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venerdì 6 giugno 2025

Lilo & Stitch (2025)

Ci ho messo un po' perché volevo andare a vederlo con Nora (con la quale eravamo andate a vedere l'originale, diventato uno dei nostri film preferiti), ma domenica ho finalmente guardato Lilo & Stitch, diretto dal regista Dean Fleischer Camp.


Trama: un violento, dispettoso alieno fugge dai suoi creatori e finisce per rimanere bloccato alle Hawaii. Lì, per mero spirito di autoconservazione, si finge un cane e si fa adottare da Lilo, bimba orfana e senza amici, che rischia di venire separata anche dalla sorella maggiore...


Un po' per mancanza di tempo, un po' per timore reverenziale, non ho riguardato Lilo e Stitch prima di andare in sala a vedere il remake live action. Questo potrebbe essere il motivo principale per cui non ho odiato il film di  Dean Fleischer Camp e sono arrivata a ritenerlo addirittura uno dei migliori live action Disney recenti (viste quelle monnezze mezze o totali di Pinocchio, La sirenetta e Biancaneve, non è che ci volesse molto). Pur con qualche "licenza poetica", infatti, il nuovo Lilo & Stich mantiene inalterati i capisaldi che hanno decretato il successo del cartone, in primis il percorso di crescita combinato che vede protagonisti i due personaggi titolari. Sia Lilo che Stitch nascono come due agenti di caos, scombinati da una situazione familiare che li vuole privi di regole, perennemente arrabbiati e tristi, soli e disprezzati; l'incontro tra queste due anime affamate d'amore, inizialmente sarà fonte di ulteriori guai, poi darà vita ad una nuova amicizia, un'Ohana che porterà anche altre persone, sia umani che alieni, a fare cerchio attorno a loro. E' una storia semplice e tenera, quella di Lilo e Stitch, con molto umorismo e un pizzico di avventura. Il live action punta molto sull'aspetto sentimentale e, soprattutto nella prima parte, gioca su un terreno assai simile a quello di Un sogno chiamato Florida, col risultato di risultare MOLTO più triste del cartone animato. Non solo, infatti, gli sforzi di Nani per tenere con sé Lilo sembrano ancora più ardui, peggiorati da una povertà e un disagio difficili da edulcorare, ma si scorgono indizi di una disparità sociale, tra autoctoni e turisti, che fa ribollire il cuore dello spettatore di rabbia. Questa è però un'arma a doppio taglio, nonché l'unico, vero difetto del film. Il terreno di gioco, infatti, è sì simile a quello di Un sogno chiamato Florida, ma i giocatori sono molto diversi. Turismo di lusso e gentrificazione sono dipinti come la giusta norma in Lilo & Stitch, infatti Lilo viene bonariamente dissuasa dall'utilizzare la piscina del resort e tenuta ai margini del baracconesco luau dove lavora Nani. Le due sequenze dovrebbero fungere da recurring joke (la prima) e da catalizzatore per il fallimento di Nani (la seconda), ma entrambe non fanno altro che normalizzare un concetto aberrante, che trova il suo compimento nel deludente finale, in cui il significato di Ohana viene distorto proprio in virtù di tale concetto: le Hawaii non appartengono più agli autoctoni, ed è bene che questi ultimi lo accettino, perché per avere un futuro roseo l'unica soluzione è abbandonare tutto e volare in America (solo se si è belli, intelligenti e capaci, ovvio). 


Forse questi aspetti c'erano anche nel cartone animato del 2002, forse a 21 anni non ci facevo caso; sicuramente, all'epoca, la disperazione di Nani all'idea di perdere Lilo era tangibile e la lotta tra la ragazza e le istituzioni cieche alle esigenze particolari della piccola metteva davvero ansia, perché sappiamo tutti che il sistema di foster care non è una passeggiata, soprattutto in comunità già svantaggiate. Qui, invece, abbiamo la bonaria ed elegante Tia Carrere, sempre pronta a tendere una mano (che poi, tanto casino, se la soluzione al "problema" di Nani era così semplice perché non lasciare subito Lilo ai bravissimi vicini?), e una tecnologia aliena che giustifica la paraculaggine di qualsiasi decisione. Ok, alla fine questo post è diventato una critica, e mi dispiace, perché mi sono sinceramente divertita guardando Lilo & Stitch, quando non avevo il magone, ovviamente. "Colpa" del musetto adorabile della piccola Maia Kealoha, perfetta per interpretare Lilo, e anche del sembiante morbidoso e puccio del pelosissimo Stitch. Sapete che ODIO la CGI ma, per una volta, non ho percepito scollature tra i personaggi reali e quelli generati al computer, forse grazie alla perizia di Dean Fleischer Camp, che già si era fatto le ossa col poetico Marcel the Shell (non a caso, il regista ha preteso che la Kealoha avesse uno Stitch a grandezza naturale, benché inanimato, col quale interagire, evitandole la fredda, allucinante pallina da tennis). Anche i personaggi secondari, benché un po' modificati nel carattere e nelle intenzioni, mi sono piaciuti, così come la riproposizione di alcune scene iconiche, che non hanno perso un briciolo della loro forza originale. Certo, avrei voluto un po' più Elvis e anche un po' più crossdressing, ma il Pleakley di Billy Magnussen è abbastanza fluido da aver causato sicuramente un po' di scompensi in quelli che urlano alla "wokeizzazione" del mondo. Lasciando da parte inevitabili delusioni e qualche sproloquio personale, vi consiglio sicuramente la visione di Lilo & Stitch e, se ne avete la possibilità, ve la consiglio in sala, nonostante sia nato come un film da far uscire direttamente su Disney +,  perché non si percepiscono minimamente gli eventuali difetti dovuti al passaggio tra i due media. 


Del regista Dean Fleischer Camp ho già parlato QUI. Chris Sanders (voce originale di Stitch), Zach Galifianakis (Jumba), Billy Magnussen (Pleakley), Courtney B. Vance (Cobra Bubbles) e Tia Carrere (Mrs. Kekoa) li trovate invece ai rispettivi link.


Tia Carrere
era la voce originale di Nani nel cartone animato originale. A Ving Rhames, che invece doppiava Cobra Bubbles, era stato offerto un piccolo ruolo ma ha dovuto declinare perché già impegnato in  Mission: Impossible - The Final Reckoning. Ovviamente, se Lilo & Stitch vi è piaciuto dovete assolutamente recuperare il cartone animato originale del 2002. ENJOY!

domenica 9 febbraio 2020

Missing Link (2019)

Fresco di un Golden Globe, tra i nominati per l'Oscar come miglior lungometraggio animato c'è il delizioso Missing Link, scritto e diretto nel 2019 dal regista Chris Butler. Questo tra l'altro è l'ultimo post che pubblicherò prima della fatidica Notte: i compiti li ho fatti tutti ma cosa penso dei film mancanti lo scoprirete nei prossimi giorni.


Trama: Sir Lionel Frost tenta invano da anni di ottenere l'ingresso nella "Società dei Grandi Uomini", un esclusivo club di avventurieri, ma viene tacciato di essere un cialtrone. Per provare il suo valore, Sir Frost intraprende dunque un viaggio alla ricerca del leggendario Sasquatch il quale, una volta trovato, gli sottoporrà una richiesta inusuale...


Adoro la Laika. A partire da Coraline non c'è stato un solo cartone animato prodotto da questo splendido e coraggioso studio di animazione che non mi sia piaciuto. Adoro le sue storie particolari e spesso inquietanti, i messaggi che veicolano, il modo arguto in cui affrontano temi anche non facili per dei bambini o ragazzini, e ovviamente mi sciolgo davanti alla realizzazione sopraffina di questi gioielli in stop-motion. Missing Link non fa eccezione, pur essendo, per temi e storia narrata, forse il più "infantile" dei cartoni della Laika, almeno in apparenza. Missing Link è infatti un perfetto film d'avventura che va a braccetto con l'umorismo slapstick dei buddy movies e quello surreale dei Fratelli Marx; se dovessi trovare un esempio recente per indicare quanto mi sono entusiasmata proprio durante la visione dei viaggi, delle ricerche e delle rocambolesche fughe di Sir Lionel e compagni mi viene in mente solo Le avventure di Tin Tin - Il segreto dell'unicorno, e lì c'era Spielberg nella sua forma migliore. Qui abbiamo Chris Butler, che era stato molto più "avanti" ai tempi di ParaNorman ma che, comunque, confeziona un'opera divertentissima, emozionante e punteggiata di tante piccole stoccate alla società odierna, retrograda quanto quella in cui vive Sir Lionel, borioso avventuriero incapace di pensare ad altri che a se stesso e talmente cieco di fronte alla pochezza dei "Grandi Uomini" da voler diventare uno di loro. E' l'incontro col Sasquatch Mr. Link a cambiarlo a poco a poco, assieme alle parole dell'antica fiamma Adelina, due personaggi borderline e molto ben caratterizzati, i quali incarnano rispettivamente l'innocente libertà di essere quello che desidera il cuore, a prescindere da regole e convenzioni, e la forza di aspirare a finali non convenzionali, anche a costo di rimanere soli. E' interessante, a proposito di solitudine, come all'interno del film si sottolinei spesso l'inutilità del branco e si privilegi un'idea di amicizia basata su un costante e reciproco arricchimento, sul rispetto e la generosità, pur contemplando la possibilità di non riuscire a trovare "soddisfazione" anche davanti a simili premesse, nel qual caso l'amicizia è comunque destinata a continuare, anche se "a distanza". Un'idea assai moderna, che conferma l'incredibile finezza delle opere della Laika, mai banali e scontate.


Detto questo, come ho scritto prima Missing Link è anche e soprattutto estremamente divertente. Il contrasto tra l'aplomb inglese unito al complesso da supereroe di Sir Lionel e la goffaggine di Mr. Link, "cugino di campagna" del ben più nobile Yeti e talmente ingenuo da prendere alla lettera qualsiasi frase, è una delle cose più spassose viste quest'anno in un film ed è ben sottolineato dai diversi accenti di Hugh Jackman e Zach Galifianakis (purtroppo Missing Link non ha ancora una data di distribuzione italiana, vai a sapere perché, ma se non altro c'è la gioia di poter ascoltare le voci originali dei doppiatori visto che il contrasto tra i due nell'edizione italiana verrà notevolmente appiattito in tal senso); onestamente, sul finale viene voglia di assistere ancora ad altre spedizioni della strana coppia e chissà che per una volta la Laika non decida di fare un sequel. Di sicuro, realizzare Missing Link è stato uno sbattimento anche per via della miriade di dettagli presenti in ogni scena, tra oggettini, espressioni facciali, mezzi e costumi (ma questo vale per tutti i film realizzati in stop-motion) e il cartone animato presenta delle sequenze esaltantissime e fluide, talmente ben costruite non solo a livello di tecnica animata ma anche di regia da far invidia ai cosiddetti live action: nel mio cuore rimarranno sempre la scazzottata da film western, l'inseguimento all'interno di una nave che sfida ogni legge della fisica e della gravità e, ovviamente, lo showdown finale sulle nevi himalayane, per me anche troppo tachicardico. Se mai Missing Link uscirà in Italia sarò la prima a correre a vederlo al cinema per godermi al 100% la bellezza visiva di questo gioiellino, nel frattempo incrocio le dita perché l'ambita statuetta finisca tra le zampe di Mr. Link!


Del regista e sceneggiatore Chris Butler ho già parlato QUI. Hugh Jackman (Sir Lionel Frost), Stephen Fry (Lord Piggot - Dunceby), Matt Lucas (Mr. Collick), Zach Galifianakis (Mr. Link/Susan), Timothy Olyphant (Willard Stenk), Zoe Saldana (Adelina Fortnight) e Emma Thompson (L'anziana) li trovate invece ai rispettivi link.




venerdì 15 giugno 2018

Lego Batman - Il film (2017)

E' rimasto a frollare per un po' di mesi ma finalmente sono riuscita anch'io a vedere Lego Batman - Il film (The LEGO Batman Movie), diretto nel 2017 dal regista Chris McKay.


Trama: dopo l'ennesimo piano andato a male e la consapevolezza che a Batman importa solo di sé stesso, il Joker concerta un altra impresa malvagia che rischia di distruggere Gotham City. Come se non bastasse, Batman si ritrova ad essere padre adottivo "per caso", mentre il suo ruolo di vigilante viene limitato dall'arrivo del nuovo commissario, Barbara Gordon...



Alzi la mano chi, una volta conclusa la visione di The LEGO Movie, ha sperato fortissimamente che arrivasse uno spin-off interamente dedicato al personaggio più adorabilmente stronzo ed arrogante del film, ovvero Batman. Credo che il tempo totale di presenza Batmaniana nella pellicola del 2014 non raggiungesse nemmeno la mezz'ora ma probabilmente è bastata la canzone cantata dal personaggio per convincere i produttori della necessità di mettere in cantiere Lego Batman - Il film e dare libero sfogo all'incarnazione del Cavaliere Oscuro più perfetta dai tempi di Batman - Il ritorno. Il Batman creato dalla LEGO è una fantastica parodia degli eroi dark, quelli che passano il 90% della loro esistenza persi a crogiolarsi nell'angst di un passato traumatico e l'altro 10% nell'autocelebrazione di sé, elementi fondamentali della personalità del protagonista che vengono ulteriormente esacerbati dall'enorme infantilità di Batman, reso qui come un bambino viziato, antipatico e peppia. L'intero film ruota sul rapporto tra Batman e il suo nemico di sempre, il Joker (scritto e rappresentato come le peggiori storie romantiche viste al cinema ma declinato in "odio" con risultati esilaranti), e sul terrore del protagonista di fronte alla possibilità di crearsi una famiglia o anche solo delle semplici amicizie, scelta di sceneggiatura necessaria per veicolare l'indispensabile messaggio positivo già presente in The LEGO Movie, messaggio che, a onor del vero, rischia di perdersi in una ridda di gag e citazioni pressoché infinita. I veri destinatari di Lego Batman - Il film non sono infatti i bambini ma tutti i fan dell'eroe DC (in ogni sua incarnazione, a partire dai telefilm camp anni '60, ampiamente citati) OPPURE tutti i nerd in grado di cogliere i millemila rimandi ad altri film, serie TV, fumetti che sinceramente non pensavo nemmeno potessero avere qualcosa a che fare col Cavaliere Oscuro. Avendo avuto accanto Mirco, durante la visione, posso assicurare che il Bolluomo ha riso ma non quanto ho fatto io e che parecchie delle gag più "specifiche" gli sono scivolate addosso come acqua, cosa che non era successa guardando The LEGO Movie, un film davvero adatto a tutti e più universalmente "meravigliosoooo".


La sensazione che ho provato io è quella di essermi trovata davanti una sorta di "special TV" non proprio cinematografico, una cosina breve per appassionati. Non che il film non mi sia piaciuto, anzi, e non dico neppure che Lego Batman - Il film sia qualitativamente inferiore al suo predecessore: nell'ora e quaranta di durata passano sullo schermo le cose più assurde che si possano costruire con i mattoncini e col potere dei "mastri costruttori", in primis un mecha pipistrello animato alla perfezione, senza contare che le scene d'azione sono forse anche più emozionanti e "caotiche" rispetto alla prima pellicola, con abbondanza di morte & distruzione in formato LEGO, soprattutto grazie alla presenza di un paio di giganteschi villain di tutto rispetto... però qualcosa è mancato, probabilmente dal punto di vista del sentimento. Partendo sempre da The LEGO Movie, a mio avviso il suo spin-off difetta del senso di magia che lo collegava paradossalmente alla realtà, l'elemento "umano" che faceva dei mattoncini più amati del mondo una componente fondamentale della crescita di un bambino e, in generale, della vita di una persona, veicolando forti emozioni come già accadeva con la trilogia di Toy Story. Qui abbiamo "solo" l'esempio di un gioco, un'avventura che si apre e si chiude a mo' di parentesi e che lascia il tempo che trova; un tempo esilarante, divertentissimo e sicuramente soddisfacente, ma anche "di nicchia", quasi il bimbo di The LEGO Movie fosse stato nuovamente chiuso fuori dalla stanza dei giochi lasciando il campo al papà nerd. Il che, lo ripeto, va benissimo per una serata all'insegna del divertimento sfrenato e della risata compulsiva, anche perché personalmente adoro il Batman della LEGO e tutti i riferimenti all'ambiguità sua e di Robin, ragazzo meraviglia perennemente smutandato e con un gusto tutto particolare per le hit gaye anni '80... e quanto può essere tenero il Joker con gli occhietti tristi, sconvolto nello scoprire che Batman non lo odia? Non è meravigliosoooo ma quasi, via!


Di Will Arnett (voce originale di Batman/Bruce Wayne), Michael Cera (Dick Grayson/Robin), Rosario Dawson (Batgirl/Barbara Gordon), Ralph Fiennes (Alfred Pennyworth), Zach Galifianakis (Joker), Billy Dee Williams (Due facce), Eddie Izzard (Voldemort), Seth Green (King Kong), Jemaine Clement (Sauron), Channing Tatum (Superman), Jonah Hill (Lanterna verde) e Ralph Garman (Reporter numero 2) ho già parlato ai rispettivi link.

Chris McKay è il regista della pellicola e doppia il pilota Bill. Americano, è al suo primo lungometraggio ma ha diretto episodi della serie Robot Chicken. E' anche produttore, tecnico degli effetti speciali, doppiatore, sceneggiatore e animatore.


Zoë Kravitz è la voce originale di Catwoman. Figlia di Lenny Kravitz e Lisa Bonet, la ricordo per film come X-Men - L'inizio, Mad Max: Fury Road e Animali fantastici e dove trovarli. Anche cantante, ha 30 anni e due film in uscita, tra cui Animali fantastici: I crimini di Grindelwald, dove interpreterà Leta Lestrange.


Tra i doppiatori originali figura anche il conduttore Conan O'Brien, che presta la voce all'Enigmista, e Mariah Carey, che doppia il Sindaco, mentre tra quelli italiani spiccano Claudio Santamaria nei panni di Batman e, ahinoi, Geppi Cucciari in quelli di Batgirl, a mio avviso terribile con quell'accento sardo. Billy Dee Williams, che doppia Due Facce, è stato l'Harvey Dent buono del primo Batman di Tim Burton e, se non fosse stato per l'arrivo di Joel Schumacher (e il conseguente casting di Tommy Lee Jones), avrebbe interpretato anche la versione malvagia del personaggio. Detto questo, se Lego Batman - Il film vi fosse piaciuto recuperate anche The LEGO Movie, di cui questo film è lo spin-off. ENJOY!


mercoledì 11 febbraio 2015

Birdman (2014)

Nonostante piovessero boicottaggi da ogni dove, anche io sono finalmente riuscita a guardare Birdman (Birdman or The Unexpected Virtue of Ignorance), diretto e co-sceneggiato nel 2014 dal regista Alejandro González Iñárritu  nonché candidato a ben 9 premi Oscar (Miglior Film, Michael Keaton Miglior Attore Protagonista, Edward Norton Miglior Attore Non Protagonista, Emma Stone Miglior Attrice Non Protagonista, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura Non Originale, Miglior Scenografia, Miglior Sonoro e Miglior Montaggio Sonoro).


Trama: dopo anni passati ad interpretare un supereroe, l'attore ormai decaduto Riggan decide di concedersi una seconda chance e di adattare, dirigere ed interpretare un'opera teatrale. Tra problemi familiari, prime donne e un soverchiante senso di insicurezza sconfinante nella pazzia l'operazione non si rivelerà affatto facile..


Da Birdman non sapevo proprio cosa aspettarmi, lo ammetto. A parte tutte le recensioni positive che non sono andata a leggere nel dettaglio per non rovinarmi la sorpresa e i cori di entusiasmo praticamente unanimi letti nei vari status cinefili di Facebook, devo candidamente confessare, nonostante conoscessi quasi tutti i titoli dei film da lui girati, che di Iñárritu non avevo mai visto nulla finora e che quindi la mia scimmia per la pellicola in questione derivava semplicemente dal "sentito dire". E anche, ovviamente, dal fatto che Michael Keaton, un attore che ho sempre particolarmente amato, si fosse portato a casa un Golden Globe per l'interpretazione di Riggan. Arrivare vergini al matrimonio di questi tempi non ha più senso (se mai lo ha avuto) ma indubbiamente arrivare vergini alla visione di un film spesso paga e io sono così riuscita a gustarmi Birdman senza termini di paragone che mi costringessero a dire "eh ma gli altri film di Iñárritu erano meglio" e con occhi e cuore ancora liberi di provare meraviglia per delle immagini già cult (ma quant'è bello e colorato il negozio di alcoolici?) racchiuse in una fotografia nitida e pulita e per uno stile di regia particolarissimo ed elegante, dove la colonna sonora a dir poco bizzarra di Antonio Sanchez (composta in prevalenza da assoli di batteria che seguono i protagonisti nei momenti più concitati della pellicola) si fonde con la particolarissima scelta di realizzare il film come se fosse un lunghissimo piano sequenza. Grazie ad un montaggio geniale, i personaggi si muovono senza soluzione di continuità nel tempo e nello spazio mentre la telecamera li segue instancabile, dentro e fuori dal teatro cuore della vicenda e nelle strade di una New York caotica, dove tutti vorrebbero essere famosi, amati o riconosciuti. La realtà si mescola alle visioni del depresso Riggan, schiacciato da un passato che lo vuole ancorato ai vecchi fasti del cinema commerciale, scardinando ogni pretesa di verosimiglianza con sequenze che parrebbero prese pari pari da un film degli X-Men mentre le vicende dei protagonisti si intrecciano a quelle dell'opera che portano in scena, annullando ogni confine tra teatro e vita reale, che cominciano così ad influenzarsi reciprocamente.


L'imprevedibile virtù dell'ignoranza è quella di Riggan, attore "commerciale" quindi automaticamente inferiore, che osa "violentare" l'arte suprema del teatro cercando di superare i suoi limiti e diventando il personaggio famoso e amato che avrebbe sempre voluto essere. Riggan si è convinto (o meglio è stato convinto dal suo "lato oscuro") di avere sbagliato tutto nella vita, di aver abbandonato la strada della fama facile per un moto di orgoglio che gli è costato moglie, figlia e carriera, ed è altrettanto conscio di avere davanti un'ultima chance per riscattarsi almeno ai propri occhi se non a quelli del suo alter ego, il tenebroso, cinico e frustrato Birdman, che vorrebbe tornare a volare adorato da masse di spettatori nerd. Non è un caso che sia Michael Keaton ad interpretare Riggan: d'altronde lui è stato il primo attore ad indossare la maschera di Batman quando ancora nessuno si filava i cosiddetti "cinecomic" e da quell'interpretazione non ha ricevuto alcuno slancio per la sua carriera, tanto che era dal 2008 che non recitava in un ruolo da protagonista. La critica di Birdman all'establishment hollywoodiano del successo a tutti i costi e al progressivo calare della qualità del Cinema, con produzioni sempre più indirizzate ad un target giovane e zeppe di attori che un tempo si sarebbero sparati piuttosto che abbassarsi ad interpretare determinati personaggi, è palese ma, allo stesso tempo, il film è  anche infarcito di molti altri riferimenti agli attori che compongono il cast, tutti bravissimi e tutti rappresentati in modo parodico e volutamente "colpiti" nelle loro interpretazioni più famose e blasonate (si veda Naomi Watts e la sua bisessualità in Mulholland Drive o la proverbiale intrattabilità di Edward Norton). Birdman è quindi un film dedicato esclusivamente ad un pubblico cinefilo? Io non credo. Il dramma umano di Riggan è radicato in una tradizione letteraria che vede il protagonista opporsi con tutte le sue forze ad un destino che sia lui che gli altri considerano ineluttabile e già scritto e perdere la retta via a causa di consiglieri fraudolenti (e, nel caso dell'uomo-uccello di Birdman, inquietantissimi); l'impianto teatrale e la lentezza dei primi dieci minuti potrebbero scoraggiare parecchi spettatori ma il mio consiglio è quello di non lasciarsi abbattere, perché Birdman è il primo, vero capolavoro di quest'anno. Una gioia per gli occhi e per la mente, da vedere e rivedere.


Di Michael Keaton (Riggan), Emma Stone (Sam), Zach Galifianakis (Jake), Naomi Watts (Lesley), Andrea Riseborough (Laura) ed Edward Norton (Mike) ho già parlato ai rispettivi link.

Alejandro González Iñárritu è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Messicano, ha diretto film come Amores Perros, 21 Grammi - Il peso dell'anima, Babel e Biutiful. Anche produttore e compositore, ha 47 anni e un film in uscita.


Se Birdman vi fosse piaciuto innanzitutto tifate perché vinca almeno metà degli Oscar (soprattutto per regia e attore protagonista) e recuperate Il cigno nero e magari anche Il ladro di orchidee. ENJOY!




venerdì 7 giugno 2013

Una notte da leoni 3 (2013)

Anche questa è finita, ce l'abbiamo fatta. Mercoledì sera, blandita da una scorpacciata di sushi e mezza bottiglia di bianco, sono andata vedere Una notte da leoni 3 (The Hangover Part III), ultimo capitolo della saga diretta da Todd Phillips.


Trama: dopo la morte del padre, Alan è più fuori controllo che mai. Gli amici decidono di portarlo in una clinica, ma sulla strada Doug viene rapito da un criminale che vuole solo una cosa: mettere le mani su Mr. Chow e sul malloppo rubato dal cinese poco dopo il primo soggiorno del "Branco" a Las Vegas...


Permettetemi di cominciare la recensione con un consiglio, nel caso non aveste voglia di leggerla tutta: NON rimanete durante i titoli di coda o chiederete al buon Dio di estirparvi i bulbi oculari e lobotomizzarvi per non dover più ricordare un'immagine aberrante come quella che ho avuto la sventura di vedere. Dico solo "che schifo!!!" e vado avanti. Stranamente, Una notte da leoni 3 non mi ha disgustata come avrei creduto. Su una scala tra il "mi ha fatto ridere" del primo capitolo e "ma dovrebbe farmi ridere?" del secondo, questo si colloca esattamente nel mezzo. Le scene più esilaranti, OVVIAMENTE, sono tutte quelle mostrate nel trailer, con un paio di aggiunte che ai piccoli spettatori "casuali" era meglio effettivamente non mostrare; a questo tris di sequenze, interamente dedicate ad Alan, si aggiunge una comicissima violazione di domicilio guidata da Mr. Chow, che ho particolarmente apprezzato perché, forse per una sinapsi che ogni tanto salta, ad ogni apparizione dello sboccato cinese perdo ogni freno inibitore e rido come un'idiota. Basta solo che mugoli il suo "fangooolo" con quella moscissima vocetta che gli hanno appioppato in Italia e non capisco più nulla. D'altronde, ho riso, letteralmente, tre ore buone alla vista di Spongebob che si fracassava le chiappe, quindi dentro di me ci dev'essere un piccolo Vanzina pronto ad emergere quando meno me lo aspetto.


Mr. Chow quindi, e per fortuna, assurge a ruolo di co-protagonista, non semplice comprimario, e viene contrapposto ad Alan, una sorta di caos maligno contro caos benigno, due schegge impazzite in grado di creare casini a non finire, un binomio che porterà all'ovvio percorso di redenzione del ciccione barbuto. Che, per inciso, se nel primo film era divertente e nel secondo lasciava senza parole (in senso negativo) per la sua idiozia, in questo terzo capitolo sarebbe da prendere a martellate nelle gengive, costantemente. Anzi, non avete idea di quanto vorrei vedere Galifianakis nei panni di un Alan finito casualmente in un horror di Spasojevich, Eli Roth o Tom Six. Uuuuh, che goduria. A parte questo, gli sceneggiatori mettono appunto in scena questo scontro tra titani e riescono, in qualche modo, a collegarsi dignitosamente a tutti i film precedenti, mettendo su anche una trama interessante e per fortuna lontana dall'"oggesù abbiamo perso Doug/Teddy e non ricordiamo una mazza di quello che è successo" dei primi due capitoli, riuscendo ad imbroccare persino un paio di sequenze visivamente interessanti come il volo di Chow su Las Vegas, l'evasione del muso giallo (spudorato ma simpatico omaggio a Le ali della libertà) e l'assalto alla suite del Ceasar Palace. Anche l'uso di una colonna sonora pregevolissima, il simpatico ritorno di un paio di vecchi personaggi e l'introduzione della grezzissima Cassie concorrono a rendere l'operazione più gradevole e a far quasi dimenticare che il patetico gangster ciccione è il povero John Goodman in probabile crisi finanziaria. Infine, Bradley Cooper (relegato assieme a Ed Helms a mero ruolo di spalla) è sempre incredibilmente fico e tutto questo mi porta ad assegnare la sufficienza ad un film su cui non avrei puntato un euro. O forse il mio giudizio è condizionato dall'alcool, chissà. Per redimermi, concluderò con una finissima citazione: "Chow, hai rotto il cazzo". Sipario.


Del regista e co-sceneggiatore Todd Phillips ho già parlato qui. Bradley Cooper (Phil), Ed Helms (Stu), Zach Galifianakis (Alan), Justin Bartha (Doug), John Goodman (Marshall), Jeffrey Tambor (Sid), Heather Graham (Jade), Sasha Barrese (Tracy) e Jamie Chung (Lauren) li trovate invece ai rispettivi link.

Ken Jeong (vero nome Kendrick Kang-Joh Jeong) interpreta Mr. Chow. Americano, ha partecipato a film come Una notte da leoni, Una notte da leoni 2, Mordimi, Transformers 3, I Muppet e a serie come Two and a Half Men; ha lavorato anche come doppiatore per episodi di American Dad! e per il film Cattivissimo me. Anche sceneggiatore e produttore, ha 44 anni e quattro film in uscita tra cui Cattivissimo me 2.


Melissa McCarthy interpreta Cassie. Americana, cugina della ben più conosciuta Jenny McCarthy, ha partecipato a film come Charlie’s Angels, Le amiche della sposa, Io sono tu e alle serie The Jenny McCarthy Show e Una mamma per amica, inoltre ha doppiato alcuni episodi di Kim Possible. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 43 anni e quattro film in uscita.


Per il ruolo di Marshall si era persino pensato a Sean Penn e Robert Downey Jr. ma, se Dio vuole, i due sono stati risparmiati dall’ignominia. E  dopo aver brindato allo scampato pericolo, se Una notte da leoni 3 vi fosse piaciuto recuperate i primi due capitoli della saga. ENJOY!!

venerdì 24 maggio 2013

Una notte da leoni 2 (2011)

Siccome sono stata precettata per vedere l’imminente terzo episodio, il buon Simone si è premurato di procurarmi Una notte da leoni 2 (The Hangover Part II), diretto nel 2011 dal regista Todd Phillips e séguito di Una notte da leoni.


Trama: dopo gli eventi di Las Vegas, Stu è ben deciso a non lasciarsi trascinare in un addio al celibato per il suo matrimonio con la thailandese Lauren. Ovviamente Alan non sarà della stessa idea e il “branco dei lupi” finirà nei casini a Bangkok…


Mai come in questo caso vale il detto "squadra che vince non si cambia". Una notte da leoni 2 è praticamente la fotocopia del primo episodio con un paio di variazioni atte a "fregare" gli spettatori che già sanno cosa aspettarsi, ma praticamente alla base di tutto ci sono sempre le stesse dinamiche: alcool, droghe, conseguente perdita di memoria (e di almeno uno dei partecipanti all'addio al celibato), tentativo di ripercorrere le tappe della notte brava, volgarità a non finire e, ovviamente, l'unico elemento del Branco veramente incontrollabile, un Alan sempre più imbecille e assurdo. Gli sceneggiatori stavolta cercano di inserire alcuni elementi da crime story, consacrando il sempre geniale Mr. Chow a membro della malavita internazionale, così che questa volta la tragedia sembrerebbe davvero inevitabile, ma il risultato finale è che le risate sono anche meno rispetto alla volta precedente e tutte legate al personaggio di Alan e ad un paio di momenti "clou" dove l'umorismo, per parafrasare una pagina di Facebook, è sottile come un baobab.


Una notte da leoni 2 si differenzia anche per il tentativo, e chiamiamolo così, di dare una sorta di morale alle esperienze vissute dai protagonisti (tentativo che viene abbattuto a colpi d'accetta con le solite, devastanti foto compromettenti che accompagnano i titoli di coda, censurate in alcune versioni della pellicola), ovvera una specie di accettazione della propria diversità e dei propri difetti che porta a trasformarli nella forza per superare anche le situazioni più difficili. Difficile infatti prendere la pellicola come un inno all'amicizia, quando i membri del gruppo sono uno più deficiente, egoista e paraculo dell'altro, nonostante ogni serata organizzata da loro diventi praticamente un trionfo. Inesistenti, ovviamente, mogli e compagne, che se nel primo film si vedevano poco qui si limitano a scuotere la testa e ad accettare l'ingrato destino che le vede costrette a convivere con siffatti personaggi. Immancabili, infine, gli ammiccamenti a Una notte da leoni, con Stu che si rimette a cantare e il ritorno di Mike Tyson, omaggiato anche dal tatuaggio inflitto al povero sposo, mentre tra le altre guest star spicca un Paul Giamatti in versione malavitoso. Insomma, c'è poco altro da dire: io l'ho trovato senza infamia né lode, con uno sbilanciamento verso il positivo dato dalla bellezza incredibile di Bradley Cooper: se vi è piaciuto il primo capitolo della saga recuperate anche questo film, gli altri si astengano o finiranno addormentati com'è successo a mia madre.


Del regista e co-sceneggiatore Todd Phillips ho già parlato qui. Bradley Cooper (Phil), Ed Helms (Stu), Zach Galifianakis (Alan), Justin Bartha (Doug), Paul Giamatti (Kingsley), Jeffrey Tambor (Sid Garner), Jamie Chung (Lauren) e Sasha Barrese (Tracy) li trovate invece ai rispettivi link.

Mason Lee, che interpreta Teddy, è nientemeno che il figlio del regista Ang Lee. Mel Gibson era stato scelto per il ruolo del tatuatore ma dopo le proteste di mezzo cast è subentrato Liam Neeson. Quando poi Phillips ha deciso di rigirarne le scene l’attore non era però disponibile e il ruolo è stato preso da Nick Cassavetes.  Ovviamente, se vi fosse piaciuto Una notte da leoni 2 cercatevi il primo episodio e andate a vedere il terzo, poi buttatevi su Ted o Come ammazzare il capo… e vivere felici. ENJOY!!

giovedì 22 dicembre 2011

Il gatto con gli stivali (2011)

Ay ay ay…. Primi giorni di Natale, prima delusione del periodo cinematografico. Quel Gatto con gli stivali (Puss in Boots) che tanto desideravo andare a vedere, diretto dal regista Chris Miller, si è rivelato un cuccioletto dagli artigli spuntati.


Trama: il Gatto con gli Stivali si ritrova coinvolto dal vecchio amico d’infanzia Humpty Dumpty nella ricerca dei Fagioli Magici che, come tutti sanno, portano ad un castello tra le nuvole dove vive un’oca magica che fa le uova… d’oro.


Che sòla, gente. Il gatto con gli stivali è davvero il film più debole dell’intera franchise di Shrek, forse poco migliore del terzo capitolo ma niente di più. Tutte le grassissime risate che speravo di farmi grazie al personaggio più geniale della saga si sono trasformate in risolini a denti stretti seppelliti da fin troppa melassa e da comprimari non all’altezza del protagonista. E sì che l’inizio, dove il Gatto si presenta come “amante piccante e chupacabras” mi ha fatta praticamente svenire sulla poltrona. Ma a parte questa dichiarazione d’intenti, un paio di gag come la tutina d’oro di Humpty Dumpty, quella dei minimuffins, quella dei tatuaggi e gli occhioni enormi del Gatto c’è davvero poca roba e neppure l’animazione, “sostenuta” da un 3D più inutile del solito, è granché.


In tutto il film, infatti, c’è solo una sequenza davvero bella e mozzafiato, quella della crescita del fagiolo magico. Anche la sfida danzante tra i due gatti non è male, grazie alla colonna sonora veramente azzeccata (l’unica cosa davvero bella dell’intera pellicola) e l’espediente dello split screen è un omaggio ai film di genere sempre gradito, ma alla Dreamworks hanno dimostrato di saper fare molto di meglio. Quanto ai nuovi personaggi, Humpty Dumpty è troppo patetico e stronzo per essere davvero divertente, la “fidanzatina” di El Gato, Kitty Zampe di Velluto, è simpatica ma non è neppure troppo utile all’economia della storia e i due cattivi Jack & Jill (presi paro paro da una delle filastrocche inglesi di Mamma Oca, attenzione: il vero Jack della pianta di fagioli è quel vecchietto stordito che si vede nella prigione) fanno ridere ma fino ad un certo punto. E quindi, cosa rimane da salvare del film? A dire il vero poco o nulla, salvo solo il grandioso doppiaggio di Banderas, visto che anche la storia è debole. Ma lasciamo parlare i bambini, il cartone animato d’altronde dovrebbe essere dedicato a loro. Nella fattispecie, lascio la parola al bimbetto di 5/6 anni seduto qualche sedia più in là nella mia stessa fila: “Papà, quando arriva mezzanotte?? Quando finisce?”. Queste due domande il pargolo le ha ripetute da metà del film più o meno ininterrottamente, fino alla fine. Fate due conti, gente, risparmiate che è meglio. E, per Dio, portate i bambini al cinema quando sono un po’ più grandini!!!


Di Antonio Banderas, doppiatore del Gatto, ho già parlato qui. Salma Hayek doppia Kitty Zampe di Velluto e la trovate qua, mentre Zack Galifianakis, Humpty Dumpty, lo trovate qui. Tra gli altri doppiatori originali figura persino il regista Guillermo Del Toro, qui in veste di produttore. Aggiungo in questo spazio una nota di demerito all’edizione italiana, i cui realizzatori hanno letteralmente rovinato i titoli di coda cancellando i nomi dei doppiatori originali integrati nell’animazione, come già accadeva nel primo Shrek.

Chris Miller è il regista della pellicola. Americano, ha già diretto Shrek Terzo. Anche attore, sceneggiatore, animatore e produttore, ha 36 anni.


Billy Bob Thornton (vero nome William Robert Thornton) in originale doppia Jack. Americano, lo ricordo per film come Proposta indecente, Sfida tra i ghiacci, Armageddon, il bellissimo Soldi sporchi, L’uomo che non c’era, Bandits e Babbo bastardo, inoltre ha prestato la voce per la versione inglese di Princess Mononoke. Anche sceneggiatore, regista e produttore, ha 56 anni e due film in uscita. Ha vinto un Oscar per la sceneggiatura del film Lama tagliente.


Amy Sedaris presta la voce a Jill. Americana, ha partecipato a film come Sei giorni sette notti, The School of Rock, Elf e Jennifer’s Body, oltre ad aver già doppiato Cenerentola in Shrek Terzo. Ha prestato la voce anche per le serie American Dad!, Spongebob Squarepants e partecipato ad episodi di Sex and the City e My Name is Earl. Anche sceneggiatrice, ha 40 anni.


Se siete fan del Gatto e di Shrek recuperate almeno i primi due capitoli, e se avete voglia di vedere un bel cartone animato “moderno” buttatevi sulla trilogia di Toy Story ma mi raccomando non spendete 10 euro per questa roba. Come cadeau natalizio vi trascrivo la nursery rhyme Jack & Jill così come viene tramandata nei paesi anglosassoni: “Jack and Jill went up the hill To fetch a pail of water. Jack fell down and broke his crown, And Jill came tumbling after. Up Jack got, and home did trot, As fast as he could caper, To old Dame Dob, who patched his nob With vinegar and brown paper”. ENJOY!

giovedì 14 luglio 2011

Una notte da leoni (2009)

Folgorata dal trailer del secondo capitolo, ho deciso di guardare Una notte da leoni (The Hangover), commedia diretta nel 2009 dal regista Todd Phillips.



Trama: quattro amici, di cui uno in procinto di sposarsi, decidono di festeggiarne l’addio al celibato a Las Vegas. Dopo la serata tre di loro si risvegliano in una suite d’albergo semi- distrutta, senza ricordarsi nulla di ciò che è successo… e senza lo sposo.



Una notte da leoni è stato, indubbiamente, l’exploit comico che nessuno si aspettava. Molto probabilmente diventerà il film cult della generazione successiva a quella di American Pie, l’ultima grande commedia americana (il che è tutto dire…) degli anni ’90. Merito dell’alchimia assolutamente perfetta tra gli attori e gli standard che incarnano (il “fico” della situazione, il perfettino che nasconde un carattere completamente diverso, il folle fuori da ogni schema) e delle situazioni tragicomiche in cui incappano i protagonisti, che sono poi degli “aggiornamenti” di cliché comici vecchi come il mondo: la macchina che non si potrebbe né usare né toccare che, lo sappiamo già, finirà distrutta alla fine del film; boss malavitosi che diventano delle macchiette, insospettabili guest star infilate nella pellicola più o meno opportunamente, schiaffi alle istituzioni, scambi di persona, qualche virata nello scatologico o nel “sexy”, ecc. ecc. Nulla di troppo nuovo, insomma, e forse Una notte da leoni funziona proprio per questo, per il suo essere un ritorno al classico (che non passa mai di moda, come sappiamo).



Consapevoli di questo, non si può urlare ovviamente al miracolo e, lo ammetto, pensavo davvero di divertirmi di più guardando il film. Innanzitutto è un po’ lento ad ingranare e la presenza della “rivelazione” comica Zack Galifianakis è quasi fastidiosa da tanto il suo personaggio è irrimediabilmente scemo. Però mi è piaciuto per parecchi motivi (e non c’entra la presenza di Bradley Cooper, che comunque è sempre un bel vedere!), innanzitutto per il suo inizio in medias res con la telefonata ad una sposa ormai in ansia e per la splendida scena che segue dopo, quella della suite d’albergo irriconoscibile e piena di indizi che i nostri dovranno mettere assieme per capire che diamine è successo durante la fatidica notte. E l’idea stessa del film, appunto, quella di creare una sorta di “giallo” comico che regala nuovi, esilaranti colpi di scena ad ogni rivelazione è geniale e fa sì che lo spettatore non abbia mai un momento di noia o distrazione, nemmeno durante i titoli di coda dove, con un simpatico escamotage, ci vengono rivelati altri particolari piccanti della Notte da leoni. A parte gli sproloqui pseudointellettuali, comunque, di Una notte da leoni ho amato l’assurdo doppiaggio di Mr. Chow e le stupide canzoncine di Stu e Alan (quella che suona al piano Stu mi ha fatta ridere per un’ora…); solo queste valgono da sole la visione del film. Per quanto riguarda il seguito, non sono andata a vederlo al cinema, ma una serata casalinga in compagnia di amici a guardarselo sbellicandosi dalle risate prima o poi me la farò!



Di Bradley Cooper, che interpreta Phil, ho già parlato in questi post.

Todd Phillips (vero nome Todd Bunzl) è il regista della pellicola, nella quale fa anche un brevissimo cameo. Americano, ha diretto film come Road Trip, Starsky e Hutch, Parto col folle e Una notte da leoni 2, da poco uscito. Anche produttore e sceneggiatore (è stato nominato all’Oscar per la miglior sceneggiatura con Borat), ha 41 anni.



Ed Helms (vero nome Edward Paul Helms) interpreta Stu. Americano, lo ricordo per film come Un’impresa da Dio, Una notte al museo 2 e Una notte da leoni 2. Ha inoltre prestato la voce per film come Mostri contro alieni e serie animate come American Dad! e I Griffin. Anche sceneggiatore e produttore, ha 37 anni e tre film in uscita, tra cui  The Muppets.



Zach Galifianakis (vero nome Zacharius Knight Galifianakis) interpreta Alan. Americano, ha raggiunto il successo internazionale praticamente in questi ultimi due o tre anni, ma effettivamente io già lo conoscevo, solo che non lo avevo mai collegato al bel telefilm Tru Calling, dove interpretava uno dei personaggi principali. Lo ricordo anche per film come Heartbreakers – Vizio di famiglia, Parto col folle e Una notte da leoni 2, oltre che per aver doppiato un episodio di American Dad!. Anche sceneggiatore e produttore, ha 42 anni e tre film in uscita, tra cui The Muppets.



Heather Graham interpreta la spogliarellista Jade. Americana, la ricordo per film come I gemelli, Fuoco cammina con me, il bel Boogie Nights – L’altra Hollywood, Scream 2, Austin Powers la spia che ci provava, La vera storia di Jack lo squartatore e Terapia d’urto, oltre a serie televisive come Genitori in blue jeans, I segreti di Twin Peaks, Oltre i limiti e Scrubs. Anche produttrice, ha 41 anni e cinque film in uscita.



Justin Bartha interpreta Doug. Americano, lo ricordo per film come Studio 54, Il mistero dei templari, Il mistero delle pagine perdute e Una notte da leoni 2. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 33 anni e un film in uscita.



Jeffrey Tambor interpreta Sid, il padre di Alan. Caratterista americano dalla faccia familiarissima, lo ricordo per film come Scappo dalla città – La vita, l’amore e le vacche, Il dottor Dolittle, Tutti pazzi per Mary, Vi presento Joe Black, Il Grinch, Hellboy , il recente Paul e Una notte da leoni 2, oltre a serie come Il tenente Kojak, Starsky e Hutch, MASH, Love Boat, Ai confini della realtà, La signora in giallo, CSI, Medium. Abile doppiatore, ha prestato la sua voce per Spongebob il film, Mostri contro alieni e le serie Batman, Dinosauri, Pinky and The Brain e Johnny Bravo. Ha 67 anni e quattro film in uscita.



Tra le guest star della pellicola, oltre a Mike Tyson (che nella realtà possiede SETTE tigri, non una…), segnalo Ken Jeong, qui nei panni di Mr. Chow e già villain in Mordimi, mentre la favolosa band che suona al matrimonio è la stessa che, in Starsky & Hutch, vediamo suonare al bat mizvah della figlia di Vince Vaughn. La parte di Jade sarebbe dovuta andare a Lindsay Lohan, che ha rifiutato convinta che il film sarebbe stato un flop. Brava stupida, continua ad entrare e uscire dalle cliniche, che è meglio. E su questa nota allegra, vi lascio al trailer del film... ENJOY!!

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