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mercoledì 1 giugno 2022

Bolla Loves Bruno: Intrigo a Hollywood (1988)

Come avevo promesso, si continua con l'omaggio a Bruce Willis, che, vista la sterminata filmografia del nostro, sarà molto lungo. Oggi tocca a Intrigo a Hollywood (Sunset), diretto e co-sceneggiato nel 1988 dal regista Blake Edwards.


Trama: all'alba del sonoro, l'attore western Tom Mix incontra Wyatt Earp e insieme cercano di trovare il colpevole di una serie di omicidi commessi nel sottobosco criminale di Hollywood...


Intrigo a Hollywood era un film che non conoscevo e che segna la seconda e ultima collaborazione di Bruce Willis col regista e sceneggiatore Blake Edwards, ahimé già nella fase calante della sua carriera. Il film in questione, in effetti, è stato stroncato dal pubblico e dalla critica dell'epoca ma, nonostante un inizio lento e i suoi mille difetti, a me non è dispiaciuto in toto, per un paio di motivi. Intanto, ho apprezzato la ricostruzione storica degli ultimi anni del cinema muto, più a livello di regia, scenografia e costumi che di sceneggiatura, anche se il film, "give or take a lie or two", è basato su personaggi realmente esistiti: Tom Mix, l'attore western interpretato da Bruce Willis, è stato davvero un famoso attore hollywoodiano ed è diventato molto amico del leggendario eroe americano Wyatt Earp, che in età da pensione era stato anche consulente per alcuni western dell'epoca. Il villain del film, l'"Happy Hobo" psicopatico Alfie Alperin, è invece una versione di Charlie Chaplin e onestamente nono sono riuscita a capire se abbiano scelto un personaggio simile perché Chaplin nascondeva una natura di folle violento (non conosco granché la biografia dell'attore) oppure perché il contrasto tra reale e finzione rendeva particolarmente bene. D'altronde, Intrigo a Hollywood è un thriller interamente basato sugli intrecci tra realtà e cinema, tra fatti realmente accaduti e leggende inventate ad hoc, e la transizione dal set alla vita reale talvolta ha dei confini assai sottili oppure la realtà diventa talmente assurda da assomigliare a un film. Probabilmente, uno dei maggiori difetti di Intrigo a Hollywood è proprio la difficoltà di percepire ciò che viene narrato sullo schermo come "verosimile", e l'assenza di uno stacco definitivo tra il Tom Mix (o anche il Wyatt Earp, se è per questo) che recita e quello che si ritrova invischiato suo malgrado in un tentacolare caso di corruzione e omicidio concorre alla difficoltà di empatizzare coi personaggi.


Purtroppo, l'altro aspetto positivo del film non è Bruce Willis (e mi duole molto dirlo perché siamo qui per celebrare lui!), bensì James Garner. Il suo Wyatt Earp è "suave" nel senso inglese del termine, un gentiluomo d'altri tempi che ha una sola parola e, con calma signorile, induce ai più miti consigli tutti i grebani che vorrebbero discutere con lui o essere violenti con innocenti fanciulle; è difficile non rimanere affascinati dalla sua aura di leggenda e la sua presenza è comunque un jolly in grado di scombinare le carte in tavola e a rendere un po' più interessante un thriller che parte moscio ma poi si riprende anche grazie a questo personaggio. Lo stesso, ahimé, non si può dire di Tom Mix, caratterizzato in un modo probabilmente perfetto per l'epoca (e parlo sia degli anni '20 sia degli anni '80) ma assai fastidioso per l'annus domini 2022. L'attore/cowboy passa il tempo a limonare fanciulle, ad ostentare ricchezza e sicumera, a guardare amici e nemici con sorrisetto sprezzante o a dimostrare quanto diamine è figo (per carità, parliamo di Willis, quindi ne ha ben donde) ma dopo un po' anche basta, non c'è un minimo di verosimiglianza in questo super uomo del west. Certo, non mancano i momenti in cui da fan della prima ora del buon Bruce mi sono venuti gli occhi a cuore, nella fattispecie davanti al (inutile, trashissimo, sessista e pure razzista) sensualissimo tango in cui a un certo punto l'attore si profonde, oppure davanti a un sorrisone particolarmente smagliante che mi ha portata a mettere il film in pausa e rimanere lì, in contemplazione, ma generalmente il povero Bruno è sacrificato all'interno di mise talmente improbabili che è dura anche trovarlo sexy. Alla fine della visione ho dunque capito perché, all'interno della filmografia di Bruce Willis ma anche di un altro grande, Malcom McDowell, Intrigo a Hollywood non viene praticamente ricordato: non è un'opera orribile, ma neppure bella o memorabile, e probabilmente mette troppa carne sul fuoco a livello di stile, tanto da sembrare una scheggia impazzita che non è né una commedia, né un dramma, né un thriller, né un film nostalgico eppure è anche tutte queste cose messe insieme. O, forse, è troppo raffinato per essere capito in toto, chissà.  


Del regista e co-sceneggiatore Blake Edwards ho già parlato QUI. Bruce Willis (Tom Mix), Malcom McDowell (Alfie Alperin), Kathleen Quinlan (Nancy Shoemaker), M. Emmet Walsh (Capo Marvin Dibner), Dermot Mulroney (Michael Alperin) e Glenn Shadix (Roscoe Arbuckle) li trovate ai rispettivi link.

James Garner interpreta Wyatt Earp. Americano, ha partecipato a film come La grande fuga, Victor/Victoria e Space Cowboys; come doppiatore ha lavorato in Atlantis - L'impero perduto. Anche produttore e regista, è morto nel 2014 all'età di 86 anni.


Joe Dallesandro interpreta Dutch Kieffer. Americano, ha partecipato a film come Flesh, Trash - I rifiuti di New York,  Il mostro è in tavola... barone Frankenstein, Dracula cerca sangue di vergine e... morì di sete!!!,  Cry Baby e a serie quali Miami Vice. Anche sceneggiatore e produttore, ha 74 anni e un film in uscita.


Nei panni di Victoria Alperin c'è Jennifer Edwards, figlia del regista e di Julie Andrews; quest'ultima avrebbe dovuto interpretare Christina Alperin, ma ha rifiutato il ruolo perché Christina ha un figlio adulto. Intrigo a Hollywood ha ricevuto, all'epoca, una candidatura all'Oscar per i migliori costumi, dov'è stato giustamente battuto da Le relazioni pericolose, e ha vinto anche un Razzie per la peggior regia (condiviso col film Il mio amico Mac, una sorta di scopiazzatura di E.T.), mentre Mariel Hemingway l'ha scampata, lasciando il dubbio onore di vincere quello per la peggior attrice non protagonista a Kristy McNichol per il dramma erotico Congiunzione di due lune. ENJOY!

venerdì 27 marzo 2020

Bombshell - La voce dello scandalo (2019)

Sarebbe dovuto uscire ieri, già in vergognoso ritardo, e ora chissà quando uscirà, Bombshell - La voce dello scandalo (Bombshell), diretto nel 2019 dal regista Jay Roach.


Trama: dopo essere stata licenziata da Fox News la giornalista Gretchen Carlson decide di far causa al direttore Roger Ailes per molestie sessuali, portando diverse altre colleghe a fare altrettanto.



L'eco del movimento #metoo è arrivato fino a qui, "grazie" a quel vecchio suino di Harvey Weinstein e al coinvolgimento di molte attrici famose, ma già nel 2016 qualcosa si era smosso ai piani alti di uno dei posti più impensabili del mondo, ovvero la sede di Fox News, sentina di repubblicani duri e puri, conservatori e Trumpiani della peggior specie. Che lì in mezzo, e perdonatemi se ragiono per stereotipi, non si nascondano i peggio maschilisti e maiali sulla faccia della terra mi parrebbe un po' improbabile e infatti, alla faccia dei mille volti femminili che quotidianamente bucano lo schermo, qualcosa di marcio è venuto fuori. Bombshell è la storia di quel marciume che risponde al nome di Roger Ailes, vero e proprio numero uno, secondo giusto a Rupert Murdoch all'interno della piramide di potere della Fox, e delle donne che hanno scelto di farsi sentire e rivelare la mondo la sua natura di predatore seriale. Una scelta non facile, ovviamente, e non solo per questioni di carriera, reputazione o soldi, ma proprio per quella perversa malattia intrinseca delle persone, che tendono sempre a porre la stessa domanda idiota: "E come mai lo accusa proprio ora? Non poteva dirlo prima?". No, non si può, o almeno non sempre. Lo spiega alla perfezione il personaggio di Kaya Pospisil, uno dei pochi inventati per l'occasione, in un dialogo telefonico che spezza il cuore e conferma Margot Robbie, se ancora ce ne fosse bisogno, come una delle attrici più brave in circolazione. Il motore che spinge le donne a mantenere il silenzio è, semplicemente, la vergogna. Quel dubbio che comincia a rodere e che ti porta non solo a rivivere mille volte momenti disgustosi e dolorosi ma anche tutto quello che c'è stato prima (comportamenti, frasi, abiti, sguardi: e se fossi stata io ad incoraggiarlo, in effetti?), alimentando un senso di colpa inesistente e annullando ogni speranza di indulgenza o di riuscire a reagire e a cercare una qualche forma di giustizia. La colpa, certo, è di una società e di posti di lavoro dove il maschilismo ancora impera, ma spesso le nemiche più agguerrite delle donne sono altre donne, senza contare che non sempre questi enormi atti di coraggio pagano (in senso letterale e figurato), non nell'immediato almeno, e servono spalle enormi per sopportare critiche, insulti o minacce.


La vicenda di Bombshell viene quindi narrata da tre punti di vista prettamente femminili, a partire da quello di Megyn Kelly, probabilmente la donna più potente del network, invidiabile e sicura di sé al punto da poter addirittura osare dare addosso a Trump (pagandone le conseguenze, ovviamente; è interessante vedere come la vicenda di Ailes venga preceduta dallo scontro tra la Kelly e il futuro presidente USA, che contestualizza l'intera situazione e mostra come le giuste critiche mosse da una donna famosa, potente ed intelligente possano diventare in tempo zero il punto di partenza per slut shaming e altre orribili pratiche); Megyn è il vertice apparentemente "neutro" di un triangolo che vede presenti anche Gretchen Carlson, la "scarpa vecchia" da sostituire e trattare come una matta visionaria, e la già citata Kayla, giovane ed inesperta, potenzialmente la più malleabile del trio. Un trio di donne che scatenerà, ognuna a modo suo e ognuna coi suoi tempi, uno tsunami che andrà ad influenzare non sono i personaggi principali di questa scandalosa vicenda ma anche quelli secondari, che si ritrovano ad incrociare il cammino delle tre anche solo per poco tempo. La quantità di vite "toccate" dallo scandalo si rispecchia in una scrittura e in una regia veloci ed accattivanti ma comunque pregne, dove è un attimo perdersi la battuta o il dialogo fondamentali (soprattutto in lingua originale) e dove star dietro alla frenetica attività di Fox News non è facilissimo, tra momenti di dramma e altri in cui Bombshell diventa quasi una commedia, con tanto di quarta parete infranta e narratori esterni. Uno stile che forse riesce a gestire meglio Adam McKay, laddove Jay Roach a tratti pare un po' perdersi e lasciare che sia la grandezza delle tre attrici protagoniste a governare il ritmo della pellicola, ma comunque un modo di fare cinema che a me piace parecchio, soprattutto quando racconta storie importanti come questa sottolineando, con amara ironia, quanto ancora sia lunga la strada per un mondo più equo e giusto per tutti.


Del regista Jay Roach ho già parlato QUI. Charlize Theron (Megyn Kelly), Nicole Kidman (Gretchen Carlson), Margot Robbie (Kayla Pospisil), John Lithgow (Roger Ailes), Allison Janney (Susan Estrich), Malcom McDowell (Rupert Murdoch), Kate McKinnon (Jess Carr), Mark Duplass (Doug Brunt), Jennifer Morrison (Juliet Huddy), Ashley Greene (Abby Huntsman) e P.J. Byrne (Neil Cavuto) li trovate invece ai rispettivi link.

Connie Britton interpreta Beth Ailes. Americana, ha partecipato a film come Nightmare e a serie quali Ellen, 24, American Crime Story e American Horror Story; come doppiatrice ha lavorato ne I Griffin e American Dad!. Anche produttrice, ha 53 anni e due film in uscita.


Liv Hewson, che interpreta Lily Balin, era Abby Hammond in Santa Clarita Diet mentre Madeline Zima, che interpreta la truccatrice Eddy, era la piccola Gracie Sheffield de La tata. Alcuni degli eventi raccontati nel film sono stati riportati anche nella miniserie TV The Loudest Voice, che recupererò il prima possibile. ENJOY!

martedì 23 ottobre 2018

Excision (2012)

Ad ottobre la Midnight Factory ha distribuito due horror, uno German Angst, di cui parlerò nei prossimi giorni, e l'altro Excision, diretto e sceneggiato nel 2012 dal regista Richard Bates Jr.



Trama: Pauline è un'adolescente bruttina e fuori di testa con due soli pensieri nella testa: perdere la verginità e diventare un abile chirurgo.



Avevo conosciuto un paio d'anni fa Richard Bates Jr. grazie al bellissimo Trash Fire, un film che partiva come una caustica commedia sentimentale per concludersi come un angosciante horror dal finale devastante e che, in virtù di ciò, era risultato come uno dei più interessanti della stagione. Excision assomiglia parecchio a Trash Fire, sia per la struttura che per un paio di temi portanti quali l'oppressione della religione e la difficoltà insita nei rapporti familiari, forse è giusto un po' più grezzo e "manierista", nel senso che il regista adora indulgere nei sogni ad occhi aperti di Pauline, fatti di frattaglie, sangue, gente squartata e glamour a fiumi, in pratica gli unici momenti davvero splatter di quella che, in fin dei conti, prima del colpo di coda finale è una commedia adolescenziale nerissima ma parecchio divertente. E' il personaggio di Pauline in primis, al di là dei suoi sogni angoscianti, ad esserlo, perché la ragazza può essere tranquillamente assimilabile ad una Daria un po' più "lurida" ma dotata della stessa lingua tagliente. Pauline sa cosa diventerà nell'immediato futuro, alla faccia di una madre castrante, di un padre castrato e di una sorellina che, forse perché effettivamente più dolce, forse perché malata, è la pupilla di casa: un chirurgo abilissimo, senza se e senza ma. Per diventarlo, Pauline deve necessariamente liberarsi di tutte le cose inutili che la circondano, mettendo al bando ogni sorta di emotività per raggiungere la freddezza necessaria. Ecco il perché dei suoi tragicomici dialoghi con un Dio che viene riconosciuto come entità superiore ma trattato alla stregua di un uomo d'affari, ecco la necessità di perdere la verginità nemmeno fosse un ingombro, ecco il perché del rifiuto di una femminilità inutile quanto le amicizie, se non per fornire consulti non richiesti ed imbarazzanti che la isolano ancora più dai suoi coetanei. In tutto questo, ovviamente, ci si mettono i genitori. La madre di Pauline è l'esatto opposto della figlia, estremamente legata alle convenzioni e alla religione, pronta a sacrificare la dignità della sua "bambina" pur di integrarla nella società mentre il padre, con l'unico atto coraggioso della sua vita, ha relegato ulteriormente Pauline nel novero degli outsider.


Insomma, leggendo immagino vi sarete fatti l'idea di una commedia adolescenziale, quasi demenziale, ma la verità è che Richard Bates Jr. introduce, qui e là, elementi dolorosi ed inquietanti che non si limitano ai coloratissimi e patinati flash splatter dove AnnaLynne McCord si libera finalmente del make up che la imbruttisce per diventare una sensuale e perversa dea della chirurgia; l'alone della morte, della malattia e del rifiuto incombe costantemente sulla famiglia di Pauline, tra dialoghi di una violenza inaudita (quello in cui la madre di Pauline dichiara, disperata, di non amarla mentre la ragazza ascolta di nascosto e piange in camera sua è struggente a dir poco) e piccoli eventi che stridono con la "normalità" piccolo borghese che viene messa in scena dal regista. Pauline è sicuramente l'elemento più inquietante all'interno del film, col suo aspetto ripugnante e le sue abitudini malsane, ma col senno di poi pare quasi che la ragazza incarni una tumescenza latente, in procinto di esplodere ed inondare col suo marciume (o mondare, ripulendo?) la sua intera famiglia e la solita accozzaglia di teenager arrapati e stupidi, senza arte né parte, adolescenti peraltro dei quali fa pare la stessa Pauline, creatura "mediocre" nonostante la sua diversità. La protagonista non è né un genio né un chirurgo prodigio e la sua testardaggine è condivisibile ma non giustificabile, tanto che spesso Pauline mette solo una gran tristezza. Annalynne McCord si annulla completamente in questo personaggio scomodo, provando un gusto palese ad imbruttirsi pur senza rinunciare a una sorta di sensualità perversa che si evince dagli sguardi predatori che Pauline lancia a ciò che la circonda; per contro, i sogni di cui è protagonista sono il trionfo del trash, del cattivo gusto illuminato da una luce asettica, dove dominano i colori dell'azzurro, del bianco e del rosso, quadri in movimento affascinanti e disgustosi al tempo stesso... che è poi la sensazione che provoca l'intero film, ottimo acquisto "indie" della Midnight Factory. Ho un solo appunto negativo da fare su una pellicola che mi è piaciuta tantissimo: ma quanto diamine sono sprecati McDowell, Ray Wise e John Waters?


Del regista e sceneggiatore Richard Bates Jr. ho già parlato QUI. Roger Bart (Bob), Malcom McDowell (Mr. Cooper) e Ray Wise (Preside Campbell) li trovate invece ai rispettivi link.



AnnaLynne McCord, che interpreta Pauline, era già comparsa in un altro film di Richard Bates Jr, il pregevole Trash Fire, inoltre è stata la ninfetta infoiata Eden Lord di Nip/Tuck; nei panni del prete c'è invece il regista  John Waters, famoso per Pink Flamingos e La signora ammazzatutti. Il film nasce da un corto dello stesso regista (che purtroppo non è compreso all'interno del DVD targato Midnight Factory, comprensivo giusto del libretto curato dalla redazione di Nocturno), con lo stesso titolo, quindi se Excision vi fosse piaciuto recuperatelo e aggiungete Trash Fire e Raw. ENJOY!


mercoledì 28 settembre 2016

31 (2016)

Oggi si torna a parlare dell'amico Rob Zombie, regista e sceneggiatore di 31, uno degli horror che non dovete assolutamente perdere quest'anno.


Trama: la notte di Halloween un gruppo di giostrai viene costretto a partecipare al terrificante survival game 31, che prevede un ambiente dal quale non è possibile uscire e un gruppo di killer travestiti da clown.



Ormai lo avrete letto in ogni blog, sito e rivista che conta: Rob Zombie è tornato. Intendiamoci, per me si era giusto un po' allontanato, anche perché, sinceramente, a me erano piaciuti sia Halloween - The Beginning sia il tanto vituperato Le streghe di Salem, ma devo ammettere che le vette de La casa dei 1000 corpi e, soprattutto, di quel capolavoro che era La casa del diavolo erano ben lontane dalle sue ultime opere. Con 31, Rob è tornato a fare quello che gli riesce meglio, ovvero riunire un branco di personaggi brutti, sporchi e cattivi, e farli interagire nel peggiore dei modi possibili, con una piccola differenza. Se in La casa dei 1000 corpi avevamo il solito gruppetto di teenager insopportabili dati in pasto a degli psicopatici, cosa che portava lo spettatore a non parteggiare né per gli uni né per gli altri (anzi, forse un po' più per gli psicopatici), e in La casa del diavolo il regista era riuscito addirittura a portare lo spettatore a vergognarsi di provare qualcosa per i "cattivi", qui i sentimenti che mi hanno mossa durante la visione del film sono stati ancora diversi. E' impossibile, infatti, non empatizzare con Charly, Roscoe, Venus e compagnia, artisti di strada talmente uniti da poter tranquillamente venire definiti una famiglia e non proprio quelli che chiameremmo degli stinchi di santo: rozzi, trasandati e dediti ad alcool e droghe, i protagonisti di 31 vivono alla giornata in un mondo di libertà assoluta, forse non assolutamente soddisfacente ma comunque l'unico dal quale riescono a trarre sostentamento, cercando tra spostamenti ed espedienti di rimanere fuori dalla strada e da un destino di povertà e degrado. Quando i nostri si vedono uccidere alcuni membri della "famiglia", prima di venire rapiti e inseriti a forza in un gioco patrocinato da ricconi annoiati, qualcosa si spezza in loro e nello spettatore, che di fatto soffre a vederli alla mercé dei terrificanti clown che infestano il luogo. Allo stesso tempo, è difficile non rimanere affascinati da personaggi iconici quali l'inquietante Doom-Head, killer folle e raffinato dall'eloquio ipnotico e dal sorriso agghiacciante, capo ideale del resto della marmaglia partorita dalla mente deviata di Rob Zombie.


Forse solo Alex De La Iglesia avrebbe avuto l'ardire di portare sul grande schermo nani messicani nazisti (comunque, Rob, io aspetto ancora un lungometraggio su Werewolf Women of the SS, sallo) e teutonici giganti in tutù ad accompagnare più prosaici ma non meno sanguinosi redneck col cerone da clown e la pettorina, tutti al servizio di tre vecchi catananni conciati come il Conte Uguccione e la Madre di Jean Claude in Sensualità a Corte e già solo questo meriterebbe a Rob Zombie un plauso. Ma, non contento, il regista ha scelto di nobilitare questo sanguinoso trionfo di follia e grezzume con una splendida introduzione in bianco e nero, dove tanto è pulita e nitida la fotografia quanto è ruzzo il terrificante Richard Brake, e col finale più bello e poetico mai visto quest'anno in un horror: le immagini finali di 31, che ovviamente non vi spoilero, concentrano tutta la follia, il desiderio di sopravvivere e combattere, la comunione di due animi affini che solo una parvenza di civiltà ha fatto evolvere in maniera differente, in due intensissimi minuti accompagnati dall'evocativa Dream On degli Aerosmith, mai così bella e adatta all'atmosfera. Vi assicuro che, di fronte ad una simile conclusione, il resto del film, per quanto pregevole (soprattutto per ciò che riguarda le scenografie claustrofobiche ed oscure, il make up dei vari clown e la coraggiosa bellezza naturale di Meg Foster), scompare. Quel che ancora non è scomparso, dopo quasi una settimana dalla visione di 31, è l'ammirazione spropositata per l'attore Richard Brake il quale, come ho scritto su Facebook appena finito il film, sarebbe in grado di cancellare con uno sputacchio sanguinoso le interpretazioni di Jared Leto e Heath Ledger per diventare il Joker migliore di sempre, possibilmente accompagnato da una Harley Quinn interpretata da Sheri Moon Zombie. Dolce Sheri, poi dovrai spiegarmi come diamine fai, all'età di quasi 50 anni, ad essere ancora così gnocca, secca e sexy al punto che tuo marito non riesce a staccarti la cinepresa di dosso né a smettere di vantarsi inguainandoti dentro quella robetta che poco lascia all'immaginazione ma, se il risultato è quello di spingerlo a girare film come 31, accetto con filosofia la cosa e più non dimando!


Del regista e sceneggiatore Rob Zombie ho già parlato QUI. Sheri Moon Zombie (Charly), Jeff Daniel Phillips (Roscoe Pepper), Meg Foster (Venus Virgo), Malcom McDowell (Father Murder), Judy Geeson (Sister Dragon) e Richard Brake (Doom-Head) li trovate invece ai rispettivi link.

Lew Temple interpreta Psycho-Head. Americano, ha partecipato a film come La casa del diavolo, Non aprite quella porta: l'inizio, Déjà Vu, Halloween: The Beginning, The Lone Ranger e a serie come Walker Texas Ranger, CSI: Miami, Criminal Minds e The Walking Dead. Ha 49 anni e quattordici film in uscita.


Se 31 vi fosse piaciuto recuperate i già citati La casa dei 1000 corpi e La casa del diavolo. ENJOY!

domenica 8 febbraio 2015

Suck (2009)

Nonostante quasi tutta la blogosfera stia parlando del Neozelandese What We Do in the Shadows io, che come sempre rimango indietro a mo' di gambero, mi sono invece finalmente decisa a recuperare la commedia vampirica Suck, diretta e sceneggiata nel 2009 dal regista Rob Stefaniuk.


Trama: i Winners, nonostante il nome, sono una band in declino che cerca in tutti i modi di sfondare, inutilmente. La loro fortuna cambia quando la bassista diventa una splendida vampira ma la strada verso il successo non sarà comunque tutta rose e fiori...


Come sapete, nonostante non sia una grande appassionata di musica (anzi, diciamo pure che sono un'ignorante totale) adoro comunque i musical, soprattutto se di stampo horror. Suck non è proprio un musical, in realtà ripercorre un po' la via tracciata ai tempi da supercazzole cult come Fusi di testa con qualche canzone originale calata in un contesto "realistico" e parecchie guest star a tema, tuttavia è lo stesso dannatamente divertente e piacevole. Il film racconta la storia dei Winners e del loro frontman Joey, uno scalcinato gruppo di musicisti ormai troppo vecchi per poter ancora sfondare e ridotti ad arrabattarsi alla bell'e meglio con concerti a cui non va praticamente nessuno. Alla frustrazione per essere, fondamentalmente, dei musicisti mediocri, si aggiunge il fatto che il manager è uno stronzo profittatore e la bassista una fattona zeppa di problemi che, una sera, si fa irretire da un vampiro ed entra a far parte delle schiere dei non morti; come aveva già scoperto Lestat in quel film maffo che risponde al nome di La regina dei dannati, rock e vampirismo vanno a braccetto e i Winners, superato lo stupore iniziale, capiscono che avere un succhiasangue sul palco rende i concerti automaticamente superlativi e che il successo non è mai stato così facile. Anche troppo facile, a dire il vero. Arrivato ad un letterale crocevia della sua esistenza Joey dovrà decidere se continuare a faticare e sputar sangue nell'attesa dell'inarrestabile declino fisico ed artistico oppure cominciare a succhiarlo approfittando della fondamentale stupidità delle masse, che sempre più spesso guardano all'aspetto e allo stile prima ancora che all'effettiva bravura (i Winners rimangono comunque musicisti banali e mediocri con o senza vampiri sul palco ma basta un po' di vento tra i capelli e il pallore micidiale della bassista a mandare in delirio il pubblico) e lo stesso vale per i manager senza scrupoli.


Questo canovaccio esile ma simpatico viene messo in scena con una goliardia godibilissima che mescola gag ricorrenti e comprensibili da buona parte del pubblico più o meno avvezzo all'horror ad altre un pochino più sottili e dedicate agli spettatori più scafati in campo musicale (in questo senso, io ho riso tantissimo solo davanti alla performance di un'inedito Moby in versione metallozza ma il resto delle citazioni le ho un po' perse per strada...). La regia di Rob Stefaniuk è surreale e demenziale, priva di qualsiasi pretesa di realismo e gli effetti speciali sono stati realizzati di conseguenza, rendendo Suck più un cartone animato con esseri umani che un horror tout court; la scena della cannuccia o le bellissime sequenze in stop motion dove la macchina dei protagonisti percorre una cartina del Canada e degli Usa sempre più insanguinata sono solo degli esempi sia dello spirito con cui è stato realizzato Suck sia, comunque, della cura messa nel tentativo. Gli attori non sono particolarmente eccezionali e persino Malcom McDowell nei panni del cacciatore di vampiri è leggermente sottotono rispetto al solito ma tutti compensano in abbondanza con la simpatia, soprattutto Paul Anthony con quella faccetta da schiaffi e il mitico Hugo interpretato da Chris Ratz, una sorta di Renfield dall'accento francese sfigato da morire e schiavizzato da umani e vampiri. Le comparsate di Alice Cooper nei panni del "traviatore" (affascinante e sballato come non mai) e di un Iggy Pop stranamente saggio e ripulito completano l'opera e catapultano automaticamente Suck nell'olimpo degli instant cult che probabilmente riguarderò fino ad arrivare a conoscerli a memoria. Se non lo avete mai visto dategli una chance e divertitevi!


Di Alice Cooper (il barista) e Malcom McDowell (Eddie Van Helsing) ho già parlato ai rispettivi link.

Rob Stefaniuk è il regista e sceneggiatore della pellicola, inoltre interpreta Joey. Canadese, ha diretto film come Phil The Alien. Anche compositore e produttore, ha un film in uscita.


Jessica Paré interpreta Jennifer. Canadese, ha partecipato a film come L'altra metà dell'amore, Un tuffo nel passato e ha doppiato un episodio di Robot Chicken. Ha 32 anni.


Paul Anthony interpreta Tyler. Canadese, ha partecipato a film come Blade: Trinity, American Mary e a serie come Dark Angel, La zona morta, Masters of Horror e The Flash. Ha 39 anni e tre film in uscita.


Henry Rollins (vero nome Henry Rogers Garfield) interpreta Rockin' Roger. Americano, membro di band come i Black Flag, ha partecipato a film come Johnny Mnemonic, Heat - La sfida, Strade perdute e a serie come Sons of Anarchy; come doppiatore, ha lavorato per le serie American Dad! e Adventure Time. Anche produttore e sceneggiatore, ha 54 anni e un film in uscita.


Dave Foley interpreta Jeff.  Canadese, ha partecipato a film come Tre scapoli e un bebé, Mordimi e a serie come Will & Grace, Scrubs, Desperate Housewives, How I Met Your Mother e Dads; come doppiatore, ha lavorato per film come Bug's Life - Megaminimondo, South Park - Il film: Più grosso, più lungo e tutto intero, Toy Story 2, Cars - Motori ruggenti, Monsters University e serie come Robot Chicken. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 51 anni e un film in uscita.


Oltre ad Alice Cooper (che recita assieme alla figlia Calico Cooper nel ruolo di barista) nel film compaiono il veganissimo Moby nei panni del carnivoro metallozzo Beef, Iggy Pop in quelli di Victor e altri musicisti a me totalmente sconosciuti come Dimitri Coats in quelli del vampiro Queeny, il chitarrista Alex Lifeson in quelli della guardia al confine e Carole Pope in quelli della buttafuori. Per chi poi, come me, si fosse chiesto come abbiano fatto a far recitare un Malcom McDowell così giovane, sappiate che le scene in questione sono state prese dal musical O Lucky Man! del 1973 e poi modificate per adattarle a Suck; se il film vi fosse piaciuto magari recuperatelo (io penso proprio che lo farò visto che ora sono curiosa!) e aggiungete Ragazzi perduti e Ammazzavampiri. ENJOY!

martedì 18 settembre 2012

Halloween - The Beginning (2007)

Nonostante non ami molto lo slasher fine a sé stesso, nella mia collezione di DVD è finito anche Halloween – The Beginning (Halloween), diretto nel 2007 dal regista Rob Zombie.


Trama: il film racconta la “leggenda” di Michael Myers cominciando dall’infanzia, passando per lo sterminio della famiglia per poi arrivare al presente, quando lo spietato killer evade dal manicomio criminale per uccidere anche la sorella minore…


So che è brutto da dire per una persona che cura un blog di cinema e si dichiara appassionata di horror, ma l’Halloween di Carpenter non l’ho mai visto. Avevo beccato moltissimo tempo fa, a tarda sera, il secondo capitolo (senza capirci una beneamata mazza, ovviamente, visto che comincia direttamente dalla fine del primo film) e anche il moscerello Vent’anni dopo, ma in generale non mi avevano entusiasmata troppo. Quindi, non dovrete stupirvi se il mio giudizio nei confronti di Halloween – The Beginning sarà molto positivo, per il semplice fatto che non sono mai stata fan dell’originale e non potrò quindi fare un confronto. Aggiungo inoltre che il maledetto Rob Zombie mi ha catturata fin dal suo primo, imperfetto film d’esordio, La casa dei 1000 corpi, grazie al suo stile particolare, all’incredibile generosità nel regalare indimenticabili scene splatter e all’impeccabile uso di grandi caratteristi e azzeccatissime colonne sonore. In questo, Halloween – The Beginning non fa eccezione, sebbene sia sicuramente più debole delle due pellicole “zombiane” che lo hanno preceduto.


Ad essere sinceri, il film patisce di una sorta di divisione in due parti distinte, ovvero l’infanzia di Michael Myers e la seguente evasione dal manicomio con ricerca della sorellina sopravvissuta. Io ho sicuramente apprezzato molto di più la prima parte, nonostante anch’essa soffra di qualche piccolo difetto: personalmente, avrei trovato molto più interessante vedere il bimbo Michael che sviluppava la sua follia all’interno di una famiglia amorevole, non nella solita squallida casetta con madre amorevole ma spogliarellista, patrigno ubriacone e fancazzista, sorella maggiore zoccola e odiosa. Per fortuna Zombie non attribuisce tutta la colpa della malattia di Michael all’ambiente familiare, e ci mostra chiaramente come il ragazzino fosse già nato psicopatico ma con la faccetta (grassoccia) d’angelo, tuttavia è difficile biasimare il pargolo armato di coltello mentre taglia la gola al sacco di brenno accozzato sul divano o mentre bastona a morte un compagno di scuola simpatico come una cacca nel letto. Interessante, sebbene un po’ prolissa, anche la parte in cui il regista sviluppa il rapporto che si instaura tra il Dr. Loomis e il piccolo paziente, con Michael sempre più silenzioso, tetro ed inquietante man mano che le sue maschere di cartapesta (spettacolari!) diventano più elaborate. E’ alla fine di questo percorso, tra l’altro, che viene mostrata con forza inaudita la definitiva vittoria della follia sull’innocenza; prima della melodrammatica scena che porta alla morte fisica di Deborah, infatti, Zombie ci permette di vedere il momento in cui la donna muore davvero, una sequenza agghiacciante e magistrale in cui il figlio, ormai più bestia che essere umano, le urla in faccia dopo l’ultimo omicidio commesso.


Da qui in poi il film ridiventa uno slasher tout court, introdotto dalla scritta in sovrimpressione “Trick or Treat”. A differenziare Halloween – The Beginning da altri film simili spiccano personaggi particolarmente odiosi e stupidi, di una demenza che sconfina nella cattiveria (allucinante la scena dello stupro ai danni di una delle pazienti del manicomio, quasi insostenibile nella sua brutalità) e che per questo meritano ogni sevizia del gigantesco ed inquietante Michael, e, ovviamente, una cura dei dettagli quasi maniacale accompagnata da un sadico gusto gore. Zombie, infatti, riesce a regalare sia allo spettatore “normale” che al fan momenti a dir poco epici come quello in cui Michael ritrova nella casa abbandonata la maschera che diventerà il suo marchio di fabbrica, oppure sanguinosissime macellate come quella del camionista in bagno e dei genitori di Laurie. In tutto questo, comunque, la mia sequenza preferita è forse quella che precede l’ambiguo finale, in cui la sorellina ormai cresciuta cerca di fuggire al fratellone all’interno della loro vecchia casa, dove il regista si sbizzarrisce con arditissime inquadrature e un montaggio talmente serrato che la tensione non cala nemmeno per un secondo. Altra particolarità da me molto apprezzata è l’abbondante uso di caratteristi d’eccezione a fare da “spalla” a interpreti stranamente validi per il tipo di pellicola in questione: vedere Udo Kier, Danny Trejo, Clint Howard e Brad Dourif è sempre un piacere immenso, a prescindere dal poco tempo che viene loro concesso, Sheri Moon Zombie è adorabile e brava come al solito, Malcom McDowell parte male (quell’orrida parrucchetta all’inizio non si può vedere) ma poi riesce con la solita dignità a raccogliere lo scomodo scettro di Donald Pleasence, il piccolo Daeg Faerch non è all’altezza dei classici bambini malvagi del cinema horror ma il suo visetto inespressivo è sufficientemente inquietante per essere credibile, infine Scout Taylor – Compton ci mette tutta la sua capacità polmonare nell’interpretare la scream queen di turno e, soprattutto nel finale, mette i brividi. Per farla breve, avendo solo questo Halloween – The Beginning come punto di partenza della saga, mi sento di consigliarlo caldamente ai fan dell’horror, tuttavia se amate il film originale di Carpenter non saprei dire se l’operazione zombiana potrebbe o meno essere di vostro gusto.


Di Malcom McDowell (Dott. Samuel Loomis), Danny Trejo (Ismael Cruz), Bill Moseley (si vede solo nella versione cinematografica nei panni di una delle guardie, ma io a casa ho il DVD unrated, quindi me lo sono perso, sigh!), Brad Dourif (lo sceriffo Lee Brackett), Clint Howard (Dott. Koplenson), Udo Kier (Morgan Walker) e Dee Wallace (Cynthia Strode) ho già parlato nei rispettivi link.

Rob Zombie (vero nome Robert Bartleh Cummings) è regista e sceneggiatore della pellicola. “Nato” come musicista, lo ricordo per aver girato film come La casa dei 1000 corpi, La casa del Diavolo, il trailer Werewolf Women of the S.S. per il film Grindhouse, Halloween II, The Haunted World of El Superbeasto e un episodio di CSI:Miami. Anche compositore, produttore e attore, ha 47 anni e un film in uscita, l’imminente e attesissimo Lords of Salem.


Scout Taylor – Compton (vero nome Desariee Starr Compton) interpreta Laurie Strode. Americana, ha partecipato a film come Halloween II e a serie come Allie McBeal, E.R. Medici in prima linea, Una mamma per amica, Cold Case, Streghe, Bones, CSI, CSI:NY e Grey’s Anatomy. Ha 23 anni e quattro film in uscita.


Tyler Mane (vero nome Daryl Karolat) interpreta Michael Myers da adulto. Ex wrestler, lo ricordo per avere interpretato il francamente orribile Sabretooth di X – Men, inoltre ha partecipato ad altri film come Troy, La casa del Diavolo e Halloween II. Canadese, anche produttore e sceneggiatore, ha 46 anni e un film in uscita.

Con tutto il rispetto, ciccio, ma è meglio Liev Schreiber..!
Sheri Moon Zombie (vero nome Sheri Lyn Skurkis) interpreta Deborah Myers. Moglie di Rob Zombie, la ricordo per film come La casa dei 1000 corpi, La casa del Diavolo, il trailer Werewolf Women of the S.S. per il film Grindhouse, Halloween II e The Haunted World of El Superbeasto (dove dava la voce a uno dei personaggi); inoltre ha partecipato a una puntata di CSI: Miami. Americana, anche produttrice, ha 42 anni e un film in uscita, Lords of Salem.


William Forsythe interpreta Ronnie White. Americano, ha partecipato a film come C’era una volta in America, Dick Tracy, Cosa fare a Denver quando sei morto, The Rock, La casa del diavolo e a serie come Chips, Saranno famosi, Masters of Horror, CSI: Miami e Boardwalk Empire. Anche produttore e sceneggiatore, ha 57 anni e quattro film in uscita.


Danielle Harris interpreta Annie Brackett. Americana, ha partecipato a film come Halloween 4: il ritorno di Michael Myers, Halloween 5, Scappo dalla città – la vita, l’amore e le vacche, Non dite a mamma che la babysitter è morta, L’ultimo boyscout – missione sopravvivere, Free Willy: Un amico da salvare, Daylight – Trappola nel tunnel, Urban Legend e Halloween II, oltre a serie come Genitori in blue jeans, Pappa e ciccia, E.R. – Medici in prima linea, Streghe e Cold Case. Anche regista e produttrice, ha 34 anni e otto film in uscita.


Nella miriade di comparse d’eccezione segnalo anche Sid Haig, qui nei panni del becchino che indica al Dr. Loomis dov’è sepolta la madre di Michael Myers. Non avendo mai visto Halloween II, diretto nel 2009 sempre da Rob Zombie (si vocifera l’uscita di un terzo capitolo ad opera di Patrick Lussier), se Halloween – The Beginning vi fosse piaciuto consiglio di recuperare assolutamente La casa dei 1000 corpi e il suo seguito, il bellissimo La casa del Diavolo. Da parte mia, cercherò invece di guardare finalmente il primo Halloween di Carpenter. ENJOY!

giovedì 7 giugno 2012

The Artist (2011)

Con un ritardo di mesi sono finalmente riuscita a vedere The Artist, diretto nel 2011 dal regista Michel Hazanavicius e vincitore di ben cinque premi Oscar, tra cui miglior film e miglior attore protagonista.


Trama: George Valentin è una star del cinema muto che, per colpa del suo carattere vanesio ed orgoglioso, rifiuta di accettare l’avvento del sonoro. Nel momento in cui, però, viene abbandonato e dimenticato da tutti, una sola persona cerca di risollevarlo: la star nascente Peppy Miller.


Finalmente anche io potrò dire: l’ho visto. Mesi e mesi a sentire o leggere persone che si profondevano in lodi sperticate per questo The Artist, per la mancanza di sonoro, per l’uso del bianco e nero, per questo meraviglioso Dujardin, io ad aggrottare le sopracciglia rosicando per la mancata visione… e dopo tanta attesa, quel che mi vien da dire è “carino, sì. Molto carino”. E basta, però, perché mi è sembrato di leggere un episodio di X – Men: First Class. Storie mutuate dal passato, una copia quasi anastatica dello stile dei disegnatori e sceneggiatori anni ’60, aggiornate vagamente ai gusti del pubblico attuale e prive del fascino che innegabilmente possiedono le vecchie storie… o in questo caso i vecchi film muti. Volete mettere, infatti, Dujardin che gigioneggia mostrando 87 denti bianchissimi a capolavori come, che so, Metropolis o Nosferatu o Il monello? Io forse sono la persona più ignorante sulla faccia della terra, ma ritengo The Artist niente più che un divertissement cinefilo, una presa di posizione su come, in questi tempi di 3D, effetti speciali e storie arzigogolate, anche un film “semplice” possa riscuotere un successo mondiale. Ma da qui a gridare al capolavoro ne passa.


Non nego che la storia raccontata in The Artist sia molto coinvolgente, visto anche che parecchie star del muto sono entrate nella stessa spirale di autolesionismo e depressione che tocca il personaggio di George Valentin; la triste ed amara nostalgia richiamata dalle splendide musiche, dalle immagini di un tempo che non tornerà più, dai costumi vintage e persino dalle fumose (in senso letterale) sale cinematografiche gremite di spettatori ridenti e stupiti è palpabile per tutta la durata del film ed è quella particolarità che, sicuramente, me lo ha fatto apprezzare più di tutto il resto. Mi è piaciuta molto anche l’idea di rappresentare “fisicamente” il rifiuto di George Valentin, incarnato dall’incubo dove tutti parlano o emettono suoni tranne lui, oppure sul finale, quando dopo aver accettato il progresso il film si trasforma in una pellicola sonora; ho trovato anche molto azzeccato l’uso delle didascalie “ingannevoli”, soprattutto per il colpo di scena verso la fine. Gli attori, lo ammetto, sono tutti molto bravi. Oltre a Dujardin, che riesce a trasformarsi da insopportabile piacione ad umanissimo relitto alcolizzato senza risultare forzato o caricaturale, ho adorato l’interpretazione di James Cromwell nei panni del fedele autista Clifton e mi è molto piaciuta anche la frizzantissima Bérénice Bejo, nonostante la sua Peppy Miller sia da prendere a schiaffoni i parecchie occasioni. Però, la visione di The Artist non mi ha lasciata così soddisfatta da annoverarlo nell’elenco dei miei film cult. A ripensarci, sonoro a parte, con il bianco e nero avevano già giocato, tra gli altri, i Coen e Burton, tirando fuori due capolavori come L’uomo che non c’era e Ed Wood, pellicole da rivedere non una, ma mille volte. The Artist, invece, pur essendo un film di cui consiglio la visione, rimarrà lì, come un ricordo piacevole, ma nulla più.


Di John Goodman (Al Zimmer), Malcom McDowell (una delle comparse) e Missi Pyle (Constance) ho già parlato nei rispettivi link.

Michel Hazanavicius è il regista della pellicola. Francese, ha recentemente diretto Gli infedeli. Anche sceneggiatore e attore ha 45 anni e un film in uscita.


Jean Dujardin interpreta George Valentin. Francese, ha partecipato a film come Lucky Luke, Piccole bugie tra amici e Gli infedeli. Anche regista, sceneggiatore e produttore, ha 40 anni e due film in uscita.


Bérénice Bejo interpreta Peppy Miller. Argentina, ha partecipato a film come Il destino di un cavaliere. Ha 36 anni e tre film in uscita.


James Cromwell interpreta Clifton. Americano, lo ricordo per film come Invito a cena con delitto, La rivincita dei nerds (con seguiti), Explorers, Pink Cadillac, Babe, maialino coraggioso, L.A. Confidential, Species II, Deep Impact, Babe va in città, Il miglio verde, Angels in America, inoltre ha partecipato a serie come MASH, La famiglia Bradford, La casa nella prateria, Casa Keaton, Dallas, Riptide, Supercar, Hunter, Ai confini della realtà, Magnum P.I., Quell'uragano di papà, E.R. - Medici in prima linea, Six Feet Under e 24. Anche produttore, ha 72 anni e due film in uscita.


Beth Grant interpreta la cameriera di Peppy. Americana, ha partecipato a film come Rain Man – L’uomo della pioggia, Il piccolo grande mago dei videogames, Linea mortale, La bambola assassina 2, La metà oscura, Speed, A Wong Foo, grazie di tutto! Julie Newmar, Il dottor Doolittle, Donnie Darko, Little Miss Sunshine, Non è un paese per vecchi e a serie come Santa Barbara, Hunter, La signora in giallo, Friends, Jarod il camaleonte, Sabrina vita da strega, Angel, X – Files, CSI, Malcom, Six Feet Under, My Name is Earl, Bones, La vita secondo Jim, Medium e Criminal Minds. Anche regista, sceneggiatrice e produttrice, ha 63 anni e sette film in uscita.


Ed Lauter (vero nome Edward Matthew Lauter III), interpreta il maggiordomo di Peppy. Americano, lo ricordo per film come King Kong (quello del 1976), Cujo, La rivincita dei nerds II, Nato il quattro luglio, Una vita al massimo, Talladega Nights: The Ballad of Ricky Bobby, Number 23 e per serie come Charlie’s Angels, Magnum P.I., The A – Team, Miami Vice, La signora in giallo, Renegade, X – Files, Highlander, Walker Texas Ranger, Millenium, Streghe, E.R. – Medici in prima linea, CSI, Cold Case e Grey’s Anatomy. Ha 72 anni e due film in uscita. 
Penelope Ann Miller interpreta Doris. Americana, ha partecipato a film come Risvegli, Un poliziotto alle elementari, Charlot, Carlito’s Way, L’uomo ombra, Relic – L’evoluzione del terrore, The Messengers e a serie come L’albero delle mele, Casa Keaton, Miami Vice, CSI: NY, Desperate Housewives. Ha 48 anni e tre film in uscita.


Segnalo inoltre la presenza nel cast di Joel Murray (fratello del più famoso Bill Murray e storico amico “scemo” di Greg nella sit com Dharma e Greg), qui nei panni del poliziotto che segue il cagnolino allarmato dall’incendio. Altra menzione d'onore va doverosamente dedicata a Douglas Fairbanks, famosissimo divo dei film d'avventura anni '20-'30: il film che George Valentin guarda sul suo proiettore è infatti Il segno di zorro, che vede come protagonista l'attore americano e i cui piani ravvicinati sono stati modificati, sostituendo Fairbanks con Dujardin. Beccateve 'sta botta de cultura e... ENJOY!!




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