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Ragazzo divora universo, di Trent Dalton. € 19, Harper
Collins, pp. 548 |
Per
via delle oltre cinquecento pagine, ho terminato di leggerlo soltanto
nella prima settimana di settembre. A dispetto delle tempistiche
sbagliate, però, l’esordio di Trent Dalton resterà la lettura con
cui mi piacerà ripensare a quest’estate. Un romanzo variopinto,
cangiante e rocambolesco – sulla crescita e altre avventure –,
con una galleria di personaggi talmente assurdi da essere veri.
Ispirato in parte al vissuto dell’autore, Ragazzo divora
universo è una lunga storia di formazione ambientata tra gli
anni Ottanta e i Novanta, tra i dodici e i diciannove anni del
protagonista: Eli.
Fai
fuori il tempo, prima che lui faccia fuori te.
All’inizio
poco più che un bambino, vanta un mamma fresca di disintossicazione,
un patrigno spacciatore, un papà dalle tendenze suicide pregresse,
un fratello – il geniale Gus – che parla per enigmi tracciando
lettere nell’aria. Il suo babysitter, per di più, non somiglia
certamente a Mary Poppins: si tratta di Slim Halliday, il cosiddetto
«Houdini di Boggo Road», più volte entrato e uscito di prigione
con trovate a dir poco brillanti. Tra ergastolani per amici di penna,
sit-com dopo cena, citazioni di Star Wars e Steinbeck, Eli
cresce con consapevolezze granitiche. C’è qualcosa di speciale
nella sua famiglia, e c’è qualcosa di marcio nello stato del
Queensland. Siamo nel peggiore sobborgo australiano. Le persone
tendono a sparire nel nulla, in strada si scontrano baby gag armate
di machete, le minoranze etniche campano di espedienti: la polizia si
volta dall’altra parte.
Slim
dice che questo libro l’ha aiutato a sopravvivere alla prigione.
Parla degli alti e bassi della vita. La parte negativa è che la vita
è breve e finisce. La parte positiva è che comprende il pane, il
vino e i libri.
Attratto
dalla cronaca nera e ossessionato dalla bontà, Eli sogna il mestiere
di cronista per denunciare il malcostume e per potersi trasferire
lontano dalla provincia. Ma fantastica, divaga, ama i dettagli e le
coloriture liriche: insomma, gli dicono, a mancargli è l’asciuttezza
che si confà allo stile giornalistico. Come frenare però la sua
voce, per di più se ci regala pagine tanto preziose? Perché stare a
sindacare sul suo abuso di figure retoriche, se ha per le mani un
grande scoop? Lo squillo di un misterioso telefono rosso e la
scoperta di un traffico di droga lo portano a incrociare spesso Tytus
Bonz e il suo spietato sicario, Iwan. Non sarebbe meglio cambiare
strada, soprattutto se quel vecchio di bianco vestito – un luminare
nell’ambito delle protesi meccaniche – è un pilastro della
comunità?
Lo
scopo della vita è fare ciò che è giusto, non ciò che è facile.
Sempre
di corsa, sempre in fuga, il protagonista anela fino all’ultimo
alla pace e si specializza nell’arte di tagliare la corda. Il bello
è che pur suscitano le preoccupazioni dei prof e degli assistenti
sociali, pur rendendoci partecipi di una sordida storia di
criminalità e squallore, ci appare una gran brava persona. Un
ragazzo normale. E la sua famiglia strampalata, nel bene e nel male,
finisce per somigliare proprio alle nostre. Con una struttura ciclica
in cui tutto torna per magia, l’autore incanta con un apprendistato
che fa tornare in mente le infanzie miserabili di Dickens e Twain, e
nelle sue sfumature più inquietanti – tunnel degli orrori,
cadaveri mutilati, presunte resurrezioni – il primo King. Certo,
come capita con le narrazioni fluviali, i difetti e le lungaggini non
mancano: la vicenda appare forse troppo dilatata nel tempo e ha una
natura ondivaga, episodica, che ben si adatta alla serie TV di
prossima uscita. Ma tutti noi abbiamo superato l’infanzia con una
specie di disturbo post-traumatico da stress. Si diventa grandi,
infatti, non vivendo: bensì sopravvivendo. Trent Dalton ce l’ha
fatta. Da ragazzino, per sfuggire a pericolosi intrighi alla Breaking
Bad, ha cercato eroi e vie di fuga. Questa sua testimonianza,
tenera e leggendaria, ci racconta il lato ordinario del crimine e
quello, assolutamente straordinario, della maturazione.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Woodkid- Run Boy Run