Visualizzazione post con etichetta Napoli. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Napoli. Mostra tutti i post

21 febbraio 2022

[POSTITIZIE] Il cimitero degli inglesi torna al suo antico splendore


Immerso in quel grigio reticolo di basoli vesuviani e muri screpolati sorto su di un bacino giaioso e insalubre oggi conosciuto come Arenaccia, mi ritrovo a costeggiare il muro di cinta del Cimitero degli Inglesi in direzione Santa Maria della Fede, percorrendo quella via Miraglia aperta di recente dopo 20 anni di abbandono. Gli echi di una piazza ritrovata rappresentano un richiamo irresistibile per chi è cresciuto a ridosso (e all’interno) del Cimitero Acattolico di Santa Maria della Fede, uno scrigno dal valore inestimabile incastonato in una delle aree più popolari e urbanizzate d’Europa.

02 maggio 2021

[RICETTE TRADIZIONALI] ZITI ALLA GENOVESE



Non credo di riuscire a farvi comprendere appieno il gusto inimitabile del primo piatto di cui vi parlo oggi. Ho scattato diverse foto nella speranza di aiutarmi, ma vedremo solo alla fine se riuscirò a costringervi a correre verso il supermercato più vicino e a farvi acquistare l'indispensabile per prepararlo. Io vi dico solo: provateci e non vi pentirete. È un altro piatto principe della cucina napoletana, si divide la corona assieme al ragù di cui vi ho parlato (QUI).

Devo farvi una confessione, per quanto io sia innamorata del ragù di nonna, il mio palato e anche il mio stomaco ritengono più delicata e più saporita questa prelibatezza, nonostante la cipolla.  Il ragù, con i suoi diversi tipi di carne e la cottura lunga possono creare sì dipendenza, ma pure una gran pesantezza a fine pasto.  Una pietanza superba e delicata che si chiama Genovese ma non ha nulla da spartire con la città ligure. L'origine del suo nome fa riferimento agli osti genovesi che si erano stabiliti nella città partenopea  alla fine del seicento. Avevano l'abitudine di cucinare la carne nel modo in cui è poi arrivata fino a noi.

Ma andiamo a cominciare.

30 gennaio 2021

[SABATO DI POESIA] FANTASIA DI EDUARDO DE FILIPPO





Pigliammoce sta vita cumme vene,
llassammo for' 'a porta 'a pucundria,
mparammece a campà c' 'a fantasia:
nce sta cosa cchiù bella pè campà?

'A fantasia se sceta ogne matina
comme si fosse prencepe rignante,
affonna 'e mane aperte int' 'e brillante
e nun s' 'e ppiglia: che s' 'e ppiglia a ffa?

E che curredo tene! Nu mantello
ca luce cchiù d''o sole e nun è d'oro;
quanno se mena ncuollo stu tesoro,
abbaglia 'a vista: nun se può guardà.

Pò tene nu relogio cumpiacente,
cu sissanta minute d'allegria,
mmiez' 'o quarante liegge: FANTASIA

e fa tà-tì, tà-tì, nun fa tì-tà...

(EDUARDO DE FILIPPO 1956 - DA LE POESIE -  EDIZIONI EINAUDI)


Note sull'autore

Eduardo De Filippo è il più grande drammaturgo italiano del '900. È stato autore, regista, attore, poeta, scrittore e sceneggiatore. Queste annotazioni sono assolutamente di parte, ma anche non lo fossero, coincidono col vero.  L'unica nota stonata del suo lunghissimo curriculum vitae, è il mancato Premio Nobel per la letteratura. Ma la miopia dei famigerati parrucconi di Stoccolma è cosa nota. Per fortuna il suo pubblico, sia quello che come me ha avuto la fortuna di esserci e di sentirlo recitare in vita, sia quello arrivato dopo ma che non ha potuto comunque fare a meno di riconoscerne tutto il talento, non lo ha mai dimenticato. E sono molte le occasioni di omaggi alla sua grandezza in Italia e nel mondo. Nel mio piccolo,  a casa mia, ne parlo con frequenza. Perché ha segnato moltissimi passi della mia vita, mi ha abituato all'allegria, all'amore, alla tenerezza e alla malinconia o a'pucundria che fanno parte dell'animo umano. Discorrendo di poesia, soleva dire che buttava giù versi tra un lavoro e l'altro mentre s'impuntava su di una situazione da sviluppare. In questo modo, il fluire dei pensieri gli consentiva di superare gli ostacoli. A poco a poco ci prese gusto e cominciò a scrivere poesie anche indipendentemente dalle commedie. Ascoltatelo.


ETICHETTE: EDUARDO DE FILIPPO

19 novembre 2020

POSTITIZIE: IL TAMPONE SOSPESO

 

BASILICA DI SAN SEVERO - NAPOLI (FONTE WEB)


Questa rubrica sta diventando giornaliera.😀

È l'effetto che mi fa, in primis, leggere buone notizie, direttamente proporzionale alla pubblicazione sul mio blog.

Torno nella mia terra, nella città natale di mia madre: Napoli. Dopo avere osservato con raccapriccio e indignazione l'orrendo passeggio dei napoletani  sul lungomare di Via Caracciolo, in sfregio ad ogni senso di responsabilità, avevo deciso, dopo averli mandati a quel paese con vero piacere, di non occuparmi più di loro per un po'.

E invece, il cuore del popolo partenopeo, quello vero, non quello incoerente e irresponsabile visto nei giorni scorsi, ha saputo nuovamente sorprendermi.

Vantano un'antichissima tradizione di solidarietà e di amore per il prossimo. A ciò si deve una delle loro più belle e famose consuetudini: IL CAFFÈ SOSPESO. Nata, pare, per calmare le dispute  che spesso nascevano tra amici o parenti   al momento di pagare il conto del bar.  Nell'incertezza di chi dovesse o meno saldare, si lasciava un importo che includeva anche una somma messa  a disposizione per il cliente successivo, nel caso di un bisognoso.  E così, nel corso del tempo, questa bellissima iniziativa è rimasta e si è consolidata.  A Napoli è sacra, nella maggior parte dei bar c'è la cassetta (qui caffè sospeso) in cui finisce il "pensiero" altruista.  Negli ultimi anni, si è diffusa un po' ovunque.  Quando mi è successo di notarlo,  ho immediatamente sorriso complimentandomi con i baristi.

Lo stesso sorriso che mi ha strappato il venire a conoscenza della sua gemella: IL TAMPONE SOLIDALE E IL TAMPONE SOSPESO.  Nata nel quartiere Sanità della città partenopea, grazie all'opera dell'Associazione SAdiSA e del suo Presidente, Angelo Melone. Nella Basilica di San Severo (chiesa splendida) si sono organizzati con personale medico formato da volontari  per fare tamponi alla popolazione del quartiere. Il costo è di 18 euro. Ma per chi non può pagare (è uno dei quartieri più problematici e in difficoltà della città)  c'è il tampone sospeso. Chi se lo può permettere lascia un offerta per i meno abbienti. In totale, al momento, ci sono state 500 adesioni. Ma l'obiettivo è quello di raggiungere almeno diecimila test come primo step e di certo non vogliono fermarsi qui.

Il numero da contattare per prenotarsi è il seguente: 3792151320.  Poi si seguono tutte le direttive degli ordinamenti regionali.


Un'altra bella notizia che unisce il cuore solidale delle persone.





21 luglio 2020

POSTITIZIE: IL CAFFÈ PATRIMONIO DELL'UMANITÀ


È notizia di ieri  che il Caffè di Napoli sia stato candidato a diventare Patrimonio dell'Unesco.
Il governatore della Campania, Vincenzino De Luca, ha trasmesso alla commissione italiana dell'Unesco un dossier con il quale si avvia la procedura di iscrizione alla lista del Patrimonio Culturale Immateriale Unesco.
Sono  tornata con il pensiero ad uno dei primi odori che hanno il sapore della mia infanzia, quello della caffettiera di mia nonna Carmela sempre pronta sul gas da cui si sprigionava l'aroma dell'oro nero, indiscusso protagonista delle famiglie campane e non.
A qualunque ora del giorno o del pomeriggio e fino alla sera, il caffè era sempre lì, in attesa di gorgogliare e di abbracciare con il suo aroma prima le narici di tutti i presenti e poi  di arrivare al gusto e alla soddisfazione. Che ci fosse un problema, qualcosa da festeggiare, un momento di riposo tra le varie faccende quotidiane, tutto era intervallato dai cinque minuti dedicati al principe della famiglia. Da bere sempre e solo seduti, come vuole la tradizione.
La caffettiera di nonna era un'istituzione. Le amiche del quartiere, i parenti, i figli, le nuore e il genero, i nipoti (che potevano solo arricciare il naso per "acchiappare" l'odore ma non berlo) chiunque passasse da casa nostra, sapeva che, avrebbe trovato la porta aperta e il caffè fatto.
Il rito di nonna rimane segreto, o meglio io lo conosco ma essendo affare di famiglia, resta chiuso a chiave nella nostra memoria. Ma è proprio il rito classico che sarà materia di studio ed eventualmente di approvazione.

Che si beva, dolce, amaro, corretto, ristretto, espresso, fa parte del Dna italiano, della nostra cultura. Avendo viaggiato abbastanza, vi posso assicurare che è molto amato anche all'estero.
Con qualche strappo alla regola, come quello americano, che a me pare una brodaglia ma che ha milioni di fan.
I napoletani per celebrarlo hanno persino inventato il famoso "caffè sospeso"  perché è diritto di tutti bere una tazzina di caffè anche per chi non ne ha la possibilità.

A me piace ristretto, leggermente zuccherato oppure amaro accompagnato da un cioccolatino fondente. Mi piace berlo al mattino appena sveglia, quando non riesco a spiccicare una parola e l'unico gesto che mi consento è quello di girare lo zucchero fino in fondo alla tazza. E poi in ufficio assieme ai colleghi e dopo pranzo. Difficilmente la sera dopo un certo orario. Soffro di insonnia e preferisco evitare.

E voi, lo amate? Lo bevete? Come  e quanto? Preferite la macchinetta tradizionale o le cialde? Avete dei ricordi particolari collegati al rito del caffè?












Nel video del 1977,  un giovanissimo Pino Daniele canta  nella trasmissione di Enzo Trapani "Concertazione" la sua celebre canzone dedicata al caffè. Una chicca che ho trovato su you tube. Probabilmente la prima apparizione televisiva del grandissimo cantautore partenopeo. 

24 maggio 2020

EDUARDO DE FILIPPO: SI CUCINE CUMM'È VOGLI'I I'''







Oggi ricorrono i 120 anni dalla nascita di quello che a mio parere è il più grande scrittore italiano (e non solo) del secolo scorso. 
A tale proposito, dato che sul mio blog ho spesso parlato di lui, voglio riproporvi un post del 1914 2014 che gli avevo dedicato. 





Sono trent'anni dalla sua scomparsa. 

Lo hanno celebrato in tutti i modi possibili. Servillo a Napoli con la regia di Sorrentino, lo sta ricordando grazie ad una delle sue opere più importanti: Le Voci di Dentro.

Io, ho avuto il grandissimo piacere di vedere suo figlio Luca al San Carlo di Napoli,  mentre recitava Shakespeare (La Tempesta) riadattato con difficilissimo lavoro di traduzione dall'inglese antico al napoletano seicentesco fatto da suo padre pochi mesi prima della sua morte.
Usando un linguaggio che avvicinò i protagonisti al pubblico partenopeo. Cosi chè Ariele, divenne quasi uno scugnizzo e Prospero e Miranda arrivarono al pubblico con un respiro ampio eppur vicino a loro, molto più comprensibile.
Una grande, immensa prova di Arte. Io sono orgogliosissima di avere avuto un tale privilegio, ed è uno dei ricordi più vividi della mia vita. Una immensa fortuna.
Ma oggi vorrei utilizzare un escamotage più familiare per parlarvi di lui.

Come palcoscenico casa mia. Non molto diverso da quella che è la scenografia del suo teatro tradizionale.

Me lo immagino seduto al tavolo della cucina in marmo bianco, lì dove tutto veniva scandito e gestito da mia nonna,  mentre insieme a lei  preparano una ricetta semplice e pure unica:

Tubetti al sugo cotto al sole. Tratto da "Si Cucine cumm'è vogl'i i'" di Isabella Quarantotti De Filippo.

"Quando eravamo in vacanza ad Isca, l'isola di Eduardo di fronte a Merano e più o meno equidistante da Capri e Positano, preparavamo spesso questi tubetti che riscuotevano successo presso tutti i nostri amici, sia italiani che stranieri. Ne era particolarmente ghiotto Archie Colquhoun, autore di una splendida traduzione in inglese di Promessi Sposi,
Bisogna cucinarli d'estate, perchè è allora che sono disponibili i due ingredienti principali: sole e pomodori. San Marzano, maturi, rossi e succulenti.

per sei persone occorrono:
400 gr. di tubetti medi non rigati
500 gr. di San Marzano a pezzetti e senza semi
100 gr. di ottimo olio d'oliva ( extravergine direi)
1 e 2 spicchi d'aglio tagliati a metà ma non mondati
3 cucchiai colmi di succo di limone ( non trattato )
abbondante basilico fresco

Strofinate l'interno di un'insalatiera con l'aglio e lasciatelo cadere dentro con l'olio, il succo di limone e i pomodori.
Usate un po' di più di sale perché,  insieme al calore solare, esso contribuisce alla cottura dei pomodori; in compenso l'acqua per la pasta sarà meno salata o addirittura insipida.
Mescolate per bene e, dopo aver coperto il recipiente con garza o tulle per tenere lontane le mosche, sistematelo in pieno sole. Nel giro di quattro ore il sugo sarà pronto e vi potrete versare i tubetti legati e scolati.
Decorate con tanto basilico. Anche gli spaghetti sono buoni conditi così, e un po' di peperoncino forte non ci sta male."



E li immagino lì, al chiuso di quella cucina, dove si è svolta la maggior parte della mia infanzia, a discutere in armonia di quanto amassero di più: la cucina napoletana. La regina delle cucine.

14 maggio 2020

POSTITIZIE:I DOLCI MOMENTI DI NAPOLI


PASTICCERIA DOLCI MOMENTI (IMMAGINE DAL WEB)

Una pasticceria di Napoli alla riapertura della Fase 2,ricomincia con un pensiero per i più bisognosi a cui regala i suoi prodotti dolciari.

Un piccolo bel momento di gioia e generosità quello che ha coinvolto una pasticcera di Napoli, dei Quartieri Spagnoli che pochi giorni fa ha potuto riaprire e ricominciare a lavorare dopo il lockdown e ha voluto dedicare un primo pensiero alle persone bisognose, alzata la saracinesca del loro negozio nei quartieri spagnoli, le prime infornate di dolci sono state infatti tutte per i poveri della zona a cui la pasticceria ha fatto recapitare vassoi e vaschette di specialità della casa, pasticcini e tortine, oltre alla piccola pasticceria i pasticceri hanno anche preparato una grande torta con la scritta “Andrà tutto bene” e disegnato con la crema e la glassa due persone sorridenti e un coloratissimo arcobaleno. 
A supporto dell’iniziativa della pasticceria Dolci Momenti, l’associazione evangelica “Tabita” che durante il lockdown ha provveduto a distribuire generi alimentari alle persone in difficoltà della città e che anche nel caso di questa bella iniziativa ha aiutato nell’individuazione della persone a cui fare questa piccola sorpresa e nella distribuzione di dolci e pasticcini
Mimmo Pazzi il presidente dell’associazione Tabita spiega sulle pagine di Ansa che è fondamentale il sostegno alle famiglie e a chi in questo momento di grande crisi si trova in difficoltà, quello della distribuzione dei dolci vuole essere un piccolo momento di gioia in più da regalare a chi sta combattendo delle battaglie difficili.Ovviamente questo piccolo dono dolce si accompagna all’impegno concreto che l’associazione fa consegnando settimanalmente generi alimentari di prima necessità.Una piccola sorpresa in più, che ha regalato un sorriso a molte famiglie e che speriamo possa essere di buon auspicio ai fratelli Calemma che hanno partecipato a questa generosa iniziativa e distribuito varie teglie di dolci gratuiti anche ai passanti per strada.


Oggi volevo parlarvi solo di cose belle e questa notizia mi ha "allargato" il cuore. Il buono e il generoso della nostra ITALIA.

fonti: Positizie.it

09 agosto 2019

IL RIONE LUZZATTI E L'AMICA GENIALE




Foto privata di Antonio S.

Al rione Luzzatti-Ascarelli di Napoli si arriva con la linea 2 della metropolitana, scendendo alla fermata Gianturco.
Lo conosco da tempi non sospetti, diciamo da qualche decina di anni, perché è il posto dove è nata mia madre. Figlia di un giovane macchinista beneventano, che prima della 2° guerra mondiale,  dovette lasciare la sua terra originaria e trasferirsi per lavoro nella grande città, assieme ai figli e alla moglie. Rimase lì per poco tempo perché, allo scoppio del conflitto, tornarono alla loro vita di provincia. Ma sia mia nonna che mia mamma, mi raccontarono di quel piccolo appartamento al primo piano, con due finestre che si affacciavano su uno dei cortili circondati dai palazzi del quartiere. Non c'era bellezza sicuramente, ma nei loro occhi, durante i racconti,  leggevo la malinconia di quel tempo antico, sospeso tra due orrori. La giovane sposa dietro la finestra aspettava  il ritorno  del marito dal lavoro faticoso, sporco della fuliggine di carbone che riempiva mani e polmoni e i figli piccoli ,desiderosi di riabbracciare quel padre spesso lontano, anche per diversi giorni. Altri tempi, altra vita, altri respiri.

Era ed è un quartiere popolare, venuto su a cavallo delle due guerre. Luogo di operai e ferrovieri, di  gente, citando Troisi, povera ma onesta.
Un quartiere che, nel corso dei decenni, non ha mai barattato la sua dignità e la sua onestà. Fiero e consapevole, anche se sempre più costretto a fare i conti prima con le  cattive amministrazioni e poi con la mancanza di fondi di quelle attuali, aggredito dal degrado che,  come in tutte le grandi città, colpisce innanzitutto le periferie.
Nonostante tutto è un quartiere dove i rapporti umani sono quelli di una volta, l'aiutarsi l'uno con l'altro è prassi e il caffè ha ancora quel profumo buono di ospitalità secolare. Passeggiando tra le strade hai la netta sensazione che Eduardo sia lì, pronto per una chiacchiera e na'tazzulella e' cafè...

Ultimamente c'è stata una variopinta invasione di turisti che si sono riversati nelle strade note grazie al clamore e alla popolarità che ha suscitato la celebre quadrilogia letteraria nata dalla mente di Elena Ferrante: L'amica geniale.
Anche se l'autrice non ha mai nominato nei romanzi il quartiere in cui è ambientata la storia di Lila e Lenù, troppi particolari sono a lui riconducibili. A fine giugno è stato inaugurato un nuovo programma di riqualificazione del tessuto ambientale e sociale grazie ad una serie di murales del famoso street artist internazionale, Gomez.
Il tutto è stato possibile grazie alla campagna  "I colori del rione" di Anema&Coop.
Mi è parsa un'occasione bellissima per il quartiere che darà ancora più vita e coesione alle persone.
Ma ora lascio parlare le foto, scattate tra ieri e e oggi da mio fratello. 
Un architetto che, per scelta e passione, ha deciso di vivere sul territorio. Lui ne è fiero così come io lo sono di lui. E la storia della mia famiglia continua, passo dopo passo, tra quelle strade.

foto privata di Antonio S.

Foto privata di Antonio S.


Foto privata di Antonio S.


Foto privata di Antonio S.

Foto privata di Antonio S.
Foto privata di Antonio S.

Foto privata di Antonio S.

Foto privata di Antonio S.

Foto privata di Antonio S.

Foto privata di Antonio S.



Per qualche giorno il mio blog sarà in pausa, da oggi partono ufficialmente le mie vacanze. 

Vi abbraccio tutti.


19 febbraio 2018

19 FEBBRAIO.




Vorrei scusarmi con te se, negli ultimi tempi, ti ho trascurato.
Oggi è il tuo compleanno.
E mi ricordo come ci siamo conosciuti, quasi quarant'anni fa.
Tornavo da scuola intorno all'una. Il pranzo era sacro che ci fosse o meno mio padre e a quell'ora dovevamo essere tutti a tavola.
Frequentavo la scuola media e tornavo a casa assieme a mia sorella più piccola di un paio di anni.
Si mangiava intervallando il pasto raccontando la giornata scolastica; uno dopo l'altro. 4 figli e 4 racconti.
Ad un certo punto le voci tacevano e si accendeva la radio; la sintonizzavamo su di una delle radio locali della mia città, le radio libere.
Sempre alla stessa ora, lanciavano uno dei siparietti comici da cabaret di un trio campano, composto da attori giovani e molto bravi.
E noi ragazzi, tutti intorno al tavolo, restavamo in silenzio, ad ascoltare e ridere delle miserie umane che i tre attori mettevano in scena.
Conoscevamo le battute a memoria, esercitandola meglio che con il ripetere le poesie della scuola.
Sembrava burla, cosa da poco  ma era poesia.
Indimenticabile e indimenticata.

Voglio ricordarti con una delle  tue battute più importanti e significative, tratte da Non ci resta che piangere il tuo primo film:

Marta - quando c'è l'amore c'è tutto.

Gaetano - "No chell'è 'a salute".


Già la salute, il tuo terrore, il filo conduttore della tua breve vita.

Ci hai donato tanto e ora ti immagino lassù a cantare e scherzare assieme ad uno dei tuoi più cari amici, Pino.

Lui suona la chitarra e tu canti una delle canzoni più belle al mondo.

Ciao Massimo, buon compleanno.





20 giugno 2014

Na tazzulella e café










Na' tazzulella e' cafè e mai niente cè fanno sapè 
nui cè puzzammo e famme, o sanno tutte quante e invece e c'aiutà c'abboffano e' cafè Na' tazzulella e' cafè ca sigaretta a coppa pe nun verè che stanno chine e sbaglie, fanno sulo mbruoglie s'allisciano se vattono se pigliano o' cafè E nui passammo e uaie e nun puttimmo suppurtà e chiste invece e rà na mano s'allisciano se vattono se magniano a città Na' tazzulella e' cafè acconcia a vocca a chi nun po' sapè e nui tirammo annanz che rulore e' panze e invece e c'aiutà c'abboffano e' cafè Na' tazzulella e' cafè ca' sigaretta a coppa pè nun verè s'aizano e' palazze fanno cose e' pazze ci girano c'avotano ci iengono e' tasse.. 




Mi sono svegliata con in testa e tra le labbra la canzone di Pino Daniele.
E non è "colpa" di Marco Galli&Company ( Ciao Carlotta ) che seguo tutte le mattine alla radio.

Sarà forse malinconia, sarà la mia terra che irrompe.

Sarà che io senza il caffè sono una ciofeca.

Sarà la canzone che è sempre così attuale.


E allora ho pensato ad una vita senza caffè.

No, non ce la posso fare.
Negli ultimi due mesi ci ho dovuto rinunciare, il mio stomaco lo rigettava.
Ora sto riprendendo lentamente, leggero, decaffeinato, con latte.
Ma non vedo l'ora di "farmi" una bella tazza di caffè nero bollente, come piace a me.

E VOI?
Che rapporto avete con la bevanda italiana per eccellenza?
L'amate?
La detestate?
Come lo preferite?
Amaro, dolcissimo, corretto?

Ahahahah


Vi lascio con la versione acustica jazz della canzone, cantata da un Pino Daniele in stato di grazia.







14 settembre 2012

VIOLA ARDONE: LA RICETTA DEL CUORE IN SUBBUGLIO



Questo libro l'ho ricevuto in dono per il mio compleanno da un'amica, Stefy, che mi conosce molto bene.
Solo una persona che ha letto fino in fondo al mio cuore, poteva regalarmi un libro che ha fatto riaffiorare così tanti ricordi che è stato difficile arginarli.
E' stato un turbine questo ritornare indietro, riaffacciarmi alla mia infanzia, rivedere mia nonna, così simile alle diverse figure di nonne raccontate da Viola Ardone nel suo romanzo.
E mia mamma, lontana anni luce dalla madre della protagonista eppure in tante cose e situazioni, uguale.
La prima cosa che mi ha stupito è stato il lessico che utilizzava la protagonista da bambina, molto simile a mio, anzi alcune volte identico.

Ecco due dei brani che mi hanno fatto sgranare gli occhi dallo stupore, voi dovete immaginare me che pronuncio le stesse parole, identiche:
" Mi ha detto Maddalena Sarnacchiaro che è la mia amica del cuore NUMERO 1, che il mio nome non esiste nemmeno sul calendario perchè non c'è nemmeno un santo che si chiama come me e che quindi non ho un onomastico come tutti gli altri." ( Dialogo davvero accaduto tra me e la mia amica del cuore alle elementari, che non si chiamava Sarnacchiaro naturalmente, a proposito del fatto che tutti mi chiamavano Mariella, che secondo lei non esisteva.

" Mi sembra di camminare con i piedi sul soffitto, come ho visto in un film, dove un signore prendeva una piccola rincorsa, saliva sulla parete e poi arrivava al soffitto e invece di cadere riusciva proprio a camminare, senza mai perdere l'equilibrio e poi iniziava pure a ballare.
Io una volta ho pensato di provare. Però appena ho messo un piede vicino al muro del corridoio si è fatta una macchia nero chiaro, della grandezza della mia scarpa. In quel momento è arrivata mia mamma e allora me ne sono andata di là con i piedi molto leggeri. Mia mamma quel giorno non faceva silenzio e quindi iniziò a chiedere ad alta voce CHI ha messo i piedi in faccia al muro anche se credo che lo sapeva che ero stata io. Io però non dicevo niente e giocavo con Dalia, che è la mia bambola preferita NUMERO 1, in cameretta aspettando che mia mamma smetteva di parlare con il muro. E infatti smise." (Uniche differenze, non muro ma carta da parati e la mia bambola NUMERO 1 si chiamava Michela. C'è solo da indovinare il film!).

Rivedere la grande cucina di casa mia, e il tavolo di legno su cui nonna Carmela (mia nonna) preparava la pasta fatta in casa.
Mi è sembrato perfino di potere riascoltare il suono della sua voce, che pensavo di avere dimenticato, con quella cadenza napoletana così familiare e così cara, sempre presente dentro di me.

" Io e mia nonna quando una di noi due combina qualche guaio non lo diciamo a nessuno. E se ci fanno delle domande diciamo boh e ridiamo sotto i baffi cercando di non farci scoprire."
Accadeva che mia nonna, pur essendo molto severa, vivendo con noi, ci coprisse con mia mamma o mio padre quando ne combinavamo una delle nostre e lei riteneva che fosse cosa lieve. Grazie nonna!

Tornando al bel romanzo della Ardone, si divide in due spazi e momenti:
il presente con Dafne che vive la sua vita milanese con sicurezza esteriore ma tanta fragilità interiore e che ha perduto parte del suo passato e non lo rivuole indietro, perchè è sicura che potrebbe farle male;
il passato con Dafne bambina che torna con flash back ad insaputa di Dafne adulta in quella Napoli così uguale ai miei ricordi e malinconicamente immutata;

I due spazi sono nettamente divisi persino nella grafica oltre che nella scrittura e nel lessico.

Centro del racconto è quando la protagonista confusa chiede consiglio alla sua migliore amica Adriana che, le dona una ricetta antica di quelle che si trasmettono da madre in figlia. Ricevuta in dono dalla nonna insieme al suo ricettario.
La ricetta però non è culinaria: è una ricetta d'amore destinata a dare pace al cuore dopo una grande delusione, e questo mi ha emozionato come poche altre volte mi è successo leggendo un libro.

Ora, la ricetta mi era familiare e trovarla scritta tra le pagine di un libro di una persona sconosciuta a me, ma cosi intima da condividere qualcosa di così prezioso, mi ha lasciato senza parole.

Ricetta del cuore in subbuglio.
Ingredienti:
- un cuore in subbuglio bello grande;
- un bicchiere di vetro trasparente;
- acqua corrente q.b.;
- zucchero;
- un cucchiaino;
- un tavolo;
- una sedia;
- una finestra (o un balcone);


Nonna Assuntina, in maniera pratica spiega che bisogna fidarsi della ricetta e che sicuramente avrà successo, mostrando la stessa pazienza e la stessa sicurezza che aveva avuto la mia quando per la prima volta me ne parlò.
Come non appoggiarsi a quella spalla, reclinando il capo per farsi rassicurare e consolare?
Il libro di Viola Ardone è stata la spalla su cui mi sono chinata per rasserenarmi un po' con l'idea di farmi coccolare dal ricordo di chi lo ha fatto tante volte.


A differenza della protagonista, non c'è qualcosa che devo ritrovare.
Ma sicuramente c'è qualcosa che non devo dimenticare.
Non succederà fino a quando  sarò in grado di riavvolgere il filo dei ricordi, ogni volta che se ne presenterà l'occasione.
Come è stato con questo piccolo e prezioso dono.

Grazie Stefy e grazie Viola Ardone.




PS1: non posso finire senza questo ultimo brano.

" Il libro era Piccole Donne Crescono, che è quasi bello come Piccole Donne ma un po' meno perchè ad un certo punto Jo si sposa. Jo è il mio personaggio preferito NUMERO 1 anche perchè prima aveva i capelli lunghissimi e tutti glieli ammiravano ma poi se li è tagliati corti, come me. Per fare piacere alla famiglia che era povera. Ma anche per potere diventare maschio io credo."

Ho avuto i capelli corti solo due volte nella mia vita.
La prima volta mi era andata bene, perchè odiavo i miei ricci scomposti e da bambina volevo essere JO MARCH.
La seconda invece ci sono stata malissimo e per mesi mi sono odiata per la decisione presa alla vigilia del matrimonio di mia sorella.
Non è più successo e non succederà mai più.

PS2: vi ho dato gli ingredienti per la ricetta ma la spiegazione no.
Quella dovrete cercarla dentro di voi.






17 dicembre 2011

EVVIVA O BABA' DELLE FESTE









Per me il Natale è casa, famiglia, mia madre che canta mentre prepara da mangiare.

E allora per festeggiarlo in gloria senza troppi fronzoli inutili, vi lascio la ricetta del Babà di mia mamma.

Abbiatene cura, perchè è preziosa, come il mio amore per lei.

Cercherò di fotografarla mentre lo prepara, così vi farò respirare un pochetto di casa mia.

Ricetta per circa 10 persone.


la pasta:
300 gr di farina
7o gr di burro
3 uova
un pizzico di sale
(125 gr di patate)
1 dado di lievito
1 cucchiaio da tavola di zucchero
(un poco di latte se volete)

il giulebbe e lo sciroppo:
450 gr di zucchero
circa un mezzo bicchiere d'acqua  o anche più dipende da voi di rhum
450 gr di acqua







Mia madre comincia con lasciare fuori dal frigo circa due ore prima le uova, il lievito e il burro.
Poi scioglie il lievito in un pochino di acqua tiepida.
Lo impasta con un pungo di farina e poca acqua e lascia lievitare, coperto, in un luogo tiepido a dire il vero lo lascia sul termosifone tiepido.

Poi in una terrina molto grande, prepara il resto della farina, il burro, lo zucchero e il sale.
Impasta tutto e poi aggiunge una alla volta le uova e il panetto di lievito ormai lievitato.

 La pasta potrebbe essere poco morbida, allora in questo caso lei  aggiunge un po' di latte e  la lavora energicamente, sbattendola con la mano, per farla staccare dalla terrina.



A questo punto unge lo stampo completamente; sistema all'interno la pasta pareggiandola per bene, copre e lascia in un punto della casa coperto e al caldo finchè non raddoppia il volume.

Abbiate pazienza nell'aspettare la lievitatura  il periodo può variare da un'ora a parecchie; il tempo dipende da tanti fattori, come la temperatura del luogo e della lavorazione; mia madre lo lascia coperto più di un'ora dopo averlo lavorato tantissimo.




Quando la pasta ha raddoppiato il volume fate la prova del dito: toccatela e se la sentite molto morbida e spugnosa allora è il momento di infornare.

Lei preriscalda il forno a 180° per dieci minuti.

Il babà deve cuocere per circa 3 quarti d'ora: dovrà apparire  dorato in superficie e asciutto all'interno.
Fa la prova dello stecchino, se dopo averlo introdotto lo tira fuori bello asciutto, è pronto.
Toglie dal forno, copre con un panno pulito e poi in una coperta di lana e  lo lascia riposare per oltre un'ora.


E' il momento di passare allo sciroppo:
per un minuto fa bollire lo zucchero e l'acqua, aggiunge il rhum e lascia bollire brevemente prima di utilizzarlo.

Direttamente sul babà con un cucchiaio versa lo sciroppo ancora caldo, poco alla volta, attentamente.

Finito il bagno, lo toglie dallo stampo e lo poggia sul piatto di portata.

Pronto!



Alla versione di mia mamma ho aggiunto un pizzico di Mariella.
Io vi suggerisco di unire all'impasto una patata lessata e passata due volte circa 125 gr.
Provate e scoprite il risultato!






Come nota bibliografica aggiungo che il dolce nasce in Polonia nel 1700 e poi introdotto in Francia dal re detronizzato Stanislao Leczinki alla corte di luigi XV.
Da quel momento si diffonde in tutta Europa.
Ma è solo a Napoli che avviene l'incantesimo dell'unione con il rhum e nasce la leggenda.