Trama: verso la fine degli anni '60, l'intellettuale di sinistra Aldo Braibandi viene accusato di "plagio" ai danni di un suo giovane studente, finendo vittima di una gogna mediatica senza pari...
Pre-covid ero stata letteralmente uccisa da Hammamet, l'elegia a San Bettino girata da Gianni Amelio, e avevo giurato che mai più avrei riguardato un altro film del regista. Poi, da Venezia, sono arrivate le prime recensioni de Il signore delle formiche e i primi, interessanti trailer, quindi ho deciso di dare una chance alla vera storia del "Caso Braibanti", che ha visto l'intellettuale di sinistra Aldo Braibanti finire a processo per l'accusa di "plagio". Plagio non già inteso come auto attribuzione di opere riprese da altri, quanto piuttosto nell'accezione di riduzione in schiavitù, fisica o mentale che sia; in questo senso, il reato di plagio era stato introdotto durante il regime fascista ma è stato stato utilizzato per la prima volta per mandare a processo Braibanti nel 1965, in un disperato tentativo, da parte dei giudici, di trovare una scappatoia dall'impossibilità di condannare qualcuno per la sua omosessualità. Il signore delle formiche racconta quindi un'ingiustizia tutta italiana, accorsa negli anni '60 ma terribilmente attuale in questi tempi di regressione verso il fascismo e l'intolleranza (ciao, Giorgina, sto parlando di te!), e fotografa una pagina di storia che, personalmente, non conoscevo. La vicenda di Braibanti viene raccontata in ordine non cronologico e la prima parte del film verte principalmente sul legame tra l'intellettuale e il giovane Ettore, figlio di una famiglia di fascisti bigotti, che rimane affascinato dalla forte personalità del suo maestro, tanto da arrivare a ricambiarne l'amore e trasferirsi con lui a Roma; la seconda parte, invece, verte sul processo contro Braibanti ed introduce la figura di Ennio, giornalista dell'Unità attraverso il cui sguardo lo spettatore arriva a toccare con mano non solo l'ipocrisia dell'ambiente politico sia di destra che di sinistra ma anche la ferocia dell'omofobia imperante tra la gente comune. Mentre Braibanti, forse volutamente, viene reso quasi inavvicinabile e risulta troppo spesso antipatico nella sua reiterata natura di intellettuale tout court superiore a tutti coloro che lo circondano, Ettore ed Ennio rappresentano la "semplicità" di sentimenti, gli "uomini della strada" che, pur non finendo sotto i riflettori, risentono più di altri dell'ingiustizia di una società che condanna senza appello, forte della cieca ed arrogante convinzione di sapere cosa sia bene e cosa sia male, senza neppure ascoltare le parole di chi viene ritenuto vittima.
Da questo punto di vista, a toccare il cuore dello spettatore sono le interpretazioni di Elio Germano e di Leonardo Maltese, al suo primo ruolo cinematografico. Luigi Lo Cascio è un Aldo Braibanti perfetto, dignitoso e tormentato, dotato di un'aura di fascino particolare e di un carisma che trasuda dalla sua figura anche nel silenzio, tuttavia ho trovato difficile empatizzare con un personaggio così arrogante e, talvolta, odioso nell'affermare la sua superiorità morale ed intellettuale. Diversa la situazione con Elio Germano e Leonardo Maltese, i quali stringono il cuore, ognuno a modo loro. Ettore, caratterizzato da Maltese con sguardi nervosi e un timido mezzo sorriso che nasconde la freschezza della gioventù, colpisce in quanto vittima sacrificale di una famiglia di pazzi bigotti, disposta a rovinare un ragazzo nel fiore degli anni nel tentativo folle di curarlo e liberarlo dall'influenza del Braibanti, e commuove per la caparbietà con la quale, in una delle scene a maggiore intensità emotiva, proclama la propria libertà riguardo la vita e l'amore. Anche Elio Germano, nei panni di Ennio, gioca di "sottrazione" e convoglia tutta la dignità e la sofferenza del proprio personaggio nei silenzi e negli sguardi di chi ogni giorno è costretto a sopportare ignoranza ed ipocrisia indossando la maschera del giornalista rozzo e spiccio per poter sopravvivere anche in mezzo ai "compagni", dipinti con toni non particolarmente lusinghieri (in realtà, l'amico Sauro dice che L'Unità ha seguito e dato risalto al processo). A queste belle interpretazioni si aggiungono quelle altrettanto intense di buona parte dei personaggi "secondari", che contribuiscono ad arricchire un film interessante e coinvolgente, al quale imputo giusto il difetto di rallentare parecchio nella seconda parte, tanto che dopo il processo di Braibanti mi sono ritrovata spesso a chiedermi "ma ancora? Ma quando finisce? Ma che c'è ancora da dire?". Un'inezia, visto che guardando Hammamet l'ho pensato dopo due minuti dall'inizio, mentre Il signore delle formiche è un film che vi consiglio di correre a vedere... anche perché dal 18 comincia la Festa del Cinema, e potete godervelo al prezzo di 3,50 Euro!
Del regista e co-sceneggiatore Gianni Amelio ho già parlato QUI. Luigi Lo Cascio (Aldo Baibranti) e Elio Germano (Ennio Scribani) li trovate invece ai rispettivi link.