Un quartiere che si chiama il Bussolo e può essere ovunque, in qualsiasi città. Oggi, ai giorni nostri. Una madre e un figlio. Lei, Katia, una donna sola di trentasei anni, presa dal lavoro, separata dal marito, pochi soldi, poco tempo, sempre di corsa, appesa a sogni nebulosi che non osa sognare fino in fondo. Lui, Leone, un bambino di sei anni solitario e timido, sottile come un giunco. Un giorno, in mezzo a tutta la gente che passa, alle auto, sotto le luci intermittenti degli alberi di Natale, si mette a pregare. E la madre scopre, con stupore e vergogna, che lo fa spesso, un po' ovunque. Si apparta, s'inginocchia, e prega. Per strada, al cinema, in bagno. Prega quand'è preoccupato, quando gli manca la nonna e il gioco del comò. O quando vorrebbe un bacio. O quando desidera aiutare qualcuno. La voce circola in fretta. Leone diventa «il bambino che prega», lo scandalo della scuola, del quartiere intero. Molti lo deridono, ma molti, anche, iniziano a confessargli i loro desideri. Come fa la vita, Leone può esaudire le richieste o deluderle, avverare i sogni o lasciarli inesauditi. Paola Mastrocola ha scritto una storia realistica e allo stesso tempo magica, in cui tutti cambiano senza sapere perché. Un romanzo essenziale e profondo, capace di sorprendere a ogni riga sul piano umano e letterario. Fino a un diluvio universale in minore, piccolo e gentile, che non distrugge niente ma rinnova e addolcisce il colore delle cose.
E’ già qualche giorno che ho sfogliato l’ultima pagina di Leone, ultimo romanzo di Paola Mastrocola, e mi rendo conto di due cose: non ho ancora scritto due pensieri sulla lettura (e possiamo attribuirlo agli impegni degli ultimi giorni) e, soprattutto, non mi è capitato di raccontarne agli amici. Il che, per un libro che mi ha convinto, è anomalo.
Credo che in fondo dipenda da una sorta di intima riservatezza che in fondo è quanto viene narrativamente smentito nel romanzo: Leone è infatti un bambino di sei anni che, senza aver fatto catechismo o vissuto una realtà particolarmente intrisa di religiosotà, comincia pubblicamente a pregare. Proprio in modo eclatante: si ferma in mezzo alla strada e recita un Credo, si blocca all’uscita di un negozio e si inginocchia in un’Ave Maria, eccetera. Seguono l’imbarazzo infinito della madre, un certo bullismo a scuola, una sorta di emarginazione sociale.
Ma superando la trama – che affascina, avvolge, intriga con una delicatezza di grande scrittura – sono riuscito solo stanotte a comprendere quale fosse l’aspetto che mi ha colpito profondamente in questo personaggio che mi camminerà vicino per un po’.
Siamo abituati, forse fin da piccini, ad attribuire alla preghiera una dimensione del tutto introspettiva. Nei suoi plateali momenti di dialogo con Gesù, il Leone di Paola Mastrocola è perfettamente (direi clamorosamente) immerso nella realtà, nel quotidiano, nel più preciso presente. Non si astrae, non utilizza la preghiera come momento di fuga o di scommessa. In un certo senso si affida, nel senso più tenero e commuovente del termine, e lo da con lo sguardo stupito di chi non capisce come si possa vivere altrimenti e di chi per questo non può preoccuparsi di un giudizio sociali: Leone “è”, nel suo momento e nella sua realtà, e tutto ciò che nel romanzo avviene ne è conseguenza. Bellissimo.
Uff, che pesantezza di libro. Non ci posso credere: questa donna ha scritto un intero libro con solo un'idea e basta. Noiosissimo. L'ho finito solo per una cosa: perchè è scritto in italiano e questo sempre mi piace ma...
Paola Mastrocola torna un romanzo in cui i legami, il credere in qualcosa sono la base. Una donna e una madre separata, troppo presa dal lavoro e dagli impegni quotidiani, un figlio Leone, appunto, di 6 anni che, ovunque vada, si inginocchia e prega, destando stupore, scandalo nel paese. Con questo romanzo prova a valicare i confini della cristianità, della religiosità, a capire cosa si nasconde dietro la preghiera e quale motivo, ammesso che esista, per cui un bambino decide di congiungere le mani per pregare. Forse la Mastrocola vuole semplicemente spronarci a credere in qualcosa o far capire che non siamo soli e che i desideri qualche volta si avverano e che il credo, di qualunque forma sia, può farci vedere le cose con occhi diversi ed è proprio lì che risiede il cambiamento.
Tra tutti i libri della Mastrocola che ho letto (e li ho letti tutti) credo che questo sia quello che mi è piaciuto di meno. Non saprei spiegare per quale ragione, ma lo imputo al profondo senso di fastidio che ha pervaso tutta la mia lettura e che ha riguardato principalmente il personaggio della madre. Per carità, come sempre è scritto bene, scorrevole, in alcuni passaggi anche poetico, furbo (la narrazione della pioggia gioca a metà tra Manzoni e Garcia Marquez), ma davvero mi ha delusa e non so perché. So solo che mi aspettavo qualcosa di più, un guizzo, che per me non c’è stato o che per lo meno io non ho percepito. Peccato. Un’occasione mancata.
Il libro che mi colpisce di più non è quello dalla trama insolita o dalla suspence costante, ma il romanzo che, quando lo chiudi, ti lascia in sospeso, ti getta di fronte a te stesso e ti spiazza con le sue domande. I libri che io amo sono quelli sensibili, delicati, che mi commuovono per il modo che hanno di dire le verità anche più dure in maniera leggera. Questo è un libro con una madre e un figlio, con tanti genitori e figli, con la voglia di credere di nuovo, tra favola e realtà. È il libro delle cose semplici come quando ‘si raddrizza una foto al muro, o si riattacca una foglia di porcellana a una tazzina rotta’ e senti che qualcosa è tornato al posto giusto. E mi domando...
Una bellissima favola dove tutto ritrova un senso, dove la semplicità diventa collante, dove le bruttezze del mondo si dissolvono. Scivola lenta tra parole non dette, malinconia e nostalgia, paura e incomprensioni. Da leggere per ritrovare il coraggio quotidiano, fatto di piccole cose (anche di pessimo gusto) di piccoli gesti di bambini. È una favola per questo è dolce e finisce bene.
C'è un Mistero nella vita di ognuno e a volte è necessario che accada qualcosa per accorgersene veramente, per ritrovare dentro di sé e negli altri un punto di rottura, uno spiraglio, una fuga. Leone prega, prega perché la nonna gli ha insegnato a farlo, perché la nonna gli ha svelato tanti piccoli segreti della vita, dimenticati da tutti perché persi nelle giornate di vite che scorrono sempre uguali e questo suo pregare infastidirà, stupirà, preoccuperà, fino a quando non diventerà per tutti proprio quello spiraglio. Un libro bellissimo.
Un libro intenso ed emozionante. La semplicità genuina della preghiera di un bambino, imparata dalla nonna. Un momento di condivisione con la propria storia familiare che, giorno dopo giorno, interroga la mamma, i compagni di scuola, fino a coinvolgere tutto il paese. Ed e la forza di quella preghiera che, in un momento difficile, riporta la pace nata dalla condivisione di uno spazio. La pace dello stare insieme creando affetto e relazioni. È stata la preghiera? Forse. Di sicuro è stato Leone. Un bambino di sei anni, le cui labbra parlano poco ma il cui cuore ha ascoltato e coinvolto tutti.
L'autrice è in grado di sminuzzare piccoli attimi della vita quotidiana dando loro una ricchezza inusuale. A me piace molto. Ci metto un po' a entrare nella storia ma poi mi ci immergo proprio. Se Leone all'inizio appare un bambino strano, una volta che capiamo le sue ragioni iniziamo pure a volergli bene. E così alla mamma, distratta, inquieta che non capisce il suo "figlio-scatola". Una lettura che dà conforto, grazie al lieto fine e alla positività che acquistano tutti i personaggi mano a mano che si svolge la narrazione.
Un libro delicato, leggero, che ha la capacità di farti sorridere e credere ancora nelle forze superiori, quelle di cui non ci si fida mai ma che sono con noi sempre!
Quando il primo libro che leggi della Mastrocola è stato "Non so niente di te", difficilmente riesci a trovare qualche altra sua opera che possa eguagliarlo, ma devo dire che questa volta ho ritrovato alcune caratteristiche che quasi all'altezza dell'altro: per esempio la delicatezza con cui l'autrice racconta la storia, alcune pennellate con cui sembra dipingere il paesaggio, i personaggi, anche le cose inanimate, e l'originalità della trama, così poco attraente agli occhi dei lettori del XXI secolo! Ma soprattutto, se non ci si lascia troppo accecare dalla tematica della preghiera, e andiamo oltre, vediamo che attraverso questa "favola", la Mastrocola ci racconta della difficoltà di un bambino non omologato agli altri, dall'opacità frettolosa degli adulti che impedisce loro di vedere il mondo interiore dei bambini, o di vederlo in modo distorto. Infatti solo quando tutto il quartiere è costretto a fermarsi, i due mondi si riavvicinano e le cose cominciano a cambiare. Un po' come è successo nel periodo del lock down. A questo proposito è straordinario pensare come le conseguenze portate dalla pioggia e pensate probabilmente dall'autrice come un avvenimento fantastico, alla luce di quanto successo pochissimo tempo dopo, siano forse diventate l'aspetto più realistico del libro.
Un esercizio di bella scrittura per raccontare una storia stiracchiata e banale; il finale, poi, è un esempio perfetto di " non so come chiudere e mi invento una favoletta, anzi un episodio biblico". Nostalgia di miracoli.
Questo libro mi è piaciuto molto, l’ho trovato veramente delicato. Ho trovato anche una forte analogia tra il periodo della pioggia incessante e il lockdown, una cosa curiosa visto che è un libro del 2018
È bello, è scritto bene e scorrevole ma della Mastrocola è il meno bello tra quelli che ho letto, la trama avvince poco e a tratti è lento. Leone è carino e particolare ma non straordinario.
L'idea alla base del romanzo era carina, forse avrei apprezzato però uno sviluppo dei personaggi e della storia differenti. È stata comunque una lettura scorrevole e piacevole.