Più
che la serie TV, i nati nella mia generazione ricorderanno la duologia con Cameron Diaz, Lucy Lu e Drew Barrimore. Alla
luce di un girl power più autoreferenziale che mai, gli angeli dello
spionaggio soft son tornati. Nonostante il tocco femminile, è stato un flop annunciato. Colpa di una regia
patinata, che lascia un po’ a desiderare nelle scene d’azione?
Non mancano i cambi d’abito, le parrucche, le macchinazioni più o
meno telefonate, né un trio meglio assortito del previsto: la
Stewart si presta a essere la macchietta del gruppo; la Harris è
forse la migliore del cast, nei panni della scienziata goffa; la Balinska ipnotizza come amazzone dal fisico statuario.
Su di loro veglia la Banks, che scherza sulla mezza età e domina un
cenacolo di giovani desiderose non di essere principesse, bensì
spie. Non necessario, come ogni reboot, l’ultimo Charlie’s
Angels è stato un insuccesso parzialmente meritato, ma piacevole
e scacciapensieri poggia su una formula che intrattiene
comunque. Vestiti succinti, giarrettiere e flirt, ma anche una
consapevolezza tutta nuova sui ruoli di genere che divertirà gli
uomini e lusingherà le donne. Basta però a giustificare la missione? (5,5)
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sabato 16 maggio 2020
Mr. Ciak: Bombshell, Le ragazze di Wall Street, Emma e altri film sul girl power
mercoledì 1 aprile 2020
L'insostenibile leggerezza delle dramedy UK: Years and Years | Feel Good
Aprile, presto per darsi ai bilanci. Eppure posso affermare in tutta sicurezza che questa resterà
la serie più rappresentativa di quest’anno. La migliore?
Lo dirà il tempo. Chi si sarebbe aspettato un paio di mesi fa che
avremmo vissuto questo? L’allarmismo, la quarantena, la pandemia.
Il 2020 è un anno surreale, di cambiamenti spaventosi e lunghi
strascichi. Mentre siamo chiusi in casa, costretti all’immobilismo
per la nostra stessa sicurezza, non ci rendiamo conto che il
Corona Virus avrà conseguenze per cui non esiste vaccino. L’economia
e la politica si risolleveranno? Qualcuno avrà tempo per dare una
chance al mio futuro, in forse già da prima? Impossibile non sentire riecheggiare le domande che incalzano in questa coproduzione HBO: giunta in Italia in
sordina, è illuminante e premonitoria. Perché le insicurezze
della famiglia Lyons, inquadrata tra la Brexit e il 2030, sono anche
le nostre. Come ci tocca il divenire del mondo, come ci stravolge? Il
notiziario annuncia l’elezione di Emma Thompson,
politica di estrema destra che sembra una Trump in tailleur.
Durante le rimpatriate, tra compleanni, matrimoni e funerali, i Lyons
saranno partecipi di bollettini di guerra, evoluzioni
scientifiche, involuzioni umane. C’è Stephen, bancario che perde tutto per un investimento sbagliato;
Rosy, che non si lascia scoraggiare dal proprio handicap; Daniel, che s’innamora di un clandestino e s’imbarca nell'odissea vissuta dai
migranti. Infine Edith, reporter, che pur di
denunciare si avvicina a una verità dagli effetti radioattivi. Radunati alla tavola della matriarca,
i Lyons sono ciò di cui abbiamo bisogno in tempi disperati. A
volte si fanno volere bene come i personaggi di This is us. Altre ci preoccupano, con
intuizioni plausibili e invenzioni degne di Black Mirror. Non tutta le tecnologia viene per nuocere. Gli
smartphone, un giorno, combatteranno le rivoluzioni
al posto delle armi. La memoria digitale è miracolosa, ma quella del
cuore di più. Dove saremo tra cent'anni? Morti e sepolti. Dove
saremo domani, finita la pandemia. A casa delle nostre nonne. Ad
abbracciarci, a brindare, a spettegolare. Years and Years insegna tanto. Ma specialmente che tutto passa, compreso
l’irreparabile, ma che noi no, noi non passiamo. (9)
venerdì 30 novembre 2018
Mr. Ciak: The Wife, Widows, The Children Act, The Guilty, Ritorno al bosco dei 100 acri
I
sorrisi ai neonati sul treno ci dicono che non ha avuto figli. Parte
lesa in un matrimonio senza sesso, continuamente sul piede di guerra,
il giudice Emma Thompson ha un'aria rispettabile, un guardaroba
severo, ma piccoli dettagli ne rivelano l'altruismo e
l'istinto materno. Esperta in autentici casi di coscienza, chiama a
deporre la famiglia di un adolescente morente: in quanto testimone di
Geova, il ragazzo rifiuta la trasfusione.
Avvincente e umano, The Children Act è
nella prima parte un dramma giudiziario convenzionale ma solidissimo.
La seconda, più incerta ma senz'altro toccante, segue invece il
dipanarsi di un candido colpo di fulmine, di una subitanea affinità
elettiva, il cui significato si evince più in pratica che in teoria.
La protagonista, infatti, va al capezzale di Fionn Whitehead: per lui, intelligente e sfacciato, canta e recita Yates. Il giovane –
senza più famiglia, senza più Dio – si affida anima e corpo alla donna,
che ligia al dovere non vuole tuttavia portarsi il lavoro a casa. È già
troppo tardi: in seguito a un imprinting misterioso e immediato, lei gli è entrata sin nel sangue. Se l'ultima mezz'ora non basta
ad approfondire debitamente il rapporto tra il malato ribelle e il
giudice – “My Lady”, come la chiama Whitehead venerandola per
tutto il tempo –, ambiguità e svolte annunciate sono appianate dal monologo finale di un'attrice forse al suo meglio che, piangendo in
abito da sera, si confessa all'infedele Tucci. Ci sono ballate che
vanno cantate: al diavolo le scalette predefinite. Ci sono storie che
vanno raccontate anche se, grandi interpreti a parte, sortiranno
maggiore clamore nei romanzi di Ian McEwan. Ci sono casi straordinari – giudiziari e
non solo – davanti ai quali perfino la legge solleva bandiera
bianca. Abbandonandosi a un ritornello, lasciando andare chi
aveva le smania di farsi libero martire. (7)
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