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venerdì 2 dicembre 2016

Snowden (2016)

In settimana mi sono imbarcata nella titanica impresa di guardare Snowden, diretto e co-sceneggiato da Oliver Stone a partire dal libro omonimo di Luke Harding e da Time of the Octopus dell'avvocato Anatoly Kucherena.


Trama: dopo una breve e brillante carriera all'interno dell'intelligence americana, l'ex dipendente della CIA Edward Snowden decide di rivelare ad alcuni giornalisti informazioni segrete legate all'invasiva e capillare raccolta di informazioni condotta dalle agenzie per cui lavorava.


A chi dovesse leggere questo post chiedo la cortesia di prenderlo con le pinze, tenendo a mente l'ignoranza crassissima di cui mi faccio portatrice sana davanti a questo genere di film biografici e, soprattutto, accettando con indulgenza il fatto che abbia guardato Snowden essenzialmente sotto pressione cinefila, traducibile con un "dell'argomento trattato mi importa poco ma vogliamo non dare una chance ad un film di Oliver Stone con Joseph Gordon-Levitt come protagonista?". Solitamente, una volta che, per qualsivoglia motivo, mi impegno a vedere un film simile, voglio una storia interessante, coinvolgente e possibilmente imparare qualcosa. Per quel che riguarda l'ultimo punto, Snowden mi ha ulteriormente aperto gli occhi sul fatto che viviamo in un mondo costantemente controllato da un Grande Fratello dalla faccia sorridente, che non combatte più le guerre con fucili e missili (non contro i Paesi potenti o contro potenziali alleati, perlomeno) bensì attraverso hacker, furti di informazioni, spionaggio satellitare e un controllo capillare per tutto quello che riguarda i dati personali del 98% della popolazione mondiale. Ho avuto conferma che purtroppo dietro le macchine "infallibili" ci sono esseri umani spinti da motivazioni personali ed imperativi burocratici, politici o legislativi che spesso fanno a pugni con la moralità o l'etica, e che la realtà non è soltanto bianca o nera, soprattutto quando qualcuno decide arbitrariamente cosa sia meglio per le persone e soprattutto quando queste persone, vuoi per ignoranza o vuoi per ingenuità, si fidano ciecamente di chi dovrebbe tutelarne gli interessi. Snowden mi ha anche fatto conoscere l'informatico che da il titolo al film, fino a pochi giorni fa nulla più di un nome sentito per qualche giorno al telegiornale; a proposito di quel che dicevo sopra, la pellicola lo dipinge come un patriota che, nel tempo, ha imparato sulla propria pelle come una mente geniale, buone intenzioni e il desiderio di rendere grande il proprio Paese nulla possano contro il cinismo di chi esige un "piccolo sacrificio" per un proposito ben più grande. Snowden non viene mai descritto come un liberale o un rivoluzionario, bensì come una persona che ha lavorato con coscienza, credendo nella sua attività e in quella dei servizi segreti finché ha capito di non poter più chiudere gli occhi davanti all'infinita serie di "libertà" assunte da organi quali CIA e NSA o davanti allo stravolgimento dei suoi programmi, riadattati per fini ben diversi rispetto a quelli iniziali.


Come potete leggere, Snowden qualcosa mi ha quindi insegnato ma per quel che riguarda interesse e coinvolgimento emotivo diciamo che si rasenta lo zero assoluto. Solitamente alla fine di questi biopic mi parte l'embolo e compio perlomeno l'atto di infilare nella lista desideri Amazon dei libri sull'argomento, con il film di Oliver Stone ciò non è accaduto e i motivi sono essenzialmente due. Innanzitutto, e so che a scrivere così sembrerò una bambina di 6 anni, Snowden è TROPPO lungo. Io non sono una di quelle che rifuggono la lunghezza, se la pellicola mi "prende" arrivo a sopportare anche quattro ore di metraggio, tuttavia due ore e un quarto di pipponi su NSA, tecnologie a me avulse e riflessioni sulla fondamentale natura infingarda dell'intelligence USA mi hanno abbastanza provata. Seconda cosa, Joseph Gordon - Levitt è bravissimo ma lo Snowden dipinto nella pellicola trasmette davvero pochissime emozioni, non permette neppure una volta di empatizzare con lui e l'unico momento in cui si arriva a provare qualcosa è quando viene mostrato il vero Edward Snowden sul finale, con un paio di immagini di repertorio che scuotono lo spettatore portandolo a rendersi conto di come tutte le cose incredibili raccontate nel film sono successe sul serio e questo ragazzo (all'epoca neanche trentenne) ha buttato coscientemente nel cesso una vita agiata per aver prestato orecchio alla propria coscienza, cosa non da tutti. Tra gli altri attori svettano una Melissa Leo molto dolce e, in senso negativo, una Shailene Woodley che io proprio non sono riuscita a farmi piacere, né come attrice né come personaggio (Lindsay Mills mi è sembrata ritratta come una povera minchietta dalle grandi idee che fondamentalmente si limita a vivere sulle spalle del fidanzato ricco), per il resto Snowden mi è parso comunque un prodotto di alta qualità sia per quel che riguarda la regia che per il cast, pur non regalandomi nessuna sequenza particolarmente entusiasmante o in grado di colpirmi in senso positivo o negativo. Insomma l'ultimo film di Oliver Stone, almeno con me, non ha trovato terreno fertile ma non mi sento affatto di sconsigliarlo: prendete atto dei miei gusti e provate a guardarlo, magari potrebbe piacervi molto!


Di Melissa Leo (Laura Poitras), Joseph Gordon - Levitt (Edward Snowden), Rhys Ifans (Corbin O'Brian), Nicolas Cage (Hank Forrester), Tom Wilkinson (Ewen MacAskill), Joely Richardson (Janine Gibson), Timothy Olyphant (Agente della CIA a Ginevra), Logan Marshall-Green (pilota di droni) e Ben Chaplin (Robert Tibbo) ho parlato ai rispettivi link.

Oliver Stone (vero nome William Oliver Stone) è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come La mano, Platoon (che gli è valso l'Oscar per la miglior regia), Wall Street, Talk Radio, Nato il quattro luglio (secondo Oscar per la miglior regia), The Doors, JFK - Un caso ancora aperto, Natural Born Killers, Gli intrighi del potere - Nixon, Ogni maledetta domenica, Alexander, World Trade Center, Wall Street - Il denaro non dorme mai e Le belve. Anche produttore e attore, ha 60 anni.


Zachary Quinto interpreta Glenn Greenwald. Meraviglioso spreco di geni maschili (perché uno così gnocco deve essere gay? Sigh!), lo ricordo per aver interpretato Sylar nella serie Heroes e diversi altri personaggi nelle prime due stagioni di American Horror Story ma ha partecipato anche a film come Star Trek, Into Darkness - Star Trek, Star Trek: Beyond ed altre serie quali The Others, CSI - Scena del crimine, Lizzie McGuire, Six Feet Under, Streghe, 24 e Hannibal. Anche produttore e sceneggiatore, ha 39 anni e tre film in uscita, tra cui l'ennesimo sequel di Star Trek.


Shailene Woodley interpreta Lindsay Mills. Americana, ha partecipato a film come Paradiso amaro, Divergent, Colpa delle stelle, Insurgent, Allegiant e a serie come Senza traccia, The O.C., My Name is Earl, CSI: NY e Cold Case. Ha 25 anni e un film in uscita.


Scott Eastwood (vero nome Scott Clinton Reeves) interpreta Trevor James. Figlio di Clint Eastwood, lo ricordo per film come Flags of our Fathers, Gran Torino, Invictus, Non aprite quella porta 3D, Fury e Suicide Squad. Anche produttore, ha 30 anni e cinque film in uscita tra qui Pacific Rim: Maelstrom.


La giornalista Laura Poitras, portata sullo schermo da Melissa Leo, ha diretto nel 2014 il documentario Citizenfour, che ha vinto l'Oscar e la cui genesi viene raccontata appunto nel film di Oliver Stone. Se Snowden vi fosse piaciuto recuperatelo e magari, se la realtà comincia a starvi stretta, recuperate il più caciarone Nemico pubblico. ENJOY!

domenica 18 settembre 2016

RocknRolla (2008)

Questa è l’ultima del 2016, prometto. Intendo l’ultima volta che scrivo un brevissimo post dopo praticamente un mese dalla visione del film, cosa che mi porta inevitabilmente ad affidarmi ad una memoria sempre più scarsa e ad emozioni ormai raffreddatesi. Ciò accade, soprattutto, quando si parla di film come RoknRolla, diretto nel 2008 dal regista Guy Ritchie, la tipica sagra del malvivente inglese tanto cara all’autore.


Trama: uno speculatore edilizio senza scrupoli cerca di concludere un grosso affare con un magnate russo ma la commercialista di quest’ultimo è in combutta con un paio di piccoli malviventi e lo deruba sistematicamente di ogni investimento. A complicare un affare che già sta in piedi per miracolo si aggiungono i capricci di un giovane cantante rock fattosi passare per morto…



Ammetto pubblicamente di essere un’estimatrice di Guy Ritchie, del suo stile caciarone e videoclipparo, del montaggio rapido quanto i giri di giostra tra personaggi che si susseguono continuamente sullo schermo, del sottobosco criminale che mette in scena con abbondanti dosi di umorismo nero e anche di un certo modo ruffiano di accattivarsi il pubblico. Tutti questi elementi si ritrovano in RockNRolla eppure, nonostante il mio amore per il regista inglese, la visione del film si è rivelata lievemente pesante, come se avessi davanti uno scherzo tirato per le lunghe; la trama della pellicola fila e tutto torna perfettamente sul finale, nel quale ogni tessera apparentemente stonata riesce nonostante tutto a comporre un mosaico perfetto, però credo che la parte centrale del film venga appesantita troppo da ripetizioni inutili e personaggi superflui. In aggiunta, bisogna dire che il RockNRolla del titolo è uno dei protagonisti più fastidiosi e meno carismatici mai creati da Guy Ritchie. Non so se imputare la colpa all’attore Toby Kebbell, che sembrerebbe un giovane Sacha Baron-Coen molto meno divertente (e già di suo non che Baron-Coen mi faccia impazzire...), sta di fatto che dal momento in cui compare il fantomatico Johnny Quid il film subisce una frenata che non molla neppure con la presenza del fantastico “gangster” di Tom Wilkinson e del sempre valido Mark Strong, punte di diamante di un cast che contempla anche due figoni del calibro di Idris Elba e Gerard Butler, tra gli altri. Ecco, forse RockNRolla mi ha un po’ delusa perché pensavo che il fulcro della storia fosse questa coppia di pregevoli attori, invece la trama a un certo punto si discosta dalle loro disavventure, focalizzandosi su furti di quadri, rockstar drogate, segretucci nascosti e russi psicopatici, questi ultimi protagonisti delle sequenze più genuinamente folli e divertenti di tutta la pellicola. Nonostante questo, quando durante i titoli di coda ho letto che i protagonisti di RockNRolla sarebbero tornati per un secondo film non ho potuto fare a meno di chiedermi cosa aspetti Ritchie a riprendere le fila del discorso, magari con qualche aggiustatina qui e là: o sono completamente psicopatica e mi sbaglio di grosso, oppure potrebbe venire fuori un sequel molto migliore della pellicola originale!


Del regista e sceneggiatore Guy Ritchie ho già parlato QUI. Gerard Butler (One Two), Tom Wilkinson (Lenny Cole), Mark Strong (Archy), Idris Elba (Mumbles), Tom Hardy (Bob il bello), Toby Kebbel (Johnny Quid), Karel Roden (Uri Omovich), Jeremy Piven (Roman), Gemma Arterton (June) e Jamie Campbell Bower (Rocker) li trovate invece ai rispettivi link.

Thandie Newton interpreta Stella. Inglese, ha partecipato a film come Intervista col vampiro, Gridlock'd, Mission: Impossible 2, The Chronicles of Riddick e a serie come E.R. Medici in prima linea, inoltre ha doppiato un episodio di American Dad!. Ha 44 anni e due film in uscita.


Il cantante Ludacris (col vero nome di Chris Bridges) interpreta Mickey, uno dei due manager di Johnny Quid. Apparentemente, quella di RocknRolla avrebbe dovuto essere una trilogia, di fatto nei titoli di coda viene scritto "The Wild Bunch will return in The Real RockNRolla", tuttavia nel frattempo Ritchie ha girato altri quattro film e di un eventuale sequel non c'è ancora traccia. Detto questo, se RocknRolla vi fosse piaciuto recuperate Lock & Stock - Pazzi scatenati e Snatch - Lo strappo. ENJOY!

domenica 22 febbraio 2015

Selma - La strada per la libertà (2014)

Stasera verranno consegnati i premi Oscar e, nonostante i post debbano ancora uscire, io ho fatto del mio meglio per guardare praticamente tutti i film che concorreranno a qualche statuetta "importante". L'ultimo in ordine di tempo è stato Selma - La strada per la libertà (Selma), diretto nel 2014 dalla regista Ava DuVernay e candidato a due Oscar, uno per il Miglior Film e uno per la Miglior Canzone, Glory.


Trama: nel 1965, Martin Luther King si batte affinché i neri ottengano il diritto di voto e la chiave del movimento di protesta è riuscire ad organizzare una pericolosa, benché pacifica, marcia da Selma a Montgomery, in Alabama.


Selma è un film che mi incuteva timore, come tutte le pellicole che, in qualche modo, hanno a che fare con delle figure storiche moderne. Alla matematica certezza di perdermi nei nomi e nelle date, infatti, si aggiunge di solito la paura di avere davanti una mattonata retorica della peggior specie e questo Selma, che aveva anche troppi legami col pesantissimo The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca, sembrava davvero averne tutte le caratteristiche. Fortunatamente esiste Lucia, con la quale di solito mi trovo assai d'accordo in fatto di gusti, che ha cominciato a magnificare il film subito dopo averlo visto spingendomi così a recuperarlo, cosa che mi ha permesso di guardare uno dei migliori biopic in un anno che è stato anche troppo pieno di esempi mediocri del genere. Lungi da essere una menosissima prosopopea sul razzismo e sugli ideali di Martin Luther King, Selma è innanzitutto un film su un uomo. Un uomo sulle cui spalle un'intera comunità ha posato desideri, speranze, paure e odio, pretendendo che lui se ne facesse carico, senza mai sbagliare, senza mai tirarsi indietro, accompagnando i suoi sostenitori verso una battaglia contro dei mulini a vento che avrebbero intimorito lo stesso Don Chisciotte. Il film si intitola Selma e non "King" proprio per questo motivo; la cittadina di Selma e la marcia fino a Montgomery, sono lo snodo cruciale da cui si dipanano tutti i dubbi e le incertezze di Martin Luther King, afflitto da problemi personali, incalzato dai ragionamenti non interamente sbagliati del presidente Johnson (vero è che il vecchio testone cercava di accontentare i bianchi cercando di procrastinare le leggi elettorali ma non era neppure sbagliato concentrarsi prima su problemi come l'ignoranza e la povertà) e sconvolto dalla consapevolezza di avere sulle mani il sangue di molti suoi "fratelli neri" morti nel tentativo di resistere pacificamente ai soprusi e manifestare per i propri diritti in uno stato, l'Alabama, ancora profondamente razzista. King viene così quasi interamente spogliato del suo ruolo di icona e Selma diventa un film corale in cui, giustamente, molti uomini e donne "grandi" ma anche "semplici" influenzano in qualche modo le scelte del protagonista facendo la Storia come noi la conosciamo.  


Selma può vantare una bella sceneggiatura dunque, scorrevole ed emozionante, non banale, una vicenda interpretata magistralmente da tutti gli attori coinvolti a cominciare da un intenso David Oyelowo che riesce ad incarnare perfettamente il lato umano di Martin Luther King, ma anche tutti i personaggi "di contorno" (che, come ho detto sopra, di contorno non sono) finiscono ognuno per ritagliarsi un piccolo spazio importante e ben definito, risultando tridimensionali e credibili quanto il protagonista. Detto questo, tutti quelli che hanno visto Selma saranno però d'accordo col fatto che la mancata candidatura di Ava DuVernay per la regia è stata uno scandalo di proporzioni epiche, perché al di là della sceneggiatura (alla quale peraltro ha messo mano anche la DuVernay sebbene non venga accreditata) e degli attori sono molte le sequenze che rimangono nel cuore dello spettatore dopo la visione del film. L'aggressione dei manifestanti durante la prima marcia verso Montgomery, con le violente figure dei poliziotti che emergono dalle nebbie dei gas lacrimogeni per colpire le persone indifese, ha un sapore horror, quasi post-apocalittico, ed è girata con rara maestria ma è solo l'esempio più eclatante (o meglio, quello che più mi ha colpita) di una pellicola che è piena di bellissime immagini, dove l'equilibrio della composizione e un sapiente uso delle luci si fondono per sottolineare sia i momenti salienti che quelli solitamente ritenuti "di passaggio". A questo proposito, ho molto apprezzato, per esempio, le immagini che accompagnano le inevitabili scritte in sovraimpressione che riassumono il destino dei protagonisti alla fine del film, montate assieme in un modo troppo particolare per essere casuale, arrangiate in modo diverso per ogni personaggio. Davanti a tanta bravura trovo quindi ancora più scandaloso il contentino offerto al film per la moscia canzone Glory che accompagna i titoli di coda, forse la parte più debole di una colonna sonora altrimenti assai azzeccata. Peccato davvero: Selma - La strada della libertà è un grandissimo film e meriterebbe, oltre ad una visione assicurata, molti dei riconoscimenti che sono stati accordati a pellicole ben più celebrate che, al confronto, risultano mediocri. Maledetta Academy, maledetta!


Di David Oyelowo (Martin Luther King Jr.), Tom Wilkinson (Lyndon B. Johnson), Giovanni Ribisi (Lee White), Dylan Baker (J. Edgar Hoover), Tim Roth (Governatore George Wallace), Jeremy Strong (James Reeb), Cuba Gooding Jr. (Fred Gray), Alessandro Nivola (John Doar) e Martin Sheen (Frank Minis Johnson) ho già parlato ai rispettivi link.

Ava DuVernay è la regista della pellicola. Americana, ha diretto film come I Will Follow e Middle of Nowhere. Anche produttrice, sceneggiatrice e attrice, ha 42 anni e un film in uscita.


Oprah Winfrey interpreta Annie Lee Cooper ed è anche la produttrice della pellicola. "Donna più potente d'America" e conduttrice storica dell'Oprah Winfrey Show, come attrice la ricordo per film come Il colore viola e The Butler - Un maggiordomo alla casa bianca; inoltre, ha partecipato a serie come 30 Rock e doppiato film come La principessa e il ranocchio. Anche sceneggiatrice, ha 60 anni.


Ruben Santiago-Hudson interpreta Bayard Rustin. Americano, ha partecipato a film come Il principe cerca moglie, L'avvocato del diavolo, Shaft e a serie come NYPD; come doppiatore, ha lavorato per la serie Gargoyles. Anche sceneggiatore e produttore, ha 58 anni.


Colman Domingo interpreta Ralph Abernathy. Americano, ha partecipato a film come Lincoln, The Butler - Un maggiordomo alla casa bianca e a serie come Nash Bridges. Ha 45 anni e un film in uscita.


Wendell Pierce interpreta il reverendo Hosea Williams. Americano, ha partecipato a film come Sono affari di famiglia, Malcom X, Può succedere anche a te, Sleepers, Come ammazzare il capo... e vivere felici e a serie come Tutto in famiglia, Numb3rs e The Michael J. Fox Show. Anche produttore, ha 51 anni e due film in uscita.


In origine il film avrebbe dovuto essere diretto da Lee Daniels (altri interessati erano Steven Spielberg, Stephen Frears, Spike Lee e Michael Mann) e il cast comprendeva Hugh Jackman nel ruolo dello sceriffo Jim Clark, Liam Neeson in quello di Lyndon Johnson, Robert De Niro come George Wallace e Lenny Kravitz come Andrew Young; dopo che il progetto è passato ad Ava DuVernay l'unico ad avere mantenuto la parte è stato David Oyelowo, che fin dall'inizio era stato designato come Martin Luther King Jr. (sebbene Lee Daniels non lo ritenesse adatto). Detto questo, se Selma vi fosse piaciuto recuperate Grido di libertà, Malcom X e The Butler - Un maggiordomo alla casa bianca. ENJOY!


domenica 14 luglio 2013

The Lone Ranger (2013)

La regola d’oro d’ora in avanti sarà “andare al cinema già DILUSI”. Pare sia l’unico modo per apprezzare al meglio i film e godersi anche quelli su cui non avrei scommesso un euro, come questo The Lone Ranger, diretto da Gore Verbinski e tratto dall'omonima serie televisiva andata in onda dal 1949 al 1957.


Trama: il futuro procuratore John Reid “muore” assieme al fratello nel corso di un’imboscata. “Riportato in vita” dal Comanche Tonto, Reid prende l’identità del Lone Ranger e cerca di assicurare alla giustizia i responsabili della strage…


The Lone Ranger equivale a più di due ore di infantile, godurioso divertimento estivo; assai più simpatico e meno pretenzioso di Alice in Wonderland o Il grande e potente Oz (giusto per fare due nomi eccellenti), meglio diretto e molto meno tamarro de La leggenda del cacciatore di vampiri, l’ultimo film di Verbinski è l’equivalente western dei film dedicati alla serie Charlie’s Angels, ovvero un alternarsi ininterrotto di momenti esilaranti e scene d'azione. Intendiamoci, il Lone Ranger televisivo non l’ho mai visto quindi parto da un’ignoranza crassa per quanto riguarda il mito del personaggio, ma devo ammettere che questa versione slapstick mi è piaciuta parecchio, soprattutto perché il protagonista è un damerino impedito e ligio al dovere che si ritrova, suo malgrado, a vestire i panni del fuorilegge mascherato mentre la sua folle spalla indiana avrebbe preferito il fratello defunto (kemosabe, fratello sbagliato!). In mezzo, il canovaccio della trama inserisce qualsiasi topos del genere western: indiani, ranger, sordidi inganni per ottenere le terre dei poveri Comanches, damigelle in pericolo, uomini d’affari ancora più pericolosi dei fuorilegge, la caccia ai metalli preziosi e chi più ne ha più ne metta.


In costante bilico tra pretesa di realismo e delirio fantastico, The Lone Ranger viene presentato in maniera assai intelligente, perché la storia viene raccontata da un Tonto ormai vecchio e completamente inattendibile, un narratore costantemente interrotto e sviato dalla sua audience. Attraverso questo escamotage, tutto quello che viene mostrato sullo schermo diventa quindi plausibile perché frutto della mente dell'indiano matto e quindi lo spettatore può accettare con gioia anche che un cavallo si arrampichi su un albero, per dire. Azione e goliardia a palate, quindi, ma anche (attenzione!!) una cattiveria inusitata per un film prodotto dalla Disney. La pellicola non mostra un goccio di sangue, d'accordo, ma si parla senza troppe remore di cannibalismo, il body count si avvicina pericolosamente a quello di Django Unchained e, soprattutto, verso la fine del film si assiste ad uno sterminio insensato e crudele ai danni dei poveri indiani, una sequenza devastante che fatica a venire dimenticata nonostante la seneggiatura si riassesti poi su toni più allegri e scanzonati. Cambiano inoltre i tempi per quel che riguarda la vedovanza e l'amore, anche se alla fine a rimetterci sono sempre le povere donne con figli a carico, maledetta Casa del Topo.


Sproloqui a parte,The Lone Ranger mi è piaciuto parecchio anche per il respiro quasi epico di alcune riprese, per il citazionismo dei grandi classici, per lo scarso uso di effetti digitali e per le coreografie ad orologeria di sparatorie, inseguimenti e combattimenti (ho adorato ogni scena accompagnata dal Guglielmo Tell di Rossini, leggermente riarrangiato). Quanto agli attori, Johnny Depp mi è risultato molto meno indigesto rispetto agli ultimi film (certo, il personaggio è simile a Jack Sparrow nella sua cialtroneria, ma a modo suo fa anche tanta tenerezza ed è stranamente malinconico), Arnie Hammer è bambascione da morire e verrebbe voglia di prenderlo fortissimamente a pugni nella faccetta belloccia, la Bonham Carter porta a casa la solita, weirdissima comparsata di gran classe e i malvagi fanno la loro porchissima figura, soprattutto il cannibale William Fichtner e quel Barry Pepper che non ti aspetti nei panni del soldato privo di nerbo ma avidissimo. Quindi, porca miseria! Mi aspettavo di scrivere una recensione piena di strali, invece mi sono proprio divertita e consiglio The Lone Ranger, rigorosamente in 2D, a tutti quelli che hanno voglia di passare una serata fanciullesca senza pretesa di aver davanti IL filmone del secolo. Quello, a quel che sto leggendo in giro, è Pacific Rim, che dovrei proprio veder stasera.


Del regista Gore Verbinski ho già parlato qui. Johnny Depp (Tonto), Armie Hammer (John Reid/Lone Ranger), Helena Bonham Carter (Red Harrington), James Badge Dale (Dan Reid) e Barry Pepper (Fuller) ho già parlato ai rispettivi link.

William Fichtner interpreta Butch Cavendish. Americano, ha partecipato a film come Malcom X, Strange Days, Heat – La sfida, Insoliti criminali, Contact, Armageddon, La tempesta perfetta, Pearl Harbor, Equilibrium, Il cavaliere oscuro e alle serie Baywatch e Prison Break, inoltre ha lavorato come doppiatore per American Dad!. Ha 57 anni e quattro film in uscita tra cui Elysium e Teenage Mutant Ninja Turtles, dove interpreterà Shredder.

  
Tom Wilkinson interpreta Cole. Inglese, lo ricordo per film come Nel nome del padre, Ragione e sentimento, Spiriti nelle tenebre, Full Monty, Wilde, Rush Hour – Due mine vaganti, Shakespeare in Love, Michael Clayton, The Eternal Sunshine of the Spotless Mind, Batman Begins, In the Bedroom e The Exorcism of Emily Rose. Ha 65 anni e sei film in uscita.


E ora, un paio di curiosità. Per il ruolo di Rebecca erano stati fatti i nomi di Jessica Chastain ed Abbie Cornish, ma alla fine la parte è andata a Ruth Wilson, già vista in Anna Karenina. La serie televisiva, che è nata negli anni '30 come serie radiofonica prima e fumetto poi, è approdata anche in Italia col titolo Il cavaliere solitario, mentre a metà anni '60 ne è uscita una versione animata. Se, come immagino, non avete voglia di recuperare tutto questo materiale nonostante The Lone Ranger vi sia piaciuto, consiglierei di guardare la prima trilogia dei Pirati dei Caraibi e magari Rango, che devo ancora vedere. ENJOY!!

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