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mercoledì 21 giugno 2017

Mr. Ciak: T2 Trainspotting, La Mummia, Before I Fall, Gifted

Trainspotting è uscito quando non avevo l'età. Istantaneo cult giovanile, parlava però a una generazione che non era la mia. L'ho rivisto su Iris qualche mese fa, il pubblico in fermento per l'arrivo di un sequel che sembrava fuori tempo massimo e invece no, apprezzandolo meno del previsto. Quattro amici per la pelle, un furto, colori fluo. Tanti buchi sulle braccia e, forse, troppo rumore. Cos'è di loro vent'anni dopo? L'ho scoperto senza ansie e, questa volta, sorprendendomi non poco. Liberamente ispirato a Porno del solito Irvine Welsh, il secondo capitolo è una reunion tra antichi dissapori e nostalgia; un ritorno a casa che tocca, anche chi fan non lo è. McGregor, fuggito ad Amsterdam, prende un aereo per Edimburgo alla morte della madre: unico ad avercela fatta, inventa a beneficio del prossimo una bella vita che non c'è. Il biondissimo Miller ha rinunciato all'eroina: ora sniffa e basta, e non perdona l'amico traditore. Carlyle è a piede libero, pensieroso per via di una vendetta da pianificare nel dettaglio e degli scherzi della disfunzione erettile; Bremmer ci ricasca, tenta il suicidio, e si scopre tenerissimo cantastorie. T2 – coi karaoke brilli, i faccia a faccia, le tentazioni irrinunciabili è malinconico, agrodolce, divertente. Alla soglia dei cinquanta, necessario passare al vaglio i sogni di serie B: aprire un bordello, ad esempio, alla faccia del crescere e dei papponi scozzesi. Ranton e gli altri sono invecchiati bene, sempre fighissimi, ma mettono un po' di tristezza. Un manipolo di bulli male in arnese che non ha mai trovato la sua strada e, in preda al dubbio, fa ritorno dove tutto è iniziato. La coda tra le gambe, la voglia matta di farsi ancora. Perché il mondo cambia, ammette Franco in presenza di un figlio indegno della sua pazzia, ma loro no. T2 giura di andare in rehab, salvo eventuali ricadute. Sceglie la regia strabiliante di Boyle, quei cari quattro amici al bar, una colonna sonora che, sul tappeto, fa battere i piedi a tempo. Sceglie l'effetto amarcord, che non guasta affatto, e corse lungo strade familiari. Sceglie il sequel giusto. E, affezionato al suo motto, sì, sceglie la vita. (7,5)

Il classico della Universal manca all'appello, ma La Mummia con Brendan Fraser è un tassello chiave della mia infanzia. Da allora gli ridò volentieri un'occhiata, nei sabato sera di Italia Uno privi di fantasia, facendo finta che il pessimo La tomba dell'imperatore non esista. Avrei potuto fare altrettanto con questo reboot non richiesto; il corpo del faraone di Sommers ancora caldo nel sarcofago. Se Hollywood sentiva il bisogno di rispolverare certe storie – successi annunciati, con una CGI a buon mercato e sceneggiatori cercasi –, perché non partire piuttosto da qualcos'altro? La conoscenza di questo novello Dark Universe, perciò, inizia sotto una cattiva stella. In sala, nella stagione in cui si nascondono filmetti e filmacci, ci proporranno senz'altro di peggio e immaginavo che c'entrasse un po' la tipica spocchia della critica nostrana, nel massacro al film del semiesordiente Alex Kurtzman. La trama è presto detta: Cruise, soldato in Iraq con l'hobby delle donne e dello sciacallaggio, inciampa nel feretro dell'androgina Sofia Boutella – principessa egizia cancellata dai libri di storia, con il sogno di distruggere il mondo e il guardaroba dell'Incantatrice di Suicide Squad. Tom, che non si arrende al fatto di non avere più l'età, si cimenta con il triathlon – corre, nuota, salta dagli aerei in fiamme senza spettinarsi: solita routine – e brama la vita eterna, galeotto fu Scientology. Con lui, da New Girl, un Jake Johnson che fa da forzata spalla comica; l'anonima Annabelle Wallis, interesse amoroso lungo la bellezza di venti minuti che, non si sa come o perché, ispira in Cruise questo immotivato romanticismo in chiusura; il crossover di Dottor Russel Crowe, affezionatissimo ai carboidrati, ai doppi giochi e ai film di serie B. Brutto non in maniera ignobile, La Mummia è un pastrocchio senza gusto e senza appeal. Godibile il minimo, con una noiosa sceneggiatura di scarti e ritagli e il pregio di non pesare nel mentre. Non è un film d'avventura. Non è un film per famiglie. Di horror, figuriamoci, neanche a parlarne. Nel dubbio: certi mostri, certi progetti, meglio lasciarli sepolti. (5)

Un'adolescente che si affida a pessimi consiglieri, un incidente automobilistico. Morire e ricominciare. E' eternamente il giorno di San Valentino per Samantha – una Zoey Deutch bella e brava, ai vertici di una cricca di superficiali Mean Girls. Before I Fall, uscito in libreria come E finalmente ti dirò addio e presentato con un buon successo allo scorso Sundance, era ben altro che Un ricomincio da capo in chiave adolescenziale. Toni cupi, da thriller, e una morale semplice ma efficace. La decorosa trasposizione di Ry Russo-Young, giovane regista del circuito indie, sceglie l'estetica di Twilight (e non è una critica: ha, sullo sfondo, un Canada nebbioso e boschivo) e i toni di un Tredici dal punto di vista dei bulli (cenni ai legami familiari, al bullismo e al suicidio, che, purtroppo, cenni rimangono). Non ha il desiderio di andare oltre – ha un epilogo frettoloso e solo in minima parte i personaggi indagati, i momenti toccanti, che giusto un'autrice come Lauren Oliver poteva architettare. Il romanzo, letto cinque anni fa, non lo ricordo nel dettaglio: banalmente, dico, era meglio. Un mattoncino di quattrocento pagine, intenso e verisimile, che al cinema sacrifica struggimento e piccolezze che contano. Before I Fall va in cerca di un senso prima di tornare a dormire. La protagonista stringe e scioglie amicizie, sulla scia delle mode e dei pettegolezzi. Si svende, si tradisce. Fino a non riconoscersi più. Chi è davvero Samantha – una che ha diciott'anni e già si è smarrita? Vivere un giorno solo, perciò, ma renderlo perfetto. Può essere tutto quello che vuole. Una stronza senza peli sulla lingua e senza pudore (non dissimile da quella che meditava di perdere la verginità con il ragazzo sbagliato); la brava ragazza che aveva dimenticato di essere (quella che parla con la lesbica dalle scarpe comode, che rivaluta la tenerezza un migliore amico perso nel marasma della popolarità, che capisce che che quella sbeffeggiata “Carrie”, forse, sarà la sua salvezza). Before I Fall, da noi in uscita a luglio con il titolo Prima di domani, si accontenta di essere realizzato bene, scritto d'un fiato, rapido e parzialmente indolore. Rendendo l'ultimo giorno della Deutch sulla Terra un loop non così perfetto, non così memorabile, ma senz'altro degno. (6,5)

C'è qualcosa di peggio di un bambino costretto a comportarsi da adulto? Se lo chiede anche Frank, zio di Mary: una spigliata settenne che il primo giorno di scuola sorprende tutti rispondendo a tono. Da lontano, drizza le antenne una nonna battagliera che fino a quel momento aveva deliberatamente ignorato l'esistenza della nipote – ma il suo talento, d'un tratto, le fa gola. La genetica non mente. A Mary si addicono più le luci della ribaltà o la normalità? Soprattutto, dalla madre ha ereditato l'intelligenza o anche il mal di vivere? Gifted, diretto da un Marc Webb che abbandona i grattacieli di Spider-Man per tornare alle atmosfere dello splendido (500) giorni insieme, ha toni caldi e una regia pulita. Semplice e di buon cuore, schiera un convincente Chris Evans – non a sorpresa attore di grande sensibilità, quando riposti nell'armadio i panni del supereroe –, la dolcissima Mckenna Grace e tutta una serie di comparse, tra irresistibili gatti rossi e apprensive vicine di casa, che contribuiscono a renderlo quel che è. Tenero, lieve, ironico. Quel di tutto un po' del cinema indie, dei bambini prodigio, che appassiona ma non convince fino in fondo. Gifted fila liscio: in teoria, in sua compagnia si potrebbe ridere e piangere. Ma gli tocca mettersi in coda a una serie di drammi uguali tra loro – nell'approccio poco serioso, nell'ambito delle lotte giudiziare per bambini contesi. Tralasciando i cult Il mio piccolo genio e Kramer contro Kramer, cito i recentissimi Famiglia all'improvviso e Padri e figlie. Si parla di stirpi brillanti e la sceneggiatura di Tom Flynn, per quanto graziosa, brilla di luce riflessa. Si parla di equazioni irrisolvibili e, purtroppo, le operazioni di Webb, i passaggi che portano al risultato finale, sono fin troppo scontati. Gifted è come lo immagini. E se immagini qualcosa di lieto e familiare, sentimenti schietti e una matematica per principianti, perché no. (6)

mercoledì 25 giugno 2014

I ♥ Telefilm: Delirium, Orphan Black, Faking It, The Vampire Diaries

Ciao a tutti, amici. Dopo qualche giorno di turbolenza, su Blogger, tutto sembra essere ritornato alla normalità, finalmente. E chi ci sperava? Oggi, nuovo appuntamento con I Love Telefilm. Vi parlo di tre serie che si sono appena concluse, già rinnovate per l'anno prossimo, e del pilot “prova” di Delirium, potenziale serial ispirato alla trilogia di Lauren Oliver, che da queste parti era piaciuta parecchio, se ricordate. I quattro commenti, vedrete, sono brevissimi e senza spoiler. Ci sentiamo presto. A giorni vi parlerò del bellissimo libro che ho in lettura, infatti. Un abbraccio, M.

Delirium
Il pilot 1x01
In realtà non lo aspettavo. Non più. Il pilot di Delirium. Qualche anno fa, adoravo la trilogia di Lauren Oliver. Poi, questo inverno, dopo la mezza delusione dell'ultimo capitolo, ho smesso. I bei momenti dei primi due volumi rivalutati, purtroppo, alla luce dei pochi avvenimenti dell'ultimo. Era da un po' che era in programma una serie TV ispirata alla saga distopica targata Piemme. Dopo Divergent e Hunger Games, come lasciarsi scappare l'occasione? Stroncata sul nascere, la serie non ha mai visto la luce. Poco male. Avevo visto qualche spezzone qui e lì e mi sembrava pessima. Non so dove, non so quando, la casa di produzione ha rilasciato l'unico episodio girato. Ho dato un'occhiata. E non l'ho trovato male: mi aspettavo decisamente peggio. Nel primo – ed unico, molto probabilmente – episodio, si fondono il tema portante di Delirium, i perché del Veleno sulle labbra, i personaggi secondari di Chaos. Alle saghe non sto tanto appresso e, personalmente, quando si parla di trasposizioni, non trovo disturbanti i cambiamenti: sono ragionevolissimi, checchè ne pensino i fandom. Con il poco tempo a disposizione, il regista ha fatto il possibile. La sceneggiatura è un minestrone di cose che non crea troppa confusione. Per essere quelli di un distopico, gli scenari sono troppo puliti. Patinati. Sfarzosi. Comuni. Come anche i dialoghi: quelli del più classico dei teen drama in circolazione. Il cast è improvvisato e un po' male assortito. Ebete il Julian di Gregg Sulkin, con i maglioni a V e le camicie che sottolineano didascalicamente il suo essere il bravo ragazzo della storia; una Hana bruna, rotonda, civettuola quella di Jeanine Mason; distaccato antagonista Billy Campell, un Alex fuori parte quello impersonato da Daren Kagasoff. Troppo cresciuto, lui. Adulto, stonato, accanto alla delicata Emma Roberts. Candida, piccola, convincente come suo solito. Ecco, lei sarebbe stata un'ottima Lena. Tutt'altro che inspiegabile, dunque, la cancellazione prematura della serie: arrangiaticcia. Una storia che parla della potenza dell'amore, senza potenza. Senza amore. Quaranta minuti della mia vita, però, avrei potuto sprecarli peggio. Ho visto primi episodi peggiori, e le serie sono ancora in circolazione: poco ma sicuro. (5,5)

Orphan Black
II Stagione
Interessantissimo Orphan Black. Uno dei ritorni sui palinsesti che più attendevo, in questo 2014 di novità, vecchie conoscenze, pilot morti sul nascere. L'anno scorso mi aveva ipnotizzato. Con un cliffhangher inserito ad arte, era finito. Avrei dovuto aspettare un anno. Eppure il tempo è passato. La seconda stagione di Orphan Black è iniziata velocemente e velocemente è finita. Le serie che mi piacciono durano troppo poco: devo fare qualcosa, devo farci il callo. Che dico a fare che mi è piaciuto? L'ho trovato originale, ben diretto, impeccabile. Al solito. Però c'è un però. La prima stagione era un'altra cosa. Lo sottolineo: secondo me. Tutti sembrano aver apprezzato di più la seconda, che nonostante le sue genialità varie non mi ha entusiasmato quanto avevano fatto quei dieci episodi introduttivi: con loro era scoppiata la scintilla. Ho seguito questa nuova stagione, con curiosità e piacere, ma senza colpo di fulmine. Mi sono divertito, alcune cose continuano a sorprendermi come fosse la prima volta, ma non ci ho trovato chissà quale voglia di cambiamento. Non dico miglioramento. Orphan Black era già perfetto così, anche se la perfezione dicono non sia di questo mondo... E della tv via cavo. Resta uguale a sé stesso, si gioca le solite carte. Alcune svolte avvincono, alcune sottotrame le segui con scarsa attenzione. Quando non c'è lei sulla scena ti spegni, e ti senti giustificato a farlo. Orphan Black è una fantascientifico varietà del sabato sera: il Tatiana Maslany Show. Quant'è bella Tatiana Maslany. E quant'è brava. Un camaleonte, una trasformista, una caratterista eccelsa. Non so dove si nascondesse prima. Sarà un esperimento di laboratorio? Impersona qualcosa come otto, dieci personaggi e lo fa utilizzando qualcosa come otto, dieci accenti diversi. E' una fuggiasca con l'accento british, una casalinga disperata, una tenera assassina russa, un'algida donna di scienza, perfino un transgender. Orphan Black è fantascienza, è noir, ma – completo – regala anche siparietti comici fortissimi. Ci pensano Felix (l'esuberante amico gay della protagonista), il goffo Donnie (marito della “disperate housewife” più fuori del pianeta), la letale e tenera Helena (capelli ossigenati, cicatrici insanabili a forma di ali, nemici ad ogni angolo, la cotta facile e il bene verso la sua sestra, Sarah, che ha tentato di ucciderla, una volta... o cinquanta). Movimentato, ironico, surreale, sexy, il serial della BBC Canada si conferma una seriale dipendenza. Notevole il season finale, con i cloni che danzano tutti insieme in una sequenza indimenticabile –  con una miracolosa Maslany quintuplicata – e una rivelazione che mette altra carne a fuoco. Parecchia. E io che mi lamentavo perché ci vedevo una certa apatia. Poca voglia di fare... (8)

Faking It
I Stagione
In una scuola americana in cui tutto è sottosopra, è la diversità ad essere premiata e non sbeffeggiata, mentre la normalità sa di noia. Karma e Amy – in questo strano panorama adolescenziale da allegra distopia – sono amiche da una vita che il mondo ignora. Carine, ma poco interessanti. Quando si baciano in pubblico e fingono di essere una coppia tutti le vogliono. La loro finta omosessualità le mette sotto la luce dei riflettori e, da anonime sedicenni, diventano le stelle del liceo. Peccato che fingano. Peccato che Amy non finga poi tanto: quel bacio sulle labbra, dato mentre tutti guardavano, l'ha turbata non poco. E inizia a pensare a Karma tutto il giorno. S'innamora della sua migliore amica e non glielo dice. Ora che Karma ha conquistato il ragazzo dei suoi sogni, ora che tutto va per il verso giusto, non vuole perderla. No. MTV sforna un'altra chicca: Faking It. Venti minuti settimanali di spasso, risate, gioventù e piccole, grandi bugie. Una sit-come per chi, come me, alle sit-com non va tanto appresso. Brioso, a metà tra il paradossale e il realistico, Faking It è una commedia brillante, con i toni pungenti e irresistibili di Easy Girl. Sembra stupido, ma non lo è. E nemmeno irrispettoso. Con allegria e intelligenza, gioca con le relazioni, il liceo, la sessualità, la confusione giovanile e punzecchia da vicino quelle star americane che dell'ambiguità sessuale hanno fatto la loro fama. Il segreto sta in uno script ben pensato, in episodi generosi di sorrisi, in una galleria di personaggi assurdi ed esilaranti. Il triangolo “lui, lei, l'altra” si anima con le facce belle dei tre protagonisti: un imbabolato Gregg Sulkin (dopo Delirium, ecco che si riparla di lui!) che fa sogni e incubi su una maliziosa cosa a tre; una inconsapevolmente sexy Katie Stevens; una Rita Volk da tenere d'occhio – bellissima, simpatica, sveglia. Difetti: gli otto episodi. Troppo pochi. Ho visto l'ultimo senza aver capito che fosse l'ultimo. Ci rifaremo con una sicura seconda serie. Speriamo soltanto che conti più puntate. Non annoia mai. (7+)

The Vampire Diaries
V Stagione
Credo di essere diventato immortale anch'io. Perché seguo The Vampire Diaries da troppi anni. Davvero. Quanti? Finirà mai? Dai primi tempi è cambiato non poco: lo tollero per quello. Vedo che c'è impegno a tirar fuori sempre storie nuove; vedo che i protagonisti sono maturati. Non vi so dire cosa sia successo nella serie precedente, o cosa sia successo – pensate un po' - all'inizio di questa. Però lo guardo. Sicuramente mi avevano diverito, quegli episodi; certamente mi avevano appassionato. Altrimenti l'avrei abbandonato senza troppe smancerie. Mystic Falls continua ad essere calamita per il soprannaturale. Un originale meccanismo – sempre soprannaturale – mi ha aiutato, inoltre, a superare la mia insofferenza verso Elena Gilbert. Io pensavo di detestare Nina Dobrev in persona, e invece no. Perché nei panni della malefica Katherine la trovo seducente e frizzante, in quelli della protagonista una gatta morta terrificante. Si mette puntualmente in pericolo, puntualmente rischia di spezzarsi l'osso del collo, puntualmente vuole provarci con i fratelli Salvatore. Sookie Stackhouse, in casa HBO, avrebbe già combattuto le rivalità tra parenti a suon di sì all'amore, non alla guerra. Probabilmente, con un'orgia in famiglia si sarebbero risolti tutti i dissapori. Steve R. McQueen, da adolescente sfigatello e timido, mi è diventato pompato come The Rock – e un The Rock emo; Kat Graham è l'inutilità in persona, resuscitata più volte di... di... non lo so; Candice Accola, adorabile. Ian Somerhalder recita e si pavoneggia. Sgrana gli occhi blu, va in giro con magliette e pantaloni attillati, aspetta di essere convocato nel sequel di Magic Mike. Il suo cavallo di battaglia: guardarsi la punta del naso. Il risultato pare che piaccia alle ladies. Meglio Paul Wesley, che trovo cresciuto di stagione in stagione. Non male il finale. Tra Sleepy Hollow e Supernatural, è ben studiato. Per le fan, troppo crudele. Non disperate: lo sapete, in The Vampire Diaries si muore un giorno e si resuscita il successivo! A manovrarne i fili, lo stesso Kevin Williamson di The Following: anche lì, tanti aspiranti Lazzaro. Stesso discorso fatto per Revenge, insomma: alti e bassi, discreti picchi e abissi, ma – ehi! - siamo in presenza di gente immortale. Hanno tempo. (6,5)

lunedì 27 gennaio 2014

Recensione: Requiem, di Lauren Oliver

Chi salta può cadere, ma potrebbe anche volare. Abbattete i muri.

Titolo: Requiem
Autrice: Lauren Oliver
Editore: Piemme “Freeway”
Numero di pagine: 336
Prezzo: € 17,00
Sinossi: Mi chiamo Lena e sono infetta, perché mi sono innamorata di Alex in un mondo in cui l'amore è considerato una malattia, e come una malattia viene curato. lo e Alex siamo scappati, ma poi ci hanno separati. Io sono andata avanti, ho incontrato Raven e gli altri ragazzi della Resistenza. Ho imparato a combattere per quello in cui credo, a lottare per essere davvero me stessa. E ho incontrato Julian che è il ragazzo più dolce del mondo e mi vuole con sé. Poi però Alex è tornato, quando pensavo di averlo dimenticato, quando mi ero convinta di riuscire a fare a meno di lui. E ora, mentre il mondo attorno a noi cade a pezzi, io sto male, e penso che forse avevano ragione loro: l'amore è davvero una malattia!
                                                  La recensione
L'ultima domenica di gennaio l'ho trascorsa in compagnia dell'ultimo volume di una trilogia che ho amato tanto, e a lungo. Per due anni, o qualcosina di più. C'era una certa simmetria, in quella giornata di pioggia senza fine e lampi lontani. O almeno, la scorgevo io, sui vetri rigati dall'acqua e tra pagine che scorrevano lentamente, come quella pioggia tardiva nelle grondaie. Ma a me, in realtà, piace ricercare sempre piccole simmetrie, ovunque: solo così mi sembra che per tutto ci sia un disegno superiore; solo così mi illudo di riuscire a trovare un posto nel mondo tutto per me. Ho avuto Delirium, in libreria, per mesi. Ho aspettato che arrivasse il momento giusto, ho aspetto l'avvicinarsi del mio diciottesimo compleanno; poi l'ho letto. Sulla Oliver – un'autrice che non conoscevo, ma che avrei imparato ad amare e odiare a giorni alterni - era ricaduto l'importante compito di scortarmi in un'irripetibile fase di passaggio. Era diventata, così, la mia madrina: testimone silenziosa dei preparativi di una festa tra amici che mi aveva inutilmente logorato i nervi e prosciugato le forze; mia personale traghettatrice verso le ultime spiagge dell'adolescenza. Pensavo, allora, che tutto sarebbe cambiato e che del vecchio me non sarebbe rimasta che l'ombra di un tempo. Pensavo, allora, che sarei diventato grande in un colpo solo. Dovevo fare diciott'anni, ma quelli, paradossalmente, erano i pensieri di un bambino piccolo. I grandi, infatti, lo sanno bene: sanno che non si cambia mai per davvero. In quell'aprile di dubbi e ansie, l'ho iniziato a sospettare per la prima volta. Nel marzo dell'anno successivo, galeotto il Chaos più affascinante che si potesse immaginare, l'ho saputo con certezza. Io ero rimasto lo stesso, e la stessa era rimasta Lauren Oliver: una dolorosa, superba garanzia. Per conoscere la fine della sua distopia, ho dovuto aspettare meno del previsto: il nuovo anno mi aveva portato l'ultimo capitolo sul palmo della mano, generosamente in anticipo. Le campane da poco avevano rinunciato a svegliare tutti con l'allegria, spesso fastidiosa, dei canti natalizi, e ora era tempo di Requiem. Il titolo non diceva niente. Il titolo diceva tutto. Bisognava stringersi nei banchi di legno gelido e prestare attenzione all'ultima liturgia: i toni funesti, fatali e luttuosi di una messa funebre. Ero pronto al peggio, aspettavo il meglio. Ho trovato una Oliver altra, diversa da come l'avevo lasciata. Forse un po' stanca, perfino. La sua voce spaccata in due, come davanti a un bivio impossibile da aggirare: un sentiero verso l'inferno, un altro verso il paradiso. Ma come riconoscerli, come distinguerli? Nessun angelo a indicare il cammino corretto, sotto la fulgida luce della provvidenza. Nessun diavolo visibile da cui fuggire a gambe levate, saggiamente. Troviamo due punti di vista diversi e uno sguardo nuovo sul contagio. 
Hana Tate – la migliore amica di Lena - è salva, è imperturbabile, è lontana: i ricordi della sua ultima estate di libertà a Portland e l'orribile rimorso di un segreto che non riesce a confessare nemmeno a sé stessa fanno capolino appena, tra le nebbie della sua mente tirata perfettamente a lucido, come fosse un'altra delle superfici immacolate e bellissime della sua futura villa. Quella Hana che si deve sposare, che ha subito la procedura, che sorride a comando, ma che – pur nelle fila dei Curati – appare più viva e umana della protagonista stessa, per la maggior parte del tempo. Risulta, infatti, più intrigante la sua voce che quella di Lena che, dopo due libri, è familiarissima, ma anche un po' noiosa. Come se non avesse più nulla da dirci su sé stessa. Nel punto di vista della protagonista di sempre, poca introspezione: racconta le sue esperienze in prima persona, ma con monotonia, descrizioni oggettive e fredde, senza lirismo di nessun tipo. Sembra una narratrice esterna - nel modo in cui descrive assedi e spedizioni, fughe e scontri; nel modo in cui parla troppo degli altri e raramente di sé. Non c'è il suo solito io, forte, egoista, assoluto. E' rigida, schematica, meccanica, confusa e, stranamente, risuona più robotica la sua voce che quella della sua amica così lontana. C'è più metodo, in Hana. Più ordine. Lena è un proliferare di sensazioni opposte, fastidiose. L'altra protagonista, invece, tra stanze vuote e segreti inquietanti, si trova a vivere nella più pericolosa delle favole - quella di Barbablù – e in una casa in cui, come nel capolavoro di Daphne du Maurier, aleggia l'ombra di una prima moglie, messa misteriosamente a tacere. Dovrebbe essere un'automa, ma ha sentimenti che la cicatrice della procedura non ha annullato: nel suo petto, il suo cuore continua a pulsare forte, anche se – con i suoi battiti – rischia di mettere in allerta orecchie sospettose.
Lei è l'omino di latta di Oz in abito nuziale, è impeccabile. Lena, invece, vive nelle Terre Selvagge, in un luoghi sporchi e desolati in cui sopravvivere è una lotta continua contro la fame. Quegli scenari sembrano saccheggiati dalla realtà, dai campi rom, dai barconi della speranza. Ciò che è selvaggio non è allettante, ma difficile. Perché la libertà ad ogni costo è anche quello. E Lena lo pensa, mentre anche noi ce lo chiediamo sottovoce... E se l'amore fosse davvero una malattia. E se fossero più zombie quei manipoli di ribelli – sfollati come terremotati, senza aiuti e senza più speranze – che i curati, coi loro completi puliti e i loro sorrisi cordiali da pubblicità? Insieme all'amore, una semplice e ordinaria operazione potrebbe rimuovere l'odio, la gelosia, il dolore. La capacità di fare del male, la capacità di farsi del male. La Oliver, in tre libri, parla di tre lati di uno stesso cuore – anche di quelli nascosti nel conforto dell'ombra. Nel caso di Requiem, coerentemente, parla anche dei più brutti. Lena si è innamorata di Alex: il suo primo, grande amore è stato un dolce tormento. Poi ha corso, ha sofferto, ha urlato, ha combattuto il dolore insieme al delicato Julian, mentre tutto sembrava perduto. Il passato, quando pensava di averlo sepolto, è ritornato per lei: si è sollevato da terra, nel sangue e nella sabbia, e ha percorso chilometri e chilometri per raggiungerla, pensando di trovare sollievo a tutta quella sofferenza tra le braccia di una ragazza che, ormai, si era messa l'anima in pace. In questo terzo romanzo si parla di Lena e della sua scelta; di un inevitiabile triangolo sentimentale che, per quanto intelligente, l'autrice non ha saputo o potuto aggirare. Requiem non mi ha addolorato, non mi ha intontito: non mi è piaciuto al pari dei precedenti volumi. Non è mai un peso, scorre alla perfezione, ma esattamente che dice per 200 pagine e oltre? La Oliver, come la Roth in Insurgent, intrattiene non dicendo niente, argomentando sul nulla - sarà che vogliamo un bene dell'anima ai suoi protagonisti, sarà che la sua trilogia ha rappresentato tanto per tanti, sarà che è brava e che il suo talento è lampante da sempre. 
Mi è sembrato, tuttavia, che non sapesse come farlo finire: non sapeva cosa fare di Lena e del suo mondo matto. La sua prosa è scorrevole, elegante, ma tra le righe – questa volta – ho percepito una certa difficoltà, fastidiosa come un ospite sgradito. I suoi personaggi, due libri fa, le avevano detto ciao. Quello era un addio definitivo. La conclusione, invece, così definitiva non lo è. Lo sciogliemento non è studiato con la consueta lucidità che, spesso, ho scambiato per sadismo gratuito. Non c'è premeditazione, non c'è un piano. Giungere a quella fine è un colpo di stato, una presa di forza: si prende un martello, un bastone, un osso e si distrugge quello che non va. Con furia, rabbia, qualche sorriso di speranza. Lei distrugge, insieme ai suoi personaggi, tutte le sovrastrutture che ha creato, abbatte ogni relazione e intreccio, spiana a forza l'eccessivo, il superfluo, l'aggiunto. Non si crea mai una perfetta livellatura, ci sono crepe e spuntoni, i segni forti di una violenza, eppure sembra giusto così. Anche perfetto. Per tutta la lettura, sono andato in cerca di un'immagine che mi rimanesse impressa: in Delirium, la parola Amore tappezzava le pareti di roccia, la “o” diventava la bocca di un tunnel verso la libertà; in Chaos si iniziava con una corsa cieca verso l'ignoto, passo dopo passo, e con la costruzione di una torre, altissima, d'indifferenza e gelo. Per tutta la lettura, mi sono chiesto di questo cosa avrei ricordato. L'illuminazione è arrivata all'ultimo capitolo, il colpo di scena è giunto all'ultima pagina: avrei ricordato quelle parole, tenuto a mente quella scena. Quei passi che, tanto belli, valevano più di un intero libro, purtroppo, deludente. L'epilogo, vago e universale, è quello di una fiaba. Fa di Requiem una parabola. Peccato per le parole di troppo, per le pagine in più, per alcune dinamiche senza importanza alcuna. Lauren viene a tirare le fila, a sciogliere tutti i nodi, a salvarci da quella collana di perle e parole che poteva stringerci la gola fino alla morte. Parla Lena, ma io so che era lei. Era il suo congedo, il suo chiederci perdono per tutto, prima di dirci – alla pagina successiva – grazie per esserci stati. La dea Lauren Oliver – che a lungo ha giocato con la vita e la morte dei suoi figli – si scopre meno memorabile e, nel bene e nel male, più clemente. Una Oliver imperfetta, dunque, ma comunque da leggere: non sarebbe giusto, infatti, lasciare Lena, Hana, Alex e Julian sospesi per l'eternità. Avevano bisogno di un finale che fosse loro. L'autrice che ha frantumato milioni di cuori, infine, sceglie di frantumare barriere. E invita i suoi lettori a fare altrettanto, nell'ultima pagina. Un'ultima pagina da fotografare, da incorniciare, da ricordare, insieme all'imagine di una sposa che va chissà dove e di un ultimo, sfuggente bacio tra le macerie. Intorno a me, a fine lettura, mucchi di libri come mattoni divelti: ho scavato un buco tra i dorsi dei volumi più disparati, affinché Requiem potesse unirsi agli altri lavori della sua creatrice. Ora ha il suo posto. Li vedo tutti insieme, lì, e capisco che un'altra cosa ha avuto fine, nella mia vita. Una fine che, per Lena, è un altro inizio.
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: Jovanotti – Tutto l'amore che ho 

sabato 7 dicembre 2013

Coming This Fall #5

A Natale sono tutti più buoni. O almeno così si dice. E invece no, oggi io voglio essere un po' cattivello con voi, ma spero che mi perdonerete, in futuro. Saranno mesi, forse, che non mi concedevo una ricca e inaspettata carrellata di prossime uscite e il momento è arrivato oggi, già. Ritorna la mini rubrica nata quest'estate, Coming this fall, e ritornano, accanto a quotatissimi esordienti ed inediti, vecchie conoscenze e vecchie saghe, lette e amatissime. Di alcune novità so darvi dati precisissimi, di altre, purtroppo, per il momento, dovrete accontentarvi delle poche informazioni che ho scovato indagando sul web, come un vero detective che si rispetti. Alcuni romanzi, poi, li attendevamo tutti, altri – invece – saranno una completa e gradita sorpresa. Dalla Piemme arrivano un toccante ed intenso romanzo per adulti e adolescenti, il terzo capitolo della saga più bella e crudele della spietata Lauren Oliver e, soprattutto, a sorpresa, Il diavolo ha gli occhi blu: forse lo riconoscerete se vi vo un piccolo suggerimento... il titolo originale: Between the devil and the deep blue sea. L'hanno amato tanti colleghi e, sperando che la nostra Freeway mantenga la splendida copertina originale, lo attendo già da ora. La Mondadori, invece, ci fa conoscere il primo romanzo di una nuova serie – Chrysalis, in lingua Incarnate – e il nuovo, commovente young adult dell'autrice dell'acclamato Resta anche domani. Un'altra novità è targata, invece, Corbaccio: La ragazza che leggeva nei cuori è un fantasioso, intrigante e suggestivo romanzo ambientato negli indimenticabili anni del Grande Gatsby. La Longanesi, invece, dopo una lunga attesa, ci accontenta, regalandoci nei primi mesi del prossimo anno due romanzi che, personalmente, attendevo troppo: a Gennaio, torneranno a bussare alla mia porta Alessia Gazzola e la sua Alice Allevi, con nuovi casi, nuovi disastri e nuovi amori sbagliati – vi segnalo, tra l'altro, che L'allieva è disponibile in una nuova edizione tascabile a soli € 5,00; il mese successivo, invece, porterà un libro che, per via del titolo, vi farà sicuramente storcere il naso. No, Il dominatore non è l'ennesimo romanzo a tinte erotiche e no, non si parla di bondage: è, in realtà, il seguito del bell' Immortal di Alma Katsu, autrice che ho intervistato quando il blog aveva poche settimane di vita e romanzo talmente complesso e particolare da risultare unico nel suo genere. Titolo a parte, l'importante è sapere che il sequel arriverà, dopo slittamenti e modifiche varie. La parola a voi: quali attendete? Un abbraccio e buona giornata a tutti, M.

Titolo: Il diavolo ha gli occhi blu
Autrice: April G. Tucholke
Editore: Piemme “Freeway”
Numero di pagine: 264
Data di pubblicazione: Aprile 2014
Prezzo: € 16,00
Sinossi: Nel paesino di mare dove abita Violet White non succede mai niente... fino a quando River West non affitta la casetta dietro la sua e incominciano ad accadere cose inquietanti. River è soltanto un bugiardo dal sorriso irresistibile e un passato misterioso? O dietro i suoi occhi ipnotici si nasconde qualcos'altro? La nonna di Violet l'aveva sempre messa in guardia dai giochi che sa fare il diavolo, ma lei non aveva mai pensato che potesse nascondersi dietro un ragazzo dai capelli scuri che si appisola in giardino, adora il caffè e ti fa tremare di passione.

Titolo: Promettimi che ci sarai
Autrice: Carol Rifka Brunt
Editore: Piemme
Numero di pagine: 420
Data di pubblicazione: 14 Gennaio 2014
Prezzo: € 17,90
Sinossi: Se sei una quattordicenne timida e goffa e hai appena perso l'unica persona in grado di capirti, ti serve un rifugio, per stare da sola con la tua fantasia e i tuoi ricordi. Ecco perché June, con un cappuccio calato in testa e stivali da Robin Hood ai piedi, non perde occasione per avventurarsi nei boschi dietro la scuola, fingendo di essere stata catapultata nel 1987 dal Medioevo, l'epoca in cui sarebbe potuta diventare un falconiere. Sarebbe bello riuscire a richiamare a sé, proprio come falchi, le persone che sono volate via. Come lo zio Finn, che era il migliore amico di June, oltre che un grande pittore, ed è stato ucciso da una malattia di cui in famiglia è proibito parlare. Un giorno June riceve un pacco misterioso; all'interno, la teiera preferita di Finn e una lettera di Toby: l'uomo che nessuno, al funerale dello zio, ha osato avvicinare. E che ora chiede proprio a lei di incontrarlo in segreto. June dovrà fare i conti con la paura e la gelosia, prima di accettare di non essere stata l'unica persona speciale nella vita dello zio, e prima di dare inizio a un'amicizia clandestina che forse potrebbe aiutare entrambi a colmare quel grande vuoto. Ancora ignari che è stato Finn a legarli con una promessa, l'uno all'insaputa dell'altra, per realizzare il suo ultimo desiderio: riunire nella stessa cornice coloro che più ha amato, il suo vero capolavoro.

Titolo: Il dominatore
Autrice: Alma Katsu
Editore: Longanesi
Numero di pagine: 380
Data di pubblicazione: 27 Febbraio 2014
Prezzo: € 12,90
Sinossi: Lanny è bellissima, sensuale, appassionata... E ha oltre duecento anni. Lanny è un'immortale, ma la sua vita eterna ha un prezzo. È costretta a fuggire e a nascondersi continuamente, perché l'uomo che le ha donato l'immortalità, il potente e spietato Adair, è sulle sue tracce. Adair ha più di mille anni, ma nella sua lunghissima vita non ha mai incontrato una donna come Lanny. E ora che si è liberato dalla cella in cui lei l'ha rinchiuso per più di un secolo, Adair deve scegliere: ascoltare la voce dell'odio e della vendetta, che gli impone di scovare Lanny e ucciderla dopo orribili sevizie? Oppure cedere a una voce più profonda e autentica, che non sentiva da secoli: quella dell'amore?

Titolo: Per un giorno d'amore
Autrice: Gayle Forman
Editore: Mondadori “Chrysalide”
Data di pubblicazione: 28 Gennaio 2014
Prezzo: € 14,90
Sinossi: Sono finite le superiori e Allyson e la sua migliore amica Melanie ricevono in regalo il tanto sognato tour in Europa. A Stratford-upon-Avon il paese dove nacque Shakespeare, conoscono Willem, affascinante ragazzo olandese, che recita in una rappresentazione underground della Dodicesima notte. Allyson se innamora all'istante con la struggente intensità della giovinezza. La mattina seguente lo incontra di nuovo e parlando con lui come se lo conoscesse da sempre, Allyson gli confessa la sua delusione per non aver visto Parigi. Il giovane attore si offre di accompagnarla... per un giorno. Un giorno soltanto, ma sarà il giorno che cambierà per sempre la vita di Allyson, che dopo una notte d'amore si risveglia sola senza sapere che fine abbia fatto Willem...

Titolo: Chrysalis
Autrice: Jody Meadows
Editore: Mondadori “Chrysalide”
Numero di pagine: 336
Data di pubblicazione: 4 Febbraio 2014
Prezzo: € 17,00
Sinossi: Erin è l'unica persona al mondo a non avere alle spalle decine di esistenze. Tutti gli altri abitanti di Range vivono da almeno cinquemila anni, in un sistema in cui ognuno si reincarna, tutti si conoscono da secoli e si raccontano storie e ricordi del passato per tenerlo in vita. E le anime gemelle restano fedeli per sempre le une alle altre. Al compimento dei suoi diciott'anni Erin decide di andare a Heart, la capitale, per cercare una spiegazione alla sua vita mortale... scoprirà un mondo affascinante ma pieno di pericoli, popolato da antiche leggende, creature d'ombra, oscuri segreti. Ad aiutarla ci sarà Sam, il musicista che da secoli dà voce a note meravigliose, di cui Erin ha letto nei libri e del quale è innamorata fin da piccola...

Titolo: La ragazza che leggeva nei cuori
Autrice: Teri Brown
Editore: Corbaccio
Numero di pagine: 320
Data di pubblicazione: 9 Gennaio 2014
Prezzo: € 14,90
Sinossi: New York, anni Venti, i famosi Roaring Twenties: Anna ha sedici anni e fin da bambina aiuta la madre, una famosa medium, negli spettacoli. Ma, contrariamente a sua madre che è un’abile attrice, Anna ha veramente il dono di «sentire» le emozioni altrui e di predire il futuro. E in questo futuro vede sua madre in pericolo: le sue visioni si fanno sempre più intense e spaventose, al punto che Anna decide esplorare fino in fondo questa parte di sé che aveva sempre negato. Così, quando Cole, un ragazzo misterioso, si trasferisce in un appartamento vicino e introduce Anna a una società segreta che studia proprio persone come lei, Anna si trova costretta a confrontarsi con il suo passato e con le certezze della sua vita. Ma Anna è anche una sedicenne come tante altre, con i suoi istinti ribelli, i suoi capricci e la sua rabbia esplosiva. E, come tutte le ragazze della sua età, anche lei è alla ricerca dell’amore e dell’affermazione di se stessa. Riusciranno le sue abilità a districare la rete di intrighi in cui, suo malgrado, è caduta? E, soprattutto, la sua sensibilità sarà in grado di farle individuare qual è il suo vero destino? Riuscirà Anna l’illusionista, brava a liberarsi da quasi tutto, a liberarsi dei condizionamenti e a seguire il suo cuore?

Titolo: Le ossa della principessa
Autrice: Alessia Gazzola
Editore: Longanesi
Numero di pagine: 350
Data di pubblicazione: 16 Gennaio 2014
Prezzo: € 17,60
Sinossi: Ambra Negri Della Valle, la collega carogna per antonomasia, la ragazza perfetta che non fa che mettere la pasticciona e simpaticissima Alice Allevi di fronte ai suoi numerosi limiti è scomparsa. Alice e Claudio Conforti (il perfido e affascinante ricercatore in medicina legale, ex di Ambra e legato ad Alice da un complicato e sfuggente rapporto) temono il peggio quando vengono chiamati dalla procura per esaminare un cadavere ritrovato in un campo. Per fortuna non si tratta di Ambra, ma di una giovane archeologa scomparsa anni prima, mentre stava per partire per una missione di scavo nei territori palestinesi. Chi l'ha uccisa e sepolta come in un rituale con accanto una coroncina di plastica?

Titolo: Requiem
Autrice: Lauren Oliver
Editore: Piemme “Freeway”
Numero di pagine: 324
Data di pubblicazione: 14 Gennaio 2014
Prezzo: € 17,00
Sinossi: Lena è ormai parte integrante della resistenza contro chi vuol eliminare l'amore dalla faccia della Terra, ma non è più la stessa ragazza di un tempo. Dopo aver salvato Julian dalla morte, Lena ha trovato rifugio nelle terre selvagge, dove ha anche rincontrato Alex, il primo amore che pensava morto. Ormai, però, nemmeno le terre selvagge sono un luogo sicuro: il governo non può più negare l'esistenza degli invalidi e i regolatori sono in viaggio per abbattere i ribelli. È scoppiata una vera e propria rivoluzione. Nel frattempo, Hana vive una vita tranquilla e senza amore a Portland, fidanzata al sindaco della città. Inaspettatamente le strade delle due amiche si incroceranno ancora una volta, prima che la lotta abbia fine.

sabato 16 marzo 2013

Recensione: Chaos, di Lauren Oliver

Ciao a tutti, amici miei! Dopo una settimana molto piena che mi ha tenuto lontano dal blog, per augurarvi un buon weekend voglio condividere con voi la recensione di Chaos (grazie mille, Giulia!), il romanzo che attendevo di leggere da un anno esatto. Inutile ribadirlo, ve lo consiglio! Insieme a Delirium (qui), un gioiello per gli estimatori del distopico e non solo. 
  Questo è il lato negativo della libertà: quando sei completamente libero, sei anche completamente solo.

Titolo: Chaos
Autrice: Lauren Oliver
Editore: Piemme Freeway
Numero di pagine: 317
Prezzo: € 17,00
Sinossi: Nel mondo di Lena l'amore è bollato come delirium, una terribile malattia che va estirpata da ogni ragazzo. Lena non vede l'ora di ricevere la cura, perché ha paura di innamorarsi, ma proprio il giorno dell'esame conosce Alex, un ragazzo bellissimo e ribelle. L'amore tra Lena e Alex cresce ogni giorno di più, fino a che i due innamorati non decidono di scappare nelle Terre Selvagge. Ma purtroppo i piani non vanno come previsto... Lena si ritrova sola, senza Alex, che è rimasto dall'altra parte della rete, e senza la vita che conosceva. Vuole dimenticare quello che è successo, perché ricordare fa troppo male. Adesso è il tempo di farsi nuovi amici ed è il tempo di unirsi alla ribellione: contro chi vuole estirpare la possibilità di amare dal cuore di tutti gli uomini e contro chi le ha portato via Alex...
                                                      La recensione
Farsi spezzare il cuore fa male. Distrugge, annienta, uccide.
Tante persone, per evitarlo, chiudono le loro porte all'amore. Si nascondono per non essere trovate da un dolore che sembra eterno, senza fine e compassione.
Cupido bussa invano a porte e a finestre, ma nessuno risponderà.
Coloro che mettono sotto chiave la loro umanità vivono serenamente, senza quelle fitte terribili, colpevoli di uccidere le farfalle nel nostro stomaco e la preziosa felicità che esse portano sulle loro ali leggere; ma sono come templi senza altare. Senza senso, incompleti.
Pensate, io aspetto di farmi spezzare il cuore da ormai un anno. Strano, ma vero.  
Aspettavo solo lei, Lauren Oliver. Con le sue parole soavi e le sue storie che ti fanno a pezzi senza anestesia, eppure così delicatamente. Un angelo, forse. O forse il demone più crudele. Dipende dai punti di vista. Dalla rabbia e dall'emozione che, nei suoi romanzi, si alternano in un armonico pandemonio di parole, e cuori ulcerati, e speranza. Ho imparato ad amarla esattamente un anno fa, quando con la trama di Delirium aveva riempito le librerie di una novità imperdibile, me di dolcezza ed il distopico dell'unico ingrediente che, da Shakespeare a Stephen King, non passa mai di moda: l'amore. Poi, chiuso il libro, ho imparato silenziosamente ad odiarla.
La pimpante ed impegnata newyorchese descritta nella biografia era entrata nella mia vita con i tacchi alti che tanto ama e a passo di danza e non ne era più uscita. Prepotentemente, era diventata la padrona di ogni cosa. Il capitolo introduttivo della sua trilogia nascondeva guanti di lattice, lame scintillanti, bisturi infallibili. Era la valigetta di un chirurgo, non un colorato pacco regalo. Al limite, era un pacco bomba. Non strappalacrime, ma strappa viscere, cuore, polmoni. Strappa fiato... Avevamo lasciato Lena in corsa. Esposta ai fucili e agli occhi infallibili dei fari, ma finalmente libera. E completamente sola.
Era fuggita nella buio del bosco, ma, come in un film dell'orrore, la notte si era tenuta un pezzo vitale di lei. Il suo cuore, lasciato tra i fasci di filo spinato e nel palmo esangue di Alex, spalancato invano verso le Terre Selvagge che non avrebbe mai raggiunto insieme alla sua amata. Il delirium l'ha infettata una volta e ora il suo cuore è altrove, dove non può seguirla. Lena non amerà mai più. Nell'arco di un solo romanzo, di una sola notte passata errando tra gli alberi e il dolore, l'ingenua e romantica adolescente di Delirium è diventata grande per forza, costretta dalle necessità. Una regina delle nevi arrampicata su una torre d'avorio, indifferenza e odio profondo. Corre fino a farsi sanguinare i piedi, immaginando Alex tra gli alberi colorati del rosso dall'autunno, che, confusamente, le sfrecciano accanto. Nonostante le ginocchia e i polsi fragili, lavora dal levare del sole fino al suo sorgere. Il sudore, la fatica, la povertà nelle comunità delle Terre Selvagge fanno sì che i suoi pensieri si tengano impegnati, che siano lontani da lui e dall'adorabile pericolo che insieme rappresentavano per una Società stravolta. 
Julian Fineman – diciotto anni, occhi di tempesta, non curato – è il nemico, la sua missione segreta; soprattutto, non è Alex. Ma può un cuore che ha conosciuto, anche solo una volta, l'amore smettere di amare? Si può appendere al chiodo il diritto di vivere felici? Di Delirium ho un ricordo sublimato, vivo seppur sfumato. Per me, ha la bellezza delle cose lontane: lirico, romantico, una tragedia shakespeariana sullo sfondo di una rivolta di cuori. 
O almeno così mi piace ricordarlo. Chaos è cupo, sanguigno, polveroso, forte, caparbio, maturo, aggressivo. «E' duro, profondo e spigoloso, un sistema di barricate. E' assoluto e totale».
Un imperdibile caos di inseguimenti, nuovi inizi, tragici epiloghi. Alla scoperta dell'odio che ammuffisce anche il più puro degli animi e di un nuovo amore, tralascia assennatamente l'elemento distopico per muovere passi decisi tra anguste celle, umidi cunicoli, boschi irti di pericoli. Per essere più vicino al thriller e alle lacrime del dramma di un futuro descritto sulla falsa riga dei bombardamenti e delle persecuzioni della Seconda Guerra Mondiale. Inserendo nuovi personaggi, intensi e significativi al pari dei vecchi, l'autrice tradisce il lettore. Senza Hana, ad esempio - lasciata al suo destino, a Portland, indietro - le cose non dovrebbero essere le stesse. Ma Raven, la piccola Blu, Tuck, Hunter e gli altri si rivelano compagni di vita unici, comprimari straordinari, elementi fondamentali di un sequel bello come il suo predecessore. Imparando a farsi amare e ad amare ancora, Lena tradisce il suo Alex. Implicitamente, tradisce noi, troppo legati al ribelle dai capelli di miele e fuoco per accettare di vedere i suoi lineamenti uniformarsi con quelli di un altro. Ma Julian ha bisogno di Lena e Lena ha bisogno di lui. «Alla luce del giorno io e Julian siamo spigoli, mal sistemati e in disaccordo tra di noi. Invece, al buio, sono felice quando sento che si muove sulla branda e so che ci separano solo pochi metri di spazio. La sua presenza è consolante».
E' nato dalla parte sbagliata, ha frequentato i salotti dei ricchi troppo a lungo, ma, come la Lena conosciuta lo scorso anno, è proteso verso il cambiamento. Un passo avanti, un altro ancora, e sarà dell'altra parte del confine: con Lena nel suo orizzonte e nel suo futuro. Insieme si scoprono felici e la loro felicità diventa la nostra. Perché, anche se non sarà mai Alex, in una New York caliginosa e senza speranza, dove Grandi Speranze è proibito e All you need is love è l'inno del contagio, il loro acerbo amore è pur sempre amore. Questa convinzione, maturata nel corso della lettura, mi ha fatto compagnia fino all'ultimo rigo. O quasi. Alla fine, quando i titoli di coda già mi scorrevano in testa, un colpo di scena - sebbene tra me e me l'avessi già previsto - è stato inserito nel momento più sbagliato e perfetto. Nell'ultimo rigo... Bang! Un cliffangher sparato a bruciapelo. Lauren Oliver non si smentisce: è una seducente, talentuosa, impareggiabile, cinica stronza. E noi lettori la amiamo esattamente per questo! Il capitolo conclusivo di questa fortunatissima serie è in uscita in questi giorni in America. Sarà una messa solenne; un canto d'addio, da Requiem. Speriamo solo che, dopo averci distrutto per bene con Delirium e Chaos, Lauren decida di essere clemente. Di lasciare al nostro cuore qualche piccolo, sgangherato coccio per cui continuare a battere.
Il mio voto: ★★★★ +
Il mio consiglio musicale: Muse – Madness (Esiste canzone più perfetta?)

mercoledì 27 febbraio 2013

A Marzo, torna Lauren Oliver. Tornano il "delirio" e l'amore. Scoppia il Chaos!

Apro le email e leggo questa notizia. Muoio.
Collasso tra uno... due... tre.
Finalmente, il secondo tassello della trilogia iniziata con Delirium (qui). Finalmente ritornano Lauren Oliver e i suoi fantastici protagonisti. Finalmente ritorna il mondo distopico che ispirerà, a breve, una nuova serie televisiva. Non sono mai stato così felice di dare il benvenuto al... Chaos. Finalmente. E, in contemporanea, il primo capitolo del tormentato amore tra Lena e Alex esce in una nuova edizione e con una nuova e splendida copertina, al prezzo speciale di € 9,90.

Titolo: Chaos
Autrice: Lauren Oliver
Editore: Piemme Freeway
Numero di pagine: 384
Data di pubblicazione: 5 Marzo 2013
Sinossi: Nel mondo di Lena l’amore è bollato come delirium, una terribile malattia che va estirpata da ogni ragazzo prima che raggiunga i sedici anni. Lena non vede l’ora di ricevere la cura, perché ha paura di innamorarsi ed essere emarginata dalla società, ma proprio il giorno dell’esame conosce Alex, un ragazzo bellissimo e ribelle che ha votato la sua vita a combattere contro chi vuole renderli privi di emozioni. L’amore tra Lena e Alex comincia tumultuoso e cresce ogni giorno di più, fino a che i due innamorati non decidono di scappare nelle Terre Selvagge per unirsi definitivamente alla ribellione, ma purtroppo i piani non vanno come previsto… Ora Lena è da sola nelle Terre Selvagge, senza Alex, che ha visto cadere dall’altra parte della rete, senza la sua amica Hana, con cui ha litigato prima della fuga, e senza la vita che conosceva. E vuole dimenticare quello che è successo, perché ricordare fa troppo male. Adesso è il tempo di farsi nuovi amici ed è il tempo di unirsi alla ribellione: contro chi vuole estirpare la possibilità di amare dal cuore di tutti gli uomini e contro chi le ha portato via Alex…

Titolo: Delirium
Autrice: Lauren Oliver
Editore: Piemme Freeway
Numero di pagine: 383
Prezzo: € 9,90
Sinossi: Nel futuro in cui vive Lena, l'amore è una malattia, causa presunta di guerre, follia e ribellione. È per questo che gli scienziati sottopongono tutti coloro che compiono diciotto anni a un'operazione che li priva della possibilità di innamorarsi. Lena non vede l'ora di essere "curata", smettendo così di temere di ammalarsi e cominciare la vita serena che è stata decisa per lei. Ma mancano novantacinque giorni all'operazione e, mentre viene sottoposta a tutti gli esami necessari, a Lena capita l'impensabile. Si infetta: si innamora di Alex. E questo sentimento è come ritornare a vivere, in una società di automi che non conosce passione, ma nemmeno affetto e comprensione, Lena scoprirà l'importanza di scegliere chi si vuole diventare e con chi si vuole passare il resto della propria vita...