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mercoledì 2 febbraio 2022

tick, tick... Boom! (2021)

Il mio recupero "Globeale" quest'anno va a rilento e sono riuscita a guardare solo ora tick, tick... Boom!, diretto nel 2021 dal regista Lin-Manuel Miranda.


Trama: La vera storia di Jonathan Larson, che col suo primo musical di successo racconta il fallimento della sua opera Superbia e il terrore di ritrovarsi a 30 anni senza avere ancora combinato nulla...


Come potete immaginare, visto quanto spesso comincio i miei post ammettendo ignoranza, fino a due giorni fa nemmeno sapevo chi fosse Jonathan Larson e non avrei nemmeno mai guardato il film se non fosse stato per il Globe vinto da Andrew Garfield. Ovviamente, anche se conoscevo almeno di fama Rent (il musical più famoso di Larson, messo in scena subito dopo la sua morte) non ho mai avuto modo di ascoltarne le canzoni, quindi sono arrivata all'appuntamento con tick, tick... Boom! completamente ignara, cosa che probabilmente mi ha evitato di guardare il film con l'occhio del fan accanito, il che spesso non è un male. tick, tick... Boom! si basa sull'omonimo musical autobiografico di Jonathan Larson e racconta i primi periodi della sua carriera, funestati da enormi difficoltà economiche e svariati fallimenti, quando il compositore tentava di portare in scena il musical Superbia, un progetto cullato da anni; la storia è raccontata o, meglio, cantata in prima persona da Larson il quale, attraverso la sua esperienza personale, tocca argomenti chiave per la società americana degli anni '90, come la piaga dell'AIDS e una crescente dipendenza dei giovani da falsi modelli televisivi, ma anche questioni universali e tuttora attuali che riguardano tanto i 40enni che i 30enni, come il terrore di non valere nulla, la necessità di rinunciare ai propri sogni per, "banalmente", avere di che campare, la frustrazione di sentire il tempo fuggire via mentre non si è ancora combinato nulla di importante, la consapevolezza che il mondo è un posto orribile e che spesso noi non abbiamo non solo la possibilità, ma nemmeno la forza o il coraggio di cambiarlo, perché non riusciamo neppure ad affrontare i nostri piccoli problemi personali. Il trasporto di Larson e la sua passione arrivano dritti al cuore dello spettatore, e fa male sapere che il poveraccio è morto giovanissimo senza avere neppure avuto il tempo di assaporare il meritato, ricercato successo.


Come ho detto, non conosco l'opera originale di Larson (peraltro, ho letto qualche articolo in merito e scoperto che la versione definitiva di tick, tick... Boom!, con l'introduzione di una canzone da Superbia, è in parte farina del sacco di David Auburn) quindi non posso dare giudizi con cognizione di causa, ma per quanto mi riguarda Lin-Manuel Miranda, al suo primo lavoro da regista cinematografico, ha fatto un lavoro egregio, realizzando un'opera che, da totale profana, mi ha divertita e coinvolta fino a farmi piangere sul finale. Mi è piaciuto molto il modo in cui sia la regia che il montaggio riescano a rendere perfettamente il mix di stili presenti nel libretto del musical (peraltro molto bello, e credo che non ci siano canzoni create ad hoc per il film); se i brani spaziano dal rock, al pop, al rap, alla tipica melodia da musical fino ad arrivare a concitati monologhi recitati con un'inquietante ticchettio di lancette in sottofondo, la regia mescola numeri musicali con tanto di coreografia, costumi sfarzosi e cambiamento di scenografie, a riprese più "naturali", stralci di spettacoli, ricostruzioni di video realizzati con la Betacam e, sui titoli di coda, video d'archivio che mostrano il vero Larson alle prese con molte delle situazioni rappresentate nel film. Da parte sua, Andrew Garfield ci mette tutta la passione del mondo e il Globe se lo è meritato; nonostante ritenga abbia una faccia troppo "scema" per interpretare Spiderman, come attore serio mi piace dai tempi di Non lasciarmi e come Jonathan Larson risulta di una tenerezza disarmante. Vederlo impegnarsi e commettere un errore dopo l'altro, con quella faccetta aperta e onesta che si ritrova, fa venire voglia di abbracciarlo, inoltre è bravissimo sia come cantante che come attore teatrale e, sul finale, le sue lacrime spezzano letteralmente il cuore. tick, tick... Boom! è dunque un film che consiglio anche se non siete particolarmente interessati al genere. Garantisce il Bolluomo, che pur avendolo visto solo da un certo punto in poi, è rimasto talmente catturato (anche se non lo ammetterebbe mai) che se lo è guardato fino alla fine!


Di Andrew Garfield (Jonathan Larson), Alexandra Shipp (Susan), Vanessa Hudgens (Karessa) e Bradley Whitford (Stephen Sondheim) ho già parlato ai rispettivi link. 

Lin-Manuel Miranda è il regista della pellicola, alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa, ed interpreta il cuoco del diner. Famoso soprattutto come compositore, ha lavorato spesso come attore ed è anche produttore. Americano, ha 42 anni.




martedì 6 febbraio 2018

The Post (2017)

Domenica è giorno dedicato al cinema in sala e per l'occasione cosa è meglio di The Post, l'ultimo film diretto da Steven Spielberg e candidato a due Oscar (Miglior Film e Meryl Streep Miglior Attrice Protagonista)?


Trama: durante la presidenza Nixon una "talpa" diffonde le prove di come almeno quattro presidenti americani abbiano mentito relativamente a motivi e successi legati al conflitto in Vietnam. E mentre il Congresso si impegna per imbavagliare la stampa, la proprietaria del Washington Post e il suo editore alzano la testa non solo per amore di scoop...


Ah, il Vietnam! Ah, la presidenza Nixon! Probabilmente il binomio di questi due elementi rappresenta per ciascun americano "liberale" il peggiore degli spauracchi ma la verità è che, scavando neppure troppo in profondità, si viene a scoprire che nemmeno il "pistolero" JFK era esente da critiche e lo stesso vale per tutti e quattro i presidenti americani coinvolti nel conflitto vietnamita. The Post, l'ultimo film di Steven Spielberg, parte dal ritrovamento e conseguente diffusione di documenti compromettenti ed affermanti quanto sopra, i cosiddetti Pentagon Papers, per analizzare altre questioni spinose, dall'ovvia punta dell'iceberg rappresentata dalla lotta tra stampa e potere fino ad arrivare a toccare temi quali il conflitto d'interesse legato a questioni di amicizia/prestigio e persino il ruolo della donna nei luoghi di potere. Quest'ultimo punto in particolare mi ha colpita, soprattutto perché la questione della parità dei sessi è argomento di grande attualità. In The Post abbiamo due protagonisti, l'editrice del Washington Post Kay Graham e il direttore Ben Bradlee, ognuno impegnato sullo stesso fronte ma con due approcci ben diversi; quello di Ben, cosiddetto "pirata" del Post, è l'atteggiamento del giornalista rampante sempre a caccia di notizie succulente, mentre Kay deve fungere da mediatore tra pubblico, giornalisti e azionisti di una società appena presentata in Borsa, oltre a dimostrare costantemente di poter lavorare agli stessi livelli del padre e del defunto marito. Se quello di Ben è quindi un personaggio a tutto tondo ma comunque archetipico, così non è per Kay, apparente "oca grassa" dell'alta società, incapace (vuoi per timidezza, vuoi perché asservita al ruolo di donna imposto dalla società) di prendere decisioni sovversive, alla quale il paraocchi viene tolto molto lentamente nonostante le sue intelligenza e cultura elevate. Il dramma umano di Kay viene posto su un piano parallelo ma equivalente a quello dell'intera indagine giornalistica e i due aspetti del film lavorano in perfetta sinergia per offrire allo spettatore sia l'emozione di un'inchiesta seria, con echi da spy story e legal drama, sia quella di godersi un interessante racconto di formazione che evidenzia con garbo ma anche decisione la stupida disparità tra i sessi, promulgata spesso dalle stesse donne. Al di là delle tristissime dichiarazioni dei consiglieri di Kay e dell'appassionante monologo di Sarah Paulson, sono proprio gli atteggiamenti remissivi ed indecisi della facoltosa editrice e molti eventi di mero contorno a dare un quadro chiaro del terreno minato in cui erano costrette a muoversi donne potenti come la protagonista, considerate dai più nient'altro che bambine desiderose di fare "le grandi" senza tuttavia esserne in grado.


Non è "solo" la sceneggiatura (alla quale ha messo mano Josh Singer, lo stesso de Il caso Spotlight), ma anche la regia di Spielberg a fare emergere questo aspetto apparentemente secondario, attraverso inquadrature che separano le "brave mogli" dai mariti impegnati, lasciandole spesso sole in mezzo ad un lusso tanto simile a una gabbia, relegandole a figure di sfondo finché a qualcuna non viene in mente di alzare lo sguardo, rubare letteralmente la scena, porsi al centro della stessa calamitando in toto l'attenzione dello spettatore. E' lo stesso Spielberg che ha realizzato il film in nove, impensabili mesi riuscendo comunque ad omaggiare la settima arte (il film finisce praticamente nello stesso identico modo con cui inizia Tutti gli uomini del presidente), a confezionare sequenze dinamiche ed esaltanti (tutte quelle che tirano fuori il fuoco creativo di una redazione in fermento, con quei giri di macchina circolari e le carrellate rapidissime), altre fatte di pura paranoia (quelle che vedono impegnato Bob Odenkirk, ripreso a notevole distanza, o sovrimpongono la vera voce di Nixon alla sua immagine ripresa dietro le mura sicure della Casa Bianca), altre incredibilmente affascinanti (la cinepresa che entra letteralmente nel cuore del processo di stampa del Washington Post), altre infine di deliziosa leggerezza, ché il timbro di The Post è anche molto ironico, per fortuna. E poi ci sono gli attori, ovviamente. L'unico difetto "fastidioso" di The Post, ma non solo di questo film ahimé, è la reiterata e scellerata scelta di relegare l'adorabile Sarah Paulson in ruoli di secondo piano e per fortuna che le è stato "regalato" il monologo più bello del film altrimenti se fossi stata costretta a vederla impegnata solo a fare panini mi sarei messa ad urlare. Per il resto, Tom Hanks e Meryl Streep sono bravissimi come al solito ed effettivamente lei porta a casa l'ennesima interpretazione da applauso (che tuttavia non ho potuto godere appieno, filtrata ovviamente dal doppiaggio italiano) ma anche il cast di supporto non è affatto male e, in particolare, il Ben Bagdikian di Bob Odenkirk è decisamente sublime, oltre che l'unico personaggio ad essere riuscito a farmi venire un lieve groppo alla gola. Come già ne Il ponte delle spie, dunque, ci si trova davanti uno Spielberg impegnato ma "lieve", pronto a raccontare una storia vera e tremendamente seria, nonché importante, assecondando comunque le esigenze di spettacolo e facendo riflettere il pubblico coinvolgendolo come solo lo zio Spilby sa fare. E per questo non posso che volergli bene!


Del regista Steven Spielberg ho già parlato QUI. Meryl Streep (Kay Graham), Tom Hanks (Ben Bradlee), Sarah Paulson (Tony Bradlee), Bradley Whitford (Arthur Parsons), Bruce Greenwood (Robert McNamara), David Cross (Howard Simons), Pat Healy (Phil Geyelin) e Michael Stuhlbarg (Abe Rosenthal) li trovate invece ai rispettivi link.

Bob Odenkirk (vero nome Robert John Odenkirk) interpreta Ben Bagdikian. Americano, famoso per il ruolo di Saul Goodman/Jimmy McGill nelle serie Breaking Bad e Better Call Saul, ha partecipato a film come Fusi di testa 2 - Waynestock, Il rompiscatole, Nebraska, The Disaster Artist e ad altre serie quali Pappa e ciccia, Una famiglia del terzo tipo, Perfetti... ma non troppo, Weeds, How I Met Your Mother e Fargo; come doppiatore ha lavorato in Futurama e American Dad!. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 56 anni e un film in uscita, Incredibles 2.


Tracy Letts interpreta Fritz Beebe. Americano, ha partecipato a film come La grande scommessa, Christine, Lady Bird e a serie quali Quell'uragano di papà e Prison Break. Anche sceneggiatore e produttore, ha 53 anni.


Jesse Plemons interpreta Roger Clark. Americano, ha partecipato a film come Paul, The Master, Black Mass - L'ultimo gangster, Il ponte delle spie e a serie quali Walker Texas Ranger, Sabrina vita da strega, CSI - Scena del crimine, Grey's Anatomy, Cold Case, Breaking Bad, Fargo e Black Mirror. Ha 30 anni e due film in uscita, tra i quali The Irishman.


Tra le mille comparse, spunta la figlia del regista Sasha Spielberg, ovvero la donna che consegna la scatola coi documenti al Washington Post. Se The Post vi fosse piaciuto recuperate Tutti gli uomini del presidente, Il caso Spotlight e Il ponte delle spie. ENJOY!


venerdì 26 maggio 2017

Scappa: Get Out (2017)

Col solito ritardo da bradipo ho finalmente visto anch'io l'horror sulla bocca di tutti, ovvero Scappa: Get Out, diretto e sceneggiato dal regista Jordan Peele. NO SPOILER, anche se probabilmente chiunque leggerà il post avrà già visto il film.


Trama: Chris, ragazzo di colore, viene invitato dalla fidanzata bianca a raggiungere i genitori di lei per il weekend. I due arriveranno nel bel mezzo di una riunione di famiglia e Chris comincerà a sentirsi sempre più a disagio ed inquieto, non solo per il colore della pelle...


Purtroppo anche questo post rischia di essere più breve del solito, nonostante Get Out mi sia piaciuto molto. Il motivo è presto detto: potete tranquillamente mandare al diavolo chiunque accenni anche solo vagamente a ciò che succede nel film perché il bello di guardarlo è proprio andare oltre a un trailer per una volta fatto bene, che spinge lo spettatore a farsi un'idea abbastanza diversa dell'opera prima di Jordan Peele. Premesso che le persone mediamente scafate in ambito horror/thriller possono riuscire ad anticipare il twist più grande dopo dieci minuti di pellicola, ci sono tanti piccoli risvolti che, anche dopo la rivelazione principale, riescono a sorprendere in positivo mandando a ramengo tutti i cliché del genere e, soprattutto, c'è tutto ciò che viene prima e che rende Get Out non solo un ottimo thriller psicologico ma in particolare un'ottima riflessione sull'America d'oggi. Quell'America per cui Black Lives Matter ma intanto si vota Trump e dove le tensioni razziali non sono mai scomparse del tutto, nemmeno dopo conquiste civili di importanza capitale. Indovina chi viene a cena? è stato girato nel 1967 eppure la premessa di Get Out è la stessa, dopo 50 anni di civiltà "moderna": una ragazza bianca deve presentare ai suoi genitori il fidanzato nero, del quale non ha mai parlato in famiglia. All'ingenuità di lei si accompagnano le giuste perplessità di lui, costretto ad entrare nella tana del lupo praticamente nudo ed indifeso in uno Stato (a occhio e croce direi l'Alabama) non particolarmente famoso per la tolleranza, dove le case di stile colonico abbondano e i ricconi bianchi spopolano, costringendo la polizia a guardare con sospetto qualunque Fratello Nero si aggiri nei dintorni dei praticelli ordinati del quartiere. I genitori di Rose però sono la quintessenza del liberal, il papà di lei "se potesse voterebbe Obama per la terza volta", hanno un paio di domestici di colore tenuti solo perché "lavoravano già per i nonni, siamo così affezionati, in pratica sono di famiglia", quindi tutto a posto, no? Non proprio. Il disagio di Chris, prima ancora che dal risvolto thriller, nasce inevitabilmente dal dover confrontarsi con persone che non lo trattano con diffidente razzismo ma, e forse è peggio, si rapportano con lui come fosse una piacevole novità, un tocco esotico di cui vantarsi con gli amici, una persona su cui misurare il metro della propria apertura mentale per sentirsi superiori, alzando quindi una barriera originata non già dall'odio ma dalla convinzione di "fare del bene" accettando il diverso e facendolo sentire, di conseguenza, ANCORA più diverso, nemmeno fosse una specie protetta. Insomma, lo spettatore viene messo fin da subito nella condizione di empatizzare con Chris e con la sensazione di "estraneità" da lui provata appena messo piede nella dimora degli Armitage senza ricorrere ad elementi palesemente "sbagliati" (quelli arrivano dopo, a rafforzare il generale clima di inquietudine), esempio di perfetta scrittura che rende ciò che segue ancora più scioccante.


Basta, altro sulla trama non dirò ma avrete capito che Get Out è un thriller-horror psicologico perfettamente radicato nell'attualità e per questo ancora più efficace (non a caso lo scrittore e regista è un comico di colore quindi chi meglio di lui potrebbe avere il polso della situazione senza cadere in scomodi cliché?). Ovviamente, non di sole "sensazioni" vive l'appassionato di horror, ci mancherebbe. Get Out mette la pelle d'oca con pochissimi jump scare ben piazzati, la giusta quantità di splatter e un paio di inquietanti sequenze quasi oniriche capaci di comprimere il petto dello spettatore e spingerlo subito a voler bene ad un "novellino" che, invece di tentare la facile via del mockumentary/found footage o dell'omaggio dichiarato allo slasher anni '80, punta tutto sui primissimi piani, sulle suggestioni degli ambienti naturali e artificiali, su immagini simboliche di immediata comprensione e su inquadrature attente ai dettagli e alla composizione della sequenza. Altro punto a favore della pellicola sono le bellissime musiche di Michael Abels, tra le quali spicca l'evocativa Sikiliza Kwa Wahenga (probabilmente una delle melodie più belle utilizzate per introdurre un horror recente), molte delle quali imperniate sul tema principale del film e zeppe di consigli per il povero Chris. Anche il cast è validissimo, sia per quel che riguarda il protagonista Daniel Kaluuya, con quegli occhioni da cervo abbagliato dai fari che terrorizzano più di qualunque altra cosa, che per gli attori che lo circondano: Caleb Landry Jones nei panni del figlio minore è fin troppo caricato mentre Katherine Keener e Bradley Whitford sono favolosi nella loro inquietante normalità di bianchi della upper class... ma attenzione perché, se devo dare retta ai commenti dei ragazzetti in sala, l'idolo indiscusso delle folle e il personaggio che più rimarrà impresso dopo la visione è la terrificante Georgina di Betty Gabriel, causa degli epiteti più esilaranti uditi in sala. Le aspettative sono state dunque ripagate e indubbiamente Get Out si candida per essere uno dei cinque horror da piazzare nella classifica di fine anno, sia per l'intelligenza che per la bella realizzazione e, diamine, sono persino riuscita a scrivere un post di lunghezza standard senza fare spoiler, quindi tanta roba. Speriamo che Jordan Peele continui a bazzicare nel campo dell'horror, c'è bisogno di comici seri come lui!


Di Catherine Keener (Missy Armitage), Bradley Whitford (Dean Armitage) e Caleb Landry Jones (Jeremy Armitage) ho già parlato ai rispettivi link.

Jordan Peele è il regista e sceneggiatore della pellicola, alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa. Comico americano, è anche attore e produttore e ha 38 anni.


Daniel Kaluuya interpreta Chris Washington. Inglese, ha partecipato a film come I segreti della mente, Johnny English - La rinascita, Kick-Ass 2 e a serie quali Doctor Who e Black Mirror. Anche sceneggiatore, ha 28 anni e due film in uscita tra cui Black Panther.


Marcus Henderson interpreta Walter. Americano, ha partecipato a film come Django Unchained, Whiplash e Il drago invisibile. Ha tre film in uscita tra cui Insidious: Chapter 4.


Lakeith Stanfield interpreta Andrew Logan King. Americano, ha partecipato a film come Anarchia - La notte del giudizio, Selma - La strada per la libertà e Snowden. Anche produttore, ha 26 anni e cinque film in uscita tra cui il live action di Death Note, dove interpreterà L.


Stephen Root interpreta Jim Hudson. Americano, ha partecipato a film come Mr. Crocodile Dundee II, Monkey Shines - Esperimento nel terrore, Black Rain - Pioggia sporca, Ghost - Fantasma, Buffy - L'ammazza vampiri, Robocop 3, Pandora's Clock - La terra è in pericolo, L'uomo bicentenario, Fratello dove sei?, Ladykillers, Palle al balzo - Dodgeball, Wake Up, Ron Burgundy: The Lost Movie, Non è un paese per vecchi, L'uomo che fissa le capre, J. Edgar, Bad Milo!, The Lone Ranger, Selma - La strada per la libertà, L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo e a serie come Pappa e ciccia, Quell'uragano di papà, Blossom, L'ispettore Tibbs, Cinque in famiglia, Seinfeld, Malcom, La vita secondo Jim, CSI - Scena del crimine, 24 e The Big Bang Theory; come doppiatore ha inoltre lavorato nelle serie Johnny Bravo, Kim Possible, American Dad!, The Cleveland Show, Phineas and Ferb, Adventure Time e nei film L'era glaciale, Alla ricerca di Nemo, L'era glaciale 2 - Il disgelo e Alla ricerca di Dory. Ha 66 anni e due film in uscita.


Eddie Murphy avrebbe dovuto interpretare Chris ma alla fine, giustamente, Jordan Peele ha deciso che l'attore era troppo vecchio per la parte. Il finale originale di Get Out prevedeva SPOOOOOILERRRRR l'arresto di Chris da parte della polizia (come avevo immaginato dall'inquadratura e dal sorriso di Rose) ma il regista ha scelto di dare al pubblico un happy ending. FINE SPOILER Se Get Out vi fosse piaciuto recuperate La fabbrica delle mogli, The Wicker Man, Terrore dallo spazio profondo, Society e La notte dei morti viventi. ENJOY!

mercoledì 5 marzo 2014

Saving Mr. Banks (2013)

Oggi prende il via un nuovo Crossposting con Prevalentemente Anime e Manga e stavolta, in via del tutto eccezionale, durerà DUE giorni DUE. Si comincia con Saving Mr. Banks, diretto nel 2013 dal regista John Lee Hancock… e indovinate un po’ con cosa continueremo? QUI trovate il post di Acalia! ENJOY!


Trama: il film racconta la storia della scrittrice P. L. Travers e della sua ventennale battaglia contro Walt Disney, deciso a trasporre in pellicola le avventure di Mary Poppins nonostante la ferma opposizione della scrittrice, perseguitata dai ricordi della propria infanzia…


Quando da piccola guardavo Mary Poppins c’erano due o tre cose che mi colpivano più delle canzoni, dell’allegria e dei pinguini animati che interagivano coi personaggi in carne ed ossa. Innanzitutto, mi sono sempre chiesta perché Mary e lo spazzacamino alla fine non si mettessero insieme, perché Mr. Banks fosse così duro con i figli e, soprattutto, perché la stessa Mary non fosse un personaggio così accomodante e simpatico, anzi. A queste domande ha risposto il dolcissimo, commovente ed esilarante Saving Mr. Banks, che getta un po' di luce su un film amato da molti, sul passato della scrittrice P. L.Travers e sulla sua difficile personalità, nonché qualche piccola ombra sul sempre sorridente e perfetto Walt Disney. Nel corso della pellicola lo spettatore impara a sopportare incredulo le bizze di un'acida zitella londinese e a fare il tifo per lei, quasi sperando che non la dia vinta al papà della Casa del Topo e vergognandosi anche un po' di essersi sempre divertito come un cretino davanti a quelle sequenze e numeri musicali che la Travers detestava, perché Mary Poppins affonda le radici nel triste passato della sua autrice, di cui veniamo a conoscenza attraverso flashback perfettamente inseriti all'interno della narrazione. La tata volante è l'incarnazione di un sogno che non si è mai avverato, una presenza salvifica in grado di regalare un happy ending impossibile, il modo per correggere qualcosa che è andato terribilmente storto quando un animo troppo sensibile è stato brutalmente schiacciato dal peso della realtà e del veleno scelto per evadere dalla routine quotidiana. Per reazione ad un infanzia contemporaneamente bellissima e terribile, la Travers è diventata una donna fredda e diffidente, soprattutto davanti a chi promette di regalare sogni ed illusioni offrendo un'apparenza di gioviale superficialità, ovvero Disney stesso. Quest'ultimo viene trattato dagli sceneggiatori con incredibile rispetto e rappresentato come un uomo allegro, intelligente e sensibile... tuttavia, qui e là, affiorano i tratti tipici di un businessman disposto a tutto pur di ottenere quello che vuole e poco attento ai reali bisogni delle persone (emblematiche le scene in cui regala cartoline con l'autografo prestampato ai visitatori di Disneyland o quella della prima al Chinese Theatre).


La bellezza di Saving Mr. Banks sta nel modo in cui riesce a mescolare un rispetto filologico fatto di documenti, foto di scena, schizzi originali, nastri audio fedelmente riprodotti a un modo assai delicato e poco invadente di romanzare una storia realmente accaduta. Gli scorci di passato vengono sempre intelligentemente richiamati da un'immagine, un suono o una citazione e mostrano pochi momenti davvero importanti e necessari a capire cosa si nasconde dietro alle creazioni della Travers; l'alternarsi di passato e presente, di finzione e reale, crea un turbinio continuo di emozioni che spingono lo spettatore a simpatizzare con la Travers e la sua sfortunata famiglia e, soprattutto, a riguardare Mary Poppins attraverso i suoi occhi, portando ad inevitabili e cocenti lacrime, ve lo posso garantire. A partire dallo struggente e malinconico arrangiamento di Cam Caminì, accompagnato dalla filastrocca "Vento dell'Est", fino ad arrivare alla commozione della bravissima Emma Thompson, ogni fotogramma del film è talmente intriso di rispettosa nostalgia che risulta davvero difficile non commuoversi (o ridere a crepapelle, perché succede anche questo!!), anche perché tutti gli attori coinvolti si impegnano al massimo per rendere vivi i loro personaggi e farli scoprire a poco a poco sia allo spettatore che alla distaccata Pamela: il simpatico Ralph di Paul Giamatti, la strana coppia Sherman & Sherman di Jason Schwartzman e B.J. Novak, la silenziosa disperazione dell'intensa Margaret di Ruth Wilson, l'iconica zia Ellie di Rachel Griffiths, il tristissimo Travers di Colin Farrel e persino il complesso Walt Disney di Tom Hanks (attore che notoriamente non sopporto, lo sapete, ma qui è bravissimo) riescono subito a catturare lo spettatore e a fissarsi indelebilmente nella memoria. Saving Mr. Banks è un film che va visto, assolutamente, anche se non siete appassionati di Mary Poppins, perché l'unione di tutti i suoi elementi lo rende un piccolo gioiello... e un incredibile atto d'amore verso una pellicola che, bene o male, è entrata nell'immaginario cinematografico mondiale.


Di Emma Thompson (P.L. Travers), Tom Hanks (Walt Disney), Colin Farrel (Travers Goff), Paul Giamatti (Ralph), Bradley Whitford (Don DaGradi) e Jason Schwartzman (Richard Sherman) ho già parlato ai rispettivi link.

John Lee Hancock è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Alamo - Gli ultimi eroi e The Blind Side. Anche sceneggiatore e produttore, ha 58 anni.


Ruth Wilson interpreta Margaret Goff. Inglese, ha partecipato a film come Anna Karenina e The Lone Ranger. Ha 32 anni e due film in uscita.


B.J.Novak (vero nome Benjamin Joseph Manaly Novak) interpreta Robert Sherman. Americano, lo ricordo soprattutto per Inglorious Basterd inoltre, come doppiatore, ha lavorato in I puffi e I puffi 2. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 35 anni e un film in uscita, The Amazing Spider Man 2 - Il potere di Electro.


Kathy Baker interpreta Tommie. Americana, ha partecipato a film come Edward mani di forbice, Lo sbirro, il boss e la bionda, A Gillian, per il suo compleanno, Le regole della casa del sidro, Ritorno a Cold Mountain e a serie come Ally McBeal, Monk, Nip/Tuck, Una mamma per amica, Grey’s Anatomy, Medium e Criminal Minds. Anche produttrice, ha 64 anni e quattro film in uscita.


Rachel Griffiths interpreta zia Ellie. Indimenticata Brenda di Six Feet Under, l'attrice australiana ha partecipato anche a film come Le nozze di Muriel, Il matrimonio del mio migliore amico e Blow. Anche regista e sceneggiatrice, ha 45 anni e un film in uscita.


Come viene effettivamente mostrato nel film, P.L. Travers non ha mai accettato che Bert venisse interpretato da Dick Van Dyke ma il bello è che né Walt Disney né lo stesso attore erano molto convinti della scelta e addirittura Disney avrebbe preferito l'inglese Stanley Holloway, che tuttavia ha dovuto rifiutare perché impegnato nella realizzazione di My Fair Lady. Tra le cose che invece sono state "romanzate" nel film c'è l'incontro tra Disney e la scrittrice nella casa londinese di quest'ultima (in realtà i due avevano semplicemente risolto la questione per telefono, quindi pare che il dialogo sia stato riportato fedelmente) e il fatto che la Travers si sia convinta ascoltando la canzone L'aquilone (Let's Go Fly a Kite); in realtà, la donna era stata conquistata da La cattedrale (Feed the Birds). Detto questo, ovviamente, se Saving Mr. Banks vi fosse piaciuto recuperate Mary Poppins e Neverland - Un sogno per la vita. ENJOY!


domenica 27 maggio 2012

Quella casa nel bosco (2011)

Da che mondo è mondo, è più facile scrivere recensioni negative che positive. Considerato che, per me, Quella casa nel bosco (The Cabin in the Woods), diretto nel 2011 da Drew Goddard, è probabilmente l'horror più bello dell'ultimo decennio, recensirlo degnamente sarà praticamente impossibile.


Trama: cinque ragazzi decidono di trascorrere un weekend all'interno di una casa nel bosco, appunto. Come nella migliore tradizione horror, quella che doveva essere una rilassante vacanza si trasformerà in un incubo...

Ad aggiungersi alla sostanziale difficoltà di recensire un film bello, divertente, ben scritto e ben diretto come Quella casa nel bosco, si aggiunge quello di dover assolutamente evitare qualsivoglia tipo di spoiler. Purtroppo per me, infatti, il punto di forza della pellicola sta nell'assoluta imprevedibilità della trama, nei colpi di scena inaspettati, nel costante disattendere le aspettative del pubblico: per godersi appieno Quella casa nel bosco bisogna andare al cinema senza sapere assolutamente nulla del film, come per fortuna ho fatto io. E' solo in questo modo che lo spiazzante e divertentissimo meccanismo messo in moto dalla premiata ditta Whedon - Goddard può funzionare e lavorare in perfetta sinergia con le conoscenze e i pregiudizi dello spettatore, soprattuto quello più scafato ed esperto di film horror. Come accadeva infatti negli anni '90 con la saga di Scream, Quella casa nel bosco strizza innanzitutto l'occhio ai fanatici di un certo tipo di cinema, prendendone in giro i cliché, seguendone alla lettera le regole del genere solo per poi riderne, rendendo finalmente giustizia a tutte quelle volte che abbiamo detto "ma perché cavolo devi scendere in cantina, cretino?? Ma quale torno subito, ma perché vi dividete???". A differenza della saga di cui sopra, però, Quella casa nel bosco alza il tiro e mescola ancora più le carte in tavola, annullando i confini tra metacinema e finzione, mescolando un'umorismo quasi surreale ad una storia tremendamente seria.


Nonostante vi siano infatti alcuni momenti comici e assolutamente prosaici, Quella casa nel bosco non è una supercazzola, ma un horror tout court per gente abbastanza preparata. Drew Goddard e Joss Whedon abbondano con omaggi a pellicole più o meno storiche del genere, ma ogni citazione è funzionale alla trama, non è messa lì tanto per accontentare i fan: ogni inquadratura, ogni battuta, ogni gesto o effetto speciale è accuratamente studiato, elemento fondamentale di una sceneggiatura e una regia praticamente perfette, che non danno allo spettatore un attimo di tregua e non smettono di emozionarlo (in positivo o in negativo) nemmeno per un istante. Sono tanti i momenti in cui si ride ma sono parecchi anche quelli in cui si salta sulla poltrona o si rimane semplicemente scioccati ed impotenti a guardare lo schermo, in un crescendo di orrori che si conclude con una grandiosa macellata finale che è semplicemente da antologia, una festa per qualsiasi appassionato di horror che si rispetti. Quella casa nel bosco si distacca inoltre dal concetto di semplice film di genere anche e soprattutto per la bravura della maggior parte degli attori: il veterano Richard Jenkins, con il suo professionalissimo e umanissimo personaggio, si mangia praticamente tutti gli altri, ma Bradley Whitford gli fa da degnissima spalla e, tra le "vittime", Fran Kranz è semplicemente superbo (e anche più figo del pur bellissimo Chris Hemsworth sì, lo so che ho dei gusti del ca...).

Bello lui , appunto! *___*
La recensione potrebbe benissimo finire qui perché di più non potrei scrivere senza riempire il post di spoiler. Vorrei solo spendere due parole da Buffy - addicted quale sono e dire che Quella casa nel bosco è l'ideale evoluzione di tutto quello che Whedon ci ha raccontato in sette stagioni televisive e una cartacea interamente dedicate alla bionda ammazzavampiri. L'universo in cui sono immersi i personaggi del film è il risultato di un mondo senza La Prescelta, di una società non per questo necessariamente negativa ma ancora troppo ancorata ad antiche credenze, superstizioni e pregiudizi. I personaggi di Buffy the Vampire Slayer combattevano ad oltranza nonostante la loro esistenza fosse, per il 90% del tempo, decisamente misera e dolorosa, a prescindere dai mostri sovrannaturali che erano sempre lì lì per minacciare di distruggere il mondo... ma oggi i tempi sono ulteriormente cambiati e con tutte le crepe che stanno disgregando la nostra società quanto sarebbe brutto o sconsiderato scegliere di lasciare semplicemente lo spazio ad altro e dare modo all'umanità di smettere di fare casini e tormentarsi? Con questo dubbio amletico la recensione si chiude e il mio ultimo consiglio è quello di andare assolutamente a vedere Quella casa nel bosco, fosse l'ultima cosa che fate prima dell'Armageddon (o dell'apocalisse zombi, chissà!!).


Di Richard Jenkins (Sitterson), Chris Hemsworth (Curt) e Sigourney Weaver (il direttore) ho già parlato nei rispettivi link.

Drew Goddard (vero nome Andrew Goddard) è il regista e sceneggiatore (assieme a Joss Whedon) della pellicola. Americano, è al suo primo e finora unico lavoro come regista, ma come sceneggiatore ha scritto parecchi episodi di Buffy the Vampire Slayer, Angel, Alias, Lost e il film Cloverfield. Anche produttore e attore, ha 37 anni.


Kristen Connolly interpreta Dana. Americana, ha partecipato a film come E venne il giorno e Revolutionary Road. Anche produttrice, ha due film in uscita.


Fran Kranz (vero nome Francis Kranz) interpreta Marty. Americano, lo ricordo innanzitutto per il suo ruolo di Topher nel telefilm Dollhouse, inoltre ha partecipato a film come Donnie Darko e The Village. Ha 29 anni e quattro film in uscita, tra cui il già citato Much Ado About Nothing, ultima pellicola di Joss Whedon.


Bradley Whitford interpreta Hadley. Americano, ha partecipato a film come La rivincita dei nerds 2, Presunto innocente, Risvegli, Scent of a Woman – Profumo di donna, RoboCop 3, Philadelphia, Il cliente, L’uomo bicentenario e a serie come X – Files, E.R. Medici in prima linea e Malcom. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 53 anni e tre film in uscita. 


Amy Acker interpreta Lin. Anche lei da ricordare per la sua performance nella serie Dollhouse, ha partecipato a film come Prova a prendermi e a serie come Angel, Supernaturals, How I Met Your Mother, Alias, Ghost Whisperer e CSI. Ha 36 anni e un film in uscita, Much Ado About Nothing.


Tim De Zarn interpeta l’inquietante Mordecai. Americano, ha partecipato a film come I racconti della cripta – Il cavaliere del male, Fight Club, Spider – Man, Non aprite quella porta – L’inizio, Die Hard – Vivere o morire e The Artist, oltre a serie come Hunter, E.R. Medici in prima linea, Più forte ragazzi, CSI, Six Feet Under, Cold Case, Weeds, Criminal Minds, Sons of Anarchy e Lost. Ha 60 anni e un film in uscita.


E ora, un paio di curiosità sul resto del cast. Anna Hutchison, che nel film interpreta la bionda Jules, era il Power Ranger giallo in una delle tremila serie dedicate ai trashissimi combattenti in tutina colorata (nella fattispecie Power Rangers Jungle Fury, del 2008), mentre i Buffy fan all’ultimo stadio come me avranno sicuramente riconosciuto il sempre adorabile Tom Lenk nei panni dello stagista sfigato. Se vi fosse piaciuto Quella casa nel bosco, giocate a “trova il riferimento” e, una volta capite tutte le citazioni, abbuffatevi di horror! Da parte mia, vi posso dire che ho riconosciuto omaggi più o meno evidenti a La mummia (volete quella con Boris Karloff? Ma sì, è carina anche quella con Brendan Fraser!), Venerdì 13, La casa, La casa 2, L’armata delle tenebre, Un lupo mannaro americano a Londra, L’ululato, Hellraiser, The Cube – Il cubo, The Ring (possibilmente quelli giapponesi!), Funny Games (per i titoli di testa), Alien, It, The Strangers, Anaconda, Arack Attack, Al calar delle tenebre, I 13 spettri, Le colline hanno gli occhi, La notte dei morti viventi, Dracula di Bram Stoker e altri ancora che sicuramente non avrò colto… mentre per atmosfere “simili”consiglio i simpatici Tagli al personale, Giovani diavoli e, ovviamente, il primo Scream. ENJOY!, è proprio il caso di dirlo!

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