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martedì 30 settembre 2025

Una battaglia dopo l'altra (2025)

Non ero granché convinta ma, siccome ne stavano parlando tutti bene, ho deciso di andare al cinema a vedere Una battaglia dopo l'altra (One Battle After Another), diretto e sceneggiato dal regista Paul Thomas Anderson, ispirato al romanzo Vineland di Thomas Pynchon.


Trama: "Ghetto" Pat Calhoun, ex un rivoluzionario esperto di esplosivi, è costretto a darsi alla fuga e andare a vivere in una cittadina sperduta assieme alla figlia quando la sua ex compagna, Perfidia Beverly Hills, viene catturata dal governo. Anni dopo, il passato di Pat, ora Bob, torna a mettere in pericolo lui e la figlia ormai sedicenne...


Come ho scritto su, non ero molto convinta di andare a vedere Una battaglia dopo l'altra. Il motivo è che, all'epoca, la premiata ditta Paul Thomas Anderson/Thomas Pynchon mi aveva fatto venire il latte alle ginocchia con Vizio di forma, e l'ultimo film del regista, Licorice Pizza, mi aveva entusiasmata poco. Complice la durata di quasi tre ore, temevo sarei stata uccisa dal Bolluomo, trascinato allo spettacolo delle 21, dopo pochi minuti dall'inizio e, soprattutto, che avrei accolto la morte con gioia, invece Una battaglia dopo l'altra si è rivelato inaspettatamente gradevole. Girato per la maggior parte in Vista Vision, cosa che purtroppo qui in Italia conta quanto il due di coppe a briscola, Una battaglia dopo l'altra è un esempio di magnifica regia, di intelligentissimo montaggio, di splendida fotografia, di attenzione ai costumi (ci sono alcuni capi di vestiario che si ripropongono di personaggio in personaggio, con diverse valenze) ed è uno dei rari film recenti in cui la colonna sonora è fondamentale per definire il ritmo del racconto. Che, fin dalla prima scena, inanella appunto "una battaglia dopo l'altra", come da citazione presa da una dichiarazione del 1969 e attribuita al gruppo rivoluzionario The Weather Underground. Non c'è mai un istante di stasi all'interno del film, che inizia come se ci trovassimo davanti la scena madre di un film action e da lì non diminuisce né in tensione né in movimento, visto che la cinepresa non sta ferma un secondo e, attraverso lunghi piani sequenza, segue personaggi perennemente in agitazione, anche quando stanno immobili a stordirsi di droga sul divano. Persino quest'immobilità, infatti, è la facciata di animi tormentati, di un nervosismo che precede o segue un'azione importante per il destino del personaggio stesso, che sia o meno volontaria; il risultato è che lo spettatore non sa mai cosa aspettarsi da Una battaglia dopo l'altra, e si trova sempre sul chi va là, che si parli di Bob, Willa e Perfidia, oppure della misteriosa "agenda" del terribile colonnello Lockjaw. Nel primo caso, la cinepresa segue i personaggi nel corso dei frenetici ingressi all'interno di luoghi chiave per la riuscita della loro rivoluzione e poi nella loro precipitosa fuga dalle autorità (culminante in un inseguimento in macchina allucinante, che dà l'illusione di trovarsi davvero sull'auto guidata da Willa); nel secondo caso, Anderson indugia sul volto indurito di un Sean Penn disgustoso, sul tormento di un uomo deprecabile, diviso tra la brama sessuale verso Perfidia, rivoluzionaria di colore, e il desiderio di entrare a far parte dell'imbarazzante élite di uomini bianchi, eterosessuali, potenti, razzisti e misogini che rispondono al nome di "Pionieri del Natale". Come ho scritto sopra, questo movimento frenetico, di persone sballottate e tormentate, si riflette sulla colonna sonora. Salvo alcune canzoni il cui testo richiama la situazione contingente, buona parte dello score di Jonny Greenwood è composto da accordi di piano dissonanti (non me ne intendo ma mi è sembrato che venisse ripetuta spesso la stessa nota), con qualche altro strumento che interviene sporadicamente a creare delle fughe ansiogene. 


A fronte di un comparto tecnico di prim'ordine, ciò che mi impedisce di definire "capolavoro" Una battaglia dopo l'altra è che la trama, un mix di action, commedia nera e dramma, è piuttosto semplice, se posso permettermi di usare un termine simile. Anderson si ispira a Pynchon e, pur trasportando la storia di Vineland ai giorni nostri (non è troppo difficile scorgere richiami a MAGA e Antifa), da ad intendere che le battaglie per la libertà, contrapposte allo schifo di valori che vanno contro ogni idea di democrazia, sono radicati da sempre all'interno della storia americana. E il messaggio di Anderson è chiaro, ovvero che nessuno dei due estremi è una via auspicabile, quello di destra per ovvi motivi, quello di sinistra perché porta a risoluzioni violente che rischiano di distruggere quanto di buono esiste in un messaggio di libertà, condivisione e apertura mentale. Perfidia, in primis, è un personaggio borderline, che farebbe qualunque cosa per la sua causa, ed è egoisticamente drogata dell'adrenalina che deriva dalla sua furiosa lotta per la rivoluzione; quasi di rimando, dopo essere stato abbandonato, Bob drogato lo diventa davvero, ed acuisce in questo modo la paranoia instillatagli in decenni di "indottrinamento" contrario alla sua natura di uomo "statico". Forse per questo il personaggio migliore di tutti è il Sensei di Benicio Del Toro, impegnato ma equilibrato, consapevole della necessità di una mente sana che organizzi con rigore una ribellione votata innanzitutto al bene delle persone, non al terrorismo. Poiché, a parer mio, i concetti e il canovaccio di base sono molto semplici ed immediati, quello che mi ha fatta un po' storcere il naso è l'impressione che Anderson abbia voluto "complicare" le cose, intrecciando vicende e inserendo innumerevoli personaggi che compaiono pochi minuti, giusto per allungare un brodo che avrebbe potuto durare una mezz'oretta in meno. Nonostante questo, le quasi tre ore passano in un lampo e il film è leggero come una piuma, soprattutto grazie alle interpretazioni di Sean Penn, della cazzutissima virago Teyana Taylor, che si mangia la maggior parte delle eroine action degli ultimi anni, e dell'adorabile Leonardo DiCaprio. Sapete che da ragazzina non lo sopportavo, segaligno ed efebico com'era, ma ora che ha smesso di curare l'aspetto fisico e ha accettato di diventare la versione moderna di Jack Nicholson nel finale de Le streghe di Eastwick, con una punta di fattanza alla Drugo Lebowski, lo trovo adorabile, e ogni sua interpretazione mi strappa l'applauso, come in questo caso. Una battaglia dopo l'altra è dunque l'ennesima conferma di come Paul Thomas Anderson sia uno dei pochi Autori completi rimasti a combattere una disperata guerra cinematografica contro remake, reboot, revival, seguiti ed opere mastodontiche che finiscono dritte nel tritacarne dello streaming, e anche solo per questo Una battaglia dopo l'altra merita di essere visto in sala (possibilmente una con le palle). Ne vale davvero la pena!


Del regista e sceneggiatore Paul Thomas Anderson ho già parlato QUI. Leonardo DiCaprio (Bob), Sean Penn (Col. Steven J. Lockjaw), Benicio Del Toro (Sensei Sergio St. Carlos), Tony Goldwyn (Virgil Throckmorton) e Jena Malone (voce al telefono) li trovate invece ai rispettivi link.

Regina Hall interpreta Deandra. Americana, ha partecipato a film come Scary Movie, Scary Movie 2, Scary Movie 3, Scary Movie 4, Superhero - Il più dotato tra i supereroi e a serie quali Ally McBeal. Anche produttrice, ha 55 anni e tre film in uscita.


Teyana Taylor
, che interpreta Perfidia Beverly Hills, è una nota cantante R&B americana. Alana Haim, protagonista di Licorice Pizza, compare nel ruolo della rivoluzionaria bianca che mette l'esplosivo nella banca. ENJOY! 


martedì 3 giugno 2025

La trama fenicia (2025)

Siccome io e l'amico Toto siamo bimbi di Wes Anderson, siamo corsi a vedere il suo ultimo film, La trama fenicia (The Phoenician Scheme), il giorno stesso dell'uscita.


Trama: il ricco industriale e avventuriero Zsa-zsa Korda, sopravvissuto all'ennesimo attentato, decide di nominare come erede universale la figlia Liesl, una novizia in procinto di prendere i voti. Tutto ciò per riuscire a realizzare la sua opera più ambiziosa, una complessa infrastruttura in Fenicia...


Su Facebook e Instagram, dove butto giù brevissimi pensieri a caldo sulle visioni concluse, ho messo in guardia i miei sparuti followers relativamente all'odio (o la noia) che molti, dopo anni di onorata carriera, sono arrivati a provare verso Wes Anderson. Per queste persone, lo ribadisco, La trama fenicia sarà una sofferenza, perché la trama, benché complicatina a livello di "schema", apparentemente è molto semplice e lineare, e sembra proprio un mero esercizio del solito stile andersoniano. Come sempre, però, "oltre alle simmetrie e ai colori pastello c'è di più". Gli ultimi film di Wes Anderson, diciamo a partire da The French Dispatch, hanno il potere di lasciarmi perplessa alla fine dei titoli di coda. Il che non significa che non mi piacciano ma, poiché ho ormai una certa età, faccio un po' fatica ad introiettare tutti gli stimoli uditivi e visivi che si affastellano con la stessa rapidità con cui i personaggi del regista snocciolano dialoghi lunghissimi, quindi, solitamente, mi serve un giorno per riflettere con calma su cosa avesse voluto raccontare Wes Anderson. In questo caso, La trama fenicia narra il viaggio fisico e spirituale di un freddo, cinico e ambiguo uomo d'affari, abituato a diffidare dei legami familiari e a contare solo su se stesso, fin dalla più tenera età. Le famiglie disfunzionali non sono una novità per Wes Anderson, anzi, si può tranquillamente dire che tutti i suoi personaggi o quasi partano (e spesso rimangano bloccati) all'interno di una condizione anaffettiva o siano comunque incapaci a relazionarsi in modo "normale" con gli altri. Forse, però, è la prima volta che Anderson tocca il tema della redenzione anche in senso religioso, dando al protagonista de La trama fenicia la possibilità di "morire" e "risorgere" più e più volte, fino ad una rinascita finale definitiva (d'altronde, non credo sia un caso tirare in ballo, almeno nei toponimi, il mitologico uccello che rinasce dalle sue ceneri). La scelta di affiancare a Korda una figlia suora, oltre ad offrire la possibilità di una critica ad una Chiesa che predica bene ma razzola male, soprattutto quando in ballo ci sono molti soldi, apre uno squarcio sul pensiero di Anderson e del co-sceneggiatore Roman Coppola; in uno splendido dialogo rivelatore si dice che va bene fingere che Dio risponda alle nostre preghiere, basta mettere in pratica quello che pensiamo farebbe Lui... e, spesso, si tratta di cose molto semplici, banali, di puro buon senso. Anderson e Coppola, insomma, non vogliono dichiarare la non esistenza di Dio o prendersi gioco di chi crede in qualcosa, anzi, sottolineano l'importanza di avere qualcosa che funga come bussola morale e ci apra gli occhi su ciò che è fondamentale nella vita, benché magari poco glamour, avventuroso, remunerativo o originale. Korda diventa così il Cristo andersoniano, costretto ad una via crucis a tappe (o a scatole, come volete) partita con un obiettivo decisamente materiale, lentamente tramutatosi in un'evoluzione umana e spirituale.


A livello più superficiale, La trama fenicia tira parecchie stoccate ad oligarchi e riccastri zeppi di figli che "potrebbero" essere geni, oltre ad un mercato globale facilmente manipolabile e a guerriglieri sui generis. Purtroppo, la critica sociale e contemporanea si perde un po', perché il film non esce quasi mai dai binari della commedia surreale e, rinunciando ad atmosfere di più cupe e satiriche, non morde mai davvero. Poco danno, perché comunque mi sono ritrovata spesso a ridere di cuore per alcune gag particolarmente azzeccate (una su tutte, quella reiterata delle bombe/ananas offerte agli interlocutori), e poi perché, insomma, a me piace Wes Anderson in primis per quello stile che ora va tanto di moda odiare. Sarei stata ore a guardare i titoli di testa, con la stanza d'ospedale di Korda ripresa dall'alto e le figure umane che si muovono in quella che sembra un'enorme, elegante piastrella quadrata, ma ogni elemento d'arredo disposto con gusto e simmetria (ci sono persino quadri famosissimi presi in prestito da gallerie, santo cielo!!), ogni diorama semovente, ogni abito, anche quelli più dimessi, mi trasportano gioiosamente all'interno della Wunderkammer del regista, zeppa di oggetti e colori nei quali mi perdo senza possibilità di recupero. Gli attori, poi, sono un altro motivo di felicità. In un cast di facce ormai familiari ai fan del regista, tutte impegnate in piccoli, esilaranti ruoli che arricchiscono il bestiario de La trama fenicia, Bill Murray ha finalmente ottenuto il ruolo più adatto al suo status e Benicio del Toro, per quanto sbattuto ed invecchiato, è sempre più patato ed è un protagonista esemplare. Il più a suo agio all'interno del mondo bizzarro di Anderson, stavolta, è però la new entry Michael Cera, uno dei motivi per cui mi è dispiaciuto non poter godere del film in v.o.. L'entomologo Bjorn è sfaccettatissimo, forse il personaggio più ricco di sorprese, e Cera offre una performance incredibile (soprattutto in un momento puramente "fisico", in cui cambia letteralmente davanti agli occhi dello spettatore aggiustando impercettibilmente abiti, accessori e postura. La mia mascella, probabilmente, è ancora in sala), al punto che mi sono chiesta perché mai Anderson abbia aspettato così tanto per chiamarlo in uno dei suoi film, visto che l'attore sembra uscito direttamente da una sua pellicola. Spero sia l'inizio di una lunga e fruttuosa collaborazione! Con questa nota speranzosa, invito i fan di Anderson ad andare a vedere La trama fenicia. Non è il miglior film del regista, questo no, ma è bello e divertente, una piccola chicca colorata in una triste e grigia realtà, e a volte, non so a voi, ma a me basta solo questo per essere soddisfatta. I detrattori si astengano, senza criticare i bimbi di Anderson come me!


Del regista e co-sceneggiatore Wes Anderson ho già parlato QUI. Benicio Del Toro (Zsa-zsa Korda), Steve Park (Il pilota), Willem Dafoe (Knave), F. Murray Abraham (Profeta), Rupert Friend (Excalibur), Michael Cera (Bjorn), Riz Ahmed (Principe Farouk), Tom Hanks (Leland), Bryan Cranston (Reagan), Charlotte Gainsbourg (prima moglie), Mathieu Amalric (Marseille Bob), Jeffrey Wright (Marty), Scarlett Johansson (Cugina Hilda), Bill Murray (Dio), Hope Davis (Madre superiora) e Benedict Cumberbatch (Zio Nubar) li trovate invece ai rispettivi link.


Mia Threapleton
, che interpreta Liesl, è figlia dell'attrice Kate Winslet. ENJOY!



domenica 14 novembre 2021

The French Dispatch (2021)

Avviso ai naviganti. Se avete la fortuna di vivere accanto a un cinema che proietta The French Dispatch, l'ultimo film di Wes Anderson, assicuratevi che la sala o il multisala non sia gestito da beoti o rischiate che vi succeda la stessa cosa successa a me, ovvero uno schifo passabile di avere il biglietto rimborsato (non a Savona, ovvio. "Non si può cambiare. Stacce." è stata la risposta ottenuta dall'incauto spettatore che ha preteso che il film venisse interrotto e proiettato a dovere. Ti sono vicina, incauto spettatore, ti ho voluto davvero bene, giuro): l'aspect ratio di The French Dispatch è il vecchio 1.37:1, in omaggio ai film francesi che hanno ispirato il regista, invece del moderno 1.85:1, e il risultato che abbiamo avuto a Savona è stato di avere la parte superiore delle immagini proiettata sul soffitto e quella inferiore tagliata sotto lo schermo, così che alcuni dei sottotitoli e delle didascalie sono andati perduti, il che è una meraviglia quando Léa Seidoux parla un francese così stretto e veloce da essere incomprensibile. Che i gestori del Multisala Diana si vergognino, davvero. Inutile cercare di salvare il cinema visto in sala e i lavoratori della categoria se poi gli spettatori vengono trattati solo come bestie portasoldi, senza un minimo di rispetto nei loro confronti. 


Trama: tre storie tratte dalla rivista The French Dispatch, dedicate una a un pittore, una alle proteste studentesche in Francia e l'ultima a un abilissimo chef di polizia.


Al di là della dabbenaggine di chi gestisce le sale, non stupitevi se vi dico che ho amato The French Dispatch dall'inizio alla fine e nemmeno se vi dico che, se odiate lo stile del regista o vi è venuto a noia, vi conviene stare lontani dalla sala, perché la sua ultima opera è praticamente un compendio di WES ANDERSON. Non so se vi è capitato di andare a vedere a Milano la mostra Il Sarcofago Di Spitzmaus E Altri Tesori, curata proprio dal regista, ma guardare The French Dispatch mi ha fatto lo stesso effetto, ovvero mi ha dato la sensazione di vivere per quasi due ore in un mondo altro, un universo apparentemente caotico, fatto di tante piccole "cose" eleganti, graziose ed ironiche messe assieme senza un filo logico, che tuttavia portano il visitatore (in questo caso lo spettatore) a illuminarsi nel momento esatto in cui riesce ad intuire parte delle complesse regole che lo governano, interamente racchiuse in una mente che i detrattori sicuramente definiranno solo "fighetta" e "manierista", ma che io trovo elegantemente geniale. The French Dispatch, sotto la splendida, ricchissima superficie formale, è un film che ripropone nuovamente tematiche profonde quali la solitudine, la speranza di poter contare qualcosa e distinguersi in un mondo particolarmente spietato con chi è dotato di grande sensibilità, il fortissimo desiderio di instaurare dei legami, la consapevolezza (non di tutti i personaggi, solo di alcuni) che nulla di ciò che faremo potrà mai cambiare il triste fatto che è il fato a governarci e a scombinare tutti i nostri piani di gloria, soprattutto se puntiamo in alto; l'unica cosa che possiamo fare per avere un'illusione di controllo è abbracciare l'arte, in ogni sua forma, perché è l'unica cosa che ci è dato creare e gestire, sempre fino a un certo punto. E' per questo che la perfezione formale dei film di Wes Anderson va sempre a braccetto con personaggi tristi, tragicomici, ridicoli e splendidi, accanto ai quali morte e dolore camminano con naturalezza, accettati quali inevitabili compagni di vita, al pari della delusione.


E così, all'interno della redazione del French Dispatch, situato nientemeno che a Ennui-sur-Blasé (ho riso male), il direttore Arthur Howitzer Jr cerca di tenere a bada dei collaboratori dalle personalità strabordanti, intimando di "non piangere" neppure quando si diventa parte delle storie raccontate e delle notizie riportate, mentre allo spettatore non resta che godere di tre vicende (la prima, con Owen Wilson per protagonista, è un'introduzione alla cittadina, letteralmente un mondo in miniatura nonostante la piantina assurdamente semplice) che contengono tutti gli elementi ai quali ho accennato sopra, ovviamente interpretati da attori in stato di grazia. Se dovessero puntarmi una pistola alla tempia e costringermi a scegliere la mia preferita opterei per la seconda, ambientata ai tempi delle proteste studentesche francesi; lì per lì sembra di trovarsi davanti a una parodia di The Dreamers o di qualche film della Nouvelle Vague francese, in realtà forse, nonostante le ampie dosi di ironia, è il segmento più malinconico di tutti perché sviscera tutto il senso di impotenza di chi la sua vita l'ha già vissuta e la grandeur di chi, ancora giovanissimo, mette in discussione ogni cosa e cerca di cambiare il mondo battendosi spesso per cause "stupide" senza neppure capirle bene, ma comunque mettendoci cuore e anima, oltre a tantissima ingenuità. All'interno dell'episodio in questione, Wes Anderson fa un uso magistrale del bianco e nero e della colonna sonora, mescola l'amore per il cinema a quello per il teatro, propone risoluzioni divertenti e assurde a situazioni da cliché e finalmente rende Timothée Chalamet affascinante e tenero come merita.


Per il resto, The French Dispatch è una continua scoperta, oltre che una gioia per le orecchie e per gli occhi. La sequela di guest star che si rendono indimenticabili o iconiche anche solo per 5 minuti è infinita e fanno tutti da degna spalla agli attori principali, ognuno ugualmente strepitoso; impossibile scegliere tra la strana coppia Del Toro/Séydoux (lo scazzo di lei, un po' da maestrina un po' da mistress, è qualcosa di assurdo), la sempre bravissima Frances McDormand, una Tilda Swinton che non smette MAI di essere favolosamente eccentrica o un Jeffrey Wright capace di spezzare il cuore, quindi per non sbagliare mi asciugo lacrime di commozione davanti a un cast della madonna e passo a ringraziare Wes Anderson per tutte le elegantissime scelte di regia, montaggio, scenografia e costumi, questi ultimi affidati a Milena Canonero. A partire dai disegni debitori dello stile del New Yorker, passando a un bianco e nero dalle mille sfumature, che lascia il posto agli abbacinanti colori della nuova arte di un pittore violento e persino a fumetti trasformati in cartoni animati, senza dimenticare quei "finti" fermo immagine colmi di perfida ironia, ogni sequenza di The French Dispatch è un piccolo capolavoro, e quest'ultimo è un altro di quei film meravigliosi che, come Ultima notte a Soho, riconcilia con la Settima Arte tutta e porta a ringraziare che esistano ancora Autori a questo mondo, non solo registi piegati ai voleri della major. Poi, lo sapete, io sono una Bimba di Wes e non posso fare a meno di amarlo a prescindere. 


Del regista e sceneggiatore Wes Anderson ho già parlato QUI. Benicio Del Toro (Moses Rosenthaler), Adrien Brody (Julian Cadazio), Tilda Swinton (J.K.L. Berensen), Léa Seydoux (Simone), Frances McDormand (Lucinda Krementz), Timothée Chalamet (Zeffirelli), Jeffrey Wright (Roebuck Wright), Mathieu Almaric (Il Commissaire), Bill Murray (Arthur Howitzer Jr), Owen Wilson (Herbsaint Sazerac), Bob Balaban (Zio Nick), Henry Winkler (Zio Joe), Lois Smith (Upshur 'Maw' Clampette), Christoph Waltz (Paul Duval), Cécile de France (Mrs. B), Rupert Friend (Sergente), Liev Schreiber (Conduttore del talk show), Willem Dafoe (Albert "l'abaco"), Edward Norton (il chauffeur), Saoirse Ronan (Tossica/Showgirl #1), Elisabeth Moss (Alumna), Jason Schwartzman (Hermès Jones), Fisher Stevens (l'editore), Griffin Dunne (l'avvocato) e Anjelica Huston (la narratrice) li trovate invece ai rispettivi link.

Steve Park interpreta Nescaffier. Americano, ha partecipato a film come Un poliziotto alle elementari, Poliziotto in blue jeans, Toys - Giocattoli, Un giorno di ordinaria follia, Fargo e a serie come Macgyver, La signora in giallo, Friends e Innamorati pazzi. Anche stuntman, ha 70 anni e due film in uscita. 


Tony Revolori interpreta il giovane Rosenthaler. Americano, lo ricordo per film come Grand Budapest HotelSpider-Man: Homecoming, Spider-Man: Far from Home e serie come My Name is Earl. Anche produttore, ha 25 anni e due film in uscita, tra cui Spider-Man: No Way Home


Spunta anche qui la faccetta "stronza" di Alex Lawther, nei panni di Morisot. Kate Winslet avrebbe dovuto interpretare il ruolo andato poi a Elizabeth Moss, ma ha rinunciato per il film Ammonite. Ciò detto, se The French Dispatch vi fosse piaciuto, recupererei l'intera filmografia di Wes Anderson. ENJOY!

domenica 21 ottobre 2018

Sicario (2015)

In occasione dell'uscita di Soldado, ho finalmente recuperato Sicario, diretto nel 2015 dal regista Denis Villeneuve.


Trama: un'agente dell'FBI viene coinvolta in un'operazione della CIA atta a smantellare un cartello messicano ma la questione, ovviamente, è ben più complicata di così.


Di Sicario avevano parlato tutti benissimo all'epoca. TUTTI. Non fatico a capire perché un film simile avesse messo d'accordo chiunque e ancora mi chiedo cosa ho aspettato a vederlo. Non tanto per la trama, bisogna dirlo. Sicario è uno di quei film a base di agenti e complotti che mi vedono persa dopo due secondi netti, tanto che prima di scrivere il post ho dovuto fare un po' di mente locale per vedere se avevo effettivamente capito quello che viene raccontato: in pratica, abbiamo agenti FBI coinvolti loro malgrado in un'operazione CIA dove chiunque ha un proprio scopo da perseguire tranne la povera, integerrima Kate, che invece vorrebbe solo capire in cosa si sia andata a infilare, mentre nell'ombra cospira un uomo ancor più insondabile degli altri. Ora, io sono sicuramente un po' tarda quando mi ritrovo davanti  questo genere di pellicole, però mi è sembrato che la trama di Sicario non fosse poi così importante e che i personaggi, su carta (e sottolineo: su carta) avessero lo spessore di un'ostia, degli abbozzi di carattere, delle immagini di qualcosa di impossibile da approfondire in un paio d'ore di film... talvolta, dei cliché. E proprio perché a livello di scrittura, quello insomma verso il quale sono più portata, Sicario non spicca particolarmente, il post rischierebbe di essere anche troppo corto per i livelli standard, ed è un peccato perché il film di Villeneuve è splendido, ma purtroppo meriterebbe gente competente e in grado di approfondire argomenti come regia, fotografia, montaggio e colonna sonora per parlarne degnamente. Quindi vi rimanderei, molto pigramente, QUI e QUI, prima di riprendere la parola e sottolineare quelle cose che mi hanno particolarmente colpita.


LA cosa che mi ha colpita maggiormente, che mai dimenticherò finché campo, è Benicio del Toro. Ora, il personaggio di Del Toro dirà sì e no dieci parole in tutto il film ma compensa con un carisma ed un magnetismo enormi, derivanti essenzialmente da quel suo assurdo sguardo da gatto sornione pronto a far scattare gli artigli ed ucciderti solo perché hai pensato di guardarlo storto. Sia da solo, sia quando duetta in maniera strepitosa con Emily Blunt, soprattutto nell'angosciante sequenza finale dove la mia ansia faceva a pugni col desiderio folle di saltare addosso al buon Benicio, Del Toro mangia letteralmente la scena e riesce a spiccare anche all'interno di un cast praticamente perfetto. La già citata Emily Blunt, oltre ad essere bellissima anche nei panni di un personaggio dimesso, è emblema di forza e fragilità, riempie la sua Kate con un'umanità che la scrittura da sola non le avrebbe mai conferito e con essa riesce a rendere viva questa traumatizzata e complicata agente dell'FBI. I già bravissimi attori vengono valorizzati dalla regia di Villeneuve il quale non sbaglia un'inquadratura e, avvalendosi di un ottimo montaggio e una splendida fotografia (nominata all'Oscar assieme a colonna sonora ed effetti sonori), ottiene due risultati fondamentali: in primis, dona alla pellicola un ritmo particolare e serrato, che porta lo spettatore ad aspettarsi gli eventi peggiori per tutta la durata del film (anche grazie alla colonna sonora del mai abbastanza compianto Johann Johansson, incombente e minacciosa come quella di un horror), secondariamente immerge ognuno dei protagonisti in un'atmosfera fatta di luci eteree ed ombre cupissime, completando la già valida interpretazione degli attori, oppure ci restituisce delle scene di albe magnifiche ed impressionanti colori, un paesaggio da sogno (ma non da cartolina) dove la gente soffre, suda e muore dopo essere stata ingannata malamente. Insomma, una meraviglia di film al quale io non riesco a rendere giustizia quindi vi dico di guardarlo senza perdere tempo come ho fatto io, tanto più che lo trovate anche su Netflix!


Del regista Denis Villeneuve ho già parlato QUI. Emily Blunt (Kate Macer), Benicio Del Toro (Alejandro), Josh Brolin (Matt Graver), Victor Garber (Dave Jennings), Jon Bernthal (Ted) e Daniel Kaluuya (Reggie Wayne) li trovate invece ai rispettivi link.


Soldado, in uscita proprio in questi giorni, dovrebbe essere una sorta di sequel del film quindi, se Sicario vi fosse piaciuto, ne consiglierei il recupero sperando sia bello come la pellicola di Villeneuve. ENJOY!


martedì 19 dicembre 2017

Star Wars - Gli ultimi Jedi (2017)

Puntuale come un cinepanettone è arrivato anche quest'anno l'appuntamento con Guerre Stellari, franchise giunta all'episodio VIII, ovvero Star Wars - Gli ultimi Jedi (Star Wars: The Last Jedi), diretto e sceneggiato dal regista Rian Johnson. Ovviamente il post è SPOILER FREE ma una cosa devo dirla prima di cominciare: il film è dedicato alla memoria di Carrie Fisher quindi NON FATE I BONOBI e non alzatevi durante i titoli di coda, almeno finché non comparirà la dedica in questione. A voi e alle vostre creature spargi-popcorn (non fatemi toccare questo tasto...) potrà non fregare un belino, dopo quasi tre ore di film, di commemorare l'attrice ma c'è gente, tipo me, che avrebbe gradito commuoversi in relativa pace, senza doversi agitare come un pupazzo misirizzi per riuscire a vedere lo schermo coperto da primati desiderosi di uscire. #FottuteScimmie



Trama: mentre il Nuovo Ordine sta per sferrare l'attacco definitivo contro i Ribelli, Rey cerca di convincere Luke Skywalker a tornare in battaglia, con scarsi risultati...



Suvvia, più stringata di così con la trama non potevo essere. Di quest'ultimo Star Wars ne ho lette di ogni, nei limiti del non spoiler, e come direbbe Elio "la critica è concorde" nel definirlo una noia mortale per i primi tre quarti di durata e un trionfo meraviglioso verso il finale. Ora, sarà che io non sono una fan sfegatata della saga e questi film, gira che ti rigira, mi sembrano tutti uguali, posso dire invece con sincerità di averlo apprezzato dall'inizio alla fine, un po' come è successo con gli altri. Gli ultimi Jedi è un giusto mix di tutti gli elementi che hanno fatto la fortuna di Star Wars: ci sono le battaglie nello spazio, con un inizio decisamente esplosivo e la sensazione palpabile che stavolta per i Ribelli butterà malissimo (magari non ai livelli di Rogue One ma un bel po' di tensione c'è), ci sono i flashback che cercano di scavare un po' di più sulle questioni di Forza, Lato Oscuro e Lato Chiaro, ci sono le avventure su mondi strani popolati da alieni più o meno carini (stavolta il tasso di cuterie è alto, forse è questo il problema dei fan duri e puri!), ci sono confronti molto attesi, ritorni assai graditi, momenti di Nostalgia Canaglia, momenti lacrimevoli, momenti divertenti, momenti di approfondimento psicologico, momenti di puro orrore (Adam Driver topless!! Holy fuck!!!!) e persino qualche timido tentativo di imbastire una parvenza di romanticismo. Soprattutto, c'è una bella riflessione sul mito e su un paio di figure chiave delle "leggende", non solo in ambito starwarsiano. Per tutto il film i personaggi invitano a lasciare spazio al nuovo, a non farsi condizionare dal "sentito dire" o da ciò che ormai viene dato come dogma, nel bene e nel male, e c'è l'invito a guardare al futuro non solo in chiave poetica ma anche nel senso pratico di preservare la propria vita in funzione di ciò che verrà dopo. Non è che non muoia nessuno in Gli ultimi Jedi ma viene imbastita una riflessione anche sull'utilità della morte e sul ruolo di "eroe", che non dev'essere necessariamente colui che si butta di testa in azioni spericolate alla Han Solo, perché ci sono altri modi per essere eroi. Meno spettacolari, magari meno efficaci, ma quanto basta per mantenere viva una scintilla di speranza, oscillando tra eccesso e moderazione così che l'equilibrio necessario venga mantenuto, un po' come accade con la cosiddetta Forza, anch'essa ben ridimensionata da fonti autorevoli.


C'è quindi parecchio spazio per la crescita dei personaggi in Gli ultimi Jedi, cosa che ho apprezzato tantissimo, una crescita che non si limita ai personaggi nuovi (i quali, bontà loro, dovrebbero avere ancora tanto da dire, sottoutilizzato Finn in primis) ma si estende a quelli più vecchi e più amati e sicuramente solleticherà il naso a qualche produttore furbo già pronto a finanziare prequel e quant'altro. In particolare, mi è piaciuto il lavoro di "lima" svolto sul Frignetta, che rimarrà sempre un umorale testa di minchia ma perlomeno è in qualche modo cresciuto, così come non è scontata l'evoluzione di Dameron Poe, a mio avviso destinato a grandi cose; continuo a non uscire di testa per Rey, ormai assurta a livelli di MaryStuaggine fuori scala (SPOILER applausi a scena aperta per il Frignetta, che l'ha freddata con un "te alla fine qui non c'entri una mazza, non ti credere che non sei figlia di nessuno di importante!") ma dal lato femminile c'è l'introduzione della simpatica Rose, la quale mi ha ricordato parecchio il punto di vista "normale" di un Samvise Gamgee, unico in grado di cogliere verità importanti con la sua semplicità, come per esempio il fatto che nel corso di una guerra tra "buoni" e "cattivi" chi ci guadagna non è l'una o l'altra fazione ma chi fornisce loro le armi, facendo il gesto dell'ombrello ai popoli vessati. A proposito di "popoli", molto carino, benché ridotto, il bestiario alieno e soprattutto tanto di cappello ad un regista "inesperto" come Rian Johnson, autore anche della sceneggiatura, il quale è riuscito a confezionare un paio di sequenze spettacolari ed emozionanti (SPOILER Lo specchio di Rey ma anche il bombardamento iniziale e la sconvolgente soluzione finale adottata da Holdo) e a concludere il film con un accostamento di colori classico ma sempre valido, ché sapete quanto adori vedere sporcare il bianco della neve col rosso del sang.. ehm, scusate, del terreno sotto il sale (ringrazio un illuminato utente FB per la correzione!). Solo io trovo geniale l'idea di aggirare il PG-13 e mostrare la devastazione di un campo di battaglia senza mostrare nemmeno un cadavere ma impregnando lo schermo di rosso come nemmeno Tarantino? Spero di no. Ma poi, chissenefrega di qualsiasi pensiero critico, mio o di chiunque altro. Se Mirco è andato al cinema solo per Chewbacca e i Porg, io andavo solo per vedere Carrie Fisher, la mia, la nostra Principessa per l'ultima volta. Non Benicio Del Toro e Domhnall Gleeson, sempre due bellissimi figlioli, nemmeno Mark Hamill in tutta la sua gloriosa e scazzatissima vecchiaia: solo Carrie Fisher. E il mio cuore, nonostante fosse gonfio di lacrime, con lei ha gioito e trovato la Forza.


Di Mark Hamill (Luke Skywalker e quella specie di Leprecauno alieno che infila le monete dentro BB8), Carrie Fisher (Leia Organa), Adam Driver (Kylo Ren), Daisy Ridley (Rey), John Boyega (Finn), Oscar Isaac (Poe Dameron), Andy Serkis (Snoke), Lupita Nyong'o (Maz Kanata), Domhnall Gleeson (Generale Hux), Laura Dern (Vice Ammiraglio Holdo), Benicio Del Toro (DJ), Frank Oz (voce originale di Yoda), Justin Theroux (Maestro Codebreaker), Andy Nyman (Guardia della prigione), Joseph Gordon - Levitt (Voce originale di Slowen Lo), Warwick Davis (Wobidin) e Gareth Edwards (Soldato della resistenza) ho già parlato ai rispettivi link.

Rian Johnson è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Looper ed episodi di Breaking Bad. Anche attore, ha 44 anni.


Gwendoline Christie interpreta il Capitano Phasma. Inglese, famosa per essere la Brienne de Il trono di spade, ha partecipato a film come Parnassus - L'uomo che voleva ingannare il diavolo, The Zero Theorem - Tutto è vanità, Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte 2 e Star Wars - Il risveglio della forza. Ha 39 anni e due film in uscita.


Billie Lourd interpreta il Luogotenente Connix. Americana, figlia di Carrie Fisher, la ricordo per aver partecipato alle serie Scream Queens e American Horror Story. Ha 25 anni e un film in uscita.


Joaquin Phoenix ha rifiutato il ruolo di DJ, andato così a Benicio Del Toro. A Rian Johnson è stato offerto di girare anche il prossimo Episodio IX e, benché il regista abbia declinato a causa dei tempi strettissimi di lavorazione , pare che la Lucasfilm gli abbia dato il La per una trilogia personale ambientata nell'universo di Star Wars. Nell'attesa di vedere questa nuova trilogia e che torni J.J. Abrams alla regia l'anno prossimo per l'Episodio XI, se Gli ultimi Jedi vi fosse piaciuto recuperate  tutti i film legati alla saga di Guerre Stellari. ENJOY!

martedì 5 gennaio 2016

Il piccolo principe (2015)

Per cominciare bene il nuovo anno in barba a comici innominabili e agli orari imbecilli del Multisala ho deciso di andare a vedere al primo spettacolo pomeridiano Il piccolo principe (The Little Prince), diretto nel 2015 dal regista Mark Osborne e tratto dal famosissimo romanzo di Antoine de Saint-Exupéry.


Trama: una bambina costretta a vivere un'esistenza programmata fin nei minimi dettagli da una madre ansiosa fa amicizia con un anziano aviatore che le racconta la storia del Piccolo Principe, l'unico abitante di un asteroide lontano che, un giorno, decide di fuggire dalla natura vanitosa ed esigente della sua rosa...


Dopo l'intelligente Inside Out, il cinema d'animazione sforna un'altra piccola perla imperniata sul difficile argomento della crescita e sul passaggio spesso traumatico dall'infanzia/adolescenza all'età adulta. Il piccolo principe, ovviamente, lo fa appoggiandosi alla storia senza tempo raccontata da Antoine de Saint-Exupéry e affrontando la riduzione di questo importantissimo romanzo poetico e filosofico partendo dalle reazioni di una giovanissima lettrice. La protagonista del film di Mark Osborne è una bambina che di infantile ha davvero poco; responsabilizzata, plasmata e stressata da una madre in carriera, la piccola ha ben chiaro cosa vogliano la genitrice e la società da lei e nessun mezzo per mettere in discussione le loro scelte che, ovviamente, considera come le uniche possibili. Il suo mondo è grigio come gli abiti che porta, scandito dai ritmi di un orologio e da un concetto di "essenziale" che coincide con quelli di "produttività, utilità e conformità", per i quali ogni azione dev'essere finalizzata al raggiungimento di uno "scopo" concreto. L'incontro con un vecchio aviatore consente alla bambina di cominciare a leggere qualcosa di diverso dalle infinite serie di equazioni matematiche che sua madre vorrebbe farle memorizzare e quel qualcosa è proprio Il piccolo principe; attraverso gli occhi della bambina "leggiamo" a nostra volta il libro di Antoine de Saint-Exupéry, pezzetto dopo pezzetto, e questa lettura cambia noi spettatori (o ci arricchisce, a seconda che l'opera in questione sia un nostro vecchio amico oppure un perfetto sconosciuto) così come cambia la piccola protagonista la quale, a poco a poco, apre gli occhi su un universo fatto di colori ed emozioni e, soprattutto, impara l'importanza dell'amicizia, dell'unicità delle cose e di quei ricordi d'infanzia che è sempre bene conservare se si vuole diventare degli adulti "meravigliosi". La pellicola di Mark Osborne prende per mano i piccoli spettatori e li guida alla scoperta di un'opera letteraria universale e bellissima, mostrando loro cosa sia davvero l'"essenziale" e quali siano i valori per i quali vale davvero la pena lottare, senza nascondere loro la possibilità che l'esistenza venga sconvolta da eventi dolorosi come l'abbandono o la morte di una persona cara; l'importanza di costruirsi un "nucleo" di esperienze, ricordi, affetti e, perché no, anche un po' di "stupidera" (sempre per citare Inside Out) viene sottolineata più volte e segna la differenza tra un adulto "bizzarro" come gli abitanti degli asteroidi visitati dal Piccolo Principe e un adulto equilibrato come potrebbe diventare la bambina protagonista.


Il piccolo principe è di una delicatezza rara anche per quanto riguarda la realizzazione. La storia della bambina protagonista e dell'aviatore viene raccontata attraverso l'utilizzo di un'animazione moderna (se guardate tra i character designer c'è Peter DeSève, già impegnato in Ratatouille, ed effettivamente i "cattivi" e i tristi abitanti dell'asteroide/città visitato ad un certo punto dalla protagonista somigliano tantissimo ad Anton Ego) e coloratissima che, per quel che riguarda sfondi, edifici, oggetti ed architetture, mira a creare un secco contrasto tra la caotica abitazione del vecchio aviatore e il resto delle costruzioni presenti in città, costrette da una planimetria geometrica e regolarissima. Contrapposta a questo stile di animazione c'è l'incantevole stop-motion con la quale è stata invece realizzata la parte di storia tratta direttamente dal romanzo, con i personaggi molto simili a dei pupazzetti ed essenziali nelle linee (non nella loro natura, ovviamente!) e tuttavia fluidi nei movimenti al punto che un occhio poco allenato come quello di un bambino potrebbe facilmente venire tratto in inganno e credere di avere davanti dei disegni in movimento; i disegni originali di Antoine de Saint-Exupéry, per la cronaca, ci sono e danzano sullo schermo ogni volta che la protagonista si accinge a leggere una pagina de Il piccolo principe. Bellissima anche la colonna sonora di Hans Zimmer, la quale spesso e volentieri si avvale della voce della cantante francese Camille, anche se personalmente ho avuto una piccola scossa di diludendo quando ho capito che la commovente versione di Somewhere Only We Know realizzata da Lily Allen, peraltro presente nel trailer, non sarebbe stata fatta sentire nemmeno durante i titoli di coda. Poco danno, ho pianto lo stesso come una fontana, anche perché Il piccolo principe a tratti è straziante. Ah, a proposito di strazio, genitori miei cariSSimi, concludo il post con un messaggio per voi. Lo so che Il piccolo principe è un bel film e che non sarebbe giusto privarvi del cinema solo perché avete messo al mondo dei teneri pargoletti però a mio avviso essere genitori significa non solo tantissima felicità ma anche un (bel) po' di sacrifici: non siate egoisti dunque e pensate ai vostri piccini di 3, 4, 5 anni che a) non capiranno NULLA della pellicola in questione e conseguentemente b) si romperanno le palline cominciando a deambulare per la sala, urlare "maaaammmaaaaaossoooonnoooooo" e lanciare pop corn costringendo ad un inutile stress voi e gli altri spettatori. Il piccolo principe dura un bel po' ed esprime qualche concetto difficile, riservatelo ai bimbi dai 6 anni in su e magari, dopo il film, leggete il libro assieme a loro. I vostri nervi vi ringrazieranno e anche io!


Del regista Mark Osborne ho già parlato QUI. Di Rachel McAdams (voce originale della Madre), Benicio Del Toro (voce originale del Serpente), Paul Rudd (voce originale del Signor Principe), Marion Cotillard (voce originale della Rosa, anche nella versione francese), James Franco (voce originale della Volpe), Jeff Bridges (voce originale dell'Aviatore), Paul Giamatti (l'insegnante in Accademia), Albert Brooks (L'uomo d'affari) e Bud Cort (il Re) ho parlato invece ai rispettivi link.

Mackenzie Foy è la voce originale della Bambina. Americana, ha partecipato a film come The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 1 e 2, L'evocazione - The Conjuring e Interstellar . Ha 16 anni.


Il comico Ricky Gervais doppia in originale il personaggio del Vanitoso mentre per quel che riguarda le voci italiane ci sono Paola Cortellesi (la Mamma), Stefano Accorsi (la Volpe), Michaela Ramazzotti (la Rosa), Toni Servillo (l'Aviatore), Alessandro Gassmann (il Serpente), Alessandro Siani (il Vanitoso) e Pif (il Re). In Francia tra i doppiatori c'è invece Vincent Cassel, una Volpe incredibilmente sexy! Detto questo, se Il piccolo principe vi fosse piaciuto recuperate Inside Out e, ovviamente, leggete il libro di Antoine de Saint-Exupéry! ENJOY!

mercoledì 11 marzo 2015

Vizio di forma (2014)

L'ho rimandato di un paio di settimane, vuoi perché ero sempre stanchissima e il film dura due ore e mezza, vuoi perché a Savona non era uscito, ma in questi giorni ho finalmente visto Vizio di Forma (Inherent Vice), diretto e sceneggiato nel 2014 dal regista Paul Thomas Anderson partendo dal romanzo omonimo di Thomas Pynchon.


Trama: l'investigatore privato Doc (un "hippie" perennemente in botta) si ritrova a dover indagare sulla scomparsa dell'ultimo, facoltoso amante dell'ex fidanzata Sashta, che a sua volta diventa irrintracciabile. A questo caso già intricato si aggiungono altri delitti e misteri...

Dopo mezz'ora avevo la stessa faccia di Bigfoot
Ho rotto così tanto le palle con questo Vizio di forma, piangendo con amici, parenti e lettori per il fatto che a Savona non l'avevano proiettato, che adesso ho vergogna a dire che la visione dell'ultimo film di Paul Thomas Anderson è stata un parto plurigemellare senza anestesia. Ho iniziato a guardarlo alle 21, sul letto, alle 21.10 ero già nel mondo dei sogni e ho dovuto ricominciare la visione, stavolta sulla "sedia scomoda", per poter arrivare fino alla fine (e a metà film ho dovuto comunque andare a farmi un giro, ché la confusione e la noia stavano per vincere anche sulla scomodità!) di questa interminabile storia di sballoni e criminali, fidanzate lontane ma mai dimenticate e sbirri in odore di gayezza, dentisti pervertiti e sette di santoni. Vizio di forma mi ha fatto capire che io queste storie con settecento personaggi, ognuno importantissimo ai fini della trama (ai quali si deve aggiungere un altro centinaio di persone soltanto nominate ma altrettanto importanti) non le reggo, dovrei fare come quei romanzieri dell'800 che usavano dei pupazzetti per ricordare i nomi oppure costruire schemi e sistemi nel corso della visione perché dopo dieci minuti comincio a perdermi pezzi di storia e non so più chi è chi e perché fa cosa. Oppure, semplicemente, dovrei leggere il libro di Pynchon e POI riguardare Vizio di forma, magari doppiato in italiano, perché quei dialoghi interminabili, gergali e ricchi di riferimenti a fatti e persone hanno rischiato di mandarmi fuori di testa tanto quanto l'incommensurabile ODIO per il personaggio di Sashta, la tipica decerebrata che più fa casino, più è molla e più adduce giustificazioni idiote ai suoi comportamenti da stronza, più gli uomini beoti le cadono ai piedi. Altro che Vizio di forma, 'sta tizia è un gatto appeso ai marroni e povero Doc col cervello imbottito di droghe che non riesce a dimenticarla! No, davvero, alla terza recensione tiepida e scoglionata di film simili (vedi anche The Counselor e La talpa) ho capito che pellicole come Vizio di forma non fanno per me, non importa quanto siano blasonate.

Dopo un'ora avevo la stessa faccia di Japonica
Poi se volete che dica che Paul Thomas Anderson è bravissimo con la macchina da presa, è un mago nei campi lunghi che svelano dettagli apparentemente insignificanti ma in realtà fondamentali, riesce a creare similitudini tra due personaggi (Doc e Bigfoot) che dovrebbero essere diversissimi tra loro girando sequenze speculari che li vedono protagonisti, gioca con la luce e con lo spettatore, omaggia persino Leonardo Da Vinci e la sua Ultima cena e millemila altre cose che non fanno che confermare la sua grandezza va bene, ve lo dico: Vizio di forma è una gioia per gli occhi e io sono una capra incapace di godere anche di ciò che la pellicola racconta. Se volete vi dico anche che Joaquin Phoenix è perfetto per il ruolo del detective sballone che si lascia scivolare addosso l'esistenza salvo profondersi in inaspettati slanci di coraggio o arguzia e posso anche aggiungere che il cast di supporto ha rischiato di commuovermi. Josh Brolin ha praticamente la parte del testardo e ridicolo "uomo tutto d'un pezzo" Bigfoot cucita addosso, Benicio del Toro e Martin Short compaiono poco ma sono, a modo loro, indimenticabili, Owen Wilson è stranamente defilato ma bravissimo, persino Eric Roberts è riuscito a riscattarsi da rumenta come The Cloth con uno schioccare di dita e potrei andare avanti così per ore, magnificando anche i costumi, le incredibili scenografie, la colonna sonora, la simpatica voce fuori campo... insomma, tutto. Tutto tranne quel maledetto gap che ho avvertito tra la bellezza formale e la storia narrata, quel "qualcosa" di ridondante e complicato che mi ha impedito di appassionarmi alle vicende di Doc e mi ha spinta a pregare per dei tagli, per una riduzione della durata da due ore e mezza a due ore o anche meno. Prometto che tra qualche anno riguarderò Vizio di forma, ovviamente dopo aver letto il libro e con un taccuino di appunti in mano. Giuro che mi rimangerò tutto, cancellerò il post e lo riscriverò. Ma ora, come dice Pappalardo, lasciatemi sfogare: Paolo Tommaso Figlio d'Andrea, che bel film ma che due marroni!!!

La bellezza.
Del regista e sceneggiatore Paul Thomas Anderson ho già parlato qui. Joaquin Phoenix (Larry "Doc" Sportello), Josh Brolin (Christian F. "Bigfoot" Bjornsen), Eric Roberts (Michael Z. Wolfmann), Maya Rudolph (Petunia Leeway), Benicio Del Toro (Sauncho Smilax), Jena Malone (Hope Arlingen), Owen Wilson (Coy Arlingen), Reese Witherspoon (Penny Kimball), Martin Short (Dr. Rudy Blatnoyd) e Martin Donovan (Crocker Fenway) li trovate invece ai rispettivi link.

Michael Kenneth Williams interpreta Tariq Khalil. Americano, ha partecipato a film come Al di là della vita, L'incredibile Hulk, 12 anni schiavo, Anarchia - La notte del giudizio e a serie come I Soprano, Alias, CSI:NY, CSI - Scena del crimine e Broadwalk Empire. Anche produttore, ha  48 anni e quattro film in uscita.


Christopher Allen Nelson, che "interpreta" il cadaverico Glenn Charlock, era lo sposo in Kill Bill Vol. 1 e 2. Parliamo come al solito di chi non ce l'ha fatta ora, cosa che mi spezza particolarmente il cuore perché se Paul Thomas Anderson non avesse voluto a tutti i costi tornare a lavorare con Phoenix il ruolo di Doc sarebbe andato a Robert Downey Jr. Dio, quanto avrei voluto rivederlo nei panni di uno sballone!! Per quel che riguarda la varia umanità femminile che popola il film invece, Charlize Theron era stata presa in considerazione per il ruolo di Shasta. Detto questo, se Vizio di forma vi fosse piaciuto, recuperate Il grande Lebowski e A Scanner Darkly - Un oscuro scrutare. ENJOY!

mercoledì 29 ottobre 2014

Guardiani della Galassia (2014)

In Italia abbiamo dovuto aspettarlo per mesi, io ho dovuto attendere un paio di giorni in più ma finalmente posso dire la mia sull'ultimo film Marvel, Guardiani della galassia (Guardians of the Galaxy), diretto e co-sceneggiato dal regista James Gunn.


Trama: il mercenario e ladro Peter Quill, detto Starlord, ruba un potentissimo artefatto senza conoscerne il vero valore e senza sapere che il malvagio alieno Ronan progetta di utilizzarlo per distruggere un intero pianeta. Sulle tracce di Starlord si mettono quindi Gamora, ex alleata di Ronan, i due mercenari Rocket e Groot e il taurino Drax, che vuole vendicarsi di Ronan...


Guardiani della Galassia è stato davvero una bella sorpresa. Chi s'immaginava che, con un cast di personaggi praticamente sconosciuti sia al grande pubblico che a molti lettori di comics (me compresa) la Marvel riuscisse a tirare fuori un film in grado di coniugare divertimento, un pizzico di epicità, grandi effetti speciali e persino qualche lacrima? Sicuramente non io, che sono andata a vederlo giusto per il trailer che utilizzava le note di Hooked on a Feeling e schiaffava in bella vista il musetto incazzoso di un procione armato di fucile ma sotto sotto sposavo lo scetticismo Ortolaniano e temevo una gigantesca e pacchiana belinata. E invece, nonostante Guardiani della Galassia non sia l'erede di Star Wars come molti critici tendono a spacciarlo, mi sono divertita un sacco e mi sono anche affezionata ad un paio di personaggi, nella fattispecie il procione Rocket e soprattutto il dolcissimo alberone Groot, un essere talmente magico ed espressivo che gli Ent di Peter Jackson sono stati costretti a chinare il capo e ammettere la sconfitta. Non è tutto oro quello che luccica, ci mancherebbe, soprattutto a livello di trama: il film è un po' troppo lungo e la durata si sente, soprattutto perché manca un villain degno di questo nome, in grado impedire allo spettatore una visione tranquilla (Ronan sarà anche pazzo ma, diciamocelo, ha il carisma di una patata, meglio Thanos che si vede poco ma ti fulmina con uno sguardo), poi molte cose vengono date per scontate, tanto che il mio compagno di visione dopo dieci minuti mi ha sussurrato un costernato "Non ci sto capendo niente!", ma piano piano la matassa si dipana. Anche se sicuramente Gunn poteva osare di più a livello di trash ed umorismo corrosivo, il film prosegue abbastanza scorrevole tra un'esplosione, una mossa di wrestling e una fuga mirabolante, in mezzo alle quali la Disney riesce persino ad infilarci un positivo elogio dell'amicizia e della famiglia e, soprattutto, le risate e le gioie cinefil-nerd (Footloose è una continua fonte d'ispirazione!) si sprecano.


Non ho visto Guardiani della Galassia in 3D ma per quel che mi riguarda gli effetti speciali in generale e in particolare la computer graphic che anima i personaggi sono di prim'ordine; la barriera delle navicelle di Nova Prime è impressionante mentre Rocket (tutto pelosino e giustamente incazzoso!) e Groot (a cui basta uno sguardo per esprimere molte più emozioni degli attori in carne ed ossa) sembrano veri, tanto da surclassare buona parte del cast. Se Bautista, infatti, è perfetto quanto Michael Rooker per il ruolo, rispettivamente, di gigante buono e carogna intergalattica, i due protagonisti Pratt e Saldana non brillano né per carisma né per espressività mentre la marea di guest star eccellenti (Glenn Close e Benicio Del Toro su tutti) risultano abbastanza sacrificate. Tutto questo renderebbe Guardiani della Galassia un film carino, divertente e nulla più ma per fortuna ci sono la colonna sonora e un sacco di citazioni anni '80 ad alzarne il livello qualitativo; per buona parte della pellicola, infatti, si canticchia e si balla sulla poltrona grazie all'inseparabile Awesome Mix Vol.1 di Quill, mentre una lacrima nostalgica scende furtiva ad annebbiare la vista, soprattutto quando un certo personaggio si scatena sulle note di I Want You Back dei Jackson Five. A proposito di personaggi, OVVIAMENTE, non lasciate la sala prima della fine dei titoli di coda e preparatevi ad un'ovazione di livello "Chuck Norris che compare ne I Mercenari", magari incrociando le dita perché QUELL'altro personaggio possa venire recuperato nel prossimo, delirante film Marvel. Per concludere, Guardiani della Galassia è un ottimo antipasto per quello che sarà il filmone dell'anno prossimo, The Avengers: Age of Ultron, e se la Marvel sarà abbastanza furba da lasciare le redini di un eventuale sequel a giovani autori del calibro di James Gunn (magari con un po' più di libertà creativa, meno vincolati alle direttive della Casa del Topo)  potrebbe anche uscire un capolavoro. Io, di sicuro, se ci saranno di nuovo Groot e Rocket mi fionderò a vederlo!


Del regista e co-sceneggiatore James Gunn, che compare nei panni di un Sakaaran, ho già parlato QUI. Chris Pratt (Peter Quill), Zoe Saldana (Gamora), Bradley Cooper (doppiatore originale di Rocket), Michael Rooker (Yondu Udonta), John C. Reilly (Dey), Glenn Close (Nova Prime), Benicio Del Toro (il Collezionista), Gregg Henry (il nonno di Quill), Josh Brolin (non compare nei credits ma è lui Thanos), Rob Zombie (anche lui non accreditato, doppia in originale il navigatore dei Ravager), Seth Green (sempre non accreditato, è la voce originale di QUEL personaggio che compare dopo i titoli di coda) e Nathan Fillion (l'alieno che Groot prende per il naso) li trovate ai rispettivi link.

Dave Bautista (vero nome David Michael Bautista Jr.) interpreta Drax. Americano, famoso principalmente come wrestler, ha partecipato a film come Il re scorpione 3 - La battaglia finale, L'uomo con i pugni di ferro e Riddick. Ha 45 anni e tre film in uscita.


Vin Diesel (vero nome Mark Sinclair Vincent) è il doppiatore originale di Groot. Americano, lo ricordo per film come Salvate il soldato Ryan, Pitch Black, Fast and Furious, Compagnie pericolose, xXx, The Chronicles of Riddick, Fast & Furious - Solo parti originali, Fast & Furious 5, Fast & Furious 6 e Riddick, inoltre aveva già lavorato come doppiatore per Il gigante di ferro. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 47 anni e tre film in uscita.


Lee Pace interpreta Ronan. Americano, ha partecipato a film come Lincoln, Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato e Lo Hobbit - La maledizione di Smaug. Ha 35 anni e tre film in uscita tra cui l'imminente Lo Hobbit - La battaglia delle cinque armate, in cui interpreta Thranduil.


Karen Gillan interpreta Nebula. Scozzese, ha partecipato a film come Oculus - Il riflesso del male e a serie come Doctor Who. Ha 27 anni e tre film in uscita.


Djimon Hounsou interpreta Korath. Originario del Benin, ha partecipato a film come Stargate, Il gladiatore, In America, Blueberry, Constantine, Blood Diamonds e a serie come Beverly Hills 90210, E.R. Medici in prima linea e Alias. Anche produttore, ha 50 anni e sette film in uscita tra cui l'ennesima versione di Tarzan.


L'elenco di guest star presenti in Guardiani della Galassia è praticamente infinito: Laura Haddock, che interpreta la madre di Starlord, era comparsa brevemente anche in Capitan America - Il primo Vendicatore, l'onnipresente Stan Lee è il vecchiaccio laido che Rocket spia in compagnia di una donzella aliena, Peter Serafinowicz, ovvero l'odioso Pete di Shaun of the Dead, interpreta Saal, Sean Gunn, fratello del regista James, veste i panni di Kraglin e, soprattutto, è stato il modello per la motion capture con cui è stato realizzato Rocket, Alexis Denisof torna dopo The Avengers come servo di Thanos mentre il fondatore della Troma Lloyd Kaufman lo potete vedere tra i carcerati all'interno della prigione. Anche Robert Downey Jr. avrebbe dovuto comparire brevemente nei panni di Iron Man se nel frattempo non avesse annunciato che non avrebbe mai più ripreso il ruolo; fortunatamente, Robertino ci ha ripensato e nei prossimi anni lo vedremo ancora come Tony Stark! Tra i cambiamenti all'interno del cast invece c'è da dire che Djimon Hounsou si era offerto per il ruolo di Drax e Lee Pace per quello di Quill ma entrambi sono poi finiti ad ingrossare le fila dei cattivi. Per finire, se Guardiani della Galassia vi fosse piaciuto preparatevi perché nel 2017 dovrebbe uscire il seguito, nel frattempo però recuperate tutti i film Marvel usciti finora: Iron Man, L'incredibile Hulk, Iron Man 2, Thor, Captain America - Il primo vendicatore, The Avengers, Iron Man 3, Thor: The Dark World, Captain America: The Winter Soldier! ENJOY!


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