Immerso in quel grigio reticolo di basoli vesuviani e muri screpolati sorto su di un bacino giaioso e insalubre oggi conosciuto come Arenaccia, mi ritrovo a costeggiare il muro di cinta del Cimitero degli Inglesi in direzione Santa Maria della Fede, percorrendo quella via Miraglia aperta di recente dopo 20 anni di abbandono. Gli echi di una piazza ritrovata rappresentano un richiamo irresistibile per chi è cresciuto a ridosso (e all’interno) del Cimitero Acattolico di Santa Maria della Fede, uno scrigno dal valore inestimabile incastonato in una delle aree più popolari e urbanizzate d’Europa.
Scrivo perché mi scappa da scrivere...
21 febbraio 2022
02 maggio 2021
[RICETTE TRADIZIONALI] ZITI ALLA GENOVESE
Non credo di riuscire a farvi comprendere appieno il gusto inimitabile del primo piatto di cui vi parlo oggi. Ho scattato diverse foto nella speranza di aiutarmi, ma vedremo solo alla fine se riuscirò a costringervi a correre verso il supermercato più vicino e a farvi acquistare l'indispensabile per prepararlo. Io vi dico solo: provateci e non vi pentirete. È un altro piatto principe della cucina napoletana, si divide la corona assieme al ragù di cui vi ho parlato (QUI).
Devo farvi una confessione, per quanto io sia innamorata del ragù di nonna, il mio palato e anche il mio stomaco ritengono più delicata e più saporita questa prelibatezza, nonostante la cipolla. Il ragù, con i suoi diversi tipi di carne e la cottura lunga possono creare sì dipendenza, ma pure una gran pesantezza a fine pasto. Una pietanza superba e delicata che si chiama Genovese ma non ha nulla da spartire con la città ligure. L'origine del suo nome fa riferimento agli osti genovesi che si erano stabiliti nella città partenopea alla fine del seicento. Avevano l'abitudine di cucinare la carne nel modo in cui è poi arrivata fino a noi.
Ma andiamo a cominciare.
30 gennaio 2021
[SABATO DI POESIA] FANTASIA DI EDUARDO DE FILIPPO
Pigliammoce sta vita cumme vene,
llassammo for' 'a porta 'a pucundria,
mparammece a campà c' 'a fantasia:
nce sta cosa cchiù bella pè campà?
'A fantasia se sceta ogne matina
comme si fosse prencepe rignante,
affonna 'e mane aperte int' 'e brillante
e nun s' 'e ppiglia: che s' 'e ppiglia a ffa?
E che curredo tene! Nu mantello
ca luce cchiù d''o sole e nun è d'oro;
quanno se mena ncuollo stu tesoro,
abbaglia 'a vista: nun se può guardà.
Pò tene nu relogio cumpiacente,
cu sissanta minute d'allegria,
mmiez' 'o quarante liegge: FANTASIA
e fa tà-tì, tà-tì, nun fa tì-tà...
(EDUARDO DE FILIPPO 1956 - DA LE POESIE - EDIZIONI EINAUDI)
19 novembre 2020
POSTITIZIE: IL TAMPONE SOSPESO
| BASILICA DI SAN SEVERO - NAPOLI (FONTE WEB) |
Questa rubrica sta diventando giornaliera.😀
È l'effetto che mi fa, in primis, leggere buone notizie, direttamente proporzionale alla pubblicazione sul mio blog.
Torno nella mia terra, nella città natale di mia madre: Napoli. Dopo avere osservato con raccapriccio e indignazione l'orrendo passeggio dei napoletani sul lungomare di Via Caracciolo, in sfregio ad ogni senso di responsabilità, avevo deciso, dopo averli mandati a quel paese con vero piacere, di non occuparmi più di loro per un po'.
E invece, il cuore del popolo partenopeo, quello vero, non quello incoerente e irresponsabile visto nei giorni scorsi, ha saputo nuovamente sorprendermi.
Vantano un'antichissima tradizione di solidarietà e di amore per il prossimo. A ciò si deve una delle loro più belle e famose consuetudini: IL CAFFÈ SOSPESO. Nata, pare, per calmare le dispute che spesso nascevano tra amici o parenti al momento di pagare il conto del bar. Nell'incertezza di chi dovesse o meno saldare, si lasciava un importo che includeva anche una somma messa a disposizione per il cliente successivo, nel caso di un bisognoso. E così, nel corso del tempo, questa bellissima iniziativa è rimasta e si è consolidata. A Napoli è sacra, nella maggior parte dei bar c'è la cassetta (qui caffè sospeso) in cui finisce il "pensiero" altruista. Negli ultimi anni, si è diffusa un po' ovunque. Quando mi è successo di notarlo, ho immediatamente sorriso complimentandomi con i baristi.
Lo stesso sorriso che mi ha strappato il venire a conoscenza della sua gemella: IL TAMPONE SOLIDALE E IL TAMPONE SOSPESO. Nata nel quartiere Sanità della città partenopea, grazie all'opera dell'Associazione SAdiSA e del suo Presidente, Angelo Melone. Nella Basilica di San Severo (chiesa splendida) si sono organizzati con personale medico formato da volontari per fare tamponi alla popolazione del quartiere. Il costo è di 18 euro. Ma per chi non può pagare (è uno dei quartieri più problematici e in difficoltà della città) c'è il tampone sospeso. Chi se lo può permettere lascia un offerta per i meno abbienti. In totale, al momento, ci sono state 500 adesioni. Ma l'obiettivo è quello di raggiungere almeno diecimila test come primo step e di certo non vogliono fermarsi qui.
Il numero da contattare per prenotarsi è il seguente: 3792151320. Poi si seguono tutte le direttive degli ordinamenti regionali.
Un'altra bella notizia che unisce il cuore solidale delle persone.
21 luglio 2020
POSTITIZIE: IL CAFFÈ PATRIMONIO DELL'UMANITÀ
24 maggio 2020
EDUARDO DE FILIPPO: SI CUCINE CUMM'È VOGLI'I I'''
14 maggio 2020
POSTITIZIE:I DOLCI MOMENTI DI NAPOLI
| PASTICCERIA DOLCI MOMENTI (IMMAGINE DAL WEB) |
Una pasticceria di Napoli alla riapertura della Fase 2,ricomincia con un pensiero per i più bisognosi a cui regala i suoi prodotti dolciari.
fonti: Positizie.it
09 agosto 2019
IL RIONE LUZZATTI E L'AMICA GENIALE
| Foto privata di Antonio S. |
| foto privata di Antonio S. |
| Foto privata di Antonio S. |
| Foto privata di Antonio S. |
| Foto privata di Antonio S. |
| Foto privata di Antonio S. |
| Foto privata di Antonio S. |
| Foto privata di Antonio S. |
| Foto privata di Antonio S. |
| Foto privata di Antonio S. |
| Foto privata di Antonio S. |
Per qualche giorno il mio blog sarà in pausa, da oggi partono ufficialmente le mie vacanze.
Vi abbraccio tutti.
19 febbraio 2018
19 FEBBRAIO.
20 giugno 2014
Na tazzulella e café
Mi sono svegliata con in testa e tra le labbra la canzone di Pino Daniele.
Sarà forse malinconia, sarà la mia terra che irrompe.
Sarà che io senza il caffè sono una ciofeca.
Sarà la canzone che è sempre così attuale.
E allora ho pensato ad una vita senza caffè.
No, non ce la posso fare.
Negli ultimi due mesi ci ho dovuto rinunciare, il mio stomaco lo rigettava.
Ora sto riprendendo lentamente, leggero, decaffeinato, con latte.
Ma non vedo l'ora di "farmi" una bella tazza di caffè nero bollente, come piace a me.
E VOI?
Che rapporto avete con la bevanda italiana per eccellenza?
L'amate?
La detestate?
Come lo preferite?
Amaro, dolcissimo, corretto?
Ahahahah
Vi lascio con la versione
14 settembre 2012
VIOLA ARDONE: LA RICETTA DEL CUORE IN SUBBUGLIO
Questo libro l'ho ricevuto in dono per il mio compleanno da un'amica, Stefy, che mi conosce molto bene.
Solo una persona che ha letto fino in fondo al mio cuore, poteva regalarmi un libro che ha fatto riaffiorare così tanti ricordi che è stato difficile arginarli.
E' stato un turbine questo ritornare indietro, riaffacciarmi alla mia infanzia, rivedere mia nonna, così simile alle diverse figure di nonne raccontate da Viola Ardone nel suo romanzo.
E mia mamma, lontana anni luce dalla madre della protagonista eppure in tante cose e situazioni, uguale.
La prima cosa che mi ha stupito è stato il lessico che utilizzava la protagonista da bambina, molto simile a mio, anzi alcune volte identico.
Ecco due dei brani che mi hanno fatto sgranare gli occhi dallo stupore, voi dovete immaginare me che pronuncio le stesse parole, identiche:
" Mi ha detto Maddalena Sarnacchiaro che è la mia amica del cuore NUMERO 1, che il mio nome non esiste nemmeno sul calendario perchè non c'è nemmeno un santo che si chiama come me e che quindi non ho un onomastico come tutti gli altri." ( Dialogo davvero accaduto tra me e la mia amica del cuore alle elementari, che non si chiamava Sarnacchiaro naturalmente, a proposito del fatto che tutti mi chiamavano Mariella, che secondo lei non esisteva.
" Mi sembra di camminare con i piedi sul soffitto, come ho visto in un film, dove un signore prendeva una piccola rincorsa, saliva sulla parete e poi arrivava al soffitto e invece di cadere riusciva proprio a camminare, senza mai perdere l'equilibrio e poi iniziava pure a ballare.
Io una volta ho pensato di provare. Però appena ho messo un piede vicino al muro del corridoio si è fatta una macchia nero chiaro, della grandezza della mia scarpa. In quel momento è arrivata mia mamma e allora me ne sono andata di là con i piedi molto leggeri. Mia mamma quel giorno non faceva silenzio e quindi iniziò a chiedere ad alta voce CHI ha messo i piedi in faccia al muro anche se credo che lo sapeva che ero stata io. Io però non dicevo niente e giocavo con Dalia, che è la mia bambola preferita NUMERO 1, in cameretta aspettando che mia mamma smetteva di parlare con il muro. E infatti smise." (Uniche differenze, non muro ma carta da parati e la mia bambola NUMERO 1 si chiamava Michela. C'è solo da indovinare il film!).
Rivedere la grande cucina di casa mia, e il tavolo di legno su cui nonna Carmela (mia nonna) preparava la pasta fatta in casa.
Mi è sembrato perfino di potere riascoltare il suono della sua voce, che pensavo di avere dimenticato, con quella cadenza napoletana così familiare e così cara, sempre presente dentro di me.
" Io e mia nonna quando una di noi due combina qualche guaio non lo diciamo a nessuno. E se ci fanno delle domande diciamo boh e ridiamo sotto i baffi cercando di non farci scoprire."
Accadeva che mia nonna, pur essendo molto severa, vivendo con noi, ci coprisse con mia mamma o mio padre quando ne combinavamo una delle nostre e lei riteneva che fosse cosa lieve. Grazie nonna!
Tornando al bel romanzo della Ardone, si divide in due spazi e momenti:
il presente con Dafne che vive la sua vita milanese con sicurezza esteriore ma tanta fragilità interiore e che ha perduto parte del suo passato e non lo rivuole indietro, perchè è sicura che potrebbe farle male;
il passato con Dafne bambina che torna con flash back ad insaputa di Dafne adulta in quella Napoli così uguale ai miei ricordi e malinconicamente immutata;
I due spazi sono nettamente divisi persino nella grafica oltre che nella scrittura e nel lessico.
Centro del racconto è quando la protagonista confusa chiede consiglio alla sua migliore amica Adriana che, le dona una ricetta antica di quelle che si trasmettono da madre in figlia. Ricevuta in dono dalla nonna insieme al suo ricettario.
La ricetta però non è culinaria: è una ricetta d'amore destinata a dare pace al cuore dopo una grande delusione, e questo mi ha emozionato come poche altre volte mi è successo leggendo un libro.
Ora, la ricetta mi era familiare e trovarla scritta tra le pagine di un libro di una persona sconosciuta a me, ma cosi intima da condividere qualcosa di così prezioso, mi ha lasciato senza parole.
Ricetta del cuore in subbuglio.
Ingredienti:
- un cuore in subbuglio bello grande;
- un bicchiere di vetro trasparente;
- acqua corrente q.b.;
- zucchero;
- un cucchiaino;
- un tavolo;
- una sedia;
- una finestra (o un balcone);
Nonna Assuntina, in maniera pratica spiega che bisogna fidarsi della ricetta e che sicuramente avrà successo, mostrando la stessa pazienza e la stessa sicurezza che aveva avuto la mia quando per la prima volta me ne parlò.
Come non appoggiarsi a quella spalla, reclinando il capo per farsi rassicurare e consolare?
Il libro di Viola Ardone è stata la spalla su cui mi sono chinata per rasserenarmi un po' con l'idea di farmi coccolare dal ricordo di chi lo ha fatto tante volte.
A differenza della protagonista, non c'è qualcosa che devo ritrovare.
Ma sicuramente c'è qualcosa che non devo dimenticare.
Non succederà fino a quando sarò in grado di riavvolgere il filo dei ricordi, ogni volta che se ne presenterà l'occasione.
Come è stato con questo piccolo e prezioso dono.
Grazie Stefy e grazie Viola Ardone.
PS2: vi ho dato gli ingredienti per la ricetta ma la spiegazione no.
Quella dovrete cercarla dentro di voi.
17 dicembre 2011
EVVIVA O BABA' DELLE FESTE
Per me il Natale è casa, famiglia, mia madre che canta mentre prepara da mangiare.
E allora per festeggiarlo in gloria senza troppi fronzoli inutili, vi lascio la ricetta del Babà di mia mamma.
Abbiatene cura, perchè è preziosa, come il mio amore per lei.
Cercherò di fotografarla mentre lo prepara, così vi farò respirare un pochetto di casa mia.
Ricetta per circa 10 persone.
la pasta:
300 gr di farina
7o gr di burro
3 uova
un pizzico di sale
(125 gr di patate)
1 dado di lievito
1 cucchiaio da tavola di zucchero
(un poco di latte se volete)
il giulebbe e lo sciroppo:
450 gr di zucchero
circa un mezzo bicchiere d'acqua o anche più dipende da voi di rhum
450 gr di acqua
Mia madre comincia con lasciare fuori dal frigo circa due ore prima le uova, il lievito e il burro.
Poi scioglie il lievito in un pochino di acqua tiepida.
Lo impasta con un pungo di farina e poca acqua e lascia lievitare, coperto, in un luogo tiepido a dire il vero lo lascia sul termosifone tiepido.
Poi in una terrina molto grande, prepara il resto della farina, il burro, lo zucchero e il sale.
Impasta tutto e poi aggiunge una alla volta le uova e il panetto di lievito ormai lievitato.
La pasta potrebbe essere poco morbida, allora in questo caso lei aggiunge un po' di latte e la lavora energicamente, sbattendola con la mano, per farla staccare dalla terrina.
A questo punto unge lo stampo completamente; sistema all'interno la pasta pareggiandola per bene, copre e lascia in un punto della casa coperto e al caldo finchè non raddoppia il volume.
Abbiate pazienza nell'aspettare la lievitatura il periodo può variare da un'ora a parecchie; il tempo dipende da tanti fattori, come la temperatura del luogo e della lavorazione; mia madre lo lascia coperto più di un'ora dopo averlo lavorato tantissimo.
Quando la pasta ha raddoppiato il volume fate la prova del dito: toccatela e se la sentite molto morbida e spugnosa allora è il momento di infornare.
Lei preriscalda il forno a 180° per dieci minuti.
Il babà deve cuocere per circa 3 quarti d'ora: dovrà apparire dorato in superficie e asciutto all'interno.
Fa la prova dello stecchino, se dopo averlo introdotto lo tira fuori bello asciutto, è pronto.
Toglie dal forno, copre con un panno pulito e poi in una coperta di lana e lo lascia riposare per oltre un'ora.
E' il momento di passare allo sciroppo:
per un minuto fa bollire lo zucchero e l'acqua, aggiunge il rhum e lascia bollire brevemente prima di utilizzarlo.
Direttamente sul babà con un cucchiaio versa lo sciroppo ancora caldo, poco alla volta, attentamente.
Finito il bagno, lo toglie dallo stampo e lo poggia sul piatto di portata.
Pronto!
Alla versione di mia mamma ho aggiunto un pizzico di Mariella.
Io vi suggerisco di unire all'impasto una patata lessata e passata due volte circa 125 gr.
Provate e scoprite il risultato!
Come nota bibliografica aggiungo che il dolce nasce in Polonia nel 1700 e poi introdotto in Francia dal re detronizzato Stanislao Leczinki alla corte di luigi XV.
Da quel momento si diffonde in tutta Europa.
Ma è solo a Napoli che avviene l'incantesimo dell'unione con il rhum e nasce la leggenda.