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venerdì 22 settembre 2023

Assassinio a Venezia (2023)

Attirata da un trailer convincente e dalla prospettiva di andare al cinema con parecchi amici, mercoledì ho guardato Assassinio a Venezia (A Haunting in Venice), diretto dal solito Kenneth Branagh e ispirato a Poirot e la strage degli innocenti, di Agatha Christie.


Trama: in ritiro a Venezia, Poirot viene invitato dalla scrittrice Ariadne Oliver ad una seduta spiritica per smascherare una medium. Quando ci scappa il morto, Poirot decide di tornare a indagare...


Nonostante avessi voglia di vedere Assassinio a Venezia, non avevo aspettative granché alte, salvo per la speranza di avere ancora qualche dettaglio sugli imponenti baffi di Poirot (disattesa, ahimé. Shame on Kenneth). Invece, Assassinio a Venezia risolleva quella che, nel frattempo, è diventata la trilogia di Branagh, dopo il disastroso Assassinio sul Nilo, inserendo elementi gotici e perturbanti che ravvivano un po' le indagini di Poirot e, soprattutto, hanno il pregio di privare il protagonista di parte della sua tracotante sicumera. All'interno di un antico palazzo dalla storia dolorosamente inquietante, una madre disperata per la mancanza della figlia morta suicida convoca, proprio la sera di Halloween, una famosissima medium dal torbido passato; la scrittrice Ariadne Oliver convince Poirot a uscire dal suo esilio autoimposto così da smascherare la medium, ma le cose non vanno come previsto dai due. Scoperto un piccolo trucchetto, ciò che segue la sconvolgente seduta della medium è un crescendo di eventi inspiegabili che mettono a dura prova le salde convinzioni di Poirot, i cui ragionamenti vengono interrotti e deviati dalle visioni, dai suoni misteriosi e dalle ombre che sembrano popolare ogni stanza del fatiscente palazzo e, soprattutto, che parrebbero attirati proprio dal famoso investigatore. Stavolta, più che conoscere l'identità dell'assassino, è interessante capire se il palazzo della cantante Rowena Drake è realmente abitato da presenze, e farsi trascinare dall'atmosfera deliziosamente gotica del luogo, che sembra influenzare i personaggi più di quanto farebbe un'altra location meno suggestiva: abbiamo, infatti, oltre alla medium, la fervente e superstiziosa cattolica, un medico nevrotico con tendenze suicide, un bambino che sembra uscito da Il sesto senso e una cantante malinconica costretta a (non) vivere sospesa tra passato e presente, in un incubo infinito. Purtroppo, a livello di trama, ci sono sempre le solite lungaggini di dialoghi infiniti e di rara pesantezza messi in bocca a Poirot, ma questo aspetto della pellicola è stato fortunatamente mitigato da una regia assai ispirata.


Branagh, stavolta, ha scelto di lasciarsi ispirare dall'espressionismo tedesco, dai barocchi gialli all'italiana e da quel capolavoro ahimé poco conosciuto di A Venezia un Dicembre rosso... shocking, e il suo cambiamento di stile è evidente. Fin dalle prime sequenze, la macchina da presa inquadra Venezia e i suoi luoghi più famosi sfruttando una prospettiva sghemba che incornicia le luci all'interno di ombre dalle linee squadrate, e la regia si fa ancora più "estrema" quando l'azione si sposta all'interno del palazzo. Lì, le mura sembrano avere occhi che osservano i protagonisti da anfratti nascosti, viene fatto uso di fisheye, sfocature e primissimi piani e il regista tenta persino qualche blando jump scare, sfruttando buona parte dei cliché visivi dei thriller/horror moderni. Verso il finale, quando il caso è risolto e qualcosa in Poirot è cambiato, le inquadrature si fanno più ampie ed ariose, come se il protagonista si fosse tolto un peso dal petto, e questo mi è piaciuto davvero molto. Mi è piaciuto meno, per quanto suggestivo, che sia stata sfruttata una festa come Halloween (nel '47? A Venezia?? Tra le suore??? Con orfanelli di tutte le razze????) in una città che già ha il carnevale e tutta una serie di maschere in grado di infondere inquietudine, e onestamente non sono rimasta granché impressionata nemmeno dal cast. Il migliore, per quanto mi riguarda, è stato Jamie Dornan, abbastanza convincente nei panni del dottore traumatizzato, e Tina Fey è un comic relief gradevole, almeno finché la sceneggiatura non sbrocca male (cosa che ha perplesso la mia collega grande fan di Agatha Christie), mentre secondo me due brave attrici come Kelly Reilly Michelle Yeoh hanno scelto, in questo caso, di recitare col pilota automatico; la seconda, alla fine, fa giusto una rapida comparsata quindi ci sta, ma la Reilly mi ha lasciato paradossalmente poco. Non pervenuti e dimenticabilissimi tutti gli altri, Branagh e il suo mini-alter ego Jude Hill a parte, con menzione d'onore per il nostro Scamarcio che ormai è diventato il typecast dello sbirro/mafioso/agente segreto italiano di cui diffidare dal primo minuto di pellicola, peraltro col nome idiota di Vitale PORTFOGLIO. In un'eventuale Saw goes to Italy, il ruolo dell'agente Hoffman sarebbe senza dubbio il suo, peccato solo che si ostini a ridoppiarsi con risultati tristemente simili a quelli del Bracchetto Umbro. Al di là di queste mie divagazioni, comunque, Assassinio a Venezia vale un viaggio al cinema, in particolare se vi piace il genere!


Del regista Kenneth Branagh, che interpreta anche Hercule Poirot, ho già parlato QUI. Riccardo Scamarcio (Vitale Portfoglio), Tina Fey (Ariadne Oliver), Kelly Reilly (Rowena Drake), Jamie Dornan (Dr. Leslie Ferrier) e Michelle Yeoh (Mrs. Reynolds) li trovate invece ai rispettivi link. 


Camille Cottin, che interpreta Olga Seminoff, era Paola Franchi in House of Gucci, mentre il piccolo Jude Hill era il protagonista di Belfast, sempre di Kenneth Branagh. Se vi fosse piaciuto Assassinio a Venezia, recuperate i precedenti Assassinio sull'Orient Express e Assassinio sul Nilo. ENJOY!

mercoledì 30 agosto 2023

Oppenheimer (2023)

Affrontando il guasto da aria condizionata, domenica pomeriggio sono andata a vedere Oppenheimer, diretto e sceneggiato dal regista Christopher Nolan a partire dalla biografia scritta da Kai Bird e Martin Sherwin.

Trama: ascesa e caduta del fisico J. Robert Oppenheimer, dai frenetici e visionari anni giovanili, alla consacrazione come "padre della bomba atomica", per arrivare all'indagine su possibili coinvolgimenti coi comunisti...

Avevo il TERRORE di questo Oppenheimer. Tre ore biografiche su una figura storica al cui riguardo non ho mai letto nulla, gestite da un regista che, nonostante l'indubbia bravura, ama sbrodolarsi addosso e farla più lunga e difficile di quello che è, tra l'altro viste (tappatevi gli occhi, saltate un paio di righe, andate oltre soprattutto se siete tra quelli che hanno prenotato un viaggio a Londra solo per andare a vedere Oppenheimer) SENZA 70mm, SENZA IMAX, DOPPIATE, per l'amor d'iDDio!!! Qualcuno potrebbe dirmi che, a queste condizioni, qualunque cosa io possa scrivere sul film non varrebbe. Questo qualcuno si beccherà, oltre al mio dito medio alzato e un invito a pagarmi viaggio + biglietto verso il primo cinema valido disponibile, anche la stilettata di sapere che l'aria condizionata del Multisala (come avevo già intuito durante la visione de La casa dei fantasmi) era guasta e che quindi ho visto l'intero film col suono del condizionatore morente sparato nell'orecchio sinistro. "Now I Am Become Death, the Destroyer of Ears", come se non fosse bastata l'avvolgentissima colonna sonora di Ludwig Göransson ad insinuarsi nei padiglioni auricolari, nella mente e nel cuore, spesso sovrastando persino i dialoghi. Eppure, nonostante ciò, Oppenheimer mi è piaciuto davvero molto. Per me non è e non sarà mai un capolavoro necessario, come ho letto da più parti, perché per quanto mi riguarda pecca di lungaggine eccessiva e l'appendice del processo annacqua un po' la questione pressante del dilemma morale del protagonista contrapponendo a quest'ultimo una "nemesi" quasi puerile nelle sue machiavelliche macchinazioni, ma sicuramente è un film interessante, che fa riflettere. E, nella sua alternanza di stili, tiene desta l'attenzione dello spettatore ben più di quanto è riuscito a fare Ari Aster, di solito più nelle mie corde, con Beau ha paura (giusto per paragonare due film dalla durata elefantiaca usciti nello stesso anno). 

L'inizio, per esempio, è ipnotico. L'inquadratura della donna dalle braccia incrociate di Picasso, il quale dichiarava "Dipingo gli oggetti come li penso, non come li vedo", carica di significato tutte le visioni giovanili di Oppenheimer, la dolorosa intrusione nella realtà comunemente conosciuta di flash fatti di fiamme, esplosioni e scie luminose; sembra quasi di guardare un film di Malick, e il montaggio che alterna e mescola presente e passato è a malapena "aiutato" dallo stacco tra immagini a colori e un bianco e nero che è raffinato specchio di un mondo privo di quella vitale e frenetica pulsione (di quell'inarrestabile reazione a catena) che ha spinto Oppenheimer ad arrivare dove nessuno sarebbe mai dovuto giungere. Una volta esplosa la bomba, tutto si esaurisce, si "scarica". Il protagonista ha letteralmente dato forma a ciò che era solo pensiero, è rimasto disgustato dal suo egoismo e dalla sua cieca sconsideratezza, cerca di chiudere la stalla quando i buoi sono scappati, rimettendoci la carriera in un parossismo punitivo; di conseguenza, al pensiero creativo si sostituisce la squallida realtà distruttiva di chi, imperterrito, continua a pensare solo al successo materiale e al prestigio, anche a costo di condannare l'umanità intera. Lo stesso film, a quel punto, si adagia sul sentiero stra-battuto del courtroom movie, dove contano più le interpretazioni della regia, e lo fa come se Nolan fosse stato fiaccato dallo sforzo di costruire la sequenza per me più emozionante di Oppenheimer, quella dove, a Los Alamos, la bomba viene fatta esplodere per la prima volta. La magia di Nolan, lì, è stata quella di farmi dimenticare che l'esperimento era riuscito, di farmi stare sulle spine assieme a tutti i membri del Progetto Manhattan, di spazzare via la sala del cinema tanto che mi sembrava di essere lì, un tutt'uno con la colonna sonora soverchiante e le immagini frenetiche, tanto che quando il suono della bomba è arrivato ho fatto un salto di un metro. L'unica cosa che Nolan non mi ha fatto dimenticare, neppure per un istante, è la conseguenza del successo di Oppenheimer, che mi ha strappato una dolorosa lacrima ben prima che l'orrore (costruito con tutti i terrificanti stilemi di un film di genere) travolgesse il protagonista con visioni di un terribile futuro. Una visione pessimista, un monito che chiude inequivocabilmente il film con lo sguardo allucinato di chi potrà venire riabilitato dalla storia, ma non da se stesso, e che ci ricorda quanto la spada di Damocle di un olocausto nucleare sia sempre lì a penderci sul capo, cosa che mi ha stretto di nuovo la gola in un magone angosciato.


Cillian Murphy, poverino, sembra caricarsela tutta addosso questa visione, dà l'idea che se lo sia spolpato fino alle ossa, trasformandolo in uno scheletro tutto occhi, a cui pendono i vestiti di dosso. Lo sguardo febbrile di Murphy diventa il film stesso, tanto che l'attore si annulla e scompare, più vero della realtà, ed inevitabilmente spiccano accanto a lui l'ambiguo Robert Downey Jr. ed Emily Blunt i quali, invece, "interpretano" ed affascinano, diventando punte di diamante di un cast all star dove il meno conosciuto si è comunque fatto anni come co-protagonista in E.R oppure fa Skarsgård di cognome (ah, lo scrivo qui sperando che legga. Non ricordo in quale gruppo di cinema su Facebook qualcuno ha scritto "lo spettatore medio nemmeno riuscirà a capire chi interpreta Truman". Gianfresc*, col cuore, vai a giocare in autostrada. E' colpa di invasati spocchiosi come te se il cinema, lentamente, muore). La Blunt, in particolare, è ammirevole per il modo in cui ha messo anima e corpo nel tentativo (riuscito) di rendere tridimensionale un personaggio la cui unica funzione è quella di fungere da alcolizzata bussola morale del marito, in contrasto con l'altra donna presente nel film, che invece ha il solo scopo di destabilizzare il protagonista e fungere da gancio per tutte le accuse di comunismo ai danni di Oppenheimer (ma tanto Florence Pugh è splendida comunque e affronterebbe con grazia anche il ruolo di un cassonetto). Altri interpreti che ho adorato o che mi hanno colpita, in ordine sparso: un irriconoscibile ed agghiacciante Casey Affleck nei panni dell'"inquisitore" russo, il sempre bravo Matt Damon, un David Dastmalchian che vorrei finalmente vedere protagonista di un film che ne metta in risalto il carisma magnetico, il "fidanzatino" ebreo di Mercoledì Addams invecchiato ed imbolsito e, ovviamente, un Dane DeHaan sempre meravigliosamente merda. Quindi, come avete potuto vedere, Nolan mi ha convinta. Oppenheimer non è un film che riguarderò presto, anche se mi piacerebbe, appena sarà disponibile, godermelo in lingua originale, ma è sicuramente un'opera splendida, nata e pensata per il grande schermo, fatta per chi non è ancora pronto a soccombere allo strapotere dei film usa e getta e visti con un occhio sullo smartphone. A tal proposito, dal giorno dell'uscita gli spettacoli di Oppenheimer al multisala di Savona hanno fatto sempre il tutto esaurito, e anche Barbie ha fatto sfracelli sia lì che nel cinema all'aperto. Spero proprio non sia un trend limitato a questi due "colossi" accompagnati da battage pubblicitari assurdi e che la gente abbia riscoperto l'amore per la sala, perché ce n'è bisogno!


Del regista e sceneggiatore Christopher Nolan ho già parlato QUI. Cillian Murphy (J. Robert Oppenheimer), Emily Blunt (Kitty Oppenheimer), Robert Downey Jr. (Lewis Strauss), Alden Ehrenreich (l'assistente del Senato), Scott Grimes (il consulente legale), Jason Clarke (Roger Robb), Tony Goldwyn (Gordon Gray), Macon Blair (Lloyd Garrison), James D'Arcy (Patrick Blackett), Kenneth Branagh (Niels Bohr), David Krumholtz (Isidor Rabi), Josh Hartnett (Ernest Lawrence), Alex Wolff (Luis Alvarez), Florence Pugh (Jean Tatlock), Matthew Modine (Vannevar Bush), David Dastmalchian (William Borden), Matt Damon (Leslie Groves), Dane DeHaan (Kenneth Nichols), Jack Quaid (Richard Feynman), Benny Safdie (Edward Teller), Rami Malek (David Hill), Casey Affleck (Boris Pash), Steve Coulter (James Conant) e Gary Oldman (Harry Truman) ho già parlato ai rispettivi link.

Dylan Arnold interpreta Frank Oppenheimer. Americano, ha partecipato a film come Mudbound, Halloween, Halloween Kills e a serie quali The Purge. Anche produttore, ha 29 anni e un film in uscita. 


Tra le mille altre facce più o meno conosciute presenti nel film segnalo Harry Groener (Senatore McGee, era il sindaco Wilkins della serie Buffy l'ammazzavampiri), Matthias Schweighöfer (Werner Heisenberg, era il tedesco di Army of the Dead nonché protagonista dello spin-off Army of Thieves), Emma Dumont (Jackie Oppenheimer, era la Polaris di The Gifted) e Gustaf Skarsgård (Hans Bethe, ha partecipato alla serie Vikings). La storia raccontata in Oppenheimer era stata già portata sullo schermo con L'ombra di mille soli, film che non ho mai visto, dove Paul Newman interpretava Leslie Groves; se l'argomento vi interessasse, potreste recuperarlo assieme a I Giorni Dell'Atomica, mentre se amate le biografie di geni controversi potete buttarvi su La teoria del tutto, Il diritto di contare, The Imitation Game e A Beautiful Mind. ENJOY! 

venerdì 4 marzo 2022

Belfast (2021)

Nonostante il fastidio provocatomi da Assassinio sul Nilo, ho deciso di ridare fiducia a Kenneth Branagh e domenica sono andata a vedere Belfast, da lui diretto e sceneggiato nel 2021 nonché nominato per 7 premi Oscar: Miglior film, Miglior regia, Miglior sceneggiatura originale, Ciarán Hinds miglior attore non protagonista, Judi Dench miglior attrice non protagonista, Miglior sonoro e Miglior canzone originale.


Trama: durante i cosiddetti Troubles di fine anni '60, il piccolo Buddy cerca di vivere la sua infanzia nonostante la violenza che scorre nelle strade, i problemi economici dei genitori e quelli di salute del nonno...


Maledetto Kenneth Branagh. Stavolta con me ha vinto davvero facile, trovando terreno fertile nella mia ignoranza crassa di persona che aveva solo una vaga idea di cosa fosse vivere alla fine degli anni '60 nell'Irlanda del Nord, e che quindi non può dire "eh ma sei falso, tendenzioso, e pure un po' paraculo perché il tuo film è anche troppo edulcorato". Posso dire che a me poco importa che il film in questione sia palesemente un'Oscar bait creata ad arte per intenerire ed emozionare il pubblico? D'altronde, se avessi voluto l'aderenza storica, o la rabbia sociale, avrei guardato un documentario o un film di Ken Loach, invece in questo caso c'è "baffo" Branagh che ha deciso di raccontare la storia della SUA infanzia, filtrata dal punto di vista di un bambino di nove anni che, bontà sua, l'aderenza storica e la rabbia sociale non sa neppure cosa siano. E' palese che tutto, in Belfast, sia a misura di bambino, a partire dalle inquadrature, perché allo spettatore arriva "solo" quello che arriva al protagonista, Buddy, ovvero il piccolo alter ego di un Branagh già allora affascinato dal cinema; ci arriva la situazione "tradotta" in modo semplice, per l'appunto infantile, perché l'Irlanda di quei tempi era una polveriera e probabilmente l'unico modo che aveva un bambino di capire qualcosa era semplificare il più possibile, tirando fuori cattivi da film, elevando i genitori, per quanto imperfetti, a eroi positivi, sottolineando la natura amichevole di persone che si conoscono da sempre nemmeno fossero tutti una grande famiglia priva di odi ed invidie. Belfast non è quindi un documentario, quanto piuttosto un coming of age, dove Buddy è costretto ad affrontare lo spauracchio di abbandonare la città dov'è nato e cresciuto, e un inno d'amore a chiunque abbia vissuto lì, che se ne sia andato, che sia rimasto o a chi purtroppo si è perso, come da dedica finale prima dei titoli di coda. 


Come una vecchia fotografia trovata nel cassetto, Belfast è in bianco e nero (splendidamente fotografato, per inciso) e gli unici sprazzi di colore sono i film che Buddy vede al cinema, oppure le opere teatrali, che si ammantano di un'aura magica e salvifica, sprazzi di un mondo di fantasia in cui evadere da una realtà incomprensibile e pericolosa, dove non è così facile conservare l'innocenza e la speranza dei bambini. Le influenze cinematografiche di un bambino affamato di film si ritrovano in moltissime sequenze di Belfast ma saltano maggiormente all'occhio verso il finale, forse perché, paradossalmente, Buddy si scontra con i due eventi più difficili della sua infanzia (lo scontro tra suo padre e Billy sembra il duello di un western, la scena in cui Jamie Dornan canta al funerale ha tutto il sapore di un musical), per il resto le scene di "vita vissuta" mi sono sembrate piuttosto plausibili e non è proprio vero che Branagh rifugge dal mostrare la natura reale della violenza. Certo, l'autoindulgenza del regista e sceneggiatore si evince dalla scelta di affidare il "suo" ruolo ad un bambino dolce e bellissimo, cuginetto ideale del Roman Griffin Davis di JoJo Rabbit, ma stavolta ci sono due attori che strappano la scena al protagonista (e il cuore dal petto dello spettatore), ovvero Ciarán Hinds e Judi Dench, i nonni burberi, scafati e dolci che tutti abbiamo sognato di avere. Fonti inesauribili di insegnamenti per Buddy, nonno e nonna sono due personaggi che rimangono dentro e la Dench mi ha straziata giusto un pelino meno di quanto ha fatto nonna Coco in quel film Disney che non posso più nemmeno nominare senza cominciare a piangere come una fontana; lo sguardo rassegnato, pieno di amore e di dolore, in quel primo piano della Dench, è qualcosa di così devastante che mi viene il magone a scriverne. Quindi sì, Kenneth, sarai pure antipaticissimo e tracotante ma credo che quest'anno tiferò un po' per te agli Oscar.


Del regista e sceneggiatore Kenneth Branagh ho già parlato QUI. Jamie Dornan (Pa), Judi Dench (Nonna) e Ciarán Hinds (Nonno) li trovate invece ai rispettivi link. 

Caitriona Balfe interpreta Ma. Irlandese, ha partecipato a film come Super 8, Now You See Me - I maghi del crimine e Le Mans '66 - La grande sfida. Anche produttrice, ha 43 anni. 


Se Belfast vi fosse piaciuto recuperate Roma e Jojo Rabbit. ENJOY!

martedì 22 febbraio 2022

Assassinio sul Nilo (2022)

Siccome è uno di quei generi che unisce me, l'amico Toto e l'amica Elena, mercoledì siamo andati a vedere tutti assieme Assassinio sul Nilo (Death on the Nile), diretto nel 2022 dal regista Kenneth Branagh e tratto dal giallo omonimo di Agatha Christie


Trama: in Egitto per un altro caso, l'investigatore Poirot viene coinvolto nel viaggio di nozze di Linnet e Simon, ma la traversata del Nilo si trasforma nell'ennesimo caso di omicidio da risolvere...


A causa della mia ormai proverbiale mancanza di tempo, non sono riuscita a riguardare Assassinio sull'Orient Express come avrei voluto, quindi sono andata a rileggermi il post scritto all'epoca (vedete che a qualcosa serve avere un blog!) per capire un po' cosa avrei potuto dire di diverso su Assassinio sul Nilo, secondo excursus branaghiano nell'universo di Hercule Poirot. Alla fine della rilettura ho pensato che, probabilmente, è stato un bene non avere rivisto Assassinio sull'Orient Express, in quanto Assassinio sul Nilo sembra aver mantenuto tutti i difetti della precedente pellicola senza compensare con eventuali pregi. Anche questa volta, ovviamente, c'è un comparto tecnico di prim'ordine, nel quale spiccano scenografie, costumi e una fotografia sontuosa che sottolinea l'(in)naturale bellezza dei paesaggi egiziani (il film è stato interamente girato in Inghilterra, quindi c'è da porre enfasi anche sugli effetti speciali di prim'ordine), ma tutto ciò non basta a nascondere una generale aria di sciatteria e desiderio di far solo dei soldini. Branagh mi è parso con la testa impegnata già nell'acchiappaOscar Belfast (che ovviamente devo ancora vedere), perché qui mancano gli interessanti virtuosismi di regia e i momenti action che avevo apprezzato in Assassinio sull'Orient Express e, ancor peggio, Poirot è antipatico e mollo più di quanto ricordassi. Parlo da persona che non ha mai letto un libro di Agatha Christie, ma onestamente dubito che il famoso investigatore lo sia diventato a fronte dei suoi interminabili pipponi sull'amore, la solitudine e il rimpianto, che spezzano il ritmo del racconto in maniera vergognosa, al punto che (giuro) alla fine del primo tempo la storia non era ancora entrata nel vivo (!), persa in un atroce desiderio di appagare l'occhio del pubblico con una lunghissima introduzione all'interno della quale, col senno di poi, ci saranno giusto un paio di momenti o dettagli fondamentali per la risoluzione del caso.


Il risultato, posso dirlo?, è quello di avere davanti un giallo abbastanza noioso che non decolla quasi mai, neppure davanti all'arrivo, finalmente, del primo cadavere e che, come già accadeva nel primo film, fa un uso smodato del baffo tracotante di Kenneth Branagh a discapito del resto dei protagonisti, non memorabili né incisivi, neppure a fronte di un paio di cambiamenti che (a costo di passare per uno di quei bonobi razzisti e sessisti che infestano l'internet) mi sono parsi delle inutili forzature per strizzare l'occhio all'inclusività. Al solito, dunque, abbiamo un ottimo cast sprecato. Nessuno dei protagonisti, infatti, mi è rimasto particolarmente impresso e gli unici attori in grado di distinguersi dagli altri sono Gal Gadot, bella ed inarrivabile come al solito, il buon Tom Bateman a cui viene letteralmente affidato il cuore del film e quel minimo di vivacità necessaria a rendere un po' più simpatico e umano Poirot, una Sophie Okonedo molto affascinante nei panni di cantante agée, ed Emma Mackey, anche se la sua interpretazione di Jackie mi è sembrata persino troppo caricata. Gli altri svaniranno dalla mia mente probabilmente in un paio di giorni, così come succederà ad Assassinio sul Nilo nella sua interezza, un film che consiglio giusto come divertissement, se siete davvero appassionati del genere oppure se siete maniaci della completezza (esempio: se vi siete chiesti come sia nato il baffo d'ordinanza di Poirot qui vi verrà spiegato nei minimi dettagli e se siete delle persone brutte come me vi sbellicherete dalle risate per l'assurdità del tutto e per la serietà con cui i coinvolti hanno affrontato una simile baffonat... ehm, buffonata) sperando che Branagh torni a dedicarsi ad altro. 


Del regista Kenneth Branagh, che interpreta anche Hercule Poirot, ho già parlato QUI. Armie Hammer (Simon Doyle), Gal Gadot (Linnet Ridgeway), Annette Bening (Euphemia Bouc), Rose Leslie (Louise Bourget) e Russell Brand (Windlesham) li trovate invece ai rispettivi link. 

Letitia Wright interpreta Rosalie Otterbourne. Nata in Guyana, ha partecipato a film come Black Panther, Ready Player One, Avengers: Infinity War, Avengers: Endgame e serie come Doctor Who e Black Mirror. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 29 anni e quattro film in uscita, tra cui Black Panther: Wakanda Forever. 


Sophie Okonedo
interpreta Salome Otterbourne. Inglese, ha partecipato a film come Ace Ventura - Missione Africa, The Jackal, Hotel Rwanda (che le è valso la nomination all'Oscar come Miglior Attrice Non Protagonista), Hellboy e serie come Doctor Who. Ha 55 anni e un film in uscita. 


Tom Bateman
aveva già interpretato Bouc in Assassinio sull'Orient Express mentre Ali Fazal era l'Abdul di Victoria e Abdul. Dawn French e Jennifer Saunders, che interpretano rispettivamente l'infermiera Bowers e Marie Van Schuyler sono invece un duo comico parecchio famoso in Inghilterra. Ciò detto, se Assassinio sul Nilo vi fosse piaciuto, recuperate la versione del 1978 e, ovviamente, Assassinio sull'Orient Express. ENJOY!

lunedì 10 gennaio 2022

Golden Globes 2022

Alla faccia di quel famoso medico dei VIP che diceva di no, il Coviddo è tornato a mordere, e ciò, assieme a mille (probabilmente giuste) polemiche ha fatto sì che i Golden Globe di quest'anno fossero particolarmente sottotono, senza cerimonia neppure a distanza, senza nulla. Per la solita pignoleria, anche se ho visto davvero pochissimi dei candidati, facciamo un breve recap, anche per capire cosa recuperare in vista degli Oscar, che si terranno il 27 marzo. ENJOY!



Miglior film drammatico
Il potere del cane  (Inghilterra/Canada/Australia/Nuova Zelanda 2021)

Non cominciamo proprio benissimo, diciamo. Il tanto atteso ultimo film di Jane Campion l'ho trovato bellissimo a livello di regia e fotografia, ottimi gli attori, ma mi è mancato il trasporto emotivo necessario per apprezzarlo in pieno. Purtroppo, oltre a Dune, che immaginavo non avrebbe visto un globe nemmeno da lontano in quanto, oRore!, film di fantascienza, non ho avuto modo di recuperare nessun altro candidato, quindi non saprei fare paragoni. 


Miglior film - Musical o commedia
West side Story (USA, 2021)

Vittoria facile per l'ultimo film di Spielberg, che infatti ha portato a casa un sacco di premi. Anche in questo caso, però, mi è mancato qualcosa, forse perché non avevo mai avuto modo di guardare West Side Story, in nessuna delle sue versioni, e, mi perdonino i fan, ho trovato la trama un po'... ingenua (grazie, Bolla, è un musical con un po' di anni sulla schiena...)? Non so se è l'aggettivo giusto, comunque nulla da dire sulla messinscena, strepitosa, e le coreografie, ovviamente. Mentirei, però, se non dicessi che avrei preferito Don't Look Up, più nelle mie corde.  



Miglior attore protagonista in un film drammatico
Will Smith in King Richard

Lo so, sono una brutta persona, ma a me Will Smith sa sulle balle da sempre, quindi non mi fionderò al cinema a vedere King Richard e lo recupererò giusto se sarà tra i candidati all'Oscar, con calma. Per quanto riguarda gli altri candidati, ho avuto modo solo di apprezzare l'intensa interpretazione di Cumberbatch, quindi, anche in questo caso, non posso fare confronti.


Miglior attrice protagonista in un film drammatico
Nicole Kidman in Being the Ricardos

Adoro i film biografici su celebrità a me sconosciute, e Being the Ricardos, disponibile su Prime, era già da settimane sul mio radar. Ora, ovviamente, non posso fare altro che metterlo in cima alla lista dei recuperi, sperando mi piaccia visto che le recensioni lette sono parecchio tiepide. Per il resto, sono molto felice di un mancato premio a Lady Gaga, con tutto il bene che le voglio, e aspetto trepidante di poter vedere Kristen Stewart nei panni di Diana, anche se, ahimé, l'uscita italiana di Spencer è stata rimandata a data da destinarsi.

Miglior attore protagonista in un film musicale o commedia
Andrew Garfield in Tick, Tick... Boom!

Altro film biografico, altro musical, però questo non mi ha attirato fin dal principio. Dovrò dargli una chance, anche perché è da settimane disponibile su Netflix. Peccato per Di Caprio, la cui interpretazione tragicomica di uno scienziato costretto a diventare VIP per essere creduto in una situazione da fine del mondo è decisamente calzante.


Miglior attrice protagonista in un film musicale o commedia
Rachel Zegler in West Side Story

Bravissima cantante, perfetto musino innocente e acqua e sapone, ma posso dire che a me 'sta Maria spueia mi ha detto davvero poco? Certo, forse è andata comunque bene così: quello in Don't Look Up non è uno dei ruoli più memorabili di Jennifer Lawrence, ed Emma Stone in Crudelia è strepitosa, ma forse non degna di un Globe. 



Miglior attore non protagonista
Kodi Smit-McPhee in Il potere del cane

Da una parte ho avuto fortuna, perché perlomeno ho avuto modo di guardare la performance del vincitore, dall'altra mi mancano tutte le altre interpretazioni. Mi viene da dire che al buon Kodi è stato riservato un ruolo assai difficile, un personaggio ermetico con il quale non è semplice empatizzare, e la sua recitazione mi è parsa assai buona, quindi posso ritenermi soddisfatta.



Miglior attrice non protagonista
Ariana DeBose in West Side Story

Al momento, questo è l'unico premio che mi convince davvero, perché la passionale Anita risplende come una stella all'interno di West Side Story ed è il personaggio che mi ha coinvolta di più, sia nei momenti faceti che in quelli drammatici. Se la ragazza portasse a casa un Oscar non mi dispiacerebbe affatto!



Miglior regista
Jane Campion per Il potere del cane

Nulla da dire, davvero, il premio per la miglior regia è ovviamente meritato. Ma sarebbe stato meritatissimo anche (forse di più) quello a Villeneuve per Dune.

Miglior sceneggiatura
Kenneth Branagh per Belfast

Il film biografico di Branagh è uno di quelli che aspetto di più, peccato che fino a Marzo noi italiani ci stra-attacchiamo al *bip*. Peccato per Adam McKay, ma obiettivamente la sceneggiatura di Don't Look Up! è leggermente derivativa, per quanto l'abbia apprezzata molto, mentre chi ha letto Il potere del cane mi dice che il romanzo è molto più emozionante del freddo adattamento, quindi nessun vilipendio alla Campion, in questo caso.


Miglior canzone originale
No Time to Die di Billie Eillish e Finneas O'Connel, per il film No Time to Die

Ammetto di non conoscere nessuna delle canzoni tranne Dos oruguitas di Encanto, che mi era piaciuta molto, quindi mi adeguo. 

Miglior colonna sonora originale
Dune di Hans Zimmer

Mi cito: "E per mesi, probabilmente, ascolterò la colonna sonora di Hans Zimmer, talmente evocativa ed esotica da risultare quasi ipnotica, uno score emozionante come non mi capitava di sentire da tempo in un "blockbuster", per quanto d'autore" Direi che stavolta ci ho visto giusto, ma mi sono piaciute molto anche le colonne sonore di The French Dispatch ed Encanto.



Miglior cartone animato
Encanto (USA 2021)

Per questione di orgoglio ligure avrei preferito la vittoria di Luca. E, pur non avendo visto gli altri film candidati e pur avendo apprezzato molto Encanto, non si tratta di uno dei prodotti migliori o più indimenticabili della Casa del Topo, quindi temo si sia trattato di un Globe leggermente paraculo, per venire incontro a questioni di minoranze ecc.


Miglior film straniero
Drive My Car (Giappone, 2021)

Ne avevo già sentito parlare come di uno dei film più belli dell'anno scorso, è arrivato il momento di metterlo in cima alla lista dei recuperi. Con tutto il rispetto per E' stata la mano di Dio, che mi ha convinta poco.

Quest'anno con le serie TV va malissimo. Tra quelle nominate ho visto solo Wanda/Vision e Squid Game e l'unico vincitore che conosco è, per l'appunto, Oh Yeung-su, l'adorabile, commovente vecchino della serie Netflix coreana. Al momento, le uniche che potrei recuperare sono Hacks, Dopesick, La ferrovia sotterranea e Omicidio a Easttown che constano di una sola stagione, il resto per me è pura utopia, non ci provo neppure! E con questo è tutto... ci si risente per gli Oscar! ENJOY!

martedì 1 settembre 2020

Tenet (2020)

Tenet, diretto e sceneggiato da Christopher Nolan, è il primo film che sono tornata a vedere al cinema dopo quasi sei mesi di lontananza dalle sale. Purtroppo, la gioia del ritorno tanto atteso è stata sciupata dalla gestione scellerata del Multisala savonese (spero che invece altrove le regole vengano rispettate), che mi ha costretta a quasi tre ore con la mascherina indosso a causa del mancato rispetto del distanziamento tra le poltrone: a Savona, infatti, se prenotate in due (lasciamo perdere le strisce di 6/7 persone, congiunte manco per le palle ma fatte entrare senza problemi) gli unici posti che rimangono liberi sono quello subito a destra e quello subito a sinistra sulla stessa fila, per le file davanti e dietro vi deve andar di culo e ovviamente io e il Bolluomo ci siamo ritrovati con un branco di ragazze tutte rigorosamente senza mascherina a distanza di un braccio dalla schiena, mentre davanti c'erano sì due posti liberi ma per mero caso. Shame, dunque, sul Multisala Diana: con tutta la buona volontà di sostenere il cinema visto come merita (ero dell'idea di andare a vedere TRE film questa settimana) sarò costretta a fare selezione giusto dei film che non voglio assolutamente perdermi sul grande schermo o di quelli che non posso recuperare in nessun altro modo, ché mettere a repentaglio così la salute dei miei famigliari e dei miei amici sarebbe davvero da sconsiderati.


Trama: un agente CIA si ritrova invischiato in un complotto "temporale" atto a distruggere l'umanità.


Dopo essermi sfogata un po' sulla questione Covid, torniamo a parlare di cinema. Avete visto che bella trama stringata ho messo qua sopra, eh? Potrei dire che volevo evitare di incappare in spoiler ma la verità è che Tenet questo è, spogliato da tutte le sue complicatissime ed inesplicabili teorie legate alle leggi dell'entropia e della fisica temporale, che ringrazio proprio tantissimo Robert Pattinson, Aaron Taylor-Johnson, Kenneth Branagh e la sciura indiana per esserci venuti incontro con doverose delucidazioni, ma avete presente quel suono che udite nel cervello quando provate a fare operazioni matematiche più difficili delle addizioni? Io sento proprio un crackrackrack come se cercassero di girare i lati del cubo di Rubick più vecchio e rotto del mondo, non scherzo, è un suono fisico di rotelle che si inceppano, ed è un suono che ho sentito spesso durante la visione di Tenet, al punto che un bel momento ho pensato: "ma sai cosa? Sono al cinema, questa è una ca**o di spy/action story, facciamo che ogni volta che Pattinson mi fissa dallo schermo chiedendomi silenziosamente se ho capito io annuisco e mi godo il delirio immaginifico Nolaniano?". Fatto questo, ve lo giuro, Tenet diventa una bellezza, uno 007 popolato da personaggi intelligentissimi che fanno cose fighe perché sono fighi, che riescono a tirare tutte le fila di un complotto talmente complesso da far fare a Di Caprio e soci in Inception (che io continuo a preferire a livello di trama, fatemi causa) la figura dei poveri sfigati impegnati in una storiellina per bambini. E il bello di tutto questo è che il difficile è solo per i personaggi, lo spettatore può tranquillamente rilassarsi e sapere che l'obiettivo è evitare la distruzione del mondo e sconfiggere il cattivissimo Branagh, punto. Come poi ci si riesca è un altro paio di maniche, stavolta non c'è comunque il pericolo di sentirsi stupidi e non capire il nucleo del film, grazie quindi a Nolan per la gentilezza: d'altronde, giusto gli americani potrebbero non conoscere il quadrato del Sator e smascellarsi dallo stupore per la sapienza del regista, visto che di base tutti i riferimenti a Sator, Arepo, Tenet, Opera e Rotas sono solo degli easter egg inutili (e io che già ero partita da casa spiegando a Mirco mille fantasiose teorie legate ad anagrammi e palindromi. No).


Si diceva, dunque, della bellezza di Tenet e delle sue scene girate in buona parte senza l'ausilio di effetti speciali, il che le rende ancora più pregevoli. Dall'inizio al cardiopalma ambientato all'opera, passando per un grandioso "incidente" aereo durante il quale ho sostituito ai protagonisti Lupin e Jigen nella mia mente bacata di fangirl, arrivando a deliranti corpo a corpo, ancor più deliranti inseguimenti in macchina e lunghissime sequenze in cui passato e presente si intrecciano con gente che va avanti ma contemporaneamente anche indietro mentre gli edifici scoppiano e non scoppiano c'è davvero l'imbarazzo della scelta, roba da far piangere John Wick di commozione. Nolan con la sua cinepresa e l'ausilio del montaggio piega letteralmente il tempo al suo volere e lo spettatore viene immerso in questo assurdo mondo privo di leggi della fisica (e tuttavia rigorosamente regolato da esse) come se la sala cinematografica non esistesse più, grazie anche all'assurda colonna sonora di Ludwig Goransson, soggetta anch'essa agli sbalzi temporali che condizionano la storia. In tutto ciò, la bellissima Elizabeth Debicki svetta letteralmente come una dea facendosi ricordare come unica presenza femminile in tutto il film (non è l'unica ma le povere Clémence Poésy e Fiona Dourif è come se nemmeno ci fossero) e John David Washington cerca di non sfigurare in un ruolo di agente segreto iperfigo che sarebbe stato più che perfetto, mi duole dirlo, per suo padre o quel gran gnocco di Idris Elba, facendosi spesso rubare la scena da un Kenneth Branagh bastardo fino al midollo (mi si dice che il suo accento originale sia assai ridicolo,  fortunatamente il doppiaggio ci mette una pezza) e da un Robert Pattinson che acquista importanza e spessore a mano a mano che la storia prosegue. In definitiva, essendo partita con la convinzione che mi sarebbero cadute le gonadi come durante Interstellar e Dunkirk, mi sono goduta tantissimo questo Tenet, film da vedere rigorosamente in sala; a mio avviso i livelli di The Prestige e Inception sono ben lontani ma perlomeno stavolta Nolan ha realizzato un film complesso ma godibile, più vicino al genere che preferisco, cosa che mi ha reso simpatica anche la volontà di essere comunque un maledetto snob. Andatelo a vedere in fiducia e sperabilmente anche in completa sicurezza!


Del regista e sceneggiatore Christopher Nolan ho già parlato QUI. Elizabeth Debicki (Kat), Robert Pattinson (Neil), Kenneth Branagh (Andrei Sator), Aaron Taylor-Johnson (Ives), Clémence Poésy (Laura), Fiona Dourif (Wheeler), Michael Caine (Michael Crosby), Himesh Patel (Mahir), Wes Chatham (Sammy) e Martin Donovan (Victor) li trovate invece ai rispettivi link.

John David Washington interpreta "il protagonista". Americano, figlio di Denzel Washington, ha partecipato a film come Malcom X BlackKklansman. Anche produttore, ha 36 anni e due film in uscita.


Se Tenet vi fosse piaciuto, recuperate Inception (lo trovate su Netflix), Source Code (lo trovate su Netflix e RaiPlay) e magari anche L'esercito delle 12 scimmie. ENJOY!

martedì 12 dicembre 2017

Assassinio sull'Orient Express (2017)

Con calma (c'era il ponte, ho cazzeggiato, lo ammetto!) arrivo a parlare anche di Assassinio sull'Orient Express (Murder on the Orient Express), diretto da Kenneth Branagh e tratto dal giallo omonimo di Agatha Christie.


Trama: durante un viaggio sull'Orient Express il famoso investigatore Hercule Poirot si ritrova per le mani un caso di omicidio. Una valanga improvvisa blocca la corsa del treno e Poirot ha tempo solo finché non arriveranno i soccorsi e libereranno le rotaie per scoprire l'identità dell'assassino!


Come già scritto nella solita rubrica delle uscite settimanali, ho avuto la (s)fortuna di vedere Assassinio sull'Orient Express di Sidney Lumet solo una volta nella vita, da bambina, e di non avere mai letto il giallo di Agatha Christie. Oltre quindi a non ricordare NULLA relativamente alla risoluzione del caso non ho potuto nemmeno venire sopraffatta dall'effetto nostalgia legato alla pellicola, quella sensazione canaglia che ti prende proprio quando non vuoi e ti porta a rompere le palle alla gente dicendo "eeeeh, ma Albert Finney era un Poirot migliore, eh ma cosa mi significano quei baffoni signora mia, ah ma la Bergman era ben più sopraffina di quel rattu penigu della Cruz!". Posso dire perciò di essere una delle poche persone al mondo che si è approcciata al film di Branagh in totale letizia ed assoluta ignoranza, pronta a godersi un giallo all-star pregando il signoruzzo che la coppia di anziani burini parlanti seduti accanto a lei non spoilerassero il finale durante uno dei loro interminabili dialoghi. In virtù di ciò, mi sento di affermare innanzitutto che Kenneth Branagh dietro la macchina da presa è sempre e comunque un signore. Aiutato da un bel reparto effetti speciali capace di realizzare delle splendide sequenze panoramiche e momenti di pura suspance in mezzo alla neve, quelle belle scene in cui chi (come me) soffre di vertigini rischia di farsi venire un embolo e crepare in mezzo alla sala, lord Branagh confeziona un gioiellino capace di intrattenere innanzitutto gli occhi, assai vivace dal punto di vista delle inquadrature che riescono a dilatare lo spazio ristretto di un treno. La scelta di riprendere le carrozze dall'alto, come se non avessero un soffitto, oppure quella di scomporre l'immagine in tanti prismi illuminati da una calda luce artificiale, piuttosto che l'ennesima citazione di un'opera d'arte sul finale (in Cenerentola c'era Fragonard, qui addirittura Leonardo Da Vinci con L'ultima cena) o i flashback in bianco e nero sono tutti eleganti tocchi di stile che si sommano all'eleganza dei costumi e delle scenografie e rendono Assassinio sull'Orient Express un film di indubbia bellezza "formale". E benché non abbia visto la pellicola in lingua originale mi è sembrato che gli attori fossero tutti molto in parte, soprattutto la splendida Michelle Pfeiffer (la quale mi pare stia vivendo una seconda giovinezza e non posso che esserne felice), e persino Johnny Depp mi è sembrato lontano, per una volta, dalle terrificanti macchiette da lui interpretate negli ultimi tempi. Quindi cos'è che mi ha portata, al termine della visione, a relegare Assassinio sull'Orient Express tra i dimenticabili del 2017?


Il motivo ha un nome e un cognome e non può che essere Kenneth Branagh. Intendiamoci, io andrei a vedere persino una recita parrocchiale se ci fosse coinvolto Kenneth Branagh, però Assassinio sull'Orient Express è già il secondo film di seguito, tra quelli da lui diretti, che mi fa cadere i marroni non tanto per la noia, quanto per la tracotanza che traspare da ogni fotogramma, da ogni singolo pelo di baffo insistentemente messo in primo piano. Poirot non nasce come personaggio simpatico, per carità, però in questa versione è ancora più insopportabile del normale, un mix tra l'investigatore classico e un maestro della deduzione alla Sherlock Holmes (anche dal punto di vista "fisico" visto che riesce a prevedere le mosse del nemico e neutralizzarle come l'Holmes di Guy Ritchie), con la terrificante aggiunta di una passione per gli spiegoni demoralizzanti, filosofici ed aulici: vedere Kenneth Branagh sospirare una mezza dozzina di volte davanti al ritratto dell'amata o perdersi in elucubrazioni sul senso della vita e la natura del male, col faccione preoccupato ad occupare interamente lo schermo del cinema come nemmeno quel bolso di Tom Hanks nel vecchio Il codice Da Vinci visto in prima fila, abbiate pazienza ma mi ha causato un po' di orchite, spezzando il naturale, dinamico andamento della vicenda più volte di quanto non fosse necessario. Per carità, senza questi excursus probabilmente il metraggio del film sarebbe stato ridotto e la trama sarebbe risultata troppo semplice ma sinceramente avrei preferito un po' più di ironia e maggior coesione all'interno delle indagini, talmente prolisse e dispersive da risultare in qualche modo "faticose" da seguire per chi, come me, non era a conoscenza dell'esito finale. E comunque s'è lamentato anche Toto accanto a me quindi se non è piaciuto a lui il film chi sono io per contestare un giudizio ben più affidabile del mio? Che poi, non piaciuto... diciamo che è il solito film senza infamia né lode pompato da un enorme battage pubblicitario che alza le aspettative dello spettatore all'inverosimile per poi deluderle, quindi magari sono stata troppo dura e qualcuno potrebbe invece trovarlo uno dei migliori film dell'anno. Non io, però.


Del regista Kenneth Branagh, che interpreta anche Hercule Poirot, ho già parlato QUI. Penélope Cruz (Pilar Estravados), Johnny Depp (Edward Ratchett), Derek Jacobi (Edward Henry Masterman), Lucy Boynton (Contessa Elena Andrenyi), Marwan Kenzari (Pierre Michel), Michelle Pfeiffer (Caroline Hubbard), Judi Dench (Principessa Dragomiroff), Olivia Colman (Hildegarde Schmidt) e Willem Dafoe (Gerhard Hardman) li trovate invece ai rispettivi link.

Daisy Ridley interpreta Miss Mary Debenham. Inglese, la ricordo per film come Star Wars - Il risveglio della forza e Star Wars - Gli ultimi Jedi. Anche produttrice, ha 25 anni e tre film in uscita.


Josh Gad interpreta Hector MacQueen. Americano, lo ricordo per film come La bella e la bestia; inoltre ha partecipato a serie come E.R. Medici in prima linea e Numb3rs e lavorato come doppiatore per film quali L'era glaciale 4 - Continenti alla deriva, Frozen - Il regno di ghiaccio, Frozen Fever, Frozen - Le avventure di Olaf e serie come American Dad!, The Cleveland Show, Phineas and Ferb e South Park. Anche produttore e sceneggiatore, ha 36 anni e un film in uscita.


Per il ruolo di Caroline Hubbard erano state convocate sia Angelina Jolie che Charlize Theron ma entrambe hanno rinunciato (la Jolie, in verità, pare sia stata estromessa dal progetto a calci in culo a causa delle pretese di riscrivere la parte in base ai propri desideri). Come anticipato nel finale, pare che sia Branagh che la 20th Century Fox siano molto interessati a realizzare un adattamento di Assassinio sul Nilo quindi prepariamoci a more Branagh per il futuro! Nell'attesa, se Assassinio sull'Orient Express vi fosse piaciuto recuperate il film omonimo di Sidney Lumet. ENJOY!

mercoledì 6 settembre 2017

Dunkirk (2017)

Domenica sono riuscita ad andare a vedere Dunkirk, salutato da tutti, prima ancora dell'uscita, come IL Capolavoro di Christopher Nolan in veste di regista e sceneggiatore. Vi avviso, il post sarà molto breve ma zeppo di Caps Lock. Se non volete leggere i miei sproloqui ma vi interessa la recensione in sé saltate pure al secondo paragrafo. Niente spoiler ovviamente, tranquilli!


Trama: all'inizio della Seconda Guerra Mondiale, soldati inglesi e francesi rimangono bloccati a Dunkerque, con l'esercito tedesco a circondarli ed attaccarli via terra, cielo e mare.


Sinceramente, un post su Dunkirk non volevo nemmeno scriverlo. Ne troverete a bizzeffe in rete, al 100% molto più competenti e completi del mio e al 90% scritti da gente folgorata dall'ultimo lavoro di Christopher Nolan. Potrei consigliarvi di non leggerne nemmeno uno ma se siete capitati qui probabilmente vi piace informarvi prima di andare a vedere un film, quindi vi do un consiglio spassionato per le prossime pellicole che verranno universalmente salutate come Capolavori Innovativi Film Dell'Anno prima ancora che escano: astenetevi da internet, Twitter e blog, soprattutto astenetevi da Facebook. Sono una vecchia brontolona già a 36 anni ma fidatevi se vi dico (l'ho già scritto QUI) che si stava meglio quando prima di andare al cinema si potevano consultare solo poche riviste di settore e assaporare il gusto della pellicola esclusivamente dai trailer, magari da qualche sporadico servizio al TG, senza cinefili della domenica (ME PER PRIMA, eh) pronti a sprecare paroloni oppure fanboy/girl che guai a toccare l'attore/regista/sceneggiatore preferito pena un lapidario "te di cinema non capisci un ca**o" o ancor peggio l'inizio di interminabili flame dove si sente il rumore di arrampicata sugli specchi lontano un chilometro. Perché questa mia amara considerazione? Per il semplice fatto che a me Christopher Nolan è sempre piaciuto moltissimo, prima ancora che i suoi film venissero salutati con un "è uscito un film di CHRISTOPHERNOLAN (rigorosamente tutto attaccato e a caratteri cubitali come quando esce una pellicola di WESANDERSON!!) sarà sicuramente IL capolavoro del millennio, senza se e senza ma". Porco schifo, ho guardato Memento in televisione e mi è piaciuto tantissimo. E' uscito Insomnia, sono andata a vederlo senza neppure sapere che l'avesse diretto lo stesso regista e mi è piaciuto. Batman Begins l'avevo visto solo per Christian Bale e MEH, ma all'epoca non mi ero curata della mia opinione perché nel 2005 non avevo né un Blog ne Facebook a dirmi che stavo sbagliando tutto. Dimenticato Batman Begins mi sono innamorata di The Prestige e pur avendo saltato a piè pari Il cavaliere oscuro (recuperato in seguito, un enorme "e quindi?" anche se qui più che di Capolavoro di Nolan laGGente parlano di MIGLIORINTERPRETAZIONEDIHEATHLEDGER) in virtù del poco entusiasmo provato davanti al film precedente mi sono re-innamorata di Inception e ho persino adorato Il Cavaliere Oscuro - Il ritorno. Lì la situazione ha cominciato a farsi pesante perché era già il periodo in cui non si andava più a vedere un film su Batman ma una pellicola DICHRISTOPHERNOLAN, quindi un capolavoro annunciato: Interstellar è il più grande ROTFL della storia del Cinema fantascientifico eppure guai a dire che t'ha fatto due marroni così, logorroico, pesante e presuntuoso com'è. Immaginate quindi con che stato d'animo sono andata a vedere Dunkirk. Ansia da Lalaland combinata a rottura di coglio*ni pregressa, alle quali dovete aggiungere il nervoso per essere arrivata a trovare estremamente antipatico un regista che a me, poverino, non ha mai fatto nulla, anzi, a cui volevo molto ma molto bene. Insomma, una pessima combinazione che però mi ha portata ad essere incredibilmente obiettiva sul suo ultimo lavoro. Segue breve "recensione".


Iniziamo col dire che, per una volta, hanno ragione quelli che consigliano di vedere Dunkirk in una sala adeguata, in una di quelle attrezzate per il 70 mm e l'IMAX, perché l'ultimo film di Nolan avvolge interamente lo spettatore inglobandolo nell'azione e stordendolo con un "rumore di fondo" praticamente ininterrotto (secondo il principio della Scala Shepard, che a quanto pare offre l'illusione di un suono che sale costantemente di altezza e correggetemi se ho capito male), tra la colonna sonora di Zimmer, il sonoro potentissimo e un irritante ticchettio di orologio che è poi il METAFORONE che amano tutti quelli pronti a considerare Dunkirk non un film di guerra ma un film sul tempo. Personalmente, ho accolto il silenzio finale con una gioia palpabile e se l'intero film fosse stato muto, interamente sorretto dalla splendida interpretazione degli attori (a Kenneth Branagh e Mark Rylance non serve la parola e il primo offre la migliore performance da anni), senza che questi ultimi fossero costretti di tanto in tanto a vomitare sullo spettatore incredibili banalità retorico-patriottiche tra un ticchettio, un'esplosione e una nota di colonna sonora, probabilmente Dunkirk sarebbe stato davvero un capolavoro. Allo stesso modo, non mi capacito del perché Nolan si sia infognato in questo trito esercizio di stile che è l'utilizzo della non consequenzialità. Cristoforo, santo Cielo, sei un regista coi controca**i: le riprese aeree sono splendide e realistiche, quelle sulla spiaggia di Dunkerque, con quei colori deprimenti e freddi, lo sono forse anche di più, riesci a creare delle sequenze d'azione durante le quali pare di annegare assieme ai poveri soldati intrappolati nelle imbarcazioni, coi primi piani ci vai a nozze e riesci a creare tensione con un semplice gioco di sguardi, quindi perché devi raffreddare l'atmosfera bullandoti del fatto che gli incastri temporali ti vengono bene? E cheppalle! Gli ultimi quindici minuti di film sono pesantini, figlio mio, abbiamo capito che alla fine SPOILER le varie linee temporali convergeranno FINE SPOILER, non mi serve vederlo ribadito due o tre volte. Ti faccio lo stesso appunto mosso alla fine del post di Interstellar: perché non torni a coinvolgere lo spettatore non solo visivamente ma anche emotivamente? Qui qualcosa si è effettivamente smosso a livello emotivo, soprattutto, come ho detto, durante le lunghe riprese senza nemmeno un dialogo e grazie ad un paio di personaggi, per il resto... boh, mi sono emozionata di più davanti a La battaglia di Hacksaw Ridge. Anche perché cominciare a guardare un film a tema bellico coi soldati che vengono colpiti dalle bombe senza spillare nemmeno una goccia di sangue è un po' una ca**ata (soprattutto in quanto Dunkirk è uno dei pochi film in cui persino il carburante delle navi diventa "vivo", parte di un'attentissima cura per il dettaglio. E manca il sangue? Mah). Va bene il film sul tempo, l'attesa, la fratellanza, la disperazione, il barlume di speranza, l'eroismo, ecc. ma ho trovato che mancasse qualcosa. Parere mio, ovviamente. Quindi, confermo la bellezza di Dunkirk ma non l'entusiasmo eccessivo che lo ha accompagnato: è un film bellissimo, non il migliore dell'anno, non il migliore di Nolan, non il migliore film di guerra di tutti i tempi ma comunque meritevole di una visione, assolutamente. Al cinema, ribadisco. In un ottimo cinema.


Del regista e sceneggiatore Christopher Nolan ho già parlato QUI. Mark Rylance (Mr. Dawson), Tom Hardy (Farrier), Kenneth Branagh (Comandante Bolton), James D'Arcy (Colonnello Winnant), Cillian Murphy (Soldato tremante) e Michael Caine (non accreditato, è la voce "del comando" che si sente nella cabina dei piloti) li trovate invece ai rispettivi link.


Barry Keoghan, che interpreta George, aveva già partecipato al film Codice criminale mentre Harry Styles degli One Direction è il soldatino che punta il fucile contro l'"infiltrato" francese all'interno del peschereccio olandese; tra gli attori ci sono anche un paio di parenti del regista, come la cugina Miranda Nolan, che compare nei panni di un'infermiera, e lo zio John Nolan, ovvero l'uomo cieco sul finale. La battaglia di Dunkerque è stata già portata al cinema nel 1958 col film Dunkerque, pellicola che vede tra i protagonisti Richard Attenborough, il cui nipote Will Attenborough è nel cast del film di Nolan. Detto questo, se Dunkirk vi fosse piaciuto recuperate La sottile linea rossa. ENJOY!


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