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martedì 11 luglio 2023

Indiana Jones e il quadrante del destino (2023)

Potevo forse perdermi Indiana Jones e il quadrante del destino (Indiana Jones and the Dial of Destiny), diretto e co-sceneggiato dal regista James Mangold? Ovviamente no. Zero spoiler, prometto.


Trama: raggiunta l'età della pensione, Indiana Jones viene avvicinato dalla figlia di un suo vecchio amico, che lo trascinerà in un'avventura in mezzo a nazisti ed invenzioni pitagoriche...


Lo dico e lo ripeto: che susse siamo diventati noi spettatori. Ma da una parte, per carità, è meglio così. Indiana Jones e il quadrante del destino è stato talmente asfaltato dalla "critica" che sono partita prevenutissima con questo ultimo capitolo della saga, nonostante non sia una di quei fan che conoscono a memoria e citano ogni film della trilogia tranne il quarto (per me questa cosa vale solo con Il tempio maledetto, ma sono in minoranza visto che lo odiano persino i coinvolti). Mi aspettavo una ciofeca e, come sempre accade in questi casi, avendo le aspettative a terra mi sono sorpresa davanti a un film gradevolissimo e divertente che, con un po' di fortuna, metterà definitivamente fine alle avventure di Indiana Jones. Questa consapevolezza, probabilmente, ha viziato la mia percezione dell'opera, lo ammetto. Se già in Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo il protagonista era invecchiato e si scagliava contro i giovinastri irrispettosi incarnati dal "simpaticissimo" Mutt, pagando il contrappasso di avere perculato papà Sean Connery nel capitolo precedente e ritrovandosi nei panni di matusa rincoglionito, qui abbiamo un professor Jones in pensione, divorato dalla solitudine, amaro come l'alcool in cui affoga i suoi dispiaceri, a volte persino vittima di quello sguardo tra il sorpreso e lo spaventato degli anziani (una bambina nel pubblico mi ha spezzato il cuore dicendo che uno dei cattivi non le piaceva perché "picchia i vecchietti". Amore pulcetta, ma ci rendiamo conto che per lei quel gran figo di Ford è un vecchietto?). Indy è un uomo arrivato al capolinea, ed è terribile il contrasto tra la sequenza iniziale (che, grazie alla CGI, ce lo mostra giovane e aitante a fare il mazzo ai nazi) e quella in cui, mutanda flappa d'ordinanza, intima al vicino capellone di abbassare la musica; è un uomo che, a differenza dell'Indy che rideva in faccia alla morte ne I predatori dell'arca perduta, spende una lacrima per ogni persona conosciuta o amico che fa una brutta fine, perché ognuna di queste morti lo rende più solo e più vicino alla sua dipartita. Onestamente, questo è uno degli aspetti che più ho apprezzato del film, perché non avrei tollerato un settanta-ottantenne che saltella e si spara pose da cinico marpione come se non fossero passati più di quarant'anni dal suo esordio, e trovo anche giusto che la motivazione principale che lo spinge a farsi coinvolgere dalla giovane Helena sia quella di levarsi presto dalle balle l'incombenza e tornare a piangersi addosso in tranquillità.


Siccome ho nominato Helena, un paio di accenni sulla trama. Indiana Jones e il quadrante del destino è il tipico film avventuroso, "alla Indiana Jones" appunto, dove i personaggi vagano per il globo alla ricerca di manufatti protetti da ingegnose trappole/indovinelli onde evitare che il villain di turno se ne impossessi. E' la cifra stilistica della serie, per quanto mi riguarda, solo che stavolta l'azione è quasi tutta nelle mani della new entry Helena; quest'ultima è un personaggio che evolve, presentandosi inizialmente come un'archeologa/collezionista di manufatti antichi senza scrupoli, in aperto contrasto con le idee più filantropiche di Indy, e piano piano riscopre una sorta di etica, se non addirittura un cuore, che la rendono meno monodimensionale di quanto non appaia all'inizio. Il fulcro della trama, però, non è lo scontro generazionale, quanto piuttosto il contrasto tra chi non accetta di fare ormai parte di un'altra epoca e ancora vive legato a fasti passati che non torneranno mai, e chi sceglie di fare tesoro del passato ma senza lasciarsi dominare da esso, un contrasto che trova compimento nella presenza di un artefatto strettamente legato al tempo e, anche, nella natura stessa di Indiana Jones e il quadrante del destino. Guardando il film, infatti, non si percepisce alcuna voglia di rilanciare il franchise, quanto piuttosto quella di farlo diventare una sorta di omaggio riaggiornato (e remunerativo, certo) a quarant'anni di avventure di un'icona cinematografica. Al di là dei riferimenti espliciti e degli easter egg sparsi qui e là, ci sono intere sequenze ad omaggiare lo stile di Spielberg quando si approcciava alla saga (ma anche a quello delle sue produzioni più iconiche, soprattutto i Goonies, citato più di una volta), tra inseguimenti mozzafiato su vari mezzi di locomozione ed insidiosi ambienti zeppi di trappole, e persino alcuni giochi di luce ed ombre sono simili; nonostante ciò, Mangold e soci sono riusciti a far sì che il film mantenesse una sua personalità e hanno evitato di ricalcare pedissequamente le opere che lo hanno preceduto e trasformarlo in un remake/plagio fatto e finito, com'è successo, per esempio, con il secondo tempo di Ghostbusters Legacy.


E poi, vabbé, come ho scritto all'inizio del post io sono di parte. Harrison Ford, col tempo, è arrivato ad assomigliare un casino al mio papà, sia per il sembiante che per la faccia scazzata di chi ha sempre un po' la bestemmia in canna perché la gente gli spacca i marroni, e vederlo guidare il tuctuc ha rischiato di uccidermi in mezzo alla sala, perché uno dei mezzi di ordinanza di padre è l'Ape Piaggio, mezzo di locomozione tipico dei vegi di campagna. Quindi sì, ogni volta che vedevo Jones sperso, perplesso, triste, mi veniva in mente papà e mi si spezzava il cuore, e ogni suo trionfo o rivincita da old man sono stati una gioia per lo stesso motivo. Lo so che è un punto di vista stupido, da ragazzina immatura, ma credo che il cinema sia soprattutto questo, farsi trasportare dalle emozioni più varie, tornare bambini per una sera, dividersi tra il rimpianto per quel gran figo che era Harrison Ford e l'amore per questo arzillo ottantenne, perdendo quella voglia di criticare sempre e comunque, tipica del nostro tempo. Poi se volete vi dico che quel bambino mostruoso che hanno appioppato ai protagonisti non ha un grammo del carisma dell'amatissimo Shorty, che le scene ambientate in Italia sono il trionfo dello sterotipo tossico, che la presenza di Banderas è uno spreco di denaro e carisma, che le motivazioni del villain sono di una banalità sconcertante e che Helena si definisce bene solo da un certo punto in poi, ché all'inizio secondo me la sceneggiatura non sapeva bene quale carattere darle, ma tutto scompare davanti allo score di John Williams, agli schiocchi di frusta e a quel piccolo bacio dato sul gomito, che ha lasciato me e i miei compagni di visione in lacrime commosse. Dite quel che volete su Indiana Jones e il quadrante del destino ma, per quanto mi riguarda, old man Indy batte gli alieni 10 a 0. 
P.S. Magari andatelo a vedere in v.o., se potete. Il doppiaggio italiano ci mette almeno dieci minuti ad entrare in sincrono coi movimenti labiali dei personaggi, tanto che all'inizio mi veniva voglia di strapparmi le orecchie, e Gammino ormai biascica un po', santa creatura. Ho riso più per le varie interpretazioni che gli spettatori attorno a me davano di "wombato" che per le gag del film, ma qui magari trattasi di ignoranza del pubblico, non di pronuncia strascicata.  


Del regista e co-sceneggiatore James Mangold ho già parlato QUI. Harrison Ford (Indiana Jones), Antonio Banderas (Renaldo), Karen Allen (Marion), John Rhys-Davies (Sallah), Thomas Kretschmann (Colonnello Weber), Toby Jones (Basil Shaw), Boyd Holbrook (Klaber) e Mads Mikkelsen (Dr. Voller) li trovate invece ai rispettivi link. 

Phoebe Waller-Bridge interpreta Helena. Inglese, ha partecipato a film come Albert Nobbs, The Iron Lady, Solo: A Star Wars Story e a serie quali Fleabag. Anche produttrice, sceneggiatrice e regista, ha 38 anni e un film in uscita. 


Se Indiana Jones e il quadrante del destino vi fosse piaciuto, neanche a dirlo, recuperate tutti gli altri film della saga! ENJOY!
 

mercoledì 22 marzo 2023

Infinity Pool (2023)

Tra Oscar e altre priorità, riesco a scrivere solo ora di Infinity Pool, diretto e sceneggiato dal regista Brandon Cronenberg. Cercherò di non fare troppi spoiler, tranquilli! 


Trama: James, uno scrittore con all'attivo solo un romanzo poco conosciuto, è in vacanza con la ricca moglie in un resort di La Tolqa e lì fa la conoscenza di altri riccastri assieme ai quali, un giorno, viene coinvolto in un incidente stradale...


Sono passati due anni dall'uscita di Possessor e io, ancora, non ho recuperato Antiviral, cosa che rende la mia conoscenza di Cronenberg figlio in qualche modo incompleta. Da quel che ho visto, comunque, il mio quasi coetaneo Brandon non ha molto in simpatia i ricconi, anzi, diciamo che li odia proprio, assieme a tutto il carico di ipocrisia e sciocca vanità che si portano appresso, cosa che non rende facilissimo parteggiare per qualcuno, in questo Infinity Pool. L'ultima opera di Cronenberg Jr. racconta infatti l'odissea di James, wannabe scrittore con all'attivo solo un romanzo che avranno letto lui e il suo agente, il quale da anni si fa mantenere da una ricca figlia di papà. In vacanza nella nazione fittizia di La Tolqa, James e la moglie fanno amicizia con l'attrice Gabi e il marito architetto, assieme ai quali, una sera, investono un autoctono uccidendolo. Da qui in poi non è facile parlare di Infinity Pool senza fare spoiler ma vi basti sapere che La Tolqa è un paese così poco tollerante che, al confronto, l'Arabia Saudita è Las Vegas e che gli stranieri vengono condannati a morte se anche solo si soffiano il naso; (s)fortunatamente per questi ultimi, avendo i soldi c'è un ottimo metodo per scamparla, il che fa di La Tolqua una sorta di luna park per quegli stronzi abbienti il cui unico pregio è nuotare nei soldi (il disprezzo di Cronenberg nei confronti non solo di James, connotato come un apatico minchione, ma anche di Gabi e compagnia, è riassunto alla perfezione nell'allucinante sequenza finale in cui il gruppetto torna a casa con addosso abiti degni di un branco di scappati di casa, parlando come se niente fosse di argomenti futili e trivialissimi, dopo averla zappettata a James per tutto il film con tremila discorsi "maledetti" su sangue, emancipazione, elevazione dalla massa, coraggio, ecc. ecc.). La triste realtà dipinta da Cronenberg si basa, altrettanto tristemente, su un "male" trattato alla stregua dell'ultimo modello di cellulare, visto come status symbol temporaneo (o valvola di sfogo, fate voi) da parte di gente depersonalizzata per un motivo ben preciso, che è riuscita persino ad acquistare e volgere a proprio favore un folklore così terrificante che, in un altro film, avrebbe cambiato per sempre le vite di chi fosse sopravvissuto per parlarne. 


In tal senso, James è un non-protagonista per più di una ragione, è un belinone che nulla impara e nulla insegna allo spettatore, un essere fastidioso che fa venire voglia a più riprese di riempirlo di sberle, e in questo tanto di cappello ad Alexander Skarsgård per essersi accollato un ruolo tanto sgradevole. Non che quello di Mia Goth lo sia di meno, ma lei è una dea e la si adora alla follia anche (e soprattutto) quando si butta di testa nell'interpretazione di un personaggio irritante nei modi e nella voce, una di quelle donne che solo un mollusco vanesio come James riuscirebbe non solo a trovare affascinanti al punto da cascarci con tutte le scarpe, ma anche a convincersi che siano interessate a lui in virtù di chissà quale merito (povero geììììììììììììììììms). Più metaforico e, sì, anche più didascalico rispetto al film precedente, Infinity Pool non si fa mancare comunque angosciantissime e grottesche sequenze gore che in alcuni punti mi hanno portata a girarmi dall'altra parte, a parer mio assai più efficaci dei deliri allucinati e onirici innescati da una pianta psicotropa che, invece, mi sono sembrati dei meri mezzucci artistici per allungare il metraggio del film e privarlo, da un certo punto in poi, di un ritmo che avrebbe necessitato maggior coesione. Ciò detto, Brandon Cronenberg si riconferma un autore interessante e coerente come il padre, apparentemente deciso a proseguire la sua crociata contro i mali e la stupidità del capitalismo senza rinunciare a un che di "affettato" ed arty che ne smussa un po' la ferocia. Chissà se, anche lui, arriverà a 80 anni senza mai cambiare rotta pur riuscendo ad esplorare anche generi distanti dall'horror? Posso solo augurarglielo e augurarmi che questo Infinity Pool arrivi presto in Italia. 


Del regista e sceneggiatore Brandon Cronenberg ho già parlato QUIAlexander Skarsgård (James Foster), Mia Goth (Gabi Bauer) e Thomas Kretschmann (Detective Thresh) li trovate invece ai rispettivi link.
 


venerdì 14 giugno 2019

Dragged Across Concrete (2018)

Ne ho letto benissimo da più parti, quindi in questi giorni ho cercato di recuperare Dragged Across Concrete, scritto e diretto nel 2018 dal regista S. Craig Zahler.



Trama: dopo essere stati sospesi, due poliziotti decidono di appropriarsi dell'oro appena rubato da un manipolo di sanguinari malviventi.



Non pretendo di intendermene di cinema, ma per quanto mi riguarda, per ciò che si limita ai film che conosco e che sono riuscita a vedere in questi ultimi anni, Craig S. Zahler non ha eguali. Quest'uomo è capace di inchiodarti alla sedia e non farti staccare gli occhi da scene in cui i personaggi si limitano a stare seduti e parlare tra loro del più e del meno (non dialoghi "cool" alla Tarantino ma dialoghi rozzi, quotidiani eppure profondi), prende personaggi secondari e, davvero, inutili ai fini della trama, rendendoli protagonisti di sequenze devastanti, mette in scena persone con pochi pregi e moltissimi difetti riuscendo a non farcele volere morte dopo dieci minuti, cattura la brutalità della vita come pochi altri Autori. E' un crogiolo di esistenze terribile quello che viene preso in esame con Dragged Across Concrete, fatto di persone "normali" alle quali succedono le peggio cose senza un motivo plausibile, di persone veramente malvagie e di altre che cattive non sono ma neppure si impegnano a fare cose "buone", anzi, si lasciano contagiare dal tanfo della violenza e del marciume col quale vivono a contatto ogni maledetto giorno e ne sono dolorosamente consapevoli. Non è questo, tuttavia, a spingere Brett ed Anthony ad uscire dalla legalità e derubare un branco di ladri ed assassini, con tutto quello che ne consegue; non si gettano a capofitto nell'impresa in quanto "felici" di essere corrotti ma affrontano l'impresa come un sacrificio, il volontario peccato di chi alla società ha dato (dal suo punto di vista) tutto senza ottenere altro che diffidenza e pesci in faccia. I due poliziotti vengono sospesi all'inizio del film per i modi brutali e il linguaggio razzista utilizzati durante l'arresto di un trafficante di droga e se Anthony è relativamente giovane, passabile di cambiare prima o poi, così non è per Brett, veterano che non ha mai fatto carriera perché ha scelto di rimanere immutabile e granitico, un residuato bellico incapace di comprendere concetti come politically correct o l'impietoso mondo social in cui chiunque può venire ripreso, giudicato e condannato. A Brett non frega nulla del giudizio della gente, gli importa solo di fare il suo lavoro in modo efficiente, senza indossare una finta maschera di affabilità e tolleranza: può non piacere, a noi come a chi lo circonda, ma il personaggio così è, punto, con i suoi sfottò razzisti, la sua freddezza, la sua totale mancanza di empatia.


Eppure, quanto arriva ad importarci di Brett e del suo socio voi non lo potete capire. Così come non potete capire, se non avete visto Dragged Across Concrete, quanto si può tirare la corda della tensione, della costruzione dei personaggi e dell'attesa paziente prima di arrivare a quello che dovrebbe essere il nocciolo della questione e che in realtà, per Zahler, nocciolo non è. La risoluzione delle vicende di Brett ed Anthony e delle loro famiglie, ma anche di Henry e persino di Kelly, giunge al 90% con una mancanza di catarsi totale, lasciando lo spettatore con un palmo di naso e spesso più depresso di prima, perché in questo caso, più che in altre pellicole, non è il traguardo che conta ma il viaggio compiuto per arrivarci. Un viaggio all'interno del quale ogni singolo attore brilla come una fulgida stella, da quello che ha solo pochissimi minuti per splendere a chi, come Mel Gibson, all'età di 63 anni e col baffo da duro e puro, è probabilmente incappato nel ruolo della vita; lui e Vince Vaughn sono perfetti, le icone viventi del film, sembrano la caricatura dei veri poliziotti "stronzi" da film e riescono lo stesso a risultare reali come se fossero nostri vicini di casa, il che se ci si pensa è scioccante. Ma una menzione d'onore la merita Jennifer Carpenter, per il cui personaggio la scrittura intelligentissima di Zahler ha davvero compiuto un miracolo, senza dimenticare Tory Kittles, "gangsta" sui generis ma dalle mille sfaccettature. Al solito, l'unico vero problema di Dragged Across Concrete è che nessuno si è ancora impegnato per acquistarlo, distribuirlo e regalarlo al pubblico italiano sul grande schermo, vai a sapere perché. Questo sarebbe davvero grande Cinema, un noir violento diretto benissimo e scritto ancora meglio, con attori in stato di grazia, che meriterebbe una distribuzione capillare. Esprimiamo un desiderio per i mesi venturi e incrociamo le dita.


Del regista e sceneggiatore S. Craig Zahler ho già parlato QUI. Mel Gibson (Brett Ridgeman), Vince Vaughn (Anthony Lurasetti), Thomas Kretschmann (Lorentz Vogelmann), Jennifer Carpenter (Kelly Summer), Laurie Holden (Melanie Ridgeman), Don Johnson (Tenente capo Calvert) e Udo Kier (Friedrich) li trovate invece ai rispettivi link.

Tory Kittles interpreta Henry Johns. Americano, ha partecipato a film come Instinct - Istinto primordiale,  A Perfect Getaway - Una perfetta via di fuga e a serie quali CSI: NY, Dr. House, CSI: Miami e True Detective. Ha 43 anni e due film in uscita.


Se Dragged Across Concrete vi fosse piaciuto recuperate anche Brawl in Cell Block 99 e Bone Tomahawk. ENJOY!

giovedì 22 agosto 2013

Open Grave (2013)

La nuova stagione cinematografica sta iniziando ma in sala c'è ancora qualche rimasuglio estivo. E se tutti i rimasugli fossero di questa caratura il mondo sarebbe un posto migliore perché Open Grave, diretto nel 2013 dal regista Gonzalo López-Gallego, è davvero un ottimo film.


Trama: un uomo si sveglia in una fossa piena di cadaveri. Ferito e senza memoria alcuna, viene tratto in salvo da una misteriosa ragazza che lo conduce da altre persone rifugiate in una casa e nelle sue stesse condizioni. Mentre gli sventurati protagonisti cercano di ricordare cosa li avesse portati lì i boschi circostanti cominciano a palesare oscuri e pericolosissimi segreti...


La recensione di Open Grave sarà brevissima e assolutamente priva di spoiler perché l'unico modo di godersi appieno la pellicola è quello di non sapere nulla della trama o del genere di "orrore" che i protagonisti andranno ad affrontare. Questo perché, un po' come succedeva in Quella casa nel bosco, la forza di Open Grave sta nel modo in cui la sceneggiatura asseconda i cliché a cui sono abituati gli aficionados del genere e gioca con essi creando un piacevole effetto spiazzante. Lo spettatore scafato, quale penso di essere, si diverte così a snocciolarsi nella mente le ipotesi più probabili, ad indovinare la natura del pericolo che i protagonisti devono affrontare e a cercare di capire chi dei "sopravvissuti" è buono e chi è cattivo. Vi assicuro che Open Grave riesce ad interessare, incuriosire, inquietare e sorprendere per più di metà della sua durata; solo verso le ultime battute si riesce più o meno a prevedere dove andrà a parare il finale ma fino a quel momento ci si è appassionati così tanto che questo difetto (così come un altro paio di soluzioni "comode" che spuntano qua e là nel corso del film) viene facilmente perdonato.


Per quanto riguarda la realizzazione, chapeau. Quando ho capito dove avevo già sentito il nome di Gonzalo López-Gallego sono rimasta stupita perché non avrei mai collegato la regia fluida, le inquadrature per nulla banali, un paio di sequenze dove colonna sonora e ralenti si fondono alla perfezione e la bellezza di alcuni flashback al quel grezzume scuro che era Apollo 18. Certo, qui è anche merito di una fotografia nitida e pulitissima, ma il salto di qualità è comunque notevole. E' interessante anche come sia la regia che la sceneggiatura si soffermino spesso su dettagli e ripetizioni apparentemente inutili che acquistano invece maggior senso mano a mano che il film prosegue, inoltre anche gli attori coinvolti sono molto bravi. Detto questo, non mi va di aggiungere altro perché ho paura di sciupare l'importante effetto sorpresa. Se avete un minimo di fiducia nel Bollalmanacco ciò dovrebbe bastarvi per spingere a recuperare questo delizioso horror indipendente (che tra l'altro credo sia uscito solo in Italia, possibile??), imprevista e gradita chicca di un'altrimenti DIludente estate cinematografica!


Del regista Gonzalo López-Gallego ho già parlato qui. Sharlto Copley, che interpreta John, lo trovate qua.

Joseph Morgan interpreta Nathan. Inglese, ha partecipato a film come Master and Commander, Alexander e alla serie The Vampire Diaries. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 32 anni e due film in uscita. 


Thomas Kretschmann interpreta Lukas. Tedesco, ha partecipato a film come La sindrome di Stendhal, Blade II, Il pianista, La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler, King Kong, Wanted – Scegli il tuo destino, Hostel III, il Dracula di Dario Argento e alle serie L’ispettore Derrick, Relic Hunter e 24, inoltre ha lavorato come doppiatore per Cars 2. Ha 51 anni, cinque film in uscita e parteciperà all’imminente serie Dracula nei panni di Van Helsing.


Tra gli altri attori, Josie Ho (la straniera muta) aveva già partecipato a Contagion mentre Max Wrottlesley (Michael) è comparso in Hugo Cabret. Il film non dev’essere inoltre confuso con Open Graves, horror del 2009 con Mike Vogel ed Eliza Dushku, che il bellissimo blog CinemaOut definisce addirittura scadente, cosa che invece non è Open Grave. Quindi attenzione e… ENJOY!!


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