedibits fiiscis. (1) Da una lettera dello Sclater, ricevuta dopo la presentazione di questa memoria, apprendo che io mi sono bene apposto, e clie quoll'esemplaro del Museo Britannico porta ora il noma vero di C. jiìcticollis. TOMMASO SALVADORI 215- Long. lot. 1"',340; rostri hiatus 0'",IIO; tarsi 0'",240; unguis digiti interni 0"',073- 0°",090. Jun. [ìiifescens, nigro varius ; pelle mula cnlìi caeruleo-vitlacea, rosea et interdum virescenle. Puilus. Rufus, superne per tongiludinem nigro-taeiiiatus. Hab. in Papuasia — Nova Britannia [Bennel, Latjard, Brown , Powell). Ho veduto diversi esemplari di questa specie e tra gli altri un adulto tutto nero- nel Museo Turati; esso ha l'unghia del dito interno lunga 0™,090. Questa specie appartiene al gi-uppo di quelle col casco triangolare colla faccia posteriore inclinata ali 'innanzi e si distingue dalle altre senza caruncole pel tarso notevolmente corto e pel colore ceruleo quasi uniforme della pelle nuda del collo allo stato adulto. Il C. hennrtt/ è proprio della Nuova Britannia ; fu asserito che esso si trovi anche nelle Isole Salomone (P. Z. S. 1872, p. 150), ma questa cosa non è esatta e l'errore fu tosto rettificato (P. Z. S. 1873, p. 519); il Bennet fa notare che se mai un Cascar si troverà nelle Isole Salomone, esso molto probabilmente apparterrà ad una specie distinta. La scoperta di questa specie si deve al Capitano Devlin, comandante del Cutter « Oberon », il quale ottenne vivi i primi esemplari dagli abitanti di un villaggio collocato presso due colline, conosciute dai naviganti col nome di Madre e Figlia, in quella parte della costa della Nuova Britannia che sta fra il Capo Palliser ed il Capo Stephen ; essi non erano perfettamente adulti. Insieme cogli uccelli vivi il Cap. Devlin ebbe anche alcune uova. Uno di quei Casuari giunse vivo in Londra, visse per qualche tempo nel giardino zoologico di (india città e fu descritto e figurato dal Gould. Dopo d'allora numerosi individui di questa specie, vivi ed in pelle, sono giunti in Europa, ove sono stati studiati i suoi costumi in schiavitù, la riproduzione ed alcuni fatti relativi all'anatomia. Il Bennet specialmente ha descritto in più luoghi i costumi degli individui da lui tenuti vivi. In schiavitù questo Casoar ha i costumi degli altri ; si addomestica facil- mente e si nutro delle medesime so.stanze; anch'esso ha l'abitudine d'ingollare tutto ciò che gli capita ; il Bennet narra di uno che una volta fece scomparire un paio di manichini in mussolina, i quali erano in un vaso insieme con dell'amido, e che li rese per l'ano dopo qualche tempo, perfettamente intatti , ma bisognevoli di una buona lavatura. Nel Giardino Zoologico di Londra questo Casoar si è riprodotto diverse volte. Le uova sono come quelle degli altri Casoar di color verde , ora granulose ed ora quasi affatto liscie. Lo Sclater dice (P. Z. S. 18(33, p. 518) che una femmina cominciò a deporre uova nel mese di Marzo del 1863 con intervalli di ch'ca 8 giorni (?) e che il maschio cominciò a covarle il 25 dello stesso mese, nel qual tempo erano già in numero di 5 (?); un altro uovo fu deposto posteriormente; il 17 Giugno, dopo 52 giorni di covatura, nacque un pulcino, che era molto debole, e che morì dopo 12 ore. In altro luogo lo Sclater (P. Z. S. 1863, p. 234) fa notare che il maschio soltanto cova le uova, e qui afferma che la covatura durò sette settimane. 216 MONOGRAFIA DEL GEN. CASVAEIUS 11 Gap. Devlin narrò al Bennet che gli indigeni della Nuova Britannia prendono questi uccelli giovani, e che li allevano con molto amore. Il Layard dice che gFindigeni della Nuova Britannia per fare la caccia a questi uccelli circondano una grande estensione di terreno erboso e vi mettono il fuoco tutto intomo, lasciando soltanto una stretta uscita, per la quale gli uccelli spaventati cercano di fuggire, esponendosi per tal modo ai colpi di spiedo dei cacciatori. Tanto il Brown, quanto il Layard recentemente hanno fatto notare che il vero nome dato a questo uccello dagl'indigeni della Nuova Britannia è Moorup e non Moorid-. come per molto tempo si è scritto. Il Garrod riconobbe la presenza di due carotidi in questo come nel C. gaìeatus, e descrisse alcune cose relative ai muscoli delle estremità. Dopo aver passato in rassegna le diverse specie del genere Casuarms, credo utile di segnalare airattenzione degli Ornitologi, e specialmente dei Naturalisti viaggiatori, i principali dubbi e questioni che ancora restano da risolvere intorno ai Casuali: 1. Se il Casuarnts tricarttnculatus, Becc. sia, o no una buona specie. Per ri- solvere questo dubbio converrà esaminare possibilmente l'esemplare tipico lasciato vivo dal Beccari al Bruijn in Ternate, o raccogliere altri esemplari nelle vicinanze di War- busi. Se, come sospetto, la terza caruncola dell'individuo tipico menzionato dal Beccali è dovuta a qualche accidente, è probabile che gli esemplari di A\'arbusi appartengano al C. salvadorii , Oust. (? = C. beccarn, Sclat.) cioè alla stessa specie di quelli di Wandammen, località posta anch'essa lungo la costa della Baja del Geelwink, ma più al sud. 2. Se il C. bicarunculatus, Sclat., che è stato trovato dal von Rosenberg in Wammer ed in Kobroor, ed il C. beccarli, Sclat., che è stato trovato dal Beccari in Wokan, vivano anclie in altre delle Isole Aru, per poter (juindi determinare la loro rispettiva distribuzione in quelle isole. 3. Se al C. beccarti, Sclat. appartengano veramente anche gU esemplari della Nuova Guinea meridionale, e specialmente quelli della costa presso l'Isola Touan, o Comwallis e della regione bagnata dal Fiume Fly , i quali se distinti dovranno portare il nome di C. sclaterii, Salvad., a meno che non siano identici col C. salvadorii, Oust. Si potrà risolvere la questione mediante il co nfronto degli individui di dette località con altri delle Isole Ai-u, adulti e vivi, o dei quali siano stati indicati con esattezza i colori delle parti nude della testa e del collo. 4. Se siano veramente da riferire al C. beccarii, Sclat. anche gli esemplari della Baja del Geelwink presso Wandammen {C. salvadorii, Oust. =C aìtijugus, Sclat). i quali forse non sono diversi da quelli di Warbusi {C. fricarunciiìatus, Becc). 5. A (juale specie appartengano gli esemplari della Nuova Guinea meridio- nale, presso la costa dello stretto della Principessa Maiianna, menzionati da S. SlUUer (Veri. Land- ni VoIkniJ,'. p. 22. TOMMASO SALVADOKI 217 6. Se il Casuario dei Monti Ai-fak, menzionato dal Beccari e di cui i caccia- tori del Bruijn hanno raccolto un esemplare (antea, p. 175, e), appartenga vera- mente, come io credo, alla stessa specie che si trova al piano, presso Dorei ed Andai, cioè al C. papnanus,'Ro5&và)., ovvero ad un'altra specie; importa di accertare questa cosa per togliere il dubbio che gli esemplari dei Monti Arfak appartengano ad una specie distinta, e che sopra un esemplare dei Monti Arfak sia fondato il C. edwardsii, Oust., che è stato descritto invece come proveniente da Dorei. 7. Quale sia il Casuario che vive lungo le coste della Baja di Humboldt, menzionato dal von Eosenberg (Ber Malayiscìie Archipel, p. 563). 8. Se in Waigiou viva un Casuario, come farebbe supporre il fatto dell'averne ivi Quoy e Gaimard (Voyage de l'Uranie, Zool. p. 31) vedute le penno adoperate per ornamento dagli indigeni , ed a quale specie esso appartenga. Serie II. Tom. XXXIV. »d TAV. I. 1. CasuariLis bicarunculatus 2. Casuarius galeatus S. Casuarius ausiralis 4 . Casuarius beccarli 5. Casuarius salvadorii TAK/I. 7 e.Casuanusuniappendiculatus /. Casuanus occipitalis. S.Casuapius papuanus. 9 Casuarius picticolJis in p^ ■ l ' ^^^'"^- lU. Lasuapius bennetti. %. I MOLLUSCHI DEI TERRENI TEEZI^AEII DEL PIEMONTE E DELLA LIGURIA DESCRITTI DA LUIGI BELLARDI Memoria letta ed approvata nell'adunanza del 93 Giugno 1878. PARTE Tir. 4. Famìglia BUCCINIDAE Chenc (i859). I. Sotto-famiglia NASSINAE II. et A. Ad. (1858). I. Genere COMINELLA Gray (1847). 1 . (Cominella dertonensis Bell. Tav. I, 6g. 1 (a, i). Testa ovata: spira brevis, paruni acuta, medio subinflala. - Anfraclus versus suturarti anticam infiali, postice depressi, sulwanaliculali ; vllimus maynus, dimidia lonoitudine longior, ventrosus, anlice paruin depressus: sulurac panini profundae ; postica marginala. - Superficies longitudinaliliT costala, Iraiisverse coslulala et striala : coslae longitudinales cantra canaliculum poslicum terminalae, in ventre et in parie antica ultimi anfraclus evanescentes , ohtusae, rectae, axi lestae parallelae , a sulcis amjustis in primis anfractibus, latioribus in ultimis, separaiae: coslulae transversae parvulae , interse salis dislnntcs, praesertinì in ultimo anfractu; stria, vel slriae iionnullac miniilae inlerpositae: manjo suturae poslicae irreguìariter rugulosus. - Os ovali-eloiigatuin ; labrum sinislrum subarcuatum, postice depressum , inlerius leve: colu- meiia medio excavata, antice subrecla, subunibiiicala. Long. 17, 27 mm. : Lai. 10, 16 mm. Non conosco (li questa forma cbe due esemplari, dei quali ho fatto figurare quello che ha minori dimensioni, perchè il maggiore ha il labbro sinistro raccomodato a due riprese dall'animale, e perciò meno regolai-e di quello dell'altro esemplare. 220 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. Questa forma fossile ha non poca analogia nei suoi caratteri generali colla Com. lagenaria (Lamck.) della fauna attuale. Miocene snperiore : Colli tortonesi, S^ Agata-fossili , Stazzano, rarissimo ; Coli, del Museo (1) e Michelotti (2). 2. Genere PHOS Montfort (i8io). 1' Serie. Anfractus versus suturam posticam stibcarinati, postice depressi, canaliculati et cantra suturam marginati. - Costae longitudinales ad suturam posticam non' productae. I caratteri principali di questa prima serie, rappresentata da una sola e raris- sima forma, sono i seguenti: 1" la sutura posteriore accompagnata da un grosso orlo; 2° la depressione posteriore degli anfi-atti larga e profonda; 3" le coste longitudinali terminate prima della scanalatura posteriore, cioè sulla carena. 1. Phos roidus Bell. Tav. I, fig. 2 (a, b). Testa subfusiformis. - Anfractus poslice late et profande canaliculati ; ultimus dimidia longitudine longior, anlice parum depressus: sutura postica irregulariler nodoso-marginala. - Superficies lonsiluilinalilcr costata et transverse costulata: costae lonrjitiidinah's 12, obtusae, cantra canaliculum poslicum tenninalae , in parte aulica ullimi anfractus subbifidae: costulae Iransversae inler se valde distantes , super costas longitudinales ci in earura interslitiis conlinuae, in intersecatione costarum sitbaculae, 3 in primis anfraclihus, 8 in ultimo, penul- tima posterior major, subspiuifura. - Os elongatum: columella medio subarcuala. Long. 20 ram.: Lai. <3 mm. Miocene medio : CoUi torinesi , Baldissero-torinese , rai-issimo ; Coli. Michelotti. 2' Serie. Anfractus convexi, postice non carinati, vel vix siihcarinati: sutura non mar- ginata. - Costae longitudinales ad suturam posticam productae. Nelle forme di questa seconda serie le coste longitudinali corrono continuo tino alla sutura posteriore, gli anfratti sono convessi , poco depressi posteriormente , e la carena manca o vi è d'ordinario poco sporgente. (1) Dopo die il Musco di Geologia fu separalo da quello di Mineralogia, Io collezioni paleontologiche fanno parte del Musco geolngico , sicclii; l'indicazione « Coli, del Museo .1 significa che i fossili, cui si riferisce, esistono nel .Musco di Geologia della I\. Università degli Sludi di Torino. (3) La collezione paleontologica del Sig. Cav. Miciielotti fu donata dal suo proprietario al Museo di Geologia della R. Vnivcrsilii degli .Sludi di Roma. DESCRITTI DA L. BELLARDI 221 In questo gruppo si hanno forme che senza dubbio sono fra loro strettamente coUegate da parecchi caratteri e che si devono riguardare come modificazioni dello stesso tipo, ma che pure a mio giudizio meritano di essere distinte con nome proprio, poiché ognuna di loro, considerata nei suoi caratteri estremi ed osservabili nel maggior numero di esemplari della medesima provenienza, corrisponde ad un ambiente speciale distinto per età o per posizione geogi-afica o per qualità del sedimento che la racchiude. Le forme di questa seconda serie sono fra loro più o meno affini, e non è dif- cile conoscere i legami che rannodano le forme più antiche alle posteriori. Infatti il Phos cHliarella (Broiign.) passa per gradate modificazioni al Phos or- ditus (Bon.) ambedue del miocene medio ; e quest'ultimo si avvia al Phos jìolygonus (Brocch.), caratteristico del pliocene inferiore, per mezzo del Phos conncctens Bell., proprio del miocene superiore. 2. Phos citharella (BR0Nr,.\). Tav. 1, fìg. 8 («, b). Testa turrita: spira longa, vaido acuta. - Anfractus convexi, postica leviter infiali; ul- timus Vj totius longiludinis vix superans, an7/ce cnWf (/t>y))-essus.- sulurae profundae. - Super- ficies tota longiludiiialiler costata et transversc striala: costai longitudiitales plerumquc 10-12. magnae, obtusae, inlerslilia subaequantes, reclae, axi teslac parallelao, conlra suliiram poslicam producine, cantra rimam in ultimo anfraclu plus minusve inflexae: striae Iransversae crebrae tum minutac, tiini niinutissimae, in interstiliis costarum et super costas continuac, in parte antica ultimi anfractus majores. - Os ovali-elongatum; labrum sinistrura simplex, subarcualum, interius pluri-plicatum: coiumella versus parlem posticara plus minusve excavala. Long. 24 nini.: Lai. 10 mm. Biiccinum /le.riwsum BON., Cai., MS., n.559. 1820. Nassa /Irxuosa BORS., Orilt. pieni., I, pag. 38 (in parie). 1823. y„lula cilharclla BRONGN., .Mcm. FUrnt., pag. 6-i, lav. VI, fig. 9. ? 1838. Nassa /Ictuosa GRAT., Calai. Feri, et Inveri. Girotide, pag.4I. 1842. Buccimtm flexuosum E. SlSiMD., iyw., pag.40. 1847. Nassa /icxuosa MlCUTTl., Foss.mioc., pag. 209. 1847. /,/. ,,/. E. SISMO., Syn., 2 ed., pag. 29. 1852. Buccimim flctunsum D'ORB., Prodr., voi. Ili, pag. 86. !!?■ ■'''■ '"'■ NEUGEB., 5yi<.^cr;.-«77.-,V<,//.-GcA., pag. 10. DODERL., Centi, geol.ierr.mivc.sup. Ital.centr., pag. 105. COCC, Eniim. Sist. Ufoll. mioc. e plioc. Parm. e Piac., pag. 75. MAY., System. I^erz. rerst. ffelv., pag. 33. 1878. P/ios flexuosus FUCllS, Slud. ieri. Bild. Ober. Ital., pag. 49. Tarieia \. Tav. I, fìg. 3 (a, b). Spira mafiis aperta. - Anfractus breviores. - Costae longitudinales minores, frequetiliores. Long. 2G mm.: Lai. 13 mm. 1864. /,/. ,-,/. ? 1873. Id. id. ? 1873. Id. id. Varietà B. Striae Iransversae majores, frequenliores. Long. 24 mm.: Lat. 16 mm. 222 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC. Varie» C. Tav. I, Cg. 7 {a, b). Testa minor. - Cosine loìiQUudiimles in ullima dimidia parie ultimi anfractus minulae, vix costuHs longitudinali bus majores, frequenliores, iixde supprficies ibi eleganler clalhrala. Long. 23 nini.: Lai. 10 min. La forma descritta dal Brocchi col nome di Buccinum flexuosum che io ebbi sott'. occhio, gentilmente comunicatami dalla Direzione del Museo Civico di Milano € che con-isponde esattamente alla figura datane dal precitato autore, è affatto di- stinta dalla ])reseiite: «luesta tì fu riferita prima dal Borson, quindi dal Bonelli, dal Sismonda , dal Sig. Cav. Michelotti, ecc. La forma citata del Brocchi è una vera Nassa ed appartiene alla XVII serie che ha per tipo la N. intercisa (Gene) ; finora la forma descritta e figurata dal Brocchi non si rinvenne nei teiTeni terziarii del Pie- monte e della Liguria. Non hawi dubbio che il fossile descritto e figurato dal Brongniart col nome di Voluta citharcìla sia lo stesso di questo qui descritto: la figura vi corrisponde esattar- mente, come pure la località Montagne de Turin : anche la descrizione conviene coi caratteri della presente forma ad eccezione delle due o tre pieghe che il Brongniart dice trovarsi alla base della columella, le quali non sono segnate nella figura: sulla parte anteriore della columella (base secondo Brongniart) hawi la piega caratteristica del Genere Phos, cui senza dubbio questa forma appartiene. Questa specie è molto frequente in quasi tutte le località a me note del terreno miocenico medio dei colli torinesi, di cui si può risguardare come caratteristica. Ho distinte come varietà le forme meglio caratterizzate, le quali si collegano stret- tamente col tipo per numerose modificazioni intermedie. Miocene medio: Colli torinesi, Eio della Batteria, Villa Forzano, Termo-fourà, Pino- torinese , Val Ceppi , Baldissero-torinese , frequente ; Coli, del Museo , Miche- lotti e Rovasenda. 3. PnOS ORDITUS BON. Tav. I, Hi,'. 4 (', Calili. CoiK II. /h.<.<., pag. 1.3. K .SIS.Ml)., Si/n., pag. io. IM.VTll., Calili, incili et lìcscr, fuss. Bntuhcs-ilii-Iili6nc, pag. 324. TCIIIIIATCIl., Asie mineiir. Gèol., voi. Ili, pag.91. 1847. Nassa poUjijnna SIICHTTI, Foss.niioc, paR. 907 (in parte). 1847. Buccinum jwìijgnwim E. SISMI»., Sijn., 2. cil., pag.;W (in parte). 1852. /(/. id. ll'Onil, /Vm/;-., voi. Ili, pag. 176. DESCRITTI DA L. BELLARDI 225 1854. Nassa polygona UE RAYN., VAN-DEN-HECK. et PO.NZ , Calai, foss. M.te Mano, pag. 13. 1868. Buccinum jìolygonwn FOREST., Calai. Moli. plioc.Bulogii. I, pag. 35. MANZ., Fami. mar. mioc. Alt. Ital., pag. 14. NICAIS., Calai. Aidm. foss. prov.d^Alger, pag. 107. COPP., Stud.jial icnn.moden., pag. 33, Tav. Ili, fig. 64. COCC, Enum. SisC. .Moli. mioc. e jilioc. Pann.e Piac, pag. 75 (in parte). MAY., Sijst.f^erz. Versi. Heh., pag. 33. COPP., Calai, foss. mioc.-plioc. Moden., pag. 2. SEGUENZ., Form. plioc. hai. merid., pag. 278. 1875. Buccinum polygonum PONZ., Cronac. sitbapenn., pag. 26. 1876. /(/. id. MAY., Mer glar.au pieds des Alpes, pag. 202. 1877. /(/. id. ISS., App.paleont. I, pag. 19. 1877. Phos polygonus UE STET., Slral.plioc. Siena, p.ig. 174. 1877. Nassa polygona COTT., Faun.lerr.1al. Cors., pag. 48. 1878. Id. id. BENOIST, £(«(/. /o)'(»H. Gi'row/f, pag. 5. 1878. Id. id. DE STEF. e PANTAN., Moli, plioc. di Siena, pag. 97. 1881. /(/. id. COPP., Le marn.tureh.e foss. del Moden., pag. 14. 1881. /(/. id. COPP., Paleonl. moden., pag. 32 (in parie). Spira liinqior, magis acuta. Long. 38 mm. : Lai. 14 inm. Varietà A. Varietà B. Spira brevior, mafjis aperta. - Carina oblusior. - Coslae longiludinales iitimerosiores, siiprr carinam submuticue. Long. lìO nini.: Lai. 14 nim. Colla forma distinta come varietà IJ la forma tipica della presente specie si mostra intimamente collegata colla specie precedente. La forma riferita alla presente specie dal Sig. Cuv. Michelotti (Foa-s. viioc, tav. XIII. fig. 2 a, h) è una Nassa della serie XXIV e descritta in quest'opera col nome di Nassa fallax Miclitti. Non ho notate le citazioni che si riferiscono alla forma del bacino di Vienna, che l'Hòrnes identificò colla specie del Brocciii, por i motivi esposti a proposito della specie precedente. Miocene superiore : Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti , non raro ; Coli. Eo- vasenda. Pliocene -inferiore: Vezza presso Alba: Borzoli presso Sestri ponente: Fornaci e Zinola presso Savona: Albenga- vallone Torsero, frequente; Coli, del Museo e Mi- chelotti. Varietà A. — Pliocene inferiore: Vezza presso Alba: Borzoli presso Sestri po- nente , non frequente ; Coli, del Museo. Varietà B. — Pliocene inferiore: Albenga-vallone Torsero, frequente; Coli. del Museo. Serie II. Tom. XXXIV. 226 ] MOLLUSCHI DEI TEKKENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. 3. Genere EBURNA Lamck. (1801). I Sezione. Testa umhilicala. 1. EbUBNA APENNINICA BeLL. Tav. I , (ig. 9 a, i). Tesla infiala: spira parum acuta. - Anfractus vix convexi, postice profunde et anguste ea- naliculali; ultimus inllatus, antice valde , ^7- totius longitudinis subaequans. - Os obliquum, antice dilalatum, postica angiistatim, canaliculalum ; labrum ileiterum in regione um- bilicali (jracile, liberum, postice in callum incnissalum produclum : columella arcuala: umbi- licus magiius, profumlus, infandibiliformis : rima postice Irifuniculatu ; funiculi subaequales (vix poslicus major), a sulcis angustis separati. Long. 23 mm. : Lai. IG min. Miocene inferiore: Sassello-regione Capete, raro; Coli, del Museo. Il Sezione. Tesla ìnumbliicata. 2. Eburna caronis ;Brongn.). Tav. I, fi-. 10 {a, b). Dislinguunl hanc speciem ab Eb. ebumoides (Malh.) sequenles nolae: Testa minor, anr/ustior. - Anfraclm posUo: depressi. - Rima antice posticeque earinala. Long. l'J mm. : Lai. 13 mm. 1823. yassa Caronis RRONGN-, Mem. yiiatt., pa-. Ci, lav. HI, liy. 10 (in parte). 1824. Ruecinum id. BHO^.N, Sij.-t. Komli., pag. 50, lav. Ili, lig. 13. 1831. Id. id. BRONN, /((//. /(■»(.-(;<•*., pag. 25 (in parie). 1812. Nassa id. CATl,"LL., Ossiti', (jengn. Atp. l'eii., pa^- 25. 1850. Id. i««. /, lini. leit. Gcb.. pag. 25 (in parie'. 1838. III. ipiralum GR.\T., Calai, l'eri, et Inveri. Gironde . pag. IO. 1840. /(/. Caronis MICIITTI., liiv. Gasler.foss., pag. 24 (in parie). 1840. Nassa spirata GRAT., ^(/. Cn«c/j. /òm. lav. XLVI, lig.6. 1842. Buccinum Caronis E. SISMO., Syn., pag. 41 (in parie). 1842. /(/. chiirnoides MATII., Caini, mclh. et de.»r. fnss. Bouchis-dii-Rhòne, pag. 324. lav. XI., fig. 14-lG. 1847 .Sassii Caronis MICIITTI., Foss.mioc., pag. 203 vin parie). 1847. Id. id. E. SISMI)., Syn. 2. ed. pag. 28 In parie;. 1847. f^biirnu spirata SOW. in SMITH, Tcrt. Beih of the Taijus. pag. 4161. 1852. Buccinanops spiralum O'ORB., Piodr. voi. II, pag. 87. 1852. Id. eburnoides U'ORB., Prodr. voi. Il, pag. 87. 1861. Pseudoliva brtiijadina SEMI'., Paltoni, i'nlersuc/i., pag. 2tl [in parie). 1873. Buvcinum Caronis MAY., Syst. t'irz. Ter.sl. Ileh:, pag. 32. 1875. Elnirim id. BENOIST, Tist.foss.de la liréde il de Saiicalz , pag. 382. ? 1878. Biudnuin id. D"ANC., Mioc.di Ciminna, pag. 7. Varietà A. Sutura postica anguste canaliculala. Long. 4o mm. : Lai. 33 mm. Miocene medio : Colli torinesi , Kio della Batteria , Villa Forzano, Baldissero- torinese, Termo-fourà, Valle Ceppi, frequente: Coli, del Museo. 4. Eburna derivata Bell. Dislinguunl liane speciem ab Eh. eburnoides (Malh.) sequenles nolae: resto crassior , ventricosior : spira brevior, magis aperta. - .infractus tnagis convexi; ul- limus pìerumque longior. - Os amplius ; labrum dexlcrum crassius: rima postice non carinata. Long. 50 mm. : Lai. 35 mm. 228 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. MAnC. DE SERR., Géogn.terr.leìl., pag. 121. MKUITTI., Ki-.Gast.foss., pag. 2i (in parte). GRAT., Jll.Comh.fuss., lav. XLVI, fifr. 11. E. SIS.MD., Si/n., pag. 41 (in parie). E. SISMI)., Syn. 2. ed. pag. 28 (in parte). llOElOi., yerz.in Cryzili's Ertant.z. ycogn. kart.i'. ff^ien, pag. 17. HOERN., MoU.foss.H'ien, vol.l, pag. 139, lav. XII, fig. 1, 2, 3. >'EUGEB., Beilr.tert. Moli. Ober-Lapugy, pag. 235. ISEUGEB., Syst. l'ersi, terl- Moli. -Celi., pag. 9. SEMI'., Palaout Untersucli., pag. 211 (in parie). DODEIIL., Cenn. geol. terr. mioc.sup. Ital. cerilr., pag. 105. l'ER. HA COST., Gaster.lerc.Porl., pag. 87. lav. XIII, flg. 14-18. COl'l'., Catal.foss.mioc.e jilinc. Moden., pag. 24. MANZ., Faun.mioc. Alt. Ital., pag. 12. DE KOEN., Mioc. Xord-Tcusclil. Moti. Fami., pag. 188. COPI'., Stud.pat.icon.modtn., pag. 32, lav. Ili, Cg. 60. COPI*., Catal. foss.mioc.-ptioc. Modcn. Colt. Ciipji., pag. 2. D'.\NC., Mioc. di Ciminna, pag. 7. COPI»., Paleoiìt. moden., pag. 32. Varietà A. Testa longior : spira minus aperta. - Sutura postica anguste canaliculata. Long. 57 nini.: Lat. 35 nini. Varietà B. Spira ad apicem subobtusa. - .infractus pimultimus longior: sutura postica angustissime canaliculata. Long. 45 min. : Lat. 30 mm. Abbenchè la forma qui descritta sia intimamente collegata colla Eb. cburnoidcs (Math.) dei colli torinesi, alla quale fu finora generalmente riunita, tuttavia ho cre- duto opportuno di distinguerla con nome proprio, poiché rappresenta nel miocene su- periore un particolare stadio di svolgimento, che dalla forma predominante del mio- cene medio guida a quelle della fauna attuale. Miocene .'superiore: Colli tortonesi, S' Agata-fossili , Stazzano, non frequente; Coli, del Museo. 11 genere Eburna rappresentato nel miocene inferiore , medio e superiore , scom- parve nel pliocene inferiore e nel pliocene superiore del Piemonte e della Liguria e manca nella fauna attuale dei nostri mari. DESCRITTI DA L. BELLARDl 229 4. Genere NASSA Lamck. (l'-pg). Quando intrapresi la rivista delle Buccinuli finora raccolte nei terreni terziarii del Piemonte e della Liguria, era lungi dallo immaginarmi che le forme di quelle provenienze riferibili al Genere Nassa, qual è generalmente circoscritto dai moderni Malacologi, sarebbero state così numerose quali sono le (jui descritte. Di fronte ad una tanta varietà di forme appartenenti al medesimo genere io com- presi tosto la necessità di disporre queste forme in gruppi, in ognuno dei quali fos- sero raccolte (luelle che sono tra loro collegate da talune particolarità comuni, e ciò sia per rendere intelligibile la descrizione dei caratteri di ognuna, al)breviandola col tacere in ciascuna i princijjali caratteri proprii del gruppo e perciò comuni a tutte le forme comprese in ognuno di essi, sia per meglio mettere in evidenza i reciproci legami delle forme descritte. A tal fine io mi rivolsi alle classificazioni già proposte per il genere Nassa ed in particolar modo a quella dei fratelli Adams. nella quale questo genere fu smem- brato in un ragguardevole numero di gruppi differentemente importanti. Jla debbo confessare che per quanto attentamente io abbia studiato i gi'uppi proposti, non riescii che a riferire ad alcuni di essi alcune poche forme nostrali: e ciò sia perchè molte forme fossili non hanno i loro rappresentanti nella fauna attuale, sulla quale esclu- sivamente fu basata la classificazione predetta , sia i)orchè i gruppi proposti furono per la maggior parte definiti così inii)orfettamente, in modo cosi vago, che mi riesci impossibile di formarmi, nel maggior numero dei casi, un esatto criterio dei caratteri assegnati ad ognuno e per conseguenza dei rispettivi loro confini. Dovendo perciò trovare il modo più conveniente per disporre le numerose forme che aveva il compito di descrivere in questa Monogi-afia , esaminai attentamente le singole parti del guscio per vedere quali fossero quelle che piìi facilmente mi potes- sero guidare allo scopo prefissomi, quello cioè di formare gruppi circoscritti da ca- ratteri ben definiti (per quanto possibile), in ognuno dei quali si potessero raccogliere tutte quelle forme che sono fra loro jiid intimamente collegate dalla natura dei loro caratteri. I caratteri, che mi parvero più acconci por siff"atta distribuzione, sono 1" la forma del nucleo embrionale ; 2° la forma generale ; 3" il modo di svolgimento della spira; 4° la figura dell'intaglio anteriore della bocca, e delle parti prossime; 5" il lalìbro sinistro ; 0° il labbro destro ; 7° la bocca ; 8° la columella ; 9° gli ornamenti superficiali. \ . Nucleo enibrionnle. — Il nucleo embrionale ha due modi di essere : ora è lungo, stretto ed acuto; ora breve, largo ed ottuso. In sulle prime ho creduto di potermi valere di questo carattere per stabilire nel genere due grandi sezioni ; senonchè avendo trovato il nucleo embrionale di differente natura in forme che non era ragionevole 230 I MOM>r>CHI l'KI TERRENI TERZIARII PEI, PIEMONTE ECC. di allontanare fra loro per questo solo carattere, mentre era evidente la loro affinità pel complesso di tutte le altre loro particolarità , ho dovuto limitarmi ad indicarlo come senijìlice carattere di serie. 2. Forma neiierale. — La forma predominante è la torricciolata, (juclla cioè, nella quale la maggior larghezza del guscio si trova nella nietà anteriore : in alcuni casi si avvicina alla gloljosa. in altri alla semiglobosa. 3. Modo (li sviluppo della spira. — Lo sviluppo dulia spha è in generale regolare attorno all'asse: in talune specie l'ultimo anfratto è più o meno obliquo e spropor- zionatamente ampio per m(jdo da costituire una gran parte del guscio: l'angolo spirale, che quasi sempre cresce regolarmente col crescere del numero degli anfratti, ritorna in certe specie verso l'estremità anteriore ad essere più stretto, sicché la spira riesce rigonfia verso il mezzo, e foggiata a botticina. 4. Figura e posizione dell'iiilai^lio anteriore della bocca e delle parli prossime. — L'in- taglio anteriore della bocca è ordinariamente fesso nella parte la più anteriore del guscio, è, vale a dire, terminale ; in certe specie è più o meno obliquo all'asse e laterale. La sua figura jiresenta parecchie modificazioni : ora ([uest'intaglio è profondo . coi margini laterali quasi paralleli, più largo sul davanti ed alquanto più stretto in fondo, ora è di figura irregolarmente triangolare, vale a dire più stretto all' ingi-esso e più largo nel mezzo. Le sue labbra sono per lo più brevissime ; in altre forme sono alquanto prolun- gate per maniera da dare origine ad una specie di coda. La superficie dell'ultimo anfratto è sempre più o meno depressa in prossimità dell'intaglio, e talora è ivi scavata a guisa di gronda che accompagna il labbro po- steriore dell'intaglio. Finalmente il labbro posteriore dell'intaglio, talora brevissimo e quasi indistinto, è in molte specie più o meno lungo, diritto, o ])iù o meno rivolto verso il dorso del- l'ultimo anfratto. 5. Labbro sinistro. — Il labbro sinistro è (luasi sempre arcato , raramente de- presso posteriormente : il suo margine. i)or lo più acuto, è talvolta inspessito ester- namente da un orlo che lo trasforma in una varice ; nel suo interno è d'ordinario guernito di pieghe trasversali o di denti, nel (inai ultimo caso i denti sorgono sopra un orlo più o mono sporgente. (». Labbro di'siro. — Sono parecchie le maniere di svolgersi del labbro destro . le quali porgono in generale un nn^zzo ovvio per aggruppare fra loro molte forme. Nel maggior numero delle specie il labbro destro non si estende oltre il piano della bocca: nelle altre lo oltrepassa e si protrae più o meno ed in divei"sa dire- zione sulla superficie dell'ultimo anfratto. (^u;ui(lo oltrepassa il ])iano della bocca la sua dilatazione non si estende d'ordi-j )iario fino alla sutura posteriore, alla ([iialc vu tuttavia in alcune serie; (juando non è ])rotratto oltre il i)iano della bocca, o quando roltr(q)assa soltanto nel mezzo Oj posteriormente, lascia allo scoperto l'estremità della columella e dà origine ad un prin- cipio di ombellico. In generale il suo margine è più o meno accollato alla superficie! dell'ultimo anfratto; talora sottilissimo è fuso con essa cos'i bene da non potei-si di- stinguere dove finisca : in alcune serie invece si rialza più o meno e si fa libero. DESCRITTI DA L. BEI.LARDI 231 La dilatazione del labbro destro d'ordinario ha luogo posteriormente, altre volte sulla parte anteriore della columella per modo da coprirla interamente o quasi e così da far scomparire ogni traccia di ombellico: inoltre la dilatazione in talune forme è smarginata nel mezzo a guisa di C gi'ossolano ; in altre invece avviluppando l'estre- mità della columella ed essendo smarginata nel mezzo, si trasforma posteriormente in una grossa callosità, la quale si protrae fino alla sutura posteriore ; ovvero, estesis- sima e grossa in tutte le direzioni, giunge sul dorso dell'ultimo anfratto dove forma un ribordo quasi continuo col ribordo variciforme del labbro sinistro, nel qual caso ricopre una porzione più o meno grande della spira : finalmente in parecchie specie si estende solamente nella regione mediana. Non è rara la presenza di rughe o di tubercoletti sulla parte anteriore od anche su ((uella mediana e posteriore del labbro destro: questo labbro in prossimità del suo incontro col sinistro è frequentemente inspessito e calloso, e non di rado porta una pifi pieghe trasversali, che restringono il canaletto in cui finisce posteriormente la bocca e che si addentrano più o meno nelle fauci. 7. Columella. — La columella è quasi sempre foggiata ad arco, vale a dire ha la maggior concavità nel mezzo : questa trovasi talvolta nella parte anteriore o po- steriore: dal die risulta una differente figura alla bocca. 8. Bocca. — La figura della bocca varia secondo la forma della columella e quella del labbro sinistro; è in generale iiTegolarmente circolare, qualche volta più lunga che larga, ed è modificata da una specie di canaletto, in cui si restringe all'incontro che fanno fra loro posteriormente il labbro destro ed il sinistro, il eguale canaletto è talora fatto molto stretto e bene distinto dal grande sviluppo della callosità poste- riore del labliro destro. !). Ornamenli Sliperlicialì. — La superficie è di rado interamente liscia, (ili orna- menti longitudinali sono coste, costicine, strie e bende, i trasvei-sali solclii, solchettini, strie, coste e costicine: nel maggior numero delle specie tutta la superficie è rico- perta dagli ornamenti suoi proprii; in alcuni grupiii questi ornamenti scompaiono jìiù o meno compiutamente negli ultimi anfratti, raramente nei primi. Questi caratteri, di cui ho fatta una sommaria rivista , se non sono assoluti . la ([ual cosa è consentanea, come l'osservazione ci afferma ogni giorno di più. alle leggi che regolano lo sviluppo dei corpi organici, hanno tuttavia un certo grado di stabi- lità, per cui si possono mercè di essi stabilire centri abbastanza lien definiti, attorno ai (piali si vedono raccogliersi le forme nostrali finora note : ed a])benchè per corte serie siffatto modo di aggruppamento si possa risguardare come sistematico, non è men vero clie nel maggior numero dei casi si debba ritenere come naturale, in (guanto che per esso vediamo ravvicinate fra loro forme indubbiamente affini pel complesso della loro struttura. Per fare le numerose serie, in cui ho distril^uite le numerosissime forme desci-itte del genere Nassa, io mi valsi naturalmente dei caratteri più importanti fra cpielli precitati : e;l lio ragione in generale di essere soddisfatto degli aggruppamenti otte- nuti, perchè nel maggior numei'o delle serie riescirono, col mezzo adottato , raccolte forme che senza dubbio sono fra loro collegate da stretti vincoli di afiinità. Per separare poi le forme che ho descritte con nome proprio mi sono servito dei caratteri di importanza minore, senza poter adoperare lo stesso criterio per tutte. 232 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC. E . I. li-. Il (n, li). Tesla subomta: spira acuta, medio [)lerunique inUala. - Aiifraclim convrxi, posUce leviler inllaU el conira siiluram jioslicam depressi ; ullimus parum obliquìis, renlmsus, atiUre valile de- inessus, -i.^ lolius lonj;iludinis subaequans, regiilaris. - Siiper/ìcies tota Irausverse silicata: silici minuti, iiiler se vaidc dislantcs, 6 vel 7 in jiriniis anfriiclilnis, I i in ultimo, in ref/ione iinlini cantra rimani UUiores, profundiores el Inter se magis proximi, prope sulnram puslicnm nonnulli niajorcs. - Os subovaio. |)nslico Icvitor anpiislaliim , arilicc parum dilalaluni: labrum .*iiii- slrum simplex, aculum, inlorius pluri-i)liraluni: lalimm dextruim ultra ns in rallnm crassnm, Inlum productum, antice re(]ionom nmbilicalem in parte recumbens , posticc versus labrum sinislrum ploruiiuiuo uniplicalum. Long. 28 mm. : Lai. 16 min. DESCRITTI DA L. BELLAKDI 233 1847. Nassa mutabilis MICHTTI., Foss.mioc, pag. 204 (in parte). 1847. Jd. id. E. SISMO., Syn., 2. ed., pag. 29 (in parte). 1864. Id. id. DODERL., Cenn.geol.ierr.mioc.sup.Ilal.cenlr., pag. 103. 1881. Id. id. COPP., Pa/eon(. morfen., pag. 36 (in parte). Tarieia A. Labrum dexterum muUi-rugosum, pnstice uniplicatum. Long. 25 mm. : Lat. 1 4 ram. Varietà B. Silici transversi viinores, numerosiores, 17, postici vix majores. Long. 21 mm. : Lai. 1 4 mm. Varietà C. Sulci transversi in regione mediana anfracluutn nulli, vel vix notati. Long. 26 mm. : Lat. 16 mm. Varietà D. Siiperlicies in ullimis anfractibus tota transverse esulcala, exceptis sulcis transversis rimae proximis. Long. 30 mm. : Lai. 20 mm. Varietà E. Testa conoidea. - Anfractus ullimus antice profuude depressus. - Super/icies in ullimis an- fractibus sublaevis, vix obscurc passim transverse costulata. - Os subquadratum. Long. 17 ram.: Lat. 11 mm. Fra gli esemplari rappresentanti la forma tipica per i loro ornamenti superficiali, se ne incontrano di quelli piccolissimi (Lungh. 17 mm. , Largh. 10 mm.) , ed altri nei quaU la forma generale si fa più breve e tozza ; anche il numero dei solchi tras- versali varia da tredici a quindici: in tutti peraltro il carattere, che tosto colpisce, si è la maggiore larghezza e profondità, di tre o quattro solchi in prossimità della sutura posteriore, i quaU danno luogo fra loro ad una costa più o meno sporgente ; la spira parimente è pure più o meno raccorciata. Varietà A. — In questa forma , rarissima , ai caratteri del tipo si aggiungono numerose rughe trasversali sul labbro destro. • Varietà B. — L'unico esemplare a me noto che rappresenta quasta varietà ha diciassette solclii piccolissimi ed equidistanti, ed i quattro posteriori appena appena maggiori. Varietà C. — In questa varietà i solchi trasversali mancano affatto nella regione mediana degli anfratti, o vi sono qua e là appena segnati ; nelle forme che vi ap- partengono la spira varia nella sua lunghezza e nella sua apertui'a presso a poco corno nella forma tipica. Varietà B. — Nella vai-ietà B mancano affatto i solchi trasversali sugli ul- timi anfratti, perfino i più grandi posteriori , meno quelli ordinarii che corrono in Serie II. Tom. XXXIV. 'f 234 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIAKII DEL PIEMONTE ECC. prossimità dell'intaglio; gli anfratti sono più rigonfi e quasi scanalati contro la sutura posteriore; e la spira in generale è più breve e più aperta. Varietà £. — Finalmente, nell'unico esemplare a me noto che rappresenta questa varietà, la spira è conica e l'ultimo anfratto è straordinariamente depresso anterior- mente per modo da formare una specie di larga gronda in prossimità dell' intaglio. Questa forma è stata da parecchi paleontologi riferita alla iV. mufahlis (Linn.), dalla quale è bene distinta per parecchi caratteri, oltre a quelli della serie cui ap- partiene, ed in particolar modo per la presenza nel maggior numero di esemplari ili due o tre solchi più larghi e più profondi che corrono in prossimità della sutura posteriore. Poche altre specie del genere Nassa presentano tanta mutabilità nei loro carat- teri quanto questa; per la qual cosa vengono a l'accogliersi attorno ad essa parec- chie forme già note ed una nuova: fra quelle si devono citai'e in ispecial modo le seguenti: 1. Nassa Rosthorni (Partsch), 2. Nassa caceìlensis (Per. da Cost.) , 3. Nassa congìohatissma (Per. da Cost.). La prima di queste specie, della quale ebbi sott'occhio due esemplari tipici dei dintorni di Vienna, diffeiisce dalla presente per la sua forma più breve e quasi glo- bosa, per i solchi trasversali più larghi e più profondi, per la bocca più obliqua al- l'asse, per il labbro sinistro anteriormente angoloso e per la presenza ordinaria di numerose e gi-osse rughe sul labbro destro e di una piega trasversale sulla sua por- zione posteriore, le quali rarissimamente si osservano nei fossili dei colli tortonesi. La seconda, cioè la N. cnccUensis (Per. da Cost.) [Gast. fere. Pori., tav. XIV, fig. 9 a, b), che non conosco che dalla figura e dalla descrizione del Sig. Pereira da Costa, ha una forma più lunga, e la spira più acuta, non rigonfia nel mezzo, manca dei solchi posteriori più grandi e più profondi degli altri, ed ha una grossa piega sulla parte posteriore del labbro destro, della quale è molto raro incontrare tracce sugli esemplari tortonesi. La terza specie finalmente, N. congìohatissma (Per. da Cost.) {o]}. rit., tav. XV, fig. 5 a, li), abbenchè sia molto bene distinta per la sua forma globosa dal tipo della N. inconstans Bell., vi è tuttavia collegata per mezzo di alcune forme appartenenti alla varietà B, la quale è sprovvista dei solchi trasversali proprii della forma tipica ed esistenti nei fossili del Portogallo. Miocene superiore: Colli tortonesi, S" Agata-fossili , Stazzano, frequente; Coli, del iluseo e Michelotti. 2. Nassa consimilis Bell. Tav. I, li-. 1;ì (.;, b). Dislinguunl hanc speciem a iV. inconstans Bell, sequenles nolae: Tesla brevior : .s/iira mnQis aperta - Aiifractus ultimu^ inflatus. - Siiper/icies undiquf- trans- verse late el profuiule sulcaln. in iiltimis anfraclubiis lonfìiludinaliter costata: costae taiae, obtusae, pantm promini'nli's, a sulcis /inri/Hi jìrdfiiiiiUs el aiiijuslis spparnlne. Long. '25 min.: Lai. IO min. DESCRITTI DA L. BELLAKDI 235 Miocene superiore : Moncucco verso Carossana, raro ; Coli. Kovasenda : Tetti Bo- relli presso Castelnuovo d'Asti, non raro; Coli, del Museo e Kovasenda. 3. Nassa ventricosa (Gbat.). Tav. I, fig. 12 {a, b). Tesla subfìloho.m : spira brevis. - Anfractus primi el medii breves, parum convexi; ultimus nuifiims, inflatus, '/s totius lonrjUudinis subaeqiians: sulurae subcanaliculalae. - Su- perficies loia Iransverse su\ca.\,à, et in ultimis anfractubus longiludinaliler costulata : su\ci pro- fundi, lati, numerosi: coslulae numiirosae, obliquae, parum prominenles, a sulcis Iransversis inlerruplae, in inlersecalione costularum inler sulcos transversos decurrentium granosae; sulcus Iransversus poslicus penulliinus lalior. - Os suborbiculare; labrum sinislrum arcualum, in- lerius pluri-plicalum; labrum dcxleruui laeve, iiilcrdum poslice uniplicalum. Long. 22 mm. : Lai. 16 '/\, uim. 1827. Biiccinuni ventrìcoxum GU.\T., liuti. Sm\ l.inn. Bordeaux, voi. II, pag. 14. 18:$2. /'T-\>'., Alt. Accad. Fi.-., .ì/oll.plinc. di Siena, pag. 99. PANT.AN., Conch.plioc. di Pielra/ìtla, pag. 271. COPP., PaUont.moden., pag. 36. • Varietà .\. Testa longior: spira magis amia. - Anfraclus uìtimns minor. - Os magis obliquum. Long. 25 ram. : Lat. 17 min. La forma figurata dal Sig. Du Boi.s de Montpereux (Conch. foss., tav. I, fig. G, 7) e dallo stesso riferita al Biicc. ohliqitatum Brocch. appartiene certamente ad una specie diversa sia per la forma globosa che la ravvicinerebbe alla 2V. conglobata (Brocch.), sia per la figura o per gU ornamenti della bocca. Pliocene inferiore: Albenga (fide Sassii): Vezza. presso Alba, frequente; Coli, del Museo e Michelotti. Pliocene superiore: Colli astesi, valle Andona, non raro; Coli, del Museo. Varietà A. — Pliocene superiore: Colli astesi, non frequente; Coli, del Museo. 10. Nassa mutabilis (Linn.). Testa obliqua, plus minusve inflala: spira brevis, valde acuta. - Anfraclus convexi, po- stice inlìali. inde sulurae profundae ; anfraclus ullimus magnus, iiipalua, obhquus, ^Z, lolius longiludinis apquans. - Suppriicios pliTunique laevis. conira suluram posticam transverse sul- cata; sulci 3-o, parum profiimli: anfraclus duo ve l trcs primi post nncleum embrionalcm parvi longitudinaliter oblique costati, transverse costulali ; pars anlica ullimi anfraclus Iransverse sulcala; sulci 4-o, profuiiJi, inler se salis dislanlcs. - Os vaìdc obliquum, antice dilalatum, postice angustatum: labrum sinislrum inlerius plerumque pluri-plicalura, inlerdum laeve; labrum dexlerum laeve, late ultra os productum , praesertim in regionem medianam: coluraella anlice profunde escavala. ^ Long. 30 mm. : Lai. 19 mm. 1766. Nassa mulabilis LINN., Syst. Nat., pag. 1201. 1792. Buccinum mutabile OLIV., Zool.adriat.. pag. 1 i3. 1814. Id. (Nassa) obli'juatum var. BROCCIl., Comh. foss. sub., pag. 336. BOnS , Orili, piem., 1, pag. 41. UISS., Pro.lr. Eur mcrid., voi. IV, pag. 179 {fide BRONNI> PAYll., Clini.. ìfotl.Cors., pag 156. MARC. I»E SERK., Crogn. terr.Inl., pag. 122. BRON.N, llal. Urt. Geb.. pag. 25. UESU., Rrpéd.sc. A/orée, Zoo/., pag. 197. J.AN, Calai. Conch. foss., pag. 13. SCACCII., Calai. Coni/i..\eap., pag. 11. PIIIL., Moli. Sic, I, pag. 227. GRAT., Calai, l'eri, et Inveri. Cironde, pag. 41. DESCRITTI DA L. BELLARDI 241 MICHTTI, Geogn. Aus. tert. Bild. Piedm., pag. 396. CAI.C, Conch.foss. Altav,, pag. 62. E. SISMD., Syn., pag. 40. PHIL., Moli. Sic, 11, pag. 193. DESn. in LAMCK, Ànim. s.vert., 9 ed., vol.X, pag. 166. VERAN. in Descr.di Genova, voi. I, pag. 94. E. SISMO., Syn., 2 ed., pag. 29 (in parie). HOERN., rei:. foss.-Rest. tert. beek. ff^ien, pag. 17. DE UEYN., VAN-DEN-UECH. et PONZ., Catal. foss. Monte Mario, pag. 13. Glj'lSC, Fiiun foss. resuf., pag II. MENEGH., Palénnt.de Sard.. pag. 465. CONT., .afonie Mario, pag 31. BRUS., CoH/r. Faun. Moli. Dalm., pag. 66. PER. DA COST., Gaster. terc. Pori., pag 102, tav. XV, fig. 4. FOUEST., Calai Moli, plioc. Bologn., I, pag. 46. M.\NZ., Sagg. Conc/i. fo.!S.sub., pag. 38. WEINK., Condì. .ìfillelm., voi. Il, pag. 66. COPI'., Catal. foss. mioc. e plioc. Moden., pag 24. TAPPAR., Ind. sist. Moli. Test. Spezia, pag. 27. MANZ., Faun mine. Alt. Ital., pag. 1.3. ISS., Malae.del Mar lìosso, pag. 125. ARAD. et BE.NOIT, Coneh.viv. mar.Sieil., pag. 292. NICAIS., Catat.Anìm.foss.Proy.d'Alger, pag. 107. BELL, Catal. .Itoli, foss. de Biol, pag. 8. CONT., .ìfonle .Vario, 2 ed., pag. 40. PONZ., Foss. Barin. Roma, pag. 4. COPI'., Slud. Paleont. Iciin. moden., pag. 33, tav. Ili, Cg. 63. MONTEU., Condì, foss. di S. Pellegrino e Fiearazzi, pag. 33. MO.NTER., Noi. Condì, mediterr., pag. 49. COCC, Enum. Si.it. .Moli. mioc. e plioc. Parm.e Piac, pag. 86. SEGUENZ., Form, plioc Ilal.merid., pag. 300. MAY., Syst. rerz.-Ferst. Ilelv., pag. 33. DE STEF., Foss. plioc. SI Minialo, pag. 35. SEGIIENZ., Form. plioc. Ilal.merid., pa-. ,300. * PONZ., Cronac.subapenn., pag. 9, 21, 26. PANTAN., Atl.Accad.Fisiocr. Siena, voi. VII, pag. 4. M.\NTOV.. Descr.geol Camp, rom., pag. 41. SORD., Faun. mar. Cascina /liz:ardl, pag. 37. CRESPELL., IVot.geol.Sarign., pag. 18. MONTER., Niiov. Rio. Conch. mediterr., pag. 41. BEN'OIST, Test.foss.de la Bride et Sautatz, pag. 386. FOREST., Ceiin.geoI e paleont. plioc. ant. Cattrocaro, pag. 20. STOEIIR, Terr. plioc. Girg., pag. 469. PONZ., Foss. Monte Faticano, pag. 16. FISCll., Coq.rec.el foss.Camrn.Fr.et Liqur., pag. 331, 332. ISS., .-Ipp. paleont., \, pag 20. MONTER., Catal. Condì, foss. Monte Pellegrino e Fiearazzi, pag. 37. DE .STEF., Strat. plioc. Siena, pag 170, 171, 173, 250. FICUS, plioc. bild. Zant.u.Corfn, pag. 4. FISCll., Paleont. Ile de RliAdes. p.ig. 39. 1878. Id. id. ISS, Ciof.(/i-/ /Wnnff, pag. 16. 1878. Id. id. MOM'ER., Enum. e sinom. Condì. niedileiT., pag. 43. 1879. Id. id. MELI, Sui Vini. di Cidlame/iìa, Aot geol., pag. 10. 1880. Id. id. SARTOR., Coli. S' Colombano e suoi foss., I, p. 14. 1880. Id. id. BKVG:ì., Condì, plioc. Caltanisetta, pag. lOÌ. 1881. /,/. id. COPP. , Marn.turdi. Moilen., pug.ii. 1881. Id. id. COPP., Paleont moden., pag. 36 (in parte). 1881. Id. id. PAKtA.:^., Moli. pltoc. foss. viv. Mediterr., pag.eS. Serie II. Tom. XXXIV. 242 1 .MOLLVSCin dei terreni TEKZIARII del PIEMONTE ECC. Varietà A. Tav. 1, 6g. 20 (a, b). Labrum dexterum anlice erectum, ad marginem fere totum liberum; regio umbilicalis plus minusve detecta; inde testa subumbilicata, interdum distincte umbilicata. Long. 32 miu. : Lai. 20 mm. Varici» B. Testa magna: spira longior, medio injìata. - Anfradus jtoslice magix inflati; ultimus dimi- diam loiirjiludinem subaequans. - Superficies Iransverse sulcala ; salci lineares , intcr se satis distanles. Long. 50 rara. : Lai. 32 mm. 1874. Nassa coiiglobatissima COCC, Enum.Sist. Moll.mioc.e plioc.Parm. e Piac., pag. 87. VarieU C. Testa crassior : spira brevior. - Anfradus ullimus ventrosus, */j totius longiiudinis superans. - Superficies tota transverse sulcata; sulri numerosi, iitaequales, latiores conira suturam posticam. Long. 35 mm. : Lai. 25 mm. 1814. Nassa oìiliquula var. BROCCH., Cnnrh.foss. sub., pag. 656, tav. XV, fig.2I. 1873. Id. guidoniana COCC, Eniim. Sist. Moli. mioc. e plioc. Parili, e Piac, pag. 88, tav. II, fig. 78. Varìeià D. Tav. r, fig. 21 («, b). Testa longior: spira magis acuta. - Anfradus postice vix infiali. - Superficies tota trans- verse sulcata; sulci 6 vel 7 in primis anfractubus, plerumquc 16 in ultimo, profundi , angusti, inter se valde dixtautes, in regione antica ultimi anfradus latiores. - Labrum sinistrum postice magis depressum , labrum dexterum postice magis productum. Long. 37 mm. : Lai. 24 mm. Pliocene inferiore : Vezza presso Alba , raro ; ColL del Museo. Pliocene superiore : Colli astesi, Valle Andona : Volpedo presso Voghera , comu- nissimo; Coli, del Museo. Varietà A. — Pìiocene superiore: Colli astesi, comunissimo; Coli, del Museo. Varietà B. — Pliocene superiore: Colli astesi: Volpedo presso Voghera: Mas- serano presso Biella: Villalvernia presso Tortona, non frequente; Coli, del Museo. Varietà C. — Pliocene superiore : Masserano presso Biella , rarissimo ; Coli, del Museo. Varietà /). — Pliocene superiore : Colli astesi , frequente : Jlasserano presso Biella: Villalvernia presso Tortona, frequente; Coli, del Museo. Vive nel Mediterraneo e nell'Adi'iatico. DESCRITTI DA L. BELLAKDI 243 5' Serie. Nucleus embrionalis angustus , loìigiusculus , valde acutus. - Anfractus con- vexi ; ultimus tum regularis et dimidiam longitudinem siibaequans , tum obliquus, gihhosus, dimidia longitudine longior. - Super ficies in primis anfractubus longitu- dinaliter costata, in ultimis ecostata. - Os postice profunde canaliculatum; labrum sinistrum incrassatum, praesertlm in parte postica, postice depressum, antica di- lafatum ; labrum dexterum ultra os productum, crassum, regionem umbilicalem plus minusve recumbens, medio emarginatum, postice angustatum, callosum : columella antice profunde excavata : rima lata, brevis, a labiis brevibus circumscripta, parum reflexa, postice carinata et vix canaliculata. Le forme di questa serie sono strettamente collegate con quelle della serie pre- cedente por la forma generale, e per la natura degli ornamenti superficiali ; il ca- rattere, pel quale mi parve opportuno il distinguemele, sta nella forma del labbro destro, il quale è molto dilatato antoriormente per modo da ricoprire la regione om- bilicale, è smarginato nella regione mediana, ed è molto meno dilatato posteriormente. 11. Nassa agatensis Bell. Tav. 1, fig. 22 [a, b). Testa crassa, turrila: spira longa, satis acuta, regnìariter involuta. - Anfractus parum convexi; ullinius leviliT obliquus, anlice parum depressus, dimidiam longitudinem aequans: sulurae parum profundae. - Superficies laevis , exceptis primis anfraclibus longitudinaliter coslalis et tiansverse costuiatis et sulcis Iransvorsis anlicis. - Os obliquiim, suborbiculare ; labrum sinislrum ante inargincm incrassalum, intcrius iiluri-plicatuni, antice dilatatum, postice depressum; labrum dexterum crassum, suhtotam regionem umbilicalem recumbens. Long. 12-19 min.: Lat. 8-11 mm. Varici! A. Testa brevior, ventricosior. Long. 17 mm. : Lai. 11 V» nim. Miocene superiore: Colli tortonesi, S'" Agata-fossili, raro; Coli, del Museo. Varietà A. — Miocene superiore : Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo ; Coli, del Museo. 12. Nassa coarctata Eicw. Tav. I, fig. 93 [a, b). Testa brevis, subqlobosa: spira brevissima, id apicera acutissima, dein magis aperta, vix acuta. - Anfractus convexi; primi breoissimi; ultimus maximus, inflalus, '/^ tolius longitudinis aequaus, poslice inflalus, interdum subgibbosus. - Superficies lawis, exceptis primis anfra- ctibus longitudinaliter costati* et transverse costuiatis, et sulcis transversis anlicis. - Os obliquum, suborbiculare, poslice profunde canaliculatum, antice dilatatum; labrum sinistrum ante marginem incrassalum, interius pinri-plicalum ; margo antice satis profunde sinuosns, sub- rimosus; labrum dexterum tolum, vcl sallem maxima in parte, regionem umbilicalem recumbens, eique adnatum: columella a»u3i/, pag. 238. 1854. Nassa semistriala >IIM-., Paléimt. de Main.ei I.oir.. pag. 164 (in parte). 1860. Buccinum Dujardim .NELMJEB., Sysi. l'crz.tert. Moli.- Gch., pag. 10. 1862. Id. id. SEGtIE.NZ., /•'«rm. »i!oc. i'/iJiÌH., pag. 5. 1862. Nassa id. SEGUENZ., Form. mior.AciV., pag. 0. 1864. Id. id. \ìOnFAUj., Cenn.gcol.ten: mioc. Slip. Ital. Cent., fig. iOó (excì.var.). 1864. Id. semistriata MILL., Indicatile .Maia, et Loir., voi. I, pag. 679. 1867. Buccinum Dujardim PEK. D.\ COST., Gaster.terc. Pnrt., pag. 103, lav. XV, fig. 7. 1869. Id. id. COPP., Calai. Fnss. mioc e plioc. Mitdin., pag. 25. 1869. Id. id. M.\>"7,., Faun. mioc. Alt. Ilal., pag. 13 (in parte). 1872. Id. id. COPP., .Stud. FaUniit. Icoii.moden., pag. 3G, tav. Ili, fig. 69. 1873. JVassa id. COCC, Eniim Sist. .Vali. mioc. e plioc. Parm. e Piac, pa^.SG. 1873. Buccinum id. .MAY., ."ìyjf. A^ecs. /''cnf //f/i-., pag. 32. 1873. Nassa id. \ar. PlSCH. elTOVRS.Jmert. foss. du .ìt. Leiemi, pag. 124, tav. XVIII, fig. 9, 10. 1874. Buccinum id. COPP., Catal. foss. mioc. e plioc fllodcn. Coli. Copp., pag. 2. 1874. Id. id. VVCHS, Alt. Ieri. Schicht.v. Malta, jisfi. 4. 1875. Nassa id. BE.N'OI.ST, Test. foss. de la Bride el de Saucalz, pag. 385. 1876. /(/. id. rONT., Élud.Slral.e Palcoiil. Bassin du Rhcìiie, pag. 34, 37-59. 1878. Id. id. D'ANC, Mioc.de Ciminua, pag. 7. 1878. Id. id. FONT., Faun.malac.mioc.de Tersannes et de Hauterii-e, pag. 13. 1881. Id. id. COPP., Paleonl. Moden., pag. 36. 1881. Id. id. BARD., Étud. paleonl. Main. et Loir., pag. 103 (in parto). VarieU A. Spira longior, niagis acuta. Long. 17 mm.: Lai. 12 mm. 7 1837. Nasja latvigata PUSCH, Poi. Pataont., pag. 123, tav. XI, fig. 8. 1847. Id. j/otufcja MICHTTI., Fo.v.5.m.of., tav. XII, lig. 6. Variano in questa specie: 1° l'ultimo anfratto che è più o meno rigonfio poste- riormente; 2° la spira, la quale è più n meno breve; 3" la callosità anteriore del labbro destro che ordinariamente ricopre tutta la regione umbilicale , e talora ne lascia scoperta una certa porzione. H Deshayes, nella seconda edizione dell'opera di Lamarck, riferisce al Bucciuuni interruptum Brocch. la forma figurata dal Dubois de Montpereux col nome di Buc- eintim mutahiìr Linn. La forma figurata dal Brocchi col precitato nome è certamente una deformi t:l ])roveniente da imperfetta rappezzatura del guscio, come è facile lo scorgere nella figura 3'' della tavola V: riesce perciò difficile il poter giudicare a qual forma si debba riferire: ad ogni modo la natura degli ornamenti superficiali dei cinque primi anfratti, ornamenti interrotti nel penultimo anfratto per frattura antica DESCRITTI DA L. BELLAEDI 246 durante la vita dell' animale, esclude affatto che si possa risguardare la forma del Brocchi come uguale a quella del Duhois. La forma generale, le solcature trasversali anteriori, la superficie liscia, le costi- cine longitudinali prossime al margine della bocca non ben definite, la spessezza del guscio, e soprattutto la figura del labbro destro smarginata nel mezzo , e la brevità della slabbratura anteriore sono altrettanti caratteri che mentre allontanano la forma del Dubois dalla N. mutnhiìis (Linn.) cui l'ha, riferita, la ravvicinano, e, a mio giu- dizio, la identificano colla forma qui descritta. La forma riferita alla N. Bujardini Desh., e perciò alla presente, dal Sig. Bouillé {Paleontologie de Biarritz, ecc., tav. T, fig. 9) è certamente una forma da questa diversa. Dall'esame comparativo dei fossili di Cabrières riferiti dal Sig. Fischer {Moli. Foss. Mont.-Lébéron , tav. XVIII, fig. 9) alla N. Dujardini Desh. e dallo stesso gentilmente comunicatimi , con quelli dei colli tortonesi qui descritti , ho trovate le seguenti differenze: gli esemplari di Cabrières (N. 156 B) hanno: 1° la spira più lunga e più acuta: 2° l'ultimo anfratto meno rigonfio e meno obliquo: gli anfratti più convessi e più rigonfii verso la sutura posteriore; 3" il labbro destro internamente liscio; 4" la scanalatura che accompagna posteriormente l'intaglio, più profonda. Questi fossili hanno inoltre una certa analogia colla N. praeccdens Bell, dalla quale tuttavia differiscono: 1* per il labbro destro smarginato nel mezzo ; 2° per gli anfratti più convessi ; 3" per l'intaglio uguale a quello della presente serie; 4" perii labbro destro internamente liscio. Finalmente la forma figurata a tav. XVIII, fig. 8 dell'opera precitata, a mio parere, deve essere affatto separata dalla K. Dujardini Desh. soprattutto per la spira più lunga e più acuta, per le costicine longitudinali dei primi anfratti, rette , parallele all'asse e protratte su di un mag^or numero di anfratti, per il labbro sinistro più grosso e guernito all'interno di pieghe più grosse, per l'angolo che fa anteriormente il labbro sinistro, in conseguenza del quale la bocca prende grossolanamente la figura quadrata, per il labbro destro smarginato meno profondamente nel mezzo, per l'in- taglio quasi apicale e più rivolto verso il doi-so dell'ultimo anfratto ed accompagnato da una scanalatui'a più profonda. Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, S" Agata-fossili, frequente; Coli, del Museo e Michelotti. 13. Nassa pulcora D'.4nc. Tav. I, fig. 24 (rt, h\ Distinguunt hanc speciem a iV. cnarctata Eicw. sequenles nolae: Testa minor: spira loiigior, magis acuta. - Anfraclus primi longiores ; nìtimus minor ; omnes, et praesp.rlim ullimus, postice ma(]is Inflafi. - Os poslice magis anguslatum et magis profitnde rnnaUniìaiam ; lahrum sinistrum anlicc miiius dilalatnm, poslice stipra anfradum praecedetitem magis productuin; labrum dt'.ileriun supra regioiwm itmhilicalem minus produclum: columella minus excavata, antice rugosa; plica cnlumellaris antica minor. Long. 20 mm. : Lai. IO mm. 246 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. 18G1. Niissa Dujardini DODERL., Cenn. geol.terr.mioc. siip. [tal. cenlr., pag 105 (Tar. spira produdiore ; anfiactibus suhcompressis). 1878. fil. pulclira D'ANC. in DE STEF. e PANT., MM.plioc. Siejiu, pag. 106. Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, S" Agata^fossili, frequente; Coli, del Museo e Michelotti. Pliocenp inferiore : Albenga-vallone Torsero, raro ; Coli, del Museo. 6" Serie. Niicleus embrionalis (in illaesis) acutiis, longus, angustus. - Anfractus farum convexi; ultinnts dimidiam longititclinem subaequans. - Superficies tota longitndi- naliter ecostata. - Os postice angustatuvi et profunde canaliculatum ; labrum si- nistrum postice depressum, antice arcuatum, incrassatum; labrum dextermn ultra OS productum, regionem umhilicalcm recumbens, medio emarginatum , postice an- gustatum, callosum: columdla subarcuata: rima ì^alde reflexa, postice subcarinata et anguste canaliculata. Nelle specie di questa serie la forma generale è più lunga e più stretta che in quelle della serie precedente ; tutti gli anfratti inoltre mancano di costicine longi- tudinali. 14. Nassa crassiuscl'la Bell. Tav. 11, Cg. 1 (fl, 4). Testa hnrja, aiifjmla: spira valde aciila, medio subinlìnla. - Anfraclus parum convexi, longi; ullimus dimidiam loiifiiludinpm parum siiporans, aulire parum doitressiis. - Super6cies tota laevis, excpplis sulcis nonnullis Iraiisvcrsis super partem anlicam ultimi anfractus de- currenlibus. - Os ovaìi-elongalum, poslice profunde canaliculatuin; labrum sinislrum incras- satum, subvaricosum, interius subdentalum; labrum dexlerum poslice projie labrum sinistnim uttitìibircntiilum : columella arcuata, centra plicam anlicam subcallosa. Long. 22 mm. : Lat. 13 mm. Alla forma qui descritta è molto affine quella della Turrena cui il Millet diede il nome di Nassa acuminata Mill. : le differenze che ho notate fra la forma della Turrena e questa del Piemonte, dietro il confronto di esemplari tipici della prima che mi furono cortesemente inviati dal Sig. Prof. Bardin, sono le seguenti: forma gene- rale più stretta, più lunga, dimensioni minori. Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, raro ; Coli, del Museo e Michelotti. Pliocene inferiore : Vozza presso Alba, raro ; Coli, del Museo. 15. Nassa defossa Bell. Tav. II, (ij; 2 (,<, b). TesU subfu'iiformis, ventrosa, rcgularilor involuta: spira parum acuta, medio leviter infiala. - Anfraclus vix convexi; ullimus anlice conlra rimam valde depressus , '/, circitor lotius iontritudinis acquans : sulurae supertìcialos. - Siipcrlicics tota laevis, oxceplis sulcis , DESCRITTI DA L. BELLARDI 247 nonnuUis super parlem anlicam ullimi anfraclus decurrenlibus ; anfractus ultimus longitudi- naliler undulalus; tmdae 5 (& prope marginem oris vix notala), magnae, oblusae, irregularex, ab interslitiis lalis separalae. - Os ovale; labrum sinislrum inlerius laeve, anlice vix dila- talum; labrum dexlerum vix ultra os productum, postice parum incrassalum: columella parum excavata. • Long. 21 mm. : Lai. 12 mm. Miocene superiore : Colli tortonesi , Stazzano, rarissimo ; Coli. Michelotti. T Serie. Nueleus emhrionalis hrevis, parvus, acutus. - Anfractus ultimus magmis, '/j totius longitudinis subaequans, parum obliquus. - Superfìcies tota laevis. - Os po- stice profunde canaliculatum ; labrum sinistrum incrastatum, exterius marginatuw, varicosuìii, interius plicatum; labrum, dexterum filtra os productum, regionem um- bilicalem late recumbens , medio profunde emarginatum, postice super anfractum praecedentem usque ad suturam in callum magnum lacrymam simulans productum : columella subarcuata, profunde excavata : rima terminalis, lata, profunda. a labiis indistinctis circums cripta, postice canaliculata. Ho formata una serie a parte coli' unica specie (jui dopo descritta per meglio far risultare come essa per i suoi caratteri valga a collegare le forme della serie pre- cedente con quelle della seguente. Infatti questa forma ha in comune con quelle della prima la forma del labbro destro nella sua parte anteriore e media, e si collega con quelle della seconda per la grossa callosità in cui lo stesso labbro si protende fin contro la sutura posteriore in forma di una grossa lacrima, per il grosso ribordo esterno del labbro sinistro, e per le sue dimensioni. 16. Nassa lacryma Iìet.i.. Tav. II, fig. 3 [a, b). Testa parvula, depressa, rras'^a, obliqua: spira brevis, acuta. - Anfractus primi breves; penuUimits major; nllimus inaMinits, "'/^ lolim longiludinis subaequans. - Superfìcies tota laevis. - Os suborbiculare, postice angustatum et profunde canaliculatum ; labrum sinistrum incras- satum, inlerius minute plicatum, postice in callum magnum cuntra suturam posticam penultimi anfractus productum; labrum dexterum anlice incrassalum, lolam, et ultra, regionem umbilicalem recumbens, medio profunde emarginatum: columella medio profunde excavata: rima brevis, lata. Long. 9 mm. : Lai. 5 '/a mm. Il Sig. Pereira da Costa ha pubblicata nella sua opera sui Gasteropodi terziari del Portogallo col nome di Bucc. cuneanum Per. da Cost. (pag. 106, tav. XV, fig. 17, 18) una forma che ha qualche analogia colla presente per la gi'ossa callo- sità posteriore del labbro destro, ma che se ne distingue per parecchi caratteri, quali 1° l'intaglio anteriore che per la sua figui-a triangolare la chiama fra le forme della XII Serie ; 2° la mancanza del grosso orlo esteriore del labbro sinistro ; 3" la presenza di strie trasversali; 4° il labbro destro che non riveste tutta la regione umbilicale. 248 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TEEZIARII DEL PIEMONTE ECC. Miocene superiore : Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, frequente ; Coli, del Museo e Kovasenda. Pliocene superiore: Colli astesi, Valle Aadona, rarissimo; Coli, del Museo. 8' Serie. Nucleus einhrionalis parvus, brevis, acutus. - Anfracfus ultimus magnus, '/j totius longitudinis aequans vel super ans , depressus , obìiquus. - Super fìcies tota laevis. - Os postice 2ìrofimde canal icuìatum: lahriim sinistrum incrassatum , ez- terius marginatum, varicosum, subarcuatum , interius laeve vel vix rugulosum; labrum dexterum plerumque crassissimuvi , ultra os latissime extensum, dimidium anfractum ultimum et totani, vel magna ex parte, spiram recumbens: columella subarcuata, profunde excavata : rima terminalis, lata, profunda , a labiis subin- distinctis circum scripta, postice anguste canaliculata. Il carattere essenziale delle forme di (questa serie è la grossa callosità in cui si estende il labbro destro la quale ricopre una gran parte dell'anfratto, e si protrae talvolta fin all'apice, o quasi, della spira: a questo caa-attere si aggiungano il grosso ribordo esterno del labbro sinistro, l'ampiezza dell'ultimo anfratto e la brevità della spira. Specie tipica della serie N. gibbosula (Linn.). 17. Nassa magnicallosa Bell. Dislinguuiil iianc speciem a N. gibbosida (Linn.) sequenles nolae: Testa minor, cnissinr. - Aufrarlns nltiiniis aiitice magis obliqtms. - Labrum dcxlerum medio emarqinalum, anticc fn(«. Ilul.cenlr., pag. 105 (in parie). 1874. Buccinum gibbosulum COPI'., Cutul. .ìMt. mioc. e plioc. .Uoden. Coti. Copp., pag.- (in parie). n carattere principale che distingue facilmente questa forma propria del miocene superiore dei colli tortonesi dalla JV. gibbosuìa (Linn.), alla quale fu finora riferita, è la maniera colla quale il labbro destro termina verso il dorso dell'ultimo anfratto. Nella N. gibbosula (Linn.) il margine del labbro destro costituisce contro il doi*so dell'ultimo anfratto un grosso orlo che, continuo, va regolarmente a guisa di una varice dall'intaglio anteriore fino al suo incontro sulla spira coli" orlo esterno del labbro sinistro: nella nostra specie al contrario l'orlo del labbro destro è a poca distanza dalla sutura posteriore profondamente smarginato: la parte anteriore inoltre del labbro destro porta una callosità molto grossa, che si estende dalla regione ombilicale fino alla smarginatura predetta; la callosità posteriore è più piccola DESCRITTI DA L. BELLAEDI 249 dell'anteriore e si protrae d'ordinario fin quasi all'estremità della spira e talvolta lascia allo scoperto i tre o quattro primi anfratti. Pliocene superiore : Colli tortonesi , S" Agata-fossili , Stazzano , non raro ; Coli. del Museo e Michelotti. 18. Nassa gibbosula (Linn.). Tesla crassa, suborbicuìaris : spira brevis.- Anfraclus ullimus magnus, '/^ lolius longi- iìidinh circiler «cf/»aK.s, dorso jileruinque gibbosus. - Labrum sinislrum subarcualum; labrum dexlerum in callum maguum, irregulare, lulam, vel fregupnler maxima ex piirte, spiram recum- hens, producliim, versus dorsum, ultimi anfraclus extensum; ibi per marginem crassum, continuum, regularem, varicem simulantem, a rima antica ad labrum sinislrum decurrcntem, terminatum. Long. 18 mm. : Lai. 12 nim. 1766. Buccinum gibbosulum LIXN., Si/st.Nat., ed. XII, pap. 1201. 1825. Nassa gibbosula DEFH., J)kt. Se. \al., voi. XXXIV, pag. ^45. 1826. Buceinum (jibbosulum PA\R., Catal. Moll.Curs., pag. 158. SASS., Sagg. geni. Bue. lerz. Atbeiiga, pag. 481. MAKC. DE SKItU., Ccogn.hir.tert., pag. 124. BRO.NN, Ilal.lvrl.Geb., pag. 25. JXfi. Calai. Coiteli, fuss., pay. 13. E. SISMB., Syn., pag. 41. TCHIHATCH., Omstit.geol. Prov. merid.Najites et Atee, pag. 210. UESH. in I.AMCK., Jnim.s.varl. 9 ed., toI.X, pag. 181. MICIIfTI., l'oss. mioc, pag. 210 (in parte). E. SISMD., Syn., 2 ed., pag. 29. REQ.. Calai. Coq. Corse, pag. 81. D'OR»., Piorfc, voi. Ili, pag. 81. CAI'ELL., Calai. Test. Spezia, pag. 60. COXT., ^ronle Mario, pag. 34. DODERL., Centi, geni. terr. mioc. sup. hai. ccntr., pag. 105 (in parte). ? 1867. Buccinum gibhosulum PER. DA COST., Gaster.terc.Porl., pag. 104. ? 1868. Nassa gibbosula FOREST., Calai. .Voli, plioc. Bologn.. I, pag. 47. 1868. Id. id. WEIN'K., Conili. .Mittclm, voi. II., pag. 55. 1869. Cgclops gibbosulum TAI'I'AR. CA>'EER., Ind. <>isl. .ìfoll. lesi. Spezia, pag. 28. 1870. Nassa gibbosula ARAI), e BENOIT, Condì, viv. mar. Sicil., pag. 295. 1870. Id. id. BELL., .VoH. /;«.«. /?/of, pag. 9. 1871. Id. id. COST., .afonie Mario, 2 ed., pag. 40. 1872. Id. id. ìlONTF.n., Condì, foss. di Monte Pellegrino e Ficarazzi, 1)3^.33. 1872. Id. irf. MONTER., jVf)«. Conr/i. merfirerr., p3g.49. 1873. Id. id. SEGVK7Ì7.., Forniaz. plioc. Ilal. mcrid., p3f. 300. I87,\ F.ione id. COCC, F.num. Sist. Moli. mioc. e plioc. Parm. e Piar., pag. 89. 1874. Buceinum gibbosulum COPP., Calai. Moli, mioc.-plinc. Moden. Colt. Copp., pag. 9 (a parie). 1875. Nassa gibbosula SEQUENZ., Formnz. plioc. hai. merid., pag. 276. ? 1875. Buccinum gibbum l'ONZ., Cronac. subapenn., pag. 91, 26. 1875. Nassa gibbosula l'AiNTAN., Jlli Accad. Fisiocr. Siena, voi. VII, pag. 4. 1875. Id. id. MONTER., iVuoi'.fliV. Conc/i. mcrfilcrr., pag. 41. ? 1875. Id. id. BENOIST, Test. foss. de la Bride et de Saucatz., pag. 386. 1876. III. id. FOREST., Cenn. gcol. e paleont. plioc. ani. Caslrocaro, pag. 20. 1876. /(/. id. FISCII., Cnij. ree. et foi^s. dcs Cai'ern. de Fr. et de Lig., pag. 330, 334. 1877. Id. id. ÌIOST:ì:\\., Calai. Condì. Foss. Monte Pellegrino e F,cara:zi,f3g.31. 1877. Id. id. DE STEF., Slral. plioc. Siena, pag. 167, 169-171, 174, 263. 1878. filone id. DE STEF. e PA.XTAN., .Volt, plioc. Siena, pag. 99. Serie II. Toji. XXXIV. »h 260 i Ì101,HS(HI DEI TERRENI TERZIAKII UEI, PIEMONTE ECC. 1878. Naasa gibhosula MONTER., Eiium. sistem. Condì, mcdiurr., pag. 43. T 1878. Id. ili. BE.NOIST, Etag. tortoti. Gironde, pag. 3. 1880. Id. id. BRL'GN., Comh.plioc.CaUaiiisHIa, pag. 108. 1881. Eione id. COl'P., Paleiml. moden., pag. 37. 1881. Nassa id. PANTAM., .Moli, pliuc. foss. viv. Medilerr., pag. 68. Varici* A. Tav. II, Og. 8 (», h). Testa crassior, brevior. - Anfracliis ultimus muijis obliiiuus : fjibba dorsi major. Long. 13 min : Lat. 12 min. VarirlA B. Testa subdvata, longinr, angustiar. - Calliim fjitremum apicem si>irae ainpleclcus, J.ong. 12 min.: Lai. 9 '/^ "'ni. Varici» C, Tav. 11, lig. G [a, b). Testa minor: spira longior, viiigis acuta. - Aiifrartus primi liberi. Long. 'J mm. : Lai. 7 mm. Gli esemplari del pliocene inferiore di Vezza presso Alba e quelli del pliocene superiore dei colli astesi, che ho (ini riferiti alla forma tipica, hanno dimensioni mi- nori, abbenchò adulti, di quelle degli esemplari ordinari del Mediterraneo e la spira relativamente un poco più lunga. Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, non raro; Coli, del Museo. Pliocene superiore: Colli astesi, Valle Andona, raro; Coli, del Museo. Varietà A e B. — Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, frequente; Coli, del Museo. Varietà C. — Pliocene supcriore: Colli astesi. Valle Andona, rarissimo; Coli, del Museo. 19. Nassa ringicula Bei.l. Tav. II, Cg. 4 (a, b). Dislinguunl hanc speciem a iV. gibbosula (Linn.) sequenles nolae: Testa minor: spira longior, magis acnla. - Anfraclus regulariter involuti, ultimus non gib- bosus; 4 primi liberi. Long. 1 1 mm. : Lai. 7 ram. Questa specie si distingue dalle seguenti per la maggior lunghezza e regolarità della sua spira, pel labbro destro il quale non si protende lino all'apice della spira ma ne lascia liberi i primi anfratti, per la grossezza notevolmente maggiore del ribordo esterno del labbro sinistro e per la maggior regolaiità colla n»- La N. Boiverhanhi è strettamente collegata colla N. saUomacensis (May.) por parecchi caratteri, ma se ne distingue soprattutto perchè la sua superficie è attra- versata da solchi stretti e fra loro distanti, mentre che nella N. saììomacensis (May.) la superficie è attraversata da solchi numerosi, profondi e larghi, i quali danno luogo fra loro a costicine che corrono continue sulle coste longitudinali e nei solchi loro interposti: inoltre nei fossili dei colli torinesi le coste longitudinali sono piii grosse e meno numerose. La varietà A segna vieppiù 1 "affinità delle due specie precitate per il maggior numero e minor grossezza delle coste longitudinali, ma conserva tuttavia i solchi tras- versali identici a quelli della forma specifica cui è riferita. Miocene medio: Colli torinesi, Eio della Batteria, Villa Forzano, Termo-foui-à. Baldissero-torinese, Val Ceppi, non frequente ; Coli, del Museo. descbitti da i.. bellabdi 253 23. Nassa senilis Dod. Dislinguunt liane speciem a N. Bowerbanki Michlli. sequenles oolae: Testa aiir/ustior, lonijinr: spira lonffior. - Anfrartus ullimiis longior , prope marginem oris depressiis. - Cosine bnr/itiidinales in primis anfraclubus numerosiores et minores, in ultimo 3 vel 4, magnae, noiliformes, ab inlerstitiis majoribiis separatae. - Os longius, angustius ; labrum sini- strum postice valde depressus, super anfractum praecedentem minus prodticlum. Long. 20 mm. : Lai. 7 mm. 18G4. Nassa senilis DODERL., Cerni, gcul. teir. mioc. sup. Itat. venir., pag. 105. 1874. Bucciniim iJ. COPP., Cutul. Moli, mioc.-plioc. moJen. Coll.Copp., pag. 2. 1881. Nassa iti. COPP., Paleotit.moilcn. pag. 33. Pliocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo; Coli, del Museo e del Museo di Zurigo (Prof. Mayer) ; S'^ Agata-fossili , rarissimo ; Coli, del R. Museo di Geologia di Palermo. 24. Nassa Basteroti Michtti. Dislinguunt hanc speciera a N. Bowerbanki Michlli. sequenles nolae: Testa minor. - Anfraclits ultimus brevior. - Coslae longilmlinales minores, numerosiores, reclae, minus obliquae : sulci transìgersi numerosiores et profundiores. - Os brevius; labrum sini- strum super anfractum praecedentem minus productum. Long. 19 min.: Lai. 7 mm. I8i7. Nassa Bastenti MlCUTTI , Fo.^s. micc, pag. 20C, (av.XVII, fig. 11. 1853. Buccinum relieulatum HOERN., UMl fnss. IVien, pag. 151, tav. XII, fig. 18 a, b. ? 1864. Nassa Basteroti DOUEIlL., Cenn. ijeot. lerr.mioc. siip.Ilal. centr., pag. 105. 1875. A/. i(l. KESOIST, Test, foss de la Brède et Saucalz, pa^.'Mi. ? 1878. Bttceinum id. .MAY., Dècouv. Cvinli. ù Coiujeria RhAne, pag. 13. ? 1881. Nassa id. COPP., Paleont. modeii., pag. 37. Sgraziatamente l'esemplare tipico figurato e descritto dal Sig. Cav. Michelotti andò perduto ; ed egli e con riualche esitanza che riferisco a questa specie due fossili dei colli torinesi appartenenti al Museo di Zurigo, nei quali il numero delle coste longitudinali è minore di quello che osservasi nella figiu-a precitata dell'opera del Sig. Cav. Michelotti, specialmente sull'ultimo anfratto in prossimità del labbro sinistro. Egli 6 appunto por questo motivo che ho creduto far bene a dare di questa specie una descrizione comparativa colla N. Bowerhanki Michtti., e soprattutto perchè, avendo avuto sott'occhio gli esemplari suaccennati dopo che le tavole erano disegnate, non ho potuto darne la figiu-a. Miocene medio : Colli torinesi , Termo-fourà ; raro : Coli, del Museo di Zurigo (Prof. Mayer). 254 i molluschi pei terreni terziarii del piemonte ecc. 25. Nassa turgidula Bell. Tav. II, Og. Il {a, b]. Dislinguunl hanc speciem a N. Bowerbanki Michlli. sequenles nolae: Testa minor: spira longior, magis acuta. - Labrum sinistrum antice subangulatum, poslice supra anfraclum praecedentem minus produclum. Long. 12 roin. : Lat. 7 mm. Varici* A. Testa brevior, venlricosa. Long. 10-11 '/« nim. : Lai. 6-8 mm. VarieU B lao species distiogaenda?). Anfractus poslice inflati , inde sulurae ma^is profundae. - Pars antica tantum ultimi an- fractns transverse silicata. - Labrum dexterum aniice biruiialum. - Columella magis profunde excavata. Long. 1 1 mm. : Lai. 6 mm. Questa forma, che ho ci'eduto dapprima doversi riferire alla N. aquitanica (May.), e che la rappresenta nel miocene medio dei colli torinesi, ne è bene distinta da molti caratteri che ebbi occasione di esaminare in parecchi esemplari di Saucatz gentilmente comunicatimi dal Sig. Prof. Mayer del suo Buco, aquitanicum. I caratteri dififereuziali sono i seguenti: 1° dimensioni maggiori; 2° guscio più grosso ; 3° spira meno lunga , rigonfia nel mezzo : 4° anfratti meno numerosi e più lunghi ; 5° coste longitudinali più grosse , meno numerose , più ottuse , ed oblique ; 6° bocca più stretta e più lunga ; 7" labbro sinistro depresso posteriormente. Miocene medio : Colli torinesi, Kio della Batteria, Baldissero-torinese , raro; Coli, del Museo. 26. Nassa acuminata Bell.* Tav. II, fig. 13 (). Tesla sublurrila: spira longa, valde acuta, regulariler involuta. - Anfractus convcxi; nìtimus dimiiiiam longiliidinem anqutins, venlrosns, aulire ralde depre.^sus. - Suporlicies in primis anfraclubus longilutliiialiler costala, in ullinio ecoslata; coslae cn-brac, obtusae, obliquae, ab interstitiis auguslis Sfparatae: slriae Iransversae obsoletae, passim pcrspicuae : pars postica ultimi anfractus lacvis, pars antica transverse mullisulrala ; sulci lati. - Os suborbiriilare? ; labrum sinistrum arcuatum?; labrum dexterum ultra os breviter pt regulariler produclum: columella aniice valle excavata, ad apicem dislincle sinistrorsum curvala. Long. 10 ';, mm.: Lai. 5 '/, mm. Quantunque l'unico esemplare a me noto di questa specie sia molto imperfetto, mi parve tuttavia meritevole di essere descritto per la singolarità dei suoi caratteri Miocene medio : Colli torinesi, Sciolze , rarissimo ; Coli. Michelotti. descritti da l. bellardi 255 27 Nassa Mayf.ri Bell. TaT. Il, fig. 16 {a, b). Dislinguunl hanc speciem a N. tumida (Eicw.) sequenles nolae: Testa brevior, ventraia: spira brevior, magis aperta. - Anfractus omnes longiturlinaliter costati, vix ultima terlia pars ultimi anfractus anlice ecostala; cosine numerosiorrs , magis regulares, miiwres, in ultimo anfractu siibsinnosae. - Columella ad apicem sinistrorsum minus incurvala. Long. 10-18 mm. : Lat. 6-10 min. Pliocene inferiore : Vezza presso Alba , non raro ; Coli, del Museo. Pliocene superiore : Colli astesi, nelle sabbie azzurre , raro ; Coli, del Museo. 28. Nassa tumida (Eicw.) Tav. II, 6g. 13 (a. b). Testa lurrila, suliregularitcr involuta: spira longa, valde acuta. - Anfractus convexiu- sculi ; ultimus dimidiam longiludineni subaequans, anlice salis depressus : suturae parum pro- fundae. - Superfiries nitida, longitudinaliter ceciata et transvprso costulala : coslae longilu- dinales plerumque 10, magnae, a sulcis lalis et profundis separatne, ante margincm oris eva- nescenles ; costulae transversac in ullimis anfraclubus ohsolelae. subnullae: pars antica ultimi anfractus Iransverse costulala; costulae angustae, inler se valde distantes, 3 plerumque majores. - Os axi testae obliguum, subovale; labrum sinistrum incrassatum, variciforme, po- slice depressum, antico subarcualum, interius denlatum; labrum dexterum crassum, poslice plerumque uniplicatum, contra pìicam columellarem anticam valde prominentem callosum; co- lumella valdf contorta, ad apicem sinistrorsum inflexa : rima valde recurvala el obliqua. Long. 10-20 mni. : Lat. 5-10 mm. 1830. Nassa liimidn EICW., X.ilur/iisl. Skizze, pag. 993. 1830. W. Xhorzewski A>"1»R., Bull. Moscou, voi. II, pag. 96. tav. IV, Og.4. 1837. W. id. PUSCII, Po/./«i/uonJ., png. 193, lav. XI, fig. 7 a, i. 1859. Buccinum tumidtim EICW., Lelli. ross. Period.mod., pag. 170, tav. VII, fig. 6 o, 6. 1864. Nassa bufo DODEUL., Centi, geol. Ieri: mioc.sup. Ilal.centr., pag. 105. 1868. Id. id. POi^EST., Calai, lì/oli. plioc.Bologn., l, pag. 4T. 1869. Buccinum Dujardini var. 3 MANZ., Faun. mioc. Alt. Ilal., pag. 13. 1874. Id. bufo DE STEF., /•■»*.(. />/ioc. &. .ì/miIEMONTE ECC. 39. Nassa atava Bell. Tav. Ili, fig 3 (a, b). Dislinguunl liane speciem a N. reticulata (Linn.) sequenles nolae : Testa minor, gracilior. - CoHae loìigiludinalex compresme, minofcs, subnrcualae in omnibus anfraclnbiis : sitici transversi numerosiores, minits profundi, inaequnles, obsoleti in primis anfra- clubiis et super coslas luiigiluilinales. - Os suhorbirulare ; labrum dexterum anline magis pro- ductum: rima a labiis longioribus circumscripta. Long. 10 mm.: Lai. 6 mm. Pliocene superiore: Colli astesi; Valle Andona, rarissimo; Coli, del Museo. 40. Nassa corrugata (Bbocch.1. Tav. Ili, fig. 4 >, A). Dislinguunl hanc spccieni a N. reliculala (Linn.) sequenles nolae: Testa multo minor, venlrosa: spira breiiior,maiiis aperta. - Costae loiujitudinales pauciores, compressae, tnagis prominenles , obliquae, subnrcualae: salci transversi nunwrosiores, inler se inaequaliler dislanles. - Os brevius, latius, suborbiculare; labrum si nislrum arcualum, non poslice depressum; labrum dcxti'Tum super regionem tmibilicalem mnijis productum : colamella arcuala. Long. 8 min. : Lai. 5 mm. 1814. Baicinum corriigatum BROC.CH., Conch. foss. juh., pa;;. 652, lav XV, fig. 16. 1897. Id. id. S.'i'^S, Sagg.geol.Bac. tei z.Jlbenga, pa^ASt. 1829. Id. id. MARC. DE SERU.. fJfojn./m-. /fi-f. png. 152. 1831. Id. id. BRON.N, /(a/. (cr^.-t-'cA., pag 23. 1870. Nassa corrugata BELL, Catat. .Vvll. fiss. Biut, pag. 9. 1875. W. id. PANTA.N., Ul. Jccad. /L'Hitler. Siena, \o\.V\\. pas^. i. Gli esemplari di Villalvernia collimauo esattamente con quelli della CoUezioue del Brocchi coi quali li ho paragonati. Pliocene inferiore : Albenga (firlc SassH). Pliocene superiore : Villalvernia presso Tortona-regione Fontanili, non rare ; Coli, del Museo. 41. Nassa antioca Beh.. Tav. IH, fig 5 (. »i( Virf., voi. IV, pag. 178, fig. 199. 1826. Buccinum lilii-alatum PAYR.. CiUal. Muli. Cors., pag. 156. id. S\SS., Siiiig.geol. Bue. Urz. Albcnga. pag. 481. id. MARC. DE SERR., Geogn. terr. tert., pag. 122. lotorutum EICVV., Naturh.-Skizz., pag. 229. relirulatum BRON.N, Ital.lerl.-Geb., pag. 22. id. JAN, Cutul. Conili, fus.i., pag. 13. id. DESK., EtpcJ.sc.df .Moiei- Znol., pag 196. ? 1833. .Vassa pule/iella ANUR., Bull. Mo.scou, VI, p. 438, lav. XI, fig. 2. 1836. BuiTinuin reticulatum l'IllL., M(dl. Sic, voi. I, pag. 220. ? 1837. Id. id. DL'J., .W/H.jeo/. iTouj-., pag. 297. ? 1837. /,/. variabile Dl'J., il/em.j^o/. iTour., pag. 998, lav. XX, fig. 4. 1837. /(/. reticulatum ll\S\NG., Letti, svecica, pag. ii. 1837. Na-ua retiiulula PL'SCH, l'ul. Palàunt., pag. 123. 1838. Id. id. GRAT., Catal. yen. et Imert. Gironde, pag. 41. 18.38 Bui cinum reticulatum S(;ACr.ll., Cutal. Coiteli. Ncap., pag. 11. 18.38. Nassa reticulata FORB., Calai. Moli. Iste o/Wau. pag. 24. 1841. Buccinum reticulatum CALC, Cimeli. fo.\s. Altavilla, pag. 63. 1842. Id. ' id. E. SI.SMD., Syn., pag. 40 (in parie). 1812. /(/. id. MATII., O'^i/. mc/A e( rfe.Tir. Fd.vj. Boi(f/i«.t-i/u-A'Adnf, pag. 394. 1812. /,/. id. 1 CH\H, \TCAÌ. , Constil.gèol.Proi-.inérid.Naples et Nice, pag. no. 1844. Id. id. PUH... j»/o//.S)f., voi. II, pag. 191. 264 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII PEL PIEMONTE ECC. desìi, in LAMCK , Ànim.s.vcrl., 2 eJ., voi. X, pag. 161. E. SIS.MI)., Syn., 9 ed., pag. 99. TENN., Strat.Lisl of Brilli, foss., pag. 6. D'OKB., Prodr., voi. Ili, pag. I7«. MENEGH., l'aleniti, de Sard., pag. 56 i. COST., Oi.tfCf. Condì. St Miniato, pag. 17. FISCII., Fault. Coiich. mal . Ciionde, pag. 80. BRUS., Coiitr. Fault.. Voli. Daini., pag. 66. MANZ., Sagg. Cnnrk foss sub., pag. 37. FOREST., Calai. .Itoli, plioc. Bolngii., I, pag 4.1. WEl.NK., C««<7< .Millelm., voi 11, pag. 58. TAHI'.VR.-CANEFR., Ind. Si.-t.Moll. lesi. Sjiezia, pag. 95. PETIT, Cat.il..yntl.Te.-l. Mcrs d'Eur., pag. 171. AKAD. e UE.NOIT, Comh.iw.mar. SidL, pag. 991. BELL, Moll./i,.s.<,. lìioi, pag. 9. MOEKCH, Sijn. Muli, mar Daitiae, pag. 40. MO.NTEIl., Coiteli fo.ts. Itfottle Pellegrino e Ficarazzi, pag S.'J. MO.NTEK., Noi. Conck. iiiediteiT., pag. 50. (;Or.C., Euiim.Sisl. .ìfoll. inioe.e plioe. Parm.e Piac, pag. 78. SEGL'ENZ., Form, plioc Iial .inerid., pa<». 300. COPI'., Culai, fuss. mioe.-plior. Modeu. CoU.Copp., pag. 9. I DE S'IEF., Foss. plioc. * Minialo, pag. 34. FOUEST., Cenn. geol. e paleoiìt. plioc. ani. Casirocaro, pag. 19. SORD., Fault, mar. Cascina nizzardi, pag. 36. LA>G, List mar. Seliells of Hallinijs, png. 4. SEGCENZ., Form, plioc. hai. merid., pug. 276. MONTEU., Niiov. AiV. Conili, iitedilen:, pag. 40. BENOIST, Te.\l.li>s.ì.de la Blinde et de Saiicalz, pag. 385. FlSCll., Coi/, ree. et foss. Ca>ernes de Fr.et Lig., pag. 339, 339, 334. FISCH., Paleonl.de file de Rliodes, pag. 99. FOREST., Ctnn. geol. e paleont plioc. tint. Castrocarn, pag. 19. SiOEHR, Form. plioc. Girgeiili, pag. 460. MO>TER., Cahd.Ci'nch.fif.'^s. Monle Pillegrino e Ficarazzi, pag. 37. PA^TA^■., Plioc dint. Cliianciano, pag. 7. FISCH, Bradi e Moll.Lit. Occan.de Fr., pag. 99. CAFIC, .Stud. geol. del l'izzinese, pag. 10. MOMTEU., Eniim.e Sinon. Condì, medi lerr., pag. 43. P.\MAX., Condì. plioc. di Pieirajìlla, pag. 979. BRUGN., Condì plioc. Cattanisetla, pag. 105. COPP., Palloni, nioden., pag. 33. PA>'T.\N., Moli, plioc. tose. viv. Medilerr., pag. 68. Varine h. Tav. Ili, lig. 6 {a, b). Testa hrfvinr, rras^inr: xpira minim lonqa. maqis api'rta. - Contai^ longiludinales majores, pauciores, ah inlersliUix lalioribus scjmralnf, jiraeserlim in ultimo anfraclu. Long. 19 mm.: Lai. (ì-l I mm. 1867. IVassa nilida JEFFR., Brilh. Cimch , voi. IV, pag. :?49. I fos.sili dei dintorni di Vienna riferiti dall'Hoernes alla presente specie ne sono bene distinti per non poclii caratteri e costituiscono una specie particolare che ebbe dal Prof. Mayer il nome di vindohonmsis. Numerose sono le modificazioni che si incontrano nei caratteri di questa specie sia negli esemplari della fauna attuale, sia in quelli fossili qui descritti. Indi|)endentemente da quelle proprie della forma che ho distinta come varietà A, DESCKITTI DA h. BELLARDI 265 le principali difTerenze che ho osservate nei fossili del Piemonte e della Liguria si possono riassumere nelle seguenti: 1° le dimensioni degli adulti variano da 10 a 20 mm. di lunghezza; 2" la spira talora si allunga per modo da superare la lun- ghezza dell'ultimo anfratto, nel qual caso riesce comparativamente più acuta: tal altra si raccorcia notevolmente e si fa più aperta ; 3° le coste longitudinali variano in grossezza ed in numero ed in certi esemplari sono quasi cosi piccole e numerose come nella N. luusiua Brocch. Pliocene, inferiore: Albenga {fide Sassii): Vezza presso Alba, frequente: Coli, del Museo e Miclielotti. Pliocene superiore : Colli astesi . Valle Andona : Volpedo presso Voghera . non frequente : Coli, del Museo. Varietà A. — Pliocene inferiore : Yc/.za \nvfiso A\ha. non raro: Coli, del Museo. i'i. Nassa musiva Broccii. Tin. Ili, fig. 8 (fl, h]. Tesla subfusifonnis : s|)ira loiiga, salis acuta, iiicdio levilpr inllala. - Anfraclus paruni coiivevi ; ulliiiiiis longus, iiiiUrc vuldedeiirrssiix, diiiiidiain longiludinciu suhaequans : sulurae parum prorumlac, - Coslulap longiluiiinales nuinciosissimae, mÌKulac, subaculnp, ab inlerstilm in primis anfraclubns tinijiisUs, in ullimis lalioribus, separalae, Ivviter obliquac, suharcualae in primis anfraditlms, siimosae in nltimn : sulci Iransvcrsi angusti, ab inlerstiliis plannlalis separati, inter se acquidislaiiles, 5 in primis anfracliibus perspicui, 16 plerumque in ullimo, continui, rostulas Imu^iludinales secantes, inde siiperfìcies eìeganler granuloso-relieulala. - Os subovale, anlice dilalatum, postico parum angiistalum ; labrum sinistrum e.rterius angnsle marijinatiim, inlerius pluri-plicalum , parum posticc supra aiii'ractuni praecedentem productum ; labrum dextcruin poslice late eipansum : cokimella parum contorta, autice prol'unde excavata, intcrduu) anlice rugata: rima lata, a labiis brevihus circumscripta. Long. '22 min.: Lai IO mm. 'e- 1814. liuiiinum {.Sassit] mmìfiini UKOCCH., Com/i. foss. sul/., pag. :ì iO, la\.V, fi;;. I. 1S20. Nassa miisii'ii BOUS., Oriti. pian., 1, pag.36. 1823. Id. id. IIKKR., Oict.Sc. ^^n/., voi. XXXIV, pa({. 94.1. 18.31. lìiiidmiiii miisii'um ISUOiN.N, llal.lcrt.-Gcb., pag.92. 18,«. /,/. id. ,IA^, Calai. Condì, f, ss., pag. 13. I8;W. Id. id. IMUL. ;J/i-H. 5i'c, voi I, pat-.a^O. 18 il. /./. id. CM.C., C(mh.fos.y. //(«ciV/» , pag. G;t. 184-1 /l.ct iVic. pag. SS"). 1844. /'TAX., .Iti. Aecad. l'isiocrit. Siena, voi. VII, pi. M.XMTOV., Descr.yeol.Camp.rom., pag. 41. SORD., Fanti, mar. Cascina nizzardi, pag. 35. BRUGN., Misceli. Malac, II, pag. 19, lav. I, lig. 28. STUI)., ./unger, ieri. bild. Griech., pag. 3. FI.SCIl., Palronl. Ile de Jtliodes, pag. 29. DF. STEF., .Slral. plioc. S.ena, pag. 160, 169, 170. DE STEF. e l'.ViXTAN., .Voli, plioc Siena, pag. 103. P.A>iT.\>'., Conrh. plioc. di Pieira/itla. pag. 972. COPI'., Terr. Tab. Mnden., pag. 10. COPI'., Paleo»!, modeii . pag. .33. Variano in questa specie: 1° le dimensioni, le quali in certi esemplai^ adulti discendono fino a 1 2 mm. di lunghezza . ed in altri ascendono fino a 2 7 ; 2° la spira più meno acuta e lunga; 3° le costicine longitudinali più o meno numemse e più o meno ineguali negli ultimi anfratti. Pliocene .•superiore: Colli astesi. Vallo Andona. ecc. frequente; Coli, del Museo e Michelotti : Volpedo presso Voghera : Villalvernia presso Tortona-regione La Braja, non raro; Coli, del Museo. ii. .Nassa flexicostata Bell. Tav. Ili, IJg. U ( sed dislinelis circumscripla. Long. 7 '/.j inni.: Lai. 5 inni. Miocene superiore: Colli tortouesi. Stazzano, raro; Coli, del Museo. ì). Laliriiin dcxleniiii piiniiii el siibiinirormiln- iillra os itrndiii'liiiii . viv poslirc iiiasis cxli'iLsiim. Il labbro destro è in questo gruppo poco e quasi uniformemente esteso fuori del piano della bocca; in alcune forme è leggermente dilatato posteriormente. A ciò si aggiunga che d'ordinario il labbro .sinistro è ([uasi foggiato ad arco e non depresso posteriormente come ha luogo nel maggior numero delle forme riferite a (juesta serie. 47. Nassa consobrina ni:i.i.. Tav. Ili, fii;. lì («, b). Testa subovata: spira longiuscula , medio leviler insala. - Anfraclus parum convexi; ullimus dimidiam longitudinom aequans, antico satis deprcssus: suturae parum profundae. - Costae Ioiigiludinales ohlusae, ah iuterslitiis jiarum latis scparatae, rertar, ari lesine parallelae in primis anfraclubus , siibarcuatae et leviler obliquae in mi>fìiis, magis obliquae el subsinuosae in vliimo : sulci transversi minuti, inter se valle dislantes. 4 voi 5 perspicui in anfraclubus primis et mediis, 14 in nilimo, in parie antica ultimi anfraclus inler se magis jiroximali el profundiores ; sulcus penuUimus poslicui ab ultimo magis distans quam ahi inler se. - Os sub- ovale; labrum sinislrum subarcualum. inlcrius pluri-plicalum ; labrum dexlerum postine parum produclum : columelia medio prolunde excavala, anlice iriruguta : rima a labiis \ix nolalis ciicumscripla. Long. 14 inni.: Lai. S mm. In un esemplare di questa specie, le dimensioni del quale sono un poco minori 2C8 I MOLI.lSlUI ItEI TERRENI TERZIAlfll IiKI, IIKMONIE ECC. (Long. 1 1 vaia. : Lat. i3 '/ inm.), la spira è più breve e più rigonfia nel mezzo, e manca il solco che nell'esemplaro tipico corre presso la sutura posteriore. Miocf'ur Huperiorc: Colli tortonesi , Stazzano, S'* Agata-fossili , rarissimo: ('oli. del Museo e del Museo di Zurigo (Prof. Mayer). 48. Nassa ventrosa Bell. Tav. Ili, li-. i:i („, b . Tesla panutla. birvis, infiala: spira parum acuta. - Anfraclus vix convexi: ullimus dimidiam longiUtdinem suiierans, ventrosiis, anlice valde dcpressus : sulurae paruin prol'urulae. - Coslae longiludinales I G in primis anfraclubus, in parie obsoletae in ultima dimidia parte ultimi anfractus, omnes oblusae, leviler obli(iuai^ , ah iiilerstitiis nnquxlis separatae , in ullimn anj'rticlu cmtlra rimavi productae : sulci Iransversi niinuli, lineares, i in primis aiifrucluhus, 5 vcl 6 in ponul- limo perspicui, 12-1 i in ultimo. - Os mborbicidare ; labrum sinislriim inpalnm, arcualum, inlerius plicalum ; labrum dexlerum postici- leviler expansum : columella submedio profundc escavala, aiilice birugala. LoufT. 1 1 mm. : Lat. 8 mm. Pliocene su peri ore: Colli tortonesi, Stazzano, raro: ('oli. del Museo o Michelotti. 49. Nassa subovata Bell. Tav. Ili, fig. 14 (a, b). Dislinguuiil hanc specieui a N. ventrosa Bell, sequenles nolae : Testa l(jn(jior, mintis inlUita. - Cosine Imigiludindles majores, pauciores. - Labrum sinislruin postice Icviter depressum. Long. 10 mm. : Lai. 6 '/» "i"'' Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, raro : Coli, del Museo. 50. Na.ssa BREvis Bell. Tav. Ili, fig. 15 (.-, h . Testa /(reiv'v, ventrosa : spira parum acuta. - Anfractus primi et medii parum conrexi, ultimi ad sutwam posticam subcanaliruiati ; ullimus magnus, inflatus , dimidiam longiluilineni aequans, anlice salis dcpressus. - Coslae longiludinab>s oblusae, subarcualae, ab intimliliis angustis separatae, in ultimo anfrartu obsoletae, rix passim obscure nolalae. - Os suborbicu- lare ; labrum sinistrum arcualum, ihlorius pluri-plicalum ; labrum dexlerum aliquanto ultra OS productum, postice leviler expansum: columella anlice valde excavata : rima a labiis subnullis circumscripta. Long. IO mnL : Lai. 6 min. Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero- torinese, rarissimo; Coli, del Museo. DESCRITTI DA I.. P.ELLAKDl 2o'.> 51. Nassa turbinata Bell. Tav. IH, fìg. 16 'a. A). Tesla crassa, infiala: spira ad apicem valde aaila, medio infiala. - Anfraclus primi el medii vix convexi; ullimus magnus, venlrosus., atilice valde itepressus , dimidiam longiludinem aequans: sulurae parum profundae. - Coslae longitudinaics oblusae, ab interslitiis an(]ustis el profundis separalae, inde |)roiiiineiiles, in primis el mcdiis niifraclubus reclae, k'viler obliquae, in ultimo sinuosae: sulci Iransversi angusti, profandi, inler se salis distanles, uniformes, super coslas longi- ludinales conlinni, 5 vel 6 in anfraclubus primis et mediis perspicui, 12 in ultimo. - Os suborbicuiare ; labrum sinislrum incras«atuni , arcualum , inlerius pluri-plicatum ; plicae majores el minornx inlermixlae ; labrum dexlerum vix poslice ullra os productum : rolumella arcuata, anlice rugata, poslice uniplicala: rima a lahiis subnuUis circumscripta. Long. 8 mm. : Lai. 5 '/i •""'• Miocfìic medio: Colli torinesi. Bersano, rarissimo; ColL Rovasenda. 52. Nassa concinna Bell. Tav. ni. lii;. 17 (a, h). Testi parviila, venlrosa : spira parum acuta. - Anlractus parum convexi; ullimus ven- trosus , antice valde depressus, dimidiam longitudiiiem subaequans. - (>oslae longiludinales numerosa/', ah intersliliis anguslis separata/', in omnibus anfraclubus et praeserlim in ultimo dislincle sinuosae: suici transversi creberrimi, inler se valde proximali^profundi, uniformes.- Os subor- bicuiare ; labrum sinistrum arcuatum, inlerius leve; labrum dexterum gracile, vix et sulmni- formiter ultra os productum : columella antice profunde excavata : rima lata, valde recurva, a labiis brevissimis circumscripta. Long. 7 mm. ; Lai. 5 mm. 1 due soli esemplari a me noti di questa elegante specie sono giovani ed incom- pleti: è perciò probabile che nell'età adulta il labbro sinistro e destro si presentino diversi dal modo con cui si osservano nell'età giovanile e nel quale furono descritti. Miocene auperiore: Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, raro; Coli. Rovasenda. 13» Serie. Nncleu.s- cmbrionalis brevis , latus , sitbobtusus. - Anfractus postica depressi ; nlfiìiitcs dimidiam longitudinem subaequans. - Superftcies transverse suìcata, lon- yitudinaìitrr costata. - Os posticc canaliculatum ; labrum sinistrum subincrassatum, postice dejìressmn , antice subarcuatum ; labrum dexterum parum et unif'ormiter altra os productum : regio umbilicalis antice drtecta, ibi labrum dexterum libcrum, inde testa subumbilicata : columella antice profunde excavata: rima subterminalis, magis lata qunm profunda , a labiis vix notatis circumscripta, poslice non ca- nali culata. Le piccole dimensioni, la forma turrita ed in particolar modo la notevole depres- sione anteiioio della columella e la specie di ombellico che risulta dalla forma del labbro destro, sono i principali caratteri pei quali questa serie si distingue dalla precedente. 270 i molluschi iiei tekreni terziarii uel piemonte ecc. 53. Nassa tessellata (Bon). Tav. Ili, !;«. 18 (a. h). Tesla lurrila: spira longa, medio levUer infiala. - Anfraclus r.omplanali ; ullimus dimidiani lonij;iludinem aequans, anlice valde deprcssus : sulurae parum profundae. - Coslae longilu- dinales in primis anfractubus ohUtsae, arcuatar, ab intersliliis anguslis separalae, in uUimo siib- nnllae, vis passim notatae: sulci Iransversi pauci, miniUi, parum profanai, uiiiformes, inter se valde dislaiili-s, ab inleistitiis planis separati, iilcrumquc 4 ìii primis ci mediis anlraclubu» perspicui, 12 in ultimo. - 0» postico anguslalum el caiialiculalum ; labrum sinislrum iH/Ia(«m, putlice valde depressum, atilice arcualum, inlerius pluri-plicalum ; labrum dexlerum crassum, paruìii ultra os prnducluiii, poslite vix ditalatum: columella aiilice profunde excavala: rirr.a lata, parum proluiida, |)ostire caiialiculal.i. Long. 1 1 mm. : I,al. ii ','2 nim. Bucciiiiim Itssellnlum liO.W, dtl. MS., "S. ò,i6. MICIITTI., liiv. Casta: f„ss., pap. 25. V.. SISMI)., Syti., pa;;. 40. .MICIITTI., l-oss. mioc, pag. 212. K. SISMI»., Si/»., 9 P(l. , pap. :<0 D'OUB., l'rodr . volili, pag. 85. UOItEUI... Cenn. ifenl Icn: mioc. sup. hai. ccnlr., pag. 105 ItELI,, .Moll./oss.liiol., paj,'. 8. KL'CIIS, .Slud. Ieri. bild. Ober Ita/., pag. 50. COl'l'., Palcoiit.modin., pai;. .'5". Varirli A. Sulci Iransvirsi pauciores. Long. I 4 nim. : Lai. 8 mni. In questa specie variano la forma generale, ora luuga e stretta, ora breve e tozza e le coste longitudinali più meno grosse e numerose : i caratteri che ne rendono ovvia la distinzione sono la presenza di una specie di omboUico, la profonda depres- sione della columella nella sua porzione anteriore e la depressione posteriore del labbro sinistro. Ho ricevuto dal Sig. Benoist di Bordeaux un gran numero di esemplari col nome di Nassa asperula Defr. provenienti da S"-Paul de Dax, i quali mi paiono doversi riferire alla presente specie : in essi tuttavia le dimensioni sono minori, la forma ge- nerale più turrita e la bocca meno stretta j)ostpriormonte. Miocrne medio: Colli torinesi, Kio della Batteria. Villa Forzano. Termo-fourà. l'ino torinese, Val Ceppi, Baldissero-torinese, frequente: Coli, del Museo, Michelotti, Uovasenda e del Museo di Zurigo (Mayer). 54. Nassa kamili.vris (May.). Tav. Ili, fi^'. 19 («, A). Disliiiguunl liane specicm a N. tessellata (Bon.) sequenles iiulao . Testa rrassior : spira magis aperta. - Anfraclus longiores ; ullimus dimidta longitudifie Iniiginr. - Costae loniptiidinales majores, freijucntiorcs et usque ad margivem oris productae. Bucciiium familiare MAYER ÌD liltens et speciminibus. Long. 44 mni. : Lai. 8 min. DESCRITTI DA L. BELLAKDI 271 Miocene medio : Colli torinesi, Rio della Batteria, Villa Forzano, Termo-fourà , Pino-torinese, Val Ceppi, Bersano , Baldissero-torinese , Sciolze , frequente ; Coli, del Museo, Michelotti, Rovasenda e del Museo di Zurigo (Prof. Mayer). 14» Serie. Nucleus embrionalis angustus, acutus. - Anfractus depressi; ultimus dimidiam longitudinem vix superans. - Superficies longitudinaliter costata et transverse siriato-sulcnta. - Os subovale , postice canaltculatum ; labrum sinistruni postice incrassatum, interius pluri-pUcatum, deprcssum, nntice subarcuatum ; labrum dexte- rum vix et uniformiter ultra os productum: columella arcuata, profunde excavata: rima antice angusiata, postice dilatata, valde reflexa , a labiis longiusculis cir- cumscripta, postice carinata et eaìialirulata. Ho separata questa forma da quello delle due serie precedenti pei seguenti suoi caratteri: dalla serio 12': 1" per la sua forma stretta e relativamente lunga: 2" per la poca estensione del labbro destro che nella regione posteriore è appena qua.si tanto esteso quanto nella regione media e nell'anteriore ; 3" per la columella (juasi arcata ed incavata nel mezzo: dalla serie 13': 1" per le maggiori dimensioni: 2" ]ier la natura degli ornamenti superficiali; 3° per la forma della columella. 55. Nassa difficii.is Iìeli.. Tav. Ili, fiR. 20 (a. h). Testa crassa: spira satis acuta. - Anfractus romiilunali, ad suluram imsticam leviler in- fiali; ultimus in venire complanatus, nnlice valde depressus , (limidia lon;;iludine longior. - Coslae longilndinajps maijnae, obtusae. oblupiae, ah inlersliiiis anijustis sepriratai^, !t in primi.'; et mediis anfraclubus, in ullima dimidia parte ultimi anfrarlus obsoìelae, ibi a costulis »it«u(i.<, crebri.i, mtbstltnlae : sulci Iransversi minnli, lineares, i in primis ol mediis anfraclubus perspicui, 13 in ultimo. - Os ovale, antice dilalalum ; lahruni siiiistruni incrassatum, /(oxiiVv (/r'/>re.«4«m, interius pluri-plicalum ; labrum dexlerum ad marginem a superfirie anfractus praecedeiUis disjunclum, ereduni, poslicit prope labrum sinistrum subcallosnin. Long. 15 mm. : Lai. 8 '/o mm. Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, rarissimo: Coli, del Museo. 15" Serie. Nucleus emhrionalis angustus , longiusculus , acutus. - Anfractus ultimus di- midia longitudine brevior. - Superficies longitudinaliter ecostata et tota transverse sulcata (sulciis major prope suturam posticam decurrens). - Os ovale; labrum sinistrum, postice purum depressum , non, vel vix, super anfraetum praecedentem produetuw. interius plientum ; labrum, dexterum non, rei rix et regnlariter, vltra 272 1 JIOLLUSCHI PEI TERRENI TERZIARII IiEL PIEMONTE ECC. OS productuni : columelìa subarcuata, profttnde excavata : rima lata, parum pro- funda, a ìabiis brevibits circuniscripta , pariwi refi ora , postice non. rei vix. ca- vuìiculata. Se a primo aspetto le forme di (juesta serie sembrano doversi riferire alla serie 19'. colle forme della i]uale hanno non poca analogia, mi parvero tuttavia doverne essere separate per i seguenti caratteri che le ravvicinano alle due serie precedenti ed in ]>articolar modo alla 12*: 1" dimensioni ordinariamente minori; 2° labbro destro depresso posteriormente , epperciò bocca più stretta nella parte posteriore ; 3° figura dell'intaglio: 4° brevità delle labbra che lo circoscrivono; 5" mancanza, o quasi, della profonda scanalatura che corre posteriormente all'intaglio: 6" columelìa incavata verso la sua porzione anteriore, mentrechè nelle forme della serie 19' è quasi regolarmente arcata e perciò più incavata nella sua parte mediana. 56. Nassa cincta Beli.. Tav. ni, fig. 21 (ag. ^7, lav. Il, fig 1.5. GRAT., Tabi. Co(]. foss. V.is, N.499. JAN, Catat. Cotteli, foss., pag. 13. ORAT., Calat.Anim. l'eri, ti Inveri. Gironde, pag. -il. GRAT., Atl. Coq. foss., lav. XXXVI, fig. 7, 23. desìi, in LAMCK., Anim. s. l'eri. 9 éJ., voi. X, pag. 222. SOW. in SMITH, Ag.tert.Beds of the Tagus., pag. 415. D'OKB., trodr., voi. Ili, pag. 8tì. PER. DA COST., Gaster.terc.Poit., pag. 114. BENOIST, Test foss. de lo Brède et de .Saucalz. pag 380. Varirlà A. Tav. IV, fig. 2 (n, l>). Testa minor: spira ininus acuta, brevior. - Anfrnctus postice magis profunde canalicuìali: carina magis prominens, praesertim in ullimii aiifrartu, nlKolete tiiberculifern . - Jìuqne longitu- dinale frequentiores, majores, irregulares. Long. 25 nim. : Lai. 13 mm. Varlei* B. Tav. IV, (ig. 3 (.1, A). Testa minor : spira brevior,, magis aperta. - Carina magis prominens, liiberculifera : inargo suturae postice et ipse tubrrculiferus ; tubercula rariuae majora, regularia, iiniformia; tiiberntla marginis postici minora, irrcgnlaria. Long, -23 mm : Lai. li mm. L'esemplare figurato come tipico è ))roveniento dalle vicinanze di Bordeaux. Le dimensioni annesse alla descrizione della forma tipica sono quelle che proba- bilmente aveva l'unico esemplare dei Colli torinesi ad essa riferibile, a me noto, nel quale mancano i primi anfratti. Miocene medio: Colli torinesi, Sciolze. Baldissero-torinese, Val Ceppi, raro: Coli, pel Museo. Michelotti e Rovasenda. DESCRITTI DA L. BELLARDI 275 17' Serie. Nucleus embrionalis plerumque longun, angustus, acutus. - Anfractus convexi, prope suturam posticam plus mimisve depressi, suhcanaliculati ; ultimus dimidia ìongitudine brevior. - Superficies longitudinaliter costata et transverse striata. - Os subovale: labrum sinistrnni simplex, interins plernmqìK' jìlicntum: Inhrmn dextermn gracile, non ultra os productiim : columella subarcuata, lalde contorta: rima lata, profnnda, suhterminalis. a labiis hrevibus circuniscripta, reflexa, postice carinata et distincte canal ictilata. Tutte le forme di questa serie sono fra loro collegate dalla figura della bocca, dalla forma del labbro destro, il quale è sottile e non oltrepassa il piano della bocca, ed in particolar modo dalla carena trasversale ed acuta che accompagna posterior- mente l'intaglio e che corre sulla columella. La mancanza di carena sulla parte posteriore degli anfratti e la presenza di coste longitudinali separano questa serie dalla precedente. (il. Nassa intercisa (Gene). Tav. IV, !!(;. 4 (a, b). Testa lurrila: spira longa, ad apicem aculissima , dein magis aperta. - .\nrractus parum convexi; ullimus dimidia longitudine brevior, aiilice vahle dcpressus; omues prope suturam poaticam, j*/i(.< minusve exrai'ati, subcanaiictilati : sutura postica marginala. - Coslae longitu- dinales nlUusac, iiUerslitia subacquaiitus, rectae. levilrr iMiqme, in ultimis anfractubiis ad suturam posticam produclae sed prope sulurum a canaliculo Iransvcrso subinterruplae : salci uonnulli Iransversi majores in partom anlicain ultimi anfraclus dccurrenlcs. - Os ovali-rolundatuiii ; labrum sinislnim subarcuatum, pustim lìx dcpresaum, inlcrius minute pliralum ; plicae fre- quenter obsolelap : columella medio satis escavala. Long "24 nini. : Lai. 1 1 nim. Iliicciiiuin inleni.stim GKNK, Calai. .'/5., N.557. ? 1838. Id. Ilxxiimuni GIUT., Calai. Amm. I^erl.el Inveri. Giioiide, pay. 41. 1840. W. inlmisiim MICUTTI., A'.V. 6". /(/. id. It'ORB., Piorfr., \ol. III. pag. 8t. 187.5. liuccinum flcxuosnm BENOIST. T( si. foss.de la Bride el de Saiicais, pag. 381. 1878. l'Iins iiilcrn.uw, FrClIS, Siiid. Uri. Iiitd. Ol.tr llal., pag. 49. Varici* A. Testa minor. - Anfraclus inaijis convexi: siiliiiae profundiores . Long. 16 mm. : Lai. 8 min. Varici* B. Tav. IV. lig. 5 [a, b]. Testa crassior: spira brevior. - Anfractus depressi, hngiores: suturae miiius prnfundae. - Costae longitudinales majores. - Labrum siuii.truiu postice magis depressum. Long. "20 mm. : Lai. 9 mra. 276 I MOLI.rSCHi dei terreni TERZÌAIìII dei. PIEMONTE ECC. VarleiA C. Testa longior, angustiar: spira porlonga, parum aperta. - Anfradus ilepressi, inde sulttrae super /ìciales. - Labrum sinistrum poslire maf/is deprcssum. LoML'. 19 mm.: Lai. 7 min VarieiA D. Tav. IV, fig. (i (la turrita: .^pira medio inllata. - .\iifraclus parum convexi ; ultimus dimidiam lonjji- ludinem subat>(|uans, anlice valde depre.ssus ; canaliculus posticus latus , iirofundns: sutura postica marginata. - Costae longiludinales in primis anfractulius iH.inaipiae. obluxac, reciac, axi tesine parallrlae , rimira canalirnlum pnslirum nodosae , in ultimo anfraclu iihsohtae: sulci Iransversi »iii//i, cxceptis sulcis conlra rimani decurrcntibus : serics una venlralis nodorum ; nodi magni. 10; series altera nodorum super marginem suturar poslirae; nodi minores et pleruinqiie DESCRITTI DA L. BELLAKDI 279 cum noilis seriei vrnlralis alternantes. - ()s ovale ; labrum sinislrum subarcualam , interius pluri-plicalum ; labrum dexlenim gracile: folumella subarcuala, valde contorta: rima lateraìis, valde obliqua, valde reflexa, a labiis brevibus circumscripla, poslice anguste canaliculala ; canna satin prominens. Long. 23 mm. : Lai. 1 1 nini. ? 1847. ,Vassa proxima SOW. in SMITH, Ag.Urt.Beih of the l'agus, pag. 499, tav. XX, fig.Sl. ? 1847. Id. ili. SMITH, Jg.tert.Beds of the Tagiis, pa'^.ììò. VarieU A. Superficies Iransvevse laxe et minute siilcaln. Long. 20 mm. : Lai. 9 mm. Questa forma nella sua fisionomia generale ha grandissima analogia colla Cyllenina fiaccata (Basf.), alla quale furono finora nferiti gli esemplari dei Colli torinesi che la rapprosentauo. La mancanza del canaletto, in cui si prolunga posteriormente la bocca e che è caratteristico della sottofamiglia delle Cillenine , chiama questa forma fra le Nasse : la forma poi della columella, la quale è molto contorta e molto profonda nel mezzo, la posizione laterale e la figura dell'intaglio sono altrettanti caratteri che la distin- guono specificamente dalla precitata specie del Basterot. Miocnir ìiicdio : Colli torinesi, Val Ceppi. Baldissero-torinese , raro: Coli, del Museo e Rovasenda. Varietà A. — Miocene medio : Colli torinesi , Termo-fourà . raro ; Coli, della R. Scuola di Applicazione per gli Ingegneri. 70. Na.ssa rustica Bei.l. Tav. IV, fig. 15 (fl, b\ Dislinguunl liane spixicm a iV. npglecla Bell, sequenles nolae: Ti'sta minor - Canalicuhix poslicuf: anfrnrtnnm snturae paxlicae magia proximalus : margo sulnrai> poslicae minun prominens. - Superficies Iransverse minute sulcata ; sulci in primis an- l'raclubns- nnmerosi eliam in ranalictdum posticum decnrrentcs, in mediis et ultimo obsoleti ; coslae longituilinales pnstice nodiferae minores et nnmerosiores , super partem anlicam ultimi anfraetus melius definitae et magis prndnrtae : nodi seriei vcntralis et marginis suturae posticae minores: sulci transversi prope rimam decurrentes minus profnndi. Long. 15 mm. : Lai. 7 '/, mm. Miocene medio : Colli torinesi, Baldissero-torinese, rarissimo ; Coli, del Museo. 71. Nassa divisa Bell. Tav. X, fig. 26 (a, b). Tesla subovaia; spira ad apicem valde acuta, medio ventrosa. - Anfraclus convexi, in t'pnlip suhciirinnti. poslice canaliculali ; ullinuis dimidiam longiludinem aequans, vcnlrosus, anlice valile deprcssus. - l'oslae longiludinales magnae, rectae, axi testae parallelae, ab inter- stitiis prafnndis et latiusculis sepwatae, centra canaliculum posticum terminalae, ibi nodiformes, 280 I MOI.LISCIII IiEI TEKllENI TEKZlAKll 1>EL IME-MONTE ECC. in dimidia ultima parte ultimi anfraclus evanescrnlfs et a nndis nubslitulac; nodi niarginis sulurae posticcie in primis anfrarlubns irregulares, in ultimo majorrs, requlares et rum nodis auticis allernuii : superlicies non Iransverse sulcala, exceplis sulcis nonnuliis prope rimani decurrenlibus. - Os ovale , mrdio dilatatum ; labrum sinislrum medio expanium , inlerius sublaeve : labrum dexleruni adnaium, impressum: columella subarcuala: rima lerminalis, lala. a labiis longiusculis circumscripla, postice anguste canaiiculata. Long. 1 1 mm : Lai. 6 mm. Miomir mrfìio: Colli torinesi. iSciolze. raro; Coli. Michelotti e Kovasenda. 72. Nassa tukricixata Heli.. Tav. X, lig. 27 (di i). Tesla turrita: spira longa, valde nenia, regulariler involuta. - Anfraclus medio infiali, sulicarinati, postice profundc cnnaliculali ; ultinius dimidia longitudine brevior, antice valde (lepressus: margo suturae posticae vix nolalus. - Superlicies laevis (exceptis sulcis duobus vel tribus minutis in canaliculum poslicum et sulcis nonnuliis in partem anticam ultimi anfractus decurrenlibus), longitudinaliler costala: costac longiludinales 11, vblnsav, reclae, axi li'sUto parallelae, al> inlersliliis lalis et iirofundis separaldf. pnslìce conlrii canaliruhim nodi- formes, in nllimo anfractu evanescenles et a nodis subslilntae. - Os suborbiculare , postice canalicuialani; labrum sinistrum arcuatum, inlerius pluri-plicalum ; labrum dexierum (^raci/c, adnatum: columella medio jìrol'uiide excavata: rima subterminalis, lala, a labiis brcvissimis circumscripla, postice vix canaiiculata. Long. 1.3 '/, mm. : i-at. (> mm. Questa forma lia una grandissima analogia con (luella descritta e figurata dal Dujardin (JMmi. Tour., pag. 97. tav. XX, fig. 8) col nome di Bitccinum baccatiivi var. simplex. Io credo ne debba essere distinta per la maggior brevità degli anfratti , per la maggioi- sporgenza del loro angolo posteriore, e per la figura più raccorciata della bocca. Nell'esemplare figurato che è il maggiore degli otto che ho esaminati, i due sol- chettini che corrono nella scanalatura posteriore degli anfratti sono poco segnati, mentre negli altri lo sono molto bene. Miocene, medio: Colli torinesi. Sciolze. raro; Coli. Michelotti e Kovtiseuda. 73. Nassa Sotterii Bell. Tav. IV, lig. 16 (a, A). Dislinguunl hanc speciem a fi. lurriculata Bell, sequentes notae : Testa minor: spira lonrjior, vmgis acuta. - Anfraclus ultimus minns inllalus , ',, lottus lonijiludinis snbav(iuans : canaliculus posticns vix nolalus: amiulus mcdianus anfractiium magis obtusus. - Sujierpries loia transrer!'IC.\IS., Calai, Anim. foss. Proi'.d'Alyer, pag. 107. 1870. Nassa prysmathica BELL, Calai. Moli. foss. Biot, p. 8. 1871. /(/. !T.\>'., Atl. Accad. Fisiocr. Siena, voi. VII, pag. 4. M-VNTOV., Descr.geol. Camp ioni., pag. 41. SORD., Faun. mar. Cascina Rizzavdi, pag. 35. CKESl'ELL., Not. geol. Savicjnan., pag. 18. BOLILL., Paleont.de Biarritz, pag. 94. FOREST.j Ccnn.cjcol.e pal.ptioc. ant. Caslrocaro, pag. 19. FISCH., Coq.vii\et foss.dcs Cavern. Fr.ct Lig., pag. 332. FONT., Étud.Strot.cl Pai. terr.terl. Bass. du Bh6ne, pag. 69. DE STEF., .Moli. plioc I\lonlerufoli, pag. .3. DE STEF., Slrat. plioc. Siena, pag. 250. FlXllS, Plwc.bild.Zante u.Corfu, pag. 10. FrCIIS. Stud.jung. tert. bild. GriecliL, pag. 3 MAY., Pécout>. Condì, a Conger. Bassin du Rhi'me, pag. 13. lìENOlST , Étag. tori. Gironde, pag. 5. DE STEF. e PA.NTAN., Moli. plioc. Siena, pag. 42. l'ANTAN., Condì, plioc. di Picirafiiia, pag. 272. SARTOR., // Coli, di St Colombano ed i suoi foss., l, pag. 13. COPI'., Terr.Tab.moden., pag. 10. BRUGN., Condì. plioc. Caltanisetta, pag. 105. COPP., Marn.turch.moden., pag. 14. COPP., l'aieont.modcn., pag. .32. BARO., Ftud. pai. .Maia et Loir, pag. 102. Questa forma è molto frequente nelle sabbie gialle dei colli astesi, e i^resenta pareccliie variazioni nei suoi caratteri, le quali si possono riduire alle seguenti: 1° le dimensioni, le quali da venti millimetri di lunghezza giungono non raramente fino a quaranta; 2° il numero delle coste longitudinali, che da dodici ascende talora a diciotto e perfino a diciannove nell'ultimo anfratto; 3° la grossezza delle coste longi- tudinali, la quale è d'ordinario minore assai della larghezza degli interstizii loro inter- posti e che talvolta è tale da eguagliare i solchi che le separano; 4* le costicine trasversali, che d'ordinario eguagliano nella grossezza la larghezza dei solchi loro inter- posti, e questo è il caso più frequente, talora ne sono notevolmente più strette. Avendo avuto occasione di esaminare un numero ragguardevole di esemplari della N. limata (Chemn.) del Mediterraneo e dell'Adriatico, appartenenti i primi alle ricche collezioni dei Sigg. Tapparone-Canefri, e di Montcrosato, i secondi al Museo Zoologico di Agi-am e gentilmente comunicatimi dal Sig. Prof. Brusina, ed avendoli paragonati con parecchie centinaia di esemplari della N. pry.'inuttìtica Brocch. mi sono persuaso della necessità di conservare distinte queste forme abbenchè fra loro molto aflfini. Per rendere più ovvia la distinzione dei caratteii che separano la forma fossile da quella vivente che ne è derivata, mi pare opportuno di dare la descrizione compa- rativa di amljcduc. Nassa prysmathica Brocch. Nassa limata (Chemn.). 1. Nucleo embrionale lungo, molto acuto ; 2. Angolo spirale più acuto; 1. Nucleo embrionale brevissimo, ot- tundato ; 2. Angolo spirale meno acuto; DESCRITTI DA L. BELLAEDI 289 3. Spira, a parità di lunghezza, com- posta di un maggior numero di anfratti (ordinariamente dieci) , e perciò anfratti più brevi ; 4. Coste longitudinali minori in nu- mero, specialmente negli ultimi anfratti, meno larghe degli interstizii loro frap- posti, quasi sempre più o meno sinuose, specialmente negU ultimi anfratti ; 5. Costicine trasversali separate d'or- dinario da solchi più larghi; 6. Scanalatura attigua all' intaglio più profonda; 7. Labbra dell'intaglio più ripiegate verso il dorso dell'ultimo anfratto ; 8. Lunghezza ordinaria degli indi- vidui adulti 35 mm. : sono rari gli esem- plari adulti di 20 mm. di lunghezza. 3. Spira, a parità di lunghezza, com- posta di un minor numero di anfratti (ordinariamente otto) , e perciò anfratti più lunghi ; 4. Coste longitudinali maggiori in numero in tutti gU anfratti, larghe presso a poco quanto i solchi loro interposti , quasi sempre rette, di rado leggermente sinuose ; 5. Costicine trasversali separate per lo più da solchi più stretti ; 6. Scanalatura attigua all' intaglio meno profonda e più larga ; 7. Labbra dell' intaglio meno ripie- gate verso il dorso dell'ultimo anfratto; 8. Lunghezza ordinaria degli esem- jilari adulti 20 mm. : sono rari gli in- dividui adulti di 27 mm , rarissimi quelli di 32 mm. Il B. clf'(/ans Duj. (Meni. yrol. Tour., pag. 208, tav. XX, fig. 3, 10), che alcuni hanno riferito alla presente specie del Brocclii, ne dififerisce pei seguenti ca- ratteri che mi riesci facile di riconoscere dall'esame di alcuni esemplari provenienti dalla Turrena e corrispondenti alla figura ed alla descrizione della specie suddetta del Dujardin: 1" figura dell'intaglio più stretta anteriormente e più larga posterior- mente, per il che la forma della Turrena si avvicina molto alle forme della 12' serie; 2" dimensioni notevolmente minoi'i (14 mm.); 3" spira molto più breve e meno acuta, composta di un numero minore di anfratti; 4" scanalatura anteriore dell'ultimo an- fratto molto meno profonda ; 5" coste longitudinali più piccole e più numerose; 6° nu- cleo embrionale molto più breve e molto meno acuto. Pliocenr supcriore : Colli astesi , Valle Andona , ecc. , comunissimo ; Coli, del Museo e Michelotti. 84. Nassa Biiugnonis Bell. Tav. V, li};. 3 (.., h). Dislinguunl liane speciem a N. prysmalliica Brocch. sequenles nolae: Nuclcus apicalis brms, tniims nrutus , subcylindricus. - Tosta crassior , minor, brei'ior : spira brevior, miiius amia. - Coslae longitudinalfs numerosiores, majores, ab iiUerslitiis angu- stioribus sopaialae , in ulliiìiis aiifraclnbits obliquae : costiilae transversae a siilcis anrjustiuribus separalae. - Os aiKjustiiis ; labrum sinislnnn inflatum ; labrum dexleriim crassius , frequenler mgulosum, ani ice plerumqw biplicatiim: rima poslice minus profunde canaliciilata. Long. r2-'25 mm. : Lui. 7-13 mni. Serie IL Toji. XXXIV. 290 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII PEL PIEMONTE ECC. iS'M. Bucci iium pri/smalhirum GRAT., Tabi. Coq. foss. Dai, n.5l7. 1840. Id. i'I. GUAT., .i(/. C(.niA./i/i5., lav. XXXVI, lig. 37. 1847. Sassa prijsmatitica MICIITTI., Foss. mioc, pag. 208 (in parte). 1847. III. id. E. SISMO., Syn., 2 od., pag. 29 (in partc\ l86i. Id. limata UODEllL., (Àtin. geol.terr. miocsup. Ilal.cenlr., pa-^. \03. 18<'>7. Biicciniim pnjsmalhicum I>EU. DA GOST.. Ca.ilci: Uro. l'ori., pa-.Og, lav.XIV. fi-. lO. 1869. III. id. COl^V., Citai. Foss. micce plioc. Moderi., fag.ii. ? 1878. JVassa prysmathica VA?i-DEN-BROFXK, Esq. géol.tl palèont. Dep.plioc. Jnvers, pap. 279. Ho distinto con nome proprio questa forma, abbenchè sia intimamente collegata colla N. prysmathica Brocch., tanto per alcune particolarità che vi sono abbastanza costanti, quanto e specialmente perchè essa è propria del miocene superiore dei colli tortonesi, mentre l'altra è caratteristica delle sabbie gialle dei colli astesi. Questa forma è vicina a quella nominata dai signori Hoemes e Auinger B. nttb- prijsmatìiicmn (L. e. pag. 131, tav. XIII, lig. 1 a, h). la quale si distingue da quella dei Colli tortonesi qui descritta pei seguenti caratteri che in essa si osservano : 1" spira più aperta; 2° anfratti più convessi epperciò suture più profonde; 3° coste longitudinali più sporgenti, non sinuose suirultimo anfratto e quasi parallele all'asse del guscio; 4° costicine trasversali meno numerose e più grosse; 5° ultimo anfratto più breve e più depresso anteriormente ; 0" labbro sinistro arcato, non depresso poste- riormente né dilatato anteriormente; 7'' bocca quasi orbicolare; 8° labbro destro sottile e non protratto posteriormente oltre il piano della bocca. La N. Bruynonis Bell, nei mari del pliocene inferiore si è probabilmente tras- formata nella N. .serrata Brocch. come accennano alcune varietà di quest'ultima, in quelli del pliocene superiore nella N. prtjsmathica Brocch., e finalmente nei nostri mari attuali nella N. limata (Chemn.). Questa specie, come la precedente, presenta alcune modificazioni nella natura delle costicine trasversali più o meno grosse e numerose, e nelle coste longitudinali le quali variano di numero , abbenchè meno frequentemente , e delle quali il numero ordinario è diciassette : variano pure la spira più o meno lunga ed aperta, e le di- mensioni, le quali cose dimostrano come questa forma del miocene superiore sia quella che per forme intermedie, rare però, del pliocene inferiore abbia preso maggiore svi- luppo nel mare del jìliocene superiore nel quale si è trasformata nella N. prijauia- thica Brocch. Mioccìif ì^uprriorc : Colli tortonesi, S'" Agata-fossili, Stazzano, frequente; Coli, del Museo ; Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, raro : Coli, del Museo, e Kovasenda. B. Nucleus embrìounlis inagniis, brevis, obUi«u$. 8li. Nassa borelliana Bei.l. Tav. V, fig. 3 (a, b). Dislinguunl hanc speciem a N. prtjsmalliica Brocch. sequeiiles nolae : Nucleus embrioìialis major, hrevis, obtusus. - Testa minor: sjiira brevior , minnx aprrla, medio infiala. - Anfrnrlux pauciorrs, loiigiores, hk'/iii.s- convexi ; ullimus lonijior , antice miiitts DESCRITTI DA L. BELLAEDI 291 depresms: suturae minus profundae. - Costae Inngitudinales majores , pauciores , oblusae , Mae rectae: coslulae transversae et sulci inlerpositi minores. Long. 1 1 ram. : Lai. 6 inm. Varietà A. Spira longior, magis acuta. • Costulae transversae majores. Long. 12 mra. : Lai. 7 mm. VaricU B. Spira brevis, magis aperta. Long. 1 1 mm. : Lai. 6 suhqnadratum, postice profunde cnnaliculalum ; labrum sinislrum incrassalum , interius pluri-plicatum; labrum dexterum anlice obscure rugalura, valde sinislrorsum obìiqunium, poslice cnllosum : columella siibmedio profimde excavata. Lon^'. 1 4 mm. : Lai. 9 mm. Questa specie ha non poca analogia colla N. cimecda (May.) [Journ. de Condì. voi. Vili, pag. 214, tav. V, fig. 5), la quale appartiene certamente a questa serie per i suoi caratteri generali. Le differenze che separano queste due forme sono le seguenti presentate dal fossile dei colli torinesi in confronto con quelli del fossile di Saint-Jean-de-Marsacq : 1° forma più stretta ed angolo spirale più acuto; 2" man- canza di strie trasversali sulla parte posteriore degli anfratti; 3" bocca più stretta e più lunga; 4" labbro destro più grosso e più sporgente. Miocene medio: Colli torinesi, Albuguauo, rarissiuio; Coli, del Museo e Michelotti. 23» Serie. Nncìeus emhrionalis ìongns, acutus, angustus. - Testa ovoides : apira hrevis medio influta. - Anfractus convexi; ultimus inflatus, anticc valde depressus , di- midiam ìongitudìnem aequans, vel subaequans. - Swperfìcies tota, vel in parte, longitudinaliter costata, tota transverse striato-sulcata. - Os suhorhicuìare, postiee angustatum et canaliculatum ; labrum sinistrum subarcuatum ; labrum dexterum non, vel vix, ultra os postiee productum, antice ad marginem liberum et ereetum, obliquimi: columella profimde excavata: rima subterminalis , antice arigustata, postiee dilatata, x>arum reflexa, a labiis brevibns circumsrripta, postiee canalicitlnfa. Le forme di questa serie sono intermedie fra quelle della precedente e della se- guente ; da quelle della prima, colle ([uali hanno in comune le mediocri loro dimen- sioni, differiscono per la forma generale globosa, per la brevità del labbro posteriore deirintaglio, ed in particolar modo per la poca profondità della scanalatura che ac- compagna posteriormente l'intaglio: dalle seconde, colle quali hanno in comune la forma più o meno globosa, per le minori loro dimensioni e per la prcaccennata poca profondità della scanalatura che corre posteriormente ali "intaglio. A. Aufiaclus omnos coslis longitudiiiiililius di-.^tìliili. 9'i. Nassa Bhu.sinae Bell. Tav. V, Cl;. ^ («, A}. Tesla subijlolrnsa: spira brevis , medio insala. - Anfractus convexi; ullimus dimidiam longiludineiii subai'qiiuiis. - Sii|)i'r(ici('s tota lon/iHtidinaUlcr croxtala, minute ci rare Iransverse sulcala. - Os valde obliqnim, subiiiunlralum ; lahniin sinistrum incrassatuni , exlcrius margi- 7ialum; labrum dexterum crassum, valde obliquum: columella submedio profunde excavata, laevis ; regio umbilicalis delocta. Long. 12 min.: Lai. 8 min. Miocene medio : Colli torinesi. Monte dei Cappuccini, rarissimo ; Coli. Kovaseuda. Serie II. Tom. XXXIV. »o 298 I MOLLISCIII PEI TERRENI TERZIAKII DEL PIEMONTE ECC. B. AiiFraclus primi lo.iuiduliiiiilihT costali, ulliniì ecoslalì. 95. .Nassa semicostulata Dell. Tav. V, li.,'. 15 {il, b\ Dislinguunl liane speciem a A'. Brusiune Beli. s('(iu('nles nolae : Spira lomiior, maf/is acuta. - Aufrarlus uUimns dimidia lowiilndine hrevior. - Superficies primorum anfractuiim Umcfiludinnlder iiiuUicoslala. Long. 12 nani.: Lai. 7 '/.. '"'"• Miocene medio: Colli torinesi, Sciolze, rarissimo; Coli. Kovasenda. C. AuFracUis primi co.slulis loniiiludìiialiltiis lirstiltili; iiltiiniis longituilìniililcr roslulalus. 96. Nassa perraba Bei.l. T.iv. V, fi-. 14 {a, b). Tesla suhfilnbosa: spira brovis, parum acula. - Anfraclus convexi, ad sulnram poslicam canaliculali; ullimus t»/!o/us, antice valde depressus, -I3 lolius longiludinis subaequans. -An- fraclus primi eoslis loiKiiludiiìulilms desliluli , imdii et ullimi loiigitiidinalUer costati; coslae parum promiiienles, oblusai', ab iiilersliliis lalis scparatae, vaide obliquae, piope marginem oris minores et vuincrosiores: sulci Iraiisversi minuti undique decurrentes, in ventre ullimi an- fraclus inlerslilia xiilcis ordinariis iutrrpoyita et ijisii medio minute sutcala. - Os subovalc , anlice diialalum, obliquum; labrum siiiislrum subarcualum, incrassalum, inlerius magiii- plicalum; labrum dexlerum medio et pnsticc aliquanto nllra, 01 produclnm , rra-Mum, anlice multi-rugalum. poslice iiniidicatiim: coluiiiella antico profiinde escavala: rima suhlerminalis, protunda, poslice dilatala, parum revoluta. Long. 1 4 mm. : Lai. 9 mm. La maggior spessezza del guscio, la minore lungliezza della spira, la maggior apertura dell'angolo spirale, la forma generalo meno turrita, le coste longitudinali protratte fin contro il labbro sinistro, la bocca proporzionatamente piii stretta e più lunga, la maggiore spessezza del labbro destro, e le numerose sue ruglie, distinguono questa forma dalla X. hmìgarica (May.). Miocene lurdio : Colli torinesi, Monte dei Cappuccini , rarissimo ; Coli. Kovasenda. 23' Serie. Nuclrus emhrionalis ìongus, (untus, avgustus. - Trsla oroidrs : sjj/m Lrevis, ad apicrm raìde acuta , medio infiala. - Anfraetiis conrrxi ; ultimus dimidiam lotìgititdivem sulxiequana.- Saprrfìrirs tota loiigifitdinaìiter reostata, transverse sulcntn et costnìatd. - Os snhorhicnìnre ; ìahriim sitiisiritm incrassatinv, postice depressum. antiee diìatntam ; ìdìirani dexteriim medio et postice parum ultra os productuni : regio umbilicaris detccta : eoUimeUn valde contorta , antice profunde excavata : rima subtrrminalis , lata , profunda , a hihiis longiasculis eircuìnscripta . valde reflexa, 2>ostice anguste et profunde canaliculata. DESCRITTI DA L. BELLAKDI 299 La forma globosa , la mancanza di ornamenti longitudinali e la notevolissima profondità della scanalatura che accompagna posteriormente l'intaglio , sono le note principali caratteristiche di questa serie, la quale corrisponde presso a poco al genere Desvioulea di Gray. 97. iNassa conglobata Brocch. Tav. V, fi?. 17 (n, A . Testa rjluhosa: spira ad apicem valde acula, dcin magis aperta. - Anfraclus parum convcxi; ullimus diinidiam h)ngiludinem subaequans, vciiln: valde infiatus, anlice valde de- pri'ssus: suturile parum profuudac. - Coslulac Iratisversat' minulae, crebrae, a sulco ple- rumque aiiguslu separalap, Imn lolac uiiiformcs , tum in parie postica anfracluum coslula minor costulis majoribus iiUerposila. - Os suborbiculare, poslice profiinde et anguste canalicuìalum ; labrum siuislrum incrassatum, inlerius plicato-denlalum ; labrum dexlerum crassum antice ad mnrfjinvm lihprum et ereclum, irrcguiariler rugatum, postice unipiicatum. Long. 4o mm. : Lai. 33 mm. 181 i. Bucchium (IVti.isa] congltihatum BUOCXII., Gmch. fass. sul/., pag. 334, tav. IV, liir. 1 J. 181 i. W. [Doliwn lamjms IIIIOCCII., Conch. foss.sub., pag. 325, lav. V, fi(j.2. 1820. Nassa conglobala ItOUS., Oriti, piem.. 1, pnj;. .ì(>. 18i5. Id. i,l. Ulil'll., Wùr. 6V;. .Va(., voi. .\XXIV, pag. 240. 1831. liucdnum conglobatimi BIlO'iN, hai. lert.-Geb., pag. 24. 1832. iti. id. .lA.V, Cn/»/. Com/i /"oM., pag. 13. 1840. /(/. liiocc/iii MICIITTI., yfiii. G'ajt. /"oii., pag. 23 (in parie). 1842. /(/. id. E. SI.SMD., Syii., pag. 40 (in parie). 18i2. /(/. conglobnlitm TCÌWH^'VCW. , Corni, gcol. prowmcrid. Naples et Nice, pag. 240. 1844. Id. id. DKSJI. In LA.MCK., Anim.s. veri., i éil., voi. X, pag. 212. 1847. lVas.,a conglobala E. SI.SMD., Sijn., 2 ed., pag. 40 ;in parie). 1847. /(/. id. TK^iy., Strat. Usi ofjiiil/i.foss., ya'^.S. ì 1848. /(/. /(/. "WOOO, Crag.Moll., voi. I, pag. 32, tav. Ili, fig. 9. 1852. Id. id IVOlUl., Prorfr., voi. III. pag. 176. 18«8. ìd. id. KOIIEST.. Calai. Moli. plioc. Bologn., I, pag. 47. I86i). lìiicciitiim conglobatimi COPI'., Calai, foss.mioc.e jilioc. Modctt., pag. 24. I8"0. /(/. id. ^ÌC.\Ì^., Calai. Aiiim.foss. Proc.d'.ilgcr, fa-^. 101. 1870. !Va.Hrofunde canaliculata. La struttura generale delle forme di questa serie è uguale a quella delle forme della serie precedente , senonchè in quelle della presente la spii-a è molto più lunga e più acuta ; l'ultimo anfratto è distintamente più breve della metà della lunghezza totale : ed i primi anfratti, talvolta anche gli ultimi, sono ornati di numerose coste longitudinali, sulle quali corrono trasversalmente strie uniformi continue. 101. Nassa turrita Bors. Tav. V, (vr. 19 (a. h). Testa turrita , longa: spira ad apicem aciilissima, medio infiala. - .\nfraclus parum convexi; vltimus brevix , "/. lolius longiludinis aequans , aiilice valde depressus: sulurae parum i)rofuiiilac - Supcrficics in primit aiifrarlnhus lonijìludinaliler costati! , et Iraiisversi^ coslul'ila, in uUiuiis ìiileìis, suhlacvis, passi. n Iranscersc obsolete coslulatu, prope rimani Irans- vcrse suliala; sulci profundi, inlor se sulis dislanles. - Os suborbiculare, postiee aHiiustalum et profiiììde ciiiìtiUculaliim ;\'dhram siiiislruin incrassaluin. suharcualum. inlerius pluri-plicalum; labrum dexlerum anlice plcruiiiquc rugaluin, poslici' uiiiplicalum: columella arcuala, medio valde escavala: rima an^usla, longa, valde recurva, a labiis longiusculis circumscripta, poslicc profunde el aiigusle canaiiculala. Long. 40 mra. : Lai. iO inm. 1814. Buccimim {Nassa) pupa var. BIIOCCII., Condì, foss. sul)., yìa^.'Mó. 1820. A'assa turrita UOUS., Oriti, pieni., I, pag.a'J, lav. I, lig. 11. BHOXN, llal. lert.-Geb., pa^'. 94. J\>, Catal. Condì, fnss., pay. 13. .MICIITTI., Cugii.Jns.tert.BilJ.Pieilm., pag. 390. (;U.\T., Catiil. .tnim. l'crt.cl iimrl. (/'iVohi/c, pag.40. E .SISMO., Syn., pag. 41. MICIITTI., Foss.mioc, pag. 209 in parto). E. SIS.MD., Syn., 2 ed., pag. 30 (in parte). FOUr.ST., Calai.. ìroll.iilioc.Jioloijn., I, pag. 40. ? 1867. Bucciniim turrilum l'EU. DA COST., GasUr. icrc. Pori., pag. Ili, lav. XV, fig. 11. 1868. Nassa ttuiita KOUliST., Calai. .Moli. pUor. Bolixjii., pag. 46. T 18G9. Bucciiium cnnum COPI'., Calai, foss. mioc. e plioc. .Moden., pag. 24. 1873. Nassa tmrita COCC, Enum. Sist. Moli. mioc. e plioc. l'arni, e Piac, png. 89 1874. Buccinum turrilum COPI'., Calai, foss. min-plioc. Moden. Colt. Copp., pag. 2 (in parie) 1875. Nassa turrita I'ANTAN., Jlt. .tccad. Fisiocr. Siena, voi. VII, pag. 4. 1875. ///,/)/iw. i"iV;m. pag. 100. 1881. /(/. .(/. COPI'., Paltoni. Moden., pag. 30 ;in parte). Varietà A. Spira magis acuta. - Anfradus omiies "loti transverse silicati. Long. 35 nim. : Lai. 17 nini. Pliocene superiore : Colli astesi , Valle Andona , non raro ; Coli, del Museo e Michelotti. descritti da l. bellaedi 303 102. Nassa d'Anconae Beli.. Tav. V, fig. 20 (a, b). Dislinguunl banc speciem a N. turrita Bors. sequenles iiolae: Testa minor, crassior: spira brcvior, medio magis infiala, ad apicem magis acuta. - An- fractus ultimus Ivngior; nnfractus ultimi mai/is convexi. - Os angustius, antice non, vel vix, dilalatum; plicae et denticìili interni labri sinistri panciores , plernmque 8; labrum dexterum crassius: rima brevior, postice mafjis lata, a labiis breiiiuribus circiimscripla ; labrum posticum rimae subnullum; canaliculus posticus rimae vix notatus. Lonji,. 27 nini. : Lai. 14 nini. 1838. Bucritium liiriitnm MICIITTI., Geogn. Aus. tert. Biltl. Pieilm., pa;;. 396. 1847. Nassa turrita .MICIITTI., Foss. niioc. pa[;.909 (in parici tav. XIK fig. IO. 1847. 1,1. iti. E. Sl.SMD., .<>(/«., 2 ed., pap. 30 (in parie). 1852. /,/. i,t. D'ORB., /-"«Wr., voi. Ili, pag. 85. 1864. IJ. i(l. DODliRL., Cenn. gcot. tcrr. mioc. siip. llal.cinlr., pag. 105. 1874. Buninum liirvitum COl'P., Calai, fnss. inid-plioc. mcdeii. Coli. Cojip., pag. 9 'in parte). 1881. Nassa turrita COPP., Marn. turili. modm.^ pag. 14. 1881. Ut. id. COPP., Pa/eoMf.HWtH., pag. 36 (in parte). Non havvi dubbio che rjuesta forma sia quella dalla quale derivò la N. turrita Bors. del pliocene superiore e clic vi sia intimamente collegata per molti caratteri. Ho tuttavia creduto di distinguerla con nome proprio, tanto per le differenze sovra- indicate die esistono fra le due , quanto per l'orizzonte geologico, cui appartiene la presente e del quale si può risguardare come una delle fonne caratteristiclie. Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, S'* Agata-fossUi, non raro; C'oli, del Museo e Michelotti. Fliocene inferiore : Zinola presso Savona, rarissimo ; Coli, del Museo. 103. Nassa Forestii Hell. Tav. V, lìg. 21 (,., i). Dislinguunl hanc speciem a iV. turrita Bors. sequenles notac: Testa major, infiala: spira mafiis aperta, medio magis infiala.- Anfracius magis convexi; ultimus longior: suturae profundiores. - Costae longitudiuales ttsque ad penuUimum anfraclum productae: costulae transversae maijis distinrtne in ulliinis anfractubus. - Os postire minus an- guslatwn , antice minus dilatatnm; plicae internae labri sinistri majores , pauciores , 9: rimo antice angustala, postice magis lata, brevior ; labrum posticum rimae brevius. Long. 42 min. : Lai. 23 mm. Miocene superiore : Colli tortonesi, S'" Agata-fossili, rarissimo ; Coli, del Museo. 304 i jiollvschi dei tekrexi terziakii del piemonte ecc. 404. Nassa isterposita Bell. Tav. V, 0- 22 (a, b). Dislinguuiil hanc speciem a N. turrita Bors. sequcnles nolae: Spira requlariter involuta. - Anfractus magis convexi: snturae profuntliores. - Coslae loii- gitudinales ad penultimum aiifrnctum jiniduclan, dein obsolelae: costulae transversae in omnibus anfrarliihus distinrlar^ suhKniformi's. - Rima jwstice magis dilatata. Long. 36 nini.: Lai. 17 inni. ì Bmiinum turritiim l'EU. DA COST., Motl.terc. Port., pag.ltl, tav. XV, f. 1 1 rnamenti super- ficiali ha non poca analogia colla N. exigua (Brocch.) , dalla quale tuttavia è bene distinta per il grosso ribordo esterno del labbro sinistro, e per la posizione terminale dell'intaglio. Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, imn nuo : (,'oll. del Museo. DESCRITTI DA L. EELLARDl 309 2T Serie. Nucleus embrionaìis brevis, obtusus. - Testa parvula, turrita : spira longiuscula, medio inflata. - Anfractus ultimus dimidia longitudine brevior. - Superficies tota lon- gitudinaliter ecostnta et transverse minute sulcata. - Os ovale; labrum sinistrum incrassatum ; labrum dexteriim gracile, non ultra os productum, regionem umbili- calem non tegens, inde testa submnbilicata : columella subrecta, in axitn trstae pro- ducta: rima terminalis lata, parum profunda, elabiata, postice non canaliculata. La forma della columella che va quasi diritta nell'asse della conchiglia all'apice della bocca, la brevità del labbro destro, la presenza di una specie di ombellico, la posizione terminale dell'intaglio e finalmente la mancanza della scanalatui'a che lo accompagna posteriormente sono le note caratteristiche di questa serie. 1 1 4. Nassa abata Bei.l. Tav. VI, fìg. 7 (a, b). Testa sublurrila: spira longiuscula, salis acuta. - Anfraclus convexi; ullimus pamm ventiosus, antice parum depressus. - Salci Iransversi minuli , i vel 5 in primis el nicdiis anfrafUibiis perspicui, \2 in uKimo, in parte aiilicn ulliiui itnfraclnx iuler s»- winus dislaiiles. L(inj; 9 intn : Lai. 4 '/a i"i"- Miocene medio : Colli torinesi, Baldissero-torinese, raro ; Coli, del Museo e Mi- chelotti. 28» SeiHe. Nucleus embrionaìis longus, acutus. Testa turrita : spira longa, valdc acuta, polygyrata. - Anfractus valde convexi , inde suturae profundae ; anfractus %iltimus antice depressissimus, '/, totius longitudinis aequans.- Super ficies tota longitudinaliter costata et transverse costulata. - Os obliquum , ringens , postice canaliculatum ; labrum sinistrum arcuatum, antice subangulatum , incrassatum , interius pluripli- catmn ; labrum dextrrum antice vix, postice late, ultra os productum et uniplicatum, antice ad marginem liberum et erectum, obliquum, in fauce rugatum : columella medio profundissime excavata, valde contorta: rima latissima, parum profunda, valde reflexa, a labiis longis circumscripta, postice profundissime canaliculata. Fra i caratteri propri di questa serie, quelli che la separano dalle vicine, sono particolarmente i seguenti: 1" la spii'a lunga e notevolmente acuta, fonnata da anfratti numerosi, brevi e molto convessi ; 2° il labbro sinistro grosso, quasi varicoso, dilatato anteriormente; 3° il labbro destro sottile, anteriormente libero ed eretto al margine per modo da lasciare scoperta la regione umbihcale, accollato all'ultimo anfratto e poco esteso posteriormente, guernito di parecchie rughe e di una grossa piega presso il suo incontro col labbro sinistro : 4° la columella molto contorta all'apice : 5° l'intaglio 310 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. molto ripiegato verso il dorso dell'anfratto ; G° e finalmente la profondissima scana- latura che corre posteriormente all'intaglio. La forma fossile per la quale ho istituita questa serie ha il suo rappresentante nella Fauna attuale nella N. decussata Kien., la quale vive neirAtlantico sulle coste d'Africa. 115. Nassa contracta Beli.. Tav. VI, (it; 9 (rimis, reclae, prope rimani minores, siibsinuosae : coslulae Iransversae in primis anfraclulms 3 vel 4 per- spicuae, sìibuniformes. rostas Inngiludinales subaequanles, inde superficies ibi clatlirala, in liibvs uUimis (lìifradnbus nnmcrosiures , majores el minores allrrnatae: superficies loia loiij;iludina- liler minute slrialo-lamellosa. - Os suborhiculare; plica antica interna labri sinistri major; plica postica labri desleri mar/na et longa. Long. 30 min.: Lai. 18 nini. Miocene superiore : Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo : Coli, del Museo e della R. Scuola d'Applicazione per gl'Ingegneri. 29' Serie. Nucleits embrionalìs minutus, acutus. - Testa ventrosa, turhiniformis : spira brevis, ad apicem acidissima, dein magis aperta. - Anfractus irrimi depressi, ultimi convexi ; ultimus inflatus, antice falde depressus, dimidiam lonfiHudiuem aeqitaiìs. - Superficies tota longitudinaliter costata et transverse silicata. - Os suborhiculare : labrum sinistrum incrassatum, interius plicato-dentatum ; labrum dexterum crassuiv. antice et postice parum, in regionem medianam magis, productum, postice unipli- catum : columella medio profunde excavata : rima subterminalis, antice angustata longa , a labiis longiusculis circumscripta , valde recurvata , postice profunde et anguste canaliculata. L'acutezza della spira all'apice ; la poca apertura dell'angolo spirale negli anfratti di mezzo, la quale, unitamente alla brevità della conchiglia, in proporzione della sua grossezza, le dà una forma quasi globosa; la spessezza del labbro sinistro; la figura quasi orbicolare della bocca ; il labbro destro che poco ed uniformemente per tutta la sua lunghezza si estende fuori del piano della bocca ; l'intaglio molto ripiegato ali 'indietro ; e la profonda e stretta scanalatura che gli corre po.-iterionucntc, danno alla forma descritta in questa serie una fisionomia affatto particolai'e e distinta da quella delle specie descritte nelle altre. 116. Nass\ obesa Beli.. Tav. VI. Ug. 8 ((a /Mcn7n; spira lon^a, satis acula. - .\nfraclus convpxi : /irtmi obsolete IniifìiludinaHtfr costali; meda el ultimi toti laeres; ullimus aulire salis depressus. - Os medio valde dilatalum; labrum sinislrum valde expansum. Long. 6 min. : Lai. 3 mm. Miocene medio : Colli torinesi, rarissimo ; Coli. Michelotti. 33' Serie. Nucleus embrionalis parvulus, plus minusve acutus. - Testa parvula. - An- fractus convexi: ultimus dimidia longitudine brevior, vel vix dimidiam longitu- dinem aequans. - Superficics longitudinaliter costata, transverse costulata. - Os suborbiculare ; labrum sinistrum arcuatum, varicosum, interius plicafum : labrum dextcrum antice vix, vel parum, tdtra os productum, postice plus minusve extensum : columella arcuata: rima lata, profunda. a labiis longis circumscripta, valde re- flexa, postice profundc canali culata. La contemporanea presenza dei caratteri seguenti nelle forme di questa serie le distingue facilmente da quelle delle serie che vengono dopo, colle quali queste hanno molta analogia nelle dimensioni, nella forma generale e nella qualità degli ornamenti superficiali : 1° nucleo embrionale piccolo, acuto: 2° labbra deirintaglio lunghe e molto rovesciate sull'ultimo anfratto; 3° scanalatura posteriore all'intaglio stretta e profonda. 316 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. A. Labrum dexteruiii |)Ostìrc vix ultra os prodiiclum. 126. Nassa ingrassata (Mui.l.). Tav. VI, fig. 18 (a, b). Tesla turrita: spira loiisa - Anfraclus raìde cnnrexi ; ullimus '/s lotius lonpiludinis subaequans: suturae profundae. - Coslae longitudinalcs oblusae, rectae, axi Ifstae paraUdae, ab inlerstitiis lalis et profundis separatae, plerumque 1 1 in ultimo anfractu: coslulae Iransversae minutae, plerumquo 12 in primis el mcdiis anfraclubus perspicuae, 20-22 in ultimo, sulianilae, siibuniformes , contlnuup, supir castas Inniiitiidinales el intcrstilia inlerposita denirmiles, a snlcis profundis, latiusculis, complanatis, separata ; sulci prope suturam posiicam minores. - Os orbi- culare; labrum sinislrum maqni-varicusuin; labrum dexlcrum medio et postice vix et nnifor- miter ultra os prodiirlmn, rugalum, poslice uniplicalum : rima poslice carinala. Long. 17 mm. : Lat. 8 \'j mm. MULL., Zool.Dank: Prodr., N. 2946. GMEI,., Linti. Si/st. Xat., ed. 13, pag.354'. BRUG., Dict., ?i.49. MO.NT., Test, britt., pag. 241, tav. Vili, Cg. 4. BAST., Veni. Borii., pag. 49. I>l-:i'B., Dict. Se. Nat., voi. XXXIV, pag. 242. BLAINV., Faitn.fr., pag. 174, lav. LXVI, fig. 8, 9. PAYR., (\ii„l..ì/oll.Cors., png. 161, tav. Vili, fig. 13, 14. FLKM.. //isl. Brilli. Anim., pag. 340. .MARC. DE SERR.. Ceogn. lerr. tert.. pag 132. BRONN, llal. tcrl.-Geb., pag. 22. DESÌI., Expid. Si\ Marre Zool., pag. 199. BOUCH.-CIIANT., CaKil. Moli. Boulonn., pag. 69. KIEN., /co«., pag. 81, tav. XXVI, fig. 104. KIEN., hon., pag. 82, lav. XX. fig. 77, et tav. XXV, fig.98. DUJ., Mi-m. ijM. Tour., pag. 299, tav. XX, fig. ti. 12. PIIIL,, Moli. Sic. I, pag. 226. BRONN, Tegcl forni, foss. Sicbenb. a.Giililz., pag. 657. PLISCII, Poi. l'aliionl., pag. 123. FORB., Calai. Moli. Iste of Man., pag. 24. SCACCI!., Calai. Comh.Neap.. pag. U. GRAT., Calai. Anim. l'eri, et Inveri. Cironile, pag. 41, C.ALC, Cunth. fo.ts. Altai-illa , pag. 62. E. SISMD., Sijn., pag. 40. NV.ST, Coq. et Poi. foss. Bcly., pag. 575, tav. XLIII, Cg.lt. PlllL., J'erticri'erst. yoriìw. Veutsclil., pag. 27. 61, 76. PHIL., Moli. Sic, voi. Il, pag. 191. LAMCK., Anim.s.vert., 2 ed., voi. X. pag. 173. DESÌI, in LAMCK , Anim.s.vert., 2 éil., voi. X, pag. 173 |ia Dota). DESH. in LAMCK, Anim. s. veri., voi. X, p. 283. VERAN. in Desir. ili Genova, voi. I, pag. 94. E. SISMD., Sijn., 2 ed., pag. 29. TENiN.. Slrat.Lisl of Brilli, foss., pag. 6. WOOD, Crag. Moli., pag. 29, tav. HI, fig 4. DORB., Prodr., voi. Ili, pag. 176. GUISC. Faun. foss., desili., pag. tt. SEGUENZ., Form. plioc.Sieit., pag. ti. DODEIIL., Ciiin. gioì. lerr. mioc supltal. lenir., pag. 105. DE REYN., \ AN DEN-IIEI:K. et PONZ., Calai foss. Monte Mario, pag. 19. CONI'., .Monte .Mario, pag 34. FISCII , Faun. Comli. mar. Gironile, pag. 80. RKl'S., Conlr. Faun. .Moli. Daini , pag. 66. DESCRITTI DA h. BÈLLARDI 317 FORESI., Calai. Moli. plioc.Bolngn.. I, pag. 43. MANZ., Sagg.Conch.foss. sub., pag. 37. WEINK., Conc/i. Mitlelm., voi. Il, pag. 61. PETIT, Calai. .Moli. test. iMers Eur., pag. 172. COPI*., Calai, foss. mioc. e plioc. Muden., pag. 95. T.\PPAR., Ind.Sistem. Moli. test. Spezia, pag. 25. ARAD. et BENOIT, Conclt. viv. nutr. Sicil., pag. 291. MCALS., Calai. Artim. foss. Prov. d''Algcr.. pag. 108. BELL, Calal.JÌIoll.foss.de Biol, pag. 9. MOEllCll, .Si/n. Moli. mar. Vaniae, pag. 41. CONT., Monte Mario, 2 ed., pag. 40. COPP., Slud. paleont. Icon. moden., pag. 35, tav. IH, fig.68. -AIONTER., Cimeli, foss. Monte Pellegrino e Ficarazzi, pa^.SS. MO.'STER., Not. Condì, mediterr.. pag. ."jO. SEGUENZ., Form, plioc Ital. merid., pag. 305. COCC, Enum.Sisl. .Moll.mioc.e plioc. Parm.e Piac, pag. 80. MAY., Sijsl. Fcrz. l'erst. Iklv., pag. 32. COPI'., Calai, foss. mioc.-plioc. .Mndeu. Cill. Copp., pag. 2. DE .SIEF., Foss. plioc. » .Miniato, pag. 35. SEGUENZ., Form, plioc. Ital. merid., pag. 278. MANTOV., Descr. geol. Camp, rom., pag. 4 1 . L-VNG., List. .Mar. Sc/iells of llaslings, pag 4. l'ONZ., Cronac. suhapenn., pag. 21. MO.NTER.. Nuov. lìiv Condì, mediterr., pag. 41. FLSCIL, Coi), vit: et foss. des Caveni. Fr. tt Lig., pag. 334. FONTAN., Etud.stral. et paleont. Bass.du RliAne, II, pag. 10. FI.SCll., Coij. ree. et foss. Cavern. Fr. et Lig.. pag. 334. FORE.ST., Cenn.geol. e paleont. plioc. ani. Castrocaro, pag. 90. FI.SC1I., Paleont. de lUle de Ithodes, pag. 29. ISS., Ipp. Paleont., pag. 20 MONTEIl., Calai. Condì, foss. Monte Pellegrino e Ficarazzi, pag. 37. PANT.VN., Alt. Accad. Fisiocr. Sietia, pag 9. FONT., liuti. Soc. Geol. l'r., pag. 516, Ut. I, fig. 7. STR. In SARS, Arci, l'ann., pag. 253. UE STEI\ e PA.NTAN., Moli, plioc. Siena, pag. 103. JIO.NTER., Enum. e Sinon. Condì, mediterr., pag. 43. ISS., Oor. del Fiolanle, I, pag 16. VAN-DE.N-BROECK. Ei.quis.<. gèni, et paltoni, dep. plioc. Anvers, pag. 293. FISCII., Bradi, et .Moli. Lilnr. Oeean. Fr., pag. 92. BENOIST, litag. lorton. Gironde, pag. 5. DE STEF., e PA.NTAN., Moli, plioc. Siena, pag. 104. MELI, Sui Vini, di Civitavecchia Not. Geol., pag. 10. BRUGN., Condì plioc. Caltanisetta, pag. lOJ. PANTAN., Condì, plioc. di Pietra futa, pag. 272. MOMTER., Condì. Cosi. d'Africa, pag. 228. COPI'., Terr. lab. moden., pag. 10. COPI'., Marn. turch.modeu., p.ig 14. COPI'., Paleont. moden , pag. 34. PAMT.\N., .Moli, plioc. tose. viv. Mediterr., pag. 68. Tarieift A. Spira pleriimque magb aculn. - .{nfrarlus vltimu.s biv:iricosus. Long 18 mm. : Lai. 8 '/» "ini. Varielù B. Spira plerumque brevior , maijis aprrla, medio infiala. - Anfractus magis ron', Ciitiil. Condì, foss., pag. 13. K. SISMI)., Syn., pag. 40 D'ORB.. Prodr, volili, pag. 8.1 Varivi* €. Spira medio infiala. - Anfrnctus magis convexi. - Coslae longitudinale.t minutae, ab inlarslitiis Intis separatae, numerosiores, plerumque 16 m ultimo aiifraclu. obliqnae Long. 13 mm. : Lai. 7 mni. Varieu D. Spira hrevior, medio infiala. - Anfraclus mapis convexi. - Costae Inngitudinales minutae eoslnlas transverso-i subaequantes, 20 in nllimo anfraclu. Long. 9 mm. : Lai. 5 '/« i""- La forma che M. Hoemes riferi nella sua opera (tav. XII, fig. 16) al Bucc. incrassatum Miill.. ne è certamente diversa, come appare dalla precitata figura, e come ebbi l'opportunità di persuadermi mercè due esemplari che ricevetti molti anni sono dallo stesso M. Hoemes. Dall'esame di questi fossili riconobbi le seguenti loro differenze dalla Nasaa in- crassata (Miill.). 1° la depressione che a foggia di gronda corre posteriormente all'intaglio, è negli esemplari delle vicinanze di Vienna larga e poco profonda, e le labbra dell'intaglio sono molto meno rovesciate all' indietro, pei quali caratteri la forma che rappresentano non può -.essere inscritta in questa serie che lia appunto per tipo la N. incrn.t.'ifda (Miill.): 2" la spira vi è più aperta e più conica; 3* gli anfratti sono depressi, quasi appiattiti e perciò le suture superficiali ; 4° le coste lon- gitudinali sono molto più numerose. (17), più grosse, più ottuse e separate da inter- stizii molto più stretti : 5" le costicine trasversali sono anch'esse notevolmente più numerose ; 0° l'ultimo anfratto vi è molto meno depresso anteriormente , dal che risulta la figura della bocca ovale . <^ non quasi circolare come è nella specie del Miiller. N'ou havvi dul)bi<) perciò che i fossili riferiti dal M. Hoemes al Bucc. incrns- sahoi) Miill. non vi appartengono, come riconobbero i signori R. Hoemes e M. Auinger nella recente loro Monografia: ma. a mio giudizio, errarono i signori K. Hoemes e .VI. Auinger nel riferire la forma in ([uistione alla jV. gmnxhri.'i Boi-s. La specie del Borson, che sarà descritta in seguito col nome di N. verrucosa (Brocch.) per ragioni clic indiclierò in appresso, è una forma indubbiamente diversa dalla precitata: in essa 1" il nucleo emlirionale è breve, largo ed ottuso; 2° la spira è rigonfia nel mezzo: 3° l'intaglio è circoscritto da labbra brevissime e quasi punto rivolto all'indietro. per modo che la scanalatura che vi corre posteriormente vi è appena segnata. Tali sono i motivi pei quali non lio riferita nella sinonimia di questa specie la citazione dell 'opera di M. Hoornes. e non riferirò in quella della N. vcrrucoxa (Brocch.) DESCRITTI DA L. BELLAEDl 319 la citaiàone del Buccinum granulare della Monografia precitata dei signori R. Hoemes e M. Auinger. L'imperfezione delle figiu-e rappresentanti le forme clie Grateloup ha creduto appartenere al B. asperulum Brocchi, non permette di rifeiirvele con certezza; occor- rerebbe di aver sott'occhio gli esemplari tipici per dare im adeguato giudizio in pro- posito, stante la grande analogia che con questa presentano parecchie specie della pre- sente serie ed altre delle serie vicine. Pliocene superiore: Colli astesi. Valle Andona. ecc., frequente; Coli, del Museo e Michelotti. Varietà B. — Pliocene inferiore: Albenga-vallone Torsero, raro; Coli, del Museo. Pliocene superiore: Colli astesi. Valle Andona, ecc., frequente; Coli, del Museo. Vive nei mari d'Europa. 127. Nassa volpedana Bell. Tav. VI, fi^. 19 (fl, b). Dislinguunl hanc speciem a N. incrassala (Muli.) sequentes nolae: Testa crassior : sjiira brevior, medio i/i//(((a, miiiiis iipirla. - Anfradus primi vix convexi; ultimus dimidiam loiiyilndiiiem sabacquaits. - Costar lungitudiìialra ab iiiterslitiis anijustioribus separatae , in ultimo nnfraclu obsoMac: coslulae transvi'rsae majores, pauciures. - Labrum sinistrum antico dilnlalum: ctilumidla untici! ci magis profunde excavala: rima a labiis brevioribus circumscriida, pusticv mngis profunde excavata. I.oiig. 9 mm. : Lai. 6 mni. Pliocene superiore : Volpedo presso Voghera, rarissimo ; Coli, del Museo. 1 28. Nassa bugellensis Bell. Tav. VI, (i-. 20 (: convexi, prope suturam posticam depressi. - Costae lonijiludinales minorrs, namerosiores, in ultimo anfracln subsinuosae, versus margineni uris interdum obsoielae : cuslulac transversae in ultimo anfracln lalae, compla- natae. ab interstitiis angustis separatae. - Os magis dislincle orbiculare ; labrum sinistrum magis arcuainm; labrum dextcrum lacve: cohimella mngis profunde excavala; rima a labiis breeioribus circnmscripla, minus reflexa, poslice minus profunde canalicnlata, non carinola. Long. 9 mm. : Lai. o mm. VarifiA A. Costae longiludinales in ullimo aufractu miuores, numerosiores. Long. 8 '/j, mm. : Lai. 5 inni. I caratteri principali che distinguono questa forma dalle sue affini sono : la lun- ghezza maggiore ed ampiezza minore della spira ed in particolar modo la forma maggiormente convessa degli anfratti dalla quale risulta che le suture sono più profonde. Avendo attentamente paragonati parecchi esemplari di questa forma con un esemplare 320 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECO. tipico della N. Lihassii De Stef. gentilmente comunicatomi dal signor Prof. Panta- nelli e con uno tipico della i\'. jilmìigfrin Brugn. inviatomi dall'autore stesso, ho trovato nei nostri fossili le seguenti diiferenze : 1 " dalla N. planistrìa Brugn. : dimensioni per lo più maggiori ; anfratti più convessi e perciò sutme più profonde; costicine trasversali più larghe dei solchi loro interposti ; scanalatui'a posteriore all'intaglio meno profonda. 2° dalla .A'. Lihdssii De Stef.: spira più stretta e più lunga: anfratti più con- vessi, specialmente l'ultimo il quale è molto più convesso anteriormente: coste longi- tudinali più sporgenti; costicine trasvei-sali più larghe e più distintamente appiattite. Pliocene superiore: Colli biellesi. Masserano. non raro: Coli, del Museo. B. Labrum dexleriiin poslice ullra os plus miuusve dìstincte produclum. a Spira hrrvix^ parum acuta. 4 29. Nassa planicostata Beli.. Tav. VI, fiK. 21 (a. b . Testa ventrosa: spira brevis parum acuta, medio indala. - Anfraclus parum convexi; ullinuis inflalus, anlice valde depressus, climidiam longiludinem aequans: sulurae supertìciales. - Coslae longiludìnales ohlnsae, in primis et mcdiis anfraclithus ab inlersliliis anfjustis separatae, vix obliquae, roclac, in ultimo 16, ab interstiliis latinribus separatae, versus rimani subsinuosae: coslulae Iransversae 5 vel 6 in primis et niediis anlraclubus perspicuae, \ì in ultimo, continuae super coslas Inngitudinales decurrentes , ih refjione media anfrarliium majores , complanatae. - Os suborbiculare , |)ostice leviter anguslalum et prot'unde canaliculatum ; labrum sinistrum anlice Matalum, poslice depressum; labrum dexterum anlice et medio vix ultra OS produclum, poslice alhiuantn crlensum, laeve; plica jiostica vix notata : coluraella medio profunde exoavala. Long. 8 '/« mm.: Lai. 6 min. ? 1874. Runinum yriniu/aliim COPI'., Calai. Foss.mioc.-jilioc, Afoden. Colt. Copp.. pag.2. ? 1880. IVassa granulata COPI*., Marn. ttirch. Ufoden., p. 14. ? 1880. /(/. id. COPP., Terr. Tab. Moden., pag. 10. ? 1881. Id. pi/ijmaea COPP., Pa tenni, moden., paj^.S.'i. Varietà A. Spira /oHjior, ma()is acuta. Long. 9 '/s l'Ili- ■ '-al- 6 mm. Varieiik B (an spedo» ., [lag. 654, lav. XV, fig. 18. B.\ST., Meni. Biird., pag. 49. var. fi BRO»', Ital. Urt.-Geh.. pag. 23. DESH., Exjiéd .Sede Morte Zoo/., p.ij,'. 19"!. NYST, lìicli.t'oij. foss. Hou.'.s.el Klciii-Spauw, pag. 3'7. GR.\T., Calai. Viri, et Inveri, iiironde, pag. 41. E. SISMO., Syn., pag. 40. E. SISMD., Syn., 9 ed., pag. 98. D'ORB., Frodr., volili, pag. 176. DE REYN., VA.N-DEN-HECK. et l'ONZ., Calai, foss. .^onU Mario, pag. 13. O. COST., Ossav. Cone/i. S' Minialo, pag. 17. COM., .Vonle .Mario, pag. .34. FOREST., Caini. Moli. plioc. Boiogn., I, pag. 43. BELL, Calai.. Voli, l'nss. de Bini, pag. 9. CONT., Monle Mario, 9 ed., pag. 40. COPP., Calai. Moli, mioc.-plioc. Moden. Coti. Copp., pag. i. DE STEF.. Foss. piioi. » Minialo, pag. 35. SEGUENZ.. Form.plioe.Ilal.merid., pag. 976. PO>'Z., Cronai . siiliapenii., pag. 26. P.\NTAN., /Itli Ah ad. Fisiocr. Siena, voi. VII, pag. 4. UE STEF., .Slral. plioi: .Siena, pag. 169, 170, 951. DE STEF. e PANTAN., .Moli, piioc. Siena, pag. 103. PANTAN., Conch. piioc. di Pietrafitta. pag. 979. COPP., Terr. Tab. moden., pag. IO. BRUGN., Conc/i. piioc. Cailanisetla, pag. 107. COPP., Paleonl. moden., pag. .37. Sono numerose le deviazioni della fonna tipica descritta che si incontrano negli esemplari riferibili a questa specie : tutte queste modificazioni sono così fra loro unite, che non riesce possibile di separarle in varietà : mi limito perciò ad indicarle in un modo generale: 1° la forma generale varia nelle sue dimensioni: non è peraltro fre- quente la forma raccorciata : 2° variano soprattutto le coste longitudinali sia nel nu- mero e nella grossezza, sia nella obliquità e nelle inflessioni e sia finalmente perchè Serie II. Tom. XXXIV. 'R 322 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TEIJZIARII DEL PIEMONTE ECC. sono non di rado quasi obliterate nella parte anteriore dell' ultimo anfratto in pros- simità del labbro sinistro. La forma riferita alla presente specie dal Grateloup {Conch. foss.. tav. XXXVI, fig. lit) ne è certamente diversa specialmente per le maggiori sue dimensioni. Pliocene superiore : Co\ìi astesi, Valle Andona. ecc., frequente; Coli, del Museo e Michelotti. I:i1. Nassa tumida Bell. Tav. VI, fiR. n {a, b). Dislinguunl hanc speciem a N. angulala (Brocch.) sequenles notae : Testa nassior. - Coslac lonoiludinales pauciores, majores, in ultimo anfractu vix obliquae et vix sinuosae : costulae transversae minores, numerosiores , 8 vel 9 •« primis et meiliis anfr'act'ibus perspicuae, li in ultimo - Plicae inlernae labri sinistri pauciores, V majores: labrum ilexlerum crassius. medio manis produrlinn. Long. 1 1 nini. : Lai. 6 mm. Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo; Coli, del Museo. Pliocene superiore: Villalvemia. presso Tortona, regione Fontanili, raro: Coli, del Museo. 1). Spira loiiga, valde acuta. 132. Nassa Seqienzae Bell. Tav. VI, fi^.. 24 (a, b\ Tesla subfiisifnrmis: .,/«., pag. 10. PillL., Moli. Sic, voi 11, pag. 192, tav. XXVIl, fig. 15. E. SI.SMl)., SijN.. 2 ed., pag. 29. D'ORB., Prodr., voi. Ili, pag. 176. RAY.N., V.\N-DEN-I1ECK. et FO.NZ., Cn/d/./ów.il/on/e Mario, pag. 13. SEGUEJNZ., Form. plioc. Ital. Sicit., pag. 11. CO.NT., ìlorile .Mario. pug.31. DODERI.., Cenn. geni. lerr. mioc. sup. Ital. centr., pag. 105. COI'F., Calai. .Moli, filine, e plioc. moderi., pag. 2."i. BEIX., Catal. .Moll.foss.de Biot, pag. 9. MOISTEIl., Condì, foss. Monte Pellegrino e /•Vcarnjji, pag.33. SEQUENZ., Form, plioc. Ital. merid., pag. 300. COCC, Enum. Sist. Moli. mioc. e plioc. Parin.e Pine, pag. 81. DE STEF., Foss. plioc. S' .Miniato, pag. 35. PANTAN., Àtl. Accad. Fisiocr. Siena, \ol.VIII, pag. 4. SOllD., Faun. mar. Cascina nizzardi, pag. 35. CRE.SPELL., Xot.genl.Sangnan., pag. 18. PONZ., Crollile, subapenn., pag. 26. STOER, Terr. plioc. Girgenti. pag. 469. DE STEF., .Xot. Moli. plioc. .Montern foli, pag. 3. FONT., Éliid slrat. et Palennt. Bassiìi-du-Rlidne, pag. 17, 69, 76. ISS., ylpp. paléont., I, pag. 22. DE STEF., Slrat. plioc. Siena, pag. 183, 211, 212. DE STEF., Strat. plioc. Siena, p.ig. 17. PANTAN., Plioc. Dint. di Cliinnciano, pag. 7. .FUCllS, Slud. ieri. bild.Ober. Ital., pag. 62. M.\Y., Dccom'. Conch. ìi Conger. Boss, du Rlióne, pag. 9. DE STEF. e PAN FAN., Moli, plioc. di Siena, pag. 104. BRL'GN., Conch. plioc. Caltanisetta, pag. 106. COPI'., Paleont. modcn., pag. 3i. Non lio riferita la citazione del Bucc. tarhi iteli um Riss. (Fred. Etirop. Mérid-, pag. 102, tav. VII, fig. 91), che il Bronn riguardò come identico alla specie da lui così bene descritta col nome di B. serraticosta, perchè la figura del Eisso, ab- benchè imperfetta, rappresenta un fossile certamente diverso specialmente per Tinter- 328 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. ruzione delle costicine trasversali nei solchi interposti alle coste longitudinali, carattere questo che aveva indotto il Sisnionda a inferire a questa specie del Bronn la forma che è stata precedentemente descritta col nome di X. prodttcta. Bell. : la descrizione che il Bronn ha fatta della sua specie corrisponde così bene coi caratteri del fossile di cui qui si discorre, che non può sorgere dubbio a questo riguardo. La natura delle costicine o strie trasversali assegnate da Bronn alla sua specie [striis transversis continuis, Bronn), è in opposizione con quanto si osserva nella figura del Kisso e nel fossile descritto col nome di JV. productn Bell. Non ho parimente riferita la citazione delle opere di M. Hoernes, e di K. Hoernes e Auinger in quanto si riferiscono alla JV. serraticosta Bronn, perchè la forma descritta e figurata da M. Hoernes è certamente diversa da quella del Bronn, come non mi fu difficile il riconoscere comparando la figura data dall'Hoemes M. colla forma tipica del Bronn e paragonando un esemplare delle vicinanze di Vienna inviatomi con quel nome dal sig. Fuchs, il quale esemplare conisponde benissimo alla figura precitata dell'Hoernes M. Le differenze che vi ho riscontrato sono le seguenti : 1 ° nella N. serraticosta Bronn, che è comunissima nelle sabbie gialle del pliocene superiore dei Colli astesi, la forma è più lunga e più stretta; 2° gli anfratti sono meno convessi e perciò le suture meno profonde; :>" le coste longitudinali quasi sempre contigue sui successivi anfratti e più ottundate ; 4° le costicine trasversali più numerose , più grosse e separate da coste molto più strette. La forma viennese è molto affine a quella precedentemente descritta col nome di JV'. Catulh Bell. Miocene medio : Colli torinesi, Sciolze, raro ; Coli. Michelotti. Miocene superiore: Tetti Borelli, presso Castelnuovo d'Asti, non frequente; Coli. Kovasenda. Pliocene inferiore: Zinola, presso Savona, Albenga-vallone Torsero, Ventimiglia, non raro; Coli, del Museo. Miocene superiore: Colli astesi. Valle Andona . ecc. : Colli biellesi , Masserano : ViUalvemia presso Tortona, regione Fontanili e Braja, frequente: Coli, del Museo. 143. Nassa Fischer! Beli.. Tav. VII, fig. H (a. b, e). Dislìn^uunl hanc speriem a S. xerralicosla ( Bronn) sequenles notae: Testa minor. - Anfraclus postice depressi. - Costae lonfìitudinalfi» numerosiores, \ì, majores, olìlusiorrs, ab intcrsliliis anf)ustiorihiis si'jiaralae, leviler ohiiqiiae: loshdae Iransversae minorn, ah inlrrsliliis lalioribiis sejutratae. - Labrum sinistrum ma(ji$ iucrassattim. Long. 4 mm. : Lat. ì mm. S Miocene medio: Colli torinesi, Grangia, rarissimo; Coli. Rovaaenda. ) descritti da l. bkllardt 329 144. Nassa textilis Beli.. Tav. VII, fig. 13 (o, h, e). Distinguunl hanc speciein a N. serraUcosla (Bronn) sequentes nolae : Spira brevior, magis aperta. - Anfraclus magis convexi. - Coslae longitudinales majores, obtiisiores, ah inteistiliis anguslioribus separalae: cnstulae transversae pauciores , a iukis lalioribus separatae. - Rima latior, a labiis subnullis circumscripta, vix revoluta. Long. 7 '/) rara : Lai. 4 mm. VarieU A. Anfractus ullimus hivaricosus. - Coslae longitudinales minores, numerosiores, i 5. Long. 7 mm. : Lai. 4 mm. Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, raro; Coli, del Museo 145 Nassa impar Bell. Tav. VII, fip. 14 (a, 4, e). Dìslinguunt hanc speciem a N. serraticosla (Bronn) sequenles nolae: Testa minor: spira brevior, magis aperta. - Cosliilae tratisversae numerosiores , 12, mae- quales, in parie media ullimi anfractus nonnullae majores, antice et praeserlim postice minorei. - Os amplius; labrum sinistrum magis arcualum. Long. 6 mm. : Lai. 3 '/i mm. Miocene medio: Colli torinesi, Sciolze. non raro; Coli. Rovasenda. 146. Nassa cavata Hell Tav. VII, fig. 15 (a, h, e). Dislingiiunl hanc speciem a N. serraUcosla (Bronn) sequenles nolae; Spira magis aperta. - Anfractus pauciores, 4, a suturis profuniliorilms .<ìeparati. - Coslae longitudinales minores, compressae, ab intcrsliliis lalioribus separatile : roslulae transversae pau- ciores, 5 »rt primis et in mediis anfranclubus, 9 ih ultimo, filiformes, a sulcis lalissiinis separalae, in intersecatione costaruin longitudinalium subspinosae. - Os brevius , nrbiculare: rima a labiis subnullis circumscripta. Long. 8 '/a ram. : Lai. 4 mm. 1868. yassa strraticosla KOREST., Calai. Moli. plioc. Bologtt., pag. 44. I87(i. Id. id. FOREST., Centi, geol. e paleoni. plioc. ant. Castrocaro, pag. SO. Miocene superiore: Tetti Sorelli presso Castelnuovo d'Asti, raro; Coli. Rovasenda. Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, rarissimo; Coli, del Museo. Serik 11. Tom. XXXIV. 's 330 I MOLLUSCHI BEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC. 1 i7. Nassa torbicula (May). Dislinguunl hanc speciem a -V. serraiicosta (Bronn) sequenles nolae : Testa turrita: spira longior. - Anfractas hreviores, praesertim uUimus, a suturis multo ma{/is profundis separati. - Coslae longiludinales numerosiores , li, compressae . subaculae, prope suluram poslicam subtruncalae : costulae transversae minores, pauciores , ab interstiliis multo laiioribus separutae. - Os breve, suborbiculares. Long. 6 '/« mm. : Lai. 4 '/« •uni- 1873. Buccinum tuniculum .MAY., Joum.de Concfi., voi. XXI, pag 29l, lav. X, fig. 5. Miocene superiore : Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo : Coli, del Museo di Zu- rigo (Prof. Mayer). U8. Nassa Jani (May.). Dislinguunl hanc speciem a N. lurricula [May.) sequenles nolae : Anfraclus non postice depressi: suturae minus profundae. - Costae longiludinales majores, paueiores, 10, vbtusiores, ad suluram posticam productae: coslulae transversae majores, ab interslitii.'! angustioribus separatae. - Labrum sinistrnm vmgis incrassalum , plicae internai' majores. Long. 6 '/> !"•"■ ■■ Lat. 4 '/, mni. 18*3. Buccinum Jani .M.\Y., Journ.de Conch., voi XXI, pa^-. 150, tav. VI, fip. 6. Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, raro; Coli, del Museo di Zurigo (Prof. Mayer). 149. Nassa quadrisebialis (Bon.). Tav. VII, fip. 16 ( Luca e di l'adirnu, pag. 5. (ìli esemplari dell'attuale collezione del Brocchi che mi furono comunicati dalla Direzione del Museo civico col nome di Buccinum virrucosum Brocch.. corrispondono DESCRITTI DA L. BELLARDI 331 esattamente con quelli qui descritti : ma la descrizione data dal Brocchi del suo Buccinuni verrucosum collima perfettamente coi caratteri della specie seguente, cosi che io credo che nell'attuale collezione del Brocchi sia avvenuto uno scambio di schede. Nella quale credenza mi confermano le costicine trasversali mediane della forma qui descritta, appiattite e foggiate a benda, le quali certamente non sarebbero sfuggite all'occhio del celebre paleontologo e delle quali non è fatto cenno nella descrizione del suo Bticcinum verrucosum. Miocene stiperiore: Colli tortonesi, S'* Agata-fossili, non raro: Coli, del Museo. Pliocene inferiore: Castelnuovo d'Asti: Vezza presso Alba: Zinola presso Savona, Albenga-vallone Torsero, non frequente ; Coli, del Museo. <50. Nassa verrucosa (Brocch.). Tav. VII, fig. 17 {a, b, e). Distinguunl hanc specieni a N. quadriserialis (Bori.) sequentes iiolae: Testa major, iuftala: spira brevior, maois aperta. - Anfraelus moffis, cnnvexi. non postica deprensi. - Cntlac longiluilhiales numem.iiores, 15, waqis obliquae , ab interstitiii angustioribus separatae : coslulae Iransversae wagis promiiienles. angustiores , subwriforines. - Labrum dexterum ruguliisum. Long. 9 mm. : Lai. 6 mm. 1814. Bucrinum veìrmosiim BROCCH., Covch.foss.sHb., pag C50. HORS., Oria pieni., I, pag 40. E. SISMO., Sijn., pag. 41. MICHTTl., Foss.mioc, pag. il3, lav. XIII, fig. 4. E.SISMD., Syn.. ì ed., pag. i9. D'ORB., Prorfr., voi 111, pag. 84. DODERL., Cetili, geol. teir. mioc.sup. Ital. merid., pag. 105. COCC, Enum.Sist. Moli, mior.e ptwc.Parm.e Piac, pag. 81. COPP., Palcoiit. mndcii.. pag. 33. Varietà A. Tav. VII, fig. 18 {. Nassa aspcrata SEGUENZ., Furin. pliin. Ital.merid., pa;,-. 276. ? 1880. . /(/. aspcrulata COI'l'., Terr.'l'ah. Modin.. pa},'- •O. 1881 Iti. asperata COI'l'., Paleaitl. moilcn., \>af,.'.Vi. ? 1S8Ì. *uccinum aj/zmifum R. HOEUN. el .M. AUI.NG. Gast.mioe Oesier.-Ung. Monarch., pag. 139, lav Mll, fife'. 40. Varietà A. Testa hrevior, ventrosiur. Long. 7 mm.: Lai. i mm. 187;i Buiiiiium secticosta MAY., Jouni.de Condì., \ul. \XI. pa)(. j88, Uv. X, fig.9. DESCRITTI DA L. BELLARDl 333 Variria B. Testa turrita: Sfìira longior. - Anfraclux ullimiis brc-vior. Long. 7 min. : Lai. 3 '/a ""n. Cito con dubbio la forma tìgiirata dai signori K. Hoernes e Auinger. la quale, se corrisponde esattamente alla figura, mi pare differire notevolmente dalla vera N. asperatii. Cocc. per la sua forma più raccorciata, per la bocca quasi orbicolare, ed in particolar modo ])p.r le coste longitudinali molto più grosse e più ottuse e molto minori iji numero. Pliocene inferiore: Zinola, presso Savona, Albenga-vallone Torsero, Ventimiglia, raro ; Coli, del Museo. Pliocene superiore: Colli astesi, Valle Andona, ecc., molto frequente: Coli, del Museo. Varietà A. — Mioei-ne medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese. raro: (_^nll. Ro- vasenda. Pliocene superiore : Villalvernia, regione Fontanili . presso Tortona . non raro : Coli, del Museo. Varietà B. ■ — Pliocene superiore: Colli biellesi, Masserano: Villalvernia, regione Fontanili, non frequente ; Coli, del Museo. 38' iierie. Nucleus cmbrionalis brevis, latus, obtusus. - Testa parvula sub fusi f'ormis. - Anfractus vix convexi: ultimus dimidi/tm longitudinem nequans, vel subacquans. - Superfìcies tota longitudinnAiter costata et trnnsverse costellata. - Os orale; labrum sinistrum subarcuatmn, parum incrassatmn, intcriiis plicatwm; labrum dexterum non, vel vix, ultra os productum : columella subarcuata : rima subternìinalis, magis lata quam profunda, a labiis longis et in caudam brevem sed disfinctam obiiquam pro- ductis circumscripta, non posfice canaliculata. Dalle forme che baniio il nucleo embrionale egualmente foggiato che in queste, le specie della presente serie sono distinte per l'intaglio più distintamente terminale, (luasi punto rivolto airindietro, ed in particolar modo dalla lunghezza notevolmente maggiore delle labbra dalle quali è terminato, e che danno luogo ad una specie di breve coda, oltre alle altre particolarità minori notate nella diagnosi della serie. 152. Nas.sa subcaudata Iìell. Tav. VII, fig. 90 [a, b, e). Tesla suhfusifdimis. - Aniraclus ulliinii* aulici- pnrum di'prrssus , vonlre non inflatus, iongus, fiiniiiliam longilndineiii subap(niiins. - Coslae longituilinalos pnrvulae , irehrae, ab inlerstitiis anguslis separalae. in primi.i el meiliis anfractubus rectae, in uHimo subrectae, obliquae, 334 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEI. PIEMONTE ECC. plcrumque 30: costulae transversae roslas ìoiirjiindinalcx auliaeguantes , a sulcis angiistis separalae, 6 in primis et inediis anfracluhus pers()icuae. ri in ullinio; coslula Iransversa ulliiua poslerior major, per sulcitm aliis laliorcm a cuslula pi-nuUima separala. - Os ovali- elongatum, postice aiignslalum ; labrum sinislrnm poslice ileprossum, anlice leviler dilalatum, incrasxatinn , inlorius plnri - plicalum ; labriun ik-xleriim panilo et nubuniformilfr ultra os prodiictiim. Long. 12 mm. : Lai. (i mm. Varici^ \. Testa minor: spira iìrrvinr. maqis aperta. - Contai' Innqitudinales pauciores. 25. majores. - Rima a lahiis brevioribiis circumscripta. Long. 9 '/s '""^- • ^^^- ^ """• Questa forma e le altre della presente serie sono affini ))ci loro caratteri generali a quella che l'Hoernes riferi alla N. costulata Brocch. e che giustamente distbise con nome propiio il Sig. Prof. Mayer. La forma di Baden presso Vienna è certamente diversa da quella surriferita del Brocchi, la quale sarà appresso descritta col nome di N. aprnninirii (May.), e differisce pure da quelle di (luesta serie per la natura dei suoi ornamenti superficiali, come è facile di riconoscere, osservando in ispecial modo la natura, il numero dei solchettini trasversali di queste ultime disegnati nella tar. VII, fig. 20, 21, 22 e 23. Miocene medio : Colli torinesi , Baldissero-torinese , rarissimo ; Coli. Alichelotti. 153. Nassa diversa Bell. Tav. VII, tìg. 21 (a, b, e). Dislinguunt liane speciem a N. subcaiidala Bell, sequenles nolae: Anfractus ultimus brevior - Costae longitudinales, majores, pauciores, 18 in ultimo anfractu, lotae rectae: costulae transversae minus promineiites, a sulcis angustioribus et minus profundis separatac, plerumque 6 in primis et meiliis anfractubus perspicuae, 25 in ultimo. - Os postice minus angustatum : culumella magis profunde ercarala . Long. Il mm. : Lai. o mm. Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, raro; Coli, del Museo. 154. Nassa sobrina Bell. Tav. VII. Ii(,'. 52 (n, A, e). Uislinguunl hanc speciem a N. subcaudata Bell, sequenles nolae: Testa minor: spira magis acuta. - Anfractus ultimus anticc magis depressus , brevior. - Costae Iniigihidinales majores, pauciores, 18 in ultimo anfractu, ab interxtiliis latioribus separalae, rectae, nblignae: costulae transversae minores, nnmero'iiores, super costas lungitudinales vix notalae, ab inter.'tiitiis angustioribus et minus profundis separalae; ultima postica vi.r major, a penultima per sulcum vix aliis latiorem separata. - Os brevius. Lon;;. 9 mm. : Lai. 5 V,, nim. Miocene medio: Colli torinesi. Baldissero-torinese. rarissimo: Coli, del Museo. I descritti da l. bella rdi 335- 155. Nassa cognatella Bell. Tav. VII, %. 23 (a, b, e). Dislinguunl hanc speciem a N. subcaudata Bell, sequenles nolae: Nucleus embrionalis viinus ubliisus. - Tesln minor. - Anfraclus breviores. - Costae ìongi- tudinales pauciores, 23 in ultimo anfraclu, magis prominentes, rectae, in axim testae productae: costulae transversae in primis et mediis nnfracdibns et in parie postica ultimi a sulco angusto separata», vix nolnlac, in parte antica uUiini anfractus melius distinctae, angusiiores, super costas longiludinales decurrentes. - Os magis longnm , minus latum ; labrum sinistrum regulariter arciiatum: columella medio minus excavata. Long. 9 mm. : Lai. 4 'j., mni. Miocene medio : Colli torinesi , Bersasco, raro ; Coli. Rovasenda. i56. Nassa simclans Bkll. Tav. VII, li;;. ìi (a, I,, ,). Dislinguutil lianr, speciem a .V. snhraudala Bell, .sequenles nolae: Testa minor: spira brevior, magis aperta. - Coslae limgitudinales pauciores , 20 in ultimo anfrarla, compressae, magis prominentes, ab inlerslitiis latioribus separatile, in ultimo- anfraclu cantra suluram posticam subdentntae : coaliilae transversae minus prominentes, compia nntne, 6 in primis et mediis anfraclubus pcrspicuae , \'^ in ultimo, a sulcis angustioribus et minus jn-ofundis separatae; sulcus posticus angmtìor et magis profundus. - Osavate: labrum sinistrum regulariter subarcuatum, non puslice depressum ner, antice dilatatum : columella magis profunde excavata: rima a labiis brevioribus r.ircumscripta. Long. 8 '/j, min. : Lai. i '/» """• Miocene medio : Colli torinesi , Bersano , raro ; Coli. Rovasenda. 39" Serie. Nucleus embrionalis brevis, latus, obtusus. - Anfractus ultimus dimidiam lon- gitudinem suhaequans. - Siiper/ìcies longitudinaliter costata et transverse costuìata; costae longitudinales prope suturam posticnm a sulco latiusculo interritptae. - Os subovale; labrum sinistrum arcnatum varicosum; labrum dexterum jiostice ultra OS breviter productum: columella subarcuata, profunde excavata: rima sublateralis, a labiis brevibus, vix reflexis, circumscripta, non postice canaliculata. La posizione laterale dell'intaglio, la brevità delle sue labbra, la maggior incur- vatura del labbro sinistro e la specie di denticino in cui si rialzano presso la sutura posteriore le coste longitudinali, sono le note che distinguono questa serie dalla precedente. 157. Nassa inaequalis Bell. Tav. vili, fiy. 1 («, i, ( ). Testa sublurrila: spira salis aperta. - Anfraclus vix convexi; ultimus venlrosus, antice satis depressus, dimidia longitudine vi.t brevior : spira parum acuta. - Coslae longiludinales 33R 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. pleninique t4 in ullinio anfraclii, prope tnaroinem aris nbanlelae. ri>l vix conim suluram poslicam nolatae, omiies compressae, promineiitcs, ab intersliliis talis H profundis si-paraiae, rectae, leviter obliquae, prope suluram poslicam a sulco minuto interruplae. - ()s siibnrbiculare; labrurn sìnislrum anlice dilalatum: coluinclla medio profunde excavala. Lonp;. S mm. : Lai. 4 "/a "•'"• Miocene inferiore: Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, frequente; Coli, del Museo e Rovasenda. Pliocene inferiore: Vezza, presso Alba, rarissimo; Coli, del Museo. 158. Nassa exscui.pta Bell. Tav Vili, lig. 2 (a, b, e). Disliiiguuiil liane speciein a iV. inaeqnalis Bell, sequenles nolae : Testa minor, crassiur. - Coslae lonqitndinales usque cimlra varicem labri sinistri produclae, compressae : eoslulae Iransoersae pauciures, majores, complanatae, a sulcis latinribus separatae. - Os brevias, suborbicnhire ; labrum sinistrum magis nrcualum. Long, (j '/o """• • '^^ ^ '/» "•'"• Miocene superiore: Tetti Borelli, presso Castelnuovo d'Asti, frequente; Coli, del Museo e Rovasenda. 159. Nassa diademata Bell. Tav. Vili, fig. :? ,.i, h, .). Oìslìnguunt hanc speciem a iV. inaequalis Bell, sequenles nolae: Nucleus embrionalis major, brevior , mngis oblusus. - Sulitrae siibcanalieMlatae. - Coslae lonijiludinaìes usque cnnlra varicrm labri sinistri produclae, compressae, pauciores, a siilcis Inlinribui separalae: custulae transversae pauciores; postica major, magis disi inda, deiUiculala. - Ih brevius suborbiculare ; labrum sinistrum magis arcuatum. Long, fi min. : lai. 4 V» '"•" Miocene superiore: Tetti Borelli, presso Castelnuovo d'Asti, raro; Coli. Rovasenda. 160. Nassa biarata Rem.. Tav. Vili, fit;. i (a. I>, e). Dislinguunl hanc speciem a N. iiiaeqnalis Bell sequenles nolae: Nucleus apicalis minor, minine oblusus. - Snturae snb'-analieulalac. - Costai' longiludinaUs 17, usque cnvlra varicem hibn sinistri produclae, panrinres. a sulcis hitioribus separalop : prope nUuram poslicam n suhis duobus inlerruptae, ibi ilentifiirmes: eoslulae transversae pnnriores, a sulcis angnstioribus separatae, complanatae, in ventre anl'ractuum subnbsoliflae, in parie amica ultimi anfractus numerosae, minulae, ab inlersliliis latis separatae. Long. 7 min. : lai. 4 mm. Miocene superiore: 'l'etti Eorelli. presso Castelnuovo d'Asti, non frequente; Coli. Kovasenda. DESCRITTI DA L. BELLARDl 337 40» Serie. Nucleus emhrioìialis magnus , ohtiisus. - Testa subovaia: spira longiuscula , rrrsus apiceni inflata. - Anfractus ultimiis dimiclia ìongitudine hrevior. - Super- ficies loìigituiìiruditer costata et transverse silicata : costae longitudinales prope su- tiiraììi post/cnni. a sulco transverso interrtiptae et denti formes. - Os ovale ; ìahmm slnistruìn arcuatum, incrassatum, interius pluri-plicatum ; labrum dexterum ultra OS productum, praesertim postice, laeve : columella anticc profunde excavata : rima a lahiis hrevihus circumscripta , suhinteralis. Distinguono la forma rappresentante questa serie da quelle della precedente e della seguente, alle quali è collegata per la natura dei suoi ornamenti superficiali, i seguenti caratteri: 1° la maggior lunghezza dell'ultimo anfratto per rispetto a quella della spira ; 2° la forma arcata del labbro sinistro; 3' la brevità delle labbra che circoscrivono l'intaglio; 4" la posizione più laterale dell'intaglio; 5° e soprattutto la dilatazione del labbro destro. 161. Nassa pinnata Bell. Tav. XI, lij,'. 8 (a, b). Tesla ovaio- lunila : spira scalarnta. - Anfraclus vix conve.vi; ullimus dimidia loiigi- tuiiine paruri) hrevior.- sulurae suliraiiaUcuInlae. - Coslae longitudinales compressae, subaculae, vix obliquae, ab inlersliliis Intis separalae , versus os obsolclue, proiie suturam posticam pinnae- t'ormes ; sulci transversi pauci, in primis anfrnclubus distincli , in inediis vix notali, in venire ullimi obsoleti i sulcus poslicus major jìrope suluram poslicam dccurrens latus et profumlus; pars aulica ullimi anfractus tota transverse sulcala ; sulci profundi, lati, ab inlersliliis lalis separali. - Os ovale; labrum sinistrum ar(^ualum, antice leviter dilataluni; labrum dexterum laeve, regionem umbilicalem magna in parte recumbens, medio parum, poslice late, extensum. Long. 9 '/« 'nni- Lai. 4 '/„ mm. Questa forma fu per errore figurata fra quelle della serie 48. Pliocene inferiore: Zinola presso Savona, raro; Coli, del Museo. 41" Serie. Nucleus embrionalis brevis, latus, obtusus. - Testa turrita : spira longa. - Su- perficies longitudinaliter costata et transverse costulata : costae longitudinales prope suturam posticam a sulco transverso interruptae et dentìformes. - Os subovale; la- brum sinistrum varicosum, interius pUcatmn ; labrum dexterum non, vel vix, ultra OS productum, plerumque rugatum: columella jn-ofunde excavata: rima subterminalis^ a labiis longiusculis circumscripta, parum reflexa, postice parum depressa. Sekie II. Tom. XXXIV. 'x 338 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. Nella presente serie la spira è più stretta e più lunga e l'ultimo anfratto è com- parativamente più breve di quanto osservasi nella serie precedente; inoltre il labbro sinistro vi è più grosso, variciforme, e quello destro vi è ordinariamente nell'età adulta guemito di piegbe e di rughe ; la coluinella vi è pure più profondamente incavata e più contorta, e l'intaglio meno laterale. IG2. Nassa tlrbinellls (Bhoccu). Tav. Vili, llg. j [a, b, e. Nucli'us emlirionnlis mafiiiiis . valilo obtnms. - Ti'sla turrita: spira longa. - Anfraclus coraplaiiati ; ulliiiius -j^ lolius lonjiiliulini.s acquans, antice valile dfpressitx : sulura postica marginata, subcanaliculala. - Cosl.ie longiludinali's 14, aiigustae , compressae , prominenles , reclae, in parte aulica ultimi anfraclus siiniosar, axi li'slae subparallolae , ah interstitiis latis sepiralae. poslice. a sulcn prnfuniln s-ctae et in d^nticulum prnmini'nlem producine , inde sulura postica eleganter coronala. - Os suhovale ; labrum siiiistrum subarcualura; labrum dexleruin vix et reijulariter ultra o» prndnclum: cokiniella salis escavala. Long. 1 1 min. : Lai. 5 nini. BROCCll., Clinch, fnss. sub., pa<;. <;j3, tav. XV, llg. 17. BOnS.. Oriti, pieni. I, pag. 41, lav I, lig. 13. SASS., Saijg. ijeul. Bacin. terz. .4lbe»ga. pag. 481. .M.\15C. DE SERU., Géngn.terr. tcrt., pag. 122. BnO>i.N, Ital. tcrl.-Ceb., pag. 22. J.\iN, Calai. Cnneh. foss.. pag. 13. DESI!., Expèd. se. Morèe Zoo/., pag 197. E. SISMI), Sijn., png,40. MlCllTTI., Foss. mioc, pag. 213 (in parte). E, .Sl.SMD., Sijn. 2 ed,, pag. ,30 ;ii> partc\ D'ORB., Prodr., voi. Ili, pag. 85. DODERL., Cenn.genl. terr. mioc. sup, llal.centr., pag. lO.'i. PER. DA COST.i Gaster.tcrc.Porl., pag. 100, tav. XIV, lig. 18, 19, FOREST.. Caini. .Moli. plioc. Botiign. I, pag. 44. COPF., Calai, ftiss mioc. e plioc. .Mndvn., pag. 24. BELL, Catal Moli. fnss. Biol, pag. 9. COCC.Enum S'st Muli. mine, e plioc. Parin. e Piac. pag. 81. .MAY., S)j.H. l'erz. rtrst. HcU:, paK. .33. COPP., Calai foss. mio-plioc. Aloden. Colt. Cepp., pag. 2. SEGUENZ., Form. plioc. Ital. merid., pag. 276. PANTAN., Jll..4ccad fisiocril. Siena, Voi. VII, pag. 4. CUESPF.LL., Noi. geni.. Saifiijn., pag. 18. FOREST., Cenn.genl e paleonl. filine, ani. Cnstrncam, pag 20 I.SS., .-l/ip. palennl. I, pag 21. DE STEF., Strat.piinc Siena, pag 182. C.^PELI.., .yiarn.glaueon. Botogn., pag. 405 DE .STEF. e PANTAN., .Moti. plim. Siena, pag. 105. D^.\Ni^-.. .Mioc. di Ciminna, pag. 7. SARTOR., Co//. .S" Colombano ed i sani Fnss. I, pag 12. COPI'., 'leir. lab. .Mothn., pag. IO. COPP,, Mar/1, turcli. mnden., pag. 14. COPI'., Paleoiit. mnden., pag. 34, DESCRITTI DA L. BELLABI)! 339 Varietà h. Tfsla minor, minus crassa. - Sutiirae miiius profnnrìae. - Coslae longitudinahs minores, niimerosiores ; denticuli postici minores: coslulae Iransvcrsne. minus prominenles, complanalan. - Rima a labiis brevioribus circuniscrijila. Long. 9 min. : Lai. 4 mm. Varietà B. Anfraclus ullimus anitre magis depirssus^inde os brevius et snborbicidare. - Labrum dexlerum^ aniice nnituhercniosum, inlerdmn postici' rugulusum. Long. Il '/a tnm.: Lai. 5 mni. Varietà 0. Testa major, rrassior. - Anfraclus iiltimus aniice magis depressus , inde o< snborbiculure. - Coslae Inniiiludinalei nninerosiores , praeserlim in ìilli, subsinuosae, icviler oblìipiac^; druiiculi postici minimi: coslulae Iransversac parvulae, ab iuterstitiis lalinsrulis .■.utiiiam posticam a carina subintcrruplac et dcnliculntae : coslulae Iransversae crebrae. ab irilersliliis anguslis separalae, conlinuao, xnper cn^las lougituiìinalcs di-nirrcntes, stibunifurmex. - Os brove, lalum, pnslice amjuslaUnn: labrum sinislrum medio dilatnlntn, simplex, inlcrius laeve; labrum dexlerum laeve: columella anlice profunde excavala: rima lata, profmida, stibfilabiata. Lon^. lo rum. : Lai. 8 mm. 184'7. iVassa turbi/iella MIC.IITTI., Foss.miuc, pag. 213 (in parie). 1847. /(/. id. K. SISMO., Sijn.. 2 ed., pa^^ «) (in parie). Varietà A. Costulae ìomiitudinales in omnibus anfractnbus numerosiores, minores. Long. 10 mm. : Lai. S mm. Varietà B. Coslulae longiluilinales in primis aiifiacluhus obsoletae. Long. 16 '/« inni.: Lai. 9 mm. ^ Miocene medio : Colli torinesi, Termo-fourìl , Baldissero-torinese . Val Ceppi, non frequente ; Coli, del Museo e Micbelotti. Pliocene superiore : Colli tortonesi ; S'" Agata-fossili, rarissimo ; Coli, del Museo. Varietà A e B. Miocene medio : Colli torinesi , Baldissero-torinese , Val Ceppi , non frequente: Coli, del Museo. 43» Serie. Nucleus emhrionaìis brevis, latus, ohtusus. - Testa suhovata : spira hrevis. - Anfractus convexi ; ultimus dimidia longitudini' plerumque Inngior , ventrosus. - Superficies tota, vel in parte, longitud inai iter costata, tota transversr costuhita. - Os amplum ; labrum sinistrum simplex, interitis plicatum ; labrum dcxtrnuìi plus mi- nusve et iiniformiter ultra os productum, laeve; columella arcuata: rima subter- minalis, lata, parum profunda, a labiis brevibtis circumscripta. non postice rana- liculuta. 1/ angolo spirale, in confronto con quello delle forme inscritte nelle serie affini , poco acuto; la brevità, della spira, e perciò la forma generale più o meno rigonfia; ed in particolar modo la natura degli ornamenti superficiali e la notevole larghezza dell'intaglio, danno alle forme di questa serio una fisionomia loro propria. descritti da l. bellardi 34s 167. Nassa subquadrangularis Michtti. Tav. Vili, fi};. 10 {a, b, e). Spira medio subindala. - Anl'ractus valde convexi ; ulliraus diraidiara longiludinem aequans, ventrosus, anlice valdc depressus. - Coslae loiigitudinales numerusae , iS-'iO in ulliino anlVaclii, minulae, custutas Iransversas subaeqnvUes, ab intersliliis latiusculis separalae, rectae, in ultimo anfractu levller obliqiiae ; coslulae Iransversae et ipsae minulae et ab inter- slitiis laliasculis separatae, pleruiiKjuc 5 in primis el mediis anfraclubus perspicuae, 12 in ultimo, coiìliiìitae, costas lunijiludiiìalcs dfcussantes, in liarum intersecalione in pustulam erectae, inde sujìcrficies eUqaiilp.r clatlirala el pustulifera. - Os ovale ; labrum sìnislrum subarcualum ; plicae inlernae minulae, unilormes; labrum dexlerum aliqnanto ultra os produclum, prae- sertim in rcifione meiliana el postica: columelia circuala, Long. 15 mm. : Lai. 9 '/, mra. 1847. Ncis.ta subquadrangularis MICHTTI., Fosi.mioc, pag. ìli. ? {Slà.Buccinum subquadrangulare R, IIOER.N. Die Fami. Schticis v.Ottnang., pag. 349, tav. XI, flj; 8-10. Varici» A. Coslae loiii/ilwlinales in dimilia parte ultimi anfrac'if< labro sinistro contiijua rariores l't ab intersliliis laliarilius separalae. Long. 15 mni. : Lai. 9 mm. Paragonando fra loro la figura della forma che i sigg. R. Hoernes e M. Auinger hanno riferita alla N. suhquadrangularis Michtti (1. e. tav. XV, fig. 13) con quella che è in questa monografia disegnata su esemplare tipico dei colli torinesi, apparisce ovviamente come le due forme sono diflferenti per la natura del guscio, per le dimen- sioni e sopratutto per la figura della bocca e dell'intaglio. Nei fossili dei Colli toriue.si il guscio è comparativamente sottile , le dimensioni maggiori, la bocca piii larga e dilatata anteriormente, il labbro sinistro non inspes- sito internamente, l'intaglio molto più largo e la maggior concavità della columelia collocata a metà e non anteriormente, e più regolare. Per questi motivi ho tralasciato ili riferire nella sinonimia di questa specie l'opera precitata dei sigg. R. Hoernes e M. Auinger. Ho invece riferita , con dubbio però , quella della Memoria del sig. R. Hoernes Die Famifi drs Schìiers ron Ottnang, perchè le figure ivi pubblicate, se non corri- spondono in tutto e per tutto alla forma tipica della N. subqundrnngiilaris Michtti. ne dimostrano tuttavia l'intima parentela: né mi so render ragione come figure così differenti quali sono quelle della Memoria del sig. R. Hoernes e della Monografia dei sigg. R. Hoernes e M. Auinger, rappresentino forme riferite alla stessa specie. Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, Baldissero-torinese, Albugnano, raro; Coli, del Museo e Michelotti. 344 I MOLLUSCHI DEI TERKENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC. 168. Nassa cbispa Bf.i.i,. Tav. Vili, fiR. 13 (a, b, <). Dislinguunl liane specietii a JV. subquadiangularis MiclUli. sequenles notae: Spira longior, magis acuta. - Anfractus jioslice depressi; ultimus brevior, antice magis lìe- pressux: suliirae siibraiiaUculatae. - Costae lungiludinales el coslitlae Iransvemae ab iiiterstitiis aiiguslioribus separalae; pustidae majores, obtiisai'. - Os brevius, suborbiculare ; labrum siiiistnim viagis coucavum: columella minus contorta, antice excauata: rima a lubns breoioribvs cir- cunìscripla. Long. 14 Vs "111.: Lai. 9 uim. Per la forma generale e per la leggera depressione degli anfratti, come per la stretta scanalatura contigua alla sutura posteriore, questa specie forma il passaggio dalle forme di nuesta serie a quella della seguente. Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, rarissimo; Coli. Michelotti. 169. Nassa soror Bell. Tav. Vili, fig. 12 ;«, i, i). Dislinguunl liane specieni a ^V. subquadranijularis Michlli. sequenles nolae : Anfractus mimtn coiivexi ; ultimus antice minus deprcssus. - Co.tlac. Iniifiitmliiinles minores, numerosiores, ab interstiliis anguslioribus separatae, in ultimo anfraclu ad rimam non proiluclae: coslulae transversae el ipsae minores, numerosiores, a sulco angusto separatae, 9 in primis an- fraclubus perspiruae, "22 in ultimo; pustulae ob^olotae, vix jiassim notatac - Os amjilius; plirae internae labri sinistri minores et numerosiores: rima subterminalis , a labiis brevioribus cir- cumscripta. Long. 14 mm. : Lai. 8 '/, nini. Miocene wedio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, rarissimo; Coli. Michelotti. 170. Nassa cognata Bell. Tav. Vili, fig. 11 a, b, e). Dislinguunl hanc speeiem sequenles nolae : 1 . a iV. subquadrangularis Michlli.: Testa magis infiala: spira brevior, magis aperta. - Anfractus ultimus major, longior, magis inflatus. - Costae longitudinales minores, numerosiores. obtusae, passim obsolflne, ab interstiliis anguslis srparalae: costulae transversae et ipsnr minores et numero.fiores, 8 in ullimis anfraclubus per.ipicuae. 20 in ultimo, depressae, ab inlerstitiis anguslis separatae, in inlersecatione costuiarum longituilinalium subacutae, rir. pa, i). Testa crassa, turrita: spira conoidea, polygyrala. - Anfraclus brevns, parum convexi ;, ultìmus ^/. lolius loiigiludinis subaequaiis. - Superlicies tota coslis longitudinalibus deslllula, in primis aiifraclnbus mintilissimc et passim obsolete Iransrerse silicata, in aliis laevis, exceplis sulcis nonnullis Iransversis profundis pro[)0 rimani (lecurienlibus. - Os subovale, postice awpis'alwn, subcanalicilaluin; labrum sinislruin simpler , inlerius pliiri-piicalum: bibruni dexlcrum crassum, postice rallosmn, vix ci regulnriter ultra os prodnclum. lacve: columella submedio excavata: rima lata, profunda. Long. 17 inm. : Lai. IO min. Varietà A. Testa minor. - Sitici minuti transversi in omnes anfraetus passim produdi. Long. i:i mm. : Lai. 7 nim. VarielA B. Testa brevior: spira magis aperta. Long. 13 nim. : Lai. 8 mm. VarleiA C. Spira perlonga, ma(jis acuta. - Sitici tiansversi nnditjue obliterali. Long. 18 mm. : Lai. 9 mm. VarìeIA D. Spira iti primis aiifractuhiis magis acuta, in duobiis ultiniis mttijis aperta ijitnin in praeee- deutibus. Long. 1 i mm.: Lai. 8 mm. Miocene medio : Colli torinesi , Rio della Batteria , Villa Forzano , Baldissero- torinese, non raro; Coli, del Museo. 178. Na.ssa taurinorum Bell. Tav. Vili, fi-, ei ta, I,). Dislinguunl banc specieni a A'^. sublaevigata Bell, seqiienles nolae : Spira medio siihinllata. - Anfrachfi ultimus brevior, minns inflatits. - Salci transversi prope rimam decurrentes latiores et profundiores. - Os mttiiis ohiitjuiim, postire magis angitstalum ;. labrum siniHrum anfire lort'/is concaritm; labrum ilexternm in regimiem umpilicalem minus, DESCRITTI DA L. BELLARDl 351 medio et poslice magis, productum: coUimella mar)is contorta, antice sinistrorsum inflexa, magis profunde et mayis aniice excavata. Long. \1 mm. : Lai. 9 mra. VarielA A. Tav. Vili, fig. 22 (a, b). Testa brevior, subumbilicala: spira magis aperta. - Anfraclus uìtimus longior, medio varicosus. Long. 16 mra.; Lat. 9 mm. Varietà B. Testa minor: spira brevior, magis aperta. Long. 13 mm. : Lai. S nim. Miocene medio: Colli torinesi, Kio della Batteria, Villa Forzano, Pino-torinese , Baldissero-torinese, ecc. non frequente ; Coli, del Museo e Michelotti. B. Aiifractiis primi iongiludinaliler co.slati. 179. Nassa collugni Iìei.l. Tav. vili, lìf. 93 {<; b . Tosla turrita: spira cylindro-enniia, longa, valde acula. - Anfraclus complanali; ulliraus aniice vaide depressus, dimidia longiludine brevior. - Superlìcies in primis anfraclubus ion- giludinaliler coslala el Iransverse striala, in ullimis laevis: costae longiludinales obtusae, obliquar, ab interslitiis angustis separai ae , ad suturam posticam ininlerruple prodtictac; sulci propt' riniam docurrenles profundi. - Os aniice, dilalattim, poslice vix anguslatum; labrum sinistruni poslice parum depressum; labrum dexlerum crassunt, parum el uniformiler ultra ot productum: colum^'lla submedio profunde excavala. Long. 18 mm. : Lai. mm. Miocene medio : Colli torinesi, Baldissero-torinese, raro ; Coli, del Museo. 180. Nassa connectens Bell. Tav. vili, 1Ì|T. 21 (o, b\ Dislinguunl hanc spociem a N. Collegni Bell, sequenles nolae: Aiifiactiis iillimus longior, dimidiam tougituilinem snbaequans, antice minus depressus. - Sulci Iransvcrsi mclius distiiicli. - Os longiiis. ovale: columella medio et minus excavala, minus contorta. Lony. \ :{ mm. : Lat. 7 '/a ™""- Miocene medio : Colli torinesi, Rio della Batteria , Baldissero-toriùese , non fre- quente; Coli, del Museo. 852 1 MOLLUSCHI PKI TERRENI TKRZIARII PEL PIEMONTE ECC. 48' Serie. NucJeus emhrionalis hrrvis, parridKS, ohtìisii.s. - Testa tuìii furrita , funi orofo- fusiformis: spira longiuscuìa. - Atìfractiis pariti» convrxi: uìtinixs (ìimidiam lon- yitudinem arqtians vel suhaequans. - Superfìcirs tiiui tota rrl in parte longitiulinaliter costata, tuni tota ecostata , tota vel in parte transverse silicata ; suìcns major prope sutiiraìiì postica»! decurrens in onnies avfrae.tus. - Os ovale, postice canal iculatiiìn ; lahrum sinistrum sultarcnatum, prope rimain subanijidutum, ple- ritnique exferius tnarf/inatiini ; labrum dexterum antice et medio vix ultra os pro- ductum, postice plus niinusve extensnm : columella subarcuata, antice plerumqiir ruffulosa: rima subterminalis, interdum lateralis, lata, valile rrfle.ra, a labiis finn lonyis, tnm brcvilms, circumscripta, postice carinnta. l caratteri assegnati a <|uesta serie sono alquanto vaghi ; la qual cosa è una conseguenza della grande variabilità di pareccliie forme die vi sono inscritte e che si raccolgono a centinaia negli strati che le racchiudono; tuttavia le forme raccolte in ossa sono fra loro legate dalla presenza di un solco , relativamente profondo . \\ quale corre in tutto presso la sutura posteriore e su tutti gli anfratti. Por rendere possibile la descrizione di tutte queste forme ho primieramente descritte con nomi projirii (inelle che erano meglio definibili jier la natura dei loro carat- teri e per la loro giacitura, (juindi ho distinte aleuue varietà e sotto varietà,, tenendo conto specialmente dei caratteri derivanti dalla natura degli ornati superficiali, come (luelli che erano più facili ad essere indicati con vocaboli proprii, ed accennando infine le modificazioni ossei-vate nella forma generale. lo non mi illudo certamente clie le distinzioni che ho fatte, possano incontrare l'approvazione di tutti i miei colleghi, ma, come già dissi più sopra, dovendo il natu- ralista moderno rendere conto di tutti i particolari che gli vien dato di osservare nelle formo elio esamina, ondo raccogliere gli elementi atti a svelarci le grandi leggi che hanno regolato lo sviluppo degli esseri viventi , ho cercato di attenermi a (jucl mezzo che secondo il mio parere meglio mi poteva guidare ad ottenere il fine pro- postomi. .1. Labriiiii (lexlcriiin non, voi vi\. poslirp proiliKlnm. - Rima a labiis loiii^iiisculis cirriimscripla. Le forme di questo gi-uppo sono fra loro intimamente collegate, e rappresentane nel tempo differenti stadii di sviluppo del medesimo tipo : infatti la j\\ f/enitrix Bell, è propria del miocene medio dei Colli torinesi ; da questa colla ^Y. finitimn Bell. 8Ì passa alla N. dertonensis Bell, caratteristica dei Colli tortonesi, e finalmente alla«| N. italica (May.) propria delle niariu; del ]iliocene inferiore, tanto al «li i|ua(|uanto' al di là dell Appennino. 1 2 DESCRITTI HA L. BELLARDI 85S Anfractus omnes, ìongitudinaìiter ecostati 2 Anfractus omnes, vel saltem in parte, ìongitudinaìiter costati 3 Spira parum acuta : superfi,cies tota transversc sulcata gcnitrix Bell. Spira satis acuta : superfìcies in ventre anfractuum f sulcata finitima Bell. Anfractus ultimi ìongitudinaìiter ecostati dertononsis Bell. Anfractus omìies lougitudinaliter costati italica (May). 181. Nassa genithix Bell. Tiiv. IX, lig. I (a, h). Tesi» Iwrila: spira lumia, valile arala. • Anfractus paruin convexi; ullimus dimidiam loiif^iludincMii acqu.ms, anlice valile driiressus : suturai! parum profuitdae. - Superficies loia loiiiiiliidiiKililer crtislata vi Iraiisvi'isc siilrnla ; suiti in primis aiifracluiìus (> perspicui, in ulliuio l'i, iiuiart's, ab iutcrsliliis Intis <•( camptaiialis seiiarali ; sulcus poslicus propc suluram decurrens latior et profundior. - Os suhorbiculare; labrum sinislrum aule margiiiem oiis iii- llalum, aicualiiin; lahruni dcxicrum rrassiiiscidum, vix ultrn os jirnductinn : coluiiiflla anlice excavala: rima postico late sul)can,iliculala, a labiis lon^iusculis circumscriiita. Long. 27. mm. : Lai. \ 4 mni. Miocene medio: Colli torine.si, rarissimo; C'oli. Michelotti. 182. Nassa finitima Rei.l. Ta». IX, Cm. 2 ,0, b). Dislinguunl liane speciem sequriilcs uolae: 1, a A', qrintrix Beli.: Sjiira mai/i-i amila. - Anfriicliis primi ci medii laevei (exeeplo sulco coiitra xutiiram poslicam decurrenlij ; nlliiinis in dimidia parie atitlra niinute, ncbrf et nniformiler Iransversp snicaliis; sidci lali. - Labium dexlenim pnslire magis prndwtum. 2. a iV. derlonensis Bell.: Tesla major: sidra loiii]inr, miif/is acuta. - Aiifrarliiii nnmcrosiores; ullimus brerior , '/^ lolius loHfiiludiniit sHliaeqiiiiHS . - Superjìcivs loia loniiiliidinaliler ecostala. - Oa suhorbiculare; labrum sinislrum magis arcuatiim: coliimella magis prnfuiuli' exciivnln. Lonj; 2') nini. : Lai I i! nini. Miocene superiore: Colli tortonesi. S" Agata fossili, rarissimo; Coli. Michelotti. 183. Nassa debtonensis Dell. Tav. IX, fip. .3 (a, h\ Nucleus crabrionalis laliusculus. - Tesla crassiuscula , siibfitsiformis. - .\nfraclus parum convexi; ullimus anlice satis depressus, dimidiam lonijitudiiiem arquans: sulurae siibcanalicu- lalae. - Superficies in primis el niediis anfraclubus longiludinaliler cosluiala, in penultimo Serie II. Tom. XXXIV. 'v 354 I MOLLUSCHI DEI TEKKEM TERZUKU DEL PIEMONTE ECC. el ulliniii cciislulala ; ciislulac rn-irae, ohliquai-, rectac, ruminesxae, subaculae, in jiarlo antica anfiarhiuiit ohsolfiiie: |);irs antica ultimi aiilìactus tota Iransvcrse sulcata; sulci posleriores iniiiuli. al) iiitrr>tiliÌ!i lali.'^ si'paiali, aiit('rilruiii fxlniìis injìitlum , snhraiicosum , |ilL'rimi{|iie mintile niar^ina'um , poslice vis de- prcssuni: labriini dextoruni nulice vix ulti a os prnili'Clnm, \>\i.-rumi\uf Wiiw^dium, poslice maijis sed parum cxleiisum : eoliimella suiìincdio prol'unile excavala: rima lata, profuiida , valde refli'xa, a litbiis Ifliiijiiisculis , in ciuiutem brevi-m leciirmm pniductis , circumscripla , postica cannata et ^iibianalirulala. Lonj;. 18 min. : Lat. IO mm. 1838. Buccinum semisliialiim MICIITI'I., Ccigii. Ins. ieri. Bild. l'iedm., pa;;. 3i)7. E. SISMI)., Sijii., |my. 40 (in p.iilc). MICIITTI., Fvss. mim:, pa},'. 210 (in parie) E. SISMO., Siju., 2 cil. pag. 29 (in parie). irOllB., Proilr., voi. Ili, pa^. 84 (in parte). OODfilil,., Cenn. geol mior. siip. Ilal. cinti-., pa^. 105. 186!). Buciininn seiiiistrialuiii COI'P., Catal. foss.mim.c plioc. Modeii., pai;. 24 (in parte). 1869. hi. id. MAXI., J'a'in.miuc. alt. ìtaL, pag. 12. 1873, Nassa scmistriala COLC, lùiiini. Sist. Il/iiU.jilioc. e niioc. Paim. e Piac, pag. 83 (in parie). 1874. Buccinum semislrialum COPI'., Catal. /'oss miu-phoc. nioden. Coli. Copp., pag. 9. 1874. Na.tsa semislriala KOKEST., Cenn. geol. e paleotU.plioc. ant. Caslrocaro, pag. 21 (in parie). Fra le parecchie centinaia eli esemplari descritti (juali rappresentanti la forma tipica non ne ho trovati che alcuni pochissimi i quali, pur conservando identici gli ornamenti superficiali, hanno la spira più breve e l'angolo spirale più aperto. Varleia A. Cnstac longilwlinales in primis anfracliibu.i iiiinutae, numerosiores. Long. 15 mm. : Lat. 9 min. In questa varietà le costicine longitudinali sono piccolissime, non compresse e molto numerose : nel solo esemplare che ne conosco , la spira è un poco più breve e più aperta che nella forma tipica. VarleU B. Tav. IX , lìg. 4 (a, b). Anfrarliis omiies in ventre Iransverse sulcati ; sulci ah inlersliliis Inlis separali, 4 pìe- rmnqiie in aiifiaclnbns tnediis perspicui, !> vcl 6 in ullinw, prneter snlcum majorem prope su- turam jKi.slicam deciirreiilcin el sulcus littus, ab interslitiis anfjuslis separalas , Il , anle rimam imprcssus. Loii^. l'J mm. ; Lat. 10 mm. 18(i4. AVm.«i semistriata var. I DODERL., Centi, geol. mr.mioc sup. Ilaicenlr., paR. 105. I87.'<. Id. id. vnr. turrita COC^C, Enum.Sl.il. .ìfoll. mioc, e plior. Pumi, e Piac. pag. 83. 1877. /./. id. \ar. li) I. ISS., .-Ipp.palennl.X, pag. 20. In iiuostii varietà non rara, abbenchè molto meno freiiucnte della forma tipica, le costicine si presentano ora uguali a (juelle del tipo, ora più piccole e più nume- rose come nella varietà A, e ciò indipendentemente dalla forma generale più o meno lunga e dalla spira più o meno aperta. DESCRITTI PA L. BELLAKDI 355 Varietà G. Super ficies tota Iransvfise suìcata; silici numerosi, 9 plerumque in anfracliibns mediis per- spicui, 14-16 in nllimo, praelev sulcnm prope suliiram puslicum lìccurreiilem ci siilcns prope rimam impressos: cosine lonQiludinaìes lìkrumque minores et numerosiores. Long. 17 min.: Lai. 9 nini. La forma generale in questa varietà varia anch'essa come quella del tipo e delle varietà precedenti nella maggiore o minore lunghezza ed apertura della spira. VarìerA D. Testa in nltimis anfraclubus passim loiifiiluilinalitcr coslulata. Long. 16 nini. ; Lai. 9 nini. Questa forma per la presenza di alcune costicine sugli ultimi anfratti fa passaggio alla N. HiiUea (May.) pur conservandosene distinta per il minor numero delle eoste longitudinali, per la mancanza di numerosi solchi trasversali sui primi anfratti, e per la minore estensione posteriore del labbro destro. Variria U. Tav. IX, fl^. ,--. [a, b). Snperficies in ullimìs anfracluhns Iota ci crebre Iransrerse siilcala, in ullimo passim lunfiiliuli- nnliler cnslulnla; costulae longilndiiiaìes primorum anfracluum pleruwque minores el numerosiores. Long. 17 nini, : Lai. 9 nini. Anche questa varietà per la presenza qua e là di costicine longitudinali sugli ultimi anfratti si avvia alla N. italica (May.), ma ne rimane distinta pei caratteri accennati a jii-oposito della varietà C, oltre al gran numero di solchi trasversali sugli ultimi anfratti piojìrii della N. itaìicn (May.) e mancanti in questa. La N. (Icrfonrnsis Bell, a primo aspetto si potrebbe confondere colla forma delle vicinanze di Vienna riferita prima dall'Hoernes alla JV. semistriatn Brocch. e quindi giustamente distinta dal sig. l'rof. Mayer col nome di B. Horrursi. Dal paragone della precitata forma di Vienna che ricevetti dal sig. Puchs, con quella dei Colli tortonesi ho trovato le seguenti differenze clie mi consigliarono ad isolarne quella qui descritta, nella quale 1° le dimensioni sono d'ordinario maggiori; 2° il guscio è più grosso; 3° il labbro destro è meno protratto posteriormente ; 4" i primi anfratti, dopo quelli embrionali, sono guemiti di costicine longitudinali sporgenti, compresse, subacute, rette e sguernite di solchi trasversali, mentre nella N. Hocruesi (May.) le costicine longitudinali sono molto più numerose, più piccole, poco sporgenti, e gli anfratti sono attraversati per tutta la loro superficie da cinque o sei solchi. i quali coiTono continui tanto negli interstizii interposti alle costicine longitudinali quanto su queste. Miocene supcriore: Colli tortonesi, Stazzano, S'" Agata-fossili, comunissimo: Coli, del Museo. 356 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARJl UEL PIEMONTE ECC. Varietà C. — Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, S''' Agata-fossili. £re- queute ; Coli, del Museo. Pliocene inferiore: Zinola presso Savona, rarissimo: Coli, del Museo. 184. Nassa italica (May.). Tav. IX, (;•;. G ,a, b]. Dislinguunl hant- speciem a N. derloiiensis Bell, sequenles iiolae : Anfraclus ylerwnquc mafiis convexi, omnex Ioli traiisvcrse minute suìcnli et longiludinaliter crebre cosliilali; sulcus propi' suluram poslicam dfcurri ns major, proftindior: costulae loiifjiludi- nales a sulco postico inlerrupto, super margiimn snlurae majores, denti formes, et in intersecalione costulariim Iraiisvirsarinn sulcis Iransrersii, iiiterposilan(m prope rimani derurrentium, interdum subnodosaf; aiifradus ultimus amia; mngis depressus, marjis vmlrosus. - Labrum dexterum mediu et postice pleriuìXjue magis extenaum. Lon^. 19 mm.: Lai. IO iiiin. 1814. 1814. 1820. 18i5. 1899. 1829. 18.11. 1831. 1832. 1832. 1837. 1849. 1849. ? 1843. 1844. 1815. 1846. 1847. 1847. 1852. 1852. 1857. 1864. 18G8. ?1808. 1868. 1872. 187.3. 187.1. 1874. 1874. 1875. 1875. ? 1875. 1875. 1875. 1876. 1876. 187(1. 187C. 129. Biiccimiin (Nassa) costulaliim BUOCCH., Conc/t. fvss. iub., pag. 343, tav. V, tìg. 9 el pag. 65S. IJ. semiciislatum BUOCCll., Coiich. foss.sub., pai;. 654, lav. XV, fig. 19. iVasta coslulala BOUS., Orili, pitm., I, paj?. .'(8. Id. ili. DKKU., «iVr.Sr. .Va»., voL XXXIV, pa;,'. 213. liuccinum coslulalum MAllC. UE SEIIK., Véngn. lerr. Ieri., pag. 193. semiiuslalum M.\UC UE SEIiR., Géoyn. lar. Uri., pa^ coslulalum BUOMS, Ilat. lert.-Geb., pag. 93. semicojtrilum BKONN, Itiit. lerl.-Ceb, pag 23. costulatum JAN, Calai. Comh. fnss., pag. 13. st'micoslatum JA^\ Colui. Conc/t foss., pag. 13. id. PL'SCII, Pol.Paliioul. pag 122. coslulalum E. SISMI)., Syn., pag 40. semicoslatum E. SISMU., Syn., pag. 40. id. PHII.., Tentar, versi. Nordui. Deutscht , pag costulatum DESK, in LAMCK., Anim.s.vert., 2 ed., voi. X, pag 990. C.\LC., ( onclt. vif. e fu.\s.Sicil., p:ig. 39. P.\BET., i« Dcscriz.di Cenoni, vol.l, pag. 51. E. .SIS.MU., Syn., 2 cil., pag. 28. E.SIS.MU., Syit., 2 ed., pag. 29. D'OBB., Prodr., voi. Ili, pag.81. D'OUB., Prodr., voi. Ili, pag. 8,5. MENE(;H., Palennl. de Sard. pag. 463. UOUERL , Crnn. gcvi. Icrr mine sup. Ilal. centr., pag. 105. F(»RE.ST., Cauti. .Voli. jtlitH-.Bologn., I, pag. 44. Id. Id. Id. Id. Id. Id. Id. Id. Id. Id. Id. Id. Nassa Id. Id. Id. Id. Id. Id. Id. Id. Id. Id. -.27. id. id. costatala sciicoslala coitulata id. id. id. id. semislriata yar.liirrita FOBEST.. Culai. Moli, plioc. Botogn., I, pag. 45. lav. II, fig. 5, 6 Buccinum costulatum loslulala M.\NZ., Satjg. Concli. foss. .sub., pag. ,37. id. UE KOEM., Mioc. Nord DeuLtch. Moli. Faun., pag. 195. id. COCC, Fnum.Sist. Moll.mioe. e ptioc. Parm.e Piac, pag. 89. MAY., Sysl. I^'erz. Fer.ft. tleh., pag. 39. Id. id. COIM>., Calai, foss. min.plinc.Moden. Colt. Copp., pag. 9. /(/. id. ?VC.\\S, Alt. ieri. S,l,i< Iti. V. Malia, fan i. Id. id. BE.NOIST. '/■«/. /"osi rff la Diede el de Saiiials, pag.385 Nassa costulata SEGUENZ., Form. plioe. Ilal. nierid., pag. 978 /(/ semicostata SEGl'ENZ., Form, plioc. Ilal. merid., pag. 976. Id. costulata PANTAN., Jtt. Mcad. Fisintr. S/wa, voL VII, pag. 2. Id. id. SOBU., l'ami mar. Cascina nizzardi, pag. 35. /'/. id. KOBEST , Celili, geni, e patroni, plioc. ant. Castrvcaro. pag. 91. /(/. id. l'O.NZ., Foss. .U" Faticano, pag. 16. Buccinum italicuin M.\Y., Mer.glac.aux piids dcs ,llp., pag. 218. Nassa costulata FONT., Flud, strut. el patèont. Dass. du lihùne, II, pag. 70. DESCRITTI P.i L. BELL.\EDI 357 1877. Mi.wa italica DE STEF., .SO-rK./j/iV. ,S,e«n, pag. 252. iSn. Buccinum costulatitm FUCIIS, Plioc. liild.Zante u.Corfu, pag. 10, 1877. Nassa semi.<:ti iuta \3T. a IS'^.. App. paleant., I, pag. 20. FUCHS, SlitJ icil.Bild.Obcr-llal., pag. 62. DE STKF. e rANTAÌS'., AMI. plioc. Siena, pag. 101. FO.NT., Éuid.sUal.ct paléonl. Bass. dii lilióne, III, pag. 45, 46. S.\UTOR., // Coli, di 5" Colombano e i suoi Foss., I, pag. 15. COPI'., Terr.tab.Moden., pag. 10. COPI'.. Mayn.Iwcli. Moden., Iiag. 14. BARD., Paléonl. Maine et Loire, pag. 104. Xm.Buecinum apenninicum MAY., //( Hit. et spetim. 1881. Nassa jiliucenica var. Ili co.slulata COPP.. Os.ien\ malac, pag. 5, fig. 5. 1881. Id. id. var. ///, soUovar.,?MAco»(«V(i«a COPP, Ossen'.malac, pag. 5. L'esemplare tipico figurato e descritto dal Brocchi col nome di Biicc. .temicostatum è incompleto, e a mio giudizio è un giovane esemplare di questa specie. Miocene superiore: Colli tortonesi, S'" Agata-fossili, Stazzano, raro. Pliocene inferiore: Castelnuovo d'Asti; Vezza presso Alba; M'" Capriolo presso Bra ; Clavesana presso Mondov'i ; Borzoli presso Sestri-ponente; Savona Fornaci e Zi- noia; Albenga, vallone Torsero; Ventimiglia, comunissimo; Coli, del Museo e Michelotti. B. Laitruin dcxlcriiiii jiiislice Inle proiliicliiiD. - Iliiiia a lubiis hrevìbus circuinscri|)ta. La notevole estensione posterioie del labbro destro e la brevità relativa delle labbra che circoscrivono l'intaglio , sono le note ])rincipali che separano le forme di questo gi'uppo da quelle del precedente. 1. 2. 3. 4. 5. 6. Anfrdefii.s onines longitudinalitcr costati N. neglecta Bell. Anfractits omnes, vel saìteni ultimi, ìongit. ecostati 2. Supcrficìcs tota transverse Silicata 3. Superficies in ventre anfracttmm esulcata 4. Testa dolioliformis , tota ìongitìidinaliter ecostata: spira medio infiala N. gigantula (Ben.). Testa turrita, in primis anfractuhus longitudinaliter costata: spira regulariter involuta N. Hoernesi (May,). Anfructus primi longitudinaliter costati 5. Anfractus omnes ecostati 6. Testa iìifìata : spira paruni acuta : suturae distincte canaliculatae N. solidula Bell. Testa angusta : spira valdc acuta : suturae non ca- naliculatae N. transitans Bell. Testa brevis, venfrosa : spira paruni acuta N. semistriata Brocch.). Testa longa, angusta; spira valde acuta N. Olivii Bell. 358 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. 185. Nassa neglecta Hei.i.. Tav. IX, Cg. 7 (a, h]. Testa parva, suhovata. - Anfraclus vix convcxi ; ullimus dimidiam longiludincni apquans, anlice salis depressus. - Superficies t;; anfruclulius priviis loia mimile irausverse silicata, in meiliis et in parie postica ultimi laevis , in omnibus longilwlinaliter costata; sulcus propp su- luratn poslicain decurrens minulus: coslao longiludinales ùbtintae, obìiquae, ab inlerslitiis pnium latis separalae umliijue decurreiitrs (exceptis parie antica ultimi anfraclus et parte marijini (nit contìgua), prope suturam pnslicam anfractuum subdentalae. - Os ovale; labrum sìnislrum ar- cualuni, inleritis pluri-plicaluni ; labrum dexlerum salis ultra os proiìuclum, praesertim posUre : columella anlice salis profunde excavala: rima a lahiis brevibu,'s circitmscripla. Long. 7 ram. : Lai. 3 '/> mm- Miocene superiore: Colli tortonesi. S" Agata-fossili, rarissimo; Coli, del Museo. 186. Nassa gigantila (Bon.). Tav. IX, Cg. ti (rt, b, e). Testa snbfusiformis. renlrosa: spira mnìio insala. - Anfraclus convexi , longi; ullimus dimidiam lon{;iludineni aequans, ve! subaequan.-i : sulurae anguste canaliculalae. - Supertìcies tota loiifiitudinaliter ecostala et transverse sulcata: sulci 4 vel 5 in anfractubus primis et mcdiis perspicui, ab intcrsliliìs latis (l romplanaiis sciìnrali, lineares; sulcns pnslicus major; sulci in parlem anlicam ultimi anfraclus decurmiies majores, ab inlersliliis minoribus separati. - Os subovale, anlice leviler (lilatalnm ; labrum sinislrum contra rimam subanfinlalum, interius mi- nule pluri-plicatum; labrum dexleruni larve, adnalnm, ultra os riilde proiluctum, praesertim in rcf/ionem posticam: cclumella medio parum et subregulariter excavala: rima sdò/crmiHa/i.s-, magis lata quam pmfnnda, a labiis lungiusculis circumscripla. Long. 19 mm. : Lai. 9 mui. nON., Co("., .!/«//./;-.<... //'iiH., \o\ ì, pa-. 141, tav. XII, fig. 9. >EI;GEB., Bcitr. Ieri.- .Voli. Ober-Lapiigy, p.ig. 98. MAY., Tert. Fdun. /fznr ti. Madeira, pag. 76. R. llOER>i. u.M A'JINr... Cast. mioc. Oe.tt.-Uiiy. Monarch., pag. IJ8, tav. XIV, fig. 29. Varie lA A. Tesla. pli'i-nmqw major. - Anfrartiis Ioli Iransversi; sidcali; sulci intcr se valde distanles, 4 vel 5 in anfrnclulms mndiis perspicui, 6 in iilliino, praeler siilcum poslicum prope siiluram decurrenlem el sulcos anleriores ante rimani impressos. Lonj;. 11» mm. : Lai. 9 '/, mm. 1853. Buciittum semistriatnm HOERN., .tfoll. foss. ff^ieii., tav. XII, fig. 10. La forma stretta e lunga della spira , la regolarità colla quale questa cresce e la presenza delle numerose costicine longitudinali che ne adornano i tre o quattro primi anfratti dopo il nucleo embrionale, separano questa specie dalla N. gigantula (Bon.). ■geo I MOLLUSCHI DEI TERKENI TEKZIARII DEL PIEMONTE ECC. È inutile ripetere qui i caratteri clie distinguono la presente forma dalla X dfr- tonensis Bell, giil indicati a proposito di quest'ultima. Tanto le figure pubblicate dall'Hoenies M. nella sua opera, quanto quelle della recente fonografia dei signori K. Hoenies e M. Auinger col nome di lìuccinum srnii- striatmii Brocch. e di Bttrchmw Norrnesl May. rappresentano il labbro destro molto meno dilatato posteriormente di quanto lo è negli esemplari tipici di Steinabrunn che ricevetti dal sig. Fuchs. Pliocene inferiore: Castelnuovo d'Asti, non frequente; Coli, del Museo. 188. Nassa soudcla Beli. Tav. IX, lig. 9 {a, b, •). Tesla tiiriila : spira loiiga, salis a[)erla. - AnlVacliis convoxi; ullimus «im()'om(s, nniice valde ilcpressus , dimidid loiuiUmìinc ìnevittr: suUiiai' profundac, disliiicle canalirulalac - Superlicies »"« anfrnclulnis primis longilndinalilcr costultila, in caetoiis ecoslulala: roslulae nii- nutar, crrbrac, cbliquae, cantra ainaliculum suturar jwslirae subdenticulalae : sulri transversi minutissimi, crebri, plenimque 6 in primis anfractubiis perspicui: aiifraclus Iros ultimi laeves; sulci Iransvorsi prope rimam decurrentes minuti, ab intersliliis ialis separali. - Os subor- bitulare; labrum siiiislrum arcuatimi, incrassalum, inlerius piuri-plicaluni, ro»<;a ri/dam ,?u/)- detitalumi labrum dexlerum laevv, in regioua antica et mediami ereclum, postici' valde extensum : coiumclla snbmodio salis escavala: rima a Inbiis InuQiusrulis eircnmscripta. Long. 16 mm. ; Lai. 9 mm. Nella presente forma, i cui legami colla 2\'. srìnisfriatti (Broccii.) sono fatti stretti dalla varietà U^ della specie del Brocchi, i caratteri distintivi sono i seguenti para- gonando le due specie nella loro forma tipica ed indipendentemente dalla natura dello loro superficie: in questa 1° la spira è più lunga e più acuta; 2° l'anfratto ultimo è notevolmente più breve, più rigonfio e più depresso anteriormente : 3° la scanalatura che accompagna la sutura posteriore è più larga e più profonda: le labbra dell'in- taglio sono più lunghe. Pliocene supcriore: Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, non raro: Coli., del Museo e Kovasenda, Flioccne inferiore: Vezza presso Alba, raro; Coli, del Museo. 189. Nassa thansitans Iìki.i.. Tav. IX, Ut;. 15 (n, ì,, < ). Dislinguunl liane speciem sciiuciilos notae; 1. a iV. semistriata (Brocch.): Tesla angustiar: spira Innqinr, mafiis acuta. - Aufractus ullimus dimidia longitudine brevior, anijustior. - Suprrji'-ii's in primis anfracinbus loniiitudinalitfr rostaln; coslae paucae, oblusar , ab inlersliliis aiignstis separatao ; sulci Irausrcrsi in primis anfiatliihus obiotrti ; snlrus jioslu ns prope rii/i im dnnirreus miuimiis. - Os hrcrius; labrum desterum poslicc magis cxlensum : rima subterminalis, a laliiis lomjiuribus rircumscripta. à DESCKITTI DA L. BELLA RDI 361 2. a iV. Olivii Bell.: Anfractus omnes magis convexi, inde siUurae profundiores ; ultimus brevior, aniice magis depressus; anfractus primi longitudinaliter costati. - Rima subterminalis , a labiis longioribus circumscripta. Long. 14 mm. : Lai. 7 mm. Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, non comune; Coli, del Museo e del Museo di Zurigo (Prof. Mayer). 190. Nass.v semistriata (Brocch.). Tav. IX, fig. 14 (a, b). Testa subovata: spira brevis, parum acuta. - Anfractus convexi; ultimus magnus, inflatus, dimidiam longiluilinem aequans ve! subaeqiians: suturae angustissime canalicuiatae. - Su- perficies tota longitudinaliter ecoslata et in parte transverse sulcata: sulci in primis anfractubus minuti, crebri, vix perspicui, in parte antica ultimi anfractus raajores , ab interstitiis latis separati, in ventre ultimi anfractus nulli; sulcus prope suturam posticara in omnes anfractus decurrens profundtis. - Os subovaio, poslice angustalum. anlicc dilatatum; labrum sinistrum cantra rimani non angulatum, intcrius pluri-plicatum; labrum dexterum ultra os productum, postice late extensum: columella medio satis excavata: rima sublateralis, tam lata quam pro- funda, a labiis brevissimis circumscripta. Long. 14 mm.: Lai. 8 min. I814. Buccinum [Nassa) cornicnium BUOCCH., Conch.foss.sub., pag. 343. 1814. Id. semistrialiim BROCCII., Coiich foss. sub., paì;.6.il, tav. XV, fig. 15. 1820. Nassa corniculum BORS., Oritt. pieni., I, pa};.38 in parie). 1827. Id. semistriata SASS., Sagij.geol.Bacterz.Àlbeiiga, pag. 48l. 1829. Buccinum semi.Urintiim MARC. DE SERR., Géogn. tciT. ieri., pag. 131. 1831. Id. id. nUOSy, /lai. lerl.-Ceh.. pa'r.ìi. 1832. Id. id. desìi.. &/)<■■(/. ir. jVorce Z«o/., pag. 197. 1839. Id. id. .Ì.Ky, Calai. Condì, foss., pag. Ì3. 1836." Id. id. PIllL., .Vo«.5ic., voi. 1, pag. 193. ? 1838. Id. id. OR \T., Calai, rm. et f7iverl.Gironde, pag. 40. 1841. /(/. id. CXLC.., Condì, foss. Àllat:, pag. C3. 1842. Id. id. E. SISMD, S//H., pag. 40 (in parie). 1842. Id. id. TCmw \TCil. , Cnnst.gcol.Prov.merid.Naples et Nice, pag. %3S. 1844. Id. id l'Ili L., .»/o//.5.c.. Il, pai?. 193. 1847. Nassa semistriata JIICllTTI., fow. mioc, pag. 210 (in parte). 1847. Id. id. E. SISMD., .Si/»., 2 od., pag. 99 (in parie). 1854. Id. id. l\\\S., Vxy-DF.y-HECK.el POyi., Calai, foss. M" Mario, pag. \3. 1857. Id. id. ME^EGH., Palèont. de Sard., pag. 4GX 1862. Id. id. SEGUEy?.., Form. plioc.Sicil., pag. l\. 1862. Id. id. SEGUENZ., /•V/rHi.mioc. .J/c«., pag.7, 11. 1864. Id. id. yar. minor sulilacns DODERL., Cenn.gcol.mioc. sup. Ital. centr., pag. 105 1867. Buccinum semistrialum PER. D.\ COST., Cast. terc. Pori., pag. 93, Uv. XIV, fig. 10 a, b. 1868. Nassa semistriata FOKtST., Calai. Moli. plioc. Bologn., ì, p. ii. 1869. Buccinum semistrialum MOLIN.-FOL., Geol. di Barcellona, pag. 40. 1869. Id. id. COPP., Calai, foss. mioc. e plioc. Moden., pag. 94 ^in parte). 1870. Nassa semistriata ARAD. e BE.NOIT, ConcA. wV. .Var.5ici7., tav. V, fig. 14. 1870. Id. id. BELL, Calai. Moli. foss. Biot, pag. 9. 1870. Buccinum semistrialum NIC.\IS., Culai., .4nim. foss. Prov. Alger., pag. 107. 1872. /(/. id COPP., 5(«(/.;)a/. /(Wi.modfH., pag. 35, tav.III, fig.66. 1873. Nassa semistriata SEGUE.NZ., Form. plioc. Ital. merid., pag. 300. 1873. /(/. id. COCC, Enum. Sisl. Moli, tnioc. e plioc, Parm. e Piac, pag. 83 (in parte). Serie IL Tom. XXXIV. *x 362 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC. 1874. Buccinum semislriatum COPP., Calai, foss. mio-pltoc.moden Coli. Copp., pag. 2. 1874. Nassa sanistriata FORESI'., Tenn, jfo/. <■ ;)a(eonf.;j/ior. anf. C<«'C., 7(/io< CiminH», pag. 7. 1878. Id. id. DE STKF. e l'ANTAN., .Moli plioc. Siena, pag. 101. 1878. Id. id. P\^T AH., Ptioc. dint.Chianciano, pag. S. 1878. Id. id. FO\l'., Et. strat. et pai. tar. tert. Bass. du tìhóne, HI, pag. 6i, 63. ?1878. Buccinum semistriatum FONT., Faun.malac. mine. Tersannes et Hauterivei, pag. 13. 1880. Nassa semislriala BRVOJi., Conch.plioc. Caltanisetta, pag. lOi. 1880. Jd. id. COl'V., Terr. Tal), moden., pag. iO. 1880. Id. id. PANTAN., Pliocdi Pieirafilla, pag. 371. 1881. Id. id. yAJp. patconl., 1, pa^;. 21. 1881. Id, pliocenica var. IV, solloyar. coslulata COPI'., Ossen'. malac. , pag. 5 (in parte\ Varietà B'. Anfractus penullimus in ventre Iransverse sulcatus; salci minuti, plerumque 4 perspicui, ab interstiliis lalis separati; anfractus ultimus in ventre laevis, seu non Iransverse sulcatus 1877. Nassa semistriata var. C ISS., App.paleont., I, pag. 21. 1877. /(/. id. Tar.C 2 ISS., ///y>./)a/eon«., I, pag. 21. Varietà B^ Anfractus petiultimus el ultimus in ventre transverse sulcati. Indipendentemente dalla natura degli ornamenti superficiali, pei quali questa va- rietà B colle sue divisioni si distingue dalle precedenti, nella grande quantità di esem- plari che se ne raccolgono , particolarmente nel vallone Torsero presso Albenga , si incontrano le modificazioni nelle forme generali già indicate per la varietà A e per la forma tipica, e notevoli differenze nelle dimensioni. Varietà C. Testa turrita: spira longior, minus aperta. - Anfraclitì ultimus brevis, dimidia longitudine brevior, anlice magis daprcssus. Long. 15 mni.; Lai. 7 '/a nìm. Siccome i signori Prof. Issel e Dott. Coppi, i quali si sono occupati in particolar modo di questa specie e delle numerose sue varietà e forme affini, mi hanno gen- tilmente comunicati esemplari tipici corrispondenti alle varie distinzioni che hanno stabilite in proposito, così sono in caso di poter riferire con certezza le forme da loro distinte a quelle che qui ho descritte. Abbencliè io abbia citato le varie forme distinte da questi chiarissimi autori nella sinonimia delle corrispondenti qui descritte, tuttavia mi pare opportuno, per maggior chiarezza, di riferire sotto forma di quadro le distinzioni stabilite tanto dal sig. Prof. Issel quanto dal sig. Dott. Coppi colla corrispondenza di quelle da me proposte. 364 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. 1877. Issel. Appunti paleontologici I. Nassa semistriata Broccli. Id. F Questa forma che molto probabilmente merita di essere distinta con nome proprio differisce senza dubbio dalla N. se- mistriata Brocch. per la sua forma generale più turrita, per gli anfratti più convessi, per la mancanza del solco che corre posteriormente alla sutura, per la sottigliezza del labbro sinistro, per la posizione quasi terminale dell'intaglio, per la maggior brevità delle labbra che lo cu-coscrivono e per il labbro destro che, per quanto si possa giudicare dallo stato imper- fetto di conservazione dell'unico esemplare che la rappresenta, non oltrepassa il piano della bocca. Quando si avranno esemplari migliori, si potrà assegnare a questa forma un posto in qualche serie , e descriverla come specie ben definita, cui propongo il nome di N. sabatica. N. obìonga (Sass.). 1881. Coppi. Osservazioni fiialucologiclie circa la Xassa semislmta e N. coslnhiltt del Brocchi. Nassa pliocenica Copp. Var. I semistriata fig. 4 = semistriata Brocch. tipo. Sottovar. turrita fig. 2 = /(/. id. Esemplari di forma più stretta e più lunga. Var. II integrostriata fig. 3 z= gigantuìa Bon. Sottovar. turrita fig. 1 =: /(/. id. var. A. Vax. III costulata fig. 5 = italica May. =z Id. id. Esemplari colle coste in gran parte obliterate sugli ultimi anfratti. z= scniistri(ti!i Brocch. Forma tipica e vaiietà B con dimensioni minori dell'ordinaria. = semistridfn Brocch. var. A. Esemplari con dimensioni minori dell'ordinaria. Sottovar. subcostulata Var. IV nana Sottovar. costulata DESCRITTI DA l. BELLARDI 365 Il nome di pliocenica proposto dal signor Coppi non può essere accettato perchè fin dal 1843 lo Strickland pubblicò altra forma col nome di ^j?/oce«a, non sembran- domi che la leggera differenza dei due vocaboli sia sufficiente a togliere la confusione che si cerca di evitare con una rigorosa denominazione. La forma descritta e figurata dal Brongniart (Mém. Vi cent., pag. 65, tav. VI, fig. 8 a, h) col nome di N. semistriata Bors. è certamente differente dalla specie del Brocchi, ed anche, per quanto è permesso giudicare dalla cattiva figura dell'opera del Borson (Oriti, jojew., tav. I, fig. 10), dalla N. semistriata ài qyyest'xAiimo autore, la quale credo doversi riferire alla N. hadensis (Partsch). Se la figura precitata del Brongniart è esatta, io non saprei a quale delle specie a me note dei Colli torinesi si possa liferire: la sua forma stretta e lunga, la sua superficie interamente liscia, ed in particolar modo la maniera indistinta con cui il labbro destro si accolla e si fonde per tutto il suo margine colla superficie dell'ultimo anfratto, chiamerebbero questa forma nella 52' serie a lato della N. atlantica (May.). Le figure pubblicate dal Grateloup dei fossili che egli riferi alla presente specie del Brocchi [Atl. Condì, foss., tav. XXXVI, fig. 5, 15) sono così imperfette, che mi è impossibile giudicai'e se quei fossili delle vicinanze di Bordeaux appartengano a questa specie o meglio a qualcuna di quelle che vi furono riferite da parecchi paleontologi. La forma descritta e figurata dai signori Fischer e Tournouer nel 1873 [Anim. foss. du 31' Lcbc'ron, pag. 125, tav. XVIII, fig. 17) col nome di Na.<'sa semistriata Brocch., varietas cabrierensis, è senza dubbio una forma differente dalla vera iV. se- mistriata Brocch. qual è definita in questa Monografia, come ho potuto riconoscere dall'esame dell'esemplare tipico di Cabrières, gentilmente comunicatomi dal signor Fischer. Ecco i caratteri pei quali a mio parere queste due formo sono fra loro distinte , e che osservai nel fossile di Cabrières; 1° spira più lunga e più acuta; 2° ultimo anfratto più breve e meno rigonfio ; 3* suture più profonde ed accompagnate da un notevole ribordo ; 4" superficie tutta e di tutti gli anfratti solcata per traverso ; 5° primi anfratti dopo gU embrionali guemiti di costicine longitudinali; 6° labbro sinistro depresso nel mezzo ed angoloso anteriormente; 7° labbro desti'o non dilatato posteriormente; 8* intaglio molto meno laterale, quasi terminale e circoscritto da labbra più lunglie le quali danno origine ad una specie di canale. Pel complesso di questi caratteri la forma di Cabrières precitata si collega colla N. dertonensis Bell. I fossili provenienti dall'Isola di Kodi e riferiti dal signor Fischer nella precitata memoria alla N. seiiiistriata Brocch. appartengono in parte alla forma tipica, in parte alla varietà B: i primi hanno tuttavia dimensioni minori di quelle ordinarie colle quali si trova in Piemonte ed in Liguria il tipo della N. semistriata Brocch. Nel 1878 il signor Fontannes giustamente apprezzando le differenze del tipo di Cabrières da quello della N. semistriata (Brocch.) separò definitivamente la prima dalla seconda, imponendole il nome specifico di iV. cabrierensis Font. {Le Bassin du Vésan, pag. 107). Lo stesso signor Fontannes ripubblicò poscia nel 1879 [JDescr. de quelq. esp. nouv. ou peu conn., pag. 7, tav. I, fig. 3) questa sua specie aggiun- gendovi un'ottima figura. La forma per altro figurata dal signor Fontannes non è in tutto e per tutto uguale a quella figurata dai signori Fischer e Tournouer; avendo 366 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC. fra loro paragonato queste due forme vi trovai le seguenti differenze che potrebbero dar luogo ad una varietà. Il tipo comunicatomi dal signor Fontannes ha la forma comparativamente meno lunga e più rigonfia, il ventre degli anfratti liscio, cioè senza solchi, il solco che corre presso la sutura, caratteristico di questa serie, è accompagnato anteriormente da un altro solco minore. Nella ricca collezione di Nasse della Fauna attuale del signor Oav. Tapparone- Canefri ho trovato col nome di N. semi striata (Brocch.) due esemplari senza indi- cazione di provenienza, ma molto probabilmente del Mediterraneo o delle coste del Por- togallo. Dopo averli accuratamente esaminati e scrupolosamente paragonati col tipo fossile della N. semistriata (Brocch.), riconobbi che uno dei due esemplari, sia per la forma generale, sia per gli ornamenti superficiali e sia per la figura della bocca e per il modo col quale il labbro destro si estende sull'anfratto precedente, conisponde in tutto alla forma qui descritta col nome di N. semistriata (Brocch.) var. B^: nel- l'altro osservai le seguenti differenze della forma tipica del Brocchi : 1 " spira rela- tivamente più lunga e più acuta ; 2" ultimo anfratto proporzionatamente più breve : 3° molti solchettini trasversali sul ventre di tutti gli anfratti: per questi caratteri e per la mancanza di costicine longitudinali questo esemplare costituirebbe una speciale deviazione dal tipo che non ho finora incontrato allo stato fossile. Un terzo esemplare proveniente da Vigo sulle coste del Portogallo mi fu inviato in comunicazione dal signor Marchese di ilonterosato : questo corrisponde per la forma generale e per gli ornamenti superficiali al secondo esemplare della Collezione Tapparone-Canefri coli' aggiunta di minute costicine longitudinali sui primi anfratti dopo il nucleo embrionale. Finalmente ebbi dal signor Fischer sette altri esemplari del medesimo tipo pescati alla profondità di 000 metri sulle coste di Barberìa. Di ([ucsti sette esemplari due appartengono alla varietà B*, uno alla varietà B\ tre alla varietà JB', ed uno alla varietà A qui sovra descritte. I sei primi esemplari sono senza dubbio della Fauna attuale, il settimo per la mancanza d'ogni traccia di colore, per la solidità del guscio e per la sua fisionomia pare fossile e provenire probabilmente dalle marne del plio- cene inferiore frequentissime sulle coste del Mediterraneo. È dunque fuor di dubbio che la iV. srmistriafa (Brocch.) caratteristica del plio- cene inferiore, ha i suoi rappresentanti nei nostri mari attuali. Questa forma che, a quel che pare, vive ed ha vissuto a notevoli profondità, iia la sua corrispondente in quella che ho distinta col nome di X. Olivii Bell, nelle sabbie del pliocene superiore, la fauna delle quali accenna in complesso ad una fauna di mare poco profondo. Miocene superiore: Colli tortonesi, 8" Agata-fossili, raro; Coli, del Sluseo. Pìiocrìie inferiore: Castelnuovo d'Asti, Viale; Vezza; Albenga-vallone-Torsero , comunissimo; Coli, del Museo. Pliocene superiore: Colli astesi. Valle Andona, raro; Coli, del Museo; Colli biel- lesi, Masserano, non raro; Volpedo presso Vogliera, non raro; Coli, del Jfuseo. Vive nel Mediterraneo sulle coste di Barber'ia e nell'Atlantico sulle coste del Por- togallo. descritti da l. bellardi 367 191. Nassa Olivi: Bell. Tav. IX, fig. te (a, b). Distinguimi hanc speciem sequenles notae : 1. a iV. semislriala (Broccii.) tipo: Testa angustiar: spira multo magis acuta. - Anfractus longiores, depressi; ultimus c^ttnidiam longitudinem subaeqttans: suturae minus profundae. - Os longiiis; labrum sinistrum poslice magis depressum. inde os poslice magis angustum ; labrum dexterum antice, et praesertim medio et poslice, magis extensum: rima distimie laleralis, magis obliqua, sublruncata. 2. a N. trausitans Bell.: Anfraclus longiores, minus convexi, omnes costis longitudinalibus destituii. - Os longius; labrum sinistrum regulariler arcuatum. - Rima laleralis, magis obliqua, sublruncata , a labiis brevioribus circumscripta. Long. 18 '/a nim. : lat. 8 '/a inra. 1842. Buccinum semistriatum E. SISMD., Sijn., pag. 40 (in parie). 1847. Nassa semistriala E. SISMI)., 5yn., 2 ed., pag. 29 [in parte). ?1847. Id. id. TEyti., Slral.List of bril/i.foss., i)3g.6. 1874. Buccinum semislriatum DE STEf., Foss.plioc.S' Miniato, pag. 35. 1877. Nassa semistriala MOÌSTER., Catal.Conch.foss. Mi' Pellegrino e Ficarazze, p?g. 12. 1878. Jd. id. UE STEF. e PANTAN., Moli. plioc. Siena, pag. 101 (vai. ecostala]. 1880. Id. id. SARTOR., // Colle di » Colombano e suoi Foss., pag. 14. Pliocene superiore: Valle Andona, ecc., comunissimo; Coli, del Museo. 49* Serie. Nucleiis eìtibrionalis longtis, subacutus. - Testa turrita: spira longa. - An- fractus parum convexi. - Superficies tota ìongitudinaliter ecostata, transverse tota, vel in parte, sulcata; sulcus prope suturani posticam decurrens. - Os elongatum ; labrum sinistrum antice dilatatiim ; labrum dexterum antice et medio vix ultra os productum, poslice plus minusve extensum: columella subarctiata: rima subtermi- nalis, valde lata, a labiis brevissimis circumscripta. I principali caratteri di questa serie sono la posizione piii o meno terminale del- l'intaglio, la notevole sua larghezza, la brevità delle labbra che lo circoscrivono e la mancanza di costicine longitudinali. 192. Nassa megastoha Bell. Tav. IX, fig. 17 (a, b). Testa turrita: spira longa, valde acuta. - Anfraclus parum convexi; ultimus '/j lolius longitudinis subaequans. - Superficies ìongitudinaliter ecostata, tota transverse sulcata: sulci minuti, pauci ; sulcus posticus vix aliis major; sulci prope rimam decurrentes latissimi , ab interslitiis anguslis separati. - Os ovale; labrum sinistrum subarcuatum; labrum dexterum poslice salis extensum. Long. 19 mm. : Lat. 8 Va mm. 368 1 MOLIASCni pei terreni TERZIARII del PIEMONTE ECC. TarielA A. Tav. IX, fig. 18 (a, b). Labrum dextenim ultra os subregulariter extensum, postice vix produclum. Long. 19 nino.: lai. 8 mni. Varietà B. Tav. IX, fig. 19 (a, b). Spira brevior, magis aperta. Long. 18 mni. : Lai. 8 '/j nana. Varietà C. Tav. IX, Cg. 20 («, b). Spira brevior, magis aperta. - Labrum dexterum postice vix ultra os produclum. Long. 16 V9 oìm.: lai. 8 mna. Varietà D. Sulci transversi obsoleti, vel rix passim perspicui. Long. 1G ram. : Lai. 7 '/a '^^■ Miocene superiore: Colli tortonesi, S'^ Agata-fossili, non frequente; Coli, del Museo. 193. Nassa Pant.vnf.llii Beli.. Tav. IX, Og. 21 (a, b). Testa crassa: spira ad apicem vakle acula, medio e.vcavala. - Anfraclus ver.ius suluram posticam leviter convexi; ullinius ventrnsus, diniidiam longiludinem subaequans: sulurae salis profundae. - Superdcies nitfns, transverse silicata; sulci minutissimi, obsoleti, nonnulti passim perspicui; sulcus unus major prope suiuram posticam docurrens; sulci prope rimam decur- renles iali. - Os amplum; labrum sinislrum subarcualuni, cantra rimam vix subangulalum; labrum dexterum panna rt suliuiiiformiler ultra os extensum. Long. 17 mm. : Lai. 9 mm. Miocene superiore: Colli tortonesi, S" Agata-fossili, raro; Coli, del Museo. 194. Nassa nitens Bell. Tav. IX, fig. 29 {a, b). Testa turrita : spira longiuscula, acuta, versus npicem cxcavala. - Anfraclus primi an- gusti, complanali, subcylinitrici , reliqui convexiusculi ; ultimus brevis, antice salis depressus, dimidiam longiludinem subaequans. - Supcrficios laevis, tiilens; sulcus projìe suluram posticam in omnos anfraclus dccurrens ; pars antica ultimi anfraclus trmisversc sulcato-striata. - Os subovalc; labrum sinislrum arcualum, ante marginem oris incrassatum , centra rimam non angulosum, inlcrius minute pluri-plicatum ; labrum dexterum antice parum ultra os produclum, DEtìCKITTI DA L. BELLAKDI 369 medio et praeserlim postice lale extensum : columella subraedio salis profonde excavala: rima sublerminalis. tnagh lata quam profundn, a labiis brevibus circumscripta. Long. 15 mm. : Lai. 8 mm. Miocene superiore: Colli tortonesi, S'"* Agata-fossili, non frequente; Coli, del Museo. 195. Nassa oblita Bell. Tav. IX, fig. 23 (a, b). Testa turrita: spira parum acuta. - Anfractus convexi; ultimus brevis , vix dimidiam longitudinem suhaequans, venlrosus, anlice valde depress'is: suturai satis profundae. - Su- perficies laevis; sulcus prope suluram posticara decurrens minutus; interdum salci Iransversi rainores passim perspicui - Os breve, latum, siiborhiculare; labrum sinislrum arcuatum, prope rimani deprensum , inlerius minute pluri-plicalum ; labrum dexlerum postire late exleiisum: columella medio profunde escavala: rima lata et satis profunda , a labiis longiu'iculis cir- cumscripta. Long. 1 4 mm. : Lai. 8 mm. Varietà A. Superficics tota Iransverse minute sulcata. Long. 13 mm. , Lai. 7 mm Miocene superiore: Colli tortonesi, S" Agata-fossili, non raro; Coli, del Museo. 50' Serie Nucldis cmhrionalis nuignus, latus , valde obtusus. - Os ovale; labrum sini- sfrum arcuatum; labrum drxterum ultra os antice et medio parum extensum, postice magi.s productum: rima terminalis, a labiis indistinctis circumscripta. La forma larga od ottusa del nucleo embrionale, la posizione terminale e la lar- ghezza dell'intaglio, e la brevità delle labbra che lo circoscrivono, sono le note prin- cipali caratteristiche di questa serie. 196. Nassa Benoisti Bell. Tav. IX, fig. 2» (rt, A). Testa ovatn-subl'usifortnis: spira medio injlata. - Anfractus paruno convexi ; ultimus di- midiam lon()itudinem aequans, anlice parum depressus. - Superticies Iota longitudinaliter ecostata et Iransverse sulcata; sulci 6-7 in primis el mediis anfraclubus perspicui, 18 in ullimo, mi- nuti, ab iiiterslitiis latis et complanalis separali, sub-uniformes, prope rimam laliores, ab inter- stiliin minoribus st'iuncti. - Os ovale; labrnm sinislrum inlerius minute pluri-plicalum; labrum dexlerum undique. satis ultra os produclum, praeserlim postice. Long. U mm. : Lai. 7 V; mm. Miocene inferiore: Colli tortonesi, S'"" Agata fossili, rarissimo; Coli, del Museo. Serie II. Tom. XXXIV. »t 370 I MOLUSCHI DEI TEKRENl TEKZIARII DEL PIEMONTE ECC. 61' Serie. Nueleus cmìirioyiaUs brevis, ìatus, ohtusus. - Anfractus valde convexi ; uìtbmts dìniuìia longitudine brevior. - Superficies nitens, tum tota lacvis, tum tota vel in parte transverse minute silicata, tota longitudinaliter ecostata. - Os suborbiculare ; labrum sinistrum simplex, in aduìtis interdum levitcr incrassatum, interius tum lylicatum tum larve, arciiatum ; labrum dexterum vix et uniformiter ultra os productum : columella medio profimde excavata, valde contorta, anticc detruncata: rima lafe- ralis, valde obliqua, lata, profunda, elabiata, vel rix sublabiata. Le forme di questa serie die sono collegate con quelle delle tre precedenti per la presenza del solco che corre presso la sutura posteriore su tutti gli anfratti, se ne separano per la presenza contemporanea dei seguenti caratteri: 1° anfratti molto con- vessi e perciò suture profonde; 2" anfratto ultimo più breve della metà della lun- ^ghezza totale; 3" labbro destro appena ed uniformemente per tutta la sua lunghezza protratto oltre il piano della bocca : 4° columella molto contorta, notevolmente inca- vata nel mezzo ; 5° intaglio laterale, molto obliquo, profondo, quasi troncato. 197. Nassa Chierighinii Beli.. Tav. X, fis. 7 («, b). Testa turrita: spira longa. - Anfraclus valde convexi; ultimus vnnlrosus , antico valde depressiis: suturae profundae, subcanaliculalac - Superficies nitens, Iransverse tota sulcnta; sulci minuti, ab intersliliis latis separati , 6 plerumque in anfraclubus primis el mediis per- spicui, 15 in ullimo, anIiTiores prope riiiiain decurrenlcs laliores, ab inlersliliis aiijiuslio- ribus separali. - Os suborbiculare; labrum siiiislrum arcualum , nnticf dilatatum, in adultis interius incrassatum el minute pluri-plicntum: coluini>lla medio profunde excavata et valde contorta. Long. 20 mm. : Lai 10 mm. Pliocene inferiore : Albenga-vallone-Toi-sero, non raro ; Coli, del Museo. Pliocene superiore : Colli biellesi, Masserano, frequente ; Coli, del Museo. 198. Nassa De Gregorii Bell. Tav. X, fi};. « {a, b). Dislinguunl liane specieui a N. Chierighinii Bell, sequentes notae: Nucleus embrionalis magis obtusus. - Testa minor. - Anfractus niinus convexi- uUintu longior, dimidiam lungitudinem suba^quans. - Sulci transversi in ventre subnulli, vix passim per- spicui, exci'ptis sulcis prupe riinam decurrenlibus. - Os lougius, antice r/.r dilatatum: labrum sinistrum magis distincte arcualum: columella multo minus excavata et minus contorta : rima minus lateralis. Long. 10 mm. : Lai. 5 '/, mm. Miocene .-iuprriorc : Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, non raro: Coli, del Museo e liovaseuda. descritti da l. bellardi 371 199. Nassa oblonoa (Sass.). TaT. X, fig. 9 (a, 4). Dislinguunl hanc specietn a N. Chierighinii Bell, sequenles nolae: Testa minor: spira lonqinr, magis acuta. - Anfractus mayis convexi , indo siUurae viagis profundac. - Sui>crlicies laevis, nilens; sulrus unicus minutns prope suturarti poslicam dccurrens in omnes anfractus, inlerdum in ultin.o obsoletvs. - Os hrevius, latius; labrum sinistrum simplex, medio dilatalum, interius laeve: columella magis rcgulariter et minus prufunde excavata: rima magis lateralis. Long. 14 mm. : Lai. 7 nini. 1897. Bticcinuin nbtnngum S.\SS., Sagy. gccl. Bac.lerz Allienga, paj^. 481. 1873. Nassa corniiuluin COCC, Bnum. Siit. \fuU.mini e plioi. Pnrm.e Piac, pag. 84. 1877. III. semistriatn \aT.F. ISS., App. paleiinl., I, papf. iO. L'identificazione di questa fonna con quella che il signor Prof. Cocconi riferi alla N. corniculum (Oliv.) è fatta dietro l'esame di un esemplare di Kiorzo gentilmente comunicatomi dal prefato signor Professore. Miocene superiore: Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, raro; Coli, del Museo e Rovasenda. Fliocene inferiore : Viale presso Montafia ; Zinola presso Savona , Albenga-val- lone-Torsero, non frequente ; Coli, del Museo. 62' Serie. Nucleus eìvlrionalis hrevis, ohtusus. - Anfractus convexi; ultimus dimidiam longitudinem nequans vel siihaequans. - Superficies in primis anfractuhus longi- tudinaJiter costata, in iiìtimis ecostata; tota vel in parte transverse sulcata. - Os ovaie, postico angustatum , canaìiculatum ; labrum sinistrum leviter incrassatum , interius plicatmìi; labrum dexterum gracile, regioneni umbilicaleni amplectens , undiqiie latissime productum et a superficie ultimi anfractus indistinctum : colu- mella arcuata: rima subterminalis, lata, profunda, a lahiis brevibus circums cripta. E ovvio distinguere lo forme raccolte in quest'ultima serie per la natura del labbro destro : questo infatti si estende anteriormente per modo da rivestire intieramente la regione ombelicale, quindi, tanto nella regione mediana quanto nella posteriore, si estende oltromodo o va gradatamente assottigliandosi per maniera da fondersi colla sottostante superficie dell'anfratto, sicché re.sta indefinito il suo margine. 200. Nassa tersa Bell. Tav. X, fig. 1 (fl, 6). Testa sub fusi formi s: spira Inngiuscula, satis amia. - Anfractus parimi convexi; ultimus longus, dimidiam longiludinem aequans. - Superficies nilens, in anfractuhus primis Inngilu- dinaliler costata et transverse striata : coslae minulae, crebrae, ab interstitiis anguslis separalae, 372 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. reclae, leviter obliquae; slriae plerumque 8 ih primis anfractuhus perspicuae, uniformes, com- planatae, a sulcis aiigusti$ seiunctae; coslae el slriae in anfractu sexio sensim sine sentu eva- iiescentes, in reliquis niillne. - Os ovale; labrum sinislrum postice depressum , marginatum ; labrum dexlprura nilens . inlerdum ad suluram posticam anfraclus praecedentìs productum. Long. 20 mm. : Lai. IO mm. Buccinum glabratum BON., Catal. M. S. n., 886. 1840. Jtl. id. E. SISMO., Syn., pag. 40. 1847. Kassa gtabiata E. SISMO., Syn., 2 ed., pag. 29. VarieM A. aa species dìstÌD);aeada .') Nucleus embrionalis subacutus , longior. - Testa brevior , rentrosior: spira brevior , magis aperta. - Anfractits ultimus postice minus depressus. - Costae longitudinales et striae trantversae prinwrum anfractuum vix passim perspicuae. - Os postice minus augiistalum. Long. 22 mm. : Lai. 9 mm. Non ho potuto conservare a questa specie il nome che le diede molti anni sono il Bonelli nella collezione del Museo zoologico di Torino e che fu riferito dal Sismonda nelle due edizioni del Synopsis, perchè semplice nome di catalogo e non pubblicato colla corrispondente descrizione della forma, e perchè altra specie del genere apparte- nente alla Fauna attuale fu descritta e pubblicata da A. Adams, collo stesso nome. Pliocene superiore : Colli astesi, Valle Andona, raro ; Coli, del Museo e ilichelotti. Pliocene inferiore : Zinola presso Savona, rarissimo ; Coli, del Museo. Varietà A — Pliocene inferiore : Vezza presso Alba, rarissimo ; Coli, del Museo. 201. Nassa crebricostolata Bell. Tav. X, fig. 2 (a, b). Distinguunl hanc speciem a ^V. tersa Bell, sequenles nolae: Testa minor: spira minus acttla. - Anfructus magis ronvexi , inde suturae profundiores. - Superjìcies tota longitudinaliter costata el transverse striata : costae longitudinales in parte ven- trali et antica ultimi anfractus et prope marginem oris obsoletae. Long. 9 mm. : Lai. 7 mm. ■ Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, raro; Coli, del Museo. Pliocene superiore: Colli astesi, Valle Andona, raro; Coli, del Museo. 202 Nassa elabrata Doderl. Tav. .\, fig. 3 (a, b). Dislinguunl hanc speciem a N. tersa Bell, sequenles nolae : Testa minor: spira minus acuta. - Anfractus minus convexi. - Costae longitudinales ma- jores, pauciures, ohlusae, axi testac iiarallrlae. usque ad penultimum anfraclum productae: striae transversae minutissimae, vix sub lente perspicuae. Long. \\ mm. : Lai. 5 '/, mm. 1864. ffatta tlabrnta DODERI,., Cenn gfol.mìoc.ttip Itat.centr., pag. 105 DESCRITTI DA L. BELLAEDI 373 L'esemplare figurato nella tav. X, fig. 3, a, h, che è il solo che io conosco dei Colli tortonesi, ha il labbro sinistro posteriormente imperfetto per antica lesione e pei* posteriore accomodamento , dalla qual cosa risultò un solco a guisa di canaletto ; sembra perciò a primo aspetto che questa forma debba riferirsi al genere Cijllenina cui certamente non appartiene. Miocene superiore: Colli tortonesi, S'" Agata-fossili , rarissimo; Coli, del Museo. SOS. Nassa atlantica (May.). Tav. X, fig. 4 (a, b). Testa kviter obliqua, ventrosiuscula : spira parum longa et paruui acuta. - Anfractus parutii convexi; ultìmus dimidia lonqiludine lonfjior, anlice parum convexus, obliquus: sulurae paruui prol'undae. - Superficies laevis , exceplis coslulis longiludinalibus obsoletis in duobus primis anfractubus et sulcis nonnullis minulis prope ritnam decurrenlibus. - Os ovale ; labrum sinislrum exlerius inflatum, interius minute pluri-piicalura, postice depressum; labrum dexterum minus exlensum qnam in speciebus praeccdenlibus : columplia valde contorla, anticc profunde excavata: rima a iabiis brevissimis circumscripta. Long. 10 mni. : Lat. 6 rara. 1860. Buccinum (Nassa) atlantiaim MAY. in imOr«N, Mitt. tert. Schifi. 5" Maria, pag. 26, taT. I, fig. 6 [mala, fide .ìfat/eri). 1864. /z 378 I MULLL6CU1 DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. I. Cyllenina ancillariaefobmis (Grat.). Tav. X, fig. n {a, b). Testa subfusiformis : spira ad apiceiii acutissima, dein minus acuta- - Anfractus cotn- planati, pnulire jiarnm depresai ; ullimus mafi;nus, diraidiam iongiludinem aequans, anlice vix depressus : siilurae lineares. - Superficies longitndinaliter nodosn-costata, nodorum series unica traiisversa in primis et mediis anfracUibns prope suturam anlicam decurrens; nodi plerumque 8, magni, in nltimo anfractu in costai plus minusve dislinclas transfnrmati el vrrsus rimnm plus minusve producli. - Os subovale; labruoi siiiislrum exterius marginalum, poslice incrassalum, inlerius tum pauci-plicatum, (um laeve; labrum dexteruni crassum, poslice ultra os valde pro- ducliim : columelia anlice snbrecln, postice profunde excavata; callum posticum permagnum. Lonji. 21 ram. : Lat. 10 mm. GIIAT., Tabl.Coq fuss. Dax, n. 509. GR.\T., .4tì. Conch.foss., tav. XXXVI, Br 3. .MICUTTI., Foss.mioc., pag.205, tav. XVII, fig. 1. E. SISMD., Stjn., ì ed., pag. 29. IVORB., Prodr., voi. IH, pag. 84. D'ORB., Prodr., voi. Ili, pag. 85. IIOKIIN., M„ll.foss. Wieii, pag. 153, tav. XII, Bg. 21 (in parte). DOUEUIj , Celili, gcol. mioc. sup. Ilal. ceiitr., pag. 101. COPP., Calai foss. mioc. e plioc. Moden., pag. 25. COCC, Enum. Sisl. Afoll. mioc. e plioc. Parm. e Piac, pag. 84. MAY., Sy.it. rerz. rerst. HeU:, pag. 33. COPP., Calai, foss. mio-plioc. Moden. Coli. Copp., pag. 2. TOX'lXy. Joiini.de Coiich., voi. XV, png. 330, in noia. BOUll.L., Paleoiit. de Biarritz, pag. 93. FONT., Tcrr.miuc.de Cuciiron, pag. 517, Im. I, fig 10. COPP.. Paleiiiit. moden. .^ pag. 35. K. HOKliN. u. M. AUING., (iaiter. mioc. Oesterr.-Ung. Monarch. pag. I3&, tav. XIII, fig. 32. Variano in questa specie: 1° le coste nelle quali si pi'olungano i nodi, le quali ora sono quasi obliterate, ora distinte ma piccole, ed ora grosse protratte fin verso il solco che accompagna posteriormente la smarginatura anteriore, ed al quale non giungono mai. Paragonando fra loro le tre forme figurate dall'Hoernes col nome di Buccinum miocenicum Jlichtti. e colla vera Nassa miocenica del sig. Michelotti, è ovvio il rico- noscere che quelle tre forme sono fra loro notevolmente diverse. 1. La forma figurata a fig. 21, tav. XII, è certamente una Cyllenina, avendone ben distinto il canaletto caratteristico e l'orlo che lo separa dalla sutura posteriore, ed è molto probabilmente un esemplare giovane ed incompleto della Nassa miocenica Michtti: mancano infatti in essa le strie od i solchi che coirono presso l'intaglio, la quale mancanza è pro])ria della serie, cui appartiene la forma pubblicata dal signor Michelotti. 2. Quella rappresentata dalla figura 20, di cui ricevetti dal sig. Fuchs due esemplari tipici, i quali vi corrispondono esattamente, è anch'essa senza dubbio una Cijllenina per la presenza del canaletto posteriore della bocca, e, sia per la lunghezza di questo che è visibilissimo oltre l'ultimo anfratto, sia per il grosso orlo che lo separa dalla sutura posteriore, appartiene alla prima sezione di questo nuovo genere, DESCRITTI DA L. BELLAEDI 379 nella quale per i suoi caratteri generali e specialmente per le strie ed i solchi trasversali che corrono presso l'intaglio, potrà costituire una serie distinta. 3. Quella della figura 22 è una vera Nassa che io ho riferita alla N. tur- gida Eicw. e che il signor Doderlein aveva nominata N. Bufo nel 1864. I signori E. Hoemes e M. Auinger nella loro recente Monografia del genere Buc- cinuni hanno anch'essi riconosciuta la necessità di separare le tre forme riunite sotto lo stesso nome dall'Hoernes M., e riferirono al Buccinum (Usita) miocenicmn la forma della figura 21, pubblicarono col nome di Buccinum (Cominella?) grundense K. Hoern. u. M. Auing. quello della figura 20 e con quello di Buccinum (Uzita) ohliquum V. Hilber quello della figura 22 della precitata opera dell'Hoernes M. I signori E. Hoernes e M. Auinger non tennero conto del canaletto in cui la bocca si prolunga posteriormente e che è caratteristico delle Cyllcne. Quantunque la figura pubblicata dal Grateloup del suo Buccinum ancillariaeformis sia alquanto imperfetta, tuttavia presenta ben definito il canaletto posteriore, ed è più che suificiente perchè in essa si possa riconoscere la forma qui descritta : nella quale opinione mi sono confermato dall'esame di un fossile delle vicinanze di Dax esistente nelle Collezioni paleontologiche del Giardino delle Piante a Parigi, che portava il nome del Grateloup, e che corrispondeva esattamente alla forma dei Colli tortonesi. Miocene superiore : Colli tortonesi, S'" Agata-fossili, Stazzano, frequente; Coli, del Museo. 2. CyLLENINA IKIIEBRINA BeLL. Tav. X, fi;;. 18 («, b). Testa subfusifurmis : spira elongala, vaUv acuta. - Anfraclus laeviter convexi, poslice depressi ; ulliiuus dimidia lumfiludine breoior, aiUice allenualus. - Superficies nitens, in primis anfraclubus longiludinaliler costala et traiisverse striala: coslae in anfraclubus mediis et ultimo iiblusae, obliquae, ante suturavi puslicam Icnninalae, ibi nodiformes, ah iiilerstitiis latis et pariiin profundis separatae, plerumque 10, anlice allenuatae, ad rimnm uon produrlae: slriae transversae in anfraclubus mediis et ultimo nullae. - Os ovale , elongatum; labrum sinistrum postice depressum, anlice dilalalura, plerumque incrassatum, interius pluri-plicatum ; labrum dexterum salis et subunifurmiter ultra os pruduclum , in adullis prope angulum posticum oris unituberculiferum: columella subarcuala. Long. 14 nini.: Lai. 6 nini. 1861 Nassa subpolita DODERL., Cerni. geni, tcir.mioc.suj>. Ital.cenir., pag. 105 (excl. Sjnon). Varietà A. Anfraclus tertius post nucleum embrionalem transverse trisukalus, quartus bisutcatus cantra suturam posticam; snlci angusti, Uneares, profundi, subaequidistantes, ab inleriiiitiis latis separati Long. 11 mm. : Lai. 5 mm. 380 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. TarìeiA B (aa species distinguenda?) . TsT X, fig. 13 {a, b). Testa crassior: spira brevior, minus acuta. - Os brevius; labrum sinistrum subarcuatum, vix postice depressum; labrum dextertim prope augulum poslicum ori$ unituberculiferum. Long. 15 nim. : Lai. 7 lum. Miocene superiore : Colli tortonesi, S'* Agata-fossili, Stazzano ; Tetti Borelli presso Castelnuovo d'Asti, non raro; Coli, del Museo. 2' Serie. Anfractus ultimus contra rimani transvers» striatus. - Superfìcies laevis. - Labrvin dexterum oris antìce et medio parum ultra os productum, postice plus mimisve late extensum, gracile, per totum marginem anfractui procedenti adhaerens. iute strie ti-asversali presso l'intaglio separano questa serie dalla questo per tutto il suo margine La presenza tU minute strie ti-asversali presso l'ii precedente: la gracilità del labbro destro e l'essere questo per aderente alla superficie sottostante la distinguono dalla quarta. 3. Ctllenina pauluccuna (D'Anc). Tav. X, fig. 19 (a, b). Tesla turrita, avqusta: spira loiisa, vaidc acula, medio infiala. - Anfractus vix convexi, postice ilepre.isi ; ullimus % tolius longiluilinis subaequans, aiilice parum depressus, alle- nualus. - Superlìcics lougitudimtiter cogitala: coslae pleninuiue 9, rectar, tnagnae^ obtusae, axi Irslae parallelae, nule suliiram pnsticam tcrminatae, in ullimis anfrartubus obsolelae: sitici vel striai' trnusi'craa)' nullae, exceplir^ sulciilis noniiullis vix nolalis coiilra riinaiu decurrenlibus. - Os ovale, elnnijalum; labrum sitiistruai simplex, vix subarcualura , inlerius laeve; labrum dexleriiiii parum ultra os productum, postice satis crtensuin: rallum poslicum magnum; cana- liculus jioslicu? oris prr tnarginen latnm a sutura postica srparalus. Long. 19 min.: Lai. 7 ram. MICHTTI., Hit: Gasi . foss., ]ìa^. 25 (in parte). E. SISMO., &/H., pag. 40 (in parte'. E. SISMI)., Si/ii., 9 ed., pag. 28 (in parte). MAY., .Ioiirii.de Cotich., voi. X, pag. 270 (in parte). D'ANO., in KORtiST., Calai. .ìfoll. plioc. Bologn.ì, pag. 37. KORKST.. Calai. .Moli. plioc. Bologii.l, pag. 37. HE STEF., Fo.ts. plioc. St Minialo, pag. 36. COPP., Caini, ftiss. mioc.-plioc, moderi. Coli. Copp., pag. 2. DE STEK., Slral. plioc. Sena, pag. 170, 203. P ANTAN., Conch. plioc. di Pietra/illn, pag. 271. PANTAN. e DE STEF., Moli. plioc. Siena, pag. 17. COPI'., Paleonl. nwden.. pag. 35. VarlrM A. Anfractus ultimi subcarinati. - Costae in nodos mutatae. Long. 18 mni. : Lai. fi mm. DESCRITTI DA L. BELLAEDI 381 Varìeià B. Testa brevior: spira magis aperta. Lons. 1 1 mni. : Lai. 4 '/ nini. Varieia C. Testa brevior: spira magis aperta. - Costae in ultimis anfractubus in nodos mutatae. Long. 12 '/, mm : Lai. 6 mm. Non ho citato fra i sinonimi di questa specie il Buccinum haccatum Bast. var. simplex àaX Y>\i.]2iYAm {\QZ1 Meni. gM . Tour., voi. II, pag. 197, tav. XX, fig. 8), perchè sia dalla buonissima figura che questi ne ha pubblicata , sia dall' esame di alcuni esemplari tipici della Turrena , ho dovuto convincermi che questa forma del Dujardin è una vera Nassa, mancando in essa ogni traccia del canaletto posteriore della bocca. Questa forma della Turrena è molto affine alla N. turriculata Bell, (serie 17) descritta e figurata in questa Monografia, e differisce specificamente dalla Cyllenina j)au1.ucciana (D'Anc), fra gli altri caratteri, per la presenza di grosse strie trasversali tanto sulla depressione posteriore degli anfratti quanto presso l'intaglio, le une e le altre benissimo indicate nella precitata figura del Dujardin. Nel 18U2 il signor Prof. Mayer separò questa forma della Turrena e le diede il nome di Buccinum Deshayesi che surrogò più tardi con quello di gallicHlum perchè già applicato anteriormente ad altra specie di Buccinum. Il signor Prof. Mayer de- scrisse benissimo il suo Buccinum Beshayesi ed accennò la presenza delle strie trasver- sali che corrono presso la sutura posteriore e presso l'intaglio; per la qual cosa non hawi dubbio che il suo Buccinum gallicultim = B. Beshayesi, sia identico alla varietà del Buccinum haccatum del Dujardin. Nella indicazione delle località in cui si trova il suo Bucc. Beshayesi il signor Prof. Mayer cita Turin e ì'Astdsan : gli esemplari provenienti dai Colli torinesi si devono probabilmente riferire alla Nassa turriculata Bell.; quelli delFAstigiana appartengono certamente alla Cyllenina qui descritta. In Toscana si trovano esemplari di questa specie con dimensioni notevolmente maggiori di quelle dell'individuo qui figurato. Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, non raro; Coli, del Museo. Varietà A — Pliocene superiore: Colli astesi, Valle Andona, raro; Coli, del Museo. Varietà B — Pliocene inferiore : Vezza presso Alba, raro ; Coli, del Museo. Varietà C — Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, raro; Coli, del Museo. Pliocene superiore : Colli Astesi, Valle Andona, rarissimo ; Coli, del Museo. 382 i molluschi dei terreni terziarii del piemonte ecc. 4. Cyllenina recens Bell. Tav. X, Cg. 21 (a, A). Distinguimi hanc speciem a Cyll. paulucciana (D'Anc.) sequenles notae: Tosta minor, nitens: spira brevior, mngis aperta.- Anfrartu.i ullimus vnilro^us.antice magis depreisus, dimidiam iongitwliiìem suhaequaiis. - Cosine loiigitudinales mnjores, cantra marginem oris productae. - Labrum dexterum ultra os magis productum: canaliciilus posdcus oris tninimus, a sutura postica per marginem anguslum separalus: calliim posticum vix notatum. Long. 6 7« '"11- '■ Lai. 3 '/« iim- 1 cinque esemplari che ho raccolti di questa specie sono giovani ed incompiuti : occorrerà avere sott'occhio esemplari adulti per fissarne i caratteri in modo definitivo. Pliocene superiore: Villalvernia presso Tortona, regione Fontanili, non frequente; Coli, del Museo. 5. Cyllenina Sismondae Bell. Tav. X, fig. 90 (a, i). Dislinguunl hanc speciem a Cyll. paulucciana (D'Anc.) sequenles notae: Testa brevior: spira breeior, magis aperta, medio subinflata. - Anfractus postice magis de- pressi , contra canaliculum poslicnm oris pustulifrri : tiUimiis ventrosiis . anitre ralde depressus. - Coslae longitìidinalrs numerosinres, I 4, rnujorex, postice subarruntae. - O.s' suliorhicularc ; labrum sinistriim arcualum; labrum dexterum minns ultra os productum: callum posticum vix nolalttm: canaìicuhis posticus oris per marginem angusliorcm a sutura postica separatum. Long. 16 nim. : Lai. 7 rani. Pliocene inferiore : 'Vezza presso Alba, rarissimo ; Coli, del Museo. 6. Ctllesina irregulabis Bell. Tav. X, U:;. Ki (a, b). Testa subfusiformis: spira medio infiala. - Anfractus complanali; ullimus dimidia longi- tudine vix brevior, antice valde ilepressus. - Superficies lonsiiludinaliter costata: coslae 11, compressae, satis prominentes, rectae, leriler obliquar, prnpe dcpressionem pnslicam a sulcn parum profundo, lato, irregulari, subinlerniptae, in ultimo anfrarlu passim obsoMae : sXvino Iransversae contra rimam decurrenles minimae, vix perspicuae: mango canalicuio ci suturae inlerpositus irregulnrùt, rugulosus, satis latus. - Os subovale; labrum dcxlorum gracile, antice et medio parum, postice late, ultra os productum: columolla arcuata, medio late escavala: callum po- sticum parvulum. Long. 16 mm. : Lai. 7 '/» mni. Pliocene inferiore : Vezza presso Alba, rarissimo ; Coli, del Museo. Pliocene superiore : Colli astesi ; Cortandone, rarissimo ; Coli, del Museo di Zu- rigo (Prof. Mayer). DESCBITTI DA L. BELLARDI 383 3* Serie. Anfractus ultimus cantra rimam transverse striatus. - Superficies laevis. - Labrum dexterum antice et medio vix ultra os productum, ad marginem antice et medio erectum, rectum. Danno una speciale fisionomia alle due specie per le quali ho stabilita questa serie: 1" la forma della spira rigonfia nel mezzo; 2° la pochissima estensione del labbro destro nella regione anteriore e mediana nelle quali corre retto, nell'asse del guscio; 3° il rialzarsi che questo labbro fa nelle indicate regioni dalla superficie sottostante; 4° la columella quasi retta anteriormente e profondamente incavata poste- riormente. Per la forma generale, come per la natura degli ornamenti superficiali, le specie di questa serie paiono a primo aspetto doversi riferire alla quinta serie; ma se ne distinguono ovviamente per la natura del canaletto posteriore della bocca. A questa serie appartiene la Cyìlenina echinata (Hoem.), la quale finora non fu trovata nei nostri terreni terziarii. 7. CVLLENINA BICORONATA BelL. Tav. X, fig. 14 (a, b). Tesl?i sub fusi formis: spira longiuscula, medio infiala. - Anfraclus prope canaìiculum poslir.um vix depressi; ulliiiius dimidiam longiludinera subaequans, anlice parum depressiis, altenualus. - Superficies laevis, nodifera: series unica noJorum in ventre anfracluum primorum et meiìiorum perspicua; series duae venlrales in nllitno ; nodi obtusi, in serie antica ultimi an- fraclus majnres et cum nodis seriei posticae geminati: striae Iransversae centra rimam decur- renles parvulae: mango canaliciilo el suturae interpositus crassus, laevis. - Os ovale: labrum sinislruni simplex, antice dilatalum, intcrius laeve; labrum dexterum anlice el medio ultra OS parum productum: recium, ereclum, inde lesla subumbilicala, postica versus suturam valde productum: columella oniice subrecta, postice profunde excavata: callum postieum magnum , crassum. Long. 21 mra. : Lai. 9 mm. Miocene superiore: Colli tortonesi, S'" Agata-fossili, rarissimo; Coli. Michelotti. 8. CyLLENINA SDBOMBILICATA BeLL. Tav. X, fig. 15 (a, i). Testa subfusiformis : spira me(/to infiala. - Anfractus vix convexi , poslice excavali; ultimus dimidiam ìomiiludinimi subaequans , antice partim depressus , altenuatus. - Superficies laevis: coslae longiludinales 10, valde prominenles, obtusae^ reclae, axi testae subparallelae, ad dejiressionem posticam detruncalae, in anfractu ull imo passim obsolelae: striae transversae centra rimam decurrentes parvulae: margo anticus canaliculi postici incrassatus, ubscure nodosus, prae- serlim in ultimo anfractu; margo canaliculo et suturae interpositus parvulus. - Os ovale; labrum sinistrum subarcuatum, antice dilatatum , interìus plicatum; plicae rarae, magnae; 384 1 MOLLUSCHI PEI TERRENI TERZIARII DEL l'IEMONTE ECC. labrum dexlerum anlice et medio parum ultra os productum, rectum, crectum (inde lesta sub- uinbilicala), iiostice versus suturam valde poduclum ; coluinella anlice subrecta , poslice pro- funde excavata: calluni posticuiii crassuin. Long. H mui. : Lai. 7 nini. Questa specif> h intimamente collegata colla precedente dalla sua forma generale, dalla figura della bocca e dalla natura del labbro destro, ma ne differisce per i suoi ornamenti superficiali. Il disegnatore ha dimenticato di indicare le strie che corrono sulla parte anteriore dell'ultimo anfratto, in prossimità della sraarginatura anteriore, e che sono per numero e per grossezza uguali a quelle della Cijìi. hicoronata Bell. Pliocene inferiore : Vezza presso Alba, rarissimo ; Coli, del Museo. 4» Serie. Supcrficies ventralis et antica ultimi anfractus tota transverse minute striata. - Margo canaliculo postico oris et suturae posticae interpositus tiiagnus, inflatiis. - Labrum dexterum oris valfìe ultra os productum , praesertim in regionem ive- dianam, per totuni marginen: anfractui praecedenti adhaerens. Le note caratteristiche di questa serie sono : 1 ° la notevole distanza dalla sutura posteriore alla quale con-e il canaletto posteriore della bocca; 2° la notevole lar- ghezza e grossezza dell'orlo calloso che separa il canaletto dalla sutura; 3° lo esten- dersi che fa il labbro destro oltre il piano della bocca per tutta la sua lunghezza, ma in ispecial modo nella regione mediana ; 4" le numerose strie che corrono sul ventre e sulla parte anteriore dell'ultimo anfratto. 9. CyLLENINA PLEUROTOMOIDKS BeIL. Tav. X, fii;. 12 n, b). Testa subfusiformis : spira longa, satis acula. - Anfractus ullinius dimidiam lonijiliidinem aequans, inflatus, antice valde depressus. - Supcriicies perspicua m primis et mediis anfraclubus ft pam ]io:^lica ultimi, laevis , in parte aiitini aiifractin ultimi itsquc cantra rimam transverse minutissime et confertc striala: anfraclus primi loii^iludiiialiler costali; coslue proniinenles, leviter obliquae, ab inlersliliis salis profundis separala?. - Coluniella medio profunde esca- vala , valde contorta : rima recurvala. Long. 15 mm.: Lai. 7 mm. Per inavvertenza non furono segnate nel disegno le numerose e piccolissime strie che corrono trasversalmente nella parte anteriore dell'ultimo anfratto. Miocene medio : Colli torinesi, Rio della Batteria, rarissimo ; Coli, del Museo. DESCRITTI DA L. BELLAEDI 385 Il Sezione. Canaliculus poslicus oris brevis, anle diinidiara parli'ra ultimi anfractus iraperspicuus, et a sutura postica per marginem anguslissimum separatus; labrum dexterum gracile , vix postice ultra os produclum. 5' Serie. Anfractus ultimus cantra rimam transverse striatns. - Supcrficies laevis. - Labrum dexterum oris gracile, per totum marginem anfractui praecedenti adhaerens, vix postice ultra os prodtictiim. Le forme di questa serie sono benissimo distinte da quelle delle precedenti : 1" pel canaletto posteriore della bocca il quale è brevissimo , non visibile oltre la metà dell'anfratto e separato dalla sutura posteriore per mezzo di un orlo piccolis- simo; 2° pel labbro destro sottile ed appena leggermente esteso oltre il piano della bocca nella sua regione posteriore; 3° dalla callosità posteriore piccola. Il tipo di questa serie è la Cyllenina haccata (Bast.), la quale manca in Pie- monte e nella Liguria dove è rappresentata da forme affini e minori. Queste forme, che provengono dai Colli torinesi, sono presentate da fossili più o meno spatizzati, ond'è che occorre spesso un minuto esame per scoprii-vi il canaletto posteriore carat- teristico. 10. Cyllenina Haoeri (Michtti.). Testa sublusiforrais: spira meiìin infiala - Anfractus paruin convexi, poslice prolumle et anfitisle dfpressi, ad suttiram poslicam iiKiniinali; ultimus itimi'tiam loiigitudinem subaequans , antice salis itepressus: suturae parum prol'uiKlae. - Superficies laens , loia longiludinaliter costala: costae plerumque \ i, reclar, axi testar parallelae, cantra depressionem poslicam an- fracluum itetriinralac, Un nodiformes: margo suturae fo^Ucuc nodi fents; nmli postici ciun nodis anticis alterni, nel subalterni, minores: suici 4 vel 5 iransversi conlra rimam decurrentes, inter se satis dixtantes , plus miniisre \>rnfnndi et lati. - Os ovale, elongalum ; labrum de^icterum gracile, anfractui praecedenti adhaerens , vix et suh-regutariler ultra os produclum : coiumella medio profunde excavata: callum posticum vix notalum. Long. 20 mm. : Lai. 1 1 mm. 1847. Btininuin Haueri WICIITTI., Foss. mi oc, pag. 201, tav. XVII, fin 3 («, b). 1853. W. Imcccitiim HOERN., yi/o//. /ò.m. ÌViVn, tav. XII, fi?. (cct. Cp. cxcl.). ? 1874. Id. Haueri COl'l*., Calai, fuss. mio-plior.moden. Coli, Copp., pag. 9 7 1881. Nassa id. CO l' P., /'a/fo«r. morfcn., pag. 35. 1882. Id. id. B.HOERN. 11. M.AUI.NG., GfliJ.ffiioc. Oeitejr.-f/nj., IfonarcA., pag. 133. Serie IL Tom. XXXIV. 386 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC. TarielA A. Tav. X, fig. ì3 (a, b). Testa minor. - Costae longitudinales pauciores, 9, majores. Long. 15 min. : Lai. 6 '/> ronJ. TarielA B. Tav. X, Cg. 2Ì {a, b). Nodi seriei anticae in dimidia ultima parte ultimi anfractus non in costam versus rimani pToducti. ' Long. 17 mm. : Lai. 9 ram. Miocene medio : Colli torinesi , Baldissero-torinese , Val Ceppi, raro ; Coli, del Museo e Michelotti. 1 1 . Cyllenina ovulata Bell. Tav. X, fig. 24 (a, i). Dislinguunl hanc speciem a Cyll. Haneri (VIichlli) sequentes nolae : Testa minor, ventrosa : sirira ad apicem magis acuta, medio magis inflata. - Anfractus postice minns profunde depressi. - Superjìcies nilens: nodi minus distincti, praesertim supra margineru suturae poslicae: costae longitudinales pauciores, plerumque 10, ante os plus minusvo obsoletae: snlci transversi contra rimam decurrentes minores. Long. 11-13 mm. : Lat. 5 '/^-7 rara. 1875. Buccinum duplicatum BENOIST, Test.foss. de la Bride et de SaucaU, pag. 380. VarielA A. Costae longitudinales usque ad marginem oris productae. Long. 12 mm. : Lai. 6 mm. VarlelA B. Spira longior, magis acuta, regularis, non medio inflata. Long. 13 mm. : Lai. 6 mm. Ho riferito come sinonimo della presente forma quella che il signor Benoist iden- tificò colla precitata specie del Sowerby, dietro l'esame di parecclii esemplari speditimi in comunicazione dello stesso signor Benoist, i quali corrispondono in tutto e per tutto coi fossili dei Colli torinesi qui descritti e mi confermarono nella convenienza di isolare questa forma con nomo proprio. Pliocene medio: Colli torinesi, Rio della Batteria, Villa Forzano, Baldissero- torinese, Val Ceppi, non frequente; Coli, del Museo e Michelotti. descritti da l. bellardi 387 12. Cyllenina Neumayri (R. Hoern. u. M. Auing.) ? Testa turrita: spira longa, valde acuta, medio infiala. - Anfractus vix convexi, poslice depressi, conira canaliculum posticum marginati; uilimus brevis, leviter iiijlatus , antice valde depressus, dimidia longitudine brevior: canaliculus poslicus per tolum fere ultimum anfradum perspicuus, a sutura postica per marginem satis latum separalus - Costae longitudinale? pro- minentes, interslitia subaequantes, rectae, contra depressionem posticam anfractuum detrun- catae, ibi nodiformes , in ultima dimidia parte ultimi anfractus obsoletae: striae transversae contra rimani decurrentes minutae: margo depressioni poslicae anfractuum et canaliculo postico inlerposilus nodiferus: nodi omnes obtusi , postici minores. - Os subovale; labrum sinfstrum arcuatum , inlerius laeve; labrum dexlerum vix ultra os productum: columella medio profunde excavata: callum poslicum indislinctum. Long. 1 4 ram. : Lai. 6 mm. 1882. Buccinum Neumayri R. HOERN. u. M. AUING., Gasler. mioc Oesterr.-Ung. Monarch., pag. 118 tav. XV. fig. 7, 8. Riferisco con dubbio alla specie dei signori Hoernes e Auinger un esemplare dei Colli torinesi, non avendo avuto sott'occhio esemplari tipici di Vienna da confrontare. La descrizione precedente è fatta sul fossile dei Colli torinesi ; da essa non riescirà difficile il riconoscere se appartenga realmente alla specie cui è qui riferito. Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, rarissimo; Coli, del Museo. Come ho detto a pag. 281, do qui le osservazioni che ho fatte dietro l'esame della Monografia precitata dei signori R. Hoernes e M. Auinger a riguardo di quelle forme delle quali era già stampata la descrizione quando conobbi la pubblicazione fatta dai prelodati paleontologi. Pag. 227. 3 Eburna derivata Bell. 1882. Buccinum briigadinum R. HOERN. u. M. AUING., Gaster. mioc. Oesterr.-Ung. Itfonarch., fag. 110, tav. XV, 1ÌR.24, 25, 26. Pag. 232. 1. Nassa inconstans Bell. Siccome i Signori R. Hoernes ed M. Auinger diedero il nome di B. inconstans ad una forma che è diversa da questa e che pei suoi caratteri appartiene al genere Nassa quale io l'ho circoscritto, così muto il nome di inconstans in quello di in- stahilis. Pag. 243. 12. Nassa coarctata Eicw. 1882. Butciuum Schónni R. HOERN. u. M. A.Vlf'., Seii. Cumh. Mittdstei. MediUrr., pag. 427, tav. II, fig. 3 (a, b, e). 1885. Id. id. R. HOERN. u. M. AUING., Gaster. mioc. Oesterr.-Ung. Monarch. , pag. 135, tav. XIII, tig.SS L'esemplare da me fatto figurare a tav. II, fig. 13 (a, h), ha dimensioni relativa- mente giganti e maggiori di quelle degli esemplari ordinarii, i quali e per le loro dimensioni e per gli ornamenti supei-ficiali corrispondono alla figura precitata dall'Hoemes (tav. XII, fig. 22) ed ai fossUi riferitivi nel 18G4 dal Prof. Doderlein che diede loro il nome di ]S\ Bufo. 2. La forma, che i Signori K. Hoernes e M. Auinger hanno riferita al B. Zbor- zewslci "Andr. e perciò al B. tumidum Eicw. che ne è sinonimo, è certamente diversa da quella che così bene descrisse il Sig. Eicwakl e che corrisponde benissimo ai fossili del Piemonte da me riferiti a questa specie : 1 ° ijer la presenza di solchi trasversah profondi su tutta la superficie; 2° per la piccolezza e maggior numero delle coste longitudinali sui primi anfratti ; 3" per la mancanza di coste longitudinali sugli anfratti di mezzo ed ultimo; 4° ed in particolar modo per la minor contorsione della colu- mella all'apice, dalla quale risulta una figui-a diversa della bocca. 5. Famiglia CYCLOPSIDAE Cheisu (i859). I. Genere CYCLOPS Montf. (i8io). 1. CVCL. NERITEDS (LlNN.). Testa depreisa, suborbicularis : spira brevissima. - Superficies laevit. Long. 12 mm. : Lai. 10 mm. 1766. Buceinum neriteum LlNN., Syjt.TVar. XII, pag. ISOI. 1788. /(/. id. GMEL., 5yi«.iVrt«., pag. 3481. 179S. /(/. id. OLIV., Zool.adriat., pag. 144. 1810. Cyclops asterizans MO.NTF., Conifi. sijsl., voi. II, pag. 371. 1814. Buccinum {Nassa) neriteum BHOCCH., Conch. foss.sub., pag. 334. 1830. Nassa neritea HORS., Oriti. piem. I., pag. 42. 1825. Id. id. i)EFR., Wc«.5i.Haf., voi. XXXIV, pag. 239. 1826. Cyclops neritoidea RISS., I^od. Eur.merid., voi. IV, pag. 170. 1826. Buccinum neriteum PAYR., Calai. Moli. Cnrs., pag. 164. 1831. Cyclops id. BROiNN, /ra/. lo-r.-GcA., pag. 25. DESCRITTI DA L. BELLARDl 389 1832. Buccinum neriteum 1832. Cyclops id. 1836. Buccinum id. 1838. Nassa neritea 1842. Buccinum neriteum 184-J. Cyclops neritoidea 1844. Buccinum neriteum 1844. Nassa neritea 1847. Id. id. 1847. Buccinum neriteum 1848. Id. id. 1 852. Nassa neritea 1864. Cyclops neriteum 1866 Neritula neritea 1 866-69. Buccinum neriteum 1868. A^awa iW. 1869. Cyclops neriteum 1869. Buccinum neritoides 1869. Cyclops neriteum 1870. Cyclonassa neritea 1870. Cyclops neriteum 1871. /s ; flammulae et maculae pallide ferru- gineae in series Iransversas disposilae. - Os sulitrif/oiium, eloiK/atitm; labrum sinistrum interius piicalum; piicae 4, magnae , prope marginem oris subdenliformes ; labrum dexterum postice callosum: columelia postice parum excavata. Long. 15 mm. : Lai. 12 mm. Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, rarissimo; Coli, della R. Scuola d'Applicazione per gli Ingegneri (Prof. Gastaldi). 2' Serie. Testa crassa: spira brevis, parum acuta. - Anfractus snbangulosi, postice contra suturam marginati ; ultimus antice subcanaliculatus. - Labrum sinistrum medio depressum, antice subangulosum; labrum dexterum postice callosum : columelia sub- arcuata : umhilicus plus viiìm.'ìrr latus. Le forme di questa serie sono fra loro collegate dalla depressione del labbro sinistro nella sua regione ventrale e dall'angolo più o meno ben definito che questo labbro presenta a poca distanza dall'intaglio anteriore. DESCRITTI DA L. BELLARDI 391 2. PdBPURA SUBUMBILICATA BeLL. Tav. XI, fig. 2. Testa sub fusiformi s: spira brevis, parum acuta. - Anfractus prope suluram posticam late depressi, subcanaliculali , conira suluram anlicam nodiferi; nodi obtusi, interstitia subaequantes, in ultimo anfractu in parie obsoleli, anfractus ultiraus °[^ tolius longiludinis subaequans , postice subanoulalus, anlice parum depressus : suturae superfìciales. - Superficies tota minute et dense Iransverse strialo -sulcala. - Os ovale, elongatum, postice profunde et late canaliculatum ; labrum sinistrum metii'o depressum, anlice et postice subangulosum , inlerius plicatum; piicae 3, 4, magnae, prope marginem oris denliformes; labrum dexlerum postice caUosum: columella subarcuata : umbilicus parum profundus, anguslus. Long. 30 mm. : Lat. 18 mm. ? 1864. Purpura exilis UODERL., Ceiin. geol. terr. mioc. sup. Ital.centr., pag. 23 (105). La forma qui descritta ha qualche analogia coli 'esemplare della P. exilis Partsch rappresentato nell'opera dell'Hoernes dalla figura 21 della tavola XIII: ma ne diffe- risce per l'angolo anteriore del labbro sinistro e per la presenza di numerosi solchi trasversali, i quali sono rari e piccolissimi nel fossile delle vicinanze di Vienna. Miocene superiore: Colli tortonesi, S'" Agata-fossili, Stazzano, raro; Coli, del Museo e Michelotti. 3. Purpura umbilicata Bell. Tav. XI, fJK. 3. Distinguunt hanc speciem a P. subumbilicata Bell, sequenles nolae: Testa aiigustior: sjiira brevior, magis aperta. - Anfractus ullimus longior, angustiar, medio magis depressus. - Superficies antica ultimi anfractus transverse tricostala: salci Iransversi pau- ciores, inter se magis dislantes. - Os longius, magis anguslum; labrum sinislrum antice magis dislincle angulutum ; labrum dexlerum anlice minus produclum: columella magis contorta, antice sinistrorsum inflexa: umbilicus magis lalus et magis profundus. Long. 30 mm. : Lat. ^O mm. Questa forma, come la precedente, è molto rara: è probabile che se si avessero numerosi esemplari di ambedue, si troverebbero piii stretti legami sia fra loro sia colla P. exilis Partsch. Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, raro; Coli. Michelotti. 4. Purpura reflexa Bell. Tav. XI, %. 5. Distinguunt hanc speciem a P. subumbilicata Bell, sequentes notae : Testa major: spira brevior. - Anfractus ultimus '/^ totius longiludinis aequans, postice sub- carinatus, medio in flatus, pnstice vix depressus. - Super/icies fola Iransverse sulcata; sulci sub- uniformes, angusti, interstitiis interposilis minores. - Os amplius ; labrum sinislrum medio minu.i 392 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. deprpssum, interius laeve: coìumplìa magis contorta, sinhtrorsum flexa: umhilicus magis latus : rima a labiis longioribus circumscripta, valde reflcxa, jioslire profunde canaliculala. Long. 35 mm. : Lai. 22 mm. Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, raro; Coli, del Museo. 5. PURPUHA INAEQUISULCATA BeLL. Tav. XI, (ig. G. Tesla subovata: spira brevis. parum acuta. - Anfraclus convelli, cantra suluram postiram marginati, ante marginem anguste raualiculaii ; ultìnui^ magniis '/^ totiiis longitudinis subaequans, ventrosus, antice valde dcpressus, cantra riniain :l.teir.ìmoc. Slip. hai. lentr., \ti>^.i3 {\0S). • Questa forma del miocene superiore è certamente quella dalla quale è derivata la P. striolata Bronn del pliocene supcriore, colla quale è congiunta per mezzo della P. praecedens Bell, del pliocene inferiore. Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, raro; Coli. Michelotti. 8. l'URPLRA PRAECEDENS Bell. Tav. XI, fig. 9. Disliriguunl haiic specieni a P. striolata Bronn sequenles nolae: Testa minor, crassior: spira maglt acuta. - Aiifraclus omnes postice vix depressi; ullimns dorso passim obscure nodifenis, propc rimam minus deprcssiis, non distincte canaliculalus. - Sulci transversi profundiores , subuniformes , aequidistantes , ab interstiliis latioribus separati. - Os lonijius, anguslius; labrum .liiiistrum minus dilntalum, interius dmlirulatum: eolumella minus contorta, anlice subrecta,, medio subuniplicata: umbilicus angustior, vix nolalus. Long. 30 nini. : Lai. 19 nim. Pliocene inferiore: Vezza presso Alba, rarissimo; Coli, del Museo. 9. PURPORA ARATA BeLL. l'av. XI, fig IO. Testa iivoides, infiala: spira brevis. - Anfraclus primi compianali, plerumque serie una iransversa nodoruni ornali: ullimns mngnus, '/, lolius longiludinis subaequans. inflatus, aniice Serie li. Tom. XXXIV. »b 394 I SIOLLLSCHl DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. partim depressus : sulurae profundae. - Superficies loia IransYerse »naeguo/t/er et rfeme stria9. 1847. 111. inionslati' MICIlTTl., Fvss.mioc, pag. S17. 1847. IH. cali-arata E. SISMD., %n., 9 ed., pag. 28. 1874. fd. id. BENOIST, C.i«""*> n- MI- 840. «. „,,„/,„„, r,nAT.,.^,/.Co„rA. /•«,„., tav. XXXI, fig. 17. 18. 1841. Id. l,ngu„-boi'is MICIITTl, Mo,w,jr.Gen. Mareji, pag 22 18-12. Id. vitulinus E. SISMI)., Sy«., pag. 38. 1847. /,/. lingua-bovh MlCllTTI, Foss. mioc, pag. 244. 1847. Id. id. E. SISMD.. Sy„., 9 ed., pag. 41. 408" I MOLLUSCHI PEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. 1847. Hfurex liiigua-hwis SOW. in SMITH, Age of the terl. BeJs of the Tage, voi. Ili, pag. 415. 1818. /(/. "/. IIOKUN., l'erz. in CzizcF' Frlunl.z. geogn. K rt.r: Wien, pag. 18. 1851. «. ili. IIOKRN., Milli. fos.<. Wien, voi. I, pag. «.(O, lav. XXIV, fiR 1, 3. 1852. III. sulmlulinus lyOWB.. Prodi:. \o\. Ili, jtag. IX 1852. J(l- hngua-bovis D'OKB.. h-odr., voi. ili, pag. 75. 1853. III. id. 'SìXGV.W., Beiti. tert.-.Mnll. Ober-Lapugy, ^3^.h\. I8(;n. Id. id. NEICEB., %.^^ rcri (cr(.-.»Ao//.-CfA., pag. 12. 1864 Id. ul. ItODKKL., rcjin.jw/. miof.iM/).7rn/.r(>n/r., pai,'. 22 '104). 1874. Id. id. KENOIST, 'l\st. fuss. ite la Hriile et de Saiicats, pag. 353. 1878. Purpurn id. fVClìS, Stttd. tert.bild. Ubrr-ltal., pag. àO. Miocrnr mrdio: Colli torinesi, Rio della Batteria, Villa Forzano, Termo-fourà, Baldissero-torinese, Val Ceppi, non frequente ; Coli, del Museo, Miclelotti e Eovasenda. Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, rarissimo; Coli, del Museo di Zurigo (Prof. Mayer) e Rovasenda. 5. Genere CUMA Huimphrey (i'"97). 1. Coma laxecarinata (Michtti.). Tnv. XII, fig. 4 {a, 6). Testa subfiisiformis: spira longa. - Anfraclus lìrimi et mcdii prope suluram anticain an- gulali, mthcarinati, postice complanati, infiinilibiliformp.<: ; ullìmiis venire angulatus, subcarinntiis, valdejìromiiiens, aniice prnfunile depressus, iinfin.'ìlatux, '/j lolius lonjziludinis subae(|uans: sulurae profurulissimatv - Superficics Iota transversc coslulala, slrialo-sulcala el nodifera; coslulae iimequales, majores et miitores plcrumqiie attcrnatae; scries una nmlornm in aiigtilum anfractiium, et altera prope rimani decurrentes; nodi serici poslicac in primis anfrarlubus obliisi, in ultimo ìiiaqni , spinosi, plerumque 11 , omnes aniice in roslam maqnam , olitusam, irreijularem. ante sericm anlicam nmlorum cvanescentem producti; nodi seriei anlicae el ipsi magni, sed minores; Hodis serici posticae plerumque numero aequales. ■ Os anguslwn, elonyalum; labrum sinistrum inleriiis laeve: columella aniice snbreclu, poslicc prò funde escavala: unibilicus lalus, sed parum profundus. Long. 7'ò mm. : Lai. 45 mm. 1861. l'usiis la.vecarinatus MlCllTTI, Fii.ss.miiie.iiif., lav.XH, fig. Il, 12. Questa forma è stata figurata, ma non descritta nella precitata opera del signor Cav. Miclielotti. Miocene inferiore: Sassello, S'" Giustina, non raro; Coli, del Museo, Michelotti e Museo di Zurigo (Prof. Mayer). DESCRITTI DA L. BELLAEDl 409' Sottofamiglia PURPURELLINAE Bell. Labrum dexlerum cantra canaliculum poslicum oris transverse plicatum: plica magna irt faucem producla. - Rima a labiis longis , in caudam lungiusculam et reciirvam produclis cir- cumscripta. Le forme clie mi parve opportuno di qui distinguere dalle precedenti e che mi consigliarono di istituire per esse una sottofamiglia, si distinguono dal genere Purpura ed affini per un carattere molto importante e ben definito, vale a dire per una piega gi-ossa ed assai sporgente che con-e spiralmente sul labbro destro per tutto l'interno del guscio in prossimità del canaletto in cui si protende posteriormente la bocca. A questo carattere si deve aggiungere che le labbra, dalle quali è cii'coscritto l'iu- taglio anteriore, sono lunghe per modo da dare origine ad una specie di coda, notevol- mente rivolta all'indietro. Siccome poi fra le forme collegate dai precitati caratteri una {Purpurella cana- li cui atei Bell.) ha il labbro destro, o columellare, semplice e liscio anteriormente e le altre (Taurasia suhfusiformis (D'Orb.) e forme affini) presentano nella parte ante- riore di detto labbro due o tre pieghe, o rughe che si vogliano chiamare, poco spor- genti ma bene distinte, fra loro ravvicinate e pochissimo oblique all'asse del guscio, le quali si protendono nell'interao della conchiglia per tutta la lunghezza della colu- mella, consimilmente a quanto si ossei-va nel genere La finis, cosi ho per la prima proposto il genere Furptirella e per le seconde quello di Taurasia. Columclla antice simplex G. Purpurella Bell. Columella antice hipUcata G. Taurasia Bell. I. Genere PURPURELLA. Bell. (1882). Anfractus postice profunde canaliculati, cantra suturam posticam marginati : margo noclifcrus. - Os postice profunde canaliculatum ; labrum dexterum prope canaliculum tmiplicatum ; plica magna, valde prominens, spiratim in faucem pro- ducta : columella larvis, subarcuata : rima a labiis longis circuniscripta et vix reflexa. inde testa subcaudata. I . PURPUBELLA CANAUCULATA BeLL. Tav. XI, fi};. 35. Testa subfusiformis: spira longiuscula, parum acuta. - .\iirraclus prioii et medii medio satis profunde ccmcari; ultimus ventre ani]u1alus , postice concavus , antice valde depressus, '/j tolius longiludinis subaequans: sutiirae marginalae, prominenles. - Superficies tota transverse Serie IT. Tom. XXXIY. «n 410 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARIl DEL PIEMONTE ECC. coslulala; coslulae inaequales, majores transverse striatae et minoribus subregulariler allernatae in parte antica ultimi anfraclus, in canali postico miiiutae et subuniformes ; angulus venlralis ultimi anfraclus iwdiferus; nodi acuii, subsjmosi, subduplicati : canaliculus poslicus anfracluum amplus etpr(jfundus: niargo sulurae poslicae satis prominens, nodis subacutis, irregularibus. - Os subquadraliim ; labrum siiiislrum inlerius piuri-plicalum : columella ad apicem vaide conlorla, subarcuala; umbilicus auguslus: rima a labiis longis circumscripla el in caudara pro- ducla, poslice inflexa. Long. 40 mm. : Lai. 24 nini. Miocene medio: Colli torinesi; Baldissero-torinese , rarissimo; Coli. Michelotti e Rovasenda. 2. Genere TAURASIA Bell. (1882). Testa suhfusiformis : spira longa. - Anfradus postice depressi, subcanaliculati ; idtimus dimidiam longitudinem subaequans: sutura postica non marginata. - Os ovale, postice profunde canaìiculatum : labrum dexterum contra canniiculitm po- sticim oris uni-pìicatum : plica magna , in faucem spiratim producta : cohmeìla antice transverse plicata : plicae partim obliquae, in faucem productae. I Tal'kasu sl'bflisiformis (D'Orb.). Tav. XI, fig. 31. Testa fiisiformis: spira lunga, acuta. - Anfraclus primi poslice vix canaliculali; ullimus poslice late et profunde canaliculahis , ventre injlatits, anticc valde depressus , lom/us, '/s lolius longiludinis subai'quuns: sulurae suptrtìciales. - Superficics tota Iransvarse sulcata el coslu- lala; coslulae inlerstilia subaequantes, lies miiiores inter majores plerumque decurrenles: anfraclus Itrimi longitudinaliler costati; coslae oblusac , rcclae , inlerstitia stibucquanles. - Os ovale; labrum sinislrum arcuatum, inlerius pluri-pliiatum: columella arcuala, J/ifi/io paruni profunde exrat'ata; umbilicus anguslus et paium profunilus. Long. 37 mm. : Lai. 19 mm. 1842. Purpura rugosa K. SIS.Ml)., Syn., pag. 39. 1812. W. luta E. SISMI)., .Syn., pa;;. 40 (giovane). 1847. Id. fusiformis MICIITTI., Fw*. miV., pag. 218, tav. XVI, fig. 17. 1847. Id. id. E. SISMO., ,Syn., 2 ed., pag. 28. 1852. Id. suhfusiformis D'ORB.. Prodr., voi. Ili, pag. 7i). lb*8. Jd. id. Pi:i:US, Stud.tert.-Bild.Ober-Ilat., pag. 50. Varle(A A. Testa major : spira longior. - Coslulae transvcrsae minores. Lai. 18 mm. Long. 38 uiui DESCRITTI DA L. BELLARM 41 I Tarlet* B. Testa major: spira brevior, minus acuta. - Canaliculus posticus anfractuum magis profnndus. - Coslulae transversae et sulci interpositi mitiores, inlerdum passim obsoleti. Long. 35 mm. : Lai. 21 mm. Il Sismonda nella prima edizione del Synopsis riferì erroneamente al Murex rn- gosus Sow. gli esemplari adulti di questa forma, ed al Murex ìntus Sow. i giovani. Il nome specifico col quale il sig. Cav. Michelotti pubblicò questa specie nel 1847, non può essere conservato perchè precedentemente a quell'epoca un'altra specie dello stesso genere era stata pubblicata dal Blainville col medesimo nome. Miocene medio : Colli torinesi, Kio della Batteria, Villa Forzano . Termo-fourà. Baldissero-torinese, Val Ceppi, ecc., non frequente; Coli, del Museo e Michelotti. 2. Talrasia coronata Bell. Tav. XI, flg. 32. Dislingiuint hanc speciem a Taiir. subfusiformis (D'Orb.) sequoriles nolae: Testa minor, crassior : spira magis aperta. - Anfractus cantra suturam poslicam i/i/Iaa', submarginati. - Coslulae transversae majores et minores minus promineutes : series una nodornm in ventrem ultimi anfractus dccurrens; nodi magni, obtusi, interstitiis interpositis majores. Long. 23 mm. : Lai. 12 mra. Varieia S. Tnv. XI, Cg. 3.3. Spira magis aperta. - Nodi minores, frequentiores, in partim obsoleti; costulae transversae majores et minores complanatae (forsan erosae?). Long. 30 mm. : Lai. 20 mm. Miocene medio: Colli torinesi, Termo-fourà, Baldissero-torinese. raro; Coli, del Museo, Michelotti e Kovasenda. 3. Taurasia nodosa Bei.l. Tav. X>, fig. 34. Dislinguunl hanc speciem a Tatti-, subfusiformis (D'Orb.) sequentes notae : Testa major, crassior: spira magis aperta. - Canaliculus posticus anfractuum magis pro- fundus, praeserlim in tillimo. - Coslulae liansversae vix passim perspicuae [an erosae?;; noili ventrales magni, oblusi: margo posticus anfractuum irregularis, inflatus. - Plicae internae labri sinistri numerosiores. Long. iO mm. : Lai. 22 mm Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, raiissimo; CoU. del Museo. 412 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TEKZIAKII DEL PIEMONTE ECC. Famiglia CORALLIOPHILIDAE Cheno (d859). I. Genere COllALLIOPHILA H. et A. ADAMS (i835). 1' Serie. Anfractus uUimus dimidiu loiìyitudine ìongior. 1 . CORALLIOPHILA GRANIFERA (MlCHTTI.). Tav. XII, fig. -. Testa irregularis, suhglohosa : spira longiuscula, acuta. - Anfraclus primi prope stiluram uiilicam infiali, ultiimis in venire vakle iiilìalus , aniice valde depiessus, anormulilcr evolutus. - Superficii's tota minute scubro.sa , Iransverse costulala, longiludinaiiter costala; coslulae transversae subunifnimes, spissae, a snlcin anguslis separalae; costae loiigiludmdes rectae, magnar, oblusae, ab intcrstiliis anfinslis separalae, leviler oliliquae, in dimidia parte ttllimi anfractus ori proxiwa obsoletac. - Os suborbiculare, fere magis latuni quain longum; labrum sinislrum in rentre valde concarum: colunielia postice panilo excavatn , antica subrecta; umbilicus pannn profnndus. Long. 20 mm. : Lai. 13 iiim. 1842. l'i/nila s(]uaiiiulala V.. SISMI)., Sì/)i., pag. .16. 1847. III. (jrnm/eia MlCHTTI., Fosi. m'or., pag. 966, lav. XVII. f. (i. 1847. /(/. id. E. SISMO,, Syn. 2 ed., pag. 37. VaricCA A. Tav. XII, Cg. ». Testa major : spira lirevinr, magis aperta. - Anfraclus ullimiis in ventre minus infìatus, varicosus. - Os snbtriangulare : columella longior, in caudam producta: umbilicus longior. Long. 21 mm. : Lat. 15 mm. Nella figura 8 della tav. XII, la (juale rappresenta la vai'ietà A di questa specie, l'ultimo anfratto riesci più stretto di quanto è nell'originale. Varlrlft B. Tav. XII, lig. G, Anfraclus ullimus anormaliter evoluliis, in ventre infìatissimus. - Os anguslum, niagis longnm pliant lalum, postice expansnm. Long. 20? mm, : Lai. I \ inni. DESCRITTI DA L. BELLARDI 413 1840. Pynila papiracea BELL, et MICHTTI., Sagg. Oriti., pag. S6, tav. II, fig. 13. 1849. Id. id. E. SISMU., Syn., pag. 36. 1847. W. /Jjcurfopa/jyracea MICHTTI., Foss.minc, pag. 267. 1847. Rapella id. E. SISMD., Syti., S ed., pag. 37. Miocene medio : Colli torinesi, Villa Forzano, Grangia, Val Ceppi, Termo-fourà,. raro; Coli, del Museo, Michelotti e Rovasenda. 2. CORALLIOPHtLA BBEVISPIRA BeLL. Tav. XII, fig. 9. Tesla pyriformà : spira brevissima, jianun anula. - Anfraclus ullimus magnui, ventrosu$, anlice vix depressus , ^/j lolius loiigiludinis suhaequans. - Coslae loiigitiidinales parvuìae, numerosa^ , ah inlerstUiis angusHs separalae , leviler ohìiquae, in anfradu ullimo vix passim notatae ; coslulae Iransversae miaulae, crehran, iiiaequuies, majorcs et minores plerumque alter- nalae, praeserlim in regione antica ultimi anfraclus. - Os subovale, postice dilalatum; labrum sinistrum postice e.rpansum: columella subrecla, poslice vix excavata, antice in caudam pro- ducla; uinbilicus nullus, vel vix notalus. Long. 20 mtn. Lai. 13 inni. Miocene medio : Colli torinesi, Eio della Batteria, Termo-fourà, raro ; Coli, del Museo, Michelotti e Rovasenda. 3. CORALLIOPniLA ANGUSTA BeLI.. Tav. XII, 11(5. 10. Testa .tubfusifdimis, eUmgala: spira longiuscula, satìs acuta. - Anfraclus convext; ullimus innqnus, '/s lolius longitudinis subacquans, l'ii ventre injlatus, anliee produclus,parum depressus. - Coslae longiludinales oblmac, ab inter.Hiliis anfiustis separatae, reciae, obliquae , in dimidia parie ultimi anfraclus ori contigua obsoletae; iauicllI superans. 4. Olivella crassirugosa Rei.l. Tav. XII, Og. 36. Testa crassa, fusiformis: spira longa, valde acuta. - Aufractus ullinius dimidiam longi- tudinem parum sniwraiis, aniìce valde alleniialus. - Slralus leslaceus aniicus brevis. - Rugae columcllares magnae, duae, ab aliis minoribus, iiualuor supra anticam, duae supra poslicam decurrentibus comitalae; rugulae paucae. Long. 27 mm. : Lai. 10 '/« mm- Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, rarissimo; Coli, del Museo. 5. Olivella tumida Bell. Testa sub fusiformis, crassa: spira medio subinflata, longiuscula. - Anfraclus ultimus poslice leviter inflatus, antice parum altenuatus, '/^ tolius longitudinis aequans. - Slralus leslaceus aniicus '/3 totius longiludinis ultimi anfraclus recumbens. - Rugulae paucae, magnae. Long. 24 nini.: Lai. 10 mm. Miocene medio : Colli torinesi, Baldissero-torinese, rarissimo ; Coli, del Museo. 428 i molluschi iiei terreni terziarii dei. piemonte ecc. 6. Olivelli obliquata Bell. Tav. XII, (JR. 33. Oistinguunl hanc speciem ab O/tv. tumida Bell, sequentes notae: Testa minor: spira brevior. - Anfraclus complanati; ultimus antice magis altenuatus : suturae super ficiiiles. - Slratus testaceus aiUicus latior , '/, totius longitudinis ultimi anfraclus recumbens - Rugae antfriores minores. Long. 19 mm. : Lai. 8 nini Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese, Val Ceppi, Kio della Batteria, non frequente; Coli, del Museo. 7. Olivella ventbosa Bell. Tav. XII, lig. 31. Testa crassa: spira hrevis, pariim acuta. - Anfraclus ullimus lonqus , *j, totius longitu- dinis snperans, laliis, in venire infìaliis, aniice disliiirle ntleiiualiis. - Stralus leslaceus anlicns lalus, '/, totius longitudine ultimi anfraclus stibaequans. - Rugulae columellares paucae. Long. 22 mm. : Lai. IO mm. Varieli A. Spira longivr, magis acuta. Long. 19 mm.: Lai. 9 nini. Miocene medio: Colli torinesi, Baldissero-torinese , Val Ceppi, non raro; Coli, del Museo. 8. Olivella bosacea (Bon.). Tav. XU, 6g. 39. Testa crassa, cylindracea: spira hrevis, parum acuta. - Anfraclus ullimus longior, magis distincte cylindraceus , aniice breviter sed valile attenuatus. - Slratus testaceus anlìcus lalus, itimidia longitudine ultimi anfraclus parum brevior. - Rugulae columellares quatuor. Long. 23 mm. : Lai. IO mm. Olii-a rosacea BON.. Cai. .US., >". 2009. 1842. Id. i,l. E. SIS.MD., .Si/n., pag.42. 1847. Id. id. E. S1S.MD., Syn., 2 ed., pag. 45. 1852. Id. id. D'ORB., /'rorfr., voi III, 51. Bonelli scrisse, nel Catalogo manoscritto del Museo Zoologico a proposito di questa specie, quanto segue: « Fossile del Colle di Torino colla i.^piduìd, ma rarissima e da essa distinta alla « lamina callosa che partendo dalla sommità quasi del labbro sinistro discende e cinge « tutta la base della conchiglia per '/, della sua altezza sul davanti e '/a sul dorso ». Miocene medio: Colli torinesi. Baldissero-torinese, raro; Coli, del Museo. descritti da l. bellardi 429^ 9. Omvella brevis Bell. Tav. XII, fig. 34. Tesla brevis, suhfusiformis: spira brevis, parum acuta. - Ànfraclus ultimus pestice in- flalus, latus, antice parum atteniiatus, '/^ circiler totius longiludinis aequans. - Stratus teslaceus. aaticus brevis, '/s lotius longiturlinis ullimi ànfraclus recumbens. - Rugulae columellares paucae. Long. 1 6 mm. : Lai. 7 '/« nim. In alcuni esemplari si osservano tracce dell'antica colorazione: su di un fondo bruno corrono longitudinalmente bende ineguali, rette, di tinta pallida. Miocene medio : Colli torine.si , Baldissero-torinese , Val Ceppi , non raro ; Coli, del Museo. Il SezIO.M (an genus distinguendum?). Rugae columellares quatuor vel quìnque parvulae, subaequales. 10. Olivella sthicta Bell. Tesla sub[usiformis , lunga , anglista: spira longa , valde acuta. - Ànfraclus ullimus in ventre subcijHudricus, antice attenuatus, */j lotius lougitudinis aequans. - Slralus teslaceus an- licus '/» lotius superfìciei ultimi ànfraclus tegens. Long. 20 mm. : Lai. 8 mm. 1861. Oliva lUwula .MICHTTl., l'OiS.inioc.inf, pa^.O? Jn parie;. Miocene inferiore: Dego, raro; Coli, del Museo e Michelotti. 11. Olivella clavula (Lamck.). Tav. XII , fig. 30. Testa crassa: spira longiusrula, acuta. - Ànfraclus ullimus cylindraceus, antice vix aite- nuatus, '/s totius longiludinis aeguans: pustice suhinftalus. - Slralus leslaceus anlìcus '/» totiv^ longiludinis ullimi ànfraclus recumbens. - Os antice laeviler dilatatns : rugae anticae ad apicem columellae produclae tres , quarum postica versus faucem trifida; rugulae plerumque septem, subuniformes. Long. 36 mm. : Lai. ,12 mm. 1810. Oliva clavula LAMCK., ^nn. f/« j»/t«ec, voi. XVI, pag. 398. 1814. doluta (Oliva) hispiilula BROCCII., Cnnch.foss.sub., pag. 315, lav. Ili, 6g. Itì (a, b). clavula LA.VICK., .4nim.s.vcit., voi. VI!, pag. 440. id. BAST., Mém.Bnrd., pag. 42, tav. II, fig. 7. id. DEFR., Dict.Sc.nat., voi. XXXVI, pag. 41. mitreola DEFU., Dict. Si: nai., voi. XXXVI, pag. 48. hispidula BRONN, /to/. rer«.-Cti., pag. 14. duvnla GRAT., Tahl. foss. Da.t. pag. 310, N. 619. id. DU.I., HJàn. Tour., pag. 304. id. DESH., Knajcl.mctli. Tcrs, voi. Ili, pag. 647. 480 I MOLLVSCHl DEI TERRENI TEEZIARII DEL PIEMONTE ECC. 1838. Olim hispidula GRAT., labi. Condì. fuat.Bass.de fAduur, [)ug. 12. 1838. Id. clavula GRAT., Cn. 459, pag. 49. 1838. Id. hispidula GR.\T., Calai, rirt. et Inveri. Gironde. >. 460, p»'^. 49. 1840. Id. clavula GR.\T., ^//. Co«cA. /bij., lav. XLII, fig. 25, 9ò, 27. 1843. Id. id. MATH., Calai, mélh. et desir.foss. Bouches-du-KMne, paf^.ìàC. 1842. Id id. E. SI.SMD., Syn., pag. 42. 1844. Id. id. LAMCK., ^nim.j. ler/., 9 ed., vol.X, pag.635. 1847. Id. id. Mir.lITTI., Foss. mioc, pag 330 (in parlc\ 1847. Id. id. E. SISMI)., S.cr.SV.7)n(., vol.XXWI, p.nj,'. 41. 1895. Id. id. BAST., ;»/c)n. i?oirf., pap.4l, tav. Il, fig. 9. 1838. Id. Ba.t(ero(ina GH.AT., Tabi. foss. Dai, pag. 319, N.6II. 1838. Id. id. GRAT., Ca/n/ /'<■«. c< /m'm.fi.jnnrfi, pag. 49, >. 458. 1840. Id. id. GRAT. ^(/. Conc/i./'ojj., lav.XLlI, fig. 28, 29, 30. 1844. Id. plicaria LAMCK., Jnim. s. veri.. 9 ed., voi. X, pag. 635. 1859. Id. Basterotina n'ORK., Prodr., voi. Ili, pag. 51. 1874. /./. id. BKNOIST, Test.foss.de la Brede et de Snucals, pag. 389. Ho descritta questa specie abbenchè finora non sia stata trovata nei Colli torinesi, la fauna dei quali è tanto affine a quelle delle vicinanze di Bordeaux dove è fre- quente, sia perchè è probabile che vi si possa trovare col tempo, sia, e soprattutto, per meglio dimostrare come col genere Agaronia riesca naturale la serie delle Olividi dei terreni terziari. Miocene medio: Vicinanze di Bordeaux, Leognan, Saucats. ecc.; Coli, del Museo. 2. Sotto-famiglia ANCII.LINAE H. et A. Adams ^1853). Paragonando le forme inscritte in questa sotto-famiglia con quelle della prece- dente non è difficile riconoscere le prime dalle seconde, pei seguenti caratteri: 1° forma d'ordinario molto irregolare; 2° canaletto posteriore, in certe scoperto {G. Ancillarina Bell, e G. Ancillina Bell.), in altre {G. Ancillaria Lamck.) ricoperto da uno strato DESCKITTI DA L. BELLAKlil -±33 testaceo più o meno grosso ; 3" canaletto largo , poco profondo , ed unito al resto dell'anfratto per margini ottusi; 4° presenza di un solco, il quale corre trasversal- mente sulla parte anteriore dell'ultimo anfratto, e che negli esemplari perfetti finisce in un dente acuto il quale sporge sul labbro sinistro ; 5° columella largamente contorta ed incavata nel mezzo; 6" una o parecchie pieghe, di varia grossezza, più o meno oblique all'asse del guscio. 1. Spira delectu. 1. Genere ANCILLARINA Bell. (.882). Testa angusta, perloyiga : spira brrvissinia , detecta. - Anfractus uìtinms ppr- longus , antice transverse et oblique uni-sulcatus. - Os postice angustum, antice dilatatum ; labrum sinistrum ad sulcum transffersum uni-dentatum (in illaesis) ; labrum dexterum ultra os parnm et reguìariter prodnctum, postice callosuni : rnna- liculns postieus oris Ictus, parum profundus, detectus, marginibus obtusis. - Colu- mella laxe contorta, medio parum excavata, ah apice spirae ad apicem oris plicata et sulcata; plicne quatuor, subaequales, axi testae valde obliquae; sul cus postini s latus, profundus et ipse valde obliquus. I caratteri àcWAncillaria canalifera Lamck., la quale è la forma la più anti- camente nota di questo gruppo, sono così differenti da quelli delle vere Ancillarie, che mi parve opportuno di creare un genere distinto che raccogliesse la citata specie dell'eocene, e le due qui descritte, una del miocene inferiore del Piemonte, l'altra del miocene superiore della Liguria. 1. Ancillarina suturalis (Bon.). Tav. XII, fig. .18. Tesla pfvlouga, awjusla: spira brevissima. - Anfraclus ullimus subcylindrictts, antice leviter attenuatus , '/« totius ìomjiludinis subacquans, niagìs oblique involutus quam praecedentes, inde canaliculus poslicus oris el sutura magis obbqui. - Calluni poslicum oris parum pro- mineiis; slratus leslaceus inter canaliculum poslicum oris et suluram decurreiis pltrumque gra- cile, ad viarginem anfractiii praecedenli adliaerens. Long. U-35 ram. : Lai. 5-12 mni. GR.\T., T„bl.foss.Dn.T, pag.316. GBAT., Catal./'erl. ci Iiimt. Gironde, pas;. 49. GRAT., Tabl.Coq.foss.Adour, pas. 8. GR.\T., All.Conch.foss., lav. XLll, fig. 19, 20. E. SISMO., Stjn., pag. 42. MiCHTTI.. Foss.mioc, pag.335. Seeie II. To.M. XXXIV. 4;ì4 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. 1847. Àncillaria canalifera E. SISMO., Syii., 2 ed, pag. 45. 1848. Id. ili. HOERN., ^erz., in Czyzek^' Erlam z.gtogn. Kart.v.Wien, pag. 16. 1858. Id. suturalis D'OHB., Prodr., voi. Ili, pag. 62. 1852. / proxinius. - Coìumeìla ìiicdio excavata, laxe contorta, antice uni-plicata, laevis: labrum dexterum vix ultra OS productum, postice caììosum. \. Ancillina pusilla (Fucbs). Tav. XII, fig. 47. Testa turrita, angusta: spira versus apicem iiijlata. - Anfraclus primi lacviter concavi: ullimi comidanati; ullimus diiuiilia loiigiludine brevior, antice subinflalus. - Columella »" callum dexlrorsum revoiulum antice \troducla. Long. 7 V« rani- '■ ^'^X. 2 '/« mm. 1852. Ancitlaria obsoleta HOER.X., Molt.foss. fVien, voi. I, tav. VI, fig.4 (jnv.\ 1877. Id. pusilla FVClìS in KXWK., Geol. Acq. Emp. Fr. Joseph, pag.36T, lnwWÌ. fig. t. 1878. Ili. parva FL'CHS, Stud. (er(. B./rf. Oi«-/(fl/., pag. 49. 1880. /('. pusilla R. HOER>. u. M. AUINC, Gai(. mioc.Oest.-Ung. Monarch., pag. 5C, lav. Vili, fig. I,i. Miocene medio: Colli torinesi. Termo-fourà, Villa Forzano, Val Ceppi, raro: Coli, del Museo e Rovasenda. 2. Spii mni. Varietà D. Testa minor, ventre magis infiala: spira brevior, medio infiala, minus acuta. Long. 14 mm. : Lai. 6 mm. r 1840. Ancillaria oliimln GRAT., .4ll.Conch.foss.. tav Xl.ll, fig 18 1842. Id. id. E. SISMD , .Syn., pag. 4.Ì. 438 I MOI.IASCUI lii;i TKKKEM TKKZIAKI! DKL PIEMONTE ECC. La Ancillaria austriaca K. Hoern. (Die Faun. Schlier ron Ottnang, pag. 346, tav. XI, fig. 1, 2, e jR. Hoern. u. M. Auing., Gaster. niioc. Oesterr.-Ung. Mvnarch., pag. 55, tav. VII, fig. 4), appartiene senza dubbio a questa sezione ed è forse una locale modificazione dello stesso tipo di forma. Ad ogni modo, giudicando dall'ottima figura pubblicata dai signori R. Hoernes e M. Auinger, la forma di Ottnang differisce dalla forma tipica della presente specie: 1° per la maggior brevità della spira e per la sua maggiore apertura; 2° per la maggior lunghezza della bocca che nella forma di Ottnang corrisponde ai tre quarti della lunghezza totale mentre che in quella ilei Colli torinesi equivale d'ordinario alla metà circa; 3" e per la depressione posteriore del labbro sinistro : i quali caratteri la ravvicinano alla varietà C precedentemente distinta. Miocene medio : Colli torinesi , Rio della Batteria , Villa Forzano , Baldissero- torinese, Val Ceppi, ecc., frequente; Coli, del Museo. II Stimi S. G. A.\nn,L.\RIA Lamck. Columella anlice pnofunde cxcavalii, pliciila il sulcala; plicae paucae, subuniformcs. in fauce obsok'lao , raro per lolam lolumellani |)Prspicuae , in adullis super callum nn- licuni colunirllare plcTiiniquc ohMli'ialae ; sulii duo, poslicus major; plicae el sulci axj leslae paruni ohliqui. - Labrum dexlerum Inm rcctuin, parum ullra os produclum el super ventreni uUinii unlraclus non l'xpaiisum, limi oliliquuin, valile ultra os produclum el supra vcnlrcm ultimi anfraclus in callum plus minusve latum cxpansum. V Serie. Anfracius ultinn, vel snìtem nltiwiat. jiosticr late cavnìiculati. ì. .\ni:ii.i,aiu\ oiisoLErA Brocch. Tax. XII, lig. 4i. Testa longa, anifusla: spira liiiuja, acuta. - .\nfraclus u\l\mìis dimidia longitudine brevioi; medio inflalus: sutnrae piofundae: sulrns Iransvorsiis aniirus ultinii nnfracliis Intvx. - (ìs subovale, hi(>(/io dilulutum, autice laluw: plicae aiilice inai'(initìes. Long. o5 mm. : Lai. 20 mm. . 1814. yolula (ÀncillariaJ vhsoleta «nOCCll., Condì, fnss. siih., pa^. 3.30, tav. V, fig. 6. I8S5. AncHla id. BOK.S, Ori// ;)ifm., I, pa^. 25. \»3\. Jnolax ili. imOMN, //.iJ. /m.-6Vi., paR. 15. 1840. Ancillaria id. GKAT., Ali. Condì, foss., tav. XLII, fig. Il, li. glandina GRAT., All.Conch. foss., lav. XII, fi);. 1.5, 16. o/.Vh/.i r.UAT., Ali. Coni h.fv.fs , lav. XLII, fig. 17 (non fig. 18). oh.wlela F. SISMI)., .Sijn , pag 42. ili. ItKSH. in UAMCK., Anim.s veri.. 2 ed., voi. X, pag. 508. id. iMlCllTI I., ru.s.miiw., pag. ;J3;1. DESCRITTI DA L. BELLARDI 439 E. SISMO., Sipi., 2 ed., pag. 45. HOERN., yerz.d.foss.-Rest.d.tert.-Beck.v.ff^ien, pag. 16. D'ORB., Prodr., voi. Ili, pag. 52. HOERN., Moll.foss.lVien, voi. I, pag. 55, tav. VI, fig.4 (a, b). NEUGEB., Beitr.itn.MoU.Ober-Lapugy, pag. 9. MILL.. PaUontogr.de Maine et Loire, pag. 159. .MICHTTI., Fo.-s.miov.inf., paR, 98 (in parte). bisulcata MILL., Indicai. Maine et Loire, voi. 1, pag. 678 et voi. Il, pag. 585. DOUERL., Cenn. geol. mioc. sup. Ital. i3g. i\>. 440 1 MOLLUSCHI IiEI TERKENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC. Miocene medio : Colli torinesi, Termo-fourà, Kio della Batteria, Baldissero-torinese, Tal Ceppi, non frequente; Coli, del Museo. 4. AnCILLABIA LIGliSTICA BeLL. Distinguunl hanc specieni ab Anc obsoleta Brocch. sequeiiles nolae: Testa minor, sub fusi formis: .«j/nra maf/is acuta. - Anfractus ttllimus antire magis attenuatus. - Sulcus transversus SHjwr jìartem anlicani ultimi anfractus drcurrens angustiar. Long. 27 min. : Lai 1 1 mm. Miocene inferiore: Dego, raro; Coli, del Museo e Michelotti. 2" Serie. Anfractus nulli postice canuliculati. 3. Ancillaria patdla Dodebl. Tav. XII, fig. 43. Disliiiguunt hanc speciem ab Anc. ijlandi formis Lamck. sequenles nolae : Testa minor: spira brevior, subacuta. - Anfractus ultimus longior. anticr vix attenuatus. - Os longius , lalius , antice dilalalum: columella minus ercavata; sulci aniici columcUae magii obliqui. Long. 30 nim. : Lai. lo mm. 1864. /Incittaria potuta DODERL., Cenn.geot.niioc. siip Jlal. ceiilr., pag. 95 (107). Il signor Prof. Doderlein riferi erroneamente come sinonimo di questa sua specie la Anc. suturalis Michtti. (A. subcanali fo a Orb. ?), ì& qnaìe k i'Ancillarina sutu- ralis (Bon.): si tolga perciò questo sinonimo il quale potrebbe induiTe in errore sulla natura di questa specie che è una vera Ancillaria. Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, raro; Coli, del Museo. Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, raro: S" Agata-fossili, non raro: Coli, del Museo. 6. Ancillaiua anomala (Schl.j. Tav Xll, fig. 40. Dislinguunt liane speciem ab .\nc. glandi formis Lamck. sequenles nolae: Spira comiidia, acuminata. - .\iifrartu.i ultimus poslicc inflalus. - Columella antice magii contorta, suliuntbilicala, sulcus jioslinis viugls profundus. Long. 32 min.: Lui. 15 inni. DESCEITTI DA L. BELLAEDl 441 1820. yolutites anomalus SCHL., Pe()e/'., voi. I, pag. 122. 1832. Alici Ilaria conoidea JAN., Calai. Couch.foss., pag. 15. glandi formi s BEYR., Condì. Nordd. tert.-Geb., pag. 43, tav. li, fig. 5. MICHTTI., Foss.mioc.inf., pag. 98 (in parie). SPKY., Casscler. tert., pag. IX, tav.I, fig. 9, 10. SI'KY., Cas.'.eler.lert., pag. X, tav.I, fig. 11, 19. FOCUS, Beitr.-Kenntn. Condì. Piceni. tert.-Geb., pag. 48, 67, 71, tav. Vili fig. 8, 9. cjlandiformis v. KOEN., Mioc. Nord-deutschl. Moli. Faun., pag. 313. 1872. /(/. Varietà A. Spira minus acuta. - Anfractus iillimiis postice magis inflatus. Long. 35 nim. : Lat. 18 ram. Miocene Inferiore: Cremolino presso Ovada, Cassinelle, Carcare, Dego, non fre- quente; Coli, del Museo e Michelotti. 7. Ancillaria glandiformis Lamck. f Tav. Xll, fig. 41. Tpsla daviformis: spira brevis , obliisa. - Anfraclus ullirtius anlice attenuatus, •/$ lolius longiludinis subaequans, postice rotundatus. - Sulcus Iransversus anlicus angustus; slralus teslaceus maxìmam partem ulliiiiì anfractus et spìram totam tegens plus minusve crassum et exlensum. - Sulcus posticus columellaris profuiidus, anticus minor: apex columellae tum laevis tiim transverse plicalus. Long. 30-72 nini.: Lai. 15-35 nini. LAMCK., Ann du Miisée, voi. XVI, pag. 305. HORS., Urilt. pieni. l. pag. 95, tav.I, fig. 7. LAMCIJ., Aniin s.vert., voi. VII, pag. 144. BUOiNGN., .Meni, f^icenl., pag 63. tav. IV, tìg. 2. BAST., Mèm. lìoid., pag. 42. MARC. DE >iEl\i{.,Céogn. terr. Ieri., pag. 127. BIIONN, hai. tert.-Geb., pag 14. DESH., Envyd.mcth yers, voi. 2, pag. 42. DUJ., Mèm. Tour., pag 304. BRONN, Lct/i. géogn., voi. 2, pag. 1112, tav.XLII, fig. 11. CHAT., Cutal. I^erl.et Inveri. Gironde, pag. 49. GR.\T., Tabi. Coij foss. Basiin de l'Adour, pag. 8. f;R.\T., Ali. Condì, fuss., tav.XLII, fig. 6, 7, 8, 9, 10. E. SISMI)., Stjn., 9 ed., pag. 42. LAMCK., Anim. s.vert., 2 ed., voi. X, pag 596. MICllTTI., Foss. mioc, pag. 332. E. SISMO., Sijn., 2 ed., pag. 45. IIOEUN,, .Moli. foss. ^Vien, vo]. I, pag. 57, taT.VI, fig. 9. D'ORB,, Prodr., voi. Ili, pag. 52. D'ORB., l'rodr., voi. Ili, pag. 9. D'ORB., Pì-odr., voi. Ili, pag.9. NEUGEB., Beilr.Tert.Moll.Ober-Lapugy, pag.9. NEUGEB., Sijst. yerz. tert.moll.-Geh., pag. 6. MICHTTI., Foss.mioc.inf , pag. 98 (in parte). Serie IL Tom. XXXIV. 442 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE dncillaria glandiformis DODERL., Cenn.geol. mioc.sup. Ital. centi:, pag 85 (107). id. l'F.R. 1).\ COST., Ca.CC., Calai, fiiss.miiì-plioc. mnden. Coli. Copp., pag. 1. id FONT-, Ktud. strnt. et puUimt. lerr. ttrt. Bossiii du Rlióne, II, p. 34, 36, 57, 59. id. FO.NT., Étud. strnt. et pileiiiit. lerr. tert. Bn.uiii du RhAne, HI, pag. 59. . id. FONT., Faun. inaine, mine. Tersimne et Haiilerites, pag. 14. id. FL'Cll.S, .S;urf ini. hiUl. Oba-IUiL, pag. 49. id. R. IIOERN. u. M. .Wl.Nfi., Gasi mioc. Oeslerr.-Ung. Monarch., pag. 55. lav. VII, fig 9. id. B.\RD., £V«rf. lerr. mioc. Muine-et-Loire, pag. 107. id. COPI'., Paleont.moden., pag. 44. TarielA .%. Labrum dfxlerum ad marijincm irregulariler ru(/iilosun>. Long. 15-32 mni. Lai. 8-17. In questa varietà, nella quale la forma generale corrisponde a quella tipica della specie, come pure lo sviluppo del labbro destro, si osservano sul margine destro della bocca numerose rugbette irregolari , le quali sono obliterate verso le fauci e più o meno sporgenti verso l'esterno. VarielA B. Spira acuta. Long. '2S nim. : Lai. 14 isiiii. : 1847. Ancillaria buccinoides MICIITTI., Foss mioc., pag. 333. 1852. Id glandiformis HOER.N., .Moli. foss. IVien. voi. I, lav. VI, fig. 1.3. 1864. Id. id. Tar. cimicn-aiiita IlOUERL., Cinti, geol. mioc. snp. Hai. leiitr., pag. 25 (107). 1882. Id. id. R. IIOEU.N ii.yi. All^G.. Gnsltr. mioc. Oesteir.-Ln.j. .Mvnaich.,laf.\ì\,ùf.ì. Nella varietà B, la forma generale è un po' più raccorciata e la spira più acuta, pel quale ultimo carattere questa varietà si collega coU'^hc. anoniiiìn (Sebi.) del miocene inferiore, dalla quale differisce tuttavia per la minor lunghezza dell'ultimo anfratto e per la minore larghezza ed acutezza della spira. VarielA C. Testa ani/ustiur, ìoiitjior : .•'jiira lonfiioi , subacuta. - O.i brevius, dimidiam Imifiiliidiiiem sub- uequans. Long. 30 min.: Lai. 1? iiim. 1844. .4ncillaria etomjala DESÌI, in I.A.MCK., Jnim.s.vert., 2 ed., voi. X. pag.600. 1878. Id. id. FL'CIIS, 5(u,/, ffr(. B/W. OÌC1-/M/., pag. 49. I caratteri principali di ([uesta varietà sono, la sua forma più stretta e più lunga e la lunghezza della spira che uguaglia pre.sso a poco quella della bocca. DESCRITTI DA L. BELLAKDI 443 In alcuni esemplari le pieghettine anteriori della columella sono bene distinte e si Tedono correre nelle fauci. Mi pare dal paragone che ho fatto di questa varietà con due esemplari prove- nienti da Pont-le-Voy (TuiTena), i quali conispondono pei loro caratteri alla descri- zione che il Deshajes ha pubblicata della sua Anc. elongata, che questa forma della Turreha debba riferirsi alia presente varietà. VarielA D. Anfracliis uU'nnus loiigior, aiilice manis aUcnualus, versus suturam poslicam leviler inflaliis. - Plicae cotuinellares anlicae mtmi-rume, in fauce perspicuae. Long. -20-26 mm. : Lai. 10-1-3 mm. Ho distinta qui una forma che si allontana dalle altre per la notevole lunghezza dell'ultimo anfratto, per la presenza in esso presso la sutura posteriore di un rialzo bene distinto, abbencLè meno sporgente di quello della varietà seguente; inoltre l'ul- timo anfratto vi è notevolmente ristretto verso l'estremità e leggermente incurvato a sinistra. VarieU B. Sjnra hrevior, obtusior. - Anfrartiis ulthnus pnslice iiiflutiis, valde promiiiens, suhanijulusus, anlice altenuntiis. - Sulcus anlicus- lalior. Long. 20-00 mm. : Lai. 11-30 mm. 1833. Amillariii coniis AMDH., Bull, de Moicou, voi. VI, pag. 437, tav.Xi, lig. I. 1835. Jil. coni/oiinis PL'SCII, /'o/. /'«/.ionf , pag. 1 17, tav. .\l, flg. I. in/laia CRXT., Ali. Cnmk. foss., lav.XLII, fig. 4, .5, 13, l-i. gtandifnrniis KICVV., Lelli. ra.ff. l'ti'wd nind , pajt.JiS. id. IIOEU.N., .ìridi foss Ifiat, voi I, tav. VI, (ig.8. conifurmis D'OHH., Prodi:, voi. Ili, p3;;..')3. glandi formi s \{ HOKIl.N. u. M. AL'ISG , Gait, mioc. Oesterr.-Ung. Monarch., tav. VII, % I- La straordinaria mutabilità di forma che presentano parecchie specie di questo genere, molte forme intermedie e la presenza di questa forma nei medesimi strati in cui si raccolgono le affini non pei'mettono di separarla come specie abbencLè siano notevolissimi i suoi caratteri. Non è raro in certe località dei Colli torinesi, come ad esempio in Val Ceppi, l'incontrare esemplari nei quali la zona nuda dell'ultimo anfratto ha conservato tracce dei primitivi colori: la tinta vi è intensamente bruna e su di essa spiccano bende longitudinali pallide, rette, ineguali ed inegualmente distribuite. Talvolta , ma rara- mente, anche lo strato calloso che ricopre la porzione posteriore dell'ultimo anfratto e tutta la spira, come pure quello che ne riveste la parte anteriore, sono zonate di bruno e di pallido, ma in queste regioni le bende sono più o meno oblique e sinuose seguendo i margini delle parti molli dell'animale che ne deposero la sostanza calcare. Ai preacceimati caratteri devo aggiungere che la zona scoperta dell'ultimo anfratto vi è molto più ristretta e relativamente più largo il solco trasversale anteriore. 444 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. Varielt F. Spira brevis, subobtiisa. - Sulcits transversus anticus angiislus ; superfkies ultimi anfractiis a strale testaceo detecta axguslinr - Callum posticum oris crassissimum et postice vmgls productiim. Long. 19-46 mm. : Lai. 14-28 mm. 1859. Jncillaria glandiformis I10EHN., .ÌMl. foss.Wien. voi I. (av.XLII. fig. 10, II. 1864. /(/. iV. var. spira in/lata DODERL., Cam. geol. mine. sup. Ilal.ceTilr., pag.95 (107). 1873. /(/. id var. CO(X., Eniim.sist. Moti. mine, e plioc. Pmm.e Pine, pa[(. 92. 1882. Id. id. R. HOERN. u. M. .\LI.NG., Oa.it. mix. Oeslerr.-lng. Monareh.. tav. VII, Cg. I. Questa varietà differisce dalla precedente di cui ha la forma generale con dimen- sioni d'ordinario minori , per la grande ampiezza del labbro destro il quale si estende sin quasi sul dorso dell'ultimo anfratto e vi forma un grossi-ssimo callo. Nel maggior numero degli esemplari che raccolsi a Stazzano dove questa forma è frequente, le dimensioni sono minori di quelle ordinarie della varietà precedente, e l'ultimo anfratto vi è piil breve e più assottigliato anteriormente: in due esemplari le dimensioni sono maggiori, e l'ultimo anfratto è più lungo e meno assottigliato anteriormente pur pre- sentando la grossa callosità e la grande estensione del labbro destro, caratteristiche ili questa varietà. VariPtà G. Spira brevissima, indixiinrta, nbtiisissima. - .{tifradKS ttltimns poslicr laliis, aiitice vnlde alte- Huattis. - Suiierficics renlralif! depressa, irregulariler tomplanata; SM/ier/icics' dorsalis siibrequlariler ronvexa ; superficies ultimi aiifraclus a strato testaceo detecta valde angusta; siilcns iransversus et ipse anfiustus. - Callum paslirum oris magmtm, crassissimum, cantra Sjiiram et ad latnm dexterum usque ad rugas coUimellares, in marginem crassissimum, raìde iirnminens creclum. Long. 21-30 mm. : Lai. 13-22. La maniera colla quale il callo posteriore della bocca si estende sulla spira e si rialza sul fianco destro dcirultimo anfratto richiama alla memoria il modo di essere del labbro destro della Nassa gihhosHÌa (Linn.) e delle specie affini. Miocene medio : Colli torinesi, Kio della Batteria, Villa Forzano, Termo-fourà , Pino-torinese, Baklissero-torinese , Val Ceppi, ecc., comunissimo; Coli, del Museo, Michelotti e Kovasenda. Miocene .'superiore: Colli tortonesi. S" Agata-fossili, Stazzano, frequente; Coli, del Museo e Jlichelotti. Varietà A — Miocene superiore : Colli tortonesi. Stazzano, non frequente ; Coli, del Museo. Varietà li — Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, non frequente; Coli, del Museo. Varietà C — Miocene medio: Colli torinesi, Kio della Batteria, Termo-fourà, Val Ceppi, ecc., frequente; Coli, del Museo, Michelotti e Kovasenda. Varietà D — Miocene medio: Colli torinesi, Val Ceppi, raro; Coli, del Museo. DESCRITTI DA L. BELLAEDI 44&- Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, raro; Coli, del Museo. Varietà E — Miocene medio: Colli torinesi, Termo-fourà, Baldissero-torinese , Val Ceppi, ecc., frequente; Coli, del Museo, Michelotti e Kovasenda. Miocene superiore: Colli tortonesi. Stazzano, raro; Coli, del Museo. Varietà F — Miocene superiore: Colli tortonesi, Stazzano, frequente; Coli, del Museo. Varietà G — Miocene superiore : ColU tortonesi, Stazzano, raro ; Coli, del Museo. Nella classificazione che ho qui seguita per le dividi del Piemonte e della Li- guria, le forme che ad esse si riferiscono, riescono disposte in serie molto naturale. 1 due generi estremi, G. Porphyria all'un capo, G. Ancillaria all'altro, sono separati da parecchie forme intermedie che gradatamente guidano dal primo al secondo e ne dimostrano l'intima parentela. I legami delle due sotto-famiglie sono chiaramente stabiliti dal genere Agaronia della prima e dal genere AnciUarina della seconda. Nel genere Agaronia la fisionomia generale, la forma della spira, e soprattutto il canaletto posteriore della l)occa stretto, profondo, e col margine anteriore acuto, sono uguali a quelli delle Olivine tipiclie; ma l'ampiezza della bocca, la columella largamente contorta. leggermente incavata nel mezzo e la notevole obliquità delle pieghe columellari sono altrettanti caratteri che. nel mentre le allontanano dalle Oli- vine tipiche, guidano alle forme delle Ancilline. ■ N(>1 genere AnciUarina. le specie del quale furono da alcuni Paleontologi riferite al genere Oliva, la spira è bensì scoperta come in questo genere, ma 1° la presenza del solco trasversale che corre sull'ultimo anfratto e clie va a finire, negli esemplari completi, in un dente clie sporge sul labbro sinistro; 2° il canaletto posteriore della bocca largo, poco profondo . e coi margini ottusi . segnano la sua stretta parentela col genere Anciìlarid. nel mentre che la columolla largamente contorta e guernita di pieghe molto oblique lo collega col genere Agaronia. È inutile ripetere qui i caratteri dei singoli generi di ambedue le. sotto-famiglie, mercè i quali riesce si può dire omogenea la catena clic congiunge tutte le forme che vi sono riferite. t!>=5>5>=5>*>- DESCRITTI DA L. BELLARDI 447 CATALOGO GENERALE IDEI avi o L I-.XJS a Kc I DEI TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE E DELLA LIGURIA coli'indicazione del terreno io cnì sono slati troTati PARTE TERZA (BUCCINIDAE, CYCLOPSWAE, FURPURIDAE, CORALLIOPHIUDAE, OLiyiDAE). ^448 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. DESCRITTI DA t. BELLAEDI 449 450 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. DESCRITTI DA L. BELLARDI 451 NOME S(3 rABTB III Pagina 749. 750. 751. 752. 753. 754. 755. 756. 757. 758. 759. 760. 761. 762. 763. 764. 765. 766. 767. 768. 769. 770. 771. 772. 773. 774. 775. 70 7' 72 ;5. 76. 77- Seffue Genere IMASSA Lamck 65. Woodi Bell 66. cunncostalii Bell. G7. Cakarae Bell. . . 68. tracia Bell 69. neglecta Bell. . . id. Var. A. rustica Bell. . . . divisa Bell lurriculata Bell. . 78. Solterii Bell. . . . 74. clavatnla (May.). obcliscus Doderl. 1 8. Serie serrala Broech. . interdenlala (Boti. 78. ligustica Bell. . . 79. scatarata Bell. . . 80. craliculata For. . 8i. bisotensis Deponi. id. Var. A. 82. Pareti (May.). . . 19. Serie A 83. prysmalhica Broech 84- Brugnonis Bell. B 85. borelliana Bell. id. Var. A id. Var. B id. Var. C 20. Serie 86. dal/irata (Boro). id. Var. A. 87. emiliana (May.) . id. Var. A. 88. Cantrainii Bell. . 89. scalaris Bors. . . 21. Serie A Cocconiì Bell. . . id. Var. A. . id. Var. B. . proavia Bell. . . id. Var. A. id. Var. B. 90 91 . I * 277 278 278 278 278 279 279 279 280 280 281 282 282 283 284 284 284 285 285 285 286 286 287 287 •289 290 290 291 291 291 291 291 293 293 293 294 294 294 295 295 295 295 295 296 296 4Ó2 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TEBZIARII DEL PIEMONTE ECC. NOME 776. 777. 778. 779. 780. 781. 782. 783. 784. 785. 786. 787. 788. 789. 7 90. 791. 792. 7 93. 794. 795. 790. 797. 798. 799. 8110. 801. 802. 803. Segue Genere MASSA Lamck ga. semirugosa Bell. . B. 93. albucianensis Bell. i2. Serie A g4' /intsinae Bell. . . . B 95. semicostulata Bell. C 96. per rara Bel! 23. Serie 9'-. conglobala Brocch. i(l. Var. A. 98. padiijgaslfr (May.). qq. pttpoides Bell. ... allilis Bell 'l'i. Serie turrita Bors id. Var. A. . . IfAnamap Bell. . . f-hreslii Bell inlcrpasìtii. IO"). IO r . 1 02. io3. .04. io5. loh. 107. 1 08. 109. I IO. I I I . 1 I 2. II 3. ■ .4. ii5. 116. 117. 118. I iq. imicfjuicoslala Bell. fallux (Miclilli.). . 25. Serie recondita (May.). . niacrodon (Broun). Auingeri (lloerii.). id. . Var. A. . deprvmjiln Bell. . . noiaìidu Bell. . . . sulcalula Bell. . . . 20. Serie liicoiiae Bell. . . . 27. Serie arala Bell 28. Serie contrada Bell. . . . 29. Serie obesa Bell 30. Serie slriihrlliann ('occ. labi'llum (Boi),). . . id. Vnr. A. . Aldocrandii Bell. . * .1* Pauti II! Pagina 296 296 2^16 -297 297 297 298 298 298 1\)S 298 2'.t9 299 ;}(i0 301 301 301 302 302 303 303 304 304 304 305 305 3(16 306 306 307 307 307 308 308 309 309 309 310 310 310 311 311 312 312 312 1 DESCRITTI DA L. BELLAKDI 453 NOME Lamck. 454 I MOLLUSCHI DBl TERKENl TERZIARII DEL l'IEMONTE ECC. DESCRITTI DA L. BELLAKDI 455 456 I MOtia'SCHI DEI TERRENI TERZI ARII DEL PIEMONTE DESCRITTI DA L. BELLARDI 457 NOME 891. 892. 893. 899. 900. 901. 902. 903. 2. Sotlo-fiimiglia Cylleninae Bellardi 1 . Genere CWMjEI^e Gray 890. I. Desnoyersi (Bast.) id. Var. A id. Var. B id Var. C 2. Genere CTLIiEllIl^A Bell I. Sezione 1 . Serie i. anrillariaeformis (Grat.). 2. Icrrbrina Meli id. Var. A id. Var. B. . . . 2. Serie 3. paulucciana (D'Anc). id. Var. A. . . id. Var. B. . . id. Var. C. . . receiìs Bell Sismoììdne Bell irrefiularis Bell '^. Serie hìcorowita Beli iubuiìihilirata Bell. . . . 4. Serie 9. pleurotoìHOìdes Bell. . . II. Sezione 5. Serie , 10. Haueri (Michlti) id. Var. A id. Var. B 1 1. ovuliita Bell id. Vai-. A id. Var. B 12. Neumayri (B. Ilnern. M. Auing). . V. Famiglia CVCLOPSIDAE Chenu .... 1 . Genere ClCLOPS Montf. I. neriteus (Linn.) VI. Famiglia PURPL'RWAE Chenn 1. SoUo-famiglia Purpurinae Beliarili t . Genere PCRFCR A Brug 1 . Serie 904. I. Gnstaldii Beli Parte III Pagina 3T6 375 375 375 376 376 377 377 377 378 379 379 380 380 380 380 381 ;ì8i 382 382 382 383 383 383 384 384 385 385 385 386 380 386 386 38G 387 388 388 388 390 390 390 390 390 Serie II. Tom. XXXIV. 458 I MOLLUSCHI liEl TERRENI TERZIARI! DEL PIEMONTE ECC. ISOME 905. 90f). 907. 908. 909. 910. 911. 912. 913. 9I.H. 916. 917. 918. 919. 920. 921. 922. 923. 92 i. 925. 926. 9-27. '.'-'8. 929. •J30. 931. 93-2. Segue i tenere Pl'BPCi»A Brug 2. Serie . suhuiiibilicata Bell . umbilicatu Bell. . . rp/li-j(t Bell. ... . inaequisulcala Beli 3. Serie striolata Bromi transitoria Bell praeccdcìis Bell araitt Boll. . . id. Var. A. ili. Var. B. parvula Bell. bipliriìta Bell. inacrniicoslaln Bell prosa Bell .... rarisulcata Bell. 4. Serie Sisìiiondue M idilli 5. Serie A refusa Mici) Iti. . ricinuloides Bell. cnnnpi-trns Bell. . tuberculula Bell. . B ralcarala (Gral.). id. Var. A liaemaslomoides H. Iloern. e M 6. -Serie. . . . bica ri naia Bell. slazzaiicnsis Bell nniplicata Bell. 7. Serie prodticta Bell. . id. Var. A «rf. Var. B :>.6. apetììtinicn Bell. 2'j. rloiiyala Bell. . aS. ineijaslniìia Bell. 8 Srrie 29. elecla Bell. (1). 9. .Serie 30. varicosa Bell. . 6. 7- 8. 9- IO I I 1 2 i3 •4 i5 i6 17 18 '9 20. 21. 22. 23. 24. 2.5 uing * ■X- PtBTe III Pagina 390 391 391 391 392 392 392 393 393 393 394 39i 394 395 395 396 396 397 397 398 398 398 399 399 399 400 400 400 401 401 402 402 402 403 403 403 403 403 40 4 40 i 404 404 403 4o;ì J) Questa specie non ha numero progressivo perchè già inscritta nel Genere Murex. DESCRITTI DA L. BELLARDI 45» NOME Sa Paste III Pagina 933. 939. 940. 941. 942. 943. 944. 945. 946. 947. 948. 949. 950. 951. 952. 953. 954. 955. 2. Genere JOPA.S H. et A. Ad. . . pygmaea IJell 3. Genere mOiXOCEros Lamck. monacanthos (Brocch.) de/iressus Broiin canrellalus Bell lingua-bovis (Basi.) 5. Genere CBMA Humphr laxecarimiln (Miclitli.) Sotlo-famiglia P u r purellina e Beliardi 1. Genere pvrpcreIìIìA Bell canaliculnla Bell 2. Genere TA11RA§IìIl Beli. subfusiformis (I)Orb,) 2. id. id. coronala id. Var. A. Var. B. Bell. Var. A. . . 3. nodosa Boll VII Famifjlia CORAIIIOPUILIDAE Clienu 1. Genere COR.%Mì10PHII.a H. 1. Serie I. granifera Miclilli). id. Var. A. id. Var. B brevìspira Bell angusta Bell costala Bell varicosa Bell 2. Serie 6. fusiformis Beli. . . . id. Var. A. . . , regularis Rell recurvicanda Bell. . . turrita Bell umbiUcala Bell abnormis (MicliUi.). . crassirostala Bell. . . lonya Bell 14. Renieri (MicliUi.) (1). i5. irregularis Bell 16. compia Bell 2. 3. 4- 5. 7- 8. 9- lU. 1 1. 1 2. i3. et A. Ad. •X- -5f ■X- 405 403 406 406 406 407 407 407 408 408 409 409 409 410 410 411 411 il I ili 411 412 412 412 412 412 412 413 413 413 414 414 414 414 414 415 413 415 416 416 416 417 417 417 (1 ) Questa specie e le due seguenti non hanno numero progressivo perchè già inscritte nel Gen. Murex. 4G0 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZURII DEL PIEMONTE ECC. 956. 937, 963. 964. 965. 966. KOME 2. Genere I.ATIAX1S Swains — inermis Bell Vili. Famipiia OLIMDXE Chenu I. Solto-famiglia Olivinae Bellardi ... I. 1. Genere pobphi:bia Bolten A. I . maryinaia Bell B. o. scaloris Bell. curia Bell. . 7- in/ìata Bell pichulùia fBiongii.). cyliìulracea (Bors.). id. Var. A. . id. Var. B. . id. Var. C. . Dvfresnei (Basi.). 9- IO. id. Var. A id. Var. B id. Var. C mnltlmla Bell id. Var. A id. Var. B loìigispira Bell fusifonnis Bell II. 2. Genere OIìIVEL1j.4 Swains. I. Serie A. migtistn Bell. . a/finis Bell longispirn Bell id. Var. A B. crifisirufiom Boll Iiimida Bell ohiiijìtala Bell vnilrvsa Bell id. Var. A rosacea (Bon.) brevis Bell .. 5. Pabtk ni ' 1 Sa Pagina ■5f •X- ■X- I 417 417 418 420 420 420 420 420 421 421 421 42 1 421 422 422 422 423 423 423 423 423 424 424 423 425 425 423 425 . 426 426 426 426 426 426 427 427 427 4 ■-'7 427 428 428 428 42 S 429 DESCRITTI DA L. BELLAEDI 461 JSrOME Sa Pabte III Pagina Seffue Genere OMVEliLA Swains. 976. IO. slriclu Boll 977. ' II. clavula (Lanick.) ■ id. Var. A ili Var. B id. Var. C 978. I 2. major Bell id. Var. A 3. Genere AKAROXIA Gray 979. I. pticaria (Lamck.) 2. Sollo-famiglia Ancillinae H. et A. Adams 1 . Genere Al%Cll.IiARIl\A Bell 980. I. suluralis (Boii.j id. Var. A. ... - id. Var. B id. Var. C 981 . 2. apenninica Bell 2. Genere ai^iciEìMNA Bell 982. I. pusilla (Fuciisj 3. Genere AAiCiLliARiA Lamck I. Seziono 983. I. sismondana D'Oib id. Var. A id. Var. B id. Var. C. . . . : id. Var D II. Sezione 1. Serie 984. 2. obsoleta Broccli id. Var. A 985. 3. Sowerbyi Mieliti! 98.6. 4. liguslica liell 2. Serie 987. 5. palula' Doiicrl 988. 6. anomala (Schl.) id. Vai'. A 989. 7. (jlandiformis Lanick id. Var. A id. Var. B id. Var. C id. Var. D id. Var. E irf. Var. F id. Var. G * ¥r 429 429 430 430 430 431 431 432 432 43-2 433 433 434 434 434 435 436 436 436 437 437 437 437 437 437 438 438 438 439 439 440 440 440 440 441 441 442 442 442 443 4 43 444 444 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII ECC. DESCRITTI DA L. BELLABDI 463 INDICE ALFABETICO AGARONIA PAG. 419.432.445 plicarìa » 432 Ancilla " 437 infialo ■ 441 obsoleta » 438 ANCILLARIA 418. 419. 432. 436. 445 anomala 440. 441 austriaca >■ 438 hisulcala < 439 buccinoides 439. 442 canalifera 433. 434. 435 coniformis » 443 conoidea » 441 conus » 443 elongata 437. 442. 443 glaiidiformis. . , .^. . 441 . 44?. 443. 444 gìandina » 438 inflnkt 441.443 intermedia » 441 ligustica » 440 obsoleta 438.439.440 obsoleta > 436 olivula 437.438 parva 436 patula 440 pusilla 436 Sismotulai » 437 sismondana « 437 Sowerbyi » 439 suhcanalifera 434. 435. 440 subglandi fonnis 441 sitbinfìata » 441 subutata ^ 437 suturolis I) 434 Ancillaria I. 438 ANCILLARINA 419. 432. 433. 445 ^ apenninica » 435 suturaiis 433.435 ANCILLINA 419. 432. 436 pusilla .. 436 Ancillinae pag. 419. 432 Anolax in/fata » 441 obsoleta » 438 Annoplax xnflata "441 Arwplax infiala > 441 B Buecinanops eòurnoides i> 227 spiratum > 227 Buccinidae ) 219 Buccinum Auingeri > 306 ancillariaeforme , » 378 anciìlariaeformis » 379 angulalum « 321 angystoma » 305 openniniciim u 357 aquilanicum > 254 Ascanias » 316 asperatum » 332 asperulum 316.317.318.319 attstinum 355 atlanticum 373 baccatum 280. 380. 381 . 385 badense < 348 Basleroti 253 Bonella > 237 Brocchii 299. 300 brugadinwn 387 bufo 255 ratlosum > 244 can'-ellatum 283. 292 Carcassoni i. 304 Coronis 226. 227. 228 cerilkeforme » 281 cimes 1. 332 clnthratum 292 clavatulum ■ 281 coarctatum ."...'.... n 244 coccinella » 3l6 coloralum » 263 eongìohatum » 299 464 1 MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARII DEL PIEMONTE ECC. Buecinum ronum pag. 302 conus » 302 comiculum ■> 361 corrugalum 262. 321 rosluluium 356. 357 cunennum » 247 Deshmjm 380. 381 Desnoijersi 375. 376 Dujardini 21'i.255 duplicatum 380. 386 elegans » 289 emilianum » 293 exiyiium >> 349 familiare » 270 jlexunsmn 221 . 222. 275 galìiciiliim ■> 381 gibbosulum 248. 249. 251 gibhum. 239. 240. 24 1 . 244 gigantiilum » 358 glabr'ihtm » 372 granipTiim » 316 granulare 319. 331 gran'tiatum 316. 320 GralHnupi « 301 grumknsc >i 379 Giiidicrinii 313 Uauni » 385 Hoemesi 355. 359. 360 hungarirum » 296 incrnswlum » 318 ,intcrcisiim » 275 inlcrdenlulum « 284 inlerruplum » 244 ilolinitn » 356 labelliim .. 312 lahinmm « 358 Lacepedi i> 316 ìnmpas •■ 299 timalum 287. 288 lyralum » 375 mocrodon » 306 morula u 316 miocenieum 378. 379. 388 monarnnthos » 406 multistriatum 327 musimim 265. 266 muiabile 237. 240. 241 . 344 niVff" 311 neriteum 388. 389 nerUoiiits .. 389 Xeionai/ri » 387 ohìiquiiUim 239. 240 ohiiqiium 377. 388 oblongum ■. 37 1 orditum » 223 Pareloi » 286 Pouli „ 346 polilum 237 polijgonum 223. 224. 225 pri/smtillnrum 287. 288. 290 pteudocUilhruium .. 235 Buecinum pupa p.\g. 300. 302 pusillum » 327 qutidriseriaìe " 330 reiiruìalunx 253. 263 reeonditum » 305 rhingens » 340 • novasendae > 314 scalare u 294 Srliiinni » 387 semicoslatum » 356 semistriatum . 348. 354. 359. 360. 361 362. 367 seclicosta » 332 senile i. 253 scrratìcosta ■> 327 serralum » 283 subpoli/gi,num « 224 subprysmothicnm » 290 subquadrangulare ■ 343 taurinense • 341 laselUttnm > 270 Iransilans « 367 tuberiferum » 257 liirhinellum 327. 338 turbinellus » 338 lurriculum » 330 lurrilum 302. 303. 3u4 tumhium 255. 388 variabile » 263 Venens .. 274 x'cnlrico!:um » 235 \errucoswn 330. 331 . 332 Zborsewski < 388 COMLNELL.V .. 219 dertonensis » 219 C0RA.LLI0P1I1L.\ .. 412 abnormis » 416 angusta > 413 compia « 417 costata i> 413 crnssicostulata » 416 fusifonnis «^U granifera » 412 irregtilaris • 417 longa « 416 recurvicaiida u 415 regularis » 414 Kenieri » 417 turrita » 415 umhilicata » 415 varico.sa » 414 Coralliophilidae » 412 CUMA .. 408 laxecarinata > 408 Cyclonassa neritea 389 CYCLOPS « 388 asterisans u 388 gibbosulum .. 249 DESCEITTI DA L CYCLOPS neriteiim pag. 388.389 neriteus .. 388 neritoMea 388. 389 Cyclopsidae ., 388 fiYLLENE 375. 377. 379 Desnoyersi a 375 lìjrala » 376 CYLLGMM 377. 378 ancillariaeformis >. 378 haccnta 279. 385 bicoronata 383. 384 echinata .■ . . ). 383 Haueri « 355 irregularis » 382 Neumayri )> 387 ovulata " 386 paulucciana 380. 381. 382 pleurotoinoides » 384 recens >> 382 Sismondae u 382 subumbilicata » 383 terebrina » 379 Cylleninue » 375 E EBUR.NA „ 226 apenninica .. 226 brugadina •• 228 Caronis » 226 Vnriinis. 227. 228 derivata » 227 derivata « 387 ehiirnoides 226. 227. 229 spirata .. 227 Eione gibbonda 249 250 V Fusus laxecarinalus . JOPAS . pygmaea . 408 405 405 \ LATIAXIS , 4)7 inermis u 117 MONOCEROS » 406 cancellatus » 407 depressiis 406. 407 monacanthos « .106 MUREX 416 complus )i 4)7 electus 1, 404 Sbrie II. Tom. XXXIV. . BELLARD) 465 MUREX incrossatiis pag. 31 6 irregularis » 417 lotiis „ H\ Ungua-hovis 407. 408 Renieri „ 4)7 rugosus ,. 4|i senlicosus >> 223 suhviticlimis » 408 vitulinus 1 407 ni NASSA „ 229 iicuminula 246. 254 agatensis 243 albucianensìs ,, 294 Aldovrandii u 312 altilis „ 301 Andonae „ 324 angislnma _. . . „ 306 ungijsloma „ 305 ongulata 321. 322 angusta „ 227 antiqua „ 262 apenninica >, 334 arata „ 309 areolata „ 340 Asranias 316.317 aspetta 332. 333 usperuìa 270. 316. 317. 318 osperulala „ 332 alava „ 262 atlantica 365.373 attigua 254 Auingeri 306.307 badensis 347. 348. 349. 365 baldisserìensis » 326 Basteroti 253. 255. 260 Benoisti „ 369 Beyrirhi 307.308 biarata . 336 biformis » 257 bisotensis » 285 Bivonae . » 308 bollenensis » 255 Bonellii 237.238 borelliana » 290 Borson is » 258 Bowerbanki 252. 2ó3. 254 brevis » 268 Brocchii » 299 Brugnonis 289.290 Brusinae 297. 298 Bufo 255. 379. 388 bugeilensis » 319 ccìbrierensìs ., 365 cdcellcnsis 234 Calcarae 278 Cantraini .) 294 Catulli 325.326 cavata ;. 329 466 NASSA I MOLLl'SCHl DEI TERRENI TEKZIARII \)EÌ. PIEMONTE ECC. Cepporum rA(i.273 Chiereghinii » 37U cincia 272 clalhrata 39l.392.2il3 rlalhrala > 294 clathiirella • 3'i5 clavatiila 281 coarmta 2i3. 241. 245. 387 (^.uC'Onii " 295 cognatella » 335 l'.ollegni " 351 concinna » 269 confuiidentla " 267 coiiRloliata 240. 299. 300. 301 ronijliihatissima 234. 242 connectens " 351 coiisimilis " 234 consobrina >■ 267 (".oppii ' 259 cornieuUi " 255 rornU'ulum 266 361 . 362 371 coiTiigata " 262 costulala. . 261 . 334. 338. 356. 357. 358 crassilabris » 239 crassiuscuia > 246 craticulata " 285 crebresulcata » 266 crebricostulata " 372 crispa " 344 cuneaui » 297 curvicostata » 278 D'Anconae " 303 de.russata " 310 defossa " 246 De Gregorii » 370 deprompta « 307 Dt'rivue " 317 dertonensis 352. 353. 355. 365 diademata » 336 difficilis •. ... " 271 diversa » 334 divisa >' 279 dubia .. 238 Dujurdini 244. 245. 246 elabrata 372 emiliana » 293 encmislica > 261 exigua 308.349.357 exscuipta » 336 fallax 22.'".. 304 famiiiaris u 270 finitima 352.353 Fischeri >> 328 flexicosta .. 266 Fonlaiinesi 326 Forestii 303 genitrix 352.353 gif'hn 239. 240 gibbosula 249. 250. 444 gihhusula >. 248 glabnila .. 372 N.\SSA g'nhulùm PAG. 244 gijjantula 357. 358. 359. 364 grnnuliris 318. 331 granulala u 320 giadoUiunn ■ 244 Iloornesi 357.359 hungarica " 298 iinpiir Il 329 incerta » 347 xnconslans . . ..232. 234. 236. 237. 387 incrassata .... 316. 317. 318 319. 325 . inaequicostati 304 iiiaequalis 335. 336. 339 insidila Il 265 instabilis * 387 intercisa 222. 275. 276. 277. 278 interdentata >• 284 interposita 304 Isseli «272 italica. .. . 352. 353. 355. 356. .357. 36i Jani . 330 Jcffreysi 346 lahelki I. 312 labellum 312.313 Inhrlloides » 312 lacryma •■ 247 laxesnlcata " 261 laeviijata » 244 Lihassii 1 320 ligustica >i 284 timatn 287.288.290 longa 11 313 macrodon 306. 307 magnicallosa « 248 niagnicostafa i 277 Mayeri » 255 mediterranea 240 megastoma ■• 367 Melii 1 260 mklielottiana " 293 ìiindestu. . 11 287 Mortilleti 323 mutabilis .232 multìhilis 233. 234. 236. 237. 238. 239 240.241.245 riìvllislriata ■ 327 musiva 265.266 neglecta. 278. 279. 357. 358 nitens » 368 71 il Illa 264 notanda i. 307 nova Il 374 obeliscus I 282 obesa i' 310 obliquata » 239 obliquala 240. 242 oblila 369 oblouga 364.371 dlivii 357.361.366 oni issa .1 276 pachygaster 300 DESCRITTI DA L. BELLARDI 46T NASSA Fantanellii pao. Pareli » peclita peregrina » Pereirae » perpinquis i> perpiilchra . . .• " perrnra » pinnata » planicostata » plunislrin > pliorenirn 357. 358. 362. 363. porrecta » praecedens 238. proavia 295 producta 321. prorrimu " prysmathica 987 288. pri/smathira 273. psnKÌncìdlhrald " pitlchclla. " pulchra 2''i5. pupa >' pupoides w pusilla » pyrimiii'u qnadriserialis 330. rpcondita 3i)5. recticostata » Henieri reticulata 259. 261 . 262. 263. 26'i. rhinijen^ » rinqens » ringiciila > Rostlwrni 234 Ho\a.sendan » rustica siillomacensis >> scalarata » scalarìs » sciilptilis » Segiienzae » semiroslata » semicostnlata » seminigosa » semisiriata . . . 357. 359. 360. 361. 364.366. semislriala V\'\. 348. 354. 356. 357. 363.364.365.367. Seroperi » senilis serrata 283.284.285.290. serraticosta 327. 328. serrnlicosla 317. similis » simulans " sobrina » Soldaiiii solidula 357. soror 344. Sotterii. ...." 280. 368 286 349 3)5 314 235 342 298 337 320 320 364 260 245 296 328 279 289 290 235 263 246 300 301 327 320 331 307 261 273 266 3'(0 340 2.50 235 314 279 252 284 2!)4 326 322 356 298 296 362 367 358 371 312 253 326 329 329 323 335 334 251 360 345 281 NASSA .speciosa vkg. 259' strobeliana » 311 .subcaudata 333. 334. 335 subcluthruta » 294 suldnpUcala » 378 subecostata ... » 374 subesulcata » 252 sublaevigata >> 350 subovata » 268- subpoWa 237. 379 subquadrangularis 330. 343 subquadranguliiris « 344 subreticulata > 259 sulcatula >■ 307 taurinensis ■■> 341 taurinorum - 350 tersa 371.372.374 tessellata » 270 te.xtilis » 329 tomentosa » 314 tornala -. 236 tracia » 278 transitans 357. 36o. 367 tuberifera :> 257 tumida 255.322 turbinata - 269 turbinelln 338. 342 turbinollus 338.339 lurbinelliis > 34 1 turgens .. 32? turgida » 379 lurgidula " 254 turontnsis •• 316 turricula » 330 turriculala 280. 381 turrita 302.303.304 variubilis 287. 3)7 Veneris ;> 274 ventricos^ » 235 ven Irosa « 268 , verrucosa 318. 331 vindohonensìs » 264 volpedana » 319 unifusnata » 261 wolhynica 244 Woodi 277 Zborzeivski » 255 Nassa ancUlariatformis ■> 378 aquitanica » 254 baccoln ., 380 Caronis 226.227.228 Desnoijersi 375. 376 eburnoìiles 226. 228 . flexiiosn )) 221 Haueri . 385 lyrato » 375 miocenica » 378 midabilìs » 227 nerilea 388. 389 paulucciana » 380 pohj,jona 223. 224. 225. 304 468 I MOLLUSCHI DEI TERRENI TERZIARH DEL PIEMONTE ECC. Sasso spirala pag. 227 Xassinae 219 Herilula nerilea > 389 O Oliva 4)8 Vi5 Basterolma » 432 runalifera » 433 chvitla 429.430.43) cylindrarca » 422 DufresncA 422. 423. 424 Hnmmnlaln 42) . 422. 423. 424 hispiduìa 429.430 ispidula » 428 milreola 429 piehnlino >• 422 rosami , >> 428 pliraria » 432 subclavuta » 430 siiluralis.. ■ .433.434 venusta 423.424 Olividae 4)8. 4)9 Otivinae 4)8. 420 • OLIVELLA 4)9. 426 afliiiis " 426 angusta « 426 brevis « 429 clavula » 429 crassirugosa » 427 longispira » 427 major )■ 43) oliliquata » 428 rosacea « 428 strida •• 429 tumida 427.428 ventrosa » 428 PHOS .. 220 cithareila 22). 222 connectens 22). 223 flexuosus > 221 Hoernesi > 224 intercisitm » 275 orditus. . 221.222.223 poliigiimim » 223 polysoiius 221. 222. 223.224 ruidus .1 220 Plmaxis (Hscrepans 362 mamillata » 263 relinilola 263 PORPIIYRIA 4)9. 420. 445 cyìindracea » 422 curia I 421 Dufresnei 422.423 fu.siformis » 425 infiala 421.424 longispira « 425 maltliata . 425 marginata » 420 PORPIIYRIA picholina pag. 422 scalaris 421 Pseudoliva brugadinn 227. 228 Coronis „ 228 Pseudoslriimhus paulucrianiis » 380 PIRPURA 390 ,. apenninica i. 403 arata 393.394.395 bicariiiata .. 402 biplicata 395 calcarala 400. 40) clothrato 397. 400 connectens 399 Cyclopum >> 395 delloidea » 401 echinaln 399 elata 401.405 electa i- 404 elongata » 404 erosa » 396 exì7is 391.394.397 Gastaldii 39lJ haemasUima 392. 394. 396. 403 haemostomoides > 401 incunslans ■• 400 inaequicostata • 395 inaequisulcata >■ 392 intermedia 397. 398 /incoiata . . . . inarmomta. . megastoma . parvula . . . . Pira pillata. . . . . . praecedens . .39' 405 .398 404 394 ^lOI 400 393 producta 403.404 rarisuicata • 396 reflex:! .. 391 retusa " 398 ricinuloides » 399 Sismondae 397. 398 stazzanensis » 402 striolata 392. 393. 394. 396 striolata 393. 394 subfusiformis "410 subumbilicata >■ 391 transitoria » 393 tessellata 397. 398 tuberrulala 399 umbilicata 391 uniplicaia .1 402 varicosa ■■ 405 Purpura fusifuruiis 410 lata 411 lingtin-lhivis » 408 ruiioso f 4)0 PURPURELLA.' 409 canaliculala •■ 409 Purpureltinae •• 409 Purpurinae 390 Pwpuridoe •■ 390 DESCRITTI Pyrula oranifera pag. 412 papiracea 413 pseudo-popyracea >• 413 squamulata 412 R Ricinula calcarata » 400 T TAURASIA > 410 coronata 411 nodosa » 411 subfusiformis 409. 410. 41 1 Tritonium incrassalum » 316 DA L. BELLARDI 469 V Utriculma 421 . 424 V VITULARI.\ » 407 lingua-bovis 407 Voluta cHhureììa 221 222 hispidula 429. 430 obsolelii .. 438 Volulites anomalus » 441 CORREZIONI PRINCIPALI N'assa inconstans Nassa l^sTABlLla Nassa MACNiCALLOSA Bell Nassa macmcallosà Bill., Tav. Il, liR. 7 (a, *). 27 Vive nel Mediterraneo. Nassa tccmmATA Nassa attigoà Nassa Bobsom Nasisa lioiisoiiis 13 Vive nel Meililerraneoo nell'Adriatico Nassa tomeks Nassa tibcebs Nassa seqijekzab Nassa SECusntAF. Miocene Pliocene tav. XI tav. IX fig. 13 lig. 9. . . .' COI.LEGNI (^OLI.BCSI CBIEBIGHniI CniEnEGBIISII fig. 8 lig. 5. 10 Dicembre 1882. Z' SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA TAVOLA I COLLEZIONE FIGURA io cui è cuuaervato l'esemplare figurato Ila deiionensis Bell Huseo di Geologia. ruidits Bull Michelotii riiliarella (Brongn.) var. A Museo di (ìeologia. ordilus BoN Id. polyponus iBrocch.) Id. conneclens Bell Id. cilharella (Brongn.) var. C Id. id. id Id. apenniiiica Beli Id. Caionis (Brongn.) id. instahilii Bell. (1) Id. ìiPìilricosa (CiRAT.) Id. roiisimili'i Beli Rovasenda. tornata Doderl Museo di Geologia. fìimellii (E. SisMD.) Id. dnhia Bki.l Michelotli. praecedens Bell Museo di Geologia. cras^ilabris Bell Rovasenda. ubli(iitata Brocch Museo di Geologia. mutabilis (LiN.v.) var. A Id. »V/. id. var. D Id. agatensis Bell Id. coarctata Eicw Id. pulciira D' Anc. . . . ^ Id. ;1) Vedi correzióni. ClccoO.fR^:' Jc(L Sc.:}.%^^^... ePcv>.c 01 &.5\.>.e':mat.cV.x;c J2'^Um,.. XXXIV TAV. I Torino, tit r^ Soyen. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA II Serie II.. Tom. XXXIV. TAVOLA II COLLEZIONE in cui è coDsiT^ato l'esemplare figurato \ Nassa cmssiuscula Bell Museo di Geoloijia. (Icfossu Bell Michelolli. lairijiìia Bell Museo di Geologia. riiiiiiciiln Bell Id. Solilaìiii Bell Museo Civico di Milano. (jUibosula (LiNN.) \ar. C Museo di Geologia. magiiiculliisa Bell Id. ijibbosulu (LiNN.) var. A Id. subpsulcala Bell Id. Bowerbaìiki MicuTTi Rowsenda. ìurqidula Bell Huseo di Geologia. allìijun PiELL. (1 ) Michelolli. Iiiiiiida Eic.w Museo di Geologia. id. id. var. B Id. id. id. var. C Id. Mayeri Bkli Id. tuberifcra (May.) Id. bifurmis Bell Id. ' lior.'^oiiis Bell Id. Coppii Bell Rovasenda. sidiiidiniliiln Bell Id. speciosa Bull Id. piirrecla Bell ' Museo di Geologia. Mcìii Beli Id. ;l) Vedi correzioni. la ga aa ^1 4a sa ea ^^ *^ #^ $\ * TAV, IL 8» ■>»*• ib 2b 3b Sl> fil 7fc ?.V I I !na 1ia 01 IFÌ'i •) •) tll= lab 141- ì Ifib Ibi F fSa 18« fi fi 9,na 913 99* 9.3 i ^ e 94 3 0Ì I9b 17 b' ts»- to^ yib 99. b ..■l 24.b C Righini dis, e Lit. Torino, LitFJ? Doyen SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA III TAVOLA III COLLEZIONE FIGURA '~ ili cui e conservalo • l'esemplare figurato \ Nassa laxi'SKicaIn Bell Museo di Geoloijia. icclicostata Bell Id. alava Bell. Id. (•orrnijata Brocch Id. antiqua Bell Id. rclìculala (Linn.) var. A Id id. id Id. musiva Biiocca Id. (lexicostata Bell Id. crebresiilcata Beli Id. coiifiiitdnida Bell Id. consubiina Bell Id. ventrosa Bell id. siiliovala Bell Id. brevis Bell Id. turbinata Bell Ilo\aseiida. concinna Bell id. lcss(dlaia (BoN.l Museo di Geologia. familiaris (May.) Id. dilficilis Bell ' id. cincia Bkli Rovasenda. Isseli Bell Museo di Geologia. Cepporum Beli Id. Rciiii'i-i Beli Rovasenda. TAV_ m 13 ffl 4» % 1 ®^ ea 78 #\ #à ri ;i-\ 88 1i> ab «'> S'o ev- i IO? #1 14» #1^ i 15» 16a lOt P'^'w llb l?> ISk f ^ 14b 15b 9 9 20' oja 9?8 233 f O^ 1 i 17l> let ist 90" 22 ^i 9.3 b 9.4 k himdiseUt. Torino. LjtT^ Doveri I SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA IV TAVOLA IV figcra COLLEZIONE in cui è conservato l'eiFiiiplare figuralo I 2 3 4 5 6 7 8 9 IO ti 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 Nassa Veneris IFaij.) Museo .li Geologia. Id. ili. id. var. A U. Id. id. id. var B lo. Id. inlercisa ((Iene) Id. Id. id. iJ. var. B Id. Id id. id. var. D Id. Id. id. id. var. E Id. /,/. id. id. var. F Id. ■ Id. angusta Bell Id. Id. mnfjnicoslata Beli Id. Id. ìVoodi Bell id. Id. ciirvicostata Bell Id. Id. Calcarne Bell Id. /(/. tracia Bell *. Rovasemla. Id. rustica Bell Museo di Geologia. /(/. Snllcrii Bell •. Rovasenda. Id. serrata Brocco Museo di Geologia. /(/. inlordmtata (BoN.) II. Id. litjustica Bell Id. Id. scalarata Bell Id. Id. bisotensis Depont Id. /(/. id. id. var. A •. . . Scuola d'Applicazione. Id. - craticulata Foresi Museo di Geologia. Id. Pareli ^May.] Id. TAV. IV. Tarino. Lill'y» D oyen SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA V TAVOLA V collezioni: FIGURA *** *^"* ^ conservato reseiiiplare figurato 1 Nassa prysmalliica Brocch Museo di Geologia. 2 /(/. Brufinmis Bell Ili. :] hi. borelliana Bell • . • M. 4 /(/. clatlirala (Born) l'I. 5 Id. ili. id. var. A Id. 6 II. emiliana ìMay.) var. A Id. 7 /(/. Caiitiaiiii Bell Id. 8 Id. scalaris BoRS Id 9 Id. Cncionii Bkll. .' Id. IO Id. proavia. Bell Id. < I Id. saniriigosa Bell Id. i2 Id. ulbucianeiisis Bell id. i :5 . . . ; Id. Brnsinan Hell Rovasenda. 14 Id. lidi rara Bell Id. 15 Id. .semicnslulala Bell Id. 16 /(/. allitis Bell Hichelotli. 17 Id. ronglobiita Buoccn Museo di teologia. 18 /(/. puiioidps Beli Id. 19 Id. lurrila BoRS. Id. 20 Id. D'Ancoiiah Bell Id. 21 li. Foresta Bell Id. 22 Id. inlerposHa Bell Id. 23 /'/. inae 18V aa 3b M» u? 19» IS^ 121 13*' ì ^ ^ ^ ^ 14-!' Isa ISV f £23 16a Sia 24 > Topino, Litr?" Doyen SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA VI Serie 11. Tom. XXXIV. TAVOLA VI FIGURA COLLEZIONE ìu cui è conservato l'esemplare figuralo ( -. . . IS'assa rerondila (May.) Museu di Geologia. 2 /(/. macriHÌon (Bronnj U. 3 M. AuiìKjeri (M. HoeRN.) Raviisenda. 4 Id. nolanda Bell Id. o Id. sulcaiula Bell Id. % Id. Bironae Bell Huseo di Geologia. 7 /(/. inala Bell Id. 8 Id. obesa Bell Rovasenda. 9 Id. conimela Bell Ilnseo di Geologia. 4 Id. slrobeliaiia Cocf, Id. 11 Id. labcllitm (RoN.) Id. 12 /(/. Aldovrandii Bell Id. \:ì Id. Semperi Bell Id. 14 Id. longa Beli Id. 15 /(/. Pereirae BiiLL Rovasenda. 16 Id. loiiicidosa Doderi Id. 17 Id. iierciirina Bell Michelolii. 18 /'/. incrassata (Mull.) Museo di Geologia. 1 y Id. rolpedaiia BeLL H. ìOi Id. buiii'lleiisis Bell Id. 51 Id. lìlanicosUila Bell Id. <ìì Id. aìKjulala Bhocch Id. 23 Id. /ucr/en.s Bell. ( I ) Id. 2i /(/. S'-!ì>umzae Bell Id. (I) Vedi correzioni. la ^ 178 17b ì 18 = lOa v> l8a J I8b ti aa 3t 19? 19 b 43 « 4? ^ l«a 12»» ao< sol» 21? 21 •> ^M 63 61 ? 1*3 ttk «sa ¥1 sa!» la ^^ 21? 22= ì3 l» ii« W 79 7l> isa 15k 23 a 23b TAV VI sa " Sb 163 I6t Ma 24k 24^ u Torino. Lit Tii-Boyen SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA VII TAVOLA VII COLLEZIONE FK''URA in cui <^ conservalo Teseniplare figurato \ Nassa similis Bell Rovaseoda. Murtiìleti Bell Id. proihicta Bell Museo di Geologia. Andoiiafi Bkll \'\. Calulli Beli ' Id. id. id. var. A RovaseDda. baldi sserimsis Bell Id. Foiilaunc-ii Bell Museo di Geoloijia. sculiìlilis Bell Rovasenda. scrruìa Bell Id. serralicosla (Bronn) Museo di Geolo(]ia. Fisclieri Bell Ro>asenda. teililis Bell. Museo di Geologia. impar Bell Rovaseiida. cavala Bill Museo di Geologia. qmdriserialis (BoN.) Id. verrucosa Brocch Id. id. id. var. A Id. asprrala Cocc Id. subcnudala Bell Bicheloiti. diversa Bei.l Museo di jjeologia. sohìiììd Bell Id. cof)nal('lla Bell Rovascnda. simiilans Beli Id. TAV. VII. Il aa il e»» ^b 8a m &h gc li m V 5^ a« M 8c Si lOa i 101= 11' 12b 13? 14* Ufc 10P w 15> ISt 20? 21 b 228. 82b 23 i 23^ 24 a E4«> 19 9 20' 21« 88 V 23' H il 2^c Torino. Lit.F'.'ìDoyfln SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Vili TAVOLA Vili COLLEZIONE FIGURA iD cui K couservato l'esemplare figurato- 1 Nassa inaf(iiialis Bell Rovascnda. ì Id. exsciilpla Bell Id. 3 /(/. diadniuita Bell Iil. i Id. biarala Bell M. 5 Id. turbinellìis (Brocch.) Museo di Geologia. 6 . . Jd. rìiifieiis (BoN.) Id. 7 /(/. id id. var. A Michelotti. 8 /(/. nreulala Bell Museo di Geologia. 9 Id. pprjmlrhra Bell Id. 10 Id. siilHjuadiaiignlaris VIichtti Id. Il Id. cognata Bkll Micbelolli. 12... Id. soror Bell Id. 13 Id. crispa Bell Id. li /(/. dnlhtin-lla Bell Ro^asenda. 15 /'/. Jeffieijsi Bell Il 16 Id. iiirertn Beli Museo di Geologia. 17 Id. haili'ìisix (Pautsch.) Id. 18 Id. c.rif/ua (Brocch.) id. 19 Id. pectila Bell M. 20 Id. suhlaeviciata Bell Id. 21 Id. taurinorum Bell Id. 22 Id. id. id. var. A Id. 23 Id. Colìeqni Bell id. 24 Id. connpcten> ti 7» 4i 84 et liU 2 ? i9 6t B :ai m 6^ ga i 3b / : ; 10 « 1(1 1> !^;i^ Vv «» ^1 16» Ib^ 16V mi 10 » ■m ne 12? ' V'ir \\ 13 = 14 <: m OAI 15 t 16<: nfc / 18» i IB"" 20- P. 21« ?0? S5« 23» 24» ^ 22' i I 28» 94> "t C Rijhini di3 e Li» Torino. Lit F^l'Doyen SPIEGAZIONK DELLA TAVOLA IX TAVOLA IX COLLEZIONE HGL'RA in cui è conservato reseiiipldie figurato I Nassa genitrix Bell Hichelulti. "2 Id. finitima Bki.l M. 3 /(/. (ìi'rloneuMs Bell Museo di (i 4 U. id. id. var. B Id. 5 li. id. id. var. E Id. 6 Id. ilalira May.) Id. 7 /(/. ni'ijlrria Bell Id. 8 /(/. ■ piiinala Bell Id. 9 /(/. .tdiidulti Bell Id. 10 Id. Hoiruesi (May.) Id. n /(/. ijigantida (Bon.) Id. 4 2 /-/. id. id. var. A IJ. 13 /'/. id. id. var. B ; Id. 14 M. semistriala (Brocch ) Id. 15 Id. Iraiisilaiis Beli Id. 16 Id. 0//VÌ Bell Id. 17 Id. mefiasloma Bell Id. 18 /(/. id. id. var. A . Id. 19 /(/. id. id. var. B Id. 20 Id. id. id. var. C Id. 21 Id. Paulanellii Bell Id. 22 /(/. niteiis Bell Id. 83 Id. oblila Bell Id. Si /'/ Bfiioisli Bell Id. TAV. IX. 1 H 3» i 4a S» 63 1^;:%. 41. 94 lOa r 11» ^4 121 13» !4» ^ ) 15 V 16» jn 1- ufc 1»--! IS" |4b 15' ■I 16 t ^1 18" fi 20* #t il 21 a I) 22» 23» 24» 0} » ITt 18!" 20" 21 « 28 > ri S'il" ■'^ Tonno l.itFP'Doyen SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA X Serie 11. Tom. XXXIV. '' p TAVOLA X COLLEZIONE FIGURA '" ^^^ •* «■•otiservato ; l'esemplare figurato. j Nassa tersa Bell Museo di Geologia. 2 Id. crebrirasUdata Bell Id. 3 Id. elalirala Doderl Id. 4 Id. allanticn (Mav.) Id. 5 Id. siibecoslnla Bell Rovaseuda. 6 Id. nova Bell Id. 7 Id. Chiercghinii Beli Museo di Geologia. 8 Id. Di' Gregorii Bell Rovasenda. 9 Id. oblunga, (Sass.) Museo di Geologia. 10 /(/. Cìjlìene Desnoyersi (Bast.) var. C Id. \\ /(/. id. id. var. A Id. 1 "2 Cijlleiiiim pleurnlomoides Bell Id. 13 Id. terebrina Bell. var. B. Id. 14 Id. bicoronala Bell Michelolli. 15 1(1. sidnmbiUcala Bell Museo di Geologia. 1 (j /(/. irregularis Bell Id. 17 Id. ancdlariaeformis (Grat.) Id. 18 Id. terebrina Bell Id. 19 Id. pauiucclana (D'Anc.) Id. 20 Id. Sismoìuìue Bell Id. 21 Id. recens Bell Id. 22 Id. Ilaucri (Michtti.) var. B U. 23 Id. id. id. var. A. Id. 24 Id. ovìdata Bell Id. 25 Nassa neglecta Beli Id. 26 Id. divisa Beli Rovasenda. 27 /(/. turricnhila Bell Id. TAV. X Torino Lit. ril" Do yen SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XI TAVOLA XI COLLEZIONE FIGURA io cai è conservalo l'esempUre figuralo 1 Purimra Gaslaldii Beli R. Scuola d'Applicazione. 2 Id. subumbilicala Bell Hcseo di Geologia. 3 Id. umhilicata Bell Michelolli. 4 Id. inaeqiiiconlala Bell Museo di Geoloijia. 5 Id. rcjlexa Bell M. 6 Id. inaequisiilcala Bell Id. 7 Id. sh-iolala Bronn Id. 8 Id. Iriiìisiloria Bell ìlicheiotli. 9 Id. praeccilens Bbll Museo di Geologia. 10 Id. arala Bell Id. M Id. parvìtla Bell Id. 12 Id. erosa Bell Id. 13 Id. rarisulcala Bell Id. 1 4 Id. bii>licala Beli Id. Io Id. Sismondae Doderl Michelolii. 16 Id. relusa Micmtti Id. 17 Id. riciiuiloides Bell Id. 18 Id. connectens Bell Museo di Geologia. 19 /(/. lubcrculaia Bell Id. 20 Id. calcarala {Gn\r.) : Id. 21 Id. hacmaslomoidt'.f B. Hoebn. u. M. Aling Id. 22 Id. birariimta Bki.l Id. 23 /(/. slazzavcnsis Bell Michelotli. 24 Id. unijiìicata Bell Id. 25 Id. producta Bell lluseo di Geologi». ■ 26 Id. alienili iiica Bell IJichelolli. 27 Id. eldiitialii Beli ; Id. 28 Id. megasloma Bell Museo di Geologia. 29 'a, b] . . . . Id. varirona Beli Michelotli. 30 J(>pa<ì pijiimnea IJeli Ilovasenda. 31 Taitrasfa mibfu.tiformis (D'Ord.) Michelotli. 32 /(/. coronala Beli Roiasenda. 33 Id. id. id. var. A Id. 34 Id. nodosa Beli Museo di Geologia. 35 Purpìirplla raìialintlala Beli Michelotli. TAV. XI. ^ RigKnM dis e Lu Tonno,!. il FCCoyen. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XII TAVOLA XII COLLEZIONE _ P„P, in CUI è coDservato "*'""* l'esciiiplare Cguralo H Moiiocoro^ mviiucanllios (BROncH.I Museo ili Geologia. 2 Id. (Ii'pies 29 OUiella major Bell l'I Id. clavnla (Basi.) U- /(/. ventro.fa Bell l'I- /(/. rnxacea (BoN.) W- /(/. Miijuala Bell l'I- ...... Id. hrcvis Beli •<'• . Id. tumida Bkli l'I- 31; Id. cra-'s^iruf/o'^a Beli l'I. 37 Id. Umijifijàra Bell I""- 3S .\ncilìarina mlaraìis (BoN.) '."• ;j9 Id. aiiimnimra Bell Hithtlolli. \0 Ani'iUaria aiimiìa'a (SciiL ) ''' 41 /,/. ijlatidijormi:i Lamck Museo di Geologia. 42' /,/. ili. id. var. K l'I. 43 Id. pallila DiiDKRi • ■ • l'I' 44 Id. obsoli'la (Buoccii.) 1''- 45 Id. sismoiidaiia D'Obr. var. C Il- 4(i ..'.'.'..... Id. id. id jl 47 Aiicillina inmila (FnCHs) l'I- TAV. zìi 12 6 7 ^ r ^ 10 13 l'r 15 16 4 17 18 ^ I 19 26 27 88 35 36 37 4.7 fi 45 45 Topino, Lit fy^ Doven SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE. MEMORIE SELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO SERIE II. - TOM. XXXIV. SCIENZE MORALI . STORICHE E FILOLOGICHE. TORINO E R. INAISI NO LOESGHER Libraio delia R. Accademia delle Scienze MOCCCLXXXI ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI ALESSANDRO BAIN PEB GIUSEPPE ALLIEVO Letta nell'adunanza del 13 Giu/no 1880 Alessandro Bain appartiene alla schiera di que' pensatori inglesi contemporanei, che illustrano con operosità di pensiero e novità di vedute gli studi psicologici e pedagogici. Nacque nel 1818 in Aberdeen, città della Scozia, dove compiuti i suoi studi superiori rimase dal 1841 al 1847 da prima professore supplente di filosofia morale e di logica, poi libero insegnante di scienze fisiche. Nel 1855 faceva di pubblica ragione la sua opera J sensi e l'intelligenza, alla quale tenne dietro nel 1859 l'altra sua, che porta per titolo Le emozioni e la volontà. Per questi due importanti lavori l'autore levò subita e gran fama di se nel mondo filosofico, e venne tosto chiamato a professare filosofia nell'Università di Londra, poi in quelle di Oxford e di Aberdeen. Le due opere citate accennavano ad una terza, come a loro compimento nello sviluppo della sua mente, voglio dire a quella da lui pubblicata col titolo Lo spirito pcI il cor^ìo: in quelle lo spirito umano viene con- templato nella naturale struttura delle sue potenze, in questa nelle attinenze sue collor- ganismo corporeo. 11 Bain applicava alla pedagogia le sue dottrine psicologiche -pubblicando La scienza dell'educazione, in quella guisa, che l'illustre suo connazionale Herbert Spencer svolgeva dalla sua filosofia positivistica il suo volume Educazione intellettuale, morale e fisica. Son queste le opere di maggior momento, che finora venne dettando il Bain: abbiamo di lui altre opere di minor mole, qual sarebbe uno studio sul Carattere, ed alcuni trattati scritti in servigio de' suoi discepoli, cioè una Prima grammatica in- glese, un Trattato di rettorica e di composizione, un Compendio di filosofia mentale e morale, un Trattato di logica induttiva e deduttiva. ESPOSIZIONE CRITICA BELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIK Indole della psicologia di Alessandro Bain. Lo spirito, che informa le dottrine psicologiche del Bain quali stanno esposte nelle tre prime sue opere superiormente indicate, è quello stesso della scuola scozzese del secolo Bcorso fondata da Tommaso Reid ed illustrata da Dugald-Stewart. ampliato dal moderno principio positivistico dell'associazione psicologica. La psicologia vien? ristretta, siccome ad unico e supremo suo oggetto, allo studio dei fenomeni interiori ed alla determinaziono delle loro leggi, astrazion fatta da ogni disquisizione metafisica intorno l'intima natura dello spirito umano ed alla sua suprema destinazione. Giusta il sentire di questa scuola, i nostri concetti di spirito e di materia sono meramente relativi, ciò è dire riguardano i fenomeni, con cui l'uno e l'altra si manifestano (1). ma la loro intima essenza ci è avvolta in impenetrabil mistero. Però il Bain non rimase contento di meditare lo spirito umano quale si manifesta ne' suoi fenomeni mentali e nelle sue leggi, ma adempiendo una lacuna rimasta nella scuola scozzese, si pose a ricercare le attinenze, che collegano lo spirito ed il corpo nell'umano soggetto. Concetto e funzioni supreme dello spirito. Lo spirito viene ordinariamente concepito quale l'opposto della materia; e siccome questa possiede come suo distintivo carattere l'estensione, così quello vuol essere definito per tutto ciò che è sprovveduto di estensioni', essendoché spirito e materia son due termini opposti (avverte l'autore) che si definiscono l'uno per l'altro, tantoché conoscere l'uno di essi riesce ad un conoscerli tutti e due. Il Bain non si sta pago di questo concetto nega- tivo, il quale non contiene di certo la scienza psicologica. Per ottenere una nozione positiva non basta sostituire al concetto di spirito quello di soggetto o mondo interiore, ed al con- cetto di materia quello di oggetto o mondo esteriore. Il nostro studio non avanzerebbe un solo passo. Lo spirito ci apparirebbe pui' sempre siccome alcuncliè di negativo, e per così dire quale un residuo che si rinviene dopoché avessimo stralciato il inondo esteriore, ossia l'oggetto dalla totalità di nostra conoscenza, senza punto determinare in che esso residuo consista. Che anzi il nostro processo rimairebbe intricato in una nuova difficoltà, poiché la conoscenza dell' ogr/rffo (non però l'oggetto stesso, ossia il mondo esteriore o materiale) fa parte integrale dello spirito stesso. Per assorgere ad un concetto positivo dello spirito, altro processo non ci si presenta se non quello di chiamare a lassegna le operazioni ed i fenomeni precipui dello spirito umano quali vengono designati nel comune linguaggio, e tutti poi abbracciarli in una formola generale, che esprima tutto intiero l'ordine de' fatti mentali, escludendone (luelli. che posseggano un carattere affatto estraneo. E noto, come non jiochi |)sicoiogi. fra cui l'Hamilton ed il t'ousin. abbiano adunati tutti i fenomeni psicologici entro a tre classi supreme, che sono i sentimenti, i pensieri (1) Vedi lo Stewart, Elementi delta filosofia dello spirilo umano, ed. francese, lt08, t. I, pagg. 3, 4, 6, 7, 10, 11, 95, 398 ; od il Reid, Saggio stille facoltà attive dell'uomo, pagg. 8, 9. ( PER GIUSEPPE ALLIEVO 5 e le volizioni. Lo stesso criticismo di Kant, tripartito in Critica della facoltà del giudizio od estetica. Critica della ragion pura. Critica della ragion pratica, risponderebbe a siffatta classificazione. Il Baio la accoglie nella sua psicologia, la quale distribuisce la vita dello spirito in sentimento, intelligenza e volontà. Per lui queste tre funzioni dello spirito sono supreme ed irreducibili. Ciascuna di queste tre classi di fenomeni possiede i suoi caratteri distintivi per guisa che il pensiero non è contenuto nel sentimento e nella volontà. come la volontà non è né il sentimento, né il pensiero. Però la loro distinzione non è iso- lamento, ma incbiude unione. Esse funzioni, per quantunque dotate ciascuna di caratteri distintivi, pure si compenetrano insieme, ed hanno fra di loro tal dipendenza, che nessuna può né sussistere, né disvolgersi senza l'altra : costituiscono una trinità nell'unità. Lo spi- rito, in sentenza dell'autore, è per appunto l'insieme di queste tre funzioni, e la sua defi- nizione positiva emerge dai novero delle sue qualità più comprensive, quali sono il sen- timento, il pensiero ed il volere. La loro interior colleganza vien resa manifesta dalla comunanza di leggi che governano la loro evoluzione, e segnatamente dalla legge di re- latività. Legge princìpio di relatività. È legge generale della nostra natura, che nessuna impressione possiam risentire . di veruna cosa possiamo acquistar coscienza senza un mutamento di stato interiore. Un'azione monotona ed uniforme, esercitata sui nostri sensi non è più né sentita, né conosciuta. La necessità del cangiamento psicologico per provocare un sentimento od un pensiero è la base della sensazione v dell'intelligenza, l'attributo più generale e fondamentale dello spi- rito, la legge della relatività. A noi non è dato sentire alcunché senza passare da una impressione ad un" altra relativa, né conoscere una nuova entità senza conoscere un' entità precedente : in ogni sentimento sonvi sempre due stati in contrasto : in ogni conoscenza due cose conosciute nel medesimo tempo. Se adunque la legge di relatività governa il sentimento, l'intelligenza e conseguentemente la volontà, (^ se in questi tre poteri si compendia, in sentenza del Bain. tutto quant' è lo spirito umano, abbiamo ragione di pronunciare, che tutto lo spirito, in ogni sua manifestazione, è relativo : ed elevando questa proposizione ad una fomiola j)iù generale, che abbracci insieme col soggetto o mondo interiore anche l'oggetto o mondo esteriore corporeo, potremmo dire : tutto è rela- tivo sia nel inondo dell'essere, sia nel mondo del sapere. È egli vero, che tutto è relativo ? Certo che sì. quando .«i'intenda con ciò di significare, che le cose tutte quante nel mondo della realtà, egualmente che tutte le idee nel mondo del pensiero sono fra di loro collegate da svariatissime ed intime relazioni, onde emerge il sintesismo dell'universo, simboleggiato nella catena omerica, che il cielo congiunge colla terra. Tutto lega, tutto si tiene nell'iinuiensità dell'essere: però le relazioni non si ridu- cono a quella sola del contrasto o della opposizione (come parrebbe dagli esempi, che viene citando il Bain). ma si specificano in diverse guise, quali sarebbero quelle, che inter- cedono tra l'effetto e la causa, tra un principio e le conseguenze, tra una forza ed i suoi fenomeni, tra una sostanza ed i suoi modi, tra la parte ed il tutto, tra l'essere e le pro- prietà sue, e va discorrendo. Che se il pronunciato Tutto è relativo s'intenda significare che niente evvi di assoluto, ciò é dire che ogni termine è quello che è non già in virtù ' e ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN della sua propria natura, bensì soltanto per cagione delle relazioni sue con altro termine, è sentenza che si chiarisce erronea a chi ponga mente, che una relazione non sussiste se non in grazia dei termini, fra cui intercede, i quali perciò mal potrebbero entrare in rap- porto fra di loro, se non fossero alcunché di pc-itivo in se medesimi. Però giova all'uopo distinguere nelle cose l'essere ed i varii modi dell'essere, ossia la sostanzialità od essenza intcriore ed i fenomeni o manifestazioni esterne. I modi od i fenomeni, a cui soggiace un essere, mutano di certo secondochè mutano le relazioni sue con altri esseri, ma l'essenza o sostanzialità interiore permane immutabile e sempre la stessa. Un soggetto umano è uomo non già per le relazioni sue con altri esseri, bens'i in grazia della sua costitutiva essenza ; epperò le manifestazioni esteriori della sua vita appariranno diverse secondo i varii rapporti, che lo collegano col mondo esteriore, i suoi sentimenti, i suoi affetti, i suoi pensieri si coloreranno sotto forme diverse secondochè la sua vita si svolgerà nelle regioni tropicali fra i deserti dell'Africa : pure l'essenza sua propria, riposta nella triplice virtù del sentire, dell'intendere e del volere, rimarrà la medesima in mezzo al variare delle sue relazioni col cosmo esteriore. Questo adunque parmi doversi conchiudere, che la sentenza Niente vi è di assoluto, è vera, se riguardi i modi od i fenomeni di ciascuna sostanza, falsa, se si voglia riferirla alla sua interiore essenza ; od in altre parole, ogni essere è quel che è, in virtù di sua natura e non punto per le sue relazioni esteriori, ed assume tale o tal' altra forma per cagione di tale o tal altro rapporto suo col mondo estemo. Teorica del sentimento Dacché il sentimento, l'intelligenza e la volontà abbracciano in tre classi supreme tutti i fenomeni dello spirito, consegue che ogni e quale che siasi fatto psicologico debbe trovar luogo in una di queste tre classi. Però non è necessario (in sentenza del Bain), che gli stati dello spirito appartengano in modo esclusivo ad una sola di esse tre classi (1). Quest'avvertenza dell'autore, presa qual suona, distrugge radicalmente la irreducibilità delle tre supreme funzioni dello spirito da lui propugnata : il vero è, che ciascuna funzione va contemplata in sé stessa e nelle relazioni sue colle altre tutte. Cosi inteso il concetto suo ha fondamento irrepugnabile di verità. Il Bain si giova di quest'avvertenza nel costruire la Bua teorica del sentimento, il quale viene da lui contemplato anzi tutto ne' suoi carat- teri costitutivi, ossia nella propria sua natura, riservandosi di discorrerne i caratteri intel- lettuali e volizionali nella teorica dcU'intelligenza ed in quella della volontà. Tuttavia a mo' di anticipazione egli osserva, che il sentimento in rapporto coli intelligenza mostra attitudine ad essere distinto, unito e ritenuto, attitudine fino ad un certo punto propor- zionale col grado del sentimento e colla forza dell'impressione ; e che in rapporto colla volontà esso sentimento è motivo o principio di azione eccitandola ad opcrai-e a fine di conservare, accrescere e rinnovare la sensazione se piacevole, sopprimerla o scemarla se dolorosa. Il Bain, tenendo per fermo, che i fenomeni dell'attività psicologica nascondono le loro prime origini nelle più generali manifestazioni della vita fisica, esordisce dall'esposizione (1, Vedi / sensi e l'inlelligensa, pag 56, ediz. francese. PEK GIUSEPPE ALLIEVO 7 fisiologica del sistema nervoso siccome dal punto di mossa per costruire la teorica del sentimento. Descrivendo successivamente il cervello, il cervelletto, la midolla allungata e la spinale, i nervi cerebrali e gli spinali, egli riguarda la forza nervosa, generata dal- ra2done del nutrimento somministrato al corpo, siccome tale energia, che scorre a mo' di corrente attraverso le diverse parti del corpo stesso, e ripone il sensorio e la sede mede- sima dello spirito non nel solo cervello, ma dovunque si spiegano correnti nervose. Di tal modo l'esposizione fisiologica del sistema cerebro-spinale riesce una prefazione alla teorica del sentimento, la quale alla sua volta starà propedeutica alla teorica dell'intelligenza. In sentenza del Bain, il vocabolo amfniirnto designa ogni nostra affezione, sia essa piacevole, sia dolorosa, sia ben anco indifferente. Il piacere e la pena sono note distin- tive, che valgono a differenziare il sentimento dalla intelligenza e dalla volontà. E opinione invalsa fra i psicologi, che la prima manifestazione del sentimento risieda nelle sensazioni particolari, ossia ne' sensi, e che da questi esordisca la vita medesima dello spirito. II Bain è di contrario avviso. Seguendo la sentenza di coloro, che assegnano al senso musco- lare ed ai movimenti dell'attività .spontanea un'esistenza distinta da quella dei cinque sensi esterni, lo pone al di sopra di ogni sensazione tenendolo quale un fatto primitivo della nostra psicologica costituzione. Il senso muscolare ha per oggetto suo proprio le impressioni piacevoli o dolorose, che conseguono dalle azioni fisiche dei muscoli e dai movimenti del corpo, ed attesta in noi una incessante energia di vita, che dal nostro interno cerca effondersi al di fuori. Esiste nello spirito umano un'attività spontanea, che si dispiega non per esteriore eccitamento od impulso, ma per intima virtfi riposta nei centri nervosi. Quest'attività, anteriore alle nostre particolari sensazioni e conoscenze, si manifesta alla sua origine nelle impulsioni meramente interne, indipendentemente da ogni cagione esteriore, e si dispiega poi sui nostri membri locomotori, i quali sono suscettivi di essere messi in moto da uno stimolo emanato dai centri nervosi. Nel sistema muscolare, che sta in servigio dell'attività spontanea, vuoisi considerare la struttura dei muscoli vo- lontarii, i nervi dei muscoli, la sensibilità propria dei muscoli, la irritabilità e la tonicità dei medesimi. In prova dell'attività spontanea ossia delle azioni e dei movimenti indipen- denti dalle impressioni de' sensi propriamente detti, l'autore adduce: 1° la proprietà del tessuto muscolare denominata tonicità, che altro non è se non un grado inferiore del mo- vimento muscolare, segno di una iniziativa propria de' centin nervosi ; 2° il permanente rinchiudersi dei muscoli sfinterici, effetto di una causa intcriore più energica della semplice tonicità; 3° l'esuberanza di moto propria dell'umana puerizia e dei bruti adolescenti ; 4° il fatto, che la sensibilità e l'attività si mostrano il più delle volte in ragione inversa, ed il temperamento più attivo non è sempre il più sensibile. Due sono le ragioni che consigliarono l'autore a premettere lo studio dell'attività spontanea e del conseguente senso muscolare a quello delle sensazioni: 1° perchè il moto precede la sensazione, e nella sua origine si manifesta indipendentemente da ogni stimolo esteriore; 2" perchè l'azione è proprietà più intima e fondamentale che verun'altra delle nostre sensazioni, le quali perciò sono di natura composta, mentre essa è semplice. Onde consegue il divario, che intercede tra i sentimenti muscolari e le sensazioni propriamente dette e comunemente intese : quelli sono accompagnati dalla coscienza di una forza motrice che muove dal di dentro di noi e si dispiega al di fuori, queste per contro sono suscitate dà uno stimolo, che dal di fuori penetra dentro di noi. ESPOSIZIONK CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN De' sentimenti muscolari Dall'attività spontanea o motrice rampollano i sentimenti muscolari, i quali vanno classificati, avuto riguardo al loro rapporto cogli organi motori, in tre specie, secon- dochè dipendono dalla condizione organica de" muscoli, o rilevano dall'esercizio di questi stessi, o ci apprendono i diversi modi di tensione degli oi-gani motori. Però i sentimenti di questa terza classe vorrebbero essere riguardati come idee, anziché come sentimenti, ed hanno più stretta connessione coli intelligenza, che colla sensitività, essendoché siamo per loro virtù fatti capaci di giudicare delle varie positure delle nostre membra e di non poche rilevanti relazioni delle cose fra di loro. È cosa di fatto, che ogni esercizio di forza muscolaie tradotto in movimento è ac- compagnato da un sentimento di piacere, il quale a poco a poco scema della sua vivezza trasformandosi in indifferenza fino ad essere susseguito da pena o dolore, se l'esercizio del moto è protratto di soverchio. Perciò nei sentimenti muscolari bassi a notare come primo carattere una qualità, cui si aggiunge // y ratio di piacere, che emerge dall'esercizio muscolare variabile a seconda delle circostanze. Un terzo carattere si mostra nella spe- cialità propria del sentimento muscolare, mercè cui ci formiamo i concetti di resistenza, di forza, di potere, ed uscendo fuor di noi stessi costituiamo il gran fatto del mondo esteriore in effettivo contrasto coi nostri stati di coscienza, ed opponiamo al tue un von-me. Poco hawi a dii'e intomo il sentimento muscolare riguardato nelle sue attinenze colla volontà. Sotto forma di piacere esso eccita l'attività ad operare a fine di essere conservato, accresciuto o riprodotto. Per lo contrario molte sono le proprietà intellettuali di esso e meritevoli di attenta considerazione. Primamente esso ha questo di proprio, che in grazia dell'intelligenza perdura più o meno lungamente nella memoria sotto la forma ideale di piacere o di pena ed è fatto capace di eccitare la volontà a rintracciare l'uno e scansare l'altra. Ma un secondo carattere intellettuale assai più rilevante dell'idea di piacere o di pena, ed onninamente diverso sta nel distinguere e neUideiititìcave. ossia nel difi'erenziare e nell'assomigliare i gl'adi ed i modi dell'appeirezione della forza muscolare dispiegata; appercezione, che è affatto scevra di piacere o di pena, eppure conisponde ai grandi fatti dell'oggetto, che appellasi il mondo, la resistenza, la forza, il potere, la velocità, lo spsizio. il tempo e va discorrendo. Nello stato d indifferenza intermedio tra il piacere e la pena, la nostra attenzione non è ])iù rivolta al sentimento (;omc tale, cioè come un modo soggettivo piacevole o molesto, ma adempiamo le due supreme funzioni dell'intelligenza, la distinzione e l'accordo, giacché portiamo giudizio, che il grado di energia o di forza da noi sviluppata è maggiore o minore di un altro, oppui-e rassomiglia ad altri già avvertiti e conosciuti. Ecco qui un fatto di natura schiettamente intellettuale. Nei diversi periodi del sentimento noi appercepiamo delle differenze, le quali sono il primo dei due elementi, che costitui- Bcono il fatto dell'intelligenza, ed al quale viene poi ad aggiungersi il secondo elemento, la rassomiglianza. La coscienza, che abbiamo, dei differenti gradi della nostra sensibilità muscolare, ne porta a distinguere e conoscere queste tre cose : 1 " la somma di sforzo, di for^a dispie- gata, che misura la rcsistf»z(i da vincere, e che costituisce la esperienza fondamentale ; PEK GIUSEPPE ALLIEVO 9 2" la continuazione dello sforzo, sia esso accompagnato dal movimento o no ; 3° la rapi- dità della contrazione muscolare, risjiondente alla velocità del movimento del membro. Queste tre distinzioni ci sono lume e scorta a conoscere le qualità delle cose esteriori ed a formarci un fermo concetto del mondo. Poiché la quantità di sforzo da noi spiegato non solo ci dà la giusta misura della resistenza, ciie ci tocca di superare, ma è altresì il fon- damento del concetto di corpo, la apprezzazione della forza, deirinerzia. del momento di forza o della (ìroprietà meccanica della materia, del peso di un corpo vuoi assoluto, vuoi relativo. La continuazione dell'azione muscolare ci porge l'idea sia del tempo, ossia, della durata, che implica un dispendio maggiore di forza, sia dell'estensione, perchè la conti- nuazione di un movimento è il corso dell'organo attraverso lo s|)azio. sicché il senso del moto è la parte essenziale e primaria della nostra conoscenza dello spazio, a cui vengono poi ad aggiungasi i sensi della vista e del tatto per compiere essa conoscenza. Per ultimo, dalla coscienza, che abbiamo, della velocità impressa ai nostri movimenti, siamo fatti capaci di conoscere ed apprezzare la velocità degli altri corpi in moto, e di misurare l'estensione nello spazio, siccome quella che si connette con due distinzioni, la continuazione del moto e la velocità sua. I muscoli, secondo il vario modo del loro contrai"si o distendersi, danno origine a movimenti ora lenti, oi'a rapidi, i quali suscitano emozioni differenti. Da un moto più o meno lento emerge un'emozione ben più grande di quanto potrebbe originare da uno sforzo eguale di tensione passiva ; e da un ben composto insieme di movimenti lenti ci vien fatto di far scaturii'e la massima copia d| piacere col minimo dispendio di forza muscolare. I sentimenti suscitati dai moti hmti e gravi rispondono alla debolezza e sommessione dell'uomo e pigliano in lui tanto jiiù am[)io sviluppo, quanto più è depres.so il senso della sua propria forza. Kcco il perchè i moti, di cui discorriamo, ci inclinano al riposo ed al Sonno, riconducono nell'organismo la calma e la salnte dopo l'agitazione e la malattia, inspirano nel recinto domestico un'aura di serenità e di pace mercè l'efiFetto simpatico di movimenti ammisurati, quali quelli della musica e del calmo convci^sare, sostengono e promuovono il sentimento i-eligioso colla lenta pronuncia della preghiera, e le solenni e gl'avi note dell'organo. Emozioni e sentimenti affatto diversi emergono dai rapidi movi- menti, che appariscono simili a certa quale (>bbrezza meccanica. Questi eccitano i nervi ed i centri nervosi a spiegare in maggioi' copia la loro spontanea attività, accendono gli spi- riti animali e si spiegano sotto forme diverse e con isforzi esagerati. Un organo in preda ad un rapido movimento comunica il suo orgasmo agli altri e li mette in fermento. Ne sono esempi la caccia, la danza, le orgie sacre dell'Oriente, i riti consacrati a Bacco ed a Cerere. Delle sensazioni. Dall'attività spontanea e dal sentimento muscolare il Bain discende a parlare delle sensazioni propriamente dette, definicndole « le impressioni mentali, i sentimenti o stati di coscienza, che risultano dall'azione delle cagioni esterne sovra qualche parte del corpo, il quale per ciò appunto si appella sensibile ». Ki le distribuisce in sei classi, vale a dire in sensazioni della vita organica, della vista, dell'udito, dell'odorato, del gusto e del tatto. Le sensazioni della vita organica vengono riconosciute dai fisiologi sotto il nome di Serie 11. Tom. XXXIV. 2 10 ESPOSIZIONE CRITICA I)EL1,F, DOTTRINE PSICOLOGICHE HI A. BAIX senstbiìità comune o generali-, perchè sparse per tutto quanto il lorpo. segnatamente nei visceri ed abbracciano tutti i sentimenti di jiiacere e di pena interni, relativi alle funzioni della vita organica. 11 Bain ne fa un grupiio a parte, perchè mentre appartengono anch'esse al genere delle sensazioni, pure divei^sano dalle sensazioni speciali propizie de" cinque sensi esterni in ciò. che non hanno, come que.ste. una cagione propria'iiente esteriore, che le ecciti, come il suono lù^^uaido al senso dcUudito. la luce rispetto alla vista e va discor- rendo. Ma questa sua distinzione più inni si concilia colla definizione, che egli ha premesso, delle sensazioni, le quali ei concepisce come stati di coscienza, die l'isnltaiio dall'azione delle cagioni r.slrrnr sovra qualche parte del nostro corpo. Avuto riguardo alla loro sede, le sensazioni organiche od interne vengono dal Bain distribuite in sensazioni T de' muscoli (spasimo, scn.so della fatica, dolori provenienti da tagli, lacerazioni, lesioni del tessuto uiuscnlure) : li" de' nervi (doloi'i e fatiche nervose, noja. sentimento di ben essere del tessuto nervoso); :!" della circolazione degli umori e della nutrizione (sete, inanizione, jiiacere dell'esistenza meramente animale): 4" della lespi- razione (sensazione dell'aria fiesca e^pura. della impura ed insufficiente, soffoco) ; 5° del caldo o del freddo: ;f)(jìu e dalìf iif ressi fu rinnovati' della vita orgnniea. Il sonno, l'esercizio, il riposo, la sete, la fame, l'attrazione sessuale sono gli appetiti iinivei'sali e comnni a tutti gli animali. Mentre il sentiinento muscolare, le sensazioni ed i sensi esterni formano i modi pri- niai'ii della coscienza, gli istinti costituiscono i modi originarli dell'azione per l'uomo, es- sendo come altrettante dis]Misizioiii piimitive e quasi una struttura primordiale, su cui l'umano soggetto compirà il suo sviluppo nella triplice sfera del sentire, dell'intendere e del yolere. Il Bain concepisce l'istinto siccome una non imparata attitudine ad effettuare tutte guise di operazioni, (pielle segnatamente die tornano necessarie od utili all'animale, e distri- buisce tutte le nostre facoltà istintive in queste cinque classi: le azioni riflesse, le dispo- sizioni primitive per le anioni iico od esterno può essere inconsciente. come negli intestini, o consciente conu' nell'acconciamento dfdl'occhio. e quindi segna due gl'adi, in- feriore e superioi-e. nell'azione riflessa. Però egli invano si argomenta per distinguere le azioni riflesse sia dai movimenti istintivi dell'attività spontanea, sia dagli atti riflessi della volontà convertiti in abitudini: che anzi dichiara egli medesimo non potersi « tracciare una linea netta di distinzione tra gli atti involontarii riflessi ed i volontarii: questi due ordini si confondono ))er gradi insensibili : un medesimo fatto od una tendenza medesima dell'organismo è forse la loro i-adice comune •>. Eppure egli aveva posto fin da principio, che <- le azioni i-iflesse od involontarie hanno per segno l'assenza del carattei'e proprio delle azioni volontarie, cioè dello stimolo di un sentimento direttivo ». Tra le nostre facoltà istintive testò classificate havvi la disposizione primitiva od attitudine originai'ia ad associare insieme i nostri movinieiìti in forma armonica. Tali sono i moti ritmici od nltei-nati del camminare, del nuotare, ecc. Innesto i-itmo locomotore delle nostie membi'a l'autoie attribuisce all'istinto, e non alla volontà od all'esperienza, appoggiato 1" all'analogia ti-a i quadrupedi inferioii . che aj)pena nati alternano il moto delle loi-o membra, e l'uomo: l'" m1 fatto, che il fanciullo agita s])ontaneamente od involontariamente le gambe in moti alteinati : li" alla funzione propria del cervelletto di mantenere l'associazione ed il cooi-dinamento dei movimenti. Esistono fatti svariatissimi e numerosi, i quali chiariscono, come il sistema nervoso tutto quanto ne' suoi coordinati movimenti sia governato da una legge generale di armonia prestabilita, posta dalla natura stessa. Ma in che mai questa originaiia ed istintiva facoltà del movimento litmico ed asso- ciato più si distingue dall'attività spontanea, di cui l'autore aveva primitivamente discoreo? 12 ESPOSIZIONE CRITICA rtEI.T.E IiOTTRINE PSICOLOGICHE PI A. BAIN Ter/a forma (lell'istiiito è il legame, die unisce i sentimenti colle loro tisiche mani- festazioni. Qui il Baiu descrive ed esamina il meccanismo istintivo od originale, in cui il sentimento rinviene la sua espressione, mostrando come esso estcìiormente si traduca in conispondenti moti del sistema muscolare, interionnente in effetti organici, ossia in certe influenze sui visceri. Piincipio logolatoie di questa fusione degli effetti fisici cogli stati del sentimento è. che agli stati gradevoli vanno congiunti con un aumento, i penosi con una diminuzione delPenergia di f|ualclie funzione vitale, o di tutte le funzioni vitali. « Però questo principio apiilicato alla spiegazione de" sentimenti muscolari e delle sensazioni orga- niche, pati.sce qualche eccezione, segnatamente jìoi in liguaido ai cinque scasi esterni. I>i (jui la necessità di una legge comitlementare. la quale adempia i difetti del principio, che il piacere accresce l'energia vitale, il dolore la doiìrime. Daccliè i ])iaceri oidinaii de'cinque sensi, come pure le emozioni speciali deirammirazione. dell'affezione, della latenza, della conoscenza estetica od altrettali non si può dire che aumentino e rinforzino in grado corri- spondente il vigore dell'organismo, forza è aggiungere al principio, che connette il piacere colla conservazione personale, il principio, che connette il piacere coll'atto dello stimolo, dividendo i modi di esso stimolo in due classi : 1 " gli eccitamenti dei sensi e delle emo- zioni : 2° i narcotici e le droghe. La legge dello stimolo significa che « noi possediamo certa quantità di vigore nervoso o di irritabilità, che non si converte in piacere attuale se non sotto l'impulso di scosse, che non hanno veruna tendenza nutritiva, ma ne esauiiscono e ne consumano il riserbo. Se l'effetto dello stimolo non trascende certi limiti, noi non dissipiamo maggior forza di quella che vien prodotta; se esso rimane al di qua. perdiamo il i)iacere, ond'è capace il nostro organismo; se trascorre oltre a que' limiti, camminiamo verso la rovina e la decadenza » . Queste due leggi, di conservazione e di stimolo, mani- festano le loro diverse conseguenze nel contrasto tra la vita di campagna, il cui piacei-e emerge principalmente dalle influenze conservatrici, e la vita di città, il cui piacere origina dalla varietà degli stimolanti. Il vero benessere dovrebbe armonizzare questi due generi di vita a tenore delle due leggi. Altra forma dell' istinto si ha in quelle azioni spontanee, da cui si schiude poi e su cui si fonda la volizione. Seguendo le tracce del fisiologista MuUer, il quale aveva notato i movimenti spontanei od istintivi nel feto ed il loro essenziale rapporto cogli atti o moti, che si appellano volontarii , il Bain avverte, che l'impulso attivo o spontaneo, che eccita al moto i diversi organi o membra, la voce, la lingua, gli occhi, ecc. per se solo non basta a spiegare la volizione, perchè è irregolare, impreveduto, governato da circostanze fisiche, e non punto dal ben essere dell'animale. La spontaneità sola non giunge a fare ciò. che deve compiere la nostra volontà a fine di assicurare la nostra propria conservazione. Evvi tra i nostri sentimenti piacevoli o molesti ed i nostri movimenti organici un vincolo primor- diale, (juale quello tra causa ed eft'etto. Questo vincolo, che originariamente era un fatto primordiale ed istintivo, si cangia dappoi in volizione mercè l'educazione e l'esperienza. La virtù, ])ropria della volontà, di isolare un membro dal rimanente del corpo e dominarne il movimento, si t'orma mercè una serie di sforzi e di tentativi. Il ])iacere accresce l'energia vitale, il dolore la deprime fin dall'origine: ma la facoltà di scegliere con criterio il punto dell'azione, non è innata, bensì va appresa coli "esperienza. L'esposta teorica della sensitività mostrasi adorna di una licca messe di fatti accom- pagnati da ingegnose osservazioni, ma troppo si risente di quel vacillante e sconnesso PER GIUSEPPE AU.IEVO 13 {>mpii'isiiio. elle è la nota precipua della dottrina positivistica, ed anche considerata in ri- iliiardo all'analisi dei fenomeni pro])rii della vita animale, sottostà di gran lunga ai profondi studi psicologici, clic dobbiamo al Rosmini su (juesto argomento. Vi manca il concetto or- dinatore de' fatti ])articolari. die solo può gei'minare dallo spirito tilnsotico. Il concetto di un'attività spontanea i)rimitiva. clic viene posta come f(mdaraento primo di tutta la vita animale, e che ])ure si muove per caso ed alla cieca ventiu'a senza verun fine rivolto al buon essere del vivente, introduce il fatalismo in tutte le manifestazioni f> fcMiomeni della sensitività e li rende inesplicabili. (1 sentimento muscolare, le sensazioni organiche ed i sensi esterni, a cui dobiiiaiuo le foi-me originarie della coscienza, gli apjietiti. che rispon- dono ai bisogni ed alle necessità i iiniovate della vita oi'ganica. gli istinti, che ci rendono idonei a tutte guise di operazioni, allo sviluppo ed alla iirosperità della vita animale, la volontà, che veglia alla nostra conservazione, sempi-e intenta allo scopo di fugar il dolore e mantenere il jiiacere dell'esistenza, tutti questi fenomeni, in cui si rivela lo sviluppo della sensitività, mal si comprende, come jiossano tìuiie dalla cieca ed incoascia attività spon- tanea originaria e rinveniie in essa il loro centro armonizzatore. Assurda cosa è. che il fortuito e l'inconsciente generino la finalità e la coscienza, e che la volontà, sempre gover- nata da un fine peculiare in tutte le sue movenze, abbia il suo germe originario nell'atti- vità spontanea sempi'e mossa dal cieco caso. L'espeiienza educatrice de' sensi, che l'autore adduce a s])iegazione del fatto, non giova all'intento, siccome quella, che può bensì espli- care i germi posti da natui-a. non però creare nuove attitudini, che già non preesistano implicate in una virtualità anteriore. Questo errore capitale, che vizia tutta la teorica del nostro autoi-e intoi-no la facoltà sensitiva, fu cagione, jter cui anche il suo concetto del di- vario, che intercede fra l'attività spontanea, l'istinto e la volontà, apparisce incoerente e malfermo, giacché l'operare istintivo e l'operare volontario si confondono in un medesimo intento, insieme cogli appetiti, la conservazione cioè ed il ben essere del vivente animale. Teorica dell' intelligenza. « Trattando dell'intelligenza (scrive l'autore nella prefazione alla sua opera / sensi e l' infeìiìc/enzn) ho abbandonato la suddivisione in facoltà. L'esposizione è tutta fondata sulle leggi d'associazione --. Mentre i psicologisti ])iocedettero fin qui chiamando a ras- segna le operazioni molteplici dell'intelligenza e distribuendole in classi distinte e sognate ciascuna col nome di una facoltà riguardata come eausa di un ordine di fenomeni intel- lettuali . il Bain riduce tutti ijuesti fenomeni ad una sola causa suprema, l'a-ssociazione, di cui le facoltà dell'intelligenza generalmente aminesse appariscono forme diverse. Oj)- pone egli adunque alla pluralità delle facoltà o cause de' fenomeni intellettuali l'unità della loro associazione, nui non ci sembra, che del suo processo avvantaggi gran fatto la scienza psicologica, essendo che le diver.se facoltà intellettuali, che egli ripudia, hanno anch'esse la loro comune radice nell'intelligenza, di cui sono manifestazioni svariate. Oltrecchè egli erroneamente avvisa, che la scienza debba arrestarsi .siccome a suo punto finale al concetto dell'associazione riguardata quale causa suprema de' fenomeni intellettivi: (|uesta causa o legge importa lo sjìirito umano, in cui ha la sua ragion d'essere, ed una psicologia, che non risalga fino alla sostanzialità dello spirito, in cui s'incentra insieme colla intelligenza anche il sentimento e la volontà, è scienza dimezzata ed imperfetta. 14 ESPOSIZIONE l'KITKA PKU.K liOTTKlNK PSlCOLOfilCHE IH A. BAIN Postosi ad iiidagaiT la natura del conoscimenti > e (lpiriutellif?Pii/a. cfili annovcia tic distinte operazioni, elio suno. 1° il (liNct'iiiiiiicntn. ossia la coscienza od appercezione della differenza: 2° raccoidn. ossia la coscienza od appci'cezione della lassomiglianza : '■>" la ritentiva, ossia la meiiioiia e facoltà deirac(|UÌsto. .. Queste tre funzioni (ejjli scrive), sei)- bcue in ijualche modo si confonila.no e spesso in modo inseparabile negli atti del nostro spirito, soli tuttavia pro])rietà intieramente (li--tiiite. e servono ciivscuna di fondamento ad una diiìerenttì struttura (op. cit.. pa^. ini) ... Ksse sono l'intelligenza, tutta l'intelligenza, niente più die 1 intelligenza : un numero maggiore di facoltà intellettive tornerebbe inutile, un nuiiK'i-o minore riuscirebbe insuttieiente a i-endere ragione de' fatti intellettuali. Queste funzioni, che egli chiama altresì attributi. |)roiuietà. elementi, foi-ze e facoltà dell'intel- ligenza, mezzi pei- giungere alle conoscenze. l'accliiudono in sua sentenza le altre facoltà tutte generalmente! ammesse dai psicologi. La memoria a ragion d'esempio jiosa tutta quanta sulla facoltà della ritentiva, sebbene sussidiata sovente dalla ras.somigianza. Il ra- gionamento e l'astrazione implicano |)rin('ipalmente la facoltà dell'accordo, avendo per utticio di identificare cosi» rassomiglianti. 11 giudizio consta per una pait(> di discernimento o distinzione, per l'altra di accordo. es.sendo tutto liposto nel pronunciare che due co.se differiscono o rassomigliano. L'imaginazione è un )i(nt;ito di tutti e ti-e gli clementi del- l'intelligenza, ai i|uali viene aggiunto il sentimento. Prima di studiare in particolare ciascuna di ([ueste tic facoltà intellettive, giova con- leun)larle nel loro complessivo insieme. L'onoscei'O un oggetto, a ragion d'esempio un albero, vale discerneilo da tutti gli altri oggetti, che ne diiteriscono. ed identificarlo con gli altri tutti, che gli rassomigliano: epperò le due facoltà del discernimento e dell'accordo prese insieme sono le f(H-me primitive dell' intelligenza (> costituiscono la natura medesima della conoscenza. Ogni atto com)iiuto ili conoscimento inchiude l'uso di ipieste due funzioni e non presuppone l'u.so di veriin altra tranne la litentiva. che è implicata in entrambe. Allora soltanto altri può diic di conoscere t'iionio davvero, quando conosca tutti i punti di contrasto, che ibi tutti gii altri tsseii lo ditt'erenziano. e tutti i punti di identità, che ha comuni con tutti gli altri uomini. Se non die la facoltà della ritentiva è necessaria all'eser- cizio del discernimento e dell accordo, essendoché non ci vien dato di discernere 1' una dall'altra due impressioni successive, se la |)rima non fosse ritenuta ne preesistesse nello spirito per essere opposta alla seconda . ne accolliate e coiigiungere una sensazione presente con un" altra passata, se (piesta non abbia lasciato traccia di se nel peasiero. Veramente non s'intende bene l'ordine geiairhico. che esiste tra le tre facoltà ed opera- zioni fondamentali dell'intelligenza nella teorica dell'autore: poiché, enumeiaudolc ad una ad UTia. egli colloca la i-itentiva dopo le altre due. ed a ragione, mal potendosi ritenere le cose, che ]iiiina non siano state conoseiiile. cioè distinte ed unite: ma tosto avverte, che lidi interesse dell'esposizione la ritentiva vu(d essere studiata prima delle altre due. jierchè non si possono discernere ne identificare le sensazioni, ossia conoscerle, se non siano state ritenute, 'l'ant'è. che il discernimento e l'accordo vengono da lui considerate come due forme della facoltà ritentiva. Questa specie di circolo, in cui s'avvolge l'autore, pare a me, che provenga dallo aveiH' scainliiato la ritentiva animale, che conserva le sensazioni pro- vate, colla l'itentiva intellettuale, che conserva le cognizioni od idee, se pure non si voglia riconoscere qui la sua dottrina sensistica, che fa lUdl'idea una sensazione i)as.sata lipro- dotta iiientalmeiite. ossia una sensazione ideale opposta alla sensazione l'cale luudotta dalla presenza dell'oggetto PER GIT-SEPPE ALLIEVO 15 Queste tre proprietà dell'intelligenza sono governate dalla legge di associazione, che assume tre forme diverse corrispondenti. L'autore dichiara di seguire i tre principii di associazione ammessi da Aristotele, che sono il cuntrasto, la similarità e la contiguità. La facoltà del (lisceniiiiirntu (i delhi distiii/inni' si mustra sotto la forma del jii'incipio associaute del contrasto, la facoltà deH'Mccordo sotto (|U''lla del ])rin(i])io aNsociante di'lln similarità, la facoltà della i-itentiva sotto i|U('lla di'! |irinci|iio di continuità (1). Qui mette bene avveitiic. come lautore. il ijuale abbandonò siccome insussistente il processo metodico della suddivisione dell'intelligenza in facoltà distinte per introdurre il metodo dell'associazione, siasi mah' apposto. L associazione nelle sue varie forme governa, propriamente parlando, le sensazioni o stati psicologici, su cui l'iiitclligfnza si esercita, an- ziché l'intelligenza stessa nelle sue pioprii'tà fondamentali : essa cioè è principio proprio dell'oggetto cono.scibile. non del soggetto conoscente, e pei- conseguente mal può essere riguardata siccome la cagion suprema, etticiente . uniticatrice di tutte le operazioni o fa- coltà intellettuali. Della facoltà del discernimento in particolare. La facoltà del discernimento i- ])roprietà dell'intelligenza, che conosce, che due sen- sazioni successive differiscono tra di loid o per iiatuia o per intensità. Da'es.sa piglia suo inizio la vita intellettuale. Sentire non è conoscere, ma geiinina il conoscere. Uno stato psicologico è sensazione, se caiatterizzato da piacere o dolore, è conoscenza, se distinto mentalmente dagli altri stati od impressioni, da cui dift'erisce. Perù non tutte le guise di sensazioni posseggono la niedesima attitudine ad essere intellettualizzate. Nella sensibilità della vita oi'ganica il sentimento (biniina (piasi esclusivo e pressocliè nulla partecipa del- l'intelligenza. Nel gusto e nell'odorato il senso tìsico e la facoltà intellettuale si mostrano (piasi in ]iroporzi()ne. Nel tatto e più ancor;i nell'udito e nella vista, sensi noliiiissimi anzi ogni altro, appariscono le sensazioni intelicttnaii propriamente dette, sicché i sentimenti nostri meritano il nome di intellettuali nelbi misura, in cui ci ('• dato notarvi delle differenze. Le cose ci vengono conosciute dalle sensazioni caratteristiche, che ne abbiamo. Noi non conosceremmo vermi essere umano, se tutti gli uomini iiroducessero sopra di noi identiche impressioni. (lì Non reputo fuor di prnposilo il ricordalo, che rpipste tre medesime leggi di associazione diret- tive delle rappresonlazioni itiloUettu.ili e dei pensieri si trovano esposte pressoclin negli stessi termini B chiarito r|iKisi cogli .«tessi esempi in un'operetta filosofica pubblicala fin dal t82'J a (ìinevra . col titolo: Kfsni sio- In rnison, par Honri-Kerd. De LaRscuk, e che credo non sia caduta sott'occhio art A. Bajn. « l,e leggi dell'associazione delle iap|iresenlazioni ivi si leggo a pag. 22) si riducono alle " tre seguenti : 1" La lei/gc della rnssomiglianza : tutte lo rappresentazioni elio .?i rassomigliano (cine « che hanno un carattere comune) si associano insieme; « l'" Ln hgge dd controsto o de' rontrnrii : rappresentazioni contrarie si associano insieme. Due " oggetti in contrasto si suscitano reciprocamente , pn- guisa che tutti e due divenlano spiccali ; ad « esempio il turpe ed il bollo, il diritto ed il curvo, il liianco ed il nei'O , ecc. « lì" Ln legge dello coesistenza degli oggetti nello spa:io e della loro successione nel tempo : lo " r.ip|)re.sentazioni di oggetti coosistenli nello spazio a succedenlisi nel tempo si associano insieme: " parimente ancora esse si associano colle rappresentazioni del luogo e dell'istante stesso, in cui essi • oggetti si mostrarono » 16 ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE Di A. BAIX Ma in che modo hi rita intellettuale si schiude dal sentire mercè il discernimento, o rapperc«zione della differenza? Se gli oggetti circostanti facessero sopra di noi una im- pressione sola ed uniforme, o le sensazioni ci venissero in folla dal mondo esterno ma tutte egualmente intense, indiscernibili e quasi confuse insieme, come accad(> al fanciullo nella pi'imissima infanzia, noi vivremmo la vita puramente tisiologica. sentirenmio. ma il nostro sentire non sarebbe punto un conoscere. Ma ([uando ad una nostra sensazione succede più o meno rapida un'altra, la ((ualc differisca dalla prima o ])cr natura o per intensità, allora il contrasto fra le due sensazioni sveglia in noi la coscienza, si pas.«a dalla vita tisiologica alla vita ])sicliica o mentale pi'opriameiite detta, la conoscenza è sorta, l'n cangiamento d'impressione è coiulizione necessaria di ogni coscienza, ecco il principio di relatività ai)plicato all'intelligenza: ogni cosa è conosciuta mercè la sua opposta, ecco l'as- sociazione di contrasto, che corrisponde alla prima facoltà intellettiva, il discernimento. E egli vero, che uno stato psicologico invariabile od uniforme escluda la coscienza e non possa essere oggetto di conoscimento? Lo sostiene l'autore, nui è un pronunciato, che può essere controverso. Lasciando da parte siffatta questione, passiamo a chiarire il princiiùo di relatività, e l'associazione di contrasto. La coscienza sorge pel cangiamento d'impressione o di stato psicologico , e conse- guentemente ogni nostra conoscenza s'inizia da una differenza. A noi non e dato cono- scere il calore se non mercè il passaggio dal freddo al caldo. Nessuna cosa conosciamo in se stessa, ma la diffeienza soltanto tra essa ed altra cosa. L'a.ssoluto . ossia l'in sé degli esseri sfugge alla nostra apprensiva. La notizia del caldo riesce ad un contrasto tra di essa e la notizia del freddo che l'ha preceduta. Ogni cosa concepita implica un'altra, che le stia opposta. La luce implica le tenebre, il bene implica il male. In ultima analisi la conoscenza, come la coscienza, è un passaggio da uno stato ad un altro, ed i due stati sono contenuti nell'atto che conosce l'uno e l'altro. 8e adunque senza cangiamento non si dà conoscenza, è cliiaio che il principio o la legge di relatività applicata al pensiero si converte nella facoltà intellettuale denominata discernimento, ciò è dire nell'appercezione della differenza, la quale apparisce cosi il primo degli elementi, anzi l'e.sordio dell'intel- ligenza. Questa dottrina del Bain. che fonda la conoscenza sul prhicipio di relatività, mi pare disforme dal vero, quando s'intenda di ammettere un relativismo universale nell'ordine del sapere. Dire, che nessuna cosa conosciamo in sé stessa, ma soltanto la relazione di diffe- renza tra l'unae l'altra cosa, è una proposizione, che si lisolvt! nel niente, poiché se io ignoro la natura costitutiva di due termini, mi torna impo.ssibile sentenziare in che l'uno differisca dall'altro, ed ammettere una relazione fra ameiulue torna ad un medesimo, che ammettere una relazione fra due zero, vai quanto dire una relazione affatto nulla e campata in aria. Poniamo che non si conosca ])er niente quel che sia in sé lo spirito, e quello, che la ma- teria, ogni relazione, che io stabilisca tra l'uno e l'altra, tìnirà nell'ignoto anch'essa. Altra difficoltà insorge contro la teorica dell'autore. Hgli fa iniziare la conoscenza dal cangia- mento, ossia dalla dift'erenza. che la mente riconosce, tra lo stato precedente di coscienza ed il nuovo stato, che gli succed(\ Ora luna (K'ile ihie: od io conosceva la sensazione preesistente a quella, che succede, o no. Nel primo caso, non é dunque vero che la cono- scenza esordisca dal discernimento ossia dall'appercezione della differenza: nel secondo taso , mi riesce impo.ssibile rilevare ed affermare , che la susseguente differisce dalla PER GIUSEPPE ALLIEVO 17 precedente. Io passo a ragion d'esempio dall'impressione del color bianco a quella del nero : come potrò dire, che il nero differisce dal bianco, se già non conosco il color bianco ? Che fie già lo conosco, non è più necessario il passaggio dall'uno all'altro. Malgrado queste critiche osservazioni, evvi un senso di verità nel principio di relatività, di cui discoriiamo. ed esso è che i pensieri e le conoscenze sono fra di loro collegate da logiche relazioni. Iso- liamo una determinata idea da tutte le altre in modo assoluto, ed essa cesserà di essere oggetto dell' intelligenza. Supponiamo distrutte nella nostra mente lo conoscenze geome- triche tutte quante, tranne la sola idea del circolo, e questa sparirà ben tosto anch'essa nel vuoto insieme con tutte le altre. Spiegando il principio associante del contrasto, l'autore così si esprime : « Nulla di pili naturale, quando consideriamo una proprietà, che la disposizione a ritornare all'altra proprietà, che contrasta colla prima, l'opposto di essa, la cosa, che si nega, quando si afferma la prima I! fjravdi' non è tale, se non perchè evvi cosa, che è non grande, ossia piccola : anche quando ci pare di non considerare se non la sola proprietà della gi'andezza, abbiamo iv/plicifa nello sjìirito la proprietà della piccolezza, ossia l'alternativa. Quando passiamo da un termine di contrasto all'altro, entrambi devono es.sere presenti, benché soltanto l'uno di essi sia pel momento un oggetto di considerazione esplicita... . Pensando al giusto, dobbiamo avere nello sjiirito. ma sotto una forma meno evidente, la nozione di cosa contraria al giusto : e quando ci proponiamo di formarcene un' idea più chiara , ci mettiamo per poco a considerare esplicitamente le cose non giuste , per ritornare poi al concetto del giusto (op. cit.. pag. 522) ». Queste parole ci i-isvegliano in niente la teorica hegeliana, che fonda il jnocesso del pensiero nella contraddizione : nni mentre il filosofo di Sttttgarda identifica i contraddittorii in un terzo termine dialettico superiore, il Bain e con esso il senso comune dell'umanità tutta quanta li differenzia radicalmente. Gli è vero, che i contraddittori! sono inseparabili nel pensiero, in quanto l'uno non può es.sere pensato senza l'altro, ma è vero altresì, che se l'uno di esso è affermato dal pensiero, l'altro è negato. Quanto poi al Bain in particolare, giova avvertire che il principio di relatività non sempre, ne tutto si fonda sul conti-asto . potendo il pensiero procedere da uno ad altro termine differenti bensì, ma non opposti, come sarebbero virtù e bellezza. Egli avverte, che di due termini opposti l'uno è pensato in modo esplicito . l'altro in forma implicita, e che la cognizione dell'uno si chiarisce e si consolida dalla cognizione dell'altro. L'avvertenza è giusta allora soltanto però, che si tratti di due termini opposti contrarii, ma non contrad- dittorii; poiché gli opposti contraili sono entrambi positivi (ad esempio sjiinto e water ia), epperò si chiariscono mutuamente; in (|uella vece gli opposti contraddittorii essrrr e uoii- essere, scurito e non-spirito) sono l'uno positivo, l'altro una mera negazione del primo, né il secondo potrà mai chiarire il primo, come le tenebre non possono aggiungere chiarore alla luce. Osserva l'autore, die la necessità inerente ad ogni idea di compiersi merce il suo con- trario genera l'amore delhi contraddizione nel fervore delle discussioni; che l'artista ravvisa nel contrasto un validisisimo mezzo per dare vita e moto al suo capolavoro: che l'in.se- gnante e lo scienziato si giovano dell'antitesi e della contrapposizione (1) per compiere un pronunciato secondo la legge fondamentale della conoscenza ; che anche gli altri due (l) Questa considerazione del Hain ci ricorda la massima : Upposila juxta se posila ntagis elucescunt. Sekie II. Tom. XXXIV. 3 18 ESPOSIZIONE TRITICA PEU.E DOTTRINE PSICOI-OOICHE PI A. BAIN principii di associazione tlpirintelligenza. la similaiità e la pontiguità concorrono ad agevo- larci il passagpo dall'imo aHaltni termine del rontiasto. Infatti per quel che riguarda la similarità, è aiitim iiroiiiinciato. ciu- i ciiiitrarii lianiio alcuni punti ili cdinnnanza. Dove niente evvi di comune, là non j)uò esservi ii]»i)osizionc. Noi o)iponiam(i una stiada lunga ad unatirevc. non già ad un suono fragoi-oso : poniamo incontrasti) il bianco ed il nero, perchè entrambi sono moditicazioni della luce, e convengono nel medesimo genere, il colore. Edio avverto qui in proposito, clic iiiale si appongoni) alciiiii iiitici. i (|uali attribuiscono alla metafisica di Cartesio un dualismo assoluto . come se egli niegjis.se qualunque punto di comunanza tia lo sjiirito e la mateiia. mentre egli non diiiiega. che siano amendue oggetto del pensiero, che amendue siano sostanze, che amendue al)biano per cagione ettìciente e suprema Iddio. l>a questi eseni]ii ci |>are. come, secondo il Haiu . la legge di similarità si congiunga coli 'associazione del contrustn. r clic la facoltà stessa della rassomiglianza abbia virtù di liberare lo spiiito ibi no/ioni contiaddittorie. ponendo a faccia a faccia le opinioni che cozzano fra di loro. Kd anche l'altio principio associante della contiguità interviene nel processo del contrasto: giacche il |)ensiero. ()er mia certa qual abitudine contratta, raccoglie in coppie distinte i varii opjiosti. bene e mah', virtù e vizio, grave e leggiero, e via discor- rendo, e quindi passa senza qua-si avvedersene e cmne se fossero immediatamente contigui dall'uno all'altro dei due termini di ciascuna serie. Qui io direi, che gli estremi si toccano. Della facoltà dell'accordo In mezzo alla differenza delle impressioni lo spirito umano apprende la rassomiglianza mercè la facoltà dell'accordo, la quale ha per proprio di accomunare ed identificare una sensazione presente con altra pa.ssata . separata dalla prima per un intervallo. Quindi mentre le sensazioni, di cui la facoltà discriminativa apperc^pisce la differenza, si succedono l'una all'altra, quelle, di cui la facoltà unificatricp ricono.sce la rassomiglianza, non sono successive, ma separate da parecchie altre sensazioni intennedie. Veggo un fiore, e m' ac- corgo, che l'imprcssionp. phe ne provo, è identica con un gran numero di impressioni ante- riori prodotte in me da molti altri oggetti consimili, e tutte le i-accolgo in una cla.sse comune designata col nome di fiore, ('onoscere nn oggetto torna allo stesso, che classificarlo, ossia riferirlo al genere di cose, a cui appartiene, dopo di averlo distinto da tutti gli altri, da cui differenzia.si. Cosi la facoltà o senso dell'accordo intimamente si compenetra con la facoltà o senso del discernimento in tutte le operazioni del })eiisiero. e dalla loro sintpsi emerge la natura della conoscenza. Però mentre la facoltà del discei-nimento è governata dal principio af;sociante del contrasto, quella dell'accordo è retta dalla legge o ynincipio a.s.sociante di similarità cosi forniolato: le azioni, le sensazioni, i pensieri e le emozioni pi'esenti tendono a ravvivare quelle, che loro rassomigliano fra le impiessioni o stati psicxdogici anteriori. Io convengo col Baili nel riconoscere, che il discernere e l'accordare, ossia, come suol dirsi comunemente, distinguere ed nnii-e sono le due supreme funzioni di nostra intel- ligenza : avverto inoltre, che le opinioni e le dottrine enonee risiedono tutte t|iiaiite o nel- l"a,ssociare cose eterogenee o nel dissociare cose omogenee, ed iiggiungo. che il panteismo sacrifica le differenze alle rassoniigliaiizi'. spingendo l'unione fino ad universale identità o confusione degli cs.seri. mentre il dualismo ruina nell'estremo oppostospingendo la distinzione PER GIUSEPPE ALLIEVO IP tino alla, se])ara/,i()iic assnlutii. Ma in mi discosto dalla tooiica dell'autore intorno la facoltà dell'accordo. In sua sentenza, a conoscere un'impressione od uno stato psicologico occorre riferirlo al gruppo degli stati psicologici anteriori, che gli rassomigliano, e con essi identi- ficarlo. Ma e gli stati psicologici, che lo precedettero, in che modo mai vennero conosciuti? Per mezzo di altri stati anteriori, se gli è vero, come sostiene l'autore, che conoscere è un classificare, ossia ricondurre l'impressione jjresente a quella, od a (pielle impressioni ante- riori, che le rassomigliano. Di qui io cosi argomento; voi risalite da impressioni anteriori ad altre sempre anteriori, ed allora vi sman-ite in un processo all'infinito senza mai ritro- vare le prime origini della conoscenza: o vi fermate ad un'impressione anteriore assoluta- mente prima, ed allora questa fu conosciuta senza riferirla ad altra consimile, e non regge più la sentenza: conoscere è classitìcaie. Contro della quale vale altresì questa ragione, che non tutte le co.se conoscibili o conosciute sono classitìcaltili. Iddio, perchè infinito, non appartiene a veiiina classe di esseii. eppure è coimscinto. come per l'opposto l'essere inde- terminatissimo . spoglio di ogni attributo vuoi gciieiico. vuoi specifico, non ammette nò sopra di sé, né oltre di sé una classe di cose, a cui pos.sa riferii'si. eppure ne abbiamo cono- scenza : egualmente ciascun individuo, come tale, non fa classe, é lui. e nienfaltro che lui ; di ciascuno di noi non ve n'é che un solo in tutta F immensità degli esseri: eppure V iu conosce .sé stesso. Ril)igliando ora l'esposizione della teorica del Bain intorno la facoltà dell accordo ed air associazione ili similarità, egli avverte, che l'identità tra la sensazione presente o reale e la sensazione passata o ideale può essere jierfetta . ed allora emerge da sé istantanea e sicura, od imperfetta e parziale (come quando nell'attuale impressione di un oggetto la forma primitiva giace oscurata o velata da elementi estranei), ed in questo caso riesce alquanto perplessa e di difficile scoprimento, (ili ostacoli, che si frappongono al risveglio delle impressioni passate fondate sulla similaiità. possono piovcnire o dalla debolezza delle sensazioni, o dalla loro diversità: e l'autore discorre queste due guise di ostacoli, riscon- trandoli passo passo nei movimenti molteplici dell'attività spontanea, poi nelle diverse sen- sazioni della vita organica e nei singoli sensi tìsici esterni, non senza avvertire, che la facoltà di riunire le cose simili malgrado le loro accessorie dissomiglianze presenta una divei-sa impronta e spiega diversa energia secondo il carattei'e luiturale dell'individuo. La facoltà dell' accendo, .sicccmie quella, che .scopre le rassomiglianze e le analogie- delie cose in mezzo alle loro differenze, viene dall'autore riguardata (|uale facoltà inventiva, e r associazione di similaiità siccome fonte delle scoperte i(h'ali. All'esercizio di questa facoltà identificatricc é dovuta primamente la classificazione volgare e superficiale degli oggetti naturali, poi la classificazione più razionale e nuova di cose già classificate. L'uomo di senso comune aggrega insieme le impressioni de' diversi sensi, la sensibilità organica col gusto. coU'odorato. col tatto, colla vista e coH'ndito. cogliendo l'identico nel vano, e com- pone altresì insieme in classi gli oggetti artificiali, giusta l'uso, cui servono, e la loro pra- tica utilità, come utensili, strumenti, macchine. Lo scienziato poi riconosce l'identità degli oggetti naturali non solo per rispetto alle loro imiìiessioni sensibili . ma altresì le loro proprietà recondite vedute dalla mente, e ])i(igii'disc(' dalle classificazioni arbitrarie ed estrinseche alle razionali ed intrinseche, dalle invenzioni della meccanica alle scoperte della chimica. Così dalla divisione aristotelica degli animali in acquatici, terrestri ed aerei ai fece passo a quella di Cuvier : dall' antica divisione del regno vegetale iu albeii ed arbusti a 20 ESPOSIZIONE CBITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN quella di Linneo. C'osi il Davy scoperse nella soda e nella potassa una sostanza metallica, appoggiato a rassomiglianze meramente intellettuali, ed il Goethe intravide un'analogia tra il fiore e la pianta tutta, e 1' Okon riconobbe nella foglia la pianta non solo . ma raffron- tando fra di loro le diverse parti di ciascun individuo nel regno animale fu condotto alla scoperta delle omoìogie . ossia identità di stiuttura di tutti gli animali vertebrati . di cui ne porge esempio la conispondenza tra le braccia dell'uomo e le gambe anteriori dei qua- drupedi, tra le ale degli uccelli e le pinne natatorie dei pesci. Fin qui si è contonijìlata la facoltà assimilatrice. che raggi'uppa in classi sempre più razionali una pluralità di oggetti insieme collegati dal vincolo di coesistenza . che perciò producono impressioni simultanee sui nostri sensi molteplici. Ma la potenza intellettiva, di cui discorriamo, si dispiega ben anco raccogliendo l'identico ed il comune fra la varietà delle sensazioni, che in noi si succedono alla presenza degli oggetti esterni. Di queste suc- cessioni altre sono ])eriodiche o ciclicle . come quelle delle stagioni, delle maree, dei rivol- gimenti (cle.sti. altre evolutive, come le diverse fasi, che percoire un vivente nel suo pro- gressivo sviluppo oi'ganico. ])ui' rimanendo sostanzialmente identico a se stesso. La storia medesima dell" umanità r un immenso insieme di successioni infinitamente varie ne' loro aspetti. Saper rintracciare le vere rassomiglianze in mezzo ai mutamenti profondi . che si succedono nei periodi storici dell'umanità è 1' iitticio più grave e più aiduo della filosofia della storia; ed i paralleli storici di'"i)('rio(li critici e delle grandi catastrofi sociali porgono alla facoltà dell'identificazione un campo stupendo e sempre nuovo in cui dispiegaci. Sotto questo riguardo contemplarono la storia umana Aristotele. Vico. Montesquieu, fermi nel concetto, che le istituzioni politiclie e sociali delle nazioni e delle stirpi, sotto la loro varietà apparentemente infinita . nascondono un sostrato identico e comune. Evvi poi un genere di successioni . dove il conseguente dipende dal suo antecedente, e ne è un jiortato : h la relazione scientifica di causa e di effetto. 11 vincolo di continuità esiste pur anco tra due fenomeni, che ai no.stri sensi appariscono assai discrepanti (come a mo' d'esempio la combustione e la ruggine) : ma se esso non viene appreso dalla percezione comune ed ordinaria ben si rivela agli spiiiti ])enetiativi. che giungono a scoprire la ras- somiglianza de" due fenomeni introducendo tra l'uno e l'altro un fenomeno intermediixrio. che li l'icongiunga sotto una medesima causa comune. Alla scienza induttiva, tutta intenta a rintracciare le cagioni de' varii fenomeni . abbisogna una intelligenza dotata di una potente facoltà identitìcatiice a fine di risolvere i suoi problemi. La facoltà dell' accordo spiega più ampia e j)iù profonda la sua virtù inventiva nel campo della scienza, e l'autore contempla gli effetti della similarità nelle divei-se operazioni scientifiche, l'astrazione, rinduzionc la deduzione, l'analogia. Queste funzioni intellettuali convengono nell'aver comune la natura di ragionamento, ma div(>rsano quanto alla forma propria di ciascuna. Astrarre, in sentenza dell'autore, è identificare più soggetti differenti mercè qualciie tratto comune, il quale viene riguardato siccome un soggetto distinto di pensiero. A ragion d'esempio, i fiumi molteiilici . che caddero sotto la nostra osservazione . in mezzo ad una considerevole diversità di circostanze, presentano al pensiero una forma comune, e tutti si riuniscono nello spirito non già come una miscela di cose insieme aggregate, bensì come una chis.sc stretta da un legame comune. Quindi l'asti'azione. quale la intende il Bain. ap- parisce priuuimento una classificazione formata di caratteri raccolti insieme, secondameut* PER GIUSEPPE ALLIEVO 21 m\?i ficnerdìizzazlonc o nozione generale, concetto od idea astratta (come nel citato esempio il fiume in genere od astrattamente considerato) : in terzo luogo V applicazione (li tin nome genrraìe alla classe; da ultimo una (Iffniizione, con cui si esprimono mercè il linguaggio i tratti somiglianti e le proprietà comuni della classe. L' autore scorge nella definizione la più elevata forma dell' idea astratta . che ci .serve di tipo, a cui raffrontare, gli oggetti, che rientrano in una classe: ma non mi pare, che l'astrazione possa da sé sola costituire una definizione, essendoché questa non abbraccia soltanto il comune, ma altresì il proprio, ossia il genere prossimo e la differenza specifica . e talvolta esclude il concetto comune, generale ed astratto e tutto si fonda sul ))ro))rio o sul concreto , come sarebbe la definizione di Dio. Discorrendo della nozione generale od astratta, e quindi del nome gene- rale ad essa a])plicato l'autore si trova di fronte alla gran questione, che agitò in sensi di- versi tutta quanta la Scolastica, voglio dire la controveisia tra il realismo, il concettualismo ed il nominalismo intorno la natura delle idee generali od astratte. Ei riconosce quanto sia malagevole compito quello di detemiinare la schietta e genuina indole dell'elemento men- tale chiamato idea astratta, nozione o concetto, ed avverte, che la dottrina oggidì preva- lente si avvicina ])iù o meno al nominalismo; ma a me è sempre parsa sentenza tra le strane stranissima quella di voler convertire concetti mentali in vocaboli puri senza verun significato, quasiché un vocabolo fiualun(|uc possa venire formato od adoperato senzachè esprima qualche idea od operazione della mente. Si potrà muover questione se le idee uni- versali godano di una l'ffettiva sussistenza in natura, come sostengono i realisti, o non piut- tosto siano concetti iiieraiiicnti' soggettivi di nostra mente, cui nulla risponde in realtà, ma ridurli a vani vocaboli (h'stituiti di ogni significato ideale è un rinnegare la natura mede- sima e la ragion d'essere deirmiiano linguaggio. 11 ragionamento astratto, nota l'autore, abbisogna mai sempre di una moltitudine di casi particolaii. su cui esercitarsi. A ragionare sulla giustizia riguardata nella sua astratta generalità occorre ranunentare un numero conveniente di azioni giuste avendo l'occhio ai caratteri connotati dal vocabolo giustizia, escludendone gli altri, che non vi sono compresi. Qualche volta si riesce a considerare in modo esclusivo un solo caso particolare concreto: ma è questo il piti sublime conato di astrazione, onde sia ca])ace lo spirito umano. Dall'astrazione l'autore fa passo all'induzione, la iiuale. sebbene sia anch'essa un'opera- zione generalizzatrice, che perciò si fonda sulla facoltà assimilativa, tuttavia riesce pifi ardua e più laboriosa, ma segna per ciò stesso un progresso nell'ordine delle scoperte ideali, essen- doché le generalizzazioni induttive appariscono più complesse delle astrattive. Infatti nel- r astrazione si generalizza una proprietà unica isolata dalle altre e comune ad un' intiera classe di cose, o se puie le ])roprietà sono |)iù di una. si fondono iiisicnu! in una sola unità, come si può scorgere nella definizione dell'uomo, in cui la mentalità e la corporeità fanno un tutto unico, che é l'uomo in astratto. Per contro l'operazione induttiva ne porge lo scontro di due proprietà distinte, insieme congiunte, m;i non fuse. Collocando ad esempio tutti i fiumi in una classe e definitmdoli mercé la proprietà comune a tutti, io u.so dell'a- strazione, mentre aggiungendo alla loro qualità comune ed astratta ([uest'altra. che i fiumi scavano il loro letto e depongono alluvioni in forma di delta al loro sbocco , compio una induzione, in cui unisco due pioprietà differenti , cioè lo scorrere dell'acqua fiumana per lungo tratto di terra colla circostanza del deposito di alluvione in un sito particolare. Di qui il divario, secondo il Bain. tra l'astrarre e l'indurre: l'idea astratta di fiume espressa 22 EÌ5P0SIZT0XE CRITICA l>KtLE HOTTRINE PRICOI.OOICHE TI A. BAIN (la un nome generale, è una nozione, ma nnu un giudizio, è una definizione, non però una affermazione, una proposizione, è un concetto, non i)prò una credenza, una legge di natura, ossia una costante coesistenza di due fatti distinti. 1" uno dei quali, (piando .sia presente, basta senza jiiù ad assicmai'ci dcdla ])resenza dell'altro. Perchè si componga un'aft'erma- zione generale . che poi espressa nel linguaggio diventa jiroposizione . non basta l'idea astratta di una sola proiirictà. die costituisce a])i)iuit(i una detinizione: bensì occoiTono due proprietà distinte, insieme congiunte nn^diante il verbo, (jui io veggo ritornare in campo l'errore ])iù su notato dell'autore che confuse l'astrazione colla definizione, e qui separa la definizione dalla induzione, lo mi sto air(^sempio medesimo da lui i-iferito. ('domando: alla proprietà astratta e comune, in cui egli lipoiic la definizione del fiume. |)ercbè non potrò io aggiungeiv in un solo ))ioiiunriat(i l'alti:! proprietà, in cui egli ripone la induzione, quella cioè, che ha il fiume di scavare il jiroprio letto e foiinaic un delta al suo sbocco? Ciò nulla meno al mio jiionunciato non disc(tiiv<'iiel)be la natui'a ed il titolo di definizione. Ampliamento dell'induzione è la deduzione, l.i quale lia per suo cai'attere distintivo l'in- ferenza, jìcrclii'' ne ])oige una cognizinne di cosa, che sorpassa la nostra attuale esperienza. Essa propriamente dinun'a nello estendere a nuovi fenomeni le propi'ietà già afterniate e riconosciute in altri fenomeni jìassati della medesima specie . ossia è la seopei'ta di una perfetta identità tia casi nuovi ancoi'a ignoti e ca-^i antichi già conosciuti. C\ consta da iinmmerevoli casi, che gli uomini attraversarono gli stadii successivi della nascita, dell'a- dole.scenza. della virilità, della vecchiaia segu'ita da morte: ne inferiamo clic (piesta soi-te toccherà a tutti gli uomini viventi di presente ed a tutti gli a venii-e. K chiaio. che sifl'atta operazione di inferenza od estensioni^ di pioprietà. in cui lisiede la deduzione, ha sua radice nella facidtà dell'accordo, che identifica in un jìnuto comune i casi nuovi e gli antichi . il futuro col passato, il presente eoli" assente. Sitì'atfa identificazione deduttiva può seguire questo duplice processo: I" Dato un cei to numero ili fatti particolari esemplati in una legge di natura scoprire altri particfdari, applicandovi la legge per guisa da rivelarvi nuovi caratteri: così Newton dalla legge induttiva, clic la combustibilità di una sostanza va con- giunta con una eccessiva lifrazicme di luce, ne iiifeii . elle il diamante è sostanza com- bustibile esso solo fi-a tutte le ])ietre ])reziose. 2" Dato un fenomeno ancora oscuro ed ignoto, rischiararlo co] mezzo de' casi analoghi n identici scelti fra i fenomeni chiari e conosciuti: cosi Franklin identificò il tuono od il folgoi'e dell'atmosfera C(dl 'elettricità quale si produce colla macchina elettrica. In amendue i i>rocessi l'oiierazione intellettuale èia stes.sa : l'iu- fercuza o d{!duzione i' un atto della facoltà, clic identifica ed accoi'da. L'astrazione, l'induzione e la deduzione .sono le tre operazioni cardinali della facoltà, che scopre e i-iti'ova la rassoniiglianz:! t'ra i casi ]);iitic()lari. Ogni gran passo della scienza. che non sia un'()sservazi(me od una espeiienza. ap|)artiene di necessità all'uno od all'altro di que' tre atti intellettuali. Incontia pelò più di una volta, che non essendoci concesso di pervenii'e allo scoprinn'iito di um> veia identità o l'assomiglianza, dobbiamo star jjaghi ad una semplice analogia per liaiiie nnu deduzione od inferenza. Tale sarebbe il caso di chi paragonasse lo stato colia famiglia, e quindi trasferisse al sovrano i doveri ed i jioteri del capo di casa. L'analogia fra questi due termini è grande : ma lagionei'ebbe assai torta- mente chi la spingesse ad una vera identità, essendoché l'analogia è relazione di rassomi- glianza nella diversità del soggetto. Meno stretta sarebbe l'analogia, che intercede fra i diversi stadii evolutivi di una pianta e quelli di un animale: jiiù remota sarebbe ancora PER GlfSEPPE ALLIEVO 28 quella tra lo sriluppo di un animale e lo sviluppo della mente umana, o lo sviluppo della umanità presa nel suo insieme. Le operazioni intellettuali tin iiiii discorse niostiano la virtù inventiva della facoltà dell'accordo. l;i, (|uale nicicè l'astrazione identifica in una classe (ìiìi differenti soggetti sco- prendo l'elemento coniniii'. incili convengono: mediante l'induzione congiunge insieme due proprietà distinte e scopre una legge di natura : c{)lla deduzione estende a nuovi casi ancora ignoti le proprietà già ricono.sciute in altri casi identici passati, scoprendo nuovi caratteri mercè l'applicazione delle leggi induttive. Però (luesta teorica dell'autin-c soggiace adalcune difficoltà oltic a (|uell(' già sollevate. L'astrazione non precede l'induzione, ma vi è impli- cata, perche non Milo a t'ormare classi di più soggetti ditt'ei-enti occoi'i-c l'astrazione, che scopra il loro elemento couiune isolandolo dalle (|ualità pi-opiie e peculiaii . ma ben anco a scoprire merc'è l'induzione una legge di natura necessita l'uso della facoltà asti-attiva, la quale raccolga e fermi il tiatto comuni' a più fenomeni pai'ticolari. lasciando da parte le circostanze («l'atteiisticlie <• |iiopiic di ciascuno. Oltreccliè la deduzione non è tutta, come sentenzia il Baio. iicirainpIiHre una legge di natiiia estendendola a nuovi particolari non caduti sotto la nostra espeiienza . ma si esercita iien anco nello esplicare da un pnncipio genei'ale conseguenze in esso implicate. L'efficacia della similarità si manifesta non soltanto ir'H' ordine della scienza , ma altres'i nel giro della vita pratica, ossia nell'invenzione e nel culto delle belle arti, e nel governo degli att'ari pubblici e privati. Mercè la fai^oltà dell'accordo l'artista si procaccia buona copia di impressioni esteticlie ricliiaiiiando aH'iiojio tutto, die somiglia in qualche modo all'oggetto, che ha sott'occhio. L'intelligente ed esperto amministratore, che abbia tramano il disbrigo dj una faccenda, ricorrecol pensiero ad al tra passata, che le corrisponda, e da questa piglia- nonna ed indiii/.zo per lo scioglimento

  • ei-sistenza o continuazione delle impres.sioni sen- sitive, poi la so]ipressione dell'iigente esterioie surrogata dalla forza interiore intellettuale. Una sensazione acustica non cessa col cessare dell'onda sonora, che aveva colpito l'orecchio, ma persiste e dura più a lungo: ed estinta che sia. la ritentività, con una virtù superiore alla precedente, la lavviva trasformata in idea, (.'osi alla realtà della sensazione determinata f PER (JIISEPPK ALLIEVO 25 dalla presenza delFoggettu esteriore succede la trastbrinazione ideale, e lo spirito jiassa dalla vita concreta ed attuale ad una vita, che scorre quasi tutta raccolta in un mondo di idee. La sensazione presente od attuale diversa essenzialmente dalla sensazione passata odjdeale in ciò, die essa si connette col senso della realtà obbiettiva : questo è carattere suo proprio e distintivo, che manca affatto all'idea. La sensazione cagionata dalla vista del sole è ben altra cosa dall'idea o seasazione richiamata, come altro è l'originale vivo e con- creto ed altro la copia, che lo raij])i-esenta. l'eiò malgrado questo essenziale divario evvi tra la sensazione e ri('usi. onde r lecito arguiiiic. che \-a facoltà, di cui discoiTe il Bain. è nulla più che riinagiuazione sen.sitiva o fantasia animale, ammessa dall' uni vei-sale dei psicologi, comune all'uomo ed al bruto, facoltà di litenerc e ridestare sotto forma di fan- tasmi le sensazioni e di collegarle, senza stimolo esteiiio. I^'origine prima del sensismo dimora appunto nel convei-tiie questi fantasmi od imagìni sensitive in idee i-azionali. e riguardare la sensitività siccome l'iinica e snpjvma fac(dtA conoscitiva dello spirito umano. La ritentiva dell'autoie essendo una continnazioiie della sensitività, non può trascendere la sfera della medesima, ed assumere natura e caratteie di funziiuie lazioiiale : e se egli l'avesse riguardata ((uale ima facoltà intermedia tra la sensitività esteriore e l'intelligenza umana, non si sarebbe male apposto: l'eiTore suo sta appunto nell'averle assegnato un uificio intellettuale, anzi un compito scientifico, come vedremo discorieudo della ritentività nella scienza. Posto il ('oucetto detinitivo della litentività. l'autore passa a discorrerne lo sviluppo conformandolo all'associazione di contiguità. Ina sensazione passata rism-ge nella coscienza ogni qualvolta presenta-si di fatto qualche impressione, che sovente si riscontrò accompa- gnata da quella sensazione medesima, sicché l'una rimanga inseparabile dall'altra. K questo il principio di contiguità, che governa la facoltà ritentiva, fm-molato nei termini seguenti : - Le azioni, le sensazioni, gli stati di sensibilità, che si piesentano l'uno coll'altro. o l'uno immediatamente dopo l'altro, tendono ad unirsi strettamente, ad adei'ire l'uno all'altro, per guisa che. allorquando l'uno di essi pi'esenta.si allo spirito, gli altri sono s.uscettivi di essere evocati dal pensiero ». Questa legge di contiguità l'autnic a]i|ili(a anzi tutto all'attività muscolare, cioè a tutte guise di nu)vimeuti. di attitudini e sforzi di icsistenza. 1 movimenti muscolan. incerti e lenti nelle loro prime l tdiv.o libro di Knolirle , O'I .'ill'iinpri tnttp (|iielln elio i)iiioe(lono o su crii .si .nppoRjfiano <|iii,'ll« iIpI ti'i/.o lil>i-r). .Neoossita altresì, l'ho scilii nnlln sua incinoria tutta la lingua, la lUale rappresoiita con vocalroli (|rianlo non prii'i venire nflciMo all'cii-chin per via d'imagini; il ciré pniie u scriissima prova radcsivitii ritnntiva ilimn spirito pei In ariile formo, docorrc inoltre, che ipiestc forme si fissino rapidamnnte nello spirito ad ogni passo ; altramente ì primi anelli ili una deduzione andrebbetxi perduti prima che i siissegueiili abbiano potuto tVrmarvisi ». PER OirSEPPE AIXIEVO 29 sopra le proprietà appariscenti ed i fenomeni sensibili degli esseri della natura, acco- gliendoli in se e fermandoli in modo che aderiscano alla facoltà intellettiva. Epperò la ritentività. questa forza adesiva dell'intelligeiiza. impronta due distinte classi di spiriti scientifici conispondenti ai dup esti-emi delle scienze obbiettive, ciò è dire gli spiriti mate- matici, ed i naturalistici. (|uelli tempiati per le speculazioni astratte e simboliche, questi rivolti al concreto e reale. Le scienze soggettive, altro gl'ari ramo ileUumano saliere, abbracciano nella loro cerchia tutti i fenomeni interiori dello spirito e riposano pssenzial mente sulla coscienza, che ciascuno di noi possiede de' proprii atti. Al psicologo abbisogna come condizion neces- saria una memoria ricca di stati soggettivi, ossia di sentimenti e di idee considerate nelle loro attinenze collo spirito, l'ero, rintracciando le condizitmi speciali necessarie a ritenere nella memoria gli stati soggettivi, non ci soccoiTono al pensiero che condizioni negative. Possiamo pronunciare in generale, che la coscienza soggettiva sta in ragione invei-sa dell'at- tiva esteriore, vai (|iiaiito dire che lo spirito tanto meno è portato alla contemplazione del mondo intei'iore. (juanto ))ii'i vivo !• riiit('ics-,e die prova per il mondo circo.stante. e quindi pili forte l'impulso, che lo trae veiso la natura esterioi'e. I/energia s])iegata verso l'oggetto è sottratta alla coscienza del soggetto, mentre, alloraquando i movimenti esteriori sono fie- voli e lenti, lo spirito si raccoglie in se stesso, i fenomeni soggettivi chiamano sopra di se l'attenzione jisicologica. e meglio son conosciuti, più tenacemente ritenuti. Una potente disposizione all'esercizio dell'attività spontanea muscolare, ed una spiccata vivezza de'sensi esterni su})eriori. (|uali sono la vista, l'udito, il tatto, vanno lìerciò annoverate fra le con- dizioni negative, chi- si oppongono airac(iuisto del sapere psicologico. Da questa esposizione appan; vieppiù manifesto, (juanto sia fondata rosservazionc critica, che siiperioiineiite mi vcinic fatta intorno al concetto della facoltà ritentiva emesso dal nostro autore. N sue (liù elevate applicazi(mi suppone la to- talità della conoscenza acquisita, la quale dipende dalla funzione ritentiva ». Dalla scienza jinra passa ì! Hain a contemplare lo sviluppo della facoltà ritentiva nel campo della vita pratica e reale, e mostra con ingegnose osservazioni ed esempi come 30 ESPnSIZinNF. fKITICA PELLE IlOTTRIXE PSICOLOGICHE PI A. BAIX nel commercio, nel traffico e nell'industria occorre a ben riuscire l'acquisto e la fama di certa quale abilità dipendente dalla conoscenza delle abitudini e delle indoli degli uomini, con cui si trattano affaii : conif iiellc hf^lle ai-ti il talento dell'artista è in gran parte il necessario risultato dell a< qnistn (lipcndtMitc lUilln fm/a di ccnitifjuità. per cui egli apprende le conqxisi/ioiii de' suoi predeccNSiiri e tìssa nel ^nn v|iirit(i (|iip11<' da lui prodiitte. a fine di destare in altii emozioni estetiche : come nella storia gli avveiiiuienti. a cui abbiamo noi medesimi a.ssistit(). si fissano nt'l nostro spjiito. e la facoltà ritentiva venga sorretta e raf- forzata dall'intei-esse generale, che ci inspirano le gesta umane, e dall interesse particolare >' personale che noi scorgiamo negli avvenimenti: come infine nella nostra vita passata le vicende, che abbiamo percorso, si inipiimono nello spirito per forza di contiguità e possiamo richiamarle più o meno esatte secondo la t'oi-za della ricordanza, che ne conserviamo, e rome la storia di noi medesimi non sia davvero conijiiuta se non quando essa contenga ciò che abbiamo fotto accanto a ciò. die abbiamo minto e sfiitita. Della facoltà costruttiva. Discorse finqui le tre facoltà costitutive dell" umana intelligenza . quali sono il discer- nimento, l'accordo e la ritentiva, parrebbe con ciò condotta a compimento la teorica del- l'intelligenza ste.s.sa. L'autore tuttavia consacra un intiero capitolo ad un'altra funzione intellettuale, la costruttiva, come distinta dalle precedenti: quindi .sorge spontanea la dimanda, quale sia la lagion d essere eli (quest'altra facoltà . e se veramente possegga una natura specifica sua propiia . che dalle altre la diti'ereuzii . o non piuttosto sia in queste sostanzialmente implicata, llgli ne aveva già acciMinata 1' esistenza di.scorrendo della legge od associazione di similarità siccome fonte delle scopei'te ideali, ed avvertendo che le ope- razioni scientifiche dello astrarre, dell'indurre e del dedurre implicano ben di frequente alcunché di più che il })aragone dei casi paiticolari. i quali si rassomigliano, ciò è dire le operazioni costruttive dell'intelligenza, die comiiiono la facoltà scientifica. L'autore procaccia fin dalle jirime di chiarire le attinenze . die intercedono tra la costruttività e le altre facoltà intellettuali, ma dalle sue parole non traluce un concetto lucido e fermo. ■■ Nei precedenti cajiitoli abbiamo avuto per unico oggetto la reviviscenza letterale, la restaurazione fedele delle nostre azioni, emozioni. ìmagiui e serie di idee pas- sate (1). Non abbiamo trattato delle opei-azioni mentali denominate imaginazione, creazione, costruttività mercè cui ammettesi. che noi manifestiamo forme nuove, costruiamo imagini • concetti, metodi, di cui non troviamo sperieuza nel passato nostro, i'ure il genio del pit- tore, del poeta, del musico, dell'inventore nelle arti e nelle scienze suppone di sicuro un processo di simil natura. Trattando della facoltà di similarità. . . . abbiamo veduto, che la facoltà di richiamare il simile per mezzo del simile malgrado la lontananza e le fallaci apparenze entra in un gran numero di sforzi d'invenzione e nelle scienze e nelle arti. Ma ora dobbiaiiiii o((ii]i.irci di costiMi/.ioni più complesse. Sonvi s<'opei1e . che sembrano vere (I) So cosi stesse la cosa, come .soi'ive l'aiitoie, sarebbero tornato impossibili lo operazioni scien- tifiche dell'astrarrò, deirindurre e del dedurre, che sollevano la mente a tipi universali, oho non suBsiatono in natiu-i. PER fiU'SEPPE AM.IEVO 31 croazioni. come l'intiera scien/a delle matematiche: e nelle belle arti una cattedrale gotica: un poema, come il Paradiso pcntnta sorpassano d'assai i j)iù gi-andi sforzi della facoltà d'identificazione ridotta alle sole sue forze {I sriisi e l'iìifillificuzn. a pa^. 028) ». Se adun- que la facoltà identificatrice. ossia la similaiità . non iia in sé tanto di virtù da creare le scienze matematiche e produirc i capolavoii dell" aite, vori'ebbe la logica che si riguar- dasse la facoltà costruttiva siccome dotata di natui'a sua pi'opria . che non è quella del- l'accordo. Per lo contrario l'autore, inconseguente a questo suo concetto, tosto soggiunge : « Tuttavia le forze intellettuali, che opeiano in (lueste ci'eazioni non sono altre, che le facoltà d'identitìcazione già studiate. Le nuove ccunbinazioni si formano cogli elementi, che lo spirito possedeva di già. e che apparvei'o giusta le leggi, che conosciamo (ihifltui) ». Intende l'autoie per facoltà (distruttiva il [ìoteie. che ha lo spirito umano di formare nuore combinazioni od aggregati, che (l/ff'rr/srovd da (ciascuno di quelli . che si sono ad esso presentati nel corso dell'esperienza, 'l'iv sono le principali ci>ndizioni necessarie al suo sviluppo: 1° gli eJpiiKMiti. (iiidc si coniiiongono le sue costruzioni, vainio sommessi all'im- pero della volontà ; 2" uopo è possedere il sentimento dell" effetto, a cui si intende, ossia del fine proposto a conscguiT'c ; '.V occorre che la volontà si eserciti in continue [irove e rinnovi i suoi tentativi fintantoché abbia raggiunto l'intt'nto. La costruttività adunque non dimora in un atto puramente intellettuale . ina nel dominio che la volontà esercita sugli acquisti fatti dall'intelligenza e dalla sensibilità, sospendendo a suo grado i sentimenti, lo azioni, le idee ed atteggiandoli a nuove forme. Il senso poi dello scopo, che si ha in mira, somministra il critei'io per giudicai^ del risultato, e senza la chiara percezione del fine l'ef- fetto non si raggiunge mai. L'autore va successivamente studiando con sottile accorgimento l'intervento della facoltà costruttiva nei movimenti dell'attività spontanea . nel!' apprendimento progressivo del linguaggio, nei sentimenti di peso e di l'esistenza, nelle sensazioni della vita organica e nei sensi esterni, mostrando come essa giovandosi di elementi o stati di coscienza passati ne componga un tutto nuovo, che non ha riscontio nella storia della nostra particolare esperienza. Mercè la facoltà, ili cui discoiiianui. lo spiiito umano è fatto altresì capace di costruire un oggetto concicto metliante (|ualità astratte: tale è 1' imaginazione, per cui ci rappresentiamo un paese giovaiuiosi di una carta topografica o di un disegno . o diamo realtà, moto e vita ad un tipo astratto descritto dal linguaggio. Il genio costiuttivo si spiega sotto una foiiua nuova e più elevata nel campo della scienza, nelle invenzioni pratiche meccaniche, nel maneggio dei jiubblici affari, net culto delle belle arti. In tutti questi ordini dell'attività umana occoiie ceita i|uale originalità di mente riposta in un carattei-c vigoioso . , che sentesi tratto a spiegare senza posa e senza fatica la sua enei'gia in tentativi e esperimenti di ogni guisa finché abbia toccato l'intento. Però questa originalità riveste due forme diverse secondochè si eseicita nella sfera della scienza o nel giro della pratica: in quella |irediiniinano le operazioni d'identificazione note sotto il nome di astia/ione, di induzione, di deduzione; in questa ]iiev»le l'osservazione e l'esperienza. Nelle costruzioni scientifiche le forze impegnate sono ))uraniente intellettuali : nelle costruzioni iiratichc l'attività del corpo e dei sensi è condizione indispensabile. Giova ora seguire l'autore che discorre la costruttività nella scienza e nelle arti belle. A dir vero, trattando l'intervento della facoltà costruttiva nell'ordine del sapere scientifico, l'autore ripete su per giù quanto aveva già discorso intorno l'ufficio scientifico della 32 KSPOSIZIONK CRITICA IlKLLK POTTRINE PSICOLOGICHE HI A. BAIN similarità e della ritentiva : il che conferma vie niag^ionnente, che la costiuttività anziché avere una ragion d'essere sua propria, per cui voj^lia essere discolia a parte, si confonda colle altre funzioni deiriutellif^enza. Cosi iììuIìukIo dell astiazione. che per Ini è la gene- ralizzazione ( 1 ) di un attributo unico presentato allo s])irito M'parataniente dalle altre pro- prietà, con cui è congiunto in natura, cita in rMMupio l'idea astratta di gaz siccome appar- tenente ad un ordine di astiazione assai sottile, per cui vimlsi aggiungere un grande sforzo di costruzione alla forza di identificazioni': il che non i-i pare. Avverte, che il matematico oltre un'attitudine intellettuale i)er ritenere e risvegliare le forme matematiche dehb'essere fornito di un gusto nativo per le mech'sinie pei- sollevarsi a scoperte originali : avvertenza, che l'autore aveva già espresso parlando della ritentiva. Osserva, che rinduzi(nie può essere un semplice sforzo della forza riproduttiva della similarità ed esigere oltre di essa una costruzione; e che il vasto edilizio delle scienze matematiche è splendido esempio di costru- zione, che si distingue dalle .scoperte di ])ura identiticazione giusta la legge di similarità. Da questa osservazione io ne arguisco che la scienza, e segnatamente la matematica è un portato non più della facoltà identificatrice e della ritentiva (come l'autore aveva stabilito altrove), bensì della funzione costruttiva, togliendo co.sì alle une quelle, clie qui concede all'altra ; e se qui la facoltà costruttiva apparisce una virtù supenore e specitìcamente distinta dalle altre virtù intellettive, più non regge il pronunciato dell'autore, che « le forze intellettuali, che operano in queste creazioni, non sono altro che le facoltà d'identi- ficazione già studiate ». Le costruzioni scientifiche inteiulono ad un fine speculativo, l'acquisto della verità, come le costruzioni meccaniche rispondono ad un fine jn-atico. che sta nell'adempierp alcune necessità della vita materiale : in entrambe domina sovrana l' intelligenza disgiunta dal sentimento e dall'affetto, la quale o inedita la realtà o cerca di convertire le forze della natura in istrumenti del nostro benessere. Per contro, nelle costruzioni estetiche all'intel- ligenza, che contempla od utilizza la natura, si accoppia il sciitiniento e l'affetto del bello, dell'armonioso e del sublime: qui risiede il loro carattere distintivo; qui tiene il suo campo l'imaginazione veramente intesa. L" emozione estetica, che tanto si dispaia dal senso del- l'utile e dal piacere della vita organica, è es.so il potere moderatore di ogni lavoro imagi- nativo, il germe di ogni sforzo creatore: satisfare al sentimeuto del gusto è scopo supremo delle arti belle. Però, sebbene questo senso estetico .sovraneggi nelle creazioni dell'artista, possono intervenire a crescerne l'interesse altre jioteiiti emozioni, che non sono d' indole estetica, quali la rabbia, il terrore, la tenerezza, l'egoi.smo, passioni, che. mentre sono fonte di corruzione e disordine nel dominio della scienza e della vita pratica, possono venire dal- l'artista giustamente tesoreggiate. 11 Bain annovera siccome qualità dell'artista un'adesività per l'elemento o sostanza, che egli lavora, congiunta ad una sensibilità speciale per Veff'rtto proprio dell'arte, e^ lo paragona per poco ad un operaio, che fa un lavoro meccanico, e che a perfezionai-si nel- l'arte sua abbisogna che si procacci la destrezza manuale necessaria. L'artista sceglie i materiali de' suoi lavori dagli oggetti, che sono adatti a suscitare emozioni estetiche in chi (I) Propriamente parlando altro ù astrarre, altro geueralizzare, L'astrazìoue 'separu un attiibutu daiiW altri. ripi'rMulenilolo in ih solo, la geuerali^za/.ione lo considera come partecipabile da tutti gli individui della «tesaa specie. PER GIUSEPPE ALLIEVO 33 li contempla . e. quando siffatti pjpmenti stanno davanti al suo spirito . si compongono quasi da per sé a proprio luogo. Avere la mente tornita a dovizia di questi materiali non basta: ravvivarli all'uopo imianzi alla mente, e scernere i più acconci all'ideale concepito e comporli pei- guisa, che rispondano allo scopo proposto, qui sta il magistero dello artista. Poiché a lui non è lecito abbandonarsi, come chi sogna o fantastica, al libero coi-so delle sue immagini ; ma gli è debito di satisfare alle condizioni della convenienza, dell'accordo, della melodia, e svegliare in altri questi sentimenti . e rimuovei-e tutto, che possa urtare il gusto de' suoi uditori. Certo e. che tanto meglio riesce ad adempiere le non poche con- dizioni di un vero capolavoro, quanto maggiore è la copia de' materiali . onde va provve- duta la sua imaginazione. L'autore non intende di spiegare pei- filo e per segno la natura propria di quell'atto mentale, che è la costruzione artistica, pre.sentendo le vive polemiche . in cui si dibattono le moderne teorie dell'arte. Tuttavia egli sentenzia fermamente che deve l'artista intendere, siccome a suo supremo oggetto, al .satLsfacimento delle emozioni estetiche, e che perciò il pigliare per tipo la natura e mirare alla verità come a scopo tinaie, non s appartiene ad esso, ma allo scienziato. Quindi, mentre è indeclinabil ufficio del dotto e del pensatore il contemplare la realtà sotto tutte quante le su(^ forme, non trascurando verun oggetto per quantunque spiacevole ed increscioso, l'artista, guidato dal .sentimento del gusto, come da sovrano criterio, sceglie dalla natura solo quel tanto, che meglio risponde al suo senso del- l'arte, e taltìata modifica a suo grado la realtà medesima. (ìiova però avvertire, che nella musica e nella danza la verità e la natura non hanno che fare, mentre nella poesia . nel romanzo, nella pittura il soggetto viene per lo più attinto dalle realtà della natura o della vita, ed abbellito poscia dal genie» artistico, e per ciò appunta, che l'argomento non è me- ramente fantastico, l'artista debbe. nel trattarlo, avere qualche riguardo alla verità, non isvisando la realtà della storia o dell esperienza, pur mentre intende ad appagare il senso del gusto. Di certo, il gian poeta non va trasformato nello storico e nel moralista, i quali ritraggono la natura umana (;on tutta quella fedeltà rigorosa, con cui l'anatomista ci pone sott'occhio perfino le più minute congiunture del corpo nostro : pure se gli venga fatto di sollevare la realtà nelle regioni dell'ideale senza of^'endere la verità, riscuote applausi do- vuti al suo genio. Appare da tutto ciò. qual giudizio jiorti l'autore di quella scuola recente, che, intenta a conciliare l'arte colla natura vuole frenato il volo della libera imaginazione e tratteggiate nella loro naturale schiotte/za le realtà del mondo fisico ed umano, appagando ad un tempo le varie emozioni estetiche. Kgli riconosce l'importanza di questa teoria ed il merito del- l'artista, che ricerca il vero. Tuttavia non è di avviso, che la rappresentazione della verità sia il compito supremo dell'artista ed il jn-inci pale suo pregio. « Evvi (egli scrive) e sempre vi sarà un divario tra il grado di verità, cui un artista può raggiungere, e quello, che può venir conseguito da un dotto e da un uomo d'affari. Il poeta non può consacrare allo studio delle realtà un'attenzione illimitata. 1 lettori non domandano la verità per sé stessa , né vogliono che venga loro offerta sotto la severa forma di un'esatta nomenclatura . . . Non dobbiamo chiedere all'artista, che ci conduca alla verità: basta, che non ce ne allontani {/ sensi <■ l'intdl., pag. .■■)fì4) ». Veramente io non iscorgo. quanto divario interceda tra •.la teorica dell'autore e quella del verismo (come oggidì si denomina) da lui ripudiata; poiché se egli sentenzia, che oggetto supremo dell'arte é il satisfacimento del gusto estetico, Serie 11. Tom. XXXIV. 5 S4 ESPOSIZIONK CRITICA [IF.I.I.K DOTTRINE PSIC0I.0(5ICHE DI A. BAIN anche i veristi pronunzia im. die l'artista, pur mentre ritrae la realtà qual è in >i' >tessa, lieve appagare il sentimento del bello, dei firazioso e del sublime. Ma il senso del gusto estetico, che si vorrebbe fmidaniento primo e norma sovrana dell'arte, è esso indipendente per guisa, che contenga in sé niodesimo il propi-io fine, o non piuttosto va subordinato a piincipii superiori pruprii dell'ordine speculativo e morale? Qui sta tutto il nodo della pre- sente questione, che l'autore non pare ai)bia veduto, e che pure avrebbe dovuto risolvere sia per determinare il vero senso della sua teorica, sia |ier rilevare in die essa differisca da quella del verismo. Pervenuta a questo punto la critica, può miiovei questione . se la virtù estraente e costruttiva, quale è intesa dal Bain. arguisca nello spirito umano un'altra facoltà superiore specificamente distinta dalla percezione sensitiva, e sia conciliabile colla dottrina di lui, che fa derivare tutto i|uanto il sapere dii 11 "esperienza sensibile. « L'intelletto (egli scrive) non può mai trascendere i limiti della sua propria esperienza, della sua conoscenza acqui- sita vuoi tisica, vuoi meta tisica. Quel, che sappiamo mei'cc i nostri sensi, posti in rapporto col mondo esteriore, e meicè il nostro senso intimo, è il fondamento, l'abbici di tutto, che siara capaci di sapere (1). Conosciamo i cohu'i ed I suoni, il piacere ed il dolore, le diverse emozioni chiamate stupore, timore, amore. c^oUeia. Se vi fosse qualch'essere dotato di sensi diversi dai nostii. non potremmo in veriin modo comunicare con esso. Se vi sono fenomeni, che sfuggono ai nostri sensi limitati . sai-ebbero al di .sopia della nostra conoscenza {Lo spirito ed il corpo, (mg. '11 '1. ediz. francese) •>. Pedissequo di Giovanni Locke, il quale, alla duplice esperienza, sensiliilr od esterna, e psicologica od interna, aveva aggiunto la riflessione, che lavora sui materiali da i|uella somministrati, anch'egli il Bain aggiunge al- l'esperienza la facoltà compositiva e costruttiva dello spirito. la (juale acconcia insieme in differentissime guise le lettere del nostro alfabeto di sensazioni e di sentimenti : ma ben tosto soggiunge, die essa facoltà sta ristretta entro a limiti cosi angusti, che gli elementi del suo lavoio ideale non |)ossoiio essere di altra indole e natura da quelli dell'esperienza. Di qui mi è lecito ai'guire. die siccome Condillac logicamente respinse la riflessione lockiana siccome ([uella. die nulla aggiunge di nuovo alla sensazione, della quale è una mera tras- formazione e iiiilla più. cosi la facoltà costruttiva del Baili non mostra un indole speciale ed una sua inopria natura, die la ilit^'ereiizii essenzialmente dalla esperienza, bensì va riguardata ipiale una tiasforniazione della iiiedesinia. siccome quella, che nulla aggiunge ad essa e non ne trascende la virtù conoscitiva. Preoccupato dal pensiero di trai're tutto quanto il sajiere dall'esperienza . il Bain restrinse oltre misiiia i limiti della riflessione speculativa, o. com'ei la denomina, della fa- coltà co.struttiva. (.'he la mente umana non possa snll(>vai>i di botto alla conoscenza di certi principii ideali e di certe entità trascendentali e soprasensibili, senza aver pigliate le mosse dalla percezione degli oggetti sensibili, noi noi neghiamo, essendoché lo spirito umano (I) Il Bain riproduce qui l'identica teoria di Lockk, che cosi scrive: " Donde mai attinge l'anima tutti quei materiali, che sono come il fondo di ogni suo ragionamento e conoscenza? K ciò risponde ili una parola dall' esperienia : ijui sta il fondamento di tutte nostre cognizioni: di qui esse traggono la loro prima origine. Le o.«x<;ri'(iji(»ii, che facciamo sugli Oggetti eslpriori e sensibili, o sulle interiori operazioni della nostr'anima, che appercepiarno e sulla quali ri/ìeitiamo, /bmiscuno ul nostro spirito I materiali di tulli i situi pensieri. Sono queste le due sorgenti , donde rampollano tutte le idee, eh» abljiamu o possiamo naturalmente uvere [Sat^yio suW itucndinieuto ecc., lib. I, capo 1°, ^ 2). PER GIUSEPPE ALLIETO 35 è tale di natura, che non possa spiegare certe sue virtù intellettive se prima non ha per- corso certo qua] periodo di sviluppo : ma le conoscenze speculative tanto si sollevano sopra le conoscenze empiriche, che vanno riguardate non come semplici trasformazioni od elabo- razioni di queste, bensì come essenzialmente diverse, epperò anche la ragion pura o spe- culazione essenzialmente si differenzia dalla pci-cezione sensitiva. Difatti lavoi-ate. finché vi aggrada, mercè la riilessione. i dati dellesperienza. che sono di loro natura mutabili, par- ticolari, contingenti, né vi verrà fatto giammai di trarne fuori le idee eli Dio. del giusto, dell'onesto, i principii immutabili, assoluti, universali, necessarii. che informano la ragione fondamentano le scienze. Invano obbietta il Hain. cbn gli l'icmenti. onde la facoltà co- struttiva compone le sue conoscenze sintetiche, sono pur s(Mnpre i dati dell'esperienza, poiché egli non avverte, che quell'insieme ideale, a cui vengono conformati ed acconciati i molte- plici dati empirici, trascende la virtù dell'esperienza ed abbisogna di una facoltà essenzial- mente superiore, che lo concepisca. La mente dell'arcliitetto. che costruisce l'ideale di un palagio, è di ben altra natura dalla facoltà visiva sperimentale del bruto . che percepisce i mattoni, i sassi, la calce ed altrettali plpnienti. onde viene poi ad essere costruito quel- l'edificio medesimo: se pure non si ardisca sostenere non esservi sostanziale divario tra il genio umano, che scopre od inventa, e l'esperienza del bruto sempre legata alla singolarità del momento ed alla monotona unifdnnità. Teorica della volontà Alle facoltà del sentire e dell'intendere gli esseri dotati di spirito accoppiano la virtù del volere, ossia l'attività esteriore, in sentenza del nostro autore. Il Kibot esponendo la dottrina del Bain(l) loda il psicologo inglese, die seppe contemplare e ritrarre la volontà in tutti gli stadii del suo suei-essivo sviluppo. d;il jiunto primordiale, in cui essa è niente più che un oscuro germe, un istinto pressoché fisiologico, sino al suo finale periodo, in cui sotto nome di libeilà suppone l'intelligenza e fonda la moralità. Questa lode del Ifibot h accompagnata da un biasi , che egli muove Mll'antica e ((inaine psicologia, la quale nella teorica della volontà, isolando il fatto della sua deteriiiinazion(^ dulie cundizioni . che la preparano, e dai risultati che la sussegiKino. giunse a convei-tii-la in un [imito matematico, in una mera astrazione, ([iiale ('■ appunto la pura risoluzione della volontà disgiunta dai motivi clic la detcì niinano. e (laUazioiie esterna, in cui essa risoluzione viene tradotta. A me non paie fondato (iiiesto liniproveid. essendoché la psicologia ordinaria non disgiunge punto lo studio della volontà da ((uello de' motivi, che sono condizione del suo sviluppo, e degli atti esteriori . in cui s'incarnano le sue risoluzioni . e si pro))one di contemplare la volontà l'azionale, (piale l'ifulge nella moralità umana, non già ([nella volontà meramente fisiologica ed istintiva, che inijn'oprianiente alcuni attrihuiscdiio ai bruti, (guanto [loi alla lode, ch'egli dà .■il U.'iin, |ierch('' sia fondata in re.'iltà. fai'(^hl>e mestieri avei'e prima dimo- strato (cosa che non ei-edianio [lossibile). clic l'istinto fisiologico, da cui si vorrebbe esor- dire la volontà, [wssa trasformarsi in (piella facoltà nobilissima, che è la libertà morale umana. Alcuni discesero ancora più giù dello stesso Baili, e pretesero di scorgere le prime (1) Th. RiBOT , Im psicologie aiiglaise contemporaine. Z6 ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHF. HI A. BAIN manifestazioni della volontà non già negli esseri animali, ma nei vegetali, anzi negli stessi corpi inorganici della natura. Tale ('■ la teoria contenuta nelFopera di Arturo Schopenhauer Il mondo coìiip roloiitù. dove questi» ardente avversario di Hegel riguarda la volontà sic- rorae l'intimo fondo assoluto della realtà cosmica, .siccome la forza universale, die percor- rendo tutta la scala degli esseri si eleva per gradi dalle leggi fisiche della materia bruta fino alla coscienza nell' animale dotato di scuso e di percezione, tino alla ragione ed alla morale nell'uomo. Come possa attribuirsi una volontà alla forza, che fa gravitare la pietra verso terra, ed alla pianta, che vegeta, e conje l'inconscio e fatale istinto del bruto possa svilupparsi nella conscia e libera volontà . su cui si appoggia la moralità umana, è tale arcano, che e lo Schopenhauer ed il Bain invano si argomentarono di rivelare. Il iJaiu concepisce la volontà un' attività determinata dal sentimento : e siccome l'operare suscitato dal sentire è azione mentale, perciò il volere è tal proprietà . che si riscontra in qualchesiasi spirito. Discorrendo dell'intelligenza, già ci venne notato il vincolo, che la congiunge col sentimento, là dove abbiamo avvertito, che uno stato di coscienza è fientimento. se accompagnato da piacere o da pena, è intellezione se venga conosciuto come differente o come simile ad altri stati psicologici. Un vincolo non meno intimo collega il sentimento colla volontà, non potendo questa esplicarsi ove non sia suscitata e governata da quello. Vediamo ora di chiarire il concetto dell'autore, che ripone la virtù del volere in una sintesi dell'attività e del sentimento. Evvi in noi un' attività spontanea, che s'insedia nei centri nervosi e si esplica per propria virtù interiore senz' essere mossa da impressione esterna . nò determinata da sen- timento anteriore : essa mette in moto i muscoli ed opera sugli organi del corpo senza verun fine particolaie presente all'intelletto. Questo fatto dell' attività spontanea è il pi'eludio della volontà, la quale allora sarà costituita nell'essere suo. quando a quel primo elemento si aggiunga l'altro non meno essenziale del sentimento, (ti-, come interviene il sentimento a suscitare la volontà? Poniamo, che la nostra attività spontanea, che ha nei muscoli la sua sede fisica, e che è la .sorgente primordiale del potere volontario, sia mes.sa in moto da una impressione esteriore, e testo sorge in noi un sentimento . che può essere piacevole o molesto, cioè o favorevole, o contrario al nostro ben essere. Or siccome è legge della nostra conservazione individuale, che il piacere rinforza ed aumenta l'attività nostra, il dolore pei" contro scema e combatte la nostra energia vitale. (|uindi ne consegue, che un sentimento di piacere da noi provato crescendo l'attività nostra ne stimola ad operare a fine di pro- lungare, accrescei'e. l'innovare il piacere {trovato, mentre un sentimento di pena ci provoca all'azione a fine di sopprimere, scemare o prevenire la pena. Kcco come il sentimento susciti e determini il nostro operare esteriore, ccnne la volontà sia attività governata dal sentimento, e come sua legge sniirenia --ia (|uest:i. che il piacere provoca l'azione per essere .'iccresciuto e rinnovato, la pena provoca l'azione per essere diminuita o iirevenuta. Da questo concetto della volontà si scoige che guisa di attività essa sia. ed in che diversifichi dall'attività spontanea, i^a volontà non abbraccia tuttaquanta la cerchia del nosta'o operare, è un'attivitiì. ni:i imn r,itlivit:ì nniami tutta quanta; è l'attività determinata dal sentimento, non l'attività sptmtanea primitiva. Mvvi un online di azioni e~-tranee alla sfera della volontà, quali la respirazione, la circolazione del sangue, i moviuienti intestinali: esse non sono azioni dello spirito: il Baili le denomina azioni ritiesse (in senso fisiologico) e le distingue sostanzialmente ilalle volontarie, siccome jnconscienti e non appartenenti allo PER r.irSKPPE ALLIEVO 37 spirito. L'attività spontanea poi si differenzia essenzialmente dall 'attività volontaria , essen- doché questa geimoglia dalla sensazione e la susse^jiie. quella è anteriore ad ogni sentimento e muove da una virtù interiore i-iposta nei centri nervosi: onde i moti volontari! sono sempre preceduti e preparati dai moti spontanei od istintivi. Ancora, la volontà è manife- stazione di t'orza intenta ad un fine concepito daUintelligenza . fine riposto nell" appagare il sentimento mercé il con.seguimento del piai'eic o la cessazione del dolore, secondochè esige la legge di nosti'a conservazione peisonale. mentre la spontanea attività procede a caso, è regolata da circostanze tisiche, e non punto dal hen essere finale delTanimale. e s'arresta al di qua di <'iò. clic dovrelihe compiere per la nostra consci-vazionc. Ognun vede, come questo t'oncetto della vohnità. la (piale si svolge dall'attività spontanea fisiologica come da proprio germe, ed è tutta nel satisfare le esigenze della sen- sazione, non possa logicamente far luogo alla libertà l'azionale umana, uè tradursi in altra morale che (piella dell'eudemonismo e dell'utilisnio. l]saminaiido la teorica dell'autore io rimasi colpito dalla ]>rofonda rassomiglianza e starei per dire identità, che essa manifesta colla dottrina sensistica del 'l'racy. Il francese ideologo dà il nome di volontà <• a quella ammirabile facoltà, che abbiamo di sentile ciò che si dice desiderii (1 ) ». Kcco qui designato il sentimento, siccome uno degli elementi costitutivi di'lla volontà, la ipiale è sempre mai portata all'atto dal piacere o dalla pena, che noi proviamo, come apparisce dalle seguenti parole, che tengono dietro immediatamente all(> citate: « Hssa è una conseguenza immediata e necessaria della singolare jiropriefà. che hanno certe sensazioni di airecairi pena opiacei'e. e de' giudizi, che noi ne poitiamo ; essendo che dopo di aver giudicato che un oggetto è per noi ciò che chiamiamo buiuio o malvagio, ci riesce impossibile il non desiderare di goderne o di evitarlo ». Si scorge qui il concetto medesimo del Baili, che fa gei'inogliai'e la volontà dalla sensazione piacevole o penosa. Anche il secondo elemento della volontà, che risiede nell'attività esercitata sul nostro mganismo mercè il movimento, è dal Tracj" formalmente riconosciuto. « La volontà (egli scrive in (|uel medesimo ca])itolo quinto) pos'- siede un'altra virtù ben incomprensibile i-d assai rilevante, (juella cioè di dirigere i mo- vimenti delle nostre membra e le operazioni della nostra intelligenza, i,' impiego delle nostre forze meccaniche ed intellettuali dipende dalla nostra volontà... K la mia volontà che traduce in atti i risultati di tutte le altre mie facolti\ intellettuali ••. Questi due ele- menti integrali della facoltà volontaria vengono dal Tracy significati col nome di bisogni sentiti di mezzi operativi corrispondenti in altra parte della sua opera, dove si legge: « Dacché proviamo s(!ntimenti di preferenza noi abbiamo l>iso(/ìi>i ciie essi vengano sod- disfatti sotto pena di essere infelici ])er essi. Questa facoltà di volere o di preferire è dunque la sorgente di tutti i nostri hisof/tii : o meglio ancora tutti i nostri Insogni si assommano in quello di soddisfarla. Abbiamo altresì avvertito, che fra gli atti della nostra volontà . fra i nostri desiderii evvi sovente quello di muovere alcuno de' nostri membri, impiegare alcuno de' nostri (jrgani. usare di alcuna delle nostre facoltà corporee od in- tellettuali. Oragli è in (juest' azione volontaria de'nostri organi qualunque, che dimorano tutti i mezzi, che po.ssiamo avere per procacciai'ci quanto ci è necessario, evitare quel, che ci nuoce, in una parola provvedere ai nostri bisogni tutti. Cos'i la facoltà di volere è ad un tempo la sorgente di tutti i nostri me.t^i (ecco Vattirifù del Bain) del pari che di (I) Elementi di ideologia, parte 1", capitolo V. 38 ESPOSIZIONE CKITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE PI A. BAIN tutti i nostri insogni (ecco il sentimento) (1)». Che più? Anche la legge della nostra con- servazione individuale, a cui il Bain richiama tutto l'operare della volontà, viene esplici- tamente riconosciuta sott" altra forma dal Tracy in (4ueste parole: •• La volontà, del pari che le nostre altre facoltà, non (• che un risultato del*nostro organismo (il Bain addita nneìi'egli l'attività spovtaura n/Kscotarr. sifcoiic preludio e geriiir della volontà); ma essa ha questo di proprio, l'he per cagion sua noi siamo mai sempre felici od infelici... Il desiderio esclude l'indifferenza: per sua propria natura è godimento, se soddisfatto, pena, se inadempiuto... (jodere e soffrire è tutto ]ier noi: è la nostra esistenza tutta quanta, ne mai godiamo o soflrianio se non in quanto ahhiaiii desiderii . i quali vengano adempiuti o no (2) ». Questa dottrina, che pretende di trovare nell'istinto tisico e nel senso animale il germe ed il fondamento primo della volontà umana e che in realtà scalza le basi di ogni vera morale, parmi fondata sul sofisma, che i logici chiamano del post hoc. ergo propter hoc. Da ciò. che nello sviluppo della vita del fanciullo si manifesta per primo il senso coli istinto animale e la libera volontà razionale spunta assai dopo, il sensista, ne arguisce, che questa è una evoluzioiK^ naturale di quello. Se cosi appunto stesse la cosa, anche nel bruto si dovrebbe avverare siffatta evoluzione, mentre l'esperienza attesta il contrario. Or la ragione per cui l'istinto fisico, ijuale esiste negli animali in-agionevoli. non ha virtù di esplicarsi tant'oltre da trasformarsi nella libertà morale umana, parmi non possa essere altra che questa: l'anima del bruto è specificamente diversa dallo spirito dell'uomo, e la dottrina dell'evoluzione applicata al caso nostro è del tutto sbagliata. Posta la genesi della volontà nell'attività spontanea accompagnata dalla sensazione, il Bain si fa a descrivere la storia del suo sviluppo delineando il processo, mercè cui lo spirito umano va successivamente connettendo a certi deteiniiinati sentimenti certe deter- minate azioni. Siccome la facoltà del volere è un operare a seconda del sentire, così essa non costruisce tutto di botto il proprio editìzio. ma avanza nel suo sviluppo a mano a mano che impara a padroneggiare i movimenti del corpo ordinandoli ciascuno a quel fine particolare, che è segnato dalla sensazioTio piacevole o penosa conforme alla legge della propria conservazione. Nella prima infanzia i movimenti delle memhra non sono atteggiati ad una direzione definita, ma avvengono foitiiiti ed alla ventura, jierchè originano dall'at- tività spontanea interiore, non da un piacele n da una jiena determinata. Imprimere al nostro organismo corporeo tale o tal altro movimento conforme a tale o tal altro senti- mento provato è cosa che s'impaia mercè la pratica e l'educazione di noi stessi, e costituisce tutto il magistei'o e lo svolgimento della volontà. L Csercizio ilei nostro senso muscolare, del senso organico, e de'cinque sensi esteiiii importa, a diventar volontario, sforzi non pochi e ripetuti, accompagnati da tentativi tal fiata infruttuosi. L'impero, che la volontà esercita sui movimenti del corpo, abbraccia: 1" la facoltà di cotitiniKire o sospendere un moto, che già stiamo comiìiendo. per obbedire ad un sen- timento presente, giusta la legge (irimitiva dell'orgainsmo . pei' cui i piaceri sono accom- pagnati da un aumento di forze, le pene da una diminuzione: 2" la facoltà di scegliere un (1) Elementi di ideologia, tomo V, Trattato delta volontà. (2) Opera citata, parte I', capit. V e XIII. PKR GirSEPPK ALLIEVO 39 movimento per elevare o depriineie l'intensità di un sentimento presente; come quando un fanciullo impara a cercar un lume nella camera, o volge l'occhio vei-so qualche viso, che cominciò a trovare piacevole : 3° il compiere azioni hìtermcclie in vista di un piacere, come quando animali, vedendo a qualche distanza la preda, si mettono in moto per affer- rarlti: 4" la facoltà d' iniìtozioiif. che ci consente di compiere azioni dopo che le abbiamo vedute farsi da alti-i ( 1 ): .")" la facoltà di muovere i nostri organi corporei solo pel desiderio di vederli in moto, come quando sto osservando la mia mano e voglio alzarla ; 6" la facoltà, di eseguire un movimento dopo Vapjjp/lo del nome di quella parte del corpo, che dobbiamo muovere, siccome avviene del soldato nell'atto delle manovre. La volontà può essa estendere il suo potere oltre ai muscoli riconosciuti col nome di volontarii? Il suo diretto ed immediato comando si esercita soltanto su questi, ma indiret- tamente si estende anche ai muscoli involontarii : il che avviene in que'casi, in cui le fun- zioni organiche sono cos'i intimamente connesse coi moti muscolari volontarii, che l'anione di questi può sovente eccitarle o sospenderle. Se invece manca siffatta connessione, l'in- fluenza volontaria vien meno anch' essa, come nel movimento del cuore, nella secrezione del sugo gastrico. È altresì un fatto, che mercè uno sforzo volontario si riesce a mutare il corso de' nostri pensieri; ma anche questa è influenza indii-etta; la volontà può fennare l' attenrione. arrestarsi esclusivamente sopra un dato punto, ma non le è dato procedere più oltre. Nel concetto di volontà giace implicato il concetto di fine, essendo ogni atto volon- tario determinato da un motivo. Il Bain. dopo di avere raccolti i diversi motivi del nostro operare in un massimo fine generale, che è riprodurre il piacere ed allontanare il dolore, passa a distribuirli nelle classi seguenti: 1" Tutti i fenomeni di piacere e di dolore ori- ginati dal sistema muscolare, dalle sensazioni della vita organica, dai sensi estemi, dalle diverse emozioni, siano essi piaceri e pene attuali e presenti, o ideali e prevedute: 2' i fini raggi'uppati od aggregati, quali s(mo la scienza, le ricchezze, la sanità, la condizione sociale, cose tutto che implicano un tutt' insieme di fini particolari; '?> i fini derivati o in-^ teimediarii. che ci ])ortano a ricercai-e ed amare |vi'r st> stesso ciò, che da prima non era che un semplice mezzo, come l'ainoiN» delia forma di un' istituzione disgiunta dalla sua sostanza, l'amore del danaro per sé stesso: 4" i fini appassionati o smodati, discordi dalla ragione, come il fascino, l'ebbrezza, la mononiania: essi non ammettono considerazioni rivali, non potendo venir combattuti se non da altri motivi della stessa natura. Questa rassegna de' motivi determinanti la volontà, anziché una classificazione ra- zionale e rigorosa, apparisce una mera enumerazione empirica e difettosa ad un tempo. Non vi ha dubbio, che siccome il dominio della nostra volontà abbraccia tutta quanta la nostra attività esteriore, meccanica, artistica, economica, politica, morale e, civile, cosi i motivi debbono distinguersi in dift'erenti specie corrispondenti alle diverse manifestazioni della volontà : ma nella classificazione dei Bain si cerca indarno il grande e nobilissimo (I) L'autore reputa non istintiva, ma acquisita l'imitazione, perchè non si manifesta nei primi lueel della vita uostra, come si manifestano i moti istintivi, è lenta ne' suoi primordii e progredisce a gradi, spesso fallisce alla prova, avelie dopo di essere riuscita una volta; dipende dalla ricchezza dell'attività spontanea e varia con ussa ; progredisce insieme colle abitudini acquisite, dipende dalla delicatezza del senso, che percepisce l'effetto. 40 ESPOSIZIONE CRITICA PKI.T.K nOTTRlNE PSICOLOGICHE PI A. BAIN fine, a cui è ordinata la vnlmità morale e religiosa, l'idea del dovere, del giusto, del buono, del santo, né l'autore stesso avivbbe logicamente potuto farvi luogo, egli, che ha fatto germogliare la volontà dall" istinto H-^ico <> la costi'iiisp in nti' attività detenninata dal sentimento del piacere e del dolore. L'atto volontario, che si comiìie sotto un conflitto di motivi, è la delil)erazione. la quale mette poi capo alla risoluzione. Men disciplinata è quella v(dontà. che jiiocede né troppo corriva, ne troppo tarda nel suo deliberare. E nota Vnl(/pf»n j(/6/v(/r escogitata da Franklin a fine di ovviare ai danni di una precipitosa risoluzione : ogni qual volta si pende ÌTicerti intorno ad un })artito da prendere, egli consiglia di registrare i)er tre o quattro giorni sopra un foglio diviso in due opposte colonne le l'agioni favoicvoli o contrarie, raccogliendone in ultimo la somma per rilevare (juali siano preponderanti. Tal fiata la risoluzione è seguita da un sentimento ))eno>o. che acconi])agna la coscienza dell'attività muscolare, e si denomina sforzo, il quale annunzia una declinazione di energia. Però è natura della volontà di jìrocedere senza più dalla risoluzione all'atto, che la incarna. (Questo, in sentenza del Bain. fa parte integrale dello sviluiipn volontario, e n'è il coronamento, avuto riguardo alla tendenza, che porta l'idea a tradursi in atto, l'na risoluzione non segu'ita dall'atto ei la chiama una volizione dinu^zzata. una ^jìecie di aboi-to psicologico. Pervenuto a esso stesso occasionalo da altri movimenti anteriori. Cosi né sotto il riguardo ideologico , né sotto l'aspetto fisiologico il desiderio non può essere concepito sa non come un necessario conseguente di fatti anteriori, od in generale non ci può venir fatto di com- prendere un atto qualunque, che sia principio e causa di sé medesimo. Cosi quelli di nostra volontà sono forzati e necessarii, come quelli di tutte le nostre facoltà, e come quelli di tutti gli altri esseri animati o inanimati, che esistono nella natura [Etem. di Ideal., parte I', capit. XIII) ». È evidente il determinismo dell'autore, che riguarda ogni atto volontario siccome necessario conseguente del de- siderio, ed il desiderio come conseguente necessario della percezione e del giudizio, togliendo cosi di mezzo la libertà. I Serie II. Tom. XXXIV. 6 42 KSPOSIZIOXK TRITtfA IiKl.I.K IKITTKISK l'SK iiI.IMillHK IH V. HAIN proprii atti r >lllli' potenze Mie. il (iiliile alloiH |inù dirsi liheld nel >I1(P (i|)eiare. quaiulci non f' già fleterniinato da f- non soltanto l'essere dell'uomo, ma le stesse sue azioni, i suoi pensieri, la sua volontà, tutti i suoi sentimenti sono fatal- mente soggetti alle leggi regolatrici dell'universo {Forza e materia. Gap. XX) ». tosto soggiunge, che « l'umanità e gli individui soggiacciono ad un ordine di cose che fatalmente li domina fino ad mi certo grado » . e dice, che « le influenze fisiche limitano il libero arbitrio ». Quel fino ad mi certo pmifo. fìiio ad un certo grado è un palliativo che non approda a nulla. Non è i)iù (luestione, se la libertà esista o no , ma entro a' quali limiti sia circoscritto il suo potere. Che noi siamo liberi, è cosa non più revocata in dubbio ; questo soltanto rimarrebbe a discutersi, fino a qual segno possa giungere la nostra libera attività: discussione accettata dai propugnatori medesimi della libertà, ai quali non cadde mai in mente di. reputarla sciolta da ogni limit*' e pnjssochè infinita. Il Bain s'ingegna di infirmare la validità della coscienza, che testimonia la libertà, argomentando di tal modo. La coscienza è pei fenomeni interni ciò. che l'osservazione sen- sibile pei fenomeni estemi : e siccome i sensi esterni non sono testimoni infallibili di quanto .avviene o sussiste fuori di noi. atteso il disaccordo degli umani giudizi circa le grandezze, le forze, la distanza, il peso de'corj)i. cos'i non abbiamo ragione di aggiustar piena fede alla coscienza, attese le tante dispute metafisiche intorno la natura ed i rapporti de 'feno- meni psicologici. La più parte degli uomini sa di pensare e di sentire senza possedere 44 ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN esatta conoscenza delle leggi del pensiero e della successione delle proprie idee. Bisogne- rebbe che le testimonianze della coscienza, riguardo alla libeità del volere ed al senso mo- rale, a meritare salda credenza, si presentassero sotto forma di assiomi nel senso rigoroso della parola. Questo ragionamento posa sopra un equivoco. L'autore confonde l'esistenza dei fatti vuoi intemi . vuoi esterni . colla ragione spiegativa de' medesimi. 1/ osservazione sensibile esterna, egualmente che la coscienza, mi attestano fatti . che succedono in me o fuori di me. e finché si rimane nella cerchia de' fatti, la loro testimonianza non può essere messa in forse, la ragiono invece spiegativa dei fatti va attinta da una facoltà superiore, qual'è la riiiessione speculativa, (.tra è un fatto attestatomi dalla coscienza questo, che in alcuni casi dipende da me il compiere s'i o no una detei-minata azione . e che all' azione compiuta succede in me il fenomeno del satisfacimento o del rinio!"so. secondochè essa è conforme o contraria al senso morale: questo fatto né può essere revocato in dubbio, né venire spiegato altrimenti, se non ammettendo la libertà. Per <[uantunque il più degli uomini non conosca con esattezza le leggi de' pensieri , "non e'' perciò men certo di pen- sare e di .sentire, appoggiato alla testimonianza della coscienza. Xc veggo, come l'autore possa sostenere la contraria sentenza, egli che discorrendo della facoltà ritentiva pronun- ciava, che la scienza del soggetto umano, la psicologia, ripo.sa tutta sul testimonio della coscienza. Egli esige, che le testimonianze della coscienza ad essere credute con sicurezza siano sgombre da ogni nube ed abbiano la forma di un assioma, e non s'accorge, che b dessa la coscienza quella, la quale mi assicuia. die io percepisco un assioma. La coscienza. se non è giudice autorevole di un principio razionale o scientifico, è testimone infallibile di un fatto, anzi di tutti i fatti psicologici e soggettivi, quale appunto è il fenomeno mo- rale del rimorso e della responsabilità personale. Che più ? Il Bain professa la dottrina comune a pressoché tutti i psicologisti inglesi del nostro secolo, che cioè la coscienza ac- compagna tutti i fenomeni psichici, è la condizione necessaria e la forma generale di tutte le facoltà umane e delle loro opera^iioni. il fondo intimo di ogni spirito, il quale nulla potrebbe sentire, nulla intendere, né volere senza di e;ssa. Quindi è evidente che il mettere in dubbio o l'impugnare l'autorevolezza della coscienza come testimone di fatti psicologici, dopo di averne riconosciuta l'ampiezza e la tenuta universale, gli è un rompere in una aperta contraddizione ed uno scalzare le fondamenta medesime della scienza psicologica. La coscienza. Discorse col Bain a parte a parte la sensitività, l'intelligenza e la volontà, giova abbracciarle con uno sguardo comprensivo e considerarle nelle loro attinenze collo spirito. Dalle cose esposte apparisce, che la sensitività sta come fondamento primo delle altre dne facoltà, essendoché il sentimento dall'un lato diventa intellezione . quando venga conce- pito come distinto od identico con altri sfiitiinciiti. dall'altro trasformasi in volontà- susci- tando la nostra attività ad operare a seconda del piacere, o del dolora da cui è accom- pagnato. Di tal modo il sentire, l'intendere ed il volere non andrebbero più riguardate siccome facoltà costitutive dello spirito tutte e tre fondamentali ed originarie ad un modo secondochè il Bain aveva posto da principio. Bensì l'intendere ed il volere apparirebbero ifl PER GIUSEPPE ALLIETO 4o facoltà secondarie e derivate, che rampollano dal sentire come dal loro tronco comune (1). ed il nostro autore si troverebbe condotto alla dottrina del Condillac. che ripose nella sensitività l'essenza dell' anima, mentre Cartesio l'aveva collocata nel pensiero, Main de Biran nell'attività volontaria. Per lui lo spirito è niente più che lo sviluppo fenomenico di esse tre facoltà intrecciate per guisa, che le manifestazioni della seiLsitività (quali, sono i movimenti muscolari, le sensazioni, gli appetiti e gl'istinti) ne costituiscono la parte infe- riore e primitiva, le funzioni invece dell'intelligenza e della volontà progrediente ne for- mano la pai'te superiore e derivata. Kaffrontando ora fra di loro i tie distinti ordini di fenomeni . a cui il Bain riduce tutto quanto lo spirito . rispondenti alle tre facoltà fondamentali di esso, io vi scorgo una forma comune, in cui tutti convengono, cioè la coscienza. Nelle opere psicologiche del nostro autore non apparisce una teorica esplicita e speciale della coscienza, la quale non è sempre da lui concepita e signiticata ad un modo : giova tuttavia raccogliere qua e là e raffrontare fra di loro i pensieri dell'autore intorno a questo argomento, il quale. seJjbene non sia stato da lui discorso di proposito . s'inviscera nelle parti divelle della sua dot- trina, e ne determina il significato ed il valore in faccia alla critica. La dottrina del Bain tiene la sensitività inseparabile dalla coscienza. Ogni sentimento implica la coscienza od appercezione del grado e dell'intensità sua. Noi abbiamo coscienza dei differenti gradi della sensitività muscolare, né havvi sentimento di moto, che vada scompagnato dalla consapevolezza della forza intei-iore spontanea, che lo ])rodiice. e della rapidità o lentezza del movimento piodotto. Anche le sensazioni particolari propriamente dette ad esempio della vista, dell'udito, del gusto, sono stati di coscienza suscitati in noi dall 'operare di una cagione esterna. Come ogni fenomeno della sensitività, cosi ogni fun- zione dell'intelligenza va accompagnata dalla coscienza. La facoltà del discernimento è la coscienza della ditferenza tra le cose, la facoltà dell'accordo è la coscienza od apperce- zione della rassomiglianza in mezzo alla dift'erenza. e nella sintesi di queste due facoltà risiede tutta la natura e lo svilupjio dell' intelligenza. La vohmtà anch'essa sempre si muove conscia del fine, a cui intende l'attività sua. Forza è adunque arguirne, che non vi sono funzioni psichiche inconscienti. clic non si dà un solo istante nella nostra vita, in cui la coscienza sia del tutto a.s.sente. clic insomma lo spirito è niente più che un insieme di fenomeni conscienti, mentre il mondo esteriore è un insieme di fenomeni inconscienti. Questo concetto dello spirito non è dall'autore enunciato in questi termini espliciti, ma pure è un'espressione fedele e logica della sua dottrina. Che lo spirito umano sia un jjuro fenomenalismo consciente scevro di sostanzialità, è tal sentenza che non iTgge alla critica, peichè colpita da intrinseca contraddizione. Essa contraddice primamente alla coscienza medesima, su cui tuttavia dovrebbe reggersi tutta quanta, poiché la coscienza mi art'ei'ma in modo soieinie. costante, incontrastabile, che io non sono una miscela di fuggevoli e vani fenomeni, bensì una vivente ed effettiva sostanza. ■ che cioè posseggo una vera individualità e sussistenza tutta mia propria, la quale permane sempre in fondo la stessa in mezzo al variare delle sue mutazioni esteriori. Contraddice in (I; Que.sla mia o^servazimie trae maggior coiil'i^rma dal seguente brano dall'autore : « L'intelligeii/.a acquisterà il posto . che le spetta in un compiuto sistema dello spirito tra le emozioni e le attività istintive, e le emozioni e le attività perfezionate , dappoiché essa è lo stroniento, che le traduce dal primo al secondo stato {I sensi e l' inlelligenia, parte prima) ». 46 ESPOSIZIONE CKITICA DELLE IiOTTRIXE PSICOLOGICHE DI A. BAIX secondo luogo alla ragione, la ijuale concepisce il fenomeno siccome la manifestazione dell'essere, il modo siccome la rivelazione della sostanza, epperò è portata dalla necessità st€i-sa di sua natura a considerare questi due termini siccome inseparabili e correlativi, perchè il primo ha sua ragion d'essere nel secondo. La contraddizione razionale apparisce ancor più manifesta, ([uando si ponga ben mente alla inconciliabilità di questi due con- cetti, fenomenalismo consciente. Se il fenomeno è inseparabile dalla sostanza, perchè da questa trae la sua origine, in questa rinviene il suo tcniiiiic tinaie, min è men vero, che esso è inconciliabile colla coscienza. Infatti la coscienza importa un consciente. un perci- piente se stesso : epperò un fenomeno, ad esempio un sentimento, un pensiero, una voli- zione non è coscienza, se non a condizione di essere un senziente, un pensante, un volente, vai quanto dire un essere sostanziale, sussistente in se stesso, onde consegue, che attri- buire la coscienza ad un fenomeno è un rompere nella contraddizione, che il fenomeno è una sostanza. E dato jjure. ma non concesso, che al fenomeno sia inerente la coscienza, sarebbe giuocoforza ammettere, che lo spirito umano consta di tante coscienze quanti sono i fenomeni, onde si dementa : sentenza tanto strana, quanto insussistente, posciachè alla coscienza è essenziale l'unità psicologica, la quale, non potendo risiedere nella moltiplicità successiva dei fenomeni psichici, forza è che dimori nella sostanzialità individua dello spirito. Infatti, esso solo l'io umano può l'accogliere ed identificare nell'unità del suo essere la varietà de' suoi fenomeni: egli è consapevole, che quell'io, il quale ha provato questo quel sentimento, è (juel desso, (^he ha prodotto tale o tal altro pensiero, che ha fer- mato questo o quell'altn) proposito volontario. Tolta di mezzo l'unità sostanziale dello spirito, avremo bensì un aggregato meccanico di fenomeni psichici, i quali si succedono esteriormente in una serie A\ jii.dd-pdsìzIuHc. non un vivente si.steina di fatti, che si com- penetrano interiormente in un tutto dinamico, perchè il principio della continuità di svi- luppo importa, che lo spirito conservi identica l'individualità sua in tutti e singoli i mo- menti, che percorre nella sua evoluzione in quella guisa, che un ?iiobile rimane sempre quel desso in tutti i punti della distanza, che attraversa. Tutte queste considerazioni ci portano a conchiuderc. che la coscienza non è pro- prietà de' fenomeni, ma della sostanza, che i fenomeni non pos.sono organarsi in un si- stema vivente senza radicarsi in un ]irinci])io vitale supremo. (|ual è la sostanza, che infine lo spirito umano lum è un mero fenomenalismo consciente, bensì una sostanza avente coscienza di sé e de' suoi fenomeni. Anche Francesco Bouillier riguarda la coscienza non come una facoltà distinta e speciale, ma come la facoltà unica e suprema, a cui si ricon- ducono tutte le altre, t'ome la forma generale, identica e comune dell'intelligenza, della Kensitività, della volontà, come la condizione necessaria di tutti i pensieri, di tutti gli atti dello spirito e delle sue nuuiiere di essere (1): ma pure insieme col me fenomenico egli rico- nosce siccome da esso inseparabile il me noumenico e sostanziale. Per lo contrario il Bain ripetendo Condillac, il quale nel suo Traite dea .''rii.satiunx aveva sentenziato che « il me di ciascun uomo non è altro che la raccolta delle sensazioni, che egli prova e di quelle che la memoria gli ricorda, ossia è ;ul un tempo la coscienza di ciò. ch'egli è ed il ricordo di ciò che fu • così scrive : « 11 vocabolo »ir altro non può significare, che la mia esistenza (tj Vedi il capitolo XXi doli» sua opera Du principe vilal et de l'ilnn pensante; e l'altra Hua opera De la conscietìce eie. PER (JirSKPPK ALLIEVO 47 corporea unita alle mie. sensazioni, emozioni, volizioni. })ensien. supponendo che la loro classificazione sia compiuta, e siasene fatta la .somma nel passato . nel presente, nel fu- turo», Questo linguaggio smentisce la rlottnna. !1 parlare della tnia esistenza corporea, (ielle sensazioni e delle volizioni ////>. de' pensieri miei mentre si riduce il nip a queste me- desime sensazioni . pensieri, volizioni sommate insieme, gli è una ridevole tautologia, un giuoco di parola insensata, e per di più un rigettare l'esistenza medesima del me fenome- nico, giacché la somma definitiva delle sensazioni passate, presenti e future mai non sarà attuata. Un'ultima considerazione rimane a fare su questo grave argomento, ed è. che diffi- cilmente ci può venir fatto di formarci un concetto qualsiasi della coscienza riguardata siccome forma generale e comune di tutti i fenomeni psicologici. Poiché, se lo spirito umano si assomma tutto quanto nella tiiplice facoltà di sentire, di intendere e di volere, ogni atto psichico, epperò anche la coscienza, apparterrà all'uno od all'altro dei tre ordini di fenomeni . sentimenti . pensieri . volizioni. Se adunque la coscienza ha la forma propria del sentimento, o quella del pensiero o della volizione, non sarà più la forma comune e generale di tutti i fenomeni psicliici. Se poi è la forma generale di tutte le manifestazioni dello spirito, forza è dire, che essa non è ne un sentimento, ne un pensiero, ne una volizione, ed allora che sarà essa mai? Il concetto dell'autore intorno a questo punto non si lascia afferrare. Egli considera i sensi e gli istinti primitivi siccome la parte inferiore e greggia dello spirito umano, non ancora rischiarata dal lume dell'intelligenza: il che vorrehbe dire, che la coscienza non è un fenomeno intellettuale, ossia una conoscenza; ma dalla sua dottrina non apparisce neanco. che essa risieda nella facoltà del sentire od in quella del volere. Talfiata però egli piglia la coscienza in senso affatto speciale .siccome una facoltà particolare distinta da tutte le altre, quale la intendeva il Keid. vale a dire come la conoscenza de'fatti del nostro proprio spirito, fondamento della scienza psicologica. Attinenze tra il soggetto e l'oggetto, il me ed il non-me. La teorica della coscienza involge in sé il problema gravissimo delle attinenze tra il soggetto e l'oggetto, essendoché il me non potrebbe aver coscienza di sé senza distinguersi da ciò, che non é lui. ossia senza opporre a sé medesimo il non-me. Il Bain discusse questo problema e lo risolse nel senso dell'idealismo, il quale niega ogni realtà noumenica e sussistenza effettiva ai mondo esteriore. Xé la cosa poteva coiTere diversamente : egli, che aveva trasformato il ine ossia il soggetto in un sistema di fenomeni, doveva per logica necessità trasformare il Tion-ine ossia l'oggetto in un fenomenalismo esteriore. Nella seconda edizione della sua opera J firnsi e l'intelligenza dopo di avere dichiarato di scostarsi dal senso ordinario del vocabolo roKeienzo adoperato nella prima edizione come sinonimo di sentimento, soggiunge : " Io preferisco ora di dare a questo vocabolo una più ampia estensione anziché circoscriverlo allo spirito propriamente detto, e lo adopero per significare ad un tempo i nostri stati soggettivi e gli oggettivi. L'oggetto ed il soggetto sono entrambi parte di noi, secondo il mio avviso: abbiamo adunque una coscienza soggettiva, che è in un senso speciale lo spirito (ciò. di cui si occupa la scienza mentale), ed una coscienza 48 - ESPOSiZIONF, CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN' oggettiva, cui posseggono tutti gli esseri sensitivi, ed a cui noi dobbiamo ruiiiverso esteso e materiale (pag. 628) •>. Dacché l'oggetto fa anch'esso parte di noi. il soggettivismo è inevitabile, e vi ci siamo altresì logicamente condotti dalla teorica dell'intelligenza supe- riormente esposta. Infatti egli i-i))one la natura costitutiva dell'intendere nella duplice funzione del discernimento e dell'accordo, ossia nell' a])percepire la differenza tra un sentifneìiio e l'altro, e nel cogliere la rassomiglianza od identità di un srìitìuinito con altri. Intendere adun(|ue è un conoscere non già gli oggetti realmente esistenti, ossia le cose in sé stesse, bensì i nostri propri! sentimenti differenziandoli ed accomunandoli: e siccome questi sono di loro natura soggettivi perciiè stati di coscienza o modi proprii del soggetto, perciò l'intelligenza, lavorando esclusivamente intoi-iin ad essi, ncm può non nuscire ad un sapere essenzialmente ed universalmente soggettivo. Potrebbe jierò altri osservare, che siffatta teoi-ica si concilia col lealismo, quando si voglia significare, che nessuna cosa può diventar oggetto di conoscenza, se prima non sia jìassata jìer la sfera della sensitività, sicché l'intelligenza, lavorando sui sentimenti, ne districa le idee rappresentative delle cose. Ma questa interpretazione, oltreché, non ci pan^ guari cunl'orme alla dottrina del Bain. si risolve nel principio sensistico espresso dalla nota Ibrmola: Niliil rsf in /ntrlfrctu. quod prius non fuerit in srnsit : e siccome il senso tisico (e ben si sa che il Hain fonda tutta la sua teorica della sensitività sul senso corporeo ed animale) non può contenere in sé il soprasensibile; quali sono appunto le idee oggettive ossia l'intelligibilità delle cose, perciò vana opera tenterebbe l'intelligenza esplicando il sensibile nell'intelligibile. Oltre di che nessuno vorrà sostenere in sul serio, che act avere conoscenza del diritto, del dovere, della giustizia, di Dio e di altrettali oggetti occorra averli prima fisicamente sentiti (1). (1) È noto, come il Ros.visi assegni al sentimento un compito rilevantissimo e singolare nella formazione della conoscenza o nell'economia del sapere umano. L'intuizione originaria dell'essere ideale universale costituisce l'atto primo della nostra intelligenza) e se lo spirito umano rimanesse mai .sempre assorto nella nuda ed immobile contemplazione dell'essere puro, uniforme, indeterminantissimo, nessuna idea particolare giungei-cbljo mai a form.irsi , nessuna realtà determinata non conoscerebbe mai. Interviene la sensazione, in grazia della quale l'essere da prima indeterminantissimo ed univer- sale viene dalla virtù della mente cir(;oscritto entro a limiti e rivestito di quelle note e determinazioni particolari, che sono .segnate dalla sensazione stessa; e siccome lo spirito umano, che intuiva l'essere ideale, è quel medesimo, che ora sento una realtà particolare, perciò, in virtù di questa unità psico- logica, i due elementi, ideale e reale, vengono a comporsi insieme nella conoscenza umana, e dall'atto prirnó dell'intendere si svolgono gli alti secoudi, ohe danno luogo alle molteplici idee. Cosi mediante l'arròta del sentinionto . il Ros.mini si avvisa di ^piegare l'origine di tutto il sapere dall'unica e so- vrana idea dell'essere ideale, ed insiememente salvare la sua dottrina dall'idealismo universale. In mia sentenza, egli ha fallito all'uno ed all'altro suo intendimento. L'unità psicologica, 51 cui ricorre, non approda a nulla, perchè lo .spiiito umano, in quanto intelligente, non è lo spirito umano, in quanto senziente; onde riesce impossibile il connubio dell'intuizione dell'es-sere ideale colla sensa- zione dell'attività reale. Egli stesso pronuncia, che l'intelligenza non comunica colla realtà, bensì coir idealità ; definisce l'ente reale (|uollo, che ha un sentimento od opera sopra un sentimento, ed assegna ad oggetto proprio dell'intelligenza l'ente ideale, l'idea, la possibilità od es.senza universale delle cose, sicchis noi conosciamo le realtà particolari , ad esempio un ciato cavallo, non in sA, ma nelle loro idee rappresentative: e siccome nell'idea rappresentativa di un cavallo reale c'è tutta la sua essenza lOstitutiva tranne la realtà, così conoscere gli esseri reali nelle loro idee vai quanto co- noscerli non già come reali , bensì come possibili od ideali , il che è pretto idealismo. Oltre di che il Rosmini pone l'intuizione dell'essere ideale indeterminatissimo come l'atto primo dell' intelligenia ' dato dalla stessa natura allo .spirito umano, e scrive che : 'i tutte le potenze intellettivo, tutta l'attìvitk dell'uomo in quanto è un essere dotato d'intelligenza ha la sua .sorgente in quell'atto primo, che qualsivoglia pensiei'o si riduce sempre alla determinazione e limitazione di una cognizione preceden- temente supposta, sicché una cognizione implicita, onde tutte le cognizioni poi esplicitamente »i PER GIUSEPPE ALLIEVO 49 11 problema, che abbiam per le mani, si risolve in questi due altri: 1° come e donde origini la nostra conoscenza del mondo esteriore : 2" se essa possegga un valore oggettivo siffattamente, clic le corri.sponda una realtà nonmenica estema. Vediamo come il Bain abbia risolti questi due problemi. L'esercizio della nostra attività .spontanea muscolare suscita in noi un sentimento accompagnato da piacere e talfiata da molestia. Questo sentimento muscolare è un feno- meno essenzialmente psichico o soggettivo, e finché !<• spirito limane tubila sfera di esso, non esce ancora fuori di st\ ('■ puro soggetto senza oggetto, non occiiiiato di verun'altra cosa, che di sé stesso. Ma nell'esercizio muscolare medesimo lo sjiirito . affievolito o spento il sentimento di piacere o di pena, piglia un'attitudine oggettiva, non avverte più il fenomeno sensitivo suo proiirio. ma aciiuista coscienza della forza, dell'attività dispiegata, del potere esercitato, di qualche cosa insomma che resiste a lui. che è in reale contrasto con tutto l'insieme de" suoi stati soggettivi. Cosi lo spirito, uscendo fuori di sé. ossia fuori del dominio della sensitività passiva e del pensiero, s'incontra in una forza, che opera sopra di lui. ma non è lui, si forma il concetto di fatti puramente oggettivi, quali sono la resistenza, la .solidità, l'esteasione. in una pai'ola percepisce il gran fatto, che addimandasi mondo esteriore. Adunque, secondo il nostro autore, la cono- scenza della realtà esterna deve la sua origine ed il suo sviluppo al sentimento mu- scolare associato poi alle sensazioni del tatto, della vista e degli altri sensi esterni, e la gran distinzione del soggetto e dell'oggetto, dello spii-ito e della materia riposa tutta quanta sul contrasto tra il sentimento muscolare proprio dello spirito e l'attività o forza propria delia materia, o dell'estensione che suscita quel sentimento. Se il sentimento dell'attività muscolare e della resistenza, che essa oppone allo spirito, origini in noi la nozione del corpo o ci porga la misura della forza, dell'inerzia, del peso, della solidità, di tutte insomma le proprietil. che co.stituiscoiio il mondo este- riore od oggettivo della materia . é cosa che qui non discuto. Però non mi rimango dall'esporre alcune considerazioni in liguardo a questa dottrina del psicologo inglese. Primamente egli ha concepito e discusso il problema in un senso troppo angusto ed esclusivo restringendolo alla conoscenza del inondo materiale, mentre il noii-me. di cui si rintraccia l'origine, va inteso in modo siffattamente ampio e comprensivo, che abbracci non solo l'universo corpoi'eo . ma la realtà esteriore tutta quanta, sia essa materiale od immateriale, finita od infinita, cosmica o divina. Secondamente avverto, che, se il sentimento appartiene in proiirio al soggetto, ossia allo spirito, e l'attività o forza appar- tiene in proprio all'oggetto ossia alla materia, allora il me va concepito siccome alcunché di meramente passivo e spoglio di ogni energia sua propria , ne più s' intenderebbe svolgono corue da loro gamie, preceiJtì iieiiessariamente, u 1.' altre non sono che una rnodifìoaiione di quella prima [Anlropoloyia in sercisio della sdenta morale, libro 3", sezione 1', capo 1°, art. 4') ». lo opino in contrario, )" che da un atto primo intfiUettuale, tutto riposto nell intuizione della pura idealità, non possono germinare atti secondi riposti nella cognizione di esseri reali, non consentendolo la loro comunanza di natura; 2° che, attesa la ragione inversa in cui stanno fra loro l'estensione e la comprensione delle idee, l'e-ssere ideale, perchè sominameate esteso, non comprenderà in sé veruna determinazione o nota particolare, epperò non può esplicar.si nella plunilit.i delle idee rappresentativa delle cose, sicché le determinazioni costitutive dei varii esseri verrebber'o dal nostro pensiero aggiunte all'essere ideale indeterminatissimo, in cui non preesistevano , e gJi esseri stessi sarebbero una crea- lioue della mente umana. Eccoci di bel nuovo in pieno idealismo per campare dal nuUisMio Sekie li. Tom. XXXIV. 7 50 KSKISIZIONK CKITK A |iK1.I,K liOTTKINK PSICOI.fHiirHK 1)1 A. lUIN il come la materia e^sseiizialmente estesa possa spieftare la sua attività sullo spirito essen- zialmente inesteso. Per ultimo, non è inutile l'osservare, che in niente rlellautore il corpo nostro proprio fa parte del inondo esteriore ossia del non-ine. Eppure la coscienza ne testimonia, che il cor]»), cui chiainianio nostro proprio, ^ta così intimamente congiunto col nostro spirito da formare c(m esso un tutto solo vivente distinto dalKuniverso esteriore, che e l'uno e l'altro sono entrambi essenziali a costituire t'umano soggetto, ed il senti- mento della nostra individualità jiersonale è cosi jiotente. che noi riguardiamo il nostro corpo e lo spirito nostro siccome distinti dagli spiriti e dai corpi, che compongono l'uni- verso esteriore. A dissi])are ogni eijuivoco gioverebbe dalla forinola del problema eliminare il vocabolo /'strriurìfiì. che riferito allo spirito si perde in una vana metafora (giacché il dì fuori suppone il rii tievtru. e lo spirito essendo inesteso non comporta ne l'uno né l'altro termine), e dimandare piuttosto se abbiavi e come si conosca un mondo (ìl^tinto dall'umano soggetto. Procedendo al secondo |udbleni;i il Hain muove la diiiiHudM. se nliliiavi nell'universo alcunché oltre il nostro spirito ed i suoi fenomeni. o|i]iine ipiale ragicme abbiamo di credere, che sussist;iiio fuori di noi oggetti, i (puili ^i (■ontrai)pongano alle nostre sensa- zioni e non ne dipendano Veramente, il ricercare se vi esista (pialche cosa oltre lo spirito ed i suoi fenomeni, suppone che lo siiirito sia esso stesso una realtA effettiva e sostanziale, e non già un'entità meramente fenomenica, come avvisa l'autore. A siffatta questione egli risponde con le seguenti osservazioni : 1" Noi non possiamo conosccrr" il mondo esteriore, né discutere intorno ad esso se non in quanto esso è ni rajjfìorto col nostro spirito. ])er modo che l'ammettere che il mondo è indipendente dallo spirito e che tuttavia esso è da noi conosciuto, implica contraddizione. La nozione stassa delle cose materiali è un fatto mentale. Contemplare un mondo, che non fn punto parte dello spirito, è- un'illusione. (^Mii l'autore incorre in un equivoco. Da ciò . che non ci è dato conoscere il mondo se non a condizione che esso si ponga in rapporto di presenzialità collo spirito nostro, punto iifin ne consegue, che esso non possegga una sua propria realtà e sussistenza distinta dallo spirito stesso. e che l'entità essenziale del mondo risieda tutta (pianta in (juesta sua presenza al nostro pensiero, .senz'essere alcunché di oggettivo in sé stessa. Che anzi il mondo non lìotrebb'es- sere presente allo .spirito, se fosse proprio un nulla di realtà, essendoché un rapporto qualunque importa una dualità di termini distinti e diversi. I/errore del Kantismo giace appunto nell'avere separato il fenomeno dal noumeno, quasiché il fenomeno, ossia l'appa- rire di una cosa alla mente, non sia il noumeno stesso, ossia la realtj^ oggettiva di una cosa in quanto essa é conosciuta, ossia è presente al pensiero. 2° lia solidità, l'estensione, lo spazio, che sono le proprietà fondamentali del mondo materiale, sono niente più che certi movimenti e forze del corpo nostro ed esistono nello spirito sotto forma di sentimenti di forza congiunti colle sensazioni della vista, del tatto, ed altre impressioni. Sentire il mondo esteriore é un aver coscienza di forae e di azioni particolari , che ci sono proprie, sicché noi siamo il soggetto non solo di sensazioni meramente passive, quali il calore, l'odore, ma altresì di ogni movimento attivo di im membro qualunque del corpo. La somma totale di tutte le occa.sioni del dispendio della nostra forza attiva, ecco ciò, che é per noi il mondo esteriore. Se una realtà esterna ed indipendente significasse qualche PEK GIISEPPE ALLIEVO • 51 cosa di più che i nostri sentimenti e sensazioni muscolari e la loro unione di reciproca dipendenza, sarebbe tal cosa da non potersi concepire in vei'un modo. Questa osservazione dell'autore mena ad un fenomenalismo n soggettivi.snio universale. P^gli . che prima aveva riguardato il coi-po nostro come esterioip allo spirito e cume parte del mondo oggettivo. che ne circonda, óra considera la forza nd attività corporea ed ogni attivo movimento mu- scolare siccome appartenente al soggetto ossia allo spiiito . il quale diventa cosi oggetto e si confonde col mondo esteriore . ossia accoppia in .sé una dualità di aspetti, soggettivo ed oggettivo, riuniti nella coscienza. « i.a totalità del nostro spirito (egli scrive) consta di due generi di stati di (coscienza . la coscienza-oggetto , e la coscienza-soggetto ■. la pi-ima è il mondo esteriore, il uou-ine. la seconda è il me, lo spirito propriamente detto. E perfetta- mente vero, che Ih coscienza-oggetto da noi detta esternalità è ancora un modo del me nel senso più largo . non però nel senso ordinariauiente risti'etto di me e di spirito . sinonimi del soggetto ad esclusione dell'oggetto (op. cit.. pag. 340) ». Se adunque il mondo este- riore è la coscienza-oggetto. >• se la coscienza è essenzialmente soggettiva, ognun vede, che il mondo iu tanto esiste in (juanto ne abbiamo consapevolezza, sicché .se questa vieii meno, anche quello .scompare. Il Bain sente egli stes.so questa conseguenza . e dice: Mi si diman- derà, se l'nniver.so esteriore non è. che una dipendenza della collezione degli spiriti, e se esso svanisce. (|uando questi spiriti non sono più ^ Vuoisi egli iTedere. che se tutti gli spiriti fossero distrutti, ne risulterebbe^ la distruzione della materia, dello spazio e del tempo? Egli si argomenta di rispondere all' obbiezione avveitendo. che « la nosti'a coscienza-oggetto fa parte del nostro essere tanto, quanto la nostra coscienza-soggetto. Solo quando io non esisto più. altri esseri riprendono e conservano la parte-oggetto della mia coscienza, mentre la parte-soggetto è scomparsa. L'oggetto è ciò, che permane ed è comune a tutti ; il sog- getto è ciò. che è mutabile, particolare a ciascuno •■ . Questa risposta, anziché disciogliere, rinforza l'obbiezione, ;t" Noi crediamo, che le cause delle nostre sensazioni sono esterne, che cioè alcune delle nostre azioni desteranno sensazioni determinate. La credenza alla realtà estema è un'induzione di un effetto dato da un antecedente dato: gli effetti e le cause sono i diversi movimenti e le .sensazioni nostre proprie. Kcco il soggettivismo. A que.ste tre osservazioni egli ne aggiunge alcune altre, e revoca in dubbio il pronun- ciato della co.scienza espresso in questi termini : esiste una realtà esteriore ed indipendente. Prima di invocare l'autorità della coscienza in favore di un fatto, occorre averla risolto ne' suoi elementi primitivi, semplici ed indivisibili: per contro i termini realtà, esteriorità. indipcndfìizd . contenuti in quel pronunciato, hanno un significato derivato e complesso, un senso dubbio, un'applicazione impropria. ■« Non posso dire (egli conchiude), che la teoria realistica sia del tutto falsa, né che sia vera: dico che non regge *. Lo spirito ed il corpo. Pigliando le mosse dal concetto dello spirito riguardato siccome sentimento, intelli- genza e volontà, abbiamo discorse alla spartita queste tre supieme e fondamentali sue fun- zioni . e rilevando coiin' esse (convengano tutte in una forma comune, che è la coscienza. sia.mo pervenuti come :i tiii.ile conclusione psicologie:! ;i questo pronuiici;ito : lo s)iirito é r>2 ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN un insieme di fenomeni conscienti, ossia appartenenti al triplice ordine di sentimenti, di pensieri, di volizioni: più breve, lo spirito è coscienza, la quale però sebbene sia essen- . zialmnute sogf^ettiva . cioè propria de! soggetto . del me . è ad un tempo altresì oggettiva, cioè contiene quale sua appartenenza l'oggetto, il noii-uR'. Contemplato tiii qui lo spirito in sé stesso, cioè come soggetto avente coscienza de' suoi stati psichici . rimane di contem- plarlo come coscienza oggettiva, cioè nelle sue attinenze (.-nll ' organismo corporeo, col mondo materiale od esteriore, col non-me? che veramente l'essere umano non è ne pui'o spirito, né mero corpo, ma la sintesi di questi due termini. A ipiesto gravissimo studio il Bain consacrò di pi'oposito un suo volume pul)l)licato col titolo : Lo .yi/rifo rd il corpo. Quivi l'autore, posto da ])iima lo stato della (questione, adduce in mezzo i fatti in conferma dell'unione dello spirito col corpo, poi contempla essa unione quale una corrispondenza o variazione simultanea, per cui alle gradazioni del cervello e del sistema nervoso in tutta la serie animale risjwndono gradazioni analoghe nelle facoltà dello sjjirito. quindi espone le leggi generali, che governano l'operHre dello sjìirito in relazione col corpo, infine s'in- gegna di stabilire in nsi divelli secondo il diverso modo, in cui s'intend(jno i due termini, fra di cui si investiga il ra])i)urto. 11 vocabolo spirito, l'uno dei due termini del iiroblenia. viene egli adoperato a significare l'anima razionale del- 1 uomo, che si solleva fino alla sfera dri principii ideali neci'ssarii ed iinivei-sali . o l'anima fen.sitiva del bruto sfornita, per confessione medesima dei materialisti, della facoltà astrat- tiva e generalizzatric(^ ? tjucsta diversità di concetto introd(vtto nel significato del problema no porterà a concepire una diversa guisa di rapporto tra lo s])irito ed il corpo, essendoché . l'anima umana non mostrasi cotanto immersa . per così dire . ed avvilupjiata nella materia , come l'anima del bruto. Kgualniente il vocabolo corim. l'altro terniinc dd problema (o. come 6Ì esprime il Bain, la materia cerebrale, forse perchè il cervello, essendo il fiore del sistema nervoso, incentra e sintetizza in sé tutto l'organismo corporeo) può pigliarsi o come sinonimo di materia bruta inanimata, o come sinonimo di organismo vivente: nel primo senso l'anima- zione e la vitalità del corpo verrebbe dallo spirito come da sua virtù efficiente, nel secondo senso essa apparirebbe quale una virtù proiuia d(dla materia: ed ognun vede lo scioglimento, diverso, che ne verrebbe al problema, secondo il diverso modo di concepire il corpo. Il Bain avrebbe provveduto assai meglio alla discussione di sì grave argomento, se avesse anzi tutto divisato per bene il concetto de' due termini fondamentali della questione. Né vuoisi preter- mettere, che lo spirito ed il corpo, di cui indagasi il rapporto. pos.sono venire riguardati o in senso noumenico. siccnine effettive sostanze, o in senso fenomenico, come li considera il Bain. il (|nale li conceiiisce siccome due fenomeni e nulla più. Posto cosi lo stato della questione, a me pare, che tre sole vie si presentino al ))en- siero di chi imprende a risolverla, ed esse sono: 1" la dottrina dualistica, che srparn le due sostanze od i due ordini di fenomeni per guisa , che le manifestazioni dello spirito 1 PER filVSEPPE ALLIEVO 53 e quelle del corpo si svolgono isolate ed indipendenti le une dalle altre: 2° la dottrina moni- stica, che coìifoììflr ed identifica spirito e corpo in una sola sostanza, la quale, secondochè si concepisce o come materia esclusiva, o come spirito esclusivo, bipartisce il monismo in materialismo ed in spiritualismo esclusivi, die può altresì rivestire la forma di panteismo idealistico: -V la dottrina dialettica, che uiiiscr spirito e corpo senza confonderli e ad un tempo li ri isti lì gufi senza separarli. 11 Bain potrebbe essere annoverato fra coloro, che pro- fessano la terza sentenza: ed io esporrò qui fedelmente la sua dottrina, con cui s'ingegna di spiegare il ra]>porto fra Io sjiirito ed il corpo , riservando per ultime le mie osservazioni critiche. Esposizione della teorica dell' autore. Due guise di fenomeni naturali essenzialmente distinti, eppure insieme congiunti dai più intimi legami, si presentano alla nostra osservazione, lo spirito o coscienza, e la materia od organismo corporeo, li pregio dell'opeia divisare in che essi convengano ed in che si distinguano a fine di determinare le leggi più generali della loro alleanza ed appli- carle alla spiegazione de' singoli fatti. Lo spirito ed il corpo posseggono in comune gli attributi più generali, quali sono la quantità, la coesistenza e hi successione. Non v'è proprietà materiale, che non ammetta un più ed un meno, una ([uantità. come i)ure non avvi ((ualità dello spirito, che non sia suscettiva di gradi diversi: il volume, il peso, il coloie. la durezza dei corpi presentano gradi particolari, come pure i piaceri, le jicne. i pcnsieii. le volizioni del nostro spirito possono essere luimei-ati e misurati sebbene non certo con fisica esattezza o rigor matematico. Le proprietà matei'iali coesistono insieme raggnippate in un medesimo corpo, e coesistono altres'i in un medesimo spirito i suoi attributi e fenometii, essendo sempre lui stesso, che pensa, sente e vuole. Anche l,i successione, insieme colla coesistenza e colla quantità, riscontrasi nel corpo, egualmente che nello spiiito ; nel curpo. i cui cangiamenti si avvicendano gli uni dopo gli altri, insieme consertati dal vincolo di causa e di effetto ; nello spirito, che versa in una continua fluttuazione di fenomeni successivi e coiulizionati gli uni agli altri. Oltre a ciò i fatti vuoi dello spiiito. vuoi del corpo convengono anche in questo, che entrambi sono egual- mente più o nudilo facili a conqirt'iidersi ed a spiegatasi : sappiamo ad un modo quel che sia un pezzo di materia, e ((nel che un'operazione dello s)iirito : e se la materia presenta alcune proprietà chiare ed evidenti, come l'estensione. 1 inerzia, il i)eso. altre non cos'i agevoli ad intendersi, come il calore. 1' elcttriless;i evitica va soggetta (juell'altra espres- sione comune, che io spirito si .serve del c(upo come di strumento per operare sul mondo esteriore. Anclie qui si concepisce lo spirito si<'.eome una sostan/;i capace ili vivere appartata in sé .stessa, di operare secoiuloché gli iiggi'ada insieme eoi corpo o senza di esso, mentre a lui considerato isolatamente non uppaitiene virtù etticienlc né potenza ili sorta. Il nostro essere psichico è per necessità di natura allentai citi nostro essere tìsico, sici^lié senza (|uesta legge dell'alleanza gli stati del nosti'o spirilo lornerebliero impossibili. Coinè adunque eoncepire sifl'atta alleanza, dacché alibiamo ripudiata I Hpinione. the io spirito agisca sul corpo o di esso si serva come ili sliiimento e.steriore^ Si duia assai fatica a trovare termini eonvenienti v pi opri! per esprimere I' unione tra lo spirito ed il corpo, appunto PKR fiirsFHVK AF.I.IKVii 55 perchp tra rtiiin f laltro intorrfrle opposizione di iiaturM. la qnalp non consente die ven- gano raffrontati insieme, altro non avendo di connine, clip gli attributi più generali. -Mlorch^ contempliamo lo spirito siccome rongiunto con una massa cerebrale e le sue correnti nervose, a stento possiamo rimanerci dall 'assegnargli un luogo speciale. Il concetto di alleanza sembra inseparabile dal concetto di luogo o di estensione, mentre il concetti» di spirito, che è essenzialmente inesteso. esclude il concetto di alleanza locale siccome a sé ripugnante ed impossibile. F'cco (jui adunque tutta la difficoltà : lo spirito inesteso si allea localmente colla materia estesa, il dilemma è stringente: o negare il fatto dell'alleanza siccome inconcepibile ed inesprimibile, o riguai-daria siccome unione locale. Diremo adunque che manca il linguaggio conveniente a significare l'alleanza, di cui discorriamo? Se havri una espressione ali uopo, essa è ninn altia. che c|iiestM : un i/iìu/imiii'iifii lii sdito, un passaggio cioè dallo stato di conoscenza con estensione ad uno stato di conoscenza senza estensione. os.sia una successione di tempo, non già un'unione di luogo. Dal concetto del- l'unione tra lo s))irito ed il coi pò dobbiamo escludere ogni idea di luogo pei' surrogarvi l'idea del tempo. Non si scan.sa per altia via lo scoglio della contraddizione, che me- diante la successione tcinpoianea. IH inganisiiiii dotato di estensione ci fa pas-sare ad uno stato scevro di estensione, ossia lo st^'sso essere è alternativamente oggetto e soggetto, eonsciente con estensione, inconscieiite senz'estensione: ec,c<> tutto. Di tal modo ne pare tV\ avere spiegati) il mistei-o dell'unione tra lo s|iirito ed il corpo non già spiegando l'essenza dell' iiiiu e dell' altid. ma designando con una cfniveniente espressione generale il loro ra]i|iiprlo per deiivarne le leggi, clic gnvevnaiio la loro naturale alleanza. Kssr> ^i appoggiano su questo pi'incipio. che ogni ui'to od eccitazione dello spirito è connesso cnn un urto n scossa nervosa e vengono perciò a significare, che ogni fatto psichico sta implicato in nn Tutto tisico, che ogni funzione dello s|)irifo si esercita sopra una base fisica deirni-ganisnin. il gni operazioni' mentale è indissolubilnieut+' accompa- gnata da una sei'ie di atti corporei, tantoché ciascun sentimento, ciascuna idea, ciascun pensiero esige una certa quantità di ossigeno, di carbonio, e di alti'e sostanze, che si com- binano e si trasfoi'mano in certi organi matei'iali. Le leggi, di cui discorriamo, vannf) specificate in tre classi risprmdenti alle tre supreme funzioni dello spirito secondocliè govi'rnano il sentimento, la volontà e l'intelli- genza. Le leggi relative alla facoltà del sentire riguardano le une il sentimento in generale, le altre il sentimento nella sua forma paiticolare di piacere o di pena. Il sentimento con- siderato nella generalità sua è governato dalle due leggi di relatività e di diffusione. Un'a- zione sopra qualunque de' nostri sensi, se persista uniforme e sempre la stessa, perde ogni sua efficacia, sicché sentire semiire una siila e medesima cosa torna afl un medesimo, che sentire un bel nulla. Il passaggio dall' uniforme e dall'identico, al vario ed al diverso, ossia il cangiamento è condizione necessaria allo sviluppo del sentimento : è questa la legge di relatività, la quale, applicata non più allo spirito, ma al corpo, va enunciata di tal modo: un'azione continuata pei- certo tempo cessa di produrre la quantità ed il genere di azione nervosa necessaria perchè ne abbiamo coscienza. Occorre che il sistema nervoso si rifaccia e ripigli forza dal nutrimento e dal riposo. Di costa alla legge di relatività sta quella di diffusione, per cui tuttavoltachè un'impressione va consociata con una sen.sazione, le correnti eccitate si spandono liberamente nel cervello e determinano un'agitazione generale degli organi di moto pur mentre agiscono sui visceri. Lo stimolo, che eccita fi6 ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTBINE PSICOLOOICHE PI A. BAIN un nervo sensitivo si propaga fino ad un centro o ganglio, dove sprigiona una forza an- cora più energica, che giunge ai muscoli per via de' nervi motori. Queste due leggi, la relatività e la dift'usione insieme accopjìiatc ci puigonn 1 " espressione generale delle condizioni fisiclio di ogni coscienza, le quali sono « un accrescimento n una variazione delle colorenti nervose del cervello {erro In hf/yr ili r rio tir ita) abbastanza energiche ed estese per agire sul sistema combinato dei nervi, che partono dal cervello, nervi motori e nervi de' vi^cel■i {cero la lajyf di (HfJKsiotic) ». V\w se l'iguardisi nella sua forma par- ticolare di piacere o di pena il sentimento soggiace alla legge di conservazione personale, per cui il piacere va accompagnato da un accrescimento, il dolore da una diminuzione di energia vitale, ed alla legge di stimolo, per cui eccitare i nervi entro certi limiti e con- dizioni è sorgente di piacere, trascendere questi limiti fino al conflitto od alla violenza degli stimoli produce dolore. Venendo alla volontà, siccome es,sa nel -uo o|)erare è suscitata dalla sensazione piacevole o molesta, e guidata dall' intelligenzM. ossia ilalla conoscenza del line, a cui in- tende, così il problema dell'accordo tra lo spiiito volente e l'organismo corporeo si risolve nel problema medesimo, che l'iguarda la sensazione e l'intelligenza. L'operare della vo- lontà abbisogna di condizioni fisiche, le (juali sono ])riiiianiente Fattività spontanea mu- scolare, ossia la esuberanza di potenza vitale capace di imprimere un moto agli organi indipendentemente da ogni stimolo esteiime: secondamente la sensazione gradevole o pe- nosa, la quale dirige sovra alcuni punti s])eciali (inell'attività dapprima operante alla ventura ed a sbalzi : in terzo luogo un lapporto tra certe date sensazioni "e certi dati movimenti. Come il sentimento e la volontà, cosi l'intelligenza è intimamente vincolata coU'or- ganismo corporeo, l fondamenti fisiologici del jìensiero ci vengono scoperti in quelle me- desime leggi poste superiormente in riguardo al sentire ed al volere applicate alla facoltà del pensare. La legge di relatività, ossia della necessità del cangiamento per suscitare un senti- mento, è altresì la base fondamentale della conoscenza e costituisce la facoltà intellettiva del discernimento. Questa facoltà, che cotanto si estende fino a cogliere le gi'aduazioni più minute di'suoni e decolori e le diffeienzo (piasi ini]ieicettiijili degli oggetti, si giova di un apparecchio tìsico anch'esso este.sissinm e meravigliosamente complicato, come ne fauno provagli organi della vista e dell'udito. La seconda legge detta di diffusione, o rapporto della sensazione con correnti raggianti, governa del pari l'intelligenza, siccome quella, che tiene rapimi-ti fisici colle correnti nervose del cervello. Panmente la legge di conservazione regge altresì il pensiero, essendoché la nostia intelligenza riguardata sotto l'aspetto pra- tico può essere considerata siccome uno svilup]Mi vastis.simo di azioni, c^he da essa legge dipendono. La facoltà ritentiva o meinoi'ia, non alti'iiuenti che le funzioni del discernimento e dell'accordo ha una base tìsica nell'organismo corporeo. Ogni atto della memoria, ogni idea conservata o risvegliata ha rispondenza in un gruppo partie^olare di sensazioni e di movimenti fisiologici, mercè il sussidio di sviluppi speciali delle cellule di congiunzione. Che la memoria, egualmente che lo altre facoltà conoscitive stia per necessità di natura vincolata con uu organismo nuiteriale, è cosa che va da sé. Jla alloraquando poniamo mente al numero sterminato dei nostri acquisti intellettuali e lo raffrontiamo con quello PEK (UtTSEPPK ALLIEVO 57 delle nostre fibre cerebrali e ci domandiamo come mai l'immenso ammasso delle nostre operazioni intellettive e delle nostre conoscenze possa starsene rinchiuso tutto quanto in tre libbre di un tessuto grasso od albuminoso composto di sottilissimi fili e di piccoli cor- puscoli, qual è il cervello, noi facciamo le più alte meraviglie e ci troviamo in faccia ad un fatto, che sembra sfidare ogni calcolo ed ogni ragion spiegativa. Tuttavia ciascun acquisto intellettuale debba avere la via sua propria in quel labirinto di corpuscoli e di fibre, che chiamiamo massa cerebrale, e l'estensione delle nostre cognizioni acquisite va com- misurata al numero degli elementi particolari del cervello medesimf). A dimostrare questo pronunciato è necessario anzitutto stabilire, che siccome la ritentiva è facoltà di continuare nello spirito impressioni non più eccitate dallo agente primitivo esteriore e riprodurle più tardi mercè forze meramente intellettuali, così l'impressione rinnovata occupa esattamente nel cervello le parti medesime e nel medesimo modo che l' impressione primitiva. Ancora giova avvertire, che il numero delle svariatissime idee e delle impressioni va considerevol- mente ridotto, essendoché si raggruppano tutte in alcune classi supreme e comprensive per modo, che il concetto di genere o di specie basta esso solo a conoscere e ritenere tutti gli individui in esso racchiusi. Cos'i ciascun viso umano mostra un'impronta tutta sua particolare ; tuttavia ritenendo alcuni de'tratti più salienti e ragguardevoli e forse non più da sei a dieci indicazioni di forma, di grandezza, di colore, ci basta per riconoscere qua- lunque umana fisionomia. Egualmente il naturalista, sorretto dalla efficacia della classi- ficazione, non può guari conservare nella sua memoria che i caratteri di due o tre mila specie; pel resto si affida al libro: lo stesso, è a dirsi del filologo, che apprende e ritiene una lingua composta di innumerevoli vocaboli, e del matematico, che tiene in mente una quantità considerevole di formolo e di figure. Ciò posto, so instituiamo un calcolo appros.simativo degli clementi nervosi — fibre a corpuscoli — a fine di paragonare il loro numero con quello de' nostri intellettuali acquisti, appoggiati alla misura del volume del cervello possiamo arguirne, che il numero delle fibre le quali riuniscono le diverse parti della massa cerebrale è di 4800 milioni. Per conse- guente, posto il numero complessivo di duecentomila acquisti ideali, a cui potrebbero giungei'e gli spiriti meglio dotati riguardo a memoria od alle altre facoltà mentali, avremmo per ciascun gruppo nervoso cinque mila cellule e venticinque mila fibre. « Questo calcolo basta a dimostrare, che per quantunque numerosi siano i rapporti ai quali gli emisferi cerebrali devono bastare, gli elementi nervosi esistono nella medesima proporzione, e che nulla v'ha d'improbabile ammettendo l'esistenza di un filo nervoso indipendente per ciascun acquisto intellettuale distinto, ed assegnando un cammino speciale apposito a ciascuna delle correnti, che si connettono ad una sensazione, ad un'idea ». Quando si chiamino a critica rassegna le più celebrate teoriche dei filosofi antichi e moderni intorno l'unione dello spirito e del corpo nell'uomo, si perviene a questa con- clusione : la dottrina delle due sostanze più non regge ai risultati della moderna scienza positiva, mentre la dottrina della sostanza unica, in cui si riuniscono due ordini opposti di proprietà, ossia della sostanza unica con due faccie, l'unica fisica, l'altra spirituale, ri- sponde alle esigenze della questione ed ai bisogni della ragione. Serie II. Tom. XXXIV. 58 ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN Critica dell'esposta dottrina intorno l'unione psicologica Il problema dell'unione fra lo spirito ed il corpo presenta un'intima attinenza con i punti più rilevanti della pedagogia, della religione e della morale. Infatti poniamo caso, che esso venisse discusso e risolto secondo i pronunciati del materialismo, che stringe tutto quanto l'essere umano nel corporeo organismo, di cui le facoltà mentali sarebbero un necessario risultamento , e che rigetta siccome assurda l'esistenza di sostanze spirituali indipendenti, riesce per se evidente, che ne verrebbe per logica conseguenza il sacrificio dell'educazione spirituale alla educazione fisica nell'ordine pedagogico, e la negazione di Dio e dell'immortalità dell'anima umana nell'ordine religioso e morale. Né si obbietti in contrario, che il proposto problema va disaminato e sciolto in sé stesso, astrazione fatta dalle sue relazioni con altre questioni e senza punto preoccuparsi delle conseguenze, a cui ne porterebbe nell'ordine pedagogico e religioso, se si vuole che venga discusso con piena indipendenza di pensiero e senza veruna opinione preconcetta in mente. Coloro, che cosi la discon-ono, non avvertono al sintesismo ideale, che stringe insieme i molteplici e svariati problemi della scienza e compone ad armonia i differenti ordini dell'umano sapere. La verità non può alla verità contraddire, né chi si affaccia ad un problema può rimanersi indifferente allo scioglimento di esso, il quale conduca alla negazione di altre verità già stabilite e tenute per ferme, che abbiano attinenza col medesimo. Questa pretesa indiffe- renza, che si vorrebbe necessaria a conservare l'indipendenza del pensiero e la libertà assoluta della discussione, riuscirebbe alla negazione medesima della verità, opperò alla distruzione medesima del pensiero, il quale dovrebbe ad ogni passo disfarsi delle sue cre- denze scientifiche per correre alla ventura. Venendo di proposito al nostro argomento, il Baiu, schierati in due classi opposte i fenomeni psichici ed i fisici, lo proprietà dello spii'ito e quelle del corpo, pone in rilievo il fatto, che questi due ordini di proprietà e di fenomeni si riuniscono in un medesimo essere individuo vivente, l'uomo od il bruto, e si fa a rintracciare la ragione di siffatta unione. Qui invece la critica dimanda, se mai, prima d'investigare la causa di questo fatto nel- l'uomo, e nel bruto, non torni opportuno, anzi necessario sollevare la questione alla sua espressione generale ricercando se abbiavi ragione di ammettere o di negare l'esistenza effettiva di spiriti puri, cioè sciolti da ogni organismo corporeo nello attuamento delle loro facoltà costitutive, quali sono l'intendere razionale ed il hbei-o volere. Il Bain non può accogliere siffatta questione, o se pure la riconosce, non può non risolverla in senso negativo, egli, che non ammette la sostanzialità dello spirito convertendolo in un insieme di proprietà o di fenomeni. Eppure non mancano prove in appoggio della sentenza spiri- tualistica. Poiché se l'esperieoza ci pone sott'occhio corpi che sussistono disgiunti da ogni spirito animatore, quali sono le sostanze tutte minerali, inorganiche ed inanimate, e ci addita nel nostro medesimo corpo organato fenomeni puramente ed esclusivamente fisici e meccanici, a cui lo spirito non piglia parte veruna serbandosi onninamente estraneo, la ragione ci consiglia per ciò a riconoscere sostanze spirituali, cIk' intendono e vogliono, in tutto scisse da organi materiali. Certo è, che siccome non tutte le sostanze corporee pos- seggono la vb'tù peculiare di congiungersi in intimità di vita con uno spirito (che i corpi I PEK GirSEPPE ALLIETO 59 minerali ed inorganici non sono fatti per allearsi con un principio animatore) del pari non tutti gli spiriti sono di loro natura siffatti da abbisognare di un materiale connubio per sussistere ed operare. Dio è tale spirito, che si regge da sé e vive in sé, mentre lo spi- rito umano è natofatto per convivere col corpo. Ora il Bain ha egli proposto il giusto concetto spiegativo di siffatta convivenza ? Assaggiato al crogiuolo della critica il concetto psicologico dell'autore apparisce incoerente ed insussistente. Dacché egli aveva respinto siccome ripugnante ogni alleanza locale dello spirito col corpo, e riconosciuti questi due termini siccome opposti siffat- tamente da non comportare verun paragone, più non gli consentiva la logica di asse- gnare alle facoltà dello spirito una base fisica nell'organismo corporeo, di commisurare il numero delle nostre operazioni intellettive e delle nostre conoscenze con quello delle fibrille e dei coqDUScoli cerebrali, e sentenziare, che il cervello deve o in un modo o nell'altro fornire una via di comunicazione nervosa apposita per ciascun acquisto di- stinto (1). È noto come Cartesio insediasse l'anima nella gianduia pineale, e come alcuni seguaci della frenologia fisiologica abbiano iniaginato la regione dell'intelligenza riposta nella massa anteriore del cervello cùxondata dalla vertebra anteriore del capo , l'or- gano del sentire nella massa medesima circondata dalla vertebra centrale, l'organo della volontà e dell'istinto nella massa cerebrale posteriore chiusa dalla vertebra dell'occipite (2). L'autore dichiara assai delicata la questione di sapere, se le tre funzioni, intelligenza, sentimento e volontà occupino ciascuna un posto distinto nel cervello (3). Ma a serbarsi concorde con sé medesimo avrebbe dovuto ripudiare ben anco l'esistenza di siffatta que- stione, dacché lo spirito non tiene col corpo verun rapporto locale ; in quella vece si pose a rintracciare i fondamenti fisiologici delle operazioni psichiche ; e qui il suo con- cetto si rivela non solo illogico e discorde da sé medesimo, ma altresì insussistente. Egli infatti reputa di avere spiegato il fatto dell'unione psicologica sostituendo al con- cetto di alleanza locale discorde dalla natura dello spirito il concetto di cangiamento di stato succession temporanea, per cui il medesimo essere individuo, o uomo o bruto ci si presenta alternativamente come soggetto ed oggetto , sostanza unica a due faccie, l'una fisica, l'altra spirituale. Ma la difficoltà rimossa dal lato dello spirito ricompare dal lato della materia ; dalla proposizione, lo spirito essendo inesteso non può allearsi local- mente col corpo, ci troviamo sbalzati in quest'altra : la materia, essendo estesa deve allearsi localmente collo spirito : i due termini opposti vanno sempremai respingendosi, non comportando paragone di sorta. Per soprassello, a vece di una sola sostanza con due facete ci troviamo con duo faccie senza sostanza, essendoché, nessuno potrà soste- nere sul serio, che 1' unione di due opposti ordini di fatti, fisici e psichici, nessuno de' quali è sostanza, possa convertirsi in una sostanza. {\) Lo spirito ed il corpo, pag. 240, efiiz. frane. (8) 11 "ViLLis aveva locato il senso comune nel corpo scanalato, la memoria nella sostanza eoriieale e cosi via via ciascuna facoltà dell'anima in una parte speciale del cervello. Anch'egli , il fisiologista, PiNEL, non era alieno dallo assegnare a ciascuna facoltà peculiare dello spirito una sede propria nel cervello. Sono meritevoli di essere lette le osservajioni , che fa Main de Biras intorno a questo ar- gomento nella sua opera postumi : Nouvelles considérations sur les ropporls du physique et du moral de l'homme, parte 1", § IV. (3) Ibid., pag. 108." 60 ESPOSIZIONE rRITICA PELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIK L'insussisteiiisa di questa dottrina apparirà vie più manifesta disaminando le leggi ossia i fondamenti fisii ili "{liei dell'intpHifieiiza posti dal nostro autore. Huplielmo Hamilton avvisava, ehe. tutto ((uaiito sappiamo intorno l'unione dello spirito col corpo, sta in ciò. che le modifìca/ioni psicliiclie dipendono ila certe condizioni corporee, ma circa la natura di (|iii'>ti' condi/ioni imn ci vien dato di (•onoscere il menomo che. Il Bain pretese di spiegare il fatto secondo i placiti del positivismo, ma fallì all'intento. La sua df)ttrina mi ricorda l'ipotesi di Carlo lìonnet. il (juale aveva sup])osto. che il cer- vello sia fornito di tante fihrille . (|uante esistono e possono esistere ra])presentazioni ideali e rajtporti fra queste rapjn'esentazioni. Essa riposa tutta quanta su (luesto fallace supposto, che tra i nostri concepimenti ideali e le oscillazioni fibrillari vi corra tale comu- nanza di natura e cosi intima corrispondenza, che possa risiedere in ([ucste la ragion spiegativa di quelli. 8e cosi stesse la cosa, sarebbe giuocoforza divisare nella massa cerebrale tante specie di elementi nervosi, quante sono le specie di acquisti ideali cor- rispondenti, anziché studiarsi soltanto di calcolanie alla rinfusa il numero senza distin- zione di sorta. Ur mi si dica: quali sono le fibrille, che rispondano all'operazione dello astrarre e del generalizzare^ Quali i corpuscoli cerebrali, che mostrino la più lontana analogia colle idee soprasensibili della virtù e del vizio, del diritto e del dovere e colle trascendentali astrattezze della metafisica e della matematica? E l'idea medesima che abbiamo dello spirito , come potrà ottenersi e venir suscitata dal meccanismo di qualche elemento corporeo, se spirito e corpo uiohtrano natura di lutto punto opposta? Noi possediamo il concetto .sintetico e complessivo di tutto quanto il nostro corporeo organismo riguardato nello insieme sistematico delle sue parti muscolari e nervose ; ma v'ha egli una fibra c(?rebrale rispondente a siffatto concetto, epperò anch'essa sinte- tica, e complessiva e starei per dire universale? A tutte queste ed altrettali dimando io non mi so quale satisfacente ris])osta possa fornire il nostro psicologo : questo solo io noto, che il Bain, il quale come positivista la pretende al sapere positivo, cioè sgombro da ogni nube e sciolto da ogni dubbiezza e perplessiti\ . qui si mostra impigliato in tutte quelle difficoltà ed incertezze, che egli rimprovera alla dottrina spiritualistica dei psicologi e dei metafisici da lui avversata. Si pronuncia con somma facilità e concordemente da tutti, che a certe oscilla- zioni degli organi sensibili succedono come conseguenti ordinarii e costanti certe sen- sazioni e certe idee nell'anima, ed a certi sentimenti e pensieri dell'anima tengono dietro certi movimenti nel corpo: che la memoria è intimamente collegata colle nostre condizioni fisiologiche e ne risente le diverse vicende ; che alcuni sconcerti nella massa cerebrale ed alcuni sciuilibrii nel sistema nervoso perturbano il regolare processo del- l' intelligenza e ne alterano considerevolmente i risultati. Intorno a questi ed altret- tali fatti l'accordo è pressoché universale. .Ma (piando si rintraccia la ragione del fatto, alla concordia del pensare sottentrano i dissidii delle opinioni. Vi ha chi immagina l'esistenza di un organo universale composto di fibre meccaniche, i cui movimenti siano la naturai cagione dei nostri intellettuali acquisti : ma poi tiuesto meccanismo ideale non regge gran fatto alla critica, avuto riguardo alla opposizione, che intercede tra il movimento locale della materia e l'esercizio delle facoltà intellettuali. Si vuole da altri, che ogni atto conoscitivo stia insediato in un gruppo determinato di fibre cere- brali, e quivi ponti, starei per dire, la sua leva: ma non si tien conto della spiccata PER GIUSEPPE ALLIEVO 61 opposizione tra l'estensione propria della materia e la semplicità essenziale al pensiero. Si percorre tutto il campo delle congetture, ma il positivista mai non vi trova il fon- damento inconcusso della certezza. Meditando intorno il presente problema, mi par necessario distinguere due ordini di facoltà intellettive proprie dello spirito umano , inferiori le une , superiori le altre. Appartengono all'ordine inferiore le facoltà della percezione e dell'osservazione sen- sibile esterna, e della fantasia animale , da cui attingiamo la conoscenza del mondo materiale, che ne circonda. Nessuno può revocare in dubbio, che ^siffatte facoltà non possono attuarsi ne svolgersi senza il conveniente sussidio degli organi Jproprii dei nostri sensi esterni, in grazia'de' quali lo spirito umano si pone in comunicazione eoll'universo corporeo, ed in sé lo riproduce idealmente. Anche il mondo intcriore dell'anima ci vien rivelato da una facoltà speciale , che è il senso intimo , come alcuni lo chiamano , o coscienza psicologica ; ma si può egli sostenere con certezza , che sia anch'esso fornito di un organo peculiare , come ciascuno dei sensi esterni ? Alcuni fisiologi , e psicologi tedeschi (1) supposero che la coscienza possegga un organo proprio della sua attività, e loro parve di averlo scoperto in quella parte centrale del cervello, in cui vanno ad appun- tarsi le opposte estremità di tutti i nervi. Edvon Hartman nella sua Filosofia dell'In- conscio sostiene che la coscienza umana non può svolgersi senza cervello, sebbene per lui il sistema nervoso sia la forma più acconcia . ma non unica delle manifestazioni della coscienza, non involgendo veruna contraddizione il concetto di esseri dotati di coscienza in tutt'altre condizioni da quelle, in cui è collocato l'uomo nella vita presente. Che se poniamo mente a quelle altre facoltà mentali di grado superiore, quali sono la ra- gion teoretica e la speculazione, le quali si svolgono nella regione trascendentale delle idee ed hanno per obbictto i principii assoluti ed immutabili, le verità universali e teo- rematiche , ognun vede, che sono di loro natura assai più libere nel loro esplicamento ed assai più sciolte dalle esigenze organiche, che non le facoltà inferiori, essendo pres- soché immensurabile l'intervallo, che corre tra un movimento fibrillare ed una corrente nervosa dall'una parte o l'intuizione di Ilio o dei principii eterni della morale dal- l'altra. Con ciò non intendo di sostenere che nella [iresente condizione della vita umana le facoltà razionali sussistano isolate ali 'intutto dal corporeo organismo, poiché uno ed identico a sé medesimo è lo spirito umano, ed in virtù di questa unità psicologica le facoltà superiori s'intrecciano colle inferiori, ed in queste rinvengono le condizioni per sollevarsi ad un mondo ideale, dove non giunge la virtù sola del senso. Quindi si scorge ragione per cui nei concepimenti più astratti e più trascendentali giace implicato un elemento sensibile f direi materiale, non foss'altro la parola, necessaria a significare e circoscrivere i concetti più astratti ed indetcrminati : il che ci ricorda il pronunciato «li Aristotele, l'anima niente pensa senza fantasma (2) : ed è questo a mio avviso il carattere proprio del sapere umano, per cui si differenzia dal sapere divino. Non è già. (1) Il psicologista Jakob nella sua opera Empirisch. seelenl. , pag. 26, scrive: " Non si conosce l'orgaDO del senso interiore, rna è verosimile che la sua attività sia legata a certi organi del cervello n; ed in altra sua open, pubblicata con titolo analogo nel 18IU, dice, che o le opposte estremità de'nppvi dei sensi esteriori, che sembrano riuscire insieme al cervello, son forse l'organo del senso interno «. 11 fisiologo IliLDEBRANDT intendeva per organi dal senso inlimo la parta cerebrale, dove si riuniscono tulli i nervi, (2) Aristotile, Dell'anima, libro 3", cap. 7 e 8. 62 ESPOSIZIONE CKITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN che i puri intelligibili preesistano virtualmente nei dati sensibili , e da questi si 8clni> dano come da loro proprio germe, ne che dalla percezion sensitiva fiorisca la ragione speculativa siccome un progressivo esplicamento ; bensì è lo spirito umano, che percepiti i fatti mutevoli e contingenti e le cose sensibili e temporanee poggia più alto e ne cerca la ragione nei principii immutabili e necessai-ii, nelle essenze ideali ed eteme, e questi principii e queste essenze non possono affacciarsi né sorreggersi davanti alla mente se non siano rivestiti di una forma sensibile, che li individui. Inteso il problema in questo modo, che a me pare il meno discosto dal vero, le facoltà superiori dell'animo troverebbero le condizioni e lo strumento del loro operare nelle facoltà inferiori , e non punto nelle correnti nervose o nel movimento dei corpuscoli e delle fibre cerebrali, e ne emergerebbe il giusto concetto dello spirito umano, il quale è di sua natura siffatto da vivere congiunto in consorzio col corjjo. animandolo ed infor- mandolo di se medesimo. Quindi sempre mi parve pieno di profonda filosofia il gran principio del finale risorgimento dei corpi umani proclamato dal Cristianesimo, significando con esso, che l'unione dello spirito e del corpo nell'uomo non è fortuita . ne accidentale, bensì necessaria e permanente. Ne altri opponga . che questo concetto venga a mettere in forse il principio dell'immortalità dell'anima, la quale, se disgiunta dal corpo suo, rimarrebbe sprovveduta del ministero de' sensi, epperò non potrebbe più né intendere, ne sus.sistere per tutto quel periodo di tempo, che intercede fra la morte presente e la risurrezione futura. Poiché le è cosa affatto ragionevole il suppoire. che in tale frattempo l'anima umana si stringa in temporaneo rapporto colla materia sott' altra forma e con- dizioni da quelle della vita presente pur rimanendo sostanzialmente la stessa di prima, in quella guisa, che alcune specie d'insetti senza ])unto mutar di natura discorrono le tre fasi cotanto disparate di bruco, di crisalide e di farfalla (1). Queste considerazioni ci schiudono la via a concepire sotto un aspetto nuovo e razionale il fatto dell'unione dello spirito e del corpo nell'uomo. Quanda si avverta, che lo spirito avviva ed informa di sua virtù il corpo . con cui è congiunto . e che possiede jiccome .suo distintivo carattere la facoltà di' intendere e di volere, per cui si solleva al di sopra della materia fino a comprenderla e i"ii)rodurla idealmente, abbiamo fondata ragione di ritenere, che alla mente conviene un naturale primato sulla materia. Ora nella virtù, che ha la mente di far suo il corpo avvivandolo e dominandolo senza punto distruggere od alte- rare la specifica sostanzialità del medesimo, risiede a mio avviso la ragione, per cui lo spirito ed il corpo compongono l'individualità dell'essere umano. Non mi pare quindi conforme a verità il concetto del 13ain. il quale ripone l'unione, di cui discorriamo, in un terzo termine superiore allo spirito ed al corpo, cioè nell'individualità dell'essere vivente, o uomo o bruto ch'esso sia, concepita come una sostanza unica a due faccie, Tuna fisica, l'altra spirituale. Il Bain è materialista ? È una dimanda . che sorge spontanea dalle cose discorse. I positivisti in generale si schermiscono dalla lotta, che si dibatte tra lo spiritualismo ed il materialismo col rispondere, che essi non intendono di pronunciare sentenza, perchè non ci hanno pensato, e non vogliono pensarci essendoché ai loro occhi il problema del divario essenziale tra lo spirito e la materia è imperscnita.bile tanto che a tentarne lo scioglimento (I) JNori v'accorgete voi , che noi siam vermi Nati a formar l'angelica farfalla ? Danti. PER GIUSEPPE ALLIETO 63 non si riesce a capo di nulla. Se per materialismo intendasi la dottrina che rigetta l'esistenza di qualunque siasi sostanza spirituale, sia essa prosciolta da ogni vincolo materiale come lo spirito divino, sia congiunta con un organismo corporeo come lo spirito umano, in questo senso il Bain vuol essere annoverato fra i materialisti, dacché egli sostiene, che di uno spirito puro, indipendente da materia, quale sarebbe Dio, non possiamo formarci concetto di sorta, e quanto allo spirito umano lo spoglia di ogni sostanzialità effettiva convertendolo in una collezion di fenomeni. Che se poi altri pigli il materialismo siccome la dottrina, che confonde in uno i due ordini di fenomeni, spirituali e materiali, riguardando il pensiero e la volontà siccome un movimento delle fibre cerebrali , od un risultato di correnti nervose , allora il Bain non va riguardato siccome materialista. Poiché egli sostiene, che . in qualunque siasi guisa si concepisca Tunione dello spirito col corpo . permane pur sempre incancellabile la distinzione tra i due modi di esistere , materiale e spirituale , e dichiara in modo esplicito ed aperto, che ogni qual volta facciamo parola di nervi e di fibre, non parliamo per niente di ciò, che dicesi il pensiero, enunciamo de' fatti fisici, che lo accompagnano, ma che non sono il fatto psicologico. Che anzi egli respinge assai vivamente l'accusa di volere distrutta la parte spirituale di nostra natura per ciò solo, che non ammette la dottrina cartesiana di due sostanze distinte nell'uomo, l'una sostegno dei fatti corporei, l'altra soggetto dei fenomeni mentali : e lamenta che il sostenitore di una sola sostanza <• sia costretto a pro- testare, che non nega punto l'esistenza dei fenomeni appellati spirito, ma combatte soltanto un'ipotesi arbitraria ed infondata (Spirito v còrpo, pag. 228) ». Ciò nullameno mi è giuocoforza ricono,scere . che la dottrina del nostro psicologo liguardata nel suo carattere generale si disforma sostanzialmente dallo spiritualismo, e può venire in pressoché tutti i suoi punti accolta dai materialisti. Infatti egli rigetta l'esistenza di Dio come Spirito infinito, nega l'immortalità dell'animo umano perchè lo riduce ad un puro fenomeno privo di sostanziai sussistenza, non ammette la libertà morale , tiene in pari conto lo spirito e la materia, tutti pronunciati questi, a cui ogni materialista sa fare buon viso, come se fossero suoi propri!. Ho detto, che agli occhi suoi la materia vale quanto lo spirito. Poiché egli riguarda l'influenza esercitata sulle nostre opinioni dal sentimento della dignità personale siccome la precipua e più copiosa fonte di tutti i nostri errori e pregiudizi. Dominati da siffatto sentimento (egli osserva) alcuni filosofi hanno posto per principio, che di due discordi opinioni va preferita non già quella . che è vera, bensì quella, che nobilita e rialza la natura umana .- come pure si volle combattere e rigettare la teoria di Darwin per ciò solo, che essa umilia il nostro orgoglio di stirpe. L'Hamilton aveva apposto per epigrafe alla sua opera principale questa frase : « Sulla teira non vi ha di grande che l'uomo: nel- l'uomo non v'ha di grande che lo spirito ... Il Bain appunta quest'epigi-afe come una van- teria grossolana rivolta all'orgoglio umano e tale da disonorare un'opera filosofica (1). Queste osservazioni del Bain rivelano lo spirito materialistico della sua dottrina. Prima di censurare il sentimento della dignità personale siccome fonte suprema di errore . avrebbe dovuto esaminare se mai esso non sia fondato in natura e fornito di valore oggettivo, perchè in tal caso può con ogni ragione essere adoperato come criterio parziale di verità per giudi- care la veracità di alcune dottrine. (I) ■• Sulla terra ;egli aggiunge) soavi ben altre cose che l'uomo meritevoli dell'epiteto di graudi, e il meccanismo del corpo è sotto ogni riguardo un'opera tanto riniurchevole, quanto lo «pirite (op. cit., pag. 220 e seg.) ». ESPOSIZIONE CRITICA DELI-E DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BATN Le dottrine morali di Alessandro Bain. Le dottrine morali del Bain non si trovano trattate di proposito ed esposte in forma sistematica in veruna delle sue opere, ma vanno raccolte qua e là da' suoi volumi , dove giacciono disseminate e sparse, e segnatamente nel libro intitolato Le Emozioni e la vo- lontà. Per conferire a questa breve esposizione queirordine logico, che pure non si ravvisa nelle opere del nostro autore, reputo necessario avere presenti alla mente i due punti domi- nanti, su cui si regge tutto quanto l'ordine morale, ed essi sono dall'un lato le facoltà morali dell'uomo, dall'altro la legge direttiva delle medesime. Facoltà morali sono; 1°^ libera vo- lontà, ossia il dominio dello spirito umano sui proprii atti, mercè cui esso si determina da se all'amore del bene conosciuto ed è causa efficiente del proprio operare : 2° la coscienza morale, o facoltà di approvare come buone certe azioni, biasimare come malvagie certe altro ; 3" il sentimento del dovere o dell'obbligazione, consociato con quello della responsabilità ed imputabilità morale. Che se tali azioni vengono dalla coscienza morale approvate sic- come buone, e tali altre riprovate siccome malvagie . forza è riconoscere l'esistenza di un criterio di moralità, che governi siffatto giudizio : e so proviamo dentro dell'animo il senti- mento del dovere, ossia dell'obbligo di compiere le azioni giudicate buone, di astenerci dalle malvagie, necessita altres'i lo ammettere un principio autorevole, che generi in noi il dovere l'obbligazione sentita. Or questo criterio regolatore de' nostri giudizi morali, questo prin- cipio autorevole , fonte della nostra obbligazione è la legge morale. Raccogliendo intomo questi due punti cardinali di tutto l'ordine morale le dottrine del Bain, c'ne stiamo espo- nendo, vediamo che cosa egli ne pensi della libertà morale, come concepisca ed intenda la legge, come spieghi la genesi della coscienza e del sentimento dell'obbligazione. Quanto è della libertà morale intesa come facoltà di determinarsi da sé al proprio operare senza patire veruna neces^tà vuoi psicologica , vuoi fisiologica . egli formalmente la respinge sostituendovi il determinismo, per cui ogni atto umano s'intreccia con un altro in modo indissolubile , come un conseguente col suo antecedente, un effetto colla propria cagione. Anche nel mondo fisico, egualmente che nel mondo morale, i fenomeni sono con- seguenti determinati da antecedenti in modo costante e regolare, salva però sempre la differenza, anzi l'opposizione, che intercede tra lo spirito e la materia. Poiché mentre un atto volontario è un conseguente accompagnato dalla coscienza dello sforzo muscolare, un fenomeno fisico consta di elementi, che per necessità medesima di loro natura sono incon- scienti. Opina il Bain, che il sentimento della dignità umana abbia esercitato una smodata influenza sulla questione del libero arbitrio ingenerando il falso concetto della libertà morale. Nella dottrina di Aristotele, che proclama volontaria la virtù, già apparisce il sentimento della dignità personale associato coU'esercizio della volontà. Negli stoici l'elemento vizioso di questa fittizia importanza della persona umana, in sentenza dell'autore, si scorge vieppiù spiccato e prevalente : essendoché essi esaltavano la potenza della volontà a segno da repu- tarla superiore a tutto l'universo, quasi rocca inespugnabile fra il turbinìo degli eventi, ed .alla coscienza di questa grandezza della volontà associavano una emozione di orgoglio, un punto di onore e dignità. Filone ebreo parla dell'uom virtuoso come d'un uomo vera- mente libero, e reputa schiavo il vizioso. In tempi più recenti, dacché la questione assunss PER (ìirSEPPE ALLIEVO 65 un'indole metatìsica. il libero arbitrio fu propugnato per ciò solo, che meglio risponde alla dignità dell'uomo, mentre la necessità volontaria, che pure (sempre in sentenza dell'autore) ha tutte le ragioni in suo appoggio, venne ripudiata soltanto perchè suona un'offesa ed un affronto all'eccellenza di nostra natura. Nemmeno la coscienza psicologica può essere, secondo lui, invocata siccome autorevole testimonio della libera volontà, perchè essa allora soltanto ha diritto alla nostra credenza , quando trattisi di fatti semplici, ultimi, indecomponibili ed evidenti come gli assiomi . mentre la libei-tà morale è un fatto complesso ed intricato. Insieme colla libertà il Bain nega altresì l'esistenza di una legge morale, quando per essa s'intenda un principio assoluto, immutabile, universale, che possegga una natura sua propria ed oggettiva, astratta ed indipendente da ogni fatto umano. Come le leggi fisiche non sono verità astratte e trascendentali, ma uopo è raccoglierle dai fatti naturali, in cui esistono, e di cui sono una espi-essione generale, cos'i le leggi morali occorre cercarle nei fenomeni dello spirito umano, e non in alcunché di esteriore ad esso, in certe intuizioni della pura ragione. La coscienza, egualmente che la ragione, sono individuali sempre, universali non mai. Gli uomini .si accordano tutti quanti nel possedere la facoltà di approvare o disap- provare le azioni in ordine alla morale, ma quest'accordo non costituisce punto un principio di moralità astratto ed indipeudontp dai singoli giudizi umani, in quella guisa, che un canto corale non è una voce astratta ed indipendente dai singoli cantori, bensì una concorde armonia delle inoltepjici voci, ciascuna delle quali produce un effetto distinto. Che se non evvi né libertà, nh legge morale suprema. a,ssoluta ed oggettiva, non perciò il Kain niega un criterii) morale ed un principio autorevole, da cui origini la coscienza nostrn ed il sentimenti) dell'obbligazinne e del dovere. Il concetto di obbligazione si converte con <)uello di sanzione. Obbligare è sanzionare. Vn atto volontario, per ciò solo che sia approvato o biasimato, non è ancora obbligatorio; lo diventa quando sia accompa- gnato dalla minaccia di un castigo, o dalla speranza di un premio. Ora dove risiede il potere, che sancisce epperò obbliga? Nell'autorità governativa. E qual è il criterio morale direttivo della nostra coscienza ? Esso é la legge promulgata nel seno della società da chi è rivestito per un determinato tempo dell'autorità di legislatore morale. La coscienza non è facoltà primitiva ed indipendente, ma tiova la sua genesi nell'autorità esteriore, essendo essa una imitazione dentro di noi del governo fuori di noi. L'autorità governativa impone a me come obbligatorio un dato atto accompagnandolo con una sanzione; alla mia volta io impongo a me medesimo quell'atto ed a.ssoggetto me stesso a quella sanzione: ecco qui la genesi della coscienza e del sentimento della obbligazione, riposta nell'imitare dentro di me il governo («sistentc fuori di me. Però questa imitazione, mercè cui la co- scienza riproducp dentro di me il comando bandito dall'autorità esterioiv umana jìrolun- gandola in certo qual modo fuori di sé. da prima è fedele ed onninamente passiva, poi si proscioglie a poco a poco dal vincolo, che la tiene soggetta, e giunge tal fiata a tal segno di libertà e di indipendenza, che la coscienza ribellasi affatto dalla sudditanza del governo e diventa legge a sé medesima. Così l'artista dapprima imitatore si solleva alla virtù creativa; così il discepolo si staccia dal maestro impugnandone gli insegnamenti e con- trapponendo i concepimenti originali del suo pensiero. Ciò nuUameno. anche quando la coscienza individuale discorda ne'suoi pronunciati dai prescritti dell'autorità esteriore, il tenore della sua azione rimane pur sempre conforme al suo archetipo. Serie II. Tom. XXXIV. 9 66 ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE DI A. BAIN Quest'obbedire alla sola sua coscienza è talfiata accompagnato dal sentimento del dovere in astratto ; il che avriene alloraquando si adempiono tutti gli obblighi nostri senza punto aver presenti allo spirito il timor del castigo, il rispetto dell'autorità, l'amore simpatia verso gli altri, il proprio interesse, o qualsiasi altro elemento e motivo, che valga a piegare la volontà in questa o quell'altra parte. Ma soggiunge tosto l'autore . che questo sentimento del dovere in astratto non è primitivo ed originario, come non è primitivo nell'avaro l'amore dell'oro in astratto, bens'i è un risultato dell'associazione di sentimenti particolari, e ne adduco in prova il fatto, che tali sentimenti si manifestano assai rare volte e presso pochissimi uomini. Dacché la coscienza morale trae la sua genesi dall'autorità esteriore, consegue che essa deve coiTere le stesse vicende e mutare a seconda de' tempi, de' luoghi, delle con- tingenze sociali, come mutano i prescritti dell'autorità medesima : e mentre gli uomini concordano tutti nel possedere il .sentimento morale. os.sia la facoltà approvativa o ripro- vativa delle umane azioni . discordano poi intorno alle materie particolari . a cui essa facoltà si applica, ed alle cagioni che la producono. Tuttavia, in mezzo ai profondi ed universali di.spareri delle coscienze individuali, in mezzo alla diversità e contraddizione dei giudizi morali il I5ain stabilisce, che sempre e dovunijue gii uomini tutti hanno giudicate meritevoli di lode o di biasimo due grandi cla.ssi di azioni, quelle cioè, che tornano neces- sarie al mantenimento della pubblica sicurezza, e quelle, che satisfanno ad un mero gusto sentimento geniale. Le azioni doverose della prima classe rivelano un carattere uniforme e sono l'espressione di eterni ed iniiiiutabili giudizi morali, siccome quelle, che sono rivolte ad uno scopo esteriore ed invariabile. Tali sono la riprovazione dell'omicidio, del servaggio, della rivolta. Kssi giudizi i)erò traggono loro origine non da veruna facoltà intema particolare, bens'i dalla comunanza di condizione esteriore, in cui vedanogli uomini, e che loro inspira certa qual medesimezza di giudizi morali, in quella guisa che l'unifor- mità di struttura nelle abitazioni umane è inspirata da certa quale intuizione universale. La seconda classe di azioni abbraccia i doveri, che essendo di puro sentimento o di semplice gusto, per quantunque siano obbligatorii. come i precedenti, hanno tuttavia un carattere essenzialmente variabile e mutevole secondo le diverse genti ed i tempi diversi: come sarebbe il ber vino in onore di Bacco, l'uscire in pubblico velati il capo come i Musulmani, aste- nersi da nutrimento animale come i Bramini. Siffatte prescrizioni non appariscono essenziali al mantenimento della social convivenza. Dalle quali cose tutte si fa manifesto, che le leggi morali positive quali prevalgono in pressocliè tutte le società umane, hanno il loro fonda- mento in parte nell'utile pubblico, in parte nel sentimento privato Il Bain combatte la capacità e l'incapacità morale dell'uomo quale è universalmente intesa, dicendo che essa si appoggia sopra un falso concetto della volontà, alla quale si attribuisce una forza interiore od una energia spontanea, che realmente non ha (1). In sua sentenza, l'uomo è moralmente capace di operare il bene tuttavoltachè i motivi ordinarii e comuni, per cui si suole intraprendere qualche azione, esercitano una conveniente influenza, sul suo volere, come per lo contrario egli rimane moralmente incapace, se essi motivi non hanno più alcuna presa sull'animo suo. A ritrarre il vizioso dal suo mal sentiero gli si suol dire: tu puoi emendarti o ridiventar YÌTtnoso. pure hf' fu lo voglia. Questa frase, intesa (I) Vedi la 3ua opoi'a- Lo spirilo t' il corpo, appeodice, pag;. 220 e seg. PEK GIUSEPPE ALLIEVO 67 nel sènso, che la volontà possa padroneggiare sé stessa e possegga una virtù superiore alla forza dei motivi, non ha né valor razionale, né pratica efficacia. Se essa contiene qualche reale significato, questo non può risiedere altrove se non nelle circostanze indirette, ond'è accompagnata, e che potrebbero essere espresse in questi termini : Vorrei vedervi mutare condotta... Pensate al vostro stato e raffrontatevi coWuomo di onesti e lodati costumi... Riflettete alle conseguenze del vostro riprovevole operare, ed alla dignità che acquistate vincendo la vostra passione... Se questi ed altrettali motivi ordinarli, che ritraggono gli uomini dall'ubbriachezza , dal furto , da altra disonesta azione , vennero meno in faccia all'ebbro ed al ladro, essi hanno fatto il callo al vizio e sono giunti alla fase dell'incapacità morale. A tale segno nemmeno la minaccia del castigo, non la punizione stessa potrebbero essere adoperate quale strumento di emendazione o di sanzione ; cessata in essi individui la capacità morale, è cessata altresì ogni responsabilità morale e conseguentemente ogni punibilità, essendoché quella non è che un incidente connesso con questa. Allora soltanto dobbiamo essere puniti delle nostre malvagie azioni, quando ci conformiamo da noi alle ordinarie precauzioni, che ci guarentiscano da ogni mal personale ; ma se altri è disposto a buttarsi giù dalla finestra egualmente che a scendere giù per le scale, non è più in verun modo un agente morale. Passando dalla esposizione alla critica della dottrina morale dell'autore, a noi paiono anzi tutto onninamente infondate le ragioni, che egli accampa contro la libertà morale. Prima di dichiararla un pregiudizio originato dal sentimento della nostra dignità pei-sonale, a lui toccava il dimostrare (ciò, elio non fece), che esso sentimento è una vana e spregevole illusione destituita di valore oggettivo e razionale, che cioè tanto vale lo spirito , quanto la materia, distruggendo cosi il gi'an principio dell'ordine gerarchico degli esseri, su cui si fonda il valore medesimo della ragione. Non meno insussistente è l'altro suo argomento, che la coscienza psicologica non sia autorevole testimone della nostra libertà morale, perchè questa non è un fatto, od un concetto semplice, ultimo, indecomponibile, evidente di evi- denza assiomatica, bensì bisognevole di essere scomposto e spiegato dal ragionamento, il quale assoggettandolo all'analisi critica Io trova insussistente ed illusorio. Altro è la co- scienza, che mi rivela un fatto psicologico, ed altro il ragionare intorno ad esso a fine di risolverlo ne' suoi elementi e spiegarne la natura. Il ragionamento potrebb'essere sbagliato o manchevole all'intento: ciò non pertanto il fatto rimane indestruttibile anche di fronte alle sottigliezze dialettiche ed alle cavillose argomentazioni, che tentassero di convertirlo in un vano fantasma, come incontrò al greco filosofo, che niegava il moto. Il verdetto della coscienza, la quale riveli un fatto interiore, quale appunto l'atto libero, non patisce ap- pello: lo scettico medesimo è forzato ad aggiustarvi fede, se pure vuol tenersi sicuro del fatto, che costituisce tutto il suo sistema, il dubbio universale. Oltreché il ragionamento, che instituisce il Bain. per provare che il fatto della libertà non è semplice, chiaro ed assiomatico, quale dovrebb'essere perchè venga accolto sulla fede della coscienza, è esso stesso avvolto in difficoltà e soggetto a contestazioni, mentre il fatto del sentirsi liberi suona chiaro ed evidente a tutti. 11 Bain non si mostra più felice nella costruzione della sua dottrina di quello, che lo fu nella sua critica negativa. Il concetto, che egli propose, della volontà è per una parte esclusivo ed angusto, per l'altra radicalmente sbagliato. Ei restringe tutta l'attività del volere al fatto materiale dello imprimere certi movimenti fisici a certe parti muscolari del M ESPOSIZIONE CRITICA DELLE DOTTKINE PSICOLOGICHE DI A. BAIK corpo a fine di procacciare un piacere o cessare un dolore egualmente fisici. Ma forsech^ non hawi una regione superiore ben più elevata e sublime, dove l'attività volontaria fa le sue prime e ben ardue prove prima di discendere nel campo della vita materiale, dove s'impegna la lotta tra il piacere ed il dovere, tra l'utile e l'onesto, tra l'interesse e la legge morale, dove si maturano que' propositi e si conchiudono quelle risoluzioni, che sono poi tradotte negli atti esteriori mercè l'organismo corporeo ? Oltreché esclusivo, il concetto del Bain ci si mostra errato, sia perchè confonde la volontà colla conoscenza, sia perchè poggia sopra un falso concetto del principio di causalità. Ei concepisce la volizione quale un fatto consciente, che consegue da un fatto antecedente, e consciente lo appella per differenziarlo dai fatti del mondo fisico, i quali si succedono anch'essi incondizionalmente l'uno all'altro siccome conseguente ad antecedente, ma non sono illustrati dalla luce della coscienza psicologica. E gravissimo e solenne errore il con- fondere il volere col conoscere e scambiare l'uno per l'altro : certo è, che nessun atto può rivestire il cai'attere di volontario, se non sia accompagnato da conoscenza, ma non è volontario per ciò solo che è conosciuto. Volere non è un mero conoscere il fine, per cui si opera, ma rivolgere ad esso fine la mira dell'animo: è intensione o buona o ria, senza la quale non si dà atto volontario, né libero nel vero senso della parola. Alloraquando io mi conosco dominato da una forza supcriore, fhc mi investe e mi spinge ad operare mio malgrado, io compio un atto da me conosi-iuto ; eppure chi lo dirà volontario, cioè tale, a cui io mirassi coli' intenzione dell'animo? [1 detto del poeta. Video meliora, proboquc. deteriora sequor, è pure un [ironunciato della comune sapienza, che pone un essenziale divario tra il conoscere ed il volere. Il concetto, che della volontà emettono i positivisti in generale ed il liain in parti- colare, si fonda sul principio di causalità quale essi lo intendono. Tutto, che avvenga o si compia in noi o fuori di noi. soggiace alla virtù indeclinabile della legge di causalità : ogni fatto è necessario conseguente di necessario antecedente. 1/ invariabile e necessaria successione di un conseguente (effetto) ad un antecedente (causa) costituisce il principio di causalità (1). La volizione od atto volontario è anch'esso un fatto o conseguente, che in modo invariabile e necessario succedi' ad altro fatto o antecedente, come effetto a causa. Questo concetto di causalità mi pare onninamente contrario a verità. Primamente necessita lo avvertire, che la causa e l'effetto lum (linioiinin in un rapporto di successione. beasi importano simultaneità e coesistenza di entrambi. Un soggetto qualsiasi allora soltanto può dirsi ed e davvero causa di un determinato effetto, cpiando lo produce e cessa di esserlo quando cessa di produrlo. Ino scultore esisteva prima di avere lavorato una statua, come questa può continuar a sussistere anche dopo la morte di lui: ma egli non esisteva in quanto causo di essa statua, bens'i egli cominciò ad essere causa della statua dal primo istante, in cui cominciò il lavorio della statua, continuò insieme colla sua formazione e cessò di essere causa dacché la statua cxissò di essere effetto, cioè acquistò una su-ssistenza sua propria distinta da quella del suo formatore. Adunque causa ed effetto coesistono simultanei, non si succedono. Vuoisi in secondo luogo osser- vare, che, giusta la dottrina proposta, il vero concetto di causu non si avrà giammai, sia perchè il fatto antecedente, che i positivisti appelliino causa . è alla >ua volta effetto (1) V«
  • er tentare la sua ricostruzione grammaticale del dialetto eleo. Le glosse preac- cennate sono di assai dubbio valore, almeno in parte (4): il trattato, di cui è certa la forma elea e ben conservati i caratteri , è pur troppo assai breve e qua e là di non facile (1) De graecae linguae dialcctis, Gottingae, 1839-43: lib primus, De dialectis aeolicis et pseudoaeo- licis, 1839, pp. 225-31. (2) Corpus inscripu. gr., 1, 2, pp. 26-31, n" 11 : v. anche pp. 876-80. — Lo eleismo della iscrìz. n° 31 non è provato. ;3) Il KiRCHHOFK {Studien t. geschichte des gr. alphabets, Berlin, 1863, p. 215) lo riferisce alla ci. 70* circa. (4) Lo stesso M. Schmidt, che, parecchi anni liopo la pubblicazione dell'opera dello Ahrens, si acquistò fama colla sua molto pregiata cdi/.iono del lessico Esichiano (.Jena, 1838-68), non riuscì sempre a distinguere le glosse di carattere schiettamente eleo da quelle di dialetti affini. V. anche le note del medesimo autore Z. elischen dialect iZeitschr. f. vergi, sprachf.. X, 206-0). 76 II, DIALETTO DET.I/KI.IDK NEI.I.E IPrUIZIONl TFSTÈ SfOIKKTE intcriirotazinno. sì cho intorno ad esso ebboro ft travagliarsi grinf;cj,'iii di parpcchi liirdogi ed il commento dello Ahrens si scosta in più punti da quello del Bikkh (1). Ma il te: reno di Olimpia, da pochi anni esplorato, con esito superiore ali" aspettazione, dalla dotta ed indefessa Germania, diede alla scienza, insieme con parecchi monumenti di non lieve v ilore per la storia dell'arto, un buon nuiucro d'iscrizioni, fra le quali non poche assai utili a farci conoscere le vicende del linguaggio nella Elide : iscrizioni fatte di pubblica rajrione uclV Arrhaologische zritnvg, dall'anno 187(5 al 1880 (voli, xxxiii-xxxvin) ed illustrate, sì nella materia sì nella forma, con molta dottrina da filologi di chiaro nome (2). Quale e quanto profitto la dialettologia greca possa tran-e da si fatte scoperte apparirsi . confi- diamo, dalle seguenti pagine. § 2. Le iscrizioni, testò date alla luce, che jjossono. jiiìi o meno etìicacemente. giovare alla storia della parola nella Elide voglionsi dividere nelle classi seguenti : I. Iscrizioni in dialetto di cui. per quanto sappiamo, non ^i jione in dubbio il carattere eleo (3): [\ (xxxiii, 183-0. Kirchhoff) (4) : argomento della iscriz. sono gli onori resi a Demo- crate da Tenedo benemerito di Olimpia ; per la forma dei caratteri e per la qualità dello stile sembra al Kirchhoff posteriore all'età di Alessandro, senza che vi sia ragione alcuna di riferirla al periodo romano. XXII (xxxiv, 219-20. Dittcnberger) : iscriz. per dedica, appartenente al 4"sec. av. C. come sembi'ano indicare il digamma conservato e la conformazione delle lettere. LVI (xxxv. 48-9, Frankel) : frammenti da. cui non puossi trarre un senso compiuto: il carattere gi-afico c'induce a credere questa iscriz. pressappoco contemporanea a quella del famoso bronzo (C. /. O.. 11); essa pertanto risalirebbe, giusta il Frankel. alla olimji. 70" circa. LIX (xxxY, 95, Dittenberger ; xxxvi, 102. id.): iscriz. degli Elei a Fusco; non poste- riore né anteriore di molto al secolo 3° av. e. v. . per quanto si rileva dalle forme grafiche. CXI (xxxv. 196-9, Kirchhoff) (5).: la così detta iscriz. dei Caladrii. contenente un ])atto fra essi e Deucalione : iscriz. che jiarc compiuta e per lo più ben conservata e che nondimeno non è di facile lezitme in ogni sua parte ; per alfabeto, per dialetto e per stile si accosta al patto fra Elide ed Erea : per ragioni storiche il Kirchhoff la considera come meno antica della olimp. 50". (1) V. l'appendice al libro primo, pp. 280-82, e le aggiunto e correzioni al libro secondo, pp. .)4ì>- 550. — Della illustrazione Bockhiana e dell'Ahrensiana si valse il Lesrikn noi glossario aggiunto al documento di cui si traila, piiliblicato, qual saggio di greco antico eil eolico , nella fndogermanische rhrestomnthi,: dello Schlkicher .Weimar, 1809, pp. 161 e .sogg.). (2) A sì fatte illustrazioni ci sentiamo e ci dichiariamo debitori di molto , comò si scorgerà age- volmente dalla prima e dalla seconda parte di questo nostro lavoro. 1.3) Indichiamo di ciascuna il numero d'ordine che ha nell'/lrcA. ^ieitun;/ , poi, tra parentesi, il volume e la pagina, infine il nome del filologo che l'ha commentata. (4) Leggesi eziandio, ilopo il trattato fra gli Klei e la città di Erea, nel Detectus inscriptt. gr. del Cauer (Lipsiae, 1877, pp. IXi-fi, n' 11(31. — intorno a questa iscrizione vuoisi toner conto anche dello scritto di '1. Meykr ÌJbcr die neu ijefundene elische inschrift aus Olympia {Zeitschr. f.d. òstit-r. gymnasien, XXVII, 417-2r)): lo citeremo colle parole « Mkver (5. alla iscriz. IV ». (V V. anche Ahren.s li. L., Die inschrift aus Olympia nr. Ili {Philologus, XXXVIil, 38."i-98) per la dichiarazione delle forme: Busolt, Forschungen t. gr. geschichte (I, Breslau, 1880) in ordine allo argomento. Indicheremo, nello citazioni, lo scritto dello Ahrens cosi: Ahrb.ns alla iscriz. CXI. MEMORIA DI DOMENICO PEZZI 77 CXXXVIII (xxxvi. 88, Dittcnberger) : documento brevissimo, di età non bene deter- minalìile, ma posteriore alla olimp. 89". secondo il filologo pi-ecitato. CLXXXV (xxxvi, 141-2,Kirclihoff) : resti di un"iscriz. che non è più possibile ricostruire. CCXXIII (xxxvii, 47, Kircbhoff: xxxviii, 66, id.): di essa vuoisi ripetere quanto abbiam detto della precedente ; dapprima lo insigne filologo citato aveva posto in dubbio la origine elea di questa epigrafe a cagione dello zetacismo che in essa appare (ossia della sostituzione di uno Z ad ogni A iniziale o medio) (1), ma poscia, notato sì fatto fenomeno anche nelle iscrizioni CCCVIII e CCCLXII, di carattere incontestabilmente eleo, è venuta meno a quel dubbio ogni ragione, come lo stesso Kii'chhoff afferma. CCXXIV (xxxvii, 48-9, Kircbhoff) : per i molti guasti il senso ci resta oscuro; semlira nondimeno che vi si contenga un patto fra gli Elei ed un certo Nicarchida. CCLXXXVI (xxxvii, 144, Furtwangler) : iscriz. di due parole e di età indetenniuata. CCCVI (XXXVII, 158-9, Kirchhofif): contratto fra gli Elei, probabilmente, e due pri- vati ; il carattere gi'afico di tale iscrizione e' induce a considerarla come una delle meno antiche fra le elee. CCCVIII (XXXVII, 160, Kircbhoff): giunta a noi in pessimo stato, sì che non è possibile la restituzione di essa nella propria integrità : la scrittura ha imjìronta di età molto antica. CCCLXII (XXXVIII, (i6-8, Kircbhoff; xxxviii, 69-70, G. Curtius): una Ppy-px di lettura e d'interpretazione assai difficile ; v'ha un argomento storico per giudicarla ante- riore alla olimp. 50°. CCCLXIII (xxxviii. 1 1 7-9, Kirchhofi) : una fparpa fra Aneti e iJetapii per unami cizia di mezzo secolo (2). II. Iscrizioni in dialetto incerto , ma o eleo od almeno congiunto da stretta aflinità all'eleo (3): CLXXVI (xxxvi. 139, Kircbhoff): avanzo di nn àiK/.'/ocor, di vincitori ne' giuochi olimpici: v'hanno lacune che non si possono colmare ; che il dialetto sia eleo è piuttosto iK)n abbastanza dimostrato che improbabile : se fosse veramente elea, questa iscriz. appa- rirebbe, per ragioni grafiche, meno antica della iscriz. seguente. CLXXVII (xxxvi, 139-40, Kiichhoff; xxxvii, 48-9, id.) (4): iscriz. degli Elei a Difilo Ateniese; scrittura e lingua rivelano, nota il Kircbhoff, con non dubbii segni un'an- tichità assai minore di quella a cui risale la iscriz. dei Caladrii. Per alcune ragioni. sj)ccial- inente gi-atìch(! e fonologiche, il Wvìì ed il Kircbhoff stesso reputano non trop])o inverisimile clie negli 'Meìoc di questo documento abbiansi a scorgere non tanto gli Elei quanto gli abitatori dell'arcade Alea. Ma, osservano, lo Aleese si direbbe grecamente A Isòq od "A hcKTr,?: vuoisi oltracciò avvertire che gli argomenti fonologici da essi addotti non possono parere (1) V. ancho Mkyer (?., Griech. grnmm., Leipzig, 1880, p. 179; libro che spesso avremo a citare in questa nostra monografia come sintesi di molti lavori speciali intorno ai dialetti , ai suoni , alle formo greche. Lo indicheremo col solo nome dell'autore. (2) Di alcune iscrizioni brevissime, oggetto di recentissimi studi a cultori della numismatica, non occorre tener conto in questa nostra rapida enumerazione: più tardi, quando si discorrerà del digamma nel dialetto della Elide, si vedrà qual profitto siasi tratto anche da quelle leggende. (3) .Vi vocaboli appartenenti a quesla seconda serie d'iscrizioni, i quali verranno citati nelle seguenti Considerazioni, posporremo il segno '), per distinguerli dalle parole di provenienza sicura- mente elea, oppure sarà in tal modo segnala la iscrizione che li contiene. i Consulta eziandio Weil, Vau auf elischen inschriften [Zeitschr. f. numismalik,\\] , 117-20). 78 II- DIALETTO DEf.l/ELIDE NELLE ISCEIZIONI TESTÉ SCOPERTE molto gravi a chi attentamente esamini i caratteri del diahtto eleo . come apparirà dalle considerazioni che esporremo nella seconda e nella terza parte del presente scritto. CCXXV (xxxvii, 49-51, Kirchhoff) .- iscriz. concernente la liberazione di una famiglia di schiavi: documento mutilo ed in parte illeggibile; l'alfabeto, soprattutto, ne fa parere meno probabile la origine elea. cecili (xxxvii. 154-tj. Kirchhoff): si riferisce a festa olimpica e ad un certo Timo- orate ; molti e gravi guasti non permettono una ricostruzione della epigrafe ; le ragioni che muovono il filologo prelodato a dubitare intorno alla origine elea di questo documento ci sembrano non di grande inijiortanza, come si scorgerà in séguito; egli crede poterlo asse- gnare, per le fonrie delle lettere, alla prima metà del 5° sec. av. Cr. CCCIV (xxxvii, 151). Kirchhoff): nomine di prosseni e di euergeti per benemerenze verso il tempio di Zeus in Olimpia : lo alfaliett) ed alcuni caratteri dialettali ci distolgono dal credere elea la forma di questa iscriz., che, per ragioni storiche, il Kirchhoff attribuirebbe al tempo compreso fra la olimp. 103". 4 e la olimp. 104\2. III. Iscrizione in dialetto dorico mite: XVI' (xxxiv, 128 e segg.. Neubauer): questa prima parte di un'iscriz. che consta di tre contiene la notizia della deliberazione j)resa dal sinedrio degli Elei di concedere ai Messeni la chiesta facoltà di collocare in Olimpia due documenti del giudizio che Mileto. per incarico ricevuto da Eonia. aveva pronunziato intorno ad una terra lungamente contesa fra Messeni e Lacedemoni : la età ineiu) improbabile sembra al Neubauer un secolo e mezzo av. e. v. IV. Iscrizioni in dialetto comune con qualche più o meno notevole idiotismo eleo, ado- perato per amore di arcaismo e di solennità : delle poche epigrafi spettanti a questa classe e per lo jiiii apjiarti'nenti al 2" od al 3' secolo della e. v. non reputiamo necessario dare qui un elenco con indicazioni particolareggiate. Lo stesso diremo delle V. Iscrizioni in dialetto comune senza idiotismi elei : sono in numero di sessanta pres- sappoco; la età, assai varia, a cui risalgono sembra potersi considerare come compresa fra il secondo secolo avanti ed il terzo dopo la e. v. Ci proponiamo ora di esporre con ordine alcune considerazioni intorno al dialetto eleo quale ci appare dopo la scoperta dei prcaccennati documenti e gli studi fatti intorno ad essi. Ben sappiamo che nuove iscrizioni possono , nell'ora stessa in cui scriviamo questa pagina , venir rese alla luce dalla indefessa diligenza degli esploratori ; che , anche per lo studio ancora troppo incompiuto di parecchie questioni aflìni allo argomento nostro , non è giunto ancora il tempo in cui si possa tentare una trattazione, per quanto è lecito espri- merci cos'i, definitiva del dialetto della Elide. Keputiamo nondimeno che i risultati ottenuti mediante lo esame delle iscrizioni testé scoperte siano abbastanza numerosi ed importanti per meritare di venire sin d'ora ridotti a fornui di ordinaci esposizione, a vantiiggio di coloro che investigano le origini e lo svolgimento dello ellenismo. Se a tale esposizione occorrerà fra poco aggiungere qualche aiijtendice per apparizione di nuovi documenti o per nuove illustrazioni di (juclli che già possediamo o per nuovi studi intorno a dialetti afiiui, noi saremo ben lieti di ampliare e di coireggere questo nostro lavoro. MEMORIA n DOMENICO VEZZI 79 II. Considerazioni speciali (1). SUONI. § 3. a — e: a« =si (cxi. 5, 7; ccxxiv, 3. 5. 6, 7, 9, 18; cccvi, 7; cccvm, 2, 3, 4, 5; cccLXJi, 2 bis. 6, 7, 8: ccclxih. 5 ; cf. xi. e. 3, 5. 7; «tre, ib., 3 bis, 8 bis, 9)| xa — x£ (Lvi, 1, anche 2, se a ragione il Frankel disgiunge il xadal Ouyx; seg.; cccLXii,' 3; cccLxii], 4; cf. xi. e, 3); nocp = tteoc' (ccxxiv. 1. coll'A guasto; cccvi, 2; cf. xi. e.', 4-5); («pov (IV, 32), y.cxuap (ccci.xii, 2) con tapo;') ((«p&ij, ccxxv), cf. mo:poi (xi. e.' 9, hidpa, giusta la trascrizione del Bockh. seguito dallo Ahrens) ; zc^ps-^ {^apr,)^. cccvi' 5); ehudcr.pog') ('{kvjQàpa^?, ccxxv, 3^; xossra^oi (xù^T&rajOot, CCCLXIII, 3); fxmidwxv (ix-rìm9slc(v. ccclxii, 2). [ismeSBocav (uwmSéoiav, ccclxiii, 3), «TroFsXEojav (inoFr.lÉotav, ib., 4), n(x[p]^xivoiav (ib.. li), cf. ouvsav (xi. e. 4. 5), KTronvotsfv (ib., G). Al paleo-eleo f(xpyov{\ì. e, 3-4) risponde nello eleo assai meno antico la forma £UìpY£r5:jc(iv. 19 ecc.)(2). Alle voci elee preaccennate è facile trovare numerosi riscontri in parecchi dialetti della classe eolo-dorica, fra i quali merita di essere particolarmente ricordato, in ordine a questo fenomeno, il dialetto dei Locri (3). 8e nell'a di cui discorriamo abbia.si a ravvisare in ogni caso un « primitivo, ovvero, in parecchi fra gli esempii menzionati, un £ trasformato in x per influenza del p seguente noi indagheremo più tardi, quando cotal problema ci si farà innanzi di nuovo nella trattazione della vocale a lunga. « = & : Fjzxn (cccvi, (j), come ne' dialetti laconico, eracleese, beotico. a ci appare svoltosi fra X e u in lxlau.o)^(xt {Icàixàytì, cccvi, 8-4) e fra ju e v in lJ.c(vxGioi (fAi/affiW, ib., 5-(5, voce che il Kirchhoff interpreta ' getreidemaass ' ed illustra ricordando il cipr. ij.và7tg e lo Ksichiano jUV«ct'ov) (4). In entrambi i casi vuoisi tener conto dellazione esercitata dallo a, precedente o seguente (5). (1) Le parole elee verranno rappresentate colle medesime lettere con cui ci appariscono notate nelle iscrizioni, ma per lo più in forma minuscola ne' casi in cui occorrerà, per qualsiasi ragione, sarà aggiunta, fra parentesi, una trascrizione nell'alfabeto greco comunemente adoperato. I numeri romani de- signeranno i documenti che verremo citando giusta l'ordino .iella loro pubblicazione nell' Arch. zeitung- gli altri numeri indicheranno le linee delle singole iscrizioni citate. XI. C. segnerà il famoso traflato che ha sì fatto numero nel Corpus inscnptt. gr. (2) Onde emerge non essere lo E.cp/erav') (non £.« (ccxxiv, 13); kIocOuo'^tcì (ccxxni, 8); npayap (iv, 24); ?poi.-:pa (cxi, 1; ccclxii, 1: cccLXiii, 1, cf. XI. e, 1); ij.a. (prob. =/xn', cccvin, 2, 3, cf. xi. e, 5); ni\>xay.ov:u (ccCLXiii, 2) ; ^amlc/.£g (ccclxii, 3). Eicliiamiamo l'attenzione del lettore sui quattro ultimi esempii. Fparpa proviene da una radice che ci appare con r, anche nei derivati eolo-dorici, così che G. Meycr credette^ di poter porre Ppr, come forma panellenica di essa (4). Esclusivamente proprii dello eleo sembrano anche ijm, TOira/.oi/ra, ^v.aù.a.ig (5). (Il Apocopen 'xi'/ non agnoscit Hormanims ; scalptorera omii»isse potius K iu prima scriptione , in correctione vero aut iterura eius oblituni esse aut id ob spatii angustiam uon addidisse. At nec tara angustum spatium est ot celerà probe corroxit scalptor » Bòckh , p. 878. Tra i due pareri lo Ahrens si mostra dubbio (I, 23i)). (2) Kkucer, Gr. sprachlehre, Berlin, 1801-71 , parto 2*, sez. I", 5 8, 3. Ahrens, li, ;?53 e segg. Thiersch, Gr. gramm., Leipzig, 1820, § IO"'- — Intorno alla origine ed alla forma primitiva v. Grass- MANN, Ursjiruni/ d. prrìposkiunm im indoij. (Zeilschr. f. vergi, sprachf., XXIII, 55'J-79). (3 Notevole eziandio perchè il fonetismo di questa iscriz. non è eleo, ma attico: lo stesso dicasi di due alili fra gli esempii preaccennati, *iio8a,uov ed EuJa/«u. (4) P. 44. Ahrens, li, 146. (5) « d. parlikel ,u>i , die allgomein griecbisch ist (ai. mn), nur elisch ju« », Metkr G. , P- 44. — « In den mit - xovra zusamraengesetzten zahlwòrtern parlicipieren von 50 ab alle dialekte an den ion. att. formen mit n ». Id., p. 48. — In ordine a ,8a3i/£Ji consulta G. Curtius, Grundj. , a. D,:5. - In nlaOuovra e specialmente in eipujoip l'a non è a dirsi proprio soltjinto del vocalismo eleo, come (juello che trovasi anche in altro forme eolo-doricho dello ellenismo. Eipiva rinviensi nel laconico, nel cretese, nel megarese, ipi\>x nel beotico: della forma con 5 si valse Callimaco, mentre in parecchie iscrizioni cretesi, in quasi tutti i codici di Pindaro e ne'poeti tragici abbiamo la forma con ». V. Hblbio, MEMORIA Di nOlir.MCO PEZZI 81 Lo eleo si accosta, per lo contrario, all'uso degli altri dialetti eolo-dorici negli esempii segg. : c(VE6r,y.tv (i.ix, 1), owSevoc (cccvi, v. § 21): sy/.-:r,7cv (iv, 24) (1); ai quali con- verrà aggiungere [j.Yi (cxi, 7), se si accoglie la illustrazione Ahreusiana, di cui già si è fatto cenno e si discorrerà di nuovo più tardi (§ 24) (2). Procediamo ora allo studio dello stesso fenomeno in sillabe non radicali. Anche qui avremo a citare buon numero di forme, alcune fra le quali degnissime di attenta conside- razione per la storia della parola gi'eca: E).X(ZV(zo; (cxxxviii), E/Àavoojxav ( E)./avo(j£Kàv, IV. 2) con E/Xcfyoi^r/.y; (ccCLXii, 5) : a\ 5av [jrt] ov ") (cLxxvii, 3-4); fìalcp (iv, 31) ; zvyj/. (IV. 1); cjsp-/tryv (iv, 19: CLXXVii. 4-5): sKiiulr- yy (iv. 34): y.(/.$ura; (ccxxiv, 0): '/.otiyrxv (?, ccxxiv, 13); iipv.vy.p (iv. 24): ki-yypccj (iv, 34); y,x\c/.ixovai (cccvi, 3-4); BKC/yiryy.wp (iv. 8, v. § 21): fC(iy hinzugnkommon ist, sei os eiii verkennen sprachlicher thatsachen zu gunsten einer vorgefassteu tlieorie, wenn man ohue uCthigung eine solcbe riicklàufig» bevveirmit» dor lautentwickpl'ing annìmmt ». MEMOKIA PI DOMENICO l'KZZI 83 sotto l'azione del p . suono contenente un elemento vocale affine allo a, appare poco pro- babile soprattutto dopo le ricerche di G. Schmidt, che mise in rilievo la tendenza del suono p alla vocale r. E quando anche si volesse accogliere la dottrina del Brugman intorno all'azione del suono p, come mai varrebb"essa a renderci ragione dell'a (a , x) che ci appare in forme ove di sì fatta influenza non vi può essere traccia alcuna ? Come si spiegherebbero gli ottativi in -orM da noi sopra citati? Come le forme [j.c/. , -cvrazcvra, fìoccikasg , ocfivc/zy. , aTTOTTaXap.sv , noiYiazc/.t . ma.xzbv.i . ^o6ai , la . che stanno . per proporzione di numero, a noiTV.p come nove ad uno ? Sembra pertanto ]jiù conforme allo studio imparziale dei fatti lo ammettere che nella età preistorica dello ellenismo la vocale • a primitiva fu conservata assai più che non si pensi da parecchi glottologi. Onde si scorge come si venga attenuando la forza di uno degli argomenti principali addotti dal Pick a conferma della sua divisione dello ano ])rimitivo in orientale ed occidentale, ossia in asiatico ed europeo, vogliam dire la trasfor- mazione dellV/ in p come carattere distintivo delle lingue arie di Europa (1); si scorge, in secondo luogo, che non è solida quanto comunemente si reputa una delle basi su cui si è tentato ricostruire lo edificio della unità italo-greca (2) ; si scorge, da ultimo, per quanto attiensi alla conservazione dellV/, primitivo, soprattutto dello Ti . appartenere al dialetto eleo un titolo di maggiore antichità che non alle altre forme deli 'eolo-dorismo (3). Porremo termine a questo ormai troppo lungo discorso intomo all's^ eleo con alcuni cenni circa questa vocale nata da contrazione. Di « = ac, come nel dorismo. abbiamo esempii in iscrizioni di forma attica , ma non possiamo addurne alcuno che si possa indubbiamente considerare come proprio dello eleo. a rappresenterebbe ac in 'jUÌ.o/.ì [aulù. cxi. U) se a buon diritto il Kii-chhoff ravvisasse in tal voce un ottativo: ma non senza grave ragione vi si oppone lo Alireus che giudica cotal forma, come contratta da auKc/si, contraria ad ogni analogia (§ 22). s<=:'/w, non altramente che nel dorismo: ùlc/voòv/.oiv (iv. 2); ;ro).tTav (ib.. 15): rxy Te Quaiw y.of.1. ziixxv na.i'/.v (ih.. 2(t); -'j.'j (ih.. 34): oyp/u.av (prob. gen. \A.=:òù7.yu.ciuv, ciixxxv. ()) ; xptSav (cccvi, 5). g 5. L's ci appare conservato in cf.'JBpxg (ccxxiv. 3). come nel linguaggio di Omero e di altri poeti. (1) D. ehemalige spracheinheit d. Indog. Europas, Góttingen, 1873, pp. 176-200. — V. le osserva- zioni critiche di G. Schmidt, Was betceist d. e europ. sprachen fur d. annahme einer einheittichen europ. grundxprache? (Zeitschr. cit. , XXXIII, 333-7.T) e la nostra Glottologia aria recent. (p. 186 della vers. ingl.). (2) Quindi non senza ragione affermava lo Schrader apparire dallo studio comparativo di tutti i dialetti greci a multas souorum et formarum affectionas , quibus ei , qui unam spectat dialectum , graeca cum aliis liuguia facere videtur, intra ipsius graeci sermonis fìnes natas esse » (Quaesti, ecc., preliminari). (3) Perciò il filologo precitato , discorrendo dell'alterazione di amo, nota che « elea dial. tota fere ab hac mutatioue abstinet veri simillimum raihi videtur eleam gentem ab reliquis iara di- gressam fuisse , cum mutatio illa in lingua oreretur » (Quaestt. , § 4). Dopo si fatta separazione l'i; si sarebbe , giusta lo Schrader, svolto dall' « in parecchi casi in tutti gli altri dialetti , non ancora ben distinti fra loro ; poi , in un numero maggiore di forme , nell'attico ; infine , con frequenza cre- scente, nel ionico (v. ^ 3). Nel difendere la primitività dello a eleo ne'casi accennati è stato intendimento nostro soltanto opporci alla ipotesi ch'esso sia provenuto da un e, non già affermarne l'origine da un a protoario veramente puro. Ma del vario a indo-europeo e de'suoi continuatori discorreremo altrove. 84 H- DlAl-ETTO UELI.El.ibK .NKI.I.K l.SCKIZIOM IKSTÉ S(i)in:KTE Assai più notevole è Ve di Tiolsp (iv, 1(5), di cui già si occuparono il Kirclihofife (}. Meyer ne' loro commenti alla iscrizione citata. Non abbiamo alcuna ragione di credei'e che il mutamento di un t in £ avanti p fosse uno dei caratteri del dialetto eleo (cf. Ttp XI. e, 7) od appartenesse al numero delle alterazioni fonetiche di cui ben certi esempii ci porge lo ellenismo in tutte od almeno in alcune delle sue forme. Siccome poi nella flessione dei temi in - t - lo eleo conservò questa vocale immutata. ]wr quanto appare da parecchi esempii che accenneremo a tempo, così non jìuossi nemmeno propone la ipotesi che l'j di altri casi sia stato introdotto erroneamente nel nominativo singolare. Ci pare pertanto che non resti a suppone se non uno sbaglio di chi scrisse : tale eziandio è l'opi- nione di G. Meyer. Di un e protetico in sFepsv {ìfior.v od ifippr,y. infinito di dubbio significato, cxi. (i) non si può ammettere la esistenza, affermata dal Tudeer (1), se, come pare jìrobabile, l'i di cui trattasi vuol essere aggiunto alla voce precedente , per guisa che si legga non già <7vl? zu getzen , wenn anders das zi'iigniss eines .■lUerdings jimgeren denkmales , des ehrendecretes fùr Uamokrates gelten soli » KiRCHHOFK alla iscriz. CXI. (4) Mkyer G., pp. 131-2. (5) Bruoman, De gr. linguae productione suppletoria (Curtius, .Vrud., IV, f, 59-186'. Ahrens, 11, 153-72. V. anche Meyer (ì., p. 67 e segg. (6) Mbter G., /. 0. (7) GiESE, i'b. d. aolischen dial., Berlin, 1837, p. 187. Curtius G., Grundt.. a' 493. V. anche 1» nota .'■> a p. 80. MK.MOKIA DI HUMKNICO l'KZZI 85 Avendo della forma /jiìz {=uh) wn esempio certo (xi. e. 5) e due probabili (cccviu. 2, 3), pare che a buon diritto si possano considerare col Kirchhoff le i)arole [is-iQsiay (cccLxn, 2), iisnmosovzcv (ib.. 4), [j.cynot (ib., (3). ixsv7ts$ioic.v (ccclxiii, 3) come prove- nute per via di crasi da /j.à hiQsìm ecc. : si avi-ebbero pertanto altrettanti esempii di contrazione, giusta l'uso dorico, di «h in r,. § 7. In ordine alla vocale o non abbiamo a notare che la forma ypocsyj (CCCLXII, 8). Ciò che intorno ad essa osservò il Kirchhoff, non apj)arire in eleo si fatta vocale in altri derivati dalla medesima radice ('/^oa^sa xi. e. !» : yp7';£v. iv. 31; Pj'jù.v/pa^oo. ib., 37: ■joam;, ccxxiii, 5: ypa©£wv. ib., ), ì;y.[ji[op[yc,] (ccxxiii. 3). FcGoSap.'.opyov (rxi. 4). 5;; i'. L'j tinaie di temi, come noh -ecc.. si conserva inalterato nella flessione, come in tanta parte dei liialetti greci (7): Tzohop (iv. 20): y.-ya^sTtop (ib., 33); xaTacraaio; (1) Meyer G., pp. 24 e 28. (2) Probabilmente, insieme col tw che segue, è genitivo, non dativo come lo volle il Uittenbebuer che vi .sottoscris.se un i: cf. CLXiV, 2, ove leggesi [fii-:i>i'.]xf,po) (1) ci si affaccia di nuovo nella iscriz. Lvi. 2. L'i di nEoì non ci appare più nello eleo n'/p (cccvi. 2: ccxxiv, 1. ove il ;: manca e r ar è guasto; cf. xi: e, 4-5). Simile fenomeno ha luogo anche nel già mentovato Trorov, proprio eziandio del dorismo (2). § 10. u =0. La iscriz. CLXXV^Il. 3. ci somministra l'esempio HVIVN*) (conH=:''). notevole in particolar guisa perchè ci mostra l'oscuramento di 5 in u (forse per influenza dello Vi precedente) in una sillaba pronunziata con accento (3). mentre negli esempii fomiti da iscrizioni di Lesbo, di Tegea, di Cipro e di Aspendo ed in alcuni altri V o appa- riva offuscato iu u per lo più in sillabe atone o quasi atone (4). E questo il luogo ove giova far menzione della oscura forma ■a'jit:!/.Òvioi') (cecili, 3). che il Kirchhoff sembra disposto a leggere /. unct^uy.iot, comiwsto in cui il primo elemento, ukx. ci ricorderebbe il Saffico ÙTcy.OzOpóp.v.Aiv. Meno incerto esempio dell'alterazione fonetica di cui discorriamo è il tX'j (tl't'Xy;), nome di un eleo, sopra una medaglia menzionata dal Friedlander (5). § 11. Attestano la tendenza del dial. eleo alle forme non contratte le voci segg. : F£T£a (ccCLXiii, 3; cf. xi. e, 2: ypaf^y. ib., 8), con iry.vjsa') (cecili, 12); aKS[j.c/.p-:ìjpzo'j (IV, 15); 7rot£i)v (iv, 3), «/xswv (ib., 11). ■ipa.'sio'j (^okos'iuv, ccxxiii. 6). cXtsvcm^ (iv, 12); lj.-iim5zC>iay (occlxiii, 3), anofel-oicv (ib. . 4. cf. /.y.òvlsoiro. xi. e. 8): (dìsvuov ') ((7X£uauv, cecili, 4); cf., per altro, ritxo77oy') (=t(|ui.w(75wv. ib.. 12). Ac(iJ.ay.pc/-x (iv, 18). § 12. Già sopra è stato accennato che i dittonglii at, oi, corrispondenti, nello eolismo di Lesbo , allo a, u (su) degli altri dialetti , non sono stranieri , in simile caso . alla grecità elea. Ne siano prove gli accusativi plurali y.arcx^iaip (iv, 16), [ivatg (ccclxii, 8), naQurocig (ib., 4) ed cùloip (iv, 8), roip Osxpotp (ih., 10). Ma sfuggono a si fatta norma gli acc. pi. ucuauto: precitato (§ 8) e [òa] pyjJ.xg (lvi, 4) ((3) : né si accostano all' uso lesbico le forme t:X7W (iv, 12), oci>rxno§iO'j) . Il Peter {Do dial. Pindari, p. 42) insegna che Aif, comunque ci apparisca ne' codici, « omnibus locis unius syllabae spatium explet » . (2) AiiRKNs, II, 351. (3) Intorno ad IITITS v. Nkubauer, Hermes, X, t5S-62 o Meyek d., p. 273. (A) « .Man sieht, dass die siclieron falle dieses lautwandols sich boschriinken auf tonlose endsilben (denn auch die endsilben der praepositionen sind in der zusammensotzung und im zusaramonhang der rede tonloa) und auf andrò tioftonigo silben, wo das u yen p oder /* gefolgt ist » . Meyer lì., pp. 40-1. (5) Eingerittte inschri/ìen auf mùmen [Zeitschr. f. numismatih, 11, 46). (6| La iscriz. CCCI V ♦) ci dà gli accusativi pi. vjip/irixi (l. 4; ed auroj (oiùtms, l. 3), U^oi ([7tpo]Eivu{, 1. 4(. (7) Meter Tpo's.op, 1. :>). in (questo elenco il rotacismo, che in altri non appare fuorché nella formola Stop cioa, non è punto indizio di alta antichità, ma bensì di ricercato ar- caismo, uso gradito alla età di Adiiano. come bene osservò il Dittenberger. 2° Iscrizioni con rotacismo non costante, ma prevalente : CXI (Totp Xck'/.v.qoioo, 1. 1 ; ma rtg, 1. ti, forse per influenza del seguente 'jvlc/.ic); CCCVI (-oro, U. 2, 3 : yccp, 1. 3; 'xX'ftoiop.EVOp, 11. ti-7 : ma [j.ocv«.«vrx5; Mstog, brevissima come la precitata): CLXXVI") ( r,g, 1. ti); CLXXVII *) (\/.ztoig , caso unico di j finale) (2); CCXXIII (4 ; finali); GCXXIV (12 esempii di g) (3); CCXXV) (con molti g finaU); CCLXXXVI ([IvOoxU? Msiog) : (JCCIV *) (con parecchi g finali). Fra gli esempii di rotacismo che abbiamo raccolti non uno ci mostra questo fenomeno in principio od in mezzo di parola ; esso pertanto non ebbe mai luogo in eleo, per quanto possiamo apprendere dalle iscrizioni, se non in ordine al 5 finale. Le iscrizioni testé scoperte (1) \iOf, è l'unica parola che si possa leggere bene in questa epigrafe ed è, nota il Dittenberger « el. genetiviorni . . . . , welche nach ausweis cler buchslabnuform auch hier als affectirter archaisiiius betraohtet werdeu muss ». ,2) Se pure il segno che tien dietro all'.\/Eisi: (così legge il Kirchhokk) nella 1'^ linea non è un I che deblia essere unito alla parola precedente, come a noi pare. [.^) Dobbiamo, per altro, osservare che nell'ultima line.i ci pare di poter leggere isuTaip , che sarebbe 4UÌ usenipio sporadico di rotacismo. Il Kirchhokf dichiara che a die letzte zeile làsst eine sichere lesung uicht zu " . 88 I'. DIAI.KTTO IiF.I.r/KI.IDF. SKU.V. ISCKIZIONI TK.sTÈ SCOPERTE non coiifiu-mano la dottrina dello Ahreus (1) se non per (juauto coucerne il rotacismo in fine di parola e dùnostrano che a torto certe glosse vennero attribuite al dialetto eleo da M. Schniidt (2). Ksempii di rotacismo medio, fra vocali, non iniziale ne tinaie, ci porge una iscriz. Eretriese (;3): iu mezzo ed in line di parola troviamo f> ^ a in glosse laconiche, specialmente nel secondo caso (4). Né questo fenomeno è ristretto al campo dello ellenismo, che per lo contralio hen maggiore è l'estensione e la regolarità e rimjìortanza ch'esso ebbe in latino e di altre lingue indo-euro])ee potremmo ancora far cenno. Ma clii ben consideri gli esem|)ii che ciascun idioma ci i)orge. le condizioni e l'età e la varia frequenza del muta- mento in ognuno di essi, non tarderà jìunto a convincer.si che non conviene trarre da si fatta alterazione fonetica conclusioni intorno a speciale affinità fra due o più dialetti greci né fra il greco ed altro idioma di stipite ario. come apparirà meglio dalle coasidenizitmi che faremo ancora intorno alla legge ed all'ejìoca di tale trasformazione di suono. Mentre il cangiamento di un .s' in r nell'indiano antico di|)ende e dalla vocale che ])re- cede la sibilante e dal suono che le tien dietro (5). esso ci apjiaie in eleo iiidijiendente e dall'una e dall'altra causa: basta, per giungere a questa conclusione, leggere attentamente la iscriz. IV (()). Né puossi trovai-e la cagione del , ora conseivato ora diventato /> nella varia origine di esso : la metamorfosi della sibilante ci appare tanto in fine di un nom. o di un gen. singolare, di un nom.. di un locativo, di un acc. pi., quanto di un avverbio. Ci sfugge eziandio . almeno in gran parte . la cronologia del fenomeno. Chi limita la comparazione ai due documenti più noti, ossia alla iscriz. XI. C. ed alla iscriz. IV. può conchiudere che il rotacismo, già iniziatosi nell'età piii antica a cui risalga la nostra cono- scenza del dialetto eleo, siasi fatto sempre più frequente ne' tempi che le tennero dietro e verso l'epoca di Alessandro, almeno, ogni e tinaie avesse ceduto il campo allo invadente p. Ma se, a colmare la grande lacuna che separa l'età della prima da quella della seconda epigrafe, si tenta di tran-e da altre iscrizioni iudi/.ii intomo allo svolgimento del rotacismo. (1) .< Maxime notubilis est Eleorum et Kretriensium (unde etiam ad Chalcìdenses propagatus videtur) mos i et in extramis vocilius et in raeJiis ante vocales in p mutandi » , I, 226-7. (2) V. la nota 4 a p.7J, (3) Bréal , Mémoires de la Socic'le de linguistique. II, 232. — Se crediamo a Platone, che agli Kretriesi attribuisce la forma «i/;pÌTY!p {Crai., 434, C) non dovette essere loro affatto straniero nem- meno il rotacismo finale. (4) Krami'e [Di', dial lacon., Mona.st., 1867, § 15; c'insegna che il mutamento di i in p non segu« in tale dialetto una legge ben certa, « quia ncque auctores locupletissimi, Alcmau, Aristopbanes (pi-aeter unum exomplum), tum tituli antiqui quidquam eiusmodi reliquerunt, et grammatici quoque tacenl. Observatur igitur in fine vocabulorum , rarius in modiis iisque scraper sequente consona •> . Spiess (De Alcmanis poiHae dial., in Curtius, Slitd., X , 5 14) : » ^ in fine vocabulorum in p mutati, quod recentissimae Laconum dialecti peculiare est, nullum vestigium apud Alcmanem exstat ». — Intorno al rotacismo nei tre dialetti menzionati ed in alcun altro che ne mostra qualche traccia v. anche Meyer G. alla iscriz. IV, pp. 422-3: Griech. gramm., pp. 202. — Per lo studio comparativo del feno- meno in greco od in latino v. Curtius, Grunds''., pp. 453-4. (5) 'WiiiTNEY, Ind. gramm., Leipzig, 1879, §§ 174 e 176, e. (ij) Se corno eccezione all'airermata indipendenza del mutamento eleo da ogni suono precedente o seguente possa addursi il ti,- i-j'm: , giusta la congettura da noi preaccennata, non è possibile definire con qualche probabilità, soprattvitto per cVì che non trovasi nella iscriz. IV, la più notevole peri fenomeni del rotacismo, parola alcuna terminata in p=5, nò, com'è stato detto, in 5, segufta imme- diatamente da un vocabolo con » iniziale. A chi poi citasse il roip Fxiitoii ed il toh ICppaoioi;, come argomento favorevole alla ipolesi di un'azione esercitata da una consonante inizialo sul j finale della voce precedente por la trasformazione di esso in p , ricorderemmo la sibilante di fxmot; conservata innanzi al / di rM (|uella di fzppivo^ mutata in p avanti a paicm nella 1. 2^ della iscriz. CCCLXII, inentro appare inalterata in toi; seguito da F°''!"><ì nella 1. I ' del medesimo documento. MEMORIA m DOMENICO PEZZI 89 allora il dialettologo si vede resa più che difficile la ricerca 1 ° dalla incertezza in cui ver- siamo per quanto concerne l'epoca di alcuni documenti, 2° dallo stato deplorabile in cui si trovano parecchi di essi, 3° dal raro numero di parole ivi contenute che per la loro terminazione giovino alla soluzione del problema. Dall'alterazione fonica di cui abbiamo trattato ben si distingue, per l'evidente influenza del suono |S precedente, il mutamento di a medio in p nelle voci Qc/.pf>sv (Oappriw, ccCLXii, 1), f'xppevop (il). . 2) ; assimilazione prediletta al neo-attico, mentre il ionismo e lo atticismo antico ci danno ancora p7 (1). Poco abbiamo ad aggiungere intorno al p in eleo. Merita appena un cenno la metatesi di esso in [$y.] pXfJ-x? (Lvi, 4), By.pyjJ.cfii (prob. gen. pi., CLXXxv, (5): metatesi che già era nota per mezzo di Esichio e della famosa iscriz. di Tegea. La forma dorica ed Omerica non (cf. npoT'. Omerico, nopù cret.) rinviensi anche in eleo (iv. 14. 39): agg. nors^z ') (clxxvi. 4) (2). § 14. Pareccliie radici s'incontrano in greco con p in una serie di derivati, con X in un'altra (3). Perciò lo Ahrens (4) considera il nome Xalv.Spiop (cxi, 1), Xcdc/.òptov (ib., 2) come forma elea del tema Kxpy.Bpto - -. cf. Xxoc/.^pc/. nella Focide, nello Epiro, nella Mes- senia. § 15. Alla psilosi dello eolismo lesbico (5) si accosta lo eleo, come già avvertiva il Bockh in ordine alla iscrizione XI. C. (0). Ne' ducumenti recentemente scoperti manca il segno dell'aspirazione alle voci segg.: E).)(Zvr/.oj (oxxxviii); c).).«'>ooj/x> (iv. 2); oixorjìp (ih., 11); «/y.cW!/ (ih., 11): onap (ih., 4, 37): v.[j.z (ih.. 5); « (= r!, ib., 10); y.-jTc.p {y.ùràp, ib., 17); uTiotp/r.v (ib., 18): oraa (ib., 21): tapo'j (ib.. 32); op-ovoiap (xxii, 2-3); a(=r,, ccxxiv, 7); 0(70! (ih., 21); ic.pog') (iapùg , ccxxv. 4): (/.{=r„ ccclxii, 1, 6); op (ib., 3); fXXavo^izyg (ih., r>); o (ib.. 8): a ( = /', ccCLXiii. 1). A questi esempii, tratti dalle iscri- zioni testé pubblicate e disposti secondo l'ordine delle medesime, due soli abbiamo a contrapporre di aspirazione segnata: HÌ'IÌ'N *) (ci-xxvii, 3) (7) e HIEPON') (ccciv, 2). Si aggiunga che nessuna traccia di aspirazione troviamo nel /. « (x' à) della iscrizione CCXXIV. 7, nel >t £XX«vo^(X!zg della CCCLXII, 5, nei composti XKTiTTa? (ccxxiv, 2), ot- Tajsp-olaro (ib.. 4), snsxs (irc-fiX£, ib., 13), -ACf.xiy.p (cccLXii, 1. 6, cf. entapoi, xi. e, 9) e nel KdTzazapot (y.ùnózapoi, per crasi) della iscrizione CCCLXIII, 3. Ma qui non si hanno I (1) Meter G., p. 234. (2) Curtius, Grunds., n" 3SÌ . (3) Meyer G., pp. 152-4. (4) Alla iscriz CXI. (5) Vedi, intorno a questo importante carattore del dialetto menzionato , le testimonianze degli antichi in Giese, Ub.d. dot. dial., libro 2°. È noto che I'Ahrens tentò segnargli certi limiti (I, 19-ìO): ma sembra che si ritorni per lo più alla dottrina degli antichi e del Giese (Wald, Additamenta ad dial. et Lcsbiorum et Thessalorum cognoscendam, Berol., i87l, p. 9, ov'à citata anche la 3* ediz. dei lirici greci pubblicata dal Bergk). (6) •< Asper cum nulli voci appositus deprehendatur , nolim omissionem scribae imputare, sed Aeolismo tribuo ». Quindi ci dà à (ì. I), 'apfxoioi; (11.1-2), e/aTov (1.2), imipa (1.9), mentre I'Ahrens trascrive à , llpFawoi; , Vmzov (I, 226, 280; II, 548, ove assai meno si scosta dall'opinione del Bockh, :cui erasi aggiuuto il Franz). (7) Lo spirito aspro notato in principio di questa parola è uno degli argomenti che indussero il KiRCHHOFF a porro in dubbio, insieme col Weil, il carattere eleo di questa epigrafe. V, sopra, pp. 77-78. Serie II. Tom. XXXIV. 12 90 li. DIALETTO DELI.'KLIDK NEI.LK ISrRIZlONM IKSTÈ SCOl'KKTE ad ommettere alcune forme composte in cui ap])are evidente l'azione dello spirito aspro sulla muta precedente: xa5w5 (iv, 1 4. 27) : ACf/jtoY.og (cccviii, ti); a.^i-Ai') {i-^-ftV.i, ccxxv. 2). Se della terza di esse assai dubbia è l'origine, non v'ha, secondo il nostro parere, ragione di negare il carattere eleo alle due prime, appartenenti l'una ad un'iscrizione che pel suo rotacismo ed altri indizii sembra ostentare sì fatto carattere, l'altra ad un documento che dalla scrittura appare doversi giudicare assai antico. Sebbene, pertanto, non si scorga segnata l'aspirazione se non i!i un numei-o poco rilevante di esempii, né tutti di origine indubbiamente elea e manchi il segno di essa ad una (juantità assai maggiore di parole eh' ebbero uno spirito aspro iniziale sino dai pri- inordu dello ellenismo o l'acquistarono in séguito (1). tuttavia, memori dell'osservazione fatta dalli) Ahrens (2), reputiamo che almeno qualche resto d'aspirazione non si debba negare all'eleo e che questo dialetto non abbia a reputarsi giunto, i)er quanto concerne tale fenomeno, a quel medesimo grado di decadenza fonetica in cui ci appare lo eolismo di Lesbo. Già in ordine ad altri suoni abbiamo messo in rilievo la incertezza dello deismo, né nuovi indizii mancheranno. Conviene perciò andar molto .a rilento nel giudicare una forma qual è IIVI VN '\ (cLxxvii. 3) come un argomento per dubitare intomo alla origine elea della menzionata iscrizione. § IG. Di un j ci appare, secondo ogni probabilità, il dileguo in £5((=Jti;, ccxxiv. 9, forse anche coxxiii. (ì, cf. xi. e, 2: ■tv'jìc/.v. ib., 4, 5). Non vediamo essei"vi ragione per assegnare collo Ahrens (3) all' K di tu, tj-jecl-j il valore di Kl: leggiamo pertanto col Bockh, seguito anche dal Cauer, £«, Tvvmv e notiamo qui la sparizione del _;', la quale trova riscontro nei genitivi singolari in oo restituiti da alcuni filologi in parecchi luoghi delle epopee Omeriche (4) ed in parecchie altre forme. K qui si scorge un'altra prova della incostanza teste accennata: che accanto aX j andato perduto in iv. aj'jta.'v >ta 1'; nel suffisso modale di altri ottativi in maggior numero, ni (£!"/;, ocxxiil, 5, 7) (5), nj't.'/.u {■jiAatr,. giusta lo Ahrens, cxi, 5): ijjmQucfv ecc. (v. § 6). Aggiungasi, come esempio di / (1) È questa una lìistinzionfi ili molta importanza (V. Cuinius, Grundi., pp. (WJ-94; Meyer G. , pp. 215-9], e della quale vuoisi tener conto m questa disquisizìuiie : perocché il difetto di segno indicante aspirazione iniziale nelle parole in cui essa proviene da un'antichissima spirante (come in parecchio delle paroln eleo sopraccennate) è indizio di gran lunga più grave che la ommissioue del segno mentovato in principio di altri vocaboli in cui lo spirilo aspro non ha ragione etimologica di esistere, od almeno tale ragiono non <': ben certa, e si tiova pertanto solo in alcuno dei dialetti, li noto come, in latt ) d'aspirazione, i due estremi della grecitii siano ; Lesbii 4.t<-.irt., lUpxùoi;, sxxtov, (|uia asperi signum ((uanquam in antiquìoribus inscriptionibus exarari Bolet, omittitur tamen in galea Hieronis C. I. nr. Iti, uno ex antiquissirais monunientis in art. i dura scribitur in nomine 'l'/pav ■> I, 226. (3) ' \i priniuni probabile viitetur, s in titulo antiquissinio vicem diphthongi si sustinere, deinde in derivatis a FA/!;<; , /siTfii« Eleos antiquissimo diaereseos genere il, non ei habere ; itaque scri- psimus e'x , 5uvetav , F.\)»5i'9ti , Àarp/jiVi/i-vov » (1, 280). (4) Meyer G., p. 2y2, 193 e segg. (5) Questo il! ci rendo assai peritosi nel considerare l' sa , che leggesi dopo < nella 1. 6, comò un ottativo: il Kirchhokf trascrive e»-. Ma, ove si ponga mente all'ondeggiare del dialetto eleo fra suoni e forme diverse, non parrà del tutto improbabile che anche neU'ex abbiasi a scorgere un ottativo, alla quale opinione sembra indurre non solo il »' precedente , m:i eziandio la difficoltà di proporre un'altra pìCk verisimile interpretazione. MEMORIA ni DOMENICO PEZZI 91 dileguatosi. nor,oi.7• (p. 109}, E già prima il Ditten- berger , discorrendo della voce ^omap (= Fo«ta» , IV, 21) ;iveva espresso l'opinione che probabilmente presso gli Elei il (3 già sonava v , quando altrove conservava ancora inalterato il valore primitivo. Ed aveva aggiunta l'osservazione che nelle iscrizioni scoperte ad Olimpia il v lat. è sempre notato con B, non già con or {Arch. seit., XXXIV, 219). (3) St. z. geschichte d. gr. alphabels*, p. 215. (4) Ma , come avvertì Io stesso Weil , fa eccezione un triobolo della collezione berlinese , ancora del 4» sec. : non altramente la iscriz. LIX ci dà A)£iwv , senza digamma. Perciò non è grave indizio di origine non elea la mancanza del F iniziale in A/eioi;*) (CLXXVII, I), A>siov") (ib.,'i7)acceQnata dal Weil fra le ragioni che lo inducono a dubitare intorno allo eleismo di questa iscrizione. (5) Pp. 204-15. (6) Consulta le osservazioni del Curtius alla iscriz. citata e Grundi., n. 491. 92 li- DIALETTO DELI/EI,IDK NELLE ISCRIZJOM TESTÉ SCOPERTE § 18. Veniamo ora alla spirante dentale, intorno a cui potrà essere brevissimo il nostro discorso dopo quanto ne scrisse G. Meyer (1). Che il n medio jìrimitiyo in eleo sia andato perduto o forse siasi ridetto ad una non segnata aspirazione Ì7i nor,o'.'770(.<. (= noir,- 'jy.iOy.ì , IV. ::>3) ed in r.'jvc'X'cii {^7:oir,7ri-ai, ib.. 30), mentre, per lo contrario, si scorge conservato in >,uaJ<(7T0 (cccvi, 7-8) ed il <7 medio isterogeno resta inalterato, ad es. in Traaav (iv, 12) ed in parecchie altre voci della iscrizione citata (fra le quali noteremo solo avrxTzoSi'ìoi^'ycf., 17, con doppio 7. come 0'77cx^^Ò77a, 21 (2)). in /.y:a7Z'y.7'.o: (ccxxiv, 1), è a sufficienza noto. Basterà qui avverth'e che nella trasformazione di 7 medio in ' lo eleo fu di gran lunga più moderato che il laconico, in cui vediamo essere stato soggetto a cotal mutamento talvolta anche il 7 isterogeno. Né questo fenomeno è indizio di speciale affinità fra il laconico e lo elmbii meglio dell'altra adat- tarsi ai fatti preaccennati. § 19. L'ultimo carattere veramente degno di nota che ci resti ad accennare del fonetismo eleo è lo ^:= ò che si trova in un numero considerabile di esemjìii, appartenenti ali»? tre iscri- zioni CCXXIII, CCCVlIle CCOLXn. La 1.1 ima ci dà: ^'tp (;:-fV.7i-L\. 1) ; o)i»-!«s5'-' (1- 2); ^afi£0|0 (Cy.jj.iupY'^. 1. -^ ; Zt (1. 4); ^tx'/ta (1. 5); ^f (H. ti, 7): -po—iutcv {-007:1!^'!'^. -ooo-^tòi'cov ?, 1. 7) ; oui^i (1. 7) ; (^c([j.(jv (1. 8). Nella seconda leggiamo : Zt (11. 7-8). Nella terza : ^£ (11. 2 bis, 5, 6, 7) : (^iKCtr/. (11. 2-3, 5), Ciz^tov ('^lAciav ,1. 7) ; u£x.c< (1. 3) . ?-x«ava{5;t (1. 7): Zi (1. 4); sXJ.aviCtxa; (1. ó): <;'y.p.i',p-/i'/ (1. ti): Cìs-jiov (1. C): Farce ( FfjCv;, 1 8). (1) Pp. 19S-2Ua: alla iscii/.. IV, pp. l-..M-ri. (2) Che il ilnppio T ileijba attribuirsi a sbaglio di scrittura, conm in ordine ad avTa^o(ì•5w•:•:I sembra inclinato a supporrò il Kirchhokk, non ci pare verisimile, sebbone la voce ^xhuj ci presentì un » sem- plice (cf., por altro, n«»>i;, XIV', 3-4) : simili incoenmze già abbiamo veduto essere non rare in eleo, nò scarso numero di esempii ce ne potrebbero somministrare altri dialetti greci. Non senza ragione pare al Dittenberoer {Arck. ^eit., XXXIV, 50) che la sibilante di naaav e di avTomoòiòwjji , sorta sul campo greco, dovesse venir profferita con particolar forza e perciò conservata. (3) Krampe, D' dial. lacon., ^ I.S. Spiess, De Alcmanis poclae dial.A I-I- Mkyer (i., t. e. Mììller Alfr. , De ^ litern in l. gr. inter vocales posila , Lipsiae , 1880: v. soprattutto pp. 80-1 , ove difende la primitività dull'aoi-. sigmatico di itoùu ecc. contro I'Osthoff (ivi cit.). Crediamo che il MOller abbia ragione, ma non addurremmo, come gravo argomento, lo aTt!i>iJE o nome della iscriz. XWI C. I. G. (Curtius, D. verb., 1', 112), perchè non reputiamo provato lo deismo di cotale epigrafe; motivo per cui non ce uè siamo occupati discorrendo dell'à, di cui questo documento porge un notevole esempio. (4) Pp. 234: alla iscriz. IV, pp. 625-5. (.'i) Ai,i.E\, D'diaì I.nrrensium. J 8. CuRTius, D rerbttm ecc.. I'. S'9: II'. ' 14 e spsrg Meyer , pp. 234. MEMORIA DI DOMENICO PEZZI 93 Che nei frammenti a noi pervenuti delle iscrizioni CCXXIII e CCCVIII non si trovi alcun A può essere attribuito a caso, come della seconda di esse scrisse il Kirchhoff. Ma ciò 7ion si vorrà certamente affermare della epigrafe CCCLXII, che consta di nove Unee e con- tiene 1 5 volte lo Z = A ( 1 ) : probal)ilmente non meno costante ci apparirebbe il fenomeno ne" due altri documenti se li possedessimo intieri od almeno nelle più importanti loro parti. Si noti inoltre che troviamo lo ^ =: ò innanzi a vocali assai dissimili fra loro : lo troviamo in principio ed in mezzo di parola. Delle due iscrizioni CCCVIII e CCCLXII sappiamo essere grande l'anticliità: sappiamo oltracciò che la prima api)artiene alle epigrafi con rotacismo prevalente, la >ìeconda è ned novero di quelle in cui non manca il p = 5 , sebbene per lo più quest'ultimo resti inalterato. Forse in queste iscrizioni più che in parecchie altre la scrittura tentò accostarsi alla pronunzia elea e segnare l'assibilamento, che in questa do- veva avere avuto luogo, della dentale sonora (2). mentre altri documenti, come ad e. la iscriz. IV. non rappresentano gi-aficamente se non il rotacismo. Sì fatta pronunzia elea del ò appare quasi preparazione alla moderna, come in parecchi altri dialetti antichi vediamo essersi iniziate certe trasformazioni foniche di cui scorgiamo i risultati nella grecità tarda e bizantina e soprattutto nel neo-greco. Il mutamento di ^ in ^ nel dial. eleo ci ricorda quello di in 7 nel laccmico (3), avvenuto anch'esso in sillabe iniziali ed in medie ed innanzi ad ogni vocale (4). § 20. Quanto ci resta a dire intorno ai suoni nel dialetto eleo si può ridurre a pochi e brevi conni. Le forme otu.s (iv. .'>). ay.c'M (ib., 11), yjusv (r,iJ.;v, iv, 19-20; cxi, 2) col loro ju. semplice si accostano alle doriche. Della nasale v è notevole l'alterazione in stc. (ìrra, h VX, ccxxiv, 2), accennata dal Kirchhoff. — Gl'imperativi senza v finale luiaTto (cccvi, 7-8), 7T£~affTo (ib., 8), che debbono essere considerati come pluiali (5), hanno ri.scontro in forme del dialetto di Corcira (6). Esempii di r conservato avanti i ci stanno innanzi in Fr/.c/-i (cccvi, 6), fz£r£^ovT( (iv, 28), mentre il doi-. -vrt ci appare rappresentato da -i/tj nel dialetto degli Arcadi, da -lai nel lesb., da -ot con prolungamento di compenso negli altri. Intorno a non v. § 9. 11 T in Xv7'X(TTo ecc. già venne additato all'attenzione del lettore (§ 18). Del n notevolissimo in OTirw (cccvi, 4) discon-e G. Schmidt nel recentissimo scritto Zwci arìtii-hi' a-hiutc iiiid clic palataìen (7). (1) (ìhe anche lo Zi rappiessenti un più antico At , né la sibilante iniziale abbia qui origine diversa ila quella che manifestamente ha nelle altre parole citate, appnre affatto probabile dal Ai che leggesi non solo nella iscriz. XI. 0., 6, ma eziandio nella LVI, i. (2) Meybr lì., p. l7iJ. — Intorno al suono del 5 descritto da antichi discorre il Linzi {De pronunt. linguae yr. , Berol. , IH64, pp. 64-7), ma in guisa che non possiamo approvare. — Per ciò che attiensi al valore dello ; consulta 6v^y (('ccvi, 1). Il Kirchhoff si accorse tosto che non si poteva, per più ragioni, leggere (jyvictvat. Perciò si fece a propoire dapprima la correzione TJvQr.y.Cf o TrjQ(:/.(/.[i]. più tardi [Arehàolog. zi-it., xxxviii, 69) (r!)y5r,^a o Or,v(/. formato come eipr,yr„ che G. Curtius interpreta etimologicamente ' verabredung ' (driinth., n. 493) ? Del derivato 'ipy.(S''jZ, già noto per la iscriz. XI. C. nuovi esenipii verniero raccolti nelle epigrafi che da poco tempo possediamo .'v. § "). La iscriz. IV, 8 ci dà in ir.'xvixu'Aap una forma verbale che (ì. Curtius, seguito dal Cauer e da G. Meyer, giudicò frequentativa e paragonò coWHarr latino (2): più tardi sembra vi scorgesse un intensivo (H). Noi non lìossiamo astenerci dal compararla al tema nominale i-xv- (noni. sing. i--r,-q) : la differenza che pur v'ha nel significato si è svolta probabilmente dopo la formazione del denominativo tTc/.cù, di cui ora abbiamo nella citata voce elea una prova sicura ad aggiungere al noto ìrr-io'j. (1) Basterà accennare le seguenti parole rinviando il lettore ai commenti con cui tentarono illu- stiarle i filologi che fecero di pubblica ragione i nuovi documenti nell'Arc/iaoio^. seitwng e I'Ahrbns por la iscriz. CXI : 1. «iraixoi (CCflLXII , 8, o ;tiTzo() , di cui il Kircbhofk non crede poter proporre alcuna dicliiarazione che non sia mal cprta; 2. ev-/apouvT£? (XXXV'III, 2, iscrizione con forme attiche), voce che il Dittenberger considera come indubbiamente propria del dialetto locale e pertanto con- servata, cora'espressione consecrata dall'uso antico, anche in un tempo in cui lo eleo era già caduto in disuso, a significare probabilmente « dimorante nel paese >■; 3. epip^v, o, forse meglio, F-P" (Fw''''» CXI, 6') che il KiRCHHOHK non osa interpretare, il Tudeer (op. cit., p. 105) crede derivato dalla stessa radico onde procede fpiTpx e lo Ahrens intende per guisa che la locuzione F^pIpJ*!" ™T[T]èv àix significhe- rebbe « landfliichfig werden, um fortan nur den schutz des Zeus « (detto anche ^ù^oi come protettore dei f\jyiòi;) , » nicht den des nienschlichen rechtes zu geniessen "; 4. ctkvmi (RCCLXII, 5), e-svirsTo ( STtsvnéTw , ib., S-6|, fi'.moi (//yjvTtoi , ib., 6), chs al KiRCHHOPF HOH Sembrano potersi spiegare in modo che appaghi e che G. Cubtiii» trarrebbe da un ì^— ;v-:tiw o da un év- ;i-ìm (tiìw • ,5*i:tw), che rappresen- terebbero i concetti di « beachten, bcaufsichtigcn " e di « noch dazu beaufsichtigen • ; egli pertanto leggerebbe ènsv™, Jii-:v;r/,Tw (con contraz. dor. di a-: in «), èvTt-ji (staccato dal /xa o j"»i precedente' ; 5. i;ast«oi (CCCLXIl, 7-8), d'ignoto valore (Kirchhoff); 6. xaTiapau«(e (CCCLXII , <>) , che il Kirchhoff scom- porrebbe in y.xriafj' (cf. el. tniafoi, XI. C, 9 e foc. TioOùpov) ed ajcòii, seu/ta per altro giungere ad una interpretazit)ne che soddisfaccia, mentre G. Curtius vi scorgerebbe una tniesi e congiungerobbe il xor con m'jiti Jxaraùiai si accosterebbe nel significato a xaOsleiv); 7. /iiìrpam (CCCLXII, 6-7), illustrato dal Kirchhoff colla glossa Esich. /iairpUr «i tu» àpxó'Toiv eùSuvw; 8. «vtuj (CCXXIII, 8), di cui il prolodato filologo non ardisce affermare rapporto alcuno con 5»!u, 5»u. — Il ieo< ()éw) della iscriz. CCXXIV, 3 (cf. Ksich. ii'ji/j.1 [o /!(!l,ui?]' Ot'iot/j.1 Stv) non conferma l'opinione espressa dallo Ahrens intorno alla forma /tia del verbo sì notevole ne' dialetti dorici (li, 317-8). — La parola Smu (IV, 3) come nome di mese trova riscontro anche in iscrizioni beotiche (Kibchhoff). (2) Curtius, D. vei-bum, I', 3.'?6; II", 405. Cauer, Ddeclv^ ecc., pag. 136. Metcr G. alla iscri- zione IV, pag. 421. (3) Nelle note alla iscru. CCCLXII. MEAfORIA DI DOMENICO PEZZI 95 Infine non ommetteremo di additare al lettore i composti ^'s>).o-iooìy^Q (iv, 37), F(7o;Tp&|£yov (cxi, 3) con ft7o5 (cxi, 28) ed in «;rc;cr7a).a/x£v ( = «7ro- <7zc0r,vc/.t, IV, 35) (6). Il iurs.-/ovxi della iscriz. IV, 28 ha non pochi riscontri nelle forme doriche della 3" pi. att. (§ 20). § 23. Porremo tonnine a queste considerazioni morfologiche con poclii cenni intorno alla flessione nominale e pronominale. Le forme che ci sembrano degne di nota, oltre a (juelle di cui già abbiamo avuto occasione di far menzione nelle considerazioni fonologi- che, sono : 1" I nominativi plurali -luovip (iv, 8). yy.przO (ib., 17), usati come accusativi: nletovsp si legge, adoperato come nom. pi., nella medesima iscriz. (1. 15). Non mancano (1) « Mit diesfin worteu kann nur eine person bezeichnet gedacht werden, welche rang und werth eines Proxenos oiler Detniurgen bnsitzt » : vuoisi, ciò», probabilmente significare « die aul'nahme unter diejenige classe der gemeindeglieder , welche zu Proxenen und Demiurgeu wàhibar waren o KiBCHHOKK nelle noto alla iscriz. CXI. ' (2) Con i|uesto composto, di carattere eleo, in iscrizioni con forme attiche, si volle probabilmente denotare , come Osserva il Ditte.\ke(ioer, giusta l'analogia di altri composti colla medesima preposi- zione, il quadriennio compreso fra due èxc^^ipiai. (3) Sia esso attivo giusta il parere dello Ahrens (I, "281 ; II, 549) che traduce « qui foedus violant », o passivo secondo il Ruttm.\n.\ ed il Bòckh, cui piace interpretare " violato »; la ipotesi che sia un perfetto senza raddoppiamento ci sembra la meno probabile. (1) « Die von ihm anerkanute optativforra iiui2, als contrahirt aus rjiiot, ist meines wissens "anz ohne analogie » Ahrens alla iscriz. CXI. (r<) Intorno all'ottativo, detto eolico, in -eia v. Curtius, D. verbum, 1', 268-9. v6 .\Ieyer G. , p. 4iì. — La iscriz. GCCIV, 3, ha vai*) (crvai od i/x/px-^f,tfui , Kibcuhoff). — Iritoi'ni> al ».x6iotoi i^txOtMòi) della iscriz. CCCVIII, 6 ed a qualche altra forma di simile struttura V. Meter G., p. 423; notevole è soprattutto il dor-. avi-^xx. 96 IL DIALETTO DELL'ELIDE NELLE ISCRIZIONI TESTE SCOPERTE riscontri in forme contratte dello atticismo: più notevole ancora è il delf. òiy.y.ri-op-g (uva;) (1). E giacché si discorre di accus. plur.. ricliiameremo l'attenzione degli studiosi Rull'el. au.£ (iv, 5) ; cf. dor. aa£. lesb. ed omer. a/a.ui. 2" Il locativo sing. auroi (iv, 21, 28), adoperato come un vero dativo. None punto inverosimile che siano locativi, non dativi, Tot (Lvi. 2, 4: ccxxiii, 4; CCCLXII. 4 : cf. XI. e, 3, 6 bis, 10); ^ouot (lvi, 2); àatj.fji (cxi. 7. Kirchhoff) : 'J.-jvmot (cccLXii. 4-'): cf. XI. e, 0: aggiungansi £nto:po( . ib.. 9: r/ov-iJ-EVot. ib.. 10). Traccie di simil caso si trovano, com'è noto, in quasi tutti i dialetti greci, ma fra essi notiamo in particolar guisa quello degli Arcadi, in cui il locativo rinviensi anche con- giunto colla preposizione tv (2). 3° Il locativo plurale metaplastico y.y^votp (iv. 2(J), che. giusta il Kirchhoff. è pro- babilmente effetto d'influenza etolica. Quanti esempli di sì fatta formazione si possano rac- cogliere dai dialetti della Grecia settentrionale e del Peloponneso è inutile qui ricordare, dopo le ricerche fatte recentemente intomo a questo argomento (3). 4" I locativi plurali rog (ccCLXiii. 1). Ms-x-.io; (ih.. 2): probabilmente anche il ro finale e l'Avatro della 1" linea debbonsi leggere to?, Avztro;. Il Kirchhoff pensa che. per orrore di scrittura, sia stato ommesso un ! nelle due prime forme avanti a ; : nella sua trascrizione leggiamo pertanto To[{]g , '\hr«7r;5[£]j e per conseguenza, nei due altri casi,7o[!;], Av5;!7o[!c]. Stanno in favore di questa restituzione i locativi plurali in -lite: ed in-oio che ci si fanno innanzi non di rado in altri documenti elei di varie età, fra i quali basti citare la iscriz. XI. C. e quella di Democratc. Si .aggiunga che. nella epigi-afe CXI, 1. il locativo \c/lc/.opioi>. senza t anch'esso, è preceduto immediatamente da zoirj, onde certamente trae valore la con-ezione Kirchhofliana Xcr').'/.$pio[i]p. E (jui vuoisi osservare che, nei due primi esempii accennati, toc e MzTV-uo:. non v' ha alcun vuoto fra lo ed il g e che per quanto concerne i due altri, to ed Avaro, v' ha dopo l'o spazio ]>iuttosto per una lettera che per due. Non sarebbe assurdo suppon-e, in un dia- letto che ci offre non pochi ne lievi caratteri di anticliità ed in più guise si scosta dalle altre forme dello ellenismo e manifesta la individualità propria, l'esistenza di locativi plu- rali in *-o-7!. corrispondenti a quelli in -7-~i. -r,--i (dei quali buon numero ci appare ancora nelle iscrizioni paleo-attiche (4) ed in fonne che furono dette avverbiali) e poscia, con dileguo dcU't finale, terminati in -o-j, come, almeno giusta l'opinione generalmente professata, da -0£7i si ebbe -oj; (5). Dobbiamo tuttavia schiettamente confessare che gravi obbiezioni si possono fare a cotale ipotesi e fra esse la confusione del nominativo singolare col locativo plurale. § 24. Le più importanti osservazioni, cui può dai- luogo l'uso dei casi e delle pre- posizioni e quello dei modi nelle iscrizioni elee teste scoperte già vennero fatte dai filologi che le diedero alla luce. Noi ci proponiamo di esporne qui, con brevità ed ordine, i risultati (1) Meter G., pp. 300-2. (2) Meyer C... pp. 295-7. (3) Veiline i risultiiti uell'op. cit. di G. Meter, pp. 311-1*2, ove sono indicati i Livori speciali, (i) .Meyer G., p. 311. ("ly Altri ora considerano la forma in -os- dei temi in -o- come strumentale e la separano per- tanto dalla forma in -oui , nella quale scorgono un locativo (Metbr G., pp. 309-10). MEMORIA HI DOMENICO PEZZI 97 più degni di nota, affinchì^ non manchi uno dei tratti più rilevanti alla immagine che noi stiamo delineando del dialetto eleo. È noto che lo ai'ticolo. come suol dirsi, ci appare qua e là con valore di pronome rela- tivo ne' canti Omerici, in Erodoto, nella poesia tragica e che quest'uso non è punto stra- niero allo schietto dorismo (1). Ai non pochi esempii già raccolti aggiungiamo il se- guente: fampaj ttc/Jì-^jv ruv syjt swciat/ non t^zv rxd/.iv (iv. 13-4). Per quanto attiensi alle funzioni dei casi citiamo, in primo luogo, il seguente esempio di accusativo che chiamano di relazione: cTrzCj.y.vcùu.s'^ofi rov rs tìuv O).v/7.7:iflov a'/uvc/. /.'jx oCù.oio vLui Tilitoncp {IV, 6-8). L'uso di questo caso nella locuzione Tur.omtv/Mp Tiv.p xu.s (iv, 5) già fu notato dal Kirchlioff, il quale citò, a proposito di esso, il T:o).t7Svovr(/. ny.o vìirolg che si legge nelle Eììenichf (i, 5. ">). La preposizione iv collo accusativo trovasi ne' documenti del dorismo settentrionale, dei dialetti dell'Arcadia e di Cipro (tv), della Beozia, della Tessaglia (2) ; nou desta per- tanto meraviglia il vederne esempii anche in epigrafi elee : £V tx'j iSiav zav Té tw nocpoo (IV, 8-9); £v To la-po^j (ib., 32); z\i. ì,\Ckc-.o\> (ih., 38). § 25. Già nel suo commento alla iscrizione XI. C. il Bockh aveva os.servato l'uso fre- quente del modo ottativo col /.a. in senso imperativo (3). Nuovi esempii di sì fatta costru- zione s'incontrano nella iscriz. CCXXIV (7iivaX).uoJT5 ^s x. « no>xq, 1. 7. ; y. anotivoi. 1. 12) e nella CCCLXII (za aTrortvof, 1. 3-4; im-jnoi x, 1. 5 ; xaùscTxoi =)t anun/.oi o xa r. ?, 1. 8), la quale ci offre eziandio, accanto agli ottativi, due imperativi (EnsvùEro. 11. ^-(i : aTtUTtVETO, 1. ()). Lo stesso ufficio viene nella iscriz. IV affidato a due forme verbali di modo congiun- tivo: «i/aTcSat (1. 32) ; r.oiriC/.-ut (1. 36). Accanto ad esse ci appare, adoperato anch'esso imperativamente, un infinito (/roriau^aj, 1. 33). Forse, com'è inclinato a credere il Kirchhoff, quest'uso del congiuntivo con significato imperativo in proposizioni positive si svolse dall'uso dell'aoristo di tal modo nel medesimo senso in proposizioni negative. (1) Ahrens, II, 27r).(;: genuinae Doridi licuiase articulo prò relativo uti, e titulis et scri- ptoribus satis appare! ». (2) Ahiiens, 11, 359-60. Schrader, Quaesti, qcc, § 4. Meyer G., p. 34. Pare che in colali dialetti non fosse ancora nota la differenza fra èv ed hi. onde ss, e<>. Per altro nella iscriz. CCCIII, di cui è dubbio lo eleisrao, lo ej*) della 1. 2* sembra al Kirchhoff stare in luogo di un vi. Lo ocTTO nella 1. 31 della iscriz. IV (t9 Ss. ^pstfi'J/j.u to -/v/ovop x-^zq rap ^wAap ypaysv ey^^o/xw/xa «variOat ecc.) sembra al (irolodato filologo « cine dialektische eigenthiimlichkeit zu sein, der gegeniiber der gebrauch von i/nò z. 2 ira gewohnlichen siune auffallend erscheinen mùsste » (alla iscriz. IV). Che la locuzione zi //eò:;;/ot òr/.'.ot della iscriz. CXI , 7 debba venire interpretata «ì /»!Tà Sdfioi òozéoi ben pochi saranno disposti a credere col Kirchhoff (alla iscriz, cit.} dopo le osservazioni critiche dello .\HnKNS, il quale, nelle sue note alla epigrafe preaccennata, dimostra poco verisimile la supposta apo- cope di ii'.tì e meno ancora la costruzione del verbo Soxioi con /ìstì Sxiioi invece del semplice caso e difende la più naturale dichiarazione , aì /*>) Sifiot Sonici), connettendola col senso delle parole precedenti. (3) « Enel, x' toties cura optativo in hoc titulo redit, ut dubitari non possit, optativum addito «a s. àv usurpatuni esse prò imperativo sive huius vim tenente infinitivo " . Serie II. Tom. XXXIV. 13 9g IL DIALETTO DELL'ELIDE NELLE ISCRIZIONI TESTE SCOPEKTE III. Considerazioni generali. § 26. Dallo studio dei singoU fatti , che nel dialetto degli Elei ci parvero degni di attenzione si nell'ordine dei suoni , sì in quello delle forme e del loro valore , assorgiamo ora ad alcuni concetti sintetici, i quali valgano a rappresentare i risultati più notevoli delle precedenti investigazioni nei loro rapporti colla storia generale dello ellenismo. 1° Già discorrendo del suono vocale a, abbiamo avvertito come l'esistenza di esso in parecchie voci elee , mentre le forme corrispondenti in ogni altro dialetto greco ed in altre lingue arie d' Europa ci presentano un r . sia una gi-ave obbiezione contro la dottrina dell "antichità panellenica e pre-ellenica che parecchi glottologi , fra cui giova soprattutto ricordare il Fick , attribuiscono allo svolgimento di sì fatta vocale, valendosene come di giave argomento nel sostenere la ipotesi della così detta unità glottica europea. 2° Il fatto preaccennato , mentre conferma sempre più la divisione dello ellenismo primitivo in colo-dorismo e ionismo (1), non giova punto alla suddivisione dell' eolo- dorismo in eolismo e dorismo, non essendo, almeno in parecchie forme, l'z eleo comune ad esso ne col primo ne col secondo. 3" Lo eleo, dialetto di carattere indubbiamente eolo-dorico, né si scosta per guisa dal dorismo che si possa dire schiettamente eolico (2) , ne dall'eolismo tanto si allontana che sia lecito annoverarlo fra le forme varie del dorismo. 4° A chi consideri come lo eleo, oltre a parecchi ed importanti caratteri comuni ad esso coi dialetti eolo-dorici in genere, ne possegga alcuni che appartengono soltanto ad esso e al dorismo od almeno a qualche dialetto dorico (3); come talvolta ci ricordi lo eolismo lesbico (4) , mentre nella varia maniera di prolungamento di comi)enso sembra ondeggiare fra la forma scliiettamente eolica e la dorica ; a chi, ripetiamo, abbia presenti alla mente tutti questi fatti e la fedele conservazione del suono n in parecchi vocaboli, parrà per avventura di scorgere nello eleo un dialetto la cui fisionomia per molti tratti si accosti a quella del preistorico idioma da cui sembra procedessero, quasi linee diver- genti da centro comune, le faville dei Dori e degli Eoli. (1) ScHRADER, Quaesti, ecc., J 1 ecc. Meyf.R ti., p. XII e sogg. (2) Intorno alle varie opinioni sui limiti del campo eolicoTprofessate da antichi e da moderni dialettologi v. i preliminari allo scritto dello Hinricus, De Homer. elociUionis vestigiis aeolicìs, Jenae, 1875. .Mentre la dottrina Straboniana , giusta cui i dialetti degli Elei e degli Arcadi si dovrebbero annettere anch'essi alla famiglia eolica, aveva ancora, dopo la confutazione dello Ahrens, che ridusse il vero eolismo alle favello di Lesbo o dell'Asia minoro attigua, della Beozia e della Tessaglia, trovato un difensore in G. Curtius, il quale, nelle Bemerkungen z. gr. dialeìUologie (Gutt. nachrichten, 1862, pp. 483-98), vi aggiunse anche il dialetto di Cipro, senza occuparsi guari dello eleo, lo Hinrich.s volle ristretti i confini dello eolismo allo idioma di Lesbo e dell'Asia minore preaccennata. V. anche Schrader, Quaesti, ecc., § 5. (3) Ad es. il T conservato innanzi ad i (v. ^ 20) ed il rotacismo. (4) V. g. collo influito attivo (v. p. 84) e colla psilosi, di cui tuttavia abbiamo veduto non essere del tutto certa la estensione in eleo e che, del resto, appare in qualche modo anche fuori dei due dialetti accennati ne ha valore se non d'indizio negativo. MEMORIA DI DOMENICO PEZZI. 99 5° Non converrebbe , per altro , affermare essere del tutto pari , per numero e per importanza, i caratteri di affinità fra lo eleo ed il dorismo, fra lo eleo e lo eolismo lesbico. Perocché v' hanno indizii e fonologici e morfologici , che non abbiamo ommesso di notare, i quali c'inducono a considerare lo eleo come più vicino al dorismo ed alle favelle degli Arcadi e dei Beoti che non all'eolismo asiatico e confermata pertanto dai più recenti studi la dottrina dello Ahrens (1). G° Di una certa incostanza nella produzione di alcuni mutamenti fonici già abbiamo nelle pagine precedenti additato al lettore più esempii , né , del resto, è carattere esclusi- vamente proprio del dialetto di cui discorriamo. Più giova a mettere in rilievo la indivi- dualità di esso l'uso di certe preposizioni e dei modi congiuntivo ed ottativo in guisa non conforme alle leggi che lo governano negli altri dialetti. 7° Non reputiamo possibile investigare con buon successo se in alcuni fra i divarii che appariscono, in certi caratteri fonetici, fra e]5Ìgrafe ed epigrafe si abbia o non si abbia a ravvisare effetti di varietà locali delio eleismo. E sebbene certe differenze abbiano mani- festamente la loro ragione nella varia età dei documenti , tuttavia s'i perché troppo poclii ne possediamo , s'i pel deplorabile stato in cui alcuni fra essi ci giunsero , s'i infine perchè forme che sembrano appartenere a gradi diversi di svolgimento si trovano non di rado in- sieme in una medesima iscrizione , è assai più facile discernere nelle fonne acceimate le paleo-elee dalle neo-elee che ordinare cronologicamente le epigi-afi. adoperando un criterio esclusivamente glottologico. In quanti periodi si debba dividei-e la vita dello deismo, (luali siano i caratteri ed i limiti loro noi invano chiederemmo ai documenti superstiti , invano alle poche , sconnesse , incerte nozioni che dobbiamo agli antichi. Indiali notevoli di neo- eleismo ci appariscono nel dileguo del F e nel frequente rotacismo. 8° Ancora in epigrafi appartenenti ad una età in cui lo eleismo aveva già ceduto il campo allo invadente dialetto che dissero comune si scorgono qua e là, giova ripeterlo (2), traccie dello antico idioma della contrada : forme arcaiche, frammenti venerati del passato, con cui piacque ai memori nepoti degli antichi Elei accrescere solennità a pubblici docu- menti e di cui essi pensavano forse ciò che dei grandi ed antichi roveri pensò Quintiliano : « non tantaiu habent speciem quantam religionem » (3). (1) « Pi'opius aecedit ad doricam et laconicam maxime dialectum, ita tamea ut optimo iure peculiaris dialectus, non doricae varietas quaedara habeatur » I, 231. (2) V. !, 2, p. 78. (;i) Inst. orat., X, 88. Già avevamo compiuta l'ultima coiToziono delle bozzo di questo lavoro quando ci giunse, por cortesia dell'illustre Autore cui ci professiamo assai grati, la Memoria del Prof. D. Comparetti inti- tolata Iscrhioni greche di Olimpia e di Ilhaka (Roma, 1881) e pubblicata dalla U. Accademia dei Lincei. Siamo dolenti di non potercene piìi valere per questa nostra dissertazione e ci proponiamo di trarne profitto per l'appendice che probabilmente terrà dietro assai presto alla presente Memoria. »»»» p| }< 3< ««« 101 GLI STATUTI dku,'anno 1379 DI AMEDEO VI CONTE DI SAVOIA MEMORIA DEL Prof. CESARE NANI Letta neltadunama del 23 Gennaio i88i Di Amedeo VI Conte di Savoia sono celebrate le ardite imprese di guerra, onde crebbe la gloria della sua Casa e ne furono ampliati i do- minii; ma quasi si ignorano i provvedimenti legislativi che egli emanò ne' suoi Stati e che meriterebbero nondimeno di essere meglio conosciuti, perocché essi segnano ima fase importante nello svolgimento dell'antico diritto pubblico e privato sabaudo-pieinontese. Le leggi più ampie e più saviamente ordinate del Duca Amedeo Vili ebbero per effetto di far cadere quasi del tutto in dimenticanza quelle dei Principi anteriori, le quali per la maggior parte non vennero mai pubblicate ed appena si tro- A^ano qua o la accennate da (jualche storico, benché sia importante il conoscerle, dacché è in esse che si debbono ricercare i germi dello istitu- zioni che, essendosi in progresso di tempo meglio sviluppate, si presentano in quelle sotto una forma più determinata e precisa. Ciò si parrà, speriamo, dall'esame che stiamo per intraprendere degli Statuti di Amedeo VI, limitandoci per ora a quelli dell'anno LS79 che contengono ordinamenti civili ( 1 ) , circa ai quali verremo raggruppando quelle notizie che ci riuscì di raccogliere intorno ad altri più antichi (2), col desiderio, meglio (1) Esistono oltre a questi altri Statuti di Aujeileo VI del 7 febbraio Kiól. Il Capre {Traile histo- rique de la Chambre des comptes de Savoye. Lyou, 1652, p. 19, 27) uè conosceva la data riferita in antichi inventarli, ma lamentava di non aver potuto trovarne il testo. Anche Cibrario, Finanze della Mon. di Savoia (nelle Operette varie. Torino, 1800), p. 199, li accenna riferendosi alla notizia del Cafre. Essi però non andarono perduti, dacché ne esiste una copia in un vecchio volume menzionato dal chiaris- simo Bollati ne' suoi Cenni preliminari alla tradu/.ione della Storia delle origini del diritto germanico di Stobbe, p. XXV, intitolato: Statuta Camere computorum et Decreta Ducum Sabaudie ab anno 1351- 1535, che si trova nell'Archivio Camerale di Torino. (2) Questi sono, per enumerarli qui in ordine cronologico: 1° gli Statuti del 19 ottobre 1318 di Amedeo V e Filippo d'Acaia ; 2" gli Statuti del 13 maggio 1325 di Edoardo; 3° gli Statuti del 29 no- vembre 1329 di Aimone ; 4° le Ordinaliones Parlamenti Ambroniaci del 1336 pure di Aimone. Sono di Amedeo VI; 5° le Lettere del 27 luglio 13.55 riguardanti il Consiglio nobiscum residens e 6° le fran- chigie accordate a parecchi Comuni nel Piemonte, fra cui importanti quelle concesse al Comune d Porosa il 12 aprile 1360. 102 STATUTI DI AMEDEO VI che colla certezza, che esse possano riuscire complete, poiché il genere e la novità stessa di queste indagini basterebbero di per sé sole a creare difficoltà non lievemente superabili anche ai cultori più sperimentati di questo ordine di studi. Gli Statuti di Pietro II coi quali era data norma ai giudizii, stabilite le pene per certi reati, regolata l' arte notarile e qualche punto concernente il diritto civile, costitui- scono la più antica fonte legislativa che si conosca del diritto sabaudo. Li superano questi di Amedeo VI, se non d'importanza, certo per la copia delle disposizioni (1). Sono essi scritti in latino, e preceduti da un breve proemio in cui il Principe dichiara per quali motivi egli si .sia indotto a pubblicarli. Lo mosse il desiderio di provvedere alla utilità dei suoi sudditi, di moderare le spese e le molestie delle liti, di venire in soccorso alle persone povere e miserabili nelle loro cause , di limitare gli onorarii dei notai e dei chierici della Curia, infine di ovviare agli abusi dei giudici, castellani e mistrali. Che queste leggi siano state deliberate in una assemblea di Stati non risulta, mentre la cosa può parere probabile quanto a quelli di Pietro II ; invece è detto nel preambolo che essi sono il frutto di una deliberazione ^rr litngum tempus hahita cum suis haromhus, miìitihus, proceribus et peritìs, che è quanto dire col suo Consiglio (2). Le sue disposizioni sono contenute in settantasette capi, che non portano rubrica di sorta. Conviene però avvertire che l'ultimo comprende ancora due statuizioni che non hanno veruna attinenza con quanto forma oggetto della prima parte di detto capo. Dichiarano le medesime che lo Statuto non dovrà avere effetto retroattivo e che non potranno molestarsi gli eredi per le pene incorse da consiglieri, giudici e castellani se non si è proceduto contro costoro finché erano in vita. Del resto, le disposizioni si seguono quasi senza ordine, ne si vede che siano state dettate secondo un disegno prestabilito. Sono concepite in una forma piuttosto rozza ; ma alcuni errori ed omissioni che ne rendono qua e là ambiguo od oscuro il significato sono da attribuire, senza dubbio, all'amanuense (3). (l)Sono ricordati da Ricotti, Storia della Monarchia Piemontese (Firenze, 1869), l,p.88,edilCiRnARio oltre al menzionarli nelle Origini e progressi delle istiluiioni delta Monarchia di Savoia (Firenze 1869;, 2* parte, p. 144, dà un breve sunto di parecchie delle loro disposizioni nel primo de' suoi Discorsi sulle Finanze ecc. (p.30 segg.). Anche più breve è quello che ne fa lo Sclopis nella sua Storia dell'antica legislazione del Piemonte, Torino, 1833, p. l'44-2J6. Sono questi Statuti, per quanto è a nostra notizia, tuttora inediti. So ne conserva una copia autentica nel nostro Archivio Camerale estratti, come in essa è detto, da altra simile in carattere antico per R. servizio, e porta la data del 12 dicembre 1771. Di questa copia , non scevra di gravi mende, mi sono servito per questo lavoro e sulla medesima è condotta la edizione degli Statuti che si troverà nelle Appendici alla presente Memoria. (2) La composizione del Consiglio residente di militi, proceri e giurisperiti nell'anno 1376 risulta dai Protocolli dei notai comitali n. 102, f. 81. Di questi Protocolli di cui già alcuni storici insigni delia Monarchia Piemontese, corno il Cibrakio ed il Ricotti, si valsero, vuol essere segnalata la grande importanza anche sotto il punto di vista storico-giuridico. (3) Qualche disposizione ò ripetuta due volto. Cosi la istituzione dell'ondano del Consiglio pre- scritta dal elle riafTermata al e. 21 . Né manca qualche contraddizione, come sarà avvertito a suo luogo. PEB CESARE NANI 103 Lo Statuto manca di chiusa, e tanto nel preambolo che in fine manca ogni cenno del luogo e dell'epoca della sua promulgazione. Nella copia autentica dell'Archivio Camerale gli è assegnata la data dell'anno 1379 come risultante dal conto della Gran Cancelleria di Savoia, dove è annotata la mercede che si pagò al copiatore di esso (1). Finalmente è da ritenere che il medesimo, come avente carattere di Statuto generale, dovesse, almeno nell'intenzione del Principe che lo promulgava, essere osservato in tutti i suoi Stati, «jualunque fossero le leggi e le consuetudini in vigore nelle varie sue parti ed il vincolo che riunisse queste alla Monarchia (2). II. Gli argomenti di cui si occupa in particolar modo il nostro Statuto possono così enu- merarsi : 1° Della costituzione dell'autorità giudiziaria; 2" Dei giudizii cos'i civili che criminali ; 3° Delle relazioni fra la giuiisdizione laica e la ecclesiastica ; 4° Di provvedimenti relativi alla custodia dei detenuti ; 5° Dell'arte notarile; 6° Degli emolumenti da percepirsi da varii pubblici uffiziali. Facendo capo dal primo, diremo alcunché intorno all'ordinamento giudiziario che in quell'epoca era in vigore in Savoia, poiché degli ordini si)eciali che vigevano nel Ducato di Aosta non è (lui il luogo di parlare. Suprema autorità giudiziaria era il Consiglio del Principe ; in ogni baliato risiedeva di regola un giudice , e vi esercitavano qualclie giurisdizione castellani e mistrali ; vi era inoltre un Giudice generale delle appellazioni (.'?) ; e tribunale straordinario non avente sede fissa , presieduto dal Conte di Savoia oppure da un suo delegato . era da ultimo il Parlamento Generale, quello che negli Statuti di Amedeo Vili prese il nome di Suprema Generale Udienza (4). Di questo Parlamento nel nostro Statuto non è fatta parola . onde è a credere che in quel turno di tempo fosse alquanto scaduto d'importanza, per il che Amedeo Vili si (1) In verità nel conto di Guglielmo Cìenevesio (Itivent. parz. Savoia, q. 41, conto n. 20, f. 3 verso, nel- l'Arch. Camerale) dall'anno 1378-1381' alla pergamena 03, in fine, trovasi la seguente annotazione: n Li- bravit... mense aprilis anno D. mccclxxx prò copiando nova statata domini ad habendum ea in Curia Cousilii domini cum domino residentis tam prò negotiis domini quam gencium habencium ibidem agero. Et que tradidit Francisco Garnot de Brugeto qui dieta statuta copiavit liunc temporis ad opus dicti consilii. Et allocantur ut supra in prima librata comput. prosentib. VI den. gross .». (juindi la data del 1379 non può essere ritenuta che come approssimativa. (2) Lo ScLOPis (op. 1. cit.) assevera die queste leggi sieno state fatte specialmente per la Savoia. E veramente potrebbe farlo supporre qualche espressione, come quella che si legge nel preambolo, dove ìì detto, che lo Statuto ha per iscopo di provvedere aXVutile et laudabile regimen lotiv^ Sabaudie comitatus ; ma farebbero fede per contro della generalità dello Statuto le disposizioni dei ce. 53 e 60 che esplicitamente si riferiscono alle terre cifra montes, ubi iure comuni utimur. (31 Ne ò fatta menzione al e. 15 del nostro Statuto. Se no trova pur cenno nel Prot. 60 (serie cameiule), f. 20, a. 1338. Un giudice generale del Piemonte è pure nominato nel Prot. 5, f. 55, a. 1301. Nel prot. 60, 1. cit. è menzionato un procuratore generale delle appellazioni di Savoia. (4) CiBRARio, Finanze, p. 37. Capre, op.cit, p. 12. Ricotti, op.cit., p.98. 104 STATl'TI DI AMEDEO VI sarebbe proposto più tardi ili ritornarlo in onore. Ma che prima di Amedeo VI il Parla- mento fosse più volte convocato e decidesse in affari giudiziarii di gran rilievo , consta da più documenti riferiti dal Cibrario. ed è anche attestato dalle OrdiìKdionrs Parìnvicnti Amhronincì del 133(J, nelle quali in occasione di un Parlamento che doveva tenersi ad Ambronay furono date regole che certo dovevano essere osservate nei casi consimili (1). Invece intomo al Consiglio del Principe lo Statuto contiene parecchie importanti disposizioni. L'origine di questo Consiglio, come opportunamente ha avvertito il Uicotti (2). è schiettamente fendale. Dopo essere stato per molto tempo ambulatorio, fu diviso in due corpi, indipendenti l'uno dall'altro, per modo che mentre i consiglieri appartenenti all'uno di essi continuarono , come pel passato . a seguire il Principe dovunque egli andasse (3), all'altro per contro fa assegnata sede stabile in Ciamberì. Ma non è ben certo quando e per opera di chi questa innovazione sia stata introdotta. Perocché mentre Caj)ré credette che essa sia dovuta ad Aimone per effetto di una ordinanza del 29 novembre 1329 (4), il Cibrario invece ha cercato di dimostrare che l' istituzione del Consiglio residente deve essere anteriore a questa epoca, dacché già nel 1327 e nel 1328 si avrebbe notizia della sua esistenza. Tuttavia di fronte alle prove che egli adduce può parere alquanto arrischiata la sua affermazione che essa debba attribuirsi al conte Edoardo (5). Ad ogni modo è certo che un ordinamento completo ebbe il Consiglio del Principe per opera di Amedeo VI, prima con Lettere patenti del 27 luglio 1355 ((j), poi cogli Statuti che stiamo esaminando. In quelle il Principe dichiara che essendogli impossibile occuparsi personalmente della moltitudine delle cause che sono portate alla sua udienza, ha deliberata (1) Le Ordinationes Parlamenti Ambroniaci 8ono accennate da Capre, op. cit., p. 110 ed espo.ste da Cibrario, Storia della Monarchia di Savoia (Torino, 1841), III, p. K clic le ha ricavate da un registit) imperfetto dell' Archivio Camerale. Inesattamente il Dal Pozzo ha creduto essere stato questo Parla- mento una riunione di Stati Generali ^Essai sur les anciennes Assemblées nationales de la Savoie, etc. Paris, 1829, p. 51). Lo stesso Caprk (1. cit.1 afferma che l'anno 1345 sotto la tutela di Amedeo VI venne deliberato che detto Parlamento dovesse convocarsi una volta all'anno e che secondo l'antica consuetudine vi sedessero come giudici i Prelati , i Signori della Corte ed i più insigni Dottori di diritto ; ma non dà veruna indicazione più precisa intorno a siffatto provvedimento , la cui esistenza è contestata da Cibrario, Fin., p.29. (2) Op. cit., I, p.95. Un posto consimile teneva nelle antiche istituzioni normanne la curia prtn- cipis modellata sulla curia regis nella Francia occidentale. Brunner, Die Entstehung der Schwurge- richte (Berlin, 1871), p. 147. Fischel, La Constitution d'Angleterre, trad.par Vogel (Paris, 1846), I, p.364. (3) Questo Consiglio ambulatorio è menzionato ad es. nel Prot. 61, f. 52, a. 135i (4) Op. cit., p. 8. Egli si fonda essenzialmente su ciò che nei registri della Camera dei Conti si leggo questa indicazione: « Rotiilus pergamene continens ordinationes factas per dominum Aymonem Comitem Sabaudie de Consilio suo Camberiaci residenti, sub data anni mcccxxix, die penult. mensis novembris, sigillo comitis impendenti signatus. ■■ Queste ordinanze furono pubblicato per la prima volta da BuRNiKR, Htstoire du Senat de Savoie (Chambéry, 1861) 1, 587, il quale le adduce in conferma del- l'opinione di Capre. Tuttavia non ripugna il credere che colla medesima si sia inteso di dare norme più certe ad una istituzione già. prima esistente. Si troveranno riferite in Appendice, riprodotte con più corretta lezione. (5) Infatti egli si limita {Finame, p. 24, n. 2) a riferire due brani di un conto dai quali risulta che negli anni I3.'7, 1328, 1329 furono pagati gli onorarli ai membri del Consiglio residente a Ciamberì. (6) Si trovano nell'Archivio Camerale di Torino, Inv. Savoia, n 1, f. 4. Di qui probabilmente le ricavò il Capre che primo le pubblicava (op.cit. p. 9). Però in una copia della medesima gentilmente favoritami dal chiarissimo Bollati, ho riscontrato parecchie discrepanze dal testo edito dal Capre, quan- tunque non di grande importanza. Le medesime furono ristampato da Duboin, Editti ecc. Ili, 226. Ns espone il contenuto lo Sclopis, op. cit., p. 243, e le accennano Ricotti, op. cit., p.97 e Burnier, op cit., I, 35. PEK CESARE NANI 105 (li affidare questa cura al suo Consiglio (composto, come risulta dalle nomine che seguono, (li prelati, nobili , professori . dottori di leggi e giurisperiti) , clie munisce per tale scopo dei più ampli poteri. Quindi esso può conoscere di ogni specie di cause, anche quando con- venuto fosse lo stesso Conte di Savoia , e può deciderle e terminarle in modo definitivo, procedendo a tutti gli atti giudiziarii a ciò opportuni. Né è necessario che tutti i Consi- glieri assistano al giudizio . ma basta la presenza di tre od anche solo di due . e si lascia ancora in loro facoltà di giudicare in qualunque luogo, purché sia dentro ai confini dello Stato di Savoia (1). Nel nostro Statuto, menti-e, in ordine al Consiglio di Ciamberi (2), alcune di queste disposizioni trovano conferma, altre appaiono modificate. Venne mantenuta la universalità della competenza al Consiglio, per modo che la sua giuiisdizione dovesse estendersi sopra ogni specie di cause, ed alla medesima andasse soggetta ogni qualità, di pei-sone. dovunque avessero la loro residenza. Però non solamente fu conservata la facoltà a chiunque di ricori-ere al Consiglio . invocandone la decisione nella propria lite : ma fu ancora ricono- sciuto es])ressan)onte a questo il diritto di ricliiamare, j)urchè non vi ostasse un ])rivilegio «lei Principe, qualunque causa al proprio giudizio : s))pcialmente quando o la gravità della medesima , o la potenza del convenuto o la povertà dell' attore consigliassero di sottrarla al giudice ordinario, per commetterne la risoluzione a più alto tribunale. Che anzi . ciò occorrendo, è stabilito che invano le parti chiedano di essere rimesse davanti al giudice in'dinario. e rimanga ferma la competenza del Consiglio (.S). Il concetto onde muove (juesto disposto non era nuovo nella legislazione sabauda, e neppure senza precedenti nel diritto barbarico. Perocché già Pietro II nel suo Statuto aveva prescritto che il giudice dovesse d'ufficio intervenire nelle cause in cui un povero f()ss(» in pericolo di soccombere di fronte ad un potente avvei"sario, ed anche in tempo ahiuanto \nii antico la giurisdizione regia accoglieva sotto la sua tutela le ragioni dei mi- serabili in lotta colle jìretese dei forti (4). Né è da credere che esso fosse peculiare alle leggi di Savoia, poiché anche nelle Costituzioni siculo è al Gran Giustiziere ed alla Magna C/ir/d. supremo tribunale del Regno, che é attribuita la giurisdizione nelle cause dei (1) «...ipsis (consiliariis" tenore presenciura committimus oranes et singulas causas taiii civile» [iiam criminalos ac etiani feudale», tam inotas quain movendas cuiuscumque generis censeantur, tam pi'O nobis, quam contra nos, audiendas, coguoscendas et fina debilo terminaudas, ac processus et actus qiioscumque iudiciales exerccndos , ipsos ties vel duos ex ipsis in nostrum Consilium et prò nostra Curia sint supra eligentes. Et quia frequenter contigit quamplures de nostro Consilio in aliis nostris iirduis negociis occupari, volumus et raandamus ne propter huiusmodi occupationes dictarum causarum lìt processuum cognitio et decisio retardentur ; quod per tres aut duos ex ipsis nostris consiliariis causae huiusmodi audiantur et fine debito terminentur sicut et quomadmoduni omues de Consilio, presente» nxistentes ad praodiota in locis quibus eis videbitur , infra tamen terram nostrani nostri Sabaudie l'oraitatus (prenominati, aut duos vel tres ex ipsis, iure nobiscum resideant sive non ad predicta ubi- l'umque sint, infra tamen terram nostrani et nostri Sabaudie comitatus) similem habeant potestatem sicut si nobiscum residerent et prò nostro nobiscum residenti Consilio ubi libet Labeantur {Dalla copia Bollati). ;2) Avverte Cibrario, Fin., p. 26, che un Consiglio stabile venne pure istituito da Amedeo VI al di qua dei monti, avente sede talora a Rivoli, talora a Torino , avendone trovato cenno nei conti di alcuni castellani negli anni 1374 e successivi. (3) C. 14. (4) V. Gli Statuti di Pietro II Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino, serie II , voi. xxxni), n. 51. Seeik II. Tom. XXXIV. 14 ioti STATUTI DI AMEDEO VI poveri, allorché alcuno di questi voglia farvi ricorso, giurando solennemente che la potenza del suo avversario lo atterrisce (1). Sotto altro rispetto è notevole quella disposizione, poiché in essa trapela il proposito che si manifesta (come veilremo) anche sotto altra forma, di estendere quai *o più é pos- sibile la competenza dei magistrati direttamente dipendenti dal Priiici]ic restringendo quella dei giudici che da altri che da lui riconoscono il loro potere. Il coiicentramento deirautorità giudiziaria nelle sue mani fu, come tutti sanno, uno dei mezzi più validi onde si valse la Monarchia per abbattere le resistenze dei Baroni e dei Comuni. tiuanto al modo con cui deve essere composto il Consiglio stabile, rpiando giudica delle cause , è provvisto in più capi dello Statuto. Possono bensì prendervi i)arte i prelati della Contea di Savoia, il cancelliere gene- rale e gli altri membri del Consiglio (2) . ma di regola entrano a costituirlo il cancellien' che ne conserva il sigillo, due collaterali ed un avvocato e procuratore del Fisco {'A). Ai tre primi spetta la cognizione delle cause che debbono essere decise, e quando pure uno solo dei medesimi fosse presente, a lui competono le medesime facoltà che avrebbero tutti insieme (4). Quando tra i presenti siavi disparere, l'opinione della maggioranza ha la ]m-- valenza (5). Sono addetti al Consiglio un usciere (hostiaiius) (li), un chiavaio (clavarius) il quale deve provvedere alla esazione di tutte le multe e condanne pecuniarie pronunciata^ dal Consiglio od incoi"se per violazione di qualche disposto dello Statuto, e col prodotto delle medesime pagare le spese occorrenti al Consiglio, nonché lo stipendio del cancelliere e dei consiglieri, rendendo conto in debita forma della entrata e della uscita (7): e per ultimo due o tre o più servienti per mettere ad esecuzione gli ordini del Consiglio (8). in. Subordinati a questo sono i giudici locali , stabiliti nei ballati. lx)ro obbligo é di teneie le assisie almeno quattro volte all'anno, in primavera, estate, autunno ed inverno (9). Dei giudici locali delle appellazioni o maji è fatta parola nel nostro Statuto una sola volta e senza indicazioni più precise (10). (I) Nov. Const. lib. I, tit. xxxviii (in Hum.lard Bréholi.gs, ffist. Dipi Frid. II, VI, p 15(i' .. st.ituimu^ ut magister iustitiarius (magnae) curiae nostrae . . . . miserabiliuni personaruin qiiaruni est privilegiiini forum eligere, corporali prestito sacramento, quoti aiiversariorum suorum forte potentiam perhorrescuut, causas audiat et iuslitiu mediante deciilat » . ;2) C.9. (3) C. 2, '^, A, T), 6, 9, 66. Uue volte uello Statuto è fatto cenno anche di un procuratore fiscale addetto ad ogni giudicatura, e. 25, 35. (4) Esempio di una sentenza (in materia penale) del Cons. residente, Prot. 62, f IS (a. 1350); di una interlocutoria, Prot. 64 (a. 1 3.^1) f. 4. Altro esempio, Prot. 76, f.24 (a. 1402). (5) C. 2. (6) C 11, 21. (7) C 21. (8) C. 20. (9) C. 22. (10) C. 48. V. intorno ai medesimi Cibkario, Pinanie, p. 15, 26. Ricotti, op. cit, 1, 94; Capkk . op. cìt., pag.7, 130. I PER CESAFE NANI ]07 Ma esso non limita lo sue disposizioni ai magistrati investiti di giurisdizione imme- diatamente dal Principe , bensì le estende in parte anche a quelli che nelle terre feudali per delegazione del signore esercitano il loro ufficio. Qui è necessario ricordare come il dominio dei Conti di Savoia comprendesse in quei tempi una quantità di terre e feudi no- bili (1) tenuti da baroni e banderesi . dai quali dipendevano ancora i nobili ed i vassalli. I baroni dovevano avere tremila lii'e di rendita, ricevei'e omaggio da venticinque gentiluo- mini, ad uno dei quali almeno spettasse la giuristlizione omnimoda. Erano tra questi i marchesi ed i conti, e tenevano il più alto grado fra la nobiltà. I banderesi o bannereti loro inferiori quanto a rango, erano gentiluomini d'antica stirpe, a cui prestavano omaggio non meno di ventiquattro capi di famiglia (2). Gli uni e gli altri avevano . come il co- niando in guerra dei loro uomini, cosi la giurisdizione sui loro vassalli (3). Perciò elegge- vano i loro giudici, detti appunto i giudici dei banderesi (4). Ora il nostro Statuto riconosce loro questo diritto , ma pui-e riconoscendolo impone .illa podestà dei giudici cosi nominati certe condizioni, certi limiti, certe cautele. L'auto- rità sovrana non provoca ancora ad a])erta lotta l'autorità baronale, ma con infinito accor- gimento si insinua a poco a poco nella sua giuii.sdizione. la stringe nelle sue spire, le scema (efficacia e vigore. Tutti i banderesi hamio facoltà di instituire nei loro dominii giudici ordinarii, i quali possono risiedere ivi o nelle terre del Conte. Conoscono essi delle cause civili al pari dei giudici del Principe, dal primo atto infino all'ultimo del giudizio, alla sentenza; ma nelle cause criminali la loro opera incomincia solo dopo che sia avvenuta la contestazione della lite, ossia dopo che si è compiuto lo stadio inquisitorio e si airesta quando sta per essere pronunciata la sentenza definitiva (5). IV. Se per un lato l'autorità del Principe quanto airamniinistrazione della giustizia tro- Tava un ostacolo nei diritti e privilegi baronali , per altra parte anche quella jiartc di autonomia (-he si eiano riservata od era stata concessa ai Comuni contribuiva a limitarla. IJenchè anche da questi legami essa cercasse via via di sciogliersi (0) , tuttavia l' impresa (t) Vedasene la lunga enumerazione in Cai'ré, op. cit., sec. part., chap. I. (2) Capre, p. 130. Sclopis , Considerazioni sloriche intomo alle antiche assemblee (Torino, 1878), p. 59. CiBRARio, Fin., 38, ed Economia politica del Medio Eoo (Torino, I8i'2), I, 22:?. Burnier, op. cit. p. 49. ;3) Como golosamente essi custodissero questo loro diritto ò attestato dall'atto del 12 aprile 1360 'riferito da Datta, Storia dei principi di Savoia del ramo d' Acaia , Torino, 1832, II, 212) »on cui .^modeo VI ebbe a conl'erniai-e ai nobili del Piemonte le loro antiche franchigie. « Item quod • loniinus Comes voi aliqui eius ortici;irii seu coramissarii non possint nec debeant uUani Jurisdictionem vel aotum juridicum erirainalem sou civilem in terra, territorio, fìnibus et jurisdictione dictorum nobilium aliquando exeroere nisi forte ipsi nobiles et eorum heredes seu oflSciarii ipsorum defìoissent in justitia oxhibenda •• . (4) Esempio di conditto fra la giurisdizione del Conte di Savoia ed un barone de' suoi Stati si ha nel Prot. 10, f. 118 (a, 1350}. (5) C.23. Federico II nelle sue Costituzioni siculo con più energico provvedimento tolse ai baroni laici ed ecclesiaotici l'esercizio di ogni giurisdizione penalo. Const. I, 4',). (6) Perciò nei patti di dedizione di alcune terre ai Conti di Savoia tiene il primo posto quello, che loro viene concessa la piena giurisdizione. Così nell'atto di sottomissione del comune di Ivrea ad Amedeo V di Savoia e Filippo d'Acaia, Statina Eporedie {Mon.Hist. Pot. Leges I, col. 1092) In primis quod dicti domini et eorum heredes . . . perpetuo habeant dominium et segnoriam merum et niixtum imperium iurisdictionem omnimodam civitatis Yporegie districtus et pertinenciarum eius.. . » 108 STATUTI DI AMEDEO VI era difficile e laboriosa, né potè essere condotta a termine che in un lungo spazio di tempo. Consuetudini antiche, privilegi con gelosa cura custoditi restringevano (luanto alle persone ed alle cose la giurisdizione del Sovrano e vincolavano la libertà d azione dei suoi ma- gistrati. Alcune di siffatte franchigie sono ricordate dal Kicotti (1), e più potreblMTo citarsene ad esempio. Basterà qui ricordare le concessioni e confenne di franchigie fatte da Amedeo VI l'amio 13H0 a molti Comuni del Piemonte, dopo che per eft'etto di sentenza arbitrale il principe Giacomo d'Acaia era stato per causa di fellonia spogliato dei suoi Stati. Sono tra queste particolarmente degne di nota quelle accordate con atto del 13 Aprile 13G0 al comune di Perosa (2), siccome le più ampie e dettagliate fra tutte. In forza di questo atto, la giustizia dovrà ivi continuare ad essere amministrata con quelle stesse fonue con cui rendevasi anteriormente, restando in vigore tutti gli antichi patti, consuetudini e sta- tuti. Le pene che sono in uso nei singoli luoghi non potranno né dal Princijìc. ne dai suoi successori essere variate ; ninno abitante della terra potrà essere citato davanti ad altra autorità che non sia quella del luogo dove egli risiede. 11 nostro Statuto, che dei giudici stabiliti nei Comuni non fa menzione . uguaglia i giudici dei bandercsi a quelli che dal Principe ricevono la loro nomina all'ufficio. Vi hanno riguardo a costoro alcune disposizioni che tendono allo scopo di assicurare la impar- zialità del magistrato, e ad impedire che distratto da altri affari egli attenda con minore sollecitudine alle funzioni che gli sono attribuite. Era un abuso introdottosi in quei tempi che il giudice percepisse stipendio, e doni dai litiganti dei quali era chiamato a decidere le cause (3). A questo cerca di pon-e riparo (1) Op cit., p. 102, vedi pure Burnier, p.5l. In Forel, Charles commimales dupays de Vaud nelle Mém.et doc.de la Sodété d'hist.de la Suisse Romande, t. XXVII (Lausanne, 1872) sono pubblicate pa- recchie franchigie accordate a varii comuni ad es. a Moudon (p. ISU), Roraont ( p. f-tl I, Vaulruz (p. 144), ecc. Notevole vi è il doc. riferito a p. 108 con cui il comune di Payerne ;a. 1348) accorda facoltà ad Amedeo VI prò docem anno3 proximos .... tantunimodo et uon ultra inquireie de nialeficiis in villa Paterngari territorio et iurisdictioiie dicti loci perpetrandis do plano per inciuestas et non per verentyes (2) L'atto sta nei protocolli de Mota n.08, f. 17, verso. È inedito e merita a nostro avviso di venir pubblicato a riscontro di quello sopramenzionato mediante il quale nella stessa occasiono si confer- marono solennemente i privilegi dei nobili piemontesi. (3) L' uso delle sportalo giù era comparso nell' impero romano. Proibito da Costantino che tentò con gravi pene di reprimerlo, esso riapparve più tardi e se ne fa cenno in parecchio Costituzioni con- tenute nel Cod. Giustinianeo. Secondo questo le sportule non poi^sono mai percepirsi dal magistrato, ina si bene dagli addetti al tribunale per gli atti giudi^iarii a cui essi prestano la loro opera. Vedi ad es. L. 33 (nell'edi^. Kriiger 32) § 5, C. De Ep. et cler. 6, 3. — L. 4 (De caslrens. et minist. 1 2, 26 noU'ediz. Kriiger 25) L 3, ^ 4, C. De priv. schol. 12, 30 (nell'edizione Kriiger 28). Ma doveva avvenire abbastanza frequentemente che si regalasse il giudice coU'intento di ottenei-e sentenza favorevole, poiché dalla Nov. 124, 7, e. 1 è prescritto ai litiganti di giurare anzitutto solennemente « quod nihil penitus iudicibus, aut patrocinii causa ipsis vel alii cuicumquo personae prò hac causa quolibet modo dederunt aul promiserunt aut postea dabuut voi per .so vel per aliam quamcumque raediam personani. » E notevole che ancho qui la pena per lo sportule illecitamente esatte è fissata nel quadruplo (Nov. tit. cit., e. 3). Che l'uso delle sportule ai giudici si conservasse eziandio nell' epoca dei diritti barbarici ò attestato dal e. Misso data a. 803, e. 2 (M. G. L. II, 121). Fu poi per effetto di una confusione di concetti PEK CESARE NANI 109 il nostro Statuto, ordinando che né il cancelliere, ne i collaterali del Consiglio possano ricevere alcunché come regalo da alcuno . quando non sia di cose da mangiare o da bere (1), ne accettare per causa di patrocinio nessuna pensione annua, sotto pena di dover pagare il quadruplo al fisco e restituire quanto abbiano ricevuto (2). Il fatto però deve essere accertato per mezzo di sentenza, ed all'imputato è data facoltà di presentare le sue difese. Ma quanto fosse radicato l'abusalo dimostra la disposizione di carattere transitorio che segue , la quale dichiara non avere effetto il divieto per le pensioni prima pattuite, per forma che le rate delle pensioni anteriormente scadute possano esigersi senza incon-ere pena di sorta. Ancora è stabilito che rimane lecito il percepire l'emolumento dei sigilli e le (Irnlic (3) che le parti abl)iano convenuto di pagare al giudice quando egli, siccome arbitro in via amichevole, abbia definita la loro controversia (4). ?]guale divieto, accompagnato da identica sanzione, è fatto all'avvocato ed al procu- ratore fiscale (5), nonché ai giudici ordinarii e commissarii. e trovasi ripetuto riguardo ai castellani (6), ai chierici delle curie ed ai procuratori dei chierici (7). Né é meno rigorosa la legge nel reprimere ogni atto dei mistrali per cui vengano ad offendersi le ragioni della giustizia. Infatti è prescritto che nessun mistrale. il quale tenga accrnsata dal Conte la sua misti-alia (8). j)Ossa pattuire con alcuno che qualche cosa gli sia data per la decisione della sua causa (9). Se egli si lascia corrompere, dovrà pagare al PrincÌT)e por ogni volta e per ogni persona con cui abbia concluso un tal patto germanici con concetti romani , come lia dimostrato Re.\tz (Zur Oeschichle des Armuneides nella Zeitschrift far Rechtsgeschiihte , II, ltì63 , p. 421 e segg.) che nei tribunali medioevali si è propagata la consuetudine dulie sportale pagato ai giudici. Il di|-itto canonico mantenne fermo il divieto quanto ai tribunali ecclesiastici, permettendo ai giudici di esigere solo la rifusione delle spese soste- nuto nell'interesse dello parti (V. ira gli altri e. 10, X De vita et hon. cleric. Ili, 1). Ma che esso non fosse sempre osservato lo prova Durant. Spec. lib. I, part. IV, tit. De salariis ^ I, n. 7 ». . , . verumtamen delegati quotidie de consuetudine ruoijiiuDt et male secundum quosdani si habent beuefìcium unde possint comode sustentari sed et si sint sine benefìcio possunt et salarium recipere secundum Aegid... quod non placet sod expensas sic. -. V puie Tancredi 1, 4, ^ .5, Grat. Il, 9. (1) Le Costituzioni siculo erano più rigorose in proposito, Nov. Const., I, ói (Hlili.lakd Bréholles IV. 195) ' fDe orbiti- iud.guaest.U, Cent. VI, e. 517, 13-21). (2) Ciìh il divieto era pronunciato dalla ordinanza di Aimone del 1329. (3) Intorno a questo v. C'brario, Fin., p 60. (4)0.5. (5) C. 5. (6) C. 63. In quali cause fosse competente a giudicare il castellano non è detto nello Statuto. (7) C.66. (8) Le mistralie solevansi dare a censo dal Principe. Numerosi esempi se ne riscontrano nei Pro- tocolli de'notai ducali, ad es. n. 47, f. 2 (a. 1367), n. 101, f. 93 [n. 1372 , n. 150, f. 89 (a. 1326). Nel Prot. 91, f. 225 (a. 1448) si contiene una grida per la messa all'asta di una mistralia. Così pure potevansi cedere Prot.31, f.25, 27 (a. 1335). Uno stesso uso seguivasi circa allo stesso tempo in Francia v. Cii.Louandre, Le.i origines de la magistrature fran^aise (nella Revue des deux mondes, t. 34 (a. 1879), p.442). (9) Di qui risulta che anche i mistrali erano investiti di t.'-iurisdizione. Probabilmente questa limi- tavasi ai reati campestri e ad ogni modo di poca entità. Manca però ogni notizia più precisa su questo riguardo. 1 1 STATUTI PI AMEDEO VI illecito sessanta soldi forti, e la stessa pena incorre l'autore della coiTuzione. Il simile è >tabilito po^l caso che il mistrale abbia convenuto di assolvere alcuno dal pagamento del lianno di qualunque specie ed entità (1), a cui sarebbe stato tenuto. Perchè poi meno facilmente rimangano impuniti reati di tal genere, chi li denuncia percepisce tre soldi sopra ogni multa incorsa (2). Bisognava ancora impedire che il magistrato cumulasse l'ufficio di giudice e di avvo- cato. La cosa può parere assurda ai dì nostri, ma non dovc^va sembi-are tale quando non si era ancora spenta del tutto la memoria degli usi giudiziarii fondati sopra le consuetudini l)arl)ariche. Per queste infatti la distanza che separa il giudice dall'avvocato non è molta, e l'unione dei due uffizi in una stessa persona, come era frequente nella pratica, così per ninn rispetto si presentava illecita e repugnante. Basti il ricordare come in epoca più antica bene spesso dagli scabini comitali si traessero gli avvocati ed i cosidetti (■.(insidici (onde non raramente si incontra nei documenti di (|uel tempo taluno designato srahimis rf. ndvocatus (3) ). ed in epoca alquanto più vicina a noi n(;i liberi Comuiù si confondessero talora in una sola corporazione, originata dagli antichi scabini, giudici ed avvocati (4). La fonua della procedura germanica, nella quale ha larga attuazione il ])rincipio della collegialità dei giudici, e l'esiguo numero di individui che in tempi di così scarsa coltura foss(jro versati nel diritto possono addursi come le ragioni principali che spiegano questo fatto. Ma esse non sussistevano più che fino ad un certo punto quando Amedeo VI emanò lo Statuto di cui ci occupiamo, ed i ]iericoli che per la retta amministrazione della giu- stizia traeva seco il cumulo delle funzioni ili giudice ed avvocato erano troppo evidenti. Quindi questo cumulo vi è vietato, e severamente punito chi disubbidisca al precetto della legge. Ne il cancelliere, né il giudice.'tìnchè durano in ufficio, possono ne apertamente, né (1) Ai mistrali come ai castellani infatti spettava l'esocuzione delle sentenze, a meiile del e. 50 del nostro Statuto. (2) C. 67. (3) Avveniva talora nella confusione prodotta dalla moltiplicità dei diritti vigenti contemporanea- mente in uno stesso territorio, come conseguenza del sistema della personalità della legge, che l'avvocato stosso della parte , essendo egli i' unico che cono-scesse il diritto secondo cui questa aveva ad essere giudicala, fosse accolto fra i giudici. Ad es. in una cau.sa dibattutasi l' a. 998 fra i preti della chiesa ili S. Eustachio ed il monastero di Farfa, quest'ultimo avendo allegato di volei-si difendere secondo la legge longobarda, il presidente del tribunale».... eo quod deessent ibi alii iudices longobardi preter ipsum advocatum ut posset veritatom discernere inter fallaciani fecit eum inrare per IV evaugelia, ul ex ìUa bora et deinceps verum iudiciuni iudicaret. Tunc fecit eum sedeie in iudicio ut iudicai-et se- cundura suam legem da hoc ». Fu dato un altro avvocato al monastei-o e permesso al primo divenuto giudice « ut eum instruat qualiter respoiideat » Gai.lktti, Del prirnicero della Santa Sede Aposto- lica, ecc. (Roma, 177(5), due. n 2. Intorno alla riunione frequentissima delle qualità di giudico ed av- vocato nei giudizi franco-longobardi v. Bethman.n-Hollweo, Der Civilproiess des geìneinen liechts, V Bonn, 18711, p. 109, 238, 333. L'uso derivava esso da vecchie consuetudini franche? Cfr., Sohm, Dir altdeulsche lieichs «. Oerichtsverfassunff, I (Weimar, 1871), p 447, n. 168 — In Romagna l'ufficio de' causidici come ha dimostrato Ficker , Forschungen sur lieichs — «. liechtsgeschichte Jlaliens , III (Innsbruck, 1870), p. 473, 474, era duplice, in quanto che nel tempo sto.'-so consigliavano le parti ed i giudici, erano avvocati ed assessori del tribunale , e come tali prendevano parte alla decisione delhi causa. L' uso di invitare tilora gli avvocati a sedere come assessori si conservi) nella pratica dei tribunali ecclesiastici, v. Fourniek, Les offìcialili-s au Moyen Ago (Paris, 1880), p. 3.i. (4) Vedi Savionv , Storia del Diritto Roìiiano nel M.Evo ((rad. Bollati) , 1, 2(j8, .583; Hbthma.nn- HoLLWEQ, Ursprung der Lombardischen Stàdtefreiheit (Bonn, 1846), p. 148. IIkobi., Storia della costi- tuitone dei Municipii Italiani (Milano, (861), p. 49?. l'KR CKSARE NANI 111 segi'etamente patrocinare alcuna causa che sia intentata davanti a qualunque Curia tem- porale della Contea di Savoia, sotto pena di essere rimossi con ignominia dal Consiglio, e di dover restituire alle parti quanto ne abbiano ricevuto ed il quadruplo al fisco . dopo che il fatto risulti constatato da sentenza, premesse le difese del reo (1). Avveniva allora di frequente che alcuno fosse contemporaneamente rivestito di due pubblici uffizii, poco meno che incompatibili fra loro : come ad esempio, che un giudice foss»! al tempo stesso castellano (2). La cosa non era certo scevra d'inconvenienti: ma questi riuscivano senza dubbio di gran lunga maggioii quando le due cariche riunite in una sola persona procedessero da due differenti autorità. Non poteva invero accadere senza serio pericolo pei diritti del sovrano, che una persona da questo elevata al grado di uffiziale giudiziario dipendesse al tempo stesso anche da un barone, per esserle stata da questi com- messa una giudicatura, jjoichè questo secondo legame doveva per naturale conseguenza allentare ciuello che la univa al Principe, quando appunto erano numerosi i casi in cui poteva sorgere (H)nflitto fra la giurisdizione sovrana e la baronale. Per impedire che ciò avvenisse, il nostro Statuto dispone che ninno dei componenti il Consiglio possa assumere una giudicatura, in tutta la Contea di Savoia, che non sia conferita dal Piincipe {'ò). Quanto ai giudici, il divieto è meno severo, poiché solo nella giudicatura dove, per man- dato del Conte, esercitano il loro uffizio non ])ossono essere in pari tem]») giudici dun ban- derese. Ed ancora (se cosi si ha da intendere la disposizione finale di questo capo che forse per l'omissione di qualche parola riesce alquanto oscura (4)). al divieto è tolto ogni effetto l'etroattivo (5). Probabilmente la ragione di questa mitezza è da ricercare in ciò. elle meno serio era il pei'icolo a cui in questo secondo caso trattavasi di ovviare, (lacchè mentre la competenza del Consiglio si estende a tutto lo Stato, quella del giu- dice per contili ('■ listrettn nei confini del ballato. VI Ora che abbiamo vt^luto i lineamenti generali dell'ordinamento giudiziario quale risulta dallo Statuto di Amedeo VI. conviene che ci addentriamo alquanto nello esame delle regole che esso statuisce intorno al processo. Come tutte le leggi dell'epoca, esse non senio tali da costituire un sistema compiuto, ma lasciando in vigore il diritto comune ne accentuano, o dichiarano, o modificano qualche particolarità, l'ale istituto che gi;ì ai tempi di Pietro li aveva messo radice in Savoia, vi appare meglio svilupjiato ; dove prima i suoi contorni si presentavano vaglii ancora ed incerti, ora appariscono meglio definiti: qualche eccezione si è trasformata in regola. Le Statuto di Pietro II segna per questo rispetto il punto di partenza, quello di Amedeo VI accenna i risultati a cui nel corso di poco più che un secolo era pervenuto, relativamente alla procedura giudiziaria, il diritto sabaudo. (1) C 4. (2) CiBKARio, Finanze, p. 17. (3) C. 6. (4) Essa suona così : « ludices nuoc iu officio iudicatuie residentes postquam ipsi coasenserìat buie statuto non aute seu postquam praesens statutum fuerit publicatuni » . (3) C.7 1 1 2 STATI TI DI AMEDEO VI Incominciando dal processo civile, il primo atto che in esso si compie è la citazione, e intorno ad essa la iiosti-a legge dà le sue norme. Nel diritto romano, nel suo ultimo stadio, alla citazione in giudizio eseguita diretta- mente dalla ])arte. si era sostituita quella che effettuavasi per autorità del giudice, il quale riceveva dall'attore il ìilieUnni coni-i'utioii/s e lo comunicava per mezzo di uno dvcidor al convenuto, intimandogli di comparire in giudizio (1). Questo intei^vento del giudice nella citazione , affatto contrario alle antiche consuetudini germaniche, trovò adito in quelle fra le leggi Ijarbariche che furono modellate sulle romane (2) , e come eccezione fu in vigore eziandio presso i Longobardi (3) e vi si mantenne cosi presso i tribunali di Lombardia (4) come presso (juelli di Romagna (5) . infino all'epoca del risorgimento del dhitto romano (6). La citazione giudiziale venne in seguito accolta dalle leggi che emanarono in Italia (7) e dal diritto canonico (8). ])er guisa che nel secolo XIV non è ammessa altra che questa. (1) 5 24. 1. De act., 4 6 Bethmann-Hollweg, op. cit. Ili, |j 152. Keller, Il processo ciìi. romano (ver- sione Filomnsi (luelfi, Napoli, 1872), p. 170. Padelletti, Storia del diritto romano (Firenze, 1878), p.480. (2) Così nell'editto di Teodorico e. LXXIII ò fatta menzione àeW apparitor sl c\x\ il convenuto deve promettere se ad judicium esse venlurum. Il Papiano t. XI prescrive che 1' editto libelli abbia luogo davanti al tribunale. (3) Liutpr. e 2.5, 20. Questa è certamente una fra le anomalie pili degne di nota del diritto lon- gobardo, dove pure è scolpita cosi profondamente l'impronta germanica. Per contro nel diritto franco, fino a Carlo Magno, la mannilio, ossia la citazione per opera della parte, è la regola ordinaria ed ecce- zione la bannitio, la citazione per opera del magistrato. (4) Ej-posit. ad Liutpr. 26, « .Martine sculdasci hoc te appellat lohannes quod tu oi cuni legato et epistola sculdasii ad te venienti ut de Petro tue sculdasie sibi iustitiara faceres .... » E nella Placiti forma gloss. [in Padelletti, Fontes iuris italici .1/. AB. Torino, 1877, p.480) « Donine comes facile venire .id placitum ■■ . (5) Lo si può argomentare da gualche passo di una delle due fìnte Costituzioni di Giustiniano 'pubblicate da Klenze nella Zeitschrifl f. gesch. Rechlswissenscha/ì, Vili, 243 segg.), che secondo l'opi- nione comune vennero compilate verso il fine del sec. XI nella scuola di diritto di Ravenna. ^ 1 « Notum sit vobis patres conscripti, me velie imperiali auctoritato ])raeeipere .... fore in uno quoque romano placito apparitorem .... litis . . ita ut in (irimis faciat reum ad oum apparere, qui ius dicturus sit . . . § 2 querenti aotore reus ad eum vocetur per appai'itorera qui ius dicturus sit , quia reus semper omnibus modis in eo loco pulsatur ubi aliquis egerit vel admiserit, et adraoneatur audire reus de querela actoris » . (6) Nelle compilazioni di diritto che precedettero, con maggiore o minoro intervallo di tempo, la scuola di B dogna, la citazione compare come opera del giudice. Così in un lihellus de verbis legalibus scritto l>robabilmente nella prima metà doU'XI secolo, che si contiene in un codice della Biblioteca Nazionale di Torino, e che venne pubblicato por la prima volta da Pittlng fluristiche Schrifìen des frilheren Mittdulters, Halle 1876), trovo sotto la rubrica he in ius vacando <■ Citatio est in ius invitatio, voluti cum ijuis conqueritur de altero apud iudicem deposita querimonia, index niisso edicto citatorie vocat eum in quem agere desiderai qui conqueslus est et dicitur hoc edictum citatorium quando iudex vocat tantum, quando autem adiciit dicens « si die prescripto non veneris quasi contuma:: condem- jinaberis » tunc dicitur edictum peremptorium quia perimit tergiversationera eius qui venire contcnipnit ». SilFatta distinzione romana fra il citatorium ed il peremptorium edictum che !' rilevata dal libetlus composto secondo l'opinione dui Pitting (op. cit., p. 40) nella Francia settentrionale, riappare eziandio in Italia verso il finire del secolo duodepimo , poiché in un documento del lISó che si contiene nel così detto codice di .Malabaila, f. 308 (pubblicato da Ficker, l'rhimden, Innsbruk, 1874, n. 154), se no fa menzione: "Quia N. et consortes sui vocati citatorio edicto et denium pereniptorio ante curiam domini imperatoris venire contompserunt ])ro iustitia facienda. . . " . (7) È ordinata ad esempio nelle Costituzioni siculo I, 72. 1, 73. 1,07, 98: " Citationis littore (tam per iustitiarium quam per baiulum) transrailtende » V. La .Mantia, Storia della legislasione civ. <■ crim.di Sicilia (Palermo, 1874), p. 212. Delvecchio, La legislacione di [■'ederico II (Tarinu, 1872), p. i;?,"i. (8) V. MOnche.n, Dos hanonische Gerichlsver/'ahren und Strafrecht (Kuln 1874) 1, 25(i. Foubmeb. op. cit, p. 1 17 DiRANT. .Sptfc. lib. II, pari. I, tit. De citai. Ta.ncuedi, Ordo indie. Il, 3. Damasi, 5«»i»iti d,- ord. iud.{in Wunderlich anecdota etc. I84I) 87 • ad ollìcium iudicis s|)ectat recepto libello ab actoiv reum citare •. PER CESARE NANI 11:5 Quindi è affatto naturale che questa sola si trovi regolata nello Statuto di Amedeo VI. Esso prescrive adunque che le citazioni emanino dall'autorità giudiziaria, in qualunque grado sia essa costituita, e debbano eseguirsi dai balii, castellani e vice-castellani, mistrali e sotto-mistrali ed altri uificiali dell'ordine esecutivo (1). Quando alcuno di essi abbia ricevuto la citazione può mandarla ad esecuzione o per- sonalmente per mezzo di un suo dipendente, incaricandolo di adempiere quest'atto o verbalmente o per mezzo di lettera, che però non dovrà essere annessa alla lettera del Consiglio del giudice da cui è partita la citazione.. L'ufficiale inferiore poi dovrà procedervi esso stesso senza delegare altri in sua vece. In nessun caso il delegante potrà percepire alcun diritto per la delegazione data. Chiunque contravvenga ad alcuna di queste disposizioni sarà punito con multa di 20 soldi forti e dovrà restituire quanto abbia illecitamente riscosso, bastando il giuramento di chi abbia pagato o presenti la lettera di delegazione, avuto però riguardo alla qualità del giu- rante (2). Della citazione effettuatasi deve constare per iscritto, al quale scopo l'esecutore della citazione dovrà stendere verbale e sottoscriverlo, indicando pure il suo ufficio, che se egli sia illetterato bisognerà che ricoiTa all'opera di un cliierico della curia o di un notaio. Oltre di ciò il verbale dovrà menzionare le modalità sotto cui la citazione venne eseguita, cioè se fu fatta direttamente alla persona del citando od alla sua casa od altrimenti, ed il tempo e la risposta che egli abbia data. Anche qui la pena della inosservanza di queste formalità è di 25 soldi forti, e come prova è ammesso il giuramento (3). Sono fissate la mercede che il notaio può pretendere per questa relazione (4) ed i diritti dell'escutore per la citazione a cui egli proceda, diritti che variano secondo che questa viene eseguita nel luogo stesso in cui risiede l'esecutore, o fuori ed in ragione della di- stanza maggiore o minore, e del numero delle persone da citarsi (5). vn. Intimata la citazione, il convenuto ha l'obbligo di comparire davanti al tribunale. Non comparendo incoiTe nella contumacia, condizione giuridica da cui derivano gravissimi effetti. Ma quanta differenza nelle leggi a questo riguardo ! Il punto di vista sotto cui viene considerata la contumacia si è più volte mutato, movendosi fra i due estremi di una seve- (1) La dipendenza dei castellani, mistrali ed altri ufficiali minori dell'ordine amministrativo, non acilo (lai balii , ma eziandio dai giudici , ora già stabilita da un pili antico Statuto di Edoardo del 13 maggio \\V2'ì. Questo Statuto che è inedito, per quanto è a nostra notizia, si contiene nei Protocolli Reynaiiili (a. 150, f 74), quantunque siavi luogo a dubitare che esso non sia completo. Al e. V dispone : « Iteni ordinatum est quod castellani, mistrales et alii otficiarii niinores pareant et obediant mandatis bailivorum et iudicum simul vel divisim, quod nisi fecerint puniantur prò qualibet vice qua non parue- runt in decem libris fortibus nobis dandis nisi mandarent excusationem quasi mandata facere non deborent». E nel capo successivo è soggiunto: « Item quod castellani mistrales et aliis (sic) officiales inforiores exequantur mandata domini; quod nisi fecerint puniantur prò qualibet vice in quindecim libris fortibus nobis dandis nisi mandarent excusationem ut supra ■■ . (2) C. 10. (3) C. 13. (4) C. 13. Esempio di lettere citatorie, I'rot.38, f. 9 {a. 1360). {5)C.12. Serie II. Tom. XXXIV. 15 114 STATl'TI PI AMEDEO VI rità eccessiva e di nna eccessiva mitezza. Il grado di coltura |dogni popolo, le sue stesse condizioni sociali hanno stampato la loro impronta su questo istituto. Egli è infatti questo uno dei casi in cui al disopra dell" interesse privato si agita un'altra questione d'ordine più elevato, quella dei rapporti fra l'autorità pubblica ed il cittadino. Quando lo Stato è riuscito da poco ad infrenare le forze riluttanti al suo impero e sottomettere le podestà che ne avevano dapprima usurpati gli ufficii, onde sente la ne- cessità di affermare la sua potenza, allora la contumacia è considerata (luale delitto e la sanzione punitiva si aggrava sopra il privato che tenta di disconoscere la sua giurisdi- zione ; dove invece quella necessità più non sussiste prevalgono altri criterii. A Koma, dove l'idea di Stato signoi-eggia fin da principio la vita, pubblica e la pri- vata, la contumacia non potè mai assumere un carattere delittuoso, neppure quando la citazione essendo fatti! intimare dal magistrato . il non osservarla dovette apparire come una disobbedienza ai suoi ordini. Tuttavia fu un tempo in cui il diiitto spiegò contro il contumace il massimo rigore delle sanzioni civili, trattandolo senz'altro come un condan- nato contro cui è lecita l'esecuzione (1). Solo più tardi la sentenza contumaciale perdette il carattere di una sentenza definitiva, e le sue conseguenze fui'ono mitigate fino al punto che essa potè soltanto autorizzare la viissio in bona rei servandae causa. Per contro, nel diiitto germanico la contumacia è dappiincipio considerata quale reato. Trattisi di comparire davanti al tribunale per rispondervi di un delitto o di una semplice obbligazione civile . la pena che la colpisce è identica. Nell'uno e nell'altro caso il diniego di comparire indica il disprezzo dell'autorità dello Stato, e cjuesto, con sel- vaggia energia, costringe il renitente a piegai'visi. Il contumace non si trova solo di fronte il giudice, ma il re stesso, che è giudice egli pure e ad un tempo supremo difensore della pubbhca pace. Per la legge salica è punito di multa il contumace pel fatto che egli debitamente citato non si presenti davanti al tribunale ; ma se egli, senza giusta causa, persiste tenace- mente in questo proposito , allora gli è minacciata la massima delle pene, perchè per de- creto del re è messo fuori della pace, onde i beni gli vengono tolti e la sua persona è esposta alle offese di ognuno (2). Certo l'asprezza della legge va in progresso di tempo mitigan- dosi (3) , ma ancora nella legislazione carolingica la confisca dei beni (ren in bannimi missae) è la conseguenza della contumacia sì nelle cause penali, che nelle civili (4). (1) È famoso il passo delle leggi delle XII tavole: « Post meridiom praesenti litem addicito*. Gbllius Noct. Att. XVll, 2, 10; V.Keller, op. cit. , § 69; Scheirl, Lehrb.der Insiit. (Rrlangen, 1868), § 74. Salkowski, Lehrb. der Insiit. u. der Geschich. des Ròm. Rechts (Leipzig, 1880), p.464, (2) L. Sai. LVI, 2. u De eo qui ad inallum venire contemnit. 2. . . Tum si ìUe qui admallat ista omnia irapleverit et qui admaljatus est ad nuUum placitum venire voluerit, lune rex ad qucm manitus est «xtra sermonem suum ponal eum. Tura ipso culpabilis et oinnes res suas erunt. l''t quicumque euni aut paverit aut hospitalem dederit etiam si uxoi- sua proxima Malb. Inmpicii hoc est DC dinarios qui l'aciunt solidos XV culpabilis iudicetur, dnnec omnia que iniputatur coinponat o (Uall'ediz. Behrend, Berlin), Cfr. Sieokl, Geschichte dcs deutschen Gerichisverfahren (Giessen, 1857), p. 52 segg. ;Sohm, op. cit., p. 58, 162; Hethmann-Hollweg, op, cit., IV, p.519. (3) V, l'Editto di Chilperico e. 7, 9 (il 5" cap. nell'ediz. Boretius in Behrend, op. cit, p. lUo segg, ), per cui il pignoramento dei beni è sostituito come regola generale al bando, che però continua ad appli- carsi quando il contumace sia » malus homo qui male in pago faciat et non habeat ubi consistat nec res unde componat et per silvas vadit et in presentia nec agens nec parcntes ipsum adducane possunt ". V. similmente L. Kipuaria tit. XXXIV (al. XXXIl). (4) Cap.lec/.Rip.add.&.803, e. 7 (M,G. L. 11, IIV. Vap.leg.add.&.8\9, ci 2 (lbid.212). PER CESARE NANI 115 In Italia, forse nella pratica la confisca fu limitata ai casi di crimini , e contro il contumace si applicò negli altri casi la investitura salva querfìa, od il pignoramento, secondo che si trattava di azioni immobiliari o nascenti da debiti (1); ma non rimase senza influenza, sopra alcune delle leggi che posteriormente entrarono in vigore, il concetto onde aveva preso le mosse il diritto germanico (2). Infatti nelle Costituzioni sicule la con- tumacia riappare come un reato che è represso con pena pubblica. Federico li dichiarò che la pena di nove oncie d'oro comminata al contumace dalle antiche leggi sicule non gli sembrava appropriata , e perciò la cambiò nella perdita del terzo del patrimonio mo- biliare del contumace, senza far differenza fra cause civili e criminali (3). Questa pena è scritta nelle sue leggi, come complemento ad un sistema di disposizioni, per cui le ragioni dell'attore sono protette in maniera che la diserzione del giudizio, per parte del convenuto, non gli cagioni detrimento di sorta (4). S'informa a questo principio anche lo Statuto di Amedeo VI. La condizione del con- tumace nei rapporti coU'attore è regolata dal diritto comune, ma le sanzioni civili non sono ancora considerate come sufiicienti , e per ciò vi si aggiungono le penali. Per esso , come per i canonisti di quell'epoca (5), la contumacia suppone la colpa, e quindi non deve andare impunita. Una multa è comminata al contumace per ogni volta che citato non compaia, oltre al pagamento dei danni e delle spese, e questa multa è gi-aduata se- condo la differente qualità delle persone. Perciò è disposto, che se si tratti di un agricol- tore di un artigiano, per la prima contumacia debba sborsare cbique soldi viennesi, per la seconda dieci, per la terza quindici, e per ogni ulteriore sia raddoppiata la multa sta- tuita per la precedente ; se invece si tratti di nobile non handerese, o borghese non artigiano, o di notaro, la multa è stabilita con lo stesso sistema sulla base di venticinque soldi viennesi per la prima contumacia ; se infine trattisi di banderesi, è posta a base la multa (1) V. nel Uh. PapAa gì. 2 aii Lud. V. 10ed£rp.,§ 2, Lud. P. 17: Iìethmann-Hollweo, op. cit., II, § 112. FicKER, op cit., I, p.33. (2) Anche nel diritto canonico era riconosciuta al giudice la facoltà di punire il contumace. Le peno erano pubbliche o private, o frequentissimo, come ò noto, era in tali casi l'uso della scomunica che venne poi moderato dal Concilio tridentino. V. in proposito Mùnchen, op. cit., I, 229, 320 segg., lui segg. KouRNiEB, op. cit., p. ir^G. (3) Const. 1, 99 < Contumacem (cuiuscumque conditionis sit) conventum civiliter vel crinii- naliter accusatum tertia parte honorum mobilium nostro erario inferenda in posterum mulctari cen- semus » . Anche negli Statuti di Pera, tit. 11, Rubr. 22 (Kdiz. V. Promis, Torino 1871, p. 32) De contu- iiiacibus « lUe qui tacitus fuerit et ante me non venerit conferam ei qualibet vice soldos V vel loinus arbitrio meo nisi iusto impedimento vel alia iusta causa stetisset " . Cosi pure negli Statuti di lìivalta (Ediz.CoARETT.^, 1878), Rubr. Dn citatione personaliter et non venerit. » Item statutum est quod si .iliquis citatus fuerit personaliter coram curie Rippalte ut veniat alicui de iustitia responsurus per inincium domini et non venerit solvat prò banipno denarios duodecim seciixinos •> . Il hannum prò fontumacia apparo frequente nella legislazione statutaria italiana. Ficrkr, op. cit., I, iOl. Negli Statuti
  • nsiglio ed ai Giudici di obbligare gli avvocati a prestare il loro consiglio e di distri- liuirli fra le parti, sotto pena, per chi non obbedisca, di temporanea interdizione o di multa, a meno che non possa allegare, con giuramento, una giusta causa del proprio rifiuto (3). Più notevole ancora, come si è avvertito, è l'altra disposizione, parimente relativa all'avvocatura, alla quale il Principe stesso dovette annettere particolare importanza, })OÌchè volle che fosse scritta prima fra tutte nel suo Statuto. Con essa fu introdotto per la prima volta in Savoia l'avvocato dei poveri. Poiché molte volte avviene (è ivi detto), e ])uò avvenire in futuro, che persone povere e miserabili abbiano ad essere imjìlicate in liti f) come parte attrice o convenuta, e non possano né agendo né difendendosi tutelare il proprio diritto a motivo della loro povertà , il Conte di Savoia vuole statuire che nella città di Ciamberì risieda un giureconsulto, il quale sarà avvocato dei poveri nelle cause e per tutti gli altri atti giudiziari! , ed a cui il conte assegnerà uno stipendio ammo (4). Di questa istituzione pietosa che ebbe secoli di vita e lasciò di sé nobili memorie si possono a nostro avviso i-intracciare le più remote origini in certi ordinamenti delle leggi barbariche (5). Infatti in un Capitolare franco è chiaramente espresso il principio che alle vedove , ai })upilli. ed ai poveri debba nei giudizii dai-si un avvocato che ne esponga e ne sostenga le lagioni (6). Quel principio dettato da un sentimento d'umanità penetrò nella legislazione medio- evale italiana, e seppe assumervi qua e là forma più concreta e determinata. Le leggi di (1) L. 7, C. De postulando 2, 6. « Providendum est ne hi, quos in foro aut meritum nobilisaimos fi'cit aut vetustas in una parte consistant, aliam a rudibus atque tironibus necesso sit sustineri. |j t , .\tque ideo si in uno auditorio duo tintura prae ceteris fuerint vel plures quorum fama sit hilarior, in iudicantis officio sit ut par causidicorum distributio fiat ut aequae sint partibus auxilium sin- f;ulorum et aequa divisio procedat». . eliche la legislazione ecclesiastica provvide a che una delle parti non si accaparrasse tutti i procuratori di un tribunale. Syn. Cantuar. e. 18 (a. i^S&). Labbé, XI, r412. V. FOURNIEK, op. cit., p 38. {i) Nella carta di Payerne del 1347 a. 21 (Fokel, op. cit., p. 99) similmente è disposto: ..." Quoties- cumque aliquis burgensis questionem habuerit coram advocato contra alium et consilium reperire non potuerit, quod advocatus et consules Paterniaci de Consilio petenti providere teneantur » (3' C. 28. La ragione di questo disposto non può essere ohe l'identica che l'ha suggerita nel diritto romano e che ai suoi tempi ripeteva Fabro (Cod. Ili, 4, 1) Cum advocationis itemque procuratorie fifficiura publicum magis sit quam privatum, ot nocessarium potius quara voluntarium ; siquidora invitis i|uoque advocatis et procuratoribus postulandi procurandique necessitas iniungi potest ». Ibid. 4, 3. ( Hodie quisquis procurator sit in aliquo tribunali aut ailvocatus proprio su astringit iureiurando quod petenti cuilìbet, si nulla erit excusatio, p.itrocinium voi oporam suam sit praestiturus ». ;4) CI. (5) V. Gli Slattiti di Pietro II, n. 51. (6) Cap.a. 817. Aei;. rtrfrf. I, 3 (M.G.L.II, .HI), De viduis et pupillis et pauperibus. « Comes iìXoa ve! illas adiuvet dando eis taloni hominem qui ralionora eorum teneat et prò eis loquatur ». E appena necessario però di avvertire, come il ministero dell'avvocato s'intendesse, a quel tempo, in modo assai diverso da quello che nell'epoca romana e nella presente. PER CESARE NANI 119 Pederico II (1) e gli Statuti di varii Comuni (2) lo accolsero, e gli diedero quale in un modo, quale in un altro più acconcio svolgimento. Ma allo Statuto di Amedeo VI spetta il merito di avere, creando un Ufficio apposito dei poveri , raggiunto il suo intento in modo più largo ed efficace di ogni altra legge (3). XI. Intoino al modo poi con cui si svolge il giudizio civile non si incontrano che scarse regole nello Statuto. Una di esse è relativa al iusiuranduni calumniac. Anche questo dal diritto romano è passato nel diritto medioevale. Da una semplice facoltà accordata all'attore ed al con- venuto di pretendere dall'avversario una solenne aflfermazione che egli non agisce né si > . (6) V. Endemann, Die Beweislehre des Civilprosesses (Heidelberg, 1860) ^ 107. Gross, Die Betoeis- thcorien im canonischen Prozess, 1 (Wien, 1867), p. 72. (7) L. 2 pr. C. cit utriusque partis viros disertissimos advocatos insinuandum praestare » . U 1, 1. cit. ... € utriusque etiam partis advocati iusiurandum subeunt » . L. 14, J 1 (nell'ediz. Kriiger 4), C. Dej'urf. 3, 1: «Patroni causarum cum lis fuerit contestata .... iuramentura praesteut ». 120 STATUTI DI AMEDEO VI mente (1). Ma forse più tardi qua e là esso era andato o stava per andare in disuso (2) ed è probabilmente per questo motivo che lo Statuto lo sancisce nuovamente dichiarando che gli avvocati delle cause debbano giurare de calumnia secondo la forma di legge (3). Se anche i procuratori sieno tenuti a prestare questo giuramento, il che era contro- vei-ho nella giurisprudenza canonica (4), non è detto nello statuto. Un' altra disposizione riguarda la materia probatoria, e si riferisce più specialmente al giuramento decisorio. A chi e da chi jiuò riferirsi od essere riferito questo giuramento ? Nel diritto romano era profondamente radicata la massima che esso non può versare che sul fatto propri(j di chi deve prestarlo, poiché questi solo si ha certezza che lo conosca pienamente. Qualunque altra persona adunque, fosse pure l'erede od il coniuge, non j)uò essere tenuto a pre- starlo (5). La giurisprudenza medioevale non ha deviato da questo concetto (G), al quale il diritto canonico doveva dimostrar.si singolarmente favorevole, intento come esso era ad eliminare ogni occasione di spergiuro (7), e per siffatto modo esso si è mantenuto in vita nelle leggi infino ai di nostri (8). Ma quella lo ha portato a con.seguenze anche più spinte che non il diritto romano. Perocché fondandosi sopra alcuni frammenti delle Pandette non rettamente interpretati, essa ha ritenuto per un certo tempo, che non si potesse validamente deferire il giuramento da una parte all'altra, benché si trattasse di fatto proprio di quest'ultima, allorquando (I) BiiLtìAR. Dejud., ^ 3. « Advocati post litem contsstatam religione iureiurandi arctaudi sunt, quod omni viitute sua onmique ope , quod verum et iustum existiraavcrint id suo litigatori inferri procurent, iiihil, quod sibi possibile est de industria relinquentes •. .\nche lo Statuto di l'era imponeva il iur.de cai. al procuratore, I Rubr. 28. < Et quilibet procurator ordinatus in causis seu qui in alìqua causa interveniet possit et toneatur iurare de calumpnia et respoudere in animam suani si requiratur per partem adversam». Nella Practica Ord.jud. di Ottone Pavese alla Rubr. De advocatis, e. 8, è riferito il contenuto del giuramento che essi dovevano prestare all'inizio della lite. (3) Cfn-to ai suoi tempi osservava Dionisio GoTOKREno (in nota alla 1.?, I,cit). .. « in consuetudine non habetur quod iuretur, licet lege caveatur ». Nella Praxis di Bartolomeo Brunazio (Venezia 1567) non se ne fa più parola. (3) C. 30. (4) "V. Endem.^nn, Be^reislehre, p. 533. (5) Paulus II, 1, § 4. a Heredi eius cum quo contractum est, iusiurandum deferri non potest quoniam oontractum ignorare potest ». L. 1 1 , § 2, D. De art. rer. amot. 25,2 «... pater .... amoventis iurare non cogitur, cum iniquum sit de alieno facto alium iurare; is ergo cogitur iurare qui amisisse dicitur et idcirco nec hores eius qui quaeve amovisse dicotur, iurare cogetup". V. in proposito Saviost, Sy- .liem, VII, p.04. (6) DuRANT. .?pec. Il , De iuram.del. n.7. Gross, op. cit., II (Innspruck, 1880), p.75, 248. (7) È noto come il giuramento decisorio avesse nel diritto canonico essenzialmente il carattere di una prova sussidiaria, comò risulta dal e. 2, X, De probat. 2, 19; che anzi vi fu epoca in cui la scuola italiana lo trattò come una probatio irregularis, limitandone l'applicazione e scemandone l'impoi-tanza. 'Alla scuola francese, a Donello o Cuiacio sopratutto, è dovuto se il giuramento decisorio ricomparve nella teoria e nella pratica, in quella forma stessa che aveva assunto nel diritto romano. (8) Mentre in (Jermania accanto al iura>nentnm de veritate andava sviluppandosi il iur. de credulilale, nel diritto sabaudo-piemontoso serbavasi inalterato il concetto romano. Fabro (cod.IV, 1 dcf 18) inse- gnava: >i De alieno (facto) iurare nemo cogendus est periurii raetu » ed ancora Bertolotti, Istit. di dir. eiv (Torino, 18271, IV, 343, ripeteva la regola: n Quisque iurat de facto suo. >> Più tardi però ilCod.civ. albertino (art. 1474) ammetteva (seguito in ciò dal Cod.civ.it. a. 1365) il giuramento anche sulla semplice notizia di un fatto. Per contro il Codice napoleonico apparentemente non si è discostato dal rigore del dir. romano (art. 1359) ma ha introdotto una eccezione coli' art. 2275 in base al quale il giuramento sulla semplice notizia è invalso nella pratica. V. Marcadè, Explic. etc. a. i;i5U-l;!60. Mattirolo, Eletn. di dir.giud.. Il (Torino, 1876), p.3l2. n. 1. PER CESARE NANI 121 questa non avesse potuto a sua volta riferirlo (1). Uno studio esagerato di mantenere per- fettamente uguale la condizione delle parti litiganti aveva condotto a (juesto assurdo, di escludere il giuramento decisorio in un gran numero di casi nei quali niun pericolo poteva sorgere dall' ammetterlo. Ora il nostro Statuto riproduce esattamente lo stato della giurisprudenza in quel- l'epoca, circa a questo argomento. Esso, quasi a modo d'interiiretazione di un frammento delle Pandette (2). enuncia anzitutto la massima, che solo le persone che abbiano contrattato fra di loro o stretto qualsivoglia negozio giuridico possano mutuamente deferirsi e riferirsi il giuramento decisorio. In secondo luogo proibisce ai loro successori universali o singolari di valersene. Ma il divieto non è concepito in modo che il giuramento non possa riferirsi solo ali 'erede di colui del quale è proprio il fatto, nel qual caso si avrebbe nuUa di più che (juanto già era stabilito dal diritto romano. 11 divieto per contro è esjiresso in modo gene- l'ale, per forma che neppure gli eredi d' un contraente possano deferire il giuramento all'altro contraente ancora in vita. Che tale sia la estensione del divieto è fatto anche meglio palese dalla eccezione che segue immediatamente. Se cioè si tratti di eredi che abbiano lite con chi abbia gerito un affare del loro autore , quelli hanno facoltà di deferirgli il giuramento decisorio. Di regola non lo potrebbero, [lerchè il loro avversario non avrebbe il diritto di riferire loro il giuramento deferitogli, ma per considerazioni speciali il legislatore ha in loro favore derogato al rigore della massima generale (3). xa. Il rendere quanto più possibile spedito il corso delle cause era stato uno degli intenti |)iincipali che si era proposto Pietro II nell 'emanare il suo statuto ; ed a questo scopo mirò pure Amedeo VI (4). Non è qui il luogo di ricordare per quali cause il processo in quell'epoca, essendosi moltiplicate le formalità ed i termini, fosse venuto allungandosi oltre ogni discreta misura, per guisa che lo studio dei legislatori dovette rivolgersi a cercare i modi clie potessero condurre ad abbreviarlo (5). Per lo appunto nelle leggi di Pietro II si possono ravvisare i (irimi timidi tentativi di introdun-e in luogo dell'ordinario procedimento un'altra forma meno lenta di giudizio. Essi corrispondevano allo stato delle idee di quell'epoca, nella (juale incominciava appena a manifestarsi nelle curie ecclesiastiche e nelle secolari una tendenza a spogliare il processo, specialmente riguardo a certe cause . di alcune di quelle (1) Tale era la tporia di Natta Cons. XXXV, 1, . Quia iura semper cooiungunt delationi relationem et cogunt reuni iurare vel defeire » , non peiò di Cbavetta Cons. 203. V. in proposito Menoch. De arbitr iud.W, Cent. II, e. 189, 7. Pothier, Tratt. delle obbl., n.9f3. (2) E la 1.38 V.Re iureiur. 12. 1. « Manifestae turpitudinis et confessionis est nelle nec iurare nec inramentum referre » . (3) C. 31. Ecco la disposizione finale di questo capo che ò alquanto oscura... .. nisi fiat delatio por successores alteri, cuius persona gessisset negotium, non autem e centra ». (4) E detto nel preambolo dello Statuto : « Desiderio desiderans verum breve atque rectum et imma- culatum intercius subditos fieri facere ac {cum?) per lungura iudiciorum tractum dicti subiecti sum- tibus et latoribus praegravantur. . ..». (5) V. Gli StattUi di Pietro II, § III, IV. Serie II. Tom. XXXIV. 16 122 STATUTI DI AMKDEO TI formalità che meno erano necessarie e maggiormente lo impacciayano e ne ritardavano lo svolgimento. Dopo d' allora , segnatamente in seguito alla promulgazione della celebre Decretale Sucpe dell'anno 1306 di Clemente V (1), e della Disprndiomm dell'amia l:!!! dello stesso Pontefice (2), si era completata in ogni sua parte la teoria del processo accelerato. Mentre il processo sommario (che ha per iscopo di anivare non già ad una sentenza defi- nitiva . ma solo ad un provvedimento temporaneo nei suoi eifetti). procedeva nel diritto medioevale direttamente dal siitiniKithii roijuoacerc del diritto romano (3). il procedimento che si svolge de plano, sine strcpitu et figura iudicii. se può avere qualche analogia colla procedura indicata per gli interdetti per le cause di poco momento o pei- quelle di eccle- siastici portate dinanzi al tribunale vescovile . è .però nel suo compless■. (6) Le quali però generalmente prescrivevano termini più brevi. Così ad es. nelle Costituzioni 8Ìcule,iVor. Const. I, 52 (IIuu,i.\bd-Breholles IV, 190)-." lustitiarii. . .causas ordinarias iudicio audiant et exarainent et dncidant infra triraestris temporis spatiuni •. Ibid. 1 , 76. " Umnes baiuli locorum et iudices causas in eorum iudiciis inchoatas infra bimeslris temporis spatium a diecitationisemisse definiant nisi pi-obationes ex longinquo petantur , sacramento specialiter super hoc prestito per petentem , vel alia manifestissima causa sit, propter quam causam infra predictum terminum finiri non possit ». V. le disposizioni di varii Statuti a questo riguardo in Del Vecchio, op. cit., p. 132, n. 3. Per contro lo Statuto di Pera assegnava come ordinario il termine di un anno. I. Rubr. Wl. De terminandis et abreviandis causis uUa occasione possit concedi vel duri dilacio alieni qua causa prolongelur ultra annum a die litis contestate et mensem nisi de ambarum parcium voluntate n. (1) L'azione qui prende il nome di petitio . perchè con tal nomo la si designava nel processo accelerato. Scaccia, De iud. 1, e. 53. Bnobmann, Cioilpr., p. 1032, n. 28. PER CESARE NANI 12H per altra giusta causa non possano entro quel termine essere esaurite , ne dovrà essere fatto c«nno nei registri della curia (1). Infine, quanto alla esecuzione della sentenza, risulta dallo Statuto che essa è affidata ai castellani ed ai loro subalterni, i mistrali (2). ZIII. Kestando ancora nell'ordine dei giudizii civili, vogliono qui essere esaminati due pro- cedimenti speciali, dei quali è pur cenno nello Statuto. L'uno è ({uello che si riferisce agli istrumenti sigillati. La base di questo procedimentf), (Ih- corrisponde esattamente a quello esecutivo in forza degli istrumenti muniti della clau- solii di guarentigia, la quale era in quell'epoca in uso in Italia e fuori d'Italia, era stata jiosta già iU(jlto tempo prima da Pietro II (3), e lo Statuto nostro lo ricorda espressa- mente (rt. ad L. 4 D. De re iud. 4 t ... si intra tantum tempus possit expediri ista exceptio, intra quod ista executio espediretur , si nulla exceptio fuisset opposita, dicitur fieri incontinenti. Ant. De Canario, De exec . instr. 19. (1) Bald. ad. 1. 1, 0. Ne filius prò patre 9, « viso instruinento et citatione non praemissa ■> . Iìe.n. Di Barzis, De puarentigia p. 1, quae. 8, ■> statini viso instruraento otiam non citata parte n. (2) Tutt'al più, può il giudice nell'emanare il precetto riservare le eccezioni del debitore, da farai valere nel termine stabilito dalla legge. Q. De Suzaria, Tract. de guar. instr. 47 «... Postea index in exequendo praeceptum guarentigiao praecepit dicto Arrigo quod deberet dare florenos auri illinc ad diem, reservatis sibi olim exceptionibus, si quas vellet opponere » . (3) DuRANT., Spec. 11, III, De execut. seni., 5 ">, n. 1, « si vult executionem potere, petat hoc iudicis officio et sine libello..." Cynus ad 1. 13. C. famil. hercis.u... per quemcumque modum 6mis8a confessione habet locum officium iudicis, quod paratam habet executionem n. Cì. De Suzarpa 21 u ...conti- notur in Statuto quod de instrumentis continuntìbus guarentigiam dobeat sine libello cognosci. 32... qui habot iuiii certa numquid sino libello mandat sententiam exequutionì .' et videtur quod sic ». Brieoleb, Exec. Urk. pag. 108. (4) Bart. in L. 15, Jj 2. D. De re iud a quaero . . . autequam iudex praecipiat executionem fieri an dubeat pars citari? Dicunt doctores nostri ijuod dobct citiri pars et sibi terminus competena assi- gnari ad ostendondum quare non debeat executìoni mandari ... k. Brucoleu, op. cit. p. 112, n. 7. PER CESARE NANI 125. cutivo si apparecchia a diventare niente altro che una nuova forma di quelle causac siim- niurkic (1) proprie del diritto medioevale italiano. E di questa trasformazione, che si è operata precisamente nei secoli XIV e X^'. rende testimonianza anche il nostro Statuto. Infatti, esso vuole che quando alcuno intende di procedere all'esecuzione in hase ad un atto sigillato, debba anzitutto citare il debitore con invito di addurre ([uelle eccezioni che creda competergli contro il medesimo. Se il debitore presentandosi non ne accampa nessuna, allora il giudice ordinerà che si passi immediata- mente alla esecuzione. Se non si presenta, sarà citato una seconda volta, e mantenendosi anche questa volta contumace, la sua contumacia equivarrà alla confessione della mancanza di ogni eccezione. Che se in conseguenza della prima o della seconda citazione, comparendo (lavanti al (,'onsiglio od al giudice ordinario , solleverà alcuna delle eccezioni indicate dalla legge, gli si dovrà assegnare un termine sufficiente perchè la provi, regolando però le cose in modo, che la causa non abbia a durare più di tre mesi. E se dalla sentenza che sarà in seguito emanata egb" vorrà ricorrere per via di appeUo o di supplica, il giu- dizio in questa imova istanza non dovi'à mai durare pifi di due mesi. A garantire la osservanza di questi termini viene comminata al magistrato, per ogni giorno di ritardo, la pena di 20 soldi forti (2). Colla citazione adunque, per eft'etto di questa disposizione, si apre un vero giudizio, che si distingue dagli altri ordinaiii f)ei- la maggiore brevità del tempo entro cui deve essere condotto a fine, e così pui-e pei termini assegnati onde fare le prove , ma che come (Igni altio giudizio mette capo ad una s(!nt<^nza. la quale può essere combattuta coi mezzi oidinarii. A questo modo sono risolte alcune questioni a cui necessariamente doveva dai- luogo il processo esecutivo, dopo che si era spogliato del suo antico carattere. Perocché, offerto il campo al debitore di opporre un numero grande di eccezioni, domandavasi entro (|u;d tempo dovianno (jueste discutersi? La dottrina cercava di risolvere la rpiestione distin- guendo fra le vari(! specie di eccezioni ed assegnando a ciascuna un termine^ diverso entro cui dovesse esaurii-si (3). Ammesso il contraddittorio fra creditore e debitore prima che emanasse il precetto di pagamento, per guisa che il decreto del giudice veniva ad assumere il carattere di una vera sentenza, sorgeva il dubbio, se contro quello potesse proporsi o no l'appello. Né gli autori erano d'accordo nel risolverlo. Si era ritenuto da|)priiicipio che non fosse neppiu- luogo a pailare d'appello in questo caso (4). Questa opinione così a.ssoluta doveva, a misura che veniva alterandosi la natura del procedimento, per la forza stessa dello cose via via modificarsi, ed anche qui si erano introdotte eccezioni e distinzioni (5). (1) Per lo appunto Tartagno (Cous. Si') appellava sill'atla procedura executwa et summnria; ed il f'oNTANO (Cons. 137) avvertiva: » nil . . . est instrumentum guarentigiae clausulam continere et con- sequenter habere paratam executionem, nisi quod vigore eius competit exaetio sine strepita et figura ìiidicii » . (2) C. 27. (3) V. A. De Canakio 19, "20. (4) BoATERius Exp. ad C. IH De debit. et credit, [nei Coian\. aXV Aurora di Rol. F^assau.) Rubr. /n5-iiperiorem tenet appelUtio etiam a mero executorn interposita >■ . (1) C. 29. (2) Federico li nelle suo leggi non abbandona intieramonte questo punto di vista, volendo, come dice egli sfesso, prendere una via di mezzo fra il diritto longobardo ed il comune. Const. I, ?.t (Huillard- Iìkehollks IV, 27) Statuentos ut si quis per violontiam ile>tituerit aliqueni rei immobili» poeses- sdiem, possessione cum legitimis obvonlionibus omnibus (primitus) restituta violentuni vel univer- Kalviii successoiem eius in niedietate estimationis rei in qua violentiara commisisse probatur, miilrtandum osse censemus » . (3) V. Gli Statai di Pietro II . i X. (4) Bruns. , Dos heutigc ròtnische licchl (in Holt/.bndori'k.s Encyctopddie), p 383. (5) Rruns., Dns Recht des Besiltes im MiUelaUcr und in der Gdgmtoarl (Tiibingen, 1848), p. Oi. l'ER CESARE NANI 127 Neppure per altro lato potrebbe ritenersi che qui sia figurata la condictio ex canone. l'azione di spoglio del diritto canonico, che si era venuta formando nel secolo XIII ed era già nel secolo XIV in pieno vigore. Vero è che nella larghezza della formula di cui si vale la legge nulla impedisce di suppon-e che non soltanto il proprietario, non soltanto il possessore . ma eziandio il semplice detentore possa ricorrere al giudice e che anche quando la cosa non sia più in mano dello spogliatore, ma ritenuta da un terzo, possa collo stesso mezzo ottenersi la restituzione ; ne è assolutamente esclusa la ipotesi che i mobili al pari degli immobili siano compresi nella sua dis|iosizioue. Ma non vuol essere dimenti- cato che la romlìct/o rx atvime è pur sempre un'azione che è proposta in contraddittorio dell'interessato e che dà luogo ad un processo sommario (1). La disposizione inve.ce che stiamo esaminando si spiega a nostro avviso tenendo conto di un nuovo concetto che in (juell'epoca appunto incominciava a manifestarsi nel diritto canonico, in fatto di diritto possessorio. Indipendentemente dal giudizio possessorio, prima ancora che esso si aprisse e mentre era hi corso, potevano darsi casi in cui fosse conveniente che di propria autorità il giudice si infianunettesse nella controversia, dando i provvedimenti che riputasse più opportuni iiitoino alla cosa il cui po.ssesso era contrastato. Ciò avveniva specialnuuite. allorcliè fosse a temere che i contendenti adoperassero la forza per fai- valere le loro pretese, anziché licurrere alle vie legali ed attendere l'esito di un regolare giudizio (2). Intanto il principio era posto. Di (jui doveva (liù tai'di svilupparsi il posaessorìuni sunimariisshmmi. Nel nostro Statuto esso assume invece una forma speciale, e si esplica come un ]3rovvpdimento dato nell'interesse deirordiiie pubblico offeso da un atto ingiusto, onde possono derivare anche maggiori danni. Ma perché (jucl provvcdiinentn sìm attuato è necessaria una condizione, cioè la notorietà del fatto dello spoglio. Qui l'impronta del diritto canonico è evidente. La teoria del notorio non è sorta nel diritto romano. Fu il diiitto gennanico che alla notorietx^ del fatto diede speciale impor- tanza, riguardo al modo con cui il giudizio doveva svolgei-si. Ciò che era conosciuto dal giudice, ciò che era a pubblica notizia non aveva d'uopo d'essere provato, quindi niuna necessità di mettere in opera gli ordinari! mezzi di prova (3). E questa medesima idea dal germanico fu • verosimilmente trasportata nel diritto canonico, e vi fu elaborata tanto che ne risultò una teoria completa. Nei giudizi così civili che criminali diventò principio fonda- mentale che il fatto notorio esimesse dall'obbligo della prova, perforala che il procedimento, sotto questo rispetto, ebbe ad assumei'e una foi'uia speciale (4). Ma da (piali circostanze {1; Bruns., T)as lierM etc; p. 231 ; Endemann, '.'ivilpr., p. 1U79. (2) Il giudice interviene si ibi est timor armorum. La dottrina poi cei-cava «li giu.stifìcare questa intromissione del magistrato, richiamandosi, in questo, come in altri casi in cui volevasi far passare [)ei- antica una teoria prettamente nuova, ad una legge romana e precisamente alla L. 13, S 3 D. Da usufructu 7, I. DuRANT. 11. De petit, et possessore § 1, u. 38; IV. De tib.concept., 5 9, u. 14. Io. Andr. ad h. t. s. V. § I, in fine. Cons. in propos<. « Clerici Curiarum vel etiaiii alii commissarii " cfr. C. 3.5. Dove il passo € . . . quilibet cloricus Curiae, vel in cuius officio fiat in()uisitio actae etiam specialis commissarius alìcuius inquisiiionis • ò evidentemente corrotto per isbaglio del copista, e mi pare che possa ristabilirsi così n . . . quilibet cloricus Curiae, vel in cuius officio fiat inquisitio, ac etiam specialis commissarius alicuius inquisitionis ». Nello stosso C. « cloricus Curiae vel inquisitor alius ". Secondo lo Costituzioni sicule l'inquiaiziono era fatta dal Giustiziere. Const. 1, 53. {T: C. 62. (41 C. 38. (5) C. 35. (0) Questa singolarità nel procedimento inquisitorio fu creata dai canonisti sul fondamento del e. 19, X. De acc. 5, 1 «... quod si ad inquisilionem fieret procedendum praedictos vel alios quos ipsius constiterit esse iniraicos nec ad prosequendum inquisilionem nec ad perhibendum testimonium centra ipsum Episcopum ailiiiittatis >i. Una glossa cit. da Varoiu (op. cit., p. 81\ « In inquisitione non est actor. Si tanieu iiliqni.s volit crimen probare admitt;itur, non ut advorsarius sed tamquam adiutor ad inquisitiononi oxpedioiidam ». V, Bienkr, op. cit., 58, 60. (jross, op. cit., II, 118. Kournikr, £75. Presto la stessa particolarità passò nella pratica dei tribunali laici. Già Durantk, III, I, De inquis., J) 3, n. 31, trattava deU'mi^uisid'o aliquo promoventc. (7) C. 38 ad fulciendum scu probandum suam donunciationem, suggestiouem vel clamam >. (8) C. 38 in fine. PKR CESARE NANI 131 l'inchiesta si è ag^rata ed i nomi e le deposizioni dei testi già interrogati. Questo è uno dei principii fondamentali dell'inquisizione canonica (1), che si mantiene in vigore anche nelle inquisizioni dei tribunali secolari (2). Secondo il nostro Statuto, quando il reo sia stato lasciato in piena libertà fino a questo punto del processo (ed egli può ottenerla, mediante cauzione), lo si cita a comparire davanti al tribunale (3). La citazione è fatta in persona, se è possibile; se ciò non è possibile, alla casa dove il reo abitava al tempo del commesso delitto, oppure per mezzo di pubblico banditore nel luogo in cui quello fu perpetrato. Nella citazione infine sarà prefisso al reo un termine suffi- ciente per comparire (4). Ma non solamente il reo. anche la parte fiscale ha da intervenire in questo se- condo stadio del processo. Perciò gli atti sono dall'inquirente consegnati anzi tutto al Procuratore della giu- dicatura, entro il termine di cinque giorni, dopo che la istruzione sia compiuta, perchè gli esamini dentro uno stesso intervallo di tempo e li restituisca con quei supplementi od aggiunte che reputi del caso (5). La sua funzione adunque si restringe a fornire nuovi elementi al processo, egli non è ancora, come fu molto più tardi in Savoia ed in Italia, l'accusatore pubblico. In seguito, pure nel termine di cinque giorni, è ofiFerta copia degli atti all'inqui- sito (G), il quale {)uò anche acquistarla pagando una somma determinata in base ad una tariffa che è stanziata dallo Statuto stesso (7) e gli si assegna un intervallo di tempo di trenta giorni per fare le sue difese (8). Tanto il procuratore del fisco, quanto il chierico od il «tommissario, che non osservino i termini fissati dalla legge, sono puniti colla multa di quattro soldii forti per ogni giorno di ritardo (9). (1) 0. 24, X, De acc. 5, I. o Debet igìtur esse praesons is, centra quem facienda est inquisitio, nisi se por contumaciam absentaverit , et expononda sunt ei illa capitala de quibus fueiit inquirondum ut i'acultatem haboat defendendi se ipsum et non sDlura dicla sed etiam nomina ipsa testiiim sunt ei (ut quid et a quo sit dictum appareal) publicanda, noe non excoptiones logitimae admittendae ; no per sup- pressionein nominum infamandi, por exceptionum vero exclusionem deponendi falsura audacia prao- beatur ». Ibid. e. l'6. Bonauuida Summa, 1'. Il, t. 3"), (Junliter iste cantra quem inquiritur se defendat «... peto ante omnia edi et in scriptis dari capitula sive arficulos de quibus vultis procedere centra me ad inquirenduni et me assoritis infamatum, ut possim me defendore, et tempus ad deliberandum peto ». (2) C. ^\. Es. di cauzione di non allontanarsi in attesa di precesso, Prot. 409, f. ;'94; e nel prot. 101, f. 101 (a. 1372) di cauzione prestata da un terzo per un detenuto nella Curia del Conte. Nello Statuto di Rivalla ora esplicitamente stabilito, Rubr. Quod Dominus Ri p palle non capiat aliquem volens dare fideiubxorem. • . . . quod Dominus Rippalte non possif noe doboat capoi'e aliquam persnnam de Rippalta quo potuerit voi voluorit dare ydonoos fuleiubxores do parendi iuri coram eo secundum inquisitionem tUctam ex officio suo nisi essst prò aliquo magno maleficio scilicet prò honiicidio vel furtu vel sinniles capiantur homines ». Cfr. Statuti di Riva (Trento )8G(), 3 voi. e. 36. (3) E preci.samonte a questo punto che nella pratica italiana di quell'epoca si citava il reo. (4) 0. 33. (5) C. ». (6) E ciò che nella pratica italiana dicevasi la comunicazione al reo, della charta o libellus inqui- sitionis. (7) C.36. (8) C. 35, 38. E da avvertire però, che, se non ò incorso qualche errore nella copia del nostro Statuto, esisterebbe su questo punto una contraddizione fra i due capi. Infatti mentre il primo dice « .... sibi terminum peremptorium triginta dierum et plus assignari prò suis defensionibus faciendis» nel secondo invoco trovo « et terminum triginta diorum vel minus quem vellet inculpatus ad hoc sibi assignare u. (&) C.35 in fine. J32 STATUTI DI AMEDEO VI Ora, come si svolge la difesa dell'inquisito ? Anzi tutto occorre stabilire quali dei fatti che risultassero dalle informazioni raccolte egli accetti per veri . e quali egli contesti. Perciò è inteiTogato, dà le sue risposte affennando o negando secondo il caso (1), e per tal modo prepara il terreno su cui dovrà aggirarsi la sua difesa. Sia che impugni le circostanze di fatto che consterebbero a suo carico, sia che egli ne adduca di nuove a sua difesa (2), è ammesso a dare le prove occorrenti. Quindi si oppongono prove a prove, testimoni a difesa a testimoni d'accusa. Le forme rigorose che in materia probatoria sono introdotte nel processo civile sono escluse dal processo criminale (3). La separazione stessa fra il processo informativo ed il processo offensivo e difensivo non è così assoluta, che nel dibattimento delle prove disegnandosi nuovi punti di fatto non prima avvertiti, non possa riaprirsi l'istruzione per chiarirli mediante nuove prove. È detto infatti nello Statuto che anche dopo la pubblicazione delle difese può il giudice procedere ad un supplemento d'inquisizione (4). Similmente è indifferente che le depo- sizioni dei testimonii seguano o precedano le risposte del reo (5). Non sono necessarie ne la conclusione, ne la rinuncia (6), e l'invito a sentire la sentenza basta sia fatto per mezzo di pubblico banditore, non richiedendosi veruna citazione od assegnazione speciale al reo (7). Questi sono i principii fondamentali secondo cui si regolava la inquisizione negli Stati di Casa Savoia in quei tempi. Lo Statuto li accenna senza svolgerli, richiamandosi alle pratiche seguite nei tribunali (specialmente nelle terre al di qua dai monti), dove questa forma di processo aveva raggiunto oramai un grado notevole di sviluppo. Dopo che decorso il termine per la difesa il processo inquisitorio è passato per tutte le fasi prescritte, il giudizio deve necessariamente chiudersi colla sentenza. E questa è (f) Brani dì uà interrogatorio penale nel Prot. 47, ff.73, 80. (2) 1 napitula inquisitionis corrispondono esattamente, nella procedura canonica d'inquisizione, agli arlicula ed aUe positiones della procedura civile. Su quelli unicamente ha da restringersi la prova, e. 21, J ì, X, De accusai. 5, I. Gì. ibid. < si solummodo super illis » C 31, X, De simon. 5, 3, gì. ibid. . v. pro- positis 0. DuRANT. Spec. lib. Ili, part. 1 De acquisii.'^ 3, n. 26.M0nchkn, I, 296, Fournier, p. 293. (3) Intorno alle differenze fra la procedura penale e la civile v. Ano. Aret., De maleficiis , Rubr. Qui index dictum processum publicavit. (4) C 60" quod post publicationem defensionum fortificatio inquisitionis fieri possit ». (5) C. 60 " De ordine responsionum et attestationum testium non arcetur sed valeat inqnisitio et procedat sivo responsio sequatur attestationem te.->tiura sive procedat (praecedat) ». (6) C. 60 < Quod renunciatio et conclusio necessaria nullatenus exigantur » . E noto come queste fossero indispensabili nel processo civile : Damas. Summa de ord. iud. tit. 84. « Renunciatione facta alle- gationum et testium iudex ex quo sufficienter instructus fuerit feret sententiam ditfinitivam » Ang. Aret. De maleficiis. Rubr. Super quibus omnibus et singulis. > Licet in civilibus libellis necessaria sit conclusio tamen in criminalibus in accusatione vel inquisitione non est necessaria conclusio ». V. DuRANT, lib. II, part. II, De renunciatione et conclusione, § I. Nelle Costit. siculo Nov. ConstA, 40 (Huillahd-Rbéholles, vi, 6ii). (7) C.60. "Sufficiat piiblica et praeconia notificatio assertnrum iudicum ad sententiam audiendam licet non facta fuerit citatio et assignatio specialia " . La presenza della parte al momento in cui veniva pronunciata la sentenza ritenevasi necessaria già dal diritto romano, L. 60. D. De re jud. 42. 1 . L. 3. 7. C. Quomrido et quando iudex etc. 43, 7 e lo stesso principio vigeva nel dir. canonico e. 2. Clem. De sent. et re iud. 2. 1 1 « Dicine sententia meruit quae a indice in absentem nec citatum legitime . . . promulgata ? .. Damas. Summa, 84 est autem sententia ferenda praesentibus partibus, vel altera parte absento per contumaciara post litem contestatam, alias non feretur Bru.sat. Pmxis Rubr. de cnusae conclusione. Advocatua parlis, quae victoriam expectat curet, ut ante prolationem sen- tentiao citetur adversarius ad sententiam audiendam , et fiat citatio cum additione peremptorii , alias non valet sententia in absentem. PER CESARE NANI 133 pronunciata dal giudice competente nelle assisie che tiene regolarmente, come si è veduto, quattro volte all'anno: soltanto egli ha facoltà di differire la sua pronuncia infino alle prossime assisie, allorquando la gravità del caso o qualche grave dubbio su qualche punto di diritto lo richieda. Ogni ingiusto ritardo è punito colla multa di un fiorino per giorno (1). Onde provvedere a che ogni causa sia chiamata secondo il suo turno, è stabilito che le inquisizioni sieno iscritte nei registri della Cmia, per modo che il giudice le trovi anno- tate per ordine di data, e ciò a pena di sessanta soldi forti (2). Ma se il reo trovasi in istato di arresto, allora non è punto necessario che si aspetti l'epoca delle assisie. Nei dieci giorni successivi a quello in cui od il reo od in suo difetto il denunciante o la parte fiscale ne abbiano fatta istanza, il giudice deve emanare la sen- tenza, a meno che non ne sia impedito da qualche giusta causa, come sarebbe l'assenza per servizio del Principe, l'infermità od altro gi-ave motivo. La pena del contravventore è di cinque soldi forti, per ogni giorno che egli indugi indebitamente (3). XVI. Non sempre però contro il reo si procede in via criminale ed il processo incoato è condotto fino alla sentenza. Tra le miserie che affliggevano la pratica penale di quell'epoca era anche questa, che il delinquente poteva, sborsando una somma di danaro che pattuiva col giudice, sfuggire alla condanna in cui altrimenti sarebbe incorso. In tutta Italia si era diffusa questa trista consuetudine (4) ed anche Savoia ne era infestata (5). La legislazione dei Principi sabaudi, se non intese a sradicarla affatto , provvide però a ridurla entro più stretti confini. Il vecchio Statuto di Edoardo del 13 Maggio 1325, già prima menzionato, fece divieto severo ai balii, ai giudici, ai castellani ed a qualunque altro ufficiale di fare. personalmente o per mezzo d'altri, composizioni riguardo a delitti commessi. Chi trasgi-e- disce l'ordine è punito con multa di dieci lire forti e la composizione è destituita di ogni efficacia (G). Ben è vero che la facoltà, che era tolta per simil modo agli ufficiali, non si intendeva negata al Conte. Lo Statuto nostro però non rinnova il divieto . segno manifesto che in pratica esso non vi era stato osservato; non proibisce le composizioni o concordie, come esso le chiama, ma le circonda di certe formalità, quanto al tempo ed modo e ne esclude assolutamente certi crimini ritenuti di maggiore gravità (7). (1) C. 24. (2) C.39. (3) C.25. (4) V. Pertile, Storia del dir.it. IV {Padova, 1876), J 119. (5) Basta scorrere i protocolli dei notai comitali e ducali per trovarne esempii abbastanza numerosi. Vedasi ad es. Prot. 12. f.30 (a. 1355), prot. 101, ff. 15, 18, 19, 25, 28, 76, 81 (a. 1369). Ne accenna Cibrario, Fin., p. 110, Econ.polAU, 182. (6) Art. 1. Primo quod inhibeatur omnibus Bailyvis, iudicibus et castellanis et omnibus aliis ofiS- cialibus ne ipsi aliquas compositiones super escessibus qualescumque sint faciant per se vel per alium, quod si fecerint compositio nuUius sit momenti, et nichilominus ille qui compositionem fecerit pu- niatur prò qualibet compositionem in decem libras fortes, sed super quibuscumque escessibus et requi- sltionibus pronuntietur per iudicem prout fuerit rationis. (7) Per contro le Costituzioni sicule permettevano ancora le transazioni fra accusato ed accusatore, purché ciò avvenisse prima che fosse contestata la lite. Const. II, 16. 134 STATUTI ni AMEDEO VI Quindi è ordinato che i castellani non possano pattuire concordie intorno a fatti delittuosi se non durante le assisie e dopoché l'inquisizione sia compiuta e riferita nel libro della Curia. In qualunque tempo poi, la concordia deve seguire alla presenza, oltreché del castellano, del giudice, e del procuratore del fisco se si trova in quel luogo (1). Della medesima, non che delle dichiarazioni che l'accompagnino, deve risultare da apposito regi- stro da tenersi dai giudici per essere mostrato, al pari che quello delle condanne, ogni anno ai rettori dei conti (2), ed il chierico della Curia dovrà di propria mano farne annotazione nel registro dove fu inscritta l'inquisizione. Ma non è permesso a nessuno di transigere sopra un crimine che abbia cagionato la morte (3) e neppm'e sopra reati di falso istrumento o carta o scrittui-a, o di falsa testimonianza ; nel qual caso deve applicarsi il rigore del di- ritto, ed al trasgressore è comminata la pena del quadruplo da pagarsi al fisco insieme con quanto abbia ricevuto (4). XVII. Tali erano le nonne in cui, a mente del nostro Statuto, era costituita l'autorità giu- diziaria e si amministrava la giustizia. Ma a quella guisa che non tutta la giurisdizione emanava in quell'epoca dal Prin- cipe, essa non apparteneva unicamente ai tribunali secolaii. Accanto al foro civile si erigeva il foro ecclesiastico, e tra questi due è facile inten- dere come dove.sse sorgere lotta di competenza. Non è qui il luogo di esporre le cause molteplici e vaine onde originavano questi conflitti. Certo è che la estensione che la giurisdizione ecclesiastica aveva preso li rendeva pressoché inevitabili. Anch'essa era incominciata da tenui principii, sotto la forma di un semplice arbitrato, ma si era venuta svolgendo nell'impero romano , e più tardi nell' im- pero franco. Non solamente aveva affennato il suo predominio in modo assoluto rispetto ai chierici, per forma che uessim altro tribunale traime l'ecclesiastico fosse competente a decidere delle loro cause (5) , ma si era estesa eziandio (favorita in ciò dagli stessi litiganti) dalle causae vere spirituales alle cause ecclesiasticae spiritualilms adnexae sivr coniunctar . a quelle miserabilium personaruni, a quelle in cui il fatto di una delle (1) C.47. (2) C.26, 47. (3) C. 47. (4) C. 48. Temperamenti consimili, per lo stesso scopo difenderò meno frequenti e facili le compo- sizioni, introducevansi pure qua e là in varii Stati d'Italia. V. Fertile, l.cit.pp. 4U5. 406. (5) La massima era già stata proclamata dalla legislazione romana e fu più tardi confermata dalla leg^sla/ione imperiale germanica. V. ?Jov. 1 1'3, e. ?1 e l' Authentica Slatuimiis, Cod. de episc. et ckr. (che ò la ConstUxttio in Basilica beati Petri di Federico II a. f2?0, in M. G. L. II, 243). Tuttavia ciò non accadeva senza contrasto, almeno per certe cause, per parte dell'autorità temporale. V. Richter, Lehrbuch des /firc/ienrec/itó^Leipzig, I853Ì. § 192, n. )3, e Beline De^ anciennes iuridictions ecdcsiastiques (oeWa. Revxu- étrangire et francaise di Felix, a. 1843, p 186 segg.). Naturalmente, quando l'attore fosse laico, ma il convenuto ecclesiastico era competente il foro ecclesiastico, giusta la massima acnp. 2. 2 a ... in plerisque parlibus aliter do consuetudine habeatur n. V. su questo punto Friedberg De finium inter Ecclesiam et civilatem regundorum judicio quid Medii Aevi doctores et leges staluerinl { Lipsiae, 1801), p. n:j. PER CESARE NANI 135 parti rivestisse l'aspetto di un peccato, ed interveniva pure qualora il giudice secolare diniegasse o ritardasse la decisione (1). Quindi i limiti che naturalmente la separavano dalla civile tendevano sempre più a scomparire, e si moltiplicavano per la confusione delle due potestà i motivi di litigio (2). La lotta fu lunga ed aspra, specialmente sul punto, se la causa tra due laici che per natma sua avi-ebbe appartenuto alla cognizione del foro laico, potesse validamente, per consenso di ambedue le parti ed anche per volere di una sola, sottrarsi alla giurisdizione laica per sottoporla alla ecclesiastica. Questa poteva invo- care in suo favore una antica legge emanata da Costantino (3), che in verità era stata bentosto abrogata (4) . ma la Chiesa non la riteneva pinva di ogni eflScacia, e più volte fui'ono rinnovati i tentativi onde farla osservare (5). L'autorità secolare vi si oppose (6). ed anche in Savoia non mancano esempi di con- flitti suscitati per tale cagione (7). A farli cessare, il nostro Statuto in due capi di- (1; V. RicHTER, op. 1. cit., IIiNSCHiis Geschìchle ti. Quellen des Kan. Rechls [in Holtzendorkks, Encyclop.), p. MS. Wetzell, op. ci(., p. 338, Friedberg, Lehrb.des Kirchenrechts (Leipiig, )879) p. 169. Id. De fin. etc, p. 110 segg. Fourmer, op. cit., p. 64 segg. (2) Di qui trassero origine le disposi/.ioni che si leggono in più statuti municipali relative alla giurisdizione laica ed ecclesiastica. V. Bethmann-Hollweg, op. cit., VI, 89. Sulle opinioni di Gino da Pistoia intorno ai limiti fra la giurisdizione laica e l'ecclesiastica cons. Chiappelli, Vita e opere giu- ridiche di Cino (Pistoia, 1881 \ p. 134 segg. (3) « Quicumque itaque litem liabens sive possessor sive petitor erit, Inter initia litis vel decursis temporunn curriculis, sive quura negotium peroratur,sive quum iam coeperit pronii sententia, iudicium elegit sacrosanctae legis autistitis, etiamsi alia pars refragatur ad episcopum cum sermone litigantium dirigatur »... (È la XVIIi Consl. Sirtnond. ed Haenel) É noto come la autenticità di questa costituzione sia stata contestata da Gotofredo e da altri molti, ma essa fu dimostrata da Hànel. V. Puchta, Instit. (Leipzig, 1871), p.337. (■4) L. 9, C. De ep. aud. 1 , 4. Nov. Val. 34 pr. (5) Essi risalgono nell'impero franco all'epoca in cui la Chiesa, fino allora legata allo .Stato, cercava di svincolarsene. Nel coinraentario di Floro alla cit. costituzione di Costantino (in Maassen, Ein Com- mentar des Florus von Li/on :u einigen der sogenannten Sirmond'schen. Constitutionen, \\'ien, 1879, p. 26) si legge : '( Christianissimus iste imperator in publico litigantes, etiam si iudicialis iam sententia proferatur, si una pars ad episcopum proclamaverit, continuo etiam nolente alia saeculares ad ecde- siasticum iudicium dirigit. Noster vero praetorialis episcopus ecclesiasticos ad seculare examen ire compellit. Apparet, quantum status ecclesiao dilap.sus sit, quando venerabilius sentit de honore ecclesiae imperator nuper ex pagano conversus quam episcopus ab infantia ecclesiae lacte nutritus •■ . Ed in una poesia dello stesso autore, del ceto ecclesiastico e del secolare si dice : « Semper distinctus duplex hic ordo cucurrit-iudicibusque suis utraque parte viguit •> Nella collezione pseudo-isidoriana ripetevasi la legge di Costantino attribuendola a Teodosio [li 366) ed il passo intiero con identiche parole era riportato nel Decreto e. 37, C. XI, qu. I. « Volumus atque praecipimus ut omnes nostrae dictioni subiecti tam Romani quam Franci , Alemanni, Bavari, Saxones, Turingi, Frisones, Galli, Burgundiones, Britones, Longobardi, Guascones , Beneventani, Gothi , Hispani, ceterique omnes nobis subiecti, quocunque videantur legis vinculo stricti vel consuetudinario connexi more, hanc sententiam quam ex soxtodecimo Theodosii imperatoris libro capitulo videlicet uudecimo, ad interrogata Ablavii ducis, quum illis et omnibus per scripturara misimus et Inter nostra capitula prò lege tenenda consultu omnium fideliuni nostrorum, posuimus, lege cuncti perpetua teneant, id est; Quicumque litem habens, etc». — Ancora Innocenzo HI (e. 13, X. De jud. 2, I) richiama la supposta legge di Teodosio che Carolvs innovavit per inferirne la potestà del giudice ecclesiastico di conoscere almeno in determinati casi di cause che concernessero un ecclesiastico ; sebbene osservi poco appresso « non humanae constitutioni sed divine potius innitamur, quia potestas nostra non est ex homine sed ex Deo, etc. » . (6) Le lotte che si dibatterono in Francia per questa causa da Filippo .\ugusto a Filippo di Valois sono narrate distesamente da Fournier, op.cit., p. 94 segg. V. anche Friedberg, De fin.reg., p. 113. (7) Nei Protocolli de' notai ducali (prot. 38, f. 49, a. 1341) si trova esempio di rimessione di un giudiiabile dal giudice ecclesiastico all'ordinario. Il De Ville, Estat ou abregé delajuslice ecclesias- tique et sécuUbre du paijs de Savoie (Chambéry, 1674), P. 1, liv. 1, chap. Vili, in epoca molto più vicina a noi, tratteggiava i confini della giurisdizione ecclesiastica negli Stati di Savoia. 136 STATUTI DI AMEDEO VI chiara altamente l'incompeteiiza del tribunale ecclesiastico rispetto ai laici nei casi che non siano assegnati alla sua giurisdizione (1). Perciò è prescritto che nessun laico tragga o faccia citare o convenga un altro laico fuori della Curia del Conte per qualsiasi causa che non appartenga alla giurisdizione ecclesiastica. Chi non obbedisce al divieto è punito con multa di cento soldi forti, ed il citato o convenuto che non riveli il fatto al Consiglio od al giudice od al castellano fra dieci giorni dalla citazione o convenzione è punito della stessa pena. Ma occoireva pure ovviare alle frodi con cui si sarebbe cercato di sfuggire all'applicazione del divieto. La più freciuente doveva senza dubbio essere questa, che il laico cedesse ad un chierico la sua obbligazione od azione, per modo che sopra la mede- sima diventasse giudice competente l'autorità ecclesiastica. Severa assai è la disposizione dello Statuto a questo riguardo. Il cedente perde la causa e l'azione e deve pagare cento soldi forti jiel solo fatto che sia seguita la citazione avanti alla Curia ecclesiastica, e quegli contro cui fu fatta la cessione, e citato non rivela, è multato della stessa somma. Che queste prescrizioni abbiano raggiunto il loro scopo, non si può certo affermare, dacché quasi cento anni dopo lo stesso divieto aveva bisogno di essere rinnovato (2). XVIII. Parecchi articoli dello Statuto, come si è visto, contengono minacce di pene a chi contravvenga ad alcuna delle sue disposizioni ; ma è singolare come nessuna si riferisca propriamente al diritto penale. Neppure lo Statuto di Pietro II era ricco di disposizioni in questa parte (3). Il diritto romano (4), e più ancora leggi e consuetudini locali fornivano le norme al giudice quanto alla repressione dei reati. (1) C.54, 55. (2) Un editto del duca Lodovico del 16 febbraio 1462 (pubblicato da F. Saraceno nei Documenti inediti del duca Lodovico, ecc. (Torino, 1876, p. 55) dopo avere lamentato ■■ quam plurimos in dominiis nostris mediate et immediate subditis centra et preter statutorum nostronim et iuris comunis obser- vanciam subditoa nostros, etiara et banneretorura fidelium nostrorum, sin>;ulari qiadam temeritate ad eurias ecclesiasticas et alias alienas dietim trahero et inquietare atquo pretensia contumaciis ceterisque modis satis exquisitis ac dolosis interdici excomraunicarique agravari reagravari et aliis variis terrendis occlesiasticis censuris inuovari facere et obtinero iu causis etiani prophanis « prosegue» vobis (baillivis, iudicibus, procuratoribus, castellanis, clericis curiarum et ceteris officiariis nostris mediatis et iiiime- diatis) et vestrura cuilibet in solidum quantum ad eum spectaverit tenore presentium districte inhi- bemus et sub pena nostre indignacionis vestrorumque privacionis oflìciorura et ulterius centum mar- oharum argenti per quomlibet vestrum vice qualibet qua centra fecerii comictenda et nobis applicanda ne occasionibus premissis in eosdem nostros et dictorura vassellorum nostrorum subdifos aut eorum bona licteras . . . .compulsorias, et de mandato capiendi contra iuris et dictorura statutorum nostrorum mentem a modo cuique concedere audeatis vel presumatis verum concessas per vos quascunque cum inde sequutis universis revocetis Contra autem buiusmodi temerarios vexatores procedatis ad peuas per ius comune et statuta nostra promulgatas advei-sus temerarios litigatores seu contra trabentea subditos nostros vel nostrorum vassellorum ad eurias alienas , excusacionibus quantistibet pariter et exceptioiiibus reiectis et non obstantìbus, et absque cuiusvis alierius expectacioiie mandati > . (3) Tre soli reati esso contemplava, violenza ed ingiuria contro un privato, ingiuria verbale prof- ferita in tribunale, e falso giuramento. (1) Che esso fosse applicato come legge vigente in materia penale risulta dal Prot. ,4, f. 22 dov» 8i contiene una condanna in forza della legge lutia de vi. Che il diritto romano si studiasse in quel- l'epoca in Savoia, risulta anche dal Prot. 32, f. 18, dove è menzionata la vendita di un Digesto fatta per 60 fiorini d'oro. PER CESARE NANI 137 Vuol essere a questo proposito ricordato un antico Statuto , forse il primo Statuto generale che abbia avuto vigore in Piemonte (1), promulgato il 19 ottobre 1318 da Amedeo V e Filippo d'Acaia col consenso dei conti di Masino, di Mazze, di S. Martino, e di Brosso (2j. contro i predoni di strada ed i loro favoreggiatori. In esso è minacciata pena di morte, non meno agli autori della depredazione, che a quelli che vi prestano aiuto. Ognuno degli intervenuti all'atto si obbliga di fare ogni suo potere per catturare i predoni e punirli egli stesso, se la depredazione ebbe luogo sul territorio a se soggetto, o conse- gnarli in mano del signore della teiTa dove quella è succeduta. Eisponsabili della depre- dazione di cui non sia arrestato l'autore sono gli abitanti della villa più vicina al luogo dove essa accadde, i quali per conseguenza debbono indennizzare il derubato del danno e delle spese sofferte. Lo stesso obbligo incontra il signore che abbia dato ricetto ad un predone. L'indennità deve essere pagata entro dieci giorni dal di della denunzia fattane dal Vicario d'Ivrea o di Torino, o dal Balio di Val di Susa, i quali possono eziandio pro- cedere armata mano contro quelli che si rifiutassero di osservare qualunque delle suddette disposizioni. Oltre a ciò i signori ed i nobili sopra nominati dichiarano che presteranno man forte al Conte di Savoia ed al Principe d'Acaia jjerchè lo Statuto abbia la sua ese- cuzione. Però è soggiunto, clie non debbano essei'e trattati quali predoni i nobili canave- sani che abbiano gueira privata fra di loro, quando alcuno di essi tolga ad un altro qualche cosa dieci giorni dopo la diffida, purché ciò non avvenga sulle terre né del Conte uè del Principe. . Interessanti sono nel nostro Statuto le regole intomo al trattamento dei detenuti. A quell'epoca, in Savoia, come in quasi tutta Itaha. Venezia forse sola eccettuata, le carceri erano^ fonti di guadagno per chi ne aveva la custodia (3). Là esse erano tenute dai castel- lani , i quali avevano l'obbligo di alimentare i prigioni e ne riscuotevano mercedi e tasse (4). Appunto perciò era da temere che ne nascessero abusi, o per causa di detenzione arl>itraria o per indebito rila-scio dei detenuti o per esagerate pretese rispetto alle spese del mantenimento. Laonde Amedeo VI cerca di prevenirli, ordinando anzitutto, che ninno possa e-ssere carcerato se non per ispeciale mandato del Conte o del Consiglio o di altro giudice (5), e niuno parimente sia rimesso in libertà se non dietro autorizzazione data da chi ebbe ad ordinare la cattura (G), con ciò però che spetti facoltà al Consiglio di ordinare la scarcerazioni^ del deteiuito. anche quando quella siasi effettuata in seguito a mandato (1) Per tale lo ritiene Cibrario, Origine e progressi, ecc. II, 89. (2) Se ne hanno due edizioni. La prima procurata da Cibrario e D. Promis, Docu>nenti, sigilli e monete appartenenti alla storia della nion. di Savoia (Torino, 1833, p. 258, tratta dall'originale nell'ar- chivio della città d'Ivrea. La seconda da A. Burtolotti nella Miscel'anea di storia italiana t XII (Torino 1871) in appendice allo scritto Convensioni e statuti per l'estirpamento dei berrocieri e ladri del Mon- ferrato , ecc. nei secoli XIII e XIV (p. 812) Si troverà ripubblicato in appendice. (3) V. Ceccuetti, Delle leggi della repubblica Veneta sulte carcerUVenezia, 1866). Pertile, op. cit., V. p. 284 segg. Beltr.^ni-Scalia, Sul governo e sulla riforma delle carceri in Italia (Torino, 1868) spe- cialmente p. 300 e segg. dove sono riferiti gli ordini di parecchi Comuni italiani circa al trattamento dei detenuti. (4) Nel Prot 102, f. 35 due detenuti danno cauzione al castellano di non uscire dalle camere loro assegnate. (Ti) C. 25 in fine, e. 51. (6) Nei Protocolli dei notai ducali (Prot. 32, f. 137 a. 1358), si ha esempio di un ordine del Conte di Savoia di rilasciare in libertà un carcerato. Serie 11. Tom. XXXIV. . 18 138 STATUTI DI AMEDEO VI di altro giudice. Responsabile dell 'adempimento di queste prescrizioni è il padrone anche pel fatto del servo, e la pena è stabilita in dieci lire forti, oltre quella di diritto (1). K poi tariffata la mercede, varia secondo la qualità delle persone, che il castellano ha diritto di pretendere dai detenuti , ed è fatta facoltà a questi ultimi , qualora le vogliano , di provvedersi a proprie spese il mantenimento (2). In questo ultimo caso il prigioniero non ha da pagare che pel letto e pei mobili ; e la tassa è di due denari forti al giorno , se si tratta di semplice agricoltore; di i|uattro,se di semplice borghese od agricoltore di mediocre condizione; di otto od anche meno, se di nobili, avuto riguardo alla loro posi- zione. Se invece il castellano s'incarica del mantenimento, gli si dovrà corrispondere dagli agricoltori ed artigiani un denaro grosso al giorno; da borghesi e notai due; da nobili tre o quattro, a seconda della loro qualità e dignità. Può sorgere controversia intomo a questo punto, ed allora si dovrà stare a quanto verrà ordinato dal Consiglio o dal giudice nella cui giudicatura si trovi il prigione. Tasse speciali, fissate con gli stessi criterii, ha pur diritto il castellano di esigere dai suoi carcerati (3). Ma se protende pi fi che non gli competa, dovrà restituire 1" indebita- mente esatto e pagare per dippiù dieci fiorini per ogni volta al fiisco ; nel che si starà al giuramento di chi ha pagato. XIX. Non sono che quattro gli articoli del nostro Statuto che riguardino il diritto civile, e tutti quattro concernono la tutela e la cura. Non bastano per certo a dare un concetto completo dell'istituto in quell'epoca; ma bastano a dimostrare come anche qui cercassero di fondersi insieme idee romane e idee germaniche, trasformandosi nelle regole del diritto modenio. La distinzione capitale che il diritto romano aveva introdotto fra la tutela e la cura non appare più nello Statuto. È prevalso il concetto germanico che le accomuna sotto un criterio più largo e comprensivo, quello della difesa dei deboli e bisognosi di soc- corso (4), che già si era insinuato nella Glossa (5). Perciò ninna differenza nei modi con cui tutela e cura vengono conferite ed esercitate. Con disposizione generale è statuito che la tutela dei minori {(i) e la cura dei furiosi, prodighi, dementi ed assenti, e dei beni (1) C.51 in fine. (2) A Roma, il carceriere di coloro che stavano rincliiusi nello secrete non poteva esigerò ohe un carlino al giorno per il pranzo ed un altro per la cena ; ma potendo accadere che taluni non pote>^sero o non volesaero spendere tanto si lasciò loro libertà di stabilirò col carcei-iero ì patti che giudicassero più convenienti. La diversità dello carceri poi influiva sul diverso diritto da pagarsi A Lucca invece era la maggiore o la minore graviti^ del > luro ....quod non sum homo alicuius Marchionis, vel vassallus, vel Comitis, vel Comitissae de Lombardia, exceptis comitibus de Lumello, si fuerint notarii et Episcopi Astensis >. Una analoga disposizione si trova nelle Costituzioni sicule. Const. 1, 79 « nuUus iudex vel notarius publicus, nisi sit de demanio et homo demanii, statuitur, ita quod nulli sit survitìo vel conditioni subiectus, nec alicui alii personae ecclesiasticae vel sueculari ; sed immediate nobis tantummodo teueatur » . PER CESARE NANI 141 ben due volte in due distinti articoli (1). è ripetuto quest'ordine; ma fra questi è da no- tare una contraddizione. Infatti in uno di essi (e. 34) è statuito, che gl'istrumenti ricevuti dal notaio non giurato sieno colpiti di nullità ; nell'altro invece (e. 45) la validità di tale atto è esplicitamente riconosciuta, ma viene inflitta una grave multa (100 soldi forti) al notaio. Se non si ha da supporre qui qualche errore incorso dal copista, la contraddi- zione non si potrebbe spiegare se non ritenendo essere le due disposizioni emanate in epoclie diverse, o per paesi diversi. Ad ogni modo, è notevole come, anche sotto questo aspetto, la monarchia cerchi di esercitare essa sola quei poteri che piima altre autorità le contendevano o dividevano con lei. Gli Statuti di Pietro II si limitano a dar norme pei notai che ricevono il loro ufficio dal Principe : quelli di Amedeo VI non riconoscono che questi. Perciò a quelli nominati dai conti di Lomello. forse pei- diritto discendente dall'antica carica di Conte palatino (2). dalle numerose famiglie a cui gl'imperatori concedevano questa facoltà (3) negli Stati della monarchia di Savoia, non restava che un titolo puramente onorifico, se non facevano atto di sommissione al Principe. Il modo con cui i notai procedono alla i-edazione degli atti non differisce gran che da quello che consta essere stato anteriormente in vigore (4). Di ogni istrumento si stende anzitutto la minuta (hi lirniatura) ; poi nel teimine di trenta giorni lo si ti-ascrive com- pleto {incorporare ad plenum) nel registro o protocollo, d'onde si levano le copie in foima pubblica (■)). Per la trascrizione delle note ricevute prima della data della pubblicazione dello Statuto è accordato il temiine di due mesi. Ai segretarii del Conto però è concesso un termine pifi lungo per procedervi , ossia di sei mesi tanto per le abbreviature redatte prima, come jjer quelle redatte dopo che lo Statuto sia entrato in vigore. La pena del con- travventore è però sempre . se non possa addune qualche legittimo motivo di scusa , di quaranta soldi forti (6). Allorquando un notaio venga a morire è prescritto che i suoi minutarii non possano cedersi a chiunque perchè li venda; ma a chi, per essere notaio egli stesso o coadiutore (7). possa levare copia degli istrumenti. Neppure possono consegnarsi a qualunque notaio, ma, per quanto è possibile, solo ad alcuno che dimori nel luogo stesso dove aveva la sua resi- denza il notaio defunto, o nel medesimo mandamento o per lo meno in luogo vicino. Il figlio del notaio, purché idoneo, doveva venir preferito quando offriva una somma eguale di poco inferiore a quella offerta da altri (8). (1) C. 'M, 45. Un atto di nomina di un notaio si può vedere nel Frot. \W, f. 22 (a. 1400). (2) Esempi di notai nominati dal conte di Lomello si incontrano nei Protocolli ducali. Cosi Prot. 6, f. 13 (a. 1313), Prot. 31, f. 55. (3) La concessione del diritto di nominare notai accordavasi dall' imperatore fin da tempo molto antico. Carlo IV, a quanto pare, diede norme più precise a questo proposilo ordinando l'istituzione di nuovi Conti palatini e quella del Conte del Palazzo Lateranense. V. Ficker, Forsch.W, n.264, 265. (4) V. Statuto di Pietro II, Rubr. De notariis. (5) C. 67. (6) C. 42. (7) Nei Protoc. de' notai ducali, Prot. 9, f. 64, vi è il testo di una patente con cui si autorizxa un notaio a spedire atti di varii notai defunti. (8) C. 43. 142 STATl'TI PI AMEDEO VI XXI. Fra le questioni a cui 1" interpretazione di un atto notarile poteva dar luogo, avve- niva talora che si presentasse anche questa: come doveva intendersi l'espressione ecc. che vi si trovasse adoperata ? Il dubbio realmente è sorto nella dottrina (1). e per certo Li questione dovette agitarsi nella pratica, all'epoca della promulgazione dello Statuto; il quale, avvisando agli inconvenienti che possono nascere, per la incertezza in cui si trovano i notai che levano copie di atti rogati da notai defunti, intorno al senso che debbono dare a quella espressione, dà in proposito una regola chiara ed esplicita. nei minutari che essi tengono in deposito si trovano altri istrumenti dello stesso tenore relativi a contratti simili, ed allora dal confronto potranno traiTe un criterio sicuro d'interpretazione. mancano tali atti con cui sia jiossibile il confronto, ed in questo caso bisognerà che ricorrano al giudice da cui dipendono od al Consiglio residente a Ciamberi, il quale indicherà loi-o che cosa debbano mettere al posto dell'espressione ecc. (^). Certo la regola non sarebbe accettabile ora . uè si confarebbe al concetto che ora abbiamo del- l'autorità giudiziaria : ma aveva in quel tempo il merito di prevenire molti litigi. Provvede ancora lo Statuto a determinare gli onorarii che i notai possono per- cepire per gli atti del loro ministero. Quanto a quelli a cui non prendono parte che privati, la tariffa è stabilita in base a diversi criterii. Perocché se si tratti di istrumenti di debito , di venditii , di permuta, di donazione, di locazione e simili l' onorario è maggiore o minore secondo l'entità del debito od il valore della cosa dedotta in convenzione. Quando invece si tratti di testamenti, si ha riguardo od alla lunghezza dell'atto od alla condizione economica del testatore. Perciò, dato che sia pari la lunghezza del- l'atto, paga meno di tutti il nobile che abbia poche sostanze e più il borghese o notaio o nobile facoltoso, ed una ta.ssa intermedia quegli che sia in istato di mediocre agia- (f) Lo trovo infatti dibattuto in un vecchio trattato di arte notarile intitolato : Doctrinale florum arlis nolarie sive formularium instrumentorum ad omnes materias, stampato a .Milano l'anno 1519, di cui deve essere autore Stefano MarciUeti. In esso alla Rubr. D* dictione sive verbo etc quo notarii sioe tabelUon^s in suis notis, prolhocollis et scripturis publicis saepius utuntur {{. 5) si avvertono i notai di adoperare quella locuzione n tanturamodo in clausulis generalibus quae iuxta stillum cuiuslibet iiotarii sine aliqua dubietate intelligi et estendi possunt.. . in cartis vero et instrumentis publicis nullo modo nisi forte in ois aliqua alia scriptura inseretur que dictum etc. contineret». In altra successiva poi, Rubr. Cui seu quibus possunt et debent notarii edere seu tradere publica inslrumenta er suis co- gitalimibus sive notis et quedam alia capitula (f. 8) si legge: « Et tunc qualiter fit interpretatio sive decla- ratio etc. Die aut ille qui recipit vult grossare et tunc aut vult interpretari centra naturam contractus et non potest; talia euira que contra naturam contractus sunt non presumunt venire nisi probent intervenisse; quia sermone sunt inquirendi .«ecundum naturam contractus. Aut vult interpretari se- cundum naturam contractus, et tunc poterit; aut aliis vult grossare instrumentum ut quando qui recipit notam raortuus est, et sui libri legati sunt tali vel alias in suis manibus venerunt; et tunc si possit apparerò de aliis instrumentis in mundum reJactis sive extensis facta comparatiouo sui poterit grossare sequendo stylum notarii mortui. Si autem eius modus vel stilus seu forma non appareat , hunc secundum modum suum est faciendum Seil certe raelius servatur de usu; scilicet quod alter notarius predictura verbum etc. ponat in instruraento prout iacet in prothocoUo , et iudex in instru- mento grossato partibus presentibua faciet interpretationem suam secundum modura predictum «.Come ai vedo la soluzione qui suggerita è sostanzialmente la medesima che >> indicata dallo Statuto. (2) C. 67. PER CESARE NANI 143 tezza. Per le regichie è stabilita una tassa fissa in ragione dell'estensione dell'atto. Siccome però l'applicazione di queste tariffe poteva facilmente dar luogo a controversie fra il notaio e le parti, così è prescritto che in questo e nei casi simili debba starsi al- l'arbitrato del giudice del luogo (1). I segretarii del Conte invece non possono valersi di queste tariffe allorché roghino istrumenti che riflettono il Principe. Viene loro raccomandato di non esigere tasse troppo gravi, ed in caso che sorgano lagnanze a questo riguardo dovi-à decidere il Conte od il suo cancelliere (2). Quanto ai notai della Curia, già dallo Statuto di Edoardo era stabilito iu genere per tutti gli atti che essi redigessero, che l'onorario dovesse essere fissato dal giudice a suo arbitrio e nulla potessero pretendere di più. sotto pena della restituzione dell'in- debitamente riscosso e del doppio (3). La qual disposizione è da credere si mantenesse ancora in vigore. XXII. Anche intorno alle tasse che altri ufiiciali possano peicepire nell'esercizio delle loro funzioni si diffonde lo Statuto. Non potrebbe qui avere grande interesse l'analizzare tutte le disposizioni che si riferiscono a ((uesto argomento. Basterà quindi darne un cenno al- quanto sommario. Ai chierici del Consiglio era prefissa una tariffa per tutti gli atti a cui procedevano, e questa medesima tariffa riducevasi alla metà, quando gli stessi atti si com])iessero da chierici della Curia (4). Quanto all'inquisizione, il chierico della Curia ed il commissario che per mandato del Conte, del Consiglio o del Giudice vi proceda, non può nulla pretendere dal reo, ma ha diritto ad essere pagato, nella misura stabilita dalla legge, per gli atti deiriii(]ui'^izione che quegli voglia avere. Il commissario poi riceverà una indennità fissata dal Consiglio, che gli sarà sborsata dal suo clavario. Tutte le altre spese sono pure anticipate dal da- vano stesso; ma se l'inquisito è condannato, h tenuto a rifonderle al fisco; se assolto, e la inquisizione fu aperta dietro denuncia, .sottosta a questo obbligo il denunciante. se invece fu incominciata d'ufficio non vi ha luogo a risarcimento (ò). Quanto alla cancellatura delle inquisizioni, i chierici della Curia ed i commissarii inquisitori non possono pretendere emolumento, se della inquisizione fu acquistata copia dall 'inquisito ; nel caso contrario solo quando l'inquisizione sia stata iniziata in seguito a denuncia (6). (1) n. -16. (2) C. 58. (3) Art. 3. « Item quod nuUus notarius Curie recipiat prò scripturis inquestarum vel aliÌB actis uisi ad arbitrium iudiois, quod si coiitrariutn fecerit id totuni quod receperit restituat et in duplum domino puniatur ». (4) C. 59 (5) C. 36. (6) C. 40. 144 STATUTI DI AMEDEO VI Né quelli poi, né altro ufficiale qualunciue. possono pretendere alcunché per le cauzioni prestate da coloro contro cui si procede inquisitoriamente, onde essere posti in libertà (1). Per l'esecuzione dello sentenze, o per rimmissione in possesso, ed in genere per l'adempimento degli incarichi loro affidati dal Consiglio o dal giudice, i castellani od i inistrali hanno diritto ad una mercede, che è misurata sul valore della cosa contem- ])lata dal decreto del giudice (2). Parimente i servienti del Consiglio, a cui è commessa l'esecuzione delle pene, l'esazione delle multe ed altri incarichi, percepiscono per ogni giorno in cui abbiano atteso ad atti del loro ufficio una indennità diversa, secondochè siano nobili o borghesi, e (|uesta viene pagata, secondo i casi, o dal fisco o dalla parte instante, o dalla parte contro cui si agisce (3). Componendosi un reato, nei casi permessi dalla legge, varie sono le pei-sone che. oltre al fisco, si dividono la somma sborsata dal reo. Il castellano ne prende la quarta parte, e dei tre (juarti rimanenti il giudice ed il procuratore il nono, nella misui-a di due parti pel giudice ed una pel procuratore del fisco (4). Finalmente in favore dei chierici addetti al servizio dei maestri dei conti è sta- bilita una tassa per ogni originale o copia che spediscano (5). (1) (\ 41. (2) C. 50. (3) n. 20. (4) C. 47. Lo Statuto di Edoardo quanto ai l)anni, art. 7 : « Item ordinatum est quod castellani percipiant in banuis duos solidos monete de qua facta fuerit condempnatio prò qualibet libra con- dempnationis >. (5) C. 6ó. PER CESARE NANI 1^^ DOCUMENTI Ordinamcnta et Provisiones facto et facte per Amedeum Comitem Sabaudie et Philippum de Sahaudia Principe/m Acìwye anno MCCCXVIIL Archiv'io centrale di Stato, Provincia d'Ivrea, Mazzo 1", n.6. Anuo domiiiice luitiuitatis millesimo cccxviii , inditione prima , die xviiii mensis octubris ili Yporcgia, in domo habitatiouis domini Jacometi de Solerlo, presentibus testi- bus dominis Ebaio de Zalaut, Hugone de Carozeta, Antonio de Barge, Potrò de Berlanda et Andrea de domino Andrea , ciuibus Yporegie et vtriusque iuris peritis , et Guil- lelmoto de Douia clauario. Infrascripta suut urdiuumenta et prouixiones facta et facte per illustrissimos et magnificos viros et dominos dominos Amedeum comitem Sabaudie et in Italia marchiouem et Philipum de Sabaudia principem Achaye de consensu et voluntate dominoruin comitum de Maxino, de Wazadio, de sancto Martino et de Brozio, et iurata per ipsos dominos infrascriptos , scilicet dominos Petrum de Maxino, Vbertum de Mazadio et Bartholiuum eius fratrcm, Martiuuin de Agladio, Odonum et Johannem de Strambino, Martinum de saucto Martino et Guietum Cagnam de Brozio : Primo, quod nullus derobet ucl det cousilium auxilium uel receptationem uec etiain mauum ut derobatio fiat. Iteiu quod omnes derobatores furchis suspendantur et consencientes derobatori. Item quod omnes bona fide faciaut eoruin posse capiendi derobatores ut ipsos puniautur ut supra, si in dominio capientis robaria facta fuerit, et si non, ut remittat punicndos per illuni in cuius dominio robaria facta fuerit. Item est ordinatum quod si robaria facta fuerit, quod ablata cuni expensis emendentur restitueutur per homines trium villarum magis propinquarum loco vbi robaria facta fuerit, nisi robatores capti fuerint et ut supra puniti; quo casu homines ipsarum villarum ad emendam non teneantur sed sufSciat ipsos malefattores ut supra fore punitos, nisi in quantum de facultatibus ipsius derobatoris uel de rebus ablatis ipsa emenda liori possct. Item est ordinatum quod dominus qui deroba- tores recipcrct uel contra premissa alio modo faceret predictam emendam facere teneatur. Item est ordinatum quod predicte emende fiant infra x dics postquam hoc denuntiatum fuerit ipsis viUis uel dominis ipsarum per vicarium yporegiensem uel taurinensem uel bayliuum vallis Secuxic. Item quod si aliquis dominorum ipsorum locorum facere fieri iioluerit, uel contra premissa uel aliquod premissorum fecerit, uel iuobediens in premissis fuerit, quod predicti vicarius et baylliuus uel vuus ipsorum teneatur ire et procedere vi armata contra inobedieutcm uel facientem contra premissa, et compellere ipsum ad pre- missorum obseruationcm et emendam faciendam danipuaque passis ratione sue inobedientie uel quia non obseruauerit premissa. Item quod omnes premissi domini et uobiles te- neantur eorum posse et bona fide fortes facere predictos dominos Comitem et Principem et predictos eorum olllciales et quemlibet ipsorum ad faciendam executioneiu de premissis. Item derobatores non intelligantur uobiles de Canapitio, vnus capiendo de rebus alterius quem diliìdasset, elapsis x diebus post diOìdacionem, cum quo haberet guerram, dum- modo ipsa captio non tìeret in terra ipsorum dominorum Comitis et Principis uel alterius ipsorum. Et de predictis preceptum est michi notarlo infrascripto fieri, et tradidi vnum et plura publica iustrumeuta, dictauda et melioranda semel et pluries ad consilium vnius uel plurium sapientum. Serie II. Tom. XXXIV. 19 146 STATUTI DI AMEDEO VI (DOCUMENTI) IL Ordinamenta Comitis Eduardi de Sabaudia an. MCCCXXV. Archivio centrale di Stato, ProlocoUo Reynaudi, n" 150, fol. 74. Quedam Statata Sabaudie . Anno domini m" ccc" xx» quinto , xin' die mensis maii , ordiuatum estitit per Dominum, presentibus dorainis archiepiscopo tharantesiensi Aymone de Sabaudia, abbate Altecombe, Aymaro de Intermontibus, et pluribus aliis de Consilio; Oddone de Chandeya, priore Lemenci, Johanne IJertrandi, Egidio Richardi, Petro de Claro- monte, Aymone de Serraualle, Aymone de Camera, Lauceloto de Chandeya, Petro Fran- cisci, Anthonio de Claromonte, Johanne de Meyriaco , judice Mauriaune et Tharantasie. Primo, quod inhibeatur omnibus bailliuis , judicibus et castellanis , et omnibus aliis ofBcialibus ne ipsi aliquas compositioues super excessibus, qualescumque siut, faciant per se vel per alium; quod si fecerint, compositio nullius sit momenti, et nichilominus ille qui compositionem fecerit puniatur prò qualibet compositione in decem libris forcium; sed super quibuscuniquc excessibus et inquisitionibus jìi-onuntietur per judicem prout fuerit rationis. Item ordinatnm est quod quicumque olìiciarius Domini, cujuscumque conditionis exi- stat, jura Domini celauerit vel aliquid recipiendo jus Domini ceiauerit, puniatur prò qua- libet vice in viginti quinque libris forcium, et nichilominus pena juris puniatur secundum qualitatem delieti. Item, quod nullus notarius Curie recipiat prò scripturis inquestarum vel aliis actis Curie nisi ad arbitrium judicis : quod si contrarium fecerit , id totum quod receperit resti- tuat et in duplum bannum Domino puniatur. Item, quod quioumque ofSciarii Domini, qui nunc vel in posterum erunt, non reci- piant aliquem hominum vel subditorum Domini in garda sua; et si receperint, ipsos incon- tinenti liberent ab obligatione diete garde. Et ex nunc Dominus, statuendo, ipsas gardas reuocat , cassat et annuUat. Et nichilominus precipit Dominus quod ab hiis qui predicta fecerint vel facient recipiatur idonea cautio de cmendandis hiis que forefecerint in pre- dictis gardis recipiendis. Item ordinatum est quod castellani, mistrales , et alii officiales minores pareant et obediant mandatis bailliuorum et judicum, simui vel diuisim. Quod nisi fecerint, puniantur prò qualibet vice qua non paruerint in decem libris forcium Nobisdandis, nisi mandareut excusationem quare mandata facere non deberent. Item, quod castellani, mistrales, et ahi officiales inferiores exequantur mandata Domini; quod nisi fecerint, puniantur prò quahbet vice in quindecim libris forcium Nobis dandis, nisi mandarent excusationem vt supra. Item ordinatum est quod castellani pcrcipiant in bannis duos solidos monete de qua facta fuerit condempuatio, prò quahbet libra coudempnationis. Et cetera PEK CESARE NANI 147 III. Constitutio sire Ordinatio Consilii Ghambrriaci residentis, an. MCCCXXVIIII. Archivio centrale di Stato, Materie giuridiche, Senato di Savoia, Mazzo 1, n. 1. In nomine Domini amen. Anno eiusdem millesimo tercentesimo vigcsimo nono die mercurii penultima mensis novembris, per modum qui sequitur ordinat dominus Aymo, Comes Sabaudie. Consilium suum residens apud Camberiacura. Primo quidem ordinat quod consiliari! ejus siut infrascripti , videlicet dominus frater Jacobus de Broeut, prior de Lemencio, dominus Philippus de Provaiiis , legum professor ejusque judex causarum appellatiouum, dominus Petrus de Muris, dominus Petrus Franch Johannes Bonivardi , Antlionius de Claromoute, et dominus Humbertus de Castelleto. Item ordinat quod tam in Consilio quam in causis appellationuni sit avocatus prò jure dicti domini Comitis substinendo dominus Petrus de Muris jurisperitus, et procurator dominus Bartholomeus Taberne de Reyvoria, jurisperitus. Itera, quod dicti consiliarii simul quacunique die convcniant de mane in domo Fratrum minorum in prima missa, uisi qui ex eis justam excusationem habebunt prò negotiis ejusdem domini Comitis et subditorum siiorum occurrentibus debite expedit'iidis. Item, quod dicti dominus Petrus de Muris et procurator etiam dictis loco et bora cum dictis consiliariis conveuiant quando erunt vocati , et ulterius cum placebit eisdcm. Item, quod expediciones faciendas per supradictos consiliarios debeat unus de infra- scriptis notariis jurutis dicti domini Comitis scribere, hoc niodo videlicet quod subscribant illi de consiliariis supradictis qui in expeditiones faciendas presentes eruut, et nomen ejusdem notarii. Nomina quorum notariorum scu clericorura sunt hec : Viviandus Velleti, Bomanetus Barberii, Humbertus Diderii dictus Aquabella , et Matheus Panicerie clericus supradicti domini Philippi. Item , quod predicti consiliarii , avocatus vel procurator , siugulariter vel in univer- sum nihil omniuo possint ratione dicti consilii, avocationis vel procurationis , percipere doni nisi res esculentas vel poculentas que diebus modicis verisimiliter possint consumi. Item , quod expeditiones facicnde per consiliarios supradictos sigillentur sigillo autheutico dicti Consilii, ordinato per dictum dominum Comitem ; quod sigillum portare et de exitibus fìdelcm computum redderc debet dominus Philippus predictus. Et observare hec omnia bona fide et prò posse in manibus dicti domini Comitis ad sancta Dei evangclia juraverunt consiliarii , avocatus , procurator , et clerici seu notarii superius nominati. 148 STATUTI DI AMEDEO TI (DOCUMENTI IV. Statutuni Aniede-i Comitis Sabaudie de reformatione Consihi residentés. an. MCCCLV. Archivio di Stato detto Camerale, Inv.° Savoja, ni, fol. 1. Nos Amedeus comes Sabaudie uotum facimns vniuersis has nostras litteras inspe- cturis, quod attenta frequenti et assidua multitudine causanim que ad nostram audionciam deducuntur et quibus multipliciter occupamur, nostra propria neg-ocia non sine nostro magno incomodo deserere nos frequenter opportet et alienis coraodis insudare. Eapropter in nostrum Consiliura sarcinam huiusmodi transferre volentes, de cuius probitate et industria plenarie coufidimus, ipsum nostrum Coiisilium, videlicct reiierendos in Christo patres dominos Johan- nem Tharentasic archiepiscopum. Amedeum episcopuni maurianensem, Jacobum episcopum yporiensem, Nicolaum episcopum augustensem, Rodiilphura abbatemsancti Michaelis clusini. Guillelraum priorem bellicensera , compriorem prioratus conuentualis sancti Vrsi augu- stensis, Guillelmum preceptorem sancti Anthonii Chamberiaci , et dominos Valcsium de Balma, Johannem dominnm Ciimore. Flngonem dominuni Grandiraontmui. Johannem dnmi- num sancti Amoris, Guillelraum de Balma, Humbertum dominum Chiuronis, Liidouicnm Re- uoyre dominum Domaissini, Humbertum de Corgerone dominum de Meillona, Franciscum dominum Seirate (?), Pctrum de Montegelato, Johannem Rauaisii legum doctorem dominum sancti Maurici], Hugonem Bernardi juris vtriusque professorem, Guigonem Cachere, milites, Johannem Nustrilis castellamim Gcbennarum, Girardum Descres legum doctorem, Guil- lelmum de Castellione in legibus licenciatum, Robertum Pngini (?). Petrum de Monteme- liori , Petrum de Ponte et Jacobum Morandi, jurisperitos, harum serie ordinamus et ipsis tenore presencium committimus omnes et singulas causas tam ciuiles quam criminales, cciam feudales, tam motas quam moucndas, cuiusciimque generis censeantur , tam prò nobis quam centra nos, audiendas cognoscendas et fine debito terminandas, ac processus et actus quoscunqne judiciales exerceudos ; ipsos tres vel duos ex ipsis in nostrum Con- silium et prò nostra Curia sicut supra eligentes. Et quia frequenter contigit quamplures de nostro Consilio in aliis nostris arduis negociis occupari . volnmus et mandamus, ne propter huiusmodi occupatioues dictarum causarum et processuum cognitio et dccisio retar- dentur, quod per tres aut duos ex ipsis nostris consiliariis ca od u otiam quod •>. (2) " AfTdnator », operariii-s , gali. Manceuore, ab bispuaica voce Affanador , qui multo labore operatur. Ducanou, in v.°. * PEK CESARE NANI 153 17. Item quod hujusmodi pene per Consilium et judicem sint et intelligantur ipso jure imposite seu continuate et ex sola contumacia, esto quod in citatione imposite non fuerint , ipso iure commisse. 18. Item quod diete pene parti contumaci ad hoc citata , instante Procuratore Domini . debeant integre declarari, nisi contumax excusaverit contumaciam suam per probationem juste cause, per Consilium vel judices judicialiter approbate. 19. Item quod omues pene et multe seu condemnationes pecuniarie, per Consilium vel judicem declarate vel definite , redigantur in scriptis sub suis temporibus in libro per se ad hoc tantum ordinato, vocato Libro mulctarum et condemnationum, qui semper sit in bancho dum tenetur Consilium et in bancho judici.s dum tenebit suam sedem ; et ibi signentur et caucellentur solventes manu clerici Consilii et clerici judicis , et illi detur velut actis publicis et judicialibus piena fides. 20. Item quod Consilium habeat duos vel tres servientes vel plures seu minores, gene- rales , quos possit prò suo arbitrio facere vel mutare , qui de mandato Consilii , quando expediet, faciant executiones peuarum, et mulctarum exactiones, vel aUa sibi commissa. Et capiat quilibet singuhs diebus quibus ad ofKcium vacaverit, si sit eques , sex denarios grossorum, si vero pedes tres denarios grossorum super parte ob cujus culpam, contu- maciam vel defectum, certam et indubitatam, prò facto Domini ; si autem sine culpa de- fectum vel contumaciam alterius (?) prò facto Domini laborent, capiant super Domino, et petente defectum vel culpa refundat culposus ; si autem ad instantiam partis, tunc capiat super parte instante, ita tamen quod prò modo et qualitate cause statim ei refundautur vel in fine litis reserventur prout justitia suadebit. 21. Item quod ordinetur unus clavarius Consilii , qui omnes mulctas et condemnationes pecuniarias in Consilio (actas et illas que comittentur ex contemptu et non observantia dictorum et infrascriptorum Statutorum exigat et exigi faciat per specialem executorem, videlicet unum de dictis servientibus generalibus vel per alios Dominii ; et cancellarli et alii officiarli locorum , quibus suberint condemnati, teneautur ad ejus mandata incon- tinenti exigere et statim clamores mittere; quod si non feccrint, arbitrio Consilii sint mul- ctandi. Clavarius autem super predictis exactionibus solvat sumptus et expensas prò facto Domini in Consilio vel agendis coram eo necessariis, et salaria cancellarli et alio- rum de Consilio et dictorum nunciorum et alia quecumque , ad et juxta mandata Con- silii opportuna, que omnia in computo suo debeant alloquari. Et de receptis et libratis teneatur clavarius reddere legitimam rationem. Et etiam ordinetur hostiarius prò dicto Consilio. 22. Item quod singuli judices ordinarli Domini assisias teneant in loco solito ad miuus in anno quater, videlicet in quatuor temporibus veris, estatis , autumni , et hiemis , juxta raajorem comoditatem temporis et locorum et subiectorum. 23. Item quod omnes et singuli bannereti provideant sibi de judicibus ordinariis , sic quod continue sit provisum; qui judices residentiam faciant infra terram bauneretorum vel infra terram domini Comitis , et in loco residentie possint cognoscere de causis civilibus usque ad senteutiam inclusive , et de criminalibus post coutestationem seu re- sponsionem factam super inquisitionibus usque ad definitivam sententiam exclusive. Que cause debeant terminari sicut in aliis judiciis inferius est provisum. 24. Item quod singuli judices tam Domini quam alii, scilicet bannaretorum ordinarli . teueantur, videlicet in singulis assisiis, omnes causas criminales , quarum tempus defen- siouis lapsum fuerit in eundo vel in regressu, terminare definitive vel interlocutorie, sive Serie II. Tom. XXXIV. 20 154 STATUTI DI AMEDEO VI (DOCUMENTI) per viam denunciationis vel inquisitionis ex officio Curie procedant , et sive clerico illius Curie sive per commissarium Domini vel Consilii vel alios facti sint processus, dum- modo ratione criminis vel aliter foro suo subsint. Si tamen rei magnitudo vel magnum dubium juris suaderet, possit ex tali juxta causa usque ad sequentes assisias differre , non ultra. Quod si non fecerint, solvant prò qualibet die qua morosi fuerint unum florenum. 25. Item quod singuli judices teneantur omnes causas criminales , ex quibus rei , quorum punitio ad eos spectat , capti persoualiter detiuebuntur, definitive vel interlocu- torie, super questione habenda vel non, terminare vel decidere infra decem dies postquam per captivum cui fuerit oblata copia aut ejus nomine fuerit postulatum ; vel si. lapso ad defensiones faciendas dicto termino, captivus definiri non postulet, postquam per partem adversam privatam vel etiam fiscalem, oblato sibi processu, fuerit postulatum; et hoc infra judicaturas suas, carcerato presente, sive ex speciali mandato Domini vel consilii castel- lani captivi detineantur ; et hoc sub pena quinque solidorum fortium prò quolibct die quo morosus fuerit ultra dictum tempus. Qae intelligenda sunt nisi judex justa causa, vide- licet absentie prò facto Domini, infirmitatis, vel alterius majoris simul, fuerit impeditus. 26. Item quod singuli judices registra suarum concordiarum et suarum condemnationum fiendarum in anno in singulis computis apportent rectoribus computorum, ponendo per- sonas concordantes et condemnatas. 27. Item quod , sicut antiquitus statutum fuerat , omnia instrumenta quibus actum fuerit sigillentur sigillis Curiarum domini nostri Sabaudie comitis , et per hoc sigillata , vel etiam non acto , si reperiantur concordare cum protocollo collatione facta, similiter sigillata , possint et debeant sigillata executioni demaudari per modum infrascriptum : videlicet quod fiat citatio debitori opposituro solutionem , quittationem , aut instrumeuti falsitatem, vel aliam peremptoriam ; et si quidem debitor comparuerit et neutram causarum predictarum vel aliam peremptoriam opposuerit precise , Consilium vel judex ordiuent executionem fìendam ; si vero non comparuerit in prima dieta , citetur iterum ad idem , et si non compareat, tunc Consilium precise vel judex ordinet dictam executionem fien- dam; si vero vel in prima vel secunda dieta comparuerit debitor et apportet alterata ilictarum causarum , detur terminus congruus ad probandum , ita tamen quod hec causa ultra tres menses non duret , et si ab hac causa principali contingerit appellare vel sup- plicari, tunc infra duos menses a tempore appellationis dieta causa debeat terminari. Et si quis predictorum , tam Consilii quam judicis, morosus fuerit in predictis , solvat prò qualibet die et prò qualibet causa viginti solidos fortium. 28. Item quod Consilium et judex possint et debeant , si expedierit , singulis advocatis precipere consilium prestandum , et advocatis distribuere , et penam interdictiouis tem- poralis vel aliam penam pecuniariam imponere ; quam incurrant si sine justa causa non pareant arbitrio precipientis cause justitie decernende, et recusarent juramento affir- mandum. 29. Item quod ubicumque aliqua spoliatio fiet in comitatu Sabaudie , que iu loco ubi facta fuerit erit notoria vel aliter Consilio vel judici notoria apparebit, ita quod non possit aliqua tergi versatione celari, debeat statim sine aliquo processu ex mero oflScio fieri restitutio spoliato. 30. Item quod advocati causarum teneantur jurare de calumnia juxta forniam legis. 31. Item quod lex manifeste fif. de Jiirej arandoci), scilicet quod juramentum delatum debeat (1) Questa citazione, conio si ì; detto, si riferisce al J 38 Dig. De jureiurandv (t. XII, 21, così concepito: « Manifestae turpitudinis et confeasionis est nolle nec jurare nec jusjurandum deferre » . PER CESARE NANI 155 prestari vel referri , servetur in judiciis iater personas que coiitraxerint seu inierint negotium de quo queritur , non inter successores universales vel singulares , nisi fiat de- latio per successores alteri cujus persona gessisset negotium, non autem e contra. 32. Item quod per solam comparitionem factam in judicio per principalem personam pro- curator persone comparentis prius constitutus non intelligatur revocatus nec intelligi debeat , quamquam principalis persona de hoc non faciat aliquam mentionem. 33. Item quod quotiescumque aliquis inculpatus fuerit aliquod delictum fecisse, et talis delinquens faciliter iuveuiri non possit et propter hoc opporteat quod citetur, responsurus intitulatis contra ipsos, quod talis citatio fieri possit in ejus personam si reperiatur, vel in domo quam talis delinquens habitabit tempore dehcti commissi , vel voce preconis in loco in quo delictum fuerit factum , sub penis que superius sunt expresse vel majo- ribus, prout qualitas delieti requirit et prout judici vel Consilio videbitur expedire ; et talis citatio facta altero dictorum modorum proinde valebit ac si fuisset delinquenti tali in eius propriam personam facta citatio. Ante predictam habeat intervallum competens a tempore citationis, que fiet usque ad diem qua comparere volet ille qui citari mandabit. 34. Item quod uuUus possit recipere aliqua instrumenta si non sit vel fuerit juratus domini nostri Comitis, saltem in manibus judicis domini cui suberit vel ratione judicature vel ratione resorti. Et instrumenta per notarium non juratum facta nuUius sint momenti. 35. Item quod quilibet clericus Curie vel in cujus officio fiet inquisitio , acta etiam spe- cialis commissionis alicujus inquisitionis fortasse centra aliquem personaliter captum , teneatur complevisse inquisitionem infra decem dies post captionem iuculpati , et infra quinque dies sequentes iUam exiberc procuratori illius judicature, qui infra alios quinque dies restituat clerico una cum supplemento et additionibus in papiro seorsum positis, si quas presentaverit faciendis , et infra quinque dies sequentes clericus Curie vel in- quisitor alius teneatur offerre copiam inculpato prò suis defensionibus faciendis , et ter- minum triginta dierum vel minus , quem vellet inculpatus ad hoc , sibi assignare. Et si clericus, commissarius, vel procurator ultra predictum tempus in aliquo morosus fuerit, prò qualibet die quatuor solidorum fortium plectetur. 36. Item quod clerici Curiarum et alii inquisitores quicumquc nihil recipiànt ab illis contra quos facta fuit inquisitio, nisi tantum prò copia quando tradent ; et tunc prò siugulis pa- ginis unius folli papiri parve forme , qui tameu habeat viginti tres lineas rei circa et in qualibet linea decem vocabula , sex denarios fortium ; prò sumptibus vero vel labore suo commissarii domini nostri Comitis , Consilii vel judicis , nihil ab inquisito recipiànt sed a clavarie supradicto, qui sibi satisfaciat ad taxationem Consilii juxta quahtatem la- boris et cause. Et si clericus vel inquisitor quivis (?) ultra quidquid receperit, omnia etiam juste recepta restituat parti et quadruplum ini'crat fisco et credatur juramento solventis, ejus qualitate pensata ; et siquidem inquisitus condemnetur, restituat expensas seu sumptus per clavarium solutas ; si autem absolvatur , et inquisitio fiat ad denuntiationem partis ^ deuunciaus denunciato et clavarie per eos soluta reficiat; si vero ex officio Curie in- (juisitio processerit , nuUus resarcet. Et omnis copia quae non annexabitur scribatur per modum quaterui. 37. Item quod clerici Curiarum tantum recipiànt omnes notas seu instrumenta deinceps tìenda super albergamentis , investituris , Regichiis (1) , et laudibus ahorum contractuum (1} o Regichium idem videtur quot rectUudo, tributum, pi-aestatio '.Così il Ducanue, che cita in ■'PPOffgio una Carta del 1368. Ma rosta a sapersi di qual natura fosso quella prestazione feudale. 156 STATUTI DI AMEDEO VI (DOCUMENTI) tangentibas Dominum , et in papiro seu prothocoUo redigant in quo nulla alia instrumenta ponantur nisi Dominum tangentia, et illa papirus seu prothocoUum semper transeaut ad successores in clericatura predicta qui potestatem habeatC;'). Clericus qui recipiet instru- menta predicta et clericus cujuslibet Curie solvat Domino id quod alii notarii sue cleri- cature Domino dabant ante presens tempus ; qui notarii ab eo quod dabant ante quieti sint. Omnis autem notarius aliter recipiens iustrumenta predicta prece clerici dictarum Curiarum et recipiens (?) solvat Domino prò singulis vicibus viginti quinque florenos , et nihilhominus talia instrumenta nullius sint valoris et momenti. 38. Item quod clerici Curiarum , vel etiam alii commissarii ad inquirendum deputati, te- neantur omnes inquisitiones, sive Oant ad denunciationem, promossionem et instigationem, sive ex mero oflìcio, infra unum mensem a tempore denunciationis complevisse; et si quidem fiant ad denunciationem seu suggestionem, clamam vel queremoniam alicuius, incontinenti preiingant ei tempus dicti mensis ad fulciendum seu probandum suam denunciationem, suggestionem vel clamam. Lapso autem predicto mense , infra quinque dies sequentes teneautur offerre copiam iuquisitionis parti coutra quam facta est et tradere , si vult , sumptibus moderatis secundum taxassionem infrascriptam , et sibi terminum perentorium triginta dierum et plus assiguare prò suis defensionibus faciendis. Et istis clericis et iuquisitoribus pareant mistrales et officiarli Curie circa dependeutia in dicto officio, puta in citando et similia ; et si familiaris seu mistralis dicto clerico non paruerit, solvat Do- mino prò singulis vicibus viginti solidos fortium. 3!». Item quod clerici Curiarum omnes inquisitiones debeant pouere in papiris Curie , non in cedulis vel quaternis , ita quod judices omnes ipsas in libro scriptas reperiant secundum prioritatem temporis ordinatas , et hoc sub pena prò quolibet et qualibet vice solidorum sexaginta fortium. 40. Item quod clerici Curiarum vel alii inquisitores quicumque nihil recipiant prò can- cellaturis inquisitionum quarum copia capta est per partem inquisitam; et si secus fecerint, acceptum restituant et quadruplum fisco, et credatur juramento solventis, ejus qualitate jjcusata; prò hiis vero quarum copia non capta est, si quidem inquisitus est absolutus et inquisitio sit ex officio Curie , nihil capiatur ; super denunciationes , videlicet prò primo folio solo vel minus , duodecim denarios fortium, et prò secundo folio sex denarios fortium, et ab inde supra prò quolibet duos denarios fortium; et si plus receperit, acceptum resti- tuat et quadruplum fisco ipso jure; si autem inquisitus est condemnatas vel composuerit, tantumdem ut supra recipiat super eo. 41. Item , prò cautionibus prestandis per illos centra quos fient inquisitiones , nihil reci- piant clerici Curiarum vel alii inquisitores , commissarii vel officiarli quivis ; et si secus fecerint , restituant receptum et fisco quadruplum ipso jure. 42. Item quod omnes notarii, exceptis secrctariis, teneantur omnia instrumenta que per abbreviatiouem recipient infra triginta dies post receptionem in prothocollo incorporare ad plenum, sic quod instrumentum levatum cum prothocollo concordet , ita quod non -sit in cedulis nec solus supersutis (?), et hoc sub pena quadraginta solidorum fortium prò quo- libet et qualibet vice; iiotas vero jam reccptas incorporent in suo prothocollo infra duos meuses a tempore publicatiouis presentium Statutorum sub pena predicta .^Secretarli vero habeant terminum dimidii anni prò dictis notis incorporandis et recipiendis in futurum, et prò jam receptis habeant tantundem et pari pena qua supra dictum est puniantur , nisi justa causa prò facto Domini vel aliter excusarentur. 43. Item quod prothocoUa notariorum defunctorum non concedantur alieni vendituro vel in alium translaturo , sed ei tantum qui propria mauu aut per proprium coadiutorem PER CESARE NANI 1 5 ( instrumenta levabit et eis se subscribet ; nec concedantur alieni qui ea exportet extra villam in qua morabatur notarius cujus fuerunt prothocolla, vel saltim extra manda- mentum, si infra non esset aliquis notarius sufficiens; et si nec in mandamento sit aliquis sufficiens , concedatur alieni in propinquiori loco residenti inter notarios , aut quibus Set concessio talis preferatur defuncti notarli filius , si sit idoneus et tantum pretium seu commodum dederit quantum alter notarius obtulerit effieaeiter se daturum , vel modicum minus. 44. Item quod aliquis notarius non recipiat aliqua instrumenta aliquorum contraetuum in tabernis [alioquin] ; nuUius sint momenti , et notarius recipiens puniatur prò qualibet vice in vigintiquinque solidos fortium. 45. Item quod nullus notarius recipiat aliquod instrumentum seu in formam publicam redigat in toto Sabaudie eomitatu nisi sit notarius auctoritate domini Comitis vel juratus de Curia sua, sub pena prò qualibet vice centum solidorum fortium , valentibus tameu instrumentis per notarium talem confectis. 46. Item quod notarii de singulis instrumentis debitorum recipiant a creditoribùs ut infra, videlicet: de instrumento continente decem floreuos et infra, capiant duos denarios grossorum, et ab inde supra usque ad summam viginti florenorum capiant tres den. gross. turonensium , vel infra et a viginti florenis supra usque ad centum florenos capiant ultra dictos tres denarios grossorum quatuor den. fortium prò libra ; - item de instrumentis vendi- tionum, quorum pretium erit decem florenorum et infra, capiantur tres den. gross., et ab inde usque ad viginti floren., quatuor den. gross., et ab inde usque ad centum floren., quatuor den. fortium prò libra, et ab inde supra prò qualibet libra duos den. fortium; - et idem fiat de instrumentis permutationum, donationum, locationum. et similium, ratione et con- sideratione ad valorem rerum permutatarum , donatarum et locatarum; - de testamentis vero continentibus quartam partem unius pellis mutonine vel infra, si testator fuerit no- bilis et parvarum facultatum , capiant quatuor den. gross. ; si testator fuerit burgensis vel notarius vel nobilis majorum facultatum , capiant ceto den. gross. ; si vero testator fuerit communium facultatum , et dictum testamentum contineat quartam partem diete pellis vel infra, usque unum florenurn vel infra; si vero testamentum contineat dimidiam pellem vel infra usque ad quartam diete pellis , capiant tertiam partem pluris quam dictum est supra in tribus particulis supraseriptis; si vero testamentum continet unam pellem vel infra usque ad medium diete pellis , capiant medietatem pluris ejus quod su- prascriptum est; - de quolibet cursu regichiarum capiant sex den. grossorum, et fiant duo cursus tales in qualibet pelle mutonina. Et si quid ultra capiant, solventi reddant et prò qualibet vice Domino viginti solidos fortium solvaut. Si autem oriretur inter partes con- tentio in et de predictis et aliis hic non expressis, recurrant ad judicem loci, cuius arbitrio stetur. 47. Item quod castellani non possint aliquam concordiam super crirainalibus facere vel recipere nisi durantibus assisiis , et tune vel aliis temporibus judcx et castellanus simul , presente procuratore si sit in loco , et quilibet ipsorum registret concordias et declara- tiones, et clericus Curie in papiro super inquisitionem propria manu notet. Nulla tamen concordia per quemcumque fiet nisi prius inquisitio in libro Curie redacta fuerit. Nulla etiam concordia fieri possit de crimine ex quo mors veniet inferrenda. Et super eoncordiis castellanus recipiat quartam partem, et judex et procurator de aliis tribus partibus nonam partem ; que nona pars dividatur in tres partes , quarum judex habeat duas partes et procurator habeat tertiam partem prò suis expensis. Et quicumque, sive judex, sive pro- curator, si ve castellanus, aliquid recipiant ultra quautitatem , palam vel occulte, totum ■iolventi reddant, et fisco solvant prò singulis vicibus et casibus centum florenos. De con- demnatis vero recipiat castellanus duos solidos prò libra , sicut est consuetum. 48. Item , quod specialiter cavetur , nulli officiano liceat super crimine falsi instrumenti 158 STATITI DI AMEDEO VI (DOCUMENTI) carte , scripture , testimouii falsi , aliquam concordiam accipere , sed puniatur secundum rigorem juris, et concordia ipso jure sit nulla; et recipiens eam , si[ve] sit exacta vel non exacta, quadruplum fisco solvat una cum exacto. 49. Item quod castellani prò miallia (Ij captivorum ut infra recipiant: - videlicet si captivus voluerit esse ad suas proprias expensas , nihil ab co prò miallia recipiat nisi prò lecto et prò utensilibus suis, et hoc modo: scilicet prò simplici agricola duos denarios fortium in die, prò mediocri homiue, sive agricola sive burgeiise mediocris status, quatuor den. for- tium in die. prò nobili quolibet secundum ejus statum octo den. fortium in die et infra , secundum personarum qualitatem; - si vero voluerit esse ad expeusas castellani , tunc ab agricolis et affanatoribus , esceptis notariis , capiatur prò quolibet et qualibet die uiius denarius gross., a burgensibus vero et notariis prò quolibet et qualibet die duos den. gross. prò omnibus , a nobilibus vero tres vel quatuor den. gross., secundum qualitatem et po- testatem nobilis captivi. Si tamen .secundum qualitatem persone controversia oriretur , stetur ordinationi Consilii vel judicis in cuius judicatura talis esset captivus. Pro regressu vero castri capiant ut infra : - videlicet ab agricola duos denarios fortium vel valorem , ab aliis vero non agricolis usque ad nobiles quatuor den. fort. , a nobili vero unus den. gross.; et prò regressu tantumdem a quolibet ultra. Et si plus recipiat restituat, et decem florenos singulis vicibus fisco ; et stetur juramento solventis ut supra. 50. Item quod castellani seu mistrales prò executioae sententiarum seu mandatorum Con- silii seu judicis , seu prò missione in possessionem , recipiant de viginti solidis grossorum et infra, duos den. gross., et ab inde supra usque ad centum solidos, ultra primam libram, prò qualibet libra quatuor den. gross., et ab inde supra prò qualibet Ifljra unum den. fort. Et plus recipiens receptum et quadruplum fisco restituat. Et castellanus seu ejus locum tenens, vel mistralis , seu alins quicumque officiarius non adimplens quantum poterit mandata Consilii vel judicis, facta fide de presentatione et requesta per juramentum requirentis, in viginti libris fortium puniatur prò qualibet vice. 51. Item quod nuUus castellanus vel officiarius quicumque de majoribus audeat vel possit aliquem captivum vel arrestatum de mandato Consilii vel alicujus. nisi de expresso man- dato illius cujus mandato captus fuerit vel arrestatus, relaxare; hoc salvo quod ad man- datum Consilii omnes debeant relaxari, cujuscumque judicis mandato siut capti. Et qui contrafecerit, ultra penam juris solvat decem libras fortium prò quolibet et qualibet vice, et culpa familiaris quantum ad penam pecuniariam imputetur magistro. 52. Item quod inventaria tutorum et cnratorum et aliorum administratorum et heredum recipiantur per quoscumque notarios , si volueriut illi qui inventaria facient ; inventaria vero que fient ex officio Curiarum recipiantur tantum per clericos Curiarum. Et prò iis recipiatur ut infra dicetur in taxassionem scripturarum. 53. Item quod de regimine minorum, furiosorum , dementium, prodigorum vel absentium , seu honorum eorum , alteri committendo seu administrandi liceutiam dandi , castellani vel alii officiarli preter judicein vel Consihum se uullatenus intromittant; et contrafaciens solvat prò qualibet vice centum solidos fortium , et quod inde receperit restituat. Hoc habeat locum citra raontes , ubi jure comuni utimur. 54. Item quod nullus laicus trahat seu citari faciat vel conveniat aliquem extra Curiam Domini prò causa ad ecclesiasticam Curiam non pertinente; et contrafaciens solvat Do- (i; Miallia, Micallia, Mmiallya, dal (ra^aceae Mangeailles , chiamasi la spesa u prò incareeiati homìnis victu et potu •• cfr. OucANaE in vocibus. PER CESARE NANI 150 mino prò qualibet vice centum soliJos fortium, et tantundem solvat citatus vel convinctns si non revelaverit Consilio vel judici suo vel castellano infra decem dies post actionem vel conventionem. 55. Item quod nuUus laicus possit facere aliquam cessionem alicujus debiti vel obliga- tionis seu actionis alieni clerico , cujus occasione trahatur debitor ad Curiam ecclesia- sticam. Et contrafaciens perdat causam et actionem et solvat centum solidos fortium prò qualibet vice. Et pena hec comittatur statim post citationem coram ecclesiastica Curia factam. Et ille contra quem facta fuerit cessio, citatus in ecclesiastica Curia, non revelans solvat centum solidos fortium. 56. Item quod bona pupillorum mobilia , que servando servari non poterunt , et que non erunt necessaria pupillo , mortuo patre , subastentur ad incantum per tutorem , et suba- stentur in tribus foris, et plus oflferenti dentur, et pretium convertatur ad utilitatem pu- pillorum. In quibus omnibus parentum consilium reservetur. Et predicta fiant nisi testator aliunde ordinasset. 57. Item quod nuUus tutor possit recipere quittationem a pupillo, etiam adulto facto, nisi talis quittatio fiat coram judice decretum interponente , vocatis iis amicis quos judex viderit expedire , et quittatio nulla sit, et tutor recipiens talem quittationem puniatur in duplum ejus quod reperitur quittatum, (et) pena fisco applicetur. Et idem intelligatur in adulto durante cura. Notarius autem recipiens de hoc instrument(nm] solvat Domino prò qualibet vice viginti quinque libras fortium. .58. Item quod Secretarli Domini de scripturis quibuscumque quas facient prò facto sui officii in hospitio Domini tantum capiant moderate , sic quod Domino vel cancellano que- remonia non fiat ; et si querela fiat , Dominos seu cancellarius Domini providebunt . In aliis autem scripturis, quas dicti Secretarli facient extra et ultra suum officium , sequantur ipsi Secretarli formam et modum Statutorum in aliis notariis superins et inferius ordi- natorum. 59. Item quod clerici Consilii capiant prò memoriali quolibet duodecim denarios fortium , prò citatione et commissione sex den. fort. ; prò quolibet cursu habente dimidium folium octo den. fort. Clerici judicum capiant medietatem ejus quod in Consilio clerico est statutum de memoriali et citationibus; de cursibus vero habentibus dimidium folium capiant de quolibet sex den. fort. 60. Item quod in causis inquisitionum omnium , sive factarum ex officio Curie . sive ad denunciationem vel suggestionem alicujus , in Sabaudie comitatu , potissime citra montes Cenisii , Montisjovis, et Columpne Jovis, stjius usitatus observetur , videlicet quod de ordine responsionum et attestationum testium non arretur (1), sed valeat iuquisitio et pro- cedat, sive responsio sequatur attestationem testium sive precedat. Item quod post pu- blicationem defensionum fortificatio iuquisitionis fieri possit. Item quod renuuciatio et conclusio necessario nuUatenus exigantur. Item quod sufficiat publica et preconia noti- ficatio assertorum judicum ad sententiam audiendam , licet non facta fuerit citatio et assignatio specialis. Item et omnis aliter (ìeg. alius) stylus usitatus observetur , licet hic particulariter nuUatenus declaretur. 61. Item quod nullus mistralis tenens ad censam aliquam mistraliam a Domino vel ban- ueretis sit ausus aliquod pactum facere cum aliquo sue mistralie de sibi solvendo vel aliquid dando prò solutioue sue cause, nec etiam pactum facere cum aliquo sue mistralie per quod de aliquibus bannis grossis vel minutis, etiam bestiarum, sit paciscens cum dicto mistrali quilibet (?) a solutioue dicti banni ; et si dictus mistralis contrafecerit , solvat Domino sexaginta solidos fortium prò singulis vicibus et personis quibus faciet contra (1) " Ark.\re, spendere, fr. enerrer, arrham dare, vulgo Arrher «. Ducange in v. 160 CESARE NANI - STATITI DI AMEDEO VI (dOCI'MENTI) predicta. Similiter quilibet paciscens taliter cum dicto mistrali singulis vicibus eandem peaam solvat. De qua pena accusator habeat tres solidos fortium prò singulis vicibus. 62. Item quod quilibet mistralis Domini et banneretorum et aliorum habentium mistra- lem, in cujus mistralia fiet damuuni in Ijladis , pratis , vineis , castagnetis , vel aliis rebus sue mistralie, teueatur dainuum datum emendare damnum passo, vel demonstrare damnum dantem. 63. Item quod uuUus castellauus vel vicecastellanus capiat aliquam peusiouem auuuam in sua castellauia vel aliud occasione alicujus controversie civilis vel criminalis que coram ipso verteretur, preter quam esculenta et potulenta; et si contrafecerit, ejus quod rccipiet quadruplum fisco solvat. Item et nullus clericus Curiarum Domini, etiam uec procurator, in clericatura et procura suis aliquid recipiaut ab aliquo, officio suo subdito , ratione cau- sarum in quibus versabuntur, nisi ea que supra statuta sunt cum esculentis et potulentis; et si contrafecerint , accepium restituant et quadruplum fisco solvant. 64. Item quod singuli Secretarii teneantur singulis annis in festo Nativitatis domini tra- dere registrum omnium iustrumentorum que in anno retro receperiut prò domino nostro Comite custodi crote Domini existentis iu Chamberiaco. 65. Item quod clerici computorum capiant prò singulis cursibus pergameni (et fient in, qualibet pelle mutonina per longitudinem pellis duo cursus tantum) tres denarios gros- sorum, et prò copia cujuslibet cursus tres den. grossorum turonensium, non ultra; et si quid ultra ceperint , hoc restituant , et quadruplum pene fisco solvatur. m. Item quod advocatus et procurator Domini fiscales in causis tangentibus Dominum nihil capiant ab aliqua partium nisi esculenta et potulenta , sicut in consiliariis et ju- dicibus est provisum ; et illud quod ceperint restituant , et quadruplum fisco solvant. 67. Item quia dictus dominus noster Sabaudie Comes assiduis querelis plurium perso- uarum inquietatus extitit super facto instrumeutorum que levantur et jam levata sunt in formam publicam de prothocoUis notariorum defunctorum, in quibus instrumeutis le- vatis et etiam levandis ex dictis prothocoUis est in multis locis scriptum hoc verbum etc, quod verbum notarli quibus dieta prothocolla commissa sunt et quotidie committuntur ampliare non audent; de quo gentes , prò quibus dieta instrumenta faciunt , leduntur et ledi possent in futurura; statuii idem dominus Comes quod hujusmodi notarli , quibus dieta prothocolla commissa sunt et inposterum committentur, possint et debeant impune dictum verbum etc. secundum dictamen aliorum instrumeutorum similium seu similem contractum habentium qualis est contractus vel imbreviatura in quo vel in qua dictum verbum etc. scriptum erit [ampliare]. Sin autem dicti notarii non recipiant in prothocoUis aliquam imbreviaturam seu notam ad plenum ex quo possint ampliationem predictam facere, et eo casu dicti notarii recurrant et recurrere debeant ad judicem cui suberint seu ad Consilium Chamberiaci residentem , qui seu quod super tahbus ampliationibus provideant , dictando prout sibi videbitur amplianduni. Hec autem omnia intelligantur iu futuris negotiis et casibus , non in preteritis ante publicationem presentium Statutorum- Notandum est quod prò aliquibus penis centra consiliarios , judices , castellanos et alios supradictos impositis, si de eis viventibus inquietati non fuerint, ejus heredes iu- quietari non possint. 161 I PRIMI STATITI SOPHA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA PER CESARE NANI Lelta nell'adunanza del 12 Giugno 1881 Gli Statuti ciyili dell'anno 1379 di Amedeo VI Conte di Savoia furono preceduti da altri non meno importanti del medesimo Principe che riguardano l'ordinamento finan- ziario de' suoi Stati. Sono questi gli Statuti del 7 febbraio 1351, dai quali sono d'ac- cordo quasi tutti gli autori aver avuto origine la Camera dei conti nella Monarchia di Savoia (1), ma il cui tenore per un singoiar caso e rimasto finora ignorato, credendosi dopo r affermazione del Capre di non essere riuscito a trovarli , che fossero andati perduti (2). Coi medesimi strettamente si connettono quelli promulgati in data del 29 dicembre 1389 da Bona contessa di Savoia e da Amedeo VII. Perciò, discorrendo dei primi, crediamo necessario estendere il nostro esame anche ai secondi. Sarebbe fuori di luogo il volere qui rifare la storia delle finanze dell' antica Monarchia di Savoia. Essa fu scrittai ^ Cibrario ne' suoi tre Discorsi, insigni per erudizione ed accura- tezza di ricerche, e [k^ -io che spetta più specialmente alla Camera dei conti ha raccolto (i; Li accenna Capre, Tratte historigiue de la Cluimhre des comptes de Savoye (Lyon 1662), p. 19-27. — Galli, Cariche del Piemonte {loxino 1798), L 299, il quale avvertì che si conservava negli Archivi Camerali il registro, ossia libro, contenente Les ordonnances faites, etc sur le fait de les comptes le 7"" jour de fcorier Van 1351). — Guichenon, Histoire généalogique , etc. (Turin 1778) I, 148 — Dictionnaire de la législation des États Sardes, p. 542. — Costa de Beauregard, Mémoires histo- riques sur la Maison B. de Savoie, I (Turin 1816), p. 145. — Cibrario, Origini e Progressi, ecc. (Firenze 1809), II, 118. — Id., Finanze, ecc. (nelle Operette varie. Torino 1860), p. 198. — Sclo'pis, Storia dell'antica legislazione del Piemonte (Torino 1839), p. 253. — Vigna ed Ali berti. Dizionario amministrativo (Torino 1840-52), vocab. Camera dei conti. (2) Essi si trovano invece trascritti nel Registro menzionato dal Capre, che si trova tuttora nell'Ar- chivio Camerale di Torino, e porta per titolo : Statuta Camere computorum et Decreta Ducum Sabaudie ab anno 1351-1535. Serie II. Tom. XXXIV. 21 162 T PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA notizie e documenti preziosi il Capre nel suo trattato storico di questa istituzione (1). Ma non sarà inoi)portuno il ricordare in mezzo a quali circostanze in Savoia, come in altri Stati, sia sorta la Camera dei conti. Sono queste circostanze infatti che ne spiegano l'ori- gine, e l'esporle renderà più facile l'intelligenza dei nostri Statuti. La Monarchia carolingica non aveva organizzato un sistema generale d'imposte nel vasto impero. Le condizioni della pubblica finanza si serbarono pressoché immutate. Kimasero qua e là traccio dell' antico sistema tributario romano , dove le incursioni barbariche non lo avevano completamente distrutto, ma nulla fu fatto per ripristinarlo nella sua interezza, e mentre si creavano istituzioni comuni a tutto l'impero, per ciò (ho riguarda la finanza si lasciarono sussistere le consuetudini in vigore presso ciascun popolo. Fu riordinato il potere amministrativo e giudiziario, ma la riforma finanziaria non appare nemmeno tentata, e le entrato pubbliche sostanzialmente si mantennero quali erano state nei regni fondati dai barbari, allorquando l'idea di Stato appena accennava a svolgersi ed attuarsi (2). Questa condizione di cose non potè che peggiorare dopoché , sfasciato l' impero carolingico, sopra le sue rovine sorse lo Stato feudale. Confusi insieme i concetti di sovranità e di proprietà , svigorito il potere centrale e smembrato il temtorio dello Stato in tante signorie quasi indipendenti, il tributo, come la giurisdizione, doveva risentire profondamente gli effetti del nuovo ordinamento politico. Esso non può avere il carattere che ha nello Stato moderno, dove è essenzialmente di ragion pubblica, stabilito dall'autorità sovrana per provvedere a' pubblici bisogni. Non è tale che per eccezione, perchè il concetto del dominio più o meno ])ieno del signore feudale gli serve di base ; non può essere uguale per tutti i cittadini, dacché non esiste uguaglianza di classi ; non uniforme, dacché non è un'autorità sola, ma sono molte dentro i confini d' uno stesso Stato, che lo impongono e lo percepiscono. Ma quello che é più singolare si é, che la finanza regia in questo sistema è povera. Le imposizioni sono quasi infinite di numero, i pesi clie si aggi'avano sui contribuenti spesso insopportabili, ma il fisco lotta continuamente col bisogno, e non riesce che a stento a sopperire alle spese, per quanto poco rilevanti, che gli incombono. Egli è clic per la necessità delle cose anche la finanza regia è divenuta finanza feudale, e non lo sono rimaste soggette che le teiTe che dal re dipendono inimediiitamento. Il re è sovrano l'ondalo e lo rendite sue sono quelle stosse che ogni signore ha diritto di pretendere nel territorio a lui sottoposto. (1) L'opera Jol Capro finora ò l'unica su tale arfromonto, bcnehii, come altri ebbe già ad avvertire, non sia scevra di inesattezze o di omissioni, ,V. Burnier, IIì4cota (Torino, 1881), si può ve- dere un esempio di una concessione siutrum franchisiarum accordata per una somma di danaro homirùbus et comunitati hominum Montiscalerii nell'anno 1384 (p. 129 ). (6) V. i dettagli in C ibrar io, 2^m., p. 85 e segg. — Capre, op. cit., p. 227 segg. — Saint-Gen is, op. cit. I, 208,209, 456. - Wurstemberger, op. cit. p. 183. Serie II. Tom. XXXIV. 22 170 1 PRIMI STATl'Tl SOPKA LA CAMEKA DEI CONTI NELLA MONARCHIA PI SAVOIA (Quindi, sulle strade principali che gli attraversavano il fisco aveva moltiplicati i suoi balzelli. Le vie da tenersi erano designate e proibito Tabbaudonarle per seguirne altre ; quasi ad ogni castellania pagavasi il pedaggio: importanti sopra tutti erano quelli sta- biliti a Kivoli, Avigliana, Susa, Mommelliano. Ciamberì. Seisello, Borgo, Pontebelvicino, Villanova di Chillon e S. Maurizio (1). ila l'interesse medesimo che aveva indotto a crearli consigliava pure a non spingere oltre certi limiti il rigore nelle esazioni e, più ancora, a rendere sicure le strade, affinchè non avvenisse che il commercio cercasse per altri Stati passaggi più facili e meno di- spendiosi. Laonde, coi rappresentanti delle grandi società dei mercanti italiani (2) vennero più volte a patti, come i ro di l'rancia (3) , i principi di Casa Savoia. Guarentivano che i pedafTip non sarebbero aumentati, la incolumità delle pei-sone e delle merci, la celerità nella definizione delle liti che insorgessero in occasione del viaggio, l'n esempio di siffatte convenzioni è riferito dal Cibrario (4). il quale ha pubblicato il testo di una concessione di privilegi fatta dal conte Aimone nel 13GG alla Compagnia dei mer- canti di Milano, nel cui nome agivano Bertrando di Solaro e Contino Dalpozzo (5) : ma sonvene altre molte, più antiche , tuttora inedite. La più antica di cui abbiamo trovato notizia risale ai tempi di Pietro II, all'anno 12()5. addì 23 maggio ((5). K un trattato che egli conchiuse col Comune di Asti, in forza del quale si obbligava a provvedere alla sicurezza delle strade, dal ponte di Lione fino a Kivoli e da Rivoli a Pietra Crispa, jiei mercanti astesi, jn-endendoli sotto la sua salvaguardia e protezione, purché transitassero senz'armi. Rappresentava il Comune d'Asti Sicardo GaiTcto, cit- tadino astese, il quale tra gli altri patti prometteva, che quando un mercante astese venisse a patire offesa nella persona o nelle robe, i cittadini d'Asti, collegandosi cogli (1) V. in proposito i Joc. 7, 8,9, pubblicati da Cibrario in appendice al Jìiscorso II, Fin. (2) L'importanza di queste società di mercanti italiani è rilevata da Schupfer, La Società mila- nese all'epoca del risorgimento del Comune (Bologna, 1870), p. 171. (3) Ciià nel 1278 le società dei mercanti lombardi e toscani stipulavano di tali trattati coi Re di Francia. V. Ducange, Gìoss. V. Longobardi — Schupfer, op. cit., p. 172. — Rota, Storia delle Banche (Milano, 1874), p. 4-5. (4; Fin., p. 93. Nell'ii/'con. Ili, :t04, lo stesso A. dà notizia di una salvaguardia concessa l'anno 1293 da Ludovico di Savoia signore di Yaud in i)rescnza di Amedeo V all'università dei mercanti di Lombardia, Toscana e Provenza. (5) Il Capre cit., p. 228, 229 ha cercato di dare una enumerazione completa delle convenzioni con- cbinse su questo argomento dai Principi di Savoia colle università dei mercanti italiani. Ma mentre egli accenna a quelle del 12G8, del 1293, del 1321. del Vi'Hì e del 1347, registrate in seguito dal Consiglio residente di Ciamberì nel 1399, ne ha omesso affatto alcune, fra le altre, quella del 126.5 completata dalla dichiarazione dello stesso anno, e quella del 1288 menzionata nel testo. Ambedue sono trascritte in uno dei volumi dei Contracts et traités entre la maison de Savoie et Princes étrangers ^Savoia, Invent. parziale, voi. 180, f. 1 retro ) che si conservano nell'Archivio camer.ile di Torino. Quivi pure è il testo della pro- cura (in data del 1268' dei capitani dell'università dei mercanti luinb.irdi, toscani e provenzali, per chiedere la sicurezza del transito per recarsi alle fiere di Champagne e di Francia. La medesima è anche riportata nei Protocolli dei notai comitali, Prot. 410, f. 328. Altra procura pel medesimo scopo dell'anno 1288 trovasi nello stesso Prot. ff. 329, 332. Per l' antichità e singolarità loro, ci pare opportuno di inserire in appendice la convenzione e la dichiarazione del 1265, nonché la procura del 1268. La convenzione del 1268 trovasi stampata nei Mon. Jlitt. l'atr., Chart. I, 1607, e cosi pure i privilegi conceduti da Filippo di Savoia ai mercanti di Milano I, 1499). In D uboi n, Editti ecc.. possono vedersi i privilegi concessi a compixgnie di mercanti nel l.ìOl, 1347, 13.51, 1399, ecc. iXV, 706. 717. XXII, 1645, 16.54. XV, 713, 723]. '6) Per verità nel Registro dei Contracts et Traité.t sopra cit., dove èf riferito in compendio il tenore dell'atto, gli è assegnata la data dell'anno 1255. Ma dev'essere per errore, come risulta dal confronto colla dii'hiarazione susseguente. CESARE NANI 171 nomini flei castelli o delle terre , che il conte di Savoia possedeva in Lombardia e Piemonte, avrebbero mosso guerra all'offensore, od a chi gli avesse dato rifugio, od al luogo d"onde quegli si fosse partito, senza addivenire a pace o tregua, prima che l'offeso avesse riportato piena restituzione ed ammenda. Diede occasione ad un' altra convenzione, che segue questa prima per ordine di data, la cattura ingiustamente sofferta nelle terre del conte di Savoia da Gioffiredo Guerra e Masino Amodosi, ambasciatori e nunci dei capitani e della società dei mer- canti oltramontani per le fiere di Champagne e del liegno di Francia. Fu stipulata fra Amedeo V e Eogeri di Casate milanese, capitano di detta società, add'i 3 marzo 1288. Onde cessare l'ingiuria, i danni, V obbrobrio, le molestie e le spese che quella ingiusta detenzione avevano causato alla società, il conte pagò centoventicinque lire turonensi, mediante le quali si dichiarò sopita ogni questione. Dopo d'allora frequentemente si rinnovarono i trattati fra i Principi di Savoia e le società dei mercanti italiani. VI. Colpivansi di tasse i mercanti che transitavano per le terre della contea di Savoia, ma più gravi ancora erano i tributi che si imponevano su coloro che vi fissavano la loro residenza per attendervi alle operazioni di credito. Erano questi Ebrei e Lombardi, perchè con (]uesto nome vi si designavano, come in Francia (1) ed in Inghilterra (2), i prestatori italiani. L'industria che essi esercitavano era condannata dal diritto civile e canonico, dacché l'usura consideravasi come peccato e come delitto ; contro i primi poi si agitavano odii feroci di razza e di religione. La leggo negava efficacia al contratto dove fosse indizio di usuraria praritas ; il prestito ad interesse non aveva azione davanti ai tribunali; ma ciò non impediva che esso fosse frequente nell'uso. Più elevata, come suole, ne risultava la misura dell'interesse, ma ad Ebrei e Lombardi ricorrevano, strin- gendo il bisogno, principi e baroni e borghesi (3). La sicurezza delle persone e delle proprietà che il diritto comune loro negava acquistavasi dai medesimi in Savoia, come in Francia, mediante speciali patti (4) rinnovati di tanto in tanto, dai quali ritraeva (1) Si appellarono, fino a tutto il secolo XIII, Caorsini. Intorno all'origine del qual nome si disputa da gran tempo fra gli autori. Alcuni, e sono i più, vorrebbero farlo derivare da Cahors (antic. Cadurcum) in Francia. Altri invece da Cavour (antic. Caorsa), terra del Piemonte. Altri dai Corsini, famiglia di Firenze. Cons. in proposito Ducange-Henschel, (floss. (Paris, 1840-50), voc. Caorsini. — Muratori, Antic[. Ital. M. Ae. I, Diss. XVI, t. 890. — Depping, Essai sur les Juifs au moyen àge. — Ci- brario, Econ. ITI, 162 segg. — Rota cit., p. 44 segg. 2i V. Bagehot, Lombard Street ou le marche financier en Angìeterre (Paris, 1874), p. 76. (3) In Costa de Beaurogard, Matériaux, p. .56, è fatto cenno d'un mutuo contratto dai sindaci di Ciamberì l'anno 1397 con certo Jaczono jìideo. La somma era di settanta scudi d'oro ; furono dati in pegno parecchi oggetti preziosi e convenuto l' annuo interesse del 289 "/o ■ (4) C i b r a r i , Fin., p. 76 segg. — Saint-Genis, op. cit., p. 284, 456. — Wurstemberger, op. cit., p. 178, 179. I privilegi concessi agli Ebrei ritenevansi però sempre come contrarli al diritto comune sebbene fondati su speciali convenzioni. V. Sessa, Tractatus de Judaeis (Augustae Taurinorum, 1717), e. III. — Di una fra Io più antiche concordie fatte cogli Ebrei è menzione in doc. 22 febbraio 1309 pub- blicato dal C i b r a r i , Discorso III, Fin., appendice n. 6... prò concordia quam nuper fecimus cum judeis. Lo stesso A. ha pubblicato in appendice al Dùìc. II, n. 3 il testo dei privilegi conceduti da Odoardo di Savoia ad alcuni Ebrei, 17 novembre 1323. 172 1 PKIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA BEI CONTI NELLA MONARCHIA HI SAVOIA non mediocre profitto l'erario. I conti dei castellani citati dal Cibrario (1) dimostrano come a caro prezzo comperassero gli Ebrei la facoltà di mercanteggiare e di prestare ad usura, ed i protocolli dei notai ducali stanno a provare qual profitto sapesse tran-e il fisco dalle casanr tenute dai Lombardi (astigiani sopratutto) che fiorivano in ogni parte del dominio di Savoia. Sulle vendite era imposta la gabella detta Iryda o lei da in danaro od in natura. Trattandosi di vendita al minuto di commestibili, riscuotevasi il ho ii raggio ed il pr- saggio, e nelle alienazioni delle case il irczow (2). Infine erano tributi ordinarii che pagavansi dai borghesi annualmente per ragione dei loro possessi , secondo la diversa qualità dei medesimi, 'i treni, il ierrayium. e, specialmente al di qua dei monti, il tesaggio, il fenestraggio, il eulmugio (3), ed il focaggio (4). VII L'enumerazione sommaria di queste gravezze , per certo incompleta , dimostra a quante fonti attingesse a quei tempi la pubblica finanza le sue entrate. E tuttavia, per quanto numerose fossero le contribuzioni, e per quanto duramente pesassero sopra i soggetti, a mala pena esse potevano dare un frutto sufiìciente. Clii percorre i pro- tocolli dei notai comitali di quell'epoca vede a quali spedienti il principe sia costretto a ricorrere, segnatamente quando sorge (jualche imperioso bisogno ili danaro. Le pene incorse troppo frequentemente si commutano nel pagamento di una somma, sempre arbitrariamente fissata, e quando la necessità si faceva sentire imperiosa, non si rifuggiva da mezzi estremi (5). Le spese dell'amministrazione sono tenui, come dappertutto dove il feudalesimo ha usurpato le più importanti funzioni della sovranità, ma il fasto della Corte, le splendide giostre (6), e più che tutto le spedizioni militari erano causa d'ingenti spese. Il maggior vizio che allora travagliasse la finanza pubblica era l'incertezza delle entrate , la (luale impediva che si potesse prevedere sicuramente quale sarebbe stato in definitiva il prodotto delle riscossioni in ogni singolo anno. La qualità delle imposte che variavano, anche (juanto alla misura, da luogo a luogo, ne era una delle cagioni : (1) Fin., p. 78 segg. Notevole è il documento da lui riferito (n. 3) che contiene un salvacondotto di Edoardo. (2) Trezenum seu decimum tertium denarium è detto nel Prot. 24, f. 16. Intorno a questo tributo erano sorte contestazioni fra Amedeo VI ed il Comune di Cianiberi. Furono transatte con atto del 16 gen- naio 1366 (Costa de Beaurogard, Matériaiix, p. 53 1. In seguito emanò in data del 7 marzo 1382 una Declaratio locoriim in quibiis debentur Teysie et Trezenum in villa Camberii {in Jolly, p. 495, e Duboin, XXI, 1186) dello stesso principe, ed altra successiva dell' 1 1 maggio 140'J. Declaratio Amedei comitis in quibiis casibiis debeatar trezenum | in Jolly, p. .'iOl). Ivi ò dichiarato che il trezeno « com- petit quotiens et quando ea (domusl contingit quomodolibet alienari >. (3) Del culmagio è data la definizione nel Frot. 115, f. 4 e 5, a. 1351. ;4) Cibrario, Fin., p. 72 segg. — Costa de Beauregard, Matériatur , p. 52. — >V u r - s tem be r gè r, op. 1. cit., p. 176. — G r i 1 le t , op. cit., p. 40. — Sa i n t - G e n i s, op. cit., p. 455. i5) Cibrario, Fin., p. 200. — Econ. IH, 199. - Ricotti, op. cit., p. 85. — S a i n t - G e n i s, op. cit. I, 458. '.6) È noto che la Corte di Amedeo VI, come prima quella di Amedeo V, distinguevasi pel lusao. Cibrario, Econ. II, 180; HI, 128, 133. — Ricotti, op. cit. I, 168. — Baudrillart, Ui^toire du luxe (Paris 1880), III, 212. CESARE NANI 173 ma si aggiungevano le difficoltà dell'esazione, la negligenza, la malafede e la corruzione degli impiegati. La debolezza della Monarcliia rivelavasi necessariamente anche rispetto all'azienda finanziaria, e per conTcrso doveva rinunciare all'audacia delle iniziative il principe die troppo spesso vedovasi venir meno i mezzi per effettuarle. La monarchia feudale non poteva avere un bilancio preventivo (1). Come bene ha avvertito il Oibrario (2). il metodo di ridurre tutti i rami d'entrata e di uscita in uno specchio generale e di fame un ristretto fu invenzione delle repubbliche ita- liane (3). Perchè si potessero detei-minare esattamente le enti-ate e le spese, era neces- saria l'imposta fissa, l'imposta generale, a somiglianza di quella che i Comuni liberi avevano introdotta (4). I primi tentativi per stabilirla si connettono coi primi tentativi che la Monarchia fece nell'ordine anmiinistrativo e giudiziario per centralizzare il potere. In Francia essi risalgono forse all'anno 1147, quando Luigi A^II impone la tassa del ventesimo, od al 1188, allorché Filippo Augusto stabilLsce la celebre drchiin salodina (5). Ma. anche quando vogliasi ritenere che questi tributi avessero il carattere di una imposta, secondo il concetto moderno ((i), certo è ciie la resistenza clie essi incontrarono fu tale che indusse il re a riimnziarvi. Filippo Augusto non solo lascia cadere in dissuetudine la decima saladina. ma dichiara, con lettere patenti del 1189. che né egli né alcuno dei suoi successori commetterà più la stessa co/jja , né si permetterà una cos'i condan- nevole audacia: perocché ninno deve essere dispensato dall'osservanza di una misura alla quah^ egli sottomette la stessa sua maestà regia. Luigi il Sauto vi si conforma, dacché per tutta la durata del suo regno si accontenta dei donativi delle città. Finché non sia possibile instaurare la finanza regia sopra le rovine della feudale, la monarcliia deve limitarsi a portare lordine nelle spese, a sorvegliare i suoi impie- gati, ad iiistituire un controllo serio ed efficace, a preservare da ogni offesa e da ogni usurpazione i suoi diritti patrimoniali. A ' per., t. 34, an. 1879) , pag. 438. (4) La e.stensionc del mandato loro conferito risulta dal Prot. 53 , f. 124 a. 1462 e cum piena et ampia potestate inquirondi cxquirendive iura nobis et demanio nostro spectantia circha bona feudalia et alia que a nobis iiioventur , in ipsa patria consistentia , comissionesque , cscbeytas , census et redditns annuos cum aliis actionibus, droyturis, partinentiis etc. etc. nobis pertinentibus ». Anche più parti- colareggiata è la luterà eoinmis.tionis extenlarum, a. 1448 che si legge nel Protocollo de Clauso (n. 91, f. 144), Ludovicus dux etc. universis serie presentium fiat manifestum quod tam castra, fortalicia, manda- menta atque loca sancti Martini . . . certis legitimis causis ad nos nostrasque raanus devenire volentes . . . Anthonium Boynerii facimus et constituimus per presentes commissariura receptoremque extentarnm nostrarum pariter et regichiarum castrorum mandamentorumque et locorum praedictorum suarumque soli- tarum pertinenciarum eidem Anthunio propterea plenam et onmimodam conferentes potestatem auctoritatemquo ipsas extentas et recognitiones recipiendi, illasque in debitam formam conficiendi et redigendi, bona et alia que tenent ad cau-am dictorum castrorum et locorum recognoscere, recusanciura ad manus nostras redigendo, processusque adversus eos formandi, illos citandi, arrestandi, secundum casaum exigen- ciam , etiam relaxandi et poenas eis imponendi ac alia universa et singula circa hanc raateriam faciendi que per alios conmiissarios et reccptores extentarum nostrarum debite fieri sunt assueta ». (5) Di simili conferme di concessioni di borghesia si può vedere esempio in doc. 3 gennaio 1323 pub- blicato da Cibrario in appendice al Disc. I, Fin., n. 7. Serie li. Tom. XXXIV. 23 178 1 PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA PEI CONTI XEI.LA MONARCHIA DI SAVOIA cevuto qualche donativo illecito, o pigliato alcuna cosa pei pagamenti che sono stati incaricati di fare (1). In base ai ruoli da loro compilati, i castellani eseguivano le riscossioni e si controllavano i loro conti. Il qual controllo esercitavasi in origine dal Consiglio del Principe. Perocché nella monarchia feudale è in questo che si accentra ogni potere. E col suo consenso che emanano i decreti ; esso è che decide nelle cause deferite alla giurisdizione sovrana ; è col suo concorso che si compiono gli atti più importanti di govemo. Quindi in esso mette capo tutta l'azienda finanziaria. Il Consiglio è composto di baroni e di altri dignitarii ecclesiastici; solo a poco a poco la monarchia potè introdurvi uomini di sua fiducia, scelti fra esperti giureconsulti ed amministratori; e fu uno dei suoi trionfi nella lotta contro il feudalesimo l'essere riuscito a comporlo a suo grado. Ancora nel secolo XIII mandavansi in ogni l)aliato uno o due fra i membri del Consiglio del Principe di Savoia ad esaminare i conti di ciascun castellano (2). Ma in progresso di tempo fu ordinato che i castellani stessi si portassero dove il Principe aveva dimora insieme col suo Consiglio. I conti degli ufficiali debbono rendersi al Principe ed egli li riceve assistito o rappresentato dal suo (Consiglio (3). Tale è il concetto a cui si infonna (juesta prescrizione. Lo stesso avveniva anche in Francia, intorno a quell'epoca. La curia reyis. tra l'altre funzioni che esercita, ha quella di verificai'e i conti dei Comuni e degli ufficiali regii (4). Da questo Consiglio si sviluppa in Francia, come in Savoia, il Consiglio stabile, con attribuzioni giudiziarie , destinato a diventare la Corte suprema di giustizia. In Francia anche prima di Filippo il Bello (5) ; in Savoia sotto Aimone o non molto tempo prima (6). Ui qui doveva pure sorgere la magistratura a cui si sarebbe affidato il principal posto nel governo della pubblica finanza, e primo e più importante ufficio fra tutti il controllo su tutte le spese e su tutte le entrate, la Camera dei conti. (1) Si trova neirArchi\io camerale di Torino e lo ha riferito Cibrario, Fin., p. 195 come il più antico che si conosca in proposito. Di altri Statuti di Aimone pubblicati nel 1341 o 1342, intomo ai conti ed ai chierici, che sono andati perduti, è menzione in Cibrario, Fin.,p. 198; Storia, III, 62; Origini, II, III. (2) Cibrario, Fin., p. 88. [S] Trovo infatti nel Regesto ^ei Principi d'Ae({ja cit. di Saraceno agli anni 1323-24, 1334, 1379-81 csempii dei conti ricevuti in presenza del Principe, assistito da consiglieri e segretari! ; ed una formola di approvazione dei conti ò cosi concepita: « Nos Philipims de Sabaudia princcps Aihaje confitemur quod omnes et singulas libratas suprascriptas, et contentas in hiis tribus cedulis simul annexis, vidimus et examinaviraus pcrsonaliter, presente Reviglono de S. Julia clerico nostro, et quod Franciscus Nasaporìs clericus noster ipsas omnes libratas factas ut supra fecit de nostro speciali mandato. .. » (p. 115-116\ (4) Goffro)', La Chambre des compte.i de Paris nella Rev. de deti.v mondes , 3"" per. , t. 5, a. 1874), p. 750. (5) Louandre, 1. cit. p. 438. ifi] V. l'ordinanza relativa negli Statuti dell'anno 1379, cit. p. 49 ed ibid. p. 6. CESARE NANI 179 Ma come accadde, che questa Camera si distaccasse dal Consiglio del Principe e, cessando di farne parte integrante, si costituisse in corpo separato, avente un proprio organismo, capi ed ufficiali proprii? Perocché è necessario di por mente a questo, che la Camera dei conti, nel senso vero della pai'ola , non ebbe vita quando inco- minciò ad esercitarsi la funzione del controllo, e neppure quando fu stabilito il luogo in cui dovesse esercitarsi, ma si bene quando il controllo fu deferito ad un magistrato speciale. La qual cosa , per non essere stata bene avvertita . lia indotto in en'ore quelli che finora si occuparono delle finanze negli antichi Stati Sabaudi, e fece cre- dere a taluno la istituzione della Camera dei conti più antica clie in realtà non sia, almeno a nostro avviso. Cosi il Capre, seguito in ciò da altri autori (1). ha inteso in un capitolo della sua opera (2) di dimostrare che la Camera dei conti fu dapprima ambuhvtoria , come era ambulatorio il Consiglio del Principe , e più tardi diventò stabile a Ciamberi , per modo che essa troverebbesi già in funzione ante- riormente all'anno 1351. 11 Costa de Beauregard poi lia creduto di poter fissare all'anno 1295 la data della istituzione di detta Camera (3). Ma è da notare che i documenti citati da Capre non provano altro, se non che prima del 1351 vi erano computisti a cui si rendevano i conti dagli ufficiali, e clic già sotto il governo di Aimone vi ha cenno di aiaìitores computorum, che sono nel tempo stesso fiimiì/arrs del principe. Di un documento pure da lui invocato , dal quale apparirebbe che già nel 1267 si rendessero i conti in camrra computoruni . è im- possibile tener conto, peixhè la sola menzione che egli fa. di averlo trovato in un vecchio registro della Camera dei conti (4) , non basta a stabilirne ne l'autenticità né l'epoca. Ora la denominazione di familiarcs indica che le persone accennate in (juei documenti facevano parte del seguito del principe (5) , onde, se appellavansi audi- tor es cowjmtorum, gli è perchè in qualità di consiglieri o segretarii attendevano al- l'esame dei conti. Per altra parte non è punto in (luestione clie la resa dei conti si facesse anche prima del 1351, poiché ciò risulta dai conti delle castellarne, e risulta anche dall'ordinanza che, secondo il Capre (6). sarebbe stata emanata nel 1343 da (1) Ad es. lo Scloiiis, Storia dell'antica legislazione del Piemonte ^Torino 1833), p. 253, ed Albini, Storia della legisla:ione in Italia (Vigevano 1856}, p. 227. (2) Prcm. Part., chap. III. (Sì Matériaux cit., p. 14 segg. (4) In quel registro sarebbe detto primo quod dominus de anno domini millesimo ducentesimo sexagesimo septimo et ante habebat castrum et eastellanum in civitate Gebennarum qui in Camera computorum computabat. Capre, p. 20. (5; La cosa ò certa quanto a Pietro di Montgelaz , clie è appellato per lo appunto familiaris Domini nel doc. cit. da Capre a pag. 21, dacché lo si trova fra i membri del consiglio nelle lettere di Amedeo VI del 1355. Saraceno, Registro dei principi d'Acaja, cit. a. 1295 (p. 114^: — « presentibus plurimis tam sapientibus, quam familiaribus Dili, quos secum mandaverat prò Consilio » — a. 1395 (p. 115) «... a dno Jacobo de Palaizonibus de Florencia prò sigillo litterarum sue farailiaritatis et officii taurinensis et consilii » . (6) Op. cit. p. 57. 180 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA Ludovico di Savoia, signore di Vaud, ed Amedeo, conte di Ginevra, in qualità di tutori di Amedeo VI. In essa infatti sarebbe stato prescritto che nel rendere il conto ciascun ufficiale debba pagare le rimanenze , e non allontanarsi tinche ciò non abbia fatto . sotto pena del duplo (1). Per conseguenza, ciò che di più importante si ricava da quei documenti si è che vi dovevano essere alcuni fra i consiglieri i quali parti- colarmente occupavansi della contabilità, ma non se ne deduce certo la prova che fin da tempo antichissimo fosse costituita . come organismo autonomo , la Camera dei conti. Né più fondata è Tipotesi del Costa de Beauregai'd. Tutto il suo ragionamento si fonda su ciò, che nel 1397 essendosi trattato di trasportare da Ciamberì a Bourg la sede e gli archivi della Camera dei conti , il comune di Ciamberì vi si oppose, facondo valere in due memorie, indirizzate una al Conte di Savoia e l'altra al suo Consiglio stabile, che essi erano stabiliti in castro et villa di Ciamberì da tempo cosi antico qiiod dr contrario memoria hominis non existit. Ora, siccome il castello di Ciamberì diventò proprietà dei Conti di Savoia precisamente nell'anno 1295, ne risulterebbe che in quell'epoca dovette essere istituita nel castello di Ciamberì la Camera (lei conti. La congettura avi-ebbe ancora appoggio nel fatto, che solo dopo il 1295 si troverebbe nei conti dei castellani ed altri ufficiali l'indicazione che essi furono rice- vuti apud Camheriacum. Ma è troppo ovvio l'osservare come, quando pure riuscisse dimostrato che incominciarono in quell'anno a riceversi e conservarsi i conti in Ciani- beri, nulla prova ancora che vi funzionasse la Camera dei conti. I documenti alle- gati dal Costa di Beaui'egard possono giovare come indizio per precisare l'epoca in cui cessarono i consiglieri del principe di levare i conti nelle castellarne, e dovettero gli ufficiali renderli a Ciamberì, ma non se ne può traiTO nulla di più. In definitiva esistevano già prima del 1351 certi elementi che dovevano rendere più agevole lo stabilimento della Camera dei conti, ma non la Camera stessa. Sarebbe infatti difficile a supporre che questa si trovasse già stabilita in Savoia prima che fosse organizzata in Francia , mentre tanta parte del diritto pubblico sabaudo si è modellata sul francese ; più difficile ancora se si consideri che la prima origine della Camera dei conti nei paesi dove essa è sorta primieramente è dovuta ad influenze nor- manne, le quali non si vede per quali vie avrebbero potuto esercitarsi immediatamente in Savoia. ZI. La Camera dei conti nei suoi principii è istituzione normanna. In Francia, come in Inghilterra, come nel regno di Napoli , essa si sviluppò dai germi lasciativi dalla con(iuista dei Normanni. Vi si atteggiò diversamente, ma nella varietà delle foime si (1) Ecco il testo della disposizione, quale è riferita da Capre, il quale però non dà altre indicazioni pre- cise in proposito : < Itcm quod in redditione computi quilibet ofticiarius suam remanentiam tenc.itur solvere cnm etTcctu, nec de loco doncc solvcrit audeat recedere, sub rcmancntiac poena dupli ; computatoribus autem specialiter est iniunctum etc. >. CESARE NANI 181 intraTedono ancora i lineamenti di un istituto più antico, frutto del genio finanziario di quel popolo (1). È soprarvissuta, pur modificandosi profondamente, in Francia ed in Italia, in mezzo a tante mutazioni politiche ; mentre in Ingliilterra il vecchio Excìiequer perdeva ad una ad una le sue attribuzioni , che trasferivansi a nuovi uffici (2) , ed ancora recen- temente la Court of Exchequer, che ne era diretta emanazione, scompariva come tri- bunale speciale per di-rentare una sezione della suprema Corte di Giustizia (3). Le prime traccie di questo istituto appaiono in Normandia (4). Anche là esiste una corte feudale la curia ducis , che è il Consiglio onde si circonda il Duca, che con lui divide la pienezza del potere. Amministrazione e giurisdizione si concentrano in esso; ma fino da tempo anticliissimo la sua cura principale si rivolge alla pubblica finanza. Lo spirito finanziario prevale qui, come in tutto il diritto pubblico normanno, e della sua influenza si è risentita nel suo sviluppo la costituzione inglese. Perciò prende il nome di curia ad scaccarium (c'ckiqmer, exchequer (5)), dal tappeto che è steso sopra il tavolo a cui siede la Corte che riceve i conti dagli uffi- ciali. Il nome non comparì in Normandia che sotto PJnrico II, mentre se ne trova più antica menzione in documenti inglesi ; ma la priorità non può per questo motivo essere contestata alla Normandia (G). Fin dal tempo di Enrico I ne fanno parte insieme coi barones, i rappresentanti del feudalesimo che vi siedono per diritto proprio, i iustitiarii, persone elette dal re. In progresso di tempo andò scemando il numero dei primi e lo scaccarium fu com- posto essenzialmente di iusticiarii chierici e borghesi, specialmente esperti di cose am- ministrative, tanto che sotto Enrico II (1151-1189) sopra sette membri uno solo è nobile (7). Dapprima lo Scacchiere seguitava il Duca dovunque si recasse ; sotto il regno di Enrico II viene stabilito che YÉchiquier des coniptrs si raduni il dì di S. Michele (1) In altri Stati , come è noto , la Camera dei conti non fu introdotta che in epoche relativamente recenti. In Prussia ad es. la sua prima organizzazione è dovuta a Federico Guglielmo I che la costituiva con ordine di gabinetto del 16 giugno 1717. E. Mejer in Holtzendorffs Rechtslexicon,^': Aufl., vocab. Oberrechnungskammer. (2l V. Gneist, Das Englische Verivaltungsrecht, Il .Berlin 1^67), § 61. (3) Ciò in forza del Supreme Court of Judicahire Act, 1873 (36 et 37 Vict. cap. 66). (4~, L'argomento fu oggetto di erudite indagini per parte di più autori. Il primo che se ne occupò è Madox, The funtori/ and antiquities of the exchequer from the Norman conqitest to the end of the Reign of King Edward II (London 1769;. Primeggia fra tutti la dissertazione (rimasta incompleta) di D elisie, Les revenus piiblics en Normandie au douzième siede (neìld Bibliothèque de TÉcole des Charles, Sèrie II, 5; Serie III, 1, 3). Sono pure da ricordare Thomas, History of Exchequer 1846 ed Id. Notes of materials for the history of publics Departetnents , 1846. Pregevoli appunti si trovano in Brunner, Die Entstehung des Schiciirgerichte (Berlin, 1871), Vili. — Id. Die Quellen des Norman- nischen Rechts ^in Holtzendorffs Encyclopàdie, p. 244), e Gneist op. cit., I, § 13. (5) Sull'etimologia del vocab. vedi Delisle cit., t. V, 268. Nel Dialogus de scaccario (in Madoi Parte 2."): « Scaccarium tabula est quadrangola quae longitudinis quasi decem pedum, latitudinis quinqne, ad modura mensae circumsedentibus apposita undique habet limbum altitudinis quasi quatuor digitorum' ne quid appositum excidat. Superponitur autem scaccario superiori pannus internus Paschae emptus, non quilibet, sed niger, virgis distinctus, distantibus a se virgis vel pedis, vel palmae extentae spacio >. (6) V. Delisle cit. , p. 270. — Gneist, op. cit. I, p. 201. — Brunner, Die Entstehung, p. 150. Quellen, p. 244. (7) Delisle, p. 273. — Brunner, Entstehung, p. 151. 182 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVulA nel castello di Caen , per ricevem i conti (1). Sono tenuti a presentarsi per ren- derli tutti gli ufficiali contabili del Ducato, o personalmente o per mezzo di procu- ratori, e tutti quelli che sono in debito verso il tesoro. Vengono introdotti, l'uno dopo l'altro, nella sala dove la Corte tiene la sua seduta per leggervi la memoria di quanto ciascuno ha ricevuto e speso. La Corte conti-olla, tenendo per base, per ciò che riguarda le entrate ordinarie, il conto degli anni precedenti ; per ciò che riguarda le variabili, le informazioni ricevute dalla cancelleria ducale, che le trasmetteva gli atti per cui quelle erano soggette ad aumento o diminuzione. Oltre a ciò l'ufficiale rendendo conto di queste doveva presentare le lettere od ordinanze relative. Costituivano spese ordinarie le elemosine, i feudi ecc.: fra le entrate straordinarie erano quelle provenienti dal- l'amministrazione della giustizia. Dopo Ein-ico II trovandosi il demanio ducale impo- verito, queste diventano la principale attività del fisco, e le sportule giudiziarie tengono il primo posto nei l'uoli dello scacchiere (2). Approvato il conto lo si trascriveva nel Bofìtiiis annnlia (3) dello scacchiere. Tale era l'organismo dello scaccnriiim in Normandia sorto nell'undecimo secolo e via via perfezionato nel corso del duodecimo. XII Ed anche in Italia , nel regno di Napoli e di Sicilia da loro conquistati, por- tarono i Normanni i germi di questa stessa istituzione , di cui si possono scoprire alcuni indizi nelle costituzioni di Federico II (4). Negli ordinamenti clie vi stabi- lirono tiene un posto insigne il sistema finanziario. Non si trova menzionato lo scac- carium, ma esiste un ufficio a cui spetta la funzione del controllo su tutti gli impiegati che hanno il maneggio del pubblico denaro. È questa la Magna curia rationiim (5). (1) Deli s le, p. 272. (2) Brunner, Entstelmng, p. 1-51. (3) Furono conservati in tutto od in parte quelli del USO, 1184. 119.5, 1198, 1201 e 120.3. Li pub- blicò Stapleton col titolo Magni rotuli scaccarii Xormnnniae, London 18401844, corredati di Obser- vations on the great rolls of the Exchec^ner. Li ristamparono Ledi a u de d'Amsy e Charma nelle Mémoires de la Société dcs Antiquairea de Normandie, voli. 1.") e 16. Nelle stesse Mcmoires, voi. 16. Deli si e pubblicò un frammento del ruolo del 11 '^4. i4) Cons. Gì anno ne , Istoria civile del liegiio di Xapoli (Milano, 1821), HI, lib. XI, e. 6, § V. — Gregorio, Considerazioni sopra la Storia di Sicilia. (Palenno 18051 — Bianchini, Storia delie Finanze del Regno di Napoli (Palermo, 1839). — R a u m e r , Geschichte der Hohenttaufen III ! R e u t- 1 i n ff e n , 1829 ). - Huillard-Bréholles, Historia diplomatica Friderici secundi, I (Parisiis, 1 8.">9) Introduction. — Portile, Storia del Diritto italiano, II ^Padova, 1880j, p. 321 segg. —La M a n t i a, ■Storta della Legislazione di Sicilia, I (Palermo 1^1 i. — Del Vecchio, ia legislazione di Fede- rico II imperatore ^Torino 1874). (.5) Inesattamente, a nostro avviso, vorrebbe il Gregorio, op. eit. p. 41, attribuirle un'origine romana- L'ordinamento finanziario romano non ebbe mai alcuna istituzione che rispondesse all'ufficio della Camera dei conti. I Quaestores urbani non sono i controllori dell' azienda finanziaria; sono invece i custodi dello erario pubblico di cui tengono le chiavi. Domi peciiniam publicam custodiunt, dice Cicerone (De kg. 3, 3, 6 ) sono i cassieri dello Stato, perciò mentre curano le esazioni fanno i pagamenti che loro ven- gono ordinati dal Senato. Il loro ufficio è chiaramente descritto da Pomponio, 1. 2, § 22. D. de O. 7. ( 1. 2): € Deinde cum aorarium populi auctius esse coepisset, ut essent qui illi praeessent, constituti sunt quaestores, qui pecuniae praeessent, dicti ab eo quod inquirendae et conservandae pecuniae causa creati erant ». D'altronde essi non costituivano un consiglio stabile, ina erano magistrati eletti annualmente e cum pari CESARE NANI 183 Essa è composta di magistri rationnlrs o mugistri rationmn curiae i quali, proba- bilmente sotto la direzione del logoteta (1), esaminano i conti dei giustizieri e di tutti gli ufficiali fiscali, dopo che già sono stati verificati una prima volta dai razio- nali (2). L'incarico dei magistri non è che temporario, quindi cessa allorché hanno rice- vuto i conti che sono deputati ad esaminare (3). Se essi cumulassero colle funzioni di revisione anche quelle giurisdizionali, e specialmente di giudici d'appello delle Corti scerete, è dubbio (4). Stabilivano il loro ufficio, le scholue ratiocinii, là dove potessero più comoda- mente portarsi gli ufficiali, i cui conti trattavasi di verificare. Quindi, da principio almeno, la 31. curia rationum non dovette aver sede fissa. Tuttavia radunossi già da antico per la Sicilia a Palermo (5) e pel Kegno di Napoli a Barletta (6). In una costituzione di Fedeiùco II è stabilito che d"ora innanzi le secU dove si rice- vono i conti sieno Monopoli , Melfi e Caiazzo, per guisa che a ciascuna di esse si rechino gli ufficiali dai giustiziariati })iù vicini. Nella stessa si ordina, che , sorgendo qualche dubbio relativamente alle rese dei conti, debbano i maestri consultarsi a vicenda e ricorrere per consiglio, occorrendo, alla Magna curia. Oltre a ciò sono date in altra costituzione alcune norme circa al modo da tenersi nella verificazione dei conti (7). potestate, d'onde è noto quali conseguenze procedessero; ed univano altre funzioni allo finanziarie, special- mente quelle attinenti alla giurisdizione criminale che furono forse le più antiche. Sul carattere della questura romana cons. principalmente L a n g e liiimiscJte Alterthiimer (3" Aufl. I, Berlin 1876', 881 segg. — Mommsen, Riimisches Staatsrecht, II (2" Aufl., Leipzig 1877', p. 511 segg. — Willem s, Le Droit public romain (4"" édit., Louvain 1880), p. 297 segg. — Madwig, Die Verfamng ii. Verwal- tung des Riitn. Staates, I (Leipzig 1881', p. 438 segg. — Walter, Gesch.des ròm. Rechts (2" Aufl., Bonn 184.5\ I, §§ 128, lfi3. — Padelletti, Storia del Dir. romano (Firenze 1878), p. 24. — Neppure 1,'redo che abbia qualche analogia colla Camera dei conti moderna l' ufficio del Procurator a rationibus o rationalis nummae rei che diventa più tardi il Comes sacrarum largitionum. Infatti egli può paragonarsi ad un ministro di finanza (Puchta, Cursu.,ììl (Bonn 1860!, p. 71 segg. Willems, p. 606 segg. — Del resto, non è punto escluso che anche a Roma si esercitasse una revisione sopra le riscossioni e le spe.se pubbliche, poiché senza questa non è concepibile una ordinata amministrazione finanziaria. Ma è moderno il trovato di una magistratura, la quale, senza essere depositaria del pubblico danaro e senza ingerirsi nella sua erogazione, abbia per suo unico ufficio il controllo finanziario. Questo della Camera dei conti è un istituto proprio del diritto pubblico moderno, il quale, assai più che non il diritto privato, tende a scostarsi dalle basi del diritto antico. (1) H u i 1 1 a r d - B r é h 1 1 e s , Intr. cit. p. CDXVII. Del Vecchio, cit.. p. 206. (2) Giannone, cit. p. 500. - Raumer, cit. p. 440. — Gregorio, cit. p. 39. ^3) Non si nominavano mai più di tre quattro ma(7is e 1288, erano impiegati di regia nomina. Per tal guisa si trovò costituito un ufficio autonomo a cui spetta il controllo supremo su tutta lammimstrazione finanziaria del regno. Stabilita a Parigi, la Camera dei conti esamina tutti i conti del regno, ne verifica l'esattezza, li approva e decide con pienezza di giurisdizione in tutte le cause relative alle entrate regie (5). Coli' accrescersi dello Stato però la Camera dei conti di Parigi, pur serbando la preminenza su tutte, vide ele- varsi d'attorno parecchie altre Camere provinciali, stabilite in differenti località (6). XV In Francia adunque noi troviamo organizzata (juesta istituzione sul principio del secolo decimoquarto. Di là è venuto linipulso onde essa si costituì anche in Savoia. Vi è sorta dagli stessi elementi, con un procedimento congenere, e lo Statuto di Amedeo \ I del 7 febbraio 13,")] è il primo documento che ci annunzia in modo positivo la sua apparizione. Esso è redatto in francese antico, ed ha ti'entasette capi, concepiti talora in forma così rozza che ne riesce difficile l'intelligenza. La sua importanza consiste essenzialmente in ciò, che con esso è creato un nuovo ufficio, e ne sono esattamente regolate le funzioni. L'ufficio è quello di maestro dei conti (mrstrr ) Maury cit., p. .").')(). (6) Cosi fu creata quella di Montpellier nel 14l'2; quella di lìouen nel 14.");i, quella di Dijon nel 1477, di Aii nel 1483, di Nantes nel 1492 ecc. Xoel cit., p. 445. CESARE NANI 187 in rigore (1), e ve n'ha alcuna che evidentemente ha solo effetto transitorio (2). Secondo la consuetudine dell'epoca (3) , esso ha l'apparenza di una serie di istruzioni date ai due maestri dei conti che venivano insigniti di tale carica. Ma ciò nonostante, non può cader dubbio che gran parte delle norme in esso contenute erano destinate a rimanere in osservanza, e che lo scopo loro era di costituire un nuovo organo nel- l'amministrazione finanziaria dello Stato (4). I due maestri dei conti ivi nominati sono Pietro di Montgelé e Guillermet Bon, e loro è affidato il controllo delle finanze, la sorveglianza degl'impiegati che vi sono addetti, la cura di provvedere alla incolumità dei diritti patrimoniali del conte. Perciò è detto fin dal principio dello Statuto che d'ora innanzi i conti debbano riceversi per loro ordine dai chierici a ciò deputati . e che essi , per la fedeltà a cui sono tenuti verso Monsignore, faranno in modo che gli ufficiali sieno prontamente li- berati affinchè non abbiano a lagnarsi come altre volte accadde (5). È stabilito che gli ufficiali debbano effettuare personalmente, se il Conte non abbia diversamente ordinato, o non possano addurre qualche giusta causa, la resa dei conti. Quando sieno rappresentati da un ])rocuratore, occon-erà che questi sia munito di pieni poteri, e ne sarà ritenuta la procui-a (fi). Non è ammesso a rendere il conto chi non al)l)ia prima giurato di renderlo esatto e fedele, uè a riceverlo il chierico che l'abbia ricevuto dallo stesso ufficiale l' anno innanzi. La pena dolio spergiuro è di venticinf|ue lire forti, e sarà annotata a conto dell'uf- ficiale (7). Nei cimti poi i castellani dovraiuio computare anche le (Indir ricevute in occasione di accensamenti, di affitti o simili. La disposizione non era nuova, dacché già nell'ordinanza di Amedeo V del 1288 trovasi stabilito che si debbano registrare tutti i doni ricevuti dal castellano, affinciiò si sappia se alcuna cosa appartenga al principe e si ccmosca la causa dei doni. Por dono, fosso di moneta o d'altro, s'intendeva un valsente non minore di ciu(iuo soldi (8). L'ufficiale non può abbandonare il suo impiego senza che siano chiusi i conti della sua amministrazione, e finché rimane in carica non si procederà alla verifica se prima non sieno approvati i suoi conti della stagione antecedente (9). Se risulti da questi di (1; Cosi al e. 30 è fatto divieto agli ufficiali di comperare od acquistare per qualunque altro titolo , feudi rctrofcudi, il che può considerarsi come una ripetizione della prescrizione di Aimone. Col e. 25 è prescritto nuovamente agli ufficiali di nulla celare di quanto sia avvenuto a loro notizia di pregiudizievole agli interessi patrimoniali del Conte di Savoia. Nel e. 12 è riconfermata la disposizione dell'ordinanza del 1343 di sopra ricordata. (2) Segnatamente quella del e. 19 , dove è fatto ordine agli ufficiali ed ai non ufficiali di mettersi a carico e far pervenire al tesoriere le somme ricevute ]ier la spedizione che doveva aver luogo in Piemonte e fu contromandata. Al e. 18 sono invitati gli ufficiali ad anticipare le entrate dell'anno prossimo al fine di procurare a Monsignore i mezzi di riscattare i castelli impegnati. Sembrano pure avere carattere transi- torio le disposizioni dei ce. 8 e 24 che si riferiscono alla pestilenza del 1348, e quella del e. 10 relativa ai sussidii. (3) Sono concepite nella medesima forma le lettere pure di Amedeo VI del 135.5 con cui veniva riordinato il Consilittm nohiscum residenx. (4) V. Guich enon, op. cit., I, 118. (5) C. 1. (6) C. 3. (7) C. 2, 4. (8) Cibrario, Fin., p. 196. — Costa de Beauregard, Matériaux, p. 46. (9) C. 6, 5. 188 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA qualche arretrato, ovvero gli sia stata concessa una mora, dovranno, a meno di giusta eccezione in contrario, nella susseguente resa dei conti saklarsi le differenze (1). Le rimanenze poi debbono dai maestri porsi a registro e presentarsi a Monsignor© (2). Per causa della pestilenza scoppiata l'anno 1348 (3) essendo diminuito il nu- mero dei contribuenti , il totale delle riscossioni, in parecchie castellanie, difficilmente avrebbe potuto conispondere a quello risultante dalle esientc. Perciò i maestri dei conti, prima di ammettere la detrazione richiesta dal castellano, dovranno ))orre grande diligenza e verificare i fatti allegati, servendosi di documenti, del giuramento e di ogni altro mezzo di prova che loro parrà idoneo, e riferii-anno in proposito a Monsignore, uniformandosi poi ai suoi ordini (4). XVI Qui hanno termine le disposizioni relative alle rese dei conti (5): alle quali, come si è veduto, sono picposti i maestri. Lo Statuto non aggiunge alti'i particolari, ma, con disposizione generale, è imposto ai maestri di procedere in ordine ai conti nel modo che riesca sempre il più profittevole por Monsignore (6). E Tautorità loro sotto questo ri- spetto è così grande che quasi si uguaglia a quella del Conte. Infatti, come egli è in di- ritto di impoiTe pene a suo ai'bitrio, cosi possono i maestri dei conti multare gli ufficiali per ogni loro negligenza nella resa dei conti (7). Essa si estende ancora ad ogni parte dell'azienda finanziaria, per ciascuna delle quali sono muniti di poteri appena inferiori a quelli del Principe. Soprastanno a tutta la gerarchia degli impiegati che vi prestano la loro opera, ne debbono stimolare lo zelo, impedire gli abusi. Per la fede ed il giui'amento che hanno prestato a Monsignore (8), dice lo Statuto, essi debbono riferirgli quali fra gli ufficiali, a loro notizia, lo servano lealmente e con suo profitto, o quali no. Sopra tutto debbono procurare che ninna delle entrate dell'erario si disperda, ma che invece ognuna frutti sempre maggiormente. Già abbiamo accennato sommariamente (juali fossero ; lo Statuto ne enumera pa- recchie, sottoponendole alla vigilanza dei maestri. I raccolti delle ten-e demaniali e le prestazioni dovute in natura tengono il primo posto fra le rendite annuali del conte di Savoia. La cura di raduiiarle, di custodirle e di venderle era spettata fino allora ai castellani nelle rispettive castellanie (!)). Ma foi'se erano nati inconvenienti riguardo alle vendite delle vettovaglie, e per troncarle lo Statuto ordina, che dora innanzi grani, vino, polli, cera, fieno e droghe, sieno vendute per cura (1) C. 7, 12. (2) C. 32. (3) V. Cibrario, Storia, III, 101 sefrg. (45 e. 8. Ha stretta attinenza, a mio avvi>o, fon questa disposizione l'altra, non ben chiara, del e. -4, da cui risultereblie che i maestri dovranno informare Monsignore di quanto in media sia scemata la rendita di ogni castellania per causa della mortalità. (.')) Intorno alla procedura che si osservava nella verifica dei conti. V. Cibrario, /Vii., p. 188 segg. (6) C. 29. (7) C. 20. (8) C. 27. (9) Capre, op. cit., p. 171. — Costa do Beaurogard, Mém., p. 144. W u r s t e m b e rg e r, op. cit., p. 188. CESARE NANI 189 dei maestri dei conti ; al qual uopo debbono tenersi informati dei prezzi correnti in ciascun mercato. Il ricavo delle vendite sarà consegnato al tesoriere del conte o del suo ostello (1). Se si rendano acquisitori gli ufficiali stessi dovranno pagare o finanzare il prezzo, prima che partano da Ciamberi, dove sono venuti per rendere i conti (2). kWostello di Monsignore, il quale, come si è veduto, aveva una amministrazione separata, sono parimenti dovute certe pensioni. Quali fossero, non è detto nello Sta- tuto (3). Ora avveniva, pel disordine finanziario dell'epoca, che le somme per tal titolo dovute fossero o pagate direttamente alla casa del principe dai debitori o richieste agli ufficiali, prima che scadessero i termini stabiliti pel versamento dei fondi incassati (4). Perciò, (quando trattavasi della resa dei conti, trovavansi deficienze che occorreva giustifi- care, e la conuetudine apriva facile la via agli abusi. Anche a ciò tenta di porre riparo lo Statuto, ed è degno di nota il modo con cui la disposizione relativa è concepita : « È ordinato che i maestri procurino che gli ufficiali si obblighino a pagare le pensioni dovute airostello di Monsignore, e che le portino o trasmettano nei termini e giorni fissati, nel modo che sarà meno gravoso per Monsignore. A ciò debbono obbligarsi sotto pena del doppio, da registrarsi nei loro conti, e loro non sia fatta grazia se la incorrono. Né ecce- zione ne ordine che essi abbiano ricevuto in contrario non possano farsi valere in nessun modo, a meno che le jìcnsioni od altri denari che i detti ufficiali ritengano per altra causa, sieno stati spesi da Monsignore o dal suo ostello. Non si chiuda il loro conto, ne sieno li- cenziati dalla Camera, finché non abbiano assunto quesfobljligo, tranne che ordini diver- samente Monsignore, il ([uale prowederà come gli parrà meglio. E siffatta ordinanza sarà comunicata al cancelliere, perchè nell'occasione della nomina di nuovi ufficiali la inserisca nelle lettere di nomina, onde essi vi si sottomettano ed obblighino ; e pagliino, se si dimo- strino negligenti, oltre alla pena sopradetta, anche le spese che fossero ' necessarie per ricuperare le pensioni dovute, decorsi i termini » (5). La disposizione è rigorosa e precisa, ma non consta clie essa abbia pienamente raggiunto il suo scopo; lo crederà solo chi ha fede nella onnipotenza della legge. L'entità di tali pensioni deve essere arbitrata dai maestri dei conti, i quali pui' procurando che il principe ne tragga il maggior provento possibile, dovranno tener conto della quantità più o meno grande delle imposizioni che già gravano sopra ciascuna castellania ((5). (1) In doc. 11 settembre 1365 (pubblicato da Cibrario in appendice al Disc. Ili, Fin., n. 1) è fatta menzione appunto delle vettovaglie venduto ad expensas hospicii nostri. (2) C. 9. ^3) Certo erano tra queste le pensioni che pagavansi dagli Ebrei. Infatti nel conto dell'ostello del principe pel biennio 133S.1339, trovasi registrata (giusta nn' informazione fornitami dal chiar."'" Boll ati J i S. Pierre) la seguente partita: « Recepit (il texoriere) loczono de la Ferté, judeo, solvente nomine suo et aliorum judeoruin terre Domini, prò quadam composiiione quam habent cuni Domino (et solvunt in medio cuiuslibet mensis centum florinos auri, ut in computo precedenti , et computat prò decem septem men- sibus, quorum primus est mensis marcii anno 1338 etc. 1700 florinos auri de Florentia ». In un doc. 22 feb- braio 1300 pubblicato da Cibrario (cit. p. 13. n. 4) Amedeo V rilascia quitanza per una somma ricevuta «... a David judoo ... de pecunia quam ipso David nobis debot solvere in lesto nativitatis Domini proximo venturo prò concordia quam nuper fecimus cum judeis ». (4; Cibrario, Fin., p. 184 — Ricotti, op. cit., p. 84. In doc. 31 luglio 1355 .pubblicato da Cibrario in appendice al Discorso HI, Fin., n. 2) il principe ordina ai maestri dei conti di allogare una somma spesa da un ufficiale ...» quas quantitates ipse prò nobis solvit et libravit ». (5) C. 11. ;6 C. 13. 1 90 1 l'KlMI STATITI Mll'KA LA CAMEKA DKI CONTI NKI.LA MONAKCHIA HI SAVOIA In alcuni luoghi il demanio aveva dei crediti, che rappresentavano entrate straor- dinarie, forse già di data antica e fino allora non esatti. È ingiunto ai maestri dei conti di fame diligente inventario per mezzo dei documenti e delle informazioni che potranno raccogliere, e consegnarli agli ufficiali delle castellanie dove esistono quei crediti, affinchè non mettano indugio a riscuoterli. Nell'intento che la hisogna sia condotta col maggior zelo, si promette agli esattori (nello statuto sono appellati devcììicrs) quel tanto sulle riscossioni che già ottennero altra volta, ed agli ufficiali due soldi per ogni lira, oltreché ciò che avranno ricuperato sarà imputato a conto di ciò che per avventura Monsignore dovesse loro. Anche questa ordinanza sarà comunicata dal cancelliere agli ufficiali, nell'atto che riceveranno le lettere per cui sono investiti del loro ufficio (1). Le cariche pubbliche consideravansi a quell'epoca principalmente sotto il risi)ett(i dell'utile che procuravano a chi ne era in possesso. Perciò in Savoia, come in Francia, ritenevansi poco meno che come cose in commercio. Le mistralie nella contea di Savoia si affittavano, si appaltavano, si vendevano (2). In Francia le prcvótrs si davano a regìa talora per conto dello Stato, più generalmente si mettevano all'incanto : \nh tardi si trafficarono, ed i proventi die si ricavavano per siffatta guisa si inscrivevano nel bi- lancio sotto il nome di affaircs extraordinaires (:^). Tale essendo la consuetudine, doveva parere affatto naturale che degli ufficii si disponesse a titolo di pegno. Lo Statuto ha apjiunto una disposizione sopra questo argomento, con cui si ordina ai maestri dei conti di jìoiTe in opera ogni mezzo onde liberare gli uffizi impegnati, affinclit' ritornino intieramente a disposizione del Conte (4). Le eredità, che si rendono vacanti nel douiiiiio del Principe, cedono a lui come a signore feudale. Cos'i jìnrc a lui rituniMno le teiie date altrui a godere quando chi le coltiva venga meno ai patti della concessione. I maestri dei conti dovranno invigilare perchè gli ufficiali nell'uno e nell'altro caso, valendosi all'uopo anche dell'o]iera di qualche persona i)roba. si mettano in possesso di quei beni e ne dispongano pel maggior vantaggio di Monsignore (5). Nei passaggi dei feudi a nuovi signori. piT (|iialiiniini' causa avvenissero, potevano soffrir detrimento i diritti del Conte da cui quelli inovevano. Lo Statuto inculca ai maestri di ])i'ovvedere a che gli ufficiali, servendo>i di chierici esiìcrti, dieuo opera nel miglior modo alle ricognizioni dei feudi, e sollecitino, (juant'è possibile, perchè Mon- signore già ebbe a patire danno jier questo motivo ((5). (1) C. 14. (2) V. Gli Statuti del 1379, cit. p. il. n. S. (3) V. in proposito Louaniire, 1. cit. , p. 44:i. — I. a f e rr icre , op. cit. , p. -59 - B russe l, op. cit., p. 422. (4) C. 15. (5) C. 17. (6) C. 23. CESARE XANI 1 9 1 XVII. Anche l'amministrazione della giustizia era , come si è detto . fonte di redditi. Perciò, il i)rocurare che essa procedesse rettamente era non soltanto un obbligo che si imponeva al Principe, ma ancora suo supremo interesse. La monarchia doveva orga- nizzare solidamente i suoi tribunali, ed estenderne la competenza onde combattere il feudalesimo ; ma doveva eziandio, nella lotta ch'essa sosteneva contro la giurisdizione ecclesiastica, fare in modo che la giustizia dei suoi tribunali paresse preferibile a quella dei tribunali ecclesiastici. Perocché sarebbe errore il credere (1 ) che questi abbiano potuto nel medio evo comprendere nel giro della loro competenza una sì disparata (juantità di persone e di cause, valendosi della frode e della violenza. Fu il consenso dei litiganti stessi che sovente forai alla Chiesa i mezzi di estendere la sua giurisdizione. Vi fu tempo in cui i suoi mezzi di prova parvero migliori che quelli che si adope- ravano nei tribunali laici, maggiore la scienza e la imparzialità de" suoi giudici, minori le spese del processo. Solo per queste considerazioni si spiega la frequenza nel medio evo delle obbligazioni confermate con giuramento, e la consuetudine prevalente in certi luoghi che il debitore si sottomettesse alla giurisdizione AsWufficiaìe per il pagamento del debito che contraeva alla sua presenza (2) , e gli accorgimenti sottili che si im- piegavano dai laici onde apparire quali ecclesiastici e godere del privilegio del foro ecclesiastico, per guisa che Filippo il Bello lagnavasi col Pontefice che vi fossero in Francia forse ventimila mercanti italiani che portavano falsa tonsura e vestivano frau- dolentemente gli abiti clericali . il cui esempio ora imitato eziandio dai mercanti ed artigiani francesi ('?). Anche in Savoia stavano a fronte le due giurisdizioni, la civile e la ecclesiastica, od il conflitto fu lungo ed ostinato (4). Quindi è agevole il comprendere il motivo l)er cui Amedeo VI . il quale \nÌL tardi nello Statuto del 1379 cerca di restringere la competenza, quanto alle pereone, delle curie ecclesiastiche, già molto tempo prima, nello Statuto del 1351, che è d'indole prettamente finanziaria, inculcasse ai giudici (li rendere giustizia buona, pronta e non dispendiosa, affinchè ninno sia tentato di ri- volgersi (1(1 (dira Corte. Solenne ed energica è la forma in cui è concepita la dispo- sizione : « I maestri dei conti ingiungeranno ed espressamente comanderanno per parte di Monsignore agli ufficiali, sotto la pena che colpisce i disobbedienti ai suoi voleri, che essi amministrino fermamente la giustizia, tanto ai grandi che ai piccoli, e ciò per ninna cosa al mondo non lascino da fare, p] se si trovasse per avventura alcuno ribelle contro di essi e contro lo Stato di Monsignore, provvedano i detti maestri, in maniera (1) Come pare che creda Laurent, L'Egliseet l'Etat, I (Bruxelles 1858), p. 87 segg. (2) V. Fournier, Les offìcialités axi mot/en àge (Paris 1880', p. 81. (3) V. questa lettera che è del 1288 ed altro documento consimile in Fournier, op. cit., p. 69. (4) V. gli Statuti del 1379 cit. , § XVII. Nei protocolli dei notai ducali (prot. 38, f. 49, a. 1841) si può vedere un esempio di testimoniali d" istanza per rimessione dal giudice ecclesiastico al secolare di nn sedicente chierico. 192 I J'RIMI STATITI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA che salvo rimanga l'onore di Monsignore ed il loro, e sia esempio durevole per l'av- venii'e. E nel caso che il fatto sia tale che gli ufficiali non possano adempiere al loro dovere ricorrano al balio, ed il balio al Consiglio od a Monsignore. Quando Monsignore trovi qualche negligenza per causa loro o dei loro luogotenenti egli li punirà per tal modo che serva a metterli alla ragione. Giammai non avranno da Monsignore ne tali uffizii. né altri. E loro sia ingiunto di essere così graziosi e spediti nel rendere giustizia a quelli che la domanderanno davanti a loro che per troppa spe.sa o per soverchio indugio non abbiano motivo di ricoiTere ad altra corte (1) ». XVIII Ai maestri dei conti non solo incombe la sorveglianza sopra le entrate fiscali , ma ancora sul demanio. Quindi essi debbono informarsi secretamente dagli ufficiali, se ninna usurpazione sia avvenuta nelle rispettive castellarne, cosi riguardo alla giuristlizione, come ai feudi, retrofeudi, eredità, ecc. in pregiudizio dei diritti del Principe e riferirne a lui, affinchè egli possa porvi riparo (2). Il segreto che si raccomanda in siffatte inchieste, tanto che le informazioni si debbono dare o verbalmente o per lettere sigillate, è chiara prova che non era senza pericolo il farle apertamente. Oltre a ciò debbono i maestri, in concorso degli ufficiali del luogo, impiegare ogni loro diligenza affinchè i beni del Principe sieno tenuti in modo che dieno maggiori rendite, dacché (osserva lo Statuto) ve ne sono di qiu^Ui che sono costati più che non abbiano dato di profitto. Il Conte, intesa la loro relazione, jirowederà nel modo che reputerà più conveniente (3). Quando sia necessaria qualclie riparazione o qualche opera intorno a quelli, gli ufficiali ne informino i maestri , e questi Monsignore (4). A loro ciu-a si tengano coperti i castelli (5) ; si facciano gli inventarli delle armi e munizioni che si tro- vano in ciascuna castellania (6) . e .si provvedano di cappellani le cappellanie fondate da Aimone (7). Il controllo che i maestri dei conti esercitano sopra tutto ciò che costituisce il patrimonio del principe e le sue entrate è, come si vede, amplissimo, e non gli mancano le condizioni opportune per riuscire efficace. Ma non avviene lo stesso del controllo quanto alle spese, indispensabile anche questo per una retta amministrazione delle finanze. Lo Statuto su questo proposito tace. Appena si possono indicare due disposizioni che indii-ettamente vi si riferiscono. I maestri dei conti sono tenuti a fare un elenco di tutte le pensioni e salarii che sono a carico di Monsignore, e presentarglielo, affinchè CESARE NANI 193 egli possa mettersi in grado di soddisfarli (1) ; e dovranno avvisare quanto costino i custodi in ciascun ufficio e moderare i salarii, fissandoli siccome loro parrà meglio (2). La istituzione della Camera dei conti per questo riguardo è ancora imperfetta. ZIX. Lo Statuto contiene pure due articoli che riguardano anche i chierici dei conti. Il primo dispone, che non possano questi estraiTe conti dal castello di Ciamberi, dove si conservano, senza il consenso di Monsignore o dei maestri dei conti, e senza regi- strarli. Debbono i maestri provvedere alla custodia delle chiavi dei luoghi ove sono depositati i conti, per modo che nessuno possa entrarvi senza che essi lo sappiano ed ordinino , e fare trascrivere tutti i conti da trenta anni addietro sopra un registro ap- posito , affinchè ninno se ne perda e si possa conoscere quali ne manchino (3). Col secondo è prescritto ai maestri di avvisare a che le copie dei conti che si rilasciano dai chierici agli ufficiali sieno prontamente spedite, e non se ne esigano che onorari! discreti (4). Per ultimo è ordinato che questi Statuti, quelli che riguardano l'approvvigio- namento .^eìVostcìlo. e gli altri relativi ai conti siano trascritti su pergamena e posti là dove si custodiscono i conti, e ciascuno dei chierici ne abbia una copia (5). In conclusione, collo Statuto del 1351, sono gettate le basi della Camera dei conti (6). Già prima essi si levavano a Ciamberi. Ora è organizzato l'Ufficio, dinanzi al quale debbono rendersi per l'avvenire, istituiti i capi da cui l'Ufficio dipende (7), e determinate le loro attribuzioni. La funzione del controllo non appartiene più al Con- siglio del principe, bens'i ad un nuovo ente che si è costituito. Lo stesso doveva avvenire per ciò che concerne la giurisdizione. Per effetto degli Statuti del 1379 gi-an parte di essa, la più importante, si distacca dal Consiglio no- biscum residens e si localizza nel Consiglio che ha stanza a Ciamberi, Le due supreme magistrature dell'antica Monarchia di Savoia ebbero da quei due statuti le loro ori- gini (8). (1) C. 16. (2) C. 36. (3) C. 28. (4) C. 33. (5) C. 34. ;6) La Chambre vi è due volte nominata, ai ce. 11 e 12. ;7 La carica di presidente della Camera dei conti non fu istituita che più tardi, circa il 1410. — Gui- chenon, cit. p. 246. — Galli cit., p. 300. (8) In Francia, come è noto, è vecchia la disputa se il Parlamento abbia preceduto in ordine di data la Camera dei conti, o questa quello. Benché il Parlamento vi si arrogasse il titolo di Corte la più antica del regno, parrebbe, secondo le indagini più recenti, che esso, solo qualche tempo più tardi che non la Camera dei conti, sia diventato un corpo organizzato, perpetuo, stabile. V. Geffroy, 1. cit., p. 9.")0. Negli antichi Stati della Monarchia di Savoia, non ci sembra dubbio che la precedenza ( come già affermava il Costa de Beauregard, Mém., p. 145 ) spetti alla Camera dei conti. Serie II. Tom. XXXIV. 25 194 T PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA ni SAVOIA XX In confronto dello Statuto del 1351 perde alquanto della sua importanza quello Buccessivo del 29 dicembre 1389. promulgato dalla contessa Bona di Borbone e da suo figlio Amedeo VII (1). Quantunque si trovino in esso pareccbie disposizioni nuove, tuttavia non potrebbe affermarsi che per esso abbia ottenuto (|ualclie accrescimento essenadale la giurisdizione già attribuita ai maestri dei conti. Soltanto il trovarne au- mentato il numero da due a quattro (2) rivela Timportanza sempre maggiore acquistata dal loro ufficio. Ciò che, a nostro avviso, rende singolarmente degno di nota questo Statuto, è la preoccupazione che vi si manifesta evidente di impedù'e che per Tavvenire si rinno- vino i disordini circa le spese anteriormente avvenuti. Per questo lato esso impone guaren- tigie nuove, e getta i germi di ordinamenti destinati a svolgersi in progresso di tempo. Lo Statuto del 1389 (redatto anch'esso in francese) fu, come risulta dal prologo, deliberato insieme col Consiglio, e vi si dichiara dai Principi che lo promulgano essere loro fermo volere, che le sue disposizioni sieno osservate dai loro successori, come essi vi si sottomettono, e che vi obbediscano i maestri dei conti presenti ed avvenire, tutti gli altri ufficiali e tutti i sudditi. 1 maestri debbono promettere di attendere alla revisione dei conti e ad ogni affare clie vi abbia attinenza bene e lealmente , con gran diligenza . pel maggiore onore e profitto dei Principi, e di non far mai nulla in contrario per amore, timore o gua- dagno (3). Specialmente, loro è commessa la esecuzione delle disposizioni che si con- tengono nello Statuto, e sono tenuti ad informarne ogni anno, finita la resa dei conti, i Principi (4). Non del)bono accettare dono di sorta né da ufficiali, né da altra persona qualunque clie abbia a trattare con loro per ragione d'uffizio (5). l'^orse prima d'allora la carica di tesoriere poteva cumularsi con quella di maestro dei conti. Lo Statuto li dichiara invece incompatibili fra loro ((5), e la incompatibilità risulta invero manifesta da alcune disposizioni che saraimo esaminate in seguito. l maestri ricevono i conti nel castello di Ciaraberì. ogni anno dal primo gennaio al primo maggio ; entro i|uesto termine gli ufficiali sono tenuti a renderli personal- mente , e solo per eccezione col mezzo di procuratori, sotto le pene stabihte dai maestri stessi (7). Giurano, prima di incominciare la resa dei conti, ili eseguirla leal- (1) Fu pubblicato da Capre, op. cit., p. 28. — J o 1 1 j-, op. cit., p. 1. - D ubo in III, 525. Ne dà un cenno brevissimo Cibrario, Fin., p. 199 e li ricorda lo Sclopis op. cit., p. 253. La lezione del Duboin non ò scevra di errori ed omissioni. Quanto a quella del Jolly è copia materiale, e neppure sempre esatta, della ediz. Capre. Quindi, essendo l'opera del Capre diventata rarissima, ci pare opportuno il ri- ferire anche il testo di questo Statuto in appendice, giovandoci della copia che ne esiste nel registro Sta- tata computorum cit. dell'Archivio camerale di Torino. (2) Quando emanò questo Statuto tenevano l'ufficio di maestri dei conti, come risulta dal prologo, tìioamaro Trovana, cavaliere, Adriano di Belletrnche, Antonio Barbier e Pietro Magnin di Ciamberl. 3 CI. (4) C. 40. (5) C. 2. (6) e. 24. (7) e. 4, 5, 6, II. CESARE NANI 195 mente e di far osservare gli ordini contenuti nello Statuto o loro imposti, per parte del Principe, dai maestri: né possono partire da Ciamberì fino a tanto che i loro conti non siano chiusi (1). Per un certo sentimento di diffidenza è prescritto che l'ufficiale non sia presente all'esame dei suoi conti (2). Trattandosi di concordie ( 3 ) in materia criminale , il controllo è regolato in modo che difficilmente l'erario potrà essere privato d'alcuno dei proventi che gli de- rivano per questo titolo. Infatti il Cancelliere comitale, il Cancelliere del Consiglio re- sidente a Ciamberì , ed i segretarii debbono registrarli e dame memoria per iscritto oi'ni mese ai maestri dei conti. Lo stesso deve farsi per ogni altra cosa riguardante il demanio ed il patrimonio del principe (4). Per lo Statuto di Amedeo VI del 1379 bastava che ogni anno si sottoponessero dai giudici ai maestri dei conti i registri delle condanne e delle concordie (5). Ora. come si vede, le cautele sono cresciute. XXI Subordinati ai maestri sono i chierici dei conti. I quali debbono essere in nu- mero di otto e non più, compresi i due che custodiscono le chiavi dei conti, e cia- scuno di essi ha da avere ai suoi ordini uno scrivano per redigere gli originali di essi conti (6). I doveri che essi promettono con giuramento di adempiere, e mancando ai quali possono essere rimossi dall'uffizio, sono della stessa natura di quelli che incombono ai maestri dei conti ; ma debbono per giunta obbligarsi di non attendere ad altre occu- pazioni (7). Sono scelti fra probi uomini, di buona fama, e sostengono un esame per dar prova della loro capacità (8). Si presentano ogni giorno all'uffizio per ricevere gli ordini dei maestri; non possono farsi rappresentare da un coadiutore, e quegli che ha inco- minciato a ricevere un conto deve riceverlo sino alla fine (9). Esaminato il conto . ne trascrivono sopra un registro a parte i risultati finali, e rimettono i conti sotto- scritti ad uno dei chierici deputati alla custodia delle cliiavi (10). A questi incombe la massima risponsabiUtà riguardo alla conservazione dei medesimi, e quindi sono ri- confermate sull'argomento le disposizioni dello Statuto del 1351 (11). Alcune norme riguardano più particolarmente gli ufficiali e le funzioni loro affi- date. Le estente, in base alle quali i castellani riscuotono le contribuzioni, debbono essere rinnovate di dieci in dieci anni, e pel controllo se ne consegnerà 1" estratto ai [\) C. 9, 7. ^2) C. 10. (3) V. intorno alle medesime gli Statuti delFanno 1379, § XVI. (4) C. 13. ,5) C. 26. (6 C. 14, 18. (7) C. 15, 16, 17. (8) C. 17. (9) C. 20, 21. (10) C. 22. (11) C. 23. 19G I PRIMI STATITI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA I>I SAVOIA maestri dei conti (1). Parimenti, per impedire che avvengano usurpazioni per parte dei vassalli quanto alle rendite , ai servigii , ed al demanio , è stabilito che ad ogni decimo anno i castellani procedano alla revisione dei diritti che quelli vantano, e ciò. dice modestamente lo statuto, perchè è breve la vita degli uomini e corta la memoria, ed i possessori dei feudi si mutano sovente. I maestri dei conti debbono ricordare questo loro obbligo ai castellani, un anno prima di quello in cui deve aver luogo la revisione, nell'occasione che ne ricevono i conti (2). Venendo a Ciamberì, ogni ufficiale deve portare con sé i campioni delle misure e dei pesi usati nel luogo di sua residenza affinchè i maestri dei conti possano rag- guagliarli coi pesi e colle misure di Ciamberì (;ì). 11 ragguaglio era necessario per le vettovaglie dovute al Principe, sia che fossero conservate o destinate alla vendita. Prima era ufficio di commissarii speciali, deputati nelle provincie, lo instituire siffatto ragguaglio (4); per lo Statuto cotesta incombenza è affidata ai maestri dei conti. In fine è imposto agli ufficiali di non allontanai"si dai castelli o case loro asse- gnate per abitazione o di farvisi rappresentare da luogotenenti rispettabili e capaci . sotto pena della perdita del salario e di ogni altro diritto proveniente dall'ufficio (5): e per togliere, almeno in parte, 1" abuso della venalità delle cariche, è loro proibito di accensare i rispettivi uffizii ((i). Ai maestri continua a spettare la suprema direzione e vigilanza riguardo agli im- piegati, al demanio, ed a tutti i diritti demaniali. Ma perchè possano esercitarla con piena cognizione di causa, è creato un nuovo ufficio , che si potrebbe appellare degli isjucttori (Iniianiaii. Sono persone di integi-a fama, di piena fiducia dei maestri, scelti da loro stessi, e posti sotto la loro assoluta dipendenza. Possono, sotto un certo aspetto, paragonarsi agli rnqursfeurs dell'antica amministrazione francese. Ogni anno, terminata la resa dei conti, sono spediti nelle provincie, previo giui-amento nelle mani dei maestri di eseguire diligentemente e rettamente i loro incarichi (7). Quivi esaminano lo stato dei forti, de" molini ed altri cdifizii: tengono nota del prezzo corrente dei viveri; s'in- formano segretamente del modo con cui castellani, mistrali, ed altri ufficiali disimpe- gnano le loro funzioni ed i cappellani adempiono ai loro doveri e se sia rispettato 1 "obbligo della residenza per parte degli ufficiali ; riscuotono le somme dovute al Prin- cipe e le consegnano a chi deve darsene carico. Le cose vedute o pervenute a loro notizia debbono comunicare alla Camera dei conti (8). (Ij C. 30. (2) C. 29. Allo stesso intento mirava il disposto del e. 23 dello statuto del 1351. (3) C. 21. (4) Come risulta dal conto della castellania di Ciamberì, a. 1320-1322 cit. da Cibrario, p. 196. (5) C. 8. 6) C. 39. (7) C. 32. :8) C. 32-38. CESARE NANI 197 XXII. Il denaro che i castellani portano con se, come frutto delle contribuzioni, in quali mani è versato ? clii ne risponde ? con quali forme si spende ? Le disposizioni che lo statuto dà sopra questo argomento, dirette a sradicare in- veterati abusi, sono severe: « D'ora innanzi (vi è detto) perchè le nostre finanze siano meglio governate, non potranno essere ricevute che da tre persone; cioè dal Tesoriere generale e dai due segretarii della spesa del nostro ostello. E quando alcuno di essi avrà consegnato una somma, qualunque essa sia. grossa o piccola, a qualsiasi persona, perchè sia impiegata in qualche uso. chi l'ha ricevuta dovrà, appena impiegatala, ren- derne conto a quegli da cui l' ha avuta » (1). La responsabilità adunque dei pa- gamenti che si eseguiscono spetta essenzialmente a quelle tre persone. E perciò, quando il Conte o la Contessa od il tesoriere abbiano spedito qualche commissario nelle Pro- vincie, per ricuperarvi finanze o vettovaglie . è ordinato, che appena questi sia di ri- torno renda il conto dell'incassato e dello speso al chierico dell' o.s'/^//o del Conte o della Contessa od al tesoriere rispettivamente , appunto perchè essi e non il commis- sario ne diventino responsabili davanti alla Camera dei conti (2). E sono ancora essi che hanno principalmente il carico di fare i pagamenti per conto del Principe. Ma non possono procedervi se non osservando certe cautele e certe formalità. Anzi tutto, niuno può pretendere di essere pagato di un credito che vanti verso il Conte o la Contessa se la cedola o la lettera di debito non sieno accompa- gnate dal mandato di pagamento. In secondo luogo, quegli che paga dovrà procurare che la quitanza sia, per opera di notaio, redatta sul dorso della cedola o lettera di de- bito, e trasmetterla in seguito ai maestri dei conti, senza di che non gli sarà menato per buono il pagamento ( 3 ). Parimenti ogni volta che un ufficiale eseguirà qua- lunque pagamento per conto del Principe i maestri dei conti dovranno farlo annotare in un registro pposito, afiinchè quegli possa sempre conoscere esattamente lo stato delle sue finanze (4). Avveniva, come si è detto più sopra, che talora qualche ufficiale sostenesse di non avere a rendere conto di alcuna delle somme incassate, asserendo di averle spese per ordine ricevuto dh-ettamente dal Principe. Lo Statuto dispone, che per l'avvenire i maestri non debbano dedurre nella resa dei conti alcuna partita che sia del demanio o del patrimonio del sovrano a nessun ufficiale, quand'anche esistano let- tere od ordini del Conte o della Contessa, o di tutti e due insieme, se ambedue non lo impongano verbalmente a tutti i maestri. L'interesse finanziario prevale qui sopra ogni altra considerazione (5). Ad ogni modo sono concetti nuovi e fecondi clie si agitano sotto la dura appa- renza di queste disposizioni. Lo Statuto del 1351 aveva essenzialmente avuto di mira 198 PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOU il controllo delle entrate ; lo Statuto del 1389 va più innanzi e si studia di proT- vedere anche al controllo delle spese. E vi ha di più. Si adombra in quelle, benché ancora incerta e indeterminata nei contorni, l'idea di una nuova istituzione, della Camera del tesoro, sotto la forma di un uffizio, unico depositario ed unico dispensatore del pubblico denaro, soggetto al con- trollo della Camera dei conti. Questa è la ragione per cui si stabilisce che i maestri dei conti debbano tenere un registro apposito nel quale annoteranno segretamente tutte le somme versate a mani del Tesoriere (1). Come dal Consiglio del principe è sorta a poco a poco la Camera dei conti, cosi da questa doveva svolgersi la Camera del tesoro, organo necessario a rendere più sem- plice, più spedita, più efficace l'opera della prima. La monarchia feudale non potè che iniziare questa trasformazione ; lo Stato moderno la vide compiersi. È sotto questo punto di vista che, come abbiamo notato, ci paiono più special- mente notevoli gli Statuti dell'anno 1389, coi quali si chiude xm periodo della legisla- zione dei principi sabaudi, quello dei piimi tentativi di Statuti generali. Insieme con quelli di Pietro II, di Edoardo, di Aimone, di Amedeo VI, emanati in varie epoche, attinenti al diritto pubblico ed al diritto privato, essi sono da considerare come i pro- dromi di un'opera di maggiore importanza, quale fu il Codice di Amedeo Vili. Torino, Aprile 1881. (1) C. 12. CESARE NANI 199 DOCUMENTI I. (*) Les Ordonances faictes par monseigneur le Conte de Sauoye a grant Conseil et a meure deliberacion sus le faict de ses comptes le vij' jour de feurier lan m uf Ij {"). Ce sdnt les ordenances faictes pae monsieur le Conte dg Sauoye a grant conseil et a moure deliberation sos le faict de ses comptes le tu'- jour de feurier lan courant mil. cccli. I. Computi reddendi per Officiarios recipiantur per Clericos computorum juxla ordinationem Auditorum eorundem Premierement est ordone que messires P. de Montgele, Guillermet Bons soyent mestre des diz comptes et nayent la charge, et que a lordenance de lor les diz comptes soyent recehu pleynement pour les clers conteours, jurez de Monsig-neur et deputez a ce, et autres que il ordeneroit. Et que lidit maistre sur la foy quii sunt entenu a Monsigneur entendent a deliurer les officiaires si vnesmeut quii ne se puissent plaindre eusi comme autre foiz; la quau chose serait dommage [a] Monsi- gneur et es officiaires. II. Quod Clerici compìitorum nullos computos recipiant sine mandato Domini aul Magistroì-um computorum. Nullus Officiarius computet in manibiis Clerici qui precedentem compulum talis ofjicii receperit. Item en ordone que nul des clers desuzdit ne reczoiuent compte de nul oflBciaire sans le commandement de Monsigneur, desdit maistres, ou daucon de lour. Item est ordone que lesdit meistre ne faczoint en aucune maniere compier nulz officiers en la main du clero qui auroit receup le compte de lan deuant dudit officier ou de son office. III. Locatenentes non admictanlur ad compulandum sine expresso mandato Domini vel nisi justa appareat causa. Item est ordone que leutenant ne aultres maigneuz de chastellain ou de officier ne soit receupz a compter, fors que les maistres offlciayres qui y sont pour lettres (*) Adempio qui ad uà gradito dovere riagraziando pubblicamente anzitutto l' illustre Barone F. E. Bollati di S. Pierre, il quale eoa squisita e rara cortesia mi fu largo di agevolezze di ogni maniera, e gli egregi signori Conte F. Saraceno e Cav. P. Vayra, Uffiziali archivisti, i quali mi prestarono valido aiuto nella trascrizione dei documenti che seguono. ^**) Archivio di Stato detto Camerale, Registro intitolato Staluta Camere computorum et Decreta Ducuni Sabaudie ab an. 1351 ad an. 1533, foli. 1 a 20. 200 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA m SAVOIA ordones par Monsigneiir, sanz lexpres commandement de Monsig-neur cu sans bien juste cause apparoissant esditz maistres des comptes; et en cel oas les lieuxtenantz cu aultres qui compteroient pour lesditz officiaires non soyent receupz pour compter synon prone et playne puissance de leur meistre a pueyr feire et lor obligier a tout ce que porroient fere lor meistre silz estoieut presentz. Et retindrout les diz meistres les procures desus diz affin que touz jours sen puyssent fere pleyne foy, et les feront inserir au compte. IV. De jnnmenin prpstando per Offiriarios antequam admiclantur ad computandum. Pene incurse per Offìciarios allocentur in enrum computis. Quod Of/iciarii revellent di'ulias. Item au comencement de chascon compte iurera chascons officiaires ou oil dessus dit qui haront puissance de elx sus le sainct Euangile de Dieu de present lesditz maistres des comptes, et sus la poyne de xxv liures des fors par chasciine foys qui se trouueroit en parjurie, de rendre bon compte et loyal raison de toutes receptes et liurees, en quelque maniere que receu, qui peut toucher a Monsig-neur, ne liure ait; et seront les peynes dessus dictes escriptes en lour comptes pour pueyr en feyre touz jours pleyne foy ; et de reueller les drolies quii barioni beu de censes de fermes, sur lesquelz porueant de fere en compter ce que lor semblera quii au- rient pois oultre manere et ordonance. V. Officiarii non audiantur nec admiclantur ad computandum nisi prius computaiierint de precedentibus. Item est ordone que uul officiaires ne soit oiz pour compter de son contio present qui a compter dautre saison deuant jusque il ait compte du premyer temps. VI. Quod Officiariorum computi tam prò preterito quam presenti concludanlur. Item est ordone que tous ceulx qui ont estez officiayres de Monsig-neur au temps passez et qui de present ne le sont, qui non bariont clous lor couties dou temps quii bariont tenu, soyent mande, et sus grosse poyne, de venir compter de present et clourre lours conties. Et la poyne reg-istree soit deuers les maistres , et se recouroit sii sont desobeissent. VÌI. Officiarii compulent de arreragys et mffertis , nisi sii justa in contrarium causa. Item est ordone que tous les officiayres contemt entierement des arrages et des suffertes pour eusi quant lour est mande et enjont pour les letres de Monsigneur sii nauoient juste exception, encontre laquelle voyent a grant diligence les maistres desus dit. Vili. Auditores computorwn se informenl de qucrelis et pelicionibus Offìciariorum circa detractiones per eos petitas ob peslem ani raristiam. Et informenl Dominum de verilate, et inde fiat iuxta mandalum Domini. Item est ordone que sus les deductions que demanderont les officiaires ou aucon de lour por raison de la murtilitee que les dit meistres des conties aient tresgrant auis et bone deliberation a uoier la diligence que les dit officiaires y haront rais, et ce por chertres et por lor serement et por tote autre seurte qui bone lor semblera; et ce que lour semblera reportoieut a Monsigneur de boucbe, sii puet estre, ou por letres, et apres facent sur ce que Monsigneur en ordonera et facent a entendre par les officiayres. DI CESARE NANI 201 IX. Omnia rictualia Domini vendantur per Auditores computorum ad comodum Domivi. Preda victualium recipiantiir per Thesaurarium. Cere et species debite Domino soluantur per Officiar ios in Chamberiaco. Itera en ordone que toutes les choses, queles qiieles soyent, qiie messires (?) ait en ses offlces, soyent bles vin polaille ciré espices et fein , soyent vendues par les meistres conteoiirs dessns ditz anmieiiz qne fere se porrà pour le profit Monsigneur, es ofHciayres ou aultres gent; et le pris des choses dessus dictes viendra en la main del tresurier Monsigneur pour les neccessitees dii dit Monsigneur et de son hostel, ensi que ordone yet; et cires et espieces soyent payees ou furees a Cham- bery pour les offlciayres dessus dit deuant quii partissoieut de Charabery. Et ce sus bonne poyne, laquel soit registree deuers les meistres et recouuree sii faillent. Et que li meistre seuforment de la value des choses eu chascuue marche. X. De certo subsidio tunc. concesso Domino. Itera sera enioint esditz ofBciaires ce que sera ile la volente Monsigneur sur le faict du subside dehu a Monsigneur en son poys, per on ant aceauz qui lont paie vne foys, et pour deux anz a ces qui ne nont point paye. Et les dit meistre degent informer Monsigneur de ceauls qui ne lont paie et des aultres par maniere que Mon- signeur en ordouoat ainsi quant lny semblera. Et lenformation il facent au plus brie que se porrà, si (|ue messire en ordonoit. XI. Quod pensioncs saluantur per Officiarios. Itera en ordone comment les dit meistres proourant en vers les ditz officiayres quii se obligent a payer les pensions ordonees en Ihostel Monsigneur et celes pen- sions quii apportoient ou traraectoient aux terraes et auz iours ordone au raeyns de charge quii pourront par Monsigneur; et a ce se obligeut et submectant les dit offi- ciaires sus la jioyne dou doble, et celle poyne registre soit en lour compte ne non lour en soit feite grace se il la cominectoient, ne exi'eptions ne conunandement quii heussent en contraire ne lour puisse valoir eu nulle raaniere , se ce nestoit tant seullement que Monsigneur ou son ostel despendissaint lesdictez pensions ou liues que tiendroient lesdictz olìiciaires; et tant que sii ofiiciaires ne lour procureur dessusdit se soint obliges a ce, et sus la poyne dessiisdicte, ne lour soit clos compte ne soyent licenciez de Charabery sans le commanderaent de Monsigneur qui y pouruee ensi quorame li serablera. Et ceste ordenance sera por deiiers le Chanceilier a fin que quant changement de officiaire se fera elle soit inseree en lour letre , et se y soub- raectront et oblig'eront en la forme dessus diete, et parrent ly officiaire qui seront heu negligent de payer, oultres la poyne dessus dite, touz les despens qui se feroient au recourer les [letisions pour enx deheues pas.-^es les termes. XII. Officiarii non relaxentur nisi prius solntis pensionibiis ne rcmnnenriis computorum. Itera que nul ofQuiaires soit deliures ne licenciez de Chainberi ne clous ses comptes jusque a tant quii aura paie ce quii doit des pensions du temps passez et ce quii deuroit daultre part pour remaneuce de son corapte. Item que li dit maistre enioignent a touz les olìiciaires quii recouurent tonz les arrages de leur offices, qui que les doiue. XI II. Miigislri computorum ordinent pensiones prout eis videhitur. Itera est ordone que les dit meistres haient a arbitrer et ordoner es offi- ciaires les pensions dessus dites sellon ce que lour sembleront cbargier ou de- chargier les offices. Et touzjours la raetront il ou plus quii porront bonnement por ce que Monsigneur soit raielz et plus pleineraent pourueluiz. Serie IL Tom. XXXIV. . 26 202 1 PRIMI STATUTI SOPKA LA CAMERA DBJ CONTI NELLA MONAKCHLi DI SAVOIA XIV. Iniuiìgalur Officiariis quod recipianl prò Domino omnia exnaordinaria eidem debita. De bis que predali Officiarii recipient exlraordinarie hahehunl ij solidos prò libra. Itera est ordone quii soit enioint es offlciaires por lesdit meistres de recoiirer en lour offices toutes choses extreordinaires dyues a Monsigneiir , coinme debtes, deiiiers , et autres deptes quii quii soyeiit, et lour bailleront les dit meistres por iuuentoire chartres et toutes inforraations des debtes deasus dit, et les meistres les procureront a auoir por deuers eulz sag-ement et a bone dilig-ence de toutes les marches de la contee a fin que a cest present compte les puissent ballier es dit officiaires ensi come dit est dessus. Et aussi quant esdit officiaires les bailleront par inuentaire, les recoyuent de ceanz qui les lor bailleront. Et des debtes desinyz dessus diz laissera messire auz deuelliers (?) selouc ce que autrefoiz est Leu ordone por lui. Et a ce que les officiaires soient plus diligent al recourer, il prandront en ce quii recouureront par Monsigneur ij solz par liure, et ce quii recouuront lour re- mandra en descharge de ce que .Mousigneur leur seroit entenuz. Et ce il pro- mectront bien et loialment faire a lour seirement et de rendre bon compte et mostrer lour bonne diligence es comptes auenir de ce quii aront peu recourer des debtes dessus dit , et ce deuant laut. Les oiliciaires a cuy seroit ceste ordonance enioincte se changeoient par monsieur le Chancelliers deuant que les letres des offices lor soient rendues, lour aura baille ladicte ordonance et mis en lordre qui afferra. XV. Magislri compulorum aduisahunt circa reempHonem aut rehabitionem officiorum impignoratorum et circa onera super illis imposila. Item est ordone que les meistres dessus dit regardoient et auisoient pour toutes les manieres que fere se porroit de mectre en deliurance des offices Monsigneur tant quant il porront bonement, et cil qui porront estres deliures soient entierement et sans anitre charge mis et ordone a la necessite de Monsigneur , ne ne tor- noient arriers en empecbement sanz grant et mour conseil. XVI. Magistri compulorum proiiideant circa salaria e! pen.mnes ; et de illis fiat regislrum quod ostendaliir Domino vt super eo prouidere possit. Item est ordone que les meistres des comptes auisoient les sallaires et les pen- sions que Monsigneur done, quelque part que ce soit, et celle mectoint en registre. et le registre monstroient a Monsigneur atìu quii y puisse poruoir en ce quii y seroit tropt grauez sans bone cause. Et ce se face auant que les compties soyent acomply. XVII. Magistri compulorum aduideant circa heredilales et successiones Domino perueaientes. Item est ordone que les meistres sus les heritaiges des liomes de Monsigneur qui vaquent et sont a sa main avisoient diligiement et voient la diligence qui a este mise por les officiaires a ceaulx herilages bailler au profìct de Monsigneur. Et se les offlciaires ny ont heu bonne cure, sy en soient repris et leur soit feyte com- mission por les meistres, aiouste ancone bone persone des offices avoyeulx secont la faculte de les cboses, a mectre les dit heritages ou autres choses, qui soyent a la main de Monsigneur por cause de deflFaut de teneuientier , au plus de profit et au mainz de domage que metre se porroit pour Mousigneur. Et ce lour sera enioint sus lor serrement a faire bien et loyalement. .WIII. De renieiidis raslris inìpigiioralis. Item est ordone que les dit officiaires soient requis pour Monsigneur, sii y puet estre , ou por autres quii y voudra ordoner, comme il lour plaise, laisser a Monsigneur la prise de lant auenir, sans leur de rens paier pour rambre ses cha- CESARE NANI 203 stiax qui sont en gage , lesqualx il entend a rembre a laide de Dieu et de ses genz. Et ceste requeste faceint les raeistres , et les responces meteint a la fin de chascon compie. XIX. De solucione caualcate. Item est ordone quii soit mis sus les ofSciaires en lour comptes le prist quii auront por aler en la chiuauchie Monsigneur en Piemont, laquel chiuauche fu contre- mande et ny alaront point ; et des autres qui ne sunt officiaires il sera faict, asauoir es dit meistres, pour maniere quii puyssent enioindre es officiaires dessus cuy il seront quii soient contreint por la plus fort maniere que fere se porrà a rendre et baillier en la main du tresorier Monsigneur ce que il nauront heu; et des autres qui ne sunt de la terre Monsigneur, qui ont heu aussi de cest argent, ordone a Monsigneur ce que li plaira. XX. Pene incurse per Of/iciarios allocentur in eorum computis. Item est ordone quii soit mis sus les officiaires en lour comptes les poynes qui leour sunt mise.s de part Monsigneur, es queles il non ont obey soit por le faict de ce quii ne sunt venu compier quant lon les a mande, ou por les pensions de lostel Monsigneur non paies ou por autre cause. Et auront puissance de Monsigneur de Sauoye les dit meistres dou comptes de mectre poynes es dit officiaires por taiit quant locherà le falci de lour comptes. Lesquelles poynes seront tenuz de registrer les dit meistres deuers eaulx. XXI. Magistri compulorum perquirnnl ab Officiariis et se biformenl de slatti domoìmm, stagnorum, forcstannn, furnorum, molendinorum, et aliorum eie. Item est ordone que lesdit meistres saichent des officiaires les deffaiiz qui seroient es chastiax de lor offices, ou en oures a faire, ou en estayns, en fores, en fors, ou en molins ou en aultres choses, quelles quelles soient ; et ceauz defFauz degeut retenir les dit meistres por deuers eau.K affiu quii les puisseut mostrer a Monsigneur qui puisse mectre le remede qui afferoil. XXII. Officiarii leneantur manutenere domus domini coperlas, sub prua e librarum. Item lour .sera enioint par les mestres de lenir les chastialx a sonte por la maniere quii le doiuent fere, et ce sus poynes de e liures registrez deuers les meistres, les ales et les autres ediffices Monsigneur. XXIII. Piovideatur super recognitionibns pendis. Item est ordone que les dit meistres haieut auis auoique les dit officiaires por quel maniere et \)0V quii clers sofisant a ce faire se porrieut feire mielz les regichies de Monsigneur et au pluys de son protìt en lour offices. Et ce reporteront les meistres a Monsigneur a ce quii y poruee briefmant , car il y est fort dommagier et seroit encor plus sii ne se faisoit toust por cause des genz qui sont mori et les heritages transporter. XXIV. Sciat Dominus diminulionem sui redditus oh peslem euentam. Item est ordone que lesdit meistres mostroient a Monsigneur passe les comptes que puet estre decroissu cumunelment chascons de ses offices por la reison de la murtilite. X.W. Officiarti dehe'ììU sub juramenlo se informare de subtractione aut vsurpacione Juriuvi Domini ei reuelare Magislris computorum. Item est onione quii soit demaudees officiaires dessus dit per leur seremenl sii seiront en lour offices chose en que Monsigneur soit domagiez ne grauez a tort 204 I l'RIMl STATUTI SOPRA LA CAMKKA DEI CONTI KELLA MONARCHIA DI SAVOIA poit en iuridition que autres approprioit a ly , soil en homages , ne en feu ne en refeu ne en heritages, soit en enquestes cachiez, soit en cas de forfait encontre Monsigneur et sa Court, cu aiitre liquel par fauour amour ou autres choses hait este cachie et non mis en voye de raison ou en qiielque autre maniere que ce soit; et ce que il en repcrteront soit mis secretement en escript deuers les dit meistres. Et se les dit officiaires nestoyent pleinement des dictes oboses informe, ce lour soit donez termes de duos moys , dedauz lequel il soient entenu de venir dire ou mander en lettre dessoubz lour saielx secretement les choses dessus dites, afin que les dit meistres puyssaut si toust qiiant il auriant lenformation faire eu raport a ilon- signeur por manere quii y puisse poruoir et ordouer a sa volunte. XXVI. Vagistri compuiorum iniungaiit Officiìriis sub pena qiiod vnicuù/ue facianl instnmieiHum. Officiai ii siiil (jraciosi et expeditiui circa administracionem jusiicie Item est ordone quii soit por les dit meistres enioint et expressement commaiide depart Monsigneur es officiaires et sus la poyne de quant quii se porrient meffaire enuers luy comment il tiemeut et faczoiiit firmemaut et entieremaut raison, et aussy des granz quant des petiz, et ce por nulle chouse ne leissent. Kt se il trouoient por auentnre aucons rebelles encontre eulx ne contre lestat de Jlonsigneur, soyt poruoient por tei mauere quii soit lonnor de Mon.-igiieur et la lour et eximbles par- durables a ceaux auenir. Et au cas que le fait seroit tei quii ny porrient feire bou deuoir por eaulx, si correint a lour ballif et le ballif au Consoli et a Monsigneur, et el cas que es choses dessus dictes Monsigneur trouueroit nul deifaut par leor culpe ne por la culpe de leor leutenaiez , Monsigneur les en puniroit et por tei ma- niere quant raison en porroit apporter , ne jamais naurient de Monsigneur cel office ne autre, ainz les tiendroit pour tieux quant il seroient. Et lor soit enioint quii soyent si gracieux et si brief en fere reison a ceaulx qui deinanderont deuant eulx que por tropt despens ou par alongement il nayent ochoison de recorre a autre Court. XXVIl. Magislri cumputorum lencanlur declamre Domino (jitnliter seruiaiU dicli Officiarii. Item est ordone que les dit meistres soyent tenuz sur la foy et le seyrement quii ont a Monsigneur de dire li en secrest lesquelx officiaires , sellonc quii puent apperceuoir, sieruent le dit Monsigneur bien loialement et a son profit, et li quel non. XXVIII. Clerici compuiorum non passini e.rtrahere rompulos sine licencia Domini aut Magistrorum romputorum. Quod rumpuli regislrenlur. Magislri ordineni gardaui compuiorum. Item est ordone que nyons des clers ordone es compties ne puyssent traire nul des compties de fors sanz le commandement Monsigneur et sanz les dit eonties registrer. Kt degeint les dit meistres ordoner de la garde des clees des comptes par maniere que nul ny puisse entrer sanz lour sane et commandement. Et encor de- geint les dit meistres feire registrer en on papier touz les comptes qui se troueront lay ou on les tient deus xxx.'' anz encza, por ce que nul ne sen puisse perdre ft que lon puisse scauoir ceans qui foudront. XXIX. Magislri cnmpiitornm ordinenl circa aìios computcs de quibus hic non fil mencio prout eis metius ridehitnr. Item est ordone que les dit meistres es autres cas tochant les dit comptes de que ne se feit mentiou dessus, et qui seroient tropt Ione a escrire ne boneraent ne se porrient desclairier, mectaint la bone ordenance qui lor seniblera au jilus de protìt quii porront pour Monsigneur. CESAKE NAXI 20r) XXX. Prohihelur Officiariis quod nemitiem lelineani prò feudo aul retrofendo. Item deffendaiut li dit meistre es officiaires dessouz certeynes poynes quii non retienant achetour ne autrerf aquirieurs por quelque tiltre que ce soit de feu gentil ne de seruis, soreseruis. XXXI. Fiat informatin de comodo et incomrido Domini circa ruralia. Item, car en ancona leus molins et autres choses, fors praz et vig-nes, feire et mantenir coustent mais a Monslgneur et ont costa quii nont fait de profit , et sauisaint les meistres en touz les Ines et se enformaint sus et an Conseil doiez officiaires dou leu dou mayour profit de Monsigneur et en faceint et en joignant a lour sen ce qui lour semblera por le mellor, et le reporteint a Monsigneur a fin quii en puisse fere ce que li semblera. XXXII. Fiat registrum de remanenciis. Item seynt tenu li meistre toutes les remaiiances qui se denront a Monsio-neur et qui denza a registrer et enuoyer a Monsigneur por escript. XXXII I. Prouideiint Magistri computorum circa copias computo ivm. Item proueaint li meistre que li clert douz conpties se paient des copies por tei manere a lauignent que li officiaire nayent cause de se pleindre ne por ce faire mal adroit et que il soient briemant deliure. XXXIV. Presens Ordinalio vnacum Onlinalioiie status domus Domini registrentur. Item porueant li meistre que les pressans, ordenances, celes de la prouision de lostel, et toutes les autres les quelles sont por les compties , soient registrez et mises en parchemin et mises la ou se garderont les compties ; et chaseons douz clercs dou compties ait la copie. .\.\XV De seruicio Cnpellarum Domini ei de solutione earundem. Item porueant li meistre a bonne diligence que les chapelles ordonees en les chastellanies par Monsigneur jadis, que Dieus absoue, soient bien seruies et pale li chapellain, sans fauta et diminution. Et sus ce regardaint de poruoir diligerament, cart aussi en sont il enchargaie comme exequutoux. .\XXVI. De moderatione custodie domorum Domini. Item aduisaint li meistre les garnisons des quauz se conterà en chascon oflice, et celle moderoint; et les sallaires seront ce quii lour semblera por le melliour. XXXVII. De inuenlariis Mohilium caslroritm Domini. ' Item proueant que tuit li enuentayre darmez , garnimanz et aultres choses, sencloant et mectant es compties de chascon. 206 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA 11. (*) Statuta et Ordinationes facte per dominam Bonam de Borhon [et Amedeum comitem Sahaudie ] in Camera computorum [ anno m. ecc. Ixxxùc, die xxix decemhris ]. Nous Bone de Bourbon contesse et Ame conte de Sauoye par ces presente» faisons scauoir a tous presans et auenir que nous, heue longuement nieure deli- beration auecqiies noz conseilliers cy dessonbtz escripcz et aultres uoz barons , cheualliers et conseilliers , sur le esdressement et bou gouernement par le temps auenir de noz coiuptes , au lous honour et reuerence de Dieu , de la glorieuse be- noite vierge Marie , et de tonte la Court celestiel , a conseruation et per Ivtilite accroinsauce et esdressement de nostre honueur et estat et de noz pays, bieus et subg-iez , et de noz successeurs, aussi per uous et per noz dicz successeurs a tous jours mays , hauuns faict et faisons les ordenances et status cy dessoub escriptes , les queles nous volous tenir et obseruer per nous et nostres successeurs, et orde- nons inaudons et cominandons estre obseruez et tenus per noz bien amez monsieur Johannard Prouaue clieuallier, Andre Belletruche , Anthoyne Barbier, et Pierre Ma- gnin de Chamberi , niaistres a present de noz comptes , et per les aultres qui se- ront per le temps aduenir maistres et auditeurs de noz comptes, et per tous noz aultres offlciers et subgiez presens et auenir, Fans nul deffaut, sus et per le gou- ueruemeut de noz ditz comptps et toutes escriptures et aultres chouses tochantz a yceulx par la forme et maniere qui se ensuyuent. I. Forma juramenti Uagistronim computorum. Premierement que les maistres des ditz comptes promectent de nous seruir sur la examination des comptes et toutes autres chouses dependautz des ditz comptes bien et loyalement a boue diligence , et garder le honneur protìt et cheuance de nous a leur pouoir , iustice non oflFendue, et que per amour temour ne profit eu nul eas il ne feront le contraire. II. Quod non recipiatU dona. Item que lesditz maistres ne poiut deulx per leur ne per anitre ne degeht prendre nuls seruis proufits ne dons de point de oftìciers ne anitre persone qui hait a besoigner auecque eulx per cause de leurs offices. Ili De non delrahendo quicqunm de Palrimonio. Item que les dicz maistres des comptes ne degent deduyre a nul officier nulle ehouse qui soit du domayne et patrimoyne de nous , par mandement ne par lettVes (♦) Archivio camerale, citato Registro degli Statuta computorum etc. , foli. 12' -22. — Questi Stai iti vennero pubblicati per la prima volta da Tommaso Capre nel suo Traité historique de la Chambre dei comptes de Savoye. Justifié par titret , Statuts , Ordonnances , Edicts, et autres preuves tirées dei Archires. Lyon 1662, in-4'' (pagg. 28-37), senza dire donde li traesse; poi da Alessandro Jolly {Com- pilation des anciena Kdits dex Princes de la royale Maison de Saroi/e. Ciiambery 1G79, in-4°), ed in ultimo da Amato Duboin nella nota sua Raccolta per ordine di materie, tom. ni. Parte 2*, pagg. •'i2,">- 531. Questi ultimi bauno riprodotto il tosto, assai errato, del C'apre. CESARE NANI 207 de nous ou daucun de nous faitz , ne deuoir a faire , se ce nestoit que nous am- bedeux ensamble le comandessions de bouche expressement a tous les maistres ensemble. IV. Ouod omnes Ofjlciarii annis sìngiilis computent. Item que tous noz officiers , de quelque condition et estat quii soyent , tant deczay les montz comme de lay et aultre part ou que nous les hayous , presans et auenir, soyeut enteuus de compier chascun an , et que lon raandeist chascun an tous les dit officiers per compter , sur certaynes poynes , et que tous les comptes se facent et soyent clous et examinez pleynement deys le premyer iour de ianuyer iusquez le premier iour de may. V. Ouod pene commisse in compuHs allocentur. Item que les poynes mises es officiers per les ditz maistres a cause de leurs oftìces , tant per venir compter comme aultrement, les queles les ditz officiers commectront par desobeissance ou autrement , que celles telles poynes Iour soyent alloyees en leur comptes et a leur charge. VI. Quod principales Officiarii debenl personaliler venire eomputaturi. Item que per le hounour et profit de nous mieulx garder tous les officiers des- sus dicz soyent entenus de venir compter en propre persone, non point per procu- reurs , ou cas quii non hauront iuste excuse de non pouoir venir; ouquel cas il degent transmectre procureur tant souftìsant quii puisse et sachet excuser sur le faict du compte de son maistre et aultres chouses qui appartiendrient a faire per sondit maistre per cause de son office aussi bien que comme ledit son maistre estoit present. VII. Pene officiariis inflicle eie. De comparendo in Camera et non recedendo donec eie. Item que les officiers non degent partir de Chamberi ou du luef ou les comptes se recepurout iusquez a tant que leurs comptes soyent faiz compliz et examinez , ne sans la licence des maistres des comptes , sur la poyne de xxv. libr. de fors et de vng florin per chascun iour quii feront le contraire. Vili. De resideneia fienda per Officiarios in castris Domini. Item que les officiers qui tiendront offices ou il aura chastel ou maison qui soit nostre soyent entenus de y faire leur demourance et liabitation , ou Iour lieuxte- nantz honorables et souffisautz; et au cas quilz feront le coutraire , que les mai- stres des comptes ne leur alloyeut point leur sallaire ne aultre droit doffice. IX. Forma juramenti per Ofjiciarios preslanda. Item que tous les officiers soyent entenus au commencement de leur compte de iurer et , sur la peyne de xxv. libr. de fors , de compter bien et loyalement et de faire actendre et obseruer les ordouances dessus et dessous escriptes et aultres commandemens raisonables que les maistres leur feront depart nous. X. Officiarii non sint presenles in Camera compuloi'um. Item que nul officier ne soit present a la examiuatiou de son compte. 208 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA XI. Omnes computi in cnstro Chamberiaci exnminentur, nec ab ipso extrahantur sine mandato MaQistrorum. Itera que tous les comptes se degent recepuoir et exarainer cu chastel de Chambery, et que nul nompte ne soit poiirte ne traici hors dudit chastel sans le commandement des maistres. XII. De fiendo registro libratarum. Item que les maistres deg:ent auoir vng papier quii garderont par deuers eulx, ouquel il degent registrer secretement toutes liurees faictes a thesauriers et aulire.* manieres de gens qui en deburont compier. XII 1. Quod Cincellarius preudens Chamberiaci et omnes Secretarii aclus concementes Patrimoìiiitm singulis mensihus ad Cameram mictant. Item que nostres chancelier.* et aussi le Chancellier de nostre Conseil resideut a Chambery, et aussi noz secretaires soyent enteiius de registrer les accordies qui se feront , et que il les degent bailler ou tramectre en memorial par escript cha- scuu mo3's es maistres des comptes ensemble toutes autres chouses touchans nostre domayne et patrimoyne affin que les maistres les facent registrer la ou il se ap- partieudra. XIV. Nu>nerus Rfceptorum computorum, celo. Item quii hayt vhuyt clers ppr recepuoir les comptes , et non plus , inclus esdics vhuyt clers les duoz qui gardent les cles des dicz comptes. XV. Formi jiiramenti BereploiU'/ì compìitornm. Item que les ditz liuyt clers iurent et promectenl de seruir bien et loyalement a bornie diligence et de garder nostre honneur et profìt et cheuance , et que per profit amour ne temour il ne feront le contraire , et quii ne entrepregniant de faire autres ouures fors que entandre sur les comptes, aiuses comme il leur sera commande par les maistres de noz dits comptes. XVi Recepiores computorum non reciinant miniera ab Offiriariis. Item quii per lour ne per autre ne prendroiit nuls dons ne prouficz de point de officier qui hait a besoigner auecques eulx per le faict de leurs offices. XVI 1. Rereptores ìi'in obedieiiles Magi'itris passini per eos aiif^'erri ab eorum u/ficiQ. Quod Recepiores examinentur in Camera an sinl suffìcienles. Item que au cas que les clers dessus dicz ou point deiils ne feroient ainsi comme il est de.^sus et des.sous ordonne et le comandement des maistres, que les maistres les puissent ouster et mectre autres en leurs lieux, et aussi remectre en la maniere quii leur seniblera pour nostre honneur et profìt. Et aussi nul clerc ne soit receu audit office sinon est prodhome et de bone fame et bone conuersation , et quii soit examiue en la Chambre des comptes sii est souffisant ou non. XVIII. Quilibel Receptor debct tenere vnum honum clericum hen? scrihentem. Item que chascuu des luiyt clers dessus dicz soyent entenus de lenir auecque soy vng bon clerc, loyal , prodhomrae et souffisant, et bien escripuant , per escri- pre les originaulx de noz comptes. I CESARE NANI 209- XIX. De continencia rotulorum et scripture. Item que les dicz clers soient entenus de faire les rueles du long de la pel et quii soyeut du long que les raaistres ordeneront. Et que les dicz ruelles soient regie du grand et de la regleure que les maistres ordoneront. Et que es comptes ne se mectent parolles superflues forsque celles qui seront neccessaires. XX. Receptores omni die coram Magislris sese presentare debent. Itera que lesditz clers soyent entenus de soy presenter chascun iour ouuriez eii la Chambre des comptes affin quii soyent appareille de faire ce que les maistres leur commanderont per nostre faict touchant a lonr office. XXI. Receptores non recipiani computos per Coadiutores. Item que lesditz clers ne puissent recepiioir uul compte par coadjuteur, mais que celluy a cuy il sera commis personalmeut le deige commencier moyaner et finir. XXII. De registrandis remanenciis computorum. Item que les ditz clers soyent entenus de escripre incontinent ou papier des remanences les remanences des comptes quii recepuront , et au.^si tost quii seront examine; et que lesditz comptes, ensemble les lettres, il soyent entenus de randre subscriptes incontinent a vn des clers qui gardent les cles. XXIII. De non tradendis computis aut scripiuris per Clauarios sine mandato Magistrorum eie. Item que les duoz clers qui gardent les cles des comptes ne bailliant uul compte a nulle persone du monde; et non laisseront nul entrer la ou les comptes se garde- ront senon per commandement des maistres; et que il ne chercheront nulles informa- tions, escriptures ny extraitz, sans le comandement des maistres ou de duoz deulx. XXIV. Quod nullus Thesaurarius possit esse Magisler computorum. Item que nul tresourier, quel quii soit, ne puisse estre maistre des comptes. XXV. Omnes Financie recipiantur per manus Thesaurarii. Item, par ce que nostres finances soyant myeulx gardees , nous ordonnons que lesdictes finances deys or en auaut se degent recepuoir tant seuUement par troys persones et non point par plus; cest assauoir par nostre thesaurier g-eneral et per les duoz clers des despens de nostres ho.stelx. Et se le thesaurier et les clers des despens dessus ditz baillent ne deliurent point de fiuauce, soit grand ou petite, a aucune persone , de quoy celle telle persone dege compter , que celluy qui deli- urera ladicte finance soit entenu de faire compter et recepuoir le compte bien a point de celluy a cuy il aura bailie ladicte finance incontinent quii aura faict et besoigne ce perquoy lon luy aura ladicte finance bailie. XXVI. Super reddendis computis per Conimissarios qui mictentur eie. Item que se nous ou soit nostre tresaurier tramectent point de commissaires per recourer finances ne viures , que incontinent que les commissayres seront re- uenus le clero des despeyns de Ihostel de nous Contesse , se le commissaire est ale depart nous (*) , et le thesaurier sii le aura tramis, soyent entenus de faire et (') L'edizione Capre dopo le parole depart Noits reca quest'inciso che manca nel nostro Ms.: € le clero Sekie il Tom. XXXIV. 27 ■210 I PKIMl STATUTI SOPRA LA CAMERA UEl CONTI NELLA MONARCHIA I! SAVOIA recepuoir le compte dudit commissayre et compier des receptes que le dit commis- saire aura faictes affin que les liurees faictes es commissayres se alloyent baillez au tbesaurier ou esditz clercs , non point es commissayres. XXVII. Debiti Domini per cedulns aut obligationes non soliiantur per Thesaiirarivm sine mandato Domini. Apponadir satisfactum in cedulis aut obligationibus. Item que le tbesaurier, les clers des despeyus , et aultres officiers, quelx quii soyent , ne deliurent point de fiuauces a nulle persone a cuy nous Contesse et Conte degeons, qui en aura cedule ou lettre de debte de nous, se ce nest quii ait lettre de mandement de payer qui soit annexee a ladicte cedule ou lettre de debte; et se nous duoz ensemble ou le vng de nous mandons que lon deliureist point de somme de finance a nulle persone en descbarge de ce que nous ou le vng de nous li deurons, que celluy qui deliurera ladicte somme deuant toutes chouses la face escripre et mectre en payeraeut ou doz de la cedule ou lettre de debte que celluy a cuy lon payera aura de nous ou de lung de nous, et apportoit es maistres des com- ptes tesmoiuaige par escript, seignie de raain de notaire, comme celle telle somme est escripte et mise en payement ou doz de ladicte cedule ou soit lettre de debte. Autremant que lon non la li alloyeist point. XXVllI. Magistri computorum registrati facianl solutiones que jient in exonerationem debitorum. Item que quant point des officiers, quel quii soj'ent, deliurera point de finance a aucune persone en descbarge de ce que nous ou le vng de nous li deurons, que les maistres des comptes soyent entenus de faire escrire celluy tei descbarge en vng papier affin que nous ne payons a nul plus que nous ne deurons ; et aussi que quant nous vouldrons veoir ce que nous deurons ou ce que nous aurons paye que lon nous en puisse incontinent et plainement informer. XXIX. Omnes et singuli Officiarìi computent particulariter de decem annis in decem annis. Item, quar la vie des gens est brief et la memoyre est curte, et aussi quar les tenementiers des fiez se changent souuant, affin que riens de nostres rentes, seruis, domayne, et aultres vsaiges ne se desperdent, cbascun officier soit entenu de com- pter particulierement de dix ans en dix ans, et que les maistres des comptes soyent entenus de le fayre scauoir es officiers a la reception de leurs comptes , sed assa- uoir vng an deuant affin quii ne troueyut oucboison de faire leur dit compte parti- culierement. XXX. Quod Exlente renouentur de decem annis in decem annos {*). Item que per les causes dessus dictes les extentes se facent de dix ans en dix ans per tous les lieufs de la conte , et que cil qui feront lesdictes extentes les de- gent apporter ensemble les extraictz dicelles es maistres de noz comptes. XXXI. De apportandis mensuris et ponderibus Chamberiacum, et equipollentiis fiendis. Item que les dicz maistres des comptes facent appourter a Cbamberi per deuant eulx per gens dignes de foy les mesures iustes de blez, vin, sai, et aussi les poys raisonables de tous les lieufs de la conte, affin quii les puissent equipoller a la mesure et pois de Cbamberi per maniere que lon saiche comme les viures se gou- « de l'hostcl de nons Comte, et le thésaurier etc. ». So l'aggiunta non è dell'Editore, convien dire die il Capre ebbe sott'occhio un altro manoscritto. (") Dopo questa rubrica viene, parimente in margine, la seguente nota: « Et ex alia Ordinatione ducali, « de ut» annis >. 11 nostro Ms. appartiene al secolo XV; da indi la menzione di un'Ordinanza ducale. CESARE NANI 211 uerneront et aussi par ce que les viures qua !on vendra lon les puisse vendre rai- sonablemeut. XXX! I. De inictendis Commissmiii ad infimationes sumenJas super preciis vktualium Itera que lesditz maistres des comptes soyent entenus de tramectre vng cha- scun an, feny le temps de la reception des comptes, en chascun bailliag-e de la conte aucune persone sotiffi.- eorum quilibet . . . operantes et non operantes in predictis monetis nostris , gaudeant et vtantur libere omnibus priuilegiis libertatibus et gra- ciis [quibus | ceteri operarli et monetarii in regno Francie et in monetis regis Francie operantes et non operantes nunc gaudent et hactenus gaudere et vti cou- sueuerunt. Dieta autem priuilegia libertates et franchesie secuntur prout infra. Nos considerantes et atendentes grata et acepta seruicia nobis et predecessoribus nostris facta et exhibita per predictos operarios et monetarios, volumus concedimus et con- firmamus magistris nostris monetarum nostrarum et prefatis operariis et monetariis qui nunc sunt et qui prò tempore fuerint tocius terre nostre et comitatus nostri Sabaudie, qui sunt et erunt de sacramento comitatus nostri Sabaudie, omnia pri- uilegia et omnes franchesias que et quas predecessores comites Sabaudie condam eisdem operariis et monetariis dederunt et concesserunt temporibus retroactis, vi- delicet quod ipsi non teneantur de aliquo casu respondere coram aliquo indice nisi tantummodo corani magistris nostris monetarum nostrarum , exceptis tribus casi- bus, videlicet de omicidio , de furto , et de raptu. Volentes eciam et eoncedentes quod ipsi sint franchi quieti et penitus liberati per totam terrara nostram et per totum comitatura nostrum ab omnibus tagliis cost... pedagiis passagiis censiue... oaualcatis exercitus , et generaliter ab omnibus subuencionibus existentibus , que- cumque sint, operantes et non operantes , non obstantibus aliis priuilegiis datis seu dandis, non facieutibus de huiusmodi priuilegiis plenariam mentionem. Et ab inde in antea accipimus et ponimus magistros nostros monetarum nostrarum , ope- rarios et monetarios earundem monetarum nostrarum, qui nunc sunt et qui prò tempore fuerint, in nostra salua garda protectione et conducta, et res et bona ipsorum. Volentes insuper et eoncedentes quod quicumque faciet grauamina seu molestias predictis magistris monetariis . . . seu prefatis operariis et monetariis supradictis , que sint centra libertates priuilegia franchesias supra dinta et dictas (*) Archivio centrale di Stato io Torino, Protocollo ducale Rbynaud, n. 15U, inter foli. IIU et 111. CESARE NANI 213 eisdem per nos concessa et concessas , quod ille uel illi qui dieta gravamina mole- stias turbaciones seu impedimenta vel aliqua alia dampna faciet incontinenti con- dempnetur et compellatur ad . . . et emendandum omnia dampna expensas et turbaciones que sustinuerunt prò facto dictorum impedimentorum dampnorum et perturbacionum , et nobis similiter emendetur secundum qualitatem et quantitatem delieti. Volentes et districte precipientes tenore presencium omnibus iudicibus, bayl- liuis , castellanis , mistralibus , ceterisque officialibus et subditis nostris in terra nostra constitutis , qui nunc sunt et qui prò tempore fuerint , quod ille vel illi in cuius juridicione , castellania uel districtu, dieta grauamina molestie seu perturba- ciones facta reperirentur seu data , breuiter , et de plano faciant totum integ:raliter et perfecte restituì corrici et emendari , prout supra dictum est , tam dampnis passis quam nobis; [et] illud idem volumus et districte precipimus omnibus aliis iuriditionem quamcunque exercentibus , in terra nostra constitutis , qui nunc sunt et qui prò tempore fuerint, atendere compiere, atendi et compleri facere, prout su- perius est expressum. Et quia est intencionis nostre quod [predicti magistri?], ope- rarli et monetarii nostri , in predictis franchesiis libertatibus graciis dreyturis et antiquis suis bonis costumis per totum comitatum nostrum Sabaudie et per totam terram nostram, operantes et non operantes, seruentur et custodiantur, iniungimus et districte precipimus et mandamus omnibus iudicibus, bayliuis, castellanis, mistra- libus, ceterisque officiariis nostris, et omnibus aliis iurisdicionem exercentibus, in terra nostra constitutis, qui nunc sunt et qui prò tempore fuerint, quatenus predi- ctas libertates priuilegia et franchesias custodiant et obseruent , custodiri et ob- seruari faciant integraliter et perfecte et sine aliquas corruptione prefatis magi- stris, operariis, et monetariis monetarum nostrarum , per presentacionem sibi fa- ctam copie harum nostrarum literarum absque sigillo nostro et absque aliquo alio sigillo Curie nostre seu autentiquo. In quorum omnium robur et testimonium si- gillum nostrum duximus presentibus apponendum. Datum Chamberiaci die xx' mensis julii anno domini m" . ccc" . xxvij'. IV. (■) LlCTEBE ET INSTRUMENTA CONTRACTUOM ET ALIOROM ACTDUM INTER DOMINOS COMITBS INDEQDB DnCES SaBAUDIE NEC NON GOMMONE ET SDBDITOS ClOITATIS ASTENSIS. . . . Instrumentum in quo dominus Petrus comes Sabaudie et in Ytalia marchio dedit et coucessit omnibus et singulis mercatoribus et hominibus de Ast et de posse astensi sine armis caminum stratum et stratas a parte Lugduui qui est supra Rodanum vsque ad castrum et villam Rippollarum , et per ipsam villatn et locum Rippollarum et a Petra Crispa vsque ad castrum et villam Rippollarum , et ab eodem castro et villa Rippollarum vsque ad predictum pontem et Petram Crispam, recipiendo ipsos et quenlibet ipsorum et res eorum , eundo stando et redeundo per dictas stratas, in saluagardia et protectione et conductu dicti domini Comitis centra omnes homines et personas ; cum pluribus aliis pactis et promissionibus declaratis in dicto instrumento recepto per Nicolaum de sancta Brigida et Curi- num Croctis (?) notarium anno domini millesimo ij. Iv. die xxiij mail, signatumque per (*) I due documeati che seguono sono tratti da un volume manoscritto in loglio dell'Arehivio di btato detto Camerale (foli. 583 e 584), che porta per titolo : Registre Contrats et Traités enire les Duct de Savoie et les Princes étrangers, 1410 à 1448, ed è citato a fol. 1 lìeWImentario parziale Savoia. 214 I PRIMI STATUTI SOPRA LA CAMERA DEI CONTI NELLA MONARCHIA DI SAVOIA Promissio sindici Communis astensis facta nomine dicti Conimunis domino Philippo corniti Sahaudie super conseruatione mercatonim et aliorum in strafis , prò qtia modis infra scriptis dictum totum suum effortium deheat faccre. Anno domini millesimo ducentesimo sexagesimo quinto, indicione octaua. die sabbatti vif^esimo tertio mensis uiadii. Cnm dominus Petrus , illustris comes Sabaudie , dederit et concesserit stratam et caininum mercatoribus et ciuibus astensibus per comitatum Sabaudie , videlicet a ponte Lug-duni et a Petra Crispa vsque Rippollas et a Rippollis in antea , super strata saluanda et aseruanda et deffendenda fecit et habuit quedam pacta et con- uenta vnacum Sicardo Garreto ciue astensi , procuratore et sindico Communis astensis (vt constat de sindicatu publico instrumento scripto manu Melani Gilli notarii eodem anno et imlicione, die jouis nouo mensis aprilis, et sigillo dicti Com- munis astensis munito; vt constat de predictis in eis conuentione et pactis per in- strumentum publicum factum a me notarlo infrascripto ipsa eadem die sigillo ipsius dicti Communis roboratum de pluribus pactis et conuentis factis a dicto siudico prò Communi astensi dicto domino corniti), voluit idem dominus comes publicum instru- mentum . . . prenominatus procurator et sindicus nomine dicti Communis astensis promisit dicto domino comiti et pactum fecit et Srmauit quod si contingeret quod aliqua persona ofFensionem faciat alimi mercatori vel alii persone , in persona vel rebus, in strata a Rippollis in antea super posse RippoUarum vel Montiscalerii vel super posse astensi, vel suorum vel illorum de parte astensi, tunc Commune et homi- nes astenses teneantur et debeant equitare et ire hostiliter cum toto exfortio eorum, acum castellanis et hominibus terre ipsius domini comitis quam habet in Lombardia in Pedemonte, centra et supra illum et illos qui ofiFensionem facerent vel qui ofiFenso- rem receptarent vel de quorum vel cuius terra mouisset, et ei vel eis facere viuam guerram simul cum predictis castellanis et hominibus, et nuUam cum eis facere con- cordiam seu treugam donec de ofiFensa plenam restitutionem et emendam fecerint iniuriam passo. Item promisit dictus sindicus nomine predicti Communis se ita fat- turum et curaturum quod dicti domini de Plozasco , commune et homines Taurini et de Collegio iurabunt saluare et custodire stratas et caminum et dare auxilium et succursum toto eorum posse omnibus euntibus et redeuntibus per ipsas stratas, et quod attendent et obseruabunt vnacum Astensibus omnia et singula supradicta. Et promisit idem sindicus nomine supradicto predicta pacta et promissiones attendere et obseruare et lìrma tenere et non coutrauenire, et facere et curare ita quod po- testas et Commune astensis ea omnia et singula ratifficabunt et firmabunt quando- cunque ab eodem domino cornile vel eius nuucio inde fuerint requisiti , et ea tirmu et incorrupta seruabunt donec predicta strata centra mandata esset et contradicta ex parte ipsius domini comitis predictis Astensibus , vt in supradicto instrumento facto de concessione diete strate. Et inde dictus sindicus a me notarlo rogauit fieri presens publicum instrumentum , vnum et plura in eodem tenore. Actum apud Rotundum Montem in castro quod est in Vuaudo, presentibus , testibus vocatis et rogatis domino Vberto de Monraeliano, Thoma de Rosglone, Sy- mone de Verterlo, et Bernardo Rusticii, et Henrico Guerre (?) de Florentia. Et ego Jacobus Valbella, notarius sacri Palacii , rogatus a dicto sindico, in- terfui et sic scripsi. CESARE NANI 215 V. LlCTERE ET INSTROMENTA DOMINORUM COMITUM INDEQDH DdCDM SaBAODIE ET SUBDITORUM Ddcum Mediolani (*). Procura Gapitaneorum thuchinorum mercatorum ad petendum securitatem prò eundo ad nundinas Francie. Venerabilibu.s in Christo patribus archiepiscopis, episcopis, ac dilectis sibi in Christo abbatibas, prioribus, archidiacouis, decanis , et ceteri.s ecclesiarum prelatis, et nobilibus et discretis viris dominis ducibus, comitibus, baronibus, inilitibus, ca- stellanis, baiuli.s, prepo.sitis, et ceteris laicis locorum ordiuariis, ad quos iste lictere perveuerint , houorabilibus (?) dominis dilectis suis , Guillelmus Zaueugus (?) pla- centinus et Johannes Cristianiuis (?) de Monte Pessulano , capitanei et rectores vni- uersitatis et societatis mercatorum thuscannorum, lorabardorum , et prouincialium, ad nundinas Campanie et Francie frequeutantium , et ipsa eadem vniuersitas sa- lutem cum omni felicitati augmentum ac paratos seruicium cum honore. Primum quidem oportet uos prouidere iuxta dictum sapienti» de premissis ad indempnitatem mercatorum. Hinc est enim quod nos constituimus et ordinamus dilectos nostros Einricum de Venecia et Jacobum Vidaleni , ambos mercatores Ve- netorum, latores presentium, qui dictum Einricum de Aragra (?) veuetum et dictum Jacobum Vidalem certos nuncios ambaxiatores diete vniuersitatis ad petendum et recipiendum a vobis dominis honorabilibus (?) securitatem caminorum et ad tra- ctandum vobiscunque ea pedagia que sunt ad soluendum mercatoribus transeundo per terram vestram et jurisdicionis vestre , cum ipsoruni bonis eundo et redeundo ad nundinas Campanie et Francie, securiter transire permictere dignemini et velitis , si placet, accipiendo a mercatoribus qui per terram vestram transierunt illud peda- gium quod quantum dictis nunciis et ambaxiatoribus supradictis vobiscum . . . do- minis ordinatum et stabilitura fuerit. In cuius testimonium presentibus licteris si- gillum nostre vniuersitatis et societatis mercatorum duximus apponendum. Datis in nundinis prodomi (?) dicti Hangulphi , anno domini m" ce" Ix" viij , indicione xj. die vj. octobris. (') Stesso Registre, fol. 488. 217 SIGILIOGRAPHIE DE LA SAVOIE PREMIÈRE SERIE SCEAUX religieux DESSINÉS ET DÉCRITS PAR le General AUGUSTE DUFOUR et le Prof. FRM^OIS RABUT Lue dans la Séance du 24 Acni 1881 INTRODUGTION — ►«©«+.— Déjà quelques publications se sont produites sur la sphragistique savoyarde, mais il reste encore beaucoup à faire sur ce sujet. Farmi les travaux déjà publiés, il faut citer hors ligne et avant tout les Sigilli de' Frincijìi di Savoia, publiés avec autant de science que de luxe par MM" Cibrario et Promis en 1854. Cette publication, autrement sérieuse que celle qu'a faite, deux siècles auparavant, l'historiographe Guichenon en téte de son Histoirr géìK'alogiqiie de la Maison de Savoie , s'arréte au règne d'Emmanuel Pliilibert inclusivemeut. Outre les sceaux des princes et des princesses de cette illustre famille, elle renferme encore ceux de quelques administrations : Conseil de Chambéri, Cliàtellenies des Clets, de Cossonay, de Crens, de Morges, de Nyons, de Romont, de Ruo et d'Yverdun. Après cet ouvrage, le seul de cette importance , qui ait para sur cette branche intéressante de notre archeologie savoyarde , on ne peut citer que quelques articles isolés publiés ^a et là sur un ou deux sceaux de diverses espèces. L'un de nous en a fait connaìtre quelques-uns dans les mémoires de la Société savoisienne d'histoire et darchéologio (1) , dans la Snbaudia (2) , dans les actes de l'Académie royale des Sciences de Turin (3) et ailleurs. (1) Lettres sur la sigillographie savoyarde, pa.TF. ^abut. Dans la l'^e lettre, insérée au tome Xll, sont décrits les sceaux d'Etienne de la Thuile, pénitencier du Pape , du Chapelain de S'-Étienne de Cuines et de l'évèque d'Aoste Pierre IV de Sonnaz. Dans la 2<'e, insérée au tome XIV, il s'agit de ceux de Simon évèque d'Aoste, de la Cour de Justice du Corate de Savoie à Aoste , et d'Airaou du Bois. (2) Grand sceau equestre du due Charles Emmanuel 1, page 169. (3) Note sur une bulle de Pierre de Savoie archevéque de Lyon, voi. XII. Serie IL Tom. XXXIV. 28 218 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE — SCEAUX EELIGIEUX ir Promis a publié dans le tome 9° des Miscellanea di Storia italiana un fort joli petit sceau ovale d'Emmanuel Philibert : M' le comte Amédée de Foras en a re- produit quelques-uns dans son armorial et nobiliaire de la Savoie, et tout récemment W Laurent Eabut vient de publier, dans le tome XVII des Mémoires de la Société savoisienne, un grand sceau equestre en plomb inédit d"Amédpe Vili comte de Savoie. Mais, nous le répétons. il y a une grande lacune à corabler, et nous avons résolu de tra- vailler à la diminuer, en éditant quelques séries de sceaux relatifs à notre pays natal. Nous donnons aujourdhui une première sèrie consacrée aux sceaux religieux, espérant la faire suivre d'autres séries renfermant chacune des sceaux d'une espèce differente ; sceaux judiciaires, sceaux féodaux, sceaux municipaux, etc. A coté d'un dessin, aussi soignè que possible, nous placerons une description exacte de ces petits monuments et nous y ajouterons quelques renseignemens historiques sur les persomies ou sur Ics maisons religieuses auxquelles ces sceaux ont appartenu. Nous avions d'abord pensé à suivre l'ordre géographique et à classer nos sceaux suivant les divisions ecclésiastiques de la Savoie , mais cela préseutait des difficultés. surtout à cause des changements survenus à différentes époques dans les circonscriptions religieuses, et nous avons pi'éféré, comme plus commode, la classification suivante. Nous les partageons d'abord en deux catégories , comme l'est le clergé lui-méme . l'une contenant les sceaux du clergé séculier, l'autre les sceaux du clergé régulier. Dans la première nous suivrons l'ordre Inérarchique : 1° les cardinaux et les protonotaires apos- toliques; 2" les archevéques; 3° les évéques ; 4° les coUégiales et plébainies; 5° les simples prétres. Pnur les siéges épiscopaux ou arcliiépiscopaux, nous mélerons, à leiu" ordre chro- nologique , et aux sceaux des prélats, ceux de leurs chapitres et officiers et de leurs tribunaux. Dans la seconde catégorie, nous passerons en revue successivement les divers ordres religieux, Bénédictins, Franciscains, Dominicains, etc, qui ont existé en Savoie ou dans les pays voisins qui ont été sous la domination de nos Comtes et de nos Ducs. Nous ter- minerons en donnant, comme une sorte d'annexe, quelques sceaux de corporations reli- gieuses ou mises sous la protection de Saints. Nous donnerons aussi les sceaux des prélats et des religieux savoyards qui ont vécu dans des pays étrangers où ils ont occupé des siéges ou habité des maisons religieuses. Ce mémoire presenterà sans doute bien des imperfections , mais nous comptons beaucoup sur l'indulgeuce des travailleurs sérieux qui tiendront compte des difficultés de ces sortes de recherches et de la bonne volonté des auteurs. PAE A. DUFOUR ET F. RABUT 219 I. CLERGÉ SÉCULIER — >«a»6? -Michel de la Cluse - Paquet n» 3. (2) Id. id. - Paquet n" 1. 222 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIECX S'-Bamabé, vulgairement appelés les Barnabites (1). Les Barnabites ont fait en Savoie de bonnes recrues pour leur ordre: Don Fulgence de Bellegarde, Don Claude Joseph Greffié, Don Emmanuel Bui'uod et surtout Don Hyacinthe Sigismond Gerdil. Ils envoyèrent ce demier étudier la théologie à, Bologne, ou il fut distingue par l'Archevèque de catte ville Monseigneur Lambertini qui lui conferà les ordres mineurs en 1736 et en 1737. Gerdil soutient avec applaudissement ses thèses sous la présidence du P. Gastaldi et en 1738 il va enseigner la philosophie à Macerata. En 1739, il est nommé recteur de philosophie à Moutù. En 1741, il est ordonné prètre et bientòt on lui confie une chaire à l'université de Turin, où il est un des premiers membres de l'Académie des Sciences fondée dans cette ville. Les Barnabites lapprécièrent aussi et en firent le provincial des Maisons situées en Savoie et en Piémont. Le roi Victor Amédée III lui conila lùducation de son fils ainé le prince de Piémont Charles Emmanuel et lorsque Pie VI démerabra le décanat de Savoie du diocèse de Gre- noble, il en confia l'administration à Gerdil par lettres du 8 des ides de Juillet 1775. Déjà en 1773, le pape Clément XIV le designa In petto Cardinal avec cette note élogieuse votus orbi, nix notus urbi, qui témoigne à la fois de la science et de la mo- destie de Gerdil. Mais ce ne fut qu'en 1777 qu'il fut adnùs au sein du sacre College ; les honneurs religieux lui arrivèrent en foule cette année là. En Janvier il fut nommé évéque de Dibonna; en Février, président du Consistoire; en Mars, abbé de S'-Michel de la eluse, et en Décembre, cardinal avec le titre de S'-Jean porte latine en 1778 et celai de S'^-Cécilc en 1784. C'est du roi de Sardaigne qu"il tenait l'abbaie de la Cluse. Gerdil s'occupa toujours avec sollicitude de cette Maison, comme le prouvent les deux chartes où nous avons ren- contré ses sceaux, celle surtout où il ordonne la convocation d'un synode prèside par son vicaire general monseigneur Ferrari. C'est là qu'il se refugia après l'occupation de Eome par les Fran^ais en 1798. Très-bien accueiUi à Tuiin par le roi Charles Emmanuel IV, son ancien élève, il part pour Giaveno au commencement de l'année salvante et en Décembre il se rend à Venise au conclave rassemblé pour donner un successeur à Pie VI. Ce successeui- faillit étre Gerdil qui eut toujours plus de voix que ses concurrents dans les votes des 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14 et 15 Décembre; mais l'opposition de rAutriche en guerre avec la France où était né Gerdil fit, sur la fin du conclave donner la tiare au cardinal Chiaramonti qui fut Pie VII. Gerdil mourut à Rome en 1802 à Tàge de 84 ans. Pie VII donna lui-méme l'ab- soute à ses funcrailles. Son mausolée en marbré se voit encore avec une longue inscription composée par le P. Fontana dans l'église S -Charles des Gattinai'i à Rome. Si, à cette chronologie sommaii-e de la vie de Gerdil, on vouloit ajouter ses mérites, comme savant, il faudrait un long récit. Contentons nous de rappeler que les ouvrages quii a composés, les uns en langue italienne, les autres en latin ou en fran^ais, publiés de son vivant ou après sa raort, s'élèvent au nombre de 98 (2), et roulent sur de.s (1) Ces religieux dirigoaìent le collège de Thonou depuis 1615, et celui d'Ànneci depuis 1614. Ils y restèrent jusqu'en 17l'9. (2) Eilraits ine liis de la correspondanoe et des manuscrits du Cardinal Gerdil, déposés dans le collège dea Barnabites de 5. Carlo ai Gattinari :\ Rome, par Pierre Vachoux. Annecy, 1867, p. 17 et suiv. PAR A. DUFOUR ET F. KABUT 223 matières de théologie, de philosophie, de physique, etc. Déjà, de son vivant, ses travaux avaient été réunis et publiés à Kome en 6 volumes in-4'' pendant les années 1784- 1791. Dès-lors une édition plus complète a pam dans la méme ville en 20 volumes in-4", intitulé: Opere edite e inedite del Cardinale Giacinto Gerdil; Eoma, Poggioli, 1806-1821. Une autre édition plus complète encore, fonnat in-fol. , est en voie de publication à Kome par les soins du P. Barnabite Yercellone à qui est confiée la garde des manuscrits et de la coiTespondance du cardinal Gerdil. La plupart des savants contemporains de Gerdil ont été en rapport avec lui et il était très-estimé de tous, malgi'é lem- différence d'opinion. Jean-Jacques Rousseau disait de lui: « Panni tant de brochures imprimées contre mes écrits et ma persomie, « il n'y a eu que celle du pére Gerdil que j"ai eu la patience de lire jusqu"à la fin; « il est fàcheux que cet auteur estimable ne m'ait pas compris ». Le gi-and Montesquieu s'exprimait ainsi à propos d'une critique de Gerdil : « Je vous remercie de la critique « du Pére Gerdil, elle est faite par un homme qui mériterait de m'entendre et puis « de me critiquer ». Le savant De Lue de Genève se glorifiait d'étre l'ami de Gerdil. Les travaux de notre Cardinal sur la physique ont été loués par d'Alembert et insérés au journal des savants. Enfin M' de Mairan de l'Académie des Sciences de Paris disait que Gerdil portait dans tous ses discours un esprit géométrique qui manquait souvent aux géomètres mèmes. La réputation de Gerdil est tellement établie en Piémont qu'en 1867 un journal hebdomadaire qui paraissait à Turin et qui s'occupait de littérature et de phUosophie s'intitulait II Gerdil et n'avait rien trouvé de mieux pour s'abriter que le nom du savant savoyard. Robert de Genève Protonotaire apostolique. 1359. Sceau ogival de 55 millim. Type: La Vierge debout, tenant l'enfant Jesus dans ses bras, sous un édicule ogival. Au dessous, un personnage agenouillé dans une petite niche, de chaque coté de laquelle est un écu aux armes de la maison des comtes de Genève: d'or e'quipollc de quatre points d'azur. Legende. En majuscules gothiques: IS • DNI . PP£ • NOTARII • (Sigilhim Boberti de Gebenn)is domini pape notarti. Planche I, fig. n» 4. Ce sceau pend par des cordons de soie verte à un acte par lequel Robert de Genève, notaire de S'-Siége constitue, en qualité de procureur du general de l'ordre du S -Sépulcre , le pere Droyno de l'ordi'e des Bénédictins , recteur de l'hópital du S'-Sépulcre d' Annecy ( 1 ) : Il est en cii-e rouge étendue sur de la ciré jaune. (1) Archiv. du Royaume - Bénéfices de là des monts - Prieuré S'-Sépulcre, Anaeci , pag. 171. 224 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE — SCEAUX RELIGIEUX Lc8 lettres, où il pend, sont datées d'Avignon, alors residence du pape et des généraux dordre, et du 22 Novembre 1359. Robert de Genève, si célèbre comme antipape, sous le nom de Clément VII, après le retour des souverains pontifes à Eome et après la nomination en 1378 du pape italien Urbain VI, auquel il fut oppose par quelques cardinaux, fut le demier repré- sentant de la célèbre maison de Genève dont la branche légitime s'éteigiiit avec lui. Les annes de cette famille ont encore été portées par la famille de LuUin, branche bàtarde de la maison de Genève, puis par la maison de Boringe, branche bàtarde de la maison de Lullin. Eobert cinquième fils d'Amédée III de Genève et de Mathilde de Boulogne est né en 1342: Il fut seigneur de Cruseilles , entra jeune dans les ordres et fut suc- cessivement chauoine de Paris, évéque de Térouane (1) de 1361 à 1368, évèque de Cambray de 1368 à 1372, cardinal du ti tre des douze Apótres en 1 3 7 1 et antipape à Avignon en 1378. Il survécut à ses quatre frères ainés et fut quelques mois comte de Genevois, de Mars à Septembre 1394, année de sa mort. Philippe de Compey Protonotaire apostolique. 1488. Grand sceau ogival de 110 millim. dans sa plus grande dimension. Type : Dans un édicule ogival à trois compartimens formant trois niclies sur- montées de clochetons très-ornés, surtout colui du milieu qui séparé le commencement de la fin de la legende, sont debout sur des consoles de méme style trois saints per- sonnages : au milieu, la Vierge couronnée tenant dans ses bras l'enfant Jesus dont la tète est radiée ; les deux autres saints sont nimbés et barbus. L'un d'eux, dans la niche de gauche, tient un livi'e ; c'est sans doute l'apòtre S"-Philippe patron du protonotaire Compey, et dans la niche de droite, le saint qui tient dans ses bras un agneau nimbé est S'-Jean Baptiste. Au dessous des niches qui abritent ces trois saints, il y en a une autre moins haute, de méme architecture, dans laquelle le protonotaire Compey est agenouillé sur une console, les mains jointos et la tòte nue. A droite de cette niche , un écu anx aimes des Compey de Gruffy qui porte : d'hertnine au chef de gueules charge' d'un aiglc d'or, est surmonté d'une mitre dont les triples bandelettes descendent de chaque coté de l'écu et interrompent la legende. A gauche de la niche , un personnage arme de toutes pièces, la téte nue. étend au dessus de la téte du protonotaire son bras droit et y tient une couronne de feuillage: De la gauche, il tient un petit étendard. Legende. En capitales gothiques: (1) Térouane, en latin MorinenMs, ce qui a fait supposer et dire à quelque auteur, que Rober de Qenàve avait été évèque de Maurienne, Morianensis. PAR A. DUFOUR ET F. KABUT 225 • S " REVERENDI » PATRIS = PHILIPPI S D t COMPESSIO ' SEDIS » APLICE = PROTHONOTARII ' Sigillum reverendi patris Philippi de Compesio sedis apostolice protonotarii. Cette legende est un peu oblitérée dans le commencement par suite d'un mou- yement fait par celui qui appliquait le sceau matrice sur la ciré. Sceau en ciré rouge renfermé dans une boite en sapin de méme forme et retenu par des cordons de soie verte à une charte du mois de Novembre 1488, un vidimus de conventions passées entre Troches et le comte de Savoie (1). Planche I, fig. n» 5. Ce sceau est, sans contredit, le plus beau de tous ceux que nous publions, soit par la dimension , soit par le dessin des nombreux objets qui en forment le type : archi tee ture , personnages, etc. Pour la dimension, il rappelle ceux des cardinaux et celui de Jean de Compey frère de notre Philippe , successivement évéque de Turin , de Genève et archevèque de Tarentaise. Ce sceau de l'évéque Jean de Compey a été dessiné par M' Blavignac dans son armorial genevois , mais le notre lui est bien supérieur sous le rapport artistique et l'on regrette vivement de ne pas connaitre le nom du graveur de ce sceau. La famille riche et puissante des Compey semble avoir eu le privilége exclusif en Savoie de ces sceaux majestueux. Philippe de Compey était fils de Jean de Compey seigneur de GrufTy, de Prangins et de Grandcour, d'une branche cadette de l'ancienne famille des Compey et d'An- toinette de la Palud-Varambon. Son pere Jean de Compey était chambellan d' Amédée VITI qui l'envoya à Chypre avec un petit corps de troupes et son beau frère, au secours de Janus de Lusignan, expédition dont il revint presque seul, au dire de Guichenon (2); il fut aussi chargé de plusieurs missions délicates par ce prince et par son successeur le due Louis, aussi re^ut-il d'Amédée Vili d'importantes donations et entr'autres les biens considérables confisqués à l'infortuné Lageret, ce riche bourgeois de Chambéry qui fut exécuté en 1417 sans qu'on connaisse aujourdhui le crime dont il s'est rendu coupable. Philippe de Compey voué à la carrière ecclésiastique, comme la plupart des cadets de famille, fut d'abord cure de Margencel, puis cure d'Arrache et de Cruseilles, prieur de Lovagny, doyen de Savoie, chanoine de Genève et de Lausanne, vicaire perpétuel de Genève et protonotaire apostolique (3). Il mourut le 18 Mai 149(1 à Genève et fut enterré dans la cathédrale de cette ville à laquelle il avait fait une riche fondation pour le repos de son àme et de celles de ses parents ; son frère Jean fut évèque de Genève pendant un an (1483-1484) et c'est en 1483 que notre Philippe jura pour lui les francliises de cette ville (4). La dignité de Protonotaire apostolique lui donnait le premier rang après l'évéque. On distinguait deux sortes de protonotaires apostoliques, les uns intra stattim, in curia (\) Archiv. du Royaume - Abbaye d'Aulps - Paquet n° 1. (2) Hist. généalog. de la Maison de Savoie. (3) Besson, Mémoires pour l'histoire ecclésiastique pag. 54. (4) Ibidem. Serie II. Tom. XXXIV. 29 226 SIGII.LOGKAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX Bomava, étaient chargés à Rome de rediger l'histoire des papes, les procès-verbaux des consistoires, etc. ; les autres, extra statum, nommés un peu partout étoient à la disposition du souverain Pontife pour les missions qu'il pouvait leur confier. Les pro- tonotaires du S'-Siége étaient exempts de la juridiction de l'ordinaire et placés immédiatement sous l'autorité du S'-Siége: ils pouvaient étre nommés par le pape cu par un légat a Intere. Ils avaient bien d'autres priviléges : ainsi il précèdent les autres membres des chapitres quand ils sont cbanoines eux-mémes. Leur costume est une robe violette avec le petit manteau de mème couleur. Ils peuvent aussi porter dans les cérémonies religieuses un anneau sans pierre précieuse (1). La mitre placée dans notre sceau au dessus de l'écu armorié s'expliquerait par la diguité de Doyen de Savoie : la présence de S'-Jean Baptiste dans la nicbe droite s'explique aussi parceque S-Jeau était le patron du pere de Philippe de Compey. celui de son frère l'évéque Jean qui l'a fait gi-aver au milieu de son sceau et le patron vènere de la famille des Compey. L'on sait que dans la plupart des grandes familles, il y a un prénom préféré qui revient souvent et embarasse singulièrement les généa- logistes. Il suffira , pour se convaincre de ce fait , de jeter les yeux siu- les tableaux de l'armorial et nobiliaire de Savoie de M de Foras , et les Amédée de la Maison de Savoie en sont une autre preuve. Et bien chez les Compey, le prénom préféré était celui de Jean : il revient au masculin ou au féminin, à tous les degrés, dans la branche ainée et dans les branches cadette» (2). Ce qui est plus difficile à expliquer dans notre sceau, c"est le personnage arme qui tient uu étendard et une couronne de feuillage sur la tète du protonotaire et qui ressemble à un S'-Michel ou à un S-Maurice ou à S'-Philippe patron de Compey. Il faudrait, pour cela, connaìtre quelques détails de la vie et des honneurs conférés à Philippe de Compey, détails qui ne sont point parvenus jusqu'il nous. Jean Oriol Protonotaire apostolique. Sceau ogival de 65 millim. Ti/j)e : La Vierge tenaut l'enfant Jesus dans ses bras est debout dans une fort jolie nicbe ogivale au dessous de laquelle se trouve un écu aiTondi en pointe dans lequel figure une croix à deux branches. Legende. La légeude, en caractères gotbi(iues minuscules nettement gravés, et très- lisibles, court sur un pliilactère dont l'extrémité est un peu enroulée au bas du sceau: . s . r . p . d , io . orioli . sedls . ap'=«. protho""' . vicarius . habniidancie ~«5 en faveur des seigneurs et magistrats de ce corps duquel lors de l'achept, led" s* sup- » pliant estoit premier président » . (1) Archiv. Ch. des comptes - Patentes de Savoie -. Voi. 13, pag. 19. Capre dit et apròs lui M. De Foras dit aussi le -.'4 Septembro iri79. GuiCHENON de soQ cOtu et d'apr's lui Eugène Bubmer dounent au contraire la date du 1577; on voit qu'ils ont tous fait eiTeur d'une annóe en plus cu en moins. (2) Ibidem, pag. 3U2. (3) Arch. jOh. comp. - Pat. de Savoie -. Voi. 14, pag. 88. (4) Ibidem » » 16 " 349. (5) 11 s'agit de la guerre contro Genève. (6) Pat. de Savoie - Voi. 18, pag. 35. (7) Ibidem » 24 » 37. (tì) ìlem. et documens de la Società Sav. d'hist. et d'tirch., tome XI, pag. 171. PAR A. DUFOUR ET F. RABUX 235 Francois Amédée Milliet. 1661. Sceau ovale de 29 millim. Type : Un écu aux armes écartelées de la famille Milliet ; « Écartelé aux l" et 4* (Vargent à la fasce de gueuìe acconqjagnée de deux devises de méme, au lion issant de sinopie; aux 2'' et 3" de gueule à la bande d'argent accompagnée de deux cot- tices de méme et sur le tout d'azur à un chevron d'or chargé d'un aufre chevron de gueules accompagné de trois étoiles d'or ». L'écu surmonté d'une couronne de comte, du chapeau et des houppes d'évèque. Sans legende. Planche li, fig. n° 13. Ce sceau est plaqué au bas d'une copie authentiquée par le prélat, de la donation faite par Eodolphe roi de Bourgogne, à l'église de Tarentaise en 996. Cette copie est du 21 Janvier 1(361 (1). Francois Amédée Milliet, fils de Hector Milliet baron de Challes et d'Arvillars, pre- mier président au Sénat de Savoie et de Madeleine de Montchenut, nacquit en 1628; il étudia le droit et la théologie à Paris et succèda à Benoit Théophile de Villette sur le siége archiépiscopal de Moutiers. Nommé en 1658 (2) par le due de Savoie, il ne fut confii-mé par bulles du pape que le 15 des kalendes de Décembre 1659 (3). 11 préta serment en présence du due Charles Emmanuel le 20 Octobre 1660 (4). La régente Marie Jeanne Baptiste le nomma, le 29 Novembre 1675 (5), premier président du Sénat de Savoie dont il était membre depuis 1645, aux gages de 620 ducatons et 8 sols avec une pension de 420 ducatons. La patente contient ces mots « bien entendu que « le dit R. Archevéque exercera la dite charge de premier président, vestu des habits « de prélat ». En 1680 (6) F. A. Milliet obtint de rentrer dans son diocèse, tout en conservant ses titres, gages et pensions. Il mourut à 80 ans, en 1703. Après sa mort, le siége resta vacant pendant 24 ans et fut ensuite occupé par son neveu dont nous allons publier un sceau. Lorsque Milliet fut nommé sénateur, le 10 Décembre 1645, il n'avait que 22 ans: aussi la patente dit qu'il n'aura pas voix deliberative. Le Sénat enrégistra les patentes le 21 Février 1646, à condition que Milliet serait examiné et payerait les droits de chapelle. (Il Arch. Roy, — Archm. Tarentaise - Paq. 1 , n* 1. (2) Arch. Ch.des comples - Patent. de Savoie - Voi. 47, pag. 268'. (3) ibidem >■ '• » 269. (4) Arch. du Royaume - Archev. de Tarentaise - Paquet 2, N» 15. (5) Arch. Ch. des comptes - Pat. de Savoie - Voi. 51, pag. 7. (6) Ibidem » .. 52 .. 281. 236 SIGILLOGRAPHIK DE LA SAVOIE SCEAUX RELIOIKUX Franfois Amédée Milliet. 1734. Sceau rond de 55 millim. de diamètre. Type : Lea armes de la famille du prélat , d'aeur au chevron d'or chargé d'un chevron de gueules et accompagné de trois étoiles d'or, 2, 1, dans un cartoucLe sur- monté d'une couronne ducale d'où sort une croix tréflée, le tout entouré du chapeau d'archevèque avec les lacs et les houppes 1, 2, 3, 4 ; un cordon accompagné d'un doublé filet court sur le bord du sceau. Legende. Précédée d'une rose : FRANC- AMED- MILLIET -ARCHIEPSTARANTASISR- IPRINC • Franciscus Amedeus Milliet Archiepiscopus Tarentasiensis Sacri Romani Imperii Princeps. Planche II, fig. n" 14. Ce sceau est au bas d'un acte par lequel le prélat nonune le chanoine don Claude Ruffier promoteur du tribunal de l'officialité métropolitaine. Il est date de Moutiers le 25 Juin 1734 (1). Francois Amédée Milliet d'Arvillars était de la branche cadette de la maison Milliet qui remonte a Etienne Milliet capitaine au chàteau de Martigny en Chablais pour le comte de Savoie au xiv' siede. Son grand-pere Hector Milliet fut le premier de la branche des Milliet, barons de Challes et d'Arvillars. qui se sépai-a bientòt, elle-méme, en deux branches, celle des barons de Challes et celle des barons d'Arvillars, com- mencée par Silvestre Milliet, baron, puis marquis d'Arvillars, mareschal, general de camp du Due, pére de notre prélat (1). Un fils d'Hector, nommé Francois Amédée, avait déjà été archevèque de Tarentaise de 1658 à 1703. Il fut remplacé sur ce siége par son neveu et fiUeul : le prélat dont nous publions le sceau. Ce demier était dono de Silvestre Milliet marquis d'Arvillai-s et de Anne de la Fléchòre. Il était né en 16(34, fut doyen de Tarentaise à un àge peu avance, en 1681. pendant l'épiscopat de son onde, vicaii-e general en 1684. puis évéque d'Aoste en 1698 et archevèque de Tarentaise en 1727. Le siége avait vaqué pendant 24 ans de- puis la mort de son onde cn 1703. Il mourut cn 1744. Son oraison funebre a été prononcée dans l'église métropolitaine de Moutiei-s le 4 Juin 1 745 par R* Aymé Mu- gnier chanoine pénitentiaire, vicaire general et officiai du prélat, et imprimée à Anneci par J. B. Burdet. (1) Archiv. du Royaume. ^2) Genealogie de la .^faison Milliet par Besson, publide par F. Rabut. PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 237 n a sans doute mis sur son écu une couronne ducale, à cause du titre de prince du S'-Empire romain qu'il prend dans la legende, affectant ainsi l'indépendance tìs- à-TÌs du roi de Sardaigne. Claude Humbert de Roland ou Rolland. 1752. Sceau de forme ronde de 55 millim. Type : Les armes de Koland d'azur à une épée d'or mise r.n pai, la pointe en haut, dans un cartouche surmonté d'une couronne ducale, d'où sort une croix tréflée, et entouré du chapeau, des lacs et des houppes d'archevèque. Legende (une fleur entre deux petites roses) : CLAVDIVS HYMBERTVS DE ROLAND DE BERY ARCHIEPISCOPVS ET COM . TARANT SRI- PRIN • Planche II, fig. n" 15. Ce sceau- est plaqué sur ciré rouge, recouverte d'un papier blanc découpé en forme de rosace, au bas d'un certificai relatif à la vacance d'un bénéfice et date de Moutiers le 19 Avril 1752. On voit que le prélat y prend le mème titre dans la legende et la mème cou- ronne sur son écu que son prédécesseur. C'est le demier prélat mentionné par Besson dans sa liste des arcbcvéques de Tarentaise. Il fut nommé à. ce siége en 1749 ; il est mort le 27 Novembre 1770. La faraille Eoland, aujourd'bui éteinte, était des environs de Rumilly et a résidé dans cette ville dans le courant des xvi et xvii' siècles. Claude Humbert de Eoland était né en 1708, à Marigny, de Jean Pierre de Koland et de Anne Marie de Chavanes. n avait fait ses premières études à. Eumilly. cbcz Ics Pères Oratoriens. Il alla les con- tinuer à Paris en Sorbonne , et à Valence : il fut bacbelier de Sorbonne et docteur en tliéologie de l'univei-sité de Valence, il prit ces grades après sa nomination d'ar- chevéque. Après avoir été ordonné prétre il fut nommé chanoine de Bayeux, puis cha- noine et vicaire general de Tour en Lorraine. Devenu archevèque, il a signé avec le Roi Charles Emmanuel III, en 1769, une transaction, par laquelle il renonce. pour lui et ses successeurs, au titre de Comte et à tout droit de souveraineté sur la province de Tarentaise, contre le titre de Prince de Conflans et de S'-Sigismond et une pension de 3000 liv. Ce fut peu après que le roi érigea en faveur de ces prélats, Conflans, en principauté (1). Un autre acte de son épiscopat fut d'obteuir du souverain l'application à l'hò- pital general de la province de Tarentaise d'une aumòne qui se faisait annuellcment à Moutiers pendant tout le mois de Mai aux frais de l'archevéque, et qui consistait (1) Croisollet, Hist. de Rumilhj, pag. 156. 238 SIGlLLOGRAl'HIE UE LA SAVOIK SCEAVX RELIGIEVX en 1500 bichets, moitié seigle. moitié orge. On distribuait alors à chaque pauvre une demi livre de pain (1). Ce changement fut autorisé en 1755. Claude Humbert Roland n'était pas riche. Sa sceur Anne Hélène de Roland avait été mariée en 1728 à Pliilippe .Joseph de Savoiroux à qui il avait fallu payer une dot. Aussi, quand il fut nomnié il rarchevéché de Tarentaise, il presenta une supplique au Roi pour étre exempté de certains droits trovandosi, dit-il, in somme angustie (2). Aussi fut il plus tard obligé d'aliéner son fief de Bery dont nous lui voyons porter le titre sur le sceau que nous publions. Voici ce qui nous amène il avancer ce fait. L'un de nous possedè une de ces grandes et belles thèses en placard dont Tusage était très-général aux xvii" et xviu* siècle. C'est une thèse de théologie soutenue par Joseph Abondance de Tarentaise en 1750, dans la grande salle de l'Hotel de viììe de Chamhéri. Elle est dédiée à notre prélat dont les armes sont gravées dans un cai*- touche soutenu par des anges. Le dessin de ces armoiries est la reproduction exacte du sceau que nous publions : écu, ornemens extérieui-s, legende ; tout y est complète- raent semblable : le graveur a copie le sceau. Mais une bande de papier converte de fleui'ons typogi'apliiques recouvre les deux niots de herij, qui avaient été préalablement grattés (3). Ces précautions indiquent évidemment qu'en 1750 le prélat ne portait plus ce titre, par suite d'une aliénation du domaine et de la maison de Bery, qu'il avait peut-étre donne en payement de la dot de sa soeur, puisquils appartiennent aujourd'hui aux Savoiroux. Ce qui rcstait de fortune à Claude Humbert de Roland passa il la famille de Savoiroux, par suite des testaments qu'il fit le 14 Juillet et 28 Octobre 1770, l'année de sa mort. en favcur de son neveu Jean Joseph de Savoh'oux fils de sa sceur Anne Hélène (4). Claude Humbert de Roland fut le denùer de sa lignee. M' F. Descotes a publié sur l'entrée de ce prélat à Paris, comme étudiant et sur son entrée il Moutiers comme archevèque, des anecdotes dont il ne garantii pas l'au- tenticité. Il en ajoute encore d'autres dans un second article, qui renferme quelques détails historiques, entre autres sur le testament de Tarchevèque, mais qui contient quel- ques erreurs (5). Gaspard Auguste Laurent de St-Agnès. 1772 - 1783. Sceau rond de 67 millim. Type: Dans un cartouche agrémenté de branches de feuillage portant des fruits, sont gravées les armcs suivantes que nous a permis de blasonner plus complètement la gravure de plus grande dimension que le sceau, placée en tète des lettres-pastorales (1) Archiv. de l'Economat. (2) Ibidem. (3) Bihl. de F. Rabut. (4) A. DE KuiiAS, Armorinl et noh. de Savoie. - Art' Bracorens de Savoiroux. (5) litKue Sai-oisienne, 1868, pag. 45 et 70. PAR A. DUFOUE ET F. KABUT 239 du prélat: « Écartelé aux V et 4" d'argent à un murier arraclic de sinopie, fruite' » de giieules et chargé en ahyme d'un croissant d'or qui sont les armes des Laurent » de S'-Agnès, mix 2* et 3' d'nzur à la fasce d'argent accompagnée de trois hesants » d'or en chef et de deux étoiles de méme en potute ». Les armes choisies par le prélat sont « au chef d'azur à deux bras au naturel por- » tant des stigmates et passe's en sautoir desqueìs sort une croix de gueules »; armes des frères mineurs conventuels de Saint-Francois. Derrière l'écu sont passés en sautoir une eresse et une épée, dont la pointe soutient une mitre; au dessus du cartouche, une couronne ducale, d'où sort la croix archiepiscopale à deux traverses ; le chapeau. les lacs et les houppes d'archevèque enveloppent le tout. Legende. Où les points sont remplacés par de petites étoiles : F * GASPAR * AVGVST + LAVRENT * DE * ST-AGNES * ARCHIEPISC * TARANTASIENSIS ET ^ CONFLVENTI • PRINCEP * La legende est entre deux filets et un très-petit grenetis à l'intérieur et un cordon d'étoiles à l'extérieur. Planche li, fig. n» 16. Cette description est faite d'après une empreinte en ciré rouge, prise sur la ma- trice en cuivre et classée dans la collection de l'un des auteurs de ce mémoire. On voit que le prélat ne répudiait pas le souvenir de sa vie antérieure ; il com- mence la legende de son sceau par la lettre F initiale du mot Fratcr qu'il prend dans les autres actes officiels; lettres pastorales, etc. et qui rappelle qu'il a été re- ligieux de S'- Francois d'Assise. Il le rappelle également dans le chef de ses armes. Mais son humilité ne l'empéche pas de mettre aussi dans la legende de son sceau, le titre de prince de Conflans, que son prédécesseur avait re^u du souverain, comme com- pensation de l'abandon de celui de Tarentaise. Ce titre, il le constate encore dans soii sceau par la couronne ducale et par l'épée. Les brauches fructifères qui ornent le car- touche sont sans doute des branches de murier empruntées au meublé principal des armes de la famille Laurent de S'-Agnès, comme les étoiles répétées à profusion dan^ la legende et dans le cordon extérieur du sceau sont empruntées à l'un des meubles de ses armes particulières. Laurent de S'-Agnès fut archevèque de Tarentaise de 1772 à 1783, date de sa mort arrivée inopinément le 23 Juillet, pendant qu'il était en villégiature dans sa campagne de Montaut , paroisse de la Motte, au diocèse de Cliambéri . comme nous l'apprend une lettre de Té ve que de Chambéri , Michel Conseil (1). La lettre-pastorale, par laquelle Laurent de S'-Agnès annouce son élévation au siége de Moutiers, est du 10 Février 1772. La mème année parut à Turin un recueil de poesies in 8°, de 32 pages intitulé : III.""' ac Bev."" Angustino Gaspari de S'-Agnè'^ ord. min. S. Francisci conventualium in Tarantasiensem archiepiscopum inaugu- rato gratulatio. (1) Archio. du Royaume - Lettres des Evèques. 240 SI6ILL0GKAPH1E DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX Joseph de Montfalcon du Cengle. 1785-1793. Sceau rond de 55 millim. Tijpe: Écu ovale aux armes de la famille du prélat d'argcnt à Vaigìe éployén de sahle membréf et hecqudc d'or dans un cartouche surmonté d'une couronne ducale et de la croix archiepiscopale. Deux aigles supportent le cartouche d'où sortent la mitre, la crossa et l'épée passées en sautoir. Le chapeau et les houppes d'archevéque enve- loppent le tout. Par une erreur du graveur, le fond de l'écu est couvert de traits perpendiculaires comme si le chauip était de gueules : il a aussi abaissé les ailes de l'aigle, ce qui est encore une eiTcur. Legende: * lOSEPH DE MONTFALCON DV CENGLE ARCHIEP TARANT & PRINCFPS La legende est entra deux filets très-minces, et un gros grenetis court sur le bord du sceau. Planche II, fig. a» 17. Le dessin de ce sceau a été fait sur une empreinte prise avec la matrice en cuivi-e qui est au musée de Chambéry. Joseph de Montfalcon est né au chàteau de Montfalcon, commune de la Bielle, d'une ancienne famille qui a subsisté longtemps en France et cn Savoie et qui est éteinte : suivant d'autres, il serait né à S'-Offenge. Il était fils de Claude de Mont- falcon seigneur du Cengle et de Anne de Gautellet-Vectier, de Beaufort. Il a été ledemier archevèque de Tarentaise, depuis l'année 1785, 14 Aoùt, jusqu'à sa mort, arrivée le 20 Septembre 1793. Il avait fait ses premières études chcz les ora- torians de Rumilly, comme monseigneur Koland, et comme lui, il fut un prélat liberal, plus que lui, méme, à raison de l'epoque où il a yécu. Lorsqu'après l'occupation de la Savoie par les armées frangaises en 1792, les députés de toutes les communes de la Savoie se réunirent à Chambéri le 21 Octobre et se constituèrent en assemblée na- tionale des AUobroges, il envoya à cette assemblée une lettre où il exprimc les re- grets qu'il éprouve de ce que les circonstances, qu'il explique, ne lui permettent pas de se rendre, comme il en avait l'intention, avec les députés du chapitre pour pré- senter ses hommages à la convention nationale. Il envoie en mème temps le discours qu'il se proposait de prononcer il cette occasion. Cette lettre et ce discours ont été imprimés avec la réponse de l'assemblée en une brochure de 8 pages chez C. F. LuUin (1). («) Bibl. de F. Rabut. PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 241 Joseph de Montfalcon du Cengia prit ses grades à Turin avec distinction, fut en- suite chanoine de la cattedrale d'Asti, président de la Congrégation de la Superga. Il rebàtit la chapelle de son palais archiépiscopal et fonda un mont de piété à Mou- tiers. Il multiplia les écoles dans son diocèse. Le 1" Mars 1793, il quitta la Savoie et gagna le Piémont par le petit S -Ber- nard, fut bien veqn à Turin par l'archevéque, le cardinal Costa d'Arignano. Il mourut dans cette ville. B. ARCHEVÉQUES DE CHAMBÉRT Antoine Martinet. 1828-1839. Sceau rond de 55 niillim. Type : Armes du Prélat d'argent à tme tour de gueuìes soutenant trois martinets de sable, deux affrontés et celai du milieu en fasce, au chef d'azur chargé de trois étoiles d'or, dans un cartouche surmonté d'une couronne ducale, de la croix archie- piscopale, de la mitre et de la crosso ; cliapeau et houppes d'archevéque : dans le bas, deux branches de laurier en sautoir et par dessus la partie supérieure du cartouche lui philactère portant la devise: Non hab. ine man. civit. (1). Legende: ANTONIVS MARTINE! ARCHIEPISCOPVS CAMBERIENSIS • Planche II, fig. n" 18. Nous avons trouvé ce sceau sur plusieurs picces, entr'autres, en timbro sec, au bas d'un rapport fait à l'occasion de la consécration de monseigneui" Turinaz comme évèque de Tarentaise, sous date du 6 Mai 1838 (2). Chambéri fut erige en évéché en 1779; suppi-imé pendant la revolution, ce siége fut rétabli en 1801 et erige en archevèché en 1817, avec les évéques de Moutiers, d'Annecy et de S'-Jean de Maurienne pour suffragans. Deux Prélats y ont précède Mgr. Martinet, savoir: Mgr. De Solle et Mgr. Bigex. Mgr. Martinet avait déjà été nommé évèque de Tarentaise le 22 Décembre 1825. Il prèta serment à Turin le 28 Mars suivant et prit possession de son évéché le 16 Avril. Il fut nommé Archevéque de Chambéri le 14 Mars 1828, fut dispense du serment et prit possession le 12 Avril. Par son testament du 12 Aoùt 183G, il fait héritier le séminaire de Chambéri et meui't le 6 Mai 1839. Il a été enseveli dans la chapelle du Calvaire dont il avait fait achever la construction commencée par Mgr. De la Palme. Il était grand Gordon de l'Ordi-e des Ss. Maurice et Lazare. (1) Non habemus hic manentem civitatem. S. Paul, aiix Hébreux, Cliap. un, vers. xiv. (2) Archiv. de l' Economal general. Serie IL Tom. XXXIV. 31 242 SIGIIXOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX EELIGIEUX * Martinet était un enfant de la Tarentaise: il était né le 22 Aviil 17GG a Queige. dans la vallèe de Beaufort, de parens peu fortunés: il avait fait ses premières études au collège de Cbambéri et avait suivi les cours de tliéologie an séminaire de Moutiers. n fut successivenient vicaire de la paroisse de S'-Paul, secrétaire de TArchevéque (Mgr. de Montfalcon), professeur de tliéologie, préfet du collège royal de Moutiers. Il avait émigrè en Piémont en 1793, mais il était bientòt revenu secrètement en Savoie. Puis il retounia en Italie, et fut cliargé de l'éducation du jeune marquis de Cambiano Timnetti. De nouveau supérieur du collège de Moutiers en 1816 et professeui- de théologie en 1817, il est rappelè à Cliambèri en 1819, nommé ebanoine hono- raire, officiai mètropolitain, grand vicaire en 1822 et èvèque de Tarentaise en 1825 et sacre en 1826. Les martinets qui figurent dans ses armes sont une espcce d'birondelle qui vient passer la belle saison en Savoie. Le portrait de Mgr. Martinet a été lithogi-aphié par M. Justin et imprimé dans l'atelier dcs frères Courtois et Aubert à Cbambéri , foi-mat in-4°. A la suite de son oraison funebre pronoucèe par Tabbè Rendu, le futur évéque d'Anneci, le 12 Juin 1839, dans la métropole de Cbambéri, se trouve une notice bistorique sur Mgr. Antoine Martinet (1) dans laquelle on énumère les èglises construites dans le diocèse de Cbam- béri , pendant qu'il le dirigeait. EUes sont au nombre de 40 et malbeureusement d'assez mauvais goùt. A la page 55 de cette notice assez com-te, une note en an- nonce une plus développée, due à la piume de l'abbé Martinet ebanoine de Moutiei-s, neveu du Prélat, un des écrivains les plus féconds du clergé savoisien; nous ignorons si elle a paru. Vacance du aiége de Chambéri. 1839-1840. Sccau ovale de 56 millim. Type : Dans un cartoucbe, deux mains jointes tiennent une croix tréflée. Au dessus du cartoucbe, une bandcrolle jiorte la legende Frntrrs in unum. Au dessous du car- toucbe, deux braucbes de palmier en sautoii*. Cbapeau et houppes dévèque. Legende: CAPITVLI METROPOLITANI CAMBERIENSIS Planche II, fig. n" 19. Ce sceau est celui dont s'est servi le cbapitre des clianoines de Cbambéri qui a administré le diocèse pendant la vacance qui a suivi la niort de Mgi'. Martinet, jusqu'à l'évènement de Mgr. Billiet en 1840. Il a été grave par Louis Rabut orfèvi-e à Chambéri, le pére de l'un de nous. (!) Chambéri, Puthod, 1839, in-S» de 70 pages. i PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 243 Alezis Billiet. 1840-1873. Sceau rond de 54 millim. Type: Un écu en accolade aux armes que s'était choisies le Prélat, lorsqu'il avait été nommé évéque de Mauiienne d'asiir à huit hiìUettcs cVor disposées en forme de croix, 2, 4, 2; au chef d'argent chargé de deux tétes de manrrs de sahle. L'écu, appuyé contre une croix archiepiscopale posée en pai et contre une crosse et un bàton, surmonté d'une mitre passés en sautoir, est entouré du Gordon de l'ordre des Saints Maui'ice et Lazare. Cliapeau et houppes de cardinal, 1, 2, 3, 4, 5. Legende: ALEXIVS BILLIET ARCHIEPISCOPVS CAMBERIENSIS . Planche II, fig. n" 20. Les armes du prélat sont des armes parlantes, dont les meubles rappellent son nom et son premier siége, colui de Maurieune. Les houppes de cardinal sont un peu prématurées sur un sceau dont Mgr. Billiet s'est servi bien avant davoir regu le chapeau. On rencontre en effet ce sceau sur des pièces de l'année de sa promotion à l'archevéché de Chambéri, 1840. Est-ce pressentiment ? est-ce flatterie du gravem-? Nous avons trouvé ce sceau plaqué au bas d'une copie de la bullo de nomination de Mgr. Billiet à l'arche- véché de Chambéri; cette copie est datée de Chambéri, 2 Juillet 1840 (1). Les houppes de cardinal figurent également sur les armes gravées placées en tète des mandements archiépiscopaux des premières aimées et sur le Munuaìe Confessariorum, de 1843. Pour les affahes courantes, Mgr. Billiet se servait aussi d'un petit sceau ovale au mème type. La matrice du grand sceau rond que nous venons de décrire est au musée de Chambéri. Mgr. Billiet fut nommé à l'archevéché de Chambéri le 27 Aviil 1840, 5^ ka- lendas Man; il l'occupa jusqu'à sa mort, le 30 Avril 1873, et l'administra avec une grande activité, qui se prolongea jusqu'à ses derniers moments malgré son àge avance : il avait à sa mort 90 ans et 2 mois. La Eevue Savoisienne du 27 Mai 1873 contient un artide biographique sur le cardinal Billiet. M. Descotes , avocat à la Cour d'Appel de Chambéri , a prononcé l'éloge de l'archevèque Billiet dans son discours de reception à l'Académie de Savoie le 22 Décembre 1874 (2). Son portrait, peint par Guille, a été lithographié en 1840 à Chambéri. La vie de ce Prélat, dont la porte est recente, est présente à la mémoire de tout . le monde et cela nous dispense d'en parler ici. Voici seulement quelques dates et faits (1) Archivi, de VEconomat general. (2) Mémoires de l'Académie des Sciences de Savoie, Tome IV de la 3» serie. 244 SI6ILL0GEAVHIE DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX essentiels: Né aux Chapelles en Tarentaise le 28 Février 1783, il entra au séminaire de Chambéri en 1805, déjà iustruit en pliilosophie et en théologie, et l'année suivante, il y enseignait cette demière science. Il fut sacre évéque de Mauriemie le 19 Mars 1826. D était archevéque au moment de l'annexion de la Savoie à la France en 1860 et le zèle qu'il mit à faire voter le plébiscite par le clergé, joint à ses mérites per- sonnels, lui valut en 1861 le chapeau de Cardinal, sur la proposition de Napoléon III. Il est mort en 1873. Mgr. Billiet fut l'un des fondateurs de l'Académie des Sciences, lettres et arts de Savoie dont il fut un des membres les plus actifs. Il a enrichi les mémoires de cette Société de plusieurs travaux sur la geologie, la statistique et l'iiis- toire religieuse du pays. Il était cbevalier grand croix de l'Ordre des Ss. Maurice et Lazare. C. ARCHEYÉQUES DE LYON. Philippe de Savoie. 1248-1250-1256. Sceau ogival de 60 millim. Type : Un personnage debout, vétu d'une longue tuniquc avec une sorte de ma- nipule sur le bras gauche, tenant un livre, devant lui, des deux mains. Dans le champ, de chaque coté de la tète, trois points disposés en triangle: et vers le milieu, de chaque coté dn personnage, une étoile à six rais. Legende, en capitales gothiques : •ìt S : PH : PRIME : LVGD • ECCLESIE : ELECTI • Sigillum Fhiìippi prime lugdunensis ecclesie electi. Planche li, fìg. n» 21. Ce sceau en ciré jaune pend, par deux cordons de soie verte, au bas du compromis passe le 10 .luin 1250 entre PieiTC de Savoie d'une part et Guillaume comte de Ge- nevois et ses fils Kodolplie et Henri d'autre part, en la personne de Philippe primat de Lyon pour décider de leurs différens. Compromittinms in ven. doni. Ph. . . Dei gratta prime lugdunensis ecclesie electum. . . (1). Le mCme sceau en ciré jaune pend, par une bande du parchcmin, au bas du testamcnt dufrère de l'iiilippo, Thomas 11 de Savoie, fils commc lui du Comte Thomas, du 29 Juin 1248, auquel interviennent sept témoins requis par le testateur mdelicet revercndum. . . fratrem meum Philippum lugdunensem electmn Eadulpkuvi tarent'"' electum . . . Nous (1) Regest. genevois d'apris Worstemberoer. PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 245 l'avons aussi rencontré, en plus mauvais état, au bas du testament de Philippe, du 26 JuiUet 1256 (1). Le personnage grave sui* ce sceau est Philippe de Savoie archevéque élu de Lyon. On sait que les élus ne portaient pas la crosse. Les étoiles à 6 rais étaient, à cette epoque, un des types fréquemmeot employés par les princes de la Maison de Savoie sur leurs moniiaies (2) et leur présence, à droite et à gauclie du personnage, corrobore notre opinion sur celui que représente le sceau. Dans la legende le mot prime rappelle, que le siége de Lyon est l'archevéché primatial de la gaule transalpine. Philippe de Savoie, dixième enfant du Comte Thomas, était né à Aiguebelle en 1207. Sans étre engagé dans les ordres sacrés, il avait été nommé successivement cha- noine et primicier de Metz et prevòt de S'-Donatien de Bruges, grand gonfalonier de l'église, évéque de Valence en 1246 et l'année suivante, archevéque de Lyon. Voyant son frère ainé, le Comte Pierre, le petit Charì emagne sans héritiers màles, LI pensa pou- voir arriver au tròne après lui, renonga aux lionneurs ecclésiastiques et épousa en 1267 Alix fille et héritière du comte de Bourgogne. L'année suivante, il succèda dans le comté de Savoie à son frère et regna jusqu'à. sa mort en 1285. Il n'eut pas d'enfans et decèda dans le chateau de Koussillon: Il fut inhumé à Hautecombe. M. G. de Souttrait a publié trois méreaux en plomb portant d'un coté l'écu de Savoie qu'il attribue à ce prince (3). Pierre III de Savoie. 1331. Grand sceau ogival de 75 millim. environ. Type : Cinq niches de style ogival : Dans celle du milieu plus haute que les autres, r archevéque debout, en costume pontificai, tient la crosse de la main gauche: Dans les quatre niches latérales, quatro prélats, aussi debout et en mème costume, mais de plus petite taille; sans doute les suifragans de l 'archevéque de Lyon, savoir les évéques d'Autun, de Chàlons sur Saóne, de Macon et de Langres. Au dessous des niches, deux écus; l'un aux armes de Savoie, l'autre aux armes de Lyon, séparés et tenus par deux personnages fantastiques. Legende: Les bords de ce sceau ont mallieureuscment été biisées et de la legende on ne voit que les trois lettres OME [Comesi). Planche II, fig. n" 22. Ce sceau en ciré rouge pend par un doublé cordon de soie verte à une charte par laquelle Pierre de Savoie Archevéque et Comte de Lyon, délégué à ces fins par le pape Jean XXII, notifie à Humbert de Villars et à Béatrix de Savoie la dispense qui (1) Archiv. du Royaume - Testaments - Paquet S, n." 4 et 8. (2) Promis, Mon. dei Reali di Savoia. (3) Móm. lu à La-Sorbonne en 1868, pag. 127. 24*) SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE — SCEAUX RELIGIEUX leur est accordée pour se marier, malgré leur parente au 3° degré de consanguinité- Cette charte est du 10 Mai 1331 et a été donnée avec l'apposition du grand sceau (lu Prélat dans sa maison dite de CJiaponay (1). PieiTe de Savoie était fils de Thomas III frère du comte Amédée V, dit le gi-and. et de Gine de Bourgogne. Il avait été chanoine et doyen de Salisbury en Angleten-e. puis chanoine et doyen de Lyon én 1304. Il fut élu Archevèque de cette ville en 1308, succèda sur ce siége à Louis de Villars et l'occupa jusqu'à sa mort en 1332. Ce fut lui qui cèda au roi Philippe le bel, en 1312, le droit de justice qu'il exergait à Lyon. Mais pendant la réaction, qui suivit la mort de ce monarque, le droit de justice fut rendu à l'archevéque en 1320 par Philippe Vie long, qui voulait garder le tròne en invoquant la Ini salique et qui se faisait, dans ce but, des partisans des vassaux du royaume. Pien-e III ])résida, dans sa cathédrale, à la cérémonie de l'intronisation du pape Jean XXII qui continua à résicler à Avignon, et fut toujours bienveillant pour l'ai- chevéque de Lyon et poui- la Maison de Savoie. L'archevéque PieiTe a eu deux bàtards , Jean dit La Mitre seigneur de Cuines en Maurienne, et Ugonin seigneur d'UssegUo qui fùt renommé par sa bravoure et son honnéteté. L'un de nous a déjà public une bulle de ce Prélat. On connait aussi de lui des jetons de différentes diuiensions sur lesquels, comme sur la bulle, la croix dans l'écu de Savoie est chargée d'une petite croix tréflée que les Archevèques de Lyon ajoutoient volontiers aux ai-mes de lem* famille aux xni"' et xiv" siècles. n. ARCHEVÉ(JUES D'AUCH. Frangois de Savoie. 1485. Sceau rond de 52 millim. Type : Un écu ogival à la croix pleinc de Savoie surmonté d'une croix episcopale. L'écu est entouré au dessus et par coté d'enroulemeus qui simulent des lambrequins et le tout est ferme par une bordure de petits ornemens en forme i' x placésà distauco les uns des autres. Legende : SIGILLVM • FRANCISCI ■ DE • SABAVOIA ■ ARCHIEPI ■ AVXITANIsIS Planche III , fig. n" 23. Ce sceau est plaqué sur ciré rouge entro deux papiers blancs et pend pai' une doublé liste de parchemiii au bas d'un acte par lequel Francois de Savoie, évèque élu (Il Archiv. du Royaume - Matrimoni Casa Retile - Paq. 5, n" 5. PAR A. DUFOUK ET F. RABUT 247 d'Auch et administrateur de l'évéclié de Genève accorde, eu qualità d'abbé commen- dataire perpétuel de la prévoté du Grand S'-Bemard, une pension de 200 florins au chanoine Chaffardon vicaire general de lad° prevòté des Ss. Nicolas et Bernard. Cette charte est datée de Tmin le 23 Juin 1485 (1). Francois de Savoie, fils du due Louis, a été abbé de Staffarde, d'Abondance, de S'-Andi'é, de Verceil et d'Aulps, prevòt commendataire du Grand S'-Bernard en 1459, Arcbevéque d'Aucb en 1483, puis évéque de Genève en 1484. Il eut ce- pendant beaucoup de peine à arriver à ce siége. En effet, après la mort de l'évéque Jean Louis de Savoie, le chapitre de Genève avait élu, pour lui succèder, Urbain de Cbivron, abbé commendataire de Tamié. Le pape Siste lY, df:ììa JRoicre, de son coté, qui tenait à favoriser quelque membre de la famille piémontaise de la Rovere, à laquelle il prétendait appartenir , voulant nommer le cardinal Dominique , arcbevéque de Ta- rentaise, à l'évèché de Turin, donna en échange celui de Genève à Jean de Compeys qui occupait alors ce siége en Piémont. Le Due de Savoie protesta, il est vi-ai, contre la nomination de Jean de Compeys à cet évécbé , qui relevait de son autorité et qu'il destinait dailleurs à son onde Francois; mais le Pape passa outi-e et maintint sa décision. - Jean de Compeys fut coiifirmé évéque de Genève en Avril 1483 et Chivi'on alla occuper le siége de Tarentaise le 20 Mai suivant. Le Pape crut pouvoir apaiser le Due de Savoie en donnant à Francois l'archevécbé d'Aucb le 20 Octobre de la méme année. Le Due de Savoie, alors, donna ordre de réduire les biens de l'évécbé sous sa main. Le Pape fulmina l'excommunication contre les commissaires du Due et pronon^a l'interdit dans tout la diocèse. L'évéque de Compeys prit le parti de quitter Genève le 21 Septembre 1483 et se réfugia A, la Coui- de Rome, préférant céder son évéché, s'il était nécessaii'e. Mais un évènement imprévu, la mort d' Urbain de Ciiivron, arrivée le 9 Novembre 1483, vint mettre fin à ces regrettables et scandaleuses discussions entre les Cours de Rome et de Savoie, Compey accepta la sucecssion d'Urbain de Cbivron et l'arcbevéché de Tarentaise le 16 Mai 1484, et Francois II put ainsi aller occuper l'évèché de Ge- nève où il arriva le 25 Juillet 1484. Francois ne résida pas plus dans son nouvel évéché de Genève qu'il ne l 'avait fait dans celui d'Auch. C'est à peine s'il y celebra en 1485 sa première messe au milieu d'un grand concours de peuple. dit la chronique, messe à laquelle assistèrent le due Charles et sa jeune épouse Bianche de Jlonferrat. Le titre où pend ce sceau et dans lequel il s'intitule prince et administrateui- de l'évèché de Genève est, comme nous l'avons dit, date de Turin où il avait assistè quelques jours auparavant (10 Juin 1485) à la publication des Statuts du due Charles. 11 dùt méme fixer son séjour dans cette capitale pendant le voyage que le due et la duchesse firent en Savoie, et, plus tard. à la mort de ce prince en 1490, il dùt résider à Turin où il fut chargé du gouver- nement des Etats, deqà et delà les monts, à la demande de la jeune veuve, sa nièce. qui désirait s'occuper de la tutèle de son jeune fils Charles Jean Amédée et qui voulait s'aiderdes conseils de son onde. C'est aussi à Turin qu'il mourut en 1491. Le chevalier (1) Archiv. du Royaume - Abbaia du Grand S'-Bernard - Paq. 1. 248 SIGILI.OGRAFHIE DE LA SAVOIE SCEAVX RELIGIEUX Bayard, qui était aloi-s page à la Cour de Savoie , fut chargé de porter à Genève la uouvelle de sa mort. Francois avait eu un bàtard, Jean Francois, qui fut plus tard évèque de Genève. Un sceau, à-peu-près sembable à celui que nous publions, a été signalé sur un acte de 1487 (1) et le portrait de notre Prélat, tire d'une gravure sur bois mise au frontispice d'un missel genevois de 1491 , a été reproduit dans les mémoires de la Société d'histoire de Genève (2). Francois de Savoie a été Lieutenant general et Gouvemeur de la Savoie en 1490. E. ARCHETÉQUES DE TURIN. Claude de Seyssel. A. 1518. Sceau ogival de 79 milUm. Type: Une niche, en style de la renaissance, dans laquelle est assise la Vierge tenant l'enfant Jesus: De chaque coté de la mche, le vide est rempli par deux branches de feuillage. Eutre les bases des colonnes, sous une arcature à trois lobes, un écu aux armes des Seyssel Gironné d'azur et d'or est surmonté d'une croix tréfiée et inter- romp la legende au bas du sceau. Au centre de l'écu, en abjTne, on voit un besant ou un toui'teau chai-gé d'un autre besant plus petit ou d'un gros point. Legende: ^ S ■ CLAVQII • QE • SEISSELLO • ARCHIEPISCOPI- THAVRINENSIS- Dans cette legende en caractères romains majuscules les D ont été renversés par le grave ur. Planche III, fig. n" 24. Ce sceau en ciré rouge, plaqué sur papier, pend il une quittance donnea aux sei- gneurs Antoine et Christophe de Piossasque le 4 Février 1518 (3). Les armes des Seyssel sont souvenfc blasonnées Gironné d'or et d'azur. Mais sur notre sceau et sur plusieurs autres nionumens, on voit qu'il faut dire, G/'ronne d'azur et d'or. Le tourteau qui est mis en abyme sui- le tout doit étre de gueules : On voit en effet aux archives de Genève, que Claude de Seyssel brisait les armes de sa famille d'un tourteau de gueules (4). Nous retrouvons aussi cette brisure sur un petit sceau rond qui servait de cachet au Prélat , au bas d'une lettre adressée par lui au Due (le Savoie (5). (1) Man. et doc. publiés par la Soc. d'hist. et d'arch. de Genite. Tom. VII, pag. 67. (2) Ibid., pian. XXXV. (3) Archevèche de Turiti - Protocole LIV de Bernard Perachia, 1517-1520. (4) Archives de Genève, Piòces historiques, n' 830 - Lettres de 1504 à 1506. » Armorial Genevois de Blavignac, pag. 207. (5) Turin - Archives du Royaume - Lettres de Claude de Seyssel àS.A.- Lettres ÌAìuisivì di Francia PAR A. DUFOUE ET F. RABUT 249 Ce petit sceau rond de 8 inillim. de diamètre ne présente que les armes du Prélat dans un écu ogival accoste des initiales C. S. (Claude Seyssel). De petits fleurons rem- plissent le cbamp du sceau au dessus et au dessous de l'écu. Planche III , fig. a" 25. La lettre où nous l'avons vù plaqué est sans date , mais elle figure parmi les lettres des ambassadeurs fran^ais. Elle appartient sans doute à l'epoque ou Claude de Seyssel était envoyé en mission pour le roi de France auprès du due de Savoie et avant qu'il fut archevèque de Turin en 1516. Claude de Seyssel était fils naturel du maréchal de Savoie Claude de Seyssel: il nacquit vers le milieu du quinzième siècle à Aix-les-Bains, d'autres disent à Seyssel. Il a étudié le droit à Pavle et à Turin. Après son doctorat, il suivit la carrière des armes pendant quelque temps, mais il y renon^a bientót, et en 1487, il enseigna la juris- prudence à luniversité de Turin et ensuite à l'université de Pavie. Après la couquète du Milanais, Louis XII le nomma membro du parlement qu'il créa dans ce duché, puis l'appela en France, le nomma Conseiller d'Etat. Il fut alors chargé de plusieurs missions dijilomatiiiues en méme temps qu'il entrait dans les ordres. En 1509 il fut élu évèque do Marseille, mais il ne s'y rendit pas, fit rógir son évèché par des dé- lógués et continua ses missions diplomatiqucs qu'il remplit, entr'autres, à Londres en 1508, à Trèves en 1512, au Concile de Latran en 1514, et auprès du due Charles II de Savoie en 1515 et en 1516. Après la mort de l'archevéque de Turin en 1516, il fut, avec l'appui du Due de Savoie, nommé a ce siége par bulle du 11 Mars 1517 (1). Claude do Seyssel a été pendant trois ans arcbevéque de Turin: Il en avait pris pos- session le 10 Juin 1517 et il mourut le 30 Mai 1520 dans son palais arcliiépiscopal (2). Il avait testé la méme année au mois de Janvier, et fùt enseveli à S'-Jean. Quelques personnes ont tenté de faire passer Claude de Seyssel pour fils légitime du Marécbal Claude et ont invo(iué pour cela un abandon de succession en faveur de ses cousius du 27 Juin 1511 (3). Mais dans ce document, c'est lui qui se donne le titre de fils légitime et naturel. Entro Icgitimns et legitimatus l'en-eur est du reste facile, et cet acte invoqué pour les besoins d'un procès par les descendans de notre Prélat est suspect. 'Voici d'ailleurs les preuves qu'il était bàtard: 1° Dans la maison de Seyssel, il a toujours été considéré comme fils illégitime. 2° C'est l'opinion des auteurs piémontais qui se sont occupés de lui (le command' Carutti, Dominique Promis (4) et autres). 3" La brisure du besant sur les armes de Seyssel, brisure qu'il n'aurait pas mise s'il eut été fils légitime et unique de Claude de Seyssel. 4° Dans une genealogie manuscrite du 17° siècle, que possedè l'un de nous, le Maréchal Claude de Seyssel fils de Humbert de Seyssel est indiqué comme sans descendant, et le dernier de sa lignee, au moyen du petit signe ^ qui se trouve au bas de tous les noms de (1) Domenico Carutti, Il discorso sopra l'acquisto di Milano di Monsignor Claudio di Sei/ssel, Torino 1861. (2) Protocole de Perachia, déjà cité. (3) Archiv. du Royaume 1450-iri64 - Bugey Seyssel - Paquet n» 10. (4) Illustrazione di una medaglia di Claudio di Seyssel '^Misceli, di St. ital. Tom. XIII, pag. 73). Serie II. Tom. XXXIV. 32 250 SIGILLOGRAPHIE DE LA SATOIE SCEAUX BELIGIEUX ceux qui n'ont pas eu d'enfants et entr'autres de son neveu Francois Philibert mort pupille. Nous donnons ici un petit tableau généalogique qui montrera la place que Claude tient dans la branche ainée des Seyssel et nous y ajoutons la fiUe naturelle . Antoinette, qu'il eut avant d'entrer dans les ordres sacrés. AIMARD en 1" noces à Eleonora de Clerniont I ANTOINE à Jeanne de la Uochette HUMBKRT teste en 1 432 PHILIBERT GABRIEL a. Franvoise de Seyssel la Chambre FRANCOIS PHILIBERT mort pupille CLAUDE Marc'chal de Savoie 1 CLAUDE Archev» de Turin ANTOINETTE fiUe naturelle à Marius d'Arenthon d'Alex FRANgOISE à Gabriel de Seyssel 'I JEAN Seig' de Babjac Maréchal de Savoie à Marguerite de la Chambre AYMON I LOUIS CHARLES Baron de Vermoya I LOUIS Baron de Chàteauneuf JEAN I C" de la Chambre à Barbe d'Amboise Bàtard, légitime ou légitimé, Claude de Seyssel a été un des savants les plus dis- tingués de son tomps : ses ouvi-ages sont très-nombreux : Il a, le premier, écrit le fran(;ais avec quelque netteté dans la Vieto/re da roi contre les Vrnitiens : La graìule luo- narchie de Trance; Les louanges du hon roi Louis XII; La ìoi saliqne ; Les irn- ductions de Thucydide, de Xenophon, de Trogiie Pompée, de Justin, etc. Plusieurs ceuvres sur des matières religieuses ont été écrites par lui en latin. L'oraison funebre de l'archevèque de Turin a été prononcé dans la cathédralc de cette yille le premier Juin 1520 par Fr. Thadée de Lyon, moine Augustin. Ajoutons que Vallauri, dans son histoire des Cniversités des Etats Sardes, dit que Claude de Seyssel a été le recteur de ce Corps en 1482, et qu'il a été chaxgé par Louis XII de l'adrainistration de l'évéché de Lodi de 1501, année où il prit l'habit ecclésiastique, à, 1512. B. 1519. Sceau rond de 47 millim. Type: Les armes de Seyssel, sans la brisure, dans un écu do forme singulière, surmonté d'une croix episcopale et entouré de fleurons qui rcmplissent le vide entre l'écu et la legende: Hh S "§> CLAVDII ^ DE -8» SEYSSELLO ^ ARCHIEPISCOPI ^ THAVRINENSIS <& en caractòres romains majusculcs. Les mots y sont séparés par de petites flcurs à quatrc pétales qui remplacent les points. PAR A. DUFOUR ET F. EABUT 251 Planche III, fig. n" 26. Ce sceau coirobore un acte de présentation et d'institution à l'église paroissiale du prieuré de Combeniano, donne à Turin le 1" Décembre 1519 (1). n est en ciré rouge au bas de l'acte, et recouvert de papier. Philibert Milliet. 1622. Sceau rond de 50 millim. Type : Armes de la famille Milliet dans un cartouclie où figurent, de chaque coté , deux petits anges nuds et debout servant de tenants. Au dessus et autoui-, le chapeau et les bouppes d'évéque. Legende: PHILIB : MILLIETVS • ARCHIEPISC : TAVRINEN • en caractères romains. Planche III, fig. n" 27. Ce sceau est plaqué sur ciré rouge et sur papier, au bas d'une lettre du 28 Juillet 1622 qui or donne la consignation des biens de la mense archiepiscopale (2). Notre Prélat, plus modeste que d'autres qui prennent dea omements héraldiques d'un rang plus elevo que celui qu'ils occupent, entoure, quoique archevèque, son écu de bouppes épiscopales. La famille Milliet, dont les armes étaient (nous l'avons vù précédemment à propos de l'arcbevèquc de Tarentaise Francois Amédée) (ì'azur au chcvron d'or chargc d'un chcvroii de yucules et accompagtié de 3 étoiles d'or, avait pris l'habitude de les écarteler corame elles le sont sur le sceau de Philibert Milliet, savoii* : Eeartelé au V eM""" quartiers, d'argent à la fasce de gueules, acconipagnce de derises de méme au lion issant en chef de sinopie lanipassé de gueules, et aux 2""^ et 3'^°'° quartiers, ce gueules à la bande d'argent acconipagnée de deux cottices de méme, qui est le blason de la famille Gavit-la-Roche et sur le tout de Milliet. C'est depuis le mariage de Pierre Milliet avec Amblarde fille de noble Petreman Gavit de Genève en 1475 que l'usage s'introduisit dans la famille Milliet de mettre dans son écu recartele des Gavit-la-Eoche avec leur propre blason sur le tout. Cependant quelques membres de cette maison ont continue à ne prendre que l'écu de Milliet (3). Sur le sceau où les émaux ont généralement été bien dessinés, le graveur a mis la fasce et les devises d'argent sur fond de gueules au lieu de gueules, sur fond d'argent. Philibert Franc^ois Milliet, connu sous le seul nom de Philibert, est né le 15 Novembre 1561 à Chambóri du Chancelier de Savoie, Louis Milliet de Faverges et de Challes, (1) Archives de V Archeoéché de Turin, Protocole de Perachia LV, page 44. (2) Archives de V Archevèché de Turin. (3) Mém, et doc. publiés par la Société Savoisienne d'hist. et d'arch. - Tom. Vili, pag. 164. 252 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE — SCEAUX RELIGIEUX et de Fran^oise Bay: Il fut nommé docteur en théologie à Rome en 1585. Il fut suc- cessivement recteur de la Cliapelle de S'-Aiidró à Rome, prieur de Lémenc à Chambéri en 1583, doyen de Viri en Genevois, coadjuteur de l'évéque de Maurienne Pierre de Lambert son onde en 1590, évèque de Maurienne en 1591, abbé d'Aulps en 1593. conseiller d'État la mème année, cbancelier de l'Ordre de l'Annonciade cn 1608, et enfin arcbeveque de Turin en 1618. Il testa en 1624 en faveur de son frère ainé Francois Amédée Milliet de Faverges et mourut en 1625 à Turin: Il a été enseveli dans l'église des Jésuites de cette ville. F. ARCHEVÉQUES DE GÈNES. André Charvaz. 1852. Nous n'avons à publier de ce Prélat savoyard qu'un tout petit sceau grave pour servir de cacbet. Oblong, à angles abattus, ce petit monument est sans legende et contient seulement un écu aux armes du Prélat d'azur au saiiioir d'argent, entoui'é des ornements arcbiépiscopaux, croix, eresse, mitre, chapeau et houppes, et du cordon de l'Ordi'e des Ss. Maurice et Lazare. Planche IH, fig. n" 28. Il avait adopté cet écu et la devise: Aìmt mihi gloriari nisi in cruce , lors- qu'il fut nommé évèque de Pignerol. Cette devise a figure sur les monnaies de Charles Emmanuel I et de Victor Amédée I (1). L'empreinte de ce cachet nous a été commuiiiqué par M'' l'abbé Jorioz ancien secrétaire de Mgr. Charvaz. Mgr. André Charvaz est né à Hautecour près de Moutier en Tarentaise le 25 Dé- cembre 1793; il fut sacre évèque de Pignerol à Cliambéri le 9 Mars 1834, et il a été reg.u à Pignerol avec de grandcs dénionstrations de joie le 31 Mars par la mu- nicipalité et par son chapitre (2). Son entrée fut aussi l'occasion d'une charmante publication imprimée avec luxe de pièces de vers en italien et en latin (3). Il fut nommé archevéque de Gènes le 27 Septembre 1852, et moui-ut à Moutiers le 18 Octobre 1870; il avait renoncé à son évPché le 7 Aoùt 1860 (4). (1; I'romis, Monete de' He ali. (2; Kel solenne inyresso nella sua Chiesa dell'Ulto e Ree. "io Monsignore Andrea Charvat, Vescovo di Pinerolo, prepo.iito d'Oulx e di Chaiimoìit, sipnore dell'Abbadia di S. Pietro, Valle di Lemina e Conte, Commendatore della Sacra religione e Ordine militare de' Ss. Maurizio e Lasiaro, il dì 31 Marzo 1834, Allocuzioni. - Pinerolo - F. Guiqhetti , in-8o, di 40 pagine. (3; Serto poetico offerto dal Capitolo di Pinerolo a Monsignor Andrea Charvaz - Pinerolo, Massara- Novara, 1831, in-l", titre rouge et noir (biblioth. de F. Rabut\ (4) Voir la Notice biographique publiée par le chan. Jorioz, Asti, 1871. PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 253 Mgr. Charvaz avait été le précepteur des fils de Charles Albert, les Ducs de Savoie et de Gènes. Pendant son épiscopat de Pignerol, il s'appliqua à convertir les Vaudois qui habitaient son diocèse. Ce fut l'occasion pour lui de diverses pubHcations panni lesquelles nous citerons le JDiscours prononcé à l'occasion de la conversion de dotize Vaudois - 8° - 7 Janvier 1844,- et Instruction à dome Vaudois convertis - 8° de 108 pages, 25 Mars 1844. On lui doit aussi l'oraison funebre de la Beine de Sardaigne Marie Adelaide, prononcée dans la cathédrale de Turin le 3 Mars 1855,alors qu'il était archevèque de Gènes. 3.*^ ÉVEQUES A. ÉYÉQUES DE MAURIENNE Aymar. 1231. Sceau ogival de 50 millim. Type: L'évéque debout, mitre, revétu de la chasuble et du pallium, bénissant de la main droite et tenant de la main gauche la crosso tournée en dedans. Legende: en capitales gothiqucs AYM. . ePI MAVRIANCNSIS Sigillum Aymari Episcopi Maurianensis. Planche III, fig. n° 29. Ce sceau en ciré jaune pend à. une bande de toile verte attachée au parchemin d'un acte du 31 Mai 1231 passe à S'-Jean de Maurienne, par lequel le Prélat con- firme l'hospice du Mont-Cenis dans la possession des terres qu'il a dans le diocèse de Maurienne et c'est avec Tavis et la volente du Chapitre de Consilio et voluntate capituli nostri (1). Aymar, qui est aussi appelé quelquefois Aymon sur les chartes, était évéque de Maurienne en 1223 (2) et transigeait cotte année avec les chanoines de la cathédrale (1) Archivi, du Roijaume - Prevòté du Montcenis. . Paquet I, n* 36. (2) Bksson, Mémoires ecdésiastiques, pag. 2yi. 254 SIGILLOORAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX KELIGIEUX relatiTcment aux redevances et aux amendes (1). M. Angley dit, dans son liistoire du diocèse de Maurienne, qu'il prit possession de cet évèclié en 1222 et Mgr. Billiet dit qu'il a été 14 ans évèque de Maurienne (2), ce qui ferait commencer son épiscopat en 1221, puisqu'il fut nommé archevèque d'Embrun en 1235 et qu'il prit cette année là possession de ce siége. Avant d etre évèque de Maurienne il avait été abbé du mo- nastèro de S'-Pierre de Vienne en Dauphiné. On ignoro sa patrie et à quelle famille il appai-tient; nous ne pensons pas qu'il soit savoyard. 11 mourut en 1245 et fut en- seveli à Vienne dans l'église du monastère dont il avait été abbé. Besson donne, dans les preuves de ses mémoires pour l'histoire ecclésiastique, une sentence arbitrale qu'il rendit en 1225 avec Berlion abbé de Tamié, dans une con- testation entre l 'archevèque de Tarentaise Herluin et Guillaume de Beaufort au sujet de droits seigneriaux (3). M. Angley donne les deux inscriptions qui out été placées sur son tombeau (4). Les anciens historiens de la Savoie faisaient remonter l'existence de l'évèclié de Maurienne à un Lucianus qui auroit assistè à un concile en 341. Mais l'on sait aujourd'hui que cet évéché fut fonde par le roi Gontran, dans la seconde moitié du sixième siècle et que son premier évèque a été Felmase. Pierre IV de Guélis. 1272. Sceau ogival de 52 niilliin. Type : Le Prélat debout, mitre, tenant de la main droite une crosse et de la gauche un livide appuyé contro sa poitrine. Legende: S ■ P • DEI • CR. ■ ■ MAVRlANfl Sigillum Fetri dei gratin episcopi Mauri anensis. [•lanche III, fig. n" 30. Ce sceau en ciré noire pend par un cordou plat de fil roux à, un vidimus du testament d'Amedeo IV du mois d'Aoùt 1272 (5). Le testament du Comte Amédée IV est du 19 Juillet 1238. Le vidimus du l'rélat est date de S'-Jean de Mauiienne le samedi après la fète de S"-Pierre aux liens, qui se trouve le 1" Aoùt. On sait peu de choses de ce Prélat et on ignoro d'où était sa famille et ce qu'il a été avant d'aniver au siége de S'-Jean. 11 fut évèque de Maurienne dès 12G9 jusqu'à sa mort arrivée le K! Janvier 1273, cinq mois et demi après avoii- fait apposer son sceau au bas du vidimus où nous l'avons trouvè. 11 fut gènéreux envers son chapitro et envers l'église de S'-Jean et chargea, par son testament, son frère Guillaume de (1) Documens publii's par l'Académie de Savoie - Tome II, n" 45. (2ì Ibidem, pag. 72. (3) Besson, Preuves, n" 46. (4) Histoire du diocèse de Maurienne, pag. K^. (5) Archiv. du Royaume - Tostamens. - Paquet I, a" 3. PAR A. DUFOUR ET F. KABUT 255 Guelis, qui était son héritier, de tenir main à ce que les legs qu'il leur avait faits parvinssent sans obstacle à leur destination (1). Ce testament a été publié par l'Aca- démie de Savoie (2). On y voit, entr'autres détails , qu'il donne à chacun des cha- noines demeurant à S -Jean de Maurienne un anneau d'or, comme cela avait été déjà fait et recommandé par son prédécesseur Antelme de Clermont. Aimon I de Miolan. 1278. Sceau ogival de 54 millim. Type: L'évèque debout, mitre, vétu de la chasuble en pointe, bénissant de la main droite et tenant de la gauche une crosse. Au dessus de lui, un clocheton com- pose de trois édic'ules ajourés, reliés par des courtines et soutenus par trois arcs à plein cintre. Legende: en capitales gothiques. SAYmONIS DI GRA IIÌAVRIANEN EPI Planche III, fig. n" 3). Sceau en ciré jaune pendant par des cordons de soie rouge à un acte du 14 Novembre 1278 par lequel l'évèque et le chapitre de S'-Jean de Maurienne approuvent la donation faite par un nommé Jacques Traversa à l'hospice du Mont-Cenis, d'une maison et autres biens (3). On lit au bas de cet acte: Venerahilis dominus Aymo episcopio presenti instrmnento impressioneni sigili) sui fecit apponi, rogans capi- tiiluni Maurianne vt . . . . insiruntevto impressioneìu sigilli sui apponi fnciat - on trouve en effet au bas de ce document le sceau du chapitre dont voici la description. Sceau ogival de 45 millim. Type: La main de S'-Jean Baptiste, patron du diocèse, avec le petit doigt et l'an- nulaii'e fermés et les trois autres doigts ouverts. Legende: S • CAPILI . ... I JOHIS MA ■ Sigillum capituli sancii Johannis maurianensis. Pianelle 111, fig. n° 32. Ce sceau en ciré jaune pend par des cordons verts. Le sceau de l'évèque Aimon I est d'un joli aspect. La legende est interrompue par lo type , cn haut par le clocheton, en bas par une petite console et par les pieds du personnage. Celui du chapitre est plus gi-ossièrement grave. La main de S'-Jean Baptiste est devenue l'armoiiie du chapitre. (1) Besson et Ifl chaiidine Angley, déjà, cités. (2) Documens - Tomo 11, pag. 108. (3) Archiv. du Royaume - Prevflté du Montcenis, pag. 1, n" 52. 256 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX Aimon I était de la puissante famille des sires de Miolan : il fut évèque de Mau- rienne de 1273, année où il succèda à Pierre de Guelis, à 1300. Son pere et son frère ainé portaient le nom d'Anthelme, sa belle-soeur s'appellait Leone. Elle approuve avec son mari, en 1281 le 11 Juillet, une donation de 10 livres fortes faite au Chapitre de S'-Jean par l'éreque Aimon (1). En 1285, après quelques contestations avec le comte de Savoie Philippe I, celui-ci recoiinait que la paroisse d'Argentine appartient ù, l'évèque Aimon et à ses successeurs. Ce Prélat a fourni des secours au comte Amédée V pendant ses luttes avec le Dauphin de Vienne; cela resulto des lettres du 14 Mai 1287 par lesquelles ce Prince reconnait que c'est bénévolement et sans y étre obligé que ces secours lui ont été donnés. Aimon fait encore des donations au Chapitre de sa cathédrale par acte du 3 Décembre 1297, et entr'autres, il lui donne une somme de 60 sols de Vienne pour féter la S'-Gontrand, ce qui le fait regarder comme l'ins- tituteur de cette féte. En Avril 1299 il donne au prètre Guillaume de Montaimont, son homme d'af- faires, un pré situé près de S'-Jean. Il mourut le 26 Octobre 1300 et fut enseveli dans la cathédrale devant l'autel de S"-Thécle (2). Aimon II de Miolan. 1314. Sceau ogival de 60 millim. Tyj^e : Prélat debout, comme sui' le sceau précédent, dans une niche dont le fond est omé d'un treillage garni de points. Au pilier de droite de l'édicule est appendu un écu armoirié où Fon voit les bandes des Miolan avec une brisure. Legende: + • S • AIMONIS NENSIS ■ EPISCOPI . Cette legende en capitales gothiques présente une lacune, facile à combler du reste, parceque le sceau est brisé dans sa partie inférieui-e. Planche III, fig. n" 33. Ce sceau en ciré rouge sur ciré jaune pend à une bande du velin d'une sen- tence intervenne sur les différents qui existaient entre le Comte de Savoie et l'évèque pour la juridiction sur la paroisse de S'-Martin d'Arve, du 2 Juin 1314 (3). Outre le sceau du Comte et du Prélat, pendait aussi au bas de cette charte colui de l'ar- chevéque de Tarentaise, Bertrand, dont nous avons donne précédemment le dessin et la description (4). La cliarte a été rédigée à Chambéri dans la prairie du chàteau. In prato retro castrum nostri comitis (f) Académie de Savoie - Documents. Tomo II, pages 117, 121, 130, 146, 152. (2) Anoley, Hist. du Dioc. de }faunenne. - Pages 159. (3) Archiv. du Royaume - Province de Maurieiine. - Paquet 4 - S'-.Martin, n" I. (4) Voyez ci-devant, pag. 16. PAR A. DUFOUE ET P. KABUT 257 Le sceau d'Aimon II est aussi élégant que celai d'Aimon I, et l'on y voit de plus les armes du Prélat dans un écu ogiyal. Les Miolan portaient de gueules à trois handes d'or. Besson dans son armorial manuscrit dit, en parlant de l'écu des Miolan « Je l'ai vù avec trois pals diminués soit le quart d'iceux soriani du chef de . . . » ; c'est bien là l'écu de notre Prélat que nous blasonnerons plus volontiers comme suit: de gueules à trois handes d'or, au chef de . . . charyé de trois pals de . . . Ce chef chargé de trois pals est assez visible sur notre sceau. C'était une brisure. Aimon II de Miolan avait fait partie du Chapitre de S'-Jeau arant d'arriver aux fonctions épiscopales qu'il rempHt de 1308 à 1334, année de sa mort. Son nom et ses fonctions font presumer qu'il était neveu et filleul d'Aimon I, mais nous n'avons pas de certitude à cet égard. Dans une douation qu'il fait au Chapitre en 1312, il parie de sa mère Alaysie et de sa belle sceur Mabilie, veuve de son frère Jean seigneur des Hurtières (1). Besson et le chanoine Angley lui consacrent d 'assez longs articles dans lesquels ils s'efforcent de lui donner un ben ròle dans le célèbre soulèvement des habitans des Arves contre les exigences féodales du Prélat. Assiégé dans son chàteau d'Arves , il parvint à s'échapper et se réfugia dans la collegiale d'Aiguebelle d'où il implora la protection du comte de Savoie Edouard. Il l'obtint, cn partageant avec lui la juri- diction qu'il exerrait sur les terres de l'évéché. Cette convention a été souvent publiée; elle porte la date du 2 Février 1327. Nous avons rencontré, à la date de 1314, un sceau du Chapitre de S'-Jean de Maurienne pendant par un lac cn parchemin à une pièce en mauvais état, ainsi que le sceau qui ressemble à celui qui a été décrit ci-devant à la date de 1278 ; aussi nous ne le reproduisons pas: le suivant do l'année 1344 est mieux conserve et mieux fait. Le Chapitre de S^-Jean de Maurienne. 1344. 14 Mars. Sceau ogival de 52 milim. Type: La main de S'-Jean Baptiste niml)ée sur un fond quadrillé. Legende: : ■ CAPITVLl • SCTI • lOHIS • BB • DE • MAVRIAN . Sigillum Capiiuli sancii johannis baptiste de Maurinvn riancho III, fig. n" 34. Ce sceau en ciré jaune pend par un doublé cordon de soie rouge à une con- vention faite entre le comte de Savoie Amédée VI et les Chapitre et Chanoines de S'-Jean, le 14 Mars 1344, par laquelle ce Prince confirme des concessions faites par ses prédécesseurs , et reconnait au Chapitre l'omnimode juridiction sur les teiTitoires de Mont-Béranger, de Villar, Cernon, Cuines, etc. (2). ()) Académie de Savoie - Documeats. - Tome II, page 105. (2) Archiv. du Royaume - Maurienne - Paquet 1, Cuines n° 3. Serie II. Tom. XXXIV. 33 258 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX Le nimbe qui entoure la main justifie l'opinion par nous emise que cette main est celle du précurseur dont la cathédrale de S'-Jean possédait trois doigts panni ses reliques (1). Suivant la legende, S"-Thècle ou S"-Tigre, d'une illustre famille de la Maurienne, aurait apporté d'Alexandrie d'Egypte dans la cité de Maurienne deux doigts et le ponce de la main droit de S'-Jean Baptiste, qui fut dès-lors le patron du diocèse, du Chapitre et de la ville de S'-Jean de Maurienne. Aimon III de Gerbaix. 1432. Sceau ogival de 75 millim. Ty))P : Un édicule de style ogival, compose de deux niches centrales superposées et de deux niches latérales très-étroites. Dans la plus grande, dont le fond est fleuronné ou diapré, un S'-Jean-Baptiste debout et nimbé tient dans ses bras un agneau et une croix ; dans la niche supérieure, le buste de la Vierge tenant l'enfant Jesus ; dans les deux niches latérales ou voit deux anges debout avec les ailes élevées. Au bas du sceau , le Prélat agenouillé et mitre tient une crosse et lève la téte vers les Saints. Il est, lui aussi, dans une niche de chaque coté de laquelle sont pendus deux écus aux ai-mes du Prélat, les armes des Gerbaix ù'aziir à un chef d'argent chargé de 3 étoilcs de gticules, brisees d'une bordure dentelee. Legende: en gothique cursive Sitjillum (petite croix recroisetée) aiiiiou' ^^i Cirt fpi mnurianfa [^lanche 111, fìg. ii" 35, Ce joli sceau est en ciré jaune et renfermé dans une boite de mème forme en tòle bianche. 11 pcnd par un doublé cordon de soie verte à la transaction entro le Due de Savoie, rArchevè(iue de Tarentaise et les Évèques de Maurienne, Belley et Aoste à l' occasion de l'exercice de Icur juridiction respective. Cette charte du 1 Janvier 1432 a été publiée par Besson (2). Aimon de Gerbaix était un des enfans du trésorier general de Savoie. C'était un homme instruit , il avait étudié le droit et pris ses grades et avait été prevót de la cathédrale d'Aoste avant son élévation à l'épiscopat. Il fut évèque de 1426 à 1432. Après lui, son frère Urbain, fut élu par le Chapitre pendant le confiit ontre le pape Eugène IV et le concile de Bùie: mais il ne se prévalut pas de son clection , et LI ne compte pas parmi les évéques , n'ayant pas vu cette élection confirmée : il resta chanoine et doyen d'Anncci. (1) y. Mireaux de la SM -Chapelle et de l'^glise de Belley par F. Rabut, pa?. 7. (2) Métnoires ecdésiastiques - l'rouvcs, ii° 99. PAR A. DUFOUR ET F. KABUT 259 Pierre de Lambert. 1567-1591. Sceau OTale de 36 millim. Type: armes de la famille Lambert dans un cartouche surmonté d'une eresse et d'une mitre. Legende: en caractères romain^ majuscules. PETR • DE • LAMBERT • EPIS • ET • PRINC • MAVRIENEN PlaQche III, fig. n- 36. Nous reproduisons ce petit sceau d'après un recueil assez rare qui contient un certain nomljre de sceaux des rois de France, beaucoup de sceaux bourguignons et quel^ ques sceaux de diverses provinces fran^aises: Il est intìtulé: Recueil des sceaux du moyen àge ditz sceaux gotìiiques; Paris chez Antoine Boudet, 1779, in-4°, contenant 15 pages de texte, un frontispice grave et 30 planches. Les frais de cette publication ont été faits par un M' de Mìgieux d'une famille répandue en Savoie et en Bour- gogne: l'auteur du texte est l'abbó Boullemier. Les armes de la famille Lambert sont : d'argent au pai d'azur chargc d'une croix d'or angìc'e de 4 rayons à trois pointes de méme. Sur notre sceau, les rayons n'ont qu'une pointe: c'est une abriViation du graveur. Pierre de Lambei't est né à Chambéri au commencement du 16° siede de Philibert de Lambert clavaire de la Chambre des comptes de Savoie et de Philippine Lottier. Il se destina a la carrière ecclésiastique. Cbanoine de Genève lors de la revolution de 1535, il se réfugia à Anneci avec l'évèque Pierre de la Beaume, puis à Chambéri où il fut fait arcliidiacre et doyen de la S'' - Chapelle. Évéque de Maurienne en Novembre 1567, il exer^a ccs fouctions pendant 24 ans avèc zèle et mourut le 16 Mai 1591, en laissant de nombreuses traces de son passage, entr'autres le collège Lambertin fonde par lui a S'-Jean de Maurienne, son tombeau en marbré , qu'on volt encore dans le cbceur de la cathédrale , les boiseries de ce chojur, etc. Aux nombreux détails que donne sur ce Prélat le cbanoine Angley. nous ajouterons seulement, d'après les documens que nous avons trouvés: qu'il fut chargé en 1560 par le due Emmanuel Pliilibort de porter 300 écus d'or au S' Lambert de la Croix, ambassadeur du prince en Suisse (1); qu'en 1569 le Due, qui avait recouvré les baillages de Ternier, Gex et Gaillard, ordouna que les revenus du prieuré de Pré- vissin, situé au baillage de Gex fussent restitués à Pierre de Lambert, corame dépen- dance du doyennó de la S'-Cliapelle de Chambéri (2). En 1572, le mème prince ordonne de payer à l'évèque P. de Lambert dès le l" Janvier 1573, et pendant 5 ans, la somme de 600 livres en considération des frais (lì Archiv. de la Chambre - Arrèts - Voi. 1, pag. 140. (2) Archiv. de la Chambre - Lettres-pateates - Voi. 7, page 64. 260 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX KELIOIEUX qu'il supporto cn reccvant dans son palais épiscopal, à leur passage, le due, sa cour et d'autres serviteurs du prince ou des étrangers (1). Il transigea en 1573 ayec les seigneurs du Conseil de Berne, relativement à l'abbaye de Payeme et au Prieuré de Collombier , que notre évéque avait possedè . comme doyen de la S""- Cliapcllo, pour une somme de 3000 écus d'or. Enfin le due Emmanuel l'hilibert ayant touché cette somme , vendit et alièna à l'évèque de Maurienne les émolumens du greffe d'Aiguebelle par lettres-patentes du 14 Décerabre 1575 (2). Hercule Berzetti. 1G58- 1(38G. Sceau ogival de 39 millim. Ti/pp: Amics du Prélat dans un écu.surmonté d"une couronne ducale et entouré de chapeau et houppes épiscopales. Legende: + HERCVL BERZETVS EPVS MAVR ET PRINCEPS. Outre les deux filets qui limitent la legende ; un cordon de fleurons borde le sceau. Planche III, fig. n" 37. Notre dessin à été fait sur une empreinte que nous a donnée, il y a quelques années , le cbanoino Albrieux , alors cbancelier de l'évccbé , qui possédait la matrice en cuivre de ce sceau. Les armes d' H." Berzetti étoient: Coupé de sulle et d'argent au hon de l'un en l'autre lamjmsse' de gueules. Hercule Berzetti «lui prcnait les titres de patrice et sénateur de Rome avait eté Prélat domesti(iue du pape Alexandre VII et assistant au tróne pontificai. Il fnt nommé évèque en 1658 et mourut le 4 Mars 1686, après un épiscopat de 28 ans. TI préta serraent pour les fiefsjde l'évèché, il Turin le 8 Aoùt 1658, mais il refusa de prèter serment à S'-Jean de Maurienne de maintenir et défendre les immu- nités de son égUse, comme l'avaient fait ses prédécesseurs. Une tradition rapporto «lu'il avait été militairc avant d'entrer dans les ordres. Fran90is Hyacinthe Valperga de Masin. I(i87 -1736. Sceau ovale de 57 millim. Ti/pr : Armes de la famillo des seigneurs de Valpergue, comtes de Masin. dans un cartouclie surmonté d'une coiuonnc ducale, de la miti-e, de la crosse et du chapeau avec liouppes d'archévéque. Legende : + FRANC ^ HYAC •& DE -Si MASIN * EPVS fg» ET «> PRINC ^ MAVR (1) Archic. de la Chambre - l'atont. de Savoie - Voi. 7, pag. 6-1. (2) Id. id. » lU » 220. PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 261 Tous les mots de cette legende sont séparés par des fleurs à 6 pétales qui rem- placent les points : un gros cordon fleuronné enveloppe le tout. Planche IV, fig. n" 38. Dessiné d'après une empreinte de notre collection prise sur la matrice en cuivre. La famille piémontaise de Valpergue portait: Fasce d'or et de gueules de six pièces à la lìlante de chanvre nrrachée de sinopie brochant sur le tout. Besson dit avoir tu: la piante de chanvre de trois branches de sinopie feuilUe d'argent. Francois Hyacinthe de Valpergue appartenait à une des plus illustres familles du Piémont : Il était fils de Francois Louis comte de Masin et de Fran^oise Marie Chris- tine de Simiane fille du marquis de Pianezza. Il fit des études de théologie à Paris où il prit le grade de docteur: TI re?ut de Louis XIV l'abbaye de S'- Pierre de Chàlon. Kentré en Piémont , il fut nommé aumònier de la Kégente S. A. R. Jeanne Baptiste de Savoie-Nemours qui administrait pour son fils Victor Amedée II. Il fut appelé à l'évéché de S-Jean de Maurienne en 1687, prcta sermcnt a rf. A. R. pour les biens et fiefs de l'évèclié le 8 Septembre 1687, et le mois suivant prit possession de son siége qu'il occupa pendant près de 50 ans, jusqu'à sa mort arrivée le 7 Septembre 1736. Il avait fait rebatir en 1694 le cbàteau d'Aiton où il aimait à séjoumer volontiers. Par son testament qu'il avait fait quelques jours seulement avant sa mort , il légue divcrscs sommes à son église et à son cliapitre. Son oraison funebre prononcée par le P. Castagneri de Chàteauneuf, préfet du couvent des jésuites de Chambéri, a été imprimée à Lyon en 1736 chez Henry Declaustre. Mgr. de Valpergue se servait pour les actes courans de son évéché (coUation de grades, etc. ) d'un petit sceau tout à fait semblable pour le type à celui que nous venons de décrii-e, mais sans legende. Nous avons vu plusieurs de ces actes datés du prieuré d'Aiton et suiinonté des armes. gravées sur bois, du Prélat, mais alors avec des houppes d'évèque. Ignace Dominique Grisella de Rosignan. 1741 - 1746. Sceau ovale de 47 millim. Typc : Ai'mes du Prélat dans uu cartouche derrière lequel passent, en sautoir, une eresse et une épée qui soutient une mitre. Au dessus du cartouche , une couronne ducale: au dessous, pend une médaille représentant l'Annonciation ; chapeau et houppe d'évèque. Legende: ICNAT • GRISELLA EX MAR • ROS • EPISCOPVS ■ MAVRIANENSIS ET PRINCEPS. Planche IV, fig. n° 39. Ce sceau se trouve plaqué au bas de patentes qui nomment l'avocat Jean Domi- nique Guy d'Ai've jugo de toutes les terres de l'évéché de Maurienne, sous date du 262 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEDX 20 Juin 1756 (1). Les armes des Grisella marquis de Kosignan sont: d'argent au chàtean d'or entouré de deux hranches de groseilìcr de sinopie qui sont pnssérs en saxdoir en pointe. La figure de rAiiuonciation au bas de l'écu rappelle que le Prélat était membre de l'Ordre de l'Annonciade , dont il a été chancelier. Mgr. de Kosignan fut nommé évèque par le roi de Sardaigne , au mois de Mars 1741, après une vacance du siége de 5 ans. Son ministère fut troublé par l'occupation espagnole de 1742 a 1748. En 174!>, il commenda ses visites pastorales. Il eut beaucoup de tracas avec son chapitre et mourut d'une attaque d'apoplexie le 22 Septembre 1756. Charles Filippa de Martiniana. 1757-1779. Sceau ovale de 50 niillim. Type: Armes du Prélat: Echiqueté d'or et de sable dans un caiiouche surmonté d'une couronne ducale, de la mitre et de la crosse passées en sautoir, avec une épée dont la garde apparait au bas du cartouche à scnestre. Chapeau et houppes d'archevèque. Legende: ^ CAR • FILIPPA • EX • COMIT • MARTINIANE • EPISC • MAVRIANENSIS • ET- PRINC Pianelle IV, fig. n" ^0 Ce sceau se trouve au bas d'un acte de mise en possession de la prévoté de N. D. du Mont-Cenis pour l'abbé Victor Amé Petitti de Koret, abbé de Sixt. né à Chambéri, mais originaire de Clierasco, présente par le Eoi. Cet acte est du 31 Juillet 1773 (2). Mgr. Filippa fut nommé évèque de Maurienne par le roi Charles Emmanuel HI le 25 Mai 1757: Cette nomination fut approuvée par le Pape et le Prélat prit possession de son siége le 21 Aoùt; il fit rebàtir presque en entier son palais épis- copal dans le gout italieii et entr'autres la fagade , le grand escalier et la grande salle qui le suit et où sont peintes les armes de l'évéque. Il fut le dernier des évèques de S'-Jean à prendre le ti tre de prince de Mau- rienne. En 1768, le 9 Février, il cèda au roi tout ce qui lui restait de juridiction temporelle sur la ville et dans d'autres paroisses ; et il reQut, en écliange , pour lui et ses successeurs une pension annuelle de 2000 livres et le titre de prince d'Aigue- belle, qu'ont porte jusqu'à nos jours les évèques de Maurienne. Charles Joseph Filippa de Martiniana regut de Victor Amédée III la riche abbaye de Casanova et peu après fut nommé Cardinal par Pie VI au mois de Juin 1778. L'année suivante, il fut transféré à l'évèchó de Verceil au mois de Juillet et remplacó à S-Jean de Maurienne par Charles Josepli de Brichanteau. Le Cardinal de Martiniana assista au conclave de 1800 où il eut quelques voix pour la papauté et mourut le 7 Décembre 1802. (1) Archw. de V Economat gt'nr'rnl à Turin. (2) Ibidem - Prev^itó du Montcenis. PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 263 B. ÉTÉQUES DE GENÈVE ET D'ANNECI Aymon de Grandson. 1251. Sceau ogival de 56 millim. avec contresceau ogival de 42 millim. Type : Le Prélat debout, mitre, avec la chasuble et le pallium, bénissant de la main droite et tenant de la gauche une crossa tournée en dedans. Legende : en capitales gotbiques : .... AVmONIS G€BeN . . . €CCLeSie €PI Sigillum Aimonis gebennensis ecclesie episcopi. Au revers est empreint un contrescel, de mème forme, mais plus petit. Le type en est semblable, sauf que le Prélat, au lieu de tenir la eresse droite, à coté de lui, la tient inclinée et appuyée sur son épaule. Legende: .... A^TllONlS • GeB€NN • GPI Plancbo IV, fig. n" 41 et 42. Ce joli sceau en ciré noiràtre pend par une bande du parchemin à l'acte de donation faite par Aimon de Faucigny à Pierre de Savoie, à l'occasion du mariage de ce seigiieur avec sa fille Agnès. Cette cbarte, corroborée par les sceaux des témoins Aimon 11 de Grandson évéque de Genève et PieiTe évèque d'Herfort, est du 20 Aoùt 1251 (1). Le plus ancien évèque de Genève dont l'existence soit constatée, vivait au milieu du V^ siècle: c'était Tévéque Isaac (2). Avec ce point de départ, Aimon de Grandson serait le 08" Prélat de ce siége épiscopal qu'il occupa de 1215 à 1260, très-longtems comme l'on voit. 11 fut le deriiier évéque de Genève élu par le peuple et le clergé. Ses successeurs furent , en conformité d'une décision du concile de Latran , élus par le chapitre seul, en attendant que les Papes s'attribuent le droit de nomination. L'ancienne famille hélvétique de Grandson portait les armes suivantes : Palle d'argcnt et d'azwr de 6 picces à la bande de gaeales brochant sur le tout et chargé de trois coqiiilles d'or, avec la devise à petite cloche grand son. Guicbenon, dans l'histoire de la Eresse, dit que les coquilles sont de sable. (1) Archiv. du Royaume - Mariages - Paquet 2, n. 2. — Nous donnerons plus loin le sceau de l'éyèquo d'Rrford, parrai ceux des évèques étrangers. Cette charte a été publiée par Guichenon et aussi dans les Monumenta hisl. patr. (2) Regeste genevois, pag. 478. 264 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX EELIGIEUX Aimon (le Grandsou était fils d'Ebal seigneor de Grandson et de la Sarraz. Il était sous diacre à Lausanne en 1210 et chantre du Chapitre de la méme ville en 1212: Il résigna ses fonctions d'évéque en 12G0 et mourut deux ans après. C'était un homme de talent, un peu mondain, souvent en querelle ayec ses chanoines et avec le comtes de Genève. Dix ans après son avénement à l'épiscopat, il y eut des plaintes contre lui et une enquéte fut ordonnée par le Pape. Elle existe aux archives de Genève et ne lui impute aucun méfait grave , mais un peu de négligence dans ses fonctions ))astorales (1). En 1219, l'archevèque de Vienne règia , comme arbitre , une discussion entre Aimon de Grandson et Guillaume comte de Genève , relativement à leurs droits et juridictions respectifs dans Genève: Ce fut naturellement en faveur de l'évèque. L'a- nalyse de ce traité a été donnea en note dans l'édition de l'histoire de Genève de Spon, augmentée (2). Aimon III de Menthonay. 12(58 et 127:1 Sceau ogival de 50 milUm. Type : L'évèque debout avec la mitre, la chasuble et le manipule, bénissant de la maiu droite et tenant de la gauche une crosse tournée en dehors. Legende. En capitales gothiques: + S • FRIS HÀYMOIMIS €PI CeBCN. sigiìlum fratris haymonis episcopi gebennensis. Planche IV, fig. n" i3. Ce sceau en ciré noii-e pend par une doublé bande du parchemin dont l'une sort au bas et l'autre au coté du sceau, au vidimus d'une donation faite par Hugon comte palatin de Bourgogne à sa femme Alix qui fut plus tard l'épouse du comte Philippe 1 de Savoie. L'évèque de Genève et l'archevèque de Tarentaise, Kodolphe, ont mis leur sceau au bas de cotte charte, qui est du mois de Janvier 1268. La donation de Hugon de Bourgogne est du l"' Aoùt 1266 (3). Nous avons aussi trouvé ce sceau au bas d'un acte du méme Prélat de lannée 1273 par lequel il donne acte de la présentatiou qui lui a été faite du testament de Hugues de Confignon chevalier et vidomne de Genève par son fils Vauthier (4). U manque à ce second exemplaire de notre sceau la partie inférieure, mais le haut, mieux conserve, nous a permis de mettre au commencement de la legende la petite croix qui y figure. Le nom du Prélat que nous avons vu sur le sceau et le contre- (1) LuLLiN ut Lekort - liegeste genevois. (2) Genève - Fabri et Barillol, 1730, in-4'' - Tom. 1, pag. 51. (3) Archio. du Royaume - iMariages - Paquet 2, n° 7. (4) Archives parlicuUì-res. - Comrauniquées par le chev. Baudi di Vesme. PAR A. DrFOUK ET F. EABUT 2(35 sceau d'Aimon II, écrit de deux fa^ons ; Aymo et Aimo, se présente ici sous une 3" forme : Haymo. Le mot fratris nous apprend qu'Aimon III avait été religieux régulier: Besson dit en effet qu'il fut chanoine régulier de Sixt en Faucigny. Faisons encore remarquer sur son sceau, que la eresse est tournée en dehors comme symbole de pouvoir tem- porel que ses successeurs ont toujours continue à constatar par le mème signe. Aimon III, élu par le Cliapitre de la cathédrale de Genève fut évèque de 1268 à 1275, année oìi il mourut subitement à Hautecombe le 26 Novembre. Comme les évéques de ce temps , il mit son sceau à plusieui's chartes émanées des puissants de l'epoque et s'occupa beaucoup d'augmenter les propriétés de l'évèché dans les terri- toires de Jussy, de Salaz et ailleurs. Robert II de Genève. 1285. Sceau ogival de 60 millim. Type : Le Prélat debout sur une console avec mitre, chappe et manipule, bénit. et tient la eresse tournée en dehors. Legende. En capitales gotliiques : .... ROB€RTI ■ D€l • ORA ■ €PI ■ C€B€N€N. . Sigillum lioherti Dei (/ratta Einscoiìi Gebennensis. Planche IV, fig. n" H. Sceau en cii-e jauno pendant par une bande du velin au bas d'un ordre donne par l'Évéque à sa ville de Genève d'observer le traité de paix passe entre lui et le Comte de Savoie, donne à Genève le lendemain de la S'- Michel, soit le 30 Septembre 1285. Le traité est de la veille, du 29 Septembre (1). Ces deux pièces ont été éditées dans le tome VIII des Mdmoires et documents puhliés par la Société d'his- toire et d'arcliéologie de Genève. Kobert II était fils de Guillaume II comte de Genevois et d'Alix de la Tour. Trois de ses frères ont été évéques comme lui ; Amédée évèque de Die , dont nous donnerons le sceau plus loin ; Aimon évèque de Viviers et Guy évèque de Langres. Les auteurs varient sur la date de son avénement à, l'épiscopat de Genève: Besson le trouve Évèque en 1277, mais MM. Lullin et Lefort croient qu'il fùt élu par le Chapitre vers la fin de l'année 1275 (2); car il fit une visite pastorale en 1276. Ce fut un Prélat très-dévoué aux intérèts de l'église et zélé réformateur des abus dans son diocèse. Il exerga son ministèro jusqu'en 1287, année où il moui'ut le 14 Janvier. Son épiscopat fut assez agite. Il eut des démélés avec le comte de Savoie Amédée V, à propos de la juridiction sur Genève , et U se trouva mèle aux querelles entre les (Ij Archiv. du Royaume - Genève, l«re catég." - Paquet 4, n." 6 et 7. (2) Régeste genevois. Serie II. To.m. XXXIV 34 2G6 SIGILLOGRAPHIE UE LA SAVOIE SCEAIX RELIGIEUX princes apanagés dans son diocèse, le prince Louis de Savoie et son frère Amédée V, et aui hostilités entre les Maisons de Faucigny, de Savoie et du Dauphiné. Les armes des Comtes de Genevois étaient : Équipoìé d'or et d'azur, ou mieux d'or à quatre points équipoles d'azur. Guillaume de Conflans. 1290. Sceau ogival de 65 millim. Type: L'Évèque debout avec mitre, chasuble et manipule, bénit de la droite et tient sa crosso de la main gauche. Dans le champ, une étoile à sLs rais à droite du Prélat et un croissant à gauche (1). Legende. En capitales gothiques: .... GVLLern. . . • PISCOPI • GeB€N€NSlS Planche IV, fig. ii" 45. Ce sceau en ciré jaune pend par une doublé bande de velin dont l'une sort par le bas du sceau et l'autre par le coté, à un compromis passe à. Asti le 19 Septembre 1290 entre le Comte de Savoie et l'Évèque de Genève au sujet du chàteau de l'Ile (2). Le sceau de révé(iue de Belley. Pierre, avait aussi été mis au bas de cette charte. Guillaume de Conflans succèda à Kobert II en 1287, et son épiscopat finit en 1295. Il était, d'après Besson, de la famille de Duing étabUe à Conflans, au confluent de l'Arly et de l'Isère, oìi notre Prélat serait né. Besson nous apprend aussi qu"il avait été chanoine de Lyon. Ce fut un pasteui- zélé pour l'église qui lui était confiée. A peine sur le siége de Genève, il entre en lutto avec le Comte de Savoie qui avait pris possession du chàteau de l'Ile ; il lance l'interdit sur les ten-es d'Amédée VII (lui en appello à Rome. Le débat se termine par le traité au bas duquel pend le sceau que nous publions et par lequel le Comte reste en possession du vidomnat de Genève ; l'Évèque garde les propriétés des pécheries et des péages et la question du chàteau est renvoyée à un arbitrage. Le Comte continua à l'occuper. En méme temps les habitans de Genève s'érigent en commune sous la protection de la Maison de Savoie. Guillaume de Conflans mit son sceau à la fondation de la chartreuse de Mélau dont l'acte a été publié par Besson (1292). Il mourut le 2 Mars d'après l'obituaire manuscrit de Sixt et l'on ne trouve que le 2 Mars 1295 entre la dernière charte émanée de Guillaume, le 7 Mars 1294 et la première de son successeui- qui est du 10 Juillet 1295 (3). Besson s'est donc trompé en faisant mouiir Guillaume en 1294: mais son erreur est facile à comprendi'e. (1) V. ce que nous avons dit précéJemment à propos de ces deus objets, pag. lo. (2) Afch:r>. du Rotjaume - Genèv», 1"» catég» - l'aquet 4, ii" 24. Cot acte, dont un uo iblu oxista aux Archives de Genève, a été publié dans les Mémoires de la Sociétd d'Uist. et dWrch. de alle ville, Tom. 1, p. 55, 2« partio. (3) LuLLiN et Lefokt - lìej'stc genevois, pag. XO. PAR A. DUFOUR ET F. KABUT 267 Le tribunal de l'Officialité de l'Évéché de Genève. 1290. Sceau rond de 36 millim. avec contresceau de méme forme de 25 millim. Type: Buste d'Évéque mitre, de profil toumé à gauche, devant lui une crosse- toui'née en dehors. Legende: + S • CVRIE • GEBEN ■ EPISCOPI • Sigillum curie gebennensis episcopi. Contrescel: Le type du contrescel est le mème ; seulement plus petit: la legende est: Hh S • CVRIE GEBENNENSIS • AD • CAS- Sigillum curie gebennensis ad causas. Planche IV, fig. n»» 46 et 47. Ce sceau en ciré noiràtre pend par un doublé cordon de soie verte et jaune. L'un des cordons sort au bas du sceau et l'autre par le coté. Ce sceau du tribunal du seigneur P:véque de Genève est celui dout se servait le juge ou officiai diocésain. Nous l'avons trouvé au bas d'une charte de 1290 par laquelle une donation faite à l'abbaye de Filly est authentiquée nu con-oborée par ce fonctionnairé qui y a fait mettre le sceau de la cour de justice de l'Évèque et, en contre-sceau, le sceau affecté plus spécialement aux actes judiciaires, aux procès, ari causns (1). L'abbaye de Filly, en Chablais, était une maison de chanoines réguliers de S'-Augustin: Nous donnerons plus loin le sceau dun de ces abbés. Martin de S'-6ermain. 1301. Sceau ogival de 60 millim. Type : Le Prélat, assis sui- un siége orné de deiuc tètes danimaux, bénit de la main droite et tient la crosse de la main gauche. Sous ses pieds une console de style ogival. Legende. En capitales gothiques entre deux cordons: .... MARTINI -GRATIA D6I 6PI G€BeNN6NSIS- Planche IV, fig. n° 48. Ce joli sceau, dont le type et la legende sont d'un excellent dessin, est en ciré noiràtre et pend par une bande de velin à la charte inèdite suivante : (!) Archiv. da Roìjaume - .\bbave de Filly - Une pièce analogue et de la mème année où figure le mòme prieur de Filly, Martin, a été piibliée dans les Mémoires de la Soc. d'Hist. et d'Archéol. de Genève, Tome XIV, pag. 222. 268 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX KELIGIEUX Nos Martinus diuina miseratione episcopus gehennensis. Notum facimus tmi- uersis presentes litteras inspecturis quod nos liabuimus et recepinms centiim lihhras (/chennensps a Bartliolomeo Barrali de Secusia vicedogno gebennensi prò illustri viro domino Amedeo Cornile Sabaudiae de quadam comj}ositione fucta inter nos et dominum Comitem ex vna parte et dominum Nycholaum de sancto Germano legum professorem ex altera vice et nomine Guillelmi prouincialis ciuis gehennensis eo quod dictus GuiUelmus inculpahatnr usiis fiiisse de falsis monotis quictantes et uhsohtentes predictim dominum Comitem et predictum Bartìwìomeiim vicedognnm unum et de dictis centum libris datiim die sahhati ante purificationem beate Marie Virginis cum appositione sigilli nostri anno domini M" CCC primo (1). L'évèque Martin était d'une famille du Bugey , établie à Genève au 1 3*^ siècle. Il était déjà prétre en 12G5 et chanoine de Genève en 1273. Il succèda à Guillaume de Conflans eu 1295 et son épiscopat dui'a jusqu'en 1303. Il était plus favorable à la Maison de Savoie que son prédécesseur. Il s'occupa beaucoup de la fabrication de ses monnoies qu'il voulut étre de bon aloi et dont il confia la fabrication à Benjamin Thomas banquier d'Asti en 1300. Il fonda dans sa cathédrale une chapelle dédiée il son patron S'- Martin (2). Guichenon donne comma suit les armes de la famille de S'-Germain dans son armorial de Eresse et Bugey: d'or à une fasce de gueules, et pour cimier un dextro- chère arme tenant une épée haute. Aimon de Quart. 1305, 1308. Sceau ogival de 60 millim. Type : Le Prélat debout et bénissant, dans une niche de style ogival. Dans le champ du sceau, entre la niche et la legende, un treillage avec de petites fleurs dans chaque carré. Legende: S • AYfn ..... D€ EPISCOPI ■ CeB6N Planche IV, fig. n° 49. Sceau de ciré jaune pendant à un doublé cordon de soie rouge qui se séparé à l'intérieur et sont de deux còtés au bas du sceau. Nous avons trouvé ce sceau au bas de trois pièces, sans pouvoir compléter la legende : aussi ne pouvons-nous dire si les lettres de sont le commencement de la formule DEI GKATIA, ce qui est probable, ou de l'indication de la famille DE QUAliTO. La première pièce ou diarte est le compromis passe à Lyon le 15 Janvier 1305, entre l'Évèque et le Comte de Savoie, par lequel ils nomment dcs arbitres pour {I) Archiv. du Royuume - Genève, l'"'''' catég" - Paquet 5, n" 7. ;2' Mém. Soc. Genève - Tome II, p. 149, et tome VII, p. 44 et 83. Voir encore Bb3son - Lefort et Ll'i.lin. PAR A. DUFOUK ET F. RABUT 269 terminer leurs différents et entr'autres Ambiarci d'Entremont évéque de Maurienne (1). La seconde est la sentence arbitrale prononcée le 4 AttìI 1308 entre l'Evèque et Louis II de Savoie seigneur de Vaud sur les différents qu'ils avaient relativement au cours de leur monnaie (2). Aimon de Quart d'une famille illustre de la Vallèe d'Aoste avait été prévòt de l'église de Lausanne. Il fut élu évèque le 28 Féviier de l'année 1304 ; mais il ne fut sacre que le 5 Octobre de la méme année, et ce fut en grande pompe. Il mourut le 13 Octobre 1311 à Ivrée d'une maladie qui l'avait atteint à Brescia où il avait accompagné, en qualité de secrétaii'e, l'empereur Henri VII de Luxembourg qui allait faire valoir ses prétentions sur l'Italie. Il avait assistè au concile de Vienne en Dau- phinè tenu à la sollicitation du roi Pbilippe IV par le pape Clément V. Son épiscopat avait été très-agité par les luttes qui eurent lieu dans les pays voisins entre le Comte de Savoie d'un coté et les Comtes de Genevois, les Sires de Faucigny et le Dauphin de l'auti-c, et par les débats qu'il eut à soutenir pour dé- fendre ses prérogatives , droits cu prétentions contre les seigneurs laics et contre les citoyens de Genève (3). Pierre II de Faucigny. 1312 - 1316 - 1319 - 1329. Sceau ogival de 67 millim. Tyjte : Dans une belle et l.irge nicbe de style ogival, surmonté d'un clocbeton, l'Évèque debout, mitre, vètu de la chasuble et du pallium bénit de la main droite, tient de la gauche la crosse tournée en dehors et foule aux pieds un dragon. Legende: S • PETRI ■ 061 • GRATIA • 6PISCOPI ■ CeBeNNCNSIS • Planche IV, fig. n» 30. Au revers du sceau est empreint un contresceau ciixulaire de 28 mill. dont le type est un bras vètu , qui tient une crosse avec la legende en capitales gothiques comme pour le sceau, et entre deux filets. + SÉCRCTV • P€TRI • €PI • G€B6NeN. Plaucho IV, fig. n" 51. Nous avons trouvé plusieurs fois ce sceau aux arcbives du royaume ce qui nous a permis d'en donner un dessin assez complet et la legende entière, les exemplaires se complètant les uns les autres, malgré leurs lacunes. (1) Archiv. du Royaume - Genève - 1*"= Catég» - Paquet 5, n" 8. - Cet acte a étó publié dana les Mémoires de la Soc. d'iiist. de Genève, Tom. IX, pag. 239. (2) Ibidem - N" 1 1 et aux Archio. de Genève - Publié par Spon et par la Soc. d'hist. de Genève, Tome IX, pag. 160. (3) V. Besson, Blavignac - Mallet - Lefokt et Lullin - Spon, etc. 270 SIGILLOGKAPHIE DE LA SAVOIE — SCEAVX RELiniEUX 11 pend par un cordon de soie à une transaction intervenne le vendredi après l'Ascension de l'an 1310 entre le Chapitre et le Comte Guillaume de Genève et à laquelle le Prélat a été prie de mettre son sceau pour la corroborer (1). Il pend aussi par une bande du parchemin à un vidimus de lettres par lesquelles le Dauphin, le comte Édouard de Savoie et le Seigneur de Beaujeu se portent cautions envers dame Agnès de Chalon qui a prie le Prélat de mettre son sceau à cette transcription. Ce vidimus est date de Chaumont le mardi après Pàques de l'année 1312 (2). Le mot secret uni, «lue nous rencontrons ici pour la première fois, figure souvent dans les con- tresceaux. Le di-agon sous les pieds de l'Évéque représent« les ennemis du Prélat, ceux qui iiiinoient ses priviléges, ou les hérétiques. Pendant les (juerelles qui ont suivi la démolition de la maison-forte de Genève ■par les gens du Corate de Savoie , il est intervenu un certain nombre d"actes litigieux que l'évèque Pierre de Faucigny a fait authentiquer avec son sceau ad cattsas, employé ordinairement dans les affaires judiciaires: voici la description dece joli petit sceau. Sceau ogival de 45 millim. Tyi)e : le Prélat debout. sur une console, bénissant et tonant la crosse. Dans le clianip, il droite, une clef posée en pai. Legende: P€TRI • 061 • ORA ■ €P SIS- AD • CAVSAS ■ Sigilhtm Fefri Dei grafia episcopi gehennensis ad caiisas. Planche IV, fig. n° 52. Sceau de ciré jaune pendant par une doublé bande ilu velin à une quittance de Pierre II au comte Édouard de l'iudemnité payée pour la démolitiou de la maison- forte, du 9 Janvier 1319 (3). Nous l'avons aussi vu au bas d'une procuration du G Janvier 1329 passée par le Prélat à son frère Jaques de Faucigny prévòt du Cha- pitre de Genève pour transiger avec le Comte de Savoie, encore relativement à cette affaire de la maison-forte (4). La petite clef qui figure à coté de TÉvèque rappelle le patron du diocèse, S'-PieiTe, dout deux clefs sont l'attribut; mais, étant seule, elle pourrait bien étre un témoignage du droit que l'Évèque de Genève avait de posseder une prison episcopale ; elle serait alors le signe de sa liaute juridiction criminelle. Pierre de Faucigny fut élu le 4 Décembre 1311 et moui-ut le 28 Mars 1342. après un long épiscopat de 31 ans. Il avait été prévòt de la catliédrale de Genève, fonctions qui passèrent ensuite à son frère .Jaques. Le fait k- plus saillant qui se soit produit pendant que Pierre II était évéque de Genève est la démolition par les gens du Comte de Savoie du chàteau que Guillaume III comte de Genève possédait dans cette ville à l'entrée du bourg de Four et quii avait cède au Prélat. Le comte Édouard fut excommunié et l'interdit lancée contre Genève par l'Évèque qui s'était (1) Archic. du Royaume - Genève - 4»«<« Catóg» - Paquet 1, n" 10; et i*« Catég* - Paquet 5, n» \. Il se trouve sur un lettre écrite par le prévòt Fi'an(;ois de Sales au due Cltarles Emmanuel I le 27 Scptembre 1599 (1). Mais, sur un autre petit sceau ovale dont S'-Fran^ois de Sales se servait pendant son èpiscopat, les étoiles sont à 6 rais. Ovale de 22 millim. Type: Armes de Sales dans un écu ovale surmonté d'une mitre. Legende: FRANC • DE • SALES • EPS • ET • PRINCEPS • CEBEN • Planche V, fig. n" 67. Nous l'avons trouvé sur une lettre originale du Prélat adressée d'Anneci au Due de Savoie le 7 Octobre 1()13 (2). Que dire de S'-Fran^ois de Sales qui n'ait été dit et redit. Successivement béa- tifié et canonisé au 1 1" siècle, il vient d'ètre mis tout récemment au rang des docteurs de l'Eglise, 1878. A cette occasion, la Société Florimontane a reproduit le testtiment du Saint dans un article où la questiou des armoiries de Sales a été traitée d'une fa^on assez fantaisiste (3). (1 ) Archiv. du Royaume - Lettres originales de S'-Fran^ois de Sales. (2) Ibid. id. (3) Revue Savoisienne, 1878, pag. 54. PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 279 Jean Frangois de Sales. 1622-1635. Sceau ovale de 38 millim. Type : Un écu en accolade écartelé aux V^ et 4" quartiers des armes de Sionnaz- Vallières; aux 2^ et 3' de celles de Kichard de la Thuile et sur le tout en abjrme de Sales: sur l'écu, une couronne ducale; autour de l'écu, le Collier de l'Annonciade: Le tout enfermé dans le chapeau, les houppes en nombre exagéré et deux petites palmes. Pas de legende: un gi'enetis seulement. Empreinte prise sur la matrice que possedè le Musée d'Anneci. Planche V, fig. n° 68. La présence du Collier autour de l'écu permet d'attribuer sùrement ce sceau à l'évèque Jean Francois de Sales, frère et successeur de S'-Fran^ois, car il a été chevalier et cbancelier de l'Ordre de l'Annonciade , tandis que son prédécesseur et son neveu Charles Auguste, qui furent aussi Evéques de Genève, n'ont pas été décorés de cet Ordre. Jean Francois de Sales avait été d'abord capucin, puis cbanoine et cbantre de la catbédrale de Genève, il avait été suffragant de son frère avec le titre d'évéque de Calcédoiue en 1621, et lui succèda en 1622 et mourut en 163'». Il avait été conseiller d'État et giand auinònier du Due. Son dévouement à Anneci pendant les pestes de 1629 et 1630 avait été très-remarqué. Nous pensons (lue la couronne ducale qui sui-niontc lécu est là pour rappeler sa dignité de grand aumònier de la Cour. Quant aux armes, dont il a écartelé son écu, ce sont armes d'alliance. La mère de Jean Francois de Sales était une demoiselle Frangoise de Sioiinaz-Vallièros. La famille Sionnaz dans laquelle avaient fini les fa- milles Vallières et Richard de la Thuile écartelait ses armes comme sur notre sceau. savok aux V et 4" de sablc mi ìyon d'or arme lampassd et couronne d'azur (jui est de Sionnaz, le dit ìyon entrelassé dans les trois bandes d'ar^ew^ des Vallières; aux 2' et d' d'argent à la croix de sable cantonnéc de quatre fleiirs de lys de, gueules, armes des Richard de la Thuile (1). Vacance du siége. 1637. Sceau ogival de 85 millim. Type: S'-Pierre debout tenant une clef et un livi'e eutre deux colonnes en forme de balustres ornées qui supportent un fronton triangulaire. Au dessous un écu aux armes de l'évéché : 2 clefs en sautoir. (1) Besson , Armorial manuscrit. 280 SlOILLOfiKAVHIE I>E l.A SAVOIE SCEAVX KELIGIEUX Legende: S • SANCII • PETRI • VICARIATVS ■ ET- EPATVS • GEBEN . Pianelle V, fig. n" O'J. Sceau en placarci sur cke rouge recouverte de papier au bas d'un acte du 3 Avril 1G37 par lequel le vicaire g('uéral de róvéché de Genève Pierre Franc^ois Jai, en latin Jaius, agit comme commissaire apostolique pour l'exécutiou de bulles relatives à la coUation du prieuré de S" -Laurent de Chindrieux à Louis de Gerbaix et à l'annotation des conventions quii avait faites avec le couvent de Talloires (1). Le chanoine Pierre FrangoLs Jai était docteur en théologie et archidiacre. 11 fut cliantre du Cliapitre en 1(555 (2). 11 mourut d'une chute en lUOO. Juste Guerin. 1G42. Petit sceau ovale de 20 millim. Tf/j)?; Arnies du Prélat : iVargent à un arbre de sinopie sur un Urruin de ménte au chef d'azur chargc de cinq étoiles d'or posees 2, 3, dans un écu ovale surinonté d'une mitre et d'une crosse entre lesquelles se voit une petite étoile. Plus liaut. un chapeau avec des cordons -X une seule liouppe. Pas de legende. Plancho V, fig. n" 70. Plaqué en ciré rouge sur une lettre datée d'Anneci le 20 Juiii 1()42 et adressée au marquis de S'- Thomas pour obtenii- Tautorisation à ses fenniers d'exporter 300 coupes de froment et 000 coupes d'avoine (3): elle est signée Jusfe ]'J. de Genere indigne. Né à Tramoy, près de Montluel en Bugey, don Guerin se fit barnabite en 1600; il fut confesseur des Princesses de Savoie, viiit fonder des maisons de son ordre à Aimeci et à Thonon et n'accepta quo sur les instances do Jladame Koyale et sui' les ordres du Pape l'évéché de Genève en 1639. Il mourut a Rumilly en 1645 et fut enseveli en l'èglise des Capucins. Sa vie a été écrite par le Barnabite don Maurice Ai'pand et imprimée à Anneci en 1678. Jean d'Arenthon d'Alex. 1673-1676. Petit sceau ovale de 20 millim. T7//>«.* Armes du Prélat: Bmidé d'argrìit et de gueules , dans un écu en ac- colade surmonté d'une couronue ducale d'où sortent une mitre et une crosse. Cbapeau d'Évéque avec ses houppes. Pas de legende. (1) Archio. du Royaume - Prieuré de Chindrieux - Paquet 6, n" 1'. {i) BessO.n, Mémoires eccUsiastiques. (3) Archiv. ilu Roijnutìie - Lottres des Kvequos - Genove. PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 281 Planche V, fig. n" 71. Plaqué sur des lettres du Prélat adressées à S. A. E. pendant les années 1673- 1(376 (1). Jean d'Arentlion fils de Jaques d'Arenthon seigneur d'Alex d"une famiUe issue de celle des barons de Faucigny nacquit en 1620, fut ordonné en 1644, clianoine de Genève en 1649, nommé Évéque en 1660 et sacre en 1661. Il mourut le 17 Juillet 1695. Sa vie a été écrite par le general des Chartreux F. Innocent. Elle a été imprimée à Lyon chez Francois Comba en 1698 en un in-8° de 26 pages non fbiffrées et de 592 cbiff. , orné d'un poi'trait du Prélat grave par Bouchet d'après le portrait ad vivimi de J. de la Monce. Le méme auteur, Lemasson Innocent, a publié en 1699 à Chambéri, chez Jean Gorrin. un autre volume in-S" intitulé: Éclaircisse- viPììf; sur la rie de Messire Jean d'Arantlion d'Alex Évéque, etc. Besson consacre un long article à co Prélat dans ses mémoircs pour l'iiistoire ecclésiastique. Ce fut pendant son épiscopat qu'eui'ent lieu à, Anneci les solemnités de la ca- nonisation de S'-Frangois de Sales en 1666. Kappelons encore qu'il s'entendit avec Louis XIV pour persécuter les protestants dans le pays de Gex, et qu'il fit pour cela deux voyages en Franco. C'était un bibliopbile qui encouragea son imprimeur Jaques Clerc à bien faire. Michel Gabriel de Rossillon de Bernez. 1699. Petit sceau ovale de 1 7 millim. Type : ce sceau anépigraphe montre un petit cartouche aux armes de la famille de Kossillon ou Kossillion de Bernex: de salde à la croix d'argent avec couronne, mitre, crosso, chapeau et bouppes d'Arcbévéque. Le Musée d'Anneci possedè le sceau matrice. Planche V, fig. n» 72. Michel Gabriel de Kossillon se servait aussi d'un sceau plus petit quo nous avons retrouvé, en assez mauvais état, sur l'enveloppe d'une lettre qu'il adi-essait au Due de Savoie le 26 Décembre 1699 au sujet de Madame la Princesse de SoLssons et de la Princesse de Carignan ses fiUes, toutes deux soeurs du célèbre princo Eugène et filles d'Eugène Comte de Savoie-Soissons et d'Olympe Mancini (2). Michel Gabriel de Kossillon de Bernex nacquit :i Chateau-l)lanc près de Genève de l'ancienne Maison de Kossillon au pays de Gex et fut le demier représentant de cotte famille. Il entra jeune au couvent de S'-Antoine en Daupliiné, fut ordonné prètre on 1681 et nommé Évéque de Genève en 1697 après une vacance de deux ans qui suivit la mort de son prédécesseur Jean d'Arenthon. Il mourut à Anneci en 1734. Il avait refusé en 1713 l'archevèché de Tarentaise. (1; Archio. du Roi/aume - Lettres des Évèques - Genève. (2) Archiv. du R'oyaume - Lettres des Evèques. Serie II. Tom. XXXIV 36 282 SlGII.r.OfiKAl'HIE UE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX Lcs Jésuites de la Roche, le P. liomeville entr'autres , lui causèrent des em- barras en lójiandaiit le bruit qu'il s'opórait des mii'acles dans leur chapelle par l'intercession de S'-Fran^ois Xavier. 11 fit à l'occasion de ces prétendus miracles une lettre pastorale célèbre imprimée en 1702. Cesi entra ses mains que Madame de Varens abjura le protestantisme. Sa vie, écrite par M' Boudet chanoine de S'-Antoine, a été imprimée à Paris en 1750 en un volume in-12°. orné de figures; son oraison funebre, prononcée par le chanoine de Beimcvix, a été imprimée à Anneci par Jean Baptiste Burdet. in-8\ Officiante du diocèse de Genève. 1760. Sceau rond de 40 millini. Typr: Buste de S -PieiTC au dessus d'un écu aux armes de l'évèché les clefs cn sautoir. Légendr : S ■ S • P • VI • ET • OFF • EPTVS • CEBEN • Sigiììum Sancii Pctri vicariatus et officiaìatus rptscojHitus gehennensis. Cette legende en capitales romaines est inserite sur un philactère dont les deux extrémités em-oulées se voient de chaque coté de la téte du saint. Le graveui- à mis, par erreur. un point entro les lettres V et 1. initiales du mot vicariatus. • Planche V, fig. n" 7o. Ce sceau (1) en placard sur ciré recouverte de papier est au bas d'une at- testation donnée le 24 Mai 17(50 par le chanoine Michel Conseil . vicaire general et officiai du diocèse, qui sera plus tard premier Evéque de Chambéri. Jean Pierre Biord. 1764-1785. Sceau rolli] de 45 millim. Tyjìc: Armes de la famillo du Prélat : De giieuìcs au croissant d'argent, au clirf d'or rluirgr d'un a/gir rplogr de gueuìrs , dans un cartouche surmonté d'une couronne, d'une mitre et d'une crosse et soutenu de deux branches de palmier. Cha- peau et houppes d'Archevóque. Lc'grndr : JOH • PET • EPISCOPVS • ET ■ PRINCEPS • GENEVENSIS- F'ianche V, fig. n" 74. La famillo Biord est du Faucigny. Le pere de nótre Prélat était seigneur de Seynod et de Chàteauvieux, terres qui fui-ent érigées en Comté en favcur du sénateur (1: Coli. !•'. Kahut. FAK A. DITOUR ET F. RABUT 283 Paul Josepli Biord, fière da Pivlat. eii 17 76. L'évéque J. P. Biord est né a Chà- tillon en Faucigny le 10 Octobre 1719, quoique son pere Joseph Biord, et sa mère Claudine de Thiollaz eussent leur domicile ordinaire à Samoèns. 11 fut Évèque d'An- neci de 1764 à 1785. Il mourut le 7 Mars 1785. Il avait fait ses premières études à Thonon et appris la tliéologie à Paris. L'Archevéque de cette ville le nomina cure de la S '"-Ohapelle. Il fut plus tard cha- noine de Genève, vicaire general, prieur de Douvaine et ensuite Évéque. Pendant son épiscopat, il essaya inutilement de convertir Voltaù-e et il obtint la canonisation de S '^-Jeanne Frangoise Frémiot de Chantal en 1768. Sa correspondance avec Voltaire a été publiée en 1775. Outre ses ceuvres pastorales, on a de lui une oraison funebre de Louis XV im- primée à Turin en deux formats et celle de Charles Emmanuel III restée à l'état de manuscrit. On a un petit portrait de Mgr. Biord gi-avé à Paris par Quenedey. Grillet lui a consacré un long article dans son dictionnaire, au mot Smnorns. Le successeur de Mgr. Biord fut Joseph Marie Paget. qui fut Évéque de 1785 à 1802, epoque à laquelle il donna sa démission, à la suite du concordat. et dont nous n'avons pas retrouvé le sceau: L'évéché fut alors réuni à celui de Chambéri et la Savoie n'eut qu'un seul Prélat jusqu'en 1822. Cette aniiée-là. le 15 Février, fut créé l'Evèché d'Anneci. Nous donnons ici, à la suite de ceux des Évéques de Genève, les sceaux que nous avons rencontrés des titulaires de ce nouveau siége épiscopal. Claude Franfois de Thiollaz KVÉQUE d'aXXECI 1826. Petit sceau ovale de 35 millim. Typi': Armes de la famille de TliioUaz: ile gufuìps ù un aiglon d'anjent ac- coììipagné de dcux ctuiles d'or cu chef, dans un cartouche surmonté d'une couronne de comte, d'une mitre et d'une crosse; chapeau et houppes d'Archevéque. Pas de legende. Ce sceau est plaqué au bas d'un actc. par lequel l'Évòque institue les 40 heui-es dans l'église do S -Nicolas -la-C hapelle et (jui est date d'Anneci 14 Septembre 1826. Hlanche VI, fig. n" 75. Mgr. de Thiollai: a été évéijne d'Anneci de 1822 à 1832. Il était fils de l'ran^ois De Thiollaz et de Louise de la Faverge de Cormand, et était né le 8 Avril 1752 à Chaumont. Élève du Collège d'Anneci, il avait fait sa théologie à Paris et avait été vicaire general du diocèse de Genève, prévót et vicaii-e general du diocèse de Chambéri après le rétablissement du eulte. Prisonnier pendant la première répu- blique, il avait été délivré par le dévouemout d'un nommé Matliieu d'Anneci et était venu a Lausanne en 1793. Son oraison funebre a été prononcée, par l'abbé Challamet et imprimée par A. Burdet en 1832. 284 bKilLLOGRAPHIE PE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX Pierre Joseph Rey. 1832-1842. Sceau ovale de 39 millim. sans legende. Type: Armes assez peu héraldiques du Prélat: d'asur à une croix monvant de la pointe cantre laqueUe est (q)imy& une ancre, et à sénestre nne chajielìe sur un tertre. L'écu est surmouté d'une couronne de comte , d'une mitre, d'une crosse et d'une croix tréflée ; le chapeau épiscopal avec les houppes entoure le tout. Au bas de l'écu pend la crobc de l'Ordre des Ss. Maurice et Lazare et plus bas sui" une ban- deroUe on lit la devise: Arma Potentia Beo. l'ianche VI, fig. q" 76. Le sceau matrice dont nous avons relevé une empreinte appartieni au Musée de Chambéri. Nous renvoyons, poui- les détails relatifs à ce Prélat, à la notice biograpliique publiée par le chanoine Ruffin en 1858. Disons seulement ici qu'il a fait ses études chez les Barnabites do Thonon. Il était au séminaii-e en 1793, et fut envoyé professer la pliilosopbio à Tliouon, mais il partit bientòt poiu- le Piémont ; il revint en Savoie, pendant le Dii'ectoire, fut envoyó comme missionaii'c à Bellevaux en Chablais. Devenu ensuite vicaire de l'égUse cathédi-ale de Chambéri, puis chanoine, il se fait une ré- putation comme prédicateui". 11 est nommé Evéque de Piguerol en 1824, Evèque d'Anneci en 1832 et meurt en 1842. Il était conseiller d'Etat et gi-and cordon de rOrdre des Ss. Maurice et Lazare. On a de lui, entr'autres, l'oraisou funebre de Chai'les Emmanuel IV prononcéc à Chambéri le Itì Décembre 1819 (1), celle de Victor Emmanuel I prononcée à Chambéri en 1824 (2), cello de Louis XVIII prononcé à Turin en 1824 alors qu'il était déjà Evèque de Pignerol (3). Louis Rendu. 1843-1859. Sceau rond de 53 millim. Type: Ecu aux armes de l' Evéque: d'azur à deux gerbes d'or passées en sautoir soutennnt une croix d'argrnt; au dessus la devise: Tout à Tous sur une banderole d'où sortent la croix episcopale, la mitre et la crosse. Au bas de l'écu peudent les croix du Mèrito civil et des Ss. Maurice et Lazai'e. Chapeau et houppes d'Archevéque. (1) Gorrin et Routin iraprimaurs, in--!", 1819. (' (2j Gallia Christiana , tome XVI. Serie II. Tom. XXXIV 37 290 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAIX RELIGIEUX Les doyens de la période compris entre les années 1257 et 1342 ont continue à résider. quant bon leur semblait. en Savoie, et ils y avaient un tribunal ecclésias- tique qui siégeait dans une des subdivisions religieuses du décanat. Officiante de Chambéri pour l'Évéque de Grenoble. l;JiU» - 1417 - 1457. Sceau rond de 43 millim. Type : Évèque debout , mitre , bénissant et tenant une crosse , dans une niche ogivale très-oniée de Tépoque tertiaire avec clocheton , piuacles et petites niches à droite et à gauche ; au bas une ligne de petites étoiles. Legende : S • MAIVS • CVRie • OFFIC • CHAMB6R • PRO ■ DOMINO 6PISCOPO • GRATIANOPOLITANO • Sigiìlum maius curie officialatus Ckamberiaci prò domino Episcopo Gracianopolitano. Pianelle VI, fig. n"' 86. Nous avons reucontré plusieurs fois ce joli sceau si intéressant pour notre ville de Chambéri et toujours pendu à une longue bande du ])archemin où est écrit l'acte qu'il corrobore. Il a servi en efFet à notre connoissance sous deux épiscopats : ceux des évèques Aimon de Chissey et Sybond Allamand. Nous venons de dire qu'en 1342 l'Évéque de Grenoble fut le doyen du décanat de Savoie. Les Évèques conservèrent alors en Savoie le tribunal ecclésiastique qu'avaient eu les anciens doyens et ils nomraaient l'officiai de cette Cour ecclésiastique dont le siége fut fixé dés-lors à Chambéri. 11 fut d'usage alors de s'adresser à ce fonctionuaire pour authentiquer des vidimus et c'est sur des transcriptions de ce genre que nous avons trouvé le grand sceau de l'officialité do Chambéri poui- l'Évéque de Grenoble. La plus ancienne est le vidimus de la prestation de serment de fidélité du comte Amédée de Genève au comte Amédée Vili de Savoie. Il est date de Chambéri du 2 Mai 1390 sous l'épiscopat d'Aimon de Chissey (1) et nous fait connaìtre l'officiai alors en fonction, Guigue Bcczon, d'une famille notable de Chambéri, dont un membre Jean Beczon alias Vulliod a été trésorier du due Charles II et a fait construire à ses frais le grand portail de la cathédrale de Chambéri (alors église des Franciscains) sur lequel ses armes sont répétées jilusieui-s fois : Elles sont sculptées le long de la galerie qui occupe le milieu de ce portail et entremclées aux initiales du fondateur J. V. Ces armes sont alternativement celles des Beczon, autrement dit, Vulliod un sautoir et celles lUi fondateur parties avec d'autres armes , peut-étre celles de sa femme : un nrhro nrrnchi- accompagne de deux étoiles meubles que nous trouvons dans l'écu des Chainey de Benne en Faucigny. avec les émaux suivants, d'a->o' mi rhene nrruchc dr siiiopìr (1) Archic. du Royaume - Duchó de Genevois - Paquet S, u' 2. PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 291 accoste de deux étoiles d'argent. Nous n'hésitons pas à reproduire ce petit inonument héraldique relatif à une famille chambérienne. Le second vidiraus oii nous avons copie notre sceau, qui y est bien conserve, est celai d'une charte d'Amédée Vili, par laquelle le Comte de Savoie enlève le comté de Genevois à Humbert de Villars (1). Il est du Iti Juillet 1417 sous l'épiscopat d'Aimon de Chissey et autbentiqué à Cliambéri par Pierre Veromey {Vrromcsii) offi- ciai qu'il nous fait eneo re connaìtre (2). Nous avons cncore trouvé le niéme sceau, toujours en ciré rouge mais recouvert de papier et comme les deux précédeuts pendu à une krge bande du parchemin au vidimus authentiqué par l'officiai Nicod Passin JS'ijcocIhs Passini à Chambéri le 10 Janvier 1457, sous le pontificat de l'cvéque Sybond Allamand, de lettres-patentes du roi de France Charles VII du 9 Décembre 1456 par lesqueUes il atténue les exigences du traité de Cleppié près de Feur du 27 Octobre 1452 passe avec le due Louis (3). Outre le grand sceau de Tofficialité . cette pièce est encore corroborée par les signes et les signatures de l'officiai et des deux notaires Jean Chappuis de Usinens et Jean Choutagnie de Cliambéri. Officiante du décanat de Savoie sous Laurent Allamand I. 1510 - ISlti. Sceau rond de 26 millim. Type : Écu aux armes de la famille du Prélat de gueules seme de fleurs de lys d'or, à la bande d'argent hrochant sur le fout (4) surmonté d'une mitre et appuyé contre une crosse mise en pai dont le sommet s'élève au dessus de la mitre. Ldgende. En gotliique cursive: Caiircntiutì 2lllonionòi . Planche VI, fig. n" 87. Ce sceau est imprimé sur ciré rouge au fond d'une boite cylindrique en fer blanc et pend par des cordons de soie orange au bas d'un vidimus du contrat de mariage du Prince de Piémont avec la fiUe ainée du roi de Chypre du 9 Aoùt 1421 (5). (1) Archiv. du Royaume - Duchi' de Genevois - Paquet 10, u 5. (2) Nous avons trouvé, à Chambiéri , gravós en caractères gothiques , autour d'un bénitier , les noms d'un Johannes Verromesij de la méme famille piobablement que notre Officiai et donateur da ce bénitier, qui était dans la cour du meuuier Collorab au boeage, lorsque nous avons relevé cette inscription, il y a quelques années. (3] Archiv. Municipales de Chambéri - N" 28 de l'ancien inventaire, tiroir B, n" 5. (4) Chorier, Hist. du Dauphiné. (5) Ce Prince de Piémont, du nom d'Amédée, mourut en 1431 avant son pére Amédée Vili , et alors son frère Louis devint Prince de Piémont. 292 blGILLOGlìArHIE DE LA SAVOIE SCEAl'X RELIGIETX Le vidimus autlicntiqué il Cliambc'-ri par Guillerme Corterii vicaire . officiai du dé- canat de Savoie poui- l'évèque Laurent AUamand est du 27 Aoùt 1510 (1). Le méme sceau figui-e, mais cette fois dans une boite cylindrique en bois, au bas du vidimus des lettres par lesquelles le comte de Savoie Amedée V accorde à Nantelme seigneui' des Urtières l'oninimode juridiction sur le fief de ce noni en 1296. Le vidimus est authentiqué à Ohambéri le 31 Janvier 1510. L'officiai est Claude Le Bret (2). Laurent I Allamand, d'une puissante famille du Daupliiné, uujourdliui éteinte, a été Evéque de Grenoble de 1485 envirou à 1530. C'est le second Évéque de cette famille que nous avons rencontré: Il y en a encore eu deux autres sur le mème siége; son successeur Laui'ent II Allamand (1530-1561) et plus tard Ennemond Al- lamand (1707-1719). Pierre II Scarron 1632. Sceau ovale de 28 millini. Type: Les armes de la famille de l'Évèque: d'aznr à la bande hretesscr , dans un écu en accolade surmonté d'une couronne de comte et d'un chapeau d'où pen- dent des houppes 1, 2, 1, sans legende. Planche VI, fig. n 88. imprimé sur ciré rouge entre deux papiers et perni par une bande du velin au bas d'un acte du l" Aviil 1(532 date de l'église S'-Léger de Ohambéri pai- lequel la tonsure est donnée à un nommé Jaques Arestan fils de feu Francois Arestan et de Marthe Moy, et qui est signé par le secrétaii-e épiscopal Ducouz. On y voit que ce sceau est celui du cabinet de l'Evéque, sigillo ramere nostre, y est-il dit. Le Prélat y prend aussi le titre de doyen du décanat de Savoie uni à perpétuité il l'épiscopat de Grenoble decano decanatus Sahaudie episcopatm nostro perpetuo uniti (3). Pierre Scarron 'X été Évéque de Grenoble du 27 Mars 1621 à 1670. La cou- ronne au dessus de l'écu s'expli(iue par le titre de Prince de Grenoble qua les Evé- ques de cette ville ont pris et porte jusqu'à la revolution. Officiante du Décanat de Savoie. Sons Pierre li Scarron. 1632. Sceau rond de 36 millim. Type: Un écu comme le précédent, aiix armes du Prélat, surmonté d'une mitre et d'une Grosse, au dessous, deux branches de laurier. Gros gi-énetis en place de la legende. Planche VI, fig. n» 89. Sceau en placard sur ciré rouge couverte de papier, au bas d'une circulaire de l'officiai du diocèse de Grenoble dans le décanat de Savoie Jean Vissol, datée de (i) Archiv. du Royaume - Mariages - Paquet 10. (2) Ibid. » 1. (3) Coli. F. Rabut. l'AK A. DIFOUR ET F. RABUT 293 Chambéri le Septembre 1632 (1). Cette circulaire adressée aux curés àia sollici- tation du Cardinal Maurice de Savoie a pom- objet de faire avertir le peuple aux offices, que tous ceux qui ont ou qui savent où se trouvent des titres et des con- trats relatifs aux abbayes d'Aulps et d'Abondance, appartenans au Cardinal, aient à les restituer. On sait que le cardinal Maurice était abbé de ces deux maisons et qu'il se démit de ces abbayes poui' se marier avec sa nièce Louise sceur du due Charles Emmanuel II (2). Officiante du Décanat de Savoie. Sous Enncmond Aììamand. 1728. Sceau ovale de 32 millim. Type : Les armes des AUamand dans un écu ovale surmonté d'une couronne ducale accostée d'une mitre et d'une crosse et supportò par des arabesques. Cbapeau et houppes d'Archévèque. Legende : ENNEMONDVS ALLEMAND EP^ ET PRINCEPS CRATIAN^ Planche VI, fig. n" 90. Ce sceau a été mis par l'officiai Deville le 5 Décembre 1712 à Chambéri au bas de la légalisation de la signature du chantre et chanoine de la S'^-Chapelle. Mar- tini, qui avait expédié un extrait de baptOnie dn sieur Charles Henri Salteur fils de Philibert Salteur M" de Samoens et de dame Louise de Loche né le 20 Juillet 1704. Cette pièce figure panni les pièces jointes à la présentation faite par le roi Victor Amédée au Pape pour faire pourvoii* le jeune Charles Henri Salteur de l'abbaye de N. D. de Sixt en Fancigny (3). L'évèque Knncinond Allamand se servait d'une sceau tout-A,-fait semblable au précédent, seulement do plus grande dimension (45 niill. au lieu de 33); nous l'avons vù sur plusieurs actes (4). F. ÉVÉQUES DE BELLEY. Jean II. 1255. Sceau ogival de 50 millim. 2"ype: Le Prélat debout, mitre, revétu de la chasuble en pointe. et du pallium bénissant de la main droite et tenant de la gauche une crosse tournée en dedans. (lì Archiv. de l'Économat general • Abbaia de S'-Michel - Paquet i. |2) Voyez le Cardinal Maurice de Savoie, pag. 5. (3) Archiv. du Ro'jaume - Abbave de Sixt - Paquet 1, n» 16. (4) Coli. F. Rabut. 294 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEALX KEI.IGIEI'X Legende. En capitales gothiques: S • lOhlS ■ €PISCO B€LLIC€NSIS . Planche VI, fig. u" 9). Ce sceau en ciré jaune pend par une bande de parchcmin au bas de l'acte de donation par le comte Philippe de Savoie et de Bourgogne d'une dot à Béatrix sa nièce, la grand Dauphine, fillo de Pierre II en 1208 le uiercredi avant la fete des Ss. Simon et Judes (1). L'Évéque est intervenu il cet acte avec Lambert abbé d"Haute- combe et tous les deux y ont fait mettre leur sceau. Nous avons aussi vù ce sceau au bas d'une donation faite par Pieire Bouvier sire de Chàlons il Béatrix fille d'Amódée IV qu'il va cpouser, la mème année 12G8 (2). La tradition rapporto que Tévèché de Nyons a étó transporté à Belley. où la sèrie des Prélats commence vers 412 (3). Cet évèché dépendait de la province ecclé- siastique de Besan^on et s'étendait avant la revolution en partie sur le territoire du Hoyaume de Franco, et partie sur le Duché de Savoie, savoir : sur la portion com- prise entre la rive gauche du Rhóne et la rive droite du Guiers. à l'ouest: le lai' du Boui'get et la chaiue de montagne (jui s'étend du nord au sud depuis ce lac vers le Mont-du-Chat jusqu'au Guiers, il l'est. Les principales paroisses en étaient S'-Jean de Chevelu, Yenne, Verthemex, S'-Genix, Novalaise. Nances, Lépin, Aiguebellette. La Bridoire, La Banche, Pont de Beauvoisiu, etc. La plus grande partie de ce petit évéché s'étendait d'ailleurs sur la Eresse, le Valromey, le Bugey qui ont appartenu pendant environ trois siècles à la liaison de Savoie avant le traité de Lyon de 1601. Voilà pourquoi nous voyons souvent les Evèques de Belley intervenir dans les actes officiels de la famille des Comtes et des Dues de Savoie. Jean II est Évèque de Belley en 1255. Cette année là, il prononce avec d'au- trcs arbitres une sentence relative à la succession de Thomas de Savoie (4). En 1258 ( Décembre ) il transige avec Humbert abbé de S'-Oyen , relativement à l'église de Virieu. Nous 1 "avons vù inteiTenir en 1268 aux mariagcs de la princesse Béatrix fille de Pien-e II avec le dauphin Guigue VII . et de Béatrix la jeune , dite Con- tesson, avec Pien-e de Clullon. 11 scelle encore le testament du comte Pierre. Enfin en 1269, il appose son sceau à un acte passe entre le comte Philippe et la Com- tesse de Savoie (5). On ignoro à quelle famille appartenait ce Prélat. Berlion II d'Amesin ali(i>i Werlio. 1273. Sceau ogival de 59 millim. Typc : Le Prélat debout sur une console ornée de larges feuilles . tient de la main droite une eresse et de la main gauche un livie appuyé contre sa poitrine. (1) Archiv. du Roi/aume - Mariages - Paquet 2, n" 2. (2, Ibid. « 2, n" 6. (3) (ialHa Christiana, tom. XV. (4) Monum. hist. palr. chartarum, tom, li, pag. 1521. (5) Gallia Christiana. l'AK A. DlFOri; ET F. RABIT 295 Dans le tliamp , à droite de l'Évéque , une rose et à. gauclie une fleur de lys héraldique. Legende : S • B€ -LIONIS • €PI : B€LLIC€N . Sif/illiini Bfrlianis episcopi Bellicensis. Planche VI, fig. n" 92. Ce sceau de ciré pend par une doublé bande de parchemin à un vidimus du mois d'Aoùt 1273 de l'acte de fidélité et hommage prete le 16 Juin 1263 par An- thelme seignem- de Miolan au conite Philippe de Savoie (1). Les deux petits types accessoires de ce sceau ne sont pas . comme on pourrait le croire, des meubles de l'écu de la Pamille du Prélat. La famille savoisienne d'Amesin cu d'Ameysin portait en effet (Varyent à la bande de gueule cìiargée de trois coquilles d'or (2), on peut y voir plutót des emblèmes religieux. hi rose ììiystique et le hjs de la calice. Amesin est le noni d'un hameau ile la ville de Yenne qui a donne son nom à catte famille illustre aux 13' et 14' siècles. Berliou est dono un Prélat savoyard. Guichenon et l'auteur do la (iallia citrìstiana ne sont pas d'accord sur le rang clu-onologi(jue de ce Prélat. Ce dernior reproche à Guichenon d'avoir niis Bernard V après Berliou li ; il inet au contraire Berlion II après Bernard V, et il est dans le vrai. Voici d'ailleurs les dates certaines quo nous avons trouvées pour ce personnage. De 1264 à 1268, Berlion d'Amesin était chanoine de Vienne et fut procureur du comte de Savoie Pierre II. En 1268, il fut l'exécuteur testamentaire de ce Prince mort cette année là. (8). On trouve Berlion dójà Kvé(iue de Belley en 1272 d"après Guichenon et la Gallia clirisUana; nous le voyons signor un vidimus en 1273; il figure encore en 1280 dans une charte publiée dans les Monumenta hisit. patriae (4). La méme année, 1280, Gui- chenon traduit ])ar A\'illaume les doubles \\ dans lesquels l'auteur de la Gallia re- connait plus ju-stoment les initiales de Werlion ou Berlion, ce que corrobore la charte des Monumenta. Guichenon lo retrouvc encore en 1282. Tout cela nous permet d'étre déjà sur de la duróo de l'épiscopat de Berlion, 1272 à 1282 et méme probablement à 1285, date de l'avénement de son successeur. Pierre III de la Beaume. 1290-1297. Sceau ogival de 50 millim. Type : L'Évéque debout bénit et tient la crosse .- à droite une étoile à plusieurs rais et à gauche un croissant (le soleil et la lune). J] Archif. du Royaume - Savoie - Miolan - Paqnet fl4, n» 2. (2) A. De Foras, Armorial et nobil. de Savoie. (3) WiiRSTEMBERGER, Hist. du comte Pierre de Havoie. (4) Charlarum, tom. 1 , pag. 1527. 296 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX KELIGIEVX Legende: En capitales gothiques: + S ■ P6TR1 ■ D€l • GRA • €PI ■ B€LLIC€N • Sigillmn Pctri Dei gratta Episcopi Bcììiccnsis. Planche VII , fig. n° 9:1 Ce sceau en cii'e rouge perni par une doublé tresso de soie de la raéme cou- leui- à un acte du 31 Janvier 1297. Le Prélat , comme délégué du Pape, confirme le patronage de l'église de S'^-Cathérine d'Aiguebelle au Due de Savoie (1). Nous ne savons à laquelle des nombreuses familles de la Beaume ou Baume ou Balme rattaclier nòtre Evé(iue. 11 y a cependant quclques présomptions . il raison de la localitó , cn faveui- de la famille de la Baume en Vali'omcy dont le plus ancien représentant connu est un Humbert mort avant 1306 et qui poiuTait avoir été le frère du Prélat dont le prénom Pierre est porte par un des fils (2). Pierre III a siégé de 1285 à 1298. Il avait pris parti en 1287 pour l'évèque de Genève Guillaume qui accusait le Comte de Savoie do ravager ses terres, et qui s'opposait à ce que le Comte mit le pied dans Genève pour y exercer les droits du Comte de Genevois. Il mit fin en 1200 à des dissentiments qui existaient entre les Comtes de Savoie et les Evèques de Belley à propos de juiidiction sur Kos- sillon et Belley, et paya au Comte 100 livres viennoises con tre quelques coucessions que lui fit ce Prince (3). La móme annèe 1290, ce fut en sa présence que la prin- cesse Marguerite renouga en faveur de son pére Amedeo V à un legs de iJOOO livres viennoises que lui avait fait sa mère Sybille de Baugé, le 6 Janvier. Thomas II. 1310. Sceau ogival de 50 millim. Typc : Meme type que le précédent. sauf que le Prélat tient la crosse oblique- ment devant lui et que le fond du sceau est couvert d'un treillage avec un point dans les vides. Legende : HI- S • ThOMe • Dei • G LIC6NSIS • ePI • ■ • Sigillmn l'/ionie Dei gratia BcUicensis Episcopi. Notous que le petit sautoii- qui termine la legende entro deux points n'est pas une lettre, mais un simple ornement, peut ótre un meublé des armes de la famille du Prélat. Planche VI , fig. n" 91. Ce sceau d'un élégaut dessin pcnd par deux tresses de soie au bas du vidimus d'un acte de donation par Marguerite de Savoie marciuise de Montferrat au comte |)) Archives du Royaume - FJónéfìces delà les monts - Paquet 1, n" 4. (2) A. De Foras - Armorint et nobil. de Savoie. (3) Oaltia Christiana, toni. XV. Paris, 1860. PAR A. DUFOrB ET F. RABIT 297 Amédée V son pere d'une somme de six mille livres viemioises que sa mère Sybille de Baugé. la première femme du Comte. lui avait légué par son testament. La dona- tion est du G Janvier 1290 : Le vidiraus scellé par l'évèque Thomas II est du mois de Décembre 1310 (1). L'évèque Thomas II était inconnu à Guichenon et aux frères de S"'-Marthe. La Gaìlia Christiana le signale comme ayant prète foi à son métropolitain l'archevèque de Besan^on Hugon, le 22 Janvier {XI lìes Kalendcs de FiUrirr) 1309. L"acte ou pend notre sceau constate son existence à la fin de l'année 1310. Le martjTologe des Bènèdictins de Nantua donne le jour de sa mort le 19 Avril XIII Cai. wnii Thomas episcopiis hellicensis dr Congregationr nostra et nous apprend en mème temps qu'il avait été religieux de Tordre de S'-Bénoit. L'année n'est pas indiquée. comme dans la plupart des obituaires, mais ce ne peut étre plutòt que l'année 1311. Son suc- cesseur Jaques de S'- André siége de 1325 à 134(3. Guillerme III. 1432. Sceau ogival de 62 millim. Type: Deux niches en style ogival de dimen^iions et d'ornementations diverses : au dessus de leurs clochetons une sorte de fronton commun aux deux niches et surmont»'^ d'une croix tréflée. Dans la niche de droite, la Vierge debout. tenant l'enfant Jésu ; dans la niclie de gauche un S'-Jean Baptiste dobout. tenant un agneau. Au dessous de la niche de droite, un écu ogival dont Ics meubles sout un pan de mur pose en fasce ajouré d'une porte et accompagni en chef de deux roses et en pointe d'une étoile. Au dessous de la niche de gauche, un personnage agenouillé, nù tète, les mains jointes, dont la robe coupé la legende. Le tout d'un mauvais dessin ainsi que la legende, en minuscules gothiques, très-barbare. Legende : tì . tUulUfrmi bflicfntìiij rpi . L'S est renversé , la legende est terminée par un rameau. Pianelle VII, fig. q" 93. Sceau de ciré jaune enfermé dans une boite de mème forme en fer-blanc et pendu par un cordon de soie rouge à la transaction passée entro le Due de Savoie et les Prélats de Tareutaise. de Maurienne, de Belley et d'Aoste (2), sur des contestations relatives à leurs juridictions. le 16 Janvier 1432. Cet acte a été publié par Besson, au n° 99 des prcuves de ses Memoires poiir l'histoire eccle'siastique. L'évèque Guillaume Didier a siégé de 1430 à 1437. Il a été témoin. dans la charte d' Amédée Vili relatives à la reconstruction des murailles d'Évian. A quelle (1) Archie. du lio'/fiums - Testaments - Paq'iet I, n" 22. (2; .)ean de Bertrand; Aimon Cierbaix; iìiillaume Didier et Ogier Morisetti, Serie II. Tom. XXXIV . 38 298 SIGJLLOGRAPHIE DE I.A SAVOIE SCEAUX REI.IGIEIX famille Didier appartenait-il ? Il y a eu plusieurs familles nobles de ce noni en Champagne , en Maurienne , en Val d'Aoste et ailleurs , mais leur blason n'est pas ■> Proiitaiit de ce moment, je sautai à bas de la voiture et me jetai, pour in'y » cacher . dans un fosse plein d'eau que j'aper^u il qiielque pas au bord de la » route. Bientòt j'entendis (Quelques coups de pistolet, le roulement des voitures qui » s'éloignaient, puis un va et vient des voleurs qui avaient remarqué ma disparition '■> et qui proféraient contre moi, en me chercliant. les plus atroces menaces. Au bout » de quelques instants , ne voyant, ni n'entendant jdus personne , je sortis de ma » cachette et me dirigeai à pied sur Milan, où je retrouvai sains et saufs tous mes » compagnons ». Le Pape, instruit du fait, réunit son conseil (jui, le 9 Avril, rendit une sentence favorable à l'al)bé de Sales. On sait qu'il fut sacre Evéque d'Aoste le 23 Avril 1741. Jean-Baptiste-Marie Aubriot de la Palme. (18UI-1823). Cachet ovale de 24 millirn. Type: Armes de la famille du Prélat, d'arycnt à deux x)ahni-s de sinopie pas- sres cu sautoir 6 aus , consacrò à Turin le 1 1 Juillet . il y préta serment le lendemain, et prit possession le 30 Juillet de la méme annéc. Quatre ans plus tard, le 20 Juillet 1823. il renon^a à l'épiscopat et se retira à Chambéri où il mourut en 182(), le 8 Février. Les armes des la Palme sont quelquefois blasonnées comme suit : coupé d'azur un casquc d'urgent pose de face et d'argent à dettx branchcs de imlmier de sinopie passées en sautoir et chargées d'une couronne de ìaurier de niènie (1). C'est sans doute cotte exprossion chargée , au liou de sumiontée , qui a fait représenter dans l'armorial et nobiliah-e de M. A. de Foras. cette couronne comme entrelacée dans les deux branches de palmier, ce qui est d'un joli aspect, comme dessin, mais contredit par le petit raonument que nous publions. La couronne de comte rappelle le titre de comte de Cogne que portaient les évèques d'Aoste. André Jourdain. (1832-185...) Sceau rond de 37 millim. Type : Armes de l' Évéque: de sabìe à In bande onde'e d'argent, accompagnee de deux palmiers de sinopie sur une ferrasse de niéme, dans un cartouche surmontc des omemens ordinaires : couronne de comte, mitre, crosse , croix et chapeau A houppes. Legende : «j ANDREAS JOVRDAIN EPISCOPVS AVGVSTENSIS ET COMES CO ■ . . [Cognie] Plancho \|l, fifr. n" 101. D'après une empreinte communitjuée par M' le chanoine Bérard. On y Toit que le Prélat prend son titre de comte de la vallèe de Cogne sur laquelle ses prédécesseui-s (I; Archiv. de l'Ècmwmat. VAR A. DIFOUK ET F. RABUT 303 avant la revolution et dès le 13*^ siede avaient une autorité < jxx rf tìoììiiuluni ) égale à celle des princes dans leurs Btats. Mgr. Jourdain a été évéque d'Aoste de 1832 à 1859. Il est né à Notre Dame du Villars en Mauiienne en 1780. Las armes qu'il a choisies sont des armes parlantes: la bande ondée figurant le fleuve Jourdain comme dans les armes de Sallanche , où le chevron onde figure le confluent des deux Sallanches. Son portrait a été li- thographié à Chambéri par le peintre Guille. Mgr. Joui'dain était commandeur de rOrdre des Ss. Maurice et Lazare. Il est mort à Aoste le 29 Mai 1859. ti. ÉVÈQUES DE LAUSANNE. Guillaume de Champvent. 1293. Sceau ogival de 50 niillini. Typc: Le Prélat debout , bénissant et tenant la eresse, accoste d'un croissant et d'une étoile à six i-ais (soleil). , Legende : VILLERfni ■ DEI . C . €P1 LAVSA SiijiUiiiii Vilìifiiii Jhi f/riit/d Kpiìicopi Lduttdììììeììsix. Planchfi VIF, fig. ii" 102. Ce sceau en ciré jaunc^ pend \)a\- une doublé l)ande du parchemin à un com- promis fait entre les comtes Amédée de Savoie et Amédée de Genevois il propos du nbàteau de Genève, en présencc de Guillaume évéque de Lausanne et de Aymon de Quart prévót de Lausanne et précenteur de la grande église de Lyon, le 10 X'""' 1293 à Aix (1). Cet acte a été publié par la Société d'histoire et d'arcbéologie de Genève dans le VILI volume de ses mémoires. ainsi (lu'uii autre acte du 30 Décembre 1287 auquel il se réfère (pag. 257 et 272). Les lOvéques de Lausanne jìarvinrent de benne lieure à relever directement de l'Empereur et pour conserver lem- indépendance. ils contìaient l'avouerie à des seigueurs voisins qui étaient leurs protecteurs . tels que les (Jomtes de Genève , les Ducs de Zceringen, les Seigneurs de Faucigny etc. ; apròs une ({uerelle avec le Sire de Fau- cigny, l'Evéque raclieta l'avouerie en 122(5. Mais alors la lutto s'engagea avec les princes de la Maison de Savoie qui possódaient dès le 13' siècle la plus grande partie des terres du pays de Vaud. Ces terres sont domiées en apanage à Louis de Vaud frère d'Amédée V, mais elles sont raclietées et rentrent dans les domaines de la branche ainée en 1359. Dès 1200, l'évéque Jean accepte la ju-otection du comte Pierre et lui cède la moitié du pouvoir temporel. Ces conditions furent renouvellées en 131tì et 1343 et (1) Archiv. du Royaume - Duchi' de Genevois - Paquet 2, n" i\ et Genève, )fr" catég" • Paquet 5, n" 3. 304 SIGILLOGRAPHIE DE l.\ SAVOIE SCEAIX RELIGIEl X pendant plus de deux siècles nous sommes , à Lausanne , sui- teiTe savoyarde. Nous trouvons, pendant ce temps, les Évéques de Lausanne mélés aux affaires des Comtes de Savoie. C'est pourquoi nous raettons ici les sceaux de trois Evèques de cotte période. Guillaume a occupò le siége de Lausanne de 1273 à 1300. Il obtient en 12SHÌ une charte de lempereur Albert qui défend à Louis de Savoie de continuer à frapper des monnoies semblables à celles de l'Évéque de Lausanne (1). Pierre d'Oron. 131(J. Sceau ogival de 67 millim. Typn: Le Prélat debout bénissant et tenant la eresse tournée en dehoi-s. Legende : S ■ P€TRI : D€l : GR : €PI : LAVSANEN • l'ianche VII, fìg. n° 1(«. Ce sceau en ciré noire pend par deux bandes du parchemin à un traité d"alliance ou de confédération forme au mois d'Avril 1316 entro Guillaume comte de Genève, Girard évèciue de Bàie et Pierre évéque de Lausanne contro Louis de Savoie seigneur de Vaud, auquel ils réclamaient certains droits dont ils l'accusaient de s'étre eraparé sui" leurs domaines (2). Nous croyons inédit cet acte qui a été signalé dans les tableaux chronologiques de Cibrario et dans le régeste de la Suisse Komande. Au dos de ce sceau est empreint un contrescel de petite dimension et de forme ronde. Type: Le chàteau que l'on voit sur les monnoies épiscopales de Lausanne, ou plutót le sommet d'un éditìce religieux surmonté d'une croix pattée , au dessus de laquelle se trouve uno autre croix semblable . (jui pourrait bien n'étre là quo pour marquer le commencement de la legende. Legende : 4- S • AIMONIS Secr ef Hill Aìììiov/s. Pianelle Vii, fig. n" )U-t. Quel est cet Aimon dont le uom figure sur ce contre-sceau ? Est-ce colui du prcvòt de Lausanne, Aimon du Quart. t[uc nous avons vu figurer dans l'acte de 1293, au bas duquel pend le sceau de Guillaume ile Champvent ? Mais il ùtait devenu Evèque de Genève en 1304 et il était mort en 1311! Serait-ce alors un de ses sceaux reste à l'évéclié de Lausanne et dont l'évéque PieiTe se sei-vait comme contre-sceau ? Nous ne pouvons trancher la question. Pierre d'Oron a occui)é le siége épiscopal de Lausanne de 1313 à 1323. (1' Mémoircs de la Suisse liomande, tome VII, pag. 75. (2) Archiv. du Roi/aume - Duché de Gonevois - Paquet 4, a" PAK A. DUFOUR ET F. RABUT 305 Jean de Rossillon. (1335-1341). Sceau ogiva] de G8 millim. Type : Trois niches surmontées de clochetons artistement enchevètrés , occupent les deux tiers du sceau: dans celle du milieu, plus grande que les autres, et ogivale, la Vierge debout tenant l'enfant Jesus ; dans les niches latérales à plein cintre , on voit à droite un Saint qui tient deux clefs (S'-Pierre) et à gauche un Saint qui tient devant lui un attribut difficile à déterminer , peut-étre un agneau ( S'-Jean ) ? Dans le tiers inférieur du sceau , on voit au milieu le Prélat agenouillé , mitre et Grosse. Dans une niche à plein cintre, surbaissé et de chaque coté un écu ogival dont le meublé est une croix pleine (armes des Rossillon ) de sable à la croix d'argnit. Legende. En capitales gothiques : S-IOlilS MISERATIONE D A . EPISCOPI LAVSAN . Siglllum Jolumnis miseratione Divina Episcopi Lausannensis. Pianelle VII, fig. u« 105. Le médailler du Roi à Turi» possedè deux exemplaires de ce sceau, qui sont détachés des chartes c^uils authentiquaient et tous les deux ont au revers un contrescel différent. L'un d'eux en ciré verte pendait par des cordons de soie rouge. Son contrescel anépigraphe a pour type un sautoir cantonné de quatre feuillcs de tre'fle et chnrgé au centre d'une rose. Planche VII, fig. n" loti. L'autre pendait à une bande du velin. Son contresceau porte les quatre lettres ORBA disposées en croix avec un jioint au centre. Planche VII, fig. n" 107. Orba, est le nom d'une ville ancienne du pays de Vaud ; Orbe, qui a appartenu à la Maison de Savoie et qui est situé sur une rivière du méme nom. /. ÉYÉQUES DE PIGNEROL. Jean Baptiste d'Orlìé. 1749. Sceau rond de 50 millim. Type: Ai'mes de la famille du Prélat d'or à l'ours leve en pied de sable {1} , alias à l'ours accroupi de sable (2), mais avec un détail de plus, un collier au cou de l'ours, dans un cartouche ayant poui- supports deux ours également accolés, avec les ornemens épiscopaux ordinaires, couronne ducale, mitre, crosse et chapeau. (1) Menétrier, Nouvelle meihode raisonné du blason. (2) Besson ; - Archiv. de la Chambre, Blason. Serie II. Tom. XXXIV. 39 306 SIOILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAIX RELIGIEUX Légeììdf : * JOHANNES • BAPT • EPISC • PINEROLIENSIS • ET ■ PREPOS • VLTIENSIS • Planche VII, fig. n° 108. L'actp. où se trouve plaqué ce sccau nous a été communiqué par labbé Caffarati cure de l'abbaye près Pignerol. La famille d'Orlié de S'-Innocent est une des anciennes familles de la Savoie qui n'est pas encore éteinte. Elle a donne plusieurs fonctionnaires à l'Etat et à lEglise. Jean Baptiste nacquit à Chambéri en 1709; il fut dii-ecteur de la Superga et premier Évéque de Pignerol en 1749. Nòtre sceau noua apprend qu'il fut aussi prévòt d'Oulx. Il mourut en 1795 dans un àge très-avancé. Ses inandements ont été recueilUs et publiés en un volume in-S" par les frères Reycend à Turin. K. ÉYÉQUES DE DIE. Amédée de Genève. 1256. Sceau ogival de 45 millim. Typc: Prélat debout bénissant et tenant la crosse tournée en dedans. Legende : JL. S • AM€D€I • DieNSIS • €PI • Pianelle VII, fig. n" 109. Sceau en ciré noire. pendant par une doublé attaché de fil à l'acte de donation, faite par Agnès comtesse de Genève à son fils Rodolphc, du cliàteau de Cornillon, etc. du 5 Octobre (8 nonas Oct.) 1256, acte où le Prélat, parent des parties, est témoin avec le prieur de Talloires et le prieur de Pomier qui y ont aussi mis leurs sceaux (1). L'évéque Amédée était fils de Guillaume II, comte de Genevois et de Alix de la Tour du Pin qui cèda à son fils, frère ainé de rJJvéque, le comte Rodolphe, le chàteau de Cornillon, le territoirc du Bornant, le fief de Duing et ses droits sur la vallèe et les nobles des Clès et sur le Sénéclial d'Anneci, le tout contre une somme de cent marcs dargent. Cette donation a été publiée dans les mémoires de la Société d'histoire et d'archeologie de Genève (2). Amédée de Genevois avait été chanoine de Lausanne en 1239, prévòt de Lausanne en 1247, évèque de Die en 1251 jusqu'à sa mort. arrivée en 1275. L'évéché de Die (Dea vocontiorum) passe pour un des plus anciens de la Gaule. 11 fut réuni à celui de Valence en 1276, mais il en fut séparé en 1687; et sup- primé en 1790. Nous avons trouvé un autre sceau de l'évr-quc Amédée, de la fin de son èpiscopat, différent un peu du premier par la legende et par le dessin du type. (1) Architi, du, Royaume - Ducbó de Genevois - Paqust 1, n" i3. (2) Tome XIV, pag. 389. PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 301 Flanche VII, fig. n" llu. 11 pend par une tresse assez large de fil vert au testament du Prélat qui fait héritier son neveu le comte Aimon li, à la date du 21 Janyier 1275, l'année de sa mort. L'évèque de Valence, Amédée de Koussillon, met aussi son sceau à cet acte (1). Le sceau de l'Evéque de Die porte au revers un joli contre-sceau de forme ronde. Type: Buste du Prélat mitre accompagné d'un croissant et d'une étoile. Legende : A S- S€CR€TI • epi DVeN • Siy illuni secreti Episcopi Dyensis. Pianelle VII, fig. n" MI. Le testament d'Amédée de Genevois a été publié par la Société d'histoii'e et d'archeologie de Genève, Tome XIV, pag. 40.5. Jean II de Genève évéque de 'Valence et de Die. 1287. Sceau ogival de 67 millim. Type : Le Prélat debout. bénissant et teuant Li eresse touniée en déhors. Legende : SFRIS- lOhlS ■ D S- €•• VALENTIN • €PI • Sigìllum Fratris Johannis Diensis H Valentinensis Episcopi. Flanche VII, fig. n" 112. Pend en ciré jaune par deux baiules du parcliemin à l'acte du 22 Novembre 1287, date d'Annemasse, par lequel le comte de Genève Amédée 11 promet de défendre le comte de Savoie et de lui ètre fidèle , et donne pour garant de cette promesse son frère Jean évéque de Die et de Valence, l'Archevèque de Vienne et les Evéques de Langres et de Lausanne (2). Cet acte a été èdite par la Société d'hist. et d'archéol. de Genève avec deux autres signés le mème jour , au mème lieu , cntre les mèmes parties, qui terminaient ainsi leurs querelles (3). L'évèque Jean était lils du comte Rodolphe dont nous avons parie précédemment et de d."" Marie de Coligni. il est signalé en 1280 comme abbé du monastèro de S'-Seine (Còte d'Or). 11 figure en cette quaUté dans le testament de son frère Aimon li dont il est un des exécuteurs testamentaires. L'évécbé de Die ayaut été réuni en 1270 à celui de Valence cette année, Amédée I de Roussilloti et ses successeurs portent le titre d'évéques de Valence et de Die. Jean li de Genève fut évéque de 1283 à 1297. (1) Mais ce sceau, de grande dimension, est en très-mauvais état. (2) Arehiv du Roi/aume - Duché de Genevois - Paquet 2, n° 6. (3^ Regeste Genevois - Llllin et Lepori. 308 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX. L. ÉVÉQUES DE HEREFORT Pierre d'Aigueblanche. 1251. Sceau ogival de 80 millim. Type: L'Évèque debout, sur une console ornée de feuilles, bénit et tient la eresse; sa chasuble est fermée par une grosse agrafe ; de chaque coté du Prélat une tète humaiiie dans un entourage ou cadre à huit lobes inégaux. Au dessous de celle de droite, un objet qu'on ne peut déterminer, et au dessous de celle de gauche une fleur de lys héraldique. Legende. En capitales gothiques : . . . €TRVS 1 : GRACIA : HeR€FORD€NSlS : 6PISCOP • Petrus Dei grada Herefordensis Episcoptis. Planche VII. fig. n" 113. Ce sceau en ciré jaune pend i)ar une bande du velin à lacte que nous ayons déjà signalé en parlant du sceau d'Aimon II de Grandson évéque de Genève. Les deux Prélats ont scellé cette cession d'Aimon de Faucigny à sa fille Agnès et à son mai'i Pierre de Savoie de toutes ses terres. Acte qui a été souvent publié, par Guichenon, dans les Monumenta storiae pafriac et par Wurstemberger. Pierre d'Aigueblanche, évcquc d"Herefort, chef-lieu du comté de ce noni, sur la Wye, revint mourir dans sa patrie. Il avait fonde à Aiguebelle la collegiale de S'^-Catherine en 1254. Cette collegiale comprenait 13 chanoines, 4 diacres, 4 sous- diacres et 14 bénéficiers. Il mourut à Aiguebelle en 1269 et y fut enseveli dans un magnifique tombcau en bronze avec cette inscription : Hic Jacet V. Pater D. Petrus Herfordiensis episcopus fimdator et dotntor Inijus ecclesie qui obiit quarto Kal. decembris (28 O'"'") 12r)0. Hoc opus fecit Henricus de Colonia. Pierre d'Aigueblanche avait été chanoine de Genève; il avait applique à l'oeuvi-e de la collegiale d'Aiguebelle de nombreux biens qu'il avait acquis en Savoie et des maisons qu'il possédait à Lyon et à Paris. Il donna par testamcnt le droit de pa- tronage à son neveu Ayméric de Brian^on. 309 TABLE Introduction Pag. 217 I. CLERGÉ SÉCULIER. 1" Cardinaux et Protonotaires apostoliques. Date Page Le cardinal Maurice de Savoie 1627 219 id. Gerdil 1788-1794 220 Le Protonotaire apostolique Robert de Genève 1359 223 id. Philippe de Compey .... 1488 224 id. Tean Orioi 15.. 226 2*> Arcbevéques. A. Archevéques de Tarentaisc. rierluin 1238 228 .. 7 Bertrand de Bertrand 1310-1318 229 » 8 Jean de Bertrand cu Jean IH 1358 230 » 9 .Jean de Bertrand ou Jean V 1432 231 » 10 Joseph de Parpaglia 1568 232 II 11 Jean Francois Berliel, baron du Bourget 1602 233 " 12 Francois .4médée Milliot 1661 235 » 13 Francois Amédée Milliet d'.Vrvillars 1734 236 » 14 Claude Humbert de Roland ou Rolland 1752 237 » lo Gaspard Auguste Laurent de S"-Agnès 1772-1783 238 » 16 Joseph de Montfalcon du Gengle 1785-1793 240 » 17 B. Archevéques de Chambéri. Anloine Martinet 1828-1839 241 .. 18 Vacance du siége de Chambéri 1839-1840 242 » 19 Alexis Billiet 1840-1873 243 » 20 C. Archevéques de Lyon. Philippe de Savoie 1248-1250-1256 244 » 21 Pierre III de Savoie . . 1331 245 » 22 310 SIGILLOGRAPHIE DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX D. Archevéques d Auch. Date Page Plancht Fig. Francois <\e Savoie 1485 246 III 23 E. Arrhevéqties de Turin. Claude de Seyssel 1518 248 » 24-25 Id. 1519 249 » 26 Philibert Milliet 1622 251 » 27 F. Archevéques de Oènes. André Charvaz 1352 252 . 28 3" Évéques. A. Évéques de Maurienne. Aymar 1231 253 » 29 Pierre IV de Guèlis 1272 254 » 30 Aimon I de Miolan 1278 255 ■> 31-32 Aimon II de Miolan 1314 256 » 33 Chapitre de S'-Jean de Maurienne 13U 257 » 34 Aimon III de Gerbaix 1432 258 » 35 Pierre de Lambert 1567-1591 259 » 36 Hercule Berzetti 1658-1686 260 » 37 Francois Hyacinthe Valperga de Masin 1687-1736 260 IV 38 Ignace Dominique Grisella de Rosignan 1741-1756 261 » 39 Charles Filippa de Martiniana 1751-1779 262 » 40 B. Évéques de Genève et d'Anneci. Aymon de Grandson 1251 263 Aimon III de Menlhonay 1268-1273 264 Robert II de Genève 1285 265 Guillaume de Connans 1290 266 Tribunal de ronìcialité de Genève 1290 267 Martin de S'-Germain 1301 267 Aimon de Quart 1305-1308 268 Pierre II de Faucigny 1312-1316-1319-1329 269 Alamand de S'-Jéoire 1346 271 Chapitre de l'église de Genève xv' siede 272 Chapitre de Genève 1317 272 Oflìcialilé du Tribunal de Genève 1419 273 Jean de Bertrand 1411-1413 273 Officiante de l'Évéché de Ginève (Amé de Savoie) .... 1445 275 PAR A. DUFOUR ET F. RABUT 311 Date Page Fianchi Fig. Jean de Savoie 1517 075 „ gj I-'rancois Bachod 1567 276 » 62 Ange Justinien 1576 276 » 63 Claude de dranier 1587 277 » 64 S'-Francois de Sales 1602-1622 278 . 65-6-7 Jean Francois de Sales 1622-1635 279 » 63 Vacance du siége 1637 279 » 69 Juste Guérin -1642 280 » 70 Jean d'Arenthon d'Alex 1673-1676 280 » 71 Michel Gabriel de Rossillon de Bernex 1699 281 » 72 Officiante du diocèse de Genève 1760 282 n 73 Jean Pierre Biord 1764-1785 282 » 74 Claude Francois de Thiollaz 1826 283 VI 75 Pierre Joseph Rey 1833-1842 284 » 76 Louis Renda 1843-1859 284 » 77 Vacance du siége 285 » 78 Officiante de l'Évèché d'Anneci 285 » 79 C. Écéques de Chanìòéri. Michel Conseil 1780-1793 286 » 80 I<1- 286 .. 81 D. Évéques de Moutiers de Tarentaise. Vacance du siége - Chapitre de Moutiers 1336-1838 287 » 82 Jean Francois Marcellin Turinaz 1838-186. 288 » 83 E. Évéques de Grenoble. l-'alcon 1264 288 » 84 Tribunal du Doyen do S'-Andrè xiii' siede 289 » 85 Officiante de Chambéri pour l'Évéque de Grenoble .... 1399 290 » 86 Officialité du Décanal de Savoie (Laurent Allamand) 1510-1516 291 » 87 Pierre II Scarron 1632 292 » 88 Olficialité du Décanat de Savoie (Pierre II Scarron) .... 1632 292 » 89 Id. (Ennemond Allamand) . . 1728 293 » 90 F. Évéques de Belley. Jean II 1255 293 » 91 Berlion II d'Amesin alias Werlio 1273 294 -> » 92 Pierre III de la Beaume 1297 295 » 93 Thomas li 1310 296 » 94 Guillerme III Didier 1432 297 VII 95 312 SIGILLOGRAPHIB DE LA SAVOIE SCEAUX RELIGIEUX G. Évéques d Aoste. Date Page Plancht Fig. Philibert Milliet 1658 298 VII 96 Olficialité du diocèse d'Aoste sous Bally 1690 299 » 97 Francois Amédée Milliet 1699-1727 299 » 98 Pierre Francois de Sales 1774 300 » 99 Jean-Baptiste-Marie Aubriot de la Palme 1819-1823 301 » 100 Andre Jourdain 1832-1859 302 • 101 H. Évéques de Lausanne. Guillaume de Champvent 1293 303 » 102 Pierre d'Oron 1316 304 » 103-4 Jean de Rossillon 1335-1341 305 d 105-7 I. Évéques de Pignerol. Jean Baptisle d'Orlié 1749 305 » 108 K. Évéques de Die. Amédée de Genève 1256 306 » 109-11 Jean II de Genève, évéque de Valence et de Die ... 1287 307 » 112 L. Évéqìies de Herefort Pierre d'Aigueblanche 1251 308 » 113 Cai-dinauji , Praloiwlaues aposf L . irclì('\-iyues l'Iaiu/ic .1. /. N°2 ?WiJ"^ Dti/àur fit\T i^ii.yfl'.'.^UV|.->tiw ^Archevèques FlamÀrn/ N!.14 A.Du/òur n'r^*' ^4r(heìv>. (2) Questi concetti fondamentali del Boncompaqni, come uomo politico, sono ricavati da un pro- gramma politico da lui indirizzato agli elettori di Bettola, allorché anch'egli nel 18(55 per cause che sarebbe qui lungo l'annoverare, ebbe ad essere abbandonato dai suoi antichi elettori. COMMEMORAZIONE DI GIUSEPPE CARLE 327 negli studi della sua gioventù ed in una lunga e meditata esperienza parlamentare. Che se egli quale uomo politico seppe mantenersi sempre coerente a se stesso, se potè apprezzare i fatti contemporanei come se fossero accaduti in altra età, se potè pro- cedere tranquillo e fermo nella propria via senza cercare il plauso e senza lasciarsi vincere dalle amarezze, ciò si deve in parte anche attribuire alla larghezza della sua coltura, che lo pose in condizione di studiare i tempi e il Governo costituzionale da un punto di vista scientifico ed obbiettivo. IV. Fu uno dei caratteri del risorgimento italiano l'essere stato preceduto da un grande e potente lavoro intellettuale. Questo però, a differenza del lavoro eminentemente critico e filosofico che precedette la rivoluzione francese, non si propose unicamente di di- struggere il passato e di ridurre l'uomo alla sua nudità primitiva, ma si propose invece di riedificare questo passato, per ricavare da esso un nuovo ideale per l'awenii-e. Ciò accadde in tutte le regioni d' Italia, ma in modo anche pifi manifesto nel nostro Pie- monte. Questo infatti, che prima aveva una tradizione più d'armi e di guerre che di lettere e d'arti, creò in breve tempo una letteratura maschia e vigorosa come l'aspi- razione nazionale di cui facevasi la interprete, e nutrì nel proprio seno una pleiade di illustri storici e filosofi, che certo costituiva una ricca generazione di uomini grandi per il piccolo paese appiè delle Alpi. Vi fu da una parte un lavoro storico, ora pa- ziente, particolare e minuto, ora invece sintetico e complessivo, diretto ora a racco- gliere il passato glorioso comune a tutte le regioni d' Italia, ed ora ad illustrare In origini e le vicende della Casa di Savoia. Vi fu dall'altra un lavoro filosofico, il quale, dopo aver preso le mosse da altissime questioni metafisiche e psicologiche, crasi pro- posto più tardi di rinnovare una filosofia veramente italiana, ed erasi venuto occu- pando con amore prima dello questioni educative, e più tardi anche delle questioni giuridiche e politiche. I due lavori si vennero in certo modo correggendo e comple- tando l'un l'altro, perchè, mentre la storia richiamava le menti alle tradizioni glo- riose del passato e allo stato l'eale dei fatti, la filosofia si sforzava invece di descrivere l'ideale, al quale si doveva intendere. Di qui il processo lento e graduato della rivolu- zione italiana, la quale mentre fu audace nei suoi propositi di unità e di indipendenza, fu anche custode gelosa della religione, della famiglia e delle altre basi dell'ordinamento sociale, e mentre si dimostrò pertinace nelle proprie aspirazioni liberali, si mantenne tuttavia costantemente fedele alla monarchia, e anziché essere l'opera di una sola classe, fu invece il risultato degli sforzi concordi del patriziato e della borghesia, del Sovrano e del popolo. Fu in questo fermento intellettuale e politico che ebbe a formarsi ed a svolgersi la mente di Carlo Boncompagni. Ingegno vasto e comprensivo, egli si studiò di seguire questo fermento intellettuale in tutte le sue molteplici manifestazioni. Egli tenne dietro fin dal loro apparire alle ardite speculazioni di Vincenzo Gioberti e alle investigazioni 328 l'A VITA E LE OPERE DI CARLO BONCOMPAGNI analitiche e psicologiche di Antonio Rosmini . come pure ebbe una conoscenza pro- fonda delle dottrine del Roma^nosi , cui giovane ancora cercò di esporre e di difendere dalle esagerate accuse . di cui erano state 1" oggetto. Se non che le astratte speculazioni non erano un campo in cui l' ingegno del Boncompagni potesse arrestarsi a lungo senza proporsi uno scopo essenzialmente pratico e sociale. Quindi è che dei varii rami delle scienze filosofiche, egli si compiacque di preferenza in quello che si atteneva alla scienza dell'educazione, e furono soprattutto i libri e gli scritti, che egli pubblicò su tale argomento, che richiamarono sopra di lui gli sguardi, e furono uno dei titoli che lo fecero accogliere fin dal 1841 a membro di questa Accademia. Seguì paiimenti con amore le investigazioni storiche che si facevano per opera soprattutto di quegli insigni che entravano a comporre la R. Deputazione di storia patria, alla quale ebbe pure ad essere ascritto nel 1845. Che anzi in un'epoca, in cui gli studi del Vesme e del Fossati e di altri benemeriti già avevano cercato di recare qualche luce in quelle, che si chiamavano le tenebre del Medio Evo , egli credette pregio dell'opera di ricostruire storicamente la figura pressoché leggendaria di Severino Boezio, studiandone la vita nelle opere di lui, nelle epistole di Cassiodoro e negli altri storici contemporanei. Il suo studio storicamente considerato potrà forse non essere perfetto, ma certo fu nobile l'intento di lui coli istituire una ricerca nuova ed originale sopra quell'illustre cittadino italiano, al quale (per usare le sue parole) non per esagerazione di lode, ma per stretto rigore di verità storica, è dovuto il titolo di ultimo dei Romani (1). Del resto egli non pretese mai al vanto né di filosofo, né di storico nel senso vero della parola : la storia e la filosofia erano per lui le due basi sovra cui dovevano poggiare gli studi giuridici e sociali, che erano quelli a cui lo invitava la propria vocazione. Le sue meditazioni su questi argomenti cominciarono a comparire sotto forma di articoli e di dissertazioni separate negli Annali di Giurisprudenza e in altri Giornali e Riviste di quei tempi. In questi suoi primi lavori egli ora intende allo studio dei rapporti che intercedono fra la morale ed il diritto, ora cerca di determinare le leggi che governano il progresso della civiltà , ed ora si fa ad esporre le più importanti dottrine degli autori contemporanei, come quelle del Romaguosi e quelle di Federico Carlo Di Savigny fondatore della Scuola storica (2). Era questo il periodo in cui studiando le dottrine altrui egli si studiava di giungere a convinzioni proprie, le quali poi comparvero compatte e coordinate fra di loro in un'opera di lunga lena e di grande opportunità pei tempi , che egli non diresse più al piccolo Piemonte , ma (1) Le Sotiiie sulla vita di Severino Boetio e sulla storia dei suoi tempi furono dal Boncompagni lette aU'.Vccademia nell'adunanza del 3 Marzo 1848, e inserite nei volumi delle Memorie; Serie II, Tomo V, pag. 1 a 37. Fra i lavori storici del Boncompagni, in varie biografìe di lui, suole eziandio essere annoverata una Storia della letteratura cristiana negli undici primi secoli ; ma a questo pro- posito il professore Krmanno Ferrerò ha fatto notare a ragione, che tale opera è invece da attribuirsi a Cesare Balbo. Carlo Boncompagni, parole dette da Ermanno Ferrerò nella Scuola di storia moderna deirUnivorsità di Torino il 18 Dicembre 1880. Nota N» 8. (2) Fra i lavori qui accennati meritano soprattutto di essere ricordati gli articoli da lui pubblicati negli Annali di Giurisprudenza intorno al diritto e alle sue reiasioni colla legge morale. Anno III, Tomo VI pag. 06, 406, 506, 613. COMMEMORAZIONE DI GIUSEPPE CARLE 329 all'Italia, intitolandola: Introduzione alla scienza ilei diritto ad uso degli Italiani. È triplice il fondamento sovra cui riposa quest'opera, che, preparata da qualche anno, non potè essere pubblicata per cause di varia natura, che nel 1848. Fu la filosofia che lo guidò a distinguere il dominio del diritto da quello della morale , ancorché fosse sua convinzione profonda che l'ordine giuridico dovesse essere subordinato all'or- dine morale. Fu il meditare sulle storie contemporanee e sulle esigenze della civiltà contemporanea che lo condusse a proclamare che i tempi del dispotismo sotto qual- siasi forma erano finiti , e che i Governi che volevano aver lunga vita dovevano di necessità fondarsi sulla libertà. Fu da ultimo lo studio delle condizioni peculiari del nostro paese, che lo condusse a considerare come suprema necessità di esso, l'indi- pendenza dallo straniero, e come la forma di governo, più acconcia al medesimo, la monarchia rappresentativa. La giustezza dei suoi apprezzamenti e delle sue vedute fu dimostrata dal fatto, che la parte del suo lavoro riguardante l'organismo della mo- narchia rappresentativa, pubblicata separatamente, potè essere considerata come una splendida introduzione a quello Statuto, che largito dal Ke Carlo Alberto doveva poi trasformarsi nella costituzione del Eegno d'Italia. Nel conflitto poi, che allora già cominciavasi a combattere nella scienza del diritto, fra la scuola filosofica e dogmatica da una parte e la scuola storica dall'altra, egli tentò fin d'allora quella conciliazione, che fini più tardi per apparire come una necessità ai fautori dell' una e a quelli dell'altra (1). Le cure della vita pubblica, sopravvenutegli dappoi, arrestarono per qualche tempo le sue pubblicazioni di carattere scientifico, ma non le sue meditazioni sull'argomento. Vi fu alcuno che disse, che nelle prime opere in cui comincia a rivelarsi un ingegno, trovasi per l'ordinario il germe di quelle che verranno dappoi. Ciò in certi confini può affermarsi anche del Bokcompagni , perchè nel libro , di cui sopra ho pailato , trovasi non solo il metodo , ma anche il germe delle dottrine ed idee, che ebbe a svolgere dappoi. In esso infatti già si trova il metodo storico e filosofico che ebbe poi a seguire in tutte le sue trattazioni giuridiche e politiche ; in esso parimenti già occorre il concetto a cui poscia si ispirò in tutti i suoi lavori intorno ai rapporti fra Chiesa e Stato, di conciliare e d'armonizzare la civiltà e la religione ; in esso trovasi pure inculcato il rispetto che devesi alla pubblica opinione e l'obbligo che incombe a tutti gli uomini colti ed onesti di illuminarla e guidarla nei momenti difficili e pericolosi; in esso per ultimo già si trovano delineate le principali basi del reggimento costituzionale, quali sarebbero la distinzione dei poteri sovrani . il contemperamento fra la podestà ereditaria del Sovi-ano e la podestà elettiva dei Parlamenti, la respon- sabilità dei Ministri , la libera professione delle opinioni e i mezzi per impedirne gli abusi. Questi però non erano che i germi, che furono dal Boncompagni sviluppati col (1) « Il merito e l'utilità della dottrina della scuola storica consiste nell'aver richiamata la scienza dalla speculazione astratta dei principii assoluti allo studio positivo ed erudito dei fatti; il suo difetto nel non aver avvertito che siccome i principii ricevono luce dai fatti, così i fatti si debbono illustrare coi principii, dai quali solo procedono le generose dottrine per le quali la scienza è benemerita del- l'umana civiltà •. Introduiione alla sciensa del diritto, pag. 520. Serie II. Tom. XXXIV 42 330 I-A VITA E I.E OPERE DI CARLO BONCOMPAGNI sussidio di nuovi studii e delFesperienza parlamentare. Mentre nei suoi primi lavori egli aveva di preferenza attinto alle dottrine liberali francesi , egli vi aggiunse più tardi uno studio profondo della letteratura politica inglese. Mentre le sue indagini sulle origini delle costituzioni non si spingevano dapprima che alla Grecia ed a Koma, egli da ultimo seguì le investigazioni più recenti sulla organizzazione della società primitiva presso (quella nube di popoli, clie un tempo si comprendevano col nome di an- tico e misterioso Oriente. Di questi suoi nuovi studi ci lasciò uno splendido frammento nella orazione inaugurale per Tapertui-a degli studi universitari nel 1878-79 in cui trattò con gi-ande erudizione e con giovanile entusiasmo del dispotismo in Oriente e (iella libertà in Grecia (1). Infine, se prima i suoi concetti della libertà costitu- zionale e dei rapporti che con-evano fra la civiltà e la religione, fra la Chiesa e lo Stato a lui si presentavano in una generalità astratta , dovettero da lui più tardi essere studiati nelle loro applicazioni concrete. Fu con questo processo, che il suo volume di Introduzione alla scienza del diritto si venne col tempo trasformando nella scienza del dii-itto costituzionale, (juale egli ebbe ad intenderla e ad insegnarla ne" suoi ultimi anni. L'opera sua rimase incompiuta, ma anche quelle parti delle sue lezioni, che furono fatte di pubblica ragione, ci possono porgere un'idea dell'altissimo concetto, che egli erasi formato della propria scienza. Esordiva con una parte filosofica e razionale , che semplice in apparenza , nou cessava però di essere profonda, la quale era diretta a porgere alla gioventù un'idea chiara e precisa del diritto e della costituzione , della libertà individuale e dell'au- torità sociale, dei dii-itti insomma e dei doveri del cittadino di un libero paese. A questa succedeva, ampia e particolareggiata, una esposizione storica della costi- tuzione degli Stati, quale si era svolta nelle dottrine degli autori e quale si era spie- gata nell'ordine dei fatti. Nella esposizione delle dottrine intorno al reggimento degh Stati arrestavasi di preferenza a (luegli autori , che si potevano considerare quali rappresentanti dei sistemi diversi, come Aristotele, San Tommaso d'Aquino, Vico, Montesquieu, Gian Giacomo Rousseau. Pervenuto così ai tempi nostri, poneva particolar cura nello svolgimento della tradizione liberale piemontese, la quale incominciando da Alfieri e venendo fino a Cavour aveva generata e svolta la Costituzione italiana. Sventuratamente questa parte dell'opera sua rimase incompiuta, e le tre lezioni che ci rimasero, di cui una su Vittorio Alfieri e due su Carlo Botta, sono tali da farci sentire vivissimo il desiderio di quelle che le avrebbero seguite. Fu. mentre attendeva a seguire le traccie di questa tradizione nel suo corso di iliritto costituzionale, che egli allai-gando alquanto le proprie ricerche ne ricavò quella Memoria storica su Carlo Botta, che fu pubblicata negli Atti di «luesta Accademia, notevole lavoro psicologico- storico in cui, seguendo il Botta nella sua vita intima e nella parte che egli ebbe negli avvenimenti civili e politici del Piemonte, mentre non dissimula gli cn-ori e le (1) Il discorso, cui qui si accenna, si intitola: L'antico dispotismo orientale e la libertà della Grecia. Fu letto il 4 Novembre 1878 in occasione del solenne riaprimento degli studi, e fu pubblicato nell'Annuario accademico del 1878-79. COMMEMORAZIONE DI GIUSEPPE CARLE 331 illusioni del Botta, ne mette in rilievo le nobili qualità dell'animo , il disinteresse e il patriottismo (1). Del resto, questo genere di storia biogi-afica conveniva miiabilmente alle atti- tudini del BoNCOMPAGNi, come ebbe anche a dimostrarlo di recente, discorrendo no- bilmente ed affettuosamente in questa Accademia della vita e delle opere di Federigo Sclopis , nella quale occasione ebbe a richiamare certi tratti della vita giovanile ed intima di quell'Illustre, che senza di lui sarebbero forse sfuggiti alla storia (2). Per la parte del suo insegnamento poi, che si riferisce alle costituzioni degli Stati quale si era svolta nell' ordine dei fatti, era suo intendimento negli ultimi anni di allargare le sue ricerche all'antichissimo Oriente, per continuarle poi iu Grecia, in Roma, arrestandosi poi di preferenza alle principali costituzioni moderne, ed era suo divisa- mente di comunicare all'Accademia i risultati delle proprie investigazioni. Ferme cosi le basi filosofiche e storiche della propria scienza, faceva infine passaggio alla interpretazione positiva della Costituzione italiana , valendosi in essa del sussidio di una lunga esperienza parlamentare, e delle sue larghe cognizioni intorno alla let- teratura politica inglese (3). Non gli bastarono gli anni a compiere il quadi'o, ma finché gli durò la vita non vi fu anno, in cui non aggiungesse qualche nuovo studio all'opera sua. Fidente nel progi-esso del sapere umano tenne costantemente dietro ai nuovi studi che si vennero facendo intorno alla costituzione degli Stati ; ebbe familiari le opere recenti del Sumner Maine, dello Stubbs , del Lorimer, del Lieber , dell' Erskine-May, del Bluntschli, e, senza tuttavia farsene seguace, volle essere informato di quell'indirizzo positivo e spe- rimentale, che tendeva ad introdursi anche negli studi giuridici e sociali. Questo poi vi ha di notabile in tutte le opere sue, che esse , per ijuauto si esten- dano ad argomenti di natura diversa, sono tuttavia percorse da certi piincipii superiori che ne costituiscono, per dir così, l'anima e lo spirito comune. Questi piincipii sono quelli che costituivano quella fede politica, filosofica e religiosa, a cui egli si mantenne costantemente fedele, e che io non saprei meglio riproduiTe che servendomi delle sue stesse parole : « In religione sono Cristiano Cattolico, ma tengo per fermo che non siano parte di religione ne le consuetudini per cui le persone dei chierici ed i beni che posseggono furono immuni dalla legge dello Stato, nò la sovranità tenitoriale del Papa, ne la (1) Questa memoria storica su Carlo Botta fu letta dal Boncompagni alla Classe di scienze morali, storiche, filologiche nelle adunanze del 20 Gennaio, 3 Febbraio e 17 Marzo 18(57 e pubblicata negli Atti accademici. Voi. II, pag. 177, 259, 377. (2) 11 discorso qui accennato fu dettato dal Bo.ncompagni dietro incarico dell'Accademia, e letto alla medesima nell'adunanza a Classi unite del 22 Maggio 1879. (3) Le parti del corso del Diritto Costituzionale che furono dal Boncompagni fatte di pubblica ragione si riducono alle seguenti: 1" Tre lezioni intorno alla tradizione liberale piemontese, di cui la prima su Vittorio Alfieri e le altre due su Carlo Botta. - 2° Nove lezioni del corso di Diritto Costi- tuzionale da lui dettate nella R. Università di Torino fin dal 1866-67, in cui, dopo aver premesse alcune generali nozioni intorno al diritto e alle costituzioni, prendeva in esame le varie dottrine degli autori intorno alla costituzione degli Stati. - 3° Una prolusione e 24 lezioni del corso di Diritto Costi- tuzionale da lui dettate nella R. Università di Roma nell'anno scolastico 1873-74.-4" E infine 12 le- zioni di interpretazione e di commento allo Statuto italiano desunte dal suo insegnamento in questa Università dal 1874 in poi, la cui pubblicazione non fu intieramente compiuta. 332 lA VITA E I.E OPERE DI CARLO BONCOMPAGNl sua autorità illimitata sulla Cliiesa. In filosofia tengo per quella libertà del pensiero umano, di cui furono iniziatori Galileo in Italia, Bacone da Verulamio in Inghilten-a, Cartesio in Francia. Tengo per fermo non essere logica conseguenza della libertà di coscienza l'opinione di chi voiTcbbe scalzare il Cristianesimo, menomando la fede in Dio. nella legge morale e nella immortalità, quella fede, che le più nobili tilosofie propu- gnaiono e sovra cui riposa ogni ordine morale e civile. In i)olitica voglio sopra ogni cosa la libertà per tutti ; alla repubblica preferisco la monai'chia , come (jucUa che seppe ordinare ad unità le grandi nazioni dell'Europa moderna, e che credo più idonea ad assodare la libertà costituzionale. In Italia non credo altro reggimento accettabile che il monarcato costituzionale della Real Casa di Savoia , la sola intorno a cui la patria nostra abbia potuto ordinarsi ad indipendenza, a libertà, ad unità ». « Ho coscienza del diritto che mi compete di esigere che le mie opinioni siano rispettate. Ho coscienza altresì del dovere di rispettare ogni opinione sincera ed onesta, che sia contralia a quella che io professo. Le opinioni false si vincono con la discus- sione, non coi costringimenti, a cui si debba ricorrere solo quando l'espressione delle opinioni turbi la costituzione di uno Stato che si regge a libertà » (1). Fin qui. Onorandi Colleghi, l' L'omo ha descritto se medesimo colle sue opere, coi suoi scritti, coi suoi discorsi : sia lecito ora al modesto espositore della sua vita di riassumerne il quadro. Se è vero ciò, che qualche filosofo ebbe ad insegnare, che la vita di un uomo equilibrato nelle proprie facoltà può tutta riassumersi e compendiarsi in una idea, che egli cerca poi di incarnare colle azioni e coi fatti, ciò può senza alcun dubbio affer- marsi di Carlo Boncompaoxi. Fu l'idea di una patria italiana, libera ed indijicndente, fedele al proprio Ke ed alla propria religione , che regnò sovi'ana in tutte le azioni della sua vita e che diresse la molteplice operosità di lui. Ispirato dalla medesima Carlo Boncompa(;ni si valse della storia per ricostruire ad ammaestramento dei con- temporanei e dei posteri alcuno splendide figure di cittadini italiani, quali furono quelle di Severino Boezio, di Vittorio Alfieri, di Carlo Botta, di Ferrante Aporti, di Fellegiino Rossi, di Federigo Sclopis ; si giovò della filosofia ])er cooperare alla rigenerazione del popolo italiano mediante l'educazione della infanzia e l'istruzione della gioventù, e si servi infine delle sue meditazioni giuridiche e jiolitiche per sostenere la vittoria della libertà sul dispotismo, e per mantenere intcgi'a e trasmettere alle generazioni venture (juella tradizione liberale, che aveva generata e svolta la costituzione italiana. Fu no- tabile in lui, più che la superiorità preponderante di questa o di (quella facoltà, l'e- quilibrio e l'armonia delle varie facoltà umane, la concordia fra il pensiero e l'azione, fra le sue vii'tù civili e le suo virtù domestiche e religiose. In qualsiasi campo siansi spiegate, le sue virtù non furono di quelle splendide ed appariscenti, che per mostrai"si in tutta la loro efiicacia abbisognano del plauso e della ammirazione delle moltitudini, che vivono fra il frastuono e l'ammirazione dei contemporanei, e lasciano i superstiti (I) Questa professione di fede del Roncompagni i'- desunta dalla sua prima lezione sulla tradizione piemontese da lui fatta nel 1867 in questa R. Università. COMMEMORAZIONE DI GIUSEPPE CARLE 333 pressoché attoniti e maravigliati ; ma furono invece di quelle virtù umili e modeste, che quasi cercano di celarsi appena hanno adempiuto al proprio uflSzio , che trovano la propria radice nel sentimento profondo del proprio dovere, e che lasciano dietro di se più mesta ricordanza e più lungo desiderio. Nelle proprie azioni non ebbe altra guida, né cercò altro compenso che la testimonianza di una retta coscienza; ma egli può, ciò non ostante, essere annoverato fra coloro, che lungo il corso della loro vita videro in gran parte soddisfatte le proprie aspirazioni. Visse il periodo delle speranze d'Italia e provò il soddisfacimento di aver cooperato efficacemente al compimento delle medesime ; accettò con abnegazione i carichi che gli imponeva la sua posizione politica, e non cercò mai di sottrarsi alla responsabilità dei proprii fatti, anche quando fraintesi poterono momentaneamente privarlo del favore popolare ; non rifiutò gli onori e gli alti ufficii, ma tornò sempre ugualmente modesto alla quiete della propria famiglia e dei proprii studi ; ebbe amarezze e il coraggio di sopportarle con rassegnazione, ma non gli mancarono neppure le sincere gioie e soddisfazioni, e fu nel suo nobile tempera- mento di saper dimenticare le prime e di serbare invece perenne ricordanza delle seconde. Senza odii e senza rancori , ebbe una vita inalterabilmente serena , lunghe e fedeli amicizie e tutte le gioie e i conforti della vita domestica ; esente da lunghe malattie, salvo pochi non lunghi attacchi di gotta, anche in quell'ultimo attacco, che doveva essergli fatale, non fu travagliato da lunghi dolori e conservò fino all'ultimo la luci- dezza della jiropria mente, e quando inopinatamente sentì aggravarsi il proprio male ripetè col giusto, volgendosi alla sua nobile Compagna : sia fatta la voìontà di Dio. Il BoNCOMPAONi ebbe ampia la fronte : sguardo semplice e sereno ; portamento modesto ed incesso alquanto cui'vo, non per l'età, ma piuttosto per l'abitudine del meditare; conversazione afi"abile, alla buona, intercalata da qualche motto festevole ed arguto; indole conciliante bensì, ma non disgiunta da tenacità e fermezza di propositi proveniente dalla profondità delle sue convinzioni. Incomparabilmente e sinceramente modesto, quasi cercava, sopra tutto negli ultimi anni, di far dimenticare sé e i servigi da lui resi alla patria, ma all'annunzio della sua morte, tutti gli ordini di cittadini sentirono la gravissima perdita, che in lui ebbe a fare l'Italia. Ne fecero commemorazioni, oltre il nostro Presidente che perdeva in lui un condiscepolo, un amico, un collega, i giornali tutti del Eegno, l'Accademia dei Lincei, la R. Deputazione di storia patria, l'Istituto Veneto ed altre Società scienti- fiche a cui trovavasi ascritto, i Professoi-i della nostra e di altre Università, le associa- zioni politiche , la Camera dei Deputati ed il Senato. Parve tuttavia, per comune consenso, che il luogo più additato dalle circostanze della sua vita, per erigergli un monumento che ricordasse le sue modeste e benevole sembianze, dovesse essere la nostra Università. Un altro monumento egli avrà nella ricordanza e nel desiderio di tutti noi, che nei comuni studi e nella familiare convei-sazione potemmo conoscere ed apprezzare le nobili qualità dell'animo suo. 334 NOTA DEI PRINCIPALI SCRITTI DEL BOisraoi*a:PA.G-Ni DelU Scuole Infantili. Torino 1837. n Diritto nelle sìie relazioni colla morale (Annali di Giurisprudenza). Anno III. Tomo VI, pag. 66, 408, 505, 613. Torino 1840, Tipografia Mussano. l Diritto e la Scienza. Discorso letto addi 16 Settembre 1843 nel R. Senato di Torino per l'inaugu- razione dell'anno giuridico. Torino 1844. Notizie suUa vita di Severino Boezio e sulla storia de' suoi tempi. Lette alla Classe di Scienze morali, storiche e filologiche dell'Accademia delle Scienze di Torino, nell'adunanza del 3 Marzo 1842 (Pubblicate nelle Memorie dell'Accademia stessa. Serie II. Tomo V, pag. 1 a 37). Introduzione alla scienza del diritto ad uso degli Italiani. Lugano 1848, Della Monarchia rappresentativa. Torino 1848. Saggio di lezioni per l'infanzia. Torino 1851. Considerazioni sull'Italia centrale. Torino 1859. SuUa potenza temporale dei Papi. Torino 1861. //'unità d'Italia e le elezioni. Torino 1861. Commemorazione di Ferrante Aporti. Discorso per la distribuzione dei premii all'Istituto Aporti- Boncompagni, letto addì 15 Luglio 1865. Tonno, Tipografia 6. B. Paravia e Comp. Inaugurazione del corso di letture tecniche normali presso il Reale Museo industriale italiano. Discorso pronunciato addi 6 Agosto 1866. Torino 1866, Tipografia Letteraria. La Chiesa e lo Stato in Italia. Firenze 1866. La tradizione liberale piemontese. Lezioni preliminari al corso di diritto costituzionale. Torino 1867. Stamperìa Reale, pag. 196. Contiene una lezione su Vittorìo Alfierì e due su Carlo Botta. Lezioni di diritto costitttzionale. Torino 1867 , Stamperia Reale. Contiene nove lezioni intomo alle dottrine degli autori sulla costituzione degli Stati. 'Notizia storica su Carlo Botta. Letta alla Classe di scienze morali, storiche e filologiche dell'Acca- demia delle Scienze di Torino nelle adunanze del 6 Gennaio , 3 Febbraio e 17 Marzo 1867 e pubblicata negli Atti dell'Accademia stessa. Voi. II, pag. 177, 257, 377. LA VITA E LE OPERE DI CARLO B0NC0MPA6NI. 335 Francia e Italia. Lettere politiche. Torino-Roma-Firenze, 1873. Fratelli Bocca. Prolusione al corso di diritto costituzionale. Letta addì 3 Febbraio 1873. Roma 1874. Corso di diritto costituzionale. Torino 1875, Tipografia Baglione. È diviso in due parti o volumi , che rimasero entrambi incompleti. La Francia dopo il 21 Maggio 1873. Torino 1875, Unione Tipografica Editrice. IntrodiÀCtion au cours de droit constitutionnel de Pellegrino Rossi. Paris, Guillaumin et Comp., 1877. L'antico dispotismo orientale e la libertà della Grecia. Discorso per il riaprimento degli studi nella R. Università di Torino, letto il 4 Novembre 1878 e pubblicato nell'Annuario accademico di detta Università dell'anno 1878-79. Della vita e delle opere del conte Federigo Sclopis, Discorso letto alla R. Accademia delle Scienze di Torino addì 22 Maggio 1879. Pier Dionigi Pinelli e Vincenzo Gioberti. Discorso letto alla Associazione Costituzionale torinese addi 9 Aprile 1880. Torino 1880. Libreria Casanova. 337 INDICE CIASSE DI SCIENZE «ORALI, STORICHE E FIIOLOGICHE Esposizione critica delle dottrine psicologiche di Alessandro Bain; di Giuseppe Allievo pag. 3 Dialetto deWEUde nelle iscrizioni testé scoperte; Memoria di Domenico Pezzi * 75 Oli Statuti dell'anno 1379 di Amedeo VI Conte di Savoia; Memoria di Cesare Nani » 1*^1 / primi Statuti sopra la Camera dei conti nella Monarchia di Savoia; di Cesare Nani » 1^1 Sigillographie de la Savoie; - Première sèrie , - Sceaux religieux ; dessinés et décrits par le General Auguste Dufour et le Professeur Francois Kabut * 217 Carlo Bon - Compagni di Mombello ; Commemorazione di Giuseppe Cable * 313 Serie II. Tom. XXXIV. ^^ V° Si stampi: EECOLE RICOTTI, Presidente ASCANIO SOBKERO / \ Segretarii. Gaspare Gorresio \ % W WW Wt^ KS<-^ ■^->ii<-^ Wi^^'- ^ >'l'.^ «^v- -.■x*- ^ ^ tC" r / \ È S^».' -■or_^Dyo-i."cy&'<:òiro'i;o5rc^'.:^T/4i .r>rvS: '>^ v;^-o-\ '^^- frs^\ r^ r \r r-v^r^ A^a' .rN^ '^^ /no'^ -:^j S'^ ..A.\- ",r^.ty^^^ r '^ > r y^ r •v\ -7 :. ■ vy ■ ■^.' ^-.^^ > A/^^, '^N,>N^^>''^P^^,'i ^4^ -m^ r ,0. .1 '^^^X7>^'