Dear Quentin,
sono sempre io, dopo ben quattro anni. Nel frattempo ti sei sposato, aspetti un figliolo, e io dico: c'era bisogno di arrivare a tanto con questa donna dello schermo quando io, la tua Beatrice, non avrei problemi a dichiarare al mondo il nostro aMMore? Guarda, ti giuro che non è per ripicca che vado dicendo in giro di come C'era una volta a... Hollywood non sia il tuo film migliore e te lo dimostrerò scrivendo solo cose belle, anzi, bellissime, sul tuo ultimo film, senza SPOILER. Posso però dire che sei stato un maledetto a tagliare le scene con Tim Roth? E posso altresì permettermi di dirti che la prossima volta mi piacerebbe un "pochettino" di coesione in più all'interno della trama, ché va bene la struttura sfilacciata, le trame incrociate e le digressioni citazioniste ma a tratti mi è sembrato di ripiombare nella lunghissima introduzione di A prova di morte (per me il film meno bello - MAI brutto! - che hai realizzato)? Bon, basta, quello che dovevo dire di negativo l'ho detto, ora passiamo alla gioia.
In tempi di orrido cinismo e snobismo cinèfilo, dove tutti hanno già visto tutto e chiunque ha un'opinione perlopiù negativa su qualsiasi pellicola, dove non ci sono più curiosità né mistero, perché tanto ogni singolo segreto di un film si può trovare on line, mi chiedo come diamine fai tu, caro Quentin, a sognare ancora. A custodire dentro il cuore ricordi lucidissimi eppure ancora intrisi di magia, a fomentare continuamente l'Amore per quel Cinema che ti ha dato tutto, fin da quando non eri nemmeno famoso, al punto da annullare ogni confine tra la realtà, il gossip da tabloid patinato e il cliché. Come Noodles che usciva da quella stazione, vecchio e zeppo di memorie filtrate dal tempo e dall'oppio, così tu ci consegni la TUA storia, la TUA Hollywood, una città fatta di luci al neon e cinema, di star che possono venirti a vivere accanto a casa, dove ogni giorno può diventare una (dis)avventura e dove fiumi di alcool e fumo mettono a tacere le coscienze di coloro per i quali il sogno o è morto o sta per trasformarsi in un incubo. I tre personaggi che sfrecciano sulle strade di Los Angeles con in capelli al vento e la musica nelle orecchie sono i tre estremi di un'ideale triangolo che racchiude in sé tutta la leggenda Hollywoodiana. Certo, il Rick Dalton di Di Caprio è il veicolo attraverso il quale ci consenti di vivere la Hollywood degli addetti ai lavori, quella non così esaltante; la Hollywood di chi, come probabilmente Luke Perry (bonanima), è rimasto confinato all'interno di un archetipo televisivo e, invecchiando, non è più riuscito ad emergere nel mare di starlette in continuo movimento, trasformandosi in una sorta di leggenda o figura indistinta nella memoria. E' con Rick Dalton che si scoprono gli "altarini" del cinema che più hai amato, quello degli italiani banfoni che con due lire si accaparravano vecchie star in declino per creare pellicole (s)cult da pochi spiccioli insinuandosi nei cuori dei cinefili onnivori, con i loro set esotici, le trame bizzarre e le locandine disegnate in maniera splendida. Ma anche qui, non si costruiva forse la leggenda? Non c'era la voglia di divertire e far sognare il pubblico, a prescindere dalla coerenza delle trame e alla faccia di qualsiasi, gigantesco what the fuck?
Quell'enorme what the fuck che è Brad Pitt, per esempio. Non fraintendermi, io l'ho amato e, come ho detto ai miei compagni di visione, vorrei un Brad Pitt personale in casa per morire dal ridere ogni volta che sono depressa, ma riflettendo su Cliff Booth ho trovato l'elemento di pura finzione all'interno del film, l'estremo "surreale" del triangolo. Cliff Booth è l'eroe tipico degli spaghetti western, il cowboy bruciato dal sole dalla battuta facile e dall'indolenza gigantesca, un po' cavaliere dal cuore d'oro e un po' galeotto, colui che ha il compito di difendere il Sogno contro la realtà che minaccia di privarlo di tutta la sua innocenza, in una Los Angeles di fine anni '60 trasformata in isola felice contro tutti i cambiamenti sociali e le brutture dell'America e del mondo. La realtà gli scivola addosso, come già succedeva ad Aldo Rayne in Bastardi senza gloria, e non è un caso se l'artefice del più clamoroso what if? della pellicola è proprio lui. E poi c'è lei, Margot Robbie. Ora, c'è stato un momento, verso la fine del film, in cui la gente rideva e applaudiva. Io non ce l'ho fatta. Non lo so perché la storia di Sharon Tate e dell'orribile destino toccato in sorte a lei e ai suoi amici mi ha sempre toccata nel profondo, sta di fatto che mentre tutti ridevano io lottavo contro il magone. Sì perché tu sei riuscito a trasformare Sharon Tate nella fata buona, nell'incarnazione stessa di quel sogno chiamato Cinema. Bellissima e leggiadra, Margot Robbie col suo sorriso incantevole trasuda amore e giovinezza da ogni poro, ed è l'immagine stessa dell'innocenza di una Hollywood che non tornerà mai più e forse non è mai esistita; vederla piena di entusiasmo varcare la soglia di un cinema che proietta uno dei suoi film scalda il cuore e trasmette un briciolo della sensazione di trionfo che sicuramente anche tu hai provato nel corso non solo di blasonate anteprime, ma soprattutto quando nessuno ti considerava, confuso nella folla, nascosto nell'ombra a spirare la reazione degli spettatori davanti a ciò che avevi scritto, magari diretto. Ma fosse solo quello. La figura di Sharon Tate trasporta in un mondo altro, in una Favola che si vorrebbe non finisse mai, e quello che è rimasto durante i titoli di coda, almeno a me, è un enorme nodo alla gola al pensiero che quell'innocenza meravigliosa e anche un po' ignorante l'abbiamo persa tutti da troppo tempo.
E allora, abbandoniamoci all'amore e all'innocenza, che cazzo. Alla gioia di rivedere facce amatissime (ciao Michael, ciao Zoe, ciao Lorenza, ciao Kurt), di prendere le tue auto-citazioni, le ricostruzioni di film e telefilm, i tuoi marchi di fabbrica e usarli come una calda coperta di Linus per affrontare il freddo della steppa di cinèfili dell'internet senza cuore, perché alla fine se è vero che il Cinema è un mondo e che siamo fatti al 90% dei film che abbiamo visto, il tuo microcosmo è uno di quelli in cui mi perdo più volentieri. E allora, abbandoniamoci alle grasse risate davanti al solito, favoloso Di Caprio che solo tu riesci a fare brillare come una stella, accoppiato ad un Brad Pitt che, porco cane, ma manda al diavolo il futuro film di Star Trek (dai, amore mio, mi fa schifo, lo sai. Rinunciaci) e realizza una COMMEDIA con loro due come protagonisti, ti prego! Abbandoniamoci e soprattutto chiniamo il capo davanti alla bellezza incredibile della colonna sonora, che mi ha fatto muovere a tempo la testa per tutta la durata del film, quando non ero impegnata a rimanere a bocca aperta davanti alle immagini che scorrevano sullo schermo (apro parentesi. Si vede che qui hai potuto fare un po' come hai voluto, libero da Weinstein ecc. C'era una volta a Hollywood è meno "stiloso" in maniera artefatta e più "tuo"). Abbandoniamoci (anche se lì, lo ammetto, ho fatto resistenza ma hai capito perché. Anche per questo devo rivedere il film) alla fottuta catarsi da cinema di serie Z, a quella valvola di sfogo che incanala tutto il disprezzo nei confronti di chi ha privato Hollywood di buona parte della sua innocenza per colpa di un matto invidioso che ha mandato "il Diavolo a fare i cazzi del Diavolo", giusto per ribadire come davanti a gente inutile si debba rispondere con menefreghistico disprezzo. Abbandoniamoci alla speranza, all'ottimismo, al "e vissero tutti felici e contenti", per una volta, facendoci accogliere dai volti amici di persone che vediamo sullo schermo quasi ogni giorno e che ogni volta ci fanno fuggire dalla realtà, così come loro, chissà, fuggono dalla propria solo grazie a noi umili spettatori.
Che ti devo dire, ancora, Quentin mio? Più ci rifletto sopra, più C'era una volta a... Hollywood diventa bellissimo e interessante. Vorrei rivederlo subito, ovviamente in lingua originale, che l'adattamento italiano lasciamolo perdere, per cogliere tutti i dettagli che ho perso durante la prima visione e scoprire ancora ulteriori strati di questo splendido delirio cinefilo, quindi grazie, come sempre. E anche un po' vaffanculo, dai, ché son buoni tutti a sposarsi la sgnoccolona trentatreenne israeliana. Potevi anche accontentarti della sgnoccolona trentottenne ligure, vecchio porcello.
Del regista e sceneggiatore Quentin Tarantino, la cui voce si può sentire durante lo spot delle Red Apple, ho già parlato QUI. Leonardo di Caprio (Rick Dalton), Brad Pitt (Cliff Booth), Margot Robbie (Sharon Tate), Emile Hirsch (Jay Sebring), Timothy Olyphant (James Stacy), Dakota Fanning (Squeaky Fromme), Bruce Dern (George Spahn), Luke Perry (Wayne Maunder), Al Pacino (Marvin Schwarz), Lorenza Izzo (Francesca Capucci), Harley Quinn Smith (Froggie), Danielle Harris (Angel), Clifton Collins Jr. (Ernesto il vaquero messicano), Rumer Willis (Joanna Pettet), Rebecca Gayheart (Billie Booth), Kurt Russell (Randy e, in originale, anche il narratore), Zoe Bell (Janet) e Michael Madsen (Sceriffo Hackett di Bounty Law) li trovate invece ai rispettivi link.
Margaret Qualley interpreta Pussycat. Americana, ha partecipato a film come The Nice Guys, Death Note e a serie quali Fosse/Verdon. Ha 25 anni e un film in uscita.
Tra le millemila guest star presenti nella pellicola segnalo la ahimé moglie di Quentin, Daniella Pick, il Friederich di Tutti insieme appassionatamente, Nicholas Hammond (che interpreta Sam Wanamaker) e, tra i figli d'arte, quella di Ethan Hawke e Uma Thurman, Maya Hawke, nei panni di Flowerchild, mentre il povero Tim Roth, inserito nei titoli di coda, è protagonista delle scene eliminate, quindi non compare nel film. Non ce l'ha fatta nemmeno Burt Reynolds (che, di fatto, era il "cattivo" dell'episodio di F.B.I. presente nel film), purtroppo venuto a mancare prima di poter girare le scene in cui avrebbe dovuto interpretare George Spahn. Se il film vi fosse piaciuto, ovviamente vi consiglierei di recuperare la filmografia di Tarantino ma siccome lo stesso Quentin ha stilato un elenco di pellicole da vedere in preparazione di C'era una volta a Hollywood, perché non seguirlo e recuperare Bob & Carol & Ted & Alice, Fiore di cactus, Easy Rider, L'amante perduta, La battaglia del Mar dei Coralli, L'impossibilità di essere normale, Missione compiuta stop. Bacioni Matt Helm, Trafficanti del piacere, Il sentiero della violenza e I pistoleri maledetti? ENJOY!
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venerdì 20 settembre 2019
venerdì 9 novembre 2018
Il mistero della casa del tempo (2018)
Mercoledì sono andata a vedere Il mistero della casa del tempo (The House with a Clock in its Walls), diretto dal regista Eli Roth e tratto dal libro omonimo di John Bellairs.
Trama: rimasto orfano, il piccolo Lewis va a vivere con lo zio Jonathan, il quale si rivela essere uno stregone. La vita di Lewis si arricchisce così di incredibile magia ma la casa di Jonathan nasconde anche un pericoloso segreto...
E così, dopo l'horror, il thriller sexy e l'action, Eli Roth è approdato al fantasy per ragazzini. Benché la notizia mi avesse fatto storcere abbastanza il naso, una volta visti i primi trailer la curiosità di vedere Il mistero della casa del tempo era indubbiamente salita e così, quando è uscito, sono corsa quasi subito al cinema. Prodotto dalla Amblin, il film è un'avventura fantastica con tutti i crismi, che strizza l'occhio al vecchio L'apprendista stregone della Disney, alla saga di Harry Potter, al primo Piccoli Brividi e a cose un po' più di "nicchia" e lontane da un pubblico di ragazzini come Hugo Cabret, Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet e persino i capolavori di Wes Anderson. Da questi ultimi è stata sicuramente mutuata la natura weird e fondamentalmente stilosetta del piccolo protagonista, un topino di biblioteca munito di occhialoni e immancabile farfallino d'ordinanza, capitato a casa di un uomo che fa dello "strano", della diversità, i punti di forza dai quali ricavare le magie più folli. Al di là dell'aspetto magico, sul quale tornerò nel prossimo paragrafo, la trama de Il mistero della casa del tempo mette in scena una famiglia che più atipica non si può, composta da due "genitori" che tali non sono, amici di vecchissima data che si aiutano a vicenda a superare i rispettivi traumi del passato e si imbarcano nel difficile compito di tenere sott'occhio un ragazzino con tanti problemi e tantissime qualità positive; attraverso quest'ultimo, persino due maghi scafati impareranno che l'importante nella vita è non arrendersi mai, nemmeno di fronte alle tragedie più grandi (tra le righe, ci sono riferimenti ai campi di concentramento), mentre il piccoletto imparerà a fare tesoro delle proprie particolarità, per quanto possano risultare strane agli occhi degli altri, e a trovare la vera forza in se stesso. Un film per tutta la famiglia, quindi, reso più "pepato" da quel pizzico di horror inserito nella ricetta, tra necromanzia, morti che ritornano, omicidi, qualche goccia di sangue e momenti di genuino terrore a base di pupazzi meccanici e burattini semoventi che probabilmente ai bambini non diranno nulla ma porco schifo io volevo uscire di corsa dalla sala.
Piccoli tocchi alla Eli Roth, dunque? Mah. A parte il cameo del regista e la comparsa della ex (mwahaahahahaha!!! scusate) moglie Lorenza Izzo, la mano di cialtronetto Roth non si percepisce quasi, tanto il "ragazzo" ha ripulito il suo stile. La regia è classica che più non si può e, rispetto all'abilità dietro la cinepresa, quello che si apprezza maggiormente ne Il mistero della casa del tempo è l'immenso lavoro dietro le bellissime scenografie, con la favolosa casa di Jonathan che prende vita più grazie ai dettagli dell'infinità di orologi, arredi, affreschi, vetrate, scale e porte che ai pur validi effetti speciali, per non parlare dei gradevoli costumi, che danno un tocco di personalità in più ad ogni personaggio. Gli effetti speciali invece sono una delle note dolenti del film. Per la maggior parte della durata, il tocco della magia digitale non si avverte quasi o, meglio, è perfettamente amalgamata alle sequenze, le arricchisce con una delicatezza rara per questo genere di pellicola; purtroppo, verso il finale ci sono un paio di aberrazioni capaci di far venire i brividi e non parlo delle già citate bambole (splendide nella loro inquietante bruttezza) quanto piuttosto del povero Jack Black ridotto a infante col testone, picco trash che fa il paio con la scelta di far defecare di continuo la siepe-leone mentre Neil Marshall ringrazia per la citazione al suo The Bad Seed. Niente da dire invece per Jack Black e Cate Blanchett, entrambi bravissimi, palesemente divertiti e dotati di un'alchimia non comune, mentre il povero Kyle MacLachlan purtroppo compare davvero poco e, nonostante tutto ruoti attorno a lui, mi è parso un villain non troppo incisivo. Insomma, l'approccio di Eli Roth al fantasy per ragazzi ha portato a un film gradevole e simpatico, valido per passare un paio d'ore di svago, nulla più e nulla meno. Il rischio, se di rischio si può parlare, è che con questo andazzo Roth diventi uno dei mille registi senza infamia e senza lode che popolano Hollywood, privo di tratti distintivi e perfetto per assecondare i bisogni dei vari studios. Per carità, la gente così ci campa e Roth non è mai stato chissà quale Autore, però mi permetto di provare lo stesso un po' di tristezza.
Del regista Eli Roth, che compare anche nei panni di Compagno Ivan, ho già parlato QUI. Jack Black (Jonathan Barnavelt), Cate Blanchett (Florence Zimmerman), Kyle MacLachlan (Isaac Izard), Colleen Camp (Mrs. Hanchett) e Lorenza Izzo (Mamma) li trovate invece ai rispettivi link.
Sunny Suljic, che interpreta Tarby Corrigan, era l'inquietante figlio di Colin Farrel ne Il sacrificio del cervo sacro. Se Il mistero della casa del tempo vi fosse piaciuto recuperate Piccoli brividi. ENJOY!
Trama: rimasto orfano, il piccolo Lewis va a vivere con lo zio Jonathan, il quale si rivela essere uno stregone. La vita di Lewis si arricchisce così di incredibile magia ma la casa di Jonathan nasconde anche un pericoloso segreto...
E così, dopo l'horror, il thriller sexy e l'action, Eli Roth è approdato al fantasy per ragazzini. Benché la notizia mi avesse fatto storcere abbastanza il naso, una volta visti i primi trailer la curiosità di vedere Il mistero della casa del tempo era indubbiamente salita e così, quando è uscito, sono corsa quasi subito al cinema. Prodotto dalla Amblin, il film è un'avventura fantastica con tutti i crismi, che strizza l'occhio al vecchio L'apprendista stregone della Disney, alla saga di Harry Potter, al primo Piccoli Brividi e a cose un po' più di "nicchia" e lontane da un pubblico di ragazzini come Hugo Cabret, Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet e persino i capolavori di Wes Anderson. Da questi ultimi è stata sicuramente mutuata la natura weird e fondamentalmente stilosetta del piccolo protagonista, un topino di biblioteca munito di occhialoni e immancabile farfallino d'ordinanza, capitato a casa di un uomo che fa dello "strano", della diversità, i punti di forza dai quali ricavare le magie più folli. Al di là dell'aspetto magico, sul quale tornerò nel prossimo paragrafo, la trama de Il mistero della casa del tempo mette in scena una famiglia che più atipica non si può, composta da due "genitori" che tali non sono, amici di vecchissima data che si aiutano a vicenda a superare i rispettivi traumi del passato e si imbarcano nel difficile compito di tenere sott'occhio un ragazzino con tanti problemi e tantissime qualità positive; attraverso quest'ultimo, persino due maghi scafati impareranno che l'importante nella vita è non arrendersi mai, nemmeno di fronte alle tragedie più grandi (tra le righe, ci sono riferimenti ai campi di concentramento), mentre il piccoletto imparerà a fare tesoro delle proprie particolarità, per quanto possano risultare strane agli occhi degli altri, e a trovare la vera forza in se stesso. Un film per tutta la famiglia, quindi, reso più "pepato" da quel pizzico di horror inserito nella ricetta, tra necromanzia, morti che ritornano, omicidi, qualche goccia di sangue e momenti di genuino terrore a base di pupazzi meccanici e burattini semoventi che probabilmente ai bambini non diranno nulla ma porco schifo io volevo uscire di corsa dalla sala.
Piccoli tocchi alla Eli Roth, dunque? Mah. A parte il cameo del regista e la comparsa della ex (mwahaahahahaha!!! scusate) moglie Lorenza Izzo, la mano di cialtronetto Roth non si percepisce quasi, tanto il "ragazzo" ha ripulito il suo stile. La regia è classica che più non si può e, rispetto all'abilità dietro la cinepresa, quello che si apprezza maggiormente ne Il mistero della casa del tempo è l'immenso lavoro dietro le bellissime scenografie, con la favolosa casa di Jonathan che prende vita più grazie ai dettagli dell'infinità di orologi, arredi, affreschi, vetrate, scale e porte che ai pur validi effetti speciali, per non parlare dei gradevoli costumi, che danno un tocco di personalità in più ad ogni personaggio. Gli effetti speciali invece sono una delle note dolenti del film. Per la maggior parte della durata, il tocco della magia digitale non si avverte quasi o, meglio, è perfettamente amalgamata alle sequenze, le arricchisce con una delicatezza rara per questo genere di pellicola; purtroppo, verso il finale ci sono un paio di aberrazioni capaci di far venire i brividi e non parlo delle già citate bambole (splendide nella loro inquietante bruttezza) quanto piuttosto del povero Jack Black ridotto a infante col testone, picco trash che fa il paio con la scelta di far defecare di continuo la siepe-leone mentre Neil Marshall ringrazia per la citazione al suo The Bad Seed. Niente da dire invece per Jack Black e Cate Blanchett, entrambi bravissimi, palesemente divertiti e dotati di un'alchimia non comune, mentre il povero Kyle MacLachlan purtroppo compare davvero poco e, nonostante tutto ruoti attorno a lui, mi è parso un villain non troppo incisivo. Insomma, l'approccio di Eli Roth al fantasy per ragazzi ha portato a un film gradevole e simpatico, valido per passare un paio d'ore di svago, nulla più e nulla meno. Il rischio, se di rischio si può parlare, è che con questo andazzo Roth diventi uno dei mille registi senza infamia e senza lode che popolano Hollywood, privo di tratti distintivi e perfetto per assecondare i bisogni dei vari studios. Per carità, la gente così ci campa e Roth non è mai stato chissà quale Autore, però mi permetto di provare lo stesso un po' di tristezza.
Del regista Eli Roth, che compare anche nei panni di Compagno Ivan, ho già parlato QUI. Jack Black (Jonathan Barnavelt), Cate Blanchett (Florence Zimmerman), Kyle MacLachlan (Isaac Izard), Colleen Camp (Mrs. Hanchett) e Lorenza Izzo (Mamma) li trovate invece ai rispettivi link.
Sunny Suljic, che interpreta Tarby Corrigan, era l'inquietante figlio di Colin Farrel ne Il sacrificio del cervo sacro. Se Il mistero della casa del tempo vi fosse piaciuto recuperate Piccoli brividi. ENJOY!
mercoledì 6 luglio 2016
Holidays (2016)
Spinta dalla presenza di un certo "scimmiottino verde" e dalla natura episodica dell'operazione, in questi giorni ho recuperato Holidays, antologia horror dedicata appunto alle festività.
Holidays comincia con Valentine's Day, innocuo antipasto a tema servito dai realizzatori del pregevole Starry Eyes. L'ambiente è quello tipico del liceo americano, fatto di ragazzine insignificanti che vengono derise da altre mocciose che "se la credono" (l'incipit dell'episodio è un incrocio tra quello di Carrie - Lo sguardo di satana e gli scherzi subiti da Rochelle in Giovani Streghe), e la conseguente, nonché giusta, vendetta della sfigata è altrettanto prevedibile. Sinceramente da Kevin Kolsch e Dennis Widmyer, che pur sanno dosare molto bene la tensione, mi aspettavo di più, anche perché l'episodio viene letteralmente surclassato dai due seguenti, St. Patrick's Day e, soprattutto, Easter. Per chi come me ama l'Irlanda St.Patrick's Day offre già di partenza una trama assai intrigante ed inaspettata ma la bellezza dell'episodio in sé sta tutta nello spietato umorismo nero che lo caratterizza e nella rapidità del montaggio, che incalza lo spettatore trascinandolo incredulo e anche un po' disgustato verso un finale che è il trionfo del kitsch: "Fuckin'Danny Zucko" rimarrà probabilmente negli annali ma mai quanto la faccia del serpentello felice. E più non dimandate. Cercherò di non spoilerarvi nulla neppure riguardo a Easter, l'episodio più riuscito e genuinamente terrificante del mazzo, oltre che quello più blasfemo. D'altronde, la figura del coniglio pasquale non so dove diamine l'abbiano tirata fuori in America e provateci voi a spiegare ad una bambina il significato della Pasqua cristiana senza farla uscire di testa. Detto questo, Easter si becca di sicuro la palma del make-up e degli effetti speciali (è zeppo di immagini che non mi toglierò MAI PIU' dalla testa) mentre Nicholas McCarthy si riconferma Autore da tenere d'occhio, non banale né tenero. Grazie, Nick. Mother's Day è un altro interessantissimo episodio, non a caso scritto e diretto da due donne, interamente incentrato (almeno per come l'ho vissuto io) sullo stress dell'essere madri a tutti i costi e su un diritto di scelta spesso sacrificato a preconcetti o idee retrograde; il mito del "femminino sacro", lungi dall'essere per tutti fonte di consolazione, spesso può essere un fardello in grado di portare a conseguenze estreme.
La seconda parte della pellicola comincia con Father's Day. Se le madri sono solitamente associate al parto e alla nascita, i padri sono sempre associati al ricordo e all'infanzia e l'episodio diretto da Anthony Scott Burns non fa eccezione. La bellezza di Father's Day coincide con la sua struttura particolare, un costante sovrapporsi di voci passate che guidano il presente, alla scoperta di un mistero che probabilmente sarebbe stato meglio lasciare celato. Il finale aperto dell'episodio è molto bello e in generale l'atmosfera che lo permea è inquietante e tesa come piace a me. Qui, se volete, potete anche smettere di guardare Holidays perché gli episodi interessanti si consumano per lasciare spazio ai rimasugli che, non a caso, cominciano con l'intervento di Kevin Smith. Ora, perché diamine Smith abbia deciso di darsi all'horror rimane per me uno dei più grandi misteri dell'universo e lo stesso vale per la sua scelta di far recitare a tutti i costi la figlia Harley Quinn in ruoli imbarazzanti: in questo caso, tra un "fuck", un "Whore" e un "pussy", Smith ci racconta l'Halloween alternativo di un terzetto di camgirls sfruttate dalla versione stronza e laida di Obelix. Se vi piace il genere, l'episodio può giusto essere una stupidata per adolescenti alle prime armi, io ho solo apprezzato il contrasto tra la crudezza delle immagini mostrate e i conseguenti commenti in live chat, con tanto di smiley, il resto scivola via come acqua. Altrettanto inconsistente è Christmas che, ironicamente, è il segmento che mi ha spinta a guardare il film in quanto avente come protagonista l'adorato Seth Green (e la moglie Claire Grant, fortunata donnaccia!). Christmas sfrutta la consumistica corsa natalizia al gadget del momento per gettare uno sguardo indiscreto su ciò che nascondono le famiglie borghesi e la mente delle cosiddette "acque chete" ma il risultato non è particolarmente graffiante né ironico e sottoutilizza un Seth Green che ha fatto di meglio. In chiusura, arriva un'altra donnaccia fortunata, ovvero Lorenza Izzo, l'unica attrice capace di essere una gnocca stratosferica in un film e un cesso mostruoso in quello dopo, come in questo caso. New Year's Eve racconta l'incontro tramite sito per single di due casi umani di incredibile tristezza e bruttezza, un appuntamento al buio destinato a finire in un modo assai particolare... vedere per credere! E complimenti ad Adam Egypt Mortimer per aver risollevato sul finale un film che rischiava di concludersi in un trionfo di diludendo.
Riassumendo, credo che Holidays sia l'ennesimo esempio di un cinema ad episodi che sta sicuramente prendendo campo ma che ancora non riesce a trovare una coerenza per quel che riguarda la qualità di ogni singolo segmento né la capacità di equilibrare momenti faceti a momenti horror, alternando magari episodi più sostanziosi a qualche divertissement per far riposare il cervello. Di sicuro è un genere di struttura che regala gioie e dolori, un po' come succede spacchettando i regali a Natale, quindi direi che rimanendo in tema "festività" è perfetto e sicuramente non è il film ad episodi peggiore che ho visto. Dategli un'occhiata, potreste anche divertirvi!
Dei registi Kevin Kolsh e Dennis Widmyer (Valentine's Day), Nicholas McCarty (Easter), Kevin Smith (Halloween), Scott Stewart (Christmas) e degli attori Lorenza Izzo (Jean) e Seth Green (Pete Gunderson) ho parlato ai rispettivi link.
Michael Gross interpreta il papà nel segmento Father's Day. Americano, lo ricordo per film come Tremors, Tremors 2: Aftershocks, Tremors 3: Ritorno a Perfection, Tremors 4 - Agli inizi della leggenda e Tremors 5: Bloodlines inoltre ha partecipato a serie come Casa Keaton, Oltre i limiti, Ally McBeal, Tremors, ER - Medici in prima linea, CSI: NY, Medium, How I Met Your Mother, CSI: Scena del crimine e doppiato un episodio de I Griffin. Anche produttore, ha 69 anni e un film in uscita.
Harley Quinn Smith interpreta Holly nel segmento Halloween. Figlia ovviamente di Kevin Smith, la ricordo per film come Jay e Silent Bob.. Fermate Hollywood!, Clerks 2 e Tusk. Ha 17 anni e quattro film in uscita, tra cui Yoga Hosers e i futuri, probabilissimi Mallbrats (seguito di Generazione X, ho già paura!) e Moose Jaws.
Gary Shore, regista di St. Patrick's Day, ha diretto soltanto Dracula Untold mentre le registe di Mother's Day, Ellen Reid e Sarah Adina Smith sono alla loro prima collaborazione e la Smith ha all'attivo solo un lungometraggio, The Midnight Swim, oltre ad alcuni corti; Anthony Scott Burns, regista di Father's Day, è invece il responsabile degli effetti speciali di The Last Exorcism - Liberaci dal male mentre Adam Egypt Mortimer, regista di New Year's Eve, ha diretto Some Kind of Hate, che devo ancora vedere. Per quel che riguarda gli attori, compare tra gli altri Sonja Kinski, figlia di Nastassja e nipote di Klaus, nel segmento Mother's Day. Detto questo, se Holidays vi fosse piaciuto recuperate Tales of Halloween, The ABCs of Death e The ABCs of Death 2. ENJOY!
Holidays comincia con Valentine's Day, innocuo antipasto a tema servito dai realizzatori del pregevole Starry Eyes. L'ambiente è quello tipico del liceo americano, fatto di ragazzine insignificanti che vengono derise da altre mocciose che "se la credono" (l'incipit dell'episodio è un incrocio tra quello di Carrie - Lo sguardo di satana e gli scherzi subiti da Rochelle in Giovani Streghe), e la conseguente, nonché giusta, vendetta della sfigata è altrettanto prevedibile. Sinceramente da Kevin Kolsch e Dennis Widmyer, che pur sanno dosare molto bene la tensione, mi aspettavo di più, anche perché l'episodio viene letteralmente surclassato dai due seguenti, St. Patrick's Day e, soprattutto, Easter. Per chi come me ama l'Irlanda St.Patrick's Day offre già di partenza una trama assai intrigante ed inaspettata ma la bellezza dell'episodio in sé sta tutta nello spietato umorismo nero che lo caratterizza e nella rapidità del montaggio, che incalza lo spettatore trascinandolo incredulo e anche un po' disgustato verso un finale che è il trionfo del kitsch: "Fuckin'Danny Zucko" rimarrà probabilmente negli annali ma mai quanto la faccia del serpentello felice. E più non dimandate. Cercherò di non spoilerarvi nulla neppure riguardo a Easter, l'episodio più riuscito e genuinamente terrificante del mazzo, oltre che quello più blasfemo. D'altronde, la figura del coniglio pasquale non so dove diamine l'abbiano tirata fuori in America e provateci voi a spiegare ad una bambina il significato della Pasqua cristiana senza farla uscire di testa. Detto questo, Easter si becca di sicuro la palma del make-up e degli effetti speciali (è zeppo di immagini che non mi toglierò MAI PIU' dalla testa) mentre Nicholas McCarthy si riconferma Autore da tenere d'occhio, non banale né tenero. Grazie, Nick. Mother's Day è un altro interessantissimo episodio, non a caso scritto e diretto da due donne, interamente incentrato (almeno per come l'ho vissuto io) sullo stress dell'essere madri a tutti i costi e su un diritto di scelta spesso sacrificato a preconcetti o idee retrograde; il mito del "femminino sacro", lungi dall'essere per tutti fonte di consolazione, spesso può essere un fardello in grado di portare a conseguenze estreme.
La seconda parte della pellicola comincia con Father's Day. Se le madri sono solitamente associate al parto e alla nascita, i padri sono sempre associati al ricordo e all'infanzia e l'episodio diretto da Anthony Scott Burns non fa eccezione. La bellezza di Father's Day coincide con la sua struttura particolare, un costante sovrapporsi di voci passate che guidano il presente, alla scoperta di un mistero che probabilmente sarebbe stato meglio lasciare celato. Il finale aperto dell'episodio è molto bello e in generale l'atmosfera che lo permea è inquietante e tesa come piace a me. Qui, se volete, potete anche smettere di guardare Holidays perché gli episodi interessanti si consumano per lasciare spazio ai rimasugli che, non a caso, cominciano con l'intervento di Kevin Smith. Ora, perché diamine Smith abbia deciso di darsi all'horror rimane per me uno dei più grandi misteri dell'universo e lo stesso vale per la sua scelta di far recitare a tutti i costi la figlia Harley Quinn in ruoli imbarazzanti: in questo caso, tra un "fuck", un "Whore" e un "pussy", Smith ci racconta l'Halloween alternativo di un terzetto di camgirls sfruttate dalla versione stronza e laida di Obelix. Se vi piace il genere, l'episodio può giusto essere una stupidata per adolescenti alle prime armi, io ho solo apprezzato il contrasto tra la crudezza delle immagini mostrate e i conseguenti commenti in live chat, con tanto di smiley, il resto scivola via come acqua. Altrettanto inconsistente è Christmas che, ironicamente, è il segmento che mi ha spinta a guardare il film in quanto avente come protagonista l'adorato Seth Green (e la moglie Claire Grant, fortunata donnaccia!). Christmas sfrutta la consumistica corsa natalizia al gadget del momento per gettare uno sguardo indiscreto su ciò che nascondono le famiglie borghesi e la mente delle cosiddette "acque chete" ma il risultato non è particolarmente graffiante né ironico e sottoutilizza un Seth Green che ha fatto di meglio. In chiusura, arriva un'altra donnaccia fortunata, ovvero Lorenza Izzo, l'unica attrice capace di essere una gnocca stratosferica in un film e un cesso mostruoso in quello dopo, come in questo caso. New Year's Eve racconta l'incontro tramite sito per single di due casi umani di incredibile tristezza e bruttezza, un appuntamento al buio destinato a finire in un modo assai particolare... vedere per credere! E complimenti ad Adam Egypt Mortimer per aver risollevato sul finale un film che rischiava di concludersi in un trionfo di diludendo.
Riassumendo, credo che Holidays sia l'ennesimo esempio di un cinema ad episodi che sta sicuramente prendendo campo ma che ancora non riesce a trovare una coerenza per quel che riguarda la qualità di ogni singolo segmento né la capacità di equilibrare momenti faceti a momenti horror, alternando magari episodi più sostanziosi a qualche divertissement per far riposare il cervello. Di sicuro è un genere di struttura che regala gioie e dolori, un po' come succede spacchettando i regali a Natale, quindi direi che rimanendo in tema "festività" è perfetto e sicuramente non è il film ad episodi peggiore che ho visto. Dategli un'occhiata, potreste anche divertirvi!
Dei registi Kevin Kolsh e Dennis Widmyer (Valentine's Day), Nicholas McCarty (Easter), Kevin Smith (Halloween), Scott Stewart (Christmas) e degli attori Lorenza Izzo (Jean) e Seth Green (Pete Gunderson) ho parlato ai rispettivi link.
Michael Gross interpreta il papà nel segmento Father's Day. Americano, lo ricordo per film come Tremors, Tremors 2: Aftershocks, Tremors 3: Ritorno a Perfection, Tremors 4 - Agli inizi della leggenda e Tremors 5: Bloodlines inoltre ha partecipato a serie come Casa Keaton, Oltre i limiti, Ally McBeal, Tremors, ER - Medici in prima linea, CSI: NY, Medium, How I Met Your Mother, CSI: Scena del crimine e doppiato un episodio de I Griffin. Anche produttore, ha 69 anni e un film in uscita.
Harley Quinn Smith interpreta Holly nel segmento Halloween. Figlia ovviamente di Kevin Smith, la ricordo per film come Jay e Silent Bob.. Fermate Hollywood!, Clerks 2 e Tusk. Ha 17 anni e quattro film in uscita, tra cui Yoga Hosers e i futuri, probabilissimi Mallbrats (seguito di Generazione X, ho già paura!) e Moose Jaws.
Gary Shore, regista di St. Patrick's Day, ha diretto soltanto Dracula Untold mentre le registe di Mother's Day, Ellen Reid e Sarah Adina Smith sono alla loro prima collaborazione e la Smith ha all'attivo solo un lungometraggio, The Midnight Swim, oltre ad alcuni corti; Anthony Scott Burns, regista di Father's Day, è invece il responsabile degli effetti speciali di The Last Exorcism - Liberaci dal male mentre Adam Egypt Mortimer, regista di New Year's Eve, ha diretto Some Kind of Hate, che devo ancora vedere. Per quel che riguarda gli attori, compare tra gli altri Sonja Kinski, figlia di Nastassja e nipote di Klaus, nel segmento Mother's Day. Detto questo, se Holidays vi fosse piaciuto recuperate Tales of Halloween, The ABCs of Death e The ABCs of Death 2. ENJOY!
martedì 22 marzo 2016
Knock Knock (2015)
Due settimane fa Canale 5 ha mandato in onda, in prima serata e senza censure, il film Knock Knock, diretto e co-sceneggiato nel 2015 dal regista Eli Roth. Ovviamente riesco a parlarne solo ora, sorry!
Trama: rimasto solo per un weekend, Evan, architetto sposato e padre di famiglia, la prima notte fa entrare in casa due ragazze infreddolite, bagnate e bisognose di un passaggio per andare a una festa. Le due lo seducono e lo coinvolgono in una notte di sesso ma Evan avrà modo di pentirsene amaramente...
Siccome ormai sono passate praticamente due settimane non starò a perplimermi sulla scelta di Canale 5 di trasmettere un threesome abbastanza esplicito in prima serata e senza nemmeno un bollino rosso oltre a quella che, molto superficialmente, è la storia di due pazze che torturano (più psicologicamente che altro) un povero belinone, dico solo che negli anni '90 ci censuravano Sailor Moon e Rossana per molto meno e la chiudo lì, parliamo di Knock Knock e basta. L'ultimo film di Eli Roth è la sua ennesima rivisitazione di un sottogenere del thriller-horror, dopo i cannibali Deodatiani è toccato al thriller psicologico a sfondo erotico, laddove ovviamente l'erotismo si concentra solo nella prima mezz'ora di film. Il resto è, come ho detto, apparentemente una supercazzola fatta di torture, deliri delle due giovinette e punizioni inflitte al personaggio di Keanu Reeves, all'interno del quale lo spettatore stenta a trovare delle motivazioni che esulino da una semplice e gratuita follia. In realtà all'interno di Knock Knock scatta quel meccanismo che negli anni '70/'80 puniva quelle verginelle che si concedevano al fidanzato nel bel mezzo di un campo estivo, rendendole preda del mostro/maniaco di turno, solo che stavolta il destino si abbatte su un marito fedifrago sotto forma di gnocche spaventose. A dire il vero Genesis e Bel non sono paladine delle donne cornificate, forse le si potrebbe vedere piuttosto come ferventi antagoniste dell'ipocrisia borghese, di quelle famiglie "del Mulino Bianco" che sappiamo benissimo stare in piedi per miracolo. Evan e la moglie sono l'emblema della coppia di successo americana, quella che ha dovuto realizzarsi lavorando ma ANCHE mettendo al mondo due figli che, ovviamente, usano assieme agli impegni lavorativi come scusa per non fare mai sesso; il giorno della festa del papà, non a caso, la moglie oberata dallo stress da Mostra Artistica piglia i bambini e se ne va per un weekend al mare mentre lui decide di rimanere a casa a lavorare "perché è in ritardo" (ma invece di cazzeggiare, visto che lavori in proprio, non potevi pensarci prima?) quando entrambi avrebbero potuto parcheggiare i pargoli già grandini da nonni/amici e passarsi il fine settimana da soli.
Tutto questo per dire che se all'inizio Genesis e Bel stanno davvero sull'anima con quelle loro pose da puttanoni che sanno vivere, man mano che il film procede monta invece l'odio nei confronti di Evan e persino di sua moglie. Tolta la maschera da seduttrici, Genesis e Bel si rivelano due ronzini che mi hanno ricordato molto le gesta dei "Coinquilini di merda" dell'omonima pagina Facebook e la reazione di Evan, prima di trasformarsi in paura, è quella di uno che s'è beccato una sòla su un sito porno proprio quando pensava di godersi una bella lesbicata e si è accorto di aver pagato invece per un filmino di grannies o peggio. Il ragionamento "mi avete offerto della pizza gratis, come potevo rifiutare!" gli fa ancora più onore, soprattutto quando al terrore di venire scoperto dalla moglie si aggiunge il terribile sospetto di essersi scopato due minorenni e se da un lato si potrebbe accusare Knock Knock di misoginia, la verità è che da nessuna parte si evince l'assunto "tutte le donne sono tr**e" mentre viene affermato con prepotenza che quasi tutti gli uomini sono dei vecchi maiali. Eli Roth, Nicolás López e Guillermo Amodeo in primis, ovviamente, ché con tutta probabilità quella di venire "usati" da due donne gnocche da morire era anche un loro chiodo fisso e non a caso Roth almeno una se l'è sposata. A tal proposito, Lorenza Izzo e Ana de Armas sono fantastiche, nei limiti dei personaggi interpretati riescono a tirare fuori un dualismo niente male, passando da raffinate fatalone a mocciosette isteriche fin troppo simpatiche; Keanu Reeves invece è un cagnaccio ed offre un'interpretazione che più forzata non si può ma, come già accadeva a Ben Affleck in Gone Girl, per il personaggio di Evan calza davvero a pennello (uomo di mezza età, finto tonto, orgoglioso del suo passato di DJ vecchio, un burattino senza fichi nelle mani delle due sgnoccole... meraviglioso!). Rispetto ad altri film girati da Eli Roth questo però è davvero una belinata per famiglie (prima. serata. Canale. 5. No comment.) e io comincio a sospettare che la compagnia dei cileni non gli faccia proprio benissimo: Eli bello, quando torniamo alla cattiveria grezza di Cabin Fever e Hostel?
Del regista e co-sceneggiatore Eli Roth ho già parlato QUI. Keanu Reeves (Evan), Lorenza Izzo (Genesis) e Colleen Camp (Vivian) li trovate invece ai rispettivi link.
Aaron Burns, che interpreta Louis, compare anche in The Green Inferno e dovrebbe essere il primo a venire mangiato dai cannibali; allo stesso film ha partecipato anche Ignacia Allamand, che in Knock Knock interpreta la moglie di Evan mentre in The Green Inferno è la fidanzata di Alejandro, la bionda odiosa che viene subito uccisa dalle frecce degli indigeni. Nonostante nei credits compaiano solo i nomi di Eli Roth, Nicolás López e Guillermo Amodeo come sceneggiatori, Knock Knock è il remake del film Death Game che, non a caso, vedeva Colleen Camp nei panni di una delle due folli seduttrici (l'altra era Sondra Locke, tra l'altro co-produttrice di Knock Knock assieme alla Camp, mentre al posto di Reeves c'era Seymour Cassel); un altro remake non ufficiale della pellicola è lo spagnolo Viciosas al desnudo, del 1980. Se Knock Knock vi fosse piaciuto recuperate dunque l'originale e aggiungete Sex Crimes - Giochi pericolosi, Hostel, Hostel 2 e The Strangers. ENJOY!
Trama: rimasto solo per un weekend, Evan, architetto sposato e padre di famiglia, la prima notte fa entrare in casa due ragazze infreddolite, bagnate e bisognose di un passaggio per andare a una festa. Le due lo seducono e lo coinvolgono in una notte di sesso ma Evan avrà modo di pentirsene amaramente...
Siccome ormai sono passate praticamente due settimane non starò a perplimermi sulla scelta di Canale 5 di trasmettere un threesome abbastanza esplicito in prima serata e senza nemmeno un bollino rosso oltre a quella che, molto superficialmente, è la storia di due pazze che torturano (più psicologicamente che altro) un povero belinone, dico solo che negli anni '90 ci censuravano Sailor Moon e Rossana per molto meno e la chiudo lì, parliamo di Knock Knock e basta. L'ultimo film di Eli Roth è la sua ennesima rivisitazione di un sottogenere del thriller-horror, dopo i cannibali Deodatiani è toccato al thriller psicologico a sfondo erotico, laddove ovviamente l'erotismo si concentra solo nella prima mezz'ora di film. Il resto è, come ho detto, apparentemente una supercazzola fatta di torture, deliri delle due giovinette e punizioni inflitte al personaggio di Keanu Reeves, all'interno del quale lo spettatore stenta a trovare delle motivazioni che esulino da una semplice e gratuita follia. In realtà all'interno di Knock Knock scatta quel meccanismo che negli anni '70/'80 puniva quelle verginelle che si concedevano al fidanzato nel bel mezzo di un campo estivo, rendendole preda del mostro/maniaco di turno, solo che stavolta il destino si abbatte su un marito fedifrago sotto forma di gnocche spaventose. A dire il vero Genesis e Bel non sono paladine delle donne cornificate, forse le si potrebbe vedere piuttosto come ferventi antagoniste dell'ipocrisia borghese, di quelle famiglie "del Mulino Bianco" che sappiamo benissimo stare in piedi per miracolo. Evan e la moglie sono l'emblema della coppia di successo americana, quella che ha dovuto realizzarsi lavorando ma ANCHE mettendo al mondo due figli che, ovviamente, usano assieme agli impegni lavorativi come scusa per non fare mai sesso; il giorno della festa del papà, non a caso, la moglie oberata dallo stress da Mostra Artistica piglia i bambini e se ne va per un weekend al mare mentre lui decide di rimanere a casa a lavorare "perché è in ritardo" (ma invece di cazzeggiare, visto che lavori in proprio, non potevi pensarci prima?) quando entrambi avrebbero potuto parcheggiare i pargoli già grandini da nonni/amici e passarsi il fine settimana da soli.
Tutto questo per dire che se all'inizio Genesis e Bel stanno davvero sull'anima con quelle loro pose da puttanoni che sanno vivere, man mano che il film procede monta invece l'odio nei confronti di Evan e persino di sua moglie. Tolta la maschera da seduttrici, Genesis e Bel si rivelano due ronzini che mi hanno ricordato molto le gesta dei "Coinquilini di merda" dell'omonima pagina Facebook e la reazione di Evan, prima di trasformarsi in paura, è quella di uno che s'è beccato una sòla su un sito porno proprio quando pensava di godersi una bella lesbicata e si è accorto di aver pagato invece per un filmino di grannies o peggio. Il ragionamento "mi avete offerto della pizza gratis, come potevo rifiutare!" gli fa ancora più onore, soprattutto quando al terrore di venire scoperto dalla moglie si aggiunge il terribile sospetto di essersi scopato due minorenni e se da un lato si potrebbe accusare Knock Knock di misoginia, la verità è che da nessuna parte si evince l'assunto "tutte le donne sono tr**e" mentre viene affermato con prepotenza che quasi tutti gli uomini sono dei vecchi maiali. Eli Roth, Nicolás López e Guillermo Amodeo in primis, ovviamente, ché con tutta probabilità quella di venire "usati" da due donne gnocche da morire era anche un loro chiodo fisso e non a caso Roth almeno una se l'è sposata. A tal proposito, Lorenza Izzo e Ana de Armas sono fantastiche, nei limiti dei personaggi interpretati riescono a tirare fuori un dualismo niente male, passando da raffinate fatalone a mocciosette isteriche fin troppo simpatiche; Keanu Reeves invece è un cagnaccio ed offre un'interpretazione che più forzata non si può ma, come già accadeva a Ben Affleck in Gone Girl, per il personaggio di Evan calza davvero a pennello (uomo di mezza età, finto tonto, orgoglioso del suo passato di DJ vecchio, un burattino senza fichi nelle mani delle due sgnoccole... meraviglioso!). Rispetto ad altri film girati da Eli Roth questo però è davvero una belinata per famiglie (prima. serata. Canale. 5. No comment.) e io comincio a sospettare che la compagnia dei cileni non gli faccia proprio benissimo: Eli bello, quando torniamo alla cattiveria grezza di Cabin Fever e Hostel?
Del regista e co-sceneggiatore Eli Roth ho già parlato QUI. Keanu Reeves (Evan), Lorenza Izzo (Genesis) e Colleen Camp (Vivian) li trovate invece ai rispettivi link.
Aaron Burns, che interpreta Louis, compare anche in The Green Inferno e dovrebbe essere il primo a venire mangiato dai cannibali; allo stesso film ha partecipato anche Ignacia Allamand, che in Knock Knock interpreta la moglie di Evan mentre in The Green Inferno è la fidanzata di Alejandro, la bionda odiosa che viene subito uccisa dalle frecce degli indigeni. Nonostante nei credits compaiano solo i nomi di Eli Roth, Nicolás López e Guillermo Amodeo come sceneggiatori, Knock Knock è il remake del film Death Game che, non a caso, vedeva Colleen Camp nei panni di una delle due folli seduttrici (l'altra era Sondra Locke, tra l'altro co-produttrice di Knock Knock assieme alla Camp, mentre al posto di Reeves c'era Seymour Cassel); un altro remake non ufficiale della pellicola è lo spagnolo Viciosas al desnudo, del 1980. Se Knock Knock vi fosse piaciuto recuperate dunque l'originale e aggiungete Sex Crimes - Giochi pericolosi, Hostel, Hostel 2 e The Strangers. ENJOY!
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domenica 4 ottobre 2015
The Green Inferno (2013)
Dopo lunghe e travagliate vicissitudini anch'io sono riuscita finalmente ad andare a vedere The Green Inferno, diretto e co-sceneggiato da Eli Roth nel 2013 ma rimasto a frollare in un limbo distributivo per due anni.
Trama: un gruppo di studenti universitari si reca in Ammazonia per salvare alcune tribù della foresta pluviale, minacciate dalle ruspe di una ditta senza scrupoli. A causa di un incidente aereo i ragazzi finiranno proprio persi nei territori di queste tribù che, ahiloro, si riveleranno cannibali...
Il ritorno dell'exploitation horror cannibale sul grande schermo dopo più di 30 anni bastava già di per sé a fomentarmi tantissimo, ancora prima della visione di The Green Inferno. Non prendetemi per pazza se vi dico che al primo pezzo di carnazza finito sotto i denti della vecchia capatribù ho frenato l'applauso, interamente dedicato alla faccia tosta di Eli Roth, che ha avuto l'ardire di riproporre un genere che, a ben vedere, non era mai sparito del tutto dalla scena horror ma era sempre stato mescolato a perversioni incestuose, ad ambienti degradati appena fuori dal passetto di casa, oppure completamente trasformato in una riflessione filosofica sull'homo homini lupus. E invece Eli ri-tira fuori dall'immaginario collettivo la tribù completamente sconosciuta agli occhi del mondo, tutta ossa nel naso e pelle colorata di rosso o giallo, che non aspetta altro che farsi una bella scorpacciata di buana bianchi e pronti a salvare un mondo al quale non frega una benemerita cippa di loro. Mancava solo il pentolone (ma c'è il forno!), per il resto The Green Inferno ha persino il sale e le erbe aromatiche da utilizzare per cucinare gli incauti bianchi, vittime di indigeni che non sono cattivi o pazzi ma seguono semplicemente i loro incomprensibili usi e costumi tribali, davanti ai quali l'uomo moderno può adattarsi oppure soccombere nel peggiore ed ingiusto dei modi. Con buona pace di maiali, mucche e galline che hanno imparato a fare loro il gesto dell'ombrello, ovviamente. The Green Inferno, con le motivazioni "innocenti" che spingono i mostri (o presunti tali), della pellicola, riporta al cinema l'horror ignorante che getta letteralmente in pasto allo spettatore dei bagni di sangue per il solo gusto di schifarlo e divertirlo e in questo do ragione a Stephen King, che ha definito il film di Roth "un ritorno al cinema da drive-in della sua giovinezza"; che potrebbe essere un complimento come no, ovviamente. Personalmente, come dicevo a Lucia (andate a leggere il suo post in merito, please!) trovo che il film più bello e maturo di Eli Roth sia Hostel 2, sia per il modo in cui il regista riusciva a farci affezionare alle protagoniste sia per la sua capacità di cambiare bruscamente e in maniera inaspettata le prospettive di tutti i coinvolti mostrando anche il punto di vista dei "torturatori", mentre The Green Inferno ha dei personaggi tagliati con l'accetta e mediamente insopportabili, oltre ad essere anche troppo lineare nel dipanarsi della trama.
La furberia di Eli Roth, quindi, non è tanto quella di mostrare macellate fuori dal comune (ero al cinema col mio ragazzo digiuno di horror e il suo commento è stato "il film non mi è piaciuto ma le immagini non mi hanno fatto così tanto schifo") quanto quella di saper creare l'attesa e fomentare l'aspettativa dello spettatore scafato, un'aspettativa che spesso, e per fortuna, rimane estremamente delusa; sinceramente, dopo il primo banchetto mi aspettavo cose fuori dalla grazia di Dio ma se riuscite a superare quello molto probabilmente potrete arrivare alla fine del film senza vomitare, piuttosto la cosa peggiore è stata per me "ricamare" e fare congetture sul destino delle tre donne superstiti, sopratutto dopo gli argomenti che vengono toccati a inizio film. La parte centrale di The Green Inferno è infatti una supercazzola quasi simpatica, con un paio di trucchi da cartone animato che sciolgono la tensione in un'inopportuna risata, nell'attesa che il personaggio più odioso della pellicola, l'infame Alejandro di quell'Ariel Levy che in Aftershock era invece una delle persone più gradevoli, faccia una fine devastante. Le uniche emozioni che The Green Inferno è in grado di suscitare sono in effetti un odio mortale per tale Alejandro e tanta, tanta pena per la povera Lorenza Izzo, ricca figlia di papà dal cuore d'oro, i cui occhioni terrorizzati testimoniano non tanto l'orrore celato nella foresta, quanto la malvagità insita nell'animo di chi si approfitta della bontà altrui ed è pronto a sacrificare chiunque per fare soldi e pubblicità. A parte queste considerazioni, c'è da dire che Eli, rimasto più o meno sempre uguale come sceneggiatore (qui è aiutato da Guillermo Amodeo, autore del già citato Aftershock e dell'imminente Knock Knock, sempre prodotto da Roth), è invece migliorato molto come regista, diventando in qualche modo più "riflessivo" e attento alla bellezza delle immagini; le panoramiche della foresta e le sequenze ambientate nel fiume, dove peraltro la Izzo ha rischiato davvero di annegare, sono piuttosto inusuali per il mio amato cialtronetto, così come alcune riprese della vita quotidiana dei veri indigeni, da me molto apprezzate. Se a questo aggiungete gli effetti splatter superiori di Nicotero & Berger avrete tra le mani un ottimo film di genere, non esagerato quanto vogliono fare credere giornalisti, divieti ai minori di 18 anni ecc., né sicuramente meritevole di entrare nella top 5 di fine anno ma sicuramente divertente e godereccio, almeno per gli amanti di questo tipo di horror.
Del regista e co-sceneggiatore Eli Roth ho già parlato QUI mentre Richard Burgi, che interpreta Charles, lo trovate QUA.
Lorenza Izzo (vero nome Lorenza Izzo Parsons) interpreta Justine. Fortunatissima moglie di Eli Roth, la ricordo per il film Aftershock e tornerà sul grande schermo con l'imminente Knock Knock. Cilena, ha 26 anni e due film in uscita.
Ariel Levy interpreta Alejandro. Cileno, lo ricordo per il film Aftershock. Ha 31 anni e sei film in uscita.
Anche Nicolás Martínez, che interpreta Daniel, e Matías López, Carlos, avevano partecipato al film Aftershock; quindi, se The Green Inferno vi fosse piaciuto recuperatelo e aggiungete Cannibal Holocaust, Cabin Fever, Hostel e Hostel 2. ENJOY!
Trama: un gruppo di studenti universitari si reca in Ammazonia per salvare alcune tribù della foresta pluviale, minacciate dalle ruspe di una ditta senza scrupoli. A causa di un incidente aereo i ragazzi finiranno proprio persi nei territori di queste tribù che, ahiloro, si riveleranno cannibali...
Il ritorno dell'exploitation horror cannibale sul grande schermo dopo più di 30 anni bastava già di per sé a fomentarmi tantissimo, ancora prima della visione di The Green Inferno. Non prendetemi per pazza se vi dico che al primo pezzo di carnazza finito sotto i denti della vecchia capatribù ho frenato l'applauso, interamente dedicato alla faccia tosta di Eli Roth, che ha avuto l'ardire di riproporre un genere che, a ben vedere, non era mai sparito del tutto dalla scena horror ma era sempre stato mescolato a perversioni incestuose, ad ambienti degradati appena fuori dal passetto di casa, oppure completamente trasformato in una riflessione filosofica sull'homo homini lupus. E invece Eli ri-tira fuori dall'immaginario collettivo la tribù completamente sconosciuta agli occhi del mondo, tutta ossa nel naso e pelle colorata di rosso o giallo, che non aspetta altro che farsi una bella scorpacciata di buana bianchi e pronti a salvare un mondo al quale non frega una benemerita cippa di loro. Mancava solo il pentolone (ma c'è il forno!), per il resto The Green Inferno ha persino il sale e le erbe aromatiche da utilizzare per cucinare gli incauti bianchi, vittime di indigeni che non sono cattivi o pazzi ma seguono semplicemente i loro incomprensibili usi e costumi tribali, davanti ai quali l'uomo moderno può adattarsi oppure soccombere nel peggiore ed ingiusto dei modi. Con buona pace di maiali, mucche e galline che hanno imparato a fare loro il gesto dell'ombrello, ovviamente. The Green Inferno, con le motivazioni "innocenti" che spingono i mostri (o presunti tali), della pellicola, riporta al cinema l'horror ignorante che getta letteralmente in pasto allo spettatore dei bagni di sangue per il solo gusto di schifarlo e divertirlo e in questo do ragione a Stephen King, che ha definito il film di Roth "un ritorno al cinema da drive-in della sua giovinezza"; che potrebbe essere un complimento come no, ovviamente. Personalmente, come dicevo a Lucia (andate a leggere il suo post in merito, please!) trovo che il film più bello e maturo di Eli Roth sia Hostel 2, sia per il modo in cui il regista riusciva a farci affezionare alle protagoniste sia per la sua capacità di cambiare bruscamente e in maniera inaspettata le prospettive di tutti i coinvolti mostrando anche il punto di vista dei "torturatori", mentre The Green Inferno ha dei personaggi tagliati con l'accetta e mediamente insopportabili, oltre ad essere anche troppo lineare nel dipanarsi della trama.
La furberia di Eli Roth, quindi, non è tanto quella di mostrare macellate fuori dal comune (ero al cinema col mio ragazzo digiuno di horror e il suo commento è stato "il film non mi è piaciuto ma le immagini non mi hanno fatto così tanto schifo") quanto quella di saper creare l'attesa e fomentare l'aspettativa dello spettatore scafato, un'aspettativa che spesso, e per fortuna, rimane estremamente delusa; sinceramente, dopo il primo banchetto mi aspettavo cose fuori dalla grazia di Dio ma se riuscite a superare quello molto probabilmente potrete arrivare alla fine del film senza vomitare, piuttosto la cosa peggiore è stata per me "ricamare" e fare congetture sul destino delle tre donne superstiti, sopratutto dopo gli argomenti che vengono toccati a inizio film. La parte centrale di The Green Inferno è infatti una supercazzola quasi simpatica, con un paio di trucchi da cartone animato che sciolgono la tensione in un'inopportuna risata, nell'attesa che il personaggio più odioso della pellicola, l'infame Alejandro di quell'Ariel Levy che in Aftershock era invece una delle persone più gradevoli, faccia una fine devastante. Le uniche emozioni che The Green Inferno è in grado di suscitare sono in effetti un odio mortale per tale Alejandro e tanta, tanta pena per la povera Lorenza Izzo, ricca figlia di papà dal cuore d'oro, i cui occhioni terrorizzati testimoniano non tanto l'orrore celato nella foresta, quanto la malvagità insita nell'animo di chi si approfitta della bontà altrui ed è pronto a sacrificare chiunque per fare soldi e pubblicità. A parte queste considerazioni, c'è da dire che Eli, rimasto più o meno sempre uguale come sceneggiatore (qui è aiutato da Guillermo Amodeo, autore del già citato Aftershock e dell'imminente Knock Knock, sempre prodotto da Roth), è invece migliorato molto come regista, diventando in qualche modo più "riflessivo" e attento alla bellezza delle immagini; le panoramiche della foresta e le sequenze ambientate nel fiume, dove peraltro la Izzo ha rischiato davvero di annegare, sono piuttosto inusuali per il mio amato cialtronetto, così come alcune riprese della vita quotidiana dei veri indigeni, da me molto apprezzate. Se a questo aggiungete gli effetti splatter superiori di Nicotero & Berger avrete tra le mani un ottimo film di genere, non esagerato quanto vogliono fare credere giornalisti, divieti ai minori di 18 anni ecc., né sicuramente meritevole di entrare nella top 5 di fine anno ma sicuramente divertente e godereccio, almeno per gli amanti di questo tipo di horror.
Del regista e co-sceneggiatore Eli Roth ho già parlato QUI mentre Richard Burgi, che interpreta Charles, lo trovate QUA.
Lorenza Izzo (vero nome Lorenza Izzo Parsons) interpreta Justine. Fortunatissima moglie di Eli Roth, la ricordo per il film Aftershock e tornerà sul grande schermo con l'imminente Knock Knock. Cilena, ha 26 anni e due film in uscita.
Ariel Levy interpreta Alejandro. Cileno, lo ricordo per il film Aftershock. Ha 31 anni e sei film in uscita.
Anche Nicolás Martínez, che interpreta Daniel, e Matías López, Carlos, avevano partecipato al film Aftershock; quindi, se The Green Inferno vi fosse piaciuto recuperatelo e aggiungete Cannibal Holocaust, Cabin Fever, Hostel e Hostel 2. ENJOY!
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