domenica 30 giugno 2019
Toy Story 4 (2019)
Trama: i giocattoli che erano di Andy passano ora una vita più o meno serena nella cameretta di Bonnie, ormai pronta per andare all'asilo. L'arrivo del "giocattolo" Forky e un'inaspettata vacanza in camper arrivano a scombinare le cose...
Avevamo lasciato Woody e soci nelle amorevoli mani di Bonnie, nell'ormai lontano 2010. Una perfetta quadratura del cerchio, così come perfetto era Toy Story 3, conclusosi con il passaggio di consegne da una generazione a un'altra, con Andy che, diventato adulto, donava i compagni di una vita a una bambina che la sua l'aveva appena iniziata. Non c'era bisogno di un Toy Story 4, questo sia chiaro a tutti, ovviamente, perché la storia aveva già raggiunto la sua naturale conclusione. Però, come viene spesso ripetuto nello stesso film, c'è gente che non riesce ad andare avanti e a lasciarsi alle spalle il passato (soprattutto quando c'era UNA piccola questione in sospeso in Toy Story 3), che passerebbe tutta la vita chiusa in una teca di vetro dove vengono proiettati vecchi film Disney o Pixar 24 ore su 24, e a tutti loro è dedicato questo Toy Story 4. A loro e a chi, come il nuovo personaggio Forky, fatica ad accettare di poter diventare qualcos'altro, al di là dei pregiudizi che lo bloccano precludendogli mille interessanti possibilità. A quelle persone che faticano ad uscire dalla loro confort zone trovando mille scuse per non fare un passo avanti, rasentando una psicosi dannosa tanto per se stessi quanto per gli altri. Toy Story 4 è pieno di questi personaggi, Woody in primis, terrorizzati di perdere quello che pensano essere il loro posto nel mondo, al di là del quale c'è una terrificante oscurità fatta di incertezze e solitudine; è proprio questa incapacità di "evolvere" (specchio della paura della piccola Bonnie di andare all'asilo) il motore di una storia in cui Woody e soci si ritroveranno nuovamente coinvolti in una tipica, rocambolesca missione di recupero all'interno della quale i giocattoli dovranno mettere in mostra tutte le loro abilità senza farsi scoprire e senza mostrare agli umani la sottile vena di follia che li caratterizza. Una storia dove i momenti nostalgici e commoventi sono dietro l'angolo, pronti a colpire a tradimento, spingendo lo spettatore particolarmente cretino (ovvero io) a mettere mano ai fazzoletti, e dove si ride parecchio, anche perché il tasso di demenza dei nuovi personaggi introdotti è assai elevato.
E' tuttavia palese, al di là di tutti questi aspetti positivi, che molti personaggi non avessero più nulla da dire. I vecchi giocattoli, che nei primi tre film riuscivano a ritagliarsi un indispensabile spazio sotto i riflettori e a far da degna spalla a Woody (pezzi grossi come Jessie e Buzz Lightyear) qui sono molto sotto tono, parte del "mucchio" e spesso ridotti a far da tappezzeria, lasciando spazio a nuove creaturine che faranno impazzire gli abituali acquirenti di Funko Pop e prodotti del Disney Store e che, in effetti, sono molto spassose. Avevo molta paura di Forky, lo ammetto. Per i primi 20 minuti è l'equivalente di una gag tirata per le lunghe e non aiuta che a doppiarlo sia Luca Laurenti, dotato ahilui di una voce che mi istiga la violenza, poi per fortuna riesce in qualche modo a sbloccarsi e a rendersi amabile, anche se la palma di migliori personaggi (salvo una Bo-Peep evolutasi in uno dei migliori personaggi femminili Pixar di sempre) vanno agli svampitissimi peluche Ducky e Bunny, con quei loro sogni ad occhi aperti capaci di far la gioia di ogni amante dei film horror. Anzi, io chiederei a gran voce che gli sceneggiatori di Toy Story 4, assieme al regista, realizzassero qualcosa in ambito horror, in quanto hanno una conoscenza del genere (i riferimenti a Shining si sprecano. Chiedetevi, tra le altre cose, dove avete già sentito la canzone Midnight, the Stars and You. Ah, non c'entra nulla ma divertitevi anche a trovare una Boo cresciuta!), dei suoi topoi e dei suoi ritmi superiore a quella di molti registi e sceneggiatori impegnati nel campo, vedere le terrificanti marionette che accompagnano Gabby Gabby per credere ma anche gli inquietantissimi piani d'attacco di Ducky e Bunny. Sugli aspetti tecnici della pellicola c'è poco da dire, le animazioni e il character design sono a livelli superiori come sempre e in generale Toy Story 4 è un film piacevolissimo da vedere, sia per grandi che per piccini, perfettamente inserito all'interno di quel cerchio "chiuso" formato dalle prime tre pellicole. Insomma, quello che partiva come un film "inutile" è un gran bel quarto capitolo, da vedere e rivedere come i predecessori. Sperando, con tutto il rispetto, che sia finita lì, altrimenti tutti gli insegnamenti di Toy Story 4 saranno stati vani.
Di Tom Hanks (voce originale di Woody), Tim Allen (Buzz Lightyear), Annie Potts (Bo-Peep), Christina Hendricks (Gabby Gabby), Jordan Peele (Bunny), Keanu Reeves (Duke Caboom), Jay Hernandez (papà di Bonnie), Joan Cusack (Jessie), Bonnie Hunt (Dolly), Wallace Shawn (Rex), Laurie Metcalf (la mamma di Andy), Mel Brooks (Melephant Brooks), Bill Hader (Axel il giostraio), Patricia Arquette (la mamma di Harmony), Timothy Dalton (Mr. Pricklepants), Carl Weathers (Combat Carl) e Flea (voce dello spot di Caboom) ho già parlato ai rispettivi link.
Josh Cooley è il regista della pellicola. Americano, è al suo primo lungometraggio ma aveva già diretto il corto Il primo appuntamento di Riley. Anche doppiatore, sceneggiatore e animatore, ha 39 anni.
Tony Hale è la voce originale di Forky. Americano, ha partecipato a film come Yoga Hosers e a serie quali Dawson's Creek. I Soprano, Sex and the City, E. R. Medici in prima linea, Numb3rs, Medium e Una serie di sfortunati eventi. Anche produttore, ha 49 anni e un film in uscita.
Keegan-Michael Key è la voce originale di Ducky. Collaboratore storico di Jordan Peele, ha partecipato a film come Parto col folle, Come ammazzare il capo 2, Tomorrowland - Il mondo di domani, Scappa: Get Out, The Predator e a serie quali E.R. Medici in prima linea, How I Met Your Mother e Fargo, inoltre ha già lavorato come doppiatore per The Lego Movie, Hotel Transylvania 2 e Bojack Horseman, Robot Chicken, I Simpson e American Dad!. Anche sceneggiatore e produttore, ha 48 anni e quattro film in uscita tra cui Il re leone.
La voce originale di Bonnie è della giovanissima Madeleine McGraw che, nella serie Outcast, interpretava la figlia di Kyle Barnes. Nell'armadio di Bonnie si riuniscono un po' di vecchie glorie della commedia americana: assieme al Melephant Brooks ci sono infatti Chairol Burnett (la sedia verde doppiata da Carol Burnett), Bitey White (tigrotta doppiata da Betty White) e Carl Reinoceros (rinoceronte doppiato da Carl Reiner). Tra i doppiatori italiani segnalo invece il già citato Luca Laurenti (Forky) e Corrado Guzzanti (Duke Caboom). Il film segue, ovviamente, Toy Story, Toy Story 2 e Toy Story 3, assieme ai corti Vacanze hawaiiane, Buzz a sorpresa, Non c'è festa senza Rex, Toy Story of Terror e Toy Story - Tutto un altro mondo, tutte cosette che vi consiglio di recuperare. ENJOY!
domenica 18 marzo 2012
Galaxy Quest (1999)
Trama: gli attori protagonisti di una serie di fantascienza anni ’80, Galaxy Quest, vengono scambiati da un popolo di alieni per veri eroi e trascinati nello spazio per combattere contro un malvagio che progetta di conquistare il loro pianeta…
Il motivo che mi ha spinta a cercare e guardare questo filmetto per adolescenti è stata principalmente la curiosità di vedere uno dei miei attori preferiti, il divino Alan Rickman, interagire con Sigourney Weaver e una strana creatura come Tim Allen. Quello che risulta da questa interazione non è stato però all’altezza delle mie aspettative. Speravo di trovarmi davanti ad una seria parodia del genere fantascientifico, qualcosa di più cinico e grottesco, invece Galaxy Quest è un’innocua pellicola che strizza l’occhio principalmente ai fan che si sono visti ogni episodio di Star Trek e ne conoscono persino i retroscena legati ad attori e scene tagliate, visto che molte gag sono imperniate proprio sulla presa in giro della famosissima serie. Io, che non ne ho vista nemmeno una puntata, rido un po’ a denti stretti e non posso fare altro che notare come proprio Alan Rickman, di tutti i coinvolti, sembri rispecchiare veramente lo scazzo atavico del suo personaggio, come se pensasse continuamente: “Ma io qui come ci sono finito???”.
A dire il vero Galaxy Quest non è completamente da buttare. L’idea del gruppo di attori scambiati per eroi e trascinati in un pianeta di fan talmente all’ultimo stadio da aver progettato una vera navetta spaziale in base alle puntate della serie televisiva è simpatica e particolare, purtroppo però alla lunga diventa ridicola. Gli attori ricadono naturalmente nei ruoli della serie (il personaggio di Sigourney Weaver, per esempio, si limita a ripetere le parole dette dal computer a prescindere che si trovi in pericolo di morte o in panciolle a limarsi le unghie…) nonostante li odino, basta che il ragazzino di colore si ricordi i movimenti con cui pilotava la navicella nel telefilm per riuscire a guidarne una vera, ogni situazione, anche la più difficile, viene risolta a tarallucci e vino grazie alla piacioneria di Tim Allen oppure ricorrendo al gruppetto di ragazzini in attesa sul pianeta Terra. Insomma, di situazioni assurde è un po’ moscerelle ce ne sono purtroppo parecchie, l’unica cosa che si salva davvero è l’ormai trita critica alle convention e ai nerd, oppure il “dietro le quinte” che mostra come gli attori apparentemente così affiatati sul set si odino senza riserva alcuna. Rimanendo in tema attori, a dispetto del mio amore per Rickman l’unico che davvero merita la mia stima in questa circostanza è Tony Shalhoub, che, nonostante compaia poco rispetto alle grandi “star”, interpreta un personaggio talmente stordito, serafico e dolce da eclissare tutti gli altri. Gli alieni buoni invece sono un misto tra il patetico e il ridicolo, con quella terrificante vocetta monocorde da idiota del villaggio. Peccato, perché gli effetti speciali non sono male considerata la natura del film. Insomma, un’occasione sprecata buona solo per i fan accaniti di Star Trek.
Di Tim Allen (Jason), Sigourney Weaver (Gwen), Alan Rickman (Alexander) e Sam Rockwell (Guy) ho già parlato nei rispettivi link.
Dean Parisot (vero nome Aldo Luis Parisot) è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Dick & Jane operazione furto ed episodi delle serie E.R. Medici in prima linea e Monk. Anche produttore e sceneggiatore, ha un film in uscita.
Tony Shalhoub (vero nome Anthony Marcus Shalhoub) interpreta Fred. Attore famosissimo per la sua interpretazione del detective ossessivo compulsivo Monk, lo ricordo per film come La famiglia Addams 2, Men in Black, Gattaca – La porta dell’universo, Paulie – Il pappagallo che parlava troppo, Attacco al potere, Spy Kids, L’uomo che non c’era, I 13 spettri e Men in Black II; inoltre, ha partecipato a un episodio della serie X – Files e doppiato personaggi della serie Gargoyles e dei film Cars – Motori ruggenti e Cars 2. Anche produttore e regista, ha 58 anni e due film in uscita.
Missi Pyle (vero nome Andrea Kay Pyle) interpreta l’aliena Laliari. Americana, la ricordo per film come Qualcosa è cambiato, Big Fish, … e alla fine arriva Polly, Dodgeball, Anchorman: The Legend of Ron Burgundy e La fabbrica di cioccolato; inoltre ha partecipato a serie come Innamorati pazzi, Friends, Roswell, My Name is Earl, Heroes, Numb3rs, Grey’s Anatomy, Due uomini e mezzo e doppiato un episodio di American Dad!. Anche cantante, ha 39 anni.
Justin Long interpreta Brandon, il capo dei ragazzini nerd. Americano, lo ricordo per film come Jeepers Creepers, Jeepers Creepers 2, Dodgeball, Die Hard – Vivere o morire, Drag Me to Hell e Alvin Superstar con i suoi due seguiti, dove presta la voce in originale ad Alvin. Ha partecipato anche a That’s 70’s Show. Ha 33 anni e quattro film in uscita.
martedì 3 agosto 2010
Toy Story 3 (2010)
La trama: sono passati 10 anni dall’ultimo film. Ridendo e scherzando Andy è cresciuto, ha abbandonato i giocattoli di sempre e ora sta per andare al college. Per un errore tutti i giocattoli meno Woody arrivano quasi ad essere buttati nella spazzatura, quindi Buzz e compagnia decidono di fuggire dal padroncino ingrato e di trovare rifugio in un asilo. Naturalmente, anche quello che sembra tutto rose e fiori in realtà nasconde qualcosa di torbido, e starà a Woody aiutare gli amici nella grande fuga…
Come nel film, anche nella realtà sono passati 10 anni. Ovviamente in questo lasso di tempo la CG è migliorata tantissimo, così che ora non si riesce più a scorgere un solo difetto grafico in Toy Story 3, le cui immagini sono di una bellezza e di una nitidezza incredibili, anche senza l’ausilio del sempre inutile 3D (ma almeno questa volta non viene male agli occhi come davanti all’Alice in Wonderland di Tim Burton…), ma chi pensava che la forma avrebbe superato la “sostanza”, e che dopo 10 anni gli sceneggiatori si sarebbero limitati a cavalcare la nostalgia per i due film precedenti, come spesso accade, si è sbagliato di grosso. Toy Story 3 è un gioiello assolutamente superiore ai primi due, che regala momenti di pura commozione e di devastante ilarità, assieme ad una trama che lascia a bocca aperta ed incerti sul finale in più di un momento.
Come sempre, quello che adoro di tutti i Toy Story, compreso questo, è che nonostante la storia sia ovviamente di fantasia, la realtà si avverte con tutta la sua spietatezza. L’inizio è un colpo al cuore per tutti i fan. Dopo una splendida sequenza ambientata nel glorioso passato in cui Andy creava incredibili avventure da vivere assieme ai suoi amici giocattoli, ci viene mostrato il bimbo ormai cresciuto, con Woody e compagnia che cercano in tutti i modi di richiamare la sua attenzione e farlo tornare a giocare con loro. Andando avanti si scopre che, col passare degli anni, non tutti i giocattoli “ce l’hanno fatta”, e sono stati buttati via o venduti: il pinguino Wheezy, la pastorella Bo Peep, la lavagna magica, i piccoli trolls. Nessuna concessione alla nostalgia dunque (anche se è vero che sono stati eliminati i personaggi più deboli…), neppure ai sentimenti del povero Woody che nutriva una forte simpatia per la procace pastorella. Vero è che, dal punto di vista pratico, una simile scelta consente agli sceneggiatori di concentrarsi su un ristretto gruppo di personaggi iperaffiatati e sicuramente divertenti e di aggiungerne di nuovi, in grado di non fare assolutamente rimpiangere chi non c’è più: l’orso Lotso è un villain molto più carismatico del debole Stinky Pete, Barbie e Ken sono semplicemente esilaranti e molte delle gag più azzeccate sono quelle che li riguardano, e il gruppetto di giocattoli di Molly è delizioso (il riccio shakespeariano e i pisellini nel baccello in primis, senza contare che il Totoro che la pargola tiene in camera mi ha fatta sbavare d’invidia…).
Senza rovinare la sorpresa a chi non ha ancora visto il film, Toy Story 3 riprende tutti i temi accennati nei primi due film (l’amicizia, il senso di appartenenza ad un gruppo, l’inesorabilità del tempo che passa, l’accettazione di sé stessi e dei propri limiti) e tira le somme del discorso, arrivando ad una conclusione logica, per quanto malinconica. Il finale e le immagini che vengono mostrate poco prima, con i giocattoli che si tengono per mano uniti da un comune destino, sono talmente emblematiche ed emozionanti che mi viene il magone ancora adesso a scriverne. Un perfetto circolo che si chiude, e che ci riporta al primo, lontano episodio: spero davvero che a nessuno venga in mente di spezzare questo equilibrio miracoloso con un quarto episodio o partirò personalmente ad inibire eventuali sacrileghi registi o sceneggiatori. Tornando a temi più faceti, invece, vorrei far notare un paio di cose che ho adorato. Innanzitutto l’aspetto horror della pellicola, che veniva giusto accennato nei primi due film, nel terzo esplode con i personaggi della bambolina priva di un occhio che ruota la testa nemmeno fosse posseduta e soprattutto con l’orrenda scimmia urlante che batte i piatti, è identica a quella descritta dal buon Stephen King in uno dei racconti della raccolta Scheletri. Seconda cosa, l’aspetto vintage. Innanzitutto vorrei far notare che la Barbie del film indossa la stessa tutina con cui veniva venduta Barbie Aerobica, la prima che mi hanno comprato, datata 1984, e tutto l’immenso guardaroba dell’ambiguo Ken (Lovin’animal Ken, per la cronaca, figlio di una linea di pupazzi talmente trash che all’epoca non avevo nemmeno chiesto a mamma di comprarmi la Barbie in pendent) è ispirato ad abitini realmente esistiti, alcuni dei quali tra l’altro li ho anche visti di persona e ci ho persino giocato. Tra gli altri giocattoli conosciuti anche da noi segnalo il telefono della Fisher Price doppiato da Jerry Scotti e la Fattoria Parlante (qui genialmente utilizzata come roulette per le scommesse d’azzardo con i soldi del Monopoli) della Mattel con la quale ho giocato fino alla nausea da piccina.
Toy Story 3 ha anche delle gag che possono venire capite solo da chi ha visto i primi due film. Innanzitutto i piccoli alieni verdi diventano finalmente padroni del “Dio Artiglio” che tanto venerano e riescono anche a salvare il loro “papà” Mr. Potato Head, ricambiando il gesto compiuto dalla patata in Toy Story 2. Buzz viene resettato, e riportato alla condizione di borioso e antipatico Ranger Spaziale che tanto odio aveva causato in Woody nel primo film. A proposito di Buzz, la sua versione spagnola è semplicemente strepitosa (come la canzone Hay un amigo en mi cantata dai Gipsy Kings nei titoli di coda..) e lo rende uno dei personaggi migliori del film, anche se i miei preferiti sono, oltre agli ovvi Barbie, Ken e alieni verdi, un Mr. Potato Head che in questo terzo episodio, assieme alla moglie novella Cassandra, da davvero il bianco (la gag della tortilla e del cetriolo sono da antologia) e le new entry: Chuckles il clown triste, i tre pisellini nel baccello e il riccio teatrante. Uno stuolo di guest star tra i doppiatori italiani; intelligentemente ripescati Fabrizio Frizzi e Massimo D’Apporto, rispettivamente nei panni di Woody e Buzz, al già citato Gerry Scotti si aggiungono Claudia Gerini nel ruolo di Barbie, il mitico Fabio De Luigi nel ruolo di Ken e l’inaspettato Giorgio Faletti nel ruolo del clown triste. Siete ancora qui a leggere?? Andatelo a vedereeee!!!!!
Di Tom Hanks, che in originale doppia Woody, ho già parlato qui, Tim Allen lo trovate qua; Lee Unkrich, finalmente promosso regista, è stato nominato qui mentre un breve profilo di Joan Cusak, la voce di Jessie, lo trovate qua. Tra le guest star che prestano la voce ai personaggi secondari figura anche Timothy Dalton, di cui ho già parlato qui, in questo caso doppiatore del riccio attore Mr. Pricklepants.
Michael Keaton in originale presta la voce a Ken. Geniale attore americano legatissimo al primo Burton (come dimenticare la sua meravigliosa performance come Beetlejuice in Beetlejuice – Spiritello porcello o come Bruce Wayne in Batman e Batman Returns?), negli ultimi tempi purtroppo la sua carriera è finita un po’ sotto tono. Lo ricordo comunque in film come Quattro pazzi in libertà, My Life – questa mia vita, Mi sdoppio in quattro, Jackie Brown, Out of Sight, Jack Frost, White Noise, Herbie – Il supermaggiolino e telefilm come Frasier. Come doppiatore ha lavorato nei film Porco Rosso, Cars – Motori ruggenti e per la serie I Simpson. Ha 59 anni e un film in uscita.
Woopi Goldberg spunta a sorpresa come doppiatrice di un personaggio molto secondario, quasi invisibile, il polpo Stretch. Eppure questa attrice (che definire solo comica è riduttivo...) è una delle più grandi in assoluto e ha persino vinto l’Oscar come migliore attrice non protagonista per il film Ghost. Tra le sue altre pellicole ricordo Il colore viola, Jumpin’ Jack Flash, Il grande cuore di Clara, Sister Act – Una svitata in abito da suora, Palle in canna, sister Act 2 – Più svitata che mai, Una moglie per papà, Bordello of Blood, Bogus – L’amico immaginario, la versione televisiva di Alice nel Paese delle Meraviglie, Ragazze interrotte e Rat Race; ha inoltre partecipato a un episodio de La Tata, doppiato Il re leone, Pagemaster – Un’avventura meravigliosa, Rugrats – Il film e parecchi episodi di Capitan Planet e i Planeteers. Newyorchese, ha 55 anni e due film in uscita.
Ned Beatty in originale presta la voce all’orsacchiotto Lotso. Americano, lo ricordo per film come l’inquietante Un tranquillo weekend di paura, Nashville, Tutti gli uomini del presidente, Quinto potere (per il quale è stato nominato all’Oscar come Miglior attore non protagonista), L’Esorcista II: L’eretico, Superman, 1941: Allarme a Hollywood, Superman II, Giocattolo a ore e l’esilarante Riposseduta; ha inoltre partecipato ad episodi delle serie Il tenente Kojak, MASH, Hunter, La signora in giallo, Alfred Hitchcock presenta, Pappa e ciccia, e CSI: Scena del crimine. Ha 78 anni e un film in uscita, Rango: un cartone animato di Gore Verbinski doppiato, tra gli altri, da Johnny Depp, che ha per protagonista un camaleonte in crisi d’identità perso per il deserto… mah!
Jodi Benson in originale presta la voce a Barbie. Mi sembrava carino spendere due parole per questa attrice americana dalla splendida voce, visto che grazie a lei, nel 1989, ha preso vita la Ariel de La Sirenetta, personaggio a cui è rimasta legata per tutti i seguiti e spin – off nati da quel primo film. Inoltre, ha doppiato personaggi di Nausicaa della Valle del vento, Thumbelina – Pollicina, Flubber – Un professore tra le nuvole, A Bug’s Life, Toy Story 2, Giuseppe il re dei sogni e della serie Hercules, inoltre ha recitato in un episodio del telefilm Hunter. Ha 49 anni.
E ora, siccome il post è particolarmente lungo, vi lascio semplicemente con il trailer del film… ENJOY!
giovedì 22 luglio 2010
Toy Story 2 (1999)
Prosegue la visione dei Toy Story, in previsione della spedizione cinematografica della settimana prossima, quando finalmente andrò a vedere il terzo capitolo. Toy Story 2, diretto nel 1999 sempre da John Lasseter, non è assolutamente inferiore al primo film, anzi.
La trama: l’arrivo di Buzz è stato ormai “metabolizzato” da Woody e gli altri giocattoli, e la vita nella cameretta di Andy pare scorrere in armonia. Woody non vede l’ora di accompagnare il padroncino al campo dei Cowboy, ma una giocata dell’ultimo minuto gli danneggia il braccio e lo costringe a stare a casa; peggio ancora, per salvare un vecchio giocattolo che sta per essere venduto al mercatino, finisce nelle mani di un collezionista senza scrupoli che ha in mente di venderlo al proprietario di un museo giapponese assieme ad altri giocattoli, protagonisti assieme al cowboy di un vecchia serie tv. Ovviamente, Buzz e gli altri partono decisi a liberare l’amico…
Dopo il successo di Toy Story è accaduto che, come per mille altri film Disney o Pixar, si decidesse di crearne un seguito da distribuire direttamente nel circuito dell’home video. Per fortuna, le prime prove del film sono venute così bene che il progetto è stato ampliato e Toy Story 2 è diventato un film da cinema in grado di sfatare il mito dei seguiti inferiori agli originali. A dire il vero non riesco ancora a decidere se mi è piaciuto più il primo o il secondo, perché sono entrambi bellissimi, ma forse Toy Story 2 è un po’ più “adulto” ed ironico, quindi più vicino ai miei gusti attuali.
La cosa bella del film è che i personaggi vengono ripresi con una coerenza assoluta; l’effetto è quello che si avrebbe andando a trovare dei vecchi amici dopo qualche tempo, con la curiosità di capire cosa è accaduto loro mentre non li abbiamo visti. Buzz è finalmente venuto a patti con la sua natura di giocattolo, ed è diventato molto più simpatico di Woody che, paradossalmente, pur essendo il protagonista è l’unico a non essersi evoluto, continuando a rimanere bloccato nella sua fobia di venire abbandonato dal padroncino Andy per qualche giocattolo migliore o, peggio, a causa del tempo che passa. Toy Story 2 è incentrato proprio su questa domanda: siccome i bambini non rimangono tali per sempre, cosa accade ai giocattoli quando i loro padroni crescono e si stancano di giocare con loro? La risposta la danno i nuovi personaggi: il laido proprietario del negozio di giocattoli, interessato solo ai soldi che può fare con gli oggetti da collezionismo, la cowgirl Jessie, abbandonata dalla padroncina e terrorizzata all’idea di tornare nel buio di uno scatolone, e il minatore Stinky Pete. E’ un punto di vista più adulto e malinconico, che ci mostra la perdita dell’infanzia, lo snaturamento della natura delle cose, l’accettazione finale di un inevitabile destino e l’idea di vivere comunque con ottimismo il tempo che ci viene concesso, assieme agli amici e alla famiglia.
Ovviamente, siccome gli argomenti trattati diventano più maturi, anche l’animazione e le gag evolvono di pari passo. Il personaggio di Andy rimane sempre statico e spigoloso, ma gli animali e i due adulti presenti sono molto più realistici, soprattutto il laido ciccione che si becca dei favolosi e dettagliatissimi primi piani quando Woody cerca di rubargli la chiave mentre dorme. Inoltre ora i personaggi riescono a chiudere tutti e due gli occhi contemporaneamente, il che non è poco! Carinissimi gli intermezzi con il cartone animato di Buzz Lightyear a inizio film e soprattutto lo show stile anni ‘50 di Woody & company, fatto con delle marionette (non vere, purtroppo, ma ricreate con la CG) e virato in seppia, ogni puntata conclusa con il tipico “cliffhanger” che andava tanto di moda all’epoca. Azzeccatissima l’introduzione di Mrs. Potato nel cast e, soprattutto, di Barbie, sogno “erotico” di ogni giocattolo, deliziosamente oca e assolutamente professionale nella sua versione Guida Turistica, mentre l’omaggio a Linux, con l’arrivo di un pinguinetto di gomma sfiatato, è abbastanza fiacco, così come i compagni di Woody; Jessie è fin troppo stordita e inutilmente chiassosa (anche se la canzone in cui ricorda l'amicizia con la sua padroncina mette il magone da tanto è triste...), mentre Stinky Pete viene sfruttato troppo poco. Assolutamente da Oscar invece le citazioni cinematografiche: il dinosauro che insegue la Jeep come in Jurassic Park, Buzz che salta su mattonelle sospese ricavando le note del Così parlò Zarathustra, colonna sonora di 2001 Odissea nello spazio; ma la mia preferita è quella, tratta da Guerre Stellari, in cui Zorg, arcinemico di Buzz Lightyear, prima di venire sconfitto gli confessa:”Io sono tuo padre!” con conseguente, esilarante gag finale. Altra cosa pregevolissima, durante i titoli di coda, sono le finte “papere” dal set, con la partecipazione speciale dei carinissimi personaggi di A Bug’s Life. Insomma, un altro film da vedere assolutamente… aspetto con ansia di gustarmi il 3!
Di Tom Hanks, che in originale doppia Woody, ho già parlato qui, mentre Tim Allen lo trovate qua assieme a John Lasseter, regista.
Ash Brannon è co – regista del film. Americano, in seguito ha girato da solo Surf’s Up, e ha in progetto un altro cartone animato, Turkeys, che dovrebbe venire doppiato dai fratelli Wilson e Woody Harrelson, incentrato sulla storia di due tacchini che viaggiano indietro nel tempo fino al primo giorno del ringraziamento per evitare che lo storico menu preveda il tacchino come piatto forte. Innegabilmente trash!
Lee Unkrich è il terzo co – regista del film. Americano, ha proseguito la carriera di regista “ombra” con Monsters & Co. e Alla ricerca di Nemo, prima di venire promosso proprio con Toy Story 3, il primo film ad avere diretto da solo. Ha 43 anni.
Joan Cusack presta la voce, in originale, alla cowgirl Jessie. Sorella del più famoso John Cusak (con il quale recita spesso in coppia), è una delle mie attrici preferite, in particolare la adoro ne La famiglia Addams 2, dove interpreta la moglie di zio Fester, la folle Debbie. Tra gli altri suoi film ricordo Una donna in carriera, Toys – Giocattoli, Una moglie per papà, Nine Months – Imprevisti d’amore, In & Out, lo splendido ed inquietante Arlington Road – L’inganno, Alta fedeltà, Looney Tunes: Back in Action e ovviamente Toy Story 3. Americana, ha 48 anni e tre film in uscita.
Wayne Knight presta la voce, in originale, al laido collezionista Al. Per la serie: “Carneade, chi era costui?”, il ciccionissimo caratterista americano interpretava lo sbirro innamorato dell’aliena nel (almeno per me) meraviglioso telefilm Una famiglia del terzo tipo e l’infame ladro di DNA giurassico in Jurassic Park. Tra gli altri suoi film ricordo Dirty Dancing, Nato il quattro luglio, Detective coi tacchi a spillo, JFK – Un caso ancora aperto, Basic Instinct, Space Jam e Rat Race, mentre per la TV lo troviamo in episodi di That’s 70s Show, CSI: NY, CSI e Nip/Tuck. Come doppiatore ha lavorato in Tarzan e Kung Fu Panda. Ha 55 anni e un film in uscita, senza contare che farà parte del cast di doppiatori della serie animata tratta da Kung Fu Panda.
E ora un paio di curiosità: l’attore Kelsey Grammer, che presta la voce al vecchio Stinky Pete, è lo storico doppiatore originale di Telespalla Bob de I Simpson. Fate inoltre attenzione ad un piccolo, “insignificante” particolare che differenzia la versione USA da quella passata in Italia e nel resto del mondo: durante il discorsetto che Buzz propina agli altri giocattoli, motivandoli ad andare a salvare Woody, alle spalle dell’astronauta compare un’animazione con il mondo e dei fuochi d’artificio, ma in America alle sue spalle c’era la bandiera a stelle e strisce. Ringraziamo la Pixar che ci ha intelligentemente evitato un simile stucchevole e trashissimo patriottismo. E ora vi lascio con le già citate "papere" del film... ENJOY!
venerdì 16 luglio 2010
Toy Story (1995)
Sto per parlare di un film che ho snobbato per anni, un po’ perché all’epoca, nel 1995, la computer graphic mi faceva semplicemente inorridire, un po’ perché Fabrizio Frizzi mi stava (e mi sta ancora..) sulle balle. Tutti motivi più che validi per evitare di vedere Toy Story di John Lasseter, ma adesso devo rimediare alla mancanza, e tutto per colpa dell’esilarante trailer e delle recensioni molto positive di Toy Story 3, che vorrei andare a vedere (se solo riuscissi a trovare una sala che non lo fa in 3D…).
La trama: una settimana prima del trasloco il piccolo Andy riceve in regalo un giocattolone di ultima generazione, Buzz Lightyear. Questo semina il panico tra i “vecchi” giocattoli e comincia a creare problemi soprattutto al cowboy Woody, che si vede usurpare il titolo di giocattolo prediletto. Il maldestro tentativo di tornare ai bei vecchi tempi provocherà un bel po’ di guai sia a Buzz che a Woody…
Un bel pezzo di antiquariato ormai questo Toy Story, non c’è che dire. Eppure, quanto mi sto pentendo di non averlo guardato prima, perché è davvero un gioiellino. Partiamo dal presupposto che la pellicola in questione è stato il primo lungometraggio ad essere stato interamente animato al computer, quindi ignoriamo le (poche) imperfezioni, come il fatto che i personaggi non riescano a chiudere entrambi gli occhi contemporaneamente, o le fattezze quasi grottesche dei pochi esseri umani e animali mostrati, e ricordiamoci che prima di allora erano stati realizzati solo dei cortometraggi a fronte di un’animazione artigianale Disney che ancora imperava. Eppure si è visto subito che, a differenza di questo nuovo 3D che rende fredda ogni pellicola che tocca, l’animazione al computer non appiattiva i film ma riusciva a regalarci personaggi espressivi e graziosi come quelli che ci hanno cresciuti da piccoli, con l’aggiunta di un maggiore realismo e colori ed effetti spettacolari.
Ovviamente senza una trama solida e simpatica (non a caso ci hanno messo mano Joss Whedon, creatore di Buffy e Dollhouse, e uno dei fratelli Coen, Joel) non ci sarebbe stata storia. Un’idiozia come Cappuccetto Rosso e i soliti sospetti non ci fa chiudere gli occhi davanti ai difetti di animazione ma anzi li intensifica. Toy Story invece è il classico film Disney che mescola divertimento e buoni sentimenti, ed è una sorta di intelligente metafora di quello che sarebbe avvenuto da lì a poco tempo; il bambino Andy, dopo avere giocato per anni con il Cowboy Woody lo mette da parte (senza smettere di amarlo) per il tecnologico Buzz Lightyear e lo stesso hanno fatto gli animatori che hanno messo da parte l’animazione classica, pur senza smettere di prendere esempio ed amarla, per fare il salto verso l’animazione al computer. Assieme a questa metafora c’è il classico racconto di formazione. A dire il vero, prima di vedere il film pensavo che Woody fosse il solito personaggio “alla Topolino”, odioso nella sua pedante perfezione; il cowboy invece è uno sfigato ipocrita, che vive nella gloria di essere il giocattolo preferito di Andy e agisce da leader buono e giusto solo a fronte di questa sicurezza. Quando arriva Buzz Lightyear a prendere il suo posto tutti gli altri giocattoli cominciano a deriderlo proprio perché si sono sempre sentiti adombrati e Woody si dimostra geloso, imperfetto e anche goffo come tutti gli altri. Da parte sua anche Buzz non è assolutamente come vorrebbe mostrare. Sicuro di sé, eroico, perfetto, ma con un piccolo problemino: non accetta il suo essere giocattolo, convinto com’è di essere un vero ranger spaziale. Questo da vita a un sacco di gag divertentissime, soprattutto quando Buzz si troverà a dover affrontare la triste realtà, reagendo come una donnicciola. Ma per fortuna esistono gli amici, questo è il messaggio straripetuto per tutto il film, che ci apprezzano per quello che siamo anche se non lo dimostrano con gesti eclatanti. Voto 10 ovviamente ai personaggi di contorno, soprattutto per Mr. Potato Head, bastardo come pochi e per i piccoli alieni verdi che venerano il braccio meccanico della macchinetta in cui sono rinchiusi come se fosse un dio. E ovviamente ho molto apprezzato anche l’ambientazione horror con i giocattoli “freak” del ragazzino pestifero.
Spendo qualche parola per l’adattamento italiano del film. Non potendo confrontarlo con la versione originale, il doppiaggio mi sembra però molto buono; tra l’altro, se non sbaglio, dev’essere la prima volta che in Italia veniva introdotta la (spesso) dubbia abitudine di utilizzare personaggi famosi dello spettacolo per doppiare i cartoni animati. Nella fattispecie, Fabrizio Frizzi, che all’epoca te lo mettevano persino nella minestra, doppia Woody, mentre Massimo D’Apporto, altro attore che al tempo furoreggiava nelle fiction televisive, da la voce a Buzz. Le poche canzoni che fanno da colonna sonora al film, ancora retaggio dell’animazione precedente, sono cantate da Riccardo Cocciante (ed effettivamente non riescono ad essere troppo allegre, ma hanno quel sottofondo malinconico, chissà perché…). Guardate quindi con sicurezza qualsiasi versione vi capiti se non lo avete ancora fatto: se siete come me non vedrete l’ora di continuare con il secondo episodio.
Di Tom Hanks, che da la voce al cowboy Woody, ho già parlato qui.
John Lasseter è il regista della pellicola. Tra i suoi altri film ricordo A Bug’s Life – Megaminimondo, Toy Story 2 – Woody e Buzz alla riscossa e Cars – Motori ruggenti. Americano, ha 53 anni.
Tim Allen presta la voce, in originale, a Buzz Lightyear, ruolo che riprenderà anche in Toy Story 2 e 3. Comico statunitense, lo ricordo soprattutto per la sit-com Quell’uragano di papà (che a me piaceva un sacco!). Tra i film in cui compare cito Santa Clause ( e i suoi due seguiti), Da giungla a giungla e Svalvolati on the road, inoltre compare anche nel telefilm Soul Man – Casa & chiesa. Ha anche doppiato un altro cartone della Pixar, Cars – Motori ruggenti. Ha 57 anni.
Wallace Shawn in originale presta la voce al tirannosauro timido Rex (anche nei sequel). Caratterista della vecchissima scuola, questo attore americano vivrà nel mio imperituro ricordo per il ruolo di Vizzini ne La storia fantastica e ovviamente come professore bastardello in Ragazze a Beverly Hills. Tra gli altri suoi film ci sono Manhattan, Hotel New Hampshire, Radio Days, Giù le mani da mia figlia, La maledizione dello scorpione di giada e La casa dei fantasmi; come doppiatore ha lavorato in In viaggio con Pippo, Monsters & Co, Gli incredibili, Chicken Little e I Griffin, senza contare che ha partecipato a telefilm come I Robinson, La tata, Clueless, Ally McBeal, Sex & The City, Desperate Housewives, ER e Gossip Girl. Americano, ha 67 anni.
R. Lee Ermey in originale presta la voce al capo dei soldatini giocattolo (anche nei sequel). “Chi ha parlato?? Chi cazzo ha parlato..???” l’incipit di uno dei più famosi, cazzuti e volgari dialoghi della storia del cinema è il suo. Lui è l’uomo che tutti vorremmo uccidere dopo appena 10 minuti di Full Metal Jacket, facendogli ingoiare branda, fucile e tutta la retorica militare: il fottutissimo Sergente Hartman. E, sebbene il nostro fosse già comparso in una pietra miliare come Apocalypse Now, ci ha marciato parecchio sul ruolo che lo ha consacrato, tanto da meritarsi ruoli, omaggi e cameo in più di un film: Mississippi Burning – le radici dell’odio, Ultracorpi – l’invasione continua, Una pallottola spuntata 33 ¾ - l’insulto finale, Se7en, Dead Man Walking – condannato a morte, Sospesi nel tempo (dove riprende proprio il ruolo di Hartman), Non aprite quella porta, X – Men – Conflitto finale, Non aprite quella porta – l’inizio, ha partecipato anche a telefilm come Miami Vice, Racconti di mezzanotte, X – Files, Scrubs, Dr. House e inoltre ha doppiato episodi de I Simpson, I Griffin, Kim Possibile e Spongebob. Americano, ha 66 anni e un film in uscita.
E ora qualche curiosità. Il ruolo di Buzz Lightyear era stato offerto, oltre che a Bill Murray (cribbio!!) e Chevy Chase, ad un altro grande comico americano, Billy Crystal, che dopo avere declinato se n’è pentito tanto da pregare poi per un’altra occasione, che è arrivata con Mosters & Co. e il personaggio di Mike. Per lo stesso ruolo si era anche pensato a Jim Carrey, con Paul Newman nel ruolo di Woody, ma pare che entrambi costassero un po’ troppo. Un piccolo embrione della storia si trova nel corto Tin Toy, sempre diretto da Lasseter: inizialmente infatti i protagonisti dovevano essere il personaggio principale del corto (diventato poi Buzz Lightyear), perduto durante un viaggio, e un pupazzo ventriloquo (diventato poi Woody), che univano le forze per tornare a casa. Un’altra stesura dello script prevedeva anche la presenza di Barbie, vista come la tosta eroina che alla fine avrebbe salvato Buzz e Woody dal cane del moccioso pestifero, ma la Mattel pensava che il film non avrebbe avuto successo e quindi ha rifiutato il permesso di utilizzare la bambola; permesso che ovviamente è stato subito concesso per Toy Story 2 e anche 3. Se vi piace il genere, ovviamente, guardatevi tutta la trilogia e aggiungeteci anche The Incredibles, Monsters & Co., Alla ricerca di Nemo e Ratatouille, che sono i film Pixar che più ho amato. E ora vi lascio con il video del corto che ha ispirato il film, ovvero Tin Toy. ENJOY!!