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martedì 26 novembre 2024

Giurato numero 2 (2024)

Ho rischiato di non riuscirci, anche a causa di orari tremendi, ma mi sono incaponita e, alla fine, ho visto in sala Giurato numero 2 (Juror #2), diretto dal regista Clint Eastwood


Trama: Justin Kemp è convocato come giurato per un caso di omicidio, proprio mentre la moglie è quasi giunta al termine di una difficile gravidanza. Il caso sembra di facile risoluzione, ma non tutto è come sembra...


Sono andata a vedere Giurato numero 2 non tanto perché sia fan di Clint Eastwood (ho saltato Cry Macho senza troppi problemi e ancora non l'ho recuperato), né perché il film sia stato pubblicizzato come "l'ultimo" del regista, ma perché quasi tutti quelli che lo hanno visto lo hanno incensato come un'opera splendida. Considerato che il courtroom drama è un genere che interessa molto al Bolluomo, ho colto l'occasione per andare al cinema con lui, cosa che non succedeva da almeno un mesetto, ed entrambi siamo usciti dalla sala soddisfatti. Io con lo stomaco chiuso e lui agghiacciato, è vero, ma comunque felici. Forse è troppo arrivare a citare Mystic River, nel descrivere la sensazione di pesantezza ineluttabile, di angoscia che mi ha presa durante la visione di Giurato numero 2, ma sicuramente mi è venuta voglia di riguardarlo e di farlo vedere a Mirco, perché molto di quest'ultimo Eastwood mi ha ricordato quello che, per me, è il suo capolavoro. E, ovviamente, c'è tanto anche di un'opera più recente, Richard Jewell, e almeno una citazione di un film talmente distante dalla cinematografia di Eastwood, da non sembrare nemmeno suo, Mezzanotte nel giardino del bene e del male, che mi sento di dover quotare: "Truth, like art, is in the eye of the beholder. You believe what you choose, and I'll believe what I know". Giurato numero 2 parla di pregiudizi, di ciò che le persone scelgono di credere, e di uno stato che le abbandona, mosso da obiettivi che non sono certo la protezione del comune cittadino. E' un film che si fonda sul dilemma morale di un protagonista che, con pochi elementi ficcanti, ci viene presentato fin da subito come un uomo che ne ha passate tante ed è a pochi giorni dall'ottenere una felicità completa. Tuttavia, Justin, a causa di un tragico errore commesso in buonafede, rischia di perdere di nuovo tutto e l'unico modo per evitare che succeda è lasciare che la "giustizia" faccia il suo corso, abbattendosi su un uomo dal passato peggiore del suo, il quale, però, questa volta è innocente. Per salvare capra e cavoli, sgravandosi la coscienza, Justin combatte contro una giuria già pronta ad emettere un verdetto viziato da pregiudizi (razziali, sessuali, sociali, ecc.) e un avvocato dell'accusa in cerca di voti, consapevole che, per gli stessi motivi, anche la sua verità verrebbe travisata, valendogli la fine di un'esistenza finalmente felice. L'angoscia, in Giurato numero 2, sta nel vedere un uomo normale farsi "mostro" per continuare a vivere. Sta nell'orrore della consapevolezza di non potersi liberare dalle etichette negative, una volta che ci si sono appiccicate addosso. Sta nel realizzare, tristemente, che la giustizia è sì uguale per tutti, ma non è perfetta perché viene lasciata nelle mani di esseri umani che, quel giorno, magari vogliono solo tornare a casa presto, sono stanchi, ti hanno già giudicato colpevole per motivi che esulano dal caso specifico, non hanno voglia di riflettere troppo, nonostante abbiano (a volte letteralmente) la tua vita tra le mani. Umani, appunto, costretti a fare un lavoro divino.


L'angoscia, in Giurato numero 2, sta nella verosimiglianza di ciò che Clint Eastwood racconta, ancor più enfatizzata dal suo stile asciutto. La regia del Grande Vecchio è priva di fronzoli, non mostra niente più di quel che serve per capire, con uno sguardo, i personaggi, ciò che li muove e la posta in gioco; addirittura, le fasi iniziali del processo possono tranquillamente definirsi un esempio di anticlimax, perché non ci sono quelle esagerazioni teatrali tipiche del genere, con arringhe infinite e sottili strategie di avvocati superstar. E' tutto piuttosto banale, direi quasi squallido, e per questo ancora più credibile e "vicino" alla quotidianità del pubblico. Nonostante questo, il dilemma morale di Justin, reso palese dopo pochi minuti di film, viene gestito coi ritmi di un thriller e coinvolge per l'impossibilità di incasellare i personaggi in ruoli predefiniti di "buono" o "cattivo"; naturalmente, l'istinto è quello di parteggiare per Justin, persino di sperare nella sua "vittoria" (se di vittoria si può parlare), ma ci sono momenti in cui la volontà di chiudere gli occhi e far finta di nulla si incrinano davanti ad atteggiamenti e scelte moralmente non condivisibili, soprattutto verso il finale. Geniale, in questo, scegliere di far interpretare Justin a Nicholas Hoult, con quella faccia da bravo ragazzo adombrata da occhi di un azzurro freddo, che a volte gli danno un che di calcolatore ed ambiguo. Dove non c'è incertezza, invece, è nello sguardo di Toni Collette. Ho visto il film doppiato ma, giuro, l'occhiataccia fulminante arrivata al culmine del confronto tra Faith e Justin ha costretto persino me a chinare la testa dalla vergogna di avere anche solo pensato di parteggiare per il protagonista. Scherzi a parte (e chi scherza, sulla maestosa Collette?) Giurato numero 2 è un piccolo miracolo in cui si incastrano alla perfezione tutti gli elementi (narrativi, tecnici, attoriali e registici) che contribuiscono a rendere grande un film. Se questa, come dicono in tanti, sarà l'ultima pellicola di Eastwood, mi sento di affermare che il vecchio Clint ha concluso la sua carriera a testa alta, con un film lucido, attuale e perfettamente coerente con la sua pluriennale poetica. Considerato quanti registi più giovani hanno ormai abbracciato allegramente un rincoglionimento consapevole, c'è solo da ammirarlo ed augurargli di fare Cinema ancora per un po' di tempo, perché ne abbiamo un maledetto bisogno.
 

Del regista Clint Eastwood ho già parlato QUI. Nicholas Hoult (Justin Kemp), Zoey Deutch (Allison Crewson), Toni Collette (Faith Killebrew), Leslie Bibb (Denice Aldworth), J.K. Simmons (Harold), Chris Messina (Eric Resnick), Gabriel Basso (James Michael Sythe), Francesca Eastwood (Kendall Carter) e Kiefer Sutherland (Larry Lasker) li trovate invece ai rispettivi link.


Se Giurato numero 2 vi fosse piaciuto recuperate Richard Jewell, Mystic River e La parola ai giurati. ENJOY!


domenica 26 aprile 2020

Bollalmanacco On Demand: Brivido nella notte (1971)

Torna il Bollalmanacco On Demand! Oggi si parla di un film richiesto da Rosario, l'esordio di Clint Eastwood alla regia, ovvero Brivido nella notte (Play Misty for Me), da lui diretto nel 1971. Il prossimo film On Demand sarà Legami!. ENJOY!


Trama: dopo una notte passata con Evelyn, il DJ Dave è convinto di poter tornare alla sua vita normale ma la donna non è dello stesso avviso e comincia a perseguitarlo.



L'esordio alla regia di Clint Eastwood è un thriller a base di deejay donnaioli e donne che di questi uomini non ne hanno abbastanza, tanto da fare carte false per averli. Scherzi a parte, il disturbo di Evelyn è serio e non è imputabile a meri capricci, ma ovviamente parliamo di un thriller, quindi viene tutto portato all'estremo e girato in modo da far passare Dave, il protagonista, per povera vittima. La realtà, almeno vista con gli occhi consapevoli di una donna del 2020, è che Dave è uno stronzo matricolato e non è facile empatizzare con lui, uomo privo di nerbo guidato da un egoismo fuori scala, che prima accetta le avances di Evelyn poi, quando la donna dimostra di essere un po' troppo pretenziosa ed invadente, la manderebbe anche al diavolo, se non fosse che non è da uomo non favorire quando la tavola è imbandita. Nel frattempo, il buon Dave decide anche di riconquistare la donna di cui è davvero innamorato, biondina "libera" mollata perché rea di avere una casa piena di distrazioni (leggi: coinquiline che cambiano ogni due giorni) e tornata all'ovile dopo messi passati a guarire il cuore spezzato in una cittadina lontana, e quando Evelyn si mette in mezzo per rovinare il rinnovato idillio Dave sbrocca. Sbrocca nella misura in cui, a dimostrazione di quanto sia un pirla egoista, decide di non dire a nessuno di Evelyn, neppure quando cominciano a scapparci feriti gravi e morti, non si sa bene per quale motivo, forse giusto per non sputtanarsi la carriera ma, andiamo, se non fossi consapevole di essere un pirla egoista capiresti che la carriera non ti verrebbe sputtanata solo perché sei perseguitato da una matta stalker. E sì, sto scrivendo in un momento di nervoso e si vede, perché sto trattando male un film che non lo merita, in quanto opera prima giustamente piena di ingenuità ma anche di elementi positivi.


Clint Eastwood ci mette la faccia ed è divertente vedere come il regista granitico ed impegnato di oggi abbia cominciato impegnandosi per fare le cose in grande e dimostrare di avere "occhio". Il film è infatti un susseguirsi di panoramiche dei paesaggi di Carmel-by-the-Sea (di cui peraltro Clint è poi diventato sindaco), con l'elegantissima macchina di Dave che viaggia sulle strade a ridosso del mare, passando per scogliere e altri scorci bellissimi, ma non solo; c'è un'intera, lunga sequenza da romanzo Harmony in cui Dave e la bionda fidanzata amoreggiano in mezzo a boschi lussureggianti e cascatelle per poi concludere l'appuntamento davanti al tramonto più perfetto che abbiate mai visto, e anche un momento da documentario musicale, ambientato durante un festival Jazz che si stava tenendo proprio durante le riprese. A queste panoramiche "ambientali" d'effetto ci sono molte sequenze in cui Clint si appropria degli stilemi del thriller dell'epoca, con primi piani di lame che scintillano nel buio, occhi stravolti dalla follia e momenti di sanguinosa violenza, che paiono quasi stridere con la colonna sonora Jazz che percorre tutto il film, a cominciare dalla Misty del titolo originale. Tra gli attori, spicca ovviamente Jessica Walter, il cui fascino dimesso e quasi timido dell'inizio cede il posto alla follia di una scaricatrice di porto innamorata, mentre il povero Clint, ammettiamolo, sarà anche molto affascinante ma ha una fissità di sguardo che non lo rende granché adatto al ruolo di Dave. Ma come ho detto prima, sto scrivendo il post in un momento di nervoso e non vorrei che pensaste che Brivido nella notte non mi sia piaciuto, quando invece è un thriller interessante e una chicca per tutti i fan del duro e puro Eastwood, da guardare ovviamente con occhio indulgente!


Del regista Clint Eastwood, che interpreta anche Dave, ho già parlato QUI mentre Don Siegel, che compare nel ruolo di Murph il barista, lo trovate QUA.



Se Brivido nella notte vi fosse piaciuto recuperate Attrazione fatale e Misery non deve morire. ENJOY!

venerdì 24 gennaio 2020

Richard Jewell (2019)

Non si può ignorare un film diretto da Clint Eastwood quando esce al cinema, soprattutto se, come questo Richard Jewell, è anche candidato all'Oscar per la migliore attrice non protagonista.


Trama: Richard Jewell, agente di sicurezza, trova una bomba durante una manifestazione al Centennial Park di Atlanta in occasione delle Olimpiadi ed evita così un conteggio delle vittime ancora più grave. L'FBI, tuttavia, lo accusa di essere l'attentatore...


Tutto il mondo è paese, e il paese, consentitemi di dirlo con volgarità, sta andando a puttane, lo ha sempre fatto. E' una cosa che il cinema ci sta mettendo sotto il naso da tanti anni, aprendoci gli occhi su come le istituzioni non sono poi così adamantine come dovrebbero essere e su come i media troppo spregiudicati facciano l'esatto contrario di quello che dovrebbe fare il buon giornalismo, ovvero informare, limitandosi al becero sensazionalismo quando va bene (sto pensando agli exploit del nostro adorato Capitone verde, che adesso s'è messo a molestare anche la gente al citofono) e a mettere in croce le persone quando va male. A Richard Jewell, guardia di sicurezza con qualche problemino a livello fisico e mentale ma convinto al 100% del funzionamento delle istituzioni, della polizia e del governo, è andata malissimo nel 1996, anno in cui ha scoperto che a farsi i fatti propri avrebbe potuto campare cent'anni, e pazienza se a rimetterci la vita sarebbero state 300 persone invece di un centinaio. Richard Jewell, ligio al dovere ed incredibilmente entusiasta, quell'anno ha scoperto una bomba al Centennial Park di Atlanta e ha giustamente dato l'allarme (cosa che ha ridotto sensibilmente il numero di vittime, che purtroppo ci sono state), per poi venire accusato dall'FBI e dai giornali americani di essere l'attentatore e vedersi così rovinata una vita già non facilissima. Il vecchio Clint, qui "solo" in veste di regista, non critica assolutamente la legittimità di un dubbio, ché Richard Jewell non è l'uomo più gradevole del mondo e nemmeno il più rassicurante: un po' megalomane, ligio al dovere e alla giustizia al punto da essere stato condannato per abuso di autorità, fanatico delle armi, ciccione, single, ancora in casa con mamma, dotato di atteggiamenti ambigui e già sotto consiglio di una bella valutazione psichiatrica, non è così scandaloso che l'FBI abbia potuto tracciare un profilo negativo a suo discapito. Quello che è scandaloso, invece, è che i media ci si siano buttati a pesce, cancellando con un colpo di spugna tutta la privacy e la dignità di quest'uomo e di sua madre, trasformandolo in tempo zero da "eroe" (altra bella esagerazione) a "mostro" da sbattere in prima pagina.


Non sono la più grande estimatrice di Clint Eastwood e non mi ritengo un'esperta né della sua poetica, né della sua cinematografia, diciamo che prendo ogni suo film come fosse un'opera a sé stante, per questo non mi addentro in confronti con altri film; tuttavia, la frustrazione provata guardando Richard Jewell è assai simile a quella che ho provato con Mystic River, un senso di rabbia impotente e di voglia di piangere causati da una sensazione di claustrofobia ed incredulità crescenti. Mi sono messa nei panni non tanto di Richard Jewell (come ho detto, empatizzare con il protagonista non è facilissimo, ci si ritrova spesso a guardarlo perplessi e sconsolati come la "voce della ragione" Sam Rockwell, con le mani che prudono dalla voglia di prenderlo a schiaffi) quanto della povera Bobi, la mamma magistralmente interpretata da Kathy Bates. Che cosa significa dover sopportare tutta quella pressione mediatica, venire additata come mamma di un mostro e non poter nemmeno andare in bagno senza timore di essere ascoltati dall'FBI, il tutto mantenendo intatta la fiducia verso un figlio che tutti vorrebbero vedere morto? Onestamente, non riesco nemmeno a pensarci. In questo periodo, lo ammetto, sono psicologicamente fragile ma il pianto di Kathy Bates mi ha spezzato il cuore e mi sono vergognata, perché con tutta probabilità se all'epoca avessi avuto interesse nella vicenda mi sarei schierata a favore di un'opinione pubblica impietosa, perché è troppo facile giudicare male chi è debole e disadattato come Richard Jewell. E' troppo facile assecondare il carisma di una giornalista spregiudicata, abbassare le orecchie davanti alla strafottenza degli agenti dell'FBI, farsi intortare, anche in senso buono, dalla parlantina di un avvocato che per fortuna ha saputo guardare oltre e che è quanto di più americano si poteva inserire all'interno di una sceneggiatura (dai, lo si perdona); è facile ma anche terribile perché, alla fine, anche se vorremmo essere dei granitici Bruce Willis, siamo tutti un po' Paul Walter Hauser e quello che è successo a Richard Jewell potrebbe succedere anche a noi. E chi sarà lì per raccontarlo con questo rigore senza sbavature, riuscendo ad emozionare senza suonare retorico, quando Clint Eastwood non ci sarà più?


Del regista Clint Eastwood ho già parlato QUI. Paul Walter Hauser (Richard Jewell), Sam Rockwell (Watson Bryant), Olivia Wilde (Kathy Scruggs), Jon Hamm (Tom Shaw) e Kathy Bates (Bobi Jewell) li trovate invece ai rispettivi link.


Jonah Hill avrebbe dovuto interpretare Richard Jewell ma alla fine è rimasto solo come produttore del film e lo stesso vale per Leonardo Di Caprio, a cui si pensava per il ruolo dell'avvocato. Se Richard Jewell vi fosse piaciuto recuperate il già citato Mystic River. ENJOY!


martedì 12 febbraio 2019

Il corriere - The Mule (2018)

Avrei voluto recuperare Il primo re ma a Savona, quando salti la prima settimana di programmazione, sei letteralmente foutu e ti ritrovi a dover andare al cinema ad orari improponibili. A salvarmi la domenica cinefila ci hanno pensato però Clint Eastwood e il suo Il corriere - The Mule (The Mule).


Trama: Earl, floricoltore novantenne, si ritrova in gravi ristrettezze economiche e, anche un po' per gioco, accetta la proposta di fare da corriere per un cartello messicano, diventando presto uno dei "dipendenti" più quotati.


Ammetto di non essere molto esperta del cinema di Clint Eastwood ma da lui tutto mi sarei aspettata tranne la "leggerezza" che permea Il corriere nel corso del primo tempo. Leggerezza senza superficialità, si badi bene, ché il grande vecchio del cinema americano ci mette di fronte a un mezzo road movie dolceamaro filtrato dagli occhi di un novantenne pronto a recuperare tutte le mancanze nei confronti della famiglia attraverso una ca**ata ancora più grande e, così facendo, ci spinge a riflettere sul modo in cui spesso sprechiamo il tempo che ci viene concesso. Protagonista di questa storia vera (basata sull'articolo del New York Times "The Sinaloa Cartel's 90-Year Old Drug Mule") è Earl, anziano coltivatore di Emerocallidi caduto in disgrazia dopo un'esistenza passata a concentrarsi solo sul proprio lavoro, al punto da dimenticarsi ricorrenze importanti come il matrimonio della figlia. Aperta parentesi sui day lily coltivati da Earl. Il fatto che questi gigli siano stati scelti come oggetto della passione del protagonista, a mio avviso, ha un senso, perché dicono molto della personalità di Earl, uomo convinto che tutto possa rigenerarsi e rimanere lì, immobile e perenne, ad aspettarlo; assai simili, per ciclo vitale, alle Belle di notte, i fiori delle Emerocallidi durano solo un giorno e vengono rimpiazzati subito da altri sullo stesso stelo, quindi virtualmente non smettono mai di essere splendidi. Non così, ovviamente, per la vita di Earl, uomo che della noncuranza e della perdita di tempo ha fatto un vanto, tanto da accettare con leggerezza il fatto di poter fungere da corriere della droga in virtù della sua esperienza e del suo innegabile fascino, che porta persino i narcos a chiudere un occhio sulle sue stramberie o i suoi strappi alla regola. Persona fondamentalmente di buon cuore (persino il suo razzismo e la sua ignoranza sono talmente ingenui da non causare neppure scandalo), il vegliardo accetta il lavoro di corriere per procurarsi soldi destinati ad altri, al matrimonio della nipote o al circolo dei reduci, poi ovviamente si ritrova sempre più invischiato in un mondo da cui è impossibile uscire ed è lì che qualcosa "scatta", sia nel personaggio che nel film. Il lavoro, di qualunque genere, si priva di fascino davanti alla prospettiva concreta di perdere definitivamente ciò che di importante c'è nella vita, davanti alla consapevolezza che ciò che va non torna più, a differenza dei fiori perenni, e capirlo a novant'anni, quando il tempo è ormai agli sgoccioli, è qualcosa di talmente doloroso da spezzare il cuore. Il viaggio verso la consapevolezza di Earl è il fulcro de Il corriere. Il resto, gli agenti della DEA in crisi, la lotta interna al cartello, l'aspetto "crime" della pellicola, è tutto mero contorno alla figura fragile e granitica di Clint Eastwood.


Sarà questa l'ultima performance del "texano dagli occhi di ghiaccio"? Non lo so ma, a prescindere, è una bellissima performance, sia dietro che davanti la macchina da presa. Clint Eastwood, nonostante siano passati anni dalla sua ultima prova di attore, non si nasconde dagli anni impietosi che passano, mette al servizio del film la sua figura esile, un passo strascicato, la debolezza di carni flaccide e segnate dal tempo, un sorriso che indubbiamente, pur non essendo più quello ammaliante di un tempo, non passa inosservato, capelli radi, una voce arrochita e stonata (ma oh, quanto accattivante!) e un po' di demenza senile a completare il quadro. Talvolta non gli si perdona, diciamolo pure, scivoloni da anziani, quelle inquadrature lascive su chiappe mulatte e ben tornite, momenti di umorismo forse eccessivo e altrettanto eccessivo melò, benché a un certo punto mi sia ritrovata piangere lacrime copiose per una delle morti più realistiche e naturalmente inevitabili viste sullo schermo. Eppure, sul finale, con quel sole che gli colpisce il volto insanguinato e tumefatto, quella smorfia amarissima di chi ormai non ha più nulla da perdere, avrei pensato che Bradley Cooper sarebbe stato colpito da una pallottola sparata a freddo dall'ultimo grande pistolero di Hollywood, un vecchio che avrà anche perso tutto ma non la dignità di andarsene nel modo a lui più consono, un regista e un attore capace di tirare ancora delle belle zampate e fare emozionare con questa improbabilissima storia vera. Da sottolineare anche la presenza di attori assai validi ad accompagnare Eastwood nel percorso, soprattutto per quel che riguarda le "quote rosa", sostenute da una dolcissima Taissa Farmiga, da una rediviva Dianne Wiest e da una delle tante figlie di Clint Eastwood, la bionda Iris, che chissà non abbia insinuato un che di autobiografico nell'odio del personaggio verso il papà. E con questa bassissima insinuazione chiuderei, consigliando di dare ancora una chance a questo quasi novantenne sempre arzillo e mai banale.


Del regista Clint Eastwood, che interpreta Earl Stone, ho già parlato QUIBradley Cooper (Colin Bates), Michael Peña (Trevino), Taissa Farmiga (Ginny), Andy Garcia (Laton), Laurence Fishburne (Agente Speciale DEA), Dianne Wiest (Mary) e Clifton Collins Jr. (Gustavo) li trovate invece ai rispettivi link.


mercoledì 20 settembre 2017

La notte brava del soldato Jonathan (1971)

Siccome domani dovrebbe uscire in tutta Italia (ma figuriamoci se a Savona succederà) L'inganno di Sofia Coppola ho deciso di recuperare il film di cui è remake, La notte brava del soldato Jonathan (The Beguiled), diretto nel 1971 dal regista Don Siegel e tratto dal romanzo omonimo di Thomas P. Cullinan.


Trama: durante la guerra civile americana un soldato nordista ferito viene accolto in un collegio di sole ragazze, stanziato in Virginia. Inizialmente diffidenti davanti al nemico, insegnanti e allieve si ritroveranno presto ad essere pericolosamente attratte dall'uomo...


Ho cominciato la visione di La notte brava del soldato Jonathan (che poi il soldato si chiama John quindi non capisco perché intitolarlo così...) senza troppe aspettative, convinta che mi sarei trovata davanti un melodrammone lento e datato, invece ho avuto la fortuna di vedere un film angosciante e a mio avviso parecchio "avanti" per l'epoca, al punto che leggere on line di come L'inganno ne sia una versione più "divertente e gentile" mi ha fatto passare interamente la voglia di guardare la pellicola di Sofia Coppola. Di divertente e gentile nel film di Siegel non c'è proprio nulla per fortuna e la cosa è chiara fin dall'inizio, con la carrellata dei suoni di guerra che accompagna i titoli di testa, per poi sfumare nella melodia fiabesca che introduce l'innocente Amy, bimbetta in cerca di funghi nel bosco che s'imbatte all'improvviso nel nemico. Il nemico ha le fattezze familiari e decisamente piacenti di Clint Eastwood, attore verso cui lo spettatore già all'epoca era spinto a provare determinate emozioni positive, non certo a riconoscerlo come villain, se mi passate il termine; eppure, la prima impressione che si ha del bel Clint è assimilabile all'incontro con un serpente nell'erba, un serpente pronto ad infiltrarsi nell'Eden tutto femminile creato da Miss Martha e corromperlo col fascino e l'inganno, approfittando dei cuori "deboli" di un branco di donne. Da esponente del sesso femminile, non posso non riconoscere a La notte brava del soldato Jonathan un fondo di maschilismo compiaciuto, concretizzato in una sceneggiatura che dipinge le donne alternativamente come zoccolotte in erba (la splendida e sensuale Carol), zitelle indurite dalla vita che davanti alla vista di un uomo si sciolgono come burro e verginelle ingenue pronte a promettere amore eterno al primo streppone che le intorta con un paio di promesse e ovviamente a perdonarlo in caso di tradimento, tuttavia la pellicola è anche inusitatamente crudele e alcune sequenze farebbero la gioia di un thriller-horror alla Misery non deve morire oppure di un revenge movie. La morale della pellicola infatti potrebbe essere "attenti a non giocare coi cuori delle fanciulle perché non si sa mai come potrebbero reagire" ma non è solo questo aspetto a rendere il film di Siegel inquietante e in qualche modo "sbagliato".


A rendere scomoda la poltrona dell'eventuale spettatore c'è la claustrofobica messinscena che trasforma il collegio femminile di Miss Martha in un mondo altro, un'oasi di pace all'interno di una zona di guerra che in realtà nasconde qualcosa di ancora più oscuro, dei segreti che minacciano di distruggerne l'armoniosa facciata. Incesto, violenza, schiavitù e depressione sono le manifestazioni tangibili di un disagio alimentato dall'isolamento e dal terrore di ciò che si trova fuori dai sicuri cancelli della villa, che potrebbero essere varcati da un momento all'altro da soldati alleati ma vogliosi, disposti ad offrire protezione dai nordisti in cambio delle grazie di un gruppo di belle signorine, ed è in questa situazione già altamente esplosiva che va ad inserirsi con anche troppa baldanza il "soldato Jonathan", convinto di poter diventare il gallo del pollaio. La regia di Siegel alimenta quest'atmosfera oscura con sequenze oniriche che sono un mix tra i sogni erotici dei coinvolti e un serpeggiante senso di colpa (il parallelo tra la deposizione del corpo di Cristo e quello di John è blasfemo ma colmo di significati), al quale si aggiungono le immagini di animaletti condannati a un ben triste destino e flashback che chiariscono la mentalità dei protagonisti e li sbugiardano rivelando la doppiezza delle loro parole, soprattutto per quel che riguarda il personaggio di Clint Eastwood. Quest'ultimo, dal canto suo, si "limita" a recitare la parte del bel manzo, elargendo generosamente baci, abbracci e anche di più, mentre invece il cast femminile è perfettamente in grado di reggere qualsiasi sguardo in camera e spedire dritta giù per la schiena dello spettatore abbondanza di brividi. Geraldine Page nel ruolo di Miss Martha è la quintessenza della matrona inflessibile con lo sguardo folle ma la migliore è forse Elizabeth Hartman, la cui apparente delicatezza d'animo cela una furia terrificante, per non parlare poi di un paio di giovani attrici costrette in ruoli abbastanza scomodi, in odore di pedofilia. Altro non aggiungo per non rovinare la sorpresa a chi non avesse mai visto La notte brava del soldato Jonathan, dico solo che, nel caso L'inganno non dovesse arrivare nelle vostre sale, il film di Don Siegel è sicuramente un ottimo, sorprendente sostituto.


Di Clint Eastwood, che interpreta John McBurney, ho già parlato QUI.

Don Siegel (vero nome Donald Siegel) è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come L'invasione degli ultracorpi, Ispettore Callaghan: Il caso Scorpio è tuo!, Fuga da Alcatraz ed episodi di serie quali Ai confini della realtà. Anche produttore, attore e sceneggiatore, è morto nel 1991, all'età di 78 anni.


Geraldine Page interpreta Martha. Americana, ha partecipato a film come Il giorno della locusta, In viaggio verso Bountiful (ha vinto l'Oscar come Migliore Attrice Protagonista) e a serie quali Il tenente Kojak; ha lavorato come doppiatrice per il film Bianca e Bernie, dove ha prestato la voce a Madame Medusa. E' morta nel 1987, all'età di 62 anni.


Melody Thomas Scott, che interpreta la giovane Abigail, è diventata col tempo una delle attrici principali della soap opera Febbre d'amore di cui tuttavia non ho mai visto una puntata. Clint Eastwood e Jo Ann Harris (all'epoca quarantunenne lui e ventiduenne lei) hanno avuto una love story che è durata anche dopo la fine delle riprese; questo è stato anche il film durante cui Eastwood si è cimentato per la prima volta con la regia, realizzando un dietro le quinte di 12 minuti dal titolo The Beguiled: The Storyteller, interamente focalizzato sul lavoro di Don Siegel. Grande esclusa dal film è stata invece Jeanne Moreau, fortemente voluta dal regista per il ruolo di Miss Martha ma invisa ai produttori. Nell'attesa che esca L'inganno, se La notte brava del soldato Jonathan vi fosse piaciuto recuperate Brivido nella notte, sempre con Clint Eastwood e sempre del 1971. ENJOY!

mercoledì 7 dicembre 2016

Sully (2016)

Prosegue il recupero di tutti i film che avrei voluto vedere in settimana e oggi tocca a Sully, diretto da Clint Eastwood e tratto dalle memorie di Chelsey Sullenberg (riportate su carta con l'aiuto di Jeffrey Zaslow) dal titolo Highest Duty: My Search for What Really Matters.


Trama: Nel 2009, un aereo della US Airways viene colpito da uno stormo di uccelli poco dopo il decollo dall'aereoporto La Guardia e perde entrambi i motori. Nel poco tempo disponibile, il capitano Chelsey "Sully" Sullenberg prende la decisione più difficile e decide di ammarare nel fiume Hudson, salvando ben 155 persone da morte certa.


Cos'è un eroe? Da vocabolario, eroe è "una persona che per eccezionali virtù di coraggio o abnegazione si impone all'ammirazione di tutti" e questa è la prima definizione della parola. Il comandante Chelsey Sullenberg, classe 1951 (come il mio papà!!) e con più di trent'anni di esperienza come pilota militare prima e civile poi, nel 2009 si è ritrovato, suo malgrado, a calzare gli scomodi panni dell'eroe, un ruolo che, come sappiamo, è una brutta bestia. Per le 154 persone salvate quel maledetto 15 gennaio 2009, Sully è stato indubbiamente un Eroe, con la E maiuscola, quasi paragonabile a un "essere semidivino cui una stirpe attribuisce gesta prodigiose a proprio favore" (ultima accezione del termine, sempre da vocabolario); vedere la morte in faccia e poterlo raccontare grazie al vero e proprio miracolo compiuto da un uomo ammanta di sicuro quest'ultimo di un'aura mitologica, almeno in base alla prospettiva di chi ha affidato la vita nelle mani di costui. Non c'è spazio per le recriminazioni, per il "avrebbe potuto tornare al La Guardia, avrebbe potuto fare una deviazione, avrebbe potuto ucciderci tutti", è andata bene e tanto basta per consacrare il nome Sully ad imperitura memoria. D'altra parte, un eroe è prima di tutto una persona. E le persone, si sa, passano il tempo tormentandosi con domande scomode e dubbi terribili, a prescindere dalle ovazioni che vengono loro tributate, e Sully non è da meno: tutti gli "avrei potuto, avrei dovuto, e se fosse successo questo invece che quell'altro?" pesano come un macigno sulla psiche del comandante e non sono necessarie le fredde inchieste della National Transportation Safety Board per privarlo del sonno e torturarlo con gli incubi, ci pensa già lui da solo. L'incidente del volo 1549 poteva finire malissimo, invece passeggeri e personale di bordo si sono salvati tutti, ma la verità è che Sully ha fatto una scommessa incrociando le dita affinché la propria esperienza e il proprio intuito consentissero di rimanere in vita a quante più persone possibili. Questo, dal suo punto di vista, non lo rende un eroe bensì uno che sa fare bene il suo lavoro, un lavoro al quale il comandante ha consacrato la propria esistenza fin da giovanissimo.


 "Ho volato per anni e adesso la gente mi giudica per questi pochi secondi" Nel film di Clint Eastwood il regista e lo sceneggiatore Todd Comarnicki riescono a rappresentare in un tempo relativamente breve tutta la frustrazione di un uomo ad un passo dalla pensione che rischia di perdere tutto (reputazione, stipendio, casa, moglie, famiglia) per una botta di sfiga alla quale solo il suo sangue freddo è riuscito a mettere una pezza e le cui preoccupazioni non sono quelle di un eroe, bensì quelle che potrebbero toccare ognuno di noi, umanissime e terra terra. Eroe quindi, ci dice Clint Eastwood, è colui che sa fare bene il suo lavoro, che vi si dedica con passione ed orgoglio, la quintessenza insomma dell'America "vera". Non è un caso se Sully, verso il finale, diventa parte di un ingranaggio perfetto fatto di soccorritori, polizia e guardia costiera: i passeggeri del volo 1549 hanno evitato la morte istantanea grazie alla prontezza di Sully ma chi ha consentito a tutti loro di sopravvivere alla gelida morsa del vento e dell'acqua fluviale sono tutti i "manovali" di una New York che non era stata così unita dai tempi dell'11 settembre (opportunamente e dolorosamente citato nel film). Sully, portato sullo schermo dal viso rassicurante e all-american di un Tom Hanks che quando non viene sfruttato male da Ron Howard non è neppure così bolso, diventa il simbolo di un'America pura, portatrice di valori sani e condivisibili, un potentissimo catalizzatore di unione, rispetto, forza e speranza. In tutto questo, non c'è nessuna sviolinata patriottica nel film di Eastwood il quale, pur essendo un lavoro "minore" del regista, è comunque un esempio di solido cinema girato con perizia, confezionato senza cali di ritmo (Sully funziona sia nella parte "catastrofica" che in quella più introspettiva e giuridica) e capace di emozionare nonostante la consapevolezza che sia la vicenda del volo 1549 che quella personale del comandante Sullenberg sono andate a finire per il meglio. Oh, sarò simple quanto il Jack di Tropic Thunder ma io alla fine del film a Sully sono arrivata a volere talmente bene che se lo vedessi in giro correrei ad abbracciarlo come succede nella pellicola è questo è molto indicativo per una che non si emoziona davanti a un film di Clint Eastwood dai tempi di Mystic River.


Del regista Clint Eastwood ho già parlato QUI. Tom Hanks (Chelsey "Sully" Sullenberg), Aaron Eckhart (Jeff Skiles) e Laura Linney (Lorraine Sullenberg) li trovate invece ai rispettivi link.

Mike O'Malley interpreta Charles Porter. Americano, ha partecipato a film come Dietro i candelabri, R.I.P.D. Poliziotti dall'aldilà, A Good Marriage e a serie come My Name is Earl. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 50 anni.


Ann Cusack interpreta Donna Dent. Americana, sorella di John e Joan Cusack, ha partecipato a film come Ragazze vincenti, Malice - Il sospetto, Mezzo professore tra i marines, Tank Girl, Piume di struzzo, Mi sdoppio in quattro, Mezzanotte nel giardino del bene e del male, Stigmate, Ace Ventura 3, Lo sciacallo - Nightcrawler e a serie quali La signora in giallo, Ally McBeal, Streghe, Six Feet Under, Ghost Whisperer, Grey's Anatomy, Bones, Little Britain USA e Criminal Minds. Ha 55 anni e un film in uscita. 


Se Sully vi fosse piaciuto recuperate Flight, American Sniper, The Walk e Everest. ENJOY!

venerdì 23 gennaio 2015

American Sniper (2014)

Prosegue il recupero dei film candidati all'Oscar per qualsivoglia motivo e oggi tocca ad American Sniper, ancora nelle sale italiane, diretto nel 2014 da Clint Eastwood partendo dall'omonima autobiografia di Chris Kyle e candidato a sei premi Oscar: Miglior Film, Bradley Cooper miglior attore protagonista, Miglior sceneggiatura non originale, Miglior montaggio, Miglior montaggio sonoro e Miglior sonoro.


Trama: Chris Kyle, nativo del Texas e abile col fucile, decide di arruolarsi nei Navy Seals per proteggere la patria. Mandato quattro volte in Iraq, ucciderà più di 160 persone e verrà riconosciuto come "La leggenda".


Quello che mi ha frenata a lungo dal vedere American Sniper è il mio fondamentale disinteresse per i film a sfondo militare, soprattutto se biografici, che, per quanto ben diretti e ben recitati, finiscono quasi sempre per diventare nel mio cervello un'accozzaglia di nomi e facce tutti uguali. Le uniche eccezioni finora sono state Full Metal Jacket e La sottile linea rossa ma qui si sta parlando di capolavori; American Sniper, visto dopo essermi lasciata convincere dalla bella (non) recensione di Lucia, film solidissimo, che tiene il ritmo per più di due ore senza mai annoiare lo spettatore, a tratti emozionante, non è un capolavoro ma è comunque abbastanza "universale" da farsi apprezzare anche da chi schifa il genere come la sottoscritta. E, cosa ancora più importante, non è l'apologia guerrafondaia che mi aspettavo, anzi. Il vecchio Clint colpisce allo stomaco e alle gonadi chiunque abbia una vaga velleità di partire verso luoghi lontani ed immolarsi per la patria, mostrando la guerra in tutta la sua orribile, sanguinaria e crudele inutilità con poche sequenze che mi hanno annientata e filtrandola attraverso lo sguardo di un uomo che a definirlo ottuso gli si farebbe un complimento. Chris Kyle è L'Eroe americano, l'incarnazione stessa della Mamma e della Torta di Mele, il Cane da Pastore che difende le povere pecorelle d'oltreoceano dai lupi selvaggi, va bene. Tutti lo venerano, tutti lo elevano ad esempio, in suo nome sono stati costruiti stadi e sventolate bandiere, va benissimo. Clint Eastwood e Bradley Cooper però preferiscono porre l'accento sul fatto che dietro l'Eroe c'è in realtà un cowboy ignorantissimo cresciuto a rodei, birra e luoghi comuni, dalle ristrettissime vedute, un uomo incapace di vivere una vita normale (nonostante voglia la moglie fedele, in perenne attesa del suo ritorno, da ingravidare ad ogni ritorno in patria per poi mollarla assieme ai pargoli con la scusa "combatto per difenderti") che si sente vivo e utile solo in mezzo a conflitti armati lontani e mostra un briciolo di umanità solamente in presenza dei suoi "simili", disadattati e condizionati quanto lui.


Il punto di vista di Eastwood è quello di Taya, che cerca per tutto il film di far capire a Chris che oltre alla guerra "universale" c'è anche una realtà più "personale" da proteggere, è quello del fratello di Chris che dice "si fotta questo posto", intendendo l'Iraq e più in generale ogni luogo del pianeta dove infuriano guerre assurde mentre ci sarebbe modo di rendersi utili anche a casa. Non è un punto di vista che manca di rispetto a chi combatte e muore in battaglia, intendiamoci, ma è sicuramente un punto di vista che condanna chi, all'urlo di "boia chi molla", non riesce a guardare oltre la guerra, che la usa come scusa per non vivere e che non è più in grado di scindere i bisogni personali dal servizio alla Nazione, diventando così un povero alienato non tanto diverso dai "selvaggi" che è andato a combattere. Bradley Cooper in questo caso è perfetto nel dipingere un uomo saldo nei suoi principi ma vuoto, privo di emozioni che non siano la paura e la rabbia, che perde un pezzo della sua umanità ad ogni viaggio in Iraq; la sequenza in cui viene ringraziato da un soldato davanti al figlio è da antologia in questo senso, perché Cooper non spiccica altro che un paio di versi inarticolati e carichi di tensione nervosa, concretizzata in un tiratissimo sorriso verso il bambino mentre gli occhi evitano di guardare direttamente l'interlocutore, ma questo è solo uno dei tanti momenti in cui l'attore diventa tutt'uno con un personaggio per certi versi scomodo. Quanto a Clint, beh, Clint è un signore. L'unico vero scivolone è riscontrabile nello scontro tra cecchini, simile ad un videogioco, per il resto il vecchio Eastwood confeziona un film che non concede nulla alle mode attuali, lento nell'esecuzione ma serrato nel ritmo, con immagini nitide anche nelle scene d'azione, tocchi di leggerezza che lasciano il posto a sequenze difficili da sopportare, una fotografia che rimane splendida in ogni condizione, persino al buio o durante una tempesta di sabbia. E chissenefrega se le immagini di repertorio finali mi hanno strappato un incredulo sbuffo; superato l'inevitabile rigetto anche la conclusione di American Sniper diventa un altro tassello di una pellicola apparentemente ambigua ma, a mio avviso, fin troppo chiara in quelle che sono le sue intenzioni. Basta solo guardare il film con occhi scevri da pregiudizi e, magicamente, i pensieri di un Clint Eastwood in formissima diventeranno lapalissiani, quindi... non perdetevelo!


Del regista Clint Eastwood (che si può vedere brevemente nella scena iniziale in cui un giovanissimo Chris ruba la Bibbia in chiesa) ho già parlato QUI, Bradley Cooper (Chris Kyle) lo trovate invece QUA.

Sienna Miller (vero nome Sienna Rose Miller) interpreta Taya. Americana, ha partecipato a film come Casanova, Stardust e Foxcatcher. Ha 33 anni e sette film in uscita.


Bradley Cooper inizialmente intendeva solo produrre il film e lasciare a Chris Pratt il ruolo di Chris Kyle, poi ha cambiato idea; per quel che riguarda i registi, gli interessati a dirigere il progetto erano David O. Russel e Steven Spielberg, che hanno poi deciso di dedicarsi ad altro, mentre per la parte di Taya erano in lizza Jaimie Alexander, Kate Mara (che ha deciso di partecipare alla nuova versione de I fantastici quattro) ed Evangeline Lilly, che invece ha optato per Ant-Man. Detto questo, se American Sniper vi fosse piaciuto recuperate Zero Dark Thirty o Full Metal Jacket. ENJOY!

venerdì 31 maggio 2013

Clint Eastwood Day: Mezzanotte nel giardino del bene e del male (1997)


A distanza di pochi giorni dall'Helena Bonham Carter Day eccomi a festeggiare, in questo mese zeppo di nascite importanti, nientemeno che il Texano dagli occhi di ghiaccio, alias Clint Eastwood, che oggi compie ben 83 anni. Ci sarebbero molti modi di celebrare quest'uomo tutto d'un pezzo, nato come attore di western conosciutissimi: io ho scelto di celebrarlo attraverso l'attività in cui più si è distinto in questi ultimi anni, quella di regista, che gli ha fruttato già due Oscar (per Gli spietati e Million Dollar Baby) e innumerevoli nomination. Mezzanotte nel giardino del bene e del male (Midnight in the Garden of Good and Evil), da lui diretto nel 1997, non ha mai portato a casa premi importanti, ma si è trovato un posto saldo tra i miei film preferiti.



Trama: nella pittoresca cittadina di Savannah, il famoso ed esclusivo party natalizio del milionario Jim Williams finisce con l'omicidio del suo giovane amante Billy. Un giornalista di New York, chiamato a scrivere un articolo sulla festa, si trova così costretto a scagionare l'eccentrico collezionista di oggetti d'arte...

 
Cominciando a scrivere la recensione di Mezzanotte nel giardino del bene e del male mi sono accorta che non è facile parlare del lavoro di un regista, soprattutto quando il film in questione ha un impianto classico che più classico non si può. Ma forse è proprio questo che mi piace di Clint Eastwood, il suo modo di prendere le storie e raccontarle senza troppi fronzoli, in maniera assai dettagliata ma comunque lineare, riuscendo a gestire miriadi di personaggi garantendo ad ognuno lo spazio necessario per essere ricordati dal pubblico e cercando di ottenere dagli interpreti delle interpretazioni valide ma mai eccessive. Mezzanotte nel giardino del bene e del male è tratto dall'omonimo romanzo di John Berendt, un esempio di cosiddetta non-fiction, quindi basato su eventi assolutamente reali ma trattati in modo da diventare più "appetibili" per il pubblico. Non l'ho mai letto ma, da quel che ho potuto capire, Eastwood è riuscito a coglierne gli aspetti salienti, mantenendo intatta l'atmosfera weird e al contempo ospitale e familiare che si respira all'interno della cittadina di Savannah, dove convivono realtà sociali apparentemente inconciliabili (pregiudizi a dir poco puritani e voodoo, travestiti e borghesucci omofobi): nelle mani di un John Waters il film si sarebbe trasformato probabilmente in un delirante teatrino trash mentre in qualche modo Eastwood riesce a mantenere in equilibrio la parte seria e "realistica" relativa al processo, alle indagini, ai mille misteri che circondano Jim e quella più surreale e volutamente ironica, legata soprattutto a personaggi pittoreschi come il travestito Lady Chablis, la sacerdotessa voodoo Minerva, "l'uomo delle mosche" Luther e chi più ne ha più ne metta. Questa mescolanza di generi è assai gradevole e per nulla straniante, così che anche le sequenze che rischierebbero di annoiare a morte il pubblico, come quelle del processo, vengono trattate con piglio brioso e intervallate da avvenimenti in grado di spezzare il ritmo monotono del dramma legale.


Come immagini, Eastwood purtroppo non riesce a sbizzarrirsi troppo o a regalare momenti particolarmente memorabili: io trovo sempre bellissimo l'inizio, con la statua che vigila sul cosiddetto Giardino del bene e del male con una malinconica canzone in sottofondo, tuttavia anche i due diversi modi in cui viene mostrata la morte di Billy e tutte le sequenze che hanno per protagonista le feste dell'alta società di Savannah sono ben coreografate. Vero punto di forza della pellicola sono però gli attori, a cominciare da un grandissimo Kevin Spacey, sempre caratterizzato da quel tocco di ambiguità che ha reso indimenticabili molti dei suoi personaggi, e da un giovane ma validissimo John Cusack nei panni dello spaesato scrittore di città, per continuare poi con tutti gli altri particolarissimi interpreti coinvolti, alcuni dei quali davvero presenti durante la vicenda: la mia preferita (o il mio preferito?) rimane THE Lady Chablis, peculiarissimo, sboccato transessuale che si atteggia comunque a donna d'altri tempi, facilmente conquistabile con un po' di sana galanteria, ma anche l'avvocato difensore di Jim è un bel personaggione, soprattutto per il modo pittoresco in cui si rivolge a Cusack. A maggior ragione, Mezzanotte nel giardino del bene e del male andrebbe visto esclusivamente in lingua originale per poter godere della parlata quasi antiquata della maggior parte dei personaggi, ma anche se non masticate bene l'inglese è un film che consiglio spassionatamente, soprattutto per conoscere un lato un po' diverso del festeggiato. Se però vi va di guardare film più recenti e famosi, ecco qualche altra pellicola di Clint Eastwood che potete trovare sul Bollalmanacco:

Hereafter (2010), il film che mi ha fatto beccare parecchie bottigliate da Mr. Ford, che lo adora. Io l'ho trovato ben girato, ma noioso e banale come pochi. Ahi!

J. Edgar (2011), biografia di un presidente gerbera. Particolare, non per tutti, ma sicuramente fulgido esempio di grande cinema!

E il Clint Eastwood Day non finisce qui. Ecco tutti i post realizzati dai blogger che hanno aderito ai festeggiamenti!

50/50 Thriller - Fino a prova contraria
500 film insieme - I ponti di Madison County
Bette Davis Eyes - J. Edgar
Combinazione Casuale - Per un pugno di dollari
Director's cult - Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo
Era meglio il libro - Assassinio sull'Eiger
Ho voglia di cinema - Mystic River
Il cinema spiccio - La recluta
In central perk - Invictus
Montecristo - Cacciatore bianco cuore nero
Movies Maniac - Gran Torino
Pensieri Cannibali - Changeling
Scrivenny - Gli spietati
Triccotraccofobia - Un mondo perfetto
White Russian Cinema - Space Cowboys
Viaggiando (meno) - Fuga da Alcatraz
La Fabbrica dei Sogni - Million Dollar Baby

domenica 8 gennaio 2012

J. Edgar (2011)

Ieri sera ho inaugurato l'anno nuovo cinematografico con J. Edgar, l'ultima pellicola del regista Clint Eastwood. Ammetto che tutto (o quasi) mi sarei aspettata meno quel che ho visto e di essere rimasta positivamente spiazzata dal film.


Trama: il film racconta la storia dell'FBI dal parzialissimo punto di vista del suo fondatore, J. Edgar Hoover. Veniamo così a conoscenza anche di alcuni particolari della sua vita, indissolubilmente legata al lavoro e al potere...


Come ho detto, sono rimasta spiazzata. Adoro la storia americana, soprattutto quella moderna, quindi il film mi ha intrigata e mi è piaciuto, ma tutto mi sarei aspettata tranne una rivisitazione "rosa" (si può dire rosa o è meglio dire arcobaleno?) della vita di quello che immaginavo essere uno degli uomini più duri e tutti d'un pezzo della storia USA. E invece, per citare la meravigliosa Judi Dench, Eastwood mi viene a dire che il buon J.Edgar era nientemeno che.. gerbera. Un povero ometto vessato da mmadree, pieno di insicurezze e fisime, impossibilitato a trovare una moglie o una fidanzata in quanto inesorabilmente gay. A. Giuro che un simile twist nella trama non lo avrei mai previsto nemmeno in cent'anni, ma se dicessi che il film, dopo tale rivelazione, diventa una baracconata, direi il falso. Il bravo Clint, invece, riesce a mescolare fatti storici e "arricchimenti" della trama senza scadere nel trash o nel patetico.


Ovvio, J. Edgar non è un film facile. Innanzitutto per la scelta del protagonista, sicuramente non un uomo simpatico o dalle scelte condivisibili. Hoover è riuscito a creare quella che è diventata universalmente conosciuta come l'istituzione più rappresentativa della giustizia USA e anche la più controversa ed Eastwood ce lo presenta come un uomo dalle idee fondamentalmente giuste che però, per metterle in pratica, ha scelto metodi assai discutibili e slegati dalle leggi, arrivando ad agire più per il proprio interesse personale che per quello della tanto amata nazione. Assistiamo così alle "scene", è proprio il caso di dirlo, di un ometto insicuro, assetato di successo e di potere per colpa di una madre fredda che per lui, fin dall'infanzia, non ha mai voluto altro che un futuro di grandezza assoluta senza mai apprezzarlo fino in fondo (e che molto probabilmente ha ridotto il marito al vegetale che vediamo all'inizio); un uomo talmente assorbito dal suo lavoro da essere incapace di distinguere gli amici dai nemici (o meglio i collaboratori fidati da quelli che gli rovinerebbero la carriera, visto che amici non ne ha mai avuti...), costretto quindi ad affidarsi a due singole persone che, nel film, costituiscono gli altri due punti di vista attraverso i quali leggere la vicenda; un uomo che, in definitiva, era partito col piede giusto ed è stato seppellito dai suoi stessi errori, diventando quello che aveva sempre cercato di debellare: un criminale inconsapevole di esserlo, volutamente o meno.


I due "poli" positivi della vicenda, che fungono in qualche modo da coscienza per il protagonista, sono la storica segretaria Miss Gandy e il braccio destro (nonché amante) Clyde Tolson. La prima incarna il rifiuto di una femminilità "classica" ed è colei che, consacrandosi interamente al lavoro, diventerà la collaboratrice più stretta di Hoover, pur rimanendo nell'ombra come segretaria. Come si dice, "dietro un grande uomo c'è una grande donna" e Miss Gandy nel film diventa l'impassibile esecutrice degli ordini del suo capo, colei senza la quale l'organizzazione perfetta dell'FBI crollerebbe e colei che riesce a salvare la reputazione di Edgar anche dopo la morte, quando il viscido Nixon crede di avere via libera per impossessarsi dei "fascicoli" con i quali Hoover era riuscito a tenere in pugno tutti i presidenti USA per 40 anni. Clyde, invece, è la parte "femminile" del film, un compagno silenzioso che con mano gentile guiderebbe ed accetterebbe le scelte di Hoover. E' colui che, nel corso della pellicola, lo mette di fronte alle conseguenze delle sue scelte, lo porta a vergognarsi del suo carattere e della sua gretta sete di potere, lo sopporta e lo sostiene come la madre non ha mai fatto... e lo porta ad ammettere, almeno in privato, la sua omosessualità. Le scene tra i due sono le più forti ed emotivamente spiazzanti del film ma, come ho detto, il regista e gli interpreti riescono a renderle delicate, verosimili e per nulla trash.


La messinscena e gli attori sono quindi elementi essenziali per la bellezza del film. Eastwood ci accompagna nella Storia Americana intrecciando un presente in cui Hoover, ormai vecchio, racconta a diversi giovani incaricati di batterla a macchina la SUA versione dei fatti, ad un passato fatto di flashback privi di continuità, che mostrano come tanti pezzi di un complesso puzzle la vita del protagonista ed i momenti chiave della sua carriera. Il regista unisce ricostruzioni certosine di arresti, indagini ed eventi realmente accaduti a sequenze emblematiche che ne palesano anche l'amore per il cinema, come l'incontro di Hoover con Shirley Temple, il dialogo assai rivelatorio con Ginger Rogers e la madre (nel quale il protagonista rifiuta di ballare con le due donne in presenza di Clyde, con conseguente crollo psicologico una volta arrivato a casa) o i due momenti in cui vengono mostrati i film con James Cagney al cinema, prima inneggianti ai malviventi e poi all'FBI. Personalmente, ho trovato deliziosa ed essenziale alla comprensione dell'intero film la scena finale, dove Clyde trova il flaccido corpo di Hoover ormai senza vita e, come prima cosa, lo copre con una coperta, proprio per impedire che i soccorsi testimonino la debolezza di un uomo ormai vecchio e malato.


Quanto agli interpreti, Di Caprio meriterebbe l'Oscar. Leo, finalmente la nostra faida personale è finita, ti riconosco come attore degno di stima davanti a tutto il web. Certo, vorrei capire perché il tuo trucco "da vecchio" è praticamente perfetto mentre quello del povero Armie Hammer è talmente brutto da richiamare quello di Ruggero ne I soliti idioti, ma il momento in cui, come un novello Bateman, ti inginocchi affranto dal dolore col vestito di mmadree addosso mi ha messo i brividi, lo ammetto. Bravissimi anche tutti i comprimari: da Judi Dench, qui fredda come il ghiaccio e stronza come poche, me lo aspettavo, e anche l'irriconoscibile Naomi Watts è praticamente perfetta, ma ogni altro attore interpreta con maestria il proprio personaggio, anche quelli che compaiono solo per poche sequenze. Insomma, dopo il deludente (a costo di beccarmi una bastonata da Mr Ford!) Hereafter, Eastwood è tornato a regalarci grande cinema. Non ai livelli di Mystic River, quello è insuperabile come il tonno, ma comunque un bellissimo film, degno di cominciare il 2012!


Del regista Clint Eastwood ho già parlato qui. Leonardo di Caprio, ovviamente nei panni di J. Edgar Hoover, lo trovate invece qua.

Judi Dench (vero nome Judith Olivia Dench) interpreta Anna Marie Hoover. Sicuramente una delle migliori attrici inglesi, la ricordo per film come Hamlet, Shakespeare in Love (con il quale ha vinto l'Oscar come migliore attrice non protagonista), Un té con Mussolini, Chocolat, The Shipping News - Ombre dal passato e Pirati dei Caraibi - Oltre i confini del mare. Ha inoltre partecipato al doppiaggio di Mucche alla riscossa. Anche regista, ha 77 anni e tre film in uscita.


Naomi Watts interpreta Miss Gandy. Anche lei inglese, anche lei una delle mie attrici preferite, la ricordo per film come Mulholland Drive, The Ring, The Ring 2, King Kong e Funny Games U.S. Anche lei è stata condannata a recitare nella soap australiana Home and Away. Anche produttrice, ha 43 anni e cinque film in uscita.


Armie Hammer interpreta Clyde. Americano, ha partecipato a film come The Social Network e a serie come Veronica Mars e Desperate Housewives. Ha 25 anni e cinque film in uscita, tra cui il Biancaneve di Tarsem, dove interpreterà il Principe.


Dermot Mulroney interpreta il Colonnello Schwarzkopf. Americano, lo ricordo per film come Il matrimonio del mio migliore amico, A proposito di Schmidt, Zodiac e Burn After Reading, inoltre ha partecipato alle serie Saranno famosi e Friends. Anche produttore, regista e stuntman, ha 48 anni e tre film in uscita.


Josh Lucas (vero nome Joshua Lucas Easy Dent Maurer) interpreta Charles Lindbergh. Americano, ha partecipato a film come Alive - Sopravvissuti, L'occhio del male, American Psycho, Il mistero dell'acqua, Hulk e ad un episodio della serie L'ispettore Tibbs. Anche produttore, ha 40 anni e tre film in uscita.


L'attore Jeoff Pierson, che interpreta all'inizio Mitchell Palmer, era il disastratissimo padre che parlava nello scantinato col coniglio nella esilarante serie ... e vissero infelici per sempre. I miei complimenti vanno poi alla "saggezza" di Charlize Theron, che ha declinato il ruolo di Miss Gandy per poter fare la strega nell'imminente Biancaneve con Kristen Stewart (ughh!!). Al di là di queste scelte non condivisibili, tenete d'occhio J. Edgar perché l'interpretazione di Di Caprio è già candidata ad un Golden Globe. Chissà cosa succederà la notte degli Oscar. Nell'attesa di saperlo, andate a vedere il film al cinema e... ENJOY!!!

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