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venerdì 3 gennaio 2025

Nosferatu (2024)

Quest'anno ho chiesto al Bolluomo, come regalo di Natale, di portarmi a Genova per vedere Nosferatu, diretto e co-sceneggiato dal regista Robert Eggers, in v.o. e il primo giorno di uscita. Sono stata accontentata!


Trama: Ellen, appena sposata con Thomas, ripiomba negli incubi della sua adolescenza quando al marito viene chiesto di andare in Transilvania per sbrigare affari importanti col mostruoso conte Orlok.


Sono più una bimba di Coppola, invece che di Murnau ed Herzog, quindi le volte che ho guardato Dracula di Bram Stoker sono innumerevoli mentre, per contro, ho visto il Nosferatu originale e il suo remake giusto un paio di volte e non in tempi recenti. Non aspettatevi dunque una precisa disamina sul rapporto tra il nuovo film di Eggers e il suo modello di riferimento, il Nosferatu di Murnau, e prendete il mio post come le semplici impressioni di una spettatrice entusiasta, con tutte le imprecisioni del caso. L'opera di Eggers riconsegna alla figura del vampiro tutte le caratteristiche di ferina, disgustosa, anaffettiva sensualità che le rielaborazioni degli ultimi decenni avevano trasformato in materiale da romanzetto rosa e le inserisce in un contesto sociale che vede la donna come una creatura da tenere a bada e da temere. Per la prima volta è Ellen il fulcro del racconto, l'origine di ogni male. Privata dell'amore della famiglia e di qualsiasi tipo di contatto umano, Ellen parla all'istinto primario celato dentro di lei, che nessun corsetto né regola possono cancellare, e desidera la comunione con qualcuno, "qualcosa" che sia simile a lei ed allevi non solo la tremenda solitudine che l'affligge, ma anche il senso di vergogna per naturalissime pulsioni, considerate malvagie ed impure (che Ellen sia innocente e pura in questo suo desiderio, ce lo dice il fiore del lillà). Dolore e desiderio risuonano annullando tempo e distanze, risvegliando il mostruoso Orlok. Nel legame tra i due non c'è traccia del romanticismo coppoliano, anche se la bestialità degli amplessi e degli sguardi conserva parecchie somiglianze col suo Dracula di Bram Stoker. Anzi, l'elemento di spicco mi è parso, piuttosto, la volontà del maschio "dominante" di sottomettere al suo volere colei che lo ha evocato, di disconoscerne l'innegabile potere, dimostrandosi, in questo, non tanto diverso dai maschi che circondano Ellen e falliscono nella titanica impresa di comprenderla e salvare la città dall'influenza di Orlok. Il potere reale, nel Nosferatu di Eggers, ce l'ha Ellen. E' qualcosa di simile all'innocenza che ha trasformato le eroine che l'hanno preceduta in puri agnelli sacrificali, ma è molto più consapevole, è un'accettazione del destino più volte nominato nel corso del film (ma non è un'accettazione passiva), l'affermazione di una potenza in grado di generare il male, ma anche di distruggerlo. E', soprattutto, un grido di libertà, di una donna che vorrebbe parità anche nel vincolo matrimoniale, vissuto come un modo per legittimare desideri comunemente condannati come osceni, e che guarda con diffidenza a qualsiasi istituzione, religiosa o scientifica che sia.  


Come ho scritto sopra, gli uomini non ci fanno una gran bella figura, Orlok in primis. Il carisma terrificante di quest'ultimo schiaccia gli esponenti del sesso maschile come fossero mosche, riducendoli o a matti adoranti o a bambini terrorizzati, ma in tutto questo il conte non riesce ad avere ragione di Ellen, neppure rovinandole l'esistenza. L'unico che riesce a fungere da utile alleato, in quanto slegato da ogni preconcetto legato alle norme "scolastiche" e sociali (quindi a sua volta un paria), è il professor von Franz, subito seguito dal povero Thomas, che si sforza di aprire la mente in nome dell'amore, ma Sievers e, soprattutto, Harding sono due cause perse in partenza, nonché fonti di dialoghi e situazioni grottesche, di cui Nosferatu, per la cronaca, è zeppo. Sievers non vede oltre i suoi studi medici, e alle crisi sempre più gravi di Ellen risponde aumentando le dosi di etere, Harding è l'archetipo dell'uomo forte, ricco e sicuro di sé, arroccato nel suo gineceo familiare, con tre donne-trofeo da esporre nell'attesa che la moglie gli assicuri, finalmente, l'erede tanto agognato. Non c'è nessuna gioia nel vedere la progressiva distruzione della sicurezza di questi uomini piccini, specchio dei sogni di morte che confondono Ellen, anche perché Orlok, nonostante quel che ho scritto sopra, fa davvero paura. Fa paura soprattutto quando la sua presenza si manifesta nelle spettacolari sequenze oniriche che intrappolano le sue vittime privandole del senso del tempo e dello spazio, o negli incubi sanguinosi di Ellen; il lungo capitolo che vede come protagonista il favoloso Nicholas Hoult senza fiato, sempre più terrorizzato e sull'orlo della pazzia, costretto ad interagire con forze incomprensibili e un uomo disgustoso, contiene, per quanto mi riguarda, le sequenze più belle e terrificanti del film, tanto che, guardandole, mi sono sentita oppressa quanto il povero Thomas. Ma non crediate che l'aspetto di Orlok mi abbia delusa. Imponente, brutto come il peccato e, finalmente, rappresentato come un nobile guerriero rumeno, con tanto di baffoni e copricapo di pelliccia, Orlok è l'incarnazione stessa dell'orrore, una presenza anche fisica, connotata da altezza e stazza eccessive, a rappresentare qualcosa a cui è impossibile sottrarsi, soprattutto quando viene "da dentro".


Orlok è anche uno dei motivi per cui sono felicissima di aver visto Nosferatu in lingua originale. Il lavoro che ha fatto Bill Skarsgård sulla propria voce è qualcosa di notevole, e ogni volta che apre bocca è come se l'Inferno stesso comunicasse coi poveri mortali tanto sventurati da trovarsi nei pressi. Aggiungo anche che è l'unica volta che provo davvero orrore all'idea di godere del morso di un vampiro, perché gli effetti sonori che accompagnano ogni pasto di Orlok rivoltano lo stomaco, alla faccia degli sguardi languidi delle vittime. Ottimo anche il resto del cast. Lily-Rose Depp si è probabilmente riguardata Possession in loop, prima di cominciare a girare, perché la sua performance mi ha ricordato tantissimo quella di Isabelle Adjani (non a caso, la Lucy del Nosferatu di Herzog), e Nicholas Hoult mi ha stretto il cuore più volte, riconfermandosi uno dei miei attori preferiti. Un po' sottotono Willem Dafoe, che comunque dà vita a un von Franz dignitosissimo, a tratti divertente e persino tenero, mentre Aaron Taylor-Johnson l'ho percepito un po' troppo teatrale e non particolarmente a suo agio nei panni del borioso riccastro. Per quanto riguarda la regia (colma di affettuosi omaggi ai due Nosferatu precedenti), ogni immagine è costruita per trasmettere o un senso di claustrofobica angoscia, o solitudine, oppure idilli ingannevoli; i personaggi, soprattutto Ellen e Thomas, sono spesso racchiusi all'interno di cupe cornici naturali, privati gradualmente della luce, oppure ripresi contro paesaggi sterminati e squallidi interni minimali, mentre in presenza di Friedrich e Anna sembra di avere di fronte cartoline d'epoca, spaccati di calorosa vita quotidiana talmente iconici da risultare falsi, punteggiati giusto da qualche elemento dissonante che mette ancora più ansia. E' vero, Eggers sembra essersi impegnato soprattutto nelle sequenze legate al folklore rumeno, al castello di Orlok e, in generale, a tutti i momenti horror, mentre segna un po' il passo nel raccordo che unisce la partenza di Orlok al ritorno di Thomas, ma considerato che, dove rallenta la regia, l'occhio ha comunque modo di godere di una fotografia bellissima e di costumi talmente belli, soprattutto quelli femminili (gli orecchini di Ellen!!!), che viene voglia di indossarli, non ho proprio avuto da lamentarmi. Per quanto mi riguarda, l'anno cinematografico è iniziato col botto, e questo nuovo Nosferatu mi ha conquistata. Speriamo sia un preludio a un 2025 di visioni altrettanto belle! 


Del regista e co-sceneggiatore Robert Eggers ho già parlato QUILily-Rose Depp (Ellen Hutter), Nicholas Hoult (Thomas Hutter), Bill Skarsgård (Conte Orlok), Aaron Taylor-Johnson (Friedrich Harding), Willem Dafoe (Prof. Albin Eberhart von Franz), Ralph Ineson (Dr. Wilhelm Sievers) e Simon McBurney (Knock) li trovate invece ai rispettivi link.

Emma Corrin interpreta Anna Harding. Inglese, ha partecipato a film come Deadpool & Wolverine e serie quali The Crown. Ha 30 anni e un film in uscita. 


Bill Skarsgård
era stato scelto per interpretare Thomas Hutter, ma nel corso della pre-produzione Eggers ha deciso di dargli il ruolo di Orlok. La lunga gestazione del film ha fatto sì che né Harry StylesAnya Taylor-Joy, ai quali erano stati offerti i ruoli dei protagonisti, abbiano potuto partecipare. Se Nosferatu vi fosse piaciuto recuperate Nosferatu - Il vampiro, Nosferatu - Il principe della notte e Dracula di Bram Stoker. ENJOY!

mercoledì 27 aprile 2022

The Northman (2022)

Siccome è miracolosamente uscito anche qui, sabato sono corsa a vedere The Northman, l'ultima fatica di Robert Eggers come regista e co-sceneggiatore.


Trama: un principe vichingo, ancora bambino, fugge al tentativo di omicidio da parte di suo zio e torna a cercarlo, da adulto, per riscuotere una sanguinosa vendetta...


Avevo letto le peggio cose di The Northman, anche scritte da persone fidate. Non so se è perché da Eggers ci si aspettava un delirio lisergico ancora peggiore, nel senso migliore, di The Lighthouse come terzo lungometraggio, oppure perché chi lo ha visto in lingua originale probabilmente non è riuscito a superare lo scoglionamento da dialoghi rimaneggiati, dopo le critiche, persino dallo stesso regista, che si è cosparso il capo di cenere (sì perché noi italiani, invece, con Anya Taylor Joy doppiata con l'accento da bagassa dell'est... vabbé. Vergogna. E vergogna anche ai sottotitolatori, ché poi mi tocca leggere Valalla invece che Valhalla e mi viene in mente "la palla di Lalla". Ma su!), eppure prima della visione mi sono comparsi sotto agli occhi solo commenti negativi. Il "problema" di The Northman, se di problema si può parlare, è che viene fatto passare per un blockbuster fruibile da chiunque, cosa che scontenta ovviamente la maggior parte degli spettatori casuali (ma al Bolluomo è piaciuto molto), e che è troppo "commerciale" per i cinèfili, i quali probabilmente sono morti dall'orrore di dover condividere una sala con gli utenti medi per godere dell'opera di un Autore che, fino a ieri, conoscevano solo loro. Da par mio, che fortunatamente cinèfila non sono, bensì una semplice appassionata di cinema, credo di aver lasciato il segno della bocca spalancata contro la mascherina, perché The Northman è davvero una meraviglia. Epico nel vero senso della parola, di quell'epica che si studia a scuola e che si scopre in tutta la sua crudezza e fantasiosità da soli, è tanto semplice nella sua struttura portante quanto ricco di tutto ciò che può rendere assolutamente avvincente la storia di un eroe antico: morte, tradimenti, riti di iniziazione, leggende, oggetti mitici, mostri, spiriti, superstizioni, sacrificio, divinità, odio, amore, peccati, sesso. L'"origin story" di una dinastia di re, l'ideale "primo libro" di un ciclo vichingo, segue le vicende di un principe rozzo e disperato che non può fare a meno di vivere per l'odio e la vendetta, tenuto d'occhio da messaggeri degli dèi che tessono le fila di un destino già scritto, al quale non ci si può sottrarre, pena l'ignominia perpetua o un'ancor più peggiore condanna di codardia.


E così, Amleth procede come un treno nella sua vendetta, ben lontano dall'intellettuale shakespeariano che porta un nome assai simile (Il co-sceneggiatore Sjón ha preso ispirazione dalle leggende narrate da Saxo Grammaticus, alle quali si era ispirato già Shakespeare per il suo Amleto), e noi spettatori non possiamo che plaudire al suo cammino, benché zeppo di deviazioni che avrebbero fatto storcere il naso alla Sposa, e chiudere un occhio schifato sulle pene sanguinarie inflitte a nemici talmente immorali da mettere i brividi (uno in particolare; se la maggior parte dei personaggi, Amleth compreso, è abbastanza monodimensionale, c'è qualcuno a cui invece viene regalato un monologo talmente feroce e ben recitato da mettere i brividi, oltre che qualche dubbio sulla bontà del cammino del protagonista). Chiudere un occhio, virgola, ché distogliere lo sguardo dalla bellezza della regia di Eggers sarebbe peccato mortale. Il regista confeziona violentissime scene di battaglia calibrate con perfezione millimetrica e l'ausilio di piani sequenza meravigliosi, ma a mio avviso questa è stata solo la punta dell'iceberg; ciò che mi ha davvero catturata sono le scene oniriche di battaglie e prove visionarie, il volo di una valchiria tremenda e bellissima allo stesso tempo, l'inquietante orrore di sacrifici umani colorati dalle tinte del fuoco ed eseguiti con mano "elegante" dalla particolare Olwen Fouéré, la bellezza di una natura lussureggiante ma per nulla amichevole, fatta di colline verdissime, boschi consacrati agli dei e mari salvifici e pericolosi in egual modo. In tutto questo, ovviamente, ci sono fior di attori. Nonostante il brevissimo metraggio di presenza, la Kidman è per The Northman che meriterebbe delle nomination, non per filmetti come Being the Ricardos, quanto a Alexander Skarsgård e Anya Taylor Joy, definirli dream couple di una bellezza esagerata non rende l'idea e nonostante la differenza di età sarebbero coppia da shippare anche nella vita vera; grandissime lodi anche a Claes Bang, affascinante sia quando fa Dracula che quando interpreta lo Scar versione vichinga, e complimentissimi sia a lui che a Skarsgård per la fisicata mostrata in quello che è già il duello finale migliore di sempre. Avrete capito che l'entusiasmo mi impedisce di scrivere qualcosa che vada oltre il "bello bello in modo assurdo", quindi non date retta alle malelingue menose e andate a vedere The Northman, AL CINEMA, per Odino, non aspettate lo streaming! Ce ne fossero di film "banali" e imperfetti così!


Del regista e co-sceneggiatore Robert Eggers ho già parlato QUIAlexander Skarsgård (Amleth), Nicole Kidman (Regina Gudrún), Ethan Hawke (Re Aurvandil Corvo di Guerra), Anya Taylor-Joy (Olga della Foresta di Betulle), Willem Dafoe (Heimir Il Folle), Olwen Fouéré (Áshildur Hofgythja), Ralph Ineson (Capitano Volodymyr) e Kate Dickie (Halldóra) li trovate invece ai rispettivi link.


Claes Bang interpreta Fjölnir il Senzafratello. Danese, ha partecipato a film come The Square, Millenium - Quello che non uccide e a serie quali Dracula. Ha 54 anni e un film in uscita. 


Björk
(vero nome Björk Guðmundsdóttir) interpreta la veggente. Cantante e compositrice islandese, la ricordo per film come Dancer in the Dark. Anche regista e sceneggiatrice, ha 56 anni. 


Ingvar Sigurdsson
, che interpreta lo stregone, era il protagonista di A White, White Day. Bill Skarsgård era stato scelto per il ruolo di Thorir, il fratello di Amleth, ma ha dovuto abbandonare il progetto dopo che la produzione è stata ritardata causa Covid. Ovviamente, se The Northman vi fosse piaciuto recuperate The VVitch e The Lighthouse. ENJOY!


domenica 19 gennaio 2020

The Lighthouse (2019)

Oggi parlerò del film che a Natale ha fatto sfracelli sia tra gli amanti del cinema in generale che dell'horror in particolare, ovvero The Lighthouse, scritto e co-sceneggiato dal regista Robert Eggers.


Trama: due uomini sono costretti a rimanere per mesi su un'isolotto, deserto salvo per il faro al quale devono fare manutenzione. A poco a poco, i due si ritroveranno preda della follia.


Sono costretta a cominciare il post citando paro paro la bellissima recensione di Lucia, perché la differenza del formato scelto da Eggers per le riprese è la prima cosa che salta all'occhio guardando The Lighthouse e io di queste cose purtroppo non so nulla: "The Lighthouse è stato girato in 35mm e in un formato stretto e lungo, 1.19:1, che era quello utilizzato dagli studios all’inizio dell’era del sonoro, e di conseguenza dagli horror della Universal, come è noto, fortemente influenzati dall’espressionismo, se non altro grazie alla presenza di tantissimi tedeschi sui set. Ma non solo: la pellicola del film è trattata con un procedimento ortocromatico, atto a evocare la fotografia del XIX secolo" (cit. Ilgiornodeglizombi). Ci avete mai fatto caso a quanto sia angosciante vedere, per l'appunto, un vecchio horror della Universal o, ancor peggio (meglio), un esempio del cinema espressionista tedesco? Al netto di tutte le ingenuità delle trame o dell'assenza degli effetti speciali "de paura" che tanto apprezziamo al giorno d'oggi, ciò a cui reagisce la mente, per quanto obnubilata da CGI e smartphone, sono i terrificanti giochi di luce ed ombra in cui si muovono i personaggi, quel costante senso di oppressione dato dalle riprese "strette", gli angoli sghembi di cineprese usate ancora in modo pionieristico e fantasioso e tutto questo si può ritrovare, tranquillamente, all'interno di The Lighthouse. Film che più minimal non si può, durante il quale compaiono sullo schermo solo due attori (quattro, per amor di precisione) e al massimo mezza dozzina di ambienti, nessuno dei quali viene mostrato nella sua interezza o con abbondanza di dettagli, ma sempre da angolazioni ristrette, soffocanti e scure da morire. Se andiamo a vedere l'unico momento chiaro e luminoso è quello in cui Dafoe e Pattinson guardano direttamente nella cinepresa, quasi volessero salutare assieme al pubblico la civiltà e la loro sanità mentale, perché da lì in poi comincerà un delirio ininterrotto di cui, sinceramente, non mi sento mica in grado di parlare.


Robert Eggers racconta un caso di cabin fever da manuale, dove tuttavia la fever si estende all'intero isolotto in cui il povero (ma nemmeno tanto, se andiamo a vedere) Ephraim Winslow, giovane ed inesperto tuttofare, si ritrova a dover convivere con Thomas Wake, lupo di mare provetto e soprattutto faccia di merda di prim'ordine, un ubriacone che non perde occasione di vessare Ephraim relegandolo ai compiti più ingrati e faticosi e impedendogli di avvicinarsi alla luce del faro, graal proibito in più di un senso. E' un mix di elementi perturbanti e decisamente negativi, affastellati l'uno sull'altro, a erodere lentamente la mente di Ephraim assieme ad ogni certezza dello spettatore, che si ritrova testimone di un incubo che avrebbe probabilmente fatto gioire Lovecraft in persona; la spietatezza degli elementi naturali (che sia una tempesta, il terreno roccioso dell'isolotto o persino i maledetti gabbiani) e di tutto ciò che è tangibile, come la bastardaggine di Wake, la fatica, la mancanza di sonno o l'isolamento, si uniscono al superstizioso terrore di leggende marinare alle quali forse sarebbe meglio credere, così come sarebbe meglio rispettare gli antichi adagi e ogni forma di superstizione legata al mare, pena il venire annientati dallo stesso. Tanti piccoli elementi vanno ad accumularsi e ci trascinano di peso dove vuole Eggers, ovvero in una dimensione dove non esistono certezze, il confine tra realtà e immaginazione si annulla e persino vecchi marinai (o presunti tali) diventano delle terribili divinità adirate.


A tal proposito, è incredibile cosa possa fare la fotografia di un film unita all'abilità del regista con la macchina da presa e al carisma di un attore. Ora verrò uccisa da orde di cinèfili scandalizzati per questo collegamento astruso ma guardando The Lighthouse mi è venuto in mente che Dafoe era anche nel cast di Aquaman, avvinto da pixelate di CGI pacchiana per riuscire a diventare una creatura acquatica; ecco, a Eggers invece è bastato "nulla" per farlo diventare un mostro terrificante, l'ira di Nettuno personificata, un essere inimmaginabile che avrebbe potuto mangiarsi Momoa e sputarlo per dispetto. E vogliamo parlare di Pattinson? Anzi, parliamo un po', Robert. Sei un pirla, fattelo dire. Chiccazzo te l'ha fatto fare di andarti a infognare nella cloaca di haters che infestano il fandom di Batman quando tu, come la tua ex, sei perfetto per i ruoli borderline all'interno di film realizzati da signori registi e non c'entri veramente una fava col cinema commerciale? Ti prego, ripensaci. Ti servono soldi? Te li presto io, piuttosto, ma non abbandonare le sceneggiature che ti costringono in personaggi ambigui, disperati, "brutti" e pronti a perdere l'umanità perché ti calzano alla perfezione, ragazzo mio, e questo The Lighthouse ne è la dimostrazione. Anche perché non è da tutti reggere un film sulla schiena senza farsi mangiare dal carisma di quel satanasso di Dafoe, terrificante persino quando sta zitto o si limita a scrivere su un diario. The Lighthouse, lo avete visto, è entrato nella mia top 5 di fine anno e mi rende molto triste l'idea che ancora non ci sia una distribuzione italiana perché, anche se non riesco a parlarne come dovrei, è splendido. E' vero, sarà un incubo da tradurre, adattare e doppiare, ma un film così DEVE essere visto su grande schermo, a costo di farlo uscire sottotitolato, perché è giusto che Eggers ottenga anche in Italia la fama che merita.


Del regista e co-sceneggiatore Robert Eggers ho già parlato QUI. Willem Dafoe (Thomas Wake) e Robert Pattinson (Ephraim Winslow) li trovate invece ai rispettivi link.


Se The Lighthouse vi fosse piaciuto recuperate il film precedente del regista, lo splendido The VVitch. ENJOY!

venerdì 29 aprile 2016

The Witch: A New-England Folktale (2015)


In questo 2016 che si sta avvicinando a grandi passi alla stagione estiva, gli horror pregevoli stanno spuntando come funghi. Il più chiacchierato al momento è sicuramente The Witch: A New-England Folktale (anche conosciuto semplicemente come The Witch), diretto e sceneggiato dal regista Robert Eggers nel 2015.


Trama: nell’America del diciassettesimo secolo una famiglia di coloni inglesi viene cacciata dall’insediamento e i suoi membri sono costretti a metter su casa al limitare del bosco. Lì la famiglia viene colpita da una serie di sventure che farebbero pensare alla presenza di una strega…


Se mi avessero detto che a 35 anni non avrei dormito la notte per colpa di un film recitato in inglese antico, all’interno del quale le scene ad effetto sono dosate col contagocce, non ci avrei creduto. Allo stesso modo, ho affrontato The Witch col sopracciglio alzato di chi ormai non si aspetta più miracoli da nessuna parte, non dopo essere rimasta perplessa davanti ad un buon numero di horror magnificati dalla critica di tutto il mondo (sarò ignorante ma, per fare un esempio, It Follows mi è sembrato “soltanto” un buon film, non uno dei più belli mai visti), solo per asciugare una lacrima di commozione alla fine di una pellicola splendida, che sceglie un approccio assolutamente impopolare di fronte al tema trattato. The Witch traspone in immagini una storia di stregoneria e demoni senza quasi utilizzarli, sfruttando l’iconografia tipica di un “racconto popolare” ambientato in un New England non ancora preda della caccia alle streghe che sarebbe culminata nei processi di Salem; la bellezza del film di Eggers è il modo in cui si prende tutto il tempo di contestualizzare la vicenda tratteggiando con pochi, importantissimi dettagli ogni membro della famiglia di William, padre e marito dotato di un’incrollabile, testarda ed ignorantissima fede verso Dio e tutti i precetti della Bibbia, cosa che, a quanto pare, gli è costato l’esilio dall’insediamento coloniale. Accanto a lui c’è la moglie Kate, fedele compagna strappata alla terra natìa e costretta non solo a seguire un marito privo di tenerezza ma anche a venire sempre più “eclissata” agli occhi di lui e del figlio maggiore da una figlia, Thomasin, giovane e bella. Thomasin, da par suo, comincia giustamente a mal tollerare il clima repressivo presente in famiglia e la costante condanna presente negli occhi del padre, fervente sostenitore della teoria del peccato originale, per la quale chiunque è naturalmente malvagio, spinto al peccato ed indegno, mentre il figlio Caleb, poverino, sopporta stoicamente cercando di mettere da parte i dubbi e confidando in un Dio un po’ più misericordioso rispetto a quello invocato costantemente dal padre. Poi, ahimé, ci sono i gemelli. Due orribili bambini che, quando la famiglia viene colpita dalla tragedia, cominciano ad instillare il germe del dubbio “stregonesco” e a comunicare con tale Black Phillip, ovvero l’amichevole capro nero che bruca in cortile.


L'incredibile attenzione dedicata al background culturale dei personaggi fa sì che lo spettatore provi sulla pelle, ancor prima che compaiano creature inquietanti come Black Phillip, il disagio di un'epoca in cui le persone vivevano di superstizioni ed ignoranza, affidando sé stessi e il proprio benessere ai capricci di un Dio che ha scelto di creare l'uomo peccatore e di condannarlo ad un'esistenza di spietata e costante autocritica, letteralmente all'insegna del "mainaGGioia", per dirla in termini meno aulici. E' la mentalità dei coloni del New England in generale e di William in particolare a creare terreno fertile per l'elemento sovrannaturale, tanto che dopo un inizio lento e ragionato gli eventi cominciano a susseguirsi uno dietro l'altro finché la tensione diventa quasi intollerabile; Eggers gioca per la maggior parte della durata sul "non visto", sulle implicazioni nascoste nei dialoghi tra i personaggi e nelle filastrocche dei gemellini terribili, sull'iconografia tipica della strega, tanto che non si ha quasi mai la certezza che le adepte del demonio stiano effettivamente prendendo di mira la famiglia. The Witch non è uno di quei film dal finale aperto o ambiguo, comunque, come mi è capitato di vedere ultimamente in Hellions. Nella seconda parte della pellicola le carte vengono scoperte e le immagini diventano brutali, in aperto contrasto con la reticenza iniziale, dove la fanno da padrone le inquadrature degli inquietanti boschi che circondano la casa di Thomasin e i cupi interni della stessa (fotografia e scenografie sono splendide ed accurate, non ve lo sto nemmeno a dire); quando il sangue comincia a scorrere, le urla diventano quasi cacofoniche e i bravissimi attori arrivano a dare letteralmente il bianco (o il nero, fate voi), The Witch subisce un'altra frenata che ha lo stesso effetto di una pugnalata al petto dello spettatore, perché non serve "vedere" per rimanere pietrificati dall'orrore, basta soltanto ascoltare ed immaginare, che è anche peggio. E quel finale, agghiacciante ma allo stesso tempo estremamente liberatorio, è uno dei più belli che mi sia capitato di vedere in un horror, permeato da una raffinatezza tale che persino il pur gradito Rob Zombie dovrebbe andare a nascondersi con tutti i suoi caproni e i Signori di Salem. Ho già detto "che meraviglia"?    
 
Robert Eggers è il regista e sceneggiatore della pellicola, al suo primo lungometraggio. Americano, anche scenografo e costumista, ha 34 anni.


Ralph Ineson interpreta William. Inglese, ha partecipato a film come Big Fish, From Hell, Harry Potter e il principe mezzosangue, Harry Potter e i Doni della Morte - Parte 1, Harry Potter e i Doni della Morte - Parte 2, Intruders, Grandi speranze, Guardiani della galassia, Kingsman: Secret Service e a serie come Il trono di spade. Ha 47 anni e un film in uscita.


Se The Witch vi fosse piaciuto recuperate The Blair Witch Project e A Field in England. ENJOY!

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