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La natura della grazia, di William Kent Krueger. Neri Pozza, €
18, pp. 350 |
L'estate
mi manca. Mi lamentavo, eppure, del sole che bussava alle finestre e
della calma piatta del mare. Me ne accorgo adesso: con le nostalgie
che pesano e cieli grigi che mi vogliono prigioniero di una casa da
cui scappo, ogni tanto, a passeggio proprio sul bagnasciuga sporco e
desolato dell'inverno. Ecco il desiderio fuori stagione di un portico
all'ombra, di una limonata fresca, delle notti illuminate a giorno
dai fuochi artificiali.
Mi
manca essere un ragazzino. Non vedevo l'ora di crescere, eppure,
perché qualche giorno fa mia mamma mi ha ricordato al telefono che,
tanto, sono sempre stato un bambino grande: al corpo toccava solo
adeguarsi a pensieri e preoccupazioni già adulte. Ecco il bisogno di
ritornare con una macchina del tempo, con un romanzo che aspettavo
senza neanche saperlo, alla curiosità e alla spensieratezza della
prima adolescenza. Ho avuto la mia lunga estate crudele e tredici
anni esatti in compagnia dell'indimenticabile famiglia Drum. Ho
scoperto, accanto ai giovani protagonisti, la morte, la collera e i
miracoli del perdono.
Mi
mancherà, come mi mancherebbero i pettirossi se non tornassero mai
più.
Siamo
nel 1961. Il telefono squilla nel cuore della notte. Lo sentite? I
piccoli di casa, Frank e il balbuziente Jake, drizzano le orecchie e
mettono le scarpe in fretta e furia. Si interessano agli incarichi
del capofamiglia, ai grattacapi che puntualmente saltano fuori, come
se fossero due apprendisti detective. Ubriachi molesti, un loro
coetaneo travolto dal treno in corsa, tentati suicidi e nella
peggiore delle notti, a metà romanzo, la notizia di un assassinio
che li tocca e li spezza. Li obbliga a crescere in tre mesi scarsi.
Il loro papà, Nathan, ispira in paese la stessa reverenza dei
militari – la Seconda guerra mondiale lo ha infatti cambiato per
sempre – ma è un pastore battista, non un agente di polizia. Lo si
scomoda, a letto, per qualche pecorella smarrita da riportare
d'urgenza all'ovile; per un consulto veloce sulla bontà di un Dio di
cui è cosa umana dubitare. Gli borbotta accanto Ruth, la moglie:
donna bellissima e infelice, con una voce d'angelo e sogni di gloria
sacrificati in nome della vita frugale ma decorosa scelta dal padre
dei suoi figli. Rincasa tardi e di nascoso, invece, la promettente
Ariel: adolescente che pensa all'amore romantico e alla Juilliard,
ignorando la curiosità dei fratelli minori ancora in piedi e la freddezza
fra i genitori.
Come
in Grandi speranze,
uno dei miei romanzi preferiti, c'è un ricercato in fuga e una
famiglia sfortunata – i Brandt come gli Havisham – il cui
patriarca è un virtuoso del pianoforte, condannato alla cecità e
alla compagnia della sorella sordomuta. Come nel Buio oltre la siepe, protagonisti innocenti
vengono a patti con i sospetti del razzismo – nell'occhio del
ciclone, un misterioso Sioux capitato nel posto sbagliato al momento
sbagliato. Come in Mystic River,
e voglio sottolineare l'entusiasmo dello stesso Dennis Lehane in copertina, c'è un fiume che a volte dà la morte, altre la
libertà. William Kent Krueger ricorda tanto, tanto altro
(aggiungeteci il bullismo e l'amicizia del miglior Stephen King, i
problemi in paradiso di Benedizione),
ma in questa giostra di echi e omaggi non smarrisce chissà in che
modo lo stile, la magia, la bellezza.
Quell'estate
la morte venne a visitarci assumendo molte forme: incidente,
malattia, suicidio, omicidio... Si può pensare che la ricordi come
un'estate funesta, ed è proprio così, ma non del tutto. Mio padre
citava Eschilo: colui che apprende deve soffrire, e persino nel sonno
il dolore, che non piò dimenticare, cade goccia a goccia sul cuore,
finché, nella nostra stessa disperazione, contro la nostra volontà,
giunge la saggezza attraverso la terribile grazia di Dio.
La
natura della grazia non è il
solito amarcord. E di
grazia ne è ricco, sì, benché abbia i colori foschi del thriller;
gli strappi dolorosi di certe infanzie negate, di certi sogni
infranti. I toni: quelli ispirati e solenni di chi è sopravvissuto
al peggio, ed è grato per un altro giorno al mondo, la giustizia che
fa finalmente il suo corso, il ritorno del senso di Dio. Raccontato dalla voce
rotta ed emozionante di un Frank ormai uomo, il romanzo è
una conta struggente dei vivi e dei morti, dei ricordi belli e
brutti. Una passeggiata all'ombra dei tigli, una corsa proibita sulle
rotaie, con atmosfere d'altri tempi e amici che impari a chiamare uno a uno per
nome. A tredici anni, in estati così, tormentate da scoperte e colpe
criminose, si rischia di perdersi. Seguire le briciole di pane e il
disegno dei binari, la meraviglia a ogni passo, per fortuna riporta
sulla via di casa. Al fresco dei portici e delle limonate. Alle notti
che poi passano.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Jeff Buckley - Grace