Nelle ultime settimane siamo stati investiti da diversi episodi social che hanno lucidamente messo in mostra quanto quel mondo si stia ammalando di odio. O forse, lo è già da parecchio tempo. Abbiamo visto con il caso Ferragni prima (tra pandori, uova di pasqua e opacità benefiche) e con l'evento più grave, il suicido della ristoratrice Giovanna Pedretti, quanto male possono fare i cosiddetti odiatori del web.
Per i blog non sono una novità, da anni, coperti da anonimato, hanno rotto gli argini dell'educazione e del rispetto, infangato e stolkerato molti di noi. Alcuni come me, hanno alla fine impedito a suddetti personaggi di commentare mettendo alcuni paletti. E penso sia la soluzione più adatta.
Sui social è diverso. Profili fake e non invadono le pagine IG, FB e X, appena hanno il sentore della debolezza di chi vogliono aggredire. Spesso si parte da una notizia riportata sui giornali e sul web senza essere stata prima verificata dai giornalisti che l'hanno data in pasto a tutti (il caso Pedretti) e poi,quando finalmente qualcuno si è posto le domande giuste e una casualità ha portato alla tragedia, questi ultimi scontano tutto l'odio devastante nato preferibilmente dall'invidia. Perché l'invidia anima i social. Chi passa le sue giornate a sbriciare i successi altrui (successi che a volte vengono enfatizzati ad hoc) aspetta solo una caduta per poter infierire e sfogare la sua rabbia.
Come fare a limitare tutto ciò? Sicuramente regolamentando, finalmente, il mondo social. E magari tenendo presente che tutta quella rabbia e quell'invidia in primis fa male più a loro. E certamente non placa il loro essere inadeguati e stupidi.
Come diceva Umberto Eco: I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli».