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martedì 30 maggio 2023

La sirenetta (1989)

In occasione dell'uscita del tanto discusso remake live action, ho deciso di riguardare dopo decenni La sirenetta (The Little Mermaid), diretto e co-sceneggiato nel 1989 dai registi Ron Clements e John Musker, ispirati dalla fiaba omonima di Hans Christian Andersen.


Trama: Ariel, figlia minore di Tritone, Re del Mare, si invaghisce del principe umano Eric e stringe un terribile patto con la strega del mare per poter coronare il suo sogno d'amore...


La sirenetta è il primo prodotto del cosiddetto Rinascimento Disney, dopo un periodo di stanca in cui la Casa del Topo aveva perso molto del suo appeal commerciale e rischiava di chiudere i battenti. Vincitore di due premi Oscar (uno per la miglior Colonna Sonora Originale e uno per la canzone In Fondo al Mar), il film ha ridato letteralmente vita ai Disney Studios e ha spianato la strada a capolavori come La bella e la bestia, Aladdin e Il re leone, con Ariel a fungere da ponte di passaggio tra le "vecchie" Principesse Disney e quelle più moderne. Dico la verità, avevo visto La sirenetta già al cinema, quando avevo 8 anni, ma non mi aveva folgorata come La bella e la bestia; rivisto all'età di 42, sono riuscita a capire il perché, e ad apprezzare moltissimo la debordante Ursula, la quale avrebbe meritato un film tutto suo anche solo in virtù del suo essere un misto di Divine e Madame Medusa. Il problema de La sirenetta, guardato nell'anno del Signore 2023, è che Ariel sarà anche moderna, nella misura in cui si rende indipendente dal padre padron... ehm, Tritone ed accalappia il Principe Eric consapevole di volerlo e di essere una figa spaziale già all'età di 16 anni, però è proprio questo il punto: Ariel si innamora di Eric solo perché è bello e, nel giro di 30 secondi, lo elegge talmente ad amore della sua vita da decidere di abbandonare famiglia, voce e mare pur di farsi sposare. Almeno Belle e Jasmine, le sue sorelle più prossime, hanno modo di conoscere gli uomini di cui si innamorano e di interagire con loro in modo realistico, giustificando così la forza del loro sentimento! Il principe Eric non è migliore di Ariel, per carità, e fanno tanto sorridere i dialoghi tra lui e il suo tutore, quando quest'ultimo gli magnifica la dolcezza, arguzia, devozione della giovane fanciulla, che conosce da tre giorni ed è MUTA. La gente punta il dito sulla canzone "Baciala" (gente, che consenso dovrebbe ancora dare una che pende letteralmente dalle labbra del principe e si sporge per ricevere l'agognato bacio, con tutta la foresta che incoraggia entrambi, non solo Eric, a coronare il loro sogno d'amore?) ma è l'intero plot del film che sarebbe da rivedere un attimo e, come ho scritto sopra, l'unica degna di stima è Ursula, che ha la sola colpa di intortare le minchie di mare che fanno scelte sconsiderate e, al limite, di percularle dimenando le terga e sbattendo loro in faccia le sise prorompenti.


Messo un attimo da parte il cinismo di una 42enne, La sirenetta non dev'essere privato del suo reale valore. La colonna sonora di Alan Menken e i testi scritti da Howard Ashman, utilizzati per la prima volta come parte integrante della trama e non come mero accessorio, non hanno mai perso freschezza, ed emozionano oggi come nel 1989. Non si spiegherebbero, altrimenti, i brividi e il magone che mi prendono ogni volta che ascolto le prime note della dolcissima Part of Your World (che, chissà perché, in italiano è sempre stata solo "La Sirenetta"), né la voglia irrefrenabile di cantare In fondo al mar, ma anche il one woman show di Ursula con la sua Poor Unfortunate Souls è uno spettacolo, sia di musica che di animazione. La sirenetta è stato l'ultimo film Disney a venire realizzato quasi interamente con metodi di animazione e colorazione tradizionali e, nonostante alcune imperfezioni a livello di proporzioni (sia dei personaggi che delle singole parti del loro corpo, perché a volte la povera Ariel sembra macrocefala, mentre Sebastian cambia dimensioni a seconda di chi gli sta accanto), ha delle sequenze tuttora impressionanti ed iconiche; i movimenti di macchina durante i numeri musicali conferiscono dinamismo a quelli più sfrenati e pathos a quelli più tranquilli, l'uso dei colori è eccelso soprattutto durante le sequenze in cui dominano i toni cupi uniti ai rossi vividi o il verde/giallo malato delle vittime di Ursula, e il mondo sottomarino è composto da sfondi meravigliosi, punteggiati da miriadi di bolle disegnate da mani certosine. Anche il character design è assai gradevole e rispetta alla perfezione le personalità dei vari protagonisti, in primis quella della scoppiettante Ariel, sirenetta tutta occhioni che non smette un secondo di stare e ferma e di lasciarsi scompigliare i capelli fiammanti dall'acqua (altro bel trionfo di animazione!), però credo che la punta di diamante siano Flounder, Sebastian e Scuttle, perché non è assolutamente facile trasformare creature esteticamente poco accattivanti come granchi o gabbiani spelacchiati in personaggi dal design indimenticabile. Nell'attesa di vedere questo tanto vituperato remake, un recupero de La sirenetta credo ci voglia, ma il mio consiglio è quello di lasciare da parte il filtro della nostalgia e di gustarselo per quello che è, con tutti i suoi molti pregi e con qualche innegabile difetto che, chissà, magari il live action rimetterà a posto. D'altronde, dura DUE ORE E MEZZA contro l'ora e venti de La sirenetta, non avranno mica aggiunto solo della gran fuffa... o no? Ne parliamo domani!


Dei registi e co-sceneggiatori Ron Clements e John Musker ho già parlato ai rispettivi link.

In italiano: "sgualdrina". Alla faccia del MOIGE.

La voce originale di Re Tritone è quella di Kenneth Mars, che in Frankenstein Junior interpretava l'esilarante Ispettore Kemp; tra i doppiatori "scartati" figurano invece Robin Williams e Dom De Luise per il ruolo di Sebastian e Tim Allen per quello del Principe Eric. Nel musical nato dal film Disney sono state utilizzate parecchie delle idee scartate all'epoca, tra cui quella che vede Ursula sorella di Tritone, bandita dal palazzo dopo avere abusato dei poteri magici concessi dalla conchiglia che porta al collo, equivalente dello scettro del fratello. Probabilmente sarà un po' difficile andare a Broadway a godervi il musical ma, nell'attesa di farlo e di vedere il remake live action, se avete ancora voglia di Sirenetta sappiate che esistono altre opere nate dal film, come la serie La sirenetta - Le nuove avventure marine di Ariel e i film direct-to-video La sirenetta 2 - Ritorno agli abissi e La sirenetta - Quando tutto ebbe inizio. ENJOY!

martedì 27 dicembre 2016

Oceania (2016)

Neanche fosse il film che più aspettavo quest'anno, giovedì mi sono fiondata al cinema a vedere Oceania (Moana), diretto dai registi Ron Clements, Don Hall, John Musker e Chris Williams.


Trama: Vaiana è la figlia del capo di un villaggio polinesiano, che ama il suo popolo ma brama l'Oceano e l'avventura. Grazie alla nonna paterna, la ragazza viene in possesso del cuore della dea Te Fiti, rubato mille anni prima dal semidio Maui, e, per salvare la propria terra dall'oscurità che si è estesa fino al suo villaggio, decide di cercare Maui e costringerlo a restituire il cuore.


E' dai tempi di Lilo e Stitch che il mio cuore palpitava per rivedere un'eroina Disney col naso a patatina, gli occhi enormi e le estremità per nulla filiformi, impegnata a ballare sulle note di un'evocativa melodia hawaiiana. Quattordici anni dopo, alla Disney hanno risposto alle mie preghiere e mi hanno dato Oceania, la storia di una principessa che tale non è, più interessata ad essere esploratrice e condottiera piuttosto che la regnante di uno statico castello, pronta a solcare oceani sconosciuti per salvare il suo popolo e riportarlo alle sue radici. Vaiana (che, a chiamarla Moana, in Italia pareva brutto. Vero è che Vaiana significa acqua fresca, però...) è intelligente, carismatica e coraggiosa, eppure ha il cuore diviso tra dovere e desiderio: consapevole del suo ruolo di futuro capo del villaggio, la giovane cerca di zittire la voce dell'Oceano che la chiama fin da piccola e cerca di concentrarsi sulla quotidianità del suo popolo, risolvendo problemi via via sempre più insormontabili. Quando i disagi dell'isola in cui vive cominciano a collegarsi sospettosamente alle leggende raccontate dalla nonna materna, Vaiana decide di seguire il proprio cuore e si imbarca, letteralmente, in un'impresa pericolosa che risveglierà in lei gli istinti ancestrali di un popolo di esploratori ed esperti naviganti, un retaggio sepolto da ignoranza, timore e sì, anche dai danni causati dal semidio Maui. Oceania mette così in scena il rapporto tra due personaggi che, apparentemente, non avrebbero nulla da spartire (potente ed arrogante semidio l'uno, assai simile ad Hercules e a quel cretino di Kuzco, incerta ma determinata l'altra, nonostante sia appena una ragazzina) ma che in realtà scopriranno di essere afflitti entrambi da un grande problema, ovvero quello di non capire più bene quale strada far intraprendere alla propria esistenza. Influenzati dai fallimenti e convinti erroneamente che il valore di una persona sia legato al modo in cui viene percepita dagli altri, Vaiana e soprattutto Maui (ma non solo loro) hanno smarrito il loro vero io per strada, al punto da perdere coraggio e fiducia, accontentandosi di essere molto meno di ciò che sarebbero potuti diventare. Sarà l'oceano capriccioso e testardo a mettere alla prova entrambi e ad instradarli sul giusto cammino, per la loro salvezza e quella di tutto il mondo che li circonda, offrendo allo spettatore una girandola di avventure, gag, ironiche stilettate ai grandi classici Disney e ovviamente qualche canzoncina (non troppe, che Maui non gradisce!).


Nonostante la storia molto gradevole, la bellezza di Oceania risiede soprattutto nelle animazioni che gli meritano giustamente un nome grandioso come quello di un continente. Intanto, i paesaggi naturali sono talmente belli da far venire voglia di partire, come Vaiana, salire su una barca e solcare gli oceani; basta guardare l'azzurro cristallino dell'acqua che tratta la protagonista con tanta benevolenza per sentire profumo di mare e avvertire un soffio di vento tra i capelli. E a proposito di capelli, quanta meraviglia! Le chiome di Vaiana e Maui sono spettacolari, danno proprio l'impressione di morbidezza assoluta (non a caso il semidio se ne vanta: a bello, me ne vanterei anche io!!) e accompagnano alla perfezione il già citato design un po' chubby dei personaggi principali. Altra cosa bellissima sono le luminescenze che tanto mi hanno ricordato Il mistero della pietra azzurra, soprattutto per quel che riguarda la manta che diventa spirito guida di Vaiana e il momento in cui Tamatoa si esibisce nel suo one man show granchiesco (ah, rimanete fino alla fine dei titoli di coda, mi raccomando. Fan storici de La sirenetta, sto parlando con voi), alle quali vanno aggiunte le simpatiche interazioni tra Maui e i tatuaggi che lo ricoprono, interamente disegnati a mano: sì, il pollo HeiHei è un gran rincoglionito ma onestamente il premio simpatia lo vince il mini-semidio tatuato, che si palleggia un bel po' di battute esilaranti con la sua controparte "umana". Menzione speciale per le canzoni o, meglio, per la colonna sonora in generale. Sono due giorni che sfrutto Spotify per godermi la versione italiana del film, fatta molto bene se si esclude la tremebonda versione pop di Tranquilla, eseguita da Sergio Sylvestre e (orrore degli orrori!) Rocco Hunt; tra i brani spiccano quello cantato da Gualazzi, che infonde al già pregevole Tamatoa una personalità tutta particolare, e quelli più musicalmente "hawaiiani" come Tulu Tagaloa, An Innocent Warrior e Logo Te Pate. La canzone portante, ovvero Oltre l'orizzonte, come quasi tutte quelle cantate da Vaiana, sanno un po' troppo di Frozen ma obiettivamente non mi spiacciono, tuttavia la mia preferita resta Tranquilla cantata da Fabrizio Vidale, tradotta in maniera leggermente diversa rispetto a Prego (ribadisco: ugh!) e talmente insinuante che la canterete per i mesi a venire. Considerato anche che prima di Oceania c'è lo splendido corto Testa o cuore (Inner Workings), mi sento di dire che il Natale con la Disney è stra-consigliato anche quest'anno!


Dei registi e co-sceneggiatori Ron Clements, Don Hall, Chris Williams e John Musker ho già parlato ai rispettivi link e lo stesso vale per Jemaine Clement (Tamatoa) e Alan Tudyk (HeiHei).


Dwayne Johnson è il doppiatore originale di Maui. Americano, ex wrestler conosciuto come The Rock, lo ricordo per film come La mummia - Il ritorno, Il re scorpione e Jem e le Holograms, inoltre ha partecipato a serie come That's 70's Show, Hannah Montana, Cory alla Casa Bianca e doppiato episodi de I Griffin. Anche produttore e stuntman, ha 44 anni e otto film in uscita tra i quali Baywatch, Jumanji, Doc Savage e Shazam!.


Moana è stata ribattezzata Vaiana non solo in Italia, per evitare qualsivoglia legame con la povera Moana Pozzi, ma anche in altri paesi europei ed asiatici, per evitare problemi di copyright con questa marca di cosmetici QUI; anzi, perlomeno in Italia ci siamo limitati a cambiare il nome interno e ad adottare l'evocativo Oceania, mentre in Paesi come Francia, Germania, Olanda ed altri il film si intitola proprio Vaiana. Bleah. Rimanendo in ambito italiano, tra i doppiatori figurano il già citato Raphael Gualazzi nei panni del granchio Tamatoa e la brava Angela Finocchiaro in quelli della nonna. Detto questo, se Oceania vi fosse piaciuto recuperate La sirenetta, Aladdin, Frozen - Il regno di ghiaccio e Lilo e Stitch. ENJOY!


martedì 14 maggio 2013

Aladdin (1992)

E’ capitato una sera di dover rimanere al palo in quel di Kyoto e passare la serata chiusa nella meravigliosa stanzetta dell’ostello e per fortuna quel giorno davano in TV uno dei miei cartoni Disney preferiti: Aladdin, diretto nel 1992 dai registi Ron Clements e John Musker, vincitore di due Oscar, uno per la migliore colonna sonora e uno per la miglior canzone originale, Il mondo è mio (A Whole New World).


Trama: ingannato dal vile Jafar, il giovane ladruncolo Aladdin si introduce nella Caverna delle Meraviglie e recupera una lampada dalla quale esce fuori un genio in grado di esaudire tre desideri…


Potrei cominciare la recensione dicendo "Feeeeenomenali poteri cosmiciiiii..... inunminuscolospaziovitale!", continuare con "Scusa, orango! Aquì, içi, vien'accà!" e andare avanti così per ore, citando ogni battuta, cantando ogni canzone e mimando ogni scena di questo incredibile capolavoro Disney, un retaggio che mi porto dietro dall'età di 11 anni e che mi ha consentito di godermi Aladdin anche in giapponese, con il Genio che chiama Aladdin "Aru" invece di "Al". Potrei, ma non lo farò, altrimenti mi dareste della Señora Psicopatica, quindi meglio calmarsi e cercare di sviscerare il mio amore per Aladdin in modo perlomeno comprensibile. Sono molti i motivi che mi portano ad adorare questo lungometraggio, ma alla fine gratta gratta tutto si riduce a tre personaggi e all'incredibile equilibrio tra musica e testi che rende la colonna sonora di Aladdin una delle più belle mai realizzate per un cartone Disney. Pezzacci come Un amico come me, Principe Alì, Le notti d'Oriente e Il mondo è mio sono l'armonioso cuore di Aladdin, commuovono, incantano e strappano grassissime risate alternativamente, accompagnando una vicenda dalla quale sono assolutamente inscindibili e rendendola ancora più bella di quanto avrebbe potuto essere.


Quanto ai personaggi, qui parliamo di puro genio. Anzi, DEL Genio, ovviamente. Che sia doppiato da Robin Williams o dall'esilarante Gigi Proietti, il gigante blu è il vero protagonista del film e ruba la scena al giovane "Tom Cruise" che da il titolo alla pellicola praticamente ad ogni sua apparizione. Chi non vorrebbe "un amico come lui", al di là dei tre desideri? Genio è saggio, divertente, carismatico, fa delle imitazioni da paura e ha delle trovate incredibili a prescindere dai suoi poteri, diventa il confidente e la figura paterna di Aladdin aiutandolo a tirare fuori il Diamante che risplende in lui in barba alle sue umili origini. Dall'altra parte della barricata ci sono poi due dei villain migliori mai creati per un film Disney, l'orrido Jafar e la sua degna, infida e pennuta spalla Iago. Se il Genio è azzurro e solare come l'abito della virtuosa Jasmine i due malvagi sono invece rossi come il fuoco e la dannazione e si compensano perfettamente l'un l'altro: tanto Jafar è di poche parole e insinuante, tanto Iago è logorroico e testa calda, così che i duetti tra questi personaggi sono un compendio di esilarante e terribile malvagità. Ovviamente il mio amore va soprattutto al pappagallo Iago, impagabile quando interpreta la parte del "bravo" animaletto mangiacracker o quando si profonde in servilissimi salamelecchi nei confronti del suo padrone, eclissandone l'indubbio carisma in più di un'occasione.


Rimaniamo sempre nell'ambito della caratterizzazione dei personaggi e diamo una svolta più maliziosa alla recensione di un film per bambini. Vanno bene i buoni sentimenti e il messaggio positivo ma la Disney con Aladdin spalancava le porte alla modernità proseguendo un processo di emancipazione già iniziato ai tempi de La bella e la bestia con l'intelligente Belle. La principessa di turno, Jasmine, è sì intelligente e indipendente ma è anche ben consapevole del suo essere una sensualissima odalisca in grado di far fare agli uomini praticamente tutto quel che vuole. La signorina mostra parecchia pelle, il bacio che si scambiano lei e Aladdin dopo il viaggio sul tappeto volante non è proprio casto e puro come vorrebbe la tradizione e vogliamo parlare dello sguardo lubrico che le rivolge Jafar poco prima del finale? Certo, niente a che vedere coi turbamenti sessual-religiosi che coglieranno Frollo davanti ad Esmeralda ne Il gobbo di Notre Dame ma abbastanza da farci rimanere schifati da una scena in particolare, come accade ai poveri Iago e Abu! E anche l'umorismo di Genio è parecchio adulto e precorre i tempi, come se ci trovassimo davanti all'antesignano dei cartoni animati di oggi, improntati alla satira, alla parodia e a un umorismo difficilmente comprensibile per i poveri pargoli che, spesso, diventano delle scuse per consentire ai genitori di andare al cinema e uscire più contenti e divertiti dei bambini stessi. E' anche per questo che Aladdin è un capolavoro, per come riesce ad accontentare grandi e piccini, confermandosi un prodotto godibilissimo per tutte le generazioni. Se non lo avete mai guardato, recuperatelo e non ve ne pentirete!!


Dei registi Ron Clements e John Musker ho già parlato qui, mentre Robin Williams, mitica voce del Genio e del mercante a inizio film, lo trovate qua.

Per la voce del Genio erano stati presi in considerazione anche John Candy, Steve Martin, Eddie Murphy e John Goodman. Alla fine l’ha spuntata Robin Williams, ma l’attore non è stato trattato granché bene dalla Disney. Il grandissimo ha infatti accettato di doppiare Genio dietro un compenso corrispondente al minimo sindacale, a patto però che la sua voce non venisse utilizzata per il merchandising e che le immagini del personaggio su poster, trailer etc.  non occupassero più del 25% di spazio. Alla Disney se ne sono fregati e l’attore ha giustamente deciso di dissociarsi dalla pellicola, tanto che nel seguito Il ritorno di Jafar è stato Dan Castellaneta (storica voce di Homer Simpson) a doppiare il personaggio; solo quando i vertici Disney sono cambiati Williams è tornato ad essere il Genio per il terzo sequel straight-to-video, Aladdin e il re dei ladri, mentre in Italia tutti e tre i film, per quanto i seguiti siano a dir poco scadenti, vantano lo splendido doppiaggio di Gigi Proietti. Niente di fatto, invece, sia per Joe Pesci e Danny De Vito (presi in considerazione per il pappagallo Jago) che per Patrick Stewart che, in quanto impegnato sul set della serie Star Trek: The Next Generation, ha dovuto rinunciare al ruolo di Jafar. Per quanto riguarda la versione DVD sappiate che chi, come me, era abituato a sentire i versi “E ti trovi in galera anche senza un perché, che barbarie!, ma è la mia tribù!!” ascoltando Le notti d’Oriente, adesso troverà un più politically correct “C’è un deserto immenso, un calore intenso, non è facile ma io ci vivo laggiù”, modificato anche nella versione americana ovviamente. Sorvoliamo inoltre sul fatto che la splendida Il mondo è mio sia stata rifatta indegnamente dal mefitico duo Tatangelo/D’Alessio, perché per fortuna esistono le VHS incontaminate o in alternativa il tasto fast forward. Vi consiglierei anche di evitare i due già citati seguiti Il ritorno di Jafar e Aladdin e il re dei ladri, veicoli per la diffusione della serie televisiva Aladdin, durata tre stagioni e andata in onda in Italia sulla Rai. Buttatevi piuttosto su La bella e la bestia, La sirenetta, Le follie dell’imperatore ed Hercules. ENJOY!!

giovedì 7 gennaio 2010

La Principessa e il ranocchio (2009)

Le feste natalizie, da che mondo e mondo, non sono tali senza che si vada a vedere un cartone animato al cinema. Negli ultimi anni siamo stati invasi da lungometraggi fatti al computer praticamente in ogni stagione, ma le vere favole, quelle della Disney, disegnate a mano da stuoli di animatori, quelle che uscivano solo a Natale, erano sparite, purtroppo. Quest’anno, con La Principessa e il Ranocchio (The Princess and the Frog), diretto dai registi Ron Clements e John Musker, si torna ai bei vecchi tempi, e il risultato è un film gradevole e nostalgico.


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La trama: nella New Orleans degli anni ’30 la cameriera Thiana ha il suo bel da fare a mettere da parte i soldi necessari per realizzare il suo sogno, aprire un ristorante. A complicare le cose ci si mette il vanesio principe Naveen, trasformato in ranocchio da uno stregone voodoo, che dopo aver preteso da lei un bacio per tornare normale le passa la maledizione, facendola diventare a sua volta una rana. I due dovranno così cercare di tornare normali e capire davvero quali sono le priorità nella loro vita.


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Gli sceneggiatori hanno preso una favola tra le più conosciute, quella della buona principessa che, vinta da pietà ed incurante delle apparenze, bacia un orrido ranocchio per poi trovarsi davanti un principe, e l’hanno trasformata in un moderno e divertente viaggio musicale attraverso i miti e le superstizioni di New Orleans. Si tratta proprio di un “ritorno alle origini”, un film Disney come quelli che ci accompagnavano da piccoli, con personaggi che si profondono in numeri musicali più o meno utili ma sempre spettacolari, buoni sentimenti, animaletti parlanti, personaggi principali “seri” e contorno di esseri che vanno dall’inquietante allo strampalato. Il tutto ovviamente con un pizzico di modernità in più, perché i tempi sono cambiati. Le principesse sono indipendenti e poco romantiche (l’amica di Thiana poi è decisamente azzoccolata!), i principi sono degli spiantati donnaioli neppure troppo “sottili” quando si tratta di conquistar donzelle, le fate madrine sono delle orride e cialtrone streghe voodoo e anche gli animaletti non sono proprio ortodossi (basti pensare alla lucciola piena di fratelli, sorelle, cugini e parenti vari, che per atteggiamenti e aspetto ricorda tanto lo zotico campagnolo Cletus dei Simpson).


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Al di là di questa modernizzazione, però, la favola Disney non cambia, e il messaggio per grandi e piccini è sempre positivo e “presente”. Fin dall’inizio infatti il film ci insegna sì a seguire i nostri sogni, che sono importanti e legittimi, ma anche a non perderci per strada nel farlo, dimenticando quello che è davvero importante come la famiglia, l’amicizia, e l’amore: la vita nella sua accezione più sentimentale, insomma, i valori che restano davvero. E non a caso il personaggio più positivo è proprio la piccola e strampalata lucciola, che basa la sua intera esistenza su un sogno impossibile e grazie a questo vive accontentandosi di quello che lo circonda, perso nel suo mondo di fantasia: il poetico e commovente finale è uno dei più particolari dell’intera storia dell’animazione Disney e sfido chiunque a guardarlo senza farsi venire nemmeno un po’ di magone, altro che Bambi e Re Leone.


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Passando alla realizzazione grafica, come ho già detto i numeri musicali sono come sempre bellissimi, anche se le canzoni non sono certo in grado di competere con i pezzi storici del passato. Da brava amante dell’horror ho apprezzato soprattutto le performances dell’Uomo Ombra con i suoi Amici dell’Aldilà, oltre ovviamente allo spettacolare pezzo dove le lucciole illuminano l’intero bayou e il numero iniziale, con disegni ispirati agli anni ’30, nel quale Thiana illustra alla madre come si immagina il futuro ristorante. I personaggi sono caratterizzati benissimo, l’alligatore e il serpentello della strega voodoo sono due delle più tipiche bestiole Disney e credo che il loro character design rimarrà invariato nei secoli dei secoli, l’Uomo Ombra è sufficientemente disgustoso e l’eroina (che non dimentichiamo è il primo frutto dell’era Obama in quanto nera) è graziosa da morire.  L’unica pecca di questo adorabile film, per assurdo, è proprio la resa sullo schermo di un animale “spoglio” come la rana:cercare di umanizzarlo e contemporaneamente di lasciarlo verosimile non è uno scherzo, e il risultato è deludente, a tratti un po’ ridicolo, come nella scena del balletto tra ranocchie. Nonostante questo, però, lo consiglio a grandi nostalgici e ovviamente anche ai bimbi.


Ron Clements e John Musker sono i registi della pellicola. Tandem storico dell’animazione moderna Disney, ci hanno regalato perle come Basil l’investigatopo, La sirenetta, Aladdin (uno dei miei preferiti in assoluto!) e Hercules. Americani entrambi, i due registi sono anche coetanei, infatti hanno 57 anni.


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Bruno Campos da, in originale, la voce al principe Naveen. A differenza di Anika Noni Rose , ovvero la doppiatrice di Thana che come attrice mi è decisamente sconosciuta, l’attore brasiliano occupa un posto nel mio cuore per aver partecipato ad una delle stagioni più belle di Nip/Tuck. Tra i film in cui è comparso segnalo Mimic 2, mentre per la TV ha lavorato in Will & Grace, E.R., Boston Legal, Cold Case, CSI e Numb3rs. Ha  37 anni.


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Keith David da, in originale, la voce all'Uomo Ombra. Cito quest'uomo perché come doppiatore ha dato la voce a dei personaggi meravigliosi, oltre che ad essere attore apparso in film con le palle. Tra i suoi film ricordo La cosa, Platoon, Essi vivono, Giovani, carini e disoccupati, Pronti a morire, Armageddon, Tutti pazzi per Mary, Superhero movie . Ha partecipato a telefilm come Le avventure del giovane Indiana Jones, Law & Order, CSI, Grey's Anatomy , ER, Settimo cielo e Numb3rs  e come doppiatore ha lavorato per i film Hercules, La principessa Mononoke, Coraline e la porta magica (era il gatto)  e nelle serie Aladdin, Timon & Pumbaa, Hercules, Spawn; soprattutto ha prestato la voce allo splendido Goliath dell'ahimé defunta serie Gargoyles. Il nostro ha  54 anni e ben tredici film in uscita.


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Ultimo, ma non meno importante, John Goodman, che da la voce a Gran Papà La Bouff. Grande attore, in tutti i sensi, nonché uno dei miei preferiti, ha partecipato a La rivincita dei Nerds, Aracnofobia, I Flinstones, Il tocco del male, il blasfemo e orrendo Blues Brothers - il mito continua, Il grande Lebowski, Al di là della vita, Fratello, dove sei?,  inoltre alle serie Moonlighting, Pappa e Ciccia (che lo ha reso famoso, assieme a Roseanne Barr). Ha doppiato episodi di Simpson, Futurama, A scuola con l'imperatore e i film Le follie dell'imperatore, Monsters & co., Il libro della giungla 2 (come Baloo, mica pizza e fichi!), Cars e Bee Movie. Ha 58 anni e cinque film in uscita.


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Vi lascio con un video del film sulle note della canzone Never Knew I Needed, del cantante Ne-Yo. ENJOY!!


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