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mercoledì 8 ottobre 2014

Lucy (2014)

Nonostante la scottatura di Under the Skin bruciasse ancora pesantemente, qualche sera fa sono andata a vedere Lucy, diretto e sceneggiato dal regista Luc Besson.


Trama: Lucy viene costretta con l'inganno dal suo ragazzo a consegnare una valigetta ad un certo Mr.Jang. L'uomo si rivela un folle ed uno spacciatore, che decide di inserire nell'addome di Lucy una partita di droga sintetica; durante il viaggio però il contenitore si rompe e la droga invade il corpo della ragazza, che comincia così a sviluppare incredibili poteri mentali...



Lucy è il tipico esempio di come un trailer possa essere ingannevole. Guardandolo, mi aspettavo che l'ultima fatica di Besson fosse una sorta di Nikita in acido, con la bionda Scarlett al posto della mora Parillaud, una pellicola di autoaffermazione e soprattutto violenta vendetta, invece il regista francese ha deciso di ispirarsi maggiormente a Il quinto elemento e regalarci un nuovo "essere perfetto" in grado di salvare l'umanità o, meglio, tramandare le sue conoscenze a noi poveracci ignoranti. Dopo un'inizio particolare ma abbastanza classico, infatti, Lucy prende una piega totalmente inaspettata sia perché sono inaspettati ed insondabili gli scopi della protagonista sia perché Besson si dimostra interessato più a girare un'apologia del tempo e della natura più che un action tout court: non mancano pistole, bazooka, inseguimenti a quattro ruote, violenza e personaggi sopra le righe, tuttavia sono anche molti i momenti di "riflessione" nei quali il regista francese pare ispirarsi maggiormente a Kubrick e a Malick nella sua improbabile ricerca di meraviglie della natura e sequenze simboliche. Onestamente, verso metà pellicola il nostro sbraga e si vede, i dialoghi ridondanti fanno un po' sorridere e il finale è talmente presuntuoso che verrebbe voglia di mandarlo al diavolo, ma se partiamo dal presupposto che Besson ama creare giocattoloni dalle sfumature new age gli si può anche perdonare questo eccesso di arroganza e prendere Lucy così com'è, con i suoi pregi e i suoi difetti.


Tra i pregi si può tranquillamente annoverare la presenza di un cattivo in grado di non far rimpiangere troppo le migliori performance di Gary Oldman, anche perché Min-sik Choi è unico nel suo genere e favoloso, la letterale incarnazione di tutto ciò che è incomprensibile per una mente umana. Lucy all'inizio si ritrova terrorizzata davanti un mostro che non parla la sua lingua, un alieno di cui non può e non vuole sondare le reali intenzioni, che la minaccia, la vìola e la imprigiona senza consentirle di capire; nel corso del film, ovviamente, i ruoli si ribaltano, Lucy diventa onnisciente (quasi onnipotente!) ma perde ogni emozione umana nel percorso, mentre il gelido Mr. Jang si ritrova nello scomodo ruolo di "subordinato" e abbandona ogni traccia della freddezza iniziale, abbandonandosi ad una cieca collera. Il montaggio del pre-finale, a tal proposito, è uno dei picchi più alti del film perché mostra una Lucy immune allo scorrere del tempo mentre alle sue spalle si avvicina incombente una presunta fine fatta di proiettili e sangue e i secondi si esauriscono seguendo il ritmo delle cellule che si scontrano, ricombinandosi e riformandosi, un trip mentale mozzafiato in grado di far dimenticare la presenza di momenti "morti" un po' troppo abbondanti. Gli spiegoni di un Morgan Freeman sottotono, infatti, fanno a pugni con un'atmosfera ironica e scoppiettante che, non si sa come, riesce a mescolarsi alla perfezione con altrettanti momenti tristi e malinconici; per fortuna, tali momenti vengono interamente retti da una bravissima Scarlett Johansson, che riesce ad offrire un'impressione di invincibilità e fragilità, di freddezza ed incredibile umanità (l'incontro tra le due Lucy è delizioso!) e che si è fatta sicuramente perdonare quella schifezzuola pretestuosa di Under the Skin. Insomma, sicuramente Lucy non è un film da prendere sottogamba. Non aspettatevi un capolavoro, andatelo a vedere con occhio indulgente facendovi rapire dalle trovate di Besson e vi divertirete!


Del regista e sceneggiatore Luc Besson (che compare tra i dottori all'ospedale di Parigi) ho già parlato qui. Scarlett Johansson (Lucy), Morgan Freeman (Professor Norman) e Min-sik Choi (Mr. Jang) li trovate invece ai rispettivi link.

Nei panni del corriere italiano troviamo l'attore Luca Angeletti, già comparso in Nessuno mi può giudicare e nella serie Tutti pazzi per amore. Detto questo, se Lucy vi è piaciuto guardate anche Limitless, il primo Matrix e Il quinto elemento. ENJOY!

martedì 12 giugno 2012

Leon (1994)

E’ arrivato il momento di recensire uno dei miei film preferiti, ovvero Leon (Léon), diretto nel 1994 da Luc Besson.


Trama: quando la famiglia della dodicenne Mathilda viene massacrata da alcuni poliziotti corrotti, il killer Leon prende la ragazzina sotto la sua ala protettrice, anche se di malavoglia. Lo strano rapporto tra i due li porterà a maturare, cambiare e vedere la vita con occhi diversi…


 Il personaggio di Leon nasce qualche anno prima in un altro capolavoro di Luc Besson, Nikita. Se ricordate, nel corso del film compare Jean Reno, baschetto d’ordinanza, occhialini e pastrano lungo, nei panni del “pulitore” Victor. Questo killer era appena abbozzato, ovviamente, rispetto alla protagonista, ma era già una figura di forte impatto che lo spettatore attento sicuramente avrebbe faticato a dimenticare, e che nel tempo si è umanizzato fino a diventare, appunto, il protagonista della pellicola che sto recensendo. Per quanto mi riguarda, ho sempre adorato Leon, lo ritengo il film più bello mai girato da Luc Besson. Il personaggio di questo killer freddo ma ingenuo, quasi ritardato pur essendo il migliore in quello che fa è di una tenerezza e, allo stesso tempo, di un fascino abissali, caratteristiche accentuate ancor più dalla presenza della sboccata, triste e dolce figura di Mathilda, una ragazzina segnata dalla vita che vorrebbe mostrarsi più dura e menefreghista di quello che in realtà non sia. Nonostante la violenza, il cinismo e in generale lo squallore che soffocano i due personaggi, infatti, si può dire che Leon sia un film molto ottimista, quasi una favola, per quanto nera; nel corso della pellicola, Leon torna a vivere un’esistenza quasi umana e comincia a sognare di mettere radici, di dormire in un letto, di tornare ad amare, mentre Mathilda non perde mai la sua innocenza, tutelata da questa strana figura di protettore, padre e primo amore, che introduce comunque delle regole nella trasandata vita della ragazzina. Nonostante quello che vorrebbe Mathilda e il palese imbarazzo del killer, inoltre, il rapporto tra i due non diventa mai ambiguo al punto da sfociare in una presunta pedofilia di Leon, il cui amore per la protetta viene sempre e solo mostrato come un goffo ed incerto sentimento paterno.


Sentimenti positivi a parte, Leon è comunque pur sempre un film che affonda le radici nell’ambiente della malavita, e una pellicola di genere che si rispetti non sarebbe tale senza la presenza di personaggi ambigui o moralmente abietti. E qui entrano in campo il “maestro” di Leon, interpretato magistralmente da Danny Aiello, e il meraviglioso, imprevedibile, deviato, folle poliziotto corrotto interpretato da un Gary Oldman in stato di grazia ed assolutamente ispirato, un uomo dallo sguardo inquietante che inghiotte pasticche come fossero caramelle, annusa le sue vittime e ascolta musica classica per mantenere la calma. Il film, inoltre, è un concentrato di esempi di  bravura attoriale e registica, come le sequenze in cui Leon mostra tutta la sua abilità di assassino, arrivando a piombare sulle vittime a testa in giù come un grosso pipistrello, quella terribile e mozzafiato in cui la famiglia di Mathilda viene massacrata, sottolineata da uno stupendo score musicale e dallo struggente sguardo della bravissima Natalie Portman, all’epoca solo undicenne, o quella in cui Leon salva la ragazzina dagli scagnozzi di Stansfield, con la macchina da presa che inquadra i piedi dei due protagonisti mentre il killer abbraccia Mathilda sollevandola letteralmente da terra. Detto questo, aggiungo anche che il valore della pellicola aumenta esponenzialmente, se si pensa che Leon doveva essere solo un divertissement dovuto al ritardo nella realizzazione de Il quinto elemento. Ad avercene di “riempitivi” così, e se non avete mai visto il film rimediate subito!!


Del regista Luc Besson, Jean Reno (Leon), Gary Oldman (Stansfield), Natalie Portman (Mathilda) ed Ellen Greene (la madre di Mathilda) ho già parlato nei rispettivi link.

Danny Aiello (vero nome Daniel Louis Aiello Jr.) interpreta Tony. Americano, lo ricordo per film come Il Padrino – Parte II, C’era una volta in America, The Stuff – Il gelato che uccide, Radio Days, Hudson Hawk, il mago del furto e Fa’ la cosa giusta, che gli è valso la nomination all’Oscar come miglior attore non protagonista. Anche produttore e sceneggiatore, ha 79 anni e tre film in uscita.  


Michael Badalucco interpreta il padre di Mathilda. Americano, lo ricordo per film come Cercasi Susan disperatamente, Nei panni di una bionda, Un giorno per caso, Fratello, dove sei? e L’uomo che non c’era, inoltre ha partecipato a serie come Ally McBeal, Bones e Cold Case. Anche produttore, ha 58 anni e due film in uscita. 


Tra gli altri attori segnalo un piccolissimo cameo di Maiwenn (il cui amore per Luc Besson, nato  quando lei aveva 15 anni e lui 32, pare abbia ispirato parte della trama del film) nei panni di una prostituta bionda e, per i Buffy geeks come me, la presenza di Adam Bush in quelli del piccolo Manolo. Liv Tyler era stata presa in considerazione per il ruolo di Mathilda, ma siccome all’epoca aveva 15 anni è stata ritenuta alla fine troppo vecchia. Per quanto riguarda il finale, invece, lo script originale ne prevedeva uno molto più pessimista e cupo, in cui la ragazza, dopo la morte di Leon, si faceva esplodere per uccidere Stansfield. Credete a me, meglio il finale che hanno mantenuto! ENJOY!

mercoledì 16 febbraio 2011

Il quinto elemento (1997)

Finalmente riesco a parlare di un film che adoro, qualcosa che volevo recensire da qualche tempo, ovvero Il quinto elemento (The Fifth Element), “favola” fantascientifica diretta nel 1997 dal regista Luc Besson.

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Trama: in un futuro dominato dalla tecnologia, dove alleanze e guerre con esseri alieni sono all’ordine del giorno, compare nello spazio un’enorme palla di fuoco senziente che minaccia di distruggere ogni forma di vita sulla Terra. L’unico essere in grado di fermare la distruzione è il Quinto Elemento, alias Leeloo, un’aliena che riuscirà a coinvolgere nell’impresa anche Korben Dallas, un ex soldato ora tassista, decisamente attratto dalla bella rossa…

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Il quinto elemento, come ho detto, è una bella favola, che unisce elementi tipici della fantascienza all’ironia e all’azione caratteristici dei Die Hard di cui Bruce Willis è protagonista assoluto. Forse per questo mi è sempre piaciuto tanto questo film, oltre che per il suo essere un “fumettone” coloratissimo, a tratti kitsch nella sua assoluta innocenza, pieno di personaggi assurdi ed indimenticabili. Parlo di favola che potrebbe anche essere definita “ecologista”, in qualche modo, perché Il quinto elemento ha una morale ben precisa che tocca l’apice nel delizioso siparietto tra il cattivo Zorg e il prete Cornelius: è utile riempire il mondo di macchine che ci semplificano la vita.. ma se nel fare ciò ci dimenticassimo cosa sia veramente la vita, quella che conta? Besson ci mostra un mondo dove il progresso è palesemente un cane che si morde la coda, dove tutto viene creato per essere al servizio dell’uomo e nello stesso tempo lo aliena, inquina l’aria, lo indebolisce, e lo costringe a creare altre macchine per proteggere il corpo e svagare la mente. Una società ormai malata, allo sfascio, priva di valori, e la domanda che si pone Leeloo verso la fine del film, giustamente, è: ma perché devo salvare questo mondo? Cosa c’è di bello, ancora degno di essere preservato? La risposta è scontata, disneyana se vogliamo, ma in qualche modo sempre vera. L’amore. Soprattutto, aggiungo, se a darci aMMore è quel pezzo di figo di Bruce Willis. Ma sto divagando <asciuga la bava e riprende il filo del discorso>

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Passando agli aspetti più tecnici, la pellicola è un trionfo per gli occhi e le orecchie. Nonostante dopo più di dieci anni la realizzazione degli alieni risulti forse un po’ bruttina, soprattutto quando parliamo dei Mondoshawan all’inizio del film, questo piccolo difetto si annulla davanti all’inventiva del regista e al bestiario che ci viene proposto, sicuramente non ai livelli del mondo di Guerre Stellari, ma comunque coloratissimo e incredibile. E le bestie più “assurde” sono sicuramente gli esseri umani. Complice anche l’estro di Jean Paul Gaultier abbiamo una Leeloo con uno stilosissimo vestitino a bande, e delle kitschissime mise indossate dall’ambiguo Ruby, assieme a delle capigliature (soprattutto quella di Zorg) che farebbero accapponare la pelle al più trasgressivo degli emo: persino Bruce è stato fatto biondo per l’occasione, mentre il colore di capelli di Leeloo è decisamente indimenticabile, ma Milla Jovovich credo starebbe bene anche con un sacco di juta e calva. I dialoghi sono molto ironici e assai vivaci, la bella colonna sonora tocca il suo apice con il concerto della Diva Plavalaguna, che mescola canto lirico a ritmi decisamente più “truzzi” e ci regala un personaggio di rara eleganza e particolarità, nonostante l’aspetto goffo. Gli attori, nonostante il film sia “leggero”, sono comunque in stato di grazia; oltre ai già citati Bruce Willis e Milla Jovovich, praticamente perfetti nei due ruoli cuciti apposta su di loro (l’attrice ha persino imparato a parlare il linguaggio alieno inventato dal regista ed allora marito Luc Besson), c’è un Gary Oldman che si mangia letteralmente gli altri interpreti con la sua interpretazione molto sopra le righe e divertentissima: se ci si pensa bene, alla fine Zorg è uno dei villain più inutili e sfigati della storia del cinema, eppure Oldman riesce a renderlo semplicemente geniale. In poche parole, se non avete mai visto Il quinto elemento, guardatelo: non ve ne pentirete!

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Di Luc Besson, il regista del film, ho già parlato qui. Del divino Bruce Willis, alias Corben Dallas, trovate qui parecchie notizie, mentre Milla Jovovich, che interpreta Leeloo, è già stata nominata qua. Gary Oldman interpreta Zorg e di lui ho già parlato in questo post, mentre in quest’altro troverete notizie su Maiwenn Le Besco, irriconoscibile nei panni della cantante aliena Diva Plavalaguna.

Ian Holm interpreta il prete Vito Cornelius. Famosissimo e versatile attore inglese, che i più collegheranno alla figura di Bilbo Baggins de Il Signore degli Anelli di Peter Jackson, lo ricordo per altri film come Alien, Greystoke la leggenda di Tarzan il signore delle scimmie, Brazil, Il pasto nudo, Frankenstein di Mary Shelley, eXistenZ, From Hell - La vera storia di Jack lo squartatore e The Aviator; inoltre ha prestato la voce allo Skinner di Ratatouille. Ha 80 anni.

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Chris Tucker interpreta l’ambiguo dj Ruby Rhod. Non uno dei miei attori preferiti, decisamente, dell’attore americano ricordo una partecipazione nel Jackie Brown di Tarantino e la serie Rush Hour, dove il nostro fa coppia fissa con il divino Jackie Chan. Ha 39 anni.

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Luke Perry compare nell’introduzione iniziale, nei panni di Billy. Le ragazzine degli anni ’90 ricorderanno Beverly Hills 90210 e il “figo” del telefilm in questione, ovvero Dylan. Col tempo, oltre ad essere diventato un mostro, costui è anche un po’ sparito dalla circolazione; dopo aver recitato in film come Buffy l’ammazzavampiri si è infatti dedicato alla tv, partecipando a telefilm come Will & Grace, Law & Order, Criminal Minds e Oz. Ha inoltre doppiato alcuni episodi del cult Biker Mice from Mars. Americano, ha 46 anni e tre film in uscita.

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Tommy “Tiny” Lister interpreta nientemeno che il Presidente. Ex wrestler tutorato nientemeno che da Hulk Hogan, lo ricordo per film come Beverly Hills Cop 2, il bellissimo Cosa fare a Denver quando sei morto, Jackie Brown, Whismaster 2 – Il male non muore mai, Austin Powers in Goldmember e Il cavaliere oscuro, oltre che per aver partecipato a telefilm come Matlock, Willy il principe di Bel Air, Renegade, Walker Texas Ranger, L’ispettore Tibbs, E.R. e NYPD. Americano, ha 53 anni e dieci film in uscita.  

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E ora una curiosità. Il teppista che, quasi all’inizio del film, tenta di rapinare Bruce Willis, non è altri che il regista Matthieu Kassovitz, autore di film come L’Odio, I fiumi di porpora e Gothika, nonché interprete del dolcissimo Nino de Il favoloso mondo di Amélie. Se vi fosse piaciuto il film, io vi consiglio di vedere, o rivedere, Avatar, leggermente simile per temi e genere. E ora vi lascio con il trailer decisamente poco spettacolare, ahimé! ENJOY!!

giovedì 14 gennaio 2010

Nikita (1990)

Esistono film che, nonostante non siano dei capolavori assoluti, non ci si stancherebbe mai di vedere. Nel mio caso, anche a costo di rimanere davanti alla tv fino alla ragguardevole ora delle 2 di notte, uno di questi film è senza dubbio Nikita di Luc Besson, che risale all’ormai lontano 1990.


Nikita è una tossicomane che, durante una rapina nella quale tutti i suoi compagni vengono uccisi dai poliziotti, stordita dalla droga ammazza a sangue freddo uno di questi ultimi. Viene condannata all’ergastolo ma una branca dei servizi segreti francesi decide di fingerne la morte e di prenderla in custodia per fare di lei un killer e una spia.


Prima ancora di Tarantino con le sue sanguinosissime Iene tutte al maschile, ci pensava un giovane regista francese a scioccare e deliziare le platee internazionali con un film violentissimo, pieno di scene che col tempo sarebbero diventate un cult (si pensi solo a quella in cui Nikita conficca una penna nella mano di un guardiano meno che gentile) e a tratti commovente, molto femminile. Nikita è la storia di una giovane ragazza sbandata che cresce nel modo più terribile che si possa immaginare, conoscendo l’esaltazione e l’orrore di potere diventare più di una donna comune, ma anche meno: la naturale propensione all’amore, all’avere una famiglia, persino un futuro normale, le vengono negati da un rigido addestramento e da un ancor più rigido patto con i suoi educatori/carcerieri, che riescono a sfruttare ogni suo desiderio ed ogni sua debolezza per trasformarla in una riluttante assassina.


Il film si può dividere in due parti, prima e dopo l’addestramento. La prima parte condensa almeno quattro anni di vita di Nikita e ci introduce al personaggio e all’inquietante e sotterraneo mondo dei servizi segreti, entrambi mostrati con una punta di sadico e nero umorismo; lo spettatore, nonostante si renda conto della colpa della ragazza, non può fare altro che provare pena per lei ed esultare ogni volta che prende per il naso i suoi freddi istruttori. Nella seconda parte Besson ci mostra invece una Nikita adulta, che cerca in ogni modo di recuperare tutto quello che le è stato tolto: amore, libertà, sesso, proprietà, in poche parole la vita. Ed è carino vedere come il personaggio sia assolutamente affamato di vita ed esperienze “normali” (deliziose le scene al supermercato, con conseguente incontro e seduzione del dolce cassiere, che diventerà poi il suo compagno di vita) nei brevi periodi in cui sa che il telefono non squillerà per richiamarla alla sua seconda vita, quella nascosta, quella che col nome in codice “Josephine” si insinua brutalmente nella sua quotidianità, arrivando a mettere in pericolo tutto quello che ha duramente conquistato. Anche in questa parte non manca un umorismo nero, cinico e spietato, che si manifesta con prepotenza durante la “luna di miele” a Venezia, ennesima illusione ed ennesima brutalità alla quale la sottopone il suo ex istruttore, il personaggio più ambiguo di tutto il film, sottilmente bastardo ed probabilmente innamorato (ricambiato) di lei.


Come avrete capito, la forza del film sta nei personaggi, e nei costanti tocchi di ironia e liricità che Besson riesce a dosare sapientemente. Questa tecnica troverà il suo apice nel film Léon, secondo me il capolavoro del regista, di cui già in Nikita troviamo un embrione: ad un certo punto infatti, nel momento più gore del film, arriva un “professionista” di nome Victor, una macchina per uccidere fredda, laconica, quasi indistruttibile… e non a caso interpretata proprio da Jean Reno. Col senno di poi, senza la benefica presenza di Mathilda,forse Léon sarebbe diventato proprio così. Anne Parillaud, nei panni di Nikita, è praticamente perfetta, riesce con un solo sguardo o un solo gesto a mostrare tutta la fragilità e la tristezza del personaggio e riesce a passare con naturalezza da un’interpretazione più “ribelle” e adolescenziale ad una più adulta e pacata. Se non conoscete il film, o non l’avete mai visto, è ora di rispolverarlo un po’, non ve ne pentirete. Occhio perché con lo stesso titolo esiste una serie TV omonima del 1997 tratta proprio da questo film ed interpretata da Peta Wilson (la Mina Harker di The League of Extraordinary Gentlemen, per intenderci…) ed un filmetto del 1988 intitolato Nikita – Spie senza volto, apprezzabile solo per la presenza del compianto River Phoenix.

Luc Besson è il regista del film. Prezzemolino del cinema francese (è infatti anche produttore, talent scout e sceneggiatore) e anche volpone, visto che le belle protagoniste delle sue pellicole diventano poi sue mogli (è stato sposato proprio con Anne Parillaud oltre che con Milla Jovovich anche se ha divorziato poi da entrambe), tra i suoi film ricordo il già citato Léon, il bellissimo Il quinto elemento, il fracassone Giovanna D’Arco ed Arthur e il popolo dei Minimei (con un seguito già uscito e un altro in arrivo). Ha 51 anni e due film in uscita.

Ossignore, me lo ricordavo un bell'uomo ma pare che si sia inghiottito tutte le ex mogli... o__O

Anne Parillaud interpreta Nikita. Attrice francese, ex moglie di Luc Besson, ha recitato in film come il divertente Amore all’ultimo morso e La maschera di ferro. Ha 50 anni e due film in uscita. 


Jean Reno interpreta Victor. Originario del Marocco e famoso in tutto il mondo, è uno dei miei attori preferiti anche se ultimamente non si sta dedicando a film proprio memorabili. Tra le sue pellicole ricordo I visitatori (con un seguito), il già citato Léon, Mission: Impossible, Godzilla, Ronin, I fiumi di porpora (e il suo seguito), Wasabi, La tigre e la neve, The Pink Panther – La pantera rosa (con il suo seguito) e Il codice Da Vinci. Ha inoltre dato la voce ad uno dei personaggi della versione francese dell’anime Porco Rosso. Ha 62 anni e tre film in uscita. 


Tcheky Karyo interpreta Bob, il “guardiano” di Nikita. L’attore turco ha recitato in uno dei film che più ho odiato e mi ha terrorizzata nella mia infanzia, L’orso e inoltre ha partecipato a 1492 – La scoperta del paradiso, Bad Boys, Crying Freeman, Goldeneye, Va dove ti porta il cuore (o__O), Dobermann, Giovanna D’Arco, L’erba di Grace, Il patriota, l’orrendo e trashissimo Blueberry; ha anche interpretato Filippo il Bello nella geniale e altrettanto trash (ma decisamente cult) serie TV La maledizione dei Templari! Ha 57 anni e un film in uscita.


E ora vi lascio con il trailer che passava negli USA all'epoca... ENJOY!



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