Stranamente, qualche tempo fa è stato il Bolluomo a rimanere ipnotizzato davanti alla TV durante l'incipit di Red Dragon, diretto nel 2002 dal regista Brett Ratner e tratto dall'omonimo romanzo di Richard Harris, e chi sono io per non approfittarne?
Trama: dopo essere quasi stato ucciso da Hannibal Lecter, l'agente FBI Will Graham è costretto a ritornare in servizio, e a ritrovarsi faccia a faccia col cannibale, durante la caccia a un altro serial killer, il cosiddetto Lupo Mannaro.
Bisogna tenere conto di due cose, quando si comincia a guardare Red Dragon, film che ero andata a vedere al cinema proprio nel 2002, in gioiosa ignoranza. Primo, il film è il remake di una pellicola vista milioni di anni fa, Manhunter - Frammenti di un omicidio, che purtroppo non ricordo perché probabilmente ero ragazzina e l'avrò guardata senza la dovuta attenzione (da qui la gioiosa ignoranza che mi accompagnava nel 2002); secondo, il film è una mera operazione commerciale nata sulla scia del successo del libro Hannibal e della pellicola omonima uscita giusto l'anno prima, un'opera realizzata per "completare" l'ideale trilogia iniziata nel 1991 con Il silenzio degli innocenti, e per questo il ruolo di Hannibal Lecter è sensibilmente pompato rispetto a quello del romanzo di Richard Harris, con intere sequenze inventate di sana pianta e debitrici delle scenografie, dei costumi, delle inquadrature e dell'atmosfera del capolavoro di Jonathan Demme. Col quale, beninteso, Red Dragon non è nemmeno parente. Il film di Brett Ratner non è un brutto thriller, anzi, è un ottimo thriller venato d'horror, buono come il materiale di partenza da cui è tratto, ma è incapace di fare quel salto di qualità che condanna lo spettatore ad avere gli incubi la notte e fargli cambiare strada nel malaugurato caso di un incontro con Sir Anthony Hopkins; diciamo che è un thriller "normale" nobilitato da attori grandissimi, che però hanno tutti dato il meglio di sé altrove, e questo vale soprattutto per Philip Seymour Hoffman, ridotto al ruolo di viscido giornalista ciccione. La trama si dovrebbe concentrare su Will Graham, agente dell'FBI col potere di mettersi nei panni dei killer e capirne i ragionamenti contorti, e sull'efferato percorso di elevazione del serial killer Lupo Mannaro (in originale Tooth Fairy, "fata dei dentini", e perché mai in fase di adattamento abbiano cambiato il nome mi è oscuro), ma in realtà ci sono parecchie deviazioni "Lecteriane" che portano il buon dottore a sviare l'attenzione rispetto al killer protagonista e Will Graham a diventare un novello Clarice Sterling, tanto che le scene in cui è presente il Lupo Mannaro parrebbero quasi un riempitivo e il poveraccio una pedina all'interno di uno scontro tra intelletti.
In generale, al film avrebbe sicuramente giovato un po' di personalità in più, ma non è facile quando i modelli sono alti. Rispetto al precedente Hannibal, perlomeno, Red Dragon è molto meno trash (siamo sempre lì: registi e sceneggiatori dovrebbero capire che quello che funziona nel libro non sempre funziona nel film), però sa molto di lavoro fatto in fretta, senza sfruttare appieno le potenzialità di storia e cast e questo si nota soprattutto quando entra in ballo Lecter; sembra quasi, infatti, che i realizzatori avessero in mano un taccuino con elencate tutte le caratteristiche tipiche di eventuali scene con il personaggio e una penna per segnare quello che manca, a mo' di lista della spesa (cena sontuosa e ambigua celo, momento artistico celo, screzio col dottore celo, catene e maschera celo, cella trasparente celo, ecc.), il che rende non solo gli altri personaggi delle macchiette sfumate (e pensare che Reba e il Lupo Mannaro sono pieni di potenzialità!) ma lo stesso Lecter è una figurina all'interno della quale Anthony Hopkins sta stretto e si muove preda della volontà di renderlo molto più cattivo e molto meno affascinante. Dimenticato un Edward Norton dalla terribile tinta bionda, gli unici attori che spiccano davvero all'interno del nutrito e famoso cast sono Ralph Fiennes, che però era molto più inquietante in Spider e qui è penalizzato da un doppiaggio fesso, e una Emily Watson magnetica, che compensa al difetto fisico del suo personaggio con una sicumera tenerissima. Insomma, avendo rivisto Red Dragon dopo quasi venti anni capisco perché del film mi era rimasto poco, tranne un paio di vividi ricordi di un tatuaggio particolarmente ardito accompagnato all'unica scena davvero al cardiopalma dell'intera pellicola. Non male per una serata davanti alla TV senza troppe pretese, ma i veri capolavori sono altri, anche senza l'ausilio di cast grandiosi.
Del regista Brett Ratner ho già parlato QUI. Anthony Hopkins (Hannibal Lecter), Edward Norton (Will Graham), Ralph Fiennes (Francis Dolarhyde), Harvey Keitel (Jack Crawford), Emily Watson (Reba McLane), Mary-Louise Parker (Molly Graham) e Philip Seymour Hoffman (Freddy Lounds) li trovate invece ai rispettivi link.
Anthony Heald ha interpretato il Dottor Chilton già ne Il silenzio degli innocenti (nel caso non fosse stato disponibile si era già pensato di chiedere a Tim Roth), che vedeva nel cast anche Frankie Faison, sempre nel ruolo di Barney (come anche in Hannibal); l'attore ha anche partecipato a Manhunter- Frammenti di un omicidio, il primo adattamento del romanzo Red Dragon. Michael Jackson, grande amico di Bett Ratner, avrebbe voluto il ruolo di Francis Dolarhyde (ruolo offerto invece a Paul Bettany, che ha rinunciato per partecipare a Dogville, ma tra gli altri papabili attori c'erano persino Sean Penn e Nicolas Cage) mentre Frank Langella ha doppiato il Drago ma il monologo registrato dall'attore alla fine non è stato utilizzato. La prima scelta per il ruolo di Will Graham era invece Ethan Hawke (al quale si sono aggiunti Matt Damon e Jeremy Renner), mentre per Freddy Lounds si pensava persino a Jack Black; nel toto-registi è spuntato il nome di Michael Bay. Nonostante sia uscito dopo Il silenzio degli innocenti e Hannibal, Red Dragon è cronologicamente collocato prima ed è il remake di Manhunter - Frammenti di un omicidio; se il film vi fosse piaciuto vi consiglio di recuperare tutte e tre le pellicole e di aggiungere, per completezza, Hannibal Lecter - Le origini del male e la serie Hannibal. ENJOY!
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martedì 12 maggio 2020
domenica 8 marzo 2015
Bollalmanacco On Demand: Angels in America (2003)
E' un po' che non scrivo più dei post a richiesta e chiedo scusa a tutti quelli che ancora stanno aspettando il film desiderato. Ricomincio oggi con la miniserie televisiva Angels in America, diretta nel 2003 dal regista Mike Nichols e tratta dalla pièce teatrale Angels in America - Fantasia gay su temi nazionali di Toni Kushner. Ringrazio Toto per la richiesta e vi informo che il post sarà diviso in paragrafi che seguono la struttura della serie; inoltre, il prossimo film On Demand sarà Pi greco - Il teorema del delirio. ENJOY!
Trama: alla fine degli anni '80 assistiamo alle vicende di individui molto sfortunati. Il malvagio avvocato Roy Cohn scopre di avere l'aids mentre il suo giovane protetto Joe capisce di non provare più attrazione fisica per la moglie depressa Harper. Anche Prior, omosessuale, ha contratto l'aids ma i primi stadi della malattia, oltre a causare la fuga del fidanzato Louis, lo mettono anche in contatto con fenomeni inspiegabili...
Millennium Approaches
Bad News
Bad News è, come si evince dal titolo, l’atto che introduce tutti i personaggi attraverso le brutte notizie che vengono loro comunicate (terribili figlie del Nuovo Millennio, appunto) e che porteranno il caos nella loro vita. Una vita non necessariamente soddisfacente perché, se è vero che l’avvocato Roy è all’apice del potere mentre Louis e Prior sono felicemente innamorati, la coppia formata dall’impasticcata Harper e dal represso Joe è invece allo sfascio e tenuta assieme a malapena dal loro essere mormoni. La religione pare farsi beffe del destino a cui vanno incontro i personaggi e non offre consolazione né consigli (emblematica la scena del rabbino) a chi ormai ha perso ogni speranza ed affronta la tragedia nei modi più goffi e umani, chi stordendosi di valium, chi rifiutando di parlare della morte, chi negando la propria natura e chi affidandosi a potere e conoscenze altolocate. L’unico che prende di petto la sua malattia, nascondendo il proprio terrore con una maschera d’ironia e cinismo senza tuttavia negarla, è Prior che, non a caso, oltre ad essere il vero protagonista, è anche il primo a riuscire ad avvicinarsi consapevolmente al “divino” o, meglio, all’angelico (la visione di Harper non la conterei visto che Mr. Bugia si presenta più come un’allucinazione che come angelo); allo stesso modo è emblematico che siano lui e Harper, i due personaggi più “veri” e in qualche modo innocenti, ad incontrarsi ed illuminarsi vicendevolmente nel meraviglioso sogno cinefilo dell’uomo, un toccante trionfo di citazioni che spaziano da Cocteau a Wilder. A parte questo momento visionario, comunque, Bad News è un introduzione piuttosto realistica, ironica e spietata ai temi principali (omosessualità, malattia, religione) che verranno trattati in Angels in America.
In Vitro
In base a quel che dice Wikipedia, uno studio In Vitro viene effettuato su un organismo isolato dal suo tipico ambiente biologico, staccato dall'organismo principale. Effettivamente, l'isolamento ed il distacco sono ciò che stanno provando i protagonisti della miniserie e l'occhio impietoso del regista e dello sceneggiatore sono lì per testimoniare gli effetti di quello che parrebbe un crudele esperimento divino. Louis ha ormai lasciato Prior, terrorizzato dalla sua malattia, Joe non riesce più a negare la sua omosessualità ma non ha nessuno con cui affrontare questa presa di coscienza (la telefonata con la madre è allo stesso tempo angosciante ed esilarante per il modo in cui lei rifiuta di ascoltare il figlio e lo "bacchetta" neanche fosse un tredicenne...), la moglie Harper si nasconde nel suo mondo immaginario e l'unico che sembra non aver cambiato vita è l'odioso Roy Cohn, reso semmai ancora più laido ed arrogante dalla scoperta della malattia. In Vitro è un segmento di passaggio, dove vengono appena accennate le misteriose intenzioni dell'angelo che parla con Prior, con grandissime prove attoriali di tutti i coinvolti (Al Pacino, Patrick Wilson e, soprattutto, Justin Kirk) e uno stupendo, incalzante montaggio nella sequenza finale che vede Harper e Prior sfogare tutta la loro rabbia e delusione verso i rispettivi partner, ancora una volta lontani, sconosciuti eppure uniti nel dolore.
The Messenger
Finalmente, nell'ultimo atto del primo capitolo l'angelico Messaggero di cui tanto si è parlato in precedenza arriva, lasciando gli spettatori basiti ed incerti quanto il povero Prior che, per tutto l'episodio, è stato vittima di quelle che potrebbero essere solo allucinazioni ma anche reali segnali dell'arrivo di un angelo. Un messaggero va a trovare anche il disgustoso e sempre più biasimevole Roy Cohn, un messaggero di morte incarnato dal fantasma di Ethel Rosenberg (una favolosa Meryl Streep), fatta condannare alla pena capitale dallo stesso avvocato. La prima parte di Angels in America si conclude così col botto, allontanandosi di prepotenza dal "realismo" iniziale e spingendo maggiormente il piede sull'accelleratore del fantastico; lo spettatore viene preparato a quello che verrà dopo e viene deliziato da un paio di ironiche trovate, come quella di prendere due impomatati antenati di Prior (Michael Gambon e Simon Callow, nientemeno!) e farglielo perseguitare con i loro esilaranti siparietti.
Perestroika
Stop Moving!
Dopo averlo visto brevemente alla fine di The Messenger, l'angelo America si è manifestato in tutto il suo fulgore, come racconta l'incredulo Prior ad un ancor più incredulo Belize. C'è da dire che di tutta la serie questo capitolo è il più trash (il funerale della Drag Queen è meravigliosamente kitsch), nonché quello che soffre maggiormente il passare degli anni: da un lato c'è il teatrale angelo interpretato da Emma Thompson, col suo ridondante ed egoistico "Io, io, io!" e le sue anche troppo umane gaffes, dall'altro c'è la distruzione che l'alata creatura reca con sé, realizzata con effetti speciali ormai datati. Il tempo passa per gli occhi, ovviamente, ma non per il cuore: le intenzioni di America sono chiare e terribili oggi come allora, così come è palpabile la sofferenza del povero Prior, Profeta costretto a farsi portatore di un messaggio non di speranza, bensì di rinuncia e rassegnazione, ben sintetizzato dal titolo originale dell'episodio. Una "stasi" che pare affliggere tutti gli altri protagonisti, bloccati nelle loro personali sofferenze terrene e che si ripercuote sull'intero capitolo, molto dialogato e lento (ma non per questo meno bello degli altri).
Beyond Nelly
"He made me feel beyond nelly" (nella versione italiana "Mi ha scatenato una tempesta ormonale") è ciò che esclama Prior dopo aver finalmente visto Joe, nel frattempo diventato la nuova fiamma di Louis e in procinto, neanche a dirlo, di venire scaricato perché troppo innamorato del personaggio più egoista e stronzo dell'intera opera. Il capitolo lascia da parte le questioni "angeliche" e si concentra essenzialmente sui vari intrecci sentimentali presenti nella serie, sia quelli palesi che quelli più nascosti; i personaggi si confrontano tra loro, sviscerando i propri sentimenti e il proprio dolore, trascinati dalle loro emozioni fino a compiere gesti che sfiorano l'autolesionismo. In questo penultimo capitolo, dominato dalle figure di Belize e Hannah (la madre di Joe, sempre interpretata da Meryl Streep), pacati numi tutelari degli incredibili casi umani che li circondano, tutti gettano la maschera ma nessuno riesce ancora a trovare la strada per ricominciare a vivere o, perlomeno, per cercare redenzione.
Heaven, I'm in Heaven
E se leggete il titolo canticchiandolo come farebbe Fred Astair fate benissimo visto che l'ultimo capitolo di Angels in America chiude il cerchio delle citazioni cinematografiche con l'ennesima rappresentazione ispirata a Cocteau (in questo caso il film a cui viene reso omaggio è Orfeo e la sequenza è stata girata a Villa Adriana). Gli angeli e il paradiso diventano i protagonisti indiscussi dell'episodio, così come i concetti di morte, redenzione, perdono e, soprattutto, cambiamento. La cosiddetta Perestroika, il rapido progresso in grado di distruggere e lasciarsi alle spalle il passato, è il "movimento" che abbracciano tutti i protagonisti di Angels in America ad eccezione del terribile Roy, coerente con sé stesso fino alla fine; l'invito dell'angelo America a "fermarsi" prima di andare incontro ad un orribile destino viene giustamente rifiutato per cercare di raggiungere, anche nel dolore, ciò che ci rende umani e che può portarci a cambiare e migliorare: la Speranza. Heaven, I'm in Heaven è, assieme a In Vitro, l'episodio più emozionante di tutta la serie e riesce a commuovere lo spettatore fino alle lacrime, lasciandolo preda di un'insaziabile desiderio di poter continuare a "spiare" nelle vite di Prior, Harper, Belize e Hannah, personaggi che, dopo questa lunghissima ed incredibile miniserie, sono riusciti a bucare lo schermo e diventare parte di noi.
Riassumendo, Angels in America, questa "Fantasia gay su temi nazionali", è un'opera grandiosa, per quel che mi riguarda ancora insuperata nel vasto parco delle produzioni televisive. Il tempo, come ho detto più su, è stato abbastanza impietoso con la regia e con gli effetti speciali, leggermente piatta la prima e un po' datati i secondi, ma davanti alle interpretazioni magistrali degli attori e al messaggio ancora molto forte dell'opera in sé (il monologo finale di Prior e il saluto rivolto al pubblico spezzano il cuore e Belize, apparentemente il personaggio più frivolo della serie, è capace di mostrare una saggezza ed un'umanità incredibili) questo è un dettaglio su cui si può tranquillamente sorvolare. La serie è caratterizzata da un'incredibile ironia e dalla contemporanea capacità di affrontare, senza mai scivolare nel patetismo o nella caricatura, temi difficili come la condizione degli omosessuali all'interno della società, il cieco terrore della malattia, i cambiamenti politici e sociali di un'epoca, la depressione e il senso di inadeguatezza e solo per questo meriterebbe l'impegno di passare quasi sei ore con gli occhi incollati allo schermo. Meravigliosa infine, anche a distanza di un decennio, la "sigla" iniziale in cui la telecamera sorvola i cieli d'America per poi fermarsi sul volto della statua di Bethesda, a Central Park, sulle note dello splendido, toccante score composto da Thomas Newman. La trovate QUI e vi sia di incoraggiamento per recuperare questo capolavoro (sì, non esagero!) di inizio millennio se ancora non l'avete visto.
Di Al Pacino (Roy Cohn), Meryl Streep (Il Rabbino/ Ethel Rosenberg/ Hannah Pitt/l'angelo Australia), Emma Thompson (l'infermiera Emily/ la barbona/ l'angelo America), Mary-Louise Parker (Harper Pitt), Jeffrey Wright (Mr. Bugia/ Norman "Belize" Ariaga/ il barbone/l'angelo Europa), Patrick Wilson (Joe Pitt), James Cromwell (il dottore di Roy) e Michael Gambon (il primo antenato di Prior) ho già parlato ai rispettivi link.
Mike Nichols (vero nome Michael Igor Peschkowsky) è il regista del film TV. Tedesco, ha diretto film come Chi ha paura di Virginia Woolf?, Il laureato (che gli è valso l'Oscar come miglior regista), Heartburn - Affari di cuore, Una donna in carriera, A proposito di Henry, Wolf - La belva è fuori, Piume di struzzo e Closer. Anche produttore, attore e sceneggiatore, è morto nel 2014 all'età di 83 anni.
Justin Kirk interpreta Prior Walter. Americano, ha partecipato a serie come Jarod il camaleonte, CSI - Scena del crimine e Weeds. Ha 45 anni.
Ben Shenkman interpreta Louis Ironson e l'angelo Oceania. Americano, ha partecipato a film come Pi greco - Il teorema del delirio, Attacco al potere, Blue Valentine e a serie come Grey's Anatomy. Ha 46 anni.
Simon Callow interpreta il secondo antenato di Prior. Inglese, ha partecipato a film come Amadeus, Camera con vista, Casa Howard, Quattro matrimoni e un funerale, Street Fighter - Sfida finale, Jefferson in Paris, Ace Ventura - Missione Africa, Shakespeare in Love, Il fantasma dell'Opera e a serie come Doctor Who. Anche sceneggiatore e regista, ha 66 anni e due film in uscita.
Tra gli attori compare anche Toni Kushner, che ha scritto l'opera teatrale e che sarebbe uno dei rabbini con i quali parla Louis nel primo episodio. Rimanendo sempre in tema di attori, Jeffrey Wright è l'unico membro del cast originale di Broadway ad avere partecipato anche all'adattamento televisivo; la produzione londinese del 1992 di Angels in America, invece, vedeva tra gli attori protagonisti nientemeno che Jason Isaacs nel ruolo di Louis e Daniel Craig in quelli di Joe! E ora passiamo a chi "non ce l'ha fatta". A dirigere inizialmente la serie avrebbe dovuto essere Robert Altman, cosa che ha spinto Al Pacino ad avvicinarsi al ruolo di Roy Cohn, per il quale era stato preso in considerazione anche Dustin Hoffmann; Jodie Foster invece era stata considerata per il ruolo dell'angelo America. ENJOY!
Trama: alla fine degli anni '80 assistiamo alle vicende di individui molto sfortunati. Il malvagio avvocato Roy Cohn scopre di avere l'aids mentre il suo giovane protetto Joe capisce di non provare più attrazione fisica per la moglie depressa Harper. Anche Prior, omosessuale, ha contratto l'aids ma i primi stadi della malattia, oltre a causare la fuga del fidanzato Louis, lo mettono anche in contatto con fenomeni inspiegabili...
Millennium Approaches
Bad News
Bad News è, come si evince dal titolo, l’atto che introduce tutti i personaggi attraverso le brutte notizie che vengono loro comunicate (terribili figlie del Nuovo Millennio, appunto) e che porteranno il caos nella loro vita. Una vita non necessariamente soddisfacente perché, se è vero che l’avvocato Roy è all’apice del potere mentre Louis e Prior sono felicemente innamorati, la coppia formata dall’impasticcata Harper e dal represso Joe è invece allo sfascio e tenuta assieme a malapena dal loro essere mormoni. La religione pare farsi beffe del destino a cui vanno incontro i personaggi e non offre consolazione né consigli (emblematica la scena del rabbino) a chi ormai ha perso ogni speranza ed affronta la tragedia nei modi più goffi e umani, chi stordendosi di valium, chi rifiutando di parlare della morte, chi negando la propria natura e chi affidandosi a potere e conoscenze altolocate. L’unico che prende di petto la sua malattia, nascondendo il proprio terrore con una maschera d’ironia e cinismo senza tuttavia negarla, è Prior che, non a caso, oltre ad essere il vero protagonista, è anche il primo a riuscire ad avvicinarsi consapevolmente al “divino” o, meglio, all’angelico (la visione di Harper non la conterei visto che Mr. Bugia si presenta più come un’allucinazione che come angelo); allo stesso modo è emblematico che siano lui e Harper, i due personaggi più “veri” e in qualche modo innocenti, ad incontrarsi ed illuminarsi vicendevolmente nel meraviglioso sogno cinefilo dell’uomo, un toccante trionfo di citazioni che spaziano da Cocteau a Wilder. A parte questo momento visionario, comunque, Bad News è un introduzione piuttosto realistica, ironica e spietata ai temi principali (omosessualità, malattia, religione) che verranno trattati in Angels in America.
In Vitro
In base a quel che dice Wikipedia, uno studio In Vitro viene effettuato su un organismo isolato dal suo tipico ambiente biologico, staccato dall'organismo principale. Effettivamente, l'isolamento ed il distacco sono ciò che stanno provando i protagonisti della miniserie e l'occhio impietoso del regista e dello sceneggiatore sono lì per testimoniare gli effetti di quello che parrebbe un crudele esperimento divino. Louis ha ormai lasciato Prior, terrorizzato dalla sua malattia, Joe non riesce più a negare la sua omosessualità ma non ha nessuno con cui affrontare questa presa di coscienza (la telefonata con la madre è allo stesso tempo angosciante ed esilarante per il modo in cui lei rifiuta di ascoltare il figlio e lo "bacchetta" neanche fosse un tredicenne...), la moglie Harper si nasconde nel suo mondo immaginario e l'unico che sembra non aver cambiato vita è l'odioso Roy Cohn, reso semmai ancora più laido ed arrogante dalla scoperta della malattia. In Vitro è un segmento di passaggio, dove vengono appena accennate le misteriose intenzioni dell'angelo che parla con Prior, con grandissime prove attoriali di tutti i coinvolti (Al Pacino, Patrick Wilson e, soprattutto, Justin Kirk) e uno stupendo, incalzante montaggio nella sequenza finale che vede Harper e Prior sfogare tutta la loro rabbia e delusione verso i rispettivi partner, ancora una volta lontani, sconosciuti eppure uniti nel dolore.
Finalmente, nell'ultimo atto del primo capitolo l'angelico Messaggero di cui tanto si è parlato in precedenza arriva, lasciando gli spettatori basiti ed incerti quanto il povero Prior che, per tutto l'episodio, è stato vittima di quelle che potrebbero essere solo allucinazioni ma anche reali segnali dell'arrivo di un angelo. Un messaggero va a trovare anche il disgustoso e sempre più biasimevole Roy Cohn, un messaggero di morte incarnato dal fantasma di Ethel Rosenberg (una favolosa Meryl Streep), fatta condannare alla pena capitale dallo stesso avvocato. La prima parte di Angels in America si conclude così col botto, allontanandosi di prepotenza dal "realismo" iniziale e spingendo maggiormente il piede sull'accelleratore del fantastico; lo spettatore viene preparato a quello che verrà dopo e viene deliziato da un paio di ironiche trovate, come quella di prendere due impomatati antenati di Prior (Michael Gambon e Simon Callow, nientemeno!) e farglielo perseguitare con i loro esilaranti siparietti.
Perestroika
Stop Moving!
Dopo averlo visto brevemente alla fine di The Messenger, l'angelo America si è manifestato in tutto il suo fulgore, come racconta l'incredulo Prior ad un ancor più incredulo Belize. C'è da dire che di tutta la serie questo capitolo è il più trash (il funerale della Drag Queen è meravigliosamente kitsch), nonché quello che soffre maggiormente il passare degli anni: da un lato c'è il teatrale angelo interpretato da Emma Thompson, col suo ridondante ed egoistico "Io, io, io!" e le sue anche troppo umane gaffes, dall'altro c'è la distruzione che l'alata creatura reca con sé, realizzata con effetti speciali ormai datati. Il tempo passa per gli occhi, ovviamente, ma non per il cuore: le intenzioni di America sono chiare e terribili oggi come allora, così come è palpabile la sofferenza del povero Prior, Profeta costretto a farsi portatore di un messaggio non di speranza, bensì di rinuncia e rassegnazione, ben sintetizzato dal titolo originale dell'episodio. Una "stasi" che pare affliggere tutti gli altri protagonisti, bloccati nelle loro personali sofferenze terrene e che si ripercuote sull'intero capitolo, molto dialogato e lento (ma non per questo meno bello degli altri).
Beyond Nelly
"He made me feel beyond nelly" (nella versione italiana "Mi ha scatenato una tempesta ormonale") è ciò che esclama Prior dopo aver finalmente visto Joe, nel frattempo diventato la nuova fiamma di Louis e in procinto, neanche a dirlo, di venire scaricato perché troppo innamorato del personaggio più egoista e stronzo dell'intera opera. Il capitolo lascia da parte le questioni "angeliche" e si concentra essenzialmente sui vari intrecci sentimentali presenti nella serie, sia quelli palesi che quelli più nascosti; i personaggi si confrontano tra loro, sviscerando i propri sentimenti e il proprio dolore, trascinati dalle loro emozioni fino a compiere gesti che sfiorano l'autolesionismo. In questo penultimo capitolo, dominato dalle figure di Belize e Hannah (la madre di Joe, sempre interpretata da Meryl Streep), pacati numi tutelari degli incredibili casi umani che li circondano, tutti gettano la maschera ma nessuno riesce ancora a trovare la strada per ricominciare a vivere o, perlomeno, per cercare redenzione.
Heaven, I'm in Heaven
E se leggete il titolo canticchiandolo come farebbe Fred Astair fate benissimo visto che l'ultimo capitolo di Angels in America chiude il cerchio delle citazioni cinematografiche con l'ennesima rappresentazione ispirata a Cocteau (in questo caso il film a cui viene reso omaggio è Orfeo e la sequenza è stata girata a Villa Adriana). Gli angeli e il paradiso diventano i protagonisti indiscussi dell'episodio, così come i concetti di morte, redenzione, perdono e, soprattutto, cambiamento. La cosiddetta Perestroika, il rapido progresso in grado di distruggere e lasciarsi alle spalle il passato, è il "movimento" che abbracciano tutti i protagonisti di Angels in America ad eccezione del terribile Roy, coerente con sé stesso fino alla fine; l'invito dell'angelo America a "fermarsi" prima di andare incontro ad un orribile destino viene giustamente rifiutato per cercare di raggiungere, anche nel dolore, ciò che ci rende umani e che può portarci a cambiare e migliorare: la Speranza. Heaven, I'm in Heaven è, assieme a In Vitro, l'episodio più emozionante di tutta la serie e riesce a commuovere lo spettatore fino alle lacrime, lasciandolo preda di un'insaziabile desiderio di poter continuare a "spiare" nelle vite di Prior, Harper, Belize e Hannah, personaggi che, dopo questa lunghissima ed incredibile miniserie, sono riusciti a bucare lo schermo e diventare parte di noi.
Riassumendo, Angels in America, questa "Fantasia gay su temi nazionali", è un'opera grandiosa, per quel che mi riguarda ancora insuperata nel vasto parco delle produzioni televisive. Il tempo, come ho detto più su, è stato abbastanza impietoso con la regia e con gli effetti speciali, leggermente piatta la prima e un po' datati i secondi, ma davanti alle interpretazioni magistrali degli attori e al messaggio ancora molto forte dell'opera in sé (il monologo finale di Prior e il saluto rivolto al pubblico spezzano il cuore e Belize, apparentemente il personaggio più frivolo della serie, è capace di mostrare una saggezza ed un'umanità incredibili) questo è un dettaglio su cui si può tranquillamente sorvolare. La serie è caratterizzata da un'incredibile ironia e dalla contemporanea capacità di affrontare, senza mai scivolare nel patetismo o nella caricatura, temi difficili come la condizione degli omosessuali all'interno della società, il cieco terrore della malattia, i cambiamenti politici e sociali di un'epoca, la depressione e il senso di inadeguatezza e solo per questo meriterebbe l'impegno di passare quasi sei ore con gli occhi incollati allo schermo. Meravigliosa infine, anche a distanza di un decennio, la "sigla" iniziale in cui la telecamera sorvola i cieli d'America per poi fermarsi sul volto della statua di Bethesda, a Central Park, sulle note dello splendido, toccante score composto da Thomas Newman. La trovate QUI e vi sia di incoraggiamento per recuperare questo capolavoro (sì, non esagero!) di inizio millennio se ancora non l'avete visto.
Di Al Pacino (Roy Cohn), Meryl Streep (Il Rabbino/ Ethel Rosenberg/ Hannah Pitt/l'angelo Australia), Emma Thompson (l'infermiera Emily/ la barbona/ l'angelo America), Mary-Louise Parker (Harper Pitt), Jeffrey Wright (Mr. Bugia/ Norman "Belize" Ariaga/ il barbone/l'angelo Europa), Patrick Wilson (Joe Pitt), James Cromwell (il dottore di Roy) e Michael Gambon (il primo antenato di Prior) ho già parlato ai rispettivi link.
Mike Nichols (vero nome Michael Igor Peschkowsky) è il regista del film TV. Tedesco, ha diretto film come Chi ha paura di Virginia Woolf?, Il laureato (che gli è valso l'Oscar come miglior regista), Heartburn - Affari di cuore, Una donna in carriera, A proposito di Henry, Wolf - La belva è fuori, Piume di struzzo e Closer. Anche produttore, attore e sceneggiatore, è morto nel 2014 all'età di 83 anni.
Justin Kirk interpreta Prior Walter. Americano, ha partecipato a serie come Jarod il camaleonte, CSI - Scena del crimine e Weeds. Ha 45 anni.
Ben Shenkman interpreta Louis Ironson e l'angelo Oceania. Americano, ha partecipato a film come Pi greco - Il teorema del delirio, Attacco al potere, Blue Valentine e a serie come Grey's Anatomy. Ha 46 anni.
Simon Callow interpreta il secondo antenato di Prior. Inglese, ha partecipato a film come Amadeus, Camera con vista, Casa Howard, Quattro matrimoni e un funerale, Street Fighter - Sfida finale, Jefferson in Paris, Ace Ventura - Missione Africa, Shakespeare in Love, Il fantasma dell'Opera e a serie come Doctor Who. Anche sceneggiatore e regista, ha 66 anni e due film in uscita.
Tra gli attori compare anche Toni Kushner, che ha scritto l'opera teatrale e che sarebbe uno dei rabbini con i quali parla Louis nel primo episodio. Rimanendo sempre in tema di attori, Jeffrey Wright è l'unico membro del cast originale di Broadway ad avere partecipato anche all'adattamento televisivo; la produzione londinese del 1992 di Angels in America, invece, vedeva tra gli attori protagonisti nientemeno che Jason Isaacs nel ruolo di Louis e Daniel Craig in quelli di Joe! E ora passiamo a chi "non ce l'ha fatta". A dirigere inizialmente la serie avrebbe dovuto essere Robert Altman, cosa che ha spinto Al Pacino ad avvicinarsi al ruolo di Roy Cohn, per il quale era stato preso in considerazione anche Dustin Hoffmann; Jodie Foster invece era stata considerata per il ruolo dell'angelo America. ENJOY!
venerdì 20 settembre 2013
R.I.P.D. - Poliziotti dall'aldilà (2013)
Mercoledì sera, accompagnata dall'amico Simone e da una buona dose di diludendo preventivo, sono andata a vedere RIPD - Poliziotti dall'aldilà, diretto dal regista Robert Schwentke e tratto dall'omonimo fumetto di Peter Lenkov.
Trama: il poliziotto Nick viene ucciso durante una pericolosa missione ma nell'aldilà viene "intercettato" ed inserito nel Dipartimento Riposa in Pace. Costretto a diventare partner del logorroico veterano Roy, scoprirà che gli eventi legati alla propria morte conducono a qualcosa che potrebbe portare alla fine del mondo...
Gente, sarà la dilusione pregressa, sarà che Simone rideva davvero di gusto, sarà per il genio del male che, quando Jeff Bridges ha detto "Ai miei tempi pagavo l'amore con la moneta", ha urlato in mezzo alla sala "Eh, anch'io ho pagato per delle donne!!!", sarà che l'idea di vedere David Lo Pan armato di banana e affiancato da una strasgnoccolona che in realtà è uno sceriffo del west batte il cinque alla mia idea di gag riuscitissima, sarà perché Jeff Bridges sembra nato per il suo ruolo, sarà quel che sarà: a vedere RIPD mi sono divertita tantissimo. Due ore di divertimento ignorante, senza pensieri, becero, infantile e citazionista/plagiatore (la matrice di base è chiaramente Men in Black ma nel calderone sono finiti anche Sospesi nel tempo e ovviamente i Ghostbusters), ma pur sempre divertimento, non un istante di noia nonostante la banalità della storia raccontata e nonostante ogni colpo di scena (?) venisse telefonato per direttissima attraverso la comoda cornetta incorporata nelle poltroncine della sala. Certo, dopodomani lo avrò già dimenticato e sicuramente non comprerò il DVD da tenere gelosamente nella mia collezione, ma per rilassarsi e staccare il cervello è perfetto.
Dopo aver elencato i pregi, svisceriamo anche i difetti, non sia mai che venga accusata di magnificare un film innocuo come questo. Come ho detto, Jeff Bridges è un formidabile mattatore all'apice della gigioneria e, aggiungo, Mary - Louise Parker è perfetta per spalleggiarlo nel ruolo di frizzante poliziotta in carriera, ma siamo sinceri: vicino a Ryan Reynolds persino io risulterei brava come Meryl Streep. Il protagonista, infatti, ha la stessa espressività di un termosifone (e neppure uno di quelli belli) e la stessa presenza scenica dell'albero di arance da lui piantato all'inizio della pellicola, tanto che ogni inquadratura della simpatica faccetta di James Hong diventa automaticamente un balsamo per occhi e cervello. Altra cosa: Schwentke gira bene, ha ritmo ed è fracassone senza risultare ridondante o insopportabile come altri suoi colleghi, ma gli effetti speciali, che giudicherei quasi indispensabili in un film simile, fanno proprio schifo. I mostri sono di una bruttezza imbarazzante, la scena della morte di Nick non è troppo diversa dal pupazzo in guisa d'infante che veniva gettato dal ponte in La terza madre (ho capito che Reynolds è un bacco di legno ma un minimo di naturalezza nella morte concedetegliela!!) e il make up di Kevin Bacon è da mani nei capelli, una roba che fa dire "Ah, quindi? Tutto lì?". Eh sì, tutto qui. La recensione è finita, andate in pace e concedetevi una serata affittandovi RIPD, quando uscirà a noleggio (no, non andate a vederlo al cinema, non vale la pena). Andrete a nanna rilassati e con animo lieto!
Del regista Robert Schwentke ho già parlato qui. Ryan Reynolds (Nick), Jeff Bridges (Roy), Kevin Bacon (Heyes) e Mary – Louise Parker (il procuratore) li trovate invece ai rispettivi link.
James Hong interpreta l’avatar di Nick. Nato in America, lo ricordo per aver interpretato il malvagio Lo Pan nel meraviglioso Grosso guaio a Chinatown e inoltre ha partecipato a film come Chinatown, L’aereo più pazzo del mondo, Blade Runner, Il bambino d’oro, La rivincita dei Nerds II, Tango & Cash, Fuori di testa II – Waynestock e alle serie Perry Mason, Strega per amore, Tre nipoti e un maggiordomo, Missione impossibile, Starsky & Hutch, La donna bionica, Wonder Woman, Charlie’s Angels, Il mio amico Arnold, Dallas, Hazzard, Dynasty, A-Team, Magnum P.I., Miami Vice, Santa Barbara, Hunter, MacGyver, X-Files, Quell’uragano di papà, Ellen, Friends, Jarod il camaleonte, Millenium, Più forte ragazzi, Streghe, Alias e Malcom. Negli ultimi anni ha anche lavorato parecchio come doppiatore e in tal veste ha partecipato a film come Mulan, Kung Fu Panda, Kung Fu Panda 2 e a serie come Il laboratorio di Dexter e Jackie Chan Adventures. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 84 anni e due film in uscita tra cui Kung Fu Panda 3.
Tra gli altri attori, segnalo la breve apparizione del cognato di James Belushi in La vita secondo Jim, ovvero Larry Joe Campbell, nei panni di un poliziotto. Detto questo, ringraziamo tutti quanti la Madonna, perché al posto di Jeff Bridges avrebbe dovuto esserci Zach Galifianakis che, per fortuna, ha rinunciato perché impegnato in altri film. Nessuno ha sentito la tua mancanza, tranquillo! Idem per Jodie Foster, brevemente considerata per il ruolo del Procuratore. Per brindare agli scampati pericoli, se R.I.P.D. – Poliziotti dall’aldilà vi fosse piaciuto consiglio la visione di Men in Black, Sospesi nel tempo, Ghostbusters, Beetlejuice e un classico degli anni ’80 come Sbirri oltre la vita. ENJOY!
Trama: il poliziotto Nick viene ucciso durante una pericolosa missione ma nell'aldilà viene "intercettato" ed inserito nel Dipartimento Riposa in Pace. Costretto a diventare partner del logorroico veterano Roy, scoprirà che gli eventi legati alla propria morte conducono a qualcosa che potrebbe portare alla fine del mondo...
Gente, sarà la dilusione pregressa, sarà che Simone rideva davvero di gusto, sarà per il genio del male che, quando Jeff Bridges ha detto "Ai miei tempi pagavo l'amore con la moneta", ha urlato in mezzo alla sala "Eh, anch'io ho pagato per delle donne!!!", sarà che l'idea di vedere David Lo Pan armato di banana e affiancato da una strasgnoccolona che in realtà è uno sceriffo del west batte il cinque alla mia idea di gag riuscitissima, sarà perché Jeff Bridges sembra nato per il suo ruolo, sarà quel che sarà: a vedere RIPD mi sono divertita tantissimo. Due ore di divertimento ignorante, senza pensieri, becero, infantile e citazionista/plagiatore (la matrice di base è chiaramente Men in Black ma nel calderone sono finiti anche Sospesi nel tempo e ovviamente i Ghostbusters), ma pur sempre divertimento, non un istante di noia nonostante la banalità della storia raccontata e nonostante ogni colpo di scena (?) venisse telefonato per direttissima attraverso la comoda cornetta incorporata nelle poltroncine della sala. Certo, dopodomani lo avrò già dimenticato e sicuramente non comprerò il DVD da tenere gelosamente nella mia collezione, ma per rilassarsi e staccare il cervello è perfetto.
Dopo aver elencato i pregi, svisceriamo anche i difetti, non sia mai che venga accusata di magnificare un film innocuo come questo. Come ho detto, Jeff Bridges è un formidabile mattatore all'apice della gigioneria e, aggiungo, Mary - Louise Parker è perfetta per spalleggiarlo nel ruolo di frizzante poliziotta in carriera, ma siamo sinceri: vicino a Ryan Reynolds persino io risulterei brava come Meryl Streep. Il protagonista, infatti, ha la stessa espressività di un termosifone (e neppure uno di quelli belli) e la stessa presenza scenica dell'albero di arance da lui piantato all'inizio della pellicola, tanto che ogni inquadratura della simpatica faccetta di James Hong diventa automaticamente un balsamo per occhi e cervello. Altra cosa: Schwentke gira bene, ha ritmo ed è fracassone senza risultare ridondante o insopportabile come altri suoi colleghi, ma gli effetti speciali, che giudicherei quasi indispensabili in un film simile, fanno proprio schifo. I mostri sono di una bruttezza imbarazzante, la scena della morte di Nick non è troppo diversa dal pupazzo in guisa d'infante che veniva gettato dal ponte in La terza madre (ho capito che Reynolds è un bacco di legno ma un minimo di naturalezza nella morte concedetegliela!!) e il make up di Kevin Bacon è da mani nei capelli, una roba che fa dire "Ah, quindi? Tutto lì?". Eh sì, tutto qui. La recensione è finita, andate in pace e concedetevi una serata affittandovi RIPD, quando uscirà a noleggio (no, non andate a vederlo al cinema, non vale la pena). Andrete a nanna rilassati e con animo lieto!
Del regista Robert Schwentke ho già parlato qui. Ryan Reynolds (Nick), Jeff Bridges (Roy), Kevin Bacon (Heyes) e Mary – Louise Parker (il procuratore) li trovate invece ai rispettivi link.
James Hong interpreta l’avatar di Nick. Nato in America, lo ricordo per aver interpretato il malvagio Lo Pan nel meraviglioso Grosso guaio a Chinatown e inoltre ha partecipato a film come Chinatown, L’aereo più pazzo del mondo, Blade Runner, Il bambino d’oro, La rivincita dei Nerds II, Tango & Cash, Fuori di testa II – Waynestock e alle serie Perry Mason, Strega per amore, Tre nipoti e un maggiordomo, Missione impossibile, Starsky & Hutch, La donna bionica, Wonder Woman, Charlie’s Angels, Il mio amico Arnold, Dallas, Hazzard, Dynasty, A-Team, Magnum P.I., Miami Vice, Santa Barbara, Hunter, MacGyver, X-Files, Quell’uragano di papà, Ellen, Friends, Jarod il camaleonte, Millenium, Più forte ragazzi, Streghe, Alias e Malcom. Negli ultimi anni ha anche lavorato parecchio come doppiatore e in tal veste ha partecipato a film come Mulan, Kung Fu Panda, Kung Fu Panda 2 e a serie come Il laboratorio di Dexter e Jackie Chan Adventures. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 84 anni e due film in uscita tra cui Kung Fu Panda 3.
Tra gli altri attori, segnalo la breve apparizione del cognato di James Belushi in La vita secondo Jim, ovvero Larry Joe Campbell, nei panni di un poliziotto. Detto questo, ringraziamo tutti quanti la Madonna, perché al posto di Jeff Bridges avrebbe dovuto esserci Zach Galifianakis che, per fortuna, ha rinunciato perché impegnato in altri film. Nessuno ha sentito la tua mancanza, tranquillo! Idem per Jodie Foster, brevemente considerata per il ruolo del Procuratore. Per brindare agli scampati pericoli, se R.I.P.D. – Poliziotti dall’aldilà vi fosse piaciuto consiglio la visione di Men in Black, Sospesi nel tempo, Ghostbusters, Beetlejuice e un classico degli anni ’80 come Sbirri oltre la vita. ENJOY!
venerdì 6 settembre 2013
Red 2 (2013)
Con un po' di ritardo questa settimana sono riuscita a vedere Red 2 del regista Dean Parisot, seguito di quel Red che tanto mi era piaciuto nel 2010.
Trama: Frank e Sarah ormai stanno insieme e vivono le "gioie" di una vita tranquilla e noiosa. Questo, ovviamente, finché il folle Marvin non decide di coinvolgerli in una crisi internazionale innescata da una bomba atomica e uno scienziato pazzo...
I Reduci Estremamente Distruttivi sono tornati e, sebbene Red 2 non raggiunga le vette del primo, sorprendente e simpatico capitolo, riescono comunque ancora a divertire e spaccare culi nonostante la veneranda età. Se Red presentava i personaggi e il mondo dello spionaggio attraverso gli occhi affascinati di una donna di provincia desiderosa di avventure in Red 2 il focus si sposta prepotentemente sulla coppia Sarah/Frank e tutta la vicenda non è altro che un modo per aiutarli a capire come impostare un rapporto che credevamo idilliaco e che invece soffre la noia e la routine di una vita normale. I personaggi "secondari" (e chiamiamoli così...) come Victoria e Marvin diventano così, tra una sparatoria e l'altra, i consulenti dei due piccioncini e dispensano consigli o tramano riavvicinamenti sfruttando i pericoli incombenti. In questo caso, gli sceneggiatori hanno deciso di fare ripiombare i personaggi in piena guerra fredda e di farli girare come trottole in giro per il mondo, inserendo villain e/o riluttanti alleati che rispecchiano in pieno i cliché spionistici, con quel goccio di esotico che non guasta mai. Il risultato è un film allegro, spigliato, condito dalle solite, accattivanti scene d'azione/inseguimenti/sboronate ma anche, ahimé, troppo pieno di luoghi comuni e, soprattutto, prevedibilissimo sul finale, risolto con un terribile escamotage da bambini delle elementari.
Ma poi, alla fine, chi diavolo era andato a vedere Red 2 per la trama? Non certo io, per carità, che puntavo invece a ritrovare "solo" i miei amati vecchietti e gli attori che li interpretano! Bruce Willis è sempre fico ma questa volta è un po' sottotono, devo ammetterlo: la simpatica e frizzante Mary Louise Parker e, soprattutto, un'indescrivibilmente meravigliosa Helen Mirren gli rubano la scena in più di un'occasione, soprattutto quando quest'ultima si profonde nella folle imitazione della Regina (citando sé stessa in diverse pellicole, tra l'altro), spara o duetta in macchina con Byung-Hun Lee. A proposito del quale posso solo asciugare le bave e rantolare un "tante cose belle e buone": quest'uomo è un incredibile pezzo di fico, che stia fermo o che combatta, sia nudo che vestito. Dico solo che persino la sua tartaruga ha la tartaruga e va bene così! Catherine Zeta Jones invece delude per mancanza di carisma e abbondanza di bruttezza a causa dell'inguardabile taglio di capelli ma Anthony Hopkins compensa col suo fare gigione e Malkovich da il bianco soprattutto grazie alle sue espressioni e al guardaroba da denuncia con cui i costumisti amano vestirlo (a proposito di abiti: le scarpe della Mirren e della Parker mi hanno commossa per lo stile da sbavo. Le voglio ora.), sebbene il suo personaggio risulti più forzato e meno divertente rispetto al primo capitolo. Per finire, da nerd ho molto apprezzato l'uso dei disegni di Cully Hamner (che assieme a Warren Ellis aveva realizzato la serie a fumetti) nei titoli di testa del film e la ripresa del suo stile nei vari "stacchi" che segnalano i diversi spostamenti dei nostri eroi. In definitiva, Red 2 è quindi un simpatico film per passarsi due orette di sana, violenta e disimpegnata allegria ma comincia già a mostrare i primi segni del detto "un gioco è bello se dura poco". Speriamo non decidano di fare un terzo capitolo perché non credo gli andrà più così bene!
Del regista Dean Parisot ho già parlato qui. Bruce Willis (Frank Moses), John Malkovich (Marvin), Mary-Louise Parker (Sarah), Helen Mirren (Victoria), Anthony Hopkins (Bailey), Byung-Hun Lee (Han Cho Bai), Catherine Zeta-Jones (Katja), David Thewlis (La rana) e Brian Cox (Ivan) li trovate invece ai rispettivi link.
Neal McDonough interpreta Jack Horton. Americano, ha partecipato a film come Darkman, L’insaziabile, Minority Report, The Hitcher, Capitan America: Il primo Vendicatore e a serie come Più forte ragazzi, X-Files, Desperate Housewives, CSI: NY e CSI – Scena del crimine. Anche produttore e sceneggiatore, ha 57 anni e sei film in uscita.
Ernest Borgnine avrebbe voluto riprendere il ruolo dell’archivista del primo film e in effetti le sue scene erano già state scritte per il sequel ma purtroppo il grande attore è venuto a mancare nel 2012 e le sequenze sono state girate da Titus Welliver, non riportato nei credits. Detto questo, se il film vi fosse piaciuto recuperate ovviamente Red. ENJOY!!
Trama: Frank e Sarah ormai stanno insieme e vivono le "gioie" di una vita tranquilla e noiosa. Questo, ovviamente, finché il folle Marvin non decide di coinvolgerli in una crisi internazionale innescata da una bomba atomica e uno scienziato pazzo...
I Reduci Estremamente Distruttivi sono tornati e, sebbene Red 2 non raggiunga le vette del primo, sorprendente e simpatico capitolo, riescono comunque ancora a divertire e spaccare culi nonostante la veneranda età. Se Red presentava i personaggi e il mondo dello spionaggio attraverso gli occhi affascinati di una donna di provincia desiderosa di avventure in Red 2 il focus si sposta prepotentemente sulla coppia Sarah/Frank e tutta la vicenda non è altro che un modo per aiutarli a capire come impostare un rapporto che credevamo idilliaco e che invece soffre la noia e la routine di una vita normale. I personaggi "secondari" (e chiamiamoli così...) come Victoria e Marvin diventano così, tra una sparatoria e l'altra, i consulenti dei due piccioncini e dispensano consigli o tramano riavvicinamenti sfruttando i pericoli incombenti. In questo caso, gli sceneggiatori hanno deciso di fare ripiombare i personaggi in piena guerra fredda e di farli girare come trottole in giro per il mondo, inserendo villain e/o riluttanti alleati che rispecchiano in pieno i cliché spionistici, con quel goccio di esotico che non guasta mai. Il risultato è un film allegro, spigliato, condito dalle solite, accattivanti scene d'azione/inseguimenti/sboronate ma anche, ahimé, troppo pieno di luoghi comuni e, soprattutto, prevedibilissimo sul finale, risolto con un terribile escamotage da bambini delle elementari.
Ma poi, alla fine, chi diavolo era andato a vedere Red 2 per la trama? Non certo io, per carità, che puntavo invece a ritrovare "solo" i miei amati vecchietti e gli attori che li interpretano! Bruce Willis è sempre fico ma questa volta è un po' sottotono, devo ammetterlo: la simpatica e frizzante Mary Louise Parker e, soprattutto, un'indescrivibilmente meravigliosa Helen Mirren gli rubano la scena in più di un'occasione, soprattutto quando quest'ultima si profonde nella folle imitazione della Regina (citando sé stessa in diverse pellicole, tra l'altro), spara o duetta in macchina con Byung-Hun Lee. A proposito del quale posso solo asciugare le bave e rantolare un "tante cose belle e buone": quest'uomo è un incredibile pezzo di fico, che stia fermo o che combatta, sia nudo che vestito. Dico solo che persino la sua tartaruga ha la tartaruga e va bene così! Catherine Zeta Jones invece delude per mancanza di carisma e abbondanza di bruttezza a causa dell'inguardabile taglio di capelli ma Anthony Hopkins compensa col suo fare gigione e Malkovich da il bianco soprattutto grazie alle sue espressioni e al guardaroba da denuncia con cui i costumisti amano vestirlo (a proposito di abiti: le scarpe della Mirren e della Parker mi hanno commossa per lo stile da sbavo. Le voglio ora.), sebbene il suo personaggio risulti più forzato e meno divertente rispetto al primo capitolo. Per finire, da nerd ho molto apprezzato l'uso dei disegni di Cully Hamner (che assieme a Warren Ellis aveva realizzato la serie a fumetti) nei titoli di testa del film e la ripresa del suo stile nei vari "stacchi" che segnalano i diversi spostamenti dei nostri eroi. In definitiva, Red 2 è quindi un simpatico film per passarsi due orette di sana, violenta e disimpegnata allegria ma comincia già a mostrare i primi segni del detto "un gioco è bello se dura poco". Speriamo non decidano di fare un terzo capitolo perché non credo gli andrà più così bene!
Del regista Dean Parisot ho già parlato qui. Bruce Willis (Frank Moses), John Malkovich (Marvin), Mary-Louise Parker (Sarah), Helen Mirren (Victoria), Anthony Hopkins (Bailey), Byung-Hun Lee (Han Cho Bai), Catherine Zeta-Jones (Katja), David Thewlis (La rana) e Brian Cox (Ivan) li trovate invece ai rispettivi link.
Neal McDonough interpreta Jack Horton. Americano, ha partecipato a film come Darkman, L’insaziabile, Minority Report, The Hitcher, Capitan America: Il primo Vendicatore e a serie come Più forte ragazzi, X-Files, Desperate Housewives, CSI: NY e CSI – Scena del crimine. Anche produttore e sceneggiatore, ha 57 anni e sei film in uscita.
Ernest Borgnine avrebbe voluto riprendere il ruolo dell’archivista del primo film e in effetti le sue scene erano già state scritte per il sequel ma purtroppo il grande attore è venuto a mancare nel 2012 e le sequenze sono state girate da Titus Welliver, non riportato nei credits. Detto questo, se il film vi fosse piaciuto recuperate ovviamente Red. ENJOY!!
venerdì 20 maggio 2011
Red (2010)
L’ho già detto per Source Code ma ripetersi non fa male. È un peccato che la distribuzione italiana penalizzi alcuni film pubblicizzandoli poco oppure facendoli uscire a ridosso di megaproduzioni o blockbuster. È un peccato perché, attirati da cose come Thor, l’ultimo episodio dei Pirati dei Caraibi o Fast 5, gli spettatori rischiano di perdersi un bel film come Red, uscito l’anno scorso in America e diretto dal regista Robert Schwentke.
Trama: Frank Moses è un agente in pensione che passa il suo tempo corteggiando telefonicamente una centralinista, Sarah. I due saranno costretti ad incontrarsi e a fuggire assieme quando la CIA comincerà a mandare i suoi migliori assassini contro Frank e altri suoi amici ed ex “colleghi”, per motivi legati ad un’oscura missione del passato…
Red mantiene quello che un film come L’uomo che fissa le capre prometteva solo nei trailer: una storia semiseria, ai limiti del paradossale, in grado di soddisfare sia lo spettatore che cerca l’action comedy poco impegnato sia quello che cerca quel qualcosa “in più” che distingue la pellicola da altre mille simili. E quel “di più” che caratterizza Red è quello che posso definire solo come “wit” tipicamente inglese, quel misto di arguzia ed ironia che in questo film abbonda, e giustamente, visto che è tratto da una graphic novel (molto più cupa, a dire il vero) di quel geniaccio di Warren Ellis. Ho citato L’uomo che fissa le capre ma forse ho fatto un paragone ingiusto, forse farei meglio ad aggiungere anche The Expendables perché alla fine Red incarna un po’ lo spirito di entrambi i film: la presenza di Bruce Willis assicura quella lieve ed ironica tamarraggine tipica della star di mille film d’azione (emblematica l’immagine di Frank che esce dalla macchina della polizia ancora in movimento con la pistola già spianata…), ma c’è anche una sottile riflessione sui tempi che cambiano, sulla tecnologia che rischia di soppiantare le abilità umane, sul “vecchio” che viene messo da parte, ingiustamente o meno, sui valori che diventano importanti con l’età.
Anche in questo caso ad una bella e intelligente storia si associa una solida regia che non lesina inseguimenti e sparatorie (senza lasciare che ammorbino il pubblico) e che aggiunge tocchi di humor, come l’introduzione con una cartolina di ogni città visitata dai protagonisti e la trasformazione della scena finale nella copertina di uno dei romanzi rosa che legge Sarah, come se l’intera vicenda fosse appunto una sciocchezza, la fantasia di una donna comune che ci viene descritta come un’amante dei viaggi avventurosi e dei romanzetti da quattro soldi. Come al solito, però, il punto di forza di un film ben riuscito sono gli attori, tutti assolutamente perfetti, da un Bruce Willis sempre a suo agio in questi ruoli, ai favolosi Helen Mirren e Brian Cox che regalano una misurata interpretazione di rara leggerezza, senza contare gli interpreti secondari, tutti azzeccatissimi. Ma quello che ha davvero superato sé stesso in Red è John Malkovich nei panni del folle Marvin, un ruolo così ironico e sopra le righe che, una decina di anni fa, sarebbe calzato a pennello per Christopher Lloyd. Per tutto il film John viene sgridato come un bambino dagli altri “Reds”, si porta dietro maiali di peluche rosa (la scena in cui rimane tutto contrito in mezzo all’aeroporto con il porco tenuto per la coda mi ha fatta ridere un’ora…), mostra sorrisetti sarcastici o completamente folli e a un certo punto lo vediamo anche con una deliziosa parrucchetta bionda con le trecce. Vale lui da solo il prezzo del biglietto, garantito. Ma per fortuna non è la sola cosa valida di Red, che consiglio senza riserve.
Di Bruce Willis, che interpreta Frank Moses, ho già parlato qui. Helen Mirren, nei panni di Victoria, è già stata nominata qua, mentre Morgan Freeman (che compare brevemente col personaggio di Joe) lo trovate qui. Dulcis in fundus, qui c’è il post dedicato a John Malkovich, che in Red interpreta Marvin, e qua quello per Richard Dreyfuss, ovvero l’infame Dunning.
Robert Schwentke è il regista della pellicola. Tedesco, ha girato film come Flightplan – Mistero in volo e il pilot della serie Lie to Me. Anche sceneggiatore, ha 43 anni e un film in uscita.
Mary – Louise Parker interpreta Sarah. Durante la proiezione del film s’è creato il solito dibattito “questa dove l’ho già vista…?”: la mia amica la ricordava, giustamente, per il bellissimo Pomodori verdi fritti alla fermata del treno mentre io, un po’ più prosaicamente, dopo averla scambiata per Lauren Graham di Una mamma per amica, ho pensato al telefilm Weeds, dove la Parker è protagonista. Tra gli altri film ai quali ha partecipato l’attrice segnalo Il cliente, Ritratto di signora, Red Dragon e la bellissima miniserie Angels in America. Americana, ha 47 anni e un film in uscita.
Julian McMahon interpreta il vicepresidente Stanton. Cole di Streghe e, soprattutto, il Dr. Troy di Nip/Tuck, ecco i ruoli per i quali verrà ricordato dal pubblico (soprattutto femminile) questo bellissimo attore Australiano, che ha partecipato anche a film come I fantastici quattro, I fantastici quattro e Silver Surfer e a serie come Home and Away e Will & Grace, oltre ad avere doppiato un episodio di Robot Chicken. Anche produttore, ha 43 anni e due film in uscita.
Brian Cox interpreta Ivan. La “versione” di Anthony Hopkins è sicuramente quella più famosa, ma i fan di Hannibal Lecter dovrebbero invece sapere che è stato proprio Cox ad interpretarlo per primo nel film Manhunter – Frammenti di un omicidio. Tra gli altri film dell’attore scozzese ricordo Rob Roy, Braveheart, il bellissimo Rushmore, L’intrigo della collana, The Ring, La 25sima ora, X-Men 2, Troy, Matchpoint e Zodiac. Anche regista, ha 65 anni e tre film in uscita, tra cui Rise of the Planet of the Apes, ennesimo remake/sequel dei film della saga de Il pianeta delle scimmie.
Ernest Borgnine (vero nome Ermes Effron Borgnino) interpreta Henry l’archivista. Storico “pezzo da novanta” del cinema internazionale, lo ricordo per film come Quella sporca dozzina, 1997: fuga da New York, Gattaca – La porta dell’universo, l’orrendo Blueberry e La cura del gorilla, miniserie storiche come Gesù di Nazareth e telefilm come La casa nella prateria, Love Boat, Magnum P.I., La signora in giallo, Quell’uragano di papà, Walker Texas Ranger, Settimo cielo e E.R. medici in prima linea. Ha inoltre prestato la voce per il film Small Soldiers e le serie Pinky and The Brain e Spongebob Squarepants. Americano, anche produttore, ha 94 anni e un film in uscita.
Karl Urban interpreta l’agente Cooper. Probabilmente a causa della parrucca bionda e mossa che indossava non riconoscerete in questo attore l’Eomer della trilogia de Il Signore degli Anelli, ma sappiate che c’era anche lui. Ha partecipato al reboot di Star Trek e lo ritroveremo nell’imminente Priest, inoltre ha recitato anche in alcuni episodi delle serie Hercules e Xena principessa guerriera. Neozelandese, ha 39 anni e tre film in uscita, tra cui il probabile seguito di Star Trek e il remake di Dredd – La legge sono io, che all’epoca come protagonista mostrava l’inossidabile Sylvester Stallone.
Orribile rischio!, John C. Reilly era la prima scelta per il ruolo di Marvin. Non oso pensare come sarebbe potuto risultare il mio personaggio preferito di tutto il film nelle mani di un attore che sopporto davvero poco. Sarebbe stato interessante invece vedere Meryl Streep nel ruolo di Victoria anche se a dire il vero le sarebbe mancato il phisique du rol. Di Red pare sia già in progetto un sequel, ma non si sa ancora nulla né della trama, né del regista né tantomeno del cast. Se vi è piaciuto il film vi consiglio di vedere un altro action movie parecchio ironico (anche se meno bello), A – Team o farvi una bella cultura “Willisiana” cercando tutti i film della serie Die Hard. E ora vi lascio con il trailer del film... ENJOY!!!
Trama: Frank Moses è un agente in pensione che passa il suo tempo corteggiando telefonicamente una centralinista, Sarah. I due saranno costretti ad incontrarsi e a fuggire assieme quando la CIA comincerà a mandare i suoi migliori assassini contro Frank e altri suoi amici ed ex “colleghi”, per motivi legati ad un’oscura missione del passato…
Red mantiene quello che un film come L’uomo che fissa le capre prometteva solo nei trailer: una storia semiseria, ai limiti del paradossale, in grado di soddisfare sia lo spettatore che cerca l’action comedy poco impegnato sia quello che cerca quel qualcosa “in più” che distingue la pellicola da altre mille simili. E quel “di più” che caratterizza Red è quello che posso definire solo come “wit” tipicamente inglese, quel misto di arguzia ed ironia che in questo film abbonda, e giustamente, visto che è tratto da una graphic novel (molto più cupa, a dire il vero) di quel geniaccio di Warren Ellis. Ho citato L’uomo che fissa le capre ma forse ho fatto un paragone ingiusto, forse farei meglio ad aggiungere anche The Expendables perché alla fine Red incarna un po’ lo spirito di entrambi i film: la presenza di Bruce Willis assicura quella lieve ed ironica tamarraggine tipica della star di mille film d’azione (emblematica l’immagine di Frank che esce dalla macchina della polizia ancora in movimento con la pistola già spianata…), ma c’è anche una sottile riflessione sui tempi che cambiano, sulla tecnologia che rischia di soppiantare le abilità umane, sul “vecchio” che viene messo da parte, ingiustamente o meno, sui valori che diventano importanti con l’età.
Anche in questo caso ad una bella e intelligente storia si associa una solida regia che non lesina inseguimenti e sparatorie (senza lasciare che ammorbino il pubblico) e che aggiunge tocchi di humor, come l’introduzione con una cartolina di ogni città visitata dai protagonisti e la trasformazione della scena finale nella copertina di uno dei romanzi rosa che legge Sarah, come se l’intera vicenda fosse appunto una sciocchezza, la fantasia di una donna comune che ci viene descritta come un’amante dei viaggi avventurosi e dei romanzetti da quattro soldi. Come al solito, però, il punto di forza di un film ben riuscito sono gli attori, tutti assolutamente perfetti, da un Bruce Willis sempre a suo agio in questi ruoli, ai favolosi Helen Mirren e Brian Cox che regalano una misurata interpretazione di rara leggerezza, senza contare gli interpreti secondari, tutti azzeccatissimi. Ma quello che ha davvero superato sé stesso in Red è John Malkovich nei panni del folle Marvin, un ruolo così ironico e sopra le righe che, una decina di anni fa, sarebbe calzato a pennello per Christopher Lloyd. Per tutto il film John viene sgridato come un bambino dagli altri “Reds”, si porta dietro maiali di peluche rosa (la scena in cui rimane tutto contrito in mezzo all’aeroporto con il porco tenuto per la coda mi ha fatta ridere un’ora…), mostra sorrisetti sarcastici o completamente folli e a un certo punto lo vediamo anche con una deliziosa parrucchetta bionda con le trecce. Vale lui da solo il prezzo del biglietto, garantito. Ma per fortuna non è la sola cosa valida di Red, che consiglio senza riserve.
Di Bruce Willis, che interpreta Frank Moses, ho già parlato qui. Helen Mirren, nei panni di Victoria, è già stata nominata qua, mentre Morgan Freeman (che compare brevemente col personaggio di Joe) lo trovate qui. Dulcis in fundus, qui c’è il post dedicato a John Malkovich, che in Red interpreta Marvin, e qua quello per Richard Dreyfuss, ovvero l’infame Dunning.
Robert Schwentke è il regista della pellicola. Tedesco, ha girato film come Flightplan – Mistero in volo e il pilot della serie Lie to Me. Anche sceneggiatore, ha 43 anni e un film in uscita.
Mary – Louise Parker interpreta Sarah. Durante la proiezione del film s’è creato il solito dibattito “questa dove l’ho già vista…?”: la mia amica la ricordava, giustamente, per il bellissimo Pomodori verdi fritti alla fermata del treno mentre io, un po’ più prosaicamente, dopo averla scambiata per Lauren Graham di Una mamma per amica, ho pensato al telefilm Weeds, dove la Parker è protagonista. Tra gli altri film ai quali ha partecipato l’attrice segnalo Il cliente, Ritratto di signora, Red Dragon e la bellissima miniserie Angels in America. Americana, ha 47 anni e un film in uscita.
Julian McMahon interpreta il vicepresidente Stanton. Cole di Streghe e, soprattutto, il Dr. Troy di Nip/Tuck, ecco i ruoli per i quali verrà ricordato dal pubblico (soprattutto femminile) questo bellissimo attore Australiano, che ha partecipato anche a film come I fantastici quattro, I fantastici quattro e Silver Surfer e a serie come Home and Away e Will & Grace, oltre ad avere doppiato un episodio di Robot Chicken. Anche produttore, ha 43 anni e due film in uscita.
Brian Cox interpreta Ivan. La “versione” di Anthony Hopkins è sicuramente quella più famosa, ma i fan di Hannibal Lecter dovrebbero invece sapere che è stato proprio Cox ad interpretarlo per primo nel film Manhunter – Frammenti di un omicidio. Tra gli altri film dell’attore scozzese ricordo Rob Roy, Braveheart, il bellissimo Rushmore, L’intrigo della collana, The Ring, La 25sima ora, X-Men 2, Troy, Matchpoint e Zodiac. Anche regista, ha 65 anni e tre film in uscita, tra cui Rise of the Planet of the Apes, ennesimo remake/sequel dei film della saga de Il pianeta delle scimmie.
Ernest Borgnine (vero nome Ermes Effron Borgnino) interpreta Henry l’archivista. Storico “pezzo da novanta” del cinema internazionale, lo ricordo per film come Quella sporca dozzina, 1997: fuga da New York, Gattaca – La porta dell’universo, l’orrendo Blueberry e La cura del gorilla, miniserie storiche come Gesù di Nazareth e telefilm come La casa nella prateria, Love Boat, Magnum P.I., La signora in giallo, Quell’uragano di papà, Walker Texas Ranger, Settimo cielo e E.R. medici in prima linea. Ha inoltre prestato la voce per il film Small Soldiers e le serie Pinky and The Brain e Spongebob Squarepants. Americano, anche produttore, ha 94 anni e un film in uscita.
Karl Urban interpreta l’agente Cooper. Probabilmente a causa della parrucca bionda e mossa che indossava non riconoscerete in questo attore l’Eomer della trilogia de Il Signore degli Anelli, ma sappiate che c’era anche lui. Ha partecipato al reboot di Star Trek e lo ritroveremo nell’imminente Priest, inoltre ha recitato anche in alcuni episodi delle serie Hercules e Xena principessa guerriera. Neozelandese, ha 39 anni e tre film in uscita, tra cui il probabile seguito di Star Trek e il remake di Dredd – La legge sono io, che all’epoca come protagonista mostrava l’inossidabile Sylvester Stallone.
Orribile rischio!, John C. Reilly era la prima scelta per il ruolo di Marvin. Non oso pensare come sarebbe potuto risultare il mio personaggio preferito di tutto il film nelle mani di un attore che sopporto davvero poco. Sarebbe stato interessante invece vedere Meryl Streep nel ruolo di Victoria anche se a dire il vero le sarebbe mancato il phisique du rol. Di Red pare sia già in progetto un sequel, ma non si sa ancora nulla né della trama, né del regista né tantomeno del cast. Se vi è piaciuto il film vi consiglio di vedere un altro action movie parecchio ironico (anche se meno bello), A – Team o farvi una bella cultura “Willisiana” cercando tutti i film della serie Die Hard. E ora vi lascio con il trailer del film... ENJOY!!!
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