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venerdì 8 ottobre 2021

Bollalmanacco On Demand: Mulholland Drive (2001)

Mi devo scusare. E' più di un anno che ho abbandonato gli On Demand, lasciando richieste a macerare da tempo ormai immemorabile. Soprattutto, mi devo scusare con Bobby Han Solo perché ho deciso brutalmente di saltare la visione di Ciao Ni!. Ormai se riesco a vedere due film a settimana posso accendere un cero alla Madonna e con tutto quello che di bello c'è da recuperare, vivrei la visione di un film scritto e interpretato da Renato Zero come una privazione: puniscimi pure con la richiesta di qualche horror di serie Z, italiano, orribile, inguardabile, giuro che stavolta non mi sottrarrò! Scusami ancora! Ciò detto, oggi tocca ad Arwen Lynch e alla sua richiesta di un post su Mulholland Drive, scritto e diretto nel 2001 dal regista David Lynch. Il prossimo film On Demand dovrebbe essere A caccia di un sì, chiesto dalla mitica Alessandra. ENJOY!


Trama: Betty, giovane attrice di belle speranze ospite nell'enorme casa della zia, trova come inaspettata inquilina una ragazza che, dopo un incidente, ha perso la memoria e si fa chiamare Rita. Le due decidono di indagare sul passato di Rita ma non sarà così facile...


Ho guardato per la prima volta Mulholland Drive ai tempi dell'università, quando riuscivo (ah, bei tempi!) a spararmi anche due film al giorno. La grossa quantità di pellicole viste in una settimana è però uno dei motivi per cui ricordavo ben poco di un film che avevo capito ancora meno, e l'unica cosa che si era impressa nella mia corteccia cerebrale era stata la comparsa improvvisa del terrificante clochard che porta allo svenimento il povero Patrick Fischler, cosa che, fortunatamente, mi ha impedito di saltare nuovamente sulla poltrona per lo shock. Stavolta devo ammettere che, anche grazie ai post di Edoardo, la visione di Mulholland Drive è stata molto più "facile" della precedente e sono riuscita così a godermi anche la bellezza formale di questo sogno (o incubo) messo su pellicola, innamorandomi soprattutto dell'interpretazione di una Naomi Watts semplicemente perfetta, un vero e proprio Giano bifronte capace di lasciare spiazzati. La sua Betty, attrice ingenua, pura ed innocente eppure dotata di un talento per la recitazione fuori dal comune, è l'ideale protagonista di una storia che più "hollywoodiana" non si può, un noir a base di donne splendide e prive di memoria, seguite da pericolosi criminali, che coinvolgono (e sconvolgono) persone ignare che si ritrovano a doverle aiutare affrontando esperienze al limite del surreale. Accanto a quella di Betty, c'è un'altra storia che sembra uscita dritta da una sceneggiatura hollywoodiana, magari qualche gangster movie alla Tarantino o dal sapore mafioso, ovvero quella del regista Adam, costretto da criminali senza scrupoli a scritturare un'attricetta per il suo nuovo film, pena vedersi privare di fama, ricchezza e vita. Cos'hanno in comune queste due storie lo scoprirete, ahimé, solo nella seconda parte del film, quando si paleserà il fil rouge (o fil bleu, fate voi) che percorre Mulholland Drive dall'inizio alla fine... o magari arriverete ai titoli di coda senza averci capito un'acca, cosa molto probabile.


Seguendo quanto mi ha suggerito il cervellino, l'unico modo di affrontare Mulholland Drive è partire dalla consapevolezza che sogno e realtà sono ribaltati: ciò che sembra lineare e comprensibile, oserei dire "sicuro", nonostante la particolarità delle situazioni presentate, è proprio il sogno nato dalla frustrazione e dal senso di colpa di una persona impazzita per amore e gettata via senza troppa considerazione, mentre nel momento in cui l'unità temporale si frammenta e le visioni cominciano a farla da padrone mescolandosi ai flashback, allora siamo di fronte all'impietosa realtà in cui Betty (amata dalla zia, solare, coccolata dagli sconosciuti e attrice dal talento smisurato) non esiste ma c'è solo Diane, un'attricetta spiantata dal carattere cupo e bizzoso, decisa a vendicarsi della donna che l'ha sedotta e abbandonata per un regista (che, nel sogno, ovviamente viene vessato in ogni modo possibile e immaginabile). Nel mezzo delle due realtà, un confine che sembra la Loggia Nera di Twin Peaks, dove un mefistofelico presentatore continua a ripetere "Silencio, no hay banda" (consegnando allo spettatore la chiave dell'intero film) e dove una cantante distrugge con un solo, tristissimo brano, sia il sogno che la realtà, dando modo agli elementi stridenti del primo di invadere la seconda con tutta la terrificante gioia della follia che cancella ogni cosa. Questo paragrafo prendetelo col beneficio d'inventario, ché potrebbe essere tutto un tentativo di bullarmi fingendo di averci capito qualcosa, che ne sapete?


Quello che è sicuramente innegabile, al di là di tutte le interpretazioni, delle inquietanti scatole blu più potenti della Torre di King e delle ancor più inquietanti chiavi che le aprono, è la bellezza di Mulholland Drive e sì, anche la sua capacità di intrattenere lo spettatore. Il sogno di Betty è giustamente coinvolgente, così come il mistero di Rita, e non c'è vergogna alcuna nel godersi staccando un po' il cervello le disgrazie di Adam, prendendo tutta la ridda di assurdi personaggi incontrati, il Cowboy in primis, come figure bizzarre e grottesche messe giusto per incuriosire ancor più lo spettatore; epurato da tutti gli elementi palesemente onirici, il sogno di Betty è una semplice storia ricca di suspance in cui le due protagoniste, a poco a poco, arrivano ad amarsi nonostante Betty sappia che, probabilmente, Rita nasconde qualcosa di oscuro che potrebbe ostacolare questo amore. E' un sogno godibile, forse un po' ingenuo e sciocchino, che lascia a bocca aperta per la bravura di Naomi Watts (il provino di Betty è qualcosa di splendido) e la bellezza sensualissima di Laura Harring, e che rende ancora più preziosi i momenti di vera "locura", quando tutto si confonde; le luci rosse e blu nell'ipnotica sequenza del Club Silencio, il senso di tristezza e imminente tragedia così tangibile che, anche non capendo nulla, viene da piangere assieme a Rita e Betty, l'orrore che viene vomitato in quel finale da brividi, da tapparsi le orecchie, la "condanna" definitiva della donna dai capelli blu, sono quei tocchi lynchiani che rendono Mulholland Drive un gioiello raffinatissimo e fanno venire voglia di riguardare da capo tutte le opere del regista per reimmergersi nei suoi sogni, nei suoi incubi e nei suoi deliri. Basta solo buttarsi senza paura!


Del regista e sceneggiatore David Lynch ho già parlato QUI. Naomi Watts (Betty/ Diane Selwyn), Laura Harring (Rita/Camilla Rhodes), Robert Forster (Detective McKnight), Brent Briscoe (Detective Domgaard), Patrick Fischler (Dan), Dan Hedaya (Vincenzo Castigliane), Justin Theroux (Adam) e Melissa George (Camilla Rhodes) li trovate invece ai rispettivi link. 


Tra le guest star del film segnalo Michael Anderson, che interpreta Mr. Roque e che era il nano di Twin Peaks, il compositore Angelo Badalamenti, che interpreta Luigi Castigliane, Billy Ray Cyrus (Gene), la cantante Rebekah del Rio nei panni di se stessa e nientepopodimeno che Laura Palmer e Ronette Pulaski in mezzo al pubblico del Club Silencio. A proposito di Twin Peaks, a quanto pare Lynch aveva già pensato a Mulholland Drive nei primi anni '90 come spin-off della serie e le vicende di Betty sarebbero dovute capitare ad Audrey Horne, personaggio principale dello spin-off in questione; lo spin-off è poi diventato il pilot per un'altra serie (intitolato Mulholland Dr.), rigettata dalla ABC perché incomprensibile e noiosa, e infine il film che conosciamo tutti. Se Mulholland Drive vi fosse piaciuto recuperate le tre stagioni di Twin Peaks, Inland Empire e Strade perdute. ENJOY!

mercoledì 26 luglio 2017

Red State (2011)

A giugno la Midnight Factory ha fatto arrivare anche sul mercato home video italiano Red State, film diretto e sceneggiato nel lontano 2011 dal regista Kevin Smith.


Trama: tre ragazzi rispondono ad un annuncio di sesso on line e finiscono nelle grinfie del folle predicatore Abin Cooper, deciso a punirli per i loro peccati...



Erano anni che sentivo parlare molto bene dell'incursione nell'horror "serio" di Kevin Smith, regista ormai notoriamente bollito a furia di farsi gran cannoni/tirare rigoni (semicit.), e nonostante abbia aspettato sei anni per vederlo le mie aspettative erano a mille. D'altronde, Smith e la religione si sono sempre presi molto bene, come dimostrato dal pregevole Dogma, simpatica satira all'acqua di rose non capita dal 90% della popolazione credente e per questo ingiustamente osteggiata, quindi la presenza di un predicatore cattolico radicale, chiaramente ispirato a figure come Fred Phelps, mi faceva se non altro pensare a qualcosa di molto gustoso. Invece ammetto che, nonostante il claim Tarantiniano presente sulla copertina del bluray (pare che Quentin in persona lo abbia inserito tra pellicole più belle del 2011), Red State mi ha lasciata abbastanza fredda e mi è sembrato un lavoro riuscito a metà, rabberciato alla bell'e meglio da un regista e sceneggiatore che non sapeva bene dove andare a parare. L'inizio, per esempio, è quello tipico di un horror: tre ragazzi rispondono ad un annuncio on line sperando di trovarsi per le mani il primo foursome della loro vita e finiscono invece incaprettati, prede di una comune religiosa popolata da folli e guidata da un pazzo convinto che Dio odi tutti i peccatori e deciso quindi a punirli nel modo più violento possibile. Data questa premessa, avrei scommesso tutti i miei averi su una svolta improntata sul torture porn, invece a un certo punto subentrano i federali e il film si trasforma in un assedio dove nessun personaggio, nemmeno quelli che dovrebbero essere i "buoni", riescono ad accattivarsi le simpatie dello spettatore, rivelando la loro fondamentale natura violenta e crudele, tipicamente "umana" a sentire le parole finali di Joseph Keenan. Considerato che amo essere sorpresa, questo cambiamento di registro mi è anche sembrato un tocco di classe, il problema è che Smith non è propriamente in grado di girare film capaci di mantenere il necessario ritmo di un thriller, di un horror o di un action perché, di fondo, ciccio Kevin è un gran sbrodolone.


Definisco Kevin Smith "sbrodolone" perché è uno che, come il già citato Tarantino, ama un sacco il suono della sua voce e delle sue idee e conseguentemente adora infarcire i suoi film di dialoghi "oziosi". La cosa funziona bene in film come Clerks, In cerca di Amy, Generazione X, persino Dogma, ma in una pellicola come Red State bisognerebbe avere anche la capacità tarantiniana di scioccare il pubblico e tenerlo in scacco con splendide immagini di violenza non con la stasi di un povero John Goodman costretto a parlamentare e stare al telefono per delle ore o, ancor peggio, con l'utilizzo della camera a mano vomitilla. Michael Parks, unica vera punta di diamante del film nonché unico pregio indiscutibile, incanta con la sua voce, riempie d'orrore con le sue tirate di fuoco e sangue contro gli omosessuali, mette i brividi con la sua aria da bravo papà amato da una grande famiglia (di matti, ma comunque matti normali, capaci di condurre una vita persino noiosa, almeno finché non scelgono di imbracciare le armi per difendere il loro Credo distorto) ma la cosa finisce lì, persa in un mare di false partenze e tentennamenti che toccano l'apice nel finale loffissimo. Ecco, quel finale è una cosa che non perdono al grasso orgoglio di Smith perché capisco la mancanza di budget e la sboroneria ma bastava tenere ancora un po' il film in cantiere, ricorrere ad quello stesso crowdfunding che ha partorito un aborto come Tusk, e sarebbe uscita fuori un'Apocalisse capace di lasciare a bocca aperta qualsiasi spettatore, Bolluomo in primis che ci aveva quasi creduto. E invece, ennesima tirata di un John Goodman bravissimo ma costretto nei panni di un personaggio pavido, che non sa neppure lui che pesci prendere, ridotto a raccontare una storiaccia "moralista" degna del peggior Silent Bob e ad un trucco narrativo che a momenti non oserebbero utilizzare neppure in Fear the Walking Dead. Insomma, meglio di Tusk o Yoga Hosers (e ci mancherebbe altro...) ma comunque non benissimo, un triste presagio di quello che sarebbe diventato Kevin Smith nel giro di cinque o sei anni. O forse, una conferma di quello che è sempre stato ma eravamo troppo ciechi per vedere.


Del regista e sceneggiatore Kevin Smith, al quale appartiene anche la voce del carcerato che insulta Cooper sul finale, ho già parlato QUI. Kyle Gallner (Jarod), Stephen Root (Sceriffo Wynan), Kerry Bishé (Cheyenne), Melissa Leo (Sara), James Parks (Mordechai), Michael Parks (Abin Cooper), Jennifer Schwalbach Smith (Esther), John Goodman (Joseph Keenan) e Kevin Pollack (ASAC Brooks) li trovate invece ai rispettivi link.

Ralph Garman interpreta Caleb. Americano, ha partecipato a film come Ted, Un milione di modi per morire nel west, Tusk, Ted 2, Lavalantula, Yoga Hosers e a serie quali Streghe, NYPD, Dr. House e Bones; come doppiatore ha lavorato per le serie American Dad!, I Griffin, Celebrity Deathmatch, The Cleveland Show, Robot Chicken e per Lego Batman - Il film. Anche sceneggiatore e produttore, ha 53 anni e un film in uscita.


Patrick Fischler interpreta l'agente Hammond. Americano, ha partecipato a film come L'uomo ombra, Twister, Mulholland Drive, Ghost World, Ave Cesare! e a serie quali Jarod il camaleonte, NYPD, Nash Bridges, Streghe, Angel, CSI - Scena del crimine, ER Medici in prima linea, Tutto in famiglia, Monk, CSI: NY, CSI: Miami, La vita secondo Jim, Bones, Cold Case, Lost, Weeds, Criminal Minds, Grey's Anatomy, C'era una volta e Twin Peaks. Anche sceneggiatore e produttore, ha 48 anni e due film in uscita.


L'edizione Blu-Ray della Midnight Factory purtroppo non presenta extra degni di nota (solo il trailer, mentre nell'edizione inglese ci sono dietro le quinte, podcast, scene eliminate, commento del regista ecc.) benché sia corredata dall'ottimo libretto esplicativo curato dalla redazione di Nocturno Cinema. Michael Angarano, che interpreta Travis (uno dei tre protagonisti) era Elliot, il figlio di Jack, nella serie Will & Grace mentre Marc Blucas, riconoscibile sotto l'elmetto del cecchino che si impietosisce davanti a Cheyenne, era Riley nella serie Buffy l'ammazzavampiri. Per il ruolo di Joseph Keenan Smith aveva pensato sia a Samuel L. Jackson che ad Alan Rickman ma quest'ultimo ha dovuto rinunciare perché impegnato nelle riprese di Harry Potter e i doni della morte. Nello script la scena dell'Apocalisse era presente ma Kevin Smith ha dovuto eliminarla per problemi di budget: dopo il confronto tra Cooper e Keenan, che nel film continua col racconto di quest'ultimo, teste e cuori di tutti i presenti, fedeli e poliziotti, avrebbero dovuto esplodere lasciando in vita solo Keenan, testimone della venuta di un angelo gigante (che avrebbe impalato Cooper con una spada fiammeggiante) e dei quattro cavalieri dell'Apocalisse. Detto questo, se Red State vi fosse piaciuto recuperate The Sacrament, The Wicker Man e The Conspiracy. ENJOY!

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