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mercoledì 13 aprile 2022

Raya e l'ultimo drago (2021)

L'ultimo film visto in occasione dei recuperi Oscar è stato Raya e l'ultimo drago (Raya and the Last Dragon), diretto e co-sceneggiato nel 2021 dai registi  Don Hall, Carlos López Estrada, Paul Briggs e John Ripa.


Trama: in un mondo assediato dalla minaccia dei Druun, spiriti maligni che tramutano le persone in pietra, Raya si mette alla ricerca dell'ultimo drago, la leggendaria Sisu, che già in passato li aveva sconfitti...


Uscito in piena pandemia in pochissime sale e gettato dopo qualche giorno in pasto agli utenti VIP di Disney +, Raya e l'ultimo drago aveva mietuto consensi fin da subito, e un po' mi era spiaciuto essermelo perso. Il recupero non è stato soddisfacente come sarebbe stato se fossi riuscita a vederlo in sala, e il film non entrerà mai nella Top 10 dei miei film Disney preferiti, ma comunque la visione è stata molto piacevole. Raya e l'ultimo drago è principalmente un film d'avventura fantasy, ambientato in un oriente fittizio e sconvolto dalla minaccia di spiriti oscuri capaci di trasformare le persone in statue di pietra, una terra divisa in tribù perennemente in lotta tra loro e invidiose della prosperità di Cuore, la terra che custodisce la pietra del drago in grado di fungere da protezione per tutti. Un incidente che distrugge la pietra e, con essa, la speranza del padre di riunire tutte le tribù, porta la protagonista Raya a mettersi in cerca di Sisu, l'ultimo drago rimasto, e, successivamente, a tentare di rimettere assieme i pezzi di pietra per debellare la minaccia dei Druun una volta per tutte. Raya e l'ultimo drago diventa, da quel momento, la tipica "quest" dove il personaggio principale visita realtà diverse, incontrando in ogni luogo un altro personaggio dotato di una determinata, utile caratteristica che gli consentirà di recuperare i pezzi di pietra fino a raggiungere il temuto "boss finale", la cui natura tuttavia è strettamente legata, in questo caso, al messaggio imprescindibile all'interno di un film Disney.


Ciò che Raya e l'ultimo drago insegna è il beneficio del dubbio, la gentilezza come arma per affrontare i "nemici", la fiducia nata dalla capacità di capire l'animo delle persone; i Druun nascono fondamentalmente dalla discordia e dalla disunione, i draghi si sono estinti per lo stesso motivo e solo il forte desiderio di unità e comunione, al di là di diversità e pregiudizi, può sperare di risolvere una situazione tragica. Tale messaggio è veicolato da un film che mescola in maniera ottima la serietà di un'avventura da cui dipendono le sorti dell'umanità, suggestioni derivanti da leggende orientali e ovviamente momenti più faceti, affidati a personaggi tra il delizioso (la mocciosetta ladra con scimmiette annesse) e il divertente, con una Sisu, doppiata in originale da Awkwafina, abbastanza vicina come idea all'ingenuità folle e ciarliera del Genio di Aladdin, ben distante ovviamente dalla leggenda che la vorrebbe temibile e silenziosa. Dal punto di vista tecnico, il film è semplicemente superbo. Le scene d'azione, di distruzione e di combattimenti devono essere stati spettacolari da vedere al cinema, il character design è vario e interessante, i colori dei draghi sono una gioia per gli occhi e lo stesso vale per gli sfondi e le ambientazioni; considerato che Raya e l'ultimo drago è stato realizzato in buona parte in lockdown, da animatori chiusi in casa, c'è da ammirare ancora di più la perizia tecnica di tutti quelli che lavorano alla maledetta Casa del Topo e, ovviamente, da recuperare il film se ancora non lo avete fatto!


Del regista e co-sceneggiatore Don Hall ho già parlato QUI. Awkwafina (voce originale di Sisu), Gemma Chan (Namaari), Daniel Dae Kim (Benja), Benedict Wong (Tong), Sandra Oh (Virana) e Alan Tudyk (Tuk Tuk) li trovate invece ai rispettivi link.

Carlos López Estrada è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola. Messicano, ha diretto film come Blindspotting, Summertime ed episodi di serie come Legion. Anche produttore e attore, ha 34 anni.


Paul Briggs è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola, al suo primo lungometraggio. Americano, ha lavorato per la Disney soprattutto come doppiatore (sua la voce di Yama in Big Hero 6), ma è anche animatore. Ha 48 anni. 



John Ripa è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola, al suo primo lungometraggio. Americano, ha lavorato soprattutto come animatore per film come Il re leone, Pocahontas, Il gobbo di Notre Dame, Tarzan, Il pianeta del tesoro, Rapunzel, Frozen, Big Hero 6, Zootropolis e Oceania. 


Kelly Marie Tran
è la voce originale di Raya. Americana, ha partecipato a film come Star Wars - Gli ultimi Jedi e Star Wars - L'ascesa di Skywalker. Anche produttrice, ha 33 anni e un film in uscita. 


Se Raya e l'ultimo drago vi fosse piaciuto recuperate Kubo e la spada magica, la saga di Dragon Trainer, Ribelle - The Brave, Oceania e Mulan. ENJOY!

domenica 5 dicembre 2021

Encanto (2021)

Che Natale sarebbe senza Disney (o meglio, che dicembre)? Per evitare di rispondere a questa domanda sono andata a vedere Encanto, diretto e co-sceneggiato dai registi Jared Bush, Byron Howard e Charise Castro Smith.


Trama: nella famiglia Madrigal, Mirabel è l'unica a non aver mai dato mostra di possedere un "talento" magico. Ma quando la magia minaccia di scomparire dalla famiglia, la ragazza è l'unica a mettersi alla ricerca di un modo per salvarla...


Encanto
è un altro classico Disney il cui cuore risiede nella celebrazione della diversità e nella capacità delle persone comuni di brillare come delle stelle. La protagonista, Mirabel, è infatti l'unica persona priva di poteri all'interno di una famiglia graziata da un miracolo che li protegge dal giorno in cui la matriarca, Alma, è scampata alla morte assieme ai suoi tre figli e ha fondato il paese colombiano di Encanto, protetto dalle montagne e dalla magia; ogni membro della famiglia Madrigal, raggiunta una certa età, riceve in dono un talento in grado di apportare benefici al popolo e ai suoi familiari e si guadagna una favolosa stanza tutta per sé all'interno della magione senziente dei Madrigal, ma ciò non è successo a Mirabel, che è così stata trattata per tutta la vita come una reietta e un fallimento. Da che mondo è mondo, si sa, la magia va nutrita. Soprattutto, va nutrita la fonte del potere; se la magia nasce dall'amore e dal desiderio di proteggere e tenere unita la propria famiglia, dimenticarsi di quello stesso amore confondendo un potere guadagnato con qualcosa di dovuto ed immutabile significa, ovviamente, esaurirlo nel modo peggiore e senza possibilità di ritorno. In Encanto viene quindi sottolineato più volte come tutte le abilità favolose del mondo non possono compensare l'empatia verso gli altri, la fiducia, l'amore verso chi è apparentemente più "sfortunato", il coraggio di cambiare e affrontare sfide sempre nuove, e il film condanna anche quell'aspetto della società che vorrebbe tutti perfetti, immutabili e, soprattutto, indistruttibili, ché mostrare di essere umani e fallaci è il peggiore dei peccati, subito dopo il non avere successo nella vita, ça va sans dire


Facile, certo, che il messaggio profondo di Encanto si perda un po' in mezzo alla vivacissima colonna sonora di Lin-Manuel Miranda e Germaine Franco, la quale trasforma l'ultimo film Disney in un allegro e coloratissimo musical con tanto di coreografie "importanti": l'introduzione che fa Mirabel dell'intera famiglia con, appunto, la Famiglia Madrigal è a dir poco geniale ma preparatevi alla delizia di (ri)vedere Hercules e testimoniare l'esistenza di asini glitterati con la canzone che svela i sentimenti della forzuta Luisa e a sculettare senza ritegno con la carinissima We don't Talk About Bruno (povero Bruno), a mio avviso le punte di diamante della colonna sonora. Meno incisive, perché più legate a una tradizione disneyana di fanciulle in pena, ma comunque importanti, sono What Else I Can Do? (mi perdonino i realizzatori ma molti elementi di questo numero musicale ricordavano troppo il momento Let it Go di Frozen per non fare arricciare il naso) e Waiting on a Miracle, ma la voglia di ballare e di essere rapito dalla musica rischia di non abbandonare lo spettatore neppure durante i titoli di coda. Quanto alle animazioni, Encanto è davvero incantevole, soprattutto per quanto riguarda i già citati colori, la fantasia con cui è stata realizzata "Casita" e tutte le meravigliose stanze che i membri della famiglia Madrigal ci consentono di vedere (vivere in una qualsiasi di esse sarebbe meraviglioso!), e anche il character design dei vari personaggi è delizioso; un plauso, inoltre, per aver inserito a tradimento una delle scene di morte, per quanto fuori dall'inquadratura, più realistiche e drammatiche della storia Disney recente. Ho avuto il magone, ma ovviamente mai come davanti al corto che precede Encanto, Fuori dal bosco, che in 5 minuti racconta una parabola del rapporto tra genitori e figli e di come si possa diventare persone migliori anche a fronte di modelli non proprio positivi, in maniera esemplare. Anche per questo, vi direi di non perdere Encanto; non sarà un capolavoro come altri classici della malvagia Casa del Topo, ma è sicuramente una visione gradevolissima!


Del regista e co-sceneggiatore Byron Howard ho parlato QUI. John Leguizamo (voce originale di Bruno) e Alan Tudyk (Tucano) li trovate invece ai rispettivi link.

Jared Bush è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha co-diretto anche Zootropolis. Anche produttore e doppiatore, ha 47 anni.


Charise Castro Smith
è la co-regista e co-sceneggiatrice della pellicola, al suo primo lungometraggio. Americana, è anche produttrice e attrice. 


Se Encanto vi fosse piaciuto recuperate Oceania, Coco, Lilo e Stitch, Frozen e Frozen II - Il segreto di Arendelle. ENJOY!

domenica 8 dicembre 2019

Frozen II - Il segreto di Arendelle (2019)

Nonostante l'uscita novembrina che lo ha privato dello status di "cartone Disney da vedere a Natale", mercoledì sono andata al cinema per Frozen II - Il segreto di Arendelle (Frozen II), diretto dai registi Chris Buck e Jennifer Lee.


Trama: tre anni dopo l'incoronazione di Elsa a regina, la nuova sovrana comincia a sentire un richiamo lontano, che porterà lei e la sorella Anna a scoprire nuove, incredibili cose sul loro passato e su quello di Arendelle.


Sono passati sei anni dall'uscita di Frozen - Il regno di ghiaccio, film Disney che dato un ulteriore, perfido significato alla parola "merchandising" rimpinguando di miliardi di paperdollari le casse della Casa del Topo e prendendosi anche i miei soldi vista la bellezza di tutti gli oggettini a tema Elsa/Olaf che pullulano in ogni dove, dai Disney Store ai normali supermercati. Ma sto divagando. Sei anni, dicevo, tre all'interno del regno di Arendelle, dove la vita SEMBRA scorrere lieta, governata da un equilibratissimo status quo: Elsa è regina, Anna e Kristoff vivono il loro legame da storditi innamorati, il pupazzo di neve Olaf (che non ha più la nuvoletta in testa e si sta godendo il permafrost poiché i poteri di Elsa sono diventati più forti) sta crescendo e comincia a porsi dubbi esistenziali. La bellissima regina, però, è irrequieta, perché qualcosa la chiama, il canto di una sirena che ne turba i giorni e le notti, e quando Elsa capisce che quel richiamo arriva da un passato radicato nelle favole che le raccontava la mamma da bambina, decide di partire alla volta di una foresta incantata poco distante da Arendelle, una foresta popolata da spiriti adirati e pronti a distruggere il regno per riparare a un torto passato. Altro non si può dire sulla trama imbastita per questo Frozen II, sequel assai più adulto della favola del 2013, imperniato su temi cupi e probabilmente di non facile comprensione per i bambini. Nel corso del film sono infatti ricorrenti i riferimenti allo scorrere del tempo, all'impossibilità di opporsi a cambiamenti anche dolorosi nel corso della vita, alla necessità di accettare questi cambiamenti e trovare comunque la forza di andare avanti, in primis dentro noi stessi, sperando che ci sia sempre qualcuno pronto a tenderci la mano; in poche parole, i personaggi di Frozen cambiano e crescono, subiscono degli sviluppi che vanno oltre il classico happy ending e, come insegnava Inside Out, li portano ad abbracciare emozioni complesse, come una felicità velata di profonda malinconia o una tristezza capace di rendere il cuore comunque più leggero.


La saga di Frozen si riconferma dunque una delle più innovative a livello di maturazione dei personaggi (non tanto di trama, visto che gli sviluppi della stessa, finale e twist compresi, sono intuibili dopo cinque minuti dall'inizio del film), nonché una delle più belle a livello di animazioni e character design. In questo secondo capitolo ci sono delle intere sequenze che lasciano a bocca aperta per il modo in cui riescono a fondere le esaltanti caratteristiche di una scena d'azione alla raffinata bellezza di eleganti numeri da musical, come se gli X-Men o gli Avengers incontrassero la fantasia del Cirque Du Soleil, e sono quasi tutte imperniate (chevvelodicoaffare) sul personaggio di Elsa. La fanciulla subisce una metamorfosi sottile ma innegabile, diventando la principessa Disney più elegante, sensuale, bella e potente di sempre, un trionfo da vedere ed ascoltare che, con un solo gesto della mano, fa scomparire tutti i personaggi di supporto, sorella Anna compresa. A onor del vero, in effetti, molto del contorno di Frozen II è deboluccio: le riflessioni filosofiche e le mattane di Olaf sono simpatiche ma alla lunga irritanti, Anna è spesso lagnosetta e si risolleva più o meno a metà film, il povero Kristoff fa la figura del servo della gleba (ma si ritaglia il numero musicale più esilarante, un omaggio alle love song anni '80 alla Bon Jovi e Ryan Adams con tanto di video che cita nientemeno che Bohemian Rhapsody; peccato che la versione italiana richiami "antenati" meno nobili, come i Beehive.) e dei nuovi personaggi introdotti, affascinanti ma poco incisivi, ricorderò solo lo splendido spirito del fuoco, la cosa più tenera e meravigliosa che sia mai stata creata per un film Disney. Nulla da dire invece sulle canzoni. Penso che l'adattamento italiano ne appiattisca un po' i testi ma la voce di Serena Autieri mette i brividi e in generale le melodie sono molto belle; Christophe Back ha cercato un'altra Let it Go (canzone che, peraltro, provoca a un certo punto brividi di disgusto alla bella Elsa) e ha creato le ugualmente splendide Show YourselfInto the Unknown, Nell'ignoto per gli amici italiani e per Giuliano Sangiorgi che frantuma l'ugola e non solo nei titoli di coda dell'edizione nostrana, una canzone che rimane in testa anche grazie al brevissimo, evocativo gorgheggio della cantautrice norvegese AURORA. Per concludere, devo dire che avevo letto le peggio cose su Frozen II ma io non l'ho trovato tanto diverso dal primo capitolo della saga e onestamente l'ho apprezzato molto. L'unico, vero neo? Non c'è nessun corto a precederlo. Tristezza vera.


Dei registi Chris Buck e Jennifer Lee ho già parlato QUI. Kristen Bell (Anna), Josh Gad (Olaf), Sterling K. Brown (Mattias), Alfred Molina (Agnarr), Jeremy Sisto (Re Runeard), Ciarán Hinds (Granpapà) e Alan Tudyk (Guardia/ Capo dei Nortuldri / Soldato di Arendelle / Duca di Weselton) li trovate invece ai rispettivi link.

Evan Rachel Wood è la voce originale della regina Iduna. Americana, ha partecipato a film come S1m0ne e a serie quali CSI - Scena del crimine, True Blood, What We Do in the Shadows e Westworld, oltre ad aver lavorato come doppiatrice in Robot Chicken. Anche cantante, regista e sceneggiatrice, ha 32 anni e due film in uscita.


Martha Plimpton, che doppia Yelena, era la Stef de I Goonies. Le vicende narrate in Frozen II seguono di tre anni quelle di Frozen - Il regno di ghiaccio, che vi consiglio di recuperare assieme ai corti Frozen Fever e Frozen - Le avventure di Olaf. ENJOY!

domenica 26 maggio 2019

Aladdin (2019)

Nonostante le mie titubanze, giovedì sono andata a vedere Aladdin, diretto da Guy Ritchie.


Trama: il ladruncolo Aladdin entra in possesso di una lampada magica che gli consente di esaudire tre desideri. Il primo è diventare un principe, così da conquistare la principessa Jasmine.


Non partivo prevenuta verso Aladdin, di più. In primis, nei trailer si vedeva un Jafar fighettissimo, per nulla inquietante e affatto viscido (cosa ahimé confermata durante la visione, per inciso). Secondo, non meno importante, ogni scena sembrava presa direttamente dall'originale, film che io adoro alla follia, senza un minimo di inventiva da parte di un regista un tempo valido, ora definitivamente impazzito, o almeno così pensavo. Infine, neanche a parlarne, Will Smith. Will. Dannatissimo. Smith. Nei panni di Genio. Offensivo oltre ogni dire per chi mal sopporta Smith e adora un Genio che anni fa aveva la voce e le movenze del compianto Robin Williams (per non parlare del doppiaggio illuminato di Gigi Proietti). Insomma, quando l'amico Toto mi ha chiesto di accompagnarlo a vedere Aladdin, sono entrata in sala coi più foschi presagi, alimentati dall'imposizione del 3D e di due posti a dir poco pessimi. E, magia Disney, forse perché non mi aspettavo NULLA da questo Aladdin, mi sono divertita da morire. Certo, il film non è esente da difetti: alcune scene d'azione sono dirette davvero coi piedi, velocizzate in maniera ridicola ed incomprensibile; Jago, il mio personaggio preferito, è relegato al ruolo di spalla monocorde (e di Rodan) e non regala quelle perle di cattiveria che tanto mi deliziano ogni volta che riguardo l'Aladdin originale; le canzoni sono state riadattate in maniera arbitraria, per fortuna non tanto quanto accadeva in La bella e la bestia ma comunque abbastanza da far male a chi ricorda con amore le originali (quella rimasta praticamente intoccata è Il mondo è mio, che talvolta non rispetta nemmeno il labiale di Aladdin e Jasmine, forse perché qualunque cosa sfiorata da GiGGi e Tatangelo non va modificata nemmeno per Ischerzo? Mah). Per il resto, invece, tanta roba. E' vero, la storia è praticamente identica all'originale e, come da trailer, molte scene sono state riproposte fotogramma per fotogramma, ma c'è qualcosa che salva tutta la baracca dall'essere una mera riproposizione senz'anima, per quanto infiocchettata in una confezione splendida. E sì, il Genio di Will Smith, zamarro, goffo e molto umano, è uno di questi elementi salvifici, soprattutto quando duetta con Aladdin all'interno di siparietti a dir poco esilaranti.


Quello però che non mi sarei mai aspettata è che sarebbe stata Jasmine la vera sorpresa del film. Interpretata da una Naomi Scott così bella da essere quasi illegale, la principessa nata come esperimento sexy di un rinascimento Disney che cominciava ad introdurre baci alla francese ed eroine connotate anche sessualmente, si è evoluta per diventare una donna consapevole del proprio cervello, del ruolo che potrebbe avere non solo come principessa ma come statista, come essere senziente la cui voce non può essere messa a tacere. All'interno di una società ingiusta e patriarcale, Jasmine si propone come un vento di libertà, come una figura forte e determinata al pari di Wonder Woman o Captain Marvel e, obiettivamente, non viene mai eclissata dal guascone Aladdin, per quanto affascinante e scaltro. A farle da degna compagna, un'attrice che spesso e volentieri le ruba la scena, ovvero la divertente Nasim Pedrad nei panni dell'ancella Dalia, più amica e confidente che semplice "serva"; le facce della Pedrad, i suoi modi palesemente americani in contrasto con l'ambientazione del film e la sua fortissima personalità la rendono uno dei pochi casi in cui l'introduzione di un nuovo personaggio funziona e riesce ad arricchire il materiale di partenza (non come il Principe Anders. Mi spiace, Billy Magnussen, ma stavolta è NO). Per il resto, la storia è rimasta praticamente immutata salvo alcuni aggiustamenti legati più che altro alle pratiche barbare del popolo di Agrabah (niente condanna a morte evitata da un vecchio misterioso) e alla psicologia di un paio di personaggi secondari che acquistano maggiore tridimensionalità, e ovviamente il film poggia molto sulla spettacolarità delle scene clou, ovvero i numeri musicali Il principe Alì e Un amico come me, un trionfo di scenografie, coreografie e computer grafica tali da superare senza problemi la banalotta Il mondo è mio, degnamente accompagnati da un paio di numeri bollywoodiani (anche se teoricamente saremmo sulle rive del fiume Giordano, qui mutato in mare) inediti e che, sinceramente, non mi aspettavo da uno come Guy Ritchie. Ma, evidentemente, il regista si è trovato a suo agio con questa storia in cui un ragazzo di strada cerca di risollevarsi e il risultato di questa "comunione" è inaspettatamente piacevole, anche per questo consiglio una visione disimpegnata persino a chi, come me, davanti ai trailer si è fatto il segno della Croce.


Del regista Guy Ritchie ho già parlato QUI. Will Smith (Genio/Marinaio), Marwan Kenzari (Jafar), Billy Magnussen (Principe Anders) e Alan Tudyk (voce originale di Iago) li trovate ai rispettivi link.

Nasim Pedrad interpreta Dalia. Iraniana, comica del Saturday Night Live, la ricordo nei panni dell'esilarante Gigi Caldwell di Scream Queens, inoltre ha partecipato a film come Cooties e ad altre serie quali Una mamma per amica, ER - Medici in prima linea. Come doppiatrice ha invece lavorato in Cattivissimo me 2. Anche sceneggiatrice e produttrice, ha 38 anni.


Navid Negahban, che interpreta il Sultano, è lo stupefacente Ahmal Farouk della serie Legion mentre Frank Weller torna a prestare la voce alla Caverna delle meraviglie e ad Apu come già nel 1992. Patrick Stewart ha cercato disperatamente di ottenere il ruolo di Jafar, già rifiutato nel primo Aladdin, cosa che l'attore ha sempre rimpianto mentre Dev Patel e Riz Ahmed sono stati scartati per quello di Aladdin e Jim Carrey, prima scelta per interpretare Genio, era troppo impegnato a risolvere beghe legali per partecipare. Per finire, se vi è piaciuto Aladdin recuperate l'originale del 1992. ENJOY!

martedì 22 maggio 2018

Deadpool 2 (2018)

Siete pronti a tornare tra le braccia amorevoli del mercenario chiacchierone? Io domenica sono corsa a vedere Deadpool 2, diretto da David Leitch, e sono arrivata a capire una cosa: AMO Ryan Reynolds! NO SPOILER, tranquilli!


Trama: a causa di una serie di sfortunati, inspoilerabili eventi, Deadpool si ritrova a dover combattere contro Cable, soldato proveniente dal futuro e deciso a impedire che esso si compia.



Eh sì, mi tocca davvero fare outing, manco fossi 'Pool davanti a Colosso: mi sono innamorata di Ryan Reynolds. Lo considero sempre mostruoso con o senza trucco, nonché un pessimo attore, ma ca**o come crede lui nel personaggio cinematografico di Deadpool, come sia RIUSCITO a diventarlo dentro e fuori dal set, arrivando persino a prendersi spietatamente per il c*lo, davvero, nessuno mai. Fondamentalmente, Deadpool 2 è la riproposizione pedissequa (Weasel: "Ehm. No, davvero, io non so cosa voglia dire pedissequa") del primo film, con supereroi sboccati che fanno le peggio cose accompagnati da umorismo di grana grossissima, metacinema come se non ci fosse un domani, citazioni come se piovessero, una colonna sonora che fa ridere tanto quanto la sceneggiatura, contentini per i nerd più accaniti. Che a me, ovviamente, va benissimo: ho riso come una demente dall'inizio alla fine e sebbene dovessi dire che da Leitch come regista mi sarei aspettata di più nei corpo a corpo (eh, temo che Atomica Bionda sia stato l'apice della sua carriera...) e per quel che riguarda il tasso di gore, le sequenze catastrofiche non sono comunque mancate e i comprimari di Deadpool stavolta sfiorano il sublime... ma capisco perché in sala a ridere eravamo giusto in tre/quattro e il Bolluomo spesso si girava a guardarmi con la faccia di chi cerca aiuto e trova solo biasimo. Non avendo riguardato il primo Deadpool non saprei dire se succedesse anche lì (ormai la mia memoria fa cilecca) ma Deadpool 2 presuppone una conoscenza enciclopedica non solo dell'universo Marvel (cinematografico e cartaceo) ma anche di film e serie TV come nemmeno Ready Player One e siccome al 90% sono tutte citazioni "vocali" prima ancora che visive, inserite tra una parolaccia e l'altra di cinque/sei personaggi logorroici da morire, lo sforzo di attenzione richiesto allo spettatore è altissimo e si rischia davvero di chiedersi perché la gente stia ridendo. Detto questo, Deadpool 2 sarebbe un film da rivedere almeno altre tre/quattro volte in lingua originale (il brano di Yentl ne è un esempio lampante, visto che la strofa incriminata "Do You Wanna Build a Snowman?" in italiano è "Sei già sveglia oppure dormi?", come sa chiunque ha stravisto Frozen) e con un bel telecomando in mano, così da mettere qualche fermo immagine di tanto in tanto e cogliere gli omaggi a Stan Lee e Alpha Flight, per esempio.


Ma parliamo un po' di storia, attori e "villani", partendo da questi ultimi. Josh Brolin rimarrà nella memoria dei Marvel fan come Thanos ma il suo Cable oscuro tanto da sembrare un eroe DC, per quanto molto divertente nel suo porsi come buddy di Deadpool sul finale, non ha il carisma della sua controparte cartacea e lo stesso vale per il Fenomeno, poco più di un divertissement perfetto per sfoderare il brano più esilarante della colonna sonora (potete ascoltarlo senza disturbi alla fine dei titoli di coda oppure QUI); il "vero" cattivo della pellicola è invece una sorpresa adattissima alle atmosfere irriverenti del film ma non riesco a capire se Reynolds e soci abbiano volutamente scelto di scrivere una sceneggiatura così "sentimentale" e retorica onde prendere in giro la maggior parte dei film di genere oppure fossero seri nell'intento di dotare il mercenario chiacchierone di un cuore e un'etica morale, per quanto contorta. Probabilmente avranno voluto mostrare il dito medio al successo di Logan - The Wolverine (sono una persona malvagia, rido ancora adesso per quel carillon!!) ma quasi sicuramente non lo sapremo mai, così come non sapremo mai perché un nome "importante" come quello di Essex sia stato sprecato così proprio in un film che contempla la presenza di Cable. Ma questi sono sproloqui da nerd e per farmi perdonare vi rimando al nutrito e spoileroso infoporn finale. Voto dieci invece a Zazie Beets, una Domino molto meno misteriosa di quella dei fumetti ma comunque simpatica e sexy, protagonista di alcune delle sequenze più spettacolari grazie proprio al suo potere della "fortuna", mentre stavolta la contrapposizione Colosso/Deadpool mi ha divertita meno del film precedente (anzi, diciamo che a un certo punto quel terrificante accento russo m'è venuto persino a noia) e anche Testata Mutante Negasonica non ha brillato di luce propria quanto avrei sperato, non dopo aver visto quello di cui è capace Brianna Hildebrand. Le spalle comiche per fortuna sono favolose come sempre: ai già collaudati Weasel, Dopinder e Blind Al si aggiungono i vari membri di X-Force, tra i quali ovviamente spicca l'adorabile Peter, anche perché gli altri... vabbé, lasciamo perdere e godetevi uno dei gruppi più amati della carta stampata, benché in una versione particolare. E godetevi (perpietàdiDeadpoolnonfateico**ioni!) le scene mid-credits perché stavolta valgono da sole, letteralmente, tutto il film. Anche se mi chiedo... come faranno ora a girare Deadpool 3? Oh beh, come direbbe Ryan Reynolds, "tanto basta scrivere due min**iate sulla sceneggiatura, chi sta a guardarla?". Io, neanche a dirlo, aspetto comunque trepidante il terzo capitolo, magari ballando su un tamarrissimo pezzo di musica dubstep!!


Del regista David Leitch ho già parlato QUI. Ryan Reynolds (Wade Wilson/Deadpool, anche sceneggiatore della pellicola e motion capture per il Fenomeno, oltre che voce originale), Josh Brolin (Nathan Summers/Cable), Morena Baccarin (Vanessa), Brianna Hildebrand (Testata Mutante Negasonica), Brad Pitt (Svanitore), Bill Skarsgård (Zeitgeist), Matt Damon (Redneck numero 2), T.J. Miller (Weasel), Terry Crews (Bedlam), Alan Tudyk (Redneck numero 2), Eddie Marsan (Direttore), Nicholas Hoult (Bestia, non accreditato), James McAvoy (Charles Xavier, non accreditato), Evan Peters (Quicksilver, non accreditato), Tye Sheridan (Ciclope, non accreditato) e Hugh Jackman (Wolverine, in filmati d'archivio modificati in post produzione) li trovate invece ai rispettivi link.

Karan Soni interpreta Dopinder. Americano, ha partecipato a film come Safety not Guaranteed, Piccoli brividi, Deadpool, Ghostbusters e Creep 2. Ha 29 anni e un film in uscita.


Come tutti i sequel che si rispettino anche Deadpool 2 ha avuto una storia travagliata. Tim Miller, regista del primo capitolo, si è chiamato fuori dal progetto per divergenze creative con Ryan Reynolds e si è portato dietro Gina Carano e Junkie XL, compositore della colonna sonora di Deadpool. Brad Pitt, che "compare" come Svanitore, aveva partecipato all'audizione per il ruolo di Cable ma aveva dovuto rinunciare per l'impossibilità di far combaciare i vari impegni; altri candidati per il ruolo erano Russell Crowe, "benedetto" nientemeno che da Rob Liefeld, e Michael Shannon, che si è tirato indietro per impegni pregressi. Zazie Beets, che interpreta Domino e che ha strappato la parte ad attrici come MacKenzie Davis e Sofia Boutella, dovrebbe tornare nell'annunciato X-Force assieme a Ryan Reynolds e Josh Brolin. Nell'attesa che esca, chissà quando, se Deadpool 2 vi fosse piaciuto recuperate Deadpool e magari X-Men - Origins: Wolverine, Wolverine - L'immortale e Logan - The Wolverine visto che sono ampiamente citati! ENJOY!


E ritorna, per la gioia di tutti i bambini...
L'angolo del Nerd (o del gnégnégné, fate voi) rigorosamente scritto a memoria e senza l'aiuto di Wikipedia
HIC SUNT SPOILER!:

Cable: uno dei personaggi creati negli anni '90 dal nemico giurato dell'anatomia, Rob Liefeld, introdotto inizialmente come "terrorista" traviatore della generazione giovane degli X-Men, i Nuovi mutanti, da lui trasformati nella formazione paramilitare X-Force nonché paladino del "sacchettismo" preso in giro anche nel film. Col tempo si è scoperto che il vecchiaccio veniva dal futuro e che era nientemeno che il figlio di Ciclope e di un clone di Jean Grey, spedito nel futuro per salvarlo dal cosiddetto "virus tecnorganico", ovvero quella rumenta che lo ha reso un mezzo cyborg. In realtà Cable, il cui vero nome è Nathan Christopher Summers, ha enormi poteri telepatici e telecinetici e virtualmente sarebbe il mutante più potente della terra, se non fosse per quel virus. La sua nascita è stata infatti pianificata da Sinistro, il cui cognome è Essex (vi dice nulla? Leggete QUI...) ma ci si è messo di mezzo Apocalisse a rovinargli i piani. Non sto a tediarvi con ulteriori ragguagli, vi dico solo che in tempi recenti (dieci anni fa?) Cable ha salvato, adottato e cresciuto tale Hope (nominata nel film), salvatrice di mutanti imbevuta del potere di Fenice nonché ultima speranza dell'umanità "casualmente" identica a Jean Grey. Due co**oni, via. E mi chiedete perché ho abbandonato i fumetti degli X-Men?

Russell Collins: Alto e biondo, insomma col casting di D2 non ci azzecca una cippa, Russell "Rusty" Collins ha fatto parte della prima formazione di X-Force prima di venire rapito da Stryfe (clone di Cable proveniente anch'egli dal futuro) che gli ha fatto il lavaggio del cervello rendendolo malvagio. I poteri sono quelli mostrati nel film, gli manca solo la compagna di sempre accanto, Sally "Skids" Blevins. Ah, ora credo che nei fumetti sia morto.

Domino: Albina con un occhio nero, Neena "Domino" Thurman faceva parte del Six Pack, la prima squadra di mercenari in cui ha militato Cable, poi è stata rapita dalla mutaforma Vanessa (all'epoca malvagia, come Deadpool) che si è sostituita a lei per un po' di tempo, anche nelle fila di X-Force. Tornata nei ranghi, s'è tirata un paio di storie con Cable e, più recentemente, con Wolverine (alla coppia è dedicato il bellissimo Wolverine: Sex and Violence) e persino con Colosso. Il potere che ha è quello della fortuna ma diciamo che nei fumetti non è così smaccato come nel film!

Shatterstar: Come viene detto nel film, Shatterstar è un alieno proveniente dal Mojoverso, pianeta "televisivo" governato dal berlusconiano Mojo, dove le persone vengono gettate nelle arene e uccise per il piacere del pubblico. Shatterstar ha fatto parte per anni della seconda squadra di X-Force, distinguendosi come uno dei membri più sanguinari, mentre recentemente aveva cominciato a militare in X-Factor, dove ha finalmente palesato di essere gay e di provare sentimenti per il compagno di squadra Rictor. Per anni si è favoleggiato che Shatterstar fosse il figlio dei mutanti Longshot e Dazzler ma se non rammento male alla fine si è scoperto che Longshot era nato in provetta da materiale genetico di Shatterstar, il che ne fa... il nonno di sé stesso? Gesù... Ah, come poteri abbiamo agilità sovrumana e la capacità di emettere scariche bioelettriche attraverso le spade.

Black Tom Cassidy: Fratello di Banshee (per chi segue solo i film, ne avete visto una versione giovane QUA), amico di vecchissima e lunghissima data del Fenomeno, Black Tom Cassidy è irlandese ed è sempre stato un nemico degli X-Men. Più che essere un gangsta figo è un signore di mezza età vestito come un peerla, zoppo e costantemente appoggiato a un shillelag. Per quel che riguarda i poteri se non mi sbaglio riusciva a emettere scariche di energia attraverso il legno e a manipolare le piante.

Svanitore, Bedlam, Zeitgeist e Yukio: personaggi che ricordo pochissimo o affatto. Bedlam e Zeitgeist hanno fatto parte di un paio di formazioni di X-Force quando non ne leggevo le storie e sono credo durati il tempo di un arco narrativo, massimo due, il tempo di cambiare gli scrittori; lo Svanitore è un nemico dei vari X-Gruppi ma non è un uomo invisibile, bensì si teletrasporta, di fatto scomparendo. Yukio è invece un mix tra l'assassina già comparsa in Wolverine - L'immortale e la giovane mutante di nome Surge, dalla quale riprende i poteri energetici.

Fenomeno: ne ho parlato QUI


venerdì 14 aprile 2017

Ralph Spaccatutto (2012)

Nel 2012 il regista Rich Moore, anche in veste di co-sceneggiatore, realizzava Ralph Spaccatutto (Wreck-It Ralph) e io ho dovuto attendere fino alle feste natalizie del 2016 per guardarlo e addirittura aprile per pubblicare il post!!


Trama: Ralph è il cattivo del videogioco Felix Aggiustatutto Jr. ma col tempo si è stufato di vivere da reietto, odiato da tutti gli abitanti del videogame. Per provare a Felix e gli altri di essere in grado di diventare un eroe, cerca di rubare una medaglia d'oro da Hero's Duty ma finisce per errore nel gioco Sugar Rush, un mondo fatto di dolciumi dove gli abitanti si fronteggiano in spericolate corse coi go-cart...



Chissà perché, dopo mesi di attesa, avevo finito per snobbare Ralph Spaccatutto. Ho cercato ma non trovo traccia nel blog dei motivi che mi hanno spinta ad andare a vedere Vita di Pi piuttosto che il film Disney di quell'anno, quindi posso solo pensare che le recensioni tiepide degli appassionati mi avessero dissuasa dall'affrontare quello che, a conti fatti, è un omaggio ai videogiochi vintage. Da ignorante qual sono, credevo che Felix Aggiustatutto fosse un gioco realmente esistito, invece pare che l'abbia inventato la Disney, ma ciò non toglie che il film sia pieno di riferimenti più o meno velati a famosissimi personaggi del mondo videoludico quali Sonic, i protagonisti di Street Fighter (che si beccano le citazioni migliori, peraltro), Qubert, Pac-Man e mille altri che, in quanto poco appassionata del genere, non ho potuto riconoscere. Al di là di questo gioco citazionista, quella di Ralph Spaccatutto è una validissima e "tipica" storia Disney, con una bella morale di fondo. Ralph è costretto "per contratto" ad essere cattivo ma giustamente si è stufato di dover per questo essere isolato dai suoi comprimari "buoni". Per mettere una pezza alla sua condizione cerca di diventare un Eroe, snaturando completamente il suo modo d'essere e combinando solo casini, ignorando le sue abilità di distruttore in quanto portatrici sane di catastrofe e sguardi indignati; l'incontro con Vanellope, glitch del videogioco Sugar Rush incarnatosi in una bimbetta sboccata e peperina, gli aprirà ovviamente nuovi orizzonti e lo porterà a capire che essere sé stessi non significa necessariamente rimanere bloccati in una determinata etichetta, basta solo convincersi (e convincere gli altri) di essere in grado di usare le proprie capacità e predisposizioni al meglio. Voler essere qualcos'altro (o qualcun altro) è solitamente fonte di guai per tutti, soprattutto quando le nostre azioni sono mosse da invidia e disperazione, sentimenti negativi che è sempre meglio tenere sotto controllo per riuscire al meglio nella vita. Se tutto ciò vi sembra pedante, sappiate che messo su schermo con la sceneggiatura scoppiettante di Rich Moore e compagnia la cosa risulta molto più convincente, oltre che emozionante e divertente, soprattutto grazie all'intelligente scelta di affidare il timone della storia a due anti-eroi come Ralph e Vanellope che di buono, zuccheroso e perfettino non hanno proprio nulla.


Oltre alle divertentissime citazioni che, purtroppo, ho recepito solo per metà, e al gusto vintage che tuttavia nel 2016 risulta già stra-abusato (almeno per me ma, oh, come sempre viva gli anni '80, ci mancherebbe!!!) Ralph Spaccatutto vince innanzitutto per l'assenza di canzoncine e poi per l'abilità con la quale designer e animatori hanno saputo riproporre visivamente un insieme di mondi fantasiosi e ognuno dotato della propria personalità. L'idea geniale di raccontare il micro-cosmo di una sala giochi, dove nell'orario di chiusura i personaggi comunicano tramite un porto franco che somiglia tantissimo alla Central Station di New York, prevede un'infinità di ambienti e character design realizzati ognuno secondo uno stile diverso di videogame: c'è lo sparatutto, il gioco anni '80, l'ambiente zuccheroso simile ai vari Candy Crush di Facebook, il picchiaduro, ecc. ecc. Di base il character design dei personaggi ha qualcosa di simile per tutti (tranne per quelli non originali, chiaro) eppure ogni abito, taglio di capelli, modo di camminare inserisce ciascun eroe in un contesto ben preciso, anche quando si trova fuori dal suo ambiente. In tal senso, le scenografie hanno dell'incredibile e non si limitano a riproporre i luoghi tipici del singolo videogioco ma immaginano e creano elementi che vanno oltre ciò che ai giocatori è consentito di vedere: la festa in casa di Felix è esilarante ma il modo in cui vengono utilizzati i dolci che compongono l'universo di Sugar Rush ha del geniale e creano un insieme di mezzi, case e abiti che, se venissero messi in commercio, probabilmente farebbero la felicità di ogni ragazzina appassionata di pupazzetti. E poi, diciamocelo, Ralph Spaccatutto vince anche solo per il suo geniale ed ironico utilizzo dei flashback "traumatici" e per la migliore coppia vista sullo schermo negli ultimi anni (coppia che, per inciso, spero torni nell'annunciato Wreck-It Ralph 2!) quindi dategli una chance e non aspettate tanto quanto ho fatto io per guardarlo.


Del regista e co-sceneggiatore Rich Moore (che presta la voce ad Aspro Bill e Zangief) ho già parlato QUI. John C. Reilly (Ralph), Sarah Silverman (Vanellope), Jack McBrayer (Felix), Alan Tudyk (Re Candito) e Dennis Haysbert (Generale Ologramma) li trovate invece ai rispettivi link.

Jane Lynch è la voce originale di Calhoun. Americana, ha partecipato a film come Il fuggitivo, Fatal Instinct, Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi, 40 anni vergine, Talladega Nights - The Ballad of Ricky Bobby, Alvin Superstar, Paul e a serie quali Party of Five, Una famiglia del terzo tipo, Dharma & Greg, Dawson's Creek, Una mamma per amica, X-Files, La zona morta, La vita secondo Jim, Friends, CSI - Scena del crimine, Weeds, Desperate Housewives, My Name is Earl, Due uomini e mezzo e Criminal Minds; come doppiatrice, ha lavorato nelle serie I Griffin, American Dad!, The Cleveland Show, I Simpson, Manny Tuttofare, Phineas and Ferb e nei film L'era glaciale 3 - L'alba dei dinosauri e Shrek e vissero felici e contenti. Anche produttrice, ha 57 anni e un film in uscita, il seguito di Ralph Spaccatutto.


Come ho già accennato, l'anno prossimo dovrebbe uscire il seguito di Ralph Spaccatutto, in cui, apparentemente, Ralph spaccherà internet. Non vedo l'ora. Nell'attesa, se il film vi fosse piaciuto recuperate Big Hero 6 e la trilogia di Toy Story. ENJOY!

martedì 3 gennaio 2017

Rogue One (2016)

Arrivo ultima credo in tutto l'universo a parlare di Rogue One (Rogue One: A Star Wars Story), diretto nel 2016 dal regista Gareth Edwards, quindi segue breve post con qualche spoiler insignificante, tanto l'avete già visto tutti! Ah, e ovviamente buon anno!!!


Trama: la giovane Jyn Erso si ritrova suo malgrado coinvolta nei piani della Resistenza, proprio mentre l'Impero sta per scatenare la sua devastante arma finale.


Come ben sapete non sono una fan all'ultimo stadio di Guerre Stellari, guardo i film, mi piacciono, li archivio e stop. E' anche per questo che non mi sono fiondata subito a vedere Rogue One, spin-off della saga principale, ripromettendomi tuttavia di andare appena possibile dopo fior di pareri positivi emessi dalle persone delle quali mi fido maggiormente, cinematograficamente e soprattutto StarWarsianamente parlando. Oddio, all'inizio del film ammetto che avrei voluto morire: mille nomi, mille personaggi, mille riferimenti alla saga principale, mille domande del povero Bolluomo che ho dovuto zittire fino alla fine del primo tempo pena l'uccisione da parte dei nerd presenti nella sala ancora gremita. Eppure, tolto quest'inizio un po' didascalico, la trama ha cominciato presto a far presa su di me. Rogue One non racconta di gente che deve imparare ad usare la Forza, pienamente o quasi consapevole della posta in gioco e perfettamente addentro alle dinamiche della guerra stellare in atto tra un Impero che ha già giocato la sua carta più infame e tra i ribelli che hanno già ritrovato i loro salvatori, bensì di persone disperate che ancora non sanno bene come agire eppure lo fanno, gettandosi a capofitto in un'impresa impossibile la cui importanza è a dir poco fondamentale. Jyn Erso e i suoi compagni sono "sporchi e cattivi", più che altro sono dei reietti che non vengono presi in considerazione neppure dai "buoni", ancora impegnati a palleggiarsi soluzioni diplomatiche che non contemplino l'aperta opposizione all'Impero: vuoi per retaggio filiale, vuoi per un ottimistico e dileggiato attaccamento alla religione, vuoi per un'infanzia distrutta dalla guerra, attorno a Jyn si riunisce una banda di desperados che saranno anche tratteggiati con l'accetta, lei per prima, eppure emozionano quanto gli eroi che siamo arrivati a conoscere ed amare, tanto che l'inaspettato e bellissimo finale mi ha lasciata devastata e in lacrime (chiedete al Bolluomo che non sapeva più come consolarmi). Non mancano ovviamente i contentini per i fan, che possono o meno far discutere (Peter Cushing? Seriously? Lì per lì mi batteva il cuore, ok, ma dopo qualche secondo ha cominciato a sembrarmi il GGG, non scherzo) e che tuttavia emozionano, soprattutto alla luce dei recenti lutti che hanno colpito il mondo del Cinema in generale e di Guerre Stellari in particolare, inseriti alla perfezione in un contesto gradevolmente cupo e cattivo, con poco spazio per l'ironia, dosata in bocconcini assolutamente accettabili.


Lungi da me stare a scrivere pipponi sulla validità degli effetti speciali utilizzati e sulla grandiosità delle battaglie tra astronavi, sulla bellezza dei paesaggi presenti su pianeti sempre diversi (stavolta c'è persino il pianeta "tropicale", anche se il mio preferito rimane quello con la gigantesca statua in pietra distrutta), c'è gente dotata di conoscenza e passione che ne ha scritto molto meglio di quanto potrei mai fare io; ad oggi, posso dire che almeno un paio di sequenze mi rimarranno impresse nella mente e sono tutte legate alla devastazione portata dalla Morte Nera, soprattutto in quel finale che mi ha tanto ricordato These Final Hours e che, combinato alla bella e rispettosa colonna sonora di Michael Giacchino, è riuscito a spezzarmi il cuore più di quanto credessi possibile. Passando invece a cose più a portata di mano della sottoscritta, spenderò giusto due parole sugli attori. Felicity Jones, con quel musetto carino e l'espressione scazzatella mi è piaciuta parecchio ed è sicuramente più adatta a stare in mezzo ai ribelli che ad accompagnare il bolso Tom Hanks per le strade di Firenze e le calli veneziane, il resto del cast, se posso permettermi, è però speso sprecato. Donnie Yen è l'idolo indiscusso e su questo non si discute, ogni sua apparizione vedeva me e soprattutto il Bolluomo sperticarci in applausi, il suo è il tipico personaggio capace di essere cool ed ironico senza risultare fastidioso, tuttavia gli altri comprimari non sono altrettanto all'altezza: Diego Luna è moscerello e poco incisivo (o forse sono io che ancora piango Han Solo...), Forest Withaker da denuncia (ma chi mi conosce sa che, in generale, come attore lo sopporto poco), il povero Mads Mikkelsen ormai spreca il suo innegabile carisma in film commerciali per la durata di pochissimi minuti e persino il cattivo interpretato da Ben Mendelsohn non mi è sembrato granché espressivo ed è riuscito a farsi eclissare da un grandissimo ricreato al computer e dalla ben più iconica figura di Darth Vader, che compare ancor meno di Mikkelsen ma perlomeno spacca culi a destra e manca. A proposito di Vader: che è successo al suo costumino? Solo a me è parso diverso? Altra domandina: ma è solo l'Impero ad essere rimasto confinato negli anni '80? Le divise imperiali urlano BigJimme! ad ogni fotogramma e cozzano in maniera incredibile con lo stile dei ribelli, aggiornato al gusto recente e, aggiungo, facilmente cosplayabile anche da chi è impedito come me. La galassia sarà anche sempre lontana lontana ma evidentemente i fashion blogger sono arrivati persino lì! Tolte queste imbarazzanti considerazioni personali Rogue One mi è comunque piaciuto molto e lo consiglio anche a chi non è appassionato all'ultimo stadio della saga stellare.


Di Felicity Jones (Jyn Erso), Diego Luna (Cassian Andor), Alan Tudyk (voce originale di K-2SO), Donnie Yen (Chirrut Imwe), Ben Mendelsohn (Orson Krennic), Forest Whitaker (Saw Gerrera) e Mads Mikkelsen (Galen Erso) ho parlato ai rispettivi link.

Gareth Edwards è il regista della pellicola. Inglese, ha diretto film come Monsters e Godzilla. Anche tecnico degli effetti speciali, sceneggiatore, animatore, attore e produttore, ha 42 anni.


Riz Ahmed interpreta Bodhi Rook. Inglese, ha partecipato a film come Il fondamentalista riluttante, Nightcrawler - Lo sciacallo e serie quali Dead Set e The OA. Anche sceneggiatore e regista, ha 35 anni.


Per ricreare il personaggio del Governatore Tarkin il volto di Peter Cushing è stato sovrapposto digitalmente a quello dell'attore Guy Henry e allo stesso modo la Leia sul finale è stata realizzata sovrapponendo le fattezze di una giovane Carrie Fisher a quelle dell'attrice Ingvild Deila; nel cast compare inoltre anche quel gran figo di Ben Daniels di The Exorcist, nei panni del Generale Merrick. A Rogue One sono stati inoltre aggiunti digitalmente spezzoni mai usati di Guerre Stellari e Il ritorno dello Jedi, principalmente incentrati sui piloti che attaccano lo scudo spaziale poco prima del finale. SPOILER se non avete visto il film: la prima bozza di sceneggiatura di Rogue One prevedeva che i personaggi sopravvivessero tutti ma Gareth Edwards ha chiesto espressamente a Kathleen Kennedy e ai vertici della Disney il permesso di farli morire da eroi. Una volta ottenuto (a sorpresa!) il permesso, è stata scartata tuttavia l'idea di farli uccidere da Darth Vader, un'immagine ritenuta troppo cupa. Detto questo, se Rogue One vi fosse piaciuto recuperate tutti i film legati alla saga di Guerre Stellari, tenendo conto che, cronologicamente, gli eventi della pellicola si collocano 18 anni dopo Star Wars: Episodio III - La vendetta dei Sith e poco prima dello storico Guerre Stellari. ENJOY! 




martedì 27 dicembre 2016

Oceania (2016)

Neanche fosse il film che più aspettavo quest'anno, giovedì mi sono fiondata al cinema a vedere Oceania (Moana), diretto dai registi Ron Clements, Don Hall, John Musker e Chris Williams.


Trama: Vaiana è la figlia del capo di un villaggio polinesiano, che ama il suo popolo ma brama l'Oceano e l'avventura. Grazie alla nonna paterna, la ragazza viene in possesso del cuore della dea Te Fiti, rubato mille anni prima dal semidio Maui, e, per salvare la propria terra dall'oscurità che si è estesa fino al suo villaggio, decide di cercare Maui e costringerlo a restituire il cuore.


E' dai tempi di Lilo e Stitch che il mio cuore palpitava per rivedere un'eroina Disney col naso a patatina, gli occhi enormi e le estremità per nulla filiformi, impegnata a ballare sulle note di un'evocativa melodia hawaiiana. Quattordici anni dopo, alla Disney hanno risposto alle mie preghiere e mi hanno dato Oceania, la storia di una principessa che tale non è, più interessata ad essere esploratrice e condottiera piuttosto che la regnante di uno statico castello, pronta a solcare oceani sconosciuti per salvare il suo popolo e riportarlo alle sue radici. Vaiana (che, a chiamarla Moana, in Italia pareva brutto. Vero è che Vaiana significa acqua fresca, però...) è intelligente, carismatica e coraggiosa, eppure ha il cuore diviso tra dovere e desiderio: consapevole del suo ruolo di futuro capo del villaggio, la giovane cerca di zittire la voce dell'Oceano che la chiama fin da piccola e cerca di concentrarsi sulla quotidianità del suo popolo, risolvendo problemi via via sempre più insormontabili. Quando i disagi dell'isola in cui vive cominciano a collegarsi sospettosamente alle leggende raccontate dalla nonna materna, Vaiana decide di seguire il proprio cuore e si imbarca, letteralmente, in un'impresa pericolosa che risveglierà in lei gli istinti ancestrali di un popolo di esploratori ed esperti naviganti, un retaggio sepolto da ignoranza, timore e sì, anche dai danni causati dal semidio Maui. Oceania mette così in scena il rapporto tra due personaggi che, apparentemente, non avrebbero nulla da spartire (potente ed arrogante semidio l'uno, assai simile ad Hercules e a quel cretino di Kuzco, incerta ma determinata l'altra, nonostante sia appena una ragazzina) ma che in realtà scopriranno di essere afflitti entrambi da un grande problema, ovvero quello di non capire più bene quale strada far intraprendere alla propria esistenza. Influenzati dai fallimenti e convinti erroneamente che il valore di una persona sia legato al modo in cui viene percepita dagli altri, Vaiana e soprattutto Maui (ma non solo loro) hanno smarrito il loro vero io per strada, al punto da perdere coraggio e fiducia, accontentandosi di essere molto meno di ciò che sarebbero potuti diventare. Sarà l'oceano capriccioso e testardo a mettere alla prova entrambi e ad instradarli sul giusto cammino, per la loro salvezza e quella di tutto il mondo che li circonda, offrendo allo spettatore una girandola di avventure, gag, ironiche stilettate ai grandi classici Disney e ovviamente qualche canzoncina (non troppe, che Maui non gradisce!).


Nonostante la storia molto gradevole, la bellezza di Oceania risiede soprattutto nelle animazioni che gli meritano giustamente un nome grandioso come quello di un continente. Intanto, i paesaggi naturali sono talmente belli da far venire voglia di partire, come Vaiana, salire su una barca e solcare gli oceani; basta guardare l'azzurro cristallino dell'acqua che tratta la protagonista con tanta benevolenza per sentire profumo di mare e avvertire un soffio di vento tra i capelli. E a proposito di capelli, quanta meraviglia! Le chiome di Vaiana e Maui sono spettacolari, danno proprio l'impressione di morbidezza assoluta (non a caso il semidio se ne vanta: a bello, me ne vanterei anche io!!) e accompagnano alla perfezione il già citato design un po' chubby dei personaggi principali. Altra cosa bellissima sono le luminescenze che tanto mi hanno ricordato Il mistero della pietra azzurra, soprattutto per quel che riguarda la manta che diventa spirito guida di Vaiana e il momento in cui Tamatoa si esibisce nel suo one man show granchiesco (ah, rimanete fino alla fine dei titoli di coda, mi raccomando. Fan storici de La sirenetta, sto parlando con voi), alle quali vanno aggiunte le simpatiche interazioni tra Maui e i tatuaggi che lo ricoprono, interamente disegnati a mano: sì, il pollo HeiHei è un gran rincoglionito ma onestamente il premio simpatia lo vince il mini-semidio tatuato, che si palleggia un bel po' di battute esilaranti con la sua controparte "umana". Menzione speciale per le canzoni o, meglio, per la colonna sonora in generale. Sono due giorni che sfrutto Spotify per godermi la versione italiana del film, fatta molto bene se si esclude la tremebonda versione pop di Tranquilla, eseguita da Sergio Sylvestre e (orrore degli orrori!) Rocco Hunt; tra i brani spiccano quello cantato da Gualazzi, che infonde al già pregevole Tamatoa una personalità tutta particolare, e quelli più musicalmente "hawaiiani" come Tulu Tagaloa, An Innocent Warrior e Logo Te Pate. La canzone portante, ovvero Oltre l'orizzonte, come quasi tutte quelle cantate da Vaiana, sanno un po' troppo di Frozen ma obiettivamente non mi spiacciono, tuttavia la mia preferita resta Tranquilla cantata da Fabrizio Vidale, tradotta in maniera leggermente diversa rispetto a Prego (ribadisco: ugh!) e talmente insinuante che la canterete per i mesi a venire. Considerato anche che prima di Oceania c'è lo splendido corto Testa o cuore (Inner Workings), mi sento di dire che il Natale con la Disney è stra-consigliato anche quest'anno!


Dei registi e co-sceneggiatori Ron Clements, Don Hall, Chris Williams e John Musker ho già parlato ai rispettivi link e lo stesso vale per Jemaine Clement (Tamatoa) e Alan Tudyk (HeiHei).


Dwayne Johnson è il doppiatore originale di Maui. Americano, ex wrestler conosciuto come The Rock, lo ricordo per film come La mummia - Il ritorno, Il re scorpione e Jem e le Holograms, inoltre ha partecipato a serie come That's 70's Show, Hannah Montana, Cory alla Casa Bianca e doppiato episodi de I Griffin. Anche produttore e stuntman, ha 44 anni e otto film in uscita tra i quali Baywatch, Jumanji, Doc Savage e Shazam!.


Moana è stata ribattezzata Vaiana non solo in Italia, per evitare qualsivoglia legame con la povera Moana Pozzi, ma anche in altri paesi europei ed asiatici, per evitare problemi di copyright con questa marca di cosmetici QUI; anzi, perlomeno in Italia ci siamo limitati a cambiare il nome interno e ad adottare l'evocativo Oceania, mentre in Paesi come Francia, Germania, Olanda ed altri il film si intitola proprio Vaiana. Bleah. Rimanendo in ambito italiano, tra i doppiatori figurano il già citato Raphael Gualazzi nei panni del granchio Tamatoa e la brava Angela Finocchiaro in quelli della nonna. Detto questo, se Oceania vi fosse piaciuto recuperate La sirenetta, Aladdin, Frozen - Il regno di ghiaccio e Lilo e Stitch. ENJOY!


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