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venerdì 4 luglio 2025

2025 Horror Challenge: Specie mortale (1995)

La challenge horror di oggi predeva il recupero di un film uscito nel 1995, quindi ho scelto Specie mortale (Species), diretto dal regista Roger Donaldson, che compie 30 anni proprio tra un paio di giorni. 

Il post, anche se non avrei voluto perché il film in questione è parecchio brutto, serve anche a commemorare Michael Madsen, una delle mie grandissime crush cinematografiche nonché emblema di uomo estremamente cool, che è purtroppo morto ieri. Ci vediamo nei film, Michael, ballando leggeri e strafottenti sulle note di Stuck in the Middle With You.


Trama: Sil, ibrido femmina tra umano e alieno, fugge da un laboratorio di ricerca a seguito del tentativo degli scienziati di ucciderla. Sviluppatasi da bambina a donna nel giro di un paio di giorni, Sil si mette in cerca di un uomo con cui accoppiarsi e generare un figlio, lasciandosi dietro una scia di cadaveri...


Aah, che belli gli anni nov... ehm. No, nemmeno gli '80 erano belli ma, Cristo, la monnezza che hanno prodotto i '90. Specie mortale è uno di quei "simpatici" horror sci-fi ad altissimo budget e zeppo di facce famose che non è invecchiato male, di più, e questo nonostante abbia ottenuto tutto ciò che si era sicuramente prefissato, ovvero fare soldi a palate e generare un'infinità di seguiti. Diciamo che, di base, ricordo un battage pubblicitario che puntava essenzialmente sulla bellezza sensuale di Natasha Henstridge, e immagino che chi sia andato al cinema a vedere Specie mortale per godere della vista dell'attrice sia tornato a casa soddisfatto. In realtà, Specie mortale è molto castigato in questo, perché non ha il coraggio dei thriller erotici di fine anni '80 e dell'inizio della decade successiva, e si limita a mostrare la  Henstridge e seno nudo o mentre si profonde in tre amplessi (tra i quali due tentativi che si limitano a una limonata "spinta") sensuali quanto una puntata di Arriva Cristina. Il resto è un "vorrei ma non posso", ovvero un film estremamente maschilista imperniato su una creatura aliena, guidata dall' imperativo genetico dell'accoppiamento a scopo riproduttivo, la quale, in quanto donna, non può perseguirlo senza uccidere i malcapitati che le capitano sotto mano. Sil è una creatura indesiderata fin dall'inizio, da quando il suo viscido creatore Fitch decide di sbarazzarsene salutandola con un gesto della mano e una lacrima, un'aliena che fugge e, nel giro di un paio di giorni, si ritrova vittima di uno sviluppo fisico iperaccelerato che ne cambia completamente le priorità; non più bambina in fuga, bensì donna nel pieno dell'età fertile. Una sceneggiatura non dico intelligente, ma almeno interessante, avrebbe puntato sulla confusione di Sil, extraterrestre prigioniera di un mondo estraneo e anche di un corpo governato da pulsioni sconosciute; avrebbe sfruttato un empatico come andrebbe fatto, utilizzandolo per capire i tormenti della creatura e magari farsene portavoce, creando qualche legame originale, invece di fargli fare da cercapersone e indovino. Invece, abbiamo un gruppo di scienziati capitanati da un mercenario, il cui unico scopo è capire la fisiologia di Sil solo per eliminarla prima che si accoppi e procrei, secondo un pattern abbastanza banale che vede gli umani contro il mostro, senza grandi dubbi morali.


Specie mortale,
se non altro, vanta un design alieno e un paio di sequenze oniriche realizzate da Giger, il quale avrebbe voluto molti più stadi evolutivi per Sil, ma quel paio di guizzi originali fanno a pugni con la piattezza generale della regia di Roger Donaldson, che si "risveglia" giusto nel corso delle sequenze finali ambientate nelle fognature (qui l'unico vero difetto sono, purtroppo, i primi tentativi di motion capture, che rendono Sil un ammasso di pixel appiccicati sullo schermo, inguardabili a livello Il tagliaerbeed è un peccato, perché gli effetti speciali artigianali non sono male). La cosa che fa più "specie" del film è però lo spreco di attoroni da Oscar, i quali vengono surclassati da una novellina come la Henstridge la quale, forse perché insicura e spaesata, conferisce a Sil una sorta di confusa ingenuità che si amalgama alla perfezione con la fredda sensualità dell'attrice, rendendo il personaggio almeno carismatico, se non tridimensionale. Il resto, lo ammetto, mi provoca imbarazzo a parlarne. Andiamo per ordine di credits. Non so cosa avesse visto Ben Kingley, dopo un Oscar per Gandhi e una signora interpretazione in Schindler's List, tranne forse un assegno, per interpretare uno scienziato talmente mal caratterizzato che non viene neanche voglia di sottolinearne la pochezza morale; Michael Madsen all'epoca era all'apice della forma fisica, quindi un figo da primato, ma sfido chiunque a considerarlo un attore capace di portare sulle spalle il ruolo dell'eroe protagonista e, in tutta onestà, il ruolo in cui è costretta Marg Helgenberger (quello della scienziata che non vede l'ora di scoparsi il mercenario muscoloso e misterioso, al punto da fare scenate di frustrazione in pubblico) è svilente per entrambi i coinvolti; Alfred Molina era ai primi ruoli in suolo americano e, preso come comic relief pesantemente connotato come sfigato affamato di patata può anche andare bene, contestualizzando un simile ruolo nell'anno in cui il film è stato girato; Forest Whitaker è un altro che, probabilmente, ha visto un assegno sostanzioso in un momento di magra pre-riconsacrazione a grande attore, perché Dan l'empatico è tutto ciò che uno dotato di simili poteri non dovrebbe essere, oltre a non servire a un cazzo in un contesto di militari e scienziati. Potrei andare avanti ore a ribadire quanto Specie mortale sia un film invecchiato male, ma non vale la pena. Questa è un'altra di quelle opere che può sopravvivere grazie alla nostalgica indulgenza di chi lo ha visto per la prima volta a 16 anni, consacrandolo a film del cuore, e purtroppo per Specie mortale io sono vissuta fino a 44 anni senza averlo mai visto. Ops. 


Di Ben Kingsley (Fitch), Michael Madsen (Press), Alfred Molina (Arden), Forest Whitaker (Dan), Marg Helgenberger (Laura) e Michelle Williams (Sil da piccola) ho parlato ai rispettivi link.

Roger Donaldson è il regista della pellicola. Australiano, ha diretto film come Cocktail, Cadillac Man - Mister occasionissima e Dante's Peak - La furia della montagna. Anche produttore, sceneggiatore e attore, ha 80 anni.


Natasha Henstridge
interpreta Sil. Canadese, ha partecipato a film come Species II, FBI - Protezione testimoni, Fantasmi da Marte, FBI - Protezione testimoni 2, Species III e a serie quali Oltre i limiti e CSI - Miami; come doppiatrice ha lavorato in South Park. Anche produttrice, ha 51 anni e quattro film in uscita. 


Specie mortale
vanta ben quattro seguiti: Species II, Species III e Species IV - Il risveglio, tutti a me sconosciuti. Se volete sapere come prosegue la storia, recuperateli! ENJOY!

venerdì 7 gennaio 2022

Spider-Man: No Way Home (2021)

Finalmente domenica sono andata a vedere Spider-Man: No Way Home, diretto nel 2021 dal regista Jon Watts, dopo un'attesa di quasi un mese dovuta alla gente folle che si è riversata a frotte in sale, come quella savonese, dove le regole anti-covid, prima dell'obbligo di portare la FFP2, erano pura utopia. Vediamo un po' se è valsa la pena attendere!


Trama: dopo che Mysterio ha rivelato al mondo l'identità di Spider-Man, la vita di Peter Parker e dei suoi amici è diventata un disastro. Il ragazzo decide quindi di chiedere aiuto a Doctor Strange per cancellare la memoria delle persone ma ovviamente l'incantesimo va storto...


Sì, ne è valsa la pena. Non sono di quelle che definiscono i film Marvel dei capolavori, anche perché salvo pochissimi casi li ho tutti dimenticati ad una settimana dalla visione, ma No Way Home ha davvero il suo perché e oserei dire (ma, come avete letto, non sono granché affidabile) che è una delle poche pellicole del MCU a curare veramente il personaggio protagonista, facendolo evolvere e crescere tra gioie e dolori; non so se è un paragone da fare, anche perché i Potterhead sono più micidiali dei fan del MCU, ma l'evoluzione del personaggio Spider-man interpretato da Tom Holland mi ha ricordato i romanzi di Harry Potter, dove i primi due erano libri per bambini semplici e principalmente ironici, poi dal terzo in poi i toni si sono fatti più cupi e i protagonisti più complessi e problematici. A costo di privare della freschezza il Peter Parker di Holland, credo sia questa la strada da seguire per elevarlo dal novero di eroi "cazzari" i cui problemi durano il giro di un film, sepolti da una salva ininterrotta di battute e siparietti esilaranti, perché, se ci pensate, il Bimbo Ragno del MCU finora ha avuto vita molto facile: è entrato di diritto nella squadra di eroi più forti della Terra, preso subito sotto l'ala potente di Stark, che lo ha fornito di ogni tipo di gadget, e dopo la morte dell'adorato Tony ci hanno pensato Happy Hogan e Nick Fury a far sì che a Peter non mancasse nulla. A fare cerchio attorno alla sua identità segreta, oltre ai due pesi massimi, c'erano anche l'adorata zia May, l'amico fraterno Ned e la fidanzata MJ, cosa che ha sempre consentito a Peter di vivere come un'adolescente normale ma anche come supereroe, una fortuna che credo non sia mai toccata a nessun ragazzino di nessun fumetto, film o cartone animato, e tutte queste cose combinate hanno fatto sì che Peter Parker diventasse una sorta di ragazzino viziato, dolce e carino quanto volete ma comunque privo di una dose di durezza e indipendenza tali da renderlo un supereroe consapevole e responsabile, e questo viene sottolineato parecchie volte nel corso di No Way Home, che sbatte in faccia al protagonista fin da subito una situazione dalla quale il ragazzo non potrebbe mai fuggire da solo, senza essere "paraculato" a più livelli. 


Purtroppo, sarà proprio questa consapevolezza di avere sempre e comunque le spalle coperte che causerà il casino cosmico che ha fatto bagnare il 90% dei nerd del pianeta e che ha trasformato No Way Home in un vero e proprio evento, rendendolo più ricco, intrigante e anche piacevole da guardare, non posso negarlo. Giocherò a carte mezze scoperte senza fare troppi spoiler, tanto ormai il film lo avranno visto tutti (ma, se non l'avete ancora fatto, evitate l'infoporn con tutti i nomi degli attori coinvolti) e il mio blog ormai è meno letto di Grand Hotel, dicendo che rivedere certi volti è stato come riavvolgersi in una calda coperta, souvenir dei bei tempi in cui i cinecomics erano ancora appannaggio di poche case di produzione pazze e registi che ci credevano senza omologarsi, un rischio per lo spettatore che apriva il cuore alla speranza e poi rischiava di ritrovarsi tra le mani una mezza ciofeca ma, nonostante tutto, si teneva le urla di dolore nel cuore perché non erano ancora spuntati internet e i maledetti social a dar voce anche alle capre. L'interazione tra i moltissimi personaggi presenti nel film mi è parsa naturale e rispettosa delle personalità dei coinvolti (almeno, di quelli che conoscevo) e se è vero che è sempre divertente vedere Doctor Strange alle prese con quelle che per lui sono fondamentalmente delle inutili minchie di mare a fronte della sua infinita e spocchiosa sapienza, è ancora più vero che un film senza dramma sarebbe nulla e che i signori attori sono pochi ma riescono a nobilitare pellicole ben peggiori di queste: qui, in particolare, c'è un attore che mangia la scena a tutti quelli che si ritrovano a doverla condividere con lui, arricchendo non solo le loro interpretazioni, ma anche le sequenze appena successive alla sua apparizione, nelle quali il fantasma della sua presenza aleggia ancora, impossibile da ignorare. Si piange parecchio in No Way Home e, come ho scritto sopra, è giusto così, perché un po' di cupezza rende i personaggi più complessi e migliori, al di là di tutto il codazzo di gag ed effetti speciali che possono accompagnare le loro avventure.


Questi ultimi elementi, ovviamente, non mancano. Come nei primi due film si cerca di approfondire la vita scolastica e sentimentale di Peter Parker, e ormai il terzetto Holland/Zendaya/Batalon è talmente affiatato che viene da pensare che i tre siano molto amici anche fuori dal set, inoltre a Batalon è richiesto di alleggerire un po' le atmosfere fungendo da elemento comico. In questo caso, gli sceneggiatori sono riusciti a tenersi in ottimo equilibrio senza sconfinare nella farsa e anche a gestire le fila di una storia comunque assai complessa a livello di continuity senza troppe sbavature (non chiedetemi lumi in merito, mi mancano pezzi di puzzle. Fate come se doveste guardare Tenet, godetevelo e non fate domande). Passando agli effetti speciali, io ho un debole per la magia di Strange e per la sua dimensione specchio, ho dunque trovato l'intera sequenza di combattimento tra lui e Spider-Man assai entusiasmante vista su grande schermo, oltre ad avere ovviamente apprezzato lo showdown finale, chiaro e dettagliato nonostante l'abbondanza di personaggi e poteri coinvolti, e la scena centrale del film, dove Spider-Man viene messo di fronte ai suoi limiti nel modo più violento e tragico possibile. Non riesco, al momento, a prevedere che direzione prenderanno le avventure di Spider-Man (e nemmeno dell'MCU vista la graditissima guest star che compare a un certo punto!!), soprattutto visto che è il Dottor Strange il fulcro delle anticipazioni post-credit, ma se l'ex Bimbo-Ragno dovesse tornare in futuro tornerò al cinema a fargli compagnia perché ormai ho cominciato a volergli molto bene, nonostante le dichiarazioni scellerate del minchietta che lo interpreta. 
 

Del regista Jon Watts ho già parlato QUITom Holland (Peter Parker/Spider-Man), Zendaya (MJ), Benedict Cumberbatch (Doctor Strange), Jon Favreau (Happy Hogan), Jamie Foxx (Max Dillon/Electro), Willem Dafoe (Norman Osborn/Goblin), Alfred Molina (Dr. Otto Octavius/Doc Ock), Benedict Wong (Wong), Tony Revolori (Flash Thompson), Marisa Tomei (May Parker), Andrew Garfield (Peter Parker/Spider-Man), Tobey Maguire (Peter Parker/Spider-Man), Angourie Rice (Betty Brant), Martin Starr (Mr. Harrington), J.K.Simmons (J. Jonas Jameson), Rhys Ifans (Dr. Curt Connors/Lizard), Charlie Cox (Matt Murdock) e Tom Hardy (Eddie Brock/Venom) li trovate invece ai rispettivi link. 

Jacob Batalon interpreta Ned Leeds. Hawaiano, ha partecipato a film come Spiderman: Homecoming, Blood Fest, Avengers: Infinity War, Avengers: Endgame e Spiderman: Far From Home. Ha 26 anni. 


Thomas Haden Church interpreta Flint Marko/L'uomo sabbia. Americano, ha partecipato a film come Il cavaliere del male, Sideways, Spider-Man 3 e Hellboy. Ha 62 anni e due film in uscita.


La trama del film, che avrebbe dovuto riprendere una delle scene post-credits di Far From Home, quella in cui si scopre che i Maria Hill e Nick Fury della Terra sono in realtà degli Skrull mentre il vero Fury è nello spazio, è stata completamente cambiata per poter realizzare la mini-serie Secret Invasion, che dovrebbe uscire quest'anno. Nell'attesa che ciò, accada, se Spider-Man: No Way Home vi fosse piaciuto recuperate Spider-Man: Homecoming, Spider-Man: Far From Home, Doctor Strange, la serie Wanda/Vision (peraltro molto ma molto carina), Shang Chi e la leggenda dei 10 anelli... e poi armatevi di santa pazienza vintage con Spider-Man, Spider-Man 2, Spider-Man 3, The Amazing Spider-Man e The Amazing Spider-Man 2 - Il potere di Electro, mentre potete serenamente evitare quella cacca fumante di Venom e, ovviamente, Venom 2. ENJOY!

mercoledì 10 marzo 2021

Promising Young Woman (2020)

Anche se purtroppo non ha portato a casa alcun Golden Globe e anche se la sua uscita italiana è stata ulteriormente rimandata, è giunto il momento di parlare di Promising Young Woman, diretto e sceneggiato nel 2020 dalla regista Emerald Fennell. 


Trama: Cassandra è una trentenne che vive ancora coi genitori dopo aver mollato l'università anni prima. Di notte, la ragazza va nei club e attira gli uomini nelle sue grinfie...


Non so cosa mi aspettavo dalla visione di Promising Young Woman ma sicuramente sono rimasta spiazzata in senso positivo. Credevo il film sarebbe stato più horror in senso "grafico", invece contiene parecchio l'aspetto violento meramente fisico della vicenda e si concentra, come tutte le opere migliori, sulle conseguenze psicologiche di una violenza inflitta ai danni di altri e il modo in cui un trauma indelebile rischia di fare vittime collaterali incapaci di riprendersi. Ancora più apprezzabile è il modo in cui Emerald Fennell ha costruito il personaggio di Cassandra, la protagonista, così che lo spettatore sia costretto a scovare piccoli pezzetti della sua personalità, del suo passato e delle sue motivazioni, senza peraltro mai coglierle nella sua interezza e soprattutto senza una linearità: noi vediamo Cassandra attirare uomini fingendosi ubriaca per poi punirli per la loro volontà di approfittarsi di lei (senza sapere precisamente come), sappiamo che è successo qualcosa che le ha impedito di finire l'università, sappiamo che il trauma passato ha cristallizzato la sua esistenza privandola di un futuro roseo, ma tutti i dettagli veniamo a conoscerli poco a poco, in un crescendo scioccante che, se arriva a spiazzare noi, in qualche modo dà una regola a Cassandra, che comincia a fare proprio l'insegnamento di Kill Bill e si imbarca in una vendetta metodica.  


Promising Young Woman è dunque una sorta di rape and revenge ma, a differenza della maggior parte degli esponenti del genere, non si sofferma sull'aspetto catartico (o a sua volta quasi pornografico) della vendetta, perché si sporca di commedia nera, di echi anni '90 riportati persino in un dialogo sul finale, ed è per questo molto più tragico di altre pellicole a tema perché prende ogni oncia di cupo umorismo e la sfrutta per fare male allo spettatore. Se un paio di sequenze in particolare rimandano a quel trionfo che era Cose molto cattive, la Fennell non si fa problemi ad affermare che, giustamente, i tempi sono cambiati e che la sottesa giustificazione di una mascolinità tossica perché giudicata "simpatica", "burlona" e "scavezzacollo" non è più accettabile, soprattutto quando ad accoglierla a braccia aperte sono le donne stesse; là dove Cameron Diaz era complice della stupidaggine del marito e degli amici, qui ci sono Rettori donna ed ex studentesse che fanno qualcosa di molto simile e alle quali poco importa di andare a fondo della verità, basta che la loro vita scorra tranquilla e serena, che la loro comodità coincida anche e soprattutto con lo stigmatizzare come zoccola o ubriacona qualunque donna venga violentata "per gioco" e sputtanata online per lo stesso motivo. In tutto questo, Cassandra è quella che agli occhi altrui risulta sfigata e malata perché ha scelto di portare all'estremo l'empatia verso un'altra persona invece di andare avanti come se niente fosse. Cassandra non è mai cresciuta, non è mai uscita dall'università e la vita sua e quella della sua famiglia rispecchia quest'impossibilità di superare il suo trauma: la casa dei genitori è una bomboniera kitsch, la sua camera quella di un'adolescente, la colonna sonora (salvo la citazione di La morte scorre sul fiume) è un trionfo girlie anni '90, quanto al suo lavoro, il suo trucco e i suoi vestiti... beh, quelli meritano un paragrafo a parte. 


La missione di Cassandra a inizio film è quella di punire gli uomini. Tutti. Nella cornice di un Caffè alla moda, la protagonista tesse la sua tela e indossa una maschera rassicurante in aperto contrasto con alcune delle sue mise "da battaglia" serali; unghie multicolor dai colori pastello, camicette e maglioncini in perfetto stile dreamy, pantaloni e abiti svolazzanti (un paio li trovate online  e sì, sono molto costosi e sì, sono stati creati appositamente dalla sorella stilista della Fennell, Coco, spero vi si spezzi il cuore com'è successo a me, condannata a bramarli senza successo), trucco leggero e biondi capelli con frangetta, spesso legati da vezzosi nastri di raso. Nessuno potrebbe dire che Cassandra è una persona disturbata, men che meno pericolosa, così come nessuno potrebbe dire che la tizia ubriaca stravaccata sul divano in pelle del club in realtà non è poi così ubriaca. L'unico momento in cui Cassandra abbassa leggermente le difese è quando sboccia l'amore con Ryan, periodo "tranquillo" in cui possiamo intuire sprazzi della vera personalità della protagonista, probabilmente simpatica e arguta, scoppiettante come il giallo e il fucsia che dominano la sequenza musicale più divertente e carina dell'anno, ma è uno spazio temporale brevissimo, che sottolinea comunque la cura incredibile profusa da Emerald Fennell in ogni aspetto del suo splendido film. Poi, certo, molto fa una Carey Mulligan che normalmente già adoro ma che qui probabilmente ha ottenuto il ruolo della vita e che anima un personaggio capace di agghiacciare, commuovere e divertire senza perdere la sua fondamentale, tragica umanità. Non so se Promising Young Woman è già il film più bello dell'anno ma, di sicuro, è uno dei migliori.


Di Adam Brody (Jerry), Carey Mulligan (Cassandra), Clancy Brown (Stanley), Laverne Cox (Gail), Christopher Mintz-Plasse (Neil), Alison Brie (Madison), Connie Britton (Rettore Walker), Molly Shannon (Mrs. Fisher) e Alfred Molina (Jordan) ho già parlato ai rispettivi link.

Emerald Fennell è la regista e sceneggiatrice della pellicola, inoltre compare come host del tutorial sulle "labbra da pompino". Inglese, è al suo primo lungometraggio. Anche produttrice, ha 35 anni.


Tra le guest star del film segnalo Jennifer Coolidge, ovvero "la mamma di Stiffler di American Pie", qui nei panni di Susan. Se il film vi fosse piaciuto recuperate Uomini che odiano le donne, (su Amazon Prime VideoElle (su praticamente ogni piattaforma streaming italiana) e M.F.A.. ENJOY!

domenica 8 dicembre 2019

Frozen II - Il segreto di Arendelle (2019)

Nonostante l'uscita novembrina che lo ha privato dello status di "cartone Disney da vedere a Natale", mercoledì sono andata al cinema per Frozen II - Il segreto di Arendelle (Frozen II), diretto dai registi Chris Buck e Jennifer Lee.


Trama: tre anni dopo l'incoronazione di Elsa a regina, la nuova sovrana comincia a sentire un richiamo lontano, che porterà lei e la sorella Anna a scoprire nuove, incredibili cose sul loro passato e su quello di Arendelle.


Sono passati sei anni dall'uscita di Frozen - Il regno di ghiaccio, film Disney che dato un ulteriore, perfido significato alla parola "merchandising" rimpinguando di miliardi di paperdollari le casse della Casa del Topo e prendendosi anche i miei soldi vista la bellezza di tutti gli oggettini a tema Elsa/Olaf che pullulano in ogni dove, dai Disney Store ai normali supermercati. Ma sto divagando. Sei anni, dicevo, tre all'interno del regno di Arendelle, dove la vita SEMBRA scorrere lieta, governata da un equilibratissimo status quo: Elsa è regina, Anna e Kristoff vivono il loro legame da storditi innamorati, il pupazzo di neve Olaf (che non ha più la nuvoletta in testa e si sta godendo il permafrost poiché i poteri di Elsa sono diventati più forti) sta crescendo e comincia a porsi dubbi esistenziali. La bellissima regina, però, è irrequieta, perché qualcosa la chiama, il canto di una sirena che ne turba i giorni e le notti, e quando Elsa capisce che quel richiamo arriva da un passato radicato nelle favole che le raccontava la mamma da bambina, decide di partire alla volta di una foresta incantata poco distante da Arendelle, una foresta popolata da spiriti adirati e pronti a distruggere il regno per riparare a un torto passato. Altro non si può dire sulla trama imbastita per questo Frozen II, sequel assai più adulto della favola del 2013, imperniato su temi cupi e probabilmente di non facile comprensione per i bambini. Nel corso del film sono infatti ricorrenti i riferimenti allo scorrere del tempo, all'impossibilità di opporsi a cambiamenti anche dolorosi nel corso della vita, alla necessità di accettare questi cambiamenti e trovare comunque la forza di andare avanti, in primis dentro noi stessi, sperando che ci sia sempre qualcuno pronto a tenderci la mano; in poche parole, i personaggi di Frozen cambiano e crescono, subiscono degli sviluppi che vanno oltre il classico happy ending e, come insegnava Inside Out, li portano ad abbracciare emozioni complesse, come una felicità velata di profonda malinconia o una tristezza capace di rendere il cuore comunque più leggero.


La saga di Frozen si riconferma dunque una delle più innovative a livello di maturazione dei personaggi (non tanto di trama, visto che gli sviluppi della stessa, finale e twist compresi, sono intuibili dopo cinque minuti dall'inizio del film), nonché una delle più belle a livello di animazioni e character design. In questo secondo capitolo ci sono delle intere sequenze che lasciano a bocca aperta per il modo in cui riescono a fondere le esaltanti caratteristiche di una scena d'azione alla raffinata bellezza di eleganti numeri da musical, come se gli X-Men o gli Avengers incontrassero la fantasia del Cirque Du Soleil, e sono quasi tutte imperniate (chevvelodicoaffare) sul personaggio di Elsa. La fanciulla subisce una metamorfosi sottile ma innegabile, diventando la principessa Disney più elegante, sensuale, bella e potente di sempre, un trionfo da vedere ed ascoltare che, con un solo gesto della mano, fa scomparire tutti i personaggi di supporto, sorella Anna compresa. A onor del vero, in effetti, molto del contorno di Frozen II è deboluccio: le riflessioni filosofiche e le mattane di Olaf sono simpatiche ma alla lunga irritanti, Anna è spesso lagnosetta e si risolleva più o meno a metà film, il povero Kristoff fa la figura del servo della gleba (ma si ritaglia il numero musicale più esilarante, un omaggio alle love song anni '80 alla Bon Jovi e Ryan Adams con tanto di video che cita nientemeno che Bohemian Rhapsody; peccato che la versione italiana richiami "antenati" meno nobili, come i Beehive.) e dei nuovi personaggi introdotti, affascinanti ma poco incisivi, ricorderò solo lo splendido spirito del fuoco, la cosa più tenera e meravigliosa che sia mai stata creata per un film Disney. Nulla da dire invece sulle canzoni. Penso che l'adattamento italiano ne appiattisca un po' i testi ma la voce di Serena Autieri mette i brividi e in generale le melodie sono molto belle; Christophe Back ha cercato un'altra Let it Go (canzone che, peraltro, provoca a un certo punto brividi di disgusto alla bella Elsa) e ha creato le ugualmente splendide Show YourselfInto the Unknown, Nell'ignoto per gli amici italiani e per Giuliano Sangiorgi che frantuma l'ugola e non solo nei titoli di coda dell'edizione nostrana, una canzone che rimane in testa anche grazie al brevissimo, evocativo gorgheggio della cantautrice norvegese AURORA. Per concludere, devo dire che avevo letto le peggio cose su Frozen II ma io non l'ho trovato tanto diverso dal primo capitolo della saga e onestamente l'ho apprezzato molto. L'unico, vero neo? Non c'è nessun corto a precederlo. Tristezza vera.


Dei registi Chris Buck e Jennifer Lee ho già parlato QUI. Kristen Bell (Anna), Josh Gad (Olaf), Sterling K. Brown (Mattias), Alfred Molina (Agnarr), Jeremy Sisto (Re Runeard), Ciarán Hinds (Granpapà) e Alan Tudyk (Guardia/ Capo dei Nortuldri / Soldato di Arendelle / Duca di Weselton) li trovate invece ai rispettivi link.

Evan Rachel Wood è la voce originale della regina Iduna. Americana, ha partecipato a film come S1m0ne e a serie quali CSI - Scena del crimine, True Blood, What We Do in the Shadows e Westworld, oltre ad aver lavorato come doppiatrice in Robot Chicken. Anche cantante, regista e sceneggiatrice, ha 32 anni e due film in uscita.


Martha Plimpton, che doppia Yelena, era la Stef de I Goonies. Le vicende narrate in Frozen II seguono di tre anni quelle di Frozen - Il regno di ghiaccio, che vi consiglio di recuperare assieme ai corti Frozen Fever e Frozen - Le avventure di Olaf. ENJOY!

mercoledì 2 marzo 2016

I predatori dell'arca perduta (1981)

A partire da oggi e (si spera, salvo interruzioni) per i prossimi tre giorni parlerò di un'altra delle saghe che hanno accompagnato nella crescita i figli degli anni '80, ovvero quella dedicata all'archeologo - avventuriero Indiana Jones. Si comincia con I predatori dell'arca perduta (Raiders of the Lost Ark), diretto nel 1981 dal regista Steven Spielberg.


Trama: su richiesta dell'intelligence americana, l'archeologo e avventuriero Indiana Jones si mette alla ricerca dell'Arca dell'alleanza per strapparla dalle grinfie dei nazisti, intenzionati a sfruttarne il potere...



Come Star Wars, anche la saga di Indiana Jones nasce dalla fervida mente di George Lucas, che voleva riportare su grande schermo lo spirito dei serial cinematografici anni '30 e '40. Dovete infatti sapere che all'epoca, per invogliare la gente ad andare al cinema, prima del film venivano proiettati gli antenati dei telefilm, brevi avventure settimanali che si concludevano sempre con un cliffhanger, ovvero una situazione "sospesa" che sarebbe stata risolta la settimana seguente; gli ingredienti di questi serial erano dunque pericolo, mistero, intrighi e, soprattutto, tanta avventura. I predatori dell'arca perduta, in questo senso è avventura pura, e non ci si può sbagliare, fin dalle prime scene. Indiana Jones lo conosciamo durante una spedizione quasi portata a compimento quando, in una lunga sequenza introduttiva passata giustamente alla storia del Cinema, si impossessa di un tesoro nascosto ed è costretto poi ad una fuga rocambolesca resa ostica da tutte le trappole celate all'interno di una caverna. Il recupero del tesoro, la fuga, la sconfitta per mano di un nemico senza scrupoli, il pericolo di una situazione quasi mortale e il successivo riscatto sono le cifre stilistiche di tutti i film in cui Indiana Jones è protagonista e I predatori dell'arca perduta le codifica alla perfezione presentandoci tutti i pregi e i difetti del personaggio principale, rendendocelo subito simpaticissimo anche in virtù della sua profonda "scorrettezza" e strafottenza di fronte ai nemici. La ricerca dell'arca dell'alleanza è solo una scusa per infilare Indiana in una serie di concitate mini-avventure che, come in una caccia al tesoro che si rispetti, coprono diverse zone del pianeta e prevedono parecchi spostamenti, enigmi da risolvere, nemici da affrontare; la nemesi del professor Jones (sì, Indiana è anche un professore universitario, molto amato dalle sue allieve, chiamale sceme) rispecchia l'epoca nella quale si muove il personaggio, gli anni appena prima della seconda guerra mondiale, ed ecco che, accanto a pochi ma fidati alleati, abbiamo quindi gruppi di folli e sadici nazisti pronti a cercare i manufatti più improbabili, capaci di dare maggior potere al Fuhrer.


Siccome erano anni che non vedevo I predatori dell'arca perduta, forse il film della saga che ho guardato meno (tolto ovviamente Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, visto una sola volta), mi sono ritrovata a stupirmi non tanto di fronte alla consapevolezza di quanto la pellicola sia invecchiata bene, sia in termini di storia che di effetti speciali, quanto davanti alla "cattiveria" di cui è permeata. Indiana Jones spara agli uomini armati di spada e ne fa saltare in aria altri a rischio di uccidere la povera Marion e in generale il body count della pellicola appare fin dall'inizio parecchio elevato, con pericoli mortali che piovono addosso ai protagonisti da ogni anfratto (non parliamo solo di nazisti ma anche di indigeni ostili, scimmie insidiose e soprattutto serpenti, bulaccate di serpenti!); di fronte a questa tensione mirabilmente mascherata da film avventuroso, capirete bene come non ci si possa annoiare davanti a I predatori dell'arca perduta e anche lo spietato finale "sovrannaturale" contribuisce molto a radicare nella memoria la pellicola come esempio di un'epoca in cui i film per ragazzi non andavano tanto per il sottile (giustamente, aggiungerei!). Certo, nulla a che vedere con Indiana Jones e il tempio maledetto ma anche I predatori dell'arca perduta si difende molto bene. E si difende anche e soprattutto in virtù di attori favolosi, in primis un Harrison Ford indimenticabile e perfetto per il ruolo (come ben sa Lazyfish preferisco Indiana Jones a Han Solo!!), talmente affascinante che i duetti tra lui e Karen Allen diventano una gioia per gli occhi e per le orecchie, intrisi come sono di frecciatine, battute storiche (It's not the years, honey, it's the mileage) e complicità. Indimenticabili sono anche John Rhys-Davies nei panni di Sallah e l'inquietantissimo Ronald Lacey, che col suo Maggiore Arnold Toth avrà sicuramente popolato gli incubi di più di un ragazzino. Insomma, la magia della premiata ditta Lucas/Spielberg è riuscita a non esaurirsi in 35 anni e sospetto che continuerà a brillare ogni volta che qualcuno deciderà di guardare I predatori dell'arca perduta, godendoselo fino in fondo come se fosse la prima volta!

Damn right I shot first!! XD
Del regista Steven Spielberg ho già parlato QUI. Harrison Ford (Indiana Jones), Karen Allen (Marion Ravenwood), John Rhys-Davies (Sallah) e Alfred Molina (Satipo) li trovate invece ai relativi link.

Paul Freeman interpreta René Belloq. Inglese, ha partecipato a film come Shanghai Surprise, Piccolo grande amore, Power Rangers - Il film, Squillo, Hot Fuzz e a serie come Le avventure del giovane Indiana Jones e E.R. - Medici in prima linea. Anche sceneggiatore, ha 73 anni e due film in uscita.


I retroscena de I predatori dell'arca perduta sono ovviamente infiniti e abbastanza risaputi e già il Dottor Manhattan ne ha elencato una ventina QUI, quindi mi limito per una volta a linkarvi il suo divertente ed interessantissimo post perché non potrei onestamente fare meglio senza ammorbarvi a morte. Aggiungo solo che nel caso vi fosse piaciuto I predatori dell'arca perduta sarebbe d'uopo recuperare Indiana Jones e il tempio maledetto e Indiana Jones e l'ultima crociata, mentre Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo andrebbe visto solo per dovere di completezza, nell'attesa che esca il quinto episodio della saga. Per la cronaca, del film esiste anche un remake scena per scena intitolato Raiders of the Lost Ark: The Adaptation, girato a partire dal 1981 e nell'arco di sette anni da un terzetto di teenager, remake apprezzatissimo sia da Eli Roth che da Steven Spielberg in persona ma purtroppo impossibile da trovare per noi comuni mortali. ENJOY!

venerdì 11 dicembre 2015

Il Bollalmanacco On Demand: L'apprendista stregone (2010)

Non poteva durare, lo sapevo. Dopo un paio di cult ecco che qualcuno, nella fattispecie la brava Sabrina (QUI c'è il suo canale Youtube), mi chiede una roba come L'apprendista stregone (The Sorcerer's Apprentice), diretto nel 2010 dal regista Jon Turtletaub. Il prossimo film On Demand sarà invece The Divide. ENJOY!



Trama: dopo la morte di Merlino per mano di Morgana e dei sui adepti, il mago Balthazar si mette alla ricerca di un possibile successore del grande stregone e un giorno trova dopo secoli il piccolo Dave. Per una serie di circostanze, Balthazar rimane imprigionato per dieci anni in un vaso assieme al malvagio morganiano Horvath e Dave nel frattempo cresce, diventando un complessato e sfigatissimo aspirante fisico...


Secondo me ci sono due modi di affrontare un film come L'apprendista stregone, quello serio e quello meritatamente imbecille. Nel primo caso, L'apprendista stregone diventa automaticamente il film più brutto di sempre, un'accozzaglia di effetti speciali senz'anima e attori pessimi, un affronto alla Settima Arte le cui bobine meriterebbero di bruciare da qui all'eternità; nel secondo caso ci si può fare del gran ridere e fortunatamente il mio animo era ben disposto e propenso all'imbecillità quando ho deciso di guardare il film di Turtletaub. "Tratto" dall'omonima ballata di Goethe ma, detto più onestamente, basato sul più famoso ed infantile episodio del primo Fantasia, L'apprendista stregone è la weirdissima storia di un ragazzo che cresce per affrontare il proprio destino nonostante la vita e l'infanzia gli siano state rovinate da un mago con le sembianze di Nicolas Cage, portandolo a perseguire studi scientifici. Ma, indovinate un po', nell'universo de L'apprendista stregone la magia è fondamentalmente un'estensione della fisica, governata dalle stesse regole, quindi il buon Nicolas è a cavallo, alla faccia di quell'irresponsabile di Harry Potter e dei suoi Giratempo, e riesce comunque a fare del giovane Dave il proprio "studente" nonché successore di Merlino! A questo canovaccio "formativo", la sceneggiatura aggiunge inoltre un paio di storie d'aMMore per venire incontro anche ad un pubblico di ragazzine, alcuni villain "terribili" ai quali fa capo nientemeno che fata Morgana e qualche riferimento a streghe/stregoni realmente vissuti e reputati tali per accontentare i palati più esigenti (quali??), cercando di affascinare gli spettatori con mirabolanti manifestazioni di potere condite da un pizzico di umorismo ma, in definitiva, imbroccando una strada troppo zamarra per poter conquistare davvero.


Turteltaub, con la sua solita finezza tutta aMMeregana, crea un film a misura di Cage ove non esistono sottigliezze magiche, bensì devastanti incantesimi a base di lampi, fuoco, uccelli giganti, specchi pronti a portare i malcapitati in un'altra dimensione, lupi famelici e prigioni in guisa di orrende matriosche oppure vasi. Gli abbondanti effetti speciali, spettacolari quanto volete ma fin troppo invasivi, sopperiscono sia alla trama banalotta e superficiale sia ad un cast non proprio di prima scelta: che Alfred Molina e Nicolas Cage si siano divertiti come dei pazzi a gigioneggiare nei panni di stregoni scafati è palese ma le mise del secondo (che, peraltro, ha prestato anche la sua Rolls Royce per le scene in cui Balthazar è al volante) sono al limite dell'imbarazzante e non parlo solo di quel parrucchino in stile "Modello abbronzatissimo anni '90 un po' svuncio e un po' zamarro" ripreso paro paro dal ben più riuscito Con Air. Jay Baruchel è simpatico e se la cavicchia, lo stesso vale per la bellina Teresa Palmer, mentre Toby Kebbell nei panni del mago corrotto dal successo è più improbabile del Mago Forrest e la nostrana Monica Bellucci è sempre una gnocca da paura ma, ahilei, si ostina a volersi doppiare con risultati miserrimi (la riunione finale tra lei Cage vorrebbe essere commovente ma lei è inascoltabile, ogni minima parvenza di sentimento o magia viene spazzata via dalla sua orrida dizione). Incredibile, infine, la dose di product placement presente nella pellicola, che va dal palese "omaggio" a Magic the Gathering al marchio di gelati Ben & Jerry messo talmente in primo piano da eclissare i protagonisti presenti nella scena, senza contare le marchette destinate a Mc Donald's, Pepsi, Nokia ecc. ecc. Insomma, L'apprendista stregone è un'infima operazione commerciale Disneyana e dovete prenderla come tale, un prodotto senza cervello progettato a tavolino per un pubblico di adolescenti senza pretese. Se non rientrate in questa categoria stategli lontani!


Di Nicolas Cage (Balthazar), Jay Baruchel (Dave), Alfred Molina (Horvath), Teresa Palmer (Becky), Monica Bellucci (Veronica) e Alice Krige (Morgana) ho già parlato ai rispettivi link.

Jon Turteltaub (vero nome Jonathan Charles Turteltaub) è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Phenomenon, Instinct - Istinto primordiale, Faccia a faccia, Il mistero dei templari e Il mistero delle pagine perdute. Anche produttore e sceneggiatore, ha 52 anni e tre film in uscita.


Toby Kebbell interpreta Drake Stone. Inglese, ha partecipato a film come Alexander, Match Point, War Horse, The Counselor - Il procuratore, Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie, Fantastic 4 - Fantastici 4 e a serie come Black Mirror. Ha 33 anni e cinque film in uscita.


Se L'apprendista stregone vi fosse piaciuto recuperate la saga di Harry Potter e magari anche Eragon. ENJOY!

martedì 27 agosto 2013

Monsters University (2013)

Domenica sera siamo andati con una coppia di amici (io ero la figlioletta viziata, ovviamente) a vedere il seguito dell'amato Monsters & Co., Monsters University del regista Dan Scanlon.


Trama: Mike Wazowki ha una sola aspirazione nella vita, cioé andare alla Monsters University e diventare il miglior spaventatore esistente. Per dimostrare il proprio valore dopo essere finito nei guai per colpa del bulletto fancazzista Sulley, il nostro eroe decide di partecipare ad una sorta di olimpiadi dello spavento mettendo su una squadra a dir poco sgangherata....


L'ho sempre detto, fin dalla prima visione di Monsters & Co.: Mike è il mio personaggio preferito e meriterebbe un film tutto suo. Ecco, con Monsters University sono stata accontentata perché il monocolo verde è diventato praticamente il protagonista assoluto e i realizzatori si sono divertiti ad indagarne il carattere adorabile, scoppiettante e deciso. Il cartone animato è uno dei migliori racconti di formazione che abbia mai visto su grande schermo, in primis perché non si concede al facile happy ending e poi perché, per una volta, non incoraggia i bambini ad impegnarsi per realizzare un sogno assurdo (che so, mi vengono in mente le sciacquettine di quei film sulla danza che, dal nulla, diventano le più brave della scuola tanto per...) bensì li spinge a tirare fuori il meglio di sé stessi per diventare quello per cui sono più portati anche se questo cozza con le loro speranze e, cosa ancora più importante in questo mondo dove viene celebrato il successo a tutti i costi, insegna ad accettare con filosofia un eventuale fallimento. Imbastendo una trama divertente ed emozionante gli sceneggiatori si sono collegati perfettamente al primo film non solo con rimandi e citazioni, come l'apparizione di Roz o i titoli di testa animati, ma anche tramite un filo logico che spiega come, quando e perché Sulley, Mike e Randal sono diventati i personaggi che abbiamo conosciuto in Monsters & Co.


Assieme ai personaggi vecchi, ovviamente, ne troviamo anche di nuovi, uno più bello dell'altro. Per una volta, a dire la verità, i villain sono un po' insipidi e poco divertenti ma compensano tutti i membri della Oozma Kappa con le loro assurde trovate, soprattutto il meraviglioso, cicciosissimo Squishy che, peraltro, io e la Noruzza abbiamo indicato come il più spaventoso in assoluto e, dall'alto del suo aplomb britannico, anche la temibile rettrice Tritamarmo si becca tutta la mia ammirazione. Gag a profusione, dunque, e momenti in cui ci si riesce a commuovere, sebbene senza lacrimuccia, rendono Monsters University, assieme al suo messaggio edificante, un film adattissimo per i bambini con alcuni regali anche per noi grandi, tutti sull'onda del citazionismo vintage: Animal House, La rivincita dei nerds, Carrie e il ritorno di una delle icone degli anni '80, la terribile bibliotecaria dei Ghostbusters! Per quanto riguarda la tecnica, invece, sono stati fatti dei passi da gigante e i personaggi sono più belli, colorati e realistici che mai, senza contare la meraviglia degli edifici esterni del campus e l'interno dell'inquietante, splendida sala dove i nostri fanno lezione la prima volta.


Come avrete capito, Monsters University è un film godibile quasi quanto il capostipite e ve lo consiglio senza riserve, avvertendovi di rimanere fino alla fine dei lunghissimi titoli di coda (anche dopo i nomi dei doppiatori italiani) per una simpatica scena post credits. E detto questo, lasciatemi spendere due parole anche per il delizioso corto che, come da tradizione Pixar, precede la pellicola, ovvero The Blue Umbrella di Saschka Unseld. La storia dell'ombrellino blu è pura poesia condensata ed effettivamente non dispone al meglio ad affrontare la strabordante cazzoneria di Monsters University ma la vista della città felice ed accarezzata dalla pioggia, la semplicità di uno sguardo e un tocco tra un ombrello blu e un'ombrellina rossa e la musica delicata che accompagna questo corto sono dei grandissimi esempi di come basti davvero poco a prendere il cuore e la mente dello spettatore ed accompagnarli lontano, lontano...


Billy Crystal (Mike), John Goodman (Sulley), Steve Buscemi (Randy), Helen Mirren (Abigail Tritamarmo – Dean Hardscrabble in originale), Joel Murray (Don), Charlie Day (Art), Nathan Fillion (Johnny Worthington) e Bonnie Hunt (Mrs. Graves) li trovate tutti ai rispettivi link.
 
Dan Scanlon è il regista e co-sceneggiatore della pellicola, al suo secondo film. Americano, anche doppiatore, animatore e produttore, ha 36 anni.


Sean Hayes presta la voce a Terri, che da noi è doppiato da Francesco Mandelli (mentre la seconda testa Terry è doppiata dal Biggio). Indimenticabile Jack della serie Will & Grace, ha partecipato anche al film Il gatto… e il cappello matto e ad episodi di Scrubs e 30 Rock. Anche produttore e sceneggiatore, ha 43 anni.


Alfred Molina presta la voce al professor Knight. Inglese, lo ricordo per film come I predatori dell’arca perduta, Ladyhawke, Specie mortale, Boogie Nights – L’altra Hollywood, Magnolia, Chocolat, Identità, Spider-Man 2 e Il codice DaVinci, inoltre ha partecipato alle serie Miami Vice e Monk. Anche produttore, ha 60 anni e undici film in uscita. 


Pare che i realizzatori si fossero ricordati del piccolo particolare che ho notato durante la visione di Monsters & Co., ovvero quel dialogo in cui Mike rinfaccia scherzosamente a Sulley di essere stato geloso del suo aspetto sin dalle elementari, e che avessero provato ad inserire in Monsters University un breve incontro che sarebbe stato poi dimenticato da entrambi, ma l’idea è stata accantonata perché avrebbe distolto l’attenzione dal vero fulcro della storia. A parte questo, l’anno prossimo dovrebbe uscire un corto dal titolo Party Central con protagonisti tutti i mostri della Monsters University e che molto probabilmente finirà nel DVD del film principale. Nell’attesa, se il film vi è piaciuto recuperate Monsters & Co. oppure cambiate genere e buttatevi su Animal House e La rivincita dei Nerds. ENJOY!!

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