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lunedì 28 aprile 2025

Sinners - I peccatori (2025)

Martedì scorso, io e i miei amici abbiamo dovuto scegliere tra due film horror/thriller, nella speranza che ne avrebbero tenuto ancora uno questa settimana. Siccome, visto che il nostro multisala è MOLTO illuminato, per non sbagliare li hanno tolti entrambi, ci è andata molto di culo avere scelto Sinners - I peccatori (Sinners), diretto e sceneggiato dal regista Ryan Coogler, invece di Drop.


Trama: nel Mississippi degli anni '30, i gemelli Smoke e Stack tornano a casa dopo un periodo passato a Boston, per aprire un juke joint. Per l'inaugurazione, i due uomini chiamano in aiuto amici, parenti e amanti, ma non hanno fatto i conti con l'orrore pronto a bussare alla porta e a mandare in frantumi tutti i loro sogni...


Non pretendo di essere fine conoscitrice del cinema di Ryan Coogler, di cui ho visto e apprezzato giusto Creed, prima che cadesse nell'immondezzaio del MCU con uno dei franchise più paraculi e sopravvalutati dell'intera baracca. Di sicuro, però, non mi aspettavo che, da questo immondezzaio, si sarebbe risollevato affrontando uno dei generi più difficili, l'horror, e uscendo a testa altissima dall'impresa. Ora come ora, infatti, I peccatori è, per quanto mi riguarda, l'horror più bello dell'anno, più bello ancora di Nosferatu, e dubito verrà superato da qualsiasi altra opera di genere distribuita da una major grossa come la Warner. Ripongo ancora fiducia in qualche lavoro indipendente, ma intanto il mio consiglio è quello di recuperare I peccatori sullo schermo più grosso che potete, possibilmente in lingua originale (io, purtroppo, non ho avuto questo onore); questo perché I peccatori è un musical, ed è molto fastidioso lo stacco tra le splendide canzoni presenti nel film e i dialoghi interpretati con una voce completamente diversa. C'è anche tutta la questione degli accenti e di quel "negro" che, sentito in italiano, mi fa cadere le palle, ma probabilmente sono cose che infastidiscono solo i malati "linguisti" come me. Comunque, prima che fuggiate inorriditi dalla parola "musical", lasciatemi spiegare un attimo. Non è che nel film di Coogler troverete gente che, come in Joker - Folie à Deux, comincia ad esprimere i suoi sentimenti cantando, ma la musica è una componente fondamentale del substrato culturale alla base de I peccatori, tra jazz, blues e ballate folk. Talmente fondamentale, in effetti, che bisognerebbe essere molto ferrati in materia per apprezzare al meglio rimandi e omaggi disseminati all'interno del film; ma, nel caso foste ignoranti come la sottoscritta, I peccatori riesce a parlare di argomenti non banali come il desiderio di appartenenza a una comunità che fa a pugni con quello di libertà, di culture depredate, di falsa sicurezza, di speranze infrante e di profonda solitudine. E' un film, I peccatori, in cui anche i demoni hanno qualcosa da dire, e sono mossi da qualcosa di ben diverso dal semplice desiderio di uccidere o nutrirsi. Si potrebbe affermare che li spinge un'utopia nata da presupposti distorti, ma lo stesso piena di attrattive, soprattutto in una società dove il colore della pelle è un pericolosissimo stigma e dove le tradizioni, la memoria comune, sono l'unico modo di non soccombere, perdendosi.


Ne I peccatori, i personaggi fuggono "da" qualcosa oppure "verso" qualcosa, ben pochi riescono a trovare un equilibrio nella stasi e a scendere a patti col dolore del passato e del presente. A prescindere da quale sia il loro pensiero, comunque, sono tutti molto approfonditi e, se non fosse per le splendide immagini che graziano la parte "notturna" e horror de I peccatori, verrebbe quasi da dire che è molto più interessante il lavoro d'introduzione diurno del film, che fa entrare i protagonisti nel cuore dello spettatore, rendendo assai più straziante la separazione seguente. E' una struttura presa direttamente dall'adorato Dal tramonto all'alba, così come la contaminazione di generi e la natura ambigua dei personaggi, il cui animo è sfumato in varie gradazioni di grigio; i gemelli Smoke e Stack sono due gangster violenti, ma è impossibile non amarli, Slim è un adorabile ubriacone senza speranza, il giovanissimo Preacher Boy sogna la libertà dai dogmi del padre e scopre il sesso e l'amore nel giorno più brutto della sua breve vita, Annie e Mary sono vittime di un dolore inenarrabile, e verrebbe voglia di conoscere le storie di ognuno di loro, da tanto I peccatori è ricco di potenziale epico e narrativo. Agli echi di Dal tramonto all'alba, si aggiungono quelli di un Mississippi Burning e, soprattutto, di un La baia di Eva. Accanto alla triste realtà sociale di una terra ancora governata dal Klan, accanto all'orrore, c'è infatti la magia. Ignorata, temuta ma presente, la magia che annulla i confini tra passato e presente, veicolata da chitarre d'argento, o protegge le persone attraverso feticci voodoo, permea ogni fotogramma de I peccatori e si traduce nei molteplici riti di iniziazione che fanno crescere Preacher Boy; dalla splendida, magistrale sequenza in cui viene meno il concetto stesso di tempo, al faccia a faccia con la morte e il Demonio (che coincide con un "battesimo" profano e molto violento), passando per una delle scene di sesso più vere e coinvolgenti viste al cinema di recente, la magia tocca e trasforma Preacher Boy e, attraverso di lui, le sue dita e la sua voce, sconvolge la realtà riaffermando il regno del Caos alla faccia di qualsiasi pretesa di controllo e autorità umana.


E la magia più grande, neanche a dirlo, è quella del Cinema, con la C maiuscola. Coogler e la direttrice della fotografia Autumn Durald hanno scelto di girare il film su pellicola, usando due diversi formati, e il risultato sono inquadrature diurne di ampissimo respiro, quasi simili a quelle di un western, dai colori e dalle ombre caricatissimi, seguite da scene notturne nitide e calde, dove la macchina da presa sembra quasi danzare tra i corpi sudati dei clienti del juke joint. Il montaggio, invece, non solo scandisce il ritmo delle scene più violente del film, ma agisce in perfetta sinergia con la splendida colonna sonora di Ludwig Göransson e, soprattutto sul finale, alimenta un crescendo di tensione tale che quasi non riuscivo a stare ferma sulla sedia. A proposito della colonna sonora, avrei voluto che Mirco, provetto bassista, fosse accanto a me al cinema, perché avrebbe potuto aiutarmi a dire qualcosa di sensato e ficcante; da ignorante, posso solo dire che il mix di jazz, blues, canzoni originali, ballate folk, ritmi forsennati di basso e chitarre elettriche che sembrano volere squarciare il velo della realtà, è perfetto per l'atmosfera de I peccatori ed è una delle poche colonne sonore che ho avuto voglia di riascoltare appena uscita dal cinema. Un plauso, infine, va al cast. Michael B. Jordan si sdoppia, letteralmente, ed è talmente bravo nel dare vita a due gemelli dal carattere molto diverso, che ho avuto dubbi fino all'inizio dei titoli di coda sul fatto che fosse veramente un solo attore ad interpretarli. Ciò detto, il resto del cast arriva talvolta ad eclissarlo. L'esordiente Miles Caton buca lo schermo, Delroy Lindo è un mattatore coi fiocchi, Jack O' Connel entra con grazia nel novero dei vampiri cinematografici più carismatici di sempre, e la splendida Wunmi Mosaku scalda il cuore con la sua sola presenza e la sua Annie è, senza dubbio, il mio personaggio preferito di tutto il film. Concludo dicendo che, appena uscita dalla sala, sarei corsa dentro per riguardare il film da capo, e non vedo l'ora di riguardarlo in v.o. appena possibile, per godermelo ancora di più. Correte al cinema, non perdetevi questa meraviglia!


Del regista e sceneggiatore Ryan Coogler ho già parlato QUIMichael B. Jordan (Smoke/Stack), Wunmi Mosaku (Annie) e  Hailee Steinfeld (Mary) li trovate invece ai rispettivi link.

Jack O'Connell interpreta Remmick. Inglese, ha partecipato a film come Eden Lake e Harry Brown. Anche produttore e regista, ha 35 anni e un film in uscita, 28 anni dopo. 


Delroy Lindo interpreta Delta Slim. Americano, ha partecipato a film come Malcom X, Get Shorty, L'avvocato del diavolo, Una vita esagerata, Le regole della casa del sidro, Il castello; come doppiatore ha lavorato in I Simpson e Robot Chicken. Anche produttore, ha 74 anni.


Se I peccatori vi fosse piaciuto recuperate i già citati Dal tramonto all'alba e La baia di Eva e aggiungete Il buio si avvicina. ENJOY!

mercoledì 17 maggio 2023

Alice, Darling (2022)

Mi sembra che nessuno dei blog che leggo di solito ne abbia parlato, quindi ci penso io a raccontarvi qualcosa su Alice, Darling, diretto nel 2022 dalla regista Mary Nighy.


Trama: durante una vacanza passata con le due migliori amiche, Alice viene costretta a riflettere sulla sua relazione col fidanzato. 


Alice, Darling è un film che mi ha attirato fin dall'ingannevole trailer. Lì per lì credevo fosse un thriller, forse sviata anche dal fatto di avere visto la Kendrick nemmeno troppo tempo fa in Un piccolo favore, invece il film di Mary Nighy è di tutt'altro genere, anche se, a tratti, risulta comunque parecchio inquietante. Alice, Darling è la storia di una donna che sta affogando. Le immagini iniziali del film ci mostrano la protagonista immersa in acque torbide, dalle quali si dibatte per uscire, pur senza troppa convinzione. L'incipit è una bellissima metafora della vita di Alice, thirtysomething fidanzata con Simon, artista di successo, la quale vive un'esistenza apparentemente perfetta tra uscite con le amiche, bei vestiti, colazioni eleganti, serate mondane; in realtà, tutto questo susseguirsi di momenti instagrammabili è solo superficiale apparenza, increspata da piccoli eventi quotidiani che stridono con la percezione esterna che si potrebbe avere di Alice. Stacchi di montaggio improvvisi spezzano la narrazione, dando un'idea della mente frammentata di una donna impaurita che, come un piccolo roditore, è preda di rapidi tic incessanti, che spaziano dallo strapparsi ciocche di capelli a controllare spasmodicamente il telefono, oppure reagisce con violenza a stimoli uditivi come la suoneria dei messaggi o una voce maschile che la chiama per nome. E' così che capiamo che Alice sta affogando e che le acque torbide in cui si dibatte hanno il volto di Simon, il sembiante di una relazione tossica che la costringe ad essere perfetta e a non fare errori, pena il venir abbandonata da un così alto esemplare di maschio alfa. Il fatto che, come ho scritto su, Alice si dibatta poco convinta per liberarsi da questa situazione, è semplice e complicato al tempo stesso, è qualcosa di personale ed intimo, da lasciare al massimo a psicoterapeuti competenti, e infatti la sceneggiatura di Alanna Francis non offre soluzioni, né quelle catartiche tipiche degli horror (anche se il maglio lo lascerebbe supporre), né quelle più goliardiche di una commedia, ma si limita a mostrare un primo passo e, soprattutto, un altro elemento importante.


Alice, Darling, invece di giudicare il carnefice (che comunque non ci fa una bella figura) o glorificare la vittima, sottolinea l'importanza di avere una rete di sostegno, anche piccola, che possa aiutare quest'ultima ad aprire gli occhi senza particolari gesti eclatanti ma con pugno fermo, convinzione ed attenzione. Le figure delle due amiche di Alice, ostracizzate in pochi, ficcanti dialoghi da san Simon e vittime dell'influenza di quest'ultimo al punto che l'amicizia tra le tre si è sfaldata nel tempo (altro aspetto interessante della sceneggiatura è che non viene mai spiegato apertamente perché, ma viene lasciato modo allo spettatore di capire), acquistano importanza col proseguire della storia e si arricchiscono di sfumature che cambiano completamente la percezione dello spettatore, soprattutto per quanto riguarda Tess. Si potrebbe dunque riassumere Alice, Darling come il racconto di una vacanza rivelatrice, un'interessante indagine dell'animo umano, interamente retta dalla splendida interpretazione di un'Anna Kendrick inaspettatamente brava nel ruolo di una ragazza che lotta disperatamente per non soccombere alla sua vita "da sogno", ma non è tutto oro quello che luccica. Nonostante la bella confezione e le ancor più valide interpretazioni, la sceneggiatura del film si sfilaccia nell'introdurre il parallelo tra Alice e una ragazzina scomparsa, probabilmente uccisa da una persona di cui si fidava; la tragedia riverbera sicuramente nell'animo della protagonista, rendendola ancora più fragile, ma a fini meramente cinematografici, a mio avviso, ha solo la funzione di allungare il breve metraggio del film e di introdurre una pista che non porta da nessuna parte, né aumenta una tensione già degnamente costruita nella prima parte di Alice, Darling. Il mio consiglio è quello di recuperare l'opera d'esordio di Mary Nighy senza aspettarvi emozioni intense sul filo del thriller, perché rischiereste di rimanere delusi, ma di accoglierlo come un'interessante riflessione sull'accettazione passiva di una violenza talmente sottile che liberarsene risulta quasi impossibile. 


Di Anna Kendrick, che interpreta Alice, ho già parlato QUI mentre Wunmi Mosaku, che interpreta Sophie, la trovate invece QUA.

Mary Nighy è la regista della pellicola. Inglese, figlia di Bill Nighy, è al suo primo lungometraggio. Anche attrice e sceneggiatrice, ha 39 anni.


Kaniehtiio Horn interpreta Tess. Canadese, ha partecipato a film come Il giustiziere della notte - Death Wish, Possessor e a serie quali Supernatural, Hemlock Grove, The Strain e Slasher. Anche produttrice, regista e sceneggiatrice, ha 37 anni e un film in uscita. 


Se Alice, Darling vi fosse piaciuto recuperate Swallow e Primo amore. ENJOY!

martedì 10 novembre 2020

His House (2020)

Finita l'abbuffata triestina, devo un po' rimettermi in pari con i film usciti nel frattempo e soprattutto re-imparare a scrivere dei post di lunghezza standard. Purtroppo a far da cavia toccherà a His House, film diretto e co-sceneggiato dal regista Remi Weekes, troppo bello per finire vittima del mio essere arrugginita...


Trama: Bol e Rial, due profughi dal Sudan, riescono ad arrivare in Inghilterra e ad ottenere un alloggio, ma qualcosa li ha seguiti dalla loro terra d'origine.

His House è un film dell'orrore in più di un senso, una pellicola che sfido chiunque (tranne i leghisti, tanto non capirebbero) a guardare senza sentirsi morire dentro e non provare almeno un minimo di empatia per i due protagonisti. Bol e Rial sono marito e moglie, sono fuggiti da un paese in guerra e, nel corso del viaggio, hanno perso qualcuno di molto importante. Per loro l'Inghilterra non è la terra promessa, bensì un posto freddo e crudele dove sono stati costretti a fuggire per non morire, quando potendo scegliere avrebbero desiderato rimanere nel loro Paese, dove peraltro Bol lavorava in banca, invece di venire trattati come persone non desiderate, da tenere d'occhio, passabili di venire rimandati a calci in un posto dove la gente viene uccisa solo perché di una tribù diversa. Non c'è un solo istante di His House in cui Bol e Rial vengano trattati come esseri umani; ciò vale sia per chi si rivolge a loro in modo palesemente sgarbato e razzista, sia per quanto riguarda chi dovrebbe aiutarli ad integrarsi, che quando va male li considera poco più che pratiche burocratiche da sbrigare velocemente, quando va bene dei bambini tardi, da vezzeggiare o blandire con una finta cortesia che dà ancora più fastidio del razzismo palese. In tutto questo, anche tra Bol e Rial le cose non vanno bene. Durante la traversata è successo qualcosa che ha cambiato profondamente loro e il loro rapporto e se Bol reagisce a ogni problema cercando di integrarsi al limite del concepibile, arrivando quasi a negare la propria identità, Rial rifiuta, comprensibilmente, ogni cosa. Come se tutto questo non bastasse, la casa fatiscente che è stata loro assegnata comincia a manifestare la presenza di qualcosa che affonda le radici in leggende antiche e si nutre dell'oscurità che pare non voler lasciare Bol e Rial, nemmeno in questa nuova vita che dovrebbe essere piena di speranza.


Come ho scritto all'inizio, His House racconta un orrore inedito e in gran parte reale, dal punto di vista di chi vive una situazione orribile e non trova pace né empatia, rinchiuso all'interno di un mondo che diventa claustrofobico anche quando si trova fuori dalle quattro mura infestate, perché se in casa ci sono i fantasmi, fuori ci sono regole strettissime e una società sconosciuta e ostile; peggio ancora, non c'è salvezza nemmeno nella solitudine dei propri pensieri, perché incubi e paure si mescolano alla realtà, rendendola ancora più allucinata. Sia la sceneggiatura che la regia di His House giocano con i cliché arrivando a sorprendere il pubblico, catturandolo con una storia mai banale, in grado di riservare sorprese scioccanti e commoventi, e con sequenze in grado di fare davvero paura senza essere scorrette, sfruttando un terrore interamente fatto di inquadrature e montaggio, non di suoni sparati al massimo; di più, i due interpreti principali sono incredibilmente bravi e basta anche solo guardarli stare fermi e immobili, farsi catturare dalla loro espressività del viso, per venire sconvolti da un mare di emozioni che nessuna parola potrà mai incanalare. His House è pieno di sequenze splendide, che fanno di questo gioiellino uno dei pochi film Netflix da guardare più di una volta (ovvio, serve un po' di voglia di farsi del male) per godere di ogni dettaglio, anche del più insignificante. Aggiungo che il film di Remi Weekes è tutto quello che Welcome to the Blumhouse avrebbe dovuto essere e non è stato, nonostante la somiglianza con alcuni concetti tanto cari alla casa di produzione, quindi stavolta Netflix batte Amazon Prime di mille punti, con un horror che sicuramente entrerà nelle classifiche di fine anno e, soprattutto, nel cuore degli spettatori, che amino o meno il genere.


Di Matt Smith (Mark Essworth) e Javier Botet (la strega) ho già parlato ai rispettivi link.

Remi Weekes è il regista e co-sceneggiatore della pellicola, inglese, al suo primo lungometraggio. 


Wunmi Mosaku interpreta Rial Majur. Nigeriana, ha partecipato a film come Womb, Animali fantastici e dove trovarli, Macbeth e a serie quali Lovecraft Country e The End of the Fucking World. Ha 34 anni. 




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