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martedì 27 maggio 2025

The Gorge - Misteri dal profondo (2025)

Finita la febbre da Oscar, torniamo a parlare di horror. Per San Valentino, Apple TV ha distribuito l'ultimo film del regista Scott Derrickson, The Gorge  - Misteri dal profondo (The Gorge).


Trama: Levi e Drasa, due tra i migliori cecchini del mondo, vengono messi a guardia, rispettivamente, del lato ovest ed est di una profonda gola che nasconde un terribile segreto...


Nella recensione di The Menu scrivevo: Anya-Taylor Joy non sbaglia un film e, anche quando lo sbaglia, riesce comunque a rendere tridimensionale e interessante il suo personaggio. The Gorge è l'eccezione che conferma la regola, e la dice lunga su quanto mi abbia tediata questa pellicola né carne né pesce, che mi ha fatta accartocciare sulla poltrona spesso e volentieri, vittima di un cringe difficile da sopportare. The Gorge è un film di serie C con velleità di capolavoro, nonché la prova definitiva che lo streaming sta facendo incredibili danni al cinema, perché anche le storie più semplici e divertenti, nate per essere sciocchine, vengono allungate a dismisura e riempite di dettagli inutili per necessità di metraggio. Peggio ancora, almeno per me, The Gorge è talmente zeppo di CGI brutta, da farmi venire voglia di menare chiunque abbia mosso critiche al dolcissimo Flow, perché col budget a disposizione di Derrickson avrebbe dovuto essere davvero difficile fare male, altro che software gratuito. Invece, quando, FINALMENTE (dopo un'ora di tremendissima love story sulla quale poi tornerò) Levi e Drasa sono costretti a scendere nella gola, ciò che si trovano davanti sono mostrilli ibridi tirati fuori direttamente da un videogame di ultima generazione e, Cristo santo, ambienti divisi per COLORI. C'è una zona violacea, una zona gialla, una rossa, una blu, se non erro, senza sfumature come se nel bel mezzo dell'inferno in fondo alla gola ci fossero dei fari che dividono geometricamente l'ambiente. Il motivo di questa scelta mi è ignoto, e mi indispettisce, perché poi le poche scenografie "reali" (sempre che lo siano, gente. Ormai il green screen viene utilizzato anche per sequenze ambientate all'interno di semplici appartamenti, quindi ho perso ogni certezza) come, per esempio, quelle del bunker o della chiesa abbandonata, sono molto evocative ed inquietanti, richiamano i bei tempi quando l'horror era magari scemo, ma sincero. Invece The Gorge è scemo, artefatto e riesce persino ad essere noioso. Mi ci è voluta una settimana intera per guardarlo nei ritagli di tempo, e mi è sembrato che fosse passato un mese, quindi non oso immaginare quanto avrei dormito dedicandogli una serata, come faccio con pellicole un po' più "di peso".


Il problema di partenza di The Gorge è il suo voler essere dieci cose in una, senza riuscire a renderne interessante neanche mezza. Un po' love story, un po' film di guerra, un po' horror, un po' fantascienza, un pochino distopia, il calderone è zeppo di ingredienti eppure risulta insipido, come i due protagonisti, la summa dei cliché di ogni film dedicato a (super)uomini e (super)donne dotati di infallibile istinto da killer. Entrambi sono i migliori in quello che fanno, ma dentro di loro sono tenerelli e addolorati, e basta un compleanno, a chi da una vita rispetta l'Autorità, per mandare al diavolo ordini venuti dall'alto. L'amore a distanza fatto di scritte, simpatiche pallottole vaganti e sfide a chi ce l'ha più lungo, finché, quando i due si incontrano, il loro rapporto muto diventa la sagra del Bacio Perugina e del bignami del reduce di guerra.  E' talmente banale, questa love story tra überfighi, che mi sono messa a fare le pulci a tutto il resto: Levi che coltiva pomodori a novembre, in mezzo alle montagne, senza nemmeno l'ausilio di una serra (a novembre ha già dei frutti talmente maturi e rossi che noi nell'orto non li abbiano nemmeno a ferragosto); Drasa che lancia estintori come se fossero aeroplanini di carta; il parrucchiere della Taylor-Joy evidentemente incapacitato, perché un taglio così brutto addosso all'attrice non l'ho visto nemmeno agli esordi; Miles Teller con lo sguardo fisso dell'ottuso finché non arriva il momento (giustamente) di darci sotto con la bella Anya; Bartholomew (spero ti abbiano pagata benissimo, Sigourney!) che, dopo gli ultimi anni passati probabilmente a combattere solo nei videogiochi, sceglie di prendere con sé un paio di marine tra più babbei del corpo per andare a risolvere la situazione di persona; l'inspiegabile tara mentale che spinge gli americani a collegare il concetto di "gioia" con quello di "lavorare come cameriere nel buco di culo della Francia".... e potrei andare avanti per ore, come dice la zia Genoveffa di Jean Claude. Tanto, se The Gorge può permettersi di ciurlare nel manico per più di due ore, perché io no? Ridatemi le fragassate o le ottantarate da quattro soldi, salvatemi dalla pochezza in confezione extra-lusso!!


Del regista Scott Derrickson ho già parlato QUI. Miles Teller (Levi), Anya Taylor-Joy (Drasa) e Sigourney Weaver (Bartholomew) li trovate invece ai rispettivi link.



martedì 28 giugno 2022

Spiderhead (2022)

Tra vacanze liete e meno lieti, nonché stressantissimi, impegni, è più di una settimana che non scrivo, anche se il blog è in qualche modo andato avanti. Ricomincio oggi con Spiderhead, diretto dal regista Joseph Kosinski e tratto dal racconto Fuga dall'Aracnotesta di George Saunders.


Trama: in un futuro abbastanza vicino, alcuni detenuti vivono all'interno di un carcere all'apparenza dotato di ogni comodità, costretti tuttavia a testare sieri dagli effetti imprevedibili...


Tornata a casa dopo le ferie, ho chiesto consiglio agli amici di Facebook su quale film recuperare all'interno delle tre piattaforme a mia disposizione, ed è spuntato questo Spiderhead, disponibile su Netflix e tratto da un racconto di un autore a me sconosciuto, George Saunders. Come al solito non posso fare confronti tra racconto e film, quindi partiamo con l'usuale "recensione" ignorante. Spiderhead è il nome di un complesso fortificato, situato su un'isola deserta, che funge da carcere, ma con una particolarità; i detenuti sono trattati come gli ospiti di un hotel a quattro stelle da cui non possono ovviamente uscire, tuttavia per ottenere questo trattamento sono costretti a dare il proprio consenso per periodici esperimenti a base di sieri che alterano le emozioni. Se, all'inizio, lo spettatore si ritrova coinvolto nel "gioco" di scoprire i vari sieri e quali siano le loro funzioni, tra momenti molto faceti (pure troppo!) e altri più inquietanti, provandoli sulla pelle del protagonista Jeff, mano a mano che il film prosegue diventano chiare le implicazioni di un paio di esperimenti più crudeli e, soprattutto, la natura infingarda di Abnesti, capo della ricerca scientifica del carcere. Tra un esperimento, una confessione tra detenuti e i ricordi del protagonista, Spiderhead rimane per tutta la sua durata in perfetto ed incredibile equilibrio tra generi, senza sconfinare mai nel troppo fantascientifico o nel troppo horror (cosa che, a mio avviso, gli avrebbe dato una marcia in più) e, anche se la riflessione finale sull'autodeterminazione e l'importanza della volontà è chiara e rimarcata, non diventa mai neppure un racconto dalla morale netta. Ciò, da una parte, lo rende una perfetta opera d'intrattenimento, mentre dall'altra lo priva dell'incisività necessaria per essere qualcosa di più del solito film Netflix da dimenticare dopo un paio di giorni.


Peccato, perché la particolarità di Spiderhead è quella di offrire a Chris Hemswort la possibilità di tentare un ruolo un po' diverso da quelli soliti di babbeo o eroe, consegnandolo in un'inedita versione "villain". Come rimarcato nei dialoghi, Hemsworth è un uomo di grande bellezza, e questo lo avvantaggia nel ruolo di un genio (del male) che sfrutta l'aspetto e la retorica per attirare le sue vittime con un'apparenza gentile e affabile, con idee progressiste di libertà e condivisione, celando la sua reale natura di presuntuosa testa di pazzo che non si fermerebbe di fronte a nulla pur di blandire la propria genialità. Miles Teller, come contraltare, è forse poco incisivo ma ha abbastanza personalità per non farsi "mangiare" dal suo antagonista (o forse è Hemsworth a non riuscire a fare quel piccolissimo salto per diventare memorabile, come è stato invece per Sebastian Stan in Fresh), anche perché il cast potrebbe anche essere finito lì; gli altri attori, impegnati in ruoli più o meno minori, non saltano mai veramente all'occhio, e lo stesso vale anche per la regia di Joseph Kosinski, che porta a casa un lavoro dignitoso ma mai davvero particolare o entusiasmante. L'unica sequenza di Spiderhead che ricorderò finché campo, in effetti, è giusto quella dell'incidente in macchina che condanna Jeff a finire in carcere, scritta e realizzata con una sciatteria fuori scala: come faccia una persona a volare fuori dal parabrezza di un'auto, dopo averlo sfondato con la testa, ad atterrare scomposto come il bambino/pupazzo de La terza madre e a rialzarsi senza neppure una goccia di sangue sul volto, è qualcosa che mi porta a rivalutare l'uomo nascosto nel controsoffitto dell'astronave in Estraneo a bordo. A parte questo, comunque, è estate, Hemsworth è un bel vedere, la storia di Spiderhead è simpatica, quindi per una serata passata davanti a Netflix ci sono scelte ben peggiori.


Di Chris Hemsworth (Abnesti) e Miles Teller (Jeff) ho già parlato ai rispettivi link.

Joseph Kosinski è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Tron: Legacy, Oblivion, Fire Squad - Incubo di fuoco e Top Gun: Maverick. Anche produttore e sceneggiatore, ha 48 anni.


Jurnee Smollett interpreta Lizzy. Americana, la ricordo per film come La baia di Eva e Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn, inoltre ha partecipato a serie come E.R. Medici in prima linea, Grey's Anatomy, Doctor House, True Blood e Lovecraft County. Anche produttrice, ha 35 anni e due film in uscita. 




mercoledì 14 dicembre 2016

Trafficanti (2016)

Sempre spinta da recensioni positive, ho recuperato un film snobbato al tempo dell'uscita italiana, ovvero Trafficanti (War Dogs), diretto e co-sceneggiato da Todd Phillips e tratto dall'articolo Arms and the Dudes, pubblicato su Rolling Stones.


Trama: David è un massaggiatore che stenta a sbarcare il lunario. Quando la compagna gli comunica di aspettare un bambino David è in piena crisi economica ma un giorno reincontra Efraim, vecchio compagno di scuola diventato un intermediario per la compravendita di armi, che gli offre di diventare suo socio...



E' sempre spiazzante quando registi e attori riconosciuti universalmente per commedie pseudo-demenziali diventano all'improvviso "seri". Voglio dire, sia Miles Teller che Jonah Hill si sono liberati già da qualche anno dal pregiudizio derivante dai loro primi film ma probabilmente la maggior parte di quelli che sono andati a vedere Trafficanti si sarebbero aspettati, vista la regia di Todd Phillips, qualcosa alla Strafumati o giù di lì. Invece, uno dei motivi che mi avevano spinta a stare lontana da Trafficanti è stata proprio la consapevolezza che mi sarei trovata davanti una storia (attenzione, non ho detto un film) alla Quei bravi ragazzi, Casino, Scarface, insomma nominate uno qualsiasi dei gangster movie che tanto ho amato e ancora amo e i quali necessitano di signori autori dietro la macchina da presa o alla sceneggiatura per funzionare e diventare cult, non certo uno come Todd Phillips. Che, per carità, visti i precedenti porta a casa anche un lavoro dignitoso, "trattenendo" la sua vena umoristica incanalandola per ravvivare la prima parte della pellicola, però il risultato è quello di un film derivativo e fuori tempo massimo. Trafficanti è infatti il compendio di ogni cliché del genere, sia per quel che riguarda la sceneggiatura che per quel che riguarda lo stile: in base alle regole codificate del gangster movie, c'è bisogno di un protagonista (anche voce narrante) che si impelaga in traffici poco puliti suo malgrado per poi accorgersi di tutti i vantaggi derivanti dalla cosa, un "mentore" già avviato alla professione che all'inizio sembra infallibile poi si rivela l'anello debole della catena, una prima parte fatta di successi ininterrotti e una seconda più tragica in cui tutta l'attività criminale va a rotoli (solitamente perché il "mentore" l'ha fatta fuori dal vaso incurante dei consigli del novellino più cauto), una conclusione a base di morti, arresti, processi, condanne e infine un eventuale spaccato sul destino dei protagonisti. Il film di Phillips, tratto da una storia vera, segue tutte queste regole ed è pertanto prevedibile dall'inizio alla fine (per chi non ha letto l'articolo di Rolling Stones rimane solo da sapere quanti anni di carcere si sono fatti Packouz e Diveroli oppure se sono riusciti ad evitarlo dandosi alla macchia) e anche la critica all'arricchimento sconsiderato fatto sfruttando una cosa orribile come la guerra è all'acqua di rose e quasi interamente confinata al titolo originale, come al solito più incisivo di quello italiano.


La natura di "omaggio" al genere, al di là della storia vera da cui parte Trafficanti, è palese ed evidente quanto il poster di Scarface che campeggia sulle pareti dell'ufficio di Diveroli (per non parlare della continua citazione del film di De Palma anche nei dialoghi, nella granata d'oro con su scritto "Il mondo è tuo", persino nell'appartamento in cui si trasferisce David a un certo punto) e diventa sempre più smaccata mano a mano che il film procede, arrivando a scomodare inquadrature Scorsesiane durante il momento del confronto nel diner e adeguando persino costumi e colonna sonora, cose che rendono Trafficanti un film ben fatto ma in qualche modo "vuoto", più di forma che di sostanza. Fortunatamente, l'alchimia tra i due protagonisti è godibile ed intrattiene lo spettatore (se dobbiamo dare retta al mio "sonnometro" il film cala terribilmente di ritmo proprio nel momento in cui David ed Efraim tentano il colpaccio in Albania, forse perché i due personaggi si trovano ad interagire solo via telefono), anche perché Teller e Hill si compensano alla perfezione: tanto è serio e posato il primo, con qualche concessione allo stile gangsta dato dall'entusiasmo per l'abbondanza di denaro, quanto è debordante ed insopportabile il secondo, con l'abbronzatura posticcia, la totale mancanza di rispetto per le donne e quella risatina fasulla che da sola basterebbe a procurargli mazzate nei denti da qui all'eternità. Deludente il cammeo di Bradley Cooper che, per quanto sia sempre incredibilmente gnocco, nei panni del gangster misterioso è credibile quanto il Fabius di Mai Dire Gol, mentre è sempre bello vedere Kevin Pollak, qui nei convincenti panni di un farabutto ebreo che si crede più grosso di quanto non sia. Riassumendo, visti i presupposti e gli inevitabili pregiudizi Trafficanti non è malaccio ma non è neppure un film imprescindibile; potrebbe piacere a chi è interessato al genere pur non essendone appassionato mentre chi, come me, porta sempre nel cuore determinati capisaldi imprescindibili lo dimenticherà probabilmente nel giro di un giorno o due.


Del regista e co-sceneggiatore Todd Phillips ho già parlato QUI. Miles Teller (David Packouz), Jonah Hill (Efraim Diveroli), Kevin Pollak (Ralph Slutzky) e Bradley Cooper (Henry Girard) li trovate invece ai rispettivi link.

Ana de Armas interpreta Iz. Cubana, ha partecipato a film come Knock Knock. Ha 28 anni e due film in uscita tra cui Blade Runer 2049.


Nel cast compare anche il vero David Packouz, ovvero il cantante che nella casa di riposo si esibisce con Don't Fear the Reaper dei Blue Oyster Cult, mentre Efraim Diveroli non ha voluto nemmeno incontrare Jonah Hill e, anzi, ha fatto causa a produttori, regista e Warner Bros. sostenendo che la sceneggiatura si sarebbe basata sulla sua autobiografia Once a Gun Runner invece che sull'articolo di Rolling Stones Arms and the Dudes. A parte questo, se Trafficanti vi fosse piaciuto recuperate The Wolf of Wall Street, American Hustle, Quei bravi ragazzi e Scarface. ENJOY!

mercoledì 18 febbraio 2015

Whiplash (2014)

La notte degli Oscar si sta avvicinando e, alla faccia delle 50 sfumature di grigio e della distribuzione italiana gestita da bimbiminkia, sono riuscita a recuperare anche Whiplash, diretto e sceneggiato nel 2014 dal regista Damien Chazelle e candidato a cinque statuette (Miglior Film, J.K. Simmons Miglior Attore Non Protagonista, Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior Montaggio, Miglior Sonoro).


Trama: Andrew ha un solo sogno nella vita, fare il batterista. Quando Fletcher, direttore della migliore band del conservatorio, lo convoca per fare da assistente al batterista titolare, al ragazzo sembra di toccare il cielo con un dito ma non sa che sarà l'inizio di un incubo...

Not quite my tempo.
Chi è cresciuto negli anni '80 come me di certo ricorderà cosa servisse per sfondare nel mondo dello sport o dello spettacolo. Abilità, carisma, costanza ed impegno del protagonista erano utili fino ad un certo punto, ciò che serviva veramente per trasformare un potenziale prodigio in un campione riconosciuto a livello mondiale era la (s)fortuna di finire sotto l'ala protettiva di un mostro. L'ambiguo allenatore di Mimì, che insegnava a lei e alla squadra di pallavolo l'arte del bagher con le catene ai polsi, piuttosto che il pacato Mister Daimon, armato di bastone legnoso da rompere sulla schiena a Nami o Mila, per non parlare della folle insegnante di recitazione di Maya o dell'alcoolizzato allenatore di Mark Landers: tutti, a modo loro, hanno tirato su generazioni di potenziali psicopatici seguendo la massima “Maggiore è lo stress psico-fisico maggiore è la possibilità che fanciulli e fanciulle sboccino al massimo delle loro prestazioni”. Il cattivissimo Fletcher, direttore della migliore orchestra del più prestigioso conservatorio di New York, ha interamente sposato questo metodo anni '80 e non smette di cercare un novello Charlie Parker, la fulgida stella che sopravviverà ai suoi terribili insegnamenti superando i limiti di valido mestierante e diventando così la nuova leggenda della musica. Insulti, violenze fisiche e verbali, pressioni psicologiche, incoraggiamento delle rivalità e palesi ingiustizie sono solo alcuni dei soprusi a cui vengono sottoposti gli allievi di Fletcher, personaggio che nonostante questa sua cattiveria gratuita non è così facile da etichettare né da sottoporre a giudizio. Il nostro, infatti, sembra realmente convinto di fare del bene ai suoi studenti ed apparentemente la sua tristezza davanti ad una tragedia che ne vede uno coinvolto è genuina (o forse è solo senso di colpa) tanto quanto la felicità davanti ad un Andrew che riesce finalmente ad esprimere le sue doti di batterista; il regista e sceneggiatore, di fatto, non lo condanna né lo esalta, lascia allo spettatore il compito di interpretare liberamente sia le azioni dei personaggi sia la vicenda in sé. Anche il protagonista non viene rappresentato in modo univoco e nel corso del film si evolve da timida matricola che fa quasi tenerezza a personaggio con cui non è facile empatizzare, incattivito, frustrato e, sì, anche esaltato dagli insegnamenti di Fletcher al punto da arrivare a mandare al diavolo la famiglia, la fidanzata e anche la propria umanità.


Chi ha ragione e chi ha torto in Whiplash? Non lo sapremo mai perché per fortuna la pellicola di Damien Chazelle non è uno di quei filmetti alla Step Up dove il Cenerentolo di turno diventa un principe alla faccia di quanti non hanno mai creduto in lui, ma è piuttosto il lucido spaccato di un mondo spietato e non alla portata di tutti, capace di elevare le persone fino alle stelle e sbatterle a terra con inaudita violenza. L'ambivalenza dei due protagonisti è rappresentata degnamente da due attori bravissimi: J.K.Simmons, dal mio punto di vista, merita assolutamente l'Oscar perché il suo è un ruolo molto "fisico" e difficile, da godere ovviamente in lingua originale non tanto per le "profanities" di cui è infarcito praticamente ogni suo monologo, ma proprio per l'inflessione, la durezza della voce, lo snobismo e l'autorevolezza che accompagnano ogni gesto nervoso e per gli sprazzi di rara gentilezza che lo rendono un formidabile oratore. Dall'altra parte c'è Miles Teller, con quella faccia da fesso antipatico che avevo odiato ai tempi di Un compleanno da leoni e che in Whiplash è invece perfetta per il giovane Andrew, senza contare poi che l'attore suona davvero molti dei pezzi che si vedono nel film, con tanto di sangue spillato realmente dalle mani. L'alchimia perfetta tra i due (nonostante il fiume d'odio che scorre tra i personaggi) viene enfatizzata ancor più da un montaggio fantastico, in grado di accelerare come un rullare di batteria e rallentare all'improvviso, assecondando il "tempo" tanto caro all'odioso Fletcher e incatenando lo spettatore (anche quello che, come me, di musica e soprattutto jazz non capisce nulla) alla poltrona. L'esibizione finale in particolare, quasi dieci minuti di assolo mozzafiato, è talmente tesa e sentita che è impossibile non lasciare il cuore libero di godere interamente di uno sfogo che viene dall'anima, dopo un'intero film fatto di false partenze, delusioni e dolore, tanto che l'applauso sgorga spontaneo, senza freni: per Andrew, per J.K. Simmons, per Miles Teller e per Damien Chazelle, che ci ha regalato un moderno Attimo fuggente in negativo, con un Capitano, mio Capitano che è in realtà la peggiore feccia dei sette mari!


Di Miles Teller (Andrew) e J.K.Simmons (Fletcher) ho già parlato ai rispettivi link.

Damien Chazelle è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto il corto Whiplash e il film Guy and Madeline on a Park Bench. Anche produttore, ha 30 anni.


Whiplash è la naturale espansione del corto omonimo, presentato dal regista al Sundance nel 2013 proprio per raccogliere i fondi e riuscire a girare un lungometraggio; se il film vi fosse piaciuto, recuperatelo e aggiungete magari Bird di Clint Eastwood, biografia del jazzista Charlie "Bird" Parker, più volte nominato all'interno della pellicola. ENJOY!

domenica 12 gennaio 2014

Un compleanno da leoni (2013)

Sono forse pazza? Non so cosa mi abbia spinta a guardare questo indegno Un compleanno da leoni (21 & Over), diretto nel 2013 dai registi Jon Lucas e Scott Moore e in uscita in Italia proprio in questi giorni... Forse i miei poteri divinatori e il buon proposito di salvare ignari spettatori dalla camurrìa?


Trama: Jeff Chang compie 21 anni e i suoi due migliori amici decidono di portarlo fuori a bere come un carcamanno. L'unico neo è che il povero Jeff dovrebbe tornare a casa in tempo per essere presente al colloquio più importante della sua vita...


Un compleanno da leoni è uno di quei film pescati nei torrenti per cazzeggio, subdolamente consigliati dal sito GetGlue. Ce l'avevo lì a macerare più o meno da sei mesi e nei giorni delle feste, complice il costante mal di testa da influenza, ho deciso di guardarlo onde evitare pellicole più impegnate ma mai avrei detto che una simile nesciàia sarebbe uscita in Italia a inizio gennaio! Meglio così per voi, aprite bene gli occhi e leggete con attenzione: Un compleanno da leoni FA SCHIFO. Punto. Se vi è piaciuto Una notte da leoni e sperate in qualcosa di anche solo vagamente simile siete completamente fuori strada perché sì, è vero, la trama è praticamente identica ma ci sono due fondamentali elementi in grado di rendere questo film una ciofeca oltre ogni limite. Innanzitutto, i protagonisti. Tre ragazzotti senza arte né parte, meno espressivi persino di quelle comparse che usavano negli anni '80 per Porky's. Anche l'identificazione con i soliti modelli (amico scemo che scatena tutti i casini, amico furbo che subisce triste e sconsolato, amico vittima dell'azione combinata degli altri due) fallisce miseramente perché lo scemo del gruppo è 300 volte più fastidioso, imbecille e antipatico di Galifianakis, quello serio è davvero una cozza calzata e vestita e il cinese vittimizzato  passa metà pellicola vomitante o addormentato quindi è come se nemmeno ci fosse.


La seconda cosa che mi ha molto infastidita è la pretesa di dare una morale o, per lo meno, un happy ending edificante a Un compleanno da leoni. Nudi in mezzo a una piazza, il chiulo marchiato e rosso come quello di un babbuino e con un calzino a coprire le pudenda i due protagonisti riflettono sulle amare sorti della loro amicizia, su come diventare adulti renda pessime le persone, su come dimenticare il divertimento degli anni giovanili equivalga a vivere una vita triste e vuota, su come i veri amici debbano confidarsi tutto, anche le cose più vergognose e brutte (nel corso del film infatti sorgeranno molti misteri sulla figura di questo Jeff Chang apparentemente irreprensibile...), ma non solo: la faciloneria del finale è a dir poco imbarazzante e veicola il solito messaggio all-american che con un po' di faccia tosta e coraggio tutto è possibile e persino un imbecille patentato può tornare al college a fare la bella vita. Seeh, cicci belli, ve piacerebbe!! A parte queste mie riflessioni da cinefila platealmente snob, anche la parte comica non mi ha fatta ridere neppure una volta. Mi sto sforzando per ricordare la presenza di almeno UNA scena memorabile o perlomeno un pezzo di colonna sonora in grado di farmi esaltare anche solo per un secondo ma nulla, vuoto completo. L'unico personaggio a cui ho voluto bene, nonostante il suo ruolo da villain, è il padre di Jeff Chang: sfido chiunque a non voler prendere a calci tre ragazzotti così deficienti dopo 21 anni passati ad averli costantemente sotto gli occhi. Ridatemi Animal House, vi prego!! E voi, signori, evitate, evitate, EVITATE!

Jon Lucas è co-regista e co-sceneggiatore della pellicola, alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa. Americano, nonché responsabile della creazione della franchise Una notte da leoni, ha 37 anni.


Scott Moore è co-regista e co-sceneggiatore della pellicola, anche lui alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa e responsabile della creazione della franchise Una notte da leoni. E' Hawaiiano.


Miles Teller interpreta Miller. Americano, ha partecipato a film come il remake di Footlose e Project X - Una festa che spacca. Ha 26 anni e quattro film in uscita.


Skylar Astin (vero nome Skylar Astin Lipstein) interpreta Casey. Americano, ha partecipato come doppiatore al film Ralph Spaccatutto e come attore alle serie Dr. House e Glee. Ha 26 anni e due film in uscita.


Justin Chon (vero nome Justin Jitae Chon) interpreta Jeff Chang. Americano, ha partecipato a film come Twilight (e tutti i seguiti della saga) e a serie come The O.C. e Dottor House. Anche regista, sceneggiatore e produttore, ha 32 anni e due film in uscita.


François Chau interpreta il Dr. Chang. Cambogiano, lo ricordo per il ruolo di dottore nella serie Lost, inoltre ha partecipato a film come Tartarughe Ninja II - Il segreto di Ooze (nei panni di Shredder!), Mai dire ninja, Arma letale 4 e a serie come Hunter, Flash, Baywatch, MacGyver, Tequila e Bonetti, E.R. Medici in prima linea, Melrose Place, Nash Bridges, Walker Texas Ranger, Alias, 24, Grey's Anatomy, Numb3rs e Medium. Ha 54 anni.


Se Un compleanno da leoni vi è piaciuto mi spiace per voi, però a questi punti vi consiglio di guardare anche Una notte da leoni e seguiti. ENJOY!!

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