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venerdì 25 febbraio 2022

Wrath of Man (2021)

Qualche domenica fa dovevo andare a vedere King's Man ma per una sfortunata serie di eventi non sono riuscita. Ho ripiegato dunque su Wrath of Man, pseudo-remake del film Cash Truck, diretto e co-sceneggiato da Guy Ritchie nel 2021 e disponibile su Prime.


Trama: il nuovo acquisto all'interno di un'agenzia di portavalori si rivela essere anche troppo bravo nel suo mestiere e sta allo spettatore scoprire perché...


C'era una volta Guy Ritchie. C'era, di fatto, nemmeno troppo tempo fa, visto che lo scoppiettante The Gentlemen è del 2019. Non che sia scomparso, qualcosa del regista inglese rimane in questo Wrath of Man, eppure qui dentro manca un elemento particolarmente importante, ovvero la cazzoneria allegra e il black humour che caratterizzano da sempre la maggior parte dei film meglio riusciti di Ritchie, perché la pellicola in questione è di una serietà mortale. Se vogliamo, la cosa fa un po' ridere già di per sé, vista la natura "classica", molto anni '80/'90, della trama, e dei suoi personaggi tagliati con l'accetta. Ma andiamo nel dettaglio. Wrath of Man racconta la storia di H, uomo duro e puro che non sorride mai nemmeno per sbaglio (e io torno a ripetere, caro il mio Jason Statham, che la fissità facciale Bruce Willis l'ha raggiunta verso il 2015, all'età di 60 anni, mentre tu devi ancora compierne 50 ma sei già irrecuperabile da un decennio) e che trova lavoro all'interno di un'agenzia di portavalori, come guardia giurata, dopo che già due dipendenti si sono beccati un proiettile in faccia durante una rapina. La pericolosità di un lavoro dove, di regola, basta mollare i soldi per sopravvivere, viene sottolineata ad ogni piè sospinto dai vari dipendenti dell'agenzia, un'accozzaglia di uomini (e una donna) duri e puri ma non quanto H, che si ritrovano basiti dinnanzi alla bravura, alla freddezza e al celodurismo di quest'ultimo, il quale in un paio di occasioni riesce a sbaragliare da solo i malviventi uccidendoli malissimo e addirittura mettendone in fuga un paio solo guardandoli. Potete scommetterci i bicipiti scolpiti che H nasconde un segreto, e Ritchie ve lo rivelerà sfasando un po' di piani temporali e andando avanti e indietro tra capitoli scanditi da citazioni (penso) bibliche e personaggi tutti più o meno biasimevoli ma privi di quel guizzo di simpatia capace di renderli in qualche modo gradevoli.


Ritchie
tenta di avvicinarsi allo stile di Michael Mann, buttandoci in mezzo anche qualcosina di 8 mm in una sequenza potenzialmente ad alto tasso di orrore/squallore, ma non riesce ad andare oltre la superficie di uno stile che non è evidentemente il suo, né a nobilitare questa storia di superuomini con superproblemi dando loro un minimo di profondità. Il che non vuol dire che ho odiato Wrath of Man, anzi, la trama sicuramente intrattiene molto, non fosse altro che per capire cosa sia successo ad H e cosa si nasconda nel suo passato, e le scene d'azione sono realizzate con tutti i crismi di una regia assai curata, tuttavia non mi ha divertita in quella maniera tutta esaltante che è propria di Ritchie e c'è da dire che neppure i personaggi sono granché, il che si traduce in uno spreco di attori anche validi (Holt McCallany e Jason Statham sono gli unici due che spiccano, per ovvi motivi, mentre gli altri potrebbero anche essere scambiati con dei cartonati e spariscono dalla mente dello spettatore dopo due minuti, siano essi buoni o cattivi), inghiottiti da quell'aria cupa e triste che pervade la pellicola in tutta la sua interezza. Peccato, perché Wrath of Man avrebbe avuto tutte le potenzialità per diventare un film con le palle, anche con un cambio di stile da parte di Ritchie (ché non è giusto rimanere sempre immutabili e ancorati al passato, per carità), ma così risulta troppo piatto e privo di personalità per farsi ricordare più di un paio di giorni.   


Del regista e co-sceneggiatore Guy Ritchie ho già parlato QUI. Jason Statham (H), Holt McCallany (Bullet), Josh Hartnett (Boy Sweat Dave), Jeffrey Donovan (Jackson), Scott Eastwood (Jan), Andy Garcia (Agente King) e Eddie Marsan (Terry) li trovate invece ai rispettivi link. 


Laz Alonso, che interpreta Carlos, è il Latte Materno della serie The Boys. Se Wrath of Man vi fosse piaciuto cercate Cash Truck, l'originale da cui è tratto, e aggiungete Heat - La sfida. ENJOY!

venerdì 13 marzo 2020

Villains (2019)

Tra Oscar, virus, uscite cinematografiche in sala, cazzi brazzi e mazzi ho un po' perso di vista le recenti uscite thriller horror segnate nei mesi passati, ma grazie a Lucia c'è sempre la possibilità di fare recuperi interessanti, come questo Villains, diretto e sceneggiato nel 2019 dai registi Dan Berk e Robert Olsen.


Trama: Mickey e Jules, due ladruncoli che sognano una vita sulle spiagge della Florida, si ritrovano a piedi dopo un colpo in un supermercato. In cerca di benzina, finiscono per trovare la villa di George e Gloria, coppia di coniugi in apparenza irreprensibili ma in realtà matti come cavalli...


Villains è un film piccolino, una black comedy realizzata benissimo che regala allo spettatore un'ora e mezza di divertimento puro senza risultare sciocca né, nonostante il tema sia stra-abusato, banale. Una persona come me, che inserisce True Romance nel novero dei 10 film più belli di sempre, non può che apprezzare l'aMmore infinito tra Mickey e Jules, giovani criminali sfigatelli che sperano solo in una vita sulle spiagge della Florida a vendere conchiglie e, a causa della loro fondamentale natura maldestra, si infilano invece nei casini con gente molto più cattiva e fuori di testa di loro. Il legame tra Mickey e Jules è così ben tratteggiato che fare il tifo per loro è inevitabile e, a un certo punto, questa condizione spezza persino il cuore; allo stesso tempo, comunque, i folli George e Gloria non sono così detestabili, perché nonostante sia nato nel segno della follia anche il loro amore è reale, è c'è della tenerezza inaspettata nel modo in cui George asseconda la vita da sogno desiderata invano da Gloria. Quando le due coppie si "scontrano", e i giovani virgulti scoprono il terribile segreto dei due anzianotti che avrebbero voluto derubare, ovviamente volano scintille e nonostante Villains sia ambientato, fondamentalmente, all'interno di tre/quattro ambienti e tra le quattro mura di una casa, e nonostante ci sia ben poca violenza e ancor meno sangue, grazie ad interessanti ed abili scelte di regia e montaggio il film risulta molto dinamico e persino ansiogeno in un paio di sequenze fondamentali (il piano disperato per liberarsi dalle manette o la cena interrotta sul più bello sono due delle meglio riuscite).


Neanche a dirlo, in un film simile contano moltissimo gli attori, tutti a mio avviso ugualmente bravi. Jeffrey Donovan e Kyra Sedgwick si beccano i ruoli più "facili" e saltano subito all'occhio, per come abbracciano senza remore un'interpretazione sopra le righe che li richiede contemporaneamente matti ma ancorati ad un modello di comportamento cortese molto anni '50 (rispecchiato, ça va sans dire, da un abbigliamento e un arredamento altrettanto agée), più difficile il compito di Skarsgård e di Maika Monroe. Lui è di una tenerezza inverosimile, un personaggio scemo come un tacco che a volte si ficca in testa di fare l'eroe, lei è semplicemente adorabile ed è forse il personaggio più reale tra i quattro, dotata di una profondità sottesa che la rende ancora più apprezzabile. Come ho scritto su, le interazioni tra fidanzati e tra coppie è varia e interessante, e gli attori sicuramente danno il meglio di loro nonostante la produzione "piccola" che, tra l'altro, è assai curata. Ho apprezzato in particolare gli accostamenti cromatici molto ricercati tra gli abiti di Mickey e Jules e la scenografia, in alcune sequenze, oltre ai disegni animati che accompagnano i titoli di coda, decisamente underground e molto più splatter dell'intero film. Dategli un'occhiata, se riuscite a reperirlo.


Di Bill Skarsgård (Mickey), Maika Monroe (Jules) e Jeffrey Donovan (George) ho già parlato ai rispettivi link.

Dan Berk e Robert Olsen sono i registi e sceneggiatori della pellicola. Americani, hanno diretto film come Body e The Stakelander. Dan Berk ha 33 anni ed è anche produttore e tecnico degli effetti speciali; Robert Olsen è anche produttore e attore.


Kyra Sedgwick interpreta Gloria. Americana, sposata con Kevin Bacon, ha partecipato a film come Nato il quattro luglio, 4 fantasmi per un sogno, L'isola dell'ingiustizia - Alcatraz, Qualcosa di cui... sparlare, Phenomenon, 17 anni (e come uscirne vivi) e a serie quali Miami Vice e Ally McBeal. Anche produttrice e regista, ha 55 anni.


Danny Johnson, che interpreta il poliziotto, era l'avvocato Ben Donovan delle serie Daredevil e Luke Cage. Se il film vi fosse piaciuto potreste recuperare Satanic Panic oppure Monster Party. ENJOY!

domenica 12 maggio 2019

Ted Bundy - Fascino criminale (2019)

Spinta da un trailer intrigante, non ho potuto fare a meno di recuperare Ted Bundy - Fascino criminale (Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile), diretto dal regista Joe Berlinger.


Trama: Ted Bundy, studente di legge legato a una ragazza con figlia a carico, viene fermato dalla polizia per una semplice infrazione stradale e finisce processato per mezza dozzina di terrificanti omicidi.


Lo so, lo hanno già fatto tutti ma sapete che ho una (de)formazione "linguistica", pertanto non posso non soffermarmi sull'orrore di un titolo italiano sbagliatissimo per cominciare a parlare di Ted Bundy - Fascino criminale, perché l'adattamento nostrano offre una chiave di lettura del film completamente errata. Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile è una definizione estrapolata direttamente dal processo a Ted Bundy, riferita alla natura dei suoi crimini. Estremamente malvagia, in primis. Quasi sovrannaturale, un male disumanizzato, da orco delle fiabe, tanto da non sembrare nemmeno possibile, atto a recare alle vittime quanto più danno possibile. Nell'accezione italiana, Wicked e Evil avrebbero anche potuto accorparli in un Estremamente, terribilmente malvagio, in realtà c'è differenza tra wicked ed evil: l'uno viene utilizzato per il male compiuto verso altri, l'altro è pertinente alla sfera della moralità, ma non stiamo a spaccare il capello. Arriviamo a Vile. Come in italiano. Vile, abietto, spregevole, ignobile. Quindi estremamente, terribilmente malvagio e ignobile. Questo era Ted Bundy. Questi erano i suoi crimini. Definizione di fascino: potenza di attrazione e seduzione. Se ad esso si aggiunge "criminale", mi da ad intendere che qualcuno possa trovare affascinante l'idea di un pazzo che, nel tempo, ha ucciso, stuprato e mutilato almeno una trentina di giovani donne, che teneva alcune delle loro teste mozzate come trofeo, che, non pago, talvolta ha infierito sessualmente anche sui cadaveri. Un titolo simile mi fa pensare che, consapevoli di tali aberranti azioni, le donne americane lanciassero comunque mutandine addosso a Bundy, oppure che quest'ultimo sia stato connotato come antieroe romantico nel sentire comune, un po' come un Clyde Barrow qualsiasi, ma non c'è UN SOLO minuto di tutto il film in cui si percepisce una cosa simile, per fortuna.


E' vero, verissimo, che Joe Berlinger mostra interviste di ragazze incapaci di convincersi di come quel bel ragazzo dal modo di fare spigliato e gentile possa essere un serial killer efferato, ed è anche vero che Carole Ann Boone ha scelto di sposarlo durante il processo, ma queste scelte ed opinioni non nascono dal fascino: nascono, appunto, dall'incapacità di credere, a prescindere da tutte le prove disponibili, ché la teoria del GomBloDDoH non è qualcosa nata ora su internet. Un'incapacità (o, meglio, mancanza di volontà) di credere che non ha impedito comunque a Elizabeth Kloepfer, all'epoca fidanzata con Bundy, di sospettare e superare ogni tipo di sentimento davanti a coincidenze un po' troppo grandi per poter essere ignorate. E, aggiungo, il Ted Bundy del film avrà anche il visetto di Zac Efron ma non è affascinante per niente, anzi. Nonostante non venga mai mostrato Bundy nell'atto di compiere i suoi crimini, lasciando così virtualmente il beneficio del dubbio almeno fino alla fine, il ritratto che emerge è quello di un ragazzo pieno di sé, strafottente, consapevole di essere bello e pronto ad esibirsi in numeri di inaudita, ridicola sfacciataggine anche per un sistema giudiziario consacrato allo spettacolo come quello americano ma tuttavia incapace di convincere poliziotti, avvocati e giudici, convinti a ragione di avere davanti agli occhi un mostro di una malizia immane. Il risultato è sconvolgente perché uno pensa all'esagerazione dello strumento cinematografico e poi si trova a dover testimoniare come molte delle intemperanze di Bundy, riportate sui titoli di coda attraverso filmati d'epoca, fossero vere, reali quanto l'allegria guascona mostrata nelle interviste, da far accapponare la pelle.


Merito di uno che l'argomento lo conosce bene, visto che il regista Joe Berlinger ha sfornato per Netflix anche la serie Conversazioni con un killer: il caso Bundy, che non mancherò di recuperare nei prossimi giorni. Il regista ha scelto l'approccio psicologico e giudiziario, lasciando da parte l'efferatezza, affidando interamente il dolore e lo sconcerto delle vittime alla Liz Kendall della brava Lily Collins, fanciulla uscita indenne fisicamente dalla relazione con Bundy ma completamente annientata nell'animo al pari dell'altra povera crista che si è ritrovata a sostituirla, ingannata dal bel Ted tanto da aiutarlo in tribunale e condannare una bambina a portare il suo stesso cognome. Tra canzoni inserite qui e là ad hoc, sapienti ricostruzioni processuali, flashback inquietanti e confronti al cardiopalma, mai mi sarei aspettata di dover ammettere che Zac Efron è un Ted Bundy perfetto, terribilmente inquietante nel suo atteggiamento da bravo ragazzo piacione e capace di mangiarsi tutto il resto del pur valido cast. L'unico a cui, se permette, non gliela si mena, è un meraviglioso John Malkovich che compare poco ma lascia il segno (e pensare che il giudice vero era realmente così caustico, severo, scoglionato ma giusto come lo interpreta Malkovich) anche più del protagonista. In soldoni, film interessante e godibilissimo, con un unico, enorme difetto: è stato distribuito ovunque su Netflix, che lo produce, tranne in Italia, dove ovviamente potete trovarlo in ben pochi cinema oltre che mal titolato. C'è solo da sperare che la piattaforma on line se l'accaparri presto anche da noi, soprattutto perché visto in lingua originale rende ovviamente molto di più.


Di Lily Collins (Liz Kendall), Zac Efron (Ted Bundy), Jeffrey Donovan (John O'Connell, avvocato difensore dello Utah), Dylan Baker (David Yocom, pubblico ministero dello Utah), Haley Joel Osment (Jerry), Brian Geraghty (Pubblico difensore Dan Dowd), Jim Parsons (Pubblico ministero Larry Simpson) e John Malkovich (Giudice Edward D. Cowart) ho parlato ai rispettivi link.

Joe Berlinger è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Il libro segreto delle streghe: Blair Witch 2 prima di convertirsi ai documentari, tra i quali segnalo Paradise Lost 3: Purgatory e Conversazioni con un killer: il caso Bundy. Anche produttore, attore e sceneggiatore, ha 58 anni.


Kaya Scodelario interpreta Carole Anne Boone. Inglese, ha partecipato a film come Moon e Pirati dei Caraibi - La vendetta di Salazar. Ha 27 anni e due film in uscita tra cui Crawl.


James Hetfield, cantante dei Metallica, compare per la prima volta nel ruolo di attore come Bob Hayward, un poliziotto. Se la figura di Ted Bundy vi interessa, parecchi film e serie si sono dedicati a lui: Il mostro, film per la TV del 1986, Ted Bundy, Ted Bundy - Il serial killer e Bundy, più virato sull'horror e con Kane Hodder tra i protagonisti, senza dimenticare ovviamente Conversazioni con un kiler: il caso Bundy, diretto sempre da Joe Berlinger e disponibile su Netflix. ENJOY!

domenica 17 settembre 2017

La fratellanza (2017)

Avrei tanto voluto parlarvi di Leatherface ma tant'è, qui non è uscito e in quanto anteprima italiana sarà difficile reperirlo ancora per un po'. Ho così ripiegato su un film arrivato in sala la settimana scorsa, ovvero La fratellanza (Shot Caller), diretto e sceneggiato dal regista Ric Roman Waugh.


Trama: un broker padre di famiglia viene condannato per omicidio stradale dopo aver fatto un incidente da ubriaco. L'uomo finisce in un carcere dove non c'è distinzione tra assassini recidivi e semplici vittime della sfortuna e, per sopravvivere, è costretto ad unirsi a una delle gang che lo popolano...


Immaginate di essere un riccastro dalla bella vita, con una moglie stupenda e un figlio piccolo e carino a rallegrarvi le giornate. Immaginate di uscire una sera con gli amichetti altrettanto abbienti, bere un bicchiere di troppo e fare un incidente d'auto mentre, invece di tenere gli occhi sulla strada e le mani al volante, vi distraete per dare il cinque al collega d'ufficio, causandone la morte. In America non vanno tanto per il sottile: che abbiate impugnato una pistola e compiuto una strage oppure abbiate commesso il peggiore errore della vostra vita il risultato è lo stesso, vi tocca il carcere duro assieme alla peggiore feccia della società. Ah, ma che gentili. Oh, magari poi succede così anche in Italia ma io del sistema carcerario nostrano conosco solo la realtà della sit-com Belli dentro (che vergogna...) quindi mi sono stupita del fatto che, già la prima sera di carcere, lo sfigatissimo Jacob, futuro Money, fosse costretto a condividere un enorme stanzone con novellini incaprettati da omaccioni villosi. Insomma, non dico di metterlo in una cella privata con la TV ma almeno fare distinzione tra i vari convitti ed impedire che persone innocenti fino al giorno prima si ritrovino chiuse assieme a dei mostri potrebbe essere una buona idea. Anche perché potrebbe succedere come ne La fratellanza, ovvero che il broker impegnato nell'unico esercizio fisico settimanale di una partita di basket tra colleghi si trasformi, onde sopravvivere, in una macchina da guerra capace di arrivare, nel giro di pochi anni, ai vertici della malavita carceraria. E senza nemmeno diventare il fidanzatino di qualcuno, guarda a volte la fortuna! La fratellanza parte quindi da questo assunto abbastanza sconvolgente per rappresentare il dramma umano di un uomo costretto a farsi mostro per non soccombere alle dure regole del carcere e anche per proteggere la famiglia che lo aspetta fuori, sacrificando ogni cosa per un bene superiore pur rimanendo fondamentalmente una brava persona, ancora in grado di distinguere i "buoni" dai "cattivi", per quanto possa essere assurda una simile distinzione nel mondo della malavita. Per fortuna, l'aspetto valido de La fratellanza è proprio il rifiuto di dividere i personaggi in categorie nette (per quanto alcuni stereotipi del genere vengano utilizzati, si veda lo sbirro corrotto) e di lasciarli invece gravitare all'interno di aree grigie più o meno cupe, moglie del protagonista compresa, senza concedere loro happy ending o redenzione. Il tutto mentre, sullo sfondo, assistiamo alla più classica trama da gangsta movie, tra scambi di armi, scontri tra gang, informatori, poliziotti duri e puri e boss della mala che muovono le loro pedine anche da dietro le sbarre.


A Ric Roman Waugh (già regista di un film a tema come Felon - Il colpevole) evidentemente l'ambientazione carceraria e il mondo di questi criminali incalliti devono piacere molto perché è palese il gusto con cui indugia su corpi quasi interamente tatuati, sudore, sporcizia e tanto, tanto sangue, spillato nel modo più brutale ed efficace possibile, mentre la cinepresa coglie ogni dettaglio del volto tormentato del protagonista, tra sguardi fuggenti, espressioni dove la disperazione fatica a rimanere nascosta e movimenti nervosi, come quelli di una tigre in gabbia. Lentamente ma inesorabilmente si arrivano così a provare pietà e anche una sorta di rispetto per il "Money" di Nikolaj Coster-Waldau, costretto da impietose esigenze di scena ad esibire sì un fisico della madonna e un disagio interiore che il buon vecchio Jamie Lannister si sognerebbe, ma anche un paio di baffi da Village People che fanno decisamente a pugni con l'ambiente "virile" dipinto nel film, zeppo di cosiddetti fratelli (da qui il titolo italiano) che in teoria dovrebbero dare la vita l'uno per l'altro. Nonostante quest'ultimo, inquietante dettaglio, c'è da dire che l'attore fa un lavoro ottimo e assieme ad un Jon Bernthal sempre più bravo e perfetto per i ruoli da carogna (aspettiamo The Punisher su Netflix, ovviamente!!) spicca su un cast composto da facce da galera terrificanti, gente che a vederla in giro comincerei a scappare a velocità WARP! per evitare di venire violentata o peggio. Diciamo che Waugh non indora affatto la pillola e non cerca neppure per un secondo di rendere affascinante il mondo in cui viene a trovarsi Money, sottolineandone la pericolosità in tutti i modi possibili, sia per quel che riguarda i malviventi che per quel che concerne i poliziotti, in primis quelli costretti a fare da "controllori" per i detenuti in libertà vigilata. Anche per questo motivo La fratellanza è un film magari non innovativo ma comunque assai apprezzabile, soprattutto se vi piace questo genere di pellicole. E anche se siete fan di Game of Thrones, perché no? Baffoni a parte, Coster-Waldau è sempre un bell'omino, lo dico dai tempi de La madre!


Di Jon Bernthal, che interpreta Frank, ho già parlato QUI mentre Holt McCallany, ovvero The Beast, lo trovate QUA.

Ric Roman Waugh è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Snitch - L'infiltrato. Anche stuntman, attore e produttore, ha 49 anni e un film in uscita.


Nikolaj Coster-Waldau interpreta Jacob. Danese, conosciuto per il ruolo di Jamie Lannister nella serie Game of Thrones, ha partecipato anche a film come Il guardiano di notte, La madre e ha doppiato un episodio de I Simpson. Anche produttore e sceneggiatore, ha 47 anni e un film in uscita.


Jeffrey Donovan interpreta Bottles. Americano, ha partecipato a film come Sleepers, Il libro segreto delle streghe: Blair Witch 2,  J. Edgar e a serie quali Millenium, Jarod il camaleonte, CSI: Miami, Monk e Fargo. Anche produttore e regista, ha 49 anni e un film in uscita.


Emory Cohen interpreta Howie. Americano, ha partecipato a film come Come un tuono, Brooklyn e War Machine. Ha 27 anni e due film in uscita.


Se La fratellanza vi fosse piaciuto recuperate Le ali della libertà e Animal Factory. ENJOY!


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