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martedì 27 maggio 2025

The Gorge - Misteri dal profondo (2025)

Finita la febbre da Oscar, torniamo a parlare di horror. Per San Valentino, Apple TV ha distribuito l'ultimo film del regista Scott Derrickson, The Gorge  - Misteri dal profondo (The Gorge).


Trama: Levi e Drasa, due tra i migliori cecchini del mondo, vengono messi a guardia, rispettivamente, del lato ovest ed est di una profonda gola che nasconde un terribile segreto...


Nella recensione di The Menu scrivevo: Anya-Taylor Joy non sbaglia un film e, anche quando lo sbaglia, riesce comunque a rendere tridimensionale e interessante il suo personaggio. The Gorge è l'eccezione che conferma la regola, e la dice lunga su quanto mi abbia tediata questa pellicola né carne né pesce, che mi ha fatta accartocciare sulla poltrona spesso e volentieri, vittima di un cringe difficile da sopportare. The Gorge è un film di serie C con velleità di capolavoro, nonché la prova definitiva che lo streaming sta facendo incredibili danni al cinema, perché anche le storie più semplici e divertenti, nate per essere sciocchine, vengono allungate a dismisura e riempite di dettagli inutili per necessità di metraggio. Peggio ancora, almeno per me, The Gorge è talmente zeppo di CGI brutta, da farmi venire voglia di menare chiunque abbia mosso critiche al dolcissimo Flow, perché col budget a disposizione di Derrickson avrebbe dovuto essere davvero difficile fare male, altro che software gratuito. Invece, quando, FINALMENTE (dopo un'ora di tremendissima love story sulla quale poi tornerò) Levi e Drasa sono costretti a scendere nella gola, ciò che si trovano davanti sono mostrilli ibridi tirati fuori direttamente da un videogame di ultima generazione e, Cristo santo, ambienti divisi per COLORI. C'è una zona violacea, una zona gialla, una rossa, una blu, se non erro, senza sfumature come se nel bel mezzo dell'inferno in fondo alla gola ci fossero dei fari che dividono geometricamente l'ambiente. Il motivo di questa scelta mi è ignoto, e mi indispettisce, perché poi le poche scenografie "reali" (sempre che lo siano, gente. Ormai il green screen viene utilizzato anche per sequenze ambientate all'interno di semplici appartamenti, quindi ho perso ogni certezza) come, per esempio, quelle del bunker o della chiesa abbandonata, sono molto evocative ed inquietanti, richiamano i bei tempi quando l'horror era magari scemo, ma sincero. Invece The Gorge è scemo, artefatto e riesce persino ad essere noioso. Mi ci è voluta una settimana intera per guardarlo nei ritagli di tempo, e mi è sembrato che fosse passato un mese, quindi non oso immaginare quanto avrei dormito dedicandogli una serata, come faccio con pellicole un po' più "di peso".


Il problema di partenza di The Gorge è il suo voler essere dieci cose in una, senza riuscire a renderne interessante neanche mezza. Un po' love story, un po' film di guerra, un po' horror, un po' fantascienza, un pochino distopia, il calderone è zeppo di ingredienti eppure risulta insipido, come i due protagonisti, la summa dei cliché di ogni film dedicato a (super)uomini e (super)donne dotati di infallibile istinto da killer. Entrambi sono i migliori in quello che fanno, ma dentro di loro sono tenerelli e addolorati, e basta un compleanno, a chi da una vita rispetta l'Autorità, per mandare al diavolo ordini venuti dall'alto. L'amore a distanza fatto di scritte, simpatiche pallottole vaganti e sfide a chi ce l'ha più lungo, finché, quando i due si incontrano, il loro rapporto muto diventa la sagra del Bacio Perugina e del bignami del reduce di guerra.  E' talmente banale, questa love story tra überfighi, che mi sono messa a fare le pulci a tutto il resto: Levi che coltiva pomodori a novembre, in mezzo alle montagne, senza nemmeno l'ausilio di una serra (a novembre ha già dei frutti talmente maturi e rossi che noi nell'orto non li abbiano nemmeno a ferragosto); Drasa che lancia estintori come se fossero aeroplanini di carta; il parrucchiere della Taylor-Joy evidentemente incapacitato, perché un taglio così brutto addosso all'attrice non l'ho visto nemmeno agli esordi; Miles Teller con lo sguardo fisso dell'ottuso finché non arriva il momento (giustamente) di darci sotto con la bella Anya; Bartholomew (spero ti abbiano pagata benissimo, Sigourney!) che, dopo gli ultimi anni passati probabilmente a combattere solo nei videogiochi, sceglie di prendere con sé un paio di marine tra più babbei del corpo per andare a risolvere la situazione di persona; l'inspiegabile tara mentale che spinge gli americani a collegare il concetto di "gioia" con quello di "lavorare come cameriere nel buco di culo della Francia".... e potrei andare avanti per ore, come dice la zia Genoveffa di Jean Claude. Tanto, se The Gorge può permettersi di ciurlare nel manico per più di due ore, perché io no? Ridatemi le fragassate o le ottantarate da quattro soldi, salvatemi dalla pochezza in confezione extra-lusso!!


Del regista Scott Derrickson ho già parlato QUI. Miles Teller (Levi), Anya Taylor-Joy (Drasa) e Sigourney Weaver (Bartholomew) li trovate invece ai rispettivi link.



venerdì 8 novembre 2024

Alien - La clonazione (1997)

Con la Spooky Season ho un po' abbandonato la horror challenge (direi ormai fallita) di Letterboxd. Ricomincio oggi con Alien - La clonazione (Alien - Resurrection), diretto nel 1997 dal regista Jean-Pierre Jeunet e scelto dalla collezione video del creatore della challenge.


Trama: duecento anni dopo la sua morte, Ripley viene clonata ibridando cellule umane ed aliene. Assieme a un gruppo di mercenari, si ritrova nuovamente a dover affrontare gli xenomorfi...


Con Alien - La clonazione posso dire di avere finalmente completato il mio recupero della saga, anche se sono quasi sicura che avessi già visto questo film in passato. La cosa ironica è che i fan considerano la pellicola di Jeunet il punto più basso mai raggiunto dal franchise, mentre a me non è sembrata chissà quale aberrazione, così come gli altri non mi sono sembrati chissà quali capolavori, quindi questo non sarà un post disgustato. In Alien - La clonazione Ripley viene, per l'appunto, clonata dopo 200 anni dal sacrificio finale di Alien3. Il risultato è una protagonista assai diversa da quella a cui siamo abituati, un ibrido tra umano e alieno che, probabilmente, è alla ricerca del suo posto nel mondo, ma nel frattempo non si fa menare il belino da chi la ritiene un mostro o un giocattolo da sfruttare. E' una Ripley amara, selvatica e sensuale, ma anche capace di enormi slanci emotivi, con un piede nel mondo umano e l'altro in quello delle creature contro la quale si è scontrata per tutta la vita precedente; si vede che la sceneggiatura è stata scritta da Joss Whedon, perché i tratti di Ripley hanno qualcosa che ricorda Buffy all'inizio della sesta serie, quella che "vive all'inferno perché è stata cacciata dal Paradiso". Allo stesso modo, i comprimari della vicenda, quel mix di mercenari e pirati spaziali ingaggiati dai militari per il più orribile ed ingrato dei compiti, richiamano un po' Firefly e altre opere dello sceneggiatore, forse per questo mi sono sentita a casa guardando Alien - La clonazione (per quanto Whedon sia un uomo di merda, le sue opere televisive mi fanno l'effetto coperta di Linus). Un altro punto a favore della sceneggiatura è l'arrivo di quell'ibrido xenomorfo-umano che mi ha causato un sacco di sentimenti contrastanti, non tutti necessariamente negativi, tra i quali una profonda pena che, sul finale, ha eclissato l'istintivo disgusto provato davanti all'aspetto ben poco rassicurante e le tendenze mordaci della creatura. In realtà, i contrasti mi sono parsi un po' la cifra stilistica dell'opera, nella quale l'orrore va a braccetto con un erotismo mai così esplicito, la modernità degli equipaggiamenti con un gusto quasi gotico per le scenografie e gli oggetti, l'umorismo dei dialoghi con la serietà ingessata che li vede pronunciati.


A tal proposito, ho letto che Whedon si è sempre detto orripilato dal modo in cui è stata trattata la sua sceneggiatura. Non riesco ad immaginare, all'epoca, nulla di più distante tra l'umorismo tongue-in-cheek di Whedon e la natura plumbea del primo Jeunet, quindi la collisione tra mondi dev'essere stata inevitabile e, probabilmente, nelle mani di un altro regista sarebbe uscita fuori una roba completamente diversa, forse più bella, forse più sciocca, chi lo sa. A me, tutto sommato, lo scontro tra queste due anime non è dispiaciuto e sarei stata anche curiosa di capire come sarebbe potuta proseguire la saga, sulla Terra e con queste premesse, ma ormai quel tempo è passato, lo so bene. Anche a livello di regia, credo di avere apprezzato Alien - La clonazione più di Alien3, mi sono sicuramente annoiata meno: la sequenza acquatica è notevole, lo sfogo nel laboratorio anche, le interazioni queer tra Ripley, gli xenomorfi e Call sono una piacevolissima novità e anche quegli alieni lucidissimi, che sembrano ricoperti di latex, hanno incontrato il mio gusto. Inoltre, Alien - La clonazione (una volta tolto di mezzo Dan Hedaya, imbarazzante e fuori posto persino per me, che di Alien non capisco una mazza) è pieno di bellissime facce. A parte una Sigourney Weaver sempre più bella, ci sono un Ron Perlman in formissima, un Brad Dourif che fa quello che gli riesce meglio, ovvero il matto col botto, e Winona Ryder mi ha ricordato che, all'epoca, riusciva a recitare senza limitarsi a fare faccette stralunate. Anzi, il suo "sintetico" Call è forse quello a cui ho voluto più bene in tutta la saga, se non altro perché è l'unico che non me l'ha fatta fare sotto dalla paura quando meno me l'aspettavo, o forse perché è adorabilmente testardo e umano. Ma temo di essere in minoranza, quindi la smetto definitivamente qui e lascio Alien a chi se ne intende davvero!


Del regista Jean-Pierre Jeunet ho già parlato QUI. Sigourney Weaver (Ellen Ripley), Winona Ryder (Call), Dominique Pinon (Vriess), Ron Perlman (Johner), Michael Wincott (Elgyn), Dan Hedaya (Generale Perez), Brad Dourif (Gediman), Raymond Cruz (Distephano) e Leland Orser (Purvis) li trovate invece ai rispettivi link.


Gary Dourdan
, che interpreta Christie, ha partecipato a mille stagioni di CSI come Warrick Brown. Tra i registi che hanno rifiutato l'incombenza di dirigere il film ci sono David Cronenberg e Peter Jackson. Se Alien - La clonazione vi fosse piaciuto, recuperate AlienAliens - Scontro finale, Alien3Prometheus e Alien: CovenantENJOY!  

martedì 22 ottobre 2024

Alien³ (1992)

Seguendo la challenge di Letterboxd, oggi avrei dovuto parlare di Alien - La clonazione, ma che senso avrebbe avuto guardarlo se prima non avessi rivisto Alien³, diretto nel 1992 dal regista David Fincher?


Trama: Ripley sopravvive a un atterraggio di fortuna sul pianeta-prigione Fiorina "Fury" 161 ma scopre che con lei è atterrato anche un alieno...


A dimostrazione di quanto la saga Alien non abbia mai fatto presa sulla mia coscienza di cinefila, neppure ora che, a 43 anni suonati, ne sto riguardando/recuperando i film, comincerò il post dicendo che Alien³ non mi è sembrato così aberrante rispetto ai suoi predecessori. Certo, la coerenza, la solidità che c'erano in Alien e Aliens - Scontro finale qui non si percepisce, ma come potrebbe? David Fincher era al suo primo lavoro importante e, tra ingerenze degli studios, cambi quotidiani di sceneggiatura, pressioni per finire di girare in tempo entro una data d'uscita già definita, è un miracolo che il regista non sia fuggito a gambe levate lasciando la produzione dopo mezza giornata. Tutto ciò ha riempito innanzitutto il film di incongruenze a livello di sceneggiatura e contribuito a rendere alcuni passaggi oscuri, per non parlare di un paio di personaggi che perdono o acquistano importanza apparentemente senza alcun senso, eppure l'atmosfera di tragico, ineluttabile nichilismo, che sarebbe poi esplosa nell'opera più famosa di Fincher, Seven, qui è palpabile fin dall'inizio. In Alien³ non c'è speranza per nessuno. Un potenziale nucleo familiare viene spazzato via con una spietatezza agghiacciante, un sentimento in boccio stroncato alla radice da fiotti di sangue, una flebile speranza di sopravvivenza viene consegnata a chi ne è privo da anni ma l'unica, reale fonte di salvezza e autodeterminazione è la morte. Una morte temuta, certo, ma chiesta più volte come dignitosa conclusione di una battaglia perduta a causa delle macchinazioni di chi non rispetta la vita umana e guarda solo ad uno squallido profitto. E' difficile, se non addirittura impossibile, affezionarsi ai detenuti di Fiorina 161, questo è certo, ma è altrettanto impossibile non amare la Ripley umanissima e stanca di Alien³, la fragilità che trasuda da una tempra d'acciaio ormai fiaccata da innumerevoli traumi, sia fisici che psicologici. Il film di Fincher non diverte mai, piuttosto angoscia per il suo "mai una gioia" reiterato, eppure lo trovo apprezzabile proprio per questo motivo, chiamatemi pazza.


In Alien³, poi, ho trovato quello che per me, al momento, è il miglior personaggio della saga, il medico "decaduto" Clemens di Charles Dance. Pacato, gentile, dotato di britannico aplomb e mai fuori posto (tranne in una scena, porca di quella miseria...), sarei stata ore a guardarlo e sentirlo raccontare la sua triste storia, aggrappandomi alla sciocca speranza di un happy ending che negli Alien in generale, e Alien³ in particolare, è più raro dell'ossigeno. Anzi, a dire il vero mi ha intrattenuto più l'elemento umano di quello alieno. Per quanto mi riguarda, infatti, il vero difetto di Alien³ è, innanzitutto, uno xenomorfo abbastanza orripilante, realizzato con effetti speciali che sembrano molto più vecchi di quelli utilizzati nel '79, poi uno scontro finale che a me è sembrato soporifero. Mai avrei pensato di addormentarmi guardando un Alien (soprattutto perché Alien³ è molto gore), eppure è successo, e l'ultima mezz'ora si è trasformata in un'ora di click sul tasto rewind del telecomando. Non so se è stata colpa dei setting tutti uguali, resi ancora più uggiosi da una cupa monocromia, se è un problema della regia inesperta, del montaggio o del sembiante assai simile dei vari detenuti (avendo ormai difficoltà a ricordare i nomi dei personaggi, l'unica speranza è avere personaggi interpretati da attori dal volto molto familiare, come quello di Pete Postlethwaite), ma prima del gran finale ammetto di essermi persa più volte, ben poco convinta dalla trappola architettata ai danni dello xeno-cane. So che del film esiste una "Assembly Cut", chiamata così perché Fincher, ancora rivoltato dall'esperienza a distanza di anni, si è rifiutato di rimettere mano al girato e ha dato via libera a chiunque volesse riproporlo senza tagli, e forse il modo migliore per fruire di Alien³ sarebbe guardarla prima di emettere giudizi, ma al momento sono a posto così e mi accontento di quanto di buono è rimasto nella versione che potete trovare su Disney +.


Del regista David Fincher ho già parlato QUI. Sigourney Weaver (Ripley), Charles S. Dutton (Dillon), Charles Dance (Clemens), Paul McGann (Golic), Ralph Brown (Aaron), Holt McCallany (Junior), Lance Henriksen (Bishop II) e Pete Postlethwaite (David) li trovate invece ai rispettivi link.


Richard E. Grant
aveva fatto il provino per il ruolo di Clemens, in quanto David Fincher è un grande fan di Shakespeare a colazione e avrebbe voluto riunire Grant a Paul McGann e Ralph Brown. La produzione, purtroppo, ha ritenuto l'attore troppo mite per l'ambiente carcerario e ha preferito dare il ruolo a Charles Dance. Ciò detto, se Alien³ vi fosse piaciuto, recuperate Alien, Aliens - Scontro finale, Alien - La clonazione, Prometheus e Alien: CovenantENJOY!  

mercoledì 4 settembre 2024

Aliens - Scontro finale (1986)

La challenge di oggi voleva un film degli anni '80 e ho scelto così Aliens - Scontro finale (Aliens), diretto e co-sceneggiato nel 1986 dal regista James Cameron e vincitore di tre premi Oscar: Migliori effetti speciali, Miglior colonna sonora originale, Miglior montaggio sonoro.


Trama: l'astronave di Ripley viene ritrovata e la donna viene svegliata dal sonno criogenico dopo più di 50 anni. Il ritorno sulla Terra risulta difficile, ma non quanto dover tornare sul planetoide dove il suo equipaggio era stato sterminato dall'alieno, ora trasformato in una colonia...


Avrò sicuramente già scritto che la saga di Alien non è tra le mie preferite e che, di conseguenza, avrò visto i film che la compongono solo una volta, al massimo un paio. Ciò vale anche per Aliens - Scontro finale, che ricordavo di aver visto intorno al 1997 e poi mai più, ispirata (non ridete) dalla cassetta X-Terror Files 2, che conteneva un riadattamento della colonna sonora inframezzato da alcuni degli iconici dialoghi, in primis il "Get away from her, you bitch!" finale. E' stato dunque come guardare un film inedito, completamente diverso dal predecessore, che invece avevo ancora ben fresco in mente. Aliens, a differenza di Alien, non è un horror ma un action di fantascienza, carico di quelle vibes anni '80 che tanto fanno andare in visibilio chi è figlio di quei tempi come me. Nonostante questo, è anche un film modernissimo, ovviamente. Ripley, che nel primo capitolo veniva fatta assurgere a protagonista in maniera inaspettata, dopo un primo atto passato quasi completamente nell'ombra, è il fulcro della storia fin dall'inizio, nonché baluardo contro tutto ciò che è all-american e testosteronico, dal capitalismo sfrenato che non guarda in faccia a nessuno per il profitto, ai fucili automatici più grossi di coloro che li impugnano. Ripley è l'estranea dell'equipaggio, con tutti i suoi traumi, le sue diffidenze e il suo carattere stundaio, ma nel giro di poco si guadagna il rispetto e la fiducia del gruppo di marine impegnati nella missione su LV-426. Questo perché Ripley, in questo film, non lotta per la sua salvare se stessa, bensì la piccola Newt, unica sopravvissuta alla mattanza degli alieni, e ciò la rende ancora più umana e fondamentale, così come rende Aliens meno freddo e, passatemi il termine, più "avventuroso" rispetto all'algido capolavoro di Ridley Scott. Come ho scritto sopra, sono due generi diversi, ed è inevitabile. Lo spettatore sa già cosa aspettarsi dai ferocissimi xenomorfi; la tensione non manca, così come non mancano un paio di scene schifosette, ma gli alieni sono meno subdoli e più diretti, Cameron punta tutto su un gran dispendio di armi ed esplosioni, con un confronto col "boss finale" che risulta in uno scontro fisico tra titani e tra due tipi di istinto materno, diversi ma speculari.


Chi, come me, non è legato alla saga ma ha guardato da poco Avatar, si potrà divertire a trovare già in questo Aliens embrioni di un sacco di armi, armature, equipaggiamenti e personaggi, se ci fosse ancora bisogno di testimoniare la genialità di James Cameron e la modernità del suo spettacolare modo di fare cinema. Non a caso, gli effetti speciali reggono alla perfezione l'usura del tempo. Nell'Alien di Ridley Scott sembrava tutto, volutamente, già vecchio e squallido, Aliens rende invece protagonisti complicati ma funzionali esempi di ingegno umano (che nulla possono contro gli xenomorfi, ma questo è un altro discorso) e, dal momento in cui compaiono gli alieni titolari, è impossibile non rimanere a fissare lo schermo a bocca aperta. A proposito degli alieni, è impressionante il loro attacco ed è impressionante il loro realismo sia nelle inquadrature ravvicinate sia quando brulicano addosso ai poveri marine, per non parlare della terrificante "madre" annidata in una delle scenografie più genuinamente raccapriccianti della storia del cinema; se già lo xenomorfo del primo Alien aveva una sua perversa personalità, la Regina è un incubo gigante di tremenda intelligenza, un inarrestabile concentrato di odio che, da sola, decreta la superiorità degli effetti pratici su qualunque frutto della grafica computerizzata. E anche il cast, ovviamente, ha buona parte del merito della riuscita di Aliens. Sigourney Weaver è sempre iconica e il suo personaggio si arricchisce di ulteriore profondità grazie al legame, tenero e credibile, con la piccola Newt, ma gente come Lance Henriksen, Bill Paxton e Jenette Goldstein sono le ciliegine sulla torta di un parterre di marine indimenticabile, benché sfortunato, e non lo dico solo perché, grazie a questo film, è stato realizzato quel trionfo di Il buio si avvicina. Per l'ennesima volta, la challenge horror (anche se Aliens - Scontro finale di horror ha poco o nulla) mi ha dato delle gioie e mi ha spinta a riguardare un film che, nella mia pigrizia, non sarei riuscita a recuperare nemmeno con l'uscita di Romulus, cosa che invece ha fatto Lucia, con la sua bella rassegna che vi invito a leggere, perché scritta con competenza e passione, a differenza di questo post. D'altronde, sono scoppiata a ridere pensando a Cartman nel momento esatto in cui Newt ha detto "Molto spesso vengono di notte. Molto spesso", quindi sono proprio una brutta persona. 
 

Del regista e co-sceneggiatore James Cameron ho già parlato QUI. Sigourney Weaver (Ripley), Michael Biehn (Hicks), Lance Henriksen (Bishop), Bill Paxton (Hudson), William Hope (Gorman), Jenette Goldstein (Vasquez) e Mark Rolston (Drake) li trovate invece ai rispettivi link. 

Paul Reiser interpreta Burke. Americano, lo ricordo per film come Beverly Hills Cop - Un piedipiatti a Beverly Hills, Beverly Hills Cop II - Un piedipiatti a Beverly Hills II, Bella, bionda... e dice sempre sì, Storia di noi due, Dietro i candelabri, Whiplash, The Darkness e serie quali Innamorati pazzi, The Boys e Stranger Things. Anche sceneggiatore e produttore, ha 68 anni e un film in uscita, inoltre tornerà nell'ultima stagione di Stranger Things


Stephen Lang aveva fatto l'audizione per i ruoli di Burke e Hicks, mentre per quanto riguarda Bill Paxton c'è stato il serio rischio di vederlo come Zed in Scuola di polizia 2: Prima missione e per fortuna ha preferito accettare la parte di Hudson o non avremmo mai avuto Bobcat Goldthwait! Per brindare allo scampato pericolo, recuperate AlienAlien 3, Alien - La clonazione, Prometheus, e Alien: Covenant. ENJOY!  



venerdì 19 gennaio 2024

Alien (1979)

Mi sono impelagata in una challenge settimanale su Letterboxd (che non so, ovviamente, se riuscirò a mantenere fino a fine anno e che non pubblicherò secondo il calendario, visto che sono già passate due settimane dalla visione del film...) e il primo prompt era "Most popular horror film on your watchlist". La scelta è così caduta su Alien, diretto nel 1979 dal regista Ridley Scott.


Trama: durante il viaggio di ritorno, l'astronave cargo Nostromo riceve un segnale da un altro pianeta. Quello che gli esploratori riportano a bordo è l'inizio di un incubo...


Mi rendo conto ora che la challenge non contemplava rewatch per il primo prompt, quindi mi tocca dichiarare di averla fallita in partenza. Pazienza, erano decenni che non riguardavo Alien e non ne avevo mai parlato sul blog, quindi sono contenta, anche se sarà dura scrivere qualcosa di intelligente che non sia mai stato detto su un riconosciuto capolavoro della fantascienza e dell'horror. Quindi, largo ad impressioni personali e banalità, senza troppi voli pindarici. Alien è il film perfetto per chi, come me, è refrattaria alla fantascienza "cervellotica" e adora l'horror, perché si può tranquillamente riassumere come un creature feature o un home invasion nello spazio, con l'aggiunta di un pizzico di body horror che lo rende ancora più inquietante. La trama, ridotta all'osso, è di una semplicità estrema perché prevede la progressiva morte dei membri dell'equipaggio per mano di una creatura portata a bordo dopo la breve esplorazione di un pianeta ostile e cupo, ma è tutto il "contorno" a contare. Fin dall'inizio, il clima all'interno della Nostromo comunica inquietudine ed incertezza: il viaggio di ritorno dell'equipaggio è stato interrotto dall'intercettazione di una comunicazione misteriosa e, per cause squisitamente contrattuali, gli occupanti dell'astronave sono costretti a fermarsi e indagare. L'impressione inziale che si ha, al di là dell'ovvio scoramento dei personaggi, è che non solo lo spazio esterno sia loro nemico, ma anche la tecnologia interna alla nave, sensazione che viene confermata più avanti nel film. Al di fuori della linda ed asettica sicurezza delle capsule di ipersonno, gli ambienti sono claustrofobici e, sembrerebbe, vetusti, fatti di corridoi male illuminati e sale che danno l'impressione di essere garage o cortili esterni, zeppi come sono di cianfrusaglie impilate e persino danneggiati da una condensa in grado di generare scrosci d'acqua continui. L'unica prova di una tecnologia all'avanguardia è l'esistenza dell'A.I. Mother, ma anche quest'ultima non offre risposta alcuna ai dubbi crescenti del capitano e del suo secondo, anzi, sembra quasi essere andata a scuola da Hal 9000: la vita umana, nello spazio, vale quanto il due di coppe a briscola e può essere facilmente sfruttata, distrutta e rimpiazzata, aggiungendo un ulteriore livello di orrore a quello già incarnato dall'alieno del titolo.


Il facehugger prima e il chestburster poi rappresentano lo schifo primigenio di avere il proprio corpo violato e non potervi porre rimedio, lo xenomorfo nato dal sangue e dalle viscere incarna il terrore di venire cacciati e uccisi da una creatura priva di sentimenti "e per questo perfetta". I risultati, in entrambi i casi, è l'annientamento della vita, forse per questo i protagonisti e unici sopravvissuti sono, rispettivamente, una donna e un gattone. Tra l'altro, Ripley è proprio il personaggio che, per la prima ora, viene messo in ombra dal resto di una ciurma in cui ognuno è dotato di un ruolo archetipico ben definito, con tutto ciò che consegue in termini di sorpresa e coinvolgimento quando quello che si pensava fosse il protagonista viene fatto fuori come gli altri; la stella di Ripley sorge dal nulla, ma quando lo fa non abbiamo occhi che per lei, per la forza che Sigourney Weaver infonde in ogni sguardo, in ogni tentativo di posporre l'ineluttabile maledizione scagliata contro lei e il resto dell'equipaggio da una creatura ancora più deprecabile dell'alieno. Il confronto finale tra la bella, il gatto e la bestia è da antologia, un colpo di coda dopo un piccolo afflato di speranza alla fine di intere mezz'ore passate a non respirare, ed ho sempre amato tantissimo il modo in cui Ripley viene mostrata quasi nuda e quindi ancor più indifesa, mentre indossa biancheria immacolata, costretta ad affrontare una creatura dall'impenetrabile corazza, nera come la pece. E' fin troppo facile immaginare un corpo femminile violato da zanne e denti o, peggio ancora, costretto a dare vita a un altro essere mostruoso, ed è anche per questo che il nostro cuore vola verso la sfortunata fanciulla e continua a tremare anche durante gli scabri titoli di coda, perché come ci si può ancora fidare di una tecnologia che ha causato tanto dolore?


Mi sono riletta un attimo e vedo che ho sproloquiato, ma questo è una specie di diario, non un sito di recensioni serie (che lascio ad altri più esperti di cinema in generale e della saga in particolare), quindi poco importa. Mi preme sottolineare come, nell'anno del Signore 2024, se l'alieno progettato da Giger incute ancora il terrore di Dio e della Madonna (ed è talmente insinuante e pieno di rimandi fallici che non starei nemmeno qui a parlarne, visto che lo fanno tutti), ciò che spezza di più il cuore è vedere quella tavolata iniziale zeppa di talento attoriale, ad oggi decimata. Harry Dean Stanton, John Hurt, Ian Holm e Yaphet Kotto hanno tutti lasciato questo mondo, e vederli lì, giovani e forti, impegnati in ruoli e sequenze talmente iconici da lasciare un segno nella storia del cinema, porta anche i più aperti di mente a diventare vecchi dentro e scuotere la testa al grido di "non ci sono più i film/gli attori di una volta". Scott lo dovrebbe sapere, visto che non comprendo come lo stesso regista di Alien possa avere realizzato una palla pretenziosa e cringe come Napoleon, ma ringraziamo che, all'epoca, avesse talento da vendere e tanta voglia di sperimentare. Alien, infatti, è un miracolo di regia, montaggio, scenografie, colonna sonora ed effetti speciali, un capolavoro che ha generato troppi emuli mediocri e che non bisognerebbe rivedere solo una volta ogni dieci anni, come ho fatto io (a rischio di dimenticare dettagli fondamentali. Ma questo si chiama Alzheimer, mi sa), ma dedicargli almeno un omaggio all'anno. Un buon proposito da mantenere per il futuro!


Del regista Ridley Scott ho già parlato QUI. Tom Skerritt (Dallas), Sigourney Weaver (Ripley), Veronica Cartwright (Lambert), Harry Dean Stanton (Brett), John Hurt (Kane), Ian Holm (Ash), Yaphet Kotto (Parker) li trovate invece ai rispettivi link.


Per il ruolo di Ripley, la scelta era tra Sigourney Weaver e Meryl Streep, ma quest'ultima, all'epoca, era in lutto per la morte del compagno John Cazale; Harrison Ford ha invece rifiutato il ruolo di Dallas. La saga di Alien è proseguita con Aliens - Scontro finale, Alien 3, Alien - La clonazione, Prometheus, Alien: Covenant e l'aggiunta degli spin-off Alien vs Predator e Aliens vs. Predator 2. Se il genere vi piace, recuperateli tutti! ENJOY!

martedì 23 novembre 2021

Ghostbusters: Legacy (2021)

E' stata una tortura resistere fino a domenica per guardare Ghostbusters: Legacy (Ghostbusters: Afterlife), diretto e co-sceneggiato da Jason Reitman, ma chissà se ne è valsa la pena? Niente spoiler salvo nell'ultimo paragrafo!


Trama: una donna con due figli a carico e parecchi problemi economici eredita dal padre praticamente sconosciuto una fatiscente magione nelle campagne dell'Oklahoma. Lì saranno costretti a fronteggiare i fantasmi e ad evitare un'apocalisse...


Santo cielo, da dove cominciare? Eh già, con questo esordio avrete capito che, a differenza di tutti quelli che hanno versato lacrime di commozione, gioia e nostalgia davanti a Ghostbusters: Legacy, io mi sono ritrovata a guardare lo schermo con lo stesso trasporto emotivo di Natolia, la bella compagna dei Bulgari di Aldo, Giovanni e Giacomo. Ma andiamo con ordine. Ghostbusters: Legacy, l'"affare di famiglia" firmato Jason Reitman che ha educatamente ringraziato Paul Feig per aver "aperto la strada" col dimenticabile Ghostbusters del 2016 e poi, immagino, di nascosto gli ha mostrato il dito medio perculandolo, è una pellicola dotata di due anime, una anche assai apprezzabile, l'altra da prendere a calci nel culo come ha minacciato di fare un padre, in sala, stufo di vedere i figli litigare per i posti a sedere (per inciso, fratello, ti ho stimato tantissimo). La parte apprezzabile è quella dedicata ai 300 pargoli che infest...ehm, affollavano la sala, testimonianza vivente del passaggio generazionale inculcato da orde di genitori nerd cresciuti nel mito del primo Ghostbusters i quali, giustamente, hanno educato i figli alla stessa adorazione; nella prima parte di Legacy, o Afterlife che dir si voglia, si respira un'aria freschissima di film d'avventura, coi ragazzini protagonisti costretti a cambiare vita e a scoprire cosa si nasconde nel passato sepolto della loro famiglia decisamente poco "normale". Le strizzate d'occhio ai Ghostbusters anni '80 non si contano, ma è giusto così, anche perché sono lievi e simpatiche, necessarie alla trama. Phoebe e Trevor percorrono a piccoli passi una strada lastricata di aggeggi fantascientifici e di leggenda, in grado di fargli aprire gli occhi su un pezzo di storia americana dimenticato dai più e anche di far emergere i loro lati migliori, di portarli a comprendere quale potrebbe essere il loro posto nel mondo se solo riuscissero a conoscere meglio se stessi e il loro passato, di brillare come le stelle che meritano di essere alla faccia di una madre triste, vinta da quello stesso passato. In particolare Phoebe (e non poteva essere altrimenti visto che McKenna Grace è una spanna sopra molti suoi giovani coetanei) è tratteggiata magnificamente, è di una tenerezza infinita ed è bello vederla scoprire a poco a poco cosa si cela nella magione ereditata dal nonno e farsi nuovi, strani amici. Si potrebbe definire la prima parte di Ghosbusters: Legacy un coming of age dalle atmosfere vicinissime a quelle dei film di avventura "adulta" a base di ragazzini che ci piacevano tanto negli anni '80? Sì, e pensate che non hanno nemmeno dovuto scomodare delle biciclette per riuscirci. Peccato che poi arrivi la seconda parte. 


La seconda parte è il REGALO di Jason Reitman a tutti i Ghostbros che, guardando il film di Paul Feig, avevano urlato all'orrore nemmeno si fossero trovati in camera Janosz nudo. Ora, a me il film di Feig non era piaciuto ma non perché era un'affronto al Ghostbusters dell'84, bensì semplicemente perché era eccessivamente stupido (ho ancora gli incubi per Chris Hemsworth), incapace di trovare una propria strada originale senza appoggiarsi alla stampella delle scene iconiche del suo predecessore, salvato in corner solo da una Kate McKinnon in stato di grazia. Mai, però, mi sarei aspettata che Legacy avrebbe fatto anche di peggio, mettendosi letteralmente a pecora, scusate la volgarità, e accontentando i Ghostbros... con un remake scena per scena, nota per nota, battuta per battuta di Ghostbusters - Acchiappafantasmi. Ma porca di quella miseria. Signori, ma scherziamo? Io sono la prima ad apprezzare omaggi, rimandi, chicche e guest appearance, ma a parte una goduriosissima scena d'azione che coinvolge la Ecto-1 e il muncher in giro a distruggere la città e un pre-finale che è la summa di tutti gli studi e la tecnologia degli acchiappafantasmi nel corso degli anni (rovinato, come vedrete negli spoiler, da UNA cosa soltanto), non c'è nulla nella seconda parte del film che non sia mutuato direttamente dal Ghostbusters del 1984. Roba che, davvero, fossi stata in Reitman avrei avuto vergogna a farmi pagare, in quanto è palese che il ragazzo avesse in mano nulla più che una checklist da spuntare. Ritengo, come spettatrice e fan, di meritare ancora un minimo di rispetto da chi vuole giocare coi miei sentimenti e un minimo di impegno in più da chi vuole cullarmi nell'effetto nostalgia, perché allora mi riguardo in loop i primi due Ghostbusters (a proposito, il secondo l'abbiamo tolto dal canon? Che vi ha fatto Vigo il carpatico, scusatemi?) e non sto a sprecare ulteriori soldi. Mi rendo conto che il post è venuto più duro di quanto avrei voluto, anche perché gli effetti speciali sono molto ben fatti e le scene d'azione abbastanza goderecce ma, giuro, più ci ripenso più i girano le palle, perché Legacy ha un potenziale enorme, ha un cuore che batte e che non coincide con l'omaggio a tutti i costi, eppure questo cuore è stato messo da parte senza remore, solo per accontentare i fan. Ohibò. Se avete già visto il film e volete capire perché sono tanto arrabbiata, continuate a leggere, altrimenti amici come prima!



SPOILER

Io non mi capacito. Sono la prima ad aver speso una lacrima davanti alle prime scene, davanti a quella presenza del vecchio Spengler sussurrata, mai sbandierata al 100 %, giustamente timida. Sono la prima ad essere saltata sulla sedia davanti a quella telefonata, perché certo, "ecchicchiamerai?". Le due scene post credit mi hanno fatta sorridere, la prima in particolare mi ha sciolto il cuore, ché è stato splendido vedere per la prima volta i coniugi Venkman uniti nell'idillio familiare (però, anche lì, era necessario proprio riciclare le carte? Ma su...) sebbene probabilmente il povero Oscar sia morto, e non nego di aver represso un brivido a rivedere gli Acchiappafantasmi uniti... però, siamo seri? Dal momento esatto in cui Paul Rudd diventa Rick Moranis, il film si trasforma in una copia anastatica del primo film, con un'importante aggravante, ovvero la stupidità delle poche novità aggiunte: mai, nemmeno nei miei incubi più perversi avrei pensato a Carrie Coon, in versione majokko malvagia, indossare magicamente lo stesso abito della Dana posseduta da Zuul (e vorrei davvero comprendere la portata dell'imbarazzo della Coon e di Rudd nel girare "quella" scena), oppure qualcuno raccontare le peggiori barzellette a Gozer, o trasformare Ivo Shandor nell'ennesima, inutile spunta della checklist, sprecando peraltro J.K. Simmons. Di più, MAI avrei pensato che avrebbero ricostruito al computer Harold Ramis, a cui il film è dedicato. Lì mi sono scese lacrime, sì, ma di rabbia e anche un po' di schifo, perché evidentemente Reitman non conosce la differenza che passa tra omaggio elegante e sfruttamento dei defunti per spremere i dotti lacrimali degli spettatori trattati alla stregua di beoti. Capisco Aykroyd, che da decenni non azzecca un film e venderebbe anche la madre per soldi, capisco Ernie Hudson, ma fossi stata in Bill Murray, davanti all'idea di dover recitare un'intera, lunga sequenza davanti a un green screen dove avrebbero poi appiccicato l'immagine ricreata di un mio collega defunto da anni, avrei abbandonato il progetto e mi sarei eclissata con la stessa grazia di Rick Moranis, al quale va invece il mio rispetto per l'eternità. Non posso che concludere il post delusa, e con la stessa delusione citare il film che tutti i Ghostbros del pianeta hanno evidentemente voluto dimenticare: "Tutto ciò che tu fa è male! Io voglio che tu sa ciò!" E quel Twinkie infilatevelo pure dove non batte il sole, dopo averlo fatto diventare lungo dodici metri e del peso approssimativo di trecento chili.


Di Carrie Coon (Callie), Paul Rudd (Grooberson), Finn Wolfhard (Trevor), Mckenna Grace (Phoebe), Bill Murray (Peter Venkman), Dan Aykroyd (Ray Stantz), Ernie Hudson (Winston Zeddmore), Annie Potts (Janine Melnitz), Sigourney Weaver (Dana Barrett Venkman), Bob Gunton (agricoltore fantasma), J.K.Simmons (Ivo Shandor), Josh Gad (voce di Muncher) e Olivia Wilde (Gozer) ho già parlato ai rispettivi link.

Jason Reitman è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Canadese, figlio di Ivan Reitman, ha diretto film come Thank You for Smocking, Juno, Tra le nuvole e Tully. Anche attore, ha 44 anni. 



Celeste O'Connor, che interpreta Lucky, aveva già partecipato a Freaky, mentre nei panni dell'agente Medjuck c'è Stella Aykroyd, figlia di Dan. Ovviamente, per arrivare preparati a Ghostbusters Legacy converrebbe che guardaste Ghostbusters e Ghostbusters II, mentre potete anche evitare Ghostbusters del 2016. ENJOY!

venerdì 19 maggio 2017

A Monster Calls (2016)

E' uscito ieri in Italia A Monster Calls (con l'orrendo titolo Sette minuti dopo la mezzanotte), diretto nel 2016 dal regista Juan Antonio Bayona e tratto dal romanzo omonimo di Patrick Ness, basato a sua volta su un'idea della scrittrice Siobhan Dowd, morta di cancro al seno prima di poterlo scrivere. Segue post senza spoiler ma incredibilmente soggettivo, siete avvisati.


Trama: Conor, ragazzino con una madre gravemente malata, comincia a ricevere le visite di un mostruoso albero che, sette minuti dopo la mezzanotte, gli racconta delle storie misteriose e apparentemente incomprensibili...



Che figata, avere un mostro per amico. Capita spesso nei film, no? Un bambino ha un problema e subito paf! compare il mostro che gli fa compagnia, lo conduce per mano in un posto fatato dove dimenticare per qualche ora o giorno la propria situazione, talvolta arriva persino a dargli i poteri o la forza per risolvere tutto ciò che lo assilla e ricominciare a vivere, più adulto e consapevole ma felice. Solo che la vita non è così, magari lo fosse. Questo genere di film ci solleva il cuore perché non capita quasi mai che proprio noi ci ritroviamo a vivere gli stessi problemi dei protagonisti, per questo ci riempiamo la bocca di parole come "racconto di formazione", "metafora del passaggio alla vita adulta" e mille altre stronzate messe da parte il giorno dopo, quando torniamo alla nostra esistenza come se niente fosse successo. Anche in A Monster Calls, come da titolo, c'è un Mostro che compare tutte le notti, alla stessa ora, davanti a Conor, un ragazzo "troppo vecchio per essere un bambino e troppo giovane per essere adulto", richiamato dal dolore di chi è costretto a vedere la mamma consumata da un cancro terribile. La mamma sta male, il papà vive in America, la nonna è una vecchia bisbetica e gli amici... bah, quali amici? Coetanei che o lo picchiano oppure lo ignorano, condannandolo all'invisibilità e quindi a non esistere. E voi direte, il Mostro si occupa di nonna e amici facendo passare loro un brutto quarto d'ora? Teletrasporta magicamente il papà in Inghilterra? Guarisce miracolosamente la mamma? Lascio la risposta in sospeso e dico solo che il Mostro, all'inizio, racconta a Conor tre storie per poi pretenderne una da lui. Che culo, vero? Bel Mostro inutile. A che servono le storie, soprattutto quando si tratta di racconti senza buoni né cattivi, senza conclusioni definitive, senza punizioni o catarsi, spesso dal finale ingiusto? A cosa serve un Mostro fatto di legno di Tasso che da poco e pretende molto? Bella domanda, gente. Chiedetelo a chi vive una situazione come quella di Conor e chiedetegli, già che ci siete, cos'è il Mostro e qual è il terribile segreto che probabilmente cova nel cuore. Io, sinceramente, dopo aver visto A Monster Call queste domande non avrei il coraggio di farle ad altri però me le sono poste eccome e sto ancora piangendo, al punto che probabilmente ricomincerò a scrivere il post per la quinta volta perché tornare alla vita "normale" dopo aver visto il film di Bayona non è facile per nulla, non deve esserlo.


Potrei parlare degli aspetti tecnici di A Monster Call, della bellezza degli effetti speciali che animano il Mostro o della devastante potenza dell'incubo ricorrente di Conor, di una sequenza finale talmente ben diretta e ben recitata da mozzare il fiato, dell'incredibile poesia di acquerelli che prendono vita dando il via a sequenze animate splendide o della bravura di tutti i protagonisti, Lewis MacDougall e Sigourney Weaver in primis, ma mi sembra inutile per una volta. Non riesco a capire, infatti, se A Monster Calls sia davvero il capolavoro che mi è sembrato oppure se mi è entrato dentro, colpendomi con la potenza di un maglio, "solo" perché la vicenda di Conor e di sua madre ha infilato una scheggia dentro una ferita troppo recente per aver cominciato a rimarginarsi. Quegli acquerelli, il sorriso stanco di Felicity Jones, quel taglio di capelli... non lo so. Non lo so ma per la prima volta in vita mia ho capito davvero i sentimenti dei personaggi di un film, li ho fatti miei, ho avuto paura e ho sperato che un Mostro, qualunque sia la sua natura, sia corso ad aiutare anche altri due bimbi e il loro papà. Perché la vita è incomprensibile, misteriosa ed ingiusta e per affrontarla non servono fede o magia ma tutto il coraggio di questo mondo, la capacità di infonderlo ad altri... e magari qualche bel ricordo da tenere stretto, anche se fa tanto male.


Del regista Juan Antonio Bayona ho già parlato QUI. Sigourney Weaver (Nonna), Felicity Jones (Mamma), Toby Kebbell (Papà) e Liam Neeson (voce originale del Mostro) li trovate invece ai rispettivi link.

Geraldine Chaplin interpreta la preside. Americana, figlia del grande Charlie Chaplin, ha partecipato a film come Il dottor Zivago, James Bond 007 - Casino Royale, Nashville, Charlot - Chaplin, L'età dell'innocenza, The Orphanage e Wolfman. Anche sceneggiatrice, ha 73 anni e cinque film in uscita tra i quali un sequel di Jurassic Park che dovrebbe venire diretto proprio da Bayona.


Jennifer Lim, che interpreta Miss Kwan, era la ragazza giapponese che in Hostel perde un occhio sul finale mentre lo Spider-Man Tom Holland ha prestato il suo corpo per la motion capture del Mostro e per questo viene ringraziato nei credits. Se A Monster Calls vi fosse piaciuto non posso fare altro che consigliarvi di recuperare e leggere il libro, che è quello che farò io, e di guardare Il mio vicino Totoro. ENJOY!

venerdì 23 settembre 2016

Alla ricerca di Dory (2016)

Mercoledì sono dunque andata in un cinema gremito di pargoli per vedere Alla ricerca di Dory (Finding Dory), diretto e co-sceneggiato da Andrew Stanton e Angus MacLane.


Trama: Un anno dopo aver ritrovato Nemo, Dory si ricorda di avere letteralmente perso i genitori da piccola e, assieme a Nemo e Marlin, intraprende un viaggio verso la California per ricongiungersi con loro.


Dopo tredici anni trascorsi nella realtà e solo uno nella finzione, la Pixar torna a rinverdire i fasti di alcuni dei suoi personaggi più famosi, i divertenti pesciolini di Alla ricerca di Nemo. Come dice la mia amica Paola, "Dory è uno dei personaggi più belli mai creati per un cartone animato" e ha ragione: la pescetta smemorata è nata come perfetto amalgama tra esilarante spalla comica ed involontaria, commovente fonte di pratica saggezza. Era quindi solo questione di tempo prima che la Pixar decidesse di dedicarle un intero film ed ecco quindi nascere Alla ricerca di Dory (che, a dirla tutta, avrebbe dovuto chiamarsi Alla ricerca DEI GENITORI DI Dory), storia di un viaggio allucinante intrapreso per ritrovare le proprie radici. Una pellicola assai carina, come già era il suo predecessore, piena di momenti divertenti e altri più malinconici, che tuttavia impallidisce davanti a Alla ricerca di Nemo a causa del tipico problema che tocca inevitabilmente quasi tutti i sequel: gli sceneggiatori, invece di mettere i personaggi al servizio della storia, hanno messo la storia al servizio del personaggio amato dai fan di tutto il mondo, andando a privare così gli spettatori della possibilità di godere di vicende capaci di emozionarli davvero. Alla ricerca di Nemo era un epico racconto di formazione che toccava non uno, ma ben due personaggi (ne parlerò nei prossimi giorni anche se mi spiace non rispettare la consecutio temporum, mannaggia!!), Alla ricerca di Dory si concentra invece "solo" sul personaggio da cui prende il titolo, puntando esclusivamente sulla peculiarità della protagonista e sulle mille gag derivanti da essa, con la domanda retorica "cosa farebbe Dory?" messa in bocca un po' troppo spesso ai personaggi. La necessità di puntare i riflettori essenzialmente su Dory e di affiancarle nuovi potenziali beniamini per i bambini paganti ha inoltre portato all'impoverimento dei "vecchi" personaggi e a farne le spese sono stati Marlin e Nemo, soprattutto il primo il quale, a parte un paio di aneddoti, pare non avere serbato nulla dell'odissea per ritrovare il figlio, tornando così ad essere il pesce timoroso, cupo e noioso di un tempo.


Dei personaggi nuovi, il più sfaccettato e l'unico a mostrare un'evoluzione dall'inizio alla fine è il polpo Hank, capace di essere divertente e di veicolare allo stesso tempo un importante messaggio per i più piccoli. Decisamente, ho preferito il suo "buttati e non rifiutare il mondo che ti circonda" rispetto a "puoi fare qualunque cosa nonostante tutti i tuoi difetti" anche perché, intendiamoci, un bambino potrebbe anche farsi due risate ma sinceramente in un paio di sequenze io non ho potuto fare a meno di collegare la "perdita di memoria a breve termine" di Dory all'Alzheimer e le scene che la vedono persa all'interno del sistema idrico del parco acquatico le ho trovate a dir poco angoscianti e claustrofobiche. Per scacciare di dosso queste terrificanti sensazioni da neofita della terza età, meglio concentrarsi sull'assurdità di quattro idoli conclamati come il mostruoso uccello Becky dall'occhio sifulo o i leoni marini Fluke e Rudder che, assieme al terzo incomodo "hillbilly" Gerald dal monociglio prominente, riescono ad annichilire lo spettatore dalle risate. E se da un lato si sente un po' la mancanza di un villain degno di rispetto, fosse stata anche la piccola e malefica Darla, dall'altro c'è da dire che la realizzazione tecnica del film è ineccepibile come sempre: la bellezza artificiale del Marine Life Institute, dettagliatissimo e molto realistico, non fa rimpiangere le ambientazioni oceaniche di Alla ricerca di Nemo che, per inciso, tornano anche in questo episodio per la gioia di chi non vedeva l'ora di reimmergersi "Somewhere beyond the sea" assieme a Nemo e agli altri amati abitanti della barriera corallina. Quindi, in definitiva Alla ricerca di Dory non mi ha delusa ma non mi ha neppure entusiasmata come avrei sperato. Tredici anni (per quanto annullati con il colpo da maestro di un flashback iniziale a dir poco perfetto) sono troppi per tornare alla ribalta e, come ho detto all'inizio del post, se ci si concentra solo sul personaggio in sé è difficile scatenare emozioni che durino nel tempo. Piuttosto, ho preferito il corto Piper, interamente incentrato su una cucciola di "gambecchio" impegnata a superare le sue paure per poter sopravvivere assieme alla mamma e al resto dello stormo, un trionfo di tenerezza e splendide animazioni capace di emozionare e fare riflettere nel breve lasso di cinque minuti.


Di Albert Brooks (voce originale di Marlin), Eugene Levy (Charlie), Idris Elba (Fluke), Dominic West (Rudder), Kate McKinnon (Pesce moglie), Bill Hader (Pesce marito), Sigourney Weaver (Sigourney Weaver), Willem Dafoe (Gill/Branchia) e Allison Janney (Peach/Diva) ho già parlato ai rispettivi link.

Andrew Stanton è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola, inoltre presta la voce alla tartaruga Crush (in italiano Scorza) e alla cozza parlante. Americano, ha diretto film come A Bug's Life - Megaminimondo, WALL-E e Alla ricerca di Nemo. Anche sceneggiatore, produttore, doppiatore e animatore, ha 51 anni.

Angus MacLane è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola, al suo primo lungometraggio. Americano, anche animatore e doppiatore, ha 41 anni.


Ellen DeGeneres è la voce originale di Dory. Americana, la ricordo per film come Edtv, inoltre ha partecipato a serie come Pappa e ciccia, Innamorati pazzi, Ellen, Will e Grace e Six Feet Under; come doppiatrice, ha lavorato per film quali Il dottor Dolittle, Alla ricerca di Nemo e serie come I Simpson. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 56 anni.


Diane Keaton è la voce originale di Jenny. Americana, la ricordo per film come Il padrino, Provaci ancora Sam, Il padrino - Parte II, Io & Annie (che le è valso l'Oscar come migliore attrice protagonista), Manhattan, Radio Days, Il padrino - Parte III, Il padre della sposa, La stanza di Marvin e Tutto può succedere; come doppiatrice, ha lavorato per film quali Senti chi parla adesso!. Anche produttrice, regista e sceneggiatrice, ha 70 anni, un film in uscita e parteciperà all'imminente serie The Young Pope.


Tra gli altri doppiatori originali, segnalo la presenza del regista Bob Peterson, che riprende il ruolo di Mr. Ray, già presente in Alla ricerca di Nemo; la canzone dei titoli di coda (a proposito dei quali vi consiglio di rimanere proprio fino alla fine per la scena post credit), cover di Unforgettable, è invece cantata di Sia, buona amica di Ellen DeGeneres. Per la versione italiana abbiamo gli insostituibili Carla Signoris nel ruolo di Dory e Luca Zingaretti in quello di Marlin, mentre Licia Colò viene utilizzata come "guest star" al posto di Sigourney Weaver. Siamo messi malissimo, lo sapete, vero? Detto questo, ovviamente Alla ricerca di Dory segue Alla ricerca di Nemo, per cui se il film vi fosse piaciuto recuperatelo e aggiungete  Monsters & Co., Monsters University, Il re leone e la trilogia di Toy Story. ENJOY!

domenica 31 luglio 2016

Ghostbusters (2016)

E così ieri sera sono andata a vedere il Ghostbusters diretto e co-sceneggiato da Paul Feig, in una sala gremita di bambini urlanti, cosa che forse ha inficiato il mio giudizio ma forse anche no. Segue recensione SENZA SPOILER.


Trama: quando in vari luoghi newyorkesi cominciano a fare la loro comparsa pericolosi fantasmi, le scienziate Erin, Abby e Jillian si uniscono all'ex guardia metropolitana Patty per fare fronte al problema...


Come già ho fatto per Poltergeist, proviamo a dividere il post in due parti, una nella quale NON terrò conto dell'esistenza del Ghostbusters del 1984 e un'altra in cui affronterò l'impietoso confronto. Preso come film a se stante, come blockbuster estivo e come intrattenimento da sabato sera Ghostbusters funziona, più o meno a livello di 6/7 nella solita scala da 1 a 10. Posso dirlo con certezza visto che il mio fidanzato è cresciuto nel mito dei cartoni animati ma non in quello del film di Reitman (ci vuole pazienza, lo so) e ha trovato il remake/reboot simpatico e piacevole, non qualcosa da ricordare in saecula saeculorum ma sufficiente per farsi due risate disimpegnate sorvolando sugli inevitabili difetti. Posso però dire anche con certezza che il target di Ghostbusters è quello dei bambini/adolescenti, perché le grassissime risate che hanno funestato buona parte della visione, impedendomi di capire almeno il 30% dei dialoghi, venivano dal pargolame forestiero (ma portarli a spiaggia 'sti minchia di bambini no???) che affollava la sala sabato sera. Il nuovo Ghostbusters infatti è, senza troppi giri di parole, un film per famiglie dalla trama semplice, con un villain poco carismatico, effetti speciali da videogioco solo vagamente spaventevoli e un quartetto di protagoniste che sembrano più interessate a palleggiarsi battute da avanspettacolo piuttosto che a dare realmente la caccia ai fantasmi; in nessun momento si avvertono tensione per il destino delle acchiappafantasmi o incertezza rispetto alla risoluzione della trama e se non fosse per la cazzutissima Holtzmann di Kate McKinnon la maggior parte dei confronti con i fantasmi perderebbe anche quel minimo di epicità che la folle e bionda scienziata riesce ad imporre con la sua sola presenza. La McCarthy e la Wiig interpretano i personaggi a loro più consoni, quelli delle dolci e simpatiche pasticcione, magari un po' grezze e maniacalmente (oltre che in modo poco plausibile) devote alla scienza, la Jones è uno stereotipo vivente ma diverte e chi ne esce peggio è il povero Chris Hemsworth al quale è toccato il ruolo di "bimbo" nell'accezione inglese del termine, ovvero quella dell'oca maschio decerebrata: ora, capisco l'ironia dell'inversione dei ruoli ma davvero c'era bisogno, per sottolineare il contrasto donna intelligente/uomo idiota, di creare un personaggio talmente scemo da fregarsi gli occhi quando sente male alle orecchie? Mah. Di tutto il cucuzzaro, probabilmente ciò che ricorderò in futuro sarà la bella sequenza in cui gli enormi palloncini posseduti sfilano per le strade di New York e la citazione nei titoli di coda di una delle più famose scene di The Mask, il resto probabilmente sparirà nel giro di un paio di giorni in un tripudio di mancanza di infamia o lodi. Tanto casino di haters, rivendicazioni femministe, Ghostbros inferociti e quant'altro per cosa? Ma fatemi il piacere, suvvia. Ribadisco, 6/7 su una scala da 1 a 10. E sono magnanima perché temo di essermi fatta influenzare dalle urla infantili.


D'altra parte, è anche vero che Paul Feig se l'è cercata, eh. Hai voglia a dire "no, facciamo finta che Ghostbusters non sia mai esistito" quando regista e sceneggiatori lo "omaggiano" (plagiano? Strizzano l'occhio come fa J.J.Abrams nelle parodie di Ortolani?) ogni cinque minuti, allontanandosi per cercare uno spunto originale (che poi, originale virgola...) giusto per qualche secondo prima di tornare al calduccio della pellicola originale. La panoramica iniziale, lo "scherzone" ai danni di Erin, i primi due incontri con i fantasmi, il rapporto conflittuale con il sindaco, l'apocalisse finale e persino il primo intervento pubblico con tanto di padrone del locale preoccupato sono presi di peso dal primo, storico Ghostbusters e sepolti all'interno di un'ininterrotta sequela di battutine infantili, utili solo a far rimpiangere la caustica ironia degli anni '80 e l'inevitabile superiorità dei vecchi adattamenti italiani rispetto a quelli attuali. E' inutile, gente: Aykroyd, Ramis, Murray ed Ernie Hudson funzionavano, nel loro quartetto c'erano alchimia e carisma, probabilmente aiutava molto il fatto che la sceneggiatura fosse farina del sacco di due degli stessi attori (per la cronaca, Aykroyd e Ramis), oppure erano altri tempi, vai a sapere, sta di fatto che, a distanza di neppure 24 ore, non ricordo una battuta che sia una e, ribadisco, guardando il nuovo Ghostbusters mi sono sentita fiera solo di fronte a Kate McKinnon, che avrebbe meritato un posto accanto ai "vecchi" acchiappafantasmi, magari come la sorellina cazzuta di Egon. A tal proposito, le guest appearance dei vecchi attori sono un po' tanto sprecate, eh. Dan Aykroyd passa alla cassa in quanto produttore e se ne batte la ciolla, Murray si vede abbattere tra capo e collo una sorta di contrappasso ma viene sfruttato malissimo ahimé, Annie Potts, Sigourney Weaver ed Ernie Husdson sono assai simpatici ma finisce lì e in tutto questo il vincitore morale rimane sempre e comunque l'amatissimo Rick Moranis, che ci ha visto lungo e li ha giustamente mandati tutti a stendere. D'altronde, quando infili persino Ozzy Osbourne in un film vuol dire che se non sei alla frutta stai comunque già cominciando a sentire odore di macedonia. Pollice verso anche per la battaglia finale, ennesima occasione per inanellare una serie infinita di citazioni gratuite che mi hanno causato conati di vomito ininterrotti per varie ragioni (Slimer, mio Dio. Slimer.), per mostrare un uso decisamente improprio del flusso degli zaini protonici e, ancor peggio, per aprire la via al melenso, imbarazzante finale. Se ci sarà un sequel, spero davvero che cominci come Ghostbusters 2, ovvero con le acchiappafantasmi costrette a pagare i danni, altro che We <3 U: mi dite da quando il PG-13 ricostruisce persino i palazzi? Bah. Purtroppo per Feig il 1984 non è stato ancora cancellato dalla faccia della terra quindi Ghostbusters, in una scala che va da Vigo il Crudele a Vigo il Sacrilego, si colloca a livello Vigo la Sporcacciona.


Di Kristen Wiig (Erin Gilbert), Charles Dance (Harold Filmore), Melissa McCarthy (Abby Yates), Chris Hemsworth (Kevin), Bill Murray (Martin Heiss), Michael Kenneth Williams (Agente Hawkins), Andy Garcia (Sindaco Bradley), Annie Potts (Receptionist), Dan Aykroyd (Tassista), Ernie Hudson (Zio Bill), Sigourney Weaver (Rebecca Goring) e Joel Murray (Guardia) ho già parlato ai rispettivi link.

Paul Feig è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Le amiche della sposa, Corpi da reato, Spy ed episodi di serie quali 30 Rock, Weeds e Nurse Jackie. Anche attore e produttore, ha 54 anni e due film in uscita.


Kate McKinnon interpreta Jillian Holtzmann. Americana, famosa per le sue partecipazioni al Saturday Night Live, ha recitato in pellicole come Ted 2 e lavorato come doppiatrice nel film Alla ricerca di Dory e nelle serie I Simpson e I Griffin. Ha 32 anni e tre film in uscita.


Leslie Jones interpreta Patty Tolan. Americana, famosa per le sue partecipazioni al Saturday Night Live, ha recitato in pellicole come Il fuggitivo della missione impossibile e Un disastro di ragazza. Anche sceneggiatrice, ha 49 anni e tre film in uscita.


Tra gli altri attori compaiono il già citato Ozzy Osbourne, gli sceneggiatori del Saturday Night Live Steve Higgins e Neil Casey, rispettivamente nei panni del rettore e di Rowan North, e Daniel Ramis, figlio del compianto Harold, nei panni di un metallaro. Consigliandovi di rimanere al cinema FINO ALLA FINE dei titoli di coda, se Ghostbusters vi fosse piaciuto recuperate ovviamente Ghostbusters - Acchiappafantasmi e Ghostbusters 2, nell'attesa del probabile sequel. ENJOY!

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