Visualizzazione post con etichetta imelda staunton. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta imelda staunton. Mostra tutti i post

domenica 28 marzo 2021

Amulet (2020)

Il secondo (e ahimé ultimo) film visto al Monsters Taranto Horror Film Fest è stato Amulet, diretto e sceneggiato nel 2020 dalla regista Romola Garai.


Trama: un ex soldato dell'est, che vive come un clochard in Inghilterra, viene invitato da una suora a stanziarsi a casa di Magda e della madre inferma, in cambio di piccoli lavoretti di manutenzione. La casa tuttavia nasconde qualcosa...


Di Amulet avevo sentito parlare benissimo da Lucia, poi per mille motivi mi ero dimenticata della sua esistenza e sono stata molto contenta di vederlo in programmazione al festival e di poter cogliere l'occasione di guardarlo. Una vera fortuna, perché Amulet è davvero un film splendido, che regala continue sorprese e spiazza in più di un occasione, un film di cui bisognerebbe non sapere nulla prima di guardarlo, o comunque il minimo indispensabile. La storia, in apparenza, sarebbe persino banale, tipica di una marea di horror "gotici" più o meno recenti. Tomas è reduce di una qualche non meglio precisata guerra nell'Europa dell'Est ed è fuggito in Inghilterra, dove vive di lavoretti saltuari, dormendo per strada. Dopo che un incendio ha distrutto il suo rifugio, Tomas viene avvicinato da una suora che gli propone di diventare il tuttofare all'interno di una casa abitata dalla giovane Magda, costretta ad accudire la madre inferma e a fare una vita da reclusa; inutile dire che, a poco a poco, Tomas si innamora di Magda, dolce, ingenua e vessata da una madre violenta, e si propone di aggiustare non solo una casa cadente e cupa, ma anche di salvare la fanciulla in pericolo per ricominciare magari una vita insieme, sotto la benedizione dall'alto di un Dio provvidenziale che ha mandato una suora in soccorso. In realtà, da un certo punto in poi la sceneggiatura di Amulet prende una piega imprevista e il passato di Tomas, che dorme con i polsi legati e sogna la foresta dov'era costretto a lavorare come guardia di confine, diventa sempre più preponderante per definire un presente che fugge alla comprensione e al controllo del protagonista, forse anche agli spettatori stessi.


Il bello di Amulet è che molto di ciò che il film racconta viene fatto (finalmente e giustamente) intuire attraverso immagini, inquadrature particolari, simboli ricorrenti, piccoli dettagli che rischiano di fuggire all'occhio dello spettatore disattento, il tutto filtrato da un'eleganza incredibile per un'esordiente come Romola Garai, la quale riesce a rendere plausibili e coerenti anche le sequenze più allucinate, soprattutto sul finale. La regista mostra inoltre tutta la sua abilità nel gestire molteplici registri non solo a livello di trama, che si trasforma spesso con una fluidità invidiabile, ma anche e soprattutto a livello di atmosfere; la casa di Magda, per esempio, è al tempo stesso opprimente ed insidiosa, un luogo inospitale e vittima di una corruzione costante, ma anche una realtà concreta, messa a fuoco e compresa in una nicchia di calore umano, laddove invece l'esterno è connotato di sfumature inafferrabili e confuse, come se tutto ciò che circonda Tomas non riuscisse a sedimentarsi in una mente in tumulto e costantemente in fuga dalla realtà. Il finale e il prefinale, poi, sfiorano il capolavoro e lo stesso vale per le belle interpretazioni offerte da tutti i coinvolti (la Staunton compare poco ma è strepitosa!), per non parlare dei momenti di puro gore schifido che rischiano di fare la gioia anche di chi non ama gli horror "ragionati" e lenti. Ci sarebbero altre mille cose da dire su Amulet ma qualunque altra parola rischierebbe di rovinare la sorpresa a chi dovesse ancora vederlo, quindi aggiungo solo una speranza,  che Amulet ottenga presto una distribuzione su qualche piattaforma perché merita di essere visto da più persone possibili.  


Di Imelda Staunton, che interpreta Sorella Claire, ho già parlato QUI.

Romola Garai è la regista e sceneggiatrice della pellicola. Nata a Hong Kong, è al suo primo lungometraggio. Conosciuta principalmente come attrice, è anche produttrice e ha 39 anni.


Carla Juri
interpreta Magda. Svizzera, ha partecipato a film come Brimstone, Blade Runner 2049 e a serie quali A un passo dal cielo. Ha 36 anni e un film in uscita. 



mercoledì 17 maggio 2017

Paddington (2014)

Le feste sono state anche l’occasione per dare una chance al palinsesto televisivo che di solito snobbo ma che, sotto le luci natalizie e capodannesche, si riempie di film per bambini non solo Disney. Complice anche il ricordo di recensioni positive, una sera di dicembre mi sono quindi ritrovata a guardare Paddington, diretto nel 2014 dal regista Paul King e tratto dai libri per ragazzi scritti da Michael Bond.


Trama: un orsetto originario del Peru viaggia fino a Londra e viene ospitato da una famiglia di umani, i Brown, che lo battezzano Paddington e promettono di aiutarlo a trovare l’esploratore che tanti anni prima aveva stretto amicizia con i suoi zii.



Sono troppo vecchia per queste st… dai, avete capito. Alla fine di Paddington, circondata da madre, padre e gatta addormentati sul divano, ho fatto mie le parole di papà Bolla, il quale ha aperto gli occhi giusto per dire “Ma mia cu l’ea propriu inna belinata, eh.” mentre mamma annuiva senza osare proferire favella per paura di deludermi. A meno che non abbiate cinque/sei anni, la storia di un orsetto del Peru che viaggia fino a Londra a mo’ di orfanello/profugo e si piazza nella stazione di Paddington con un cartellino al collo che recita “Prendetevi cura di lui” è qualcosa di talmente mieloso che difficilmente riuscirete ad arrivare alla fine (io ci sono riuscita ma per non soccombere alla melassa ora ho la tessera della Lega in una mano e un santino di Salveenee nell’altra, fatevi due conti), soprattutto se non sarete in grado di sorvolare sui soliti cliché “mamma matta, babbo burbero, sorella adolescente ribelle, fratello che vuol tanto bene al papà ma non viene capito incontrano essere pasticcione che gli devasta casa ma insegna loro il significato della parola aMMore (che è poi lo stesso canovaccio base del 90% degli horror che guardo, solo che al posto dell’orsetto ric…tenerino, ci sono spettri/maniaci/mostri più o meno truculenti)”. Ma anche sorvolando su questo sterotipo e provando a guardare Paddington sorseggiando una tazza di ottimo the inglese, tocca sorbirsi la parte “action” della pellicola, incentrata su una povera pazza che non ha nulla di meglio da fare se non riempire il museo di animali impagliati a causa di un trauma infantile, mentre uno dei tanti Dottori televisivi cerca inutilmente di concupirla. Certo, Paddington è un’istituzione britannica e la pellicola è rivolta ad un pubblico di bambini, l’orsettino è tanto carino e sicuramente se leggessi i libri illustrati mi convertirei alla causa di Michael Bond cominciando a riempirmi la casa di peluche con cappellini rossi e giacchine blu ma stavolta la magia, almeno a livello di storia e coinvolgimento emotivo, non ha attecchito.


Va un po’ meglio, e per fortuna, il comparto tecnico, altrimenti credo che i poveri genitori costretti a vedere questa robetta si sarebbero impiccati per la disperazione. Paddington e i suoi zii sono degli orsotti molto carini e, pur parlando il linguaggio umano, sono stati realizzati con pochissime concessioni ad un design antropomorfo, al punto da sembrare degli orsi veri. Anche le scenografie sono molto belle e si accompagnano a scelte di regia intelligenti che un po’ intristiscono visto la pochezza della storia alla quale sono state messe al servizio. La casa dei Brown è a dir poco spettacolare, con il muro dipinto con rami di fiori di ciliegio e le stanze da letto che rispecchiano la personalità del membro della famiglia che le abita, ma anche la bottega dell’antiquario e la sede degli esploratori sono spettacolari, soprattutto quest’ultima e il sistema di posta pneumatico che la caratterizza. Allo stesso modo, è simpatica la scelta di raccontare il prologo della storia con uno stile che richiama i filmini degli anni ’40 oppure quella di mostrare l’intera casa sezionata in modo da consentire al pubblico di vedere cosa accade in ciascuna stanza contemporaneamente alle altre. Per quanto riguarda il reparto attori, invece, l’appassionato di cinema e serie TV rischia di esclamare “No, Maria, io esco!”. Peter Capaldi tanto quanto se la cava, portando a casa un ruolo idiota con un tale ed autoironico aplomb scozzese da meritargli il ruolo di Lord, i membri della famiglia Brown sono accettabili nel loro essere stereotipi da film per bambini e forse anche Julie Walters, per quanto irriconoscibile, con un paio di whiskey in corpo potrebbe risultare simpatica ma Nicole Kidman e Jim Broadbent? No, dai. La Kidman è costretta in un personaggio talmente imbarazzante che penso l’abbia portata a quel livello solo la scarsità di ingaggi dovuta agli interventi estetici sbagliati, mentre il povero Broadbent è semplicemente sprecato, buttato lì a caso perché forse mancava un attore inglese da dare in pasto al pubblico, chissà. Insomma, un diludendo sotto tutti i punti di vista. Che brutto invecchiare!


Di Imelda Staunton (voce originale di zia Lucy), Michael Gambon (voce di zio Pastuzo), Ben Whishaw (voce di Paddington), Hugh Bonneville (Henry Brown), Julie Walters (Mrs Bird), Nicole Kidman (Millicent), Peter Capaldi (Mr Curry) e Jim Broadbent (Mr Gruber) ho parlato ai rispettivi link.

Paul King è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Inglese, ha diretto episodi della serie The Mighty Boosh. Anche attore, ha 39 anni e un film in uscita, Paddington 2.


Colin Firth avrebbe dovuto doppiare Paddington ma, secondo il regista, l'orsetto non poteva avere la voce di un "bell'uomo di mezza età dotato della voce più bella del mondo" quindi lo ha sostituito con Ben Whishaw. Emma Thompson, che viene ringraziata nei titoli di coda, ha invece supervisionato lo script, "limandolo" per quanto possibile. L'anno prossimo dovrebbe uscire Paddington 2, con lo stesso cast, ma è già previsto anche un Paddington 3 e, se non doveste averne abbastanza di orsetti, sappiate che esistono anche tre serie animate dedicate al personaggio. Nell'attesa, potete sempre guardare Il GGG - Il grande gigante gentile. ENJOY!

martedì 10 giugno 2014

Maleficent (2014)

Come avrete capito ieri, è tempo di Crossposting! Dopo il post doppio su La bella addormentata nel bosco, io e Acalia Fenders del blog Prevalentemente Anime e Manga abbiamo deciso di completare l'opera parlando dell'ultima fatica live action della Disney, Maleficent, diretto dal regista Robert Stromberg. IL POST DI ACALIA POTETE TROVARLO QUI.


Trama: La fata Malefica, dopo un orribile tradimento, abbraccia la via dell'oscurità e maledice la figlia neonata del Re Stefano, suo acerrimo nemico. Aurora, come vuole la fiaba, cresce in bellezza, intelligenza e dolcezza... Malefica rimarrà immune al suo fascino o nel petto della strega batte ancora un cuore?


Che dire. Maleficent è ben fatto. Nonostante l'ausilio di un 3D che scurisce la fotografia e rende quasi incomprensibili alcuni passaggi, la pellicola del premio Oscar per la scenografia Robert Stromberg è, giustamente, uno spettacolo per gli occhi fatto di meravigliosi esseri fatati, terribili mostri e splendidi paesaggi di squisita irrealtà che potrebbero tranquillamente affiancarsi a quelli nati dalla mente di Tolkien. Poi, ovviamente, c'è Angelina Jolie. Come descrivere questa meravigliosa dea alata che si staglia in volo contro il tramonto, chiaro simbolo di libertà e vittoria? Come descrivere il suo aspetto regale, la caustica freddezza e la malvagia ironia che guizzano negli inquietanti occhi di Malefica o l'incredibile perfezione di una bocca che pare dipinta da un artista? Verrebbe voglia di prenderla a schiaffoni sugli zigomi da tanto è gnocca nonostante le corna che porta in testa, maledetta lei, che catalizza l'intera attenzione dello spettatore mentre qualunque altro attore utilizzato nella pellicola fa la figura della rana pescatrice, del nuovo mostro lasciato a piede libero! Come si può, infine, non apprezzare la Disney per la progressiva demolizione dell'antiquato concetto di "amore a prima vista", già cominciata col bellissimo Frozen - Il regno di ghiaccio e proseguita in questo Maleficent con il chiaro intento di espandere il concetto di "amore" a tutte le manifestazioni di affetto, che sia di coppia, fraterno o materno (ora manca giusto un'apertura alla bisessualità ma insomma, immagino questo non avverrà mai!)? Tutte gran belle cose, nevvero? Ecco, godetevele finché potete perché adesso parliamo del motivo per cui Maleficent, in definitiva, è stato per me un gran diludendo.

L'Orrore.
Ora, immaginate che Ursula, l'esilarante e terribile strega de La Sirenetta, fosse in realtà una filiforme ed apprezzatissima cantante sottomarina. Un giorno arriva Tritone e le fa bere una pozione che la rende grassa e priva di voce, solo per poter mettere sul palco una sua protetta come farebbe un qualsiasi politico italiano. Ursula, divenuta non solo inguardabile ma anche malvagia, per rovinargli la vita decide di rifarsi sulla figlia Ariel ma vedendo che, in effetti, la giovinetta è sì un po' svampitella e nescia ma fondamentalmente buona, a poco a poco si pente e decide di aiutarla a coronare il suo sogno di vivere sulla terra e sposare il principe Eric. Tritone, in tutto questo, non pago di avere rovinato la vita alla povera Ursula che si faceva i fatti suoi, non smette di tormentarla senza un motivo apparente e, così facendo, perde la sua dignità di Re, scettro, corona e compagnia cantante, col risultato che al granchio Sebastian tocca salire sul trono dopo che Tritone si è soffocato coi tentacoli di Ursula cercando di ucciderla. Bella schifezza di storia, vero? Vi sento già inveire contro una simile bruttura ma sappiate che la storia di Maleficent, il fantomatico "retroscena" che dai trailer prometteva cattiveria, malvagità, epiche battaglie e terribili esempi di giustissima vendetta, è in realtà un insieme di enormi punti interrogativi grondanti melassa. Anzi, veramente l'unico punto interrogativo è Re Stefano, il personaggio peggio scritto dell'intera storia della Disney. Uno che, senza fare troppi spoiler, si ritrova a passare dallo status di simpatico e corretto comprimario a quello di merda talmente patentata che farebbe rabbrividire Jafar, Scar, Majin-Bu e financo Mick Taylor, un uomo talmente bolso (grazie Sharlto Copley, poi torniamo a parlare di te!!), stronzo, inutile e assurdamente incarognito che più di una volta mi sono ritrovata ad allargare le braccia sconsolata esclamando "Ma perché??!! Che senso ha??!". La cosa più sciocca del film, infatti, è che per imprigionare Malefica in un bozzolo di stucchevole melassa si è deciso d'amblé di trasformare il resto del cast in una banda di bizzosi, incapaci decerebrati, a partire dalle fatine per arrivare al principe mollo, sul quale stenderei un velo pietoso.


Dici, vabbé, la storia è imbarazzante e la caratterizzazione dei personaggi, salvo Malefica e il corvo Fosco, è anche peggio ma almeno gli attori saranno bravi? Oddio, diciamo che si vede la mano di Angelina Jolie come produttrice. La futura signora Pitt, assente dallo schermo da almeno 4 anni, evidentemente dev'essersi guardata allo specchio e, in un momento di follia, dev'essersi fatta venire delle paranoie da adolescente perché il cast di contorno è formato dagli attori più brutti e mosci esistenti in circolazione. Persino Elle Fanning, normalmente capace e bellina, si limita a sfoggiare un sorriso berlusconiano per l'intera durata della pellicola, gareggiando in espressività con la muraglia spinosa creata dalla strega Malefica. Delle fatine, interpretate da attrici del calibro di Imelda Staunton e Juno Temple, non voglio nemmeno parlare, provo imbarazzo per loro poveracce, quindi mi limiterò a lanciare altri strali sulla rara bruttezza di Sharlto Copley, assolutamente inadatto ad interpretare Re Stefano, e sulla faccia morta di sonno di Brendon Thwaites, che già mi aveva convinta poco in Oculus ma che qui ridefinisce il concetto di inutile calandosi nei panni del bell(?)addormentato Filippo. E a proposito di Stefano e Filippo. Adattatori miei, sembrava di guardare un episodio di Sensualità a Corte, mancavano solo Jean Claude e Cassandra perché, purtroppo, anche il termine Fata Madrina è stato usato più e più volte: lasciare Stefan e Philip vi faceva tanto schifo? Tanto quale bambino si ricorda più i nomi usati nel cartone animato Disney? Più che altro, i bimbi e gli adulti che li accompagnano ricorderanno ancora la storia originale che, per quanto non priva di difetti, era sicuramente più bella di questa Merolata in cui il sonno di Aurora non dura nemmeno due ore e tutta la magnifica perfidia di una delle più belle villain disneyane evapora in una nube di fumo verdastro. Che peccato, che occasione sprecata. Ridatemi Julia Roberts e Charlize Theron, loro sì che erano veramente Malefiche!!

- 'zzo vuoi? Sono cattiva. Ti mangio. Roargh.
- Ma piantala, dai, mammina. Tanto non ti crede nessuno..
Di Angelina Jolie (Malefica), Elle Fanning (Aurora), Sharlto Copley (Stefano), Imelda Staunton (Giuggiola), Juno Temple (Verdelia) e Brenton Thwaites (Principe Filippo) ho già parlato ai rispettivi link.

Robert Stromberg è il regista della pellicola (subentrato a Tim Burton prima e David Yates poi), al suo primo film. Americano, è maggiormente conosciuto come responsabile degli effetti speciali e direttore della scenografia (ha vinto due Oscar, uno per Avatar e uno per Alice in Wonderland).


Sam Riley interpreta Fosco. Inglese, ha partecipato a film come Control, On the Road e Byzantium. Ha 34 anni e un film in uscita.


Vivienne Jolie - Pitt, figlia di Angelina Jolie e Brad Pitt, compare nei panni della piccola Aurora perché era l'unica bambina a non avere paura della Jolie in versione Malefica (si dice che persino gli altri figli della coppia fossero terrorizzati dalla visione). Tra gli attori "scartati" invece figurano Emma Thompson e Judi Dench, prese brevemente in considerazione per il ruolo delle fate, Jude Law (che, a mio modesto parere, come Re Stefano sarebbe stato molto ma molto meglio di Sharlto Copley) e Miranda Richardson, che avrebbe dovuto interpretare la Regina Ulla, zia di Malefica, personaggio poi eliminato dalla pellicola. Detto questo, se Maleficent vi fosse piaciuto non mancate di recuperare La bella addormentata nel bosco, Frozen - Il regno di ghiaccio e Biancaneve. ENJOY!


giovedì 20 settembre 2012

Pirati! Briganti da strapazzo (2012)

Poiché l’amore per One Piece ha risvegliato in me anche un’insana passione per le storie di pirati, in questi giorni ho guardato Pirati! Briganti da strapazzo (The Pirates! Band of Misfits), di Peter Lord e Jeff Newitt.


Trama: Capitan Pirata cerca da anni, inutilmente, di vincere il premio di pirata dell’anno. L’occasione si presenta quando Charles Darwin scopre che l’amato pappagallo del capitano è nientemeno che… un rarissimo Dodo.


Ai tempi in cui la parola claymation era ancora qualcosa di misterioso, almeno per il pubblico italiano, passavano in TV la serie Wallace & Gromit, quella con il distinto signore inglese che amava il formaggio ed era sempre accompagnato dal fedele cane. Ricordo in particolare il secondo episodio della serie, I pantaloni sbagliati, esilarante ed inquietante al tempo stesso, nel quale un minaccioso pinguino si insediava nella casa dei due e cercava in tutti i modi di sostituirsi a Gromit. Da allora la claymation e, soprattutto, la casa di produzione Aardman hanno fatto passi da gigante, affermandosi anche al cinema, tuttavia nei lungometraggi non ho mai più ritrovato il feroce e pungente wit inglese di quei vecchi corti animati. Purtroppo è il caso anche di questo Pirati! Briganti da strapazzo, che si conferma carino e simpatico ma nulla più, con qualche idea geniale buttata qua e là ma, tendenzialmente, un po’ troppo infantile e all’acqua di rose per poter aspirare al rango di capolavoro.


Di solito, nel guardare un cartone animato, quello che mi cattura più di tutto il resto è la particolarità dei personaggi. In questo caso è sicuramente simpatica l’idea di non dare veri nomi ai membri della ciurma del Capitano, ma di chiamarli semplicemente “pirata” e poi aggiungere la caratteristica che li distingue dagli altri (per esempio Pirata Albino, Pirata con la sciarpa, ecc.), tuttavia all’interno di questa banda di “briganti da strapazzo” non ce n’è uno particolarmente degno di nota. Andiamo meglio, invece, con i villain: il film offre infatti un’inedita versione sfigata, pavida e innamorata di Charles Darwin (degnamente accompagnato dal personaggio più divertente del film, la scimmia che usa i cartoncini per comunicare) e, soprattutto, un’incommensurabile e folle Regina Vittoria, feroce moralista e contemporaneamente golosa consumatrice di animali rari, capace di trasformarsi da sovrana col pugno di ferro a combattente armata di doppia lama. Le interazioni con questi due “fenomeni” sono i momenti più divertenti dell’intero film e sfociano in magistrali sequenze action come quella del combattimento sulla nave – ristorante o quella della rocambolesca fuga da casa Darwin. Passando alla parte tecnica, premettendo che ormai il design dei personaggi (sempre uguale dai tempi, appunto, di Wallace e Gromit) mi ha un po’ stancata, l’animazione dei pupazzini in plastilina risulta comunque fluida e degnamente completata  da una CG poco invadente. Voto dieci anche alla colonna sonora, che comprende pezzacci come London Calling dei Clash e Alright dei Supergrass, ma nonostante tutto questo Pirati! Briganti da strapazzo non mi ha entusiasmata come avrebbe dovuto.


Di Hugh Grant (Capitan Pirata, doppiato in italiano da Christian De Sica), Imelda Staunton (la Regina Vittoria, doppiata in italiano da Luciana Littizzetto), David Tennant (Charles Darwin), Salma Hayek (Sciabola Liz) e Brendan Gleeson (il Pirata con la gotta) ho già parlato nei rispettivi link.

Peter Lord è il regista della pellicola, inoltre presta la voce ad alcuni personaggi secondari. Inglese, ha diretto Galline in fuga. Anche produttore, animatore e sceneggiatore, ha 59 anni. 
Jeff Newitt è co-regista della pellicola. Inglese, ha all’attivo la regia di una serie tv e due corti. E’ anche animatore, sceneggiatore e produttore.

Lord a sinistra, Newitt a destra..!
Martin Freeman da la voce al Pirata con la sciarpa, anche detto Numero Due. Inglese, ha partecipato a film come Shaun of the Dead e Hot Fuzz. Ha 41 anni e cinque film in uscita, tra cui Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato, che lo vedrà protagonista nei panni di Bilbo Baggins.


Jeremy Piven da la voce a Bellamy il Moro. Americano, lo ricordo per film come Cuba Libre – La notte del giudizio, Heat – La sfida, Cose molto cattive e Scary Movie 3; inoltre ha partecipato alle serie Ellen e Will & Grace e doppiato un personaggio di Cars – Motori ruggenti. Anche produttore, ha 47 anni e un film in uscita.


Non chiedetemi il motivo, ma dalla versione inglese a quella americana cambiano un paio di doppiatori: per esempio, il pirata albino in Inghilterra viene doppiato da Russell Tovey, mentre in America lo stesso personaggio è stato affidato ad Anton Yelchin. Se qualcuno mi aiutasse a chiarire il mistero gliene sarei grata! Sarei invece curiosa di leggere il ciclo di romanzi dell’inglese Gideon Defoe da cui è stato tratto il film, i cui titoli sono abbastanza pittoreschi: The Pirates! in an Adventure with Scientists (Pirati! Briganti da strapazzo avrebbe dovuto intitolarsi così), The Pirates! in an Adventure with Whaling, The Pirates! in an Adventure with Communists, The Pirates! in an Adventure with Napoleon e The Pirates! in an Adventure with the Romantics, che è uscito proprio il mese scorso. ENJOY!


mercoledì 16 maggio 2012

1921 - Il mistero di Rookford (2011)

Per la serie “il film bello che non ti aspetti”, il post odierno lo dedicherò interamente a 1921 – Il mistero di Rookford (The Awakening), film diretto nel 2011 dal regista Nick Murphy, ovviamente mal distribuito nei cinema italiani e fortunatamente recuperato.


Trama: nel 1921 un’esperta di fenomeni paranormali viene chiamata presso un collegio maschile, dove pare che un fantasma abbia già ucciso uno degli studenti. Inizialmente scettica, la donna dovrà ricredersi quando la misteriosa entità comincerà a prendere di mira proprio lei…


1921 – Il mistero di Rookford è quel genere di thriller soprannaturale che io adoro, sottilmente inquietante, molto malinconico e in grado di tenere incollati allo schermo fino alla fine. L’elemento horror o comunque fantastico viene utilizzato per indagare su emozioni molto reali e umane, come la solitudine, il senso di colpa, il dolore e l’elaborazione del lutto; a fronte di queste sensazioni spesso le persone si chiudono in sé stesse o si svuotano, diventando dei gusci vuoti impenetrabili agli stimoli esterni e incapaci di relazionarsi con gli altri, in pratica dei fantasmi essi stessi. Nella pellicola tra vivi e morti c’è poca differenza, poiché entrambi sono accomunati da un soverchiante senso di perdita e solitudine, incapaci di superare la loro condizione, la protagonista in primis: Florence non riesce a credere all’esistenza degli spiriti, eppure li cerca con una passione quasi disperata, punendosi per non essere riuscita ad essere felice quando l’uomo che amava era ancora in vita, mascherando il dolore con la freddezza e lo scetticismo. Quando scopre che il collegio nasconde effettivamente qualcosa di inspiegabile, saranno la paura e la speranza a incrinare la costante maschera di indifferenza che indossa, e a portarla a scoprire la verità su quel luogo, su se stessa e su chi la circonda.


I personaggi che popolano 1921 – Il mistero di Rookford hanno quindi tutti un loro scheletro nell’armadio, qualcosa che li blocca nella loro condizione di anime infelici. Per fortuna la bravura degli interpreti impedisce alla pellicola di scivolare nel patetico o di creare delle figure stereotipate e monodimensionali, e l’elemento psicologico si fonde perfettamente con quello soprannaturale, creando un film in grado di intrattenere e rendere partecipi allo stesso tempo. La parte thriller, infatti, funziona alla perfezione, perché pone davanti allo spettatore un mistero facilmente risolvibile con un po’ di attenzione e metodi di indagine ortodossi, che tuttavia apre le porte ad una vicenda molto più complicata dove nulla e ciò che sembra, seminando qui e là degli indizi che, nel finale, verranno ripresi per rivelare tutta la verità e nient’altro che la verità. A proposito della quale arriviamo a parlare dell’aspetto tecnico del film.


Nonostante Nick Murphy sia al suo primo lavoro cinematografico, 1921 – Il mistero di Rookford è visivamente molto bello, come raramente succede di questi tempi. La fotografia ha un sapore antico e malinconico, inoltre i personaggi e gli ambienti sembrano immersi in una nebbiolina fredda e costante, come se gli spiriti non li abbandonassero mai. Il regista non cerca il facile espediente horror per far saltare sulla sedia lo spettatore, ma infila qua e là degli elementi inquietanti, come la casetta delle bambole con i pupazzetti che ripropone fedelmente alcune scene del film, oppure inquadrature attraverso passaggi segreti ed aperture che, idealmente, consentono di vedere quello che le persone vorrebbero tenere nascosto. Un paio di sequenze mi sono piaciute molto, in particolare, come quella rivelatoria del finale, dove la stessa scena si ripropone più volte agli occhi della protagonista con un effetto a dir poco vertiginoso, oppure l’inizio, dove l’atmosfera spettrale della seduta spiritica viene cancellata con un inaspettato colpo di mano che rivela la recita messa in piedi da un gruppo di truffatori. Essendo anche curatissimo dal punto di vista della colonna sonora, molto adatta alle tristi atmosfere della pellicola, 1921 – Il mistero di Rookford è una delle poche produzioni recenti che merita sicuramente una visione, sono sicura che non ve ne pentirete.


Di Rebecca Hall, che interpreta Miss Cathcart, ho già parlato qui.

Nick Murphy è il regista della pellicola. Inglese, ha alle spalle episodi di varie serie televisive e documentari. Anche sceneggiatore, produttore e attore, ha un film in uscita.


Dominic West (vero nome Dominic Gerard Fe West) interpreta Robert. Inglese, ha partecipato a film come Sogno di una notte di mezza estate, 300 e Hannibal Lecter – Le origini del male. Anche regista e produttore, ha 43 anni e un corto in uscita.


Imelda Staunton (vero nome Imelda Mary Philomena Bernadette Staunton) interpreta Maud. Inglese, la ricordo per film per aver interpretato la perfida Dolores Umbridge in Harry Potter e l’Ordine della Fenice e Harry Potter e i doni della morte – parte I, inoltre ha partecipato ad altri film come Shakespeare in Love, serie come Little Britain e Doctor Who, doppiato personaggi di Alice in Wonderland e Galline in fuga. Ha 56 anni e un film in uscita.


Se il film vi fosse piaciuto vi consiglio di guardare The Others oppure, andando un po’ più sul "pesante", The Ward di John Carpenter. ENJOY!

Se vuoi condividere l'articolo

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...