Due poliziotti di generazioni diverse, inizialmente ai ferri corti, uniscono le loro forze in cerca di un serial killer di donne ancora a piede libero. Il primo è il coriaceo Denzel Washington, rimasto bruciato da un vecchio caso del passato; il secondo è Rami Male, al contrario giovane e fiducioso. Nella sala degli interrogatori, sotto torchio, siete invece Jared Leto: un villain dalla pancia posticcia e dai capelli unti, inquietante e mellifluo come pochi. Capita raramente di vedere tre attori premi Oscar radunati nello stesso film. Un thriller dichiaratamente anni Novanta, che nel titolo italiano promette a torto una caccia all'uomo e all'indizio. Dopo una buonissima prima parte, il film di Hancock – poco più che un mestierante hollywoodiano – tradisce premesse e promesse in un proseguo più da buddy movie esistenzialista che da poliziesco, dove vengono messi in scena i caratteri inquieti dei personaggi maschili e soprattutto i loro metodi poco ortodossi. Mentre i due protagonisti parlano per cliché e frasi fatte, ben interpretati ma noiosamente già visti altrove, sorprende la performace di un Jared Leto che ha gioco facile per brillare: reduce da una meritata nomination ai Golden Globe, gigioneggia, seduce e spiazza. Il resto? Una mancata stagione di True Detective che ammicca all'ambiguità sottile di Seven, fa rimpiangere la potenza del coreano Memorie di un assassino e parla dell'importanza sostanziale dei piccoli dettagli, pur mancando di una grande trama portante. (5,5)
Sono
madri e nonne, dirimpettaie. Quando nessuno può osservarle, si
intrufolano l'una in casa dell'altra. E si amano di nascosto. Il loro
amore – omosessuale, anziano – scontenterebbe
più di qualcuno. Nonostante l'età, le due fanno progetti:
vorrebbero vender casa, ricominciare. Ma per paura di confrontarsi coi figli non si dichiarano.
Fino a quando un ictus non le separa e una delle due, immobilizzata,
viene affidata prima a una badante, poi ai figli egoisti, infine alle
case di riposo; l'altra, trattata alla stregua di un'estranea, si
limita allora a elemosinare momenti insieme. A spiare la
vita dallo spioncino. Se stare insieme è un crimine, un'irruzione,
ci sarà mai un posto per entrambe? Tagliato ingiustamente fuori dalla
cinquina degli Oscar, ai Golden Globe rappresentava il cinema
francese. Diretto dall'esordiente italiano Filippo Meneghetti, Deux è
un dramma devastante e viscerale, la cui tematica spaventa soltanto a
pensarci. Benché durante la visione scorrano copiosamente lacrime di tenerezza e
di rabbia, il film stupisce per il suo approccio da thriller: fatto
di attimi mancati e di piccoli presagi, di sparizioni, indaga i corpi
rattrappiti, i misteri della vecchiaia e della memoria.
Spaventosamente plausibile eppure pieno di bellezza, Deux
ti sale con le ginocchia sul petto. Ti conduce in un turbinio di
emozioni. E ora, ti chiedi? Cosa succederà? Cosa faranno?
Caracollanti, Barbara Sukowa e Martine Chevallier – straordinarie
– ti prendono per mano nell'epilogo. E sulle note di una canzone
italiana, e dei colpi dei loro battiti malandati, ti stringono forte nel
romanticissimo delirio di un lento. (7,5)