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venerdì 7 gennaio 2022

Spider-Man: No Way Home (2021)

Finalmente domenica sono andata a vedere Spider-Man: No Way Home, diretto nel 2021 dal regista Jon Watts, dopo un'attesa di quasi un mese dovuta alla gente folle che si è riversata a frotte in sale, come quella savonese, dove le regole anti-covid, prima dell'obbligo di portare la FFP2, erano pura utopia. Vediamo un po' se è valsa la pena attendere!


Trama: dopo che Mysterio ha rivelato al mondo l'identità di Spider-Man, la vita di Peter Parker e dei suoi amici è diventata un disastro. Il ragazzo decide quindi di chiedere aiuto a Doctor Strange per cancellare la memoria delle persone ma ovviamente l'incantesimo va storto...


Sì, ne è valsa la pena. Non sono di quelle che definiscono i film Marvel dei capolavori, anche perché salvo pochissimi casi li ho tutti dimenticati ad una settimana dalla visione, ma No Way Home ha davvero il suo perché e oserei dire (ma, come avete letto, non sono granché affidabile) che è una delle poche pellicole del MCU a curare veramente il personaggio protagonista, facendolo evolvere e crescere tra gioie e dolori; non so se è un paragone da fare, anche perché i Potterhead sono più micidiali dei fan del MCU, ma l'evoluzione del personaggio Spider-man interpretato da Tom Holland mi ha ricordato i romanzi di Harry Potter, dove i primi due erano libri per bambini semplici e principalmente ironici, poi dal terzo in poi i toni si sono fatti più cupi e i protagonisti più complessi e problematici. A costo di privare della freschezza il Peter Parker di Holland, credo sia questa la strada da seguire per elevarlo dal novero di eroi "cazzari" i cui problemi durano il giro di un film, sepolti da una salva ininterrotta di battute e siparietti esilaranti, perché, se ci pensate, il Bimbo Ragno del MCU finora ha avuto vita molto facile: è entrato di diritto nella squadra di eroi più forti della Terra, preso subito sotto l'ala potente di Stark, che lo ha fornito di ogni tipo di gadget, e dopo la morte dell'adorato Tony ci hanno pensato Happy Hogan e Nick Fury a far sì che a Peter non mancasse nulla. A fare cerchio attorno alla sua identità segreta, oltre ai due pesi massimi, c'erano anche l'adorata zia May, l'amico fraterno Ned e la fidanzata MJ, cosa che ha sempre consentito a Peter di vivere come un'adolescente normale ma anche come supereroe, una fortuna che credo non sia mai toccata a nessun ragazzino di nessun fumetto, film o cartone animato, e tutte queste cose combinate hanno fatto sì che Peter Parker diventasse una sorta di ragazzino viziato, dolce e carino quanto volete ma comunque privo di una dose di durezza e indipendenza tali da renderlo un supereroe consapevole e responsabile, e questo viene sottolineato parecchie volte nel corso di No Way Home, che sbatte in faccia al protagonista fin da subito una situazione dalla quale il ragazzo non potrebbe mai fuggire da solo, senza essere "paraculato" a più livelli. 


Purtroppo, sarà proprio questa consapevolezza di avere sempre e comunque le spalle coperte che causerà il casino cosmico che ha fatto bagnare il 90% dei nerd del pianeta e che ha trasformato No Way Home in un vero e proprio evento, rendendolo più ricco, intrigante e anche piacevole da guardare, non posso negarlo. Giocherò a carte mezze scoperte senza fare troppi spoiler, tanto ormai il film lo avranno visto tutti (ma, se non l'avete ancora fatto, evitate l'infoporn con tutti i nomi degli attori coinvolti) e il mio blog ormai è meno letto di Grand Hotel, dicendo che rivedere certi volti è stato come riavvolgersi in una calda coperta, souvenir dei bei tempi in cui i cinecomics erano ancora appannaggio di poche case di produzione pazze e registi che ci credevano senza omologarsi, un rischio per lo spettatore che apriva il cuore alla speranza e poi rischiava di ritrovarsi tra le mani una mezza ciofeca ma, nonostante tutto, si teneva le urla di dolore nel cuore perché non erano ancora spuntati internet e i maledetti social a dar voce anche alle capre. L'interazione tra i moltissimi personaggi presenti nel film mi è parsa naturale e rispettosa delle personalità dei coinvolti (almeno, di quelli che conoscevo) e se è vero che è sempre divertente vedere Doctor Strange alle prese con quelle che per lui sono fondamentalmente delle inutili minchie di mare a fronte della sua infinita e spocchiosa sapienza, è ancora più vero che un film senza dramma sarebbe nulla e che i signori attori sono pochi ma riescono a nobilitare pellicole ben peggiori di queste: qui, in particolare, c'è un attore che mangia la scena a tutti quelli che si ritrovano a doverla condividere con lui, arricchendo non solo le loro interpretazioni, ma anche le sequenze appena successive alla sua apparizione, nelle quali il fantasma della sua presenza aleggia ancora, impossibile da ignorare. Si piange parecchio in No Way Home e, come ho scritto sopra, è giusto così, perché un po' di cupezza rende i personaggi più complessi e migliori, al di là di tutto il codazzo di gag ed effetti speciali che possono accompagnare le loro avventure.


Questi ultimi elementi, ovviamente, non mancano. Come nei primi due film si cerca di approfondire la vita scolastica e sentimentale di Peter Parker, e ormai il terzetto Holland/Zendaya/Batalon è talmente affiatato che viene da pensare che i tre siano molto amici anche fuori dal set, inoltre a Batalon è richiesto di alleggerire un po' le atmosfere fungendo da elemento comico. In questo caso, gli sceneggiatori sono riusciti a tenersi in ottimo equilibrio senza sconfinare nella farsa e anche a gestire le fila di una storia comunque assai complessa a livello di continuity senza troppe sbavature (non chiedetemi lumi in merito, mi mancano pezzi di puzzle. Fate come se doveste guardare Tenet, godetevelo e non fate domande). Passando agli effetti speciali, io ho un debole per la magia di Strange e per la sua dimensione specchio, ho dunque trovato l'intera sequenza di combattimento tra lui e Spider-Man assai entusiasmante vista su grande schermo, oltre ad avere ovviamente apprezzato lo showdown finale, chiaro e dettagliato nonostante l'abbondanza di personaggi e poteri coinvolti, e la scena centrale del film, dove Spider-Man viene messo di fronte ai suoi limiti nel modo più violento e tragico possibile. Non riesco, al momento, a prevedere che direzione prenderanno le avventure di Spider-Man (e nemmeno dell'MCU vista la graditissima guest star che compare a un certo punto!!), soprattutto visto che è il Dottor Strange il fulcro delle anticipazioni post-credit, ma se l'ex Bimbo-Ragno dovesse tornare in futuro tornerò al cinema a fargli compagnia perché ormai ho cominciato a volergli molto bene, nonostante le dichiarazioni scellerate del minchietta che lo interpreta. 
 

Del regista Jon Watts ho già parlato QUITom Holland (Peter Parker/Spider-Man), Zendaya (MJ), Benedict Cumberbatch (Doctor Strange), Jon Favreau (Happy Hogan), Jamie Foxx (Max Dillon/Electro), Willem Dafoe (Norman Osborn/Goblin), Alfred Molina (Dr. Otto Octavius/Doc Ock), Benedict Wong (Wong), Tony Revolori (Flash Thompson), Marisa Tomei (May Parker), Andrew Garfield (Peter Parker/Spider-Man), Tobey Maguire (Peter Parker/Spider-Man), Angourie Rice (Betty Brant), Martin Starr (Mr. Harrington), J.K.Simmons (J. Jonas Jameson), Rhys Ifans (Dr. Curt Connors/Lizard), Charlie Cox (Matt Murdock) e Tom Hardy (Eddie Brock/Venom) li trovate invece ai rispettivi link. 

Jacob Batalon interpreta Ned Leeds. Hawaiano, ha partecipato a film come Spiderman: Homecoming, Blood Fest, Avengers: Infinity War, Avengers: Endgame e Spiderman: Far From Home. Ha 26 anni. 


Thomas Haden Church interpreta Flint Marko/L'uomo sabbia. Americano, ha partecipato a film come Il cavaliere del male, Sideways, Spider-Man 3 e Hellboy. Ha 62 anni e due film in uscita.


La trama del film, che avrebbe dovuto riprendere una delle scene post-credits di Far From Home, quella in cui si scopre che i Maria Hill e Nick Fury della Terra sono in realtà degli Skrull mentre il vero Fury è nello spazio, è stata completamente cambiata per poter realizzare la mini-serie Secret Invasion, che dovrebbe uscire quest'anno. Nell'attesa che ciò, accada, se Spider-Man: No Way Home vi fosse piaciuto recuperate Spider-Man: Homecoming, Spider-Man: Far From Home, Doctor Strange, la serie Wanda/Vision (peraltro molto ma molto carina), Shang Chi e la leggenda dei 10 anelli... e poi armatevi di santa pazienza vintage con Spider-Man, Spider-Man 2, Spider-Man 3, The Amazing Spider-Man e The Amazing Spider-Man 2 - Il potere di Electro, mentre potete serenamente evitare quella cacca fumante di Venom e, ovviamente, Venom 2. ENJOY!

martedì 23 luglio 2019

Spider-Man: Far From Home (2019)

Ho lasciato passare un po' di tempo prima di andare al cinema a vedere Spider-Man: Far From Home, diretto dal regista Jon Watts, ma a prescindere dal tempo trascorso dall'uscita, cercherò di non fare spoiler, tranne quelli ovvi.


Trama: in gita con la classe in Europa, Peter Parker si ritrova coinvolto da Nick Fury nell'attacco degli elementali, esseri multidimensionali già combattuti da un nuovo supereroe, Mysterio...


Povero Spider-Man lontano da casa, in tutti i sensi. Lontano dal quartiere di cui è amichevole protettore, lontano dall'adorata zia May, dal mentore Tony Stark dolorosamente morto, dal resto degli Avengers finiti chissà dove (probabilmente al Comic Con dove sono stati annunciati un'infinità di film e serie TV a tema), gettato in un tour delle capitali europee tra primi amori e canzoni vetuste e tallonato dall'onnipresente Nick Fury che, al pari di altri, vuole imporgli l'eredità di nuovo Iron Man senza vedere il liceale desideroso solo di una vita normale, magari tra le braccia della bella MJ. Purtroppo i supereroi una vita normale non possono averla, soprattutto se le capitali europee di cui sopra vengono attaccate da esseri elementali ai quali pare poter tener testa solo un nuovo, potentissimo supereroe, l'extradimensionale Mysterio, ed ecco perché una gita europea a base di insegnanti scoppiati e compagni di scuola stronzetti si trasforma nell'ennesima sfida mortale condita da twist che tali non sono, ché vorrei vedere quale anche minimo conoscitore dei fumetti Marvel si sia bevuto l'ingannevole trailer che presentava Mysterio come buono. Quest'ultimo è un villain che all'avvoltoio di Keaton può giusto allacciare le scarpe, tuttavia, al pari del Mandarino in Iron Man 3, è stato sottoposto ad un'inedita rilettura da parte degli sceneggiatori, che ultimamente paiono farsi vanto di prendere nemesi storiche dei vari protagonisti e renderli non solo comuni uomini della strada ma anche cialtroni, cosa che, in questo caso, offre il fianco all'annoso, attualissimo e antipatico problema delle fake news e della spettacolarizzazione di qualsiasi evento, positivo o negativo che sia, perché laGGente, a prescindere, deve meravigliarsi o sconvolgersi, precipitare nei peggiori incubi o sognare, incapace ormai di provare empatia per emozioni meno che forti. Il tutto, ovviamente, senza dimenticare il percorso che dovrà prendere Spider-Man e catapultarlo nella fase 4 del MCU come erede tecnologico di Iron Man, citato fino alla nausea all'interno del film (tanto che la sua morte, passati i primi cinque minuti, perde drasticamente di pathos e non si risolleva nemmeno quando parte Back in Black degli AC/DC), al punto che quando a un certo punto Happy prende posizione sui difetti dell'ex boss definendo Peter "molto diverso" sembra quasi una presa in giro.


Ma non ci formalizziamo. Far From Home è l'ennesimo divertissement Marvel capace di intrattenere per tutto il tempo della sua durata, complice il fatto che Peter Parker e i suoi allegri compagni di classe infarciscono il film di quell'atmosfera tipica delle commedie adolescenziali USA, un po' tenere e un po' sciocchine, quasi più interessante della parte supereroistica della pellicola. Sono queste scaramucce divertenti a base di equivoci e primi amori gli aspetti migliori del film, assieme a quelle "docce di realtà" in cui Mysterio si rivela per quello che è davvero, trascinandoci per mano nella prima scena post-credit più interessante e sconvolgente del film al quale fa da coda (l'ultimissima potete anche saltarla ma la prima no, non vi venga in mente!!). A livello di realizzazione, invece, i momenti più esaltanti sono quelli in cui Mysterio dispiega per intero tutti i suoi poteri, costringendo Spider-Man a districarsi tra incubi ed illusioni capaci di disorientare sia lui che lo spettatore, davanti ai cui occhi si apre un caleidoscopio di ambienti, minacce ed elementi folli che si alternano senza soluzione di continuità. Non che le sequenze in cui gli elementali fanno scempio di monumenti europei o lo showdown a Londra non siano esaltanti ma diciamo che quelle sanno un po' di già visto mentre gli incubi di Mysterio sono una novità dal retrogusto horror che fa piacere vedere. Non piacevole, ovviamente, come il vero cuore dell'intero film, lo Spider-Man bimbominchia Tom Holland (al quale spesso ruba la scena una MJ adorabilmente imperfetta), dal faccino così carino e tenero che gli si perdona qualunque cosa, un po' come a quel gran figone di Jake Gyllenhaal, benché costretto in un ruolo perfettamente in bilico tra parodia e villain serio. E a proposito di parodia: Stella Stai di Tozzi, perdonate il verbo, ci sta ma Bongo Cha Cha Cha e Amore di tabacco? Davvero l'Italia, per quanto riguarda la musica, viene considerata perennemente ferma agli anni '60? Per carità, meglio che sentire roba tipo il trap, Achille Lauro o Il volo, però su...


Del regista Jon Watts ho già parlato QUI. Tom Holland (Peter Parker/Spider-Man), Samuel L. Jackson (Nick Fury), Jake Gyllenhaal (Quentin Back/Mysterio), Marisa Tomei (May Parker), Jon Favreau (Happy Hogan), Angourie Rice (Betty Brant), Cobie Smulders (Maria Hill), Martin Starr (Mr. Harrington), Ben Mendelsohn (Talos) e J.K.Simmons (J. Jonas Jameson) li trovate invece ai rispettivi link.


Mysterio avrebbe già dovuto comparire in Spider-Man 4 di Raimi, mai girato ovviamente, ed essere interpretato da Bruce Campbell. Ciò detto, se Spider-Man: Far From Home vi fosse piaciuto recuperate subito Spider-Man: Homecoming, aggiungete Iron ManIron Man 2 e Iron Man 3, continuate con The Avengers, Avengers: Age of UltronAvengers: Infinity War, Avengers: Endgame Captain Marvel, infine completate la vostra cultura sul MCU con Captain America: Il primo vendicatore, L'incredibile HulkThor , Thor: The Dark WorldCaptain America: The Winter SoldierGuardiani della GalassiaGuardiani della Galassia vol. 2, Ant - ManDoctor StrangeThor: Ragnarok, Black Panther e Ant-Man and the Wasp . ENJOY!


martedì 29 maggio 2018

Solo: A Star Wars Story (2018)

L'ho visto già venerdì, ché il Bolluomo voleva correre a vedere Chewbacca, ma solo oggi riesco a parlare di Solo: A Star Wars Story, diretto da Ron Howard. Chissà se ricorderò qualcosa... ah, NO SPOILER, of course.


Trama: fuggito dal suo pianeta natale e dalle fila dell'esercito imperiale, il giovane Han Solo si unisce a una banda di ladri per poter tornare a recuperare la sua bella...


Questo film avrebbe potuto, fortunatamente, intitolarsi Solo: A Chewbacca Story, visto che i veri momenti di gioia li offre l'amatissimo wookie, con i suoi versi, le sue facce, persino i suoi momenti introspettivi (e ce ne sono, giuro). Il vecchio Chewbacca è il personaggio che spicca di più all'interno della pellicola, assieme ad un Lando Calrissian in gran spolvero, e riesce ad eclissare gli altri protagonisti tagliati con l'accetta, abbastanza prevedibili dall'inizio alla fine, con qualche sporadica sorpresa a ravvivare il tutto. L'impressione che mi ha dato la sceneggiatura dei Kasdan padre e figlio è quella di un compitino scritto col pilota automatico, il tentativo di dare un background a un personaggio storico che forse non ne necessitava uno, e se i ribelli di Rogue One riuscivano a regalare emozioni legandosi alla saga in modo devastante e inaspettato, questo Han Solo ragazzino mette un po' di magone solo quando si pensa che Harrison Ford non lo interpreterà mai più, con somma tristezza del wookie. E dunque la domanda che percorre un po' tutto il film è: come ha fatto Solo a diventare lo spregiudicato e ironico contrabbandiere/ladro di Guerre Stellari, nonché il pilota migliore della galassia, quando all'inizio della pellicola lo vediamo giovincello innamorato (di una, per inciso, che non ha il grammo del carisma di Leia) e criminale non per scelta ma per necessità? Beh, il percorso è simile a quello dei tanti eroi scapestrati e cinici ma fondamentalmente buoni che popolano da decenni il cinema, la letteratura e i fumetti: l'ingenuità e l'eccessiva fiducia in sé stessi vengono a poco a poco smussate da una serie di intoppi, casini, tragedie, tradimenti, prove ed esperienze che ovviamente cominciano ad indurire il carattere del protagonista, tenuto comunque a freno dal saggio Chewbacca. C'è di bello che in Solo vediamo un Han alle prime armi e quindi alle prime esperienze come pilota, innamorato delle astronavi e sinceramente stupito da tutto ciò che si nasconde nell'immensità dello spazio, pronto a sfidare l'ignoto come qualsiasi ragazzino degno di questo nome, cosa che rende la seconda parte del film decisamente più emozionante della prima, sebbene l'incontro tra Ciubbe e Han valga da solo l'intera pellicola.


Per il resto, mi pare ci sia davvero poco da dire. Per quel che riguarda la regia, dietro la macchina da presa avrebbe potuto esserci qualunque regista fantoccio perché non ci sono sequenze particolarmente memorabili o degne di nota quindi, ancora una volta, cacca su Ron Howard per la sia natura di yes man; gli effetti speciali per contro sono perfetti e non mi sarei aspettata di meno, ho molto apprezzato lo pseudo Cthulhu che compare a un certo punto così come il sembiante del robot pasionario amico di Lando, però mi sono posta parecchie domande per quel che riguarda la fotografia e qui chiedo l'aiuto del pubblico da casa. E' soltanto al Multisala Diana di Savona che Solo è stato proiettato sotto l'effetto di una nebbiolina che rendeva tutto sfocato, scuro e talvolta anche illuminato male al punto da sembrare che alcune scene fossero state riprese in controluce? Devo cambiare occhiali o davvero la fotografia di Solo è quanto di più sciatto si sia visto quest'anno sul grande schermo? Nell'attesa di ricevere risposte, passiamo agli attori. Alden Ehrenreich è un buon Han Solo che non cerca di imitare Harrison Ford ma per il resto diciamo che ha la personalità di un cartonato, la Clarke è molto meglio di quando la imparruccano ne Il trono di spade e il suo sembiante è ottimo per il doppio ruolo di ragazzetta di strada e fatalona immersa nei giochi di potere fino ai gomiti, Woody Harrelson e Paul Bettany recitano col pilota automatico ma sono sempre belli da vedere quindi a loro perdono tutto e, tolto Chewbacca, il migliore della baracca è Donald Glover, un perfetto, cialtronissimo e fascinoso Lando Calrissian che meriterebbe uno spin-off capace di rispettarne le caratteristiche, quindi sicuramente non un prodotto per pargoletti come questo Solo. Poi, per carità, la pellicola di Ron Howard è piena di citazioni, omaggi e rimandi che probabilmente manderanno in brodo di giuggiole gli appassionati ma siccome io i film della saga li ho visti al massimo due volte in tutta la mia vita (gli episodi dall'uno al tre nemmeno quelle) sono uscita dal cinema con la sensazione di aver visto uno di quei filmetti d'avventura tanto simpatici e carini quanto dimenticabili... MA con Chewbacca.


Del regista Ron Howard ho già parlato QUI. Alden Ehrenreich (Han Solo), Woody Harrelson (Beckett), Thandie Newton (Val), Paul Bettany (Dryden Vos), Jon Favreau (voce di Rio Durant), Warwick Davis (Weazel) e Clint Howard (Ralakili) li trovate invece ai rispettivi link.

Emilia Clarke interpreta Qi'ra. Inglese, famosa per il ruolo di Daenerys Targaryen de Il trono di spade, ha partecipato a film come Dom Hemingway, inoltre ha lavorato come doppiatrice in Futurama e Robot Chicken. Ha 32 anni e un film in uscita.


Donald Glover interpreta Lando Calrissian.  Americano, ha partecipato a film come I Muppet, The Lazarus Effect, Sopravvissuto - The Martian, Spider-man: Homecoming e a serie quali 30 Rock, inoltre ha lavorato come doppiatore in Robot Chicken: Star Wars III. Anche sceneggiatore, compositore, produttore e regista, ha 35 anni e un film in uscita, Il re leone, dove darà la voce al Simba adulto.


Linda Hunt è la voce originale di Lady Proxima. Americana, la ricordo per film come Popeye - Braccio di ferro, Un anno vissuto pericolosamente (che le è valso l'Oscar come miglior attrice non protagonista), She-Devil - Lei, il diavolo, Un poliziotto alle elementari e Relic - L'evoluzione del terrore, inoltre partecipato a serie quali Senza traccia, Nip/Tuck e lavorato come doppiatrice in Pocahontas. Ha 73 anni e un film in uscita.


SPOILER Nel film ricompare anche Ray Park, ovviamente nei panni del personaggio che lo ha reso famoso a inizio millennio, Maul. FINE SPOILER Alla regia avrebbero dovuto esserci Phil Lord e Christopher Miller, che però hanno abbandonato il progetto a metà riprese a causa di "divergenze creative" con Kathleen Kennedy e Lawrence Kasdan; è risaputo invece che a Ron Howard era stato proposto di dirigere Star Wars: Episodio I - La minaccia fantasma e che aveva rinunciato fondamentalmente per paura di affrontare una simile impresa.  Per quanto riguarda gli attori, Christian Bale si è visto "strappare" il ruolo di Beckett mentre per quello di Han Solo sono stati scartati nomi del calibro di Miles Teller, Ansel Elgort, Dave Franco, Jack Reynor (NUOOO!!), Scott Eastwood e Taron Egerton; niente di fatto anche per Tessa Thompson, Jessica Henwick (la Colleen Wing di Iron Fist) e Zoe Kravitz, tutte surclassate dalla Clarke. Detto questo, se Solo: A Star Wars Story vi fosse piaciuto, recuperate tutti i film della saga Star Wars, compreso Rogue One. ENJOY!


martedì 11 luglio 2017

Spider-Man: Homecoming (2017)

Avevo paura che il cinema chiudesse prima della sua uscita ma la verità è che a Savona Spider-Man: Homecoming, diretto e co-sceneggiato dal regista Jon Watts, viene attualmente proiettato in ben tre sale quindi ecco qui il post sull'ultimo film di Mamma Marvel, ovviamente NON in 3D.


Trama: dopo l'incontro con gli Avengers, Peter Parker alias Spider-Man è un supereroe in prova, desideroso di farsi accettare dai suoi pari. La minaccia dell'Avvoltoio lo pone sotto i riflettori ma ad un prezzo...



Come per tutto ciò che riguarda l'Arrampicamuri Marvel ero un po' prevenuta verso questo Spider-Man: Homecoming, visto solo per dovere di completezza nei confronti dell'ormai vastissimo MCU. I film di Raimi mi erano piaciuti (oddio, il terzo non l'ho mai guardato dopo i due marroni che mi ero fatta col secondo) mentre a quelli con Andrew Garfield non mi sono mai neppure avvicinata, però questo Spider-Man ragazzino a modo suo mi intrigava e, neanche a dirlo, l'idea di rivedere sullo schermo Robert Downey Jr. in guisa di Tony Stark è stata la spinta principale a fiondarmi in sala. Ora posso dire di essere molto felice di avere guardato Spider-Man: Homecoming, una bella iniezione di freschezza ad un personaggio ormai "asciugato" (perlomeno in senso cinematografico) come quello dell'Uomo Ragno al punto che, come già successo per I Guardiani della Galassia, il pensiero che un giovane supereroe così ben delineato sarà costretto a confluire nel calderone di Infinity War un po' mi turba. L'approccio degli sceneggiatori al Bimbo-Ragno è infatti quello delicato di una teen comedy appena spruzzata di elementi supereroistici, con riferimenti a tutti e tre i film dedicati agli Avengers (e agli albi di Spider-Man in generale, persino ai vecchi telefilm e cartoni animati!) per una volta non fini a loro stessi ma perfettamente integrati all'interno di una trama a metà tra il coming of age e il racconto di formazione. Finalmente non vediamo tutta la manfrina del Peter Parker morso da un ragno, impegnato a scoprire i propri poteri, ma il racconto parte in medias res, con uno Spider-Man già consapevole delle sue capacità, galvanizzato dall'incontro-scontro con gli Avengers titolari e conseguentemente poco disposto a venire messo da parte solo "perché piccolo"; spinto dall'entusiasmo e dalla certezza di essere speciale, il problema di Peter è quello di riuscire a conciliare le sue velleità di supereroe ai problemi tipici di un adolescente, dalla lotta per la popolarità in una scuola splendidamente multietnica ai primi palpiti amorosi, passando banalmente per il mantenimento del rendimento scolastico e la quotidiana convivenza con ZILF May. In tutto questo, Parker si ritrova ad avere a che fare con lo scomodo Grillo Parlante Tony Stark, il cane da guardia Happy (bentornato Jon Favreau!) e, soprattutto, col minaccioso Avvoltoio, probabilmente il primo villain del MCU ad essere stato dotato di un background interessante che, senza troppi spiegoni, è riuscito a fargli fare il salto di qualità da "macchietta psicopatica" a "uomo della strada col quale non si può non empatizzare". Anzi, diciamo che dopo l'introduzione iniziale Tony Stark e soci non ci fanno proprio una bellissima figura e se non fosse per l'ingenua simpatia del piccolo e goffo Spider-Man verrebbe quasi da tifare Avvoltoio.


Miracolo di un attore bravissimo come Michael Keaton, che potrebbe tranquillamente fregiarsi del titolo di primo ed ultimo supereroe del Cinema moderno? Forse, ma a mio avviso il merito è anche di un Jon Watts, qui nelle vesti di regista E co-sceneggiatore, che già con Clown aveva dimostrato di saperci fare nel tratteggiare, grazie a pochissimi dettagli, la psicologia dei personaggi persino all'interno di storie zeppe di cliché come un horror oppure, in questo caso, un film del MCU. In tutto questo, Spider-Man: Homecoming non è solo un film godibile dal punto di vista della sceneggiatura ma anche e soprattutto per quel che riguarda l'aspetto action. Personalmente, ho apprezzato tantissimo le splendide ali meccaniche dell'Avvoltoio e il modo in cui i costumisti hanno trasformato l'imbarazzante tutina piumata del vecchio villain dei fumetti in qualcosa capace di richiamarlo senza risultare kitsch, anzi, rendendolo plausibile anche per un autoproclamatosi "working class (anti)hero"; le sequenze aeree sono molto emozionanti e il modo in cui raggi laser, ali e ragnatele si scontrano genera delle coreografie bellissime ma probabilmente nulla batte la vertiginosa sequenza ambientata in cima al monumento a George Washington, dove persino il povero Bimbo-Ragno mostra qualche perplessità in materia vertigini. Bella anche la colonna sonora, con la punta di diamante Blitzkrieg Bop sparata a mille sia durante il film che sui carinissimi titoli di coda, affatto fastidioso il riferimento ormai dovuto agli anni '80 e molto bravi anche gli attori: Robert Downey Jr. è ormai una garanzia quanto Jon Favreau, del magnetico e carismatico Michael Keaton ho già parlato ma la vera sorpresa è Tom Holland (affiancato da uno spassoso Jacob Batalon, altro giovane caratterista impegnato nel più vecchio dei cliché da commedia americana ma assolutamente funzionale assieme all'umorismo giocoso che permea l'intero film, necessario qui, nei Guardiani della Galassia e forse anche in Ant-Man, un po' meno in film come Thor) nei panni del supereroe titolare, un ragazzino finalmente espressivo e credibile, tenero e fastidioso come solo un adolescente in fregola potrebbe essere. Anzi, vi dirò che sul pre-finale mi si è persino un po' stretto il cuore e mi è venuto da augurare a questo Peter Parker tutto il bene che non ho augurato a nessuna delle sue altri incarnazioni. In conclusione, vi consiglio di correre al cinema prima di venire ammorbati con l'imminente e probabilmente fastidioso Thor: Ragnarok e l'altrettanto pomposo Black Panther, ché questo Spider-Man: Homecoming è fresco e gradevole come un cocktail estivo. Ah, e rimanete fino alla fine degli ULTIMI titoli di testa. Se non vi fidate di me, fatelo almeno per l'immarcescibile Captain America.


Del regista e co-sceneggiatore Jon Watts ho già parlato QUI. Michael Keaton (Adrian Toomes/Avvoltoio), Robert Downey Jr. (Tony Stark/Iron Man), Marisa Tomei (May Parker), Jon Favreau (Happy Hogan), Gwyneth Paltrow (Pepper Potts), Martin Starr (Mr. Harrison), Logan Marshall-Green (Jackson Brice/Shocker n.1), Jennifer Connelly (Karen/Lady costume) e Chris Evans (Steve Rogers/Captain America) li trovate invece ai rispettivi link.

Tom Holland interpreta Spider-Man/Peter Parker. Inglese, ha partecipato a film come The Impossible, Captain America: Civil War e Civiltà perduta, inoltre ha lavorato come doppiatore nella versione inglese di Arrietty - Il mondo segreto sotto il pavimento. Anche regista, ha 21 anni e quattro film in uscita tra i quali Avengers: Infinity War, inoltre dovrebbe tornare per il seguito di Spider-Man: Homecoming, previsto per il 2019.


Tra i vari interpreti (ovviamente Stan Lee fa la solita comparsata, stavolta nei panni di Gary, il vecchietto dalla finestra) spunta fuori l'attore Kenneth Choi, che interpreta il preside Morita: la cosa interessante è che un Jim Morita, interpretato dallo stesso attore, è comparso sia in Captain America - Il primo vendicatore che in un episodio di Agents of SHIELD e visto il ritratto che compare alle spalle del preside si può presumere che quest'ultimo sia un nipote del vecchio membro degli Howling Commandos. Altro musetto conosciuto è quello di Angourie Rice, apprezzatissima in These Final Hours e The Nice Guys e qui purtroppo sottoutilizzata nei panni di una Betty Brant anche troppo simile alla Gwendolyn Stacy dei fumetti mentre il Flash Tony Revolori era lo Zero di The Grand Budapest Hotel. J.K. Simmons aveva espresso interesse nel tornare a vestire i panni di J.Jonah Jameson in un cameo ma siccome è stato "preso" come Commissario Gordon per l'imminente Justice League ogni trattativa con gli studios è cessata mentre Vincent D'Onofrio si era proposto per comparire come Wilson Fisk visto che Kingpin è anche un nemico di Spider-Man: chissà, magari in un prossimo film il desiderio di D'Onofrio verrà esaudito (ci sarebbero anche Matthew McConaughey interessato al Goblin e Alfred Molina a tornare come Doc Ock, quindi staremo a vedere)! Nulla di fatto inoltre non solo per John Malkovich, scelto per interpretare l'Avvoltoio se Raimi avesse girato il suo quarto Spider-Man, ma anche per Samuel L. Jackson, che in origine avrebbe dovuto tornare come Nick Fury a far da mentore al giovane Spider-Man ma è stato poi sostituito da Iron Man, a mio avviso più affine al personaggio; dito medio anche ad un Asa Butterfield troppo alto e al minchietta di The Walking Dead Chandler "CaaVVll" Riggs, scartato alle audizioni, mentre il figlio dell'altra star della serie, Norman Reedus, ha direttamente rifiutato l'invito a presentarsi al casting. Passando ai registi, invece, Theodore Melfi ha rinunciato a girare Spider-Man: Homecoming a favore del delizioso Il diritto di contare. Al momento l'Uomo Ragno è stato inglobato nel MCU e dovrebbe tornare, come anticipato nei titoli di coda, sia in Avengers: Infinity War che in un sequel di Spider-Man: Homecoming ma la Sony non ha smesso di mungere la vacc...ehm, il ragno e per il 2018 dovrebbe uscire uno spin-off di The Amazing Spider-Man interamente dedicato a Venom, con Tom Hardy nei panni di Eddie Brock. Nell'attesa di tutti questi film, intanto vi consiglio di recuperare di sicuro Captain America: Civil War, dalla cui costola è nato Spider-Man: Homecoming e di aggiungere Iron Man (necessario, assieme ai sequel, per capire la storyline dedicata al personaggio)Iron Man 2ThorCaptain America - Il primo vendicatoreThe Avengers (alla fine del quale è ambientato l'inizio di Spider-Man: Homecoming), Iron Man 3Thor: The Dark WorldCaptain America: The Winter SoldierGuardiani della galassiaAvengers: Age of Ultron , Ant-ManDoctor Strange e Guardiani della Galassia vol. 2. Poi, se volete, aggiungete la trilogia dedicata a Spider-Man girata da Sam Raimi e i due film del primo reboot, The Amazing Spider-Man e The Amazing Spider-Man 2 - Il potere di Electro ma contate che io mi sono fermata ai primi due di Raimi prima di stramazzare per subentro di noia. ENJOY!

domenica 17 aprile 2016

Il libro della giungla (2016)

Alla fine l'unico film che sono andata a vedere in occasione dei Cinema Days è stato Il libro della giungla (The Jungle Book), diretto dal regista Jon Favreau e ovviamente tratto dall'omonima raccolta di racconti di Rudyard Kipling.


Trama: il "cucciolo d'uomo" Mowgli viene trovato nella giungla dalla pantera Bagheera e dato in affidamento al branco di lupi guidato da Akela. Il piccolo cresce sano e forte finché il ritorno della tigre Shere Khan, assetata di vendetta nei confronti degli esseri umani, non lo costringe a fuggire ed intraprendere un pericoloso viaggio per tornare al villaggio degli uomini...


Io devo essere una delle poche persone in tutto il mondo ad aver guardato la versione Disney de Il libro della giungla giusto un paio di volte e ad aver letto l'opera di Kipling talmente tanto tempo fa da non ricordarla nemmeno più. La conseguenza di tutto ciò è stata, ovviamente, che Il libro della giungla non si è radicato nel mio immaginario infantile né si sono sviluppati nei suoi confronti sentimenti tali da storcere il naso davanti all'ennesimo live action sfornato da una Casa del Topo ormai alla canna del gas per quanto riguarda le idee. Un'altra conseguenza è stato l'inaspettato sorrisone col quale sono uscita dopo la visione del film di Favreau, che al momento merita la palma di miglior adattamento da cartone animato a film con esseri "in carne e ossa" (benché di reale, nella pellicola, ci sia solo il piccolo attore che interpreta Mowgli, il resto è stato interamente realizzato al computer, location comprese); la sceneggiatura di Justin Marks è infatti fondamentalmente rispettosa delle opere originali, non ricerca origini strappalacrime alla cattiveria della tigre Shere Khan come accadeva in Maleficent né si limita a riproporre una storia ormai anacronistica soffocandola con barocchismi scenografici o sontuosi costumi à la Cenerentola di Branagh. Certo, Il libro della giungla ha dalla sua l'incredibile universalità e attualità dei temi che tocca, quindi parte già avvantaggiato. L'accettazione dell'altro, il senso di appartenenza a un gruppo che non deve essere necessariamente la famiglia, la capacità di capire ciò che ci rende unici ed arrivare a usarlo per il bene degli altri sono solo alcuni dei mille messaggi positivi che da sempre la storia di Mowgli può trasmettere a grandi e piccini e, ovviamente, se questi messaggi vengono inseriti all'interno di un racconto avventuroso e popolato da personaggi indimenticabili quali l'orso Baloo, il scimmiesco Re Luigi, il cattivissimo e carismatico Shere Khan e la saggia pantera Bagheera, vincere facile è quasi inevitabile.


C'è anche da dire che Favreau, benché non concorrerà mai alla Palma d'Oro o all'Oscar né come regista né come attore, non è assolutamente l'ultimo arrivato in campo action e gran parte del piacere durante la visione de Il libro della giungla deriva direttamente dalla sua capacità di girare scene fluide, dinamiche e a dir poco spettacolari, sequenze alle quali ovviamente giova un valido montaggio. Per quanto gli effetti speciali compongano il 95% dell'opera è raro che si avverta quel fastidioso senso di "finto" che mi ha colpita come un maglio durante la visione del trailer dell'orrido ed imminente Alice attraverso lo specchio: luci ed ombre sono particolarmente realistiche, i paesaggi accolgono naturalmente sia il piccolo Mowgli che gli animali virtuali "indossati" dai pupazzi creati dallo studio di Jim Henson o addirittura dallo stesso Favreau, e le fondamentali bestiole sono realizzate divinamente, soprattutto il bellissimo orsone Baloo (stendo un leggero velo pietoso su Bagheera, l'unico animale che purtroppo non sono riuscita a farmi piacere, troppo rigido il muso e palesemente fasullo). Poi, ovvio, da un film come questo non si può pretendere il realismo assoluto e ci mancherebbe, così com'è giusto che l'originale Libro della giungla non vada dimenticato, nonostante l'intrigante scelta di realizzare un Kaa femmina ahimé poco sfruttato. Ecco quindi perché ho accolto con moltissimo piacere l'altra furberia di Justin Marks, ovvero quella di integrare parte dei testi delle canzoni del cartone animato nei dialoghi tra i vari personaggi, per poi travalicare in pochi ed azzeccati momenti musical durante i quali Baloo e Mowgli prima, Re Luigi poi, fanno scendere la lacrimuccia a chi, come me, ancora non ha dimenticato le accattivanti Lo stretto indispensabile e Voglio essere come te. A tal proposito vi consiglierei, nonostante NON CI SIANO SCENE POST CREDITS, di rimanere a vedere i titoli di coda: primo, perché per buona parte degli stessi ci sono delle simpatiche scenette all'interno di un pop up, poi perché potrete sentire un paio di canzoni in lingua originale, tra cui la sensuale The Python's Song cantata da Scarlett Johansson... anche se nulla batte un inedito Giancarlo Magalli in versione cantante jazz, sappiatelo!


Del regista Jon Favreau (che doppia anche il cinghiale nano) ho già parlato QUI. Bill Murray (voce originale di Baloo), Ben Kingsley (Bagheera), Idris Elba (Shere Khan), Scarlett Johansson (Kaa), Christopher Walken (King Louie) e Sam Raimi (lo scoiattolo gigante) li trovate invece ai rispettivi link.

Lupita Nyong'o è la voce originale di Raksha. Messicana, la ricordo per film come 12 anni schiavo (per il quale ha vinto l'Oscar come miglior attrice non protagonista) e Star Wars - Il risveglio della forza. Anche produttrice e regista, ha 33 anni e tre film in uscita tra cui Star Wars: Episode VIII.


Giancarlo Esposito (vero nome Giancarlo Giuseppe Alessandro Esposito) è la voce originale di Akela. Danese, ha partecipato a film come Changeling, Una poltrona per due, Cercasi Susan disperatamente, Brivido, I soliti sospetti, Derailed - Attrazione letale e a serie come Miami Vice, Ghost Whisperer, Bones, CSI: Miami, Breaking Bad e C'era una volta. Anche produttore e regista, ha 58 anni e quattro film in uscita.


Tra le voci dei lupetti ci sono quelle di Emjay Anthony, il giovane protagonista di Krampus - Natale non è sempre Natale, dei due figli di Naomi Watts e Leiv Schreiber, Sasha e Kai, e di Max Favreau, figlio del regista (la figlia Madeleine invece doppia uno dei rinoceronti); i doppiatori italiani invece contano il già citato Giancarlo Magalli (Re Luigi), Neri Marcoré (Baloo), Toni Servillo (Bagheera), Violante Placido (Raksha) e Giovanna Mezzogiorno (Kaa). La Disney sta già pensando ad un sequel della pellicola con lo stesso team creativo; nell'attesa, se Il libro della giungla vi fosse piaciuto recuperate ovviamente il cartone animato del 1967. ENJOY!

mercoledì 29 gennaio 2014

The Wolf of Wall Street (2013)

In totale ritardo rispetto al resto del mondo, con somma vergogna ovviamente, martedì sono finalmente andata anch'io a vedere l'ultima fatica del mio amato Martin Scorsese, The Wolf of Wall Street, da lui diretto nel 2013 e candidato a 5 Oscar: Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura non originale (la pellicola è tratta dall'autobiografia del vero Jordan Belfort), Leo Di Caprio Miglior Attore protagonista e Jonah Hill Miglior Attore non protagonista. Inutile dire che tifo per tutti loro!


Trama: il film racconta la vita sregolata, dissoluta e lussuosissima di Jordan Belfort, soprannominato giustamente Lupo di Wall Street per il modo spregiudicato con quale si arricchiva in borsa sulle spalle dei poveri gonzi...


A scanso di equivoci, togliamoci il dente: The Wolf of Wall Street non è IL capolavoro di Martin Scorsese ma è sicuramente uno dei suoi Capolavori, senza ombra di dubbio il migliore che abbia girato da dieci anni a questa parte. Per raggiungere l'apice avrebbe dovuto essere meno supercazzola e più tragicomico, così da consacrarsi definitivamente nel mio personale Olimpo, dove regnano incontrastati Quei bravi ragazzi e Casinò, con i quali The Wolf of Wall Street ha comunque parecchi punti in comune, in primis la forsennata, psichedelica e roboante parabola di autodistruzione in cui s'imbarca il protagonista a causa innanzitutto dei suoi peccati e, secondariamente, per colpa di consiglieri e amici poco fidati. Come già ai tempi Jimmy, Henry e Asso Rothstein, anche Jordan Belfort è un lupo e su questo non ci piove, un capobranco nato che non esita a spolpare vive le sue prede per "dare da mangiare" ai suoi seguaci, un Bravo Ragazzo della finanza che consapevolmente rinuncia a controllare i suoi appetiti e si annulla in un vortice di sesso, droga e denaro; a differenza degli altri, famosissimi criminali scorsesiani, però, Jordan ha il carisma, il cervello e, soprattutto, l'indipendenza del self made man capace di vendere (per citare Ghostbusters 2) "fumo e merda" ai boccaloni che gli capitano sotto tiro senza dover temere ritorsioni da parte di qualche sanguinario e permaloso boss della mala. Jordan è il capobranco, sopra di lui c'è solo l'FBI e sotto c'è un gruppo di scimmie ammaestrate alla "fine" arte dell'eloquio e della menzogna, dei burini con vestiti firmati, dei Neanderthal che venerano solo due dèi, Jordan e il Denaro, e che prendono a sputi, insulti e schiaffi chiunque non rientri nel ristretto novero dei loro idoli (il dialogo relativo ai nani o l'incontro con Steve Madden sono scioccanti in tal senso): persone vuote, stupide e, soprattutto, incapaci ed improduttive che, grazie ad apparenze e lingua svelta, vendono il nulla a gente altrettanto idiota, il paradosso su cui è costruita la nostra società.


Scorsese si siede davanti alla macchina da presa e ci riporta fedelmente questo mondo tribale, volgare, ridicolo e a tratti aberrante, senza ergersi a giudice ma mostrando alternativamente distacco e partecipazione, lasciando allo spettatore la scelta di rimanere affascinato o disgustato dalle immagini che scorrono sullo schermo. Sfruttando tutta la sua sapienza nel campo della regia, della fotografia e del montaggio, il vecchio Martin inganna impercettibilmente i nostri occhi assecondando gli stati psicofisici del protagonista e creando alla bisogna sequenze stridenti o leggermente sfocate quando Jordan è completamente fatto, ci stordisce con pregevoli piani sequenza, ci immerge nei balli, nei canti e nella depravazione (nei riti!) senza sorvolare su nessun dettaglio, nemmeno quello più scabroso, riempie lo schermo con primi piani e mezze figure del protagonista rendendolo un Dio anche ai nostri occhi, mescola senza soluzione di continuità immagini di repertorio, cartoni animati, spot veri ed inventati in un florilegio di immagini, dialoghi e musiche praticamente ininterrotto; Scorsese ubriaca consapevolmente il suo pubblico, conscio del fatto che almeno per il 90% i risvolti "finanziari" della vicenda non verranno recepiti e passeranno in secondo piano fino a risultare ininfluenti... proprio quello su cui contava Jordan nel corso della sua attività. Il risultato sono tre ore che sembrano una, dove l'attenzione non cala nemmeno per un attimo, anche perché Scorsese realizza senza dubbio il suo film più spassoso: la sequenza dove viene mostrato l'effetto del Quaalude prima al ralenti e poi in tempo reale è esilarante ma mai come quella del confronto "mentale" tra Jordan e il banchiere svizzero, che mi ha lasciata annientata e in lacrime a ridere da sola in mezzo alla sala gremita.


E a proposito di ridere, Di Caprio è mortale. L'avevo già detto per Django Unchained, lo ripeto: Leo, io ti ho perdonato. Tu sei un grande attore e io una capra svizzera che finalmente ha aperto gli occhi, continua su questa strada e non farmi pentire di quello che ho scritto. Di Caprio è nato per il ruolo di Jordan, si annulla completamente nel personaggio e in un attimo passa dal più squallido degrado ad essere il Re del Mondo, un carismatico sobillatore di dipendenti o un'ameba che rantola giù dalle scale in una delle scene più esilaranti dell'anno. Dire che è perfetto sarebbe un eufemismo, così come sarebbe riduttivo dare tutto il merito a lui e dimenticare lo stuolo di grandiosi caratteristi e sgnacchere che lo accompagnano, lo svergognato (nel senso di coraggiosissimo e senza vergogna) Jonah Hill in primis, ma non dimentichiamo Tappetino, il cinese mangione, un irriconoscibile Jon Bernthal e tutti gli altri "soggettoni" che magari compaiono solo per pochi istanti. In un lampo di genio, che spero sia voluto, Scorsese ha utilizzato un grandissimo attore (McConaughey) per insegnare al protagonista come si recita a Wall Street e ha messo tre registi  (Jon Favreau, Rob Reiner e Spike Jonze) a "dirigerlo"e cercare di frenare e regolare le sue ambizioni, per quanto inutilmente; inoltre, proprio per sottolineare la natura "pop" e a modo suo comica, caricaturale, dei personaggi rappresentati, non lesina la presenza di attori tirati fuori a forza dalle più famose serie televisive o di comici apprezzatissimi. E qui mi fermo. Ci sarebbero mille altre cose che vorrei dire ma davanti ai Capolavori tendo a perdermi inutilmente, diventando prolissa ma raffazzonata; ci sarebbero diecimila altre cose che sicuramente ho perso ma un film simile andrebbe visto perlomeno quattro o cinque volte per essere compreso e sviscerato appieno; ci saranno milioni di errori in queste mie indegne parole ma spero che da esse traspaia anche quell'Amore per Scorsese che dura fin dai miei primi passi nel meraviglioso mondo del Cinema e cazzo, questo è quello che conta. Non perdetevi assolutamente The Wolf of Wall Street, in italiano o in lingua originale, non fatevi assolutamente spaventare dalla durata o da altri futili pregiudizi perché questo è Cinema Vero, quello da vedere necessariamente in questi tempi di orrenda sciatteria.

Soocare.
Del regista Martin Scorsese (che in originale si può sentire parlare per telefono con Leonardo Di Caprio quando il suo personaggio vende le prime Penny Stocks) ho già parlato qui. Di Leonardo Di Caprio (Jordan Belfort), Matthew McConaughey (Mark Hanna), Kyle Chandler (agente Patrick Denham), Rob Reiner (Max Belfort), Jon Favreau (Manny Riskin), Jean Dujardin (Jean Jacques Saurel), P.J. Byrne (Nicky “Tappetino” Koskoff), Shea Whigham (Capitano Ted Beecham) e Spike Jonze (compare, non accreditato, nei panni di Dwayne, il “broker” che introduce Jordan al mondo delle penny stocks) ho già parlato ai rispettivi link. 

Jonah Hill (vero nome Jonah Hill Feldstein) interpreta Donnie Azoff. Americano, lo ricordo per film come 40 anni vergine, Suxbad: Tre menti sopra il pelo, Una notte al museo 2 – La fuga, 21 Jump Street, Django Unchained e Facciamola finita; come doppiatore, ha lavorato a film come Dragon Trainer, Megamind e l’imminente Lego Movie, oltre che per un episodio de I Simpson. Anche sceneggiatore e produttore, ha 30 anni e quattro film in uscita. 


Jon Bernthal interpreta Brad. Americano, famoso per essere stato lo Shane di The Walking Dead, lo ricordo per film come World Trade Center, Una notte al museo 2 – La fuga e Il grande match, inoltre ha partecipato ad altre serie come CSI: Miami, How I Met Your Mother, Numb3rs e doppiato un episodio di Robot Chicken. Anche animatore, ha 36 anni e un film in uscita. 


Ethan Suplee interpreta Toby Welch. Indimenticabile “comparsa” di moltissimi film di Kevin Smith nonché spalla di Jason Lee in My Name Is Earl, lo ricordo per l'appunto in pellicole come Generazione X, In cerca di Amy, American History X, Dogma e Clerks II. Americano, ha 37 anni e tre film in uscita.


Tra le millemila comparse che popolano la pellicola spunta anche Jake Hoffmann, figlio di Dustin, nei panni di Steve Madden (tra l'altro la scena è stata praticamente co-diretta da Steven Spielberg) e anche il vero Jordan Belford, che presenta Di Caprio alla folla sul finale. Se poi anche voi, come me, vi siete chiesti dove diavolo se l'è tirato fuori Matthew McConaughey quella sorta di rituale fatto al ristorante davanti ad un perplesso Di Caprio, sappiate che è una specie di "riscaldamento" che l'attore fa ogni volta prima di recitare. Per quanto riguarda gli attori esclusi, Amber Heard aveva fatto il provino per essere Naomi, ma alla fine il ruolo è andato all'australiana Margot Robbie; Julie Andrews era stata invece considerata per il ruolo di zia Emma mentre Ridley Scott avrebbe dovuto dirigere il film e per fortuna è finito a fare quella ciofeca di The Counselor o non avremmo avuto un simile capolavoro scorsesiano! Detto questo, se The Wolf of Wall Street vi fosse piaciuto, guardate anche Casinò, Quei bravi ragazzi, Il falò delle vanità e Wall Street. ENJOY!

venerdì 10 maggio 2013

Iron Man 3 (2013)

Non c'è il due senza tre e il quattro vien da sé, dicono. A me basterebbe che venisse a trovarmi Robert Downey Jr. ma, nel frattempo, sono andata a vedere per l'appunto Iron Man 3, diretto dal regista Shane Black.


Trama: dopo aver sgominato dei ed invasioni aliene il povero Tony Stark è comprensibilmente scosso, ma le cose peggioreranno ancora con l'arrivo del Mandarino e di un pericoloso personaggio legato al passato del genio miliardario...



Che bello. Andare in sala e guardare gli Iron Man con Robert Downey Jr. è come ritrovare un vecchio amico. Un vecchio amico figo ed incredibilmente carismatico. Credo che potrebbero mettere delle scimmie a girare la pellicola e dei paguri a sceneggiarla, tanto basterebbe l'attore a reggere e a rendere credibile da solo l'intero film. Non a caso, stavolta il grassissimo Jon Favreau si è ritirato e ha lasciato il timone a Shane Black ma, siamo sinceri, a parte per gli interessantissimi e visionari video del Mandarino si nota la differenza? Sì, forse Iron Man 3 è un po' meno scanzonato rispetto ai precedenti film, ma per il resto è lo stesso tanta roba e, cosa molto importante, riesce a mantenere una sorta di equilibrio tra effetti speciali ed elemento "umano": abbiamo un fottìo di armature per far fremere nerd e fan, ci sono i soldati indistruttibili che prendono fuoco e si rigenerano, ma ci sono anche moltissime sequenze che ci mostrano come Iron Man sia innanzitutto un uomo di nome Tony Stark che deve capire come essere forte e superare le sue paure anche senza nascondersi dentro ad un guscio ipertecnologico.


In Iron Man 3 si gioca molto sul concetto di "maschera" e immagine. Non preoccupatevi, non c'è nulla di troppo cervellotico o psicologico, ma il ragionamento alla base del film è molto interessante e, oltre a riaffermare il tema della tecnologia come valido aiuto e contemporaneamente possibile strumento negativo, da il la ad un maggiore approfondimento del personaggio di Tony Stark (collegando direttamente le vicende del film a quelle di The Avengers e rafforzando così l'idea di una continuity cinematografica Marvel) e ad un paio di twist assai interessanti che colgono lo spettatore di sorpresa soprattutto per quanto riguarda i villain. Non sto ovviamente a fare spoiler ma, credetemi, conoscendo vagamente la storia fumettistica dei personaggi al momento delle rivelazioni concernenti il Mandarino ho dovuto raccogliere da terra la mascella e fare un plauso agli sceneggiatori... che peraltro hanno trovato il modo di mostrare il più possibile Robert Downey Jr. senza armatura e conciato con delle mise un po' streppone ma sicuramente adattissime all'attore, che non mi pento di definire uno gnocco della Madonna e... sì, scusate, sto divagando.


Dicevamo, gli attori. Finalmente la Pepper Potts di Gwyneth Paltrow ottiene lo spazio che avrebbe sempre meritato e ci regala delle sequenze finali da favola, Ben Kingsley nei panni del Mandarino è semplicemente favoloso e imprevedibile, infine Guy Pearce è un villain convincente e un trasformista da paura (il make up è sicuramente fatto bene ma lui ci mette del suo). La palma d'oro per i due migliori gatti di marmo la vincono invece Don Cheadle, incapace di reggere i duetti con Robertino adorato e meno espressivo persino di War Machine, e la povera Rebecca Hall, costretta in un personaggio la cui utilità è pari a quella dell'ubiquo Stan Lee, che compare ormai incartapecorito nel solito cammeo più o meno a metà film. Di Robert Downey Jr. potrei invece tessere le lodi per almeno 1000 post, quest'uomo passa dall'essere un esilarante cialtrone a un eroe sofferente in tempo zero e sempre in modo convincente e che non vi venga in mente di andarvene prima della fine dei lunghissimi titoli di coda perché rischiereste di perdervi una chicca che ve lo renderà ancora più simpatico. Insomma, non sto a farla più lunga del necessario, Iron Man 3 è tutto quello che ci si può aspettare: azione, ironia, suspance, Eiffel 65 (non sto scherzando, l'inizio truzzo è una delle cose più trash e meravigliose del film!) e, soprattutto, Robert. Robert, Robert, Robert. Sia lodato il giorno in cui hai accettato il ruolo di Tony Stark, bello mio.


Di Robert Downey Jr. (Tony “Iron Man” Stark), Gwyneth Paltrow (Pepper Potts), Don Cheadle (Colonnello James Rhodes), Guy Pearce (Aldrich Killian), Rebecca Hall (Maya Hansen, ruolo che avrebbe dovuto andare a Jessica Chastain che però ha dovuto rinunciare per impegni pregressi), Jon Favreau (Happy Hogan), Ben Kingsley (il Mandarino), Paul Bettany (la voce di Jarvis) e William Sadler (il presidente) ho già parlato ai rispettivi link.

Shane Black è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Prima di Iron Man 3 ha diretto solo un altro film, Kiss Kiss Bang Bang e pare che stia per cimentarsi nel remake USA di Death Note. Americano, anche attore e produttore, ha 52 anni.


James Badge Dale (vero nome James Badgett Dale) interpreta Savin. Americano, ha partecipato a film come Il signore delle mosche, The Departed – Il bene e il male, Shame, Flight e alle serie 24, CSI – Scena del crimine, CSI: Miami e CSI: NY. Ha 35 anni e tre film in uscita, tra cui gli imminenti World War Z e The Lone Ranger.


Miguel Ferrer interpreta il vice presidente. Caratterista americano dalla faccia conosciutissima, lo ricordo innanzitutto per Twin Peaks e poi per film come RoboCop, L’albero del male, Fuoco cammina con me, Hot Shots! 2, L’ombra dello scorpione, Stephen King’s Shining, The Night Flier, Mr. Magoo e Traffic. Ha inoltre partecipato alle serie Magnum P.I., Chips, Miami Vice, E.R. Medici in prima linea, Will e Grace, Una famiglia del terzo tipo, CSI – Scena del crimine, Lie to Me, Desperate Housewives e, come doppiatore, ha lavorato in Mulan e nelle serie Hercules, Robot Chicken e American Dad!. Anche regista, ha 58 anni.


Jon Favreau, regista dei primi due Iron Man, ha rinunciato all’offerta di dirigere il terzo capitolo per dedicarsi a Magic Kingdom e Jersey Boys, due film che ancora non hanno né un cast né una data d’uscita. Aspettando che Tony Stark ritorni, come annunciato alla fine dei credits, se Iron Man 3 vi fosse piaciuto consiglio intanto il recupero dei primi due capitoli della saga e di The Avengers. ENJOY!!

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