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mercoledì 17 gennaio 2018

Morto Stalin se ne fa un altro (2017)

Approfittando dell'illuminata programmazione del cinema d'élite savonese e della zampa ancora infortunata, sabato scorso sono andata a vedere Morto Stalin se ne fa un altro (The Death of Stalin), diretto e co-sceneggiato nel 2017 dal regista Armando Innucci e tratto dalla graphic novel La morte di Stalin, di Fabien Nury e Thierry Robin.


Trama: alla morte di Stalin, il collettivo di suoi più stretti collaboratori deve decidere le dinamiche della successione e come gestire una Nazione potenzialmente allo sbando...


Avevo letto benissimo di Morto Stalin se ne fa un altro sul blog della Poison, a seguito della programmazione al Festival del Cinema di Torino (dove ha vinto il premio Fipresci) ed ero rimasta parecchio incuriosita, non solo dalla foto di un Jason Isaacs particolarmente gnocco in divisa militare. Ho varcato la soglia della sala in lieta ignoranza, ché ormai la storia della Russia è per me un po' nebulosa, aspettandomi sinceramente di capire poco di un film che rivedeva in chiave satirica i giorni successivi alla morte di Stalin, invece mi sono goduta una commedia grottesca dove la Storia viene ridotta a gioco per bambini stupidi e dove anche le tragedie più grandi vengono mostrate come il risultato delle decisioni scellerate di individui egoisti e "piccini", con ben poca considerazione della vita umana. Punto di partenza, come dice il titolo, è la morte di Stalin, dittatore dal pugno di ferro che istillava nella nazione cieco terrore e altrettanto cieco (ed inspiegabile, lo ammetto) rispetto attraverso un sistema di spie, divieti, liste e purghe che non risparmiava nessuno, nemmeno i suoi più stretti collaboratori; per un Nikita Khruschchev che detta alla moglie tutte le frasi pronunciate in presenza di Stalin, così da pararsi le chiappe, c'è un Molotov che accetta di accusare di tradimento la consorte per mettersi in salvo, per ogni figlio che consegna il proprio padre alla polizia c'è un direttore d'orchestra che sviene temendo di avere offeso Stalin per sbaglio ed essere stato registrato. Gli esempi di questo clima di follia, purtroppo vero, continuano per tutta la pellicola, che si concentra sulla lotta di potere scoppiata dopo la morte di Stalin soprattutto tra Khruschchev e il capo della sicurezza Lavrenty Beria, i due poli "complottisti" capaci di ergersi in mezzo a un gruppo di lacchè incapaci e di mettere in moto eventi terribili per affermare la rispettiva supremazia. In mezzo viene a trovarsi Georgy Malenkov, diretto successore di Stalin descritto nel film come un imbecille senza spina dorsale che prende decisioni a seconda di chi, tra i suoi consiglieri, riesce a fare la voce più grossa, un uomo che da Stalin ha imparato solo le "pose" da leader, non il carisma. Questo tristissimo triangolo di individui cerca di sopravvivere ai due tragicomici giorni seguenti la morte di Stalin, tra funerali organizzati neanche fossero un matrimonio, mine vaganti in forma umana (uno su tutti il figlio del leader), scontri tra esercito e milizia privata, accenni di depravazione sessuale e pochissime voci fuori dal coro che morirebbero pur di non dover sottostare ad un regime così assurdo.


Per ogni risata che viene strappata da questa satira feroce, arriva la mazzata tra capo e collo di una realtà fatta di esseri umani che muoiono per un capriccio o un dubbio mai comprovato del tutto, a seconda di cos'è più comodo per il regime. La figura di Beria, uomo rubicondo al quale non si darebbe un centesimo (per di più se doppiato in italiano da Mino Caprio, la voce italiana di Peter Griffin, fonte di grandi risate solo mie, ché il resto del pubblico superava i 60 anni), è l'emblema di questa dicotomia: un essere molliccio, quasi ridicolo, che tuttavia gestisce gli aspetti più terribili delle purghe e ama torturare uomini e seviziare donne, soprattutto ragazzine. Lo spettatore non può non ridere dei dialoghi assurdi che intercorrono tra lui e gli altri personaggi eppure si prova anche un terribile senso di revulsione all'idea che probabilmente, al netto dell'umorismo grottesco alla Monty Python, queste persone forse erano davvero così, opportuniste, ignoranti, crudeli ed infide... come il novanta per cento dei politici attuali, del resto, in tutto il mondo, non solo in Russia e non solo durante una dittatura. Anche per questo Iannucci ha fatto un enorme lavoro sugli attori, prima ancora che sulla regia, comunque assai valida. Steve Buscemi, Jason Isaacs, Jeffrey Tambor e Michael Palin regalano le migliori interpretazioni da anni, riuscendo nel difficile compito di rimanere in equilibrio perfetto tra farsa e dramma (vedere il finale per credere), senza trasformare i loro corrispettivi reali in caricature senza profondità alcuna. Altro aspetto bellissimo del film è la colonna sonora, che si apre sulle note del Lago dei cigni di Tchaikovsky e continua con l'originalità dello score di Christopher Willis, ispirato alle melodie del compositore Sostakovich, in attività non a caso proprio ai tempi di Stalin benché spesso censurato dal regime (non è che so tutte queste cose perché nasco saputa ma la colonna sonora, per una volta, mi ha colpita particolarmente e mi sono chiesta se fossero musiche originali oppure di qualche compositore famoso ma a me sconosciuto). Se dovessi proprio trovare un difetto a Morto Stalin se ne fa un altro, oltre all'orripilante titolo nostrano, è la scellerata distribuzione italiana, che lo ha fatto arrivare in pochissime sale in tutta Italia, quando una simile commedia nera meriterebbe maggior riconoscimento alla faccia di tutti quelli che dicono che ridere di simili tragedie è di cattivo gusto. Recuperatelo, in lingua o doppiato, che ne vale la pena!


Di Steve Buscemi (Nikita Khruschchev), Jason Isaacs (Georgy Zhukov), Andrea Riseborough (Svetlana Stalin), Jeffrey Tambor (Georgy Malenkov), Richard Brake (Tarasov), Paddy Considine (Compagno Andryev) e Michael Palin (Vyacheslav Molotov) ho già parlato ai rispettivi link.

Armando Iannucci è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Scozzese, ha diretto film come In the Loop ed episodi di serie quali I'm Alan Partridge e Veep - Vicepresidente incompetente. Anche produttore e attore, ha 53 anni.


Tom Brooke, che interpreta Sergei, era l'esilarante Fiore della serie Preacher. Se Morto Stalin se ne fa un altro vi fosse piaciuto potreste recuperare la graphic novel La morte di Stalin, edita da Mondadori, e guardare In the Loop. ENJOY!

martedì 12 gennaio 2016

Macbeth (2015)

Col post di oggi comincia ufficialmente il periodo di avvicinamento alla Notte degli Oscar, durante il quale probabilmente mi trasferirò al cinema. Si inizia quandi con Macbeth, diretto nel 2015 dal regista Justin Kurzel.


Trama: di ritorno da una lunga e sanguinosa guerra contro norvegesi ed irlandesi, Macbeth e Banquo incontrano quattro streghe, che profetizzano al primo un futuro come Barone di Cawdor e Re di Scozia mentre al secondo come padre di re. Diventato Barone di Cawdor ed istigato dalla moglie, Macbeth uccide dunque il re Duncan e sale al trono, iniziando una progressiva discesa nella pazzia...


Il Macbeth di Justin Kurzel è, in pochissime parole, uno spettacolo. Prima ancora della bellezza dei dialoghi e della trama, fedelissimi al testo Shakesperiano salvo un paio di cambiamenti che nulla tolgono al fascino della storia, sono le immagini girate dal regista e lo stile dato al film che colpiscono l'occhio, la mente ed il cuore dello spettatore. Ogni sequenza del Macbeth di Kurzel, anche quelle più "teatrali" durante le quali i protagonisti si abbandonano a lunghi monologhi, è intrisa di violenza ed oscurità, tanto che la Scozia medievale e la Snowtown del nuovo millennio non sono così lontane tra loro: il film inizia con la cruda rappresentazione dell'ultima battaglia di una guerra lunghissima e logorante, nella quale non c'è spazio per la cavalleria o per la sete di gloria ma solo per il sangue degli sconfitti e lo spreco di giovani vite che diventano ulteriori fardelli gravanti sul senso di colpa del protagonista, un generale "senza macchia" deciso a vincere innanzitutto per il suo Re. L'orrore del campo di battaglia è reso ancora più inquietante dall'improvvisa comparsa delle quattro streghe che, come degli avvoltoi, aspettano silenziose il momento di agire fissando intensamente le loro vere prede, Macbeth e Banquo. Le quattro donne gettano il seme dell'ambizione nel cuore di Macbeth e il germe di questo smodato desiderio di futuro potere attecchisce soprattutto in Lady Macbeth, donna "sterile", incapace di partorire figli sani (il fatto che Macbeth non abbia eredi e ne soffra viene sottolineato dall'abbondanza di bambini presenti nel film, in guisa di spiriti consiglieri, streghe, vittime o futuri strumenti di disfatta), proveniente da un altro Paese e quindi impossibilitata non solo a provare i teneri sentimenti tipici dell'animo femminile ma anche a rispettare le tradizioni e l'onore della Scozia; le parole di Lady Macbeth, ancor più di quelle delle streghe, inducono Macbeth a macchiarsi di sangue innocente e ad intraprendere una strada dove ogni delitto è finalizzato a far avverare le profezie delle quattro donne. Man mano che il film prosegue il condottiero coperto di sangue delle sequenze iniziali diventa un Re senza nerbo e completamente pazzo, le cui azioni vengono guidate solo dal terrore superstizioso di un destino che potrebbe anche non avverarsi mai, mentre Lady Macbeth, apparentemente la metà "dura" della coppia, sfiorisce e soccombe di fronte all'infinita serie di vite stroncate per alimentare la sua brama di potere e la follia del marito.


Di fronte ai tormenti crescenti dei due protagonisti, Kurzel sceglie lo stile freddo che già aveva concesso paradossalmente a Snowtown di brillare e colpire lo spettatore come un maglio, affondando Macbeth e la sua signora nello squallore di una Scozia medievale che parrebbe quasi "sporcata" dalla presenza dell'uomo: il contrasto tra gli spettacolari paesaggi innevati, immersi nelle nebbie, dove immensi laghi spiccano come gemme preziose, e il rozzo agglomerato di tende e piccoli edifici governato da Macbeth o le fredde stanze di un immenso castello in pietra è quantomai simbolico per quel che riguarda l'insignificante natura delle lotte di potere. Attorno a Macbeth tutto è grigio e sporco, lo sfarzo della regalità reso freddo e squallido dallo sguardo dei sudditi, intimoriti e preda di dubbi a causa della quantità di delitti che circonda l'ascesa al trono del nuovo sovrano; Kurzel indugia sui dettagli più raccapricianti degli omicidi (quello di Duncan è molto sanguinoso e vedere un Macbeth più bestia che uomo assaggiare il sangue di dubbia provenienza offertogli dalle streghe mette i brividi) ma l'orrore vero è interamente racchiuso nelle sequenze più potenti, quelle in cui il destino delle vittime viene soltanto suggerito, come nella tremenda scena dove i "teneri pulcini e la chioccia" di MacDuff vengono arsi vivi sulle rive della spiaggia. Regia, fotografia, scenografia, costumi e trucco (stupenda ed elegantissima la riga di ombretto azzurro sul viso di Lady Macbeth ma mai quanto quei segni nerissimi che fanno risaltare gli occhi allucinati di Fassbender) sono eccelsi e contribuiscono a valorizzare ancor più la bravura dei due protagonisti: tolto che l'interpretazione di Sean Harris mi ha spezzato il cuore e che, a mio avviso, nonostante il poco tempo sullo schermo il suo personaggio è forse quello che mi è piaciuto maggiormente, è impossibile dimenticare la bellezza e la follia di un bravissimo (e bellissimo, sì, santo cielo 'st'uomo è una gioia per gli occhi!!) Michael Fassbender o la fredda sensualità di Marion Cotillard, perfettamente a suo agio nel ruolo di un'icona della letteratura inglese. Come mi hanno detto, portare il Teatro, quello vero, sul grande schermo è molto difficile e richiede una pazienza e un'elasticità mentale molto elevata da parte dello spettatore ma personalmente trovo che Kurzel sia riuscito elegantemente nell'intento: la sua regia rende i momenti "movimentati" a dir poco spettacolari mentre gli attori riescono ad emozionare anche durante i monologhi, catturando i tormenti dei loro personaggi e riversandoli dritti nel cuore del pubblico. Macbeth è, in due parole, GRANDE cinema e l'anno cinematografico non poteva cominciare meglio per me!


Del regista Justin Kurzel ho già parlato QUI. Michael Fassbender (Macbeth), Marion Cotillard (Lady Macbeth), Paddy Considine (Banquo) e David Thewlis (Duncan) li trovate invece ai rispettivi link.

Sean Harris interpreta MacDuff. Inglese, ha partecipato a film come Creep - Il chirurgo, Prometheus e Liberaci dal male. Ha 50 anni e un film in uscita.


Elizabeth Debicki interpreta Lady MacDuff. Francese, ha partecipato a film come Il grande Gatsby, Operazione U.N.C.L.E. e Everest. Ha 26 anni e un film in uscita.


Nonostante il testo originale di Shakespeare non lo specifichi, si presume che Lady Macbeth fosse di nazionalità scozzese; tuttavia, siccome molti re scozzesi avevano preso in moglie donne francesi, i produttori hanno lasciato che Marion Cotillard mantenesse il suo accento nativo (sebbene fosse Natalie Portman la scelta originale per il ruolo), anche per separarla ulteriormente dal resto della comunità descritta nel film. Nell'attesa che Kurzel, Fassbender e la Cotillard tornino a dicembre con la loro versione di Assassin's Creed, se il film vi fosse piaciuto recuperate Il trono di sangue, il Macbeth di Polanski e quello di Orson Welles. ENJOY!

venerdì 27 settembre 2013

The World's End (2013)

Finalmente è arrivato il momento di vedere conclusa una delle trilogie “non ufficiali” più amate del mondo! La Blood and Cornetto Trilogy si congeda dai suoi fan con The World’s End, sempre diretto e co-sceneggiato, come i suoi fratellini, dal regista Edgar Wright. Segue recensione SENZA SPOILER, giuro.


Trama: il disadattato Gary riunisce, dopo 20 anni, lo storico gruppo di amici con i quali era quasi riuscito a fare il giro completo dei pub nel loro sonnolento paesino natale. Le cose però, dopo 20 anni, sono molto cambiate e quella che comincia come una serata normale diventa presto una corsa per la sopravvivenza…


I film che prevedono la collaborazione tra Wright, Pegg e Frost sono un po' l'antitesi del diludendo: ci può essere magari quello un pochino meno bello degli altri, ma in generale si sa che saranno delle pellicole favolose e The World's End non fa eccezione, collocandosi nella scala del Cornettometro appena sotto Shaun of the Dead e sopra Hot Fuzz. D'altronde, ormai la sinergia del trio è tale che sono loro i primi a divertirsi girando i film e, di conseguenza, lo spettatore non può fare a meno di rimanerne influenzato e apprezzare ogni gag, ogni riferimento agli altri due episodi della trilogia (ormai un marchio di fabbrica, assieme al Cornetto, il salto degli steccati), ogni battuta e ogni momento commovente, senza dimenticare di avere comunque davanti un film a sé stante. Che, in questo caso, pesca a piene mani dalla fantascienza maccartista e la mescola con quei film apocalittici che stanno andando tanto per la maggiore in questi ultimi anni, risultando però nettamente migliore nel descrivere la fine del mondo del titolo italiano. La sceneggiatura, scritta a quattro mani da Pegg e Wright, è infatti un cerchio perfetto dove ogni avvenimento o particolare insignificante non è messo a caso: The World's End andrebbe guardato almeno due volte solo per riuscire ad apprezzare appieno come, per esempio, tutto ciò che viene detto e fatto all'inizio prefiguri in qualche modo l'intero film, così come i nomi dei dodici pub dove il protagonista, Gary King (il Re affiancato da Cavaliere, Ciambellano, Paggio, Ministro e Principe), decide di prendersi l'epica sbronza e rinverdire i fasti di gioventù. The World's End è un film "di congedo", un'amara e malinconica riflessione sul tempo che passa impietoso, sul diventare adulti e sulle speranze infrante e, di conseguenza, un'ulteriore evoluzione dei due fancazzisti di Shaun of the Dead: lì Shaun ed Ed avevano una trentina d'anni (appena a inizio carriera?) ed erano ancora "recuperabili" mentre Gary è un triste e squallido quarantenne che ha deciso di non crescere e di rimanere ancorato all'ultimo giorno in cui si è sentito giovane, vivo ed invincibile.


Simon e Nick questa volta si scambiano quindi i ruoli e quello che un tempo era lo streppone Ed si ritrova oggi nei panni di un personaggio "antipatico" e precisino come il vecchio Pete, almeno per i primi 20 minuti. Il risultato è esilarante, Pegg con la tinta nera, i vestiti GGiovani e il viso pieno di rughe dell'adulto sfatto è divertentissimo ma allo stesso tempo triste e pietoso e tutti i comprimari che compongono il gruppo dei "cinque moschettieri" interagiscono tra loro in maniera divina. Tolti "i soliti due" (anche Nick Frost da il bianco e mi chiedo come abbia fatto a non farsi venire un infarto visto che corre di lungo!!), ho apprezzato molto la deliziosa, malinconica faccetta di un Eddie Marsan sempre più ubriaco e svampito mano a mano che il film prosegue e a tal proposito, prima di passare agli aspetti tecnici, vorrei spendere due parole sul doppiaggio. Mi rendo conto che in Italia le sale che proiettano i film in lingua originale sono mosche bianche (da me non è nemmeno arrivato doppiato...), tuttavia questo è il motivo per cui mi sarei comunque rifiutata di andare a vedere The World's End al cinema: ho conosciuto Pegg e Frost in Australia, non ho mai visto un loro film "di coppia" in italiano e questo vale soprattutto per quelli della Trilogia, quindi non riuscirei a sopportare la mancanza delle loro voci e il modo in cui si accompagnano alle loro espressioni (una su tutte: Simon Pegg spara una cazzata qualsiasi davanti alla ragazza e fa quell'incredibile smorfia da cagnetto bastonato, con la bocca piegata all'ingiù)... ma a maggior ragione in The World's End più i protagonisti si ubriacano più la loro parlata diventa biascicata, rapida, sincopata ed esilarante, per non parlare poi dei giochi di parole come "He was new! Like a baby! Like a man baby!" "Like a maybe". Quindi, ci siamo capiti, recuperatelo in lingua appena potete e preparatevi a ridere di più.


Delirio linguistico a parte, come gli altri due film della Trilogia anche The World's End è curatissimo per quel che riguarda regia ed effetti speciali. Devo ammettere che questi ultimi all'inizio mi hanno lasciata perplessa (non ricordo se nel trailer si vedevano, però il primo impatto è scioccante...) ma concorrono a dare al film un piglio più grottesco che risulta ancora più divertente a fronte di scene da combattimento veramente serie e ben fatte. Le entità contro cui devono combattere i nostri cinque moschettieri a tratti mettono davvero paura soprattutto per gli urlacci accompagnati da fasci di luce che ricordano tanto L'invasione degli ultracorpi e il finale, teso e mozzafiato, ha proprio poco da invidiare ai "veri" film di fantascienza. E detto questo, siccome ho promesso di non fare spoiler, conviene chiudere qui la recensione prima che il delirio e l'amore mi travolgano e vi racconti tutto questo spazialissimo, adorabile The World's End come avrei voglia di fare finché l'onda dell'entusiasmo, che dura ormai da due giorni e mi accompagnerà per mesi (lo riguarderei già ora!!!), è ancora lì a travolgermi. Correte in sala e ringraziate l'Inghilterra per averci dato questi tre geni e il loro assurdo modo di fare cinema!


Del regista e co-sceneggiatore della pellicola Edgar Wright ho già parlato qui. Simon Pegg (co-sceneggiatore, Gary King), Nick Frost (Andy Knightley), Martin Freeman (Oliver Chamberlain), Eddie Marsan (Peter Page), Pierce Brosnan (Guy Shephard) e Bill Nighy (in originale presta la voce al Network) ho già parlato nei rispettivi link. 

Paddy Considine interpreta Steven Prince. Inglese, ha partecipato a film come Cinderella Man, Hot Fuzz e The Bourne Ulimatum – Il ritorno dello sciacallo. Anche sceneggiatore e regista, ha 39 anni e due film in uscita.


Rosamund Pike interpreta Sam Chamberlain. Inglese, ha partecipato a film come La morte può attendere, The Libertine, Orgoglio e pregiudizio, La versione di Barney, Johnny English - La rinascita e Jack Reacher - La prova decisiva. Ha 34 anni e cinque film in uscita.


Tra gli altri attori, segnalo la presenza di David Bradley, ovvero l’uomo che ogni fan di Harry Potter conosce come Gazza, lo scorbutico custode di Hogwarts, qui nei panni del folle Basil. Anche Rafe Spall e i due protagonisti di Killer in viaggio compaiono come guest star, il primo ed Alice Lowe come avventori di un pub, mentre Steve Oram è riconoscibilissimo nei panni del poliziotto in moto. Infine, se il film vi fosse piaciuto (e non vedo come non potrebbe!!) consiglio il recupero di Shaun of the Dead e Hot Fuzz. ENJOY!!

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