Ho letto il bel post di CRISTIANA MARZOCCHI, dedicato ad un articolo dello scrittore israeliano David Grossman e pubblicato su REPUBBLICA.IT.
Lui dice che dopo la PESTE, torneremo ad essere umani. Ci faremo le domande giuste e proveremo a dare le risposte.
Insomma, nel bene e nel male, l'uomo si scoprirà migliore.
Lungi da me contestare questa sua affermazione, ma permettetemi di dire che un po' di dubbi ce li ho. Non credo che l'uomo impari dai suoi errori. Dopo la pandemia ed in piena fase 2, dovremo fare i conti con una crisi economico-sociale spaventosa. Ci metteremo due secondi a fare nuovamente male al nostro pianeta e di conseguenza a noi e ai nostri figli. I mari, fiumi e laghi, saranno invasi dall'inquinamento delle falde ad opera delle fabbriche, l'aria sarà di nuovo oppressa dallo smog per lo stesso motivo di cui sopra, il pensiero del denaro tornerà ad ottenebrarci la mente, il tempo, che abbiamo imparato a coccolare e a cui abbiamo affidato i nostri pensieri più belli e positivi, tornerà ad essere un miraggio.
Insomma, tutto come prima. E non sono tragica, sono realista.
L'unica speranza dovremmo riporla nei giovani. Distogliendo la mente dalla visione della Movida dell'ultimo fine settimana identico da nord a sud, io vorrei lasciarvi con un pensiero tratto da uno dei libri di Grossman che amo di più, Qualcuno con cui correre.
Il protagonista maschile Assaf, è un sedicenne timido e impacciato, mentre insegue un cane per le strade di Gerusalemme viene condotto in luoghi impensati e conosce personaggi inquietanti.
Fino ad incontrare Tamar, una ragazza solitaria e ribelle. Assaf rimane affascinato da Tamar e decide di andare fino in fondo, di correre con lei...
Metaforicamente Tamar, simbolo di un futuro migliore, potrebbe essere la salvezza per i nostri ragazzi e allo stesso tempo, la nostra.
Anche in questo caso se non avete letto il romanzo di Grossman ve lo consiglio: è un libro da leggere assolutamente.
"Non sapeva dove andare. Forse si sarebbe recato nell'isola pedonale di Ben Yehudi, alla ricerca del chitarrista di cui aveva parlato Sergej. Non aveva nessuna voglia di incontrarlo e non aveva nemmeno la forza di fare una cosa tanto semplice come camminare in una via affollata, vedere persone sconosciute o parlare con parole di uso comune. Aveva la sensazione che nel poco tempo in cui era rimasto nascosto tra le siepi fosse successo qualcosa di nuovo, di solenne. Non solo a lui, ma in generale, nel mondo. Non era possibile che tutto andasse avanti come prima. Sentì l'urgenza di incontrare Tamar per raccontarglielo. Forse non avrebbe dovuto nemmeno raccontarglielo. Forse lei lo aveva già capito da sola, ovunque si trovasse, senza nemmeno conoscerlo, senza sapere niente di lui. Forse l'aveva già sentito."