mercoledì 28 giugno 2023
Operation Fortune (2023)
venerdì 25 febbraio 2022
Wrath of Man (2021)
venerdì 11 dicembre 2020
The Gentlemen (2019)
Mossa da pietà nei confronti del Bolluomo, nonostante l'uscita di Mank, di cui parlerò nei prossimi giorni, ho preferito dare la precedenza a The Gentlemen, diretto e co-sceneggiato dal regista Guy Ritchie nel 2019.
Trama: il boss della marijuana Mickey Pearson decide di ritirarsi dal giro e andare in pensione ma qualcosa non va per il verso giusto...
A meno che non faccia Scorsese di cognome, quando un regista torna sui suoi passi solitamente viene fuori una camurrìa; nel caso di Burton, per esempio, la camurrìa equivale ad un bollito misto, ma la lista potrebbe continuare. Guy Ritchie, a parer mio, se l'era rischiata molto grossa con Rocknrolla, durante il quale avevo dormito come non mi era successo neppure con Capote, e dopo una serie di film "strani", almeno per lui, come King Arthur e persino Aladdin, santo Cielo, è tornato a fare quello che sa fare meglio: il film di gangster apparentemente cazzoni, quello che per anni ha portato laGGente a salutare Ritchie come il Tarantino britannico prima che i due prendessero strade diametralmente opposte. Laddove Rocknrolla era una tavanata esagerata ed inutilmente pesante, The Gentlemen torna a puntare più sulle caratteristiche divertenti e divertite dei singoli personaggi e sulle loro mille sfaccettature di facce da ca**o e inserisce alla perfezione la storia del boss della droga Mickey all'interno di un discorso metacinematografico, che, mi permettano i cinèfili veri, ho trovato molto più sentito di quello portato avanti da David Fincher in Mank. The Gentlemen, infatti, gioca (a un certo punto letteralmente) con un bel mucchietto di scatole cinesi dove la realtà dei fatti narrati si interseca con la fantasia molto cinematografica di un giornalista, che diventa a un certo punto l'occhio di Guy Ritchie, che senza preavviso si trasforma nella sceneggiatura di The Gentlemen, prima di tornare in men che non si dica alla realtà, il tutto con una chiarezza e una leggerezza piacevolissime e senza mai perdere di vista l'intreccio della storia, che necessita di un inizio, uno svolgimento e una fine (o finale aperto, fate voi!) privi di snodi persi per strada a causa della troppa carne al fuoco. La rocambolesca storia di Mickey e del suo tentativo di "andare in pensione", con tutti i cagnolini a sbavare sopra un lascito criminale troppo grande per non generare doppi giochi a non finire, rimane dunque sempre il fulcro della narrazione pur con tutti i suoi snodi e il "giro intorno al mondo" in cui si imbarca il furbo giornalista Fletcher nel tentativo di rivelarne tutti i segreti, trasformandosi lui stesso, a un certo punto, in elemento fondamentale del racconto davanti all'occhio scoglionato di Ray, braccio destro del boss e incarnazione degli spettatori.
Ritchie si ritaglia un piccolissimo ruolo di produttore cinematografico ma si nasconde idealmente dietro il personaggio di Fletcher, offrendo allo spettatore sprazzi di ciò che va a formare la complicatissima macchina che porta un'idea a diventare film e giocando, di conseguenza, non solo con i generi ma anche e soprattutto con alcuni trucchi del mestiere e con le aspettative del pubblico, unendo il tutto a una raffinatezza formale e a un gusto per il dettaglio e la moda (i completi indossati di Mickey sono commoventi quanto l'arredamento della casa di Ray) che spesso cozzano con la natura "ignorante" del sottobosco criminale mostrato nel film. In tutto questo, a me è parso assai palese che gli attori si siano divertiti e il risultato ne è la dimostrazione. Abituata come sono alla follia di Colin Farrell, il personaggio di Coach è quello che mi aspetterei da lui e gli calza addosso bello comodo, come una delle tute indossate dal personaggio, ma le sorprese risiedono altrove. In Hugh Grant, per esempio, il quale porta a casa una delle sue interpretazioni migliori da anni, diventando mattatore quasi assoluto della pellicola con un personaggio sopra le righe, ironico e a tratti disgustoso, un perfetto contraltare di due gangster "di classe" come McConaughey e Hunnam, entrambi molto misurati, soprattutto il primo, mentre il secondo nasconde più di un'esilarante "segreto". A questi pesi massimi dovete aggiungere un parterre di caratteristi di tutto rispetto, tra habitué dei film di Ritchie e new entry, e il risultato finale è uno dei film più simpatici e rilassanti visti quest'anno, una gioia per gli occhi e il cuore, di questi tempi bui. Lo trovate aggratise su Amazon Prime Video, cosa volete di più?
Del regista e co-sceneggiatore Guy Ritchie, che interpreta anche il produttore, ho già parlato QUI. Matthew McConaughey (Michael Pearson), Charlie Hunnam (Ray), Jeremy Strong (Matthew), Colin Farrell (Coach), Hugh Grant (Fletcher) e Eddie Marsan (Big Dave) li trovate invece ai rispettivi link.
Kate Beckinsale era stata presa per interpretare il ruolo di Rosalind ma all'ultimo ha deciso di lasciare il progetto e le è subentrata Michelle Dockery, già tra i protagonisti della serie Downton Abbey. Eliot Sumner, la figlia del cantante Sting, interpreta invece la tossica Laura. Detto ciò, se The Gentlemen vi fosse piaciuto recuperate Lock & Stock, Snatch - Lo strappo, The Wolf of Wall Street e Quei bravi ragazzi. ENJOY!
domenica 26 maggio 2019
Aladdin (2019)
Trama: il ladruncolo Aladdin entra in possesso di una lampada magica che gli consente di esaudire tre desideri. Il primo è diventare un principe, così da conquistare la principessa Jasmine.
Non partivo prevenuta verso Aladdin, di più. In primis, nei trailer si vedeva un Jafar fighettissimo, per nulla inquietante e affatto viscido (cosa ahimé confermata durante la visione, per inciso). Secondo, non meno importante, ogni scena sembrava presa direttamente dall'originale, film che io adoro alla follia, senza un minimo di inventiva da parte di un regista un tempo valido, ora definitivamente impazzito, o almeno così pensavo. Infine, neanche a parlarne, Will Smith. Will. Dannatissimo. Smith. Nei panni di Genio. Offensivo oltre ogni dire per chi mal sopporta Smith e adora un Genio che anni fa aveva la voce e le movenze del compianto Robin Williams (per non parlare del doppiaggio illuminato di Gigi Proietti). Insomma, quando l'amico Toto mi ha chiesto di accompagnarlo a vedere Aladdin, sono entrata in sala coi più foschi presagi, alimentati dall'imposizione del 3D e di due posti a dir poco pessimi. E, magia Disney, forse perché non mi aspettavo NULLA da questo Aladdin, mi sono divertita da morire. Certo, il film non è esente da difetti: alcune scene d'azione sono dirette davvero coi piedi, velocizzate in maniera ridicola ed incomprensibile; Jago, il mio personaggio preferito, è relegato al ruolo di spalla monocorde (e di Rodan) e non regala quelle perle di cattiveria che tanto mi deliziano ogni volta che riguardo l'Aladdin originale; le canzoni sono state riadattate in maniera arbitraria, per fortuna non tanto quanto accadeva in La bella e la bestia ma comunque abbastanza da far male a chi ricorda con amore le originali (quella rimasta praticamente intoccata è Il mondo è mio, che talvolta non rispetta nemmeno il labiale di Aladdin e Jasmine, forse perché qualunque cosa sfiorata da GiGGi e Tatangelo non va modificata nemmeno per Ischerzo? Mah). Per il resto, invece, tanta roba. E' vero, la storia è praticamente identica all'originale e, come da trailer, molte scene sono state riproposte fotogramma per fotogramma, ma c'è qualcosa che salva tutta la baracca dall'essere una mera riproposizione senz'anima, per quanto infiocchettata in una confezione splendida. E sì, il Genio di Will Smith, zamarro, goffo e molto umano, è uno di questi elementi salvifici, soprattutto quando duetta con Aladdin all'interno di siparietti a dir poco esilaranti.
Quello però che non mi sarei mai aspettata è che sarebbe stata Jasmine la vera sorpresa del film. Interpretata da una Naomi Scott così bella da essere quasi illegale, la principessa nata come esperimento sexy di un rinascimento Disney che cominciava ad introdurre baci alla francese ed eroine connotate anche sessualmente, si è evoluta per diventare una donna consapevole del proprio cervello, del ruolo che potrebbe avere non solo come principessa ma come statista, come essere senziente la cui voce non può essere messa a tacere. All'interno di una società ingiusta e patriarcale, Jasmine si propone come un vento di libertà, come una figura forte e determinata al pari di Wonder Woman o Captain Marvel e, obiettivamente, non viene mai eclissata dal guascone Aladdin, per quanto affascinante e scaltro. A farle da degna compagna, un'attrice che spesso e volentieri le ruba la scena, ovvero la divertente Nasim Pedrad nei panni dell'ancella Dalia, più amica e confidente che semplice "serva"; le facce della Pedrad, i suoi modi palesemente americani in contrasto con l'ambientazione del film e la sua fortissima personalità la rendono uno dei pochi casi in cui l'introduzione di un nuovo personaggio funziona e riesce ad arricchire il materiale di partenza (non come il Principe Anders. Mi spiace, Billy Magnussen, ma stavolta è NO). Per il resto, la storia è rimasta praticamente immutata salvo alcuni aggiustamenti legati più che altro alle pratiche barbare del popolo di Agrabah (niente condanna a morte evitata da un vecchio misterioso) e alla psicologia di un paio di personaggi secondari che acquistano maggiore tridimensionalità, e ovviamente il film poggia molto sulla spettacolarità delle scene clou, ovvero i numeri musicali Il principe Alì e Un amico come me, un trionfo di scenografie, coreografie e computer grafica tali da superare senza problemi la banalotta Il mondo è mio, degnamente accompagnati da un paio di numeri bollywoodiani (anche se teoricamente saremmo sulle rive del fiume Giordano, qui mutato in mare) inediti e che, sinceramente, non mi aspettavo da uno come Guy Ritchie. Ma, evidentemente, il regista si è trovato a suo agio con questa storia in cui un ragazzo di strada cerca di risollevarsi e il risultato di questa "comunione" è inaspettatamente piacevole, anche per questo consiglio una visione disimpegnata persino a chi, come me, davanti ai trailer si è fatto il segno della Croce.
Del regista Guy Ritchie ho già parlato QUI. Will Smith (Genio/Marinaio), Marwan Kenzari (Jafar), Billy Magnussen (Principe Anders) e Alan Tudyk (voce originale di Iago) li trovate ai rispettivi link.
Nasim Pedrad interpreta Dalia. Iraniana, comica del Saturday Night Live, la ricordo nei panni dell'esilarante Gigi Caldwell di Scream Queens, inoltre ha partecipato a film come Cooties e ad altre serie quali Una mamma per amica, ER - Medici in prima linea. Come doppiatrice ha invece lavorato in Cattivissimo me 2. Anche sceneggiatrice e produttrice, ha 38 anni.
Navid Negahban, che interpreta il Sultano, è lo stupefacente Ahmal Farouk della serie Legion mentre Frank Weller torna a prestare la voce alla Caverna delle meraviglie e ad Apu come già nel 1992. Patrick Stewart ha cercato disperatamente di ottenere il ruolo di Jafar, già rifiutato nel primo Aladdin, cosa che l'attore ha sempre rimpianto mentre Dev Patel e Riz Ahmed sono stati scartati per quello di Aladdin e Jim Carrey, prima scelta per interpretare Genio, era troppo impegnato a risolvere beghe legali per partecipare. Per finire, se vi è piaciuto Aladdin recuperate l'originale del 1992. ENJOY!
martedì 16 maggio 2017
King Arthur: Il potere della spada (2017)
Trama: dopo la morte del padre Uther, re d'Inghilterra tradito dal fratello Vortigern, il piccolo Arthur viene cresciuto dagli abitanti dei bassifondi di Londinium senza alcun indizio sulla sua reale natura, almeno finché non viene costretto ad estrarre la spada Excalibur, diventando immediatamente leggenda...
Pur avendo giocato per parecchi anni ad Extremelot, per di più all'interno di una gilda chiaramente ispirata all'argomento, non sono mai stata una grande appassionata del ciclo arturiano, né ne sono mai stata una conoscitrice, salvo per le nozioni banali da quiz televisivo conosciute dal 90% della popolazione mondiale. Questo è uno dei motivi per cui la rilettura "alla Guy Ritchie" della leggenda di Re Artù ed Excalibur non mi ha offesa nel profondo, anzi, mi ha lasciata inaspettatamente soddisfatta, nonostante un paio di scelte stilistiche di cui parlerò nel prossimo paragrafo. Da zamarra inside e, fondamentalmente, da amante del modo in cui il regista inglese si rapporta da sempre al sottobosco criminale londinese, ho adorato questa versione guascona di Re Artù, cresciuto dalle dipendenti di un bordello fino a diventare una sorta di "capoccia" dei bassifondi, con la sua corte di disperati dediti a truffe e furtarelli e, soprattutto, a proteggere gli abitanti di una città violenta da invasori poco rispettosi delle regole e dal pugno di ferro di un re infernale, che governa con l'ausilio di un esercito fatto di uomini mascherati e di forze oscure vagamente assimilabili alle tre streghe del Macbeth. All'interno di King Arthur si incontrano dunque due anime, la commedia criminale in stile Ritchie e il fantasy cupo che affonda le radici in una leggenda antichissima; queste due facce della stessa medaglia cinematografica convivono e si fondono per buona parte della pellicola, soprattutto quando vengono gettate le basi per una Tavola Rotonda fatta di "merrymen" che non sfigurerebbero né accanto a Robin Hood né all'interno di un Lock & Stock qualsiasi, mentre stridono un po' quando la sceneggiatura va a toccare la leggenda della spada del titolo originale, gettando in un calderone unico maghe, patti col diavolo, torri di Sauroniana memoria, dame del lago e visioni di un passato e futuro da incubo. Il protagonista ha carisma sufficiente per reggere quasi da solo tutta la vicenda ma fortunatamente i suoi allegri compagni lo sostengono per buona parte del minutaggio e riescono a farsi voler bene dallo spettatore toccando anche occasionali vette di commozione e preoccupazione, cosa che non succede, per esempio, con la Maga e Re Vortigern, entrambi molto affascinanti (soprattutto il secondo) ma in qualche modo bidimensionali, figure eteree che paiono quasi scomparire sullo sfondo del bailamme di regia, montaggio, combattimenti e computer graphic messo in piedi da Ritchie.
Dal punto di vista stilistico, Ritchie carica le sequenze all'inverosimile, spingendo l'acceleratore a tal punto che lo spettatore non ha mai un attimo di noia. La colossale guerra dell'inizio, tutta elefanti indemoniati, morte & distruzione, la scena topica ripresa in un infinito numero di flashback, il montaggio che unisce senza soluzione di continuità narrazione e narrato, gli effetti devastanti di Excalibur (l'equivalente di un bazooka, alla faccia della spada, ma bisogna in qualche modo giustificare le proiezioni in 3D, da me fortunatamente evitate), il ralenti durante i combattimenti, le riprese in soggettiva con la steadycam e persino l'arrogante citazione dell'Ofelia di Millais, per non parlare degli omaggi al Signore degli Anelli di Jackson, tutto concorre a rendere il film incredibilmente dinamico senza mai risultare "esagerato", come se Ritchie sapesse quando fermarsi prima di portare lo spettatore al suicidio per sovraccarico sensoriale. L'unica sequenza davvero insopportabile, almeno per quel che mi riguarda, è stata il terrificante pre-finale in cui Arthur è costretto ad affrontare un incrocio tra Skeletor, il Balrog e un pessimo boss di fine livello interamente realizzato in computer graphic, una cafonata di cui avrei fatto volentieri a meno e che mi porta a spendere due parole sugli attori. Per quanto il personaggio di Vortigen sia un po' sui generis, una figuretta monodimensionale che spinge interamente sulla sua malvagità priva di fondamenti (la gelosia e la sete di potere diciamo che mi vanno bene fino a un certo punto), vederlo interpretato da Jude Law cancella immediatamente ogni difetto di scrittura in virtù del carisma e del fascino dell'attore, semplicemente magnetico; se tu però me lo cancelli seppellendolo in una colata di CGI, addio, del suo destino non mi importa più né tanto né poco. Convintissimo e convincentissimo invece Charlie Hunnam nei panni di un Arthur palestrato e linguacciuto e voto dieci al solito cast di caratteristi che, come sempre nei film diretti da Ritchie, sfiora livelli di eccellenza e nel quale spiccano Neil Maskell e "ditocorto" Aidan Gillen, con le loro faccette un po' così da criminali sbruffoni. Quindi, al netto di alcuni trascurabili difetti l'ultima fatica di Ritchie per me è promossa in pieno: al regista chiedo solo di non distrarsi troppo, ché King Arthur mi puzza di prequel lontano un chilometro, e di concentrarsi sul terzo capitolo di Sherlock Holmes (cos'è quell'Aladdin in pre-produzione su Imdb? Per di più con Will "Mollo" Smith nei panni del Genio?? Non t'azzardare, eh!).
Del regista e co-sceneggiatore Guy Ritchie ho già parlato QUI. Charlie Hunnam (Arthur), Jude Law (Vortigern), Djimon Hounsou (Bedivere), Eric Bana (Uther) e Neil Maskell (Mangiagallo) li trovate invece ai rispettivi link.
Aidan Gillen interpreta Bill. Irlandese, ha partecipato a film come 2 cavalieri a Londra, Il cavaliere oscuro - Il ritorno, Sing Street e serie quali Queer as Folk e Il trono di spade. Anche sceneggiatore e produttore, ha 49 anni.
Freddie Fox (vero nome Frederick Fox) interpreta Rubio. Inglese, ha partecipato a film come I tre moschettieri, Pride e Victor: La storia segreta del dottor Frankenstein. Ha 28 anni e due film in uscita.
Annabelle Wallis interpreta Maggie. Inglese, ha partecipato a film come X-Men - L'inizio, W.E. - Edward e Wallis e Annabelle. Ha 33 anni e un film in uscita, La mummia.
La spagnola Astrid Bergès-Frisbey, che interpreta la Maga, era già comparsa in Pirati dei Caraibi - Oltre i confini del mare, nei panni di Syrena mentre tra le altre guest star compaiono il calciatore David Beckham nei panni di una delle guardie e la sorella maggiore di Cara Delevingne, Poppy, nei panni di Igraine, madre di Arthur. Come avevo evinto dal finale "sospeso", King Arthur (uscito al terzo tentativo dopo due progetti falliti, uno dei quali prevedeva Colin Farrell come Re Artù e Gary Oldman nei panni di Merlino) è il primo film di una serie che dovrebbe prevederne almeno sei, ovviamente immagino in caso di successo del film in questione, che tuttavia in America non è andato come si sperava e ha incassato un bel flop. Chi vivrà vedrà insomma. Nell'attesa, se King Arthur: Il potere della spada vi fosse piaciuto recuperate i vecchi di film di Guy Ritchie (alcuni li trovare recensiti QUI) e magari anche la quadrilogia de I pirati dei Caribi. ENJOY!
domenica 18 settembre 2016
RocknRolla (2008)
Thandie Newton interpreta Stella. Inglese, ha partecipato a film come Intervista col vampiro, Gridlock'd, Mission: Impossible 2, The Chronicles of Riddick e a serie come E.R. Medici in prima linea, inoltre ha doppiato un episodio di American Dad!. Ha 44 anni e due film in uscita.
Il cantante Ludacris (col vero nome di Chris Bridges) interpreta Mickey, uno dei due manager di Johnny Quid. Apparentemente, quella di RocknRolla avrebbe dovuto essere una trilogia, di fatto nei titoli di coda viene scritto "The Wild Bunch will return in The Real RockNRolla", tuttavia nel frattempo Ritchie ha girato altri quattro film e di un eventuale sequel non c'è ancora traccia. Detto questo, se RocknRolla vi fosse piaciuto recuperate Lock & Stock - Pazzi scatenati e Snatch - Lo strappo. ENJOY!
domenica 6 dicembre 2015
Operazione U.N.C.L.E. (2015)
Trama: negli anni della guerra fredda una spia russa e una americana devono collaborare per impedire che un'organizzazione filonazista metta le mani su un ordigno atomico..
Operazione U.N.C.L.E era passato praticamente inosservato agli occhi della sottoscritta, chissà perché. Normalmente apprezzo molto Guy Ritchie e un film diretto da lui è qualcosa che non mi dispiace affatto andare a vedere al cinema ma stavolta, complice forse la mancanza di Robert Downey Jr. e la presenza di un trailer non proprio esaltante avevo deciso di lasciar perdere, anche perché non ho mai guardato un solo episodio di Organizzazione U.N.C.L.E., serie che ha ispirato la pellicola. Col senno di poi confermo la bontà della scelta di non vedere il film in sala; Operazione U.N.C.L.E. è un action stilosetto ma abbastanza banale, a tratti divertente e sicuramente dotato di ritmo ma, in definitiva, ben poco memorabile e più volte durante la visione mi sono ritrovata ad invocare il nome di Matthew Vaughn, a mio avviso il nome più adatto per finire dietro la macchina da presa quando si tratta di pellicole come questa. In poche parole Operazione U.N.C.L.E. è una spy-story vintage che sfrutta essenzialmente il costante gioco degli opposti tra il piacione americano Solo e il taciturno russo Illya, sempre sull'orlo della psicopatia, arricchita di parecchi momenti umoristici atti a stemperare le scene più violente o serie e anche di un pizzico di frustrante romanticismo (sarà che ho sempre avuto un debole per le spie che vengono dal freddo o forse perché parecchi atteggiamenti di Illya sembravano scritti apposta per Jigen, a un certo punto l'unico mio interesse guardando il film è diventato sapere se Hammer e la Vikander avrebbero concluso qualcosa!); tra un inganno, una pistolettata e un pugno la trama, piuttosto lineare e prevedibile nonostante un paio di twist inseriti qui e là, trascina lo spettatore dalla Germania all'Italia, dove pittoreschi personaggi tra i quali spicca una malvagia nobildonna cercano di costruire un ordigno nucleare onde tenere in scacco le maggiori potenze mondiali ai tempi della cortina di ferro.
Se vi sembro poco entusiasta del film è perché non c'è traccia, nella regia e nel montaggio, di quelle tamarrate un po' cialtrone alle quali mi aveva abituata Guy Ritchie ai tempi di Sherlock Holmes, né ovviamente della stilosa inventiva dei vecchi Snatch o Lock & Stock, cosa che rende il prodotto troppo spesso anonimo. Non bastano un guardaroba anni '60, per quanto bellissimo, o un paio di split screen per appagare i miei occhietti, tanto più che Operazione U.N.C.L.E. risulta svogliato e poco originale anche per quel che riguarda le scene d'azione, dotate di una coreografia e una messa in scena anche troppo misurate; insomma, in mancanza di uno status "serio" od autoriale un film simile deve sbragare, c'è poco da fare, soprattutto se me lo dirige Guy Ritchie, non basta che sia un ibrido garbato ed indeciso. Stessa cosa vale per gli attori. Come sapete a me piacciono i duri imperfetti, non i fighettini squadrati che vanno tanto di moda adesso. Armie Hammer e Henry Cavill rientrano purtroppo nella seconda categoria; il primo non riuscirebbe ad essere psicopatico nemmeno se la sua malattia fosse certificata, tuttavia il suo modo di fare tra il burbero e il teneroso in qualche modo è riuscito a strappare una minima approvazione da parte mia, mentre Cavill non ha il fascino necessario per essere credibilmente piacione, mi spiace. Guardando inoltre il film in lingua originale si rischia la morte per gli accenti fasulli messi in bocca ai personaggi (Alicia Vikander bellissima ma tedesca quanto me) e gli unici che si salvano sono il già citato Cavill e Hugh Grant, costretto in un cameo a dir poco sprecato, mentre al nativo italiano come la sottoscritta rischia di salire la carogna all'udire la propria lingua biascicata da comparse palesemente straniere: dico ma portare avanti un casting a Roma vi faceva davvero schifo? Mah. A parte tutto, se cercate un film divertente e poco impegnativo Operazione U.N.C.L.E. potrebbe anche andare bene ma non aspettatevi di ricordarlo il giorno dopo!
Del regista e co-sceneggiatore Guy Ritchie ho già parlato QUI. Armie Hammer (Illya), Alicia Vikander (Gaby), Hugh Grant (Waverly) e Jared Harris (Sanders) li trovate invece ai rispettivi link.
Henry Cavill (vero nome Henry William Dalgliesh Cavill) interpreta Solo. Inglese (è nato nel Baliato di Jersey, parte delle Isole del Canale), ha partecipato a film come Hellraiser VIII, Stardust e L'uomo d'acciaio. Ha 32 anni e quattro film in uscita tra cui Batman vs Superman: Dawn of Justice e le due pellicole dedicate alla Justice League.
Sia George Clooney che Tom Cruise erano stati scelti come Napoleon Solo ma il primo ha rinunciato per problemi di salute mentre il secondo ha preferito tornare a dedicarsi a Mission Impossibile; è subentrato così Henry Cavill, che aveva invece partecipato alle audizioni per il ruolo di Illya. Anche alla regia ci sono stati dei cambiamenti dopo che Steven Soderbergh ha scelto di rinunciare al film per divergenze budgetarie e riguardanti il cast. Come ho detto nel post, la pellicola è una sorta di prequel della serie Organizzazione U.N.C.L.E. quindi, visti anche i titoli di coda, potrebbe profilarsi all'orizzonte un sequel ma per ora non si sa nulla e tra i progetti futuri di Guy Ritchie non c'è traccia di un Operazione U.N.C.L.E. 2; nell'attesa di saperne di più, se il film vi fosse piaciuto recuperate la serie e aggiungete Kingsman: Secret Service. ENJOY!
giovedì 29 dicembre 2011
Sherlock Holmes - Gioco di ombre (2011)
Trama: mentre Watson convola a nozze, l'Europa viene scossa da una serie di attentati e le nazioni sono sull'orlo di una guerra. Solo Sherlock Holmes riesce a capire che dietro ogni attentato c'è lo zampino del Dr. Moriarty... e questo significa che il buon investigatore non esiterà a mandare a monte il viaggio di nozze di Watson per cercare di sconfiggere la sua nemesi.
Come già era successo per la recensione del film precedente, non so quanto di quello che scriverò sarà imparziale, perché sono ancora un po' obnubilata dal fascino di Robert Downey Jr., che in questo film riesce ad essere figo anche travestito da donna, da muro e da poltrona (sì sì, non sto vaneggiando!!). Ancor più del primo capitolo, infatti, questo Gioco d'ombre si concentra sulle peculiarità del protagonista, sul suo egoismo, sulla sua "maledizione" di vedere le cose tanto da poter anticipare mentalmente le mosse degli avversari, sulla sua impressionante capacità di travestirsi (finalmente sono riuscita a leggere i racconti di Arthur Conan Doyle e almeno questo punto viene rispettato, confermo!!) e di vincere anche quando sembrerebbe che la sconfitta sia certa e bruciante. Finalmente veniamo a conoscenza di Moriarty, che nel film precedente era solo un nome, per quanto minaccioso, e il malvagio non delude: deliziosamente colto, in grado di predire le mosse dell'avversario tanto quanto Holmes, innamorato della musica e del teatro come un antesignano di Hannibal Lecter. E poi non può mancare Watson, povera vittima dell'investigatore, bello come il sole, ironico come non mai, indispensabile per la buona riuscita di un piano nonostante la sua goffaggine quasi infantile. Altri comprimari d'eccezione, al di là della solita Irene un po' inutile e di una sciapetta Noomi Rapace nei panni della zingara, sono il Mycroft Holmes di Stephen Fry (assolutamente geniale!!!) e la bellissima Kelly Reilly nei panni della moglie di Holmes, due personaggi che purtroppo compaiono meno spesso di quanto dovrebbero.
La storia messa in piedi dagli sceneggiatori non lascia spazio nemmeno ad un attimo di noia; come nel primo capitolo ogni dettaglio, anche il più insignificante, diventa un tassello fondamentale per completare il puzzle finale, con i fili della trama che vengono perfettamente tirati grazie a dei flashback piazzati ad hoc. Le scene d'azione sono girate ottimamente, facendo grande uso di un ralenty per nulla fastidioso che ci aiuta a "vedere" attraverso la percezione di Holmes (splendida la sequenza della fuga dalla fabbrica di armi e quella, al cardiopalma, in cui i nostri devono cercare di scovare la bomba nascosta a Parigi) e anche i combattimenti corpo a corpo sono coreografati in modo ineccepibile. I momenti "tranquilli" sono all'insegna dell'ironia e dei battibecchi tra Holmes e Watson, a riconfermare la perfetta alchimia tra i due attori, oppure sono sottilmente inquietanti quando mettono in scena il confronto tra il protagonista e Moriarty. In questo capitolo c'è anche grande abbondanza di gag assolutamente esilaranti, per la maggior parte imperniate sui già citati travestimenti di Robert Downey Jr. (o sulla sua decisione di cavalcare un pony...) e sulla figura del fratello di Holmes e della sua strana servitù.
La cosa che più mi è piaciuta di Sherlock Holmes - Gioco di Ombre, tuttavia, è l'utilizzo di una splendida colonna sonora. La sequenza ambientata a Parigi, infatti, è introdotta da un'azzeccatissima ouverture tratta dal Don Giovanni opportunamente modificata per "confonderla" con lo score più action della pellicola, che sfocia in una scenografica rappresentazione del momento in cui Don Giovanni viene portato all'inferno con Moriarty che, dal palco, assiste estasiato alla sconfitta del protagonista e dello stesso Holmes. Oltre a questa magistrale sequenza, aggiungo la bellissima musica gitana che si sente nel campo degli zingari e anche la dignitosissima voce di Jared Harris che canta sulle note di Die Forelle di Schubert (grazie Toto per l'informazione colta!!). Insomma, in due parole, sono soddisfattissima di questo film. Purtroppo pare uscirà un terzo episodio nel 2014. Peccato, perché è già andata bene due volte, alla terza si rischia davvero di rovinare la bellezza di questa serie. Anche se Robert è sempre un bel vedere.
Di tutti i coinvolti ho già parlato nei rispettivi link: il regista Guy Ritchie, Robert Downey Jr. (Sherlock Holmes), Jude Law (Watson), Jared Harris (Moriarty), Noomi Rapace (Madame Simza), Kelly Reilly (Mary Watson), Rachel McAdams (Irene Adler).
Stephen Fry (vero nome Stephen John Fry) interpreta Mycroft Holmes. Inglese, lo ricordo per film come Un pesce di nome Wanda, Wilde, Gosford Park, V per Vendetta e Alice in Wonderland. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 54 anni e tre film in uscita, tra cui Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato.
Con tutto il rispetto per il bravo Jared Harris, gli altri nomi che erano stati fatti per il personaggio di Moriarty sarebbero stati comunque superiori: Brad Pitt, Sean Penn, Javier Bardem, Daniel Day - Lewis e Gary Oldman. Poi davvero non avrei più saputo da che parte dello schermo guardare! Tra le attrici in lizza per il ruolo di Madame Simza c'erano invece Sophie Marceau, Audrey Tatou, Pénelope Cruz, Juliette Binoche, Marion Cotillard e Cécile De France. Se vi è piaciuto il film, comunque, recuperate assolutamente il primo capitolo.
martedì 29 dicembre 2009
Sherlock Holmes (2009)
L'avevo atteso per più di una ragione. Quel fico di Robert Downey Jr. in primis. Un trailer della madonna. Il ritorno di Guy Ritchie dopo il divorzio con un'altra Madonna, indice sicuro della rinascita di uno dei migliori registi dei nostri tempi. Non sono rimasta delusa affatto, soprattutto perché, ammetto l'ignoranza, non ho mai letto nulla di Arthur Conan Doyle e della sua più famosa creatura, ovvero Sherlock Holmes, quindi non ho potuto storcere il naso per l'interpretazione assolutamente trendy e fanfarona del personaggio in questione. Avviso: questa non sarà una critica obiettiva, sto ancora sbavando. Sorry.
Trama: mentre Watson è in procinto di sposarsi, lasciando Holmes nella disperazione più nera, Lord Blackwood apparentemente risorge dopo essere stato impiccato proprio per merito dei due detective, che si ritroveranno invischiati in una storia che mescola indagini razionali a misteri esoterici, il tutto nel tentativo di impedire le tre morti annunciate dal redivivo criminale.
Che dire, come film è davvero particolare. Innanzitutto non aspettatevi uno Sherlock Holmes noiosetto e compassato ma uno scoppiato allucinante dotato di un intelletto fuori dal comune. Guy Ritchie non ci da nemmeno un secondo di respiro nelle due ore di pellicola: fin dall'inizio, dove persino i loghi delle case di produzione sono composti dai sanpietrini che formano le strade di Londra, ci catapulta nell'azione con un Sherlock Holmes che corre, analizza al ralenti e con la razionalità di un dottore ogni mossa che compirà in seguito per stendere i nemici (e questa secondo me è l'invenzione più geniale del film) e ci introduce in una trama senza nemmeno una falla, dove ogni cosa, anche la più illogica, viene dedotta, spiegata e sviscerata attraverso particolari che solo lo spettatore più attento potrebbe cogliere. Un esempio eclatante è quello della ladra infatuata del buon dottore. Un secondo prima la vediamo camminare per Londra senza nulla tra le mani, un secondo dopo... pam! eccola con un bel mazzo di rose: le aveva anche prima o se le è procurate nel tragitto? Aspettate e vedrete; ogni cosa, anche la più banale ha una storia nascosta che prima o poi verrà rivelata, o comunque tornerà utile in seguito.
Tecnicamente il film è ineccepibile. Bello a vedersi, senza troppi effetti speciali, scene mutuate da videoclip o virtuosismi fini a se stessi e molto molto dinamico. Le scene delle scazzottate sono esaltantissime e molto ironiche, i momenti di serio pericolo vengono resi in modo ineccepibile come nei momenti (mozzafiato per chi soffre di vertigini come me) ripresi su un London Bridge ancora in costruzione, oppure durante le esplosioni al mattatoio. I costumi e le scenografie sono leggermente modernizzati a mio avviso ma non in modo eccessivo, stupende soprattutto le mise di Holmes che riesce ad essere sciatto, trendy e vittoriano nello stesso tempo.
Ovviamente un simile film non sarebbe altrettanto bello se non ci fossero dei degni attori. Robert Downey Jr. ci regala un Holmes affascinante, innanzitutto, pieno di tic, imperturbabile e cialtrone (che pure suona il violino e fuma la pipa, come da tradizione...). L'alchimia con il compassato e giovanile Watson interpretato da Jude Law è perfetta; i due attori riescono a compensarsi l'un con l'altro, dando via ad una serie di battute e sguardi esilaranti, come raramente si vedono, di questi tempi. Anche il cast di supporto è ottimo, a partire dall'esilarante ispettore Lestrade; l'unica pecca è Lord Blackwood, interpretato da una sorta di pesce lesso che non riesce mai ad essere né inquietante né tantomeno minaccioso o demoniaco. Visto che gli assomiglia leggermente sarebbe stato meglio metterci un Peter Stormare, che avrebbe creato indubbiamente un villain migliore.
Il finale "aperto" e soprattutto il singolare uso che viene fatto del Professor Moriarty, nemesi storica del buon Holmes lasciano ben sperare per un seguito. Se e come verrà realizzato è un mistero, ma se cambierà anche solo uno degli attori o, peggio, il regista, temo proprio che l'operazione non riuscirà bene come in questo caso. E' un film che consiglio spassionatamente, se non si fosse capito, il modo migliore per chiudere il 2009 cinematografico.
Di Robert Downey Jr. ho già parlato qui. La fidanzatina di Watson, Mary, è la bella Kelly Reilly, già citata nel Bollalmanacco durante la recensione di Eden Lake.
Guy Ritchie è il regista della pellicola. Enfant prodige inglese, negli ultimi anni sembrava aver appeso la cinepresa al chiodo, rassegnato ad essere solo il marito di Madonna. Per fortuna, com'è già successo con Sean Penn, la cara cantante decide poi di lasciare i mariti, che praticamente rinascono, toccando nuovi, positivi traguardi. Tra i film del nostro ricordo gli splendidi Lock & Stock e The Snatch, e l'immonda ciofeca Travolti dal destino. Ultimamente è uscito anche Rocknrolla. Ha 41 anni e un film in uscita.
Jude Law interpreta Watson. Altro ottimo attore inglese, tra i suoi film ricordo Wilde, Gattaca, lo splendido Mezzanotte nel giardino del bene e del male, il particolare eXistenZ, Il talento di mr. Ripley, A.I. Intelligenza artificiale, Era mio padre, Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi, The Aviator e Parnassus. Ha 37 anni e un film in uscita.
Siccome ieri sera mi sono ritrovata a desiderare Moriarty con tutta me stessa, e a ripensare al geniale Professore, doppiato con accento piemontese nella versione a cartoni animati giapponese intitolata Il fiuto di Sherlock Holmes, beccatevi uno spezzone proprio dell'anime in questione. ENJOY!!!!